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La tendenza degli appassionati di anime giapponesi per le versioni sotto- titolate è una delle principali cause della recente diffusione di pratiche di sottotitolazione che disobbediscono alle norme tradizionali e che rischiano di appesantire il prodotto tradotto pur con l’intento di renderlo accessibile a un pubblico spesso sguarnito della necessaria dimestichezza con i numerosi riferimenti culturali che lo contraddistinguono. In questo contributo, pren- dendo le mosse dalla letteratura su traduzione audiovisiva e tracciamento oculare, affronteremo il tema della sottotitolazione sperimentale degli anime concentrandoci sulla procedura del pop-up gloss e sull’ impatto cognitivo che questa ha sullo spettatore. 1. Introduzione All’interno del cospicuo numero di animazioni di varia origine che ne- cessita di essere tradotto per il pubblico straniero, gli anime giapponesi sono quelli che più di frequente vengono distribuiti sul mercato internazionale con doppia traduzione: doppiaggio e sottotitolazione. Come è noto, il primo metodo di traduzione audiovisiva richiede lunghi e costosi tempi di prepa- razione, mentre il secondo è realizzabile in minor tempo e con costi conte- nuti (Dries 1995a, 1995b; Luyken, Herbst, Langham-Brown, Reid & Spinhof 1991) o, in alcuni casi, nulli 1 . La preferenza per le versioni sottoti- tolate dimostrata dagli appassionati del genere (Caffrey 2009; Igarashi 2007; 47 3 La sottotitolazione sperimentale degli anime e le norme contravvenute: cosa ci dicono i tracciati oculari ELISA PEREGO 1 Gli appassionati di cartoni animati giapponesi, organizzati in complesse reti elitarie e vivaci più o meno sotterranee, producono e si scambiano gratuitamente on-line un cospicuo numero di sottotitoli e filmati sottotitolati che vengono messi a disposizione della comunità prima che l’anime in questione entri a circolare nel mercato audiovisivo ufficiale che non segue i ritmi di produzione giapponesi e che vengono ritirati una volta che il titolo è stato acquistato (Caffrey 2009; Díaz Cintas & Muñoz Sánchez 2006; Nornes 1999; Scarpa 2005). Per una panoramica puntuale sulla storia di funsubs e funclubs e sulla complessa struttura di questa realtà si veda Scarpa 2005.

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La tendenza degli appassionati di anime giapponesi per le versioni sotto-titolate è una delle principali cause della recente diffusione di pratiche disottotitolazione che disobbediscono alle norme tradizionali e che rischianodi appesantire il prodotto tradotto pur con l’intento di renderlo accessibilea un pubblico spesso sguarnito della necessaria dimestichezza con i numerosiriferimenti culturali che lo contraddistinguono. In questo contributo, pren-dendo le mosse dalla letteratura su traduzione audiovisiva e tracciamentooculare, affronteremo il tema della sottotitolazione sperimentale degli animeconcentrandoci sulla procedura del pop-up gloss e sull’ impatto cognitivo chequesta ha sullo spettatore.

1. Introduzione

All’interno del cospicuo numero di animazioni di varia origine che ne-cessita di essere tradotto per il pubblico straniero, gli anime giapponesi sonoquelli che più di frequente vengono distribuiti sul mercato internazionalecon doppia traduzione: doppiaggio e sottotitolazione. Come è noto, il primometodo di traduzione audiovisiva richiede lunghi e costosi tempi di prepa-razione, mentre il secondo è realizzabile in minor tempo e con costi conte-nuti (Dries 1995a, 1995b; Luyken, Herbst, Langham-Brown, Reid &Spinhof 1991) o, in alcuni casi, nulli1. La preferenza per le versioni sottoti-tolate dimostrata dagli appassionati del genere (Caffrey 2009; Igarashi 2007;

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3La sottotitolazione sperimentale degli anime e le norme

contravvenute: cosa ci dicono i tracciati oculariELISA PEREGO

1 Gli appassionati di cartoni animati giapponesi, organizzati in complesse reti elitarie e vivacipiù o meno sotterranee, producono e si scambiano gratuitamente on-line un cospicuo numerodi sottotitoli e filmati sottotitolati che vengono messi a disposizione della comunità prima chel’anime in questione entri a circolare nel mercato audiovisivo ufficiale che non segue i ritmi diproduzione giapponesi e che vengono ritirati una volta che il titolo è stato acquistato (Caffrey2009; Díaz Cintas & Muñoz Sánchez 2006; Nornes 1999; Scarpa 2005). Per una panoramicapuntuale sulla storia di funsubs e funclubs e sulla complessa struttura di questa realtà si vedaScarpa 2005.

