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DISEGNO DI UN PROGETTO DI RICERCA (a cura di M.Grazia Fischer) Un progetto di ricerca è la tappa preliminare della ricerca nel corso della quale bisogna stabilire i limiti dell'oggetto da studiare e precisare la maniera di realizzare ciascuna delle tappe del processo. Quantunque l'idea di piano sia simile al progetto di ricerca, bisogna capire che quest'ultimo non consiste affatto in un piano di lavoro e ancora meno in una tavola delle materie, in un indice. È molto più esplicito di un piano di lavoro, perché in esso si giustificano e commentano sistematicamente le scelte metodologiche fatte in ciascuna fase del processo. Il progetto di ricerca è dunque un documento scritto, che può comportare a seconda dei casi anche molte pagine. Gli autori di opere metodologiche hanno sovente la tendenza a stabilire delle tipologie di ricerca. Per quanto queste distinzioni non siano unanimi, si riconosce abitualmente l'esistenza di almeno due grandi tipi di ricerca: la ricerca sperimentale e la ricerca non sperimentale, chiamata anche ricerca ex post. Nella ricerca sperimentale di cui troviamo il prototipo nelle scienze della natura e nelle scienze pure, il ricercatore è in grado di verificare i fattori che influenzano o possono influenzare l'oggetto di studio. Esclusi certi domini, come ad esempio l'astronomia, questo tipo di ricerca permette abitualmente al ricercatore di riprodurre in laboratorio le condizioni della realtà osservabile. Nel dominio delle scienze sociali questo tipo di ricerca è frequente in psicologia sperimentale e, occasionalmente, in sociologia o nelle scienze politiche. Così il ricercatore determina precedentemente il tipo di informazione e la natura degli stimoli ai quali egli sottometterà dei piccoli gruppi di persone al fine di valutare i loro comportamenti in una situazione particolare. Nelle scienze sociali, tuttavia, i lavori non fanno riferimento a ricerche di tipo sperimentale ma piuttosto a tipi di ricerca ex post, cioè ricerche in cui il ricercatore non padroneggia i fattori che possono influenzare il suo oggetto di studio e dove è obbligato a studiare dei comportamenti o degli avvenimenti che si sono già prodotti. Da qui il termine ex post. Fanno eccezione la ricerca-azione e l'osservazione partecipante, dove il ricercatore è direttamente implicato con gli attori ed i fenomeni studiati. Poiché la maggior parte delle ricerche in scienze sociali, visto il loro oggetto di studio, non permettono al ricercatore di riprodurre in laboratorio dei comportamenti o degli avvenimenti che si sono prodotti nella realtà osservabile, i modelli econometrici e certe simulazioni su ordinatore tentano tuttavia di pervenirvi mantenendo costante certi fattori di influenza. Le conclusioni che derivano da questo tipo di ricerca, chiamata spesso quasi-sperimentale, non rivelano, tuttavia, una maggiore capacità esplicativa, perché i fattori in questione non sono mai costanti nella realtà delle cose. Così nella ricerca sociale, esistono due tipi fondamentali di ricerca, ma questo non implica affatto che sia necessario costruire due o più tipi di progetti di ricerca a seconda della natura dello studio. In effetti, ogni tipo di ricerca, malgrado la sua specificità, deve rispettare le regole del metodo scientifico. Quest'ultimo è un modo particolare di conoscere la realtà che comprende un certo numero di tappe del processo di ricerca raccolti in due momenti precisi: la concettualizzazione e la sperimentazione o verifica. Poiché concettualizzazione e sperimentazione sono i fondamenti del metodo scientifico, e considerato che il progetto di ricerca è costruito in funzione di questo metodo, ne consegue che il progetto di ricerca può essere utilizzato per realizzare qualunque tipo di ricerca.

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DISEGNO DI UN PROGETTO DI RICERCA (a cura di M.Grazia Fischer) Un progetto di ricerca è la tappa preliminare della ricerca nel corso della quale bisogna stabilire i limiti dell'oggetto da studiare e precisare la maniera di realizzare ciascuna delle tappe del processo. Quantunque l'idea di piano sia simile al progetto di ricerca, bisogna capire che quest'ultimo non consiste affatto in un piano di lavoro e ancora meno in una tavola delle materie, in un indice. È molto più esplicito di un piano di lavoro, perché in esso si giustificano e commentano sistematicamente le scelte metodologiche fatte in ciascuna fase del processo. Il progetto di ricerca è dunque un documento scritto, che può comportare a seconda dei casi anche molte pagine. Gli autori di opere metodologiche hanno sovente la tendenza a stabilire delle tipologie di ricerca. Per quanto queste distinzioni non siano unanimi, si riconosce abitualmente l'esistenza di almeno due grandi tipi di ricerca: la ricerca sperimentale e la ricerca non sperimentale, chiamata anche ricerca ex post. Nella ricerca sperimentale di cui troviamo il prototipo nelle scienze della natura e nelle scienze pure, il ricercatore è in grado di verificare i fattori che influenzano o possono influenzare l'oggetto di studio. Esclusi certi domini, come ad esempio l'astronomia, questo tipo di ricerca permette abitualmente al ricercatore di riprodurre in laboratorio le condizioni della realtà osservabile. Nel dominio delle scienze sociali questo tipo di ricerca è frequente in psicologia sperimentale e, occasionalmente, in sociologia o nelle scienze politiche. Così il ricercatore determina precedentemente il tipo di informazione e la natura degli stimoli ai quali egli sottometterà dei piccoli gruppi di persone al fine di valutare i loro comportamenti in una situazione particolare. Nelle scienze sociali, tuttavia, i lavori non fanno riferimento a ricerche di tipo sperimentale ma piuttosto a tipi di ricerca ex post, cioè ricerche in cui il ricercatore non padroneggia i fattori che possono influenzare il suo oggetto di studio e dove è obbligato a studiare dei comportamenti o degli avvenimenti che si sono già prodotti. Da qui il termine ex post. Fanno eccezione la ricerca-azione e l'osservazione partecipante, dove il ricercatore è direttamente implicato con gli attori ed i fenomeni studiati. Poiché la maggior parte delle ricerche in scienze sociali, visto il loro oggetto di studio, non permettono al ricercatore di riprodurre in laboratorio dei comportamenti o degli avvenimenti che si sono prodotti nella realtà osservabile, i modelli econometrici e certe simulazioni su ordinatore tentano tuttavia di pervenirvi mantenendo costante certi fattori di influenza. Le conclusioni che derivano da questo tipo di ricerca, chiamata spesso quasi-sperimentale, non rivelano, tuttavia, una maggiore capacità esplicativa, perché i fattori in questione non sono mai costanti nella realtà delle cose. Così nella ricerca sociale, esistono due tipi fondamentali di ricerca, ma questo non implica affatto che sia necessario costruire due o più tipi di progetti di ricerca a seconda della natura dello studio. In effetti, ogni tipo di ricerca, malgrado la sua specificità, deve rispettare le regole del metodo scientifico. Quest'ultimo è un modo particolare di conoscere la realtà che comprende un certo numero di tappe del processo di ricerca raccolti in due momenti precisi: la concettualizzazione e la sperimentazione o verifica. Poiché concettualizzazione e sperimentazione sono i fondamenti del metodo scientifico, e considerato che il progetto di ricerca è costruito in funzione di questo metodo, ne consegue che il progetto di ricerca può essere utilizzato per realizzare qualunque tipo di ricerca.

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La domanda di partenza Il primo problema che si pone al ricercatore è, dunque, come iniziare bene il proprio lavoro. Non è facile, in effetti, arrivare a tradurre quello che si presenta normalmente come un centro di interesse o una preoccupazione relativamente vaga in un progetto di ricerca operazionale. La difficoltà di iniziare bene il lavoro deriva spesso dal desiderio di voler essere perfetti e di formulare subito un progetto di ricerca in modo completamente soddisfacente. È un errore. Una ricerca è per definizione qualche cosa che si cerca. Essa è un cammino verso una migliore conoscenza e deve essere accettata come tale, con tutto quello che implica di esitazioni, di errori e incertezze. Il ricercatore deve scegliere rapidamente un primo filo conduttore quanto più chiaro possibile, in modo che il suo lavoro possa iniziare senza ritardo e strutturarsi in modo coerente. Poco importa se questo punto di partenza sembra banale e se la riflessione del ricercatore non sembra ancora completamente matura; poco importa se, probabilmente, cambierà prospettiva durante il lavoro. Questo punto di partenza non è che provvisorio, come un campo base che gli alpinisti costruiscono per prepararsi a scalare una cima e che abbandoneranno per altri campi più avanzati fino alla scalata finale. Si può suggerire una formula: essa consiste nello sforzarsi di enunciare il proprio progetto di ricerca sotto la forma di una domanda di partenza con la quale il ricercatore cerca di esprimere, il più chiaramente possibile, ciò che cerca di sapere, di spiegare, di comprendere meglio. Per adempiere correttamente alla sua funzione, questo esercizio richiede naturalmente di essere effettuato secondo determinate regole che saranno precisate e illustrate. Ricordiamo che anche gli autori più famosi (cominciando da Durkheim) non hanno esitato ad enunciare i loro progetti di ricerca sotto forma di domande semplici e chiare, anche se queste domande sottintendevano una riflessione teorica molto consistente. Facciamo alcuni esempi: «La disuguaglianza delle possibilità davanti all'insegnamento ha tendenza a diminuire nelle società industriali? » . Questa è la domanda posta da Raymond Boudon all'inizio di una sua famosa ricerca. A questa prima domanda centrale, l'autore ne aggiunge un'altra che verte su «l'incidenza sulla mobilità sociale delle disuguaglianze rispetto all'insegnamento ». Ma la prima domanda citata costituisce l'interrogativo di partenza del suo lavoro ed è quella che gli servirà da primo asse centrale. «La rivolta studentesca è soltanto un'agitazione che esprime la crisi dell'Università o porta in sé un movime nto sociale capace di lottare, in nome di obiettivi più generali, contro la dominazione sociale? » Questa è la domanda di partenza di Alain Touraine nella prima ricerca in cui mette in opera il suo metodo di intervento sociologico e da cui è nato un libro scritto con altri autori sulle lotte studentesche. « Che cosa induce certi individui a frequentare i musei, mentre la maggioranza delle persone non li frequenta? » È questa, ricostruita a partire dalle stesse parole degli autori, la domanda di partenza di una ricerca effettuata da Bourdieu e Darbel sul pubblico dei musei d'arte europei e i cui risultati sono stati pubblicati sotto il titolo "L'amore dell'arte". Se scienziati di questo livello fanno lo sforzo di precisare i loro progetti così coscienziosamente, bisogna ammettere che il ricercatore, debuttante o meno, dilettante o professionista, occasionale o regolare, non può permettersi di evitare di farlo, anche se le sue pretese teoriche sono infinitamente più modeste e il suo campo di investigazione molto più ristretto.

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Tradurre il progetto di ricerca sotto forma di una domanda di partenza, però, è utile soltanto se questa domanda è correttamente formulata e questo non è facile come può apparire a prima vista. Vedremo come questo lavoro, lungi dall'essere strettamente tecnico e formale, obblighi il ricercatore a chiarire, in modo sovente molto utile, le proprie intenzioni e le proprie prospettive. In questo senso, la domanda di partenza costituisce un primo mezzo di messa in opera d'una dimensione essenziale del processo scientifico: il superamento dei pregiudizi e delle nozioni già possedute. L’insieme delle qualità attese può essere riassunta in poche parole: una buona domanda di partenza deve poter essere elaborata. Questo significa che, partendo da essa, bisogna poter lavorare efficacemente e che deve essere possibile, in particolare, apportarle degli elementi di risposta. LE QUALITA’ CHE DEVE AVERE UNA DOMANDA DI PARTENZA Chiarezza - Precisione 1. Qual è l'impatto dei cambiamenti nella pianificazione dello spazio urbano sulla vita degli abitanti? Domanda troppo vaga, a quale tipo di cambiamenti si fa riferimento? Cosa si intende per la vita degli abitanti? (Vita professionale, familiare, sociale, culturale) Si fa allusione alla loro facilità di spostamento? Si potrebbe facilmente allungare la lista delle possibili interpretazioni di una domanda che appare ambigua. Converrà dunque formulare una domanda precisa il cui senso non si presti a confusioni. Sarà spesso indispensabile definire chiaramente i termini della domanda di partenza, ma bisogna inizialmente sforzarsi di essere il più possibile chiari nella formulazione della domanda stessa. C'è un modo molto semplice per assicurarsi che una domanda sia precisa. Consiste nel formularla davanti a un piccolo gruppo di persone evitando accuratamente di commentarla o di esporne il senso. Ogni persona del gruppo sarà invitata a spiegare il modo in cui ha compreso la domanda. La domanda è precisa se le interpretazioni convergono e corrispondono all'intenzione del suo autore. Una domanda può essere precisa e compresa nella stesso modo da tutti senza pertanto essere limitata ad un problema insignificante o molto marginale. Consideriamo la domanda seguente: "quali sono le cause della diminuzione degli impieghi nell'industria piemontese?". Questa domanda è precisa nel senso che ciascuno la comprenderà nella stessa maniera e tuttavia copre un campo di analisi molto vasto. Una domanda precisa non è dunque il contrario di una domanda larga o molto aperta ma di una domanda vaga o ambigua. In breve, per poter essere elaborata, una buona domanda di partenza sarà precisa. Univocità-concisione 2. In quale misura l'aumento della perdita di impieghi nel settore delle costruzioni spiega il mantenimento di grandi progetti di lavori pubblici destinati non soltanto a sostenere questo settore ma anche a diminuire i rischi di conflitti sociali che questa situazione comporta? Questa domanda è naturalmente troppo lunga e ingarbugliata. È preferibile formulare la domanda di partenza in maniera univoca e concisa affinché possa essere compresa senza difficoltà e aiutare il suo autore a raggiungere l'obiettivo perseguito. Dunque per poter essere elaborata, una buona domanda di partenza sarà univoca e quanto più concisa possibile. Fattibilità

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3. I capi d'impresa dei differenti paesi della comunità europea hanno un'idea identica della concorrenza economica degli Stati Uniti e della Cina? Se si possono consacrare almeno due anni completi a questa ricerca, se si dispone di un budget di molte centinaia di migliaia di euro, se si hanno collaboratori competenti, efficaci e poliglotti, esiste una possibilità di portare a buon fine un simile progetto e di raggiungere dei risultati abbastanza dettagliati da essere di qualche utilità. In caso contrario è preferibile restringere le proprie ambizioni. Quando formula una domanda di partenza, il ricercatore deve assicurarsi che le sue conoscenze, ma anche le sue risorse in fatto di tempo, denaro e mezzi logistici, gli permetteranno di raggiungere degli elementi di risposta validi. Quello che è possibile per un centro di ricerca ben equipaggiato e per dei ricercatori agguerriti non lo è altrettanto per chi non dispone di risorse di quel tipo. Per poter essere elaborata, una buona domanda di partenza deve essere realistica, cioè in rapporto con le risorse personali materiali e tecniche che si può pensare saranno necessarie e sulle quali si può ragionevolmente contare. Pertinenza Le qualità di pertinenza concernono il registro (esplicativo, normativo, predittivo,...) da cui dipende la domanda di partenza. Vediamo alcuni esempi di domande che a volte si ritrovano al momento della partenza della ricerca di studenti. 4. Il modo in cui la fiscalità è organizzata nel nostro paese è socialmente giusta? Questa domanda non ha evidentemente per fine di analizzare l'aggiornamento del sistema fiscale ma di giudicarlo sul piano morale, il che costituisce tutto un altro percorso che non è pertinente alle scienze sociali. La confusione fra questi due punti di vista differenti si verifica frequentemente e non è facile da scoprire. In generale si può dire che una domanda è moralizzatrice quando la risposta che le si dà non ha senso se non in rapporto al sistema di valori di chi la formula. Così, la risposta sarà radicalmente differente a seconda che il rispondente consideri che la giustizia consiste nel far pagare a ciascuno una quota uguale a tutti, qualunque sia il loro reddito (come avviene nelle imposte indirette), una parte proporzionale al proprio reddito, o una quota proporzionalmente più grande a seconda dell'importanza della reddito (l'imposizione progressiva che viene applicata per le imposte dirette). Quest' ultima formula, considerata come giusta da certi perché contribuisce ad attenuare le diseguaglianze economiche, sarà giudicata ingiusta da altri che stimeranno che, in questo modo, il fisco estorce i frutti del lavoro molto più a loro che agli altri. I legami tra la ricerca sociale e il giudizio morale sono evidentemente più stretti e più complessi di quanto non lasci supporre questo semplice esempio. Il ricercatore deve evitare le confusioni a questo riguardo sin dall'inizio della ricerca perché, se è legittimo che essa sia ispirata da uno scopo di ordine morale, la ricerca stessa deve abbordare il reale in termini di analisi e non di giudizio. Questo può non essere semplice perché, nella vita come in certi corsi della scuola secondaria, questi due punti di vista complementari vengono regolarmente confusi. Si pensa spesso di fare buona figura terminando il lavoro o le dissertazioni con un piccolo tocco moralizzatore destinato sia all'edificazione dei lettori sia a convincerli che si ha del cuore. Invece bisogna saper prescindere dai pregiudizi e dai valori personali. La ricerca sociale può dunque prendere i valori e le norme morali come oggetto di studio senza tuttavia procedere ad un giudizio morale. Al contrario, una riflessione morale sugli orientamenti ed i procedimenti delle ricerche sociali è non soltanto necessaria ma indispensabile. Dunque una buona domanda di partenza non sarà moralizzatrice. Essa cercherà non di giudicare ma di comprendere.

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5. Quali sono le finalità della vita nella società? Questa domanda deriva dalla filosofia. I metodi di analisi delle scienze sociali non hanno alcuna presa su di essa perché questi metodi non sono previsti per riflettere sul senso delle cose e della vita collettiva ma per analizzare le modalità e i processi di trasformazione. Ancor una volta questo non significa che queste domande non siano interessanti o che la filosofia e le scienze sociali non abbiano nulla in comune. Al contrario, la riflessione filosofica è indispensabile al progresso delle discipline dette scientifiche perché essa permette di chiarire i fondamenti stessi della conoscenza. In particolare, l'epistemologia ha per funzione di sottomettere tutte le forme di conoscenza ad un esame critico destinato a chiarirne i fondamenti. Senza riflessione epistemologica, il ricercatore non può trovare i limiti e la portata delle crisi che avanza e, perdendo allora il controllo critico del proprio lavoro, e dissi culla nelle illusioni riguardo alla sua validità. Al contrario chi sa riflettere sui presupposti teorici e metodologici del proprio lavoro e di quello degli altri, è in grado di farne un esame critico e quindi ad approfondirli e superarli, ma anche di controllare in permanenza la malignità del processo metodologico che egli mette in opera. Una buona domanda di partenza non sarà di ordine filosofico. 6. I padroni sfruttano i lavoratori? Questa domanda è in realtà "una falsa domanda" o, in altre parole, una affermazione mascherata da domanda. È evidente che nella mente di chi l'ha posta, la risposta è sì (o no), a priori. Dimostrare che è così oppure no, non è possibile: sarebbe sufficiente da selezionare adeguatamente e i criteri e i dati e presentarli nella maniera più conveniente. Sono numerose le cattive domande di partenza di questo tipo. Un esempio supplementare, forse meno evidente, può essere: "a La frode fiscale è una delle cause del deficit del bilancio dello Stato?" . Anche qui, ci si immagino facilmente e che in ricercatore, già in partenza, a un in linea molto precisa della risposta che vuole dare, a qualunque prezzo, a questa domanda. L'esame di una domanda di partenza da piedi d'un cui inc ludere una riflessione sulle motivazioni e sulle intenzioni dell'autore, anche se esse non possono essere rilevate nell'enunciato della domanda, come nel caso del nostro esempio. Questi esempi costituiscono una buona applicazione del principio di rottura e dimostrano l'importanza di rompere con i propri pregiudizi, incoscienti o no. Una buona domanda di partenza sarà dunque una vera domanda o ancora una domanda aperta, ciò che significa che più risposte diverse devono poter essere previste a priori e che no n si cerca soltanto di avere una risposta già scontata. 7. Quali cambiamenti si verificheranno nell'organizzazione dell'insegnamento di qui a 10 anni? L'autore di questa domanda ha in realtà per progetto di procedere ad un insieme di previsioni sull'evoluzione di un settore della vita sociale. Così facendo, egli nutre le più ingenue illusioni sulla portata di un lavoro di ricerca sociale. Un astronomo può prevedere molto tempo prima il passaggio di una cometa in prossimità del sistema solare perché la sua traiettoria risponde a delle leggi stabili alle quali essa non ha la possibilità di sottrarsi. Le cose non vanno così per quanto concerne le attività umane i cui orientamenti non possono mai essere previsti in maniera certa. Soprattutto il ricercatore debuttante e medio che si attenga inizialmente allo studio di ciò che esiste e funziona, prima di studiare quello che potrà esistere ma non esiste ancora. Una buona domanda di partenza deve implicare lo studio di un qualcosa che già esiste e non qualcosa che ancora non esiste. Una domanda di partenza dovrà studiare il cambiamento solo basandosi sull'esame del funzionamento. 8. I giovani sono più fortemente toccati dalla disoccupazione degli adulti?