Scarpa 2005) e l’avvento di programmi sofisticati per la produzione e loscambio di sottotitoli digitali attraverso il metodo di file sharing hanno infattidato avvio a un interessante traffico, che talvolta si colloca al limite della le-galità, di cartoni sottotitolati o di soli sottotitoli (rispettivamente conosciuticome hardsubs e softsubs: Scarpa 2005, pp. 5 e 28) prodotti appositamente egratuitamente dagli appassionati per gli appassionati.

La facilità con cui anche spettatori privi di preparazione professionale nelcampo della traduzione audiovisiva possono produrre sottotitoli, curarne gliaspetti tecnici e metterli in condivisione ha aumentato, per chiunque utilizzi larete con regolarità, le occasioni di imbattersi in quella che è chiamata, con acce-zione positiva, sottotitolazione «abusiva» (Nornes 1999). Si tratta di una formadi sottotitolazione sperimentale, atipica, controcorrente, anticonformista, checontravviene a molte delle norme grafiche e linguistiche stabilite per la sottoti-tolazione standard (come per es. in Gottlieb 1992; Díaz Cintas 2001, 2003;Ivarsson & Carroll 1998), con l’intento di fornire agli appassionati traduzionipiù autentiche2. La sottotitolazione abusiva è «densa» (Appiah 2000), cioè de-scrittiva e dall’intento interpretativo, chiaramente visibile e mai trasparente comegeneralmente ci si aspetta. Devia dalla norma perché accetta l’impiego nellostesso prodotto di caratteri non omogenei in termini di famiglia o stile, ricorre asottotitoli con colori diversi e ammette sottotitoli a più di due righe, dispone isottotitoli anche in zone dello schermo non standard3, ma, soprattutto, arricchi-sce la traduzione con glosse che sono incorporate nel testo del sottotitolo o connote esplicative che compaiono qua e là sullo schermo, cioè i pop-up glosses (Díaz

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2 L’autenticità della traduzione, specialmente in questo contesto, ha un’accezione particolare.È infatti associata dagli appassionati alla totale trasparenza traduttiva o addirittura all’estremaesplicitazione rispetto all’originale, procedure volte a rendere integralmente e a rispettare piena-mente i contenuti del prodotto amato. I forti adattamenti talvolta operati per soddisfare le aspet-tative sul genere, le smodate manipolazioni e le operazioni di eccessiva localizzazione, riscontrabiliin modo particolare nelle versioni doppiate degli anime, sono mal tollerate e addirittura inac-cettabili per un pubblico che vede il cartone animato giapponese non solo come strumento diintrattenimento ma anche come occasione per acquisire famigliarità con l’amata cultura di par-tenza (Caffrey 2009; Scarpa 2005). Il fascino e l’autenticità del prodotto, dunque, risiedono nelsuo mantenersi esotico (Taylor 2000) e trasformarsi così in strumento per la trasmissione cul-turale. Questo è spesso garantito dalle traduzioni amatoriali (vs. professionali), «fatte con curamaggiore di quanto non avvenga per i DVD ufficiali» (Scarpa 2005, p. 31).

3 Tutte pratiche ibride, alle quali si aggiungono la sottotitolazione completa delle canzoni ela traduzione dei crediti di apertura e di chiusura del prodotto, che attingono da pratiche di sot-totitolazione nate con finalità diverse (i sottotitoli a più colori sono tipici della sottotitolazioneintralinguistica per sordi, mentre il ricorso a più di due righe per sottotitolo ha ragione di esistere,per esempio, nelle trascrizioni del parlato con scopo didattico oppure in paesi bilingui dove ènecessario sottotitolare contemporaneamente in più di una lingua).