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Questa domanda attende una risposta puramente descrittiva nel senso che essa ha semplicemente vero obiettivo di conoscere meglio i dati di una situazione. Anche se non si può rispondere in qualche ora semplicemente facendo ricorso alle statistiche esistenti e se questa informazione richiede un vero lavoro di ricerca, è un po' poco. Per far ben una ricerca, bisogna certo a raccogliere un certo numero di dati ci si attende inoltre che si manifesta una volontà di comprensione non superficiale del fenomeno studiato, ad esempio come in questo caso la disoccupazione giovanile. L'intenzione della ricercatore in scienze sociali non è inizialmente di descrivere ma di comprendere i e in vista di questo sforzo di comprensione che bisognerà raccogliere dei dati l'osservazione o sperimentazione perché comprendere significa "da rendere insieme" da in modo da rendere i fenomeni osservabili quanto più comprensibili possibile. Una buona domanda di partenza avrà l'intento di comprendere o spiegare. Una buona domanda di partenza è quella con cui il ricercatore tenta di evidenziare il processo sociale, economico, politico o culturale che permette di comprendere meglio i fenomeni e gli avvenimenti osservabili e di interpretarli nel modo più giusto. Queste domande richiedono delle risposte in termini di opinioni, di strategie, di modi di funzionamento, di rapporti e di conflitti sociali, di relazioni di potere, di invenzione, di diffusione o di integrazione culturale, per non citare che qualche esempio classico di punti di vista che derivano dall'analisi nelle scienze sociali. Quello che dovrebbe essere chiaro, a questo punto, sono i tre livelli necessari perché una domanda di partenza sia ben fatta: 1. esigenza di chiarezza, in modo da essere operazionale 2. esigenze di fattibilità 3. esigenze di pertinenza, di modo da servire da primo filo conduttore a un lavoro che rientra nel campo della ricerca sociale. QUALCHE CRITERIO DA RISPETTARE NEL MOMENTO DELLA SCELTA DEL SOGGETTO Veniamo a quella che sarà la domanda di partenza che seguiremo nella nostra ricerca. Supponiamo che si voglia stud iare il ruolo dei sondaggi d'opinione (in quanto strumenti di informazione e di comunicazione fra lo Stato e i cittadini) nel funzionamento di uno Stato democratico. Se il nostro problema iniziale è quello di conoscere la partecipazione democratica in generale dei cittadini nei confronti dei legislatori, anche questo problema risulta troppo ampio per poter fare una ricerca seria in merito. Il motivo è che esistono numerose dimensioni e innumerevoli visuali a partire dalle quali questo soggetto può essere trattato. Si può per esempio esaminare le tecniche di realizzazione dei sondaggi politici e le condizioni che dovrebbero essere realizzate perché i sondaggi diano un'immagine pressoché esatta delle preferenze della popolazione. Si può altresì privilegiare lo studio dei modi di controllare e di regolamentare i sondaggi e le utilizzazioni che se ne possono fare. Un altro asse di ricerca possibile concerne la relazione tra i media e l'opinione pubblica. Si potrebbe ad esempio studiare come i media utilizzino l'informazione prodotta dai sondaggi d'opinione. Un altro asse di ricerca consiste nello studiare l'utilizzazione dei sondaggi d'opinione da parte degli attori politici: è questo ultimo asse di ricerca che noi studieremo nel nostro esempio di progetto di ricerca, chiedendoci se l'utilizzazione politica dei sondaggi soddisfa le esigenze della democrazia. Una volta controllato che questo soggetto di ricerca sia stato fatto oggetto di ricerche anteriori bisogna come si è detto cercare di consultare quanti più testi possibile sull'argomento. Il ricercatore dovrà assicurarsi che il suo soggetto di ricerca si fondi su una teoria scientifica. La teoria è il pilastro logico dell'approccio scientifico, sulla base del quale il ricercatore attende, o

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spera, di ottenere determinati risultati. È il fondamento teorico (logico) che distingue la ricerca scientifica da altre vie di conoscenza come il ricorso al semplice buon senso o all'erudizione. Il ricercatore dovrà dunque assicurarsi che il soggetto scelto possieda un ancoraggio teorico. Una vera ricerca si basa anche sull'osservazione . L'osservazione è il pilastro empirico dell'approccio scientifico. L'osservazione empirica distingue la ricerca scientifica da altri modi di conoscenza, come la filosofia o la matematica. Per assicurarsi che la propria ricerca si basi sull'osservazione empirica, il ricercatore deve prendere in considerazione che vi siano informazioni disponibili sull'oggetto di studio. In effetti ogni soggetto può essere interessante, ma la sua analisi può porre dei problemi considerevoli, nel senso che l'informazione che può dare un appoggio alla ricerca può essere rara, confidenziale, dunque non accessibile, o ancora non pertinente all'aspetto del soggetto che si vuole studiare.È dunque estremamente importante assicurarsi sin dall’inizio della disponibilità di informazioni, perché questo è uno dei principali criteri di decisione in materia di fattibilità di un progetto di ricerca. Costruzione di un quadro teorico In senso generale adottare, modificare o costruire un quadro teorico consiste nel prevedere una risposta teorica alla domanda di partenza. Questa risposta teorica, articolata intorno ad una o più ipotesi di ricerca, è quella che sembra più verosimile al ricercatore: egli ritiene che il problema di ricerca che ha formulato sotto forma di domanda di partenza dovrebbe risolversi grazie a questa soluzione teorica e ipotetica. Non ne ha la certezza, ma le sue deduzioni e le sue conoscenze esplorative lo inducono a crederlo. Adottare, modificare o costruire un quadro teorico richiede di assolvere a due compiti: scegliere, modificare o costruire una teoria e formulare un’ipotesi. L'ipotesi deriva necessariamente dalla teoria adottata, modificata o costruita. Che cos'è una teoria? Ma che cosa si intende per teoria? Iniziamo col definire che cosa è una teoria prima di spiegare come si deve procedere per sceglierne, modificarne o costruirne una. In termini accademici, le teorie sono degli insiemi di enunciati generali che descrivono dei fenomeni reali. In termini più metaforici, le teorie, come diceva Popper sono "delle reti destinate a catturare quello che noi chiamiamo 'il mondo'; a renderlo razionale, a spiegarlo e a padroneggiarlo". In termini semplici, le teorie sono delle costruzioni intellettuali che prendono la forma di sistemi di concetti e servono a spiegare dei fenomeni reali. Così se adotto una teoria freudiana del comportamento degli individui, utilizzo il sistema di concetti elaborato da Freud per comprendere il comportamento umano. Allo stesso modo posso utilizzare la teoria di Piaget per comprendere lo sviluppo cognitivo dei bambini; se uno scienziato di nome Mario Rossi elaborasse un nuovo sistema di concetti per spiegare le rivoluzioni sociali e questa nuova spiegazione conoscesse un certo successo nel seno della comunità scientifica, si parlerebbe probabilmente della teoria "rossiana" (o qualcosa del genere) delle rivoluzioni sociali. Secondo il nostro processo scientifico, il fine di uno scienziato è dunque di produrre delle teorie che spieghino una parte della nostra realtà, e di sottometterle in seguito a dei test empirici al fine di convalidarle o di rifiutarle. Le teorie organizzano la nostra percezione empirica della realtà. Spiegando il reale, le teorie organizzano la nostra rappresentazione della realtà e questa loro funzione d'organizzazione della percezione della realtà è di un'importanza capitale per gli scienziati in quanto permette loro di affrontare con efficacia lo studio di fenomeni. Senza teoria, in effetti, nessun ricercatore può produrre una ricerca empirica sensata.

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"Il sociale, la società, la politica, il reale non possono essere colti che attraverso la costruzione di un quadro, che sappia organizzare dei fenomeni, a prima vista dispersi. La teoria è precisamente il quadro di riferimento che produce un senso e permette a un osservatore di sussumere dei frammenti di significato che, senza questa interrelazione, resterebbero incomprensibili o, peggio, nascosti, sommersi da una marea di informazioni a prima vista tutte ugualmente valide. La teoria è dunque la sintassi del reale, il mezzo di fargli restituire la sua logica, di formalizzarlo in un principio di ordine e di sistematizzazione, di organizzazione di cause ed effetti" (I. Lavergnas, in Gauthier B. (ed.)) Facciamo un esempio: supponiamo che un professore insegni una qualche materia all’università da un certo numero di anni. Col passare del tempo nota un fenomeno strano e divertente: la maggioranza degli studenti preferisce sedersi in un posto particolare (davanti, al centro, in fondo, a sinistra, a destra) nell’aula. Incuriosito dalla regolarità delle scelte fatte dalla maggior parte degli studenti, intraprende una ricerca scientifica su questo soggetto. La sua domanda di partenza è: "Quali fattori influenzano la scelta, fatta dagli studenti universitari, di un determinato posto in un’aula?" Supponiamo che la fase di esplorazione riveli che non esiste una teoria che spieghi questo fenomeno e che il professore decida di cominciare il suo studio senza costruirne una. Procederà dunque all'osservazione di gruppi di studenti senza idee preconcette, senza prenozioni teoriche. Il suo spirito è come una ‘pagina bianca’, direbbe l' empirista John Locke. Lui vuole, molto semplicemente, osservare i suoi studenti e spera di scoprire il o i fattori che influenzano la scelta di un posto in un'aula universitaria. Ma che cosa deve osservare? Su cosa può focalizzare l’attenzione? Dove deve posare il suo sguardo? Non ne ha alcuna idea perché nessuna prenozione, nessun piano, guida la sua osservazione della realtà. Così, il suo spirito è perfettamente vergine al momento dell'osservazione della realtà; è come una sorta di telecamera che registra delle sensazioni che sono in seguito inviate al suo cervello per esservi trattate. Dopo qualche minuto di osservazione, il suo cervello, però, sarà letteralmente bombardato da informazioni diverse o così, noterà che certi studenti seduti in fondo alla classe sono di genere maschile, che altri sono di genere femminile, che ci sono degli studenti seduti davanti e al centro, gli studenti seduti a destra della classe hanno i capelli castani, biondi o bruni, ed uno li ha lunghi, che la stessa cosa si verifica fra quelli che sono seduti a sinistra, tranne che lì nessuno ha i capelli lunghi; che nel centro c'è uno studente che mastica gomma, cosa che non è il caso di fare né seduti davanti né seduti al fondo, che le ragazze sedute al centro portano alcune le gonne e altre dei pantaloni; che lo stesso avviene al fondo della classe e nelle prime file; che... Insomma il professore o diventerà pazzo in breve tempo, o non troverà mai una risposta alla sua domanda di partenza perché la sua osservazione della realtà sarà interminabile, incoerente e completamente inutile. Torniamo indietro e supponiamo che dopo la sua esplorazione il professore adotti una teoria che spiega la scelta di un posto in una aula universitaria. Diciamo che questa teoria (del tutto fittizia) abbia nome "teoria del triangolo". Secondo questa teoria il principale fattore che influenza la scelta di un posto in una classe è l'interesse dello studente per il corso o per il professore. Così, se la teoria è buona, uno studente interessato al corso o al professore dovrà sedersi in un triangolo in rapporto al professore stesso. Al contrario gli studenti poco o per niente interessati al corso o al professore si piazzeranno all'esterno del triangolo.

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PROFESSORE

ALLIEVI A questo punto della ricerca non si sa se questa teoria sia valida. Per saperlo, bisognerà tentare, in una tappa successiva, di convalidarla o di falsificarla, sottomettendola a dei test empirici. Ma una cosa è certa: grazie a questa teoria, le osservazioni della realtà fatte dal professore saranno molto più coerenti e utili che se non avesse alcuna teoria. In effetti appoggiandosi a questa teoria, egli presume che sia inutile contare il numero di denti o il colore dei capelli dei suoi studenti. È inutile perché egli pensa che il fattore che influenza la scelta di un posto nell’aula non sia il colore dei capelli o il numero di denti degli allievi, ma il loro interesse nei confronti del professore o del corso. Egli presume, dunque, che sia più utile interrogare i suoi studenti sul loro livello di interesse verso di lui o verso il suo corso piuttosto che contare il numero dei loro denti. È in questo senso che noi diciamo che le teorie sono dei modi di organizzazione della percezione empirica della realtà e, in questo senso, possiamo anche affermare che ogni sapere scientifico è teorico perché, in definitiva, tutta l’osservazione scientifica della realtà poggia necessariamente su determinate prenozioni teoriche che la rendono utile ed efficace. Una tesi contraria: la “Grounded Theory” (la " teoria fondata") La posizione epistemologica ispirata al falsificazionismo porta verso un processo ipotetico-deduttivo della scienza. Come abbiamo appena visto, questo processo pone la scelta o la costruzione di una teoria prima dell'osservazione sistematica della realtà. Secondo questa posizione è necessario che l'elaborazione di una teoria preceda l'osservazione della realtà al fine di rendere quest'ultima utile ed efficace. Ma non è così per tutti i ricercatori. I sostenitori del processo induttivo sono in completo disaccordo. Secondo loro, dato che il processo scientifico è induttivo, l'elaborazione di una teoria deve derivare dalle osservazioni empir iche. Essa dunque non le precede. Questa concezione dell'elaborazione a posteriori delle teorie è quella dei sociologi che si ispirano ai primi lavori metodologici di Anselm L. Strauss. Secondo questo scienziato la teoria deve essere fondata (dall'americano Grounded theory ). Secondo gli induttivisti che si ispirano al ragionamento degli empiristi inglesi Bacone, Locke e Hume, delle osservazioni rigorose permettono di scoprire delle ricorrenze e delle associazioni fra dei fenomeni che finiscono per imporsi da sé all'osservatore. Secondo questa spiegazione, ci sarebbe dunque una netta opposizione fra una “graunded theory” (‘teoria fondata’) ed una teoria ‘ipotetico-deduttiva’. Si può dubitare della fondatezza di questa opposizione. Per due ragioni. Primo: abbiamo appena visto come un'osservazione senza prenozioni teoriche per organizzarle sia totalmente assurda e completamente inutile. Inoltre certi metodologi hanno senza dubbio capito male la portata delle

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spiegazioni della grounded theory di Anselm L. Strauss. In effetti, in un libro recente, Strauss si fa scrupolo di sottolineare che, nei suoi primi scritti, se la prendeva con le teorie speculative, ma che questo non toglie nulla al fatto che una "verifica" non può essere fatta senza una deduzione preliminare. Specifica molto chiaramente che una raccolta di dati senza ipotesi teoriche è inutile. A questo riguardo afferma che "delle ricerche efficaci in scienze sociali devono ispirarsi all'esempio delle ricerche della fisica, dove si intrecciano la formulazione di ipotesi provvisorie, la produzione di deduzioni e la loro verifica - il tutto grazie all'utilizzazione di dati empirici". Queste spiegazioni sono analoghe a quelle dei falsificazionisti, tanto più che il processo ipotetico-deduttivo non produce affatto delle teorie puramente speculative. In effetti, compiendo una fase esplorativa riferendosi al proprio 'vissuto', leggendo la documentazione scientifica, consultando dei colleghi e abbandonandosi a delle osservazioni esplorative, il ricercatore che adotta il processo falsificazionista dovrebbe normalmente scegliere, modificare o costruire una teoria relativamente ben "fondata" nella realtà. È importante, a questo punto, tener ben presente che esistono numerose teorie ed esse permettono di organizzare la percezione dei fatti empirici e di “vedere” la realtà studiata. È a partire da una teoria adottata, modificata o costruita che il ricercatore decide di occuparsi di questo o quel fatto. Se si comprende questo, si capisce come uno stesso fenomeno non sarà osservato nello stesso modo da dei ricercatori che ricorrano a differenti teorie. Facciamo un esempio: tre ricercatori si dedicano allo studio della decisione di un governo di ristabilire la “pena di morte”. Supponiamo inoltre che i tre ricercatori difendano tre diverse teorie: il primo è marxista, il secondo funzionalista e il terzo strutturalista. Questi “vedranno” dei fenomeni differenti guardando la stessa realtà perché le loro teorie sono differenti. A causa delle loro divergenze teoriche metteranno l’accento su aspetti differenti della stessa realtà. Il ricercatore marxista analizzerà molto probabilmente i rapporti di classe che hanno suscitato la decisione del governo di ristabilire la pena di morte. Potrà così tentare di corroborare o di rifiutare l'ipotesi che vuole che la borghesia del paese abbia interesse ad acuire la repressione da parte dello Stato in periodo di crisi economica. L’aumento della repressione si rivela utile per questa classe dominante, dice il marxista, perché questa borghesia si serve dello Stato per mantenere la sua egemonia sulle classi dominate. Il nostro ricercatore marxista cercherà di dimostrare perché e come la classe economicamente dominante ha fatto pressione sul governo affinché venisse ristabilita la pena di morte. Il ricercatore funzionalista, vedrà probabilmente in questa decisione una risposta dello Stato che ha per obiettivo di stabilizzare e di assicurare la riproduzione del insieme sociale "in termini semplici, dirà egli, lo Stato assolve alla sua funzione di mettere ordine nella società, ricorrendo ad una misura repressiva". Questo ricercatore percepisce dunque il ricorso alla pena di morte come una risposta "normale" dell'organismo sociale a dei fenomeni disfunzionali (un aumento della criminalità, sommosse, costituzione di gruppi terroristici ecc) che minacciano la sua sopravvivenza. Si è ben lontani dai rapporti di classe dei marxisti. Infine, il ricercatore strutturalista tenterà forse di descrivere le differenti strutture che caratterizzano una società che pratica la pena di morte. Egli cercherà di far emergere i legami o le relazioni tra le differenti entità (i criminali, i tribunali, le leggi, i corpi di polizia, i gruppi di pressione, eccetera) che compongono il sistema di uno Stato dove vige la pena di morte." In seguito a questo studio strutturale, dirà lo strutturalista, si potranno confrontare i sistemi sociali dove è prevista la pena di morte con quelli dove non è applicata la pena capitale, vedere in che cosa essi si differenziano a livello strutturale e, in tal modo, comprendere le loro rispettive dinamiche". I tre ricercatori osservano lo stesso fenomeno, ma il primo osserva i rapporti di classe, il secondo le funzioni svolte dallo Stato e la pena di morte, mentre il terzo vede delle strutture. Un fenomeno, tre differenti teorie, risultato: tre diversi modi di vedere . Quale ha ragione? Qual è la teoria migliore? Per rispondere a questa domanda bisogna fare della ricerca empirica in scienze umane e partecipare alle dispute teoriche che sono in corso. Queste dispute sono lontane dall'essere puramente astratte; non si tratta di sofismi: come abbiamo appena

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visto si tratta della nostra percezione della realtà. La posta in gioco è molto importante perché la nostra percezione della realtà e le nostre azioni sono intimamente legate: così, se molti possono accettare che uno Stato ricorra alla pena di morte per assicurare l'ordine socia le, è poco probabile che queste stesse persone siano così radicali verso i criminali, nel caso che abbia ragione il marxista e che la pena di morte sia un mezzo utilizzato dallo Stato per assicurare la dominazione economica di una classe di privilegiati. Insomma, discutere di teorie, vuol dire discutere della nostra percezione della realtà, e discutere la nostra percezione della realtà, è, in un ceto senso, determinare la nostra reazione (positiva o negativa) di fronte a questa realtà. Allora, se ci interessa la vita, dovranno interessarci le discussioni teoriche. Come scegliere, modificare o costruire una teoria La scelta, la modifica o la costruzione di una teoria è dunque una fase molto importante della ricerca. Essa esige e merita un grande lavoro e della conoscenza. In generale, vedremo che la scelta di una teoria dipende generalmente dal principio di pertinenza e da motivi strategici. Vedremo come si può scegliere, modificare o costruire una teoria compiendo tre operazioni. Il principio di pertinenza e i motivi strategici Inizialmente, il ricercatore sceglie la teoria che gli sembra essere la migliore, cioè la più adeguata, nell'investigare, spiegare e comprendere il suo oggetto di studi. Una buona teoria si appoggia su dei fatti empirici e incontestabili; si dice che i fatti empirici X e Y provano la giustezza, la veracità o la superiorità della teoria A. Così, gli induttivisti affermano che le loro teorie emergono dalle loro osservazione della realtà, mentre gli utilizzatori di un processo ipotetico-deduttivo affermano che la loro teoria è verificata dai test empirici. La scelta o la costruzione di una teoria si fa concretamente con tre operazioni: nella prima il ricercatore ritorna sulla sua esplorazione e procede all'inventario delle teorie pertinenti al suo oggetto di studi e alla sua domanda di partenza, nella seconda procede ad un esame critico di ciascuna delle teorie che ha elencato. La terza e ultima operazione consiste nell'adottare una di queste teorie, di modificarne una o costruirne una nuova. L'adozione di una nuova teoria implica un ritorno alla domanda di partenza adottata; la ragione di questo ritorno è semplice: una teoria è un modo di interrogare la realtà, scegliere una teoria è dunque scegliere una maniera di indagare il reale. Un ricercatore strutturalista tenterà di vedere una realtà strutturata; egli domanderà alla realtà di svelargli le sue strutture. D'altra parte un ricercatore funzionalista valuterà il reale sperando di scoprire delle funzioni. Un ricercatore che adotta una teoria strutturalista porrà dunque delle domande di partenza strutturalista del tipo: "quali strutture dell’ insieme sociale Y spiegano il fenomeno X?" Mentre un ricercatore funzionalista dirà piuttosto qualcosa del genere: "Quale funzione adempie il fenomeno X nell' insieme Y?". La teoria scelta influenza necessariamente la domanda di partenza della ricerca, perché una teoria è fra le altre cose un modo di interrogare la realtà. Fare l'inventario delle teorie consiste molto semplicemente nel costruire un repertorio dei differenti approcci ad un soggetto di studio. In altri termini, si tratta di costruire una sorta di tabella delle risposte che gli scienziati sociali hanno dato ad una certa domanda di partenza. È dunque sufficiente consultare le note di lettura ed i risultati delle interviste fatte durante la fase di esplorazione e di distinguere le teorie esistenti. Questo compito è già in parte compiuto se al momento dell'esplorazione si è avuto la saggezza di classificare le annotazioni per teorie. Così quando diversi autori hanno un approccio similare, si possono redigere le note relative ai loro testi in uno stesso file o quaderno d’appunti. In tal modo alla fine della propria esplorazione ci si ritrova con un certo numero di file o quaderni di appunti che corrispondono ad un certo numero di grandi teorie relative all’argomento di studio.

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I CONCETTI Come abbiamo visto non si può scegliere un soggetto di ricerca e decidere immediatamente in che modo trattarlo perché bisogna conoscere le dimensioni o gli elementi di questo soggetto. Anche dei ricercatori con esperienza rischierebbero di ipotecare la loro ricerca se non si assicurassero di conoscere bene il loro soggetto prima di cominciare a trattarlo. Il riconoscimento degli elementi e delle dimensioni del problema di ricerca si otterrà con un'attenta lettura dei principali testi della bibliografia costituita come si è detto nella tappa precedente. Questa lettura di partenza adempie a due funzioni essenziali: essa permette inizialmente di determinare l'ampiezza del materiale disponibile e fornisce una prima approssimazione della natura del materiale con il quale si dovrà lavorare. In certi casi, questa prima ricerca sarà un fattore determinante nella decisione di trattare oppure no il tema generale. Così se il materiale è abbondante e disponibile, la ricerca prevista potrà essere intrapresa. In questa fase, come già detto, non si tratta naturalmente di leggere tutto il materiale trovato; il primo esercizio di lettura consiste nel consultare unicamente le opere generali che permettono di reperire le dimensioni, elementi e angoli di studio possibili e a determinare i tipi di relazione che esistono tra i vari elementi del problema generale da trattare. Questo primo esercizio di lettura permette anche di cominciare a determinare le variabili e gli indicatori già utilizzati da altri autori in lavori anteriori. Per semplificare le cose si raccomanda ai ricercatori debuttanti di selezionare un'opera generale nella lista della bibliografia e di leggere attentamente. Quest'opera servirà da referenza principale, se non durante tutto il processo d'elaborazione del progetto di ricerca, almeno durante la tappa della formulazione del problema di ricerca. L'esercizio di lettura preliminare permetterà in seguito di selezionare meglio i concetti utili alla formulazione del problema di ricerca. Concetto è una parola, o un’espressione, che il ricercatore prende dal vocabolario corrente o costruisce per designare o circoscrivere dei fenomeni della realtà osservabile che egli desidererebbe studiare scientificamente. È una rappresentazione astratta di una realtà osservabile; esso non è dunque mai perfettamente conforme al fenomeno reale, che ad ogni modo non può mai essere completamente conosciuto. In questo senso, la spiegazione scientifica, come tutte le altre forme di spiegazione, è sempre solo un’approssimazione della realtà. Tuttavia, per quanto sia imperfetta, la conoscenza scientifica resta il nostro solo e unico strumento per circoscrivere il meglio possibile una realtà osservabile. Il concetto è lo strumento base del metodo scientifico ed è anche lo strumento privilegiato per tradurre la nostra rappresentazione mentale della realtà e costruire la nostra spiegazione di questa realtà. È per questo che si afferma sovente che la spiegazione scientifica non è che una sperimentazione o una verifica di relazioni possibili fra dei concetti o fra gli attributi di questi concetti. Ciò detto, il concetto, sia in ambito scientifico sia utilizzato nel linguaggio corrente, non rappresenta esattamente la realtà. Per esempio, le parole "peso" e "massa" fanno riferimento ad una stessa realtà ma non veicolano esattamente la stessa informazione; in effetti, il peso è un termine del linguaggio corrente che i fisici hanno rimpiazzato con il concetto di massa, costruito perché permette di incorporare in modo più completo l’insieme delle proprietà che comporta il fenomeno della pesantezza. Nelle scienze sociali a differenza delle scienze esatte, si utilizzano più sovente delle parole del vocabolario comune come dei concetti scientifici. È il caso per esempio dell'espressione "democrazia" che i politologi impiegano come i giornalisti o il grande pubblico. Tuttavia, per il politologo, che lo impiega come concetto scientifico e che, di conseguenza, deve precisarne le proprietà, il termine non ha lo stesso significato che ha per gli altri. I concetti sono dunque degli strumenti del metodo scientifico che intervengono al momento della formulazione del problema di ricerca. In questa tappa i ricercatori utilizzano i concetti