Cintas & Muñoz Sánchez 2006; Ferrer Simó 2005). A oggi non è possibile sa-pere se norme nuove e così lontane da quelle accreditate diventeranno parte in-tegrante della sottotitolazione, che dalla sua nascita è vista come «un malenecessario» (Marleau 1985), e in quanto tale contenibile solo a patto di rendereil sottotitolo cognitivamente invisibile, o, per usare le parole suggestive di Ste-phen Smith (1998), «digeribile» e «gradevole al palato». Sono pertanto impor-tanti gli studi sperimentali condotti di recente con lo scopo di capire se e quantouna sottotitolazione che devia dalla norma sia tollerabile e gradita o al contrariocognitivamente troppo gravosa anche per i più appassionati.

La procedura sperimentale più proficua utilizzata per determinare gli ef-fetti del film con sottotitoli sullo spettatore è ormai da tempo quella cheassocia dati di gradimento o di autovalutazione ricavati generalmente daquestionari a scelta multipla con dati tecnici e oggettivi sui comportamentidi lettura e di visione degli utenti ricavati grazie all’impiego di dispositiviper il tracciamento oculare (eye trackers).

Prima di entrare nel merito della sottotitolazione degli anime è oppor-tuno offrire una breve panoramica – lontana, per questioni di spazio, dal-l’essere esaustiva – sui processi di lettura e sul tracciamento oculare nelcampo della traduzione audiovisiva. Gli scarsi ma selezionati riferimenti bi-bliografici serviranno come imprescindibili punti di partenza per il lettoreinteressato ad approfondire l’argomento.

2. Sottotitoli e tracciamento oculare

Da anni la tecnologia per il tracciamento oculare, tecnologia che con-sente di tracciare i rapidi movimenti degli occhi (saccadi) e i punti di osser-vazione del lettore (fissazioni) tramite strumenti hardware e softwaregeneralmente invisibili agli utenti4 si è rivelata efficace per determinare conragionevole esattezza dove questi stanno guardando anche in una situazionedensa dal punto di vista semiotico, come quella della visione del film consottotitoli. Impiegata originariamente in modo costante dal team belga di-retto da Géry d’Ydewalle, la tecnologia per il tracciamento oculare si è ri-velata vantaggiosa nel fornire informazioni su come il prodotto audiovisivo

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3. LA SOTTOTITOLAZIONE SPERIMENTALE DEGLI ANIME E LE NORME…

4 In realtà esistono sia sistemi di tracciamento oculare senz’altro invasivi, come quelli montatisu caschetto, sia sistemi costituiti da un particolare monitor per computer con telecamera e soft-ware inglobati, che ben tollerano lievi movimenti del capo anche in assenza di caschetti o mar-catori, che consentono all’utente di muoversi liberamente e di dimenticare la condizionesperimentale in cui si trova.

con sottotitoli è fruito, fornendo indirettamente informazioni decisive sullemodalità preferibili per la sua realizzazione mirata a massimizzarne l’usabi-lità (cfr. per esempio la regola dei 6 secondi: d’Ydewalle, Van Rensbergen& Pollet 1987; le teorie sull’automaticità della lettura dei sottotitoli nelmomento della loro apparizione sullo schermo: d’Ydewalle & Gielen 1992,p. 417; d’Ydewalle & Pavakanun 1997; d’Ydewalle et al. 1987; d’Ydewalle,Praet, Verfaille & Van Rensbergen 1991; l’inaspettata somiglianza nei com-portamenti di visione del film sottotitolato tra spettatori adulti e bambinie il maggiore agio nella lettura di sottotitoli a due righe: d’Ydewalle & DeBruycker 2007; la bassissima interferenza della lettura del sottotitolo conaltri processi attentivi: Perego, Del Missier, Porta & Mosconi in stampa).

La creazione di software specifici per l’applicazione della tecnologia per iltracciamento oculare al contesto audiovisivo permette poi, se lo si desidera, diraffinare le ricerche e di ottenere i dati necessari per capire se, come, cosa e perquanto tempo lo spettatore guarda determinate aree dello schermo. La Figura 1,

per esempio, illustra lacronologia dell’osserva-zione sullo schermo(gaze plot) di un fram-mento di film (Szerelme-sfilm - Love film, I.Szabó, 1970, Ungheria)di pochi millisecondi(ms). Tramite il dato digaze plot è possibile de-terminare il percorso diosservazione (scanpath)eseguito dall’utente:ogni cerchio è numeratoin modo progressivo,così da indicare qualeelemento del video è

stato visto prima e quale dopo all’interno dell’osservazione complessiva. La di-mensione del cerchio è proporzionale alla durata della fissazione oculare5.