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essenzialmente per riconoscere gli elementi o le dimensioni che si riferiscono al problema generale e inoltre per precisare le relazioni stabilite o postulate fra questi elementi. Il concetto interviene di nuovo nel processo di ricerca nella parte dell'enunciazione della “domanda specifica della ricerca” e vi torneremo ma per il momento teniamo presente che lo strumento fondamentale nella ricerca scientifica è il concetto; è il cardine del metodo scientifico sul quale riposa tutto il nostro sapere: senza concetti ben definiti nessuna conoscenza scientifica è possibile. Sartori, Riggs e Teune fanno l'esempio del gioco di carte che illustra bene l'importanza dei concetti nella ricerca scientifica: se tutti i giocatori non concordano sul valore dato a ciascuna delle carte utilizzate non è possibile giocare a carte. È la stessa cosa che avviene nella ricerca scientifica dove, in assenza del consenso sul significato dei concetti utilizzati, è poco probabile che una disciplina possa fornire un corpus di conoscenze strutturate sulla realtà osservabile. Ecco perché i ricercatori devono essere attenti ai concetti che utilizzano. Ma questo esercizio è complesso, a causa del suo livello di astrazione, ed è la ragione per la quale gli studenti che cominciano a fare ricerca devono preoccuparsi dei concetti senza necessariamente tentare di circoscriverli in modo definitivo. Essi devono essere ben consapevoli dell'esistenza dei concetti e del loro ruolo preciso nella ricerca, devono dunque badare a definire meticolosamente i principali termini utilizzati nella loro ricerca perché è così che si prepareranno a lavorare con dei concetti più elaborati. Nell'esempio del ruolo dei sondaggi politici nel funzionamento della democrazia è stata selezionata come referente principale l'opera di Vincent Lemieux, I sondaggi e la democrazia, che è stata utile in primo luogo per definire e precisare il senso del concetto di “democrazia” e del concetto di sondaggio politico. Dunque il nostro problema di ricerca si articola attorno a due concetti (concetto di sondaggio politico e concetto di democrazia) che dobbiamo però definire. Definizione di concetto di sondaggio politico: nel nostro progetto di ricerca considereremo solo le domande di sondaggi che si riferiscono alle soluzioni specifiche proposte per regolare i problemi politici, cioè le leggi, i decreti e i regolamenti, oppure gli accordi internazionali. Definizione del concetto di democrazia: la democrazia è un sistema politico competitivo dove i leaders, i responsabili politici usano i conflitti e applicano delle soluzioni in modo tale che i cittadini possano partecipare alle decisioni che li concernono. Questa definizione, tratta dall'opera di Lemieux, si appoggia su cinque grandi caratteristiche (sub-concetti): la competizione, la leadership, la responsabilità (nel senso in cui i politici rispondono alle attese dei cittadini), la politicizzazione dei conflitti e la partecipazione popolare. L'esempio che utilizzeremo per illustrare ciascuna delle grandi tappe del progetto di ricerca ci porterà all'utilizzazione dei sondaggi d'opinione da parte dei legislatori politici, nell'elaborazione e adozione di decisioni di governo. Prima domanda generale di partenza: L'UTILIZZAZIONE DEI SONDAGGI D'OPINIONE DA PARTE DEI LEGISLATORI POLITICI Importanza politica del soggetto C'è una proliferazione di strumenti d’informazioni e di comunicazione fra lo Stato e i cittadini nelle nostre società industrializzate. In particolare, le organizzazioni di sondaggio sollecitano regolarmente l'opinione di campioni rappresentativi della popolazione su innumerevoli questioni d’interesse pubblico. Parallelamente si critica sovente l'assenza di una vera partecipazione democratica dei cittadini nell'elaborazione delle politiche pubbliche. Questo, fra le altre cose,

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provoca una perdita di legittimità delle istituzioni politiche e un indebolimento della fiducia fra la popolazione e i suoi dirigenti. Non è dunque strano domandarci se l'utilizzazione sempre più numerosa dei sondaggi d'opinione contribuisca al funzionamento della democrazia nella nostra società. Pertinenza scientifica del soggetto e potenziali utilizzatori Al fine di scegliere meglio il nostro soggetto di ricerca, di giustificarne la scelta, abbiamo proceduto a un primo esercizio di lettura, dove ci siamo concentrati principalmente su delle opere generali che trattano del contributo democratico dei risultati dei sondaggi d'opinione. Quest'esercizio ha rivelato che esiste una letteratura scientifica abbondante sul problema. Lo studio dell'utilizzazione politica dei sondaggi d'opinione è stato per lungo tempo dominio dei ricercatori americani, ma anche i ricercatori europei hanno, da tempo, cominciato a interessarsi a questo problema L'utilizzazione politica dei sondaggi d'opinione è all'incrocio fra due campi della scienza politica: lo studio dell'opinione pubblica e l'analisi delle politiche pubbliche. I risultati di queste ricerca aiuteranno anche altri ricercatori in questo dominio, soprattutto gli specialisti dell'opinione pubblica, gli specialisti delle politiche pubbliche e i ricercatori che si interessano allo studio della democrazia. I risultati forniranno anche dei dati originali e utili ai più interessati (istituti di sondaggio, legislatori politici) che si interessano al ruolo dell'opinione pubblica nella vita politica. SCEGLIERE IL PROBLEMA SPECIFICO DELLA RICERCA La scelta del problema specifico della ricerca consiste: 1. nell’ identificare l'approccio teorico che sottende alla ricerca da intraprendere; 2. nel reperire una o più lacune nei lavori anteriori che hanno trattato dello stesso soggetto e cercare di colmare queste lacune. Allora quale procedura bisogna seguire per selezionare il o i problemi di ricerca? Bisogna leggere non più delle opere generali ma degli studi e delle analisi sul tema particolare che si vuole trattare, perché da queste fonti scaturirà il problema specifico di ricerca da isolare per giustificare la nostra analisi o il modo in cui verrà trattato il nostro oggetto di studi. Un vero problema di ricerca si basa su un approccio teorico particolare . È questo approccio teorico che fornisce l'articolazione logica sulla quale il ricercatore si basa per anticipare certi risultati piuttosto che altri. Un approccio teorico è una struttura potenziale di spiegazione che comporta un certo numero di elementi. Essa comprende inizialmente dei postulati (principi primi non dimostrabili o non dimostrati) che traducono la visione delle cose sulla quale essa si appoggia, e dei concetti che permettono di scegliere e di classificare i fenomeni da studiare. Essa precisa, con delle proposizioni, l’insieme delle relazioni postulate tra i concetti e i sub-concetti dell'approccio e pone qualche ipotesi su delle relazioni tra concetti che, se possono essere verificati e confermati, potranno essere trasformati in leggi generali o in generalizzazioni teoriche. È soltanto quando si raggiungono tali leggi generali che si può parlare di teorie. Usare questo termine nelle scienze sociali talvolta è un abuso perché le nostre ricerche non permettono quasi mai, di arrivare a tali generalizzazioni teoriche. Generalmente, numerosi approcci teorici rivali coesistono all'interno di ciascun sotto-campo d'una disciplina scientifica data, e possono servire allo studio di un problema generale di ricerca. Ciascuno di questi approcci teorici mette l'accento su delle problematiche e delle domande

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differenti. È dunque compito del ricercatore trovare, nella fase di ricerca del problema specifico, l'approccio teorico pertinente. È molto probabile, in effetti, che certi approcci teorici siano più appropriati di altri al problema specifico che il ricercatore avrà posto all’interno del suo problema generale di ricerca. Lo studio dell'utilizzazione politica dei sondaggi d'opinione (il nostro problema generale di ricerca) comporta due grandi approcci teorici in contrasto fra loro per quanto riguarda la spiegazione della coincidenza dei risultati di sondaggi d'opinione con le decisioni del governo. Il primo, che noi chiameremo approccio pluralista, postula che l'opinione pubblica sia una forza politica distinta e coerente capace di influenzare il comportamento dei politici. Secondo l'approccio pluralista, se le decisioni del governo coincidono con l'opinione pubblica è perché i politici si piegano all'opinione pubblica. Al contrario l'approccio costruttivista postula che l'opinione pubblica non esista come entità coerente, distinta dalle influenze molteplici che la costituiscono. Secondo l'approccio costruttivista, se c'è coincidenza tra l'opinione pubblica e le decisioni del governo su certe questioni, è perché i politici preparano o mobilitano, sovente con l'aiuto dei media, l'opinione pubblica su queste questioni. La domanda generale di ricerca, che considera la coincidenza tra l'opinione pubblica e le decisioni governative, sbocca dunque su due problemi specifici, distinti a seconda dell'approccio teorico che si preferisce. Se il ricercatore sceglie l'approccio pluralista, il suo problema specifico sarà di determinare se i politici hanno tendenza a piegarsi all'opinione pubblica (piuttosto che di non tener conto dell'opinione pubblica) e, in caso affermativo di comprendere il motivo. Al contrario, se il ricercatore sposa l'altro approccio, quello costruttivista, il suo problema specifico sarà di comprendere in quale misura, e come, i politici che governano mobilitano (o manipolano) il sostegno dell'opinione pubblica per le politiche che essi preferiscono. L'approccio teorico costituisce dunque un insieme integrato di concetti e di sotto- concetti che si tenta di utilizzare per strutturare meglio la spiegazione della realtà osservabile. Nel progetto di ricerca, l'approccio teorico interviene inizialmente, nel momento della formulazione del problema, perché fornisce o può fornire la base dell'enunciato della domanda specifica della ricerca. Quando questo si verifica, la teoria interviene anche al momento della strutturazione dell'ipotesi e della costruzione del quadro operativo. A questo punto il ricercatore dispone di una buona domanda di partenza e di una buona conoscenza del suo soggetto di studio. Può, quindi, passare alla tappa delle congetture teoriche. Adozione, modificazione o costruzione di un quadro teorico In senso generale adottare, modificare o costruire un quadro teorico consiste nel prevedere una risposta teorica alla domanda di partenza. Questa risposta teorica, articolata intorno ad una o più ipotesi di ricerca, è quella che sembra più verosimile al ricercatore: egli ritiene che il problema di ricerca che ha formulato sotto forma di domanda di partenza dovrebbe risolversi grazie a questa soluzione teorica e ipotetica. Non ne ha la certezza, ma le sue deduzioni e le sue conoscenze esplorative lo inducono a crederlo. Adottare, modificare o costruire un quadro teorico richiede di assolvere a due compiti: scegliere, modificare o costruire una teoria e formulare un’ipotesi. L'ipotesi deriva necessariamente dalla teoria adottata, modificata o costruita. Che cos'è una teoria? Ma che cosa si intende per teoria? Iniziamo col definire che cosa è una teoria prima di spiegare come si deve procedere per sceglierne, modificarne o costruirne una. In termini accademici, le teorie sono degli insiemi di enunciati generali che descrivono dei fenomeni reali. In termini più metaforici, le teorie, come diceva Popper sono "delle reti destinate a catturare quello che noi chiamiamo 'il mondo'; a renderlo razionale, a spiegarlo e a padroneggiarlo".

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In termini semplici, le teorie sono delle costruzioni intellettuali che prendono la forma di sistemi di concetti e servono a spiegare dei fenomeni reali. Così se adotto una teoria freudiana del comportamento degli individui, utilizzo il sistema di concetti elaborato da Freud per comprendere il comportamento umano. Allo stesso modo posso utilizzare la teoria di Piaget per comprendere lo sviluppo cognitivo dei bambini; se uno scienziato di nome Mario Rossi elaborasse un nuovo sistema di concetti per spiegare le rivoluzioni sociali e questa nuova spiegazione conoscesse un certo successo in seno alla comunità scientifica, si parlerebbe probabilmente della teoria "rossiana" (o qualcosa del genere) delle rivoluzioni sociali. Secondo il nostro processo scientifico, il fine di uno scienziato è dunque di produrre delle teorie che spieghino una parte della nostra realtà, e di sottometterle in seguito a dei test empirici al fine di convalidarle o di rifiutarle. Le teorie organizzano la nostra percezione empirica della realtà. Spiegando il reale, le teorie organizzano la nostra rappresentazione della realtà e questa loro funzione d'organizzazione della percezione della realtà è di un'importanza capitale per gli scienziati in quanto permette loro di affrontare con efficacia lo studio di fenomeni. Senza teoria, in effetti, nessun ricercatore può produrre una ricerca empirica sensata. "Il sociale, la società, la politica, il reale non possono essere colti che attraverso la costruzione di un quadro, che sappia organizzare dei fenomeni, a prima vista dispersi. La teoria è precisamente il quadro di riferimento che produce un senso e permette a un osservatore di sussumere dei frammenti di significato che, senza questa interrelazione, resterebbero incomprensibili o, peggio, nascosti, sommersi da una marea di informazioni a prima vista tutte ugualmente valide. La teoria è dunque la sintassi del reale, il mezzo di fargli restituire la sua logica, di formalizzarlo in un principio di ordine e di sistematizzazione, di organizzazione di cause ed effetti" (I. Lavergnas, in Gauthier B. (ed.)) Facciamo un esempio: supponiamo che un professore insegni una qualche materia all’università da un certo numero di anni. Col passare del tempo nota un fenomeno strano e divertente: la maggioranza degli studenti preferisce sedersi in un posto particolare (davanti, al centro, in fondo, a sinistra, a destra) nell’aula. Incuriosito dalla regolarità delle scelte fatte dalla maggior parte degli studenti, intraprende una ricerca scientifica su questo soggetto. La sua domanda di partenza è: "Quali fattori influenzano la scelta, fatta dagli studenti universitari, di un determinato posto in un’aula?" Supponiamo che la fase di esplorazione riveli che non esiste una teoria che spieghi questo fenomeno e che il professore decida di cominciare il suo studio senza costruirne una. Procederà dunque all'osservazione di gruppi di student i senza idee preconcette, senza prenozioni teoriche. Il suo spirito è come una ‘pagina bianca’, direbbe l' empirista John Locke. Lui vuole, molto semplicemente, osservare i suoi studenti e spera di scoprire il o i fattori che influenzano la scelta di un posto in un'aula universitaria. Ma che cosa deve osservare? Su cosa può focalizzare l’attenzione? Dove deve posare il suo sguardo? Non ne ha alcuna idea perché nessuna prenozione, nessun piano, guida la sua osservazione della realtà. Così, il suo spirito è perfettamente vergine al momento dell'osservazione della realtà; è come una sorta di telecamera che registra delle sensazioni che sono in seguito inviate al suo cervello per esservi trattate. Dopo qualche minuto di osservazione, il suo cervello, però, sarà letteralmente bombardato da informazioni diverse o così, noterà che certi studenti seduti in fondo alla classe sono di genere maschile, che altri sono di genere femminile, che ci sono degli studenti seduti davanti e al centro, gli studenti seduti a destra della classe hanno i capelli castani, biondi o bruni, ed uno li ha lunghi, che la stessa cosa si verifica fra quelli che sono seduti a sinistra, tranne che lì nessuno ha i capelli lunghi; che nel centro c'è uno studente che mastica gomma, cosa che non è il caso di fare né seduti davanti né seduti al fondo, che le ragazze sedute al centro portano alcune le gonne e altre dei pantaloni; che lo stesso avviene al fondo della classe e nelle prime file; che... Insomma il professore o diventerà pazzo in breve tempo, o non troverà mai una risposta alla sua domanda di partenza perché la sua osservazione della realtà sarà interminabile, incoerente e completamente inutile. Torniamo indietro e supponiamo che dopo

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la sua esplorazione il professore adotti una teoria che spiega la scelta di un posto in una aula universitaria. Diciamo che questa teoria (del tutto fittizia) abbia nome "teoria del triangolo". Secondo questa teoria il principale fattore che influenza la scelta di un posto in una classe è l'interesse dello studente per il corso o per il professore. Così, se la teoria è buona, uno studente interessato al corso o al professore dovrà sedersi in un triangolo in rapporto al professore stesso. Al contrario gli studenti poco o per niente interessati al corso o al professore si piazzeranno all'esterno del triangolo. PROFESSORE

ALLIEVI A questo punto della ricerca non si sa se questa teoria sia valida. Per saperlo, bisognerà tentare, in una tappa successiva, di convalidarla o di falsificarla, sottomettendola a dei test empirici. Ma una cosa è certa: grazie a questa teoria, le osservazioni della realtà fatte dal professore saranno molto più coerenti e utili che se non avesse alcuna teoria. In effetti appoggiandosi a questa teoria, egli presume che sia inutile contare il numero di denti o il colore dei capelli dei suoi studenti. È inutile perché egli pensa che il fattore che influenza la scelta di un posto nell’aula non sia il colore dei capelli o il tipo di abbigliamento degli allievi, ma il loro interesse nei confronti del professore o del corso. Egli presume, dunque, che sia più utile interrogare i suoi studenti sul loro livello di interesse verso di lui o verso il suo corso piuttosto che contare quanti sono biondi e quanti castani. È in questo senso che noi diciamo che le teorie sono dei modi di organizzazione della percezione empirica della realtà e, sempre in questo senso, possiamo anche affermare che ogni sapere scientifico è teorico perché, in fondo, tutta l’osservazione scientifica della realtà poggia necessariamente su determinate prenozioni teoriche che la rendono utile ed efficace. Una tesi contraria: la “Grounded Theory” (la " teoria fondata") La posizione epistemologica ispirata al falsificazionismo porta verso un processo ipotetico-deduttivo della scienza. Come abbiamo appena visto, questo processo pone la scelta o la costruzione di una teoria prima dell'osservazione sistematica della realtà. Secondo questa posizione è necessario che l'elaborazione di una teoria preceda l'osservazione della realtà al fine di rendere quest'ultima utile ed efficace. Ma non è così per tutti i ricercatori. I sostenitori del processo induttivo sono in completo disaccordo. Secondo loro, dato che il processo scientifico è induttivo, l'elaborazione di una teoria deve derivare dalle osservazioni empiriche. Essa dunque non le precede. Questa concezione dell'elaborazione a posteriori delle teorie è quella dei sociologi che si ispirano ai primi lavori metodologici di Anselm L. Strauss. Secondo questo scienziato la teoria deve essere fondata (dall'americano Grounded theory ). Secondo gli induttivisti che si ispirano al ragionamento degli empiristi inglesi Bacone, Locke e Hume, delle osservazioni rigorose

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permettono di scoprire delle ricorrenze e delle associazioni fra dei fenomeni che finiscono per imporsi da sé all'osservatore. Secondo questa spiegazione, ci sarebbe dunque una netta opposizione fra una “graunded theory” (‘teoria fondata’) ed una teoria ‘ipotetico-deduttiva’. Si può dubitare della fondatezza di questa opposizione. Per due ragioni. Primo: abbiamo appena visto come un'osservazione senza prenozioni teoriche per organizzarle sia totalmente assurda e completamente inutile. Inoltre certi metodologi hanno senza dubbio capito male la portata delle spiegazioni della grounded theory di Anselm Strauss. In effetti, in un libro recente, Strauss si fa scrupolo di sottolineare che, nei suoi primi scritti, se la prendeva con le teorie speculative, ma che questo non toglie nulla al fatto che una "verifica" non può essere fatta senza una deduzione preliminare. Specifica molto chiaramente che una raccolta di dati senza ipotesi teoriche è inutile. A questo riguardo afferma che "delle ricerche efficaci in scienze sociali devono ispirarsi all'esempio delle ricerche della fisica, dove si intrecciano la formulazione di ipotesi provvisorie, la produzione di deduzioni e la loro verifica - il tutto grazie all'utilizzazione di dati empirici". Queste spiegazioni sono analoghe a quelle dei falsificazionisti, tanto più che il processo ipotetico-deduttivo non produce affatto delle teorie puramente speculative. In effetti, compiendo una fase esplorativa, riferendosi al proprio 'vissuto', leggendo la documentazione scientifica, consultando dei colleghi e abbandonandosi a delle osservazioni esplorative, il ricercatore che adotta il processo falsificazionista dovrebbe normalmente scegliere, modificare o costruire una teoria relativamente ben "fondata" nella realtà. È importante, a questo punto, tener ben presente che esistono numerose teorie ed esse permettono di organizzare la percezione dei fatti empirici e di “vedere” la realtà studiata. È a partire da una teoria adottata, modificata o costruita che il ricercatore decide di occuparsi di questo o quel fatto. Se si comprende questo, si capisce come uno stesso fenomeno non sarà osservato nello stesso modo da dei ricercatori che ricorrano a differenti teorie. Facciamo un esempio: tre ricercatori si dedicano allo studio della decisione di un governo di ristabilire la “pena di morte”. Supponiamo inoltre che i tre ricercatori difendano tre diverse teorie: il primo è marxista, il secondo funzionalista e il terzo strutturalista. Questi “vedranno” dei fenomeni differenti guardando la stessa realtà perché le loro teorie sono differenti. A causa delle loro divergenze teoriche metteranno l’accento su aspetti differenti della stessa realtà. Il ricercatore marxista analizzerà molto probabilmente i rapporti di classe che hanno suscitato la decisione del governo di ristabilire la pena di morte. Potrà così tentare di corroborare o di rifiutare l'ipotesi che vuole che la borghesia del paese abbia interesse ad acuire la repressione da parte dello Stato in periodo di crisi economica. L’aumento della repressione si rivela utile per questa classe dominante, dice il marxista, perché questa borghesia si serve dello Stato per mantenere la sua egemonia sulle classi dominate. Il nostro ricercatore marxista cercherà di dimostrare perché e come la classe economicamente dominante ha fatto pressione sul governo affinché venisse ristabilita la pena di morte. Il ricercatore funzionalista, vedrà probabilmente in questa decisione una risposta dello Stato che ha per obiettivo di stabilizzare e di assicurare la riproduzione del insieme sociale "in termini semplici, dirà egli, lo Stato assolve alla sua funzione di mettere ordine nella società, ricorrendo ad una misura repressiva". Questo ricercatore percepisce dunque il ricorso alla pena di morte come una risposta "normale" dell'organismo sociale a dei fenomeni disfunzionali (un aumento della criminalità, sommosse, costituzione di gruppi terroristici ecc) che minacciano la sua sopravvivenza. Si è ben lontani dai rapporti di classe dei marxisti. Infine, il ricercatore strutturalista tenterà forse di descrivere le differenti strutture che caratterizzano una società che pratica la pena di morte. Egli cercherà di far emergere i legami o le relazioni tra le differenti entità (i criminali, i tribunali, le leggi, i corpi di polizia, i gruppi di pressione, eccetera) che compongono il sistema di uno Stato dove vige la pena di morte." In seguito a questo studio strutturale, dirà lo strutturalista, si potranno confrontare i sistemi sociali dove è prevista la pena di morte con quelli dove non è applicata la pena capitale, vedere in che cosa essi si