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5 In Figura 1, l’ultima, lunga fissazione è dedicata all’immagine, e in particolare, ma non acaso, alla bocca del parlante. La tendenza a osservare e a elaborare i volti in modo diverso rispettoa quanto non si faccia con altri stimoli visivi è riccamente documentata nell’ambito dell’antro-pologia e della psicologia cognitiva (per es., Brown, Huey, & Findlay 1997; Gliga, Elsabbagh,Andravizou & Johnson 2009; Perrett , Rolls, & Caan1982; Theeuwes & Van der Stigchel 2006),

Figura 1. Protocollo di fissazione di un frammento (5410ms) di film con sottotitoli: cronologia dell’osservazione sulloschermo.

Programmi specifici possono poi essere costruiti sulla base degli obiettividi ricerca6. Questi consentono, per esempio, di ricavare dati più finalizzati. InFigura 2, i dettagli relativi allo stesso frammento video (come per esempio la

reale durata dell’intervallo di osserva-zione, il numero totale delle fissazionie quello disgregato delle fissazionisopra e sotto la linea di confine che di-vide la zona della sottotitolazione daquella dell’immagine, la durata mediadelle fissazioni, etc.) sono stati ricavatiutilizzando Eye Scanpath Explorer.

Gli indicatori che ci offrono i si-stemi di tracciamento oculare e i soft-ware di analisi dei percorsi diesplorazione sono preziosissimi perdeterminare e quantificare gli sforzi dielaborazione dell’utente. Fissazionipiù lunghe di quelle generalmente ri-scontrate nella lettura ordinaria (200-250 ms, Duchowski 2007; Rayner

1998), un maggiore numero di regressioni (veloci movimenti saccadici oriz-zontali destra-sinistra lungo la linea del testo, interrotti da pause di fissazione,che si rendono necessari generalmente in situazioni di difficoltà interpretativa)(cfr. Smith F. 2004; van Gompel, Fischer, Murray & Hill 2007), e deflessioni(movimenti saccadici in verticale) rispetto alla norma (de Linde & Kay 1999;d’Ydewalle & De Bruycker 2007; Ghia in stampa) ma anche dilatazioni ocontrazioni della pupilla che, di nuovo, deviano dalla norma, sono efficaciindicatori di una possibile condizione di sovraccarico. Per questa ragione ri-correre a tutti i possibili indicatori ricavabili dal tracciamento oculare per con-statare come la sottotitolazione amatoriale (vs. convenzionale) è percepita edunque quanto è usabile sembra essere una strada vincente per quanto nuova7.

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3. LA SOTTOTITOLAZIONE SPERIMENTALE DEGLI ANIME E LE NORME…

Figura 2. Dati ricavati dal software EyeScanpath Explorer.

e a oggi è stata ripresa anche in studi incentrati sulla percezione del prodotto audiovisivo consottotitoli (Lautenbacher 2009; Perego et al. in stampa).

6 Si consideri per esempio Eye Scanpath Explorer (ESE), realizzato da Marco Porta al Laboratoriodi Visione Artificiale, Dipartimento di Informatica e Sistemistica, Università degli Studi di Pavia.

7 I primi e per ora gli unici studi in questa direzione nel campo dell’animazione giapponesesono da attribuire a Colm Caffrey che ha dedicato diversi anni di lavoro e tutta la sua tesi didottorato (Caffrey 2009, ma anche 2007, 2008a, 2008b, in stampa) allo studio empirico del-l’effetto delle procedure di sottotitolazione abusiva sulla percezione degli anime.