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differenziano a livello strutturale e, in tal modo, comprendere le loro rispettive dinamiche". I tre ricercatori osservano lo stesso fenomeno, ma il primo osserva i rapporti di classe, il secondo le funzioni svolte dallo Stato e la pena di morte, mentre il terzo vede delle strutture. Un fenomeno, tre differenti teorie, risultato: tre diversi modi di vedere . Quale ha ragione? Qual è la teoria migliore? Per rispondere a questa domanda bisogna fare della ricerca empirica in scienze umane e partecipare alle dispute teoriche che sono in corso. Queste dispute sono lontane dall'essere puramente astratte; non si tratta di sofismi: come abbiamo appena visto si tratta nientemeno che della nostra percezione della realtà. La posta in gioco è molto importante perché la nostra percezione della realtà e le nostre azioni sono intimamente legate: così, se molti possono accettare che uno Stato ricorra alla pena di morte per assicurare l'ordine sociale, è poco probabile che queste stesse persone siano così radicali verso i criminali, nel caso che abbia ragione il marxista e che la pena di morte sia un mezzo utilizzato dallo Stato per assicurare la dominazione economica di una classe di privilegiati. Insomma, discutere di teorie, vuol dire discutere della nostra percezione della realtà, e discutere la nostra percezione della realtà, è, in un ceto senso, determinare la nostra reazione (positiva o negativa) di fronte a questa realtà. Allora, se ci interessa la vita, dovranno forzatamente interessarci le discussioni teoriche. Come scegliere, modificare o costruire una teoria La scelta, la modifica o la costruzione di una teoria è dunque una fase molto importante della ricerca. Essa esige e merita un grande lavoro e della conoscenza. In generale, vedremo che la scelta di una teoria dipende generalmente dal principio di pertinenza e da motivi strategici. Vedremo come si può scegliere, modificare o costruire una teoria compiendo tre operazioni. Il principio di pertinenza e i motivi strategici Inizialmente, il ricercatore sceglie la teoria che gli sembra essere la migliore, cioè la più adeguata, nell'investigare, spiegare e comprendere il suo oggetto di studi. Una buona teoria si appoggia su dei fatti, empirici e incontestabili; si dice che i fa tti empirici X e Y provano la giustezza, la veridicità o la superiorità della teoria A. Così, gli induttivisti affermano che le loro teorie emergono dalle loro osservazione della realtà, mentre gli utilizzatori di un processo ipotetico-deduttivo affermano che la loro teoria è verificata dai test empirici. La scelta o la costruzione di una teoria si fa concretamente con tre operazioni: nella prima il ricercatore ritorna sulla sua esplorazione e procede all'inventario delle teorie pertinenti al suo oggetto di studi e alla sua domanda di partenza, nella seconda procede ad un esame critico di ciascuna delle teorie che ha elencato. La terza e ultima operazione consiste nell'adottare una di queste teorie, oppure di modificarne una o di costruirne una nuova. Ritorno sulla domanda di partenza L'adozione, la modifica o la costruzione di una nuova teoria implica un ritorno alla domanda di partenza adottata; la ragione di questo ritorno è semplice: una teoria è un modo di interrogare la realtà scegliere una teoria, è dunque scegliere una maniera di indagare il reale. Un ricercatore strutturalista tenterà di vedere una realtà strutturata; egli domanderà alla realtà di svelargli le sue strutture. D'altra parte un ricercatore funzionalista valuterà il reale sperando di scoprire delle funzioni. Un ricercatore che adotta una teoria strutturalista porrà dunque delle domande di partenza strutturalista del tipo: "quali strutture dell’ insieme sociale Y spiegano il fenomeno X?" Mentre un ricercatore funzionalista dirà piuttosto qualcosa del genere: "Quale funzione adempie il fenomeno X nell' insieme Y?". La teoria scelta influenza necessariamente la domanda di partenza della ricerca, perché una teoria è fra le altre cose un modo di interrogare la realtà. Fare l'inventario delle teorie consiste molto semplicemente nel costruire un repertorio dei differenti approcci ad un soggetto di studio. In altri termini, si tratta di costruire una sorta di tabella delle risposte che gli scienziati sociali hanno dato ad una domanda di partenza. È dunque sufficiente

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consultare le note di lettura ed i risultati delle interviste fatte durante la fase di esplorazione e di distinguere le teorie esistenti. Questo compito è già in parte compiuto se al momento dell'esplorazione si è avuto la saggezza di classificare le annotazioni per teorie. Così quando diversi autori hanno un approccio similare, si possono redigere le note relative ai loro testi in uno stesso file o quaderno d’appunti. In tal modo alla fine della propria esplorazione ci si ritrova con un certo numero di file o quaderni di appunti che corrispondono ad un certo numero di grandi teorie relative all’argomento di studio. Elementi del problema di ricerca I nostri problemi di ricerca si articolano attorno a due concetti che abbiamo già definiti: Concetto di sondaggio politico e concetto di democrazia Queste caratteristiche ci permettono di isolare analiticamente un certo numero di elementi o assi di ricerca, associati al nostro problema generale ogni elemento conduce a una domanda gene rale di ricerca. Ecco un campione di elementi e di domande generali di ricerca che sono tratti dal soggetto del contributo dei risultati dei sondaggi al mantenimento della democrazia: - Per contribuire alla partecipazione democratica delle masse, è chiaro che i risultati dei sondaggi

devono per quanto possibile, dare un'informazione esatta e autentica dello stato dell'opinione pubblica. Il problema è allora di sapere se le tencniche di sondaggio hanno rispettato adeguatamente le regole scientifiche del campionamento, di amministrazione e interpretazione dei risultati, garantendo la loro esattezza.

- Supponendo che i risultati dei sondaggi diano una rappresentazione fedele dello stato

dell'opinione pubblica, il loro contributo al mantenimento della democrazia certamente dipende dall'utilizzazione che ne fanno i politici. Di qui il problema di sapere se i politici si piegano più o meno ciecamente ai risultati dei sondaggi o se non gliene importa nulla e continuano nelle loro idee malgrado i risultati dei sondaggi.

- Secondo una terza interpretazione, i sondaggi contribuiscono alla politicizzazione dei conflitti

per i loro aspetti di consultazione popolare immediata che assomiglia molto a dei referendum. Bisogna tuttavia tener presente che i sondaggi non sono delle vere consultazioni popolari e non comportano necessariamente dei dibattiti pubblici o delle opposte opinioni che debbono affrontarsi. Bisogna dunque domandarsi se i sondaggi d'opinione diano oppure no luogo a dei dibattiti pubblici.

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L’IPOTESI Tutti gli specialisti di metodologia sanno che cos'è un'ipotesi, ma quasi nessuno la definisce nello stesso modo. Non possiamo riprodurre qui una definizione comunemente accettata da tutti, ma ne proponiamo comunque una: L'ipotesi può essere considerata come una risposta anticipata che il ricercatore formula alla propria domanda specifica di ricerca. Può essere descritta come un enunciato dichiarativo che precisa una relazione anticipata e plausibile fra dei fenomeni osservati o immaginati. L'ipotesi stabilisce dunque una relazione che noi dovremmo verificare con la comparazione dei fatti. Una relazione che sarà stabilita tra i concetti o, più precisamente, tra degli attributi di concetti che rappresentano e servono a descrivere i fenomeni osservati. I ricercatori distinguono abitualmente i concetti operativi, parole chiave contenute nell'ipotesi, dai concetti teorici, utilizzati nella formulazione del problema di ricerca. La relazione tra i fenomeni, indicati dai concetti, proposta nell'ipotesi deve già essere più precisa e immediatamente osservabile di quella che è stata stabilita al momento della formulazione del problema. Facciamo un esempio Supponiamo che la formulazione di un problema di ricerca ci abbia portato a enunciare un problema specifico rispetto al legame possibile fra la dipendenza di uno Stato A nei confronti di uno Stato B ed il comportamento conforme dei due Stati in politica estera. Noi postuliamo allora una relazione fra due concetti o parole chiave che possono essere rappresentati nel modo seguente: Dipendenza Il significato della freccia che lega i due concetti può essere interpretata nel senso che la dipendenza osservata è associata alla conformità osservata; essa può essere anche interpretata nel senso che la dipendenza causa la conformità, il che è notevolmente diverso. Per il momento accontentiamoci di constatare che i concetti teorici di dipendenza e di conformità sono troppo astratti per costituire l'oggetto di una ricerca empirica; bisogna dunque trasformarli in concetti operativi, in termini chiave più precisi, nella tappa della strutturazione dell'ipotesi. La costruzione del concetto operativo consiste allora nel designare dei sotto concetti che saranno generalmente delle proprietà o degli attributi più concreti del concetto centrale. La relazione stabilita nella tappa della formulazione del problema potrà dunque essere trasformato e concretizzato al momento di enunciare l'ipotesi nel modo seguente

Dipendenza economica Appoggio alla politica estera dello Stato dominante L'ipotesi può essere così formulata: Un livello di dipendenza economica di uno Stato verso un altro Stato è suscettibile di causare da parte del primo un appoggio alla politica estera del secondo Le ipotesi hanno cinque principali qualità che sono: La plausibilità: l’ipotesi deve avere un rapporto molto stretto con il fenomeno che pretende di spiegare; il rapporto non può essere perfetto perché se lo fosse avremmo una certezza e sarebbe assurdo formulare un’ipotesi. L’ipotesi non deve servire a dimostrare una verità evidente, deve lasciare un certo grado di incertezza