3. La percezione della sottotitolazione sperimentale e i pop-up glosses

Al di là dei sottotitoli amatoriali e scaricabili dalla rete, oggi è possibileaccedere a forme sperimentali di sottotitolazione anche in alcuni DVD chesi trovano sul mercato, e che grazie alle tecnologie digitali moderne semprepiù sofisticate sono in grado di contenere un ampio numero di tracce disottotitoli anche a diverso grado di convenzionalità (Caffrey 2007, 2009,in stampa). Se su base intuitiva è facile capire che l’impiego di alcune delletecniche sperimentali che disobbediscono a molte delle norme convenzio-nali della sottotitolazione (cfr. sopra) possono avere un effetto cognitiva-mente gravoso sugli spettatori, ciò non è stato dimostrato empiricamenteper tutte le norme contravvenute. E non è detto che un carico cognitivogravoso interferisca necessariamente con il gradimento del pubblico appas-sionato. Saperne di più però sembra interessare in modo particolare i pro-duttori e i distributori di DVD di provenienza giapponese, sempre piùinclini a volersi conformare alle tendenze avviate, e tanto apprezzate, dagliappassionati (Caffrey 2009).

Tra le procedure disottotitolazione atipichemenzionate, ci si con-centrerà sull’uso deipop-up glosses (Figura 3),trattato diffusamentenei lavori di Caffrey, percapire quali sono, se cene sono, le sue possibiliripercussioni sugli spet-tatori.

La scelta di studiarequesta e non altre proce-dure è riconducibile, se-condo Caffrey (2009,pp. 20-21) a quattro fat-tori principali: la popo-

larità che i pop-up glosses hanno tra gli appassionati (Díaz Cintas & MuñozSánchez 2006; Ferrer Simó 2005; Nornes 1999), l’interesse che i loro possibiliusi alternativi suscitano in alcuni studiosi (per esempio, Bucaria & Chiaro2007), la preferenza per questa e non per altre procedure da parte degli utentiemersa da una recente indagine (Caffrey 2008a), e infine il loro essersi infiltrati

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Figura 3. Esempio di pop-up gloss che precisa il significatodi parte della traccia sonora originale (Fonte: Caffrey, instampa).

anche nel mercato legale dell’audiovisivo, smettendo di rimanere patrimo-nio riservato alla rete circoscritta e chiusa degli appassionati.

I pop-up glosses sono vere e proprie glosse nella lingua di arrivo che com-paiono all’improvviso sullo schermo, generalmente racchiusi in piccole fine-stre a sfondo bianco, per fornire delucidazioni o spiegazioni puntuali relativea qualsiasi elemento culturalmente marcato riscontrabile, nell’originale, inuno qualsiasi dei canali semiotici del film (audio o video, sebbene con forteprevalenza nel canale visivo)8. Disambiguando elementi potenzialmente opa-chi per lo spettatore, i pop-up glosses hanno la duplice funzione di rendere glianime accessibili a un pubblico spesso sguarnito della necessaria dimestichezzacon i numerosi elementi culturalmente marcati che li contraddistinguono,ma anche quella di renderli ancora più attraenti per gli appassionati del ge-nere. L’impiego del pop-up gloss infatti rappresenta una soluzione che, con-sentendo di conservare nella traduzione gli elementi culturalmente marcatiin una traccia supplementare rispetto a quella dei sottotitoli, ammette la con-vivenza di operazioni traduttive antitetiche, cioè quelle tendenti alla localiz-zazione e all’universalizzazione, e quelle tendenti invece all’esotizzazione.

Per capire quanto impatto hanno i pop-up glosses, sono interessanti i ri-sultati di uno studio ottenuti registrando, con un dispositivo Tobii 1750(www.tobii.com/), movimenti oculari e dilatazioni della pupilla di 20 sog-getti anglofoni sottoposti a visione di 11 brevi estratti di un famoso animesottotitolato in inglese9 e presentato loro in una delle due seguenti condi-zioni: normale, cioè con sottotitolazione standard, o sperimentale, cioèprovvisto di pop-up glosses. I dati pupillometrici e quelli sulle fissazioni sonostati combinati con i risultati di questionari di autovalutazione relativi allosforzo cognitivo percepito (quindi soggettivo) dagli spettatori.

I risultati sono interessanti10. In presenza dei pop-up glosses i sottotitolisono percepiti come molto più rapidi – quindi più difficili da seguire – che

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8 I cartoni animati giapponesi sono di fatto contraddistinti da una narrazione altamente vi-siva e simbolica, che proprio nel canale visivo non verbale racchiude un denso numero di ele-menti marcati culturalmente. Il loro rilievo all’interno dell’impianto narrativo, che privilegiamanifestamente l’immagine rispetto alla parola, determina la difficoltà di trasposizione e i pos-sibili insuccessi al di fuori del paese di origine, insuccessi che generalmente dipendono dalla po-tenziale difficoltà di comprensione dell’immagine (Ortabasi 2006).

9 Paniponi dasshu! [Paniponi dash! Lethal Lesson], 2007, diretto da Shin Onuma, distribuitoda ADV films (distributore di materiali audiovisivi giapponesi sul mercato nord americano, bri-tannico e irlandese), in versione DVD, che contiene sia l’opzione sottotitolata tradizionale, sial’opzione sottotitolata con pop-up glosses.

10 E qui sintetizzati all’osso. Per i dettagli e per osservazioni decisamente più esaurienti si ri-manda ai lavori di Caffrey (2008a, 2008b, 2009, in stampa).

non nella situazione normale. Sebbene la velocità di presentazione del sot-totitolo non fosse stata manipolata nelle due situazioni (normale vs. speri-mentale), la velocità percepita è diversa perché lo sforzo cognitivo globalerichiesto dalla condizione sperimentale è effettivamente diverso e maggiore.L’impiego dei pop-up glosses accresce realmente lo sforzo cognitivo degli spet-tatori, ma garantisce una maggiore comprensione globale del prodotto au-diovisivo culturalmente marcato (i partecipanti esposti alla condizionesperimentale comprendono, immagazzinano e ricordano un numero sensi-bilmente alto di segnali visivi non verbali culturalmente marcati). Va infattisottolineato che in presenza delle glosse aggiuntive la percentuale di sottotitolinon letti o fissati solo brevemente aumenta sensibilmente, specialmente se ilpop-up gloss appare in abbinamento a un sottotitolo a una riga; i sottotitoli adue righe vengono saltati più di rado ma il carico cognitivo e di elaborazioneaumenta nella condizione glossa-due righe, come indicato dall’aumentanodella dilatazione della pupilla. Ulteriori segnali dell’incremento nello sforzodi elaborazione sono le fissazioni che tendono a concentrarsi e a essere me-diamente più lunghe sulle glosse che non sui sottotitoli (Figura 4). I dati pu-pillometrici, usati per la prima volta da Caffrey nell’ambito della traduzioneaudiovisiva, rivelano però che è solo l’abbinamento di glossa e sottotitolo adue righe che incrementa oltremodo gli sforzi di elaborazione richiesti allospettatore, suggerendo che in altre condizioni l’impiego delle glosse po-trebbe essere preso in considerazione.

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Figura 4. Mappa di calore (destra) relativa a un segmento (sinistra) di anime con pop-upglosses. L’alta concentrazione di testo nei pop-up glosses attrae tutta l’attenzione dello spet-tatore e le fissazioni non cadono sul sottotitolo (Fonte: Caffrey, 2009: p. 101, 171).

4. Conclusione

Se sia davvero il caso di appesantire lo spettatore con forme di sottoti-tolazione abusiva rimane una questione aperta. Gli anime continuano a es-sere un prodotto di nicchia, che deve essere trattato secondo le esigenzedegli utenti finali, che, nel caso della sottotitolazione, sembrano preferirela totale aderenza all’originale con aggiunta di materiale esplicitante. Poichégli studi passati in rassegna evidenziano un effettivo carico di elaborazioneda parte dello spettatore che affronta prodotti audiovisivi sottotitolati inmodo sperimentale, è importante capire come meglio dosare le proceduredi traduzione a disposizione del sottotitolatore per consentirgli di offrireun prodotto autentico (come in nota 2) ma al contempo pienamente usabilee gratificante. La metodologia e il disegno sperimentale proposti nei lavoridi Caffrey sono solidi e sembrano prestarsi ottimamente per esaminare pro-cedure di sottotitolazione diverse e perfezionare il quadro di risultati otte-nuti sia in questo nuovo settore di ricerca, sia in ambiti meno nuovi mache ancora esigono opportuni approfondimenti, come è il caso della sotto-titolazione intralinguistica per sordi.

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ELISA PEREGO