Conformità in politica estera

Dipendenzaa

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La verificabilità: non serve a niente fare ipotesi sul sesso degli angeli perché non potremo mai verificare questa ipotesi, vista l’assenza di informazioni concrete sul soggetto. L’informazione disponibile diviene dunque un criterio determinante nella verifica dell’ipotesi. L’ipotesi, di conseguenza, dipende dagli elementi generali del problema tanto quanto dal tipo di dati a cui abbiamo accesso per la verifica dell’ipotesi stessa. La precisione : la formulazione deve evitare ogni ambiguità quanto alla scelta dei concetti, o termini chiave, utilizzati e alla relazione postulata in questa fase della ricerca. I termini chiave di una ipotesi devono essere sufficientemente precisi e rappresentare in modo adeguato i fenomeni o le dimensioni dei fenomeni che si stanno studiando; anche la relazione postulata fra questi fenomeni deve essere specifica ed evitare ogni forma di ambiguità. La generalità: una ipotesi deve essere generale, cioè il suo potere esplicativo deve andare al di là del caso particolare. Il miglior modo perché ciò avvenga consiste nell’assicurarsi che essa sia ispirata ad un approccio teorico. Così l’ ipotesi che lega la dipendenza economica di una Stato dominato all’appoggio alla politica estera dello Stato dominante, potrebbe trovare origine nel modello teorico neo-mercantile, secondo il quale gli Stati cercano di massimizzare il loro potere in tutti i modi, comprese le relazioni commerciali. La comunicabilità: una ipotesi deve essere comunicabile. Essa deve essere compresa in un solo, unico, modo da tutti i ricercatori, perche il controllo ultimo del lavoro scientifico consiste nella possibilità che terzi possano riprodurlo per verificarlo. Perché ciò sia possibile è necessario che sin dall’inizio si possa comprendere esattamente cosa si vuole dimostrare. Come verificare un’ipotesi Non dobbiamo cercare, a tutti i costi, di dimostrare la veridicità di una ipotesi: nella ricerca scientifica bisogna verificare il più oggettivamente e meticolosamente possibile l’ipotesi sulla quale poggia la ricerca. Questa verifica può portare alla conferma o al rifiuto dell’ ipotesi, ma bisogna partire pensando di rifiutare l’ipotesi, perché è questa attitudine che rinforza il dubbio, caratteristico di tutte le ricerche scientifiche e che riduce il rischio di interpretare i fatti in modo da orientarli verso la verifica dell’ipotesi, a detrimento del significato dei dati trovati. Un'ipotesi si verifica soltanto cercando di invalidarla: l’ ipotesi non potrà essere confermata sulla base di qualche dato alineato, come prova dell’esistenza della relazione postulata. Al contrario non si potrà affermare che l’ ipotesi è confermata che nella misura in cui nessuno dei dati raccolti la invalidi. Per rafforzare questa attitudine al dubbio, che bisogna costantemente mantenere rispetto ai propri enunciati o della loro dimostrazione, certi ricercatori si creano delle contro-ipotesi o ipotesi -rivali. Si tratta, in un certo senso, di spiegazioni contrarie o diverse da quelle che hanno postulato e la cui presenza rinforza l’attitudine di dubbio che si deve possedere rispetto ai nosti dati al fine di analizzarli nel modo più oggettivo possibile. Torniamo alla ricerca “esempio” La nostra domanda specifica è diventata: L'UTILIZZAZIONE DEI SONDAGGI D'OPINIONE DA PARTE DEI LEGISLATORI

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Il problema specifico di ricerca concerne la relazione di accordo (o di disaccordo) fra le decisioni del governo e i risultati dei sondaggi di opinione. Si cerca, fra l'altr,o di comprendere meglio i fattori che spiegano questa relazione. Concetti operativi La nostra domanda specifica di ricerca si organizza attorno a dei concetti teorici che sono: - l'opinione pubblica, - le decisioni del governo - la relazione di accordo o di disaccordo fra l'opinione pubblica e le decisioni del governo. Per meglio definire questi concetti teorici dobbiamo dare loro un contenuto operativo, cioè fare in modo che ciascuno dei concetti teorici corrisponda ad uno o più concetti operativi. Definizione operativa del concetto di opinione pubblica. Per dare un contenuto operativo al concetto di opinione pubblica, dobbiamo ragionare in termini di direzione maggioritaria dell'opinione. La direzione maggioritaria dell'opinione è definita come la risposta maggioritaria ad una domanda di sondaggio relativa ad una politica data. Per esempio, l'Italia deve partecipare alla guerra in Afganistan? La risposta maggioritaria dell'opinione pubblica può essere sia favorevole a un cambiamento della politica (fine dell'intervento) sia favorevole allo status quo (continuazione dell'intervento); supponiamo che nel nostro esempio la maggioranza dell'opinione politica si opponga all'intervento, diremo allora che la direzione dell'opinione va nel senso del cambiamento. Definizione operativa del concetto di politica del governo. Noi definiremo la politica del governo in termini di decisione finale. La direzione della decisione è definita nello stesso modo nella direzione maggioritaria dell'opinione. La decisione finale della politica può dunque andare sia nel senso del cambiamento (decisione di far tornare le truppe dall’Afganistan) sia nel senso dello status quo (decisione di rimanere). Definizione operativa della relazione fra l'opinione pubblica e la politica. L'opinione pubblica e la politica del governo sono in accordo se vanno entrambe nello stesso senso. D'altra parte c’è disaccordo se la politica contraddice l'opinione pubblica, cioè se, per esempio, il governo decide di continuare a intervenire mentre la maggioranza dell'opinione pubblica si oppone alla continuazione dell'intervento. Implicazione verificabile nell'approccio teorico scelto L'approccio teorico pluralista che è stata scelta per questa ricerca postula che i legislatori politici abbiano tendenza a piegarsi ai risultati dei sondaggi. Questo postulato comporta numerose implicazioni, verificabili. Una prima implicazione è che la relazione osservata fra l'opinione pubblica e le politiche pubbliche dovrebbe essere più sovente una relazione di accordo che una relazione di disaccordo. Questo deriva logicamente dal postulato secondo il quale i dirigenti politici tengono conto dei risultati dei sondaggi più spesso di quanto non li ignorino. Altra implicazione, concernente i fattori esplicativi della relazione fra opinione pubblica e politici: poiché, secondo la teoria pluralista, i legislatori tengono conto dell'opinione pubblica, è logico pensare che essi ne tengono ancor più conto se i risultati dei sondaggi riflettono una opinione politica solida, forte. L'opinione pubblica è un fenomeno troppo diffuso per poter influenzare direttamente il comportamento dei politici. La teoria pluralista postula dunque che l'influenza dell'opinione pubblica si esercita indirettamente per il tramite delle istituzioni. Semplificando all'estremo, si potrebbe dire che il sostegno dell'opinione pubblica è una condizione necessaria ma non sufficiente

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all'adozione di una politica da parte del governo. Bisogna, inoltre, che la politica sia attivamente sostenuta da degli attori istituzionali importanti (giornalisti, capi di partito) che giocano in qualche modo il ruolo di intermediari. Ipotesi della nostra ricerca In risposta alla nostra questione specifica di ricerca, formuliamo dunque le seguenti ipotesi: - vi è più sovente accordo che disaccordo fra le decisioni del governo sulle questioni politiche e i

risultati dei sondaggi sulle stesse questioni. - L'accordo fra le decisioni del governo e i risultati dei sondaggi è tanto più probabile se i risultati

dei sondaggi riflettono una opinione salda. - L'accordo fra le decisioni del governo e i risultati dei sondaggi è tanto più probabile se attori

istituzionali importanti fanno da intermediari con l'opinione pubblica. COSTRUIRE UN QUADRO OPERATIVO Rispetto al quadro operativo esiste fra i ricercatori una certa confusione terminologica che va da “piano di ricerca” a “paradigma” e a “modello sperimentale” o “modello operativo”. Si è scelto di utilizzare il termine quadro operativo per qualificare questa fase del progetto di ricerca e lo abbiamo fatto perché questa espressione si associa logicamente a quella di quadro concettuale che gli autori impiegano abitualmente quando fanno riferimento al lavoro di elaborazione teorica inerente la formulazione di un problema. Il quadro concettuale rappresenta la sistemazione di concetti e sub-concetti costruiti al momento della formulazione del problema, per consolidare teoricamente l’analisi dell'oggetto di studio. Così, si elabora il quadro concettuale durante la prima parte del processo di ricerca, cioè nella sua fase di "concettualizzazione" o "costruzione teorica". Il quadro operativo si elabora nella seconda fase del processo di ricerca, cioè nella fase di "verifica" empirica. Questa fase consiste essenzialmente nel rappresentare il consolidamento delle variabili e degli indicatori che devono essere costruiti per isolare degli equivalenti empirici ai concetti operativi dell'ipotesi. Il ricercatore traduce così, nel linguaggio dell'osservazione, i concetti teorici del quadro concettuale elaborato al momento della formulazione del problema. Quadro concettuale e quadro operativo costituiscono dunque due termini legati logicamente da una stessa finalità di strutturazione della ricerca. Sono degli strumenti di integrazione che non si distinguono se non perché il quadro concettuale appartiene all'elaborazione teorica mentre il quadro operativo serve all’operazionalizzazione. Perché costruire un quadro operativo La funzione principale dell'ipotesi è quella di stabilire un ponte tra la riflessione teorica della formulazione del problema e il lavoro empirico di sperimentazione o di verifica: l'ipotesi costituisce dunque l’inizio all’operazionalizzazione, perché essa concretizza la relazione astratta ed enunciata nella formulazione del problema, cioè essa trasforma i concetti teorici della domanda specifica in dei concetti operativi.

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Così per riprendere l'esempio precedente, le ipotesi ci hanno permesso di sostituire al concetto teorico di dipendenza e di conformità i concetti operativi di dipendenza economica e di appoggio alla politica estera. Questi concetti operativi che sono in realtà delle dimensioni o degli attributi dei concetti più ampi e più astratti di dipendenza e di conformità, concretizzano la relazione analitica che noi desideriamo studiare permettendoci di reperire o di circoscrivere più facilmente i fatti osservabili che dovremo analizzare per verificare queste relazioni analitiche. L’ ipotesi ci permette, dunque, di ridurre l'astrazione, ma non ci autorizza ad affrontare immediatamente l'analisi. In effetti i concetti operativi dell'ipotesi restano dei referenti empirici troppo ampi perché si possa giungere all'osservazione, perché non ci permettono ancora di isolare concretamente i fatti osservabili che bisognerà trattare per effettuare l'analisi. La dipendenza economica, primo concetto operativo nel nostro esempio di ipotesi, è un fenomeno osservabile che comporta numerose dimensioni. In effetti, la dipendenza economica può essere studiata come dipendenza finanziaria, dipendenza commerciale, dipendenza sul piano dell'assistenza eccetera. Questo succede anche per il concetto operativo di appoggio alla politica estera che può manifestarsi con delle forme molto diverse: in ambito militare, economico, politico o diplomatico. Non si possono analizzare tutte queste dimensioni e sotto-dimensioni, perché esse non sono sempre tutte pertinenti per verificare la relazione analitica postulata. È allora che interviene il quadro operativo che costituisce la fase intermedia essenziale fra le ipotesi e il lavoro empirico di analisi. Il quadro operativo forma un elemento centrale, del progetto di ricerca e del lavoro di ricerca, nella misura in cui esso specifica quello che vogliamo analizzare acuratamente per verificare la nostra ipotesi. Una verifica dell'ipotesi di una dimostrazione scientifica, quale che sia, deve essere realizzata il più precisamente e più logicamente possibile. Il quadro operativo assicura questa logica e questa precisione della dimostrazione, fornendo i referenti empirici più concreti e più fedeli possibile, per mezzo della costruzione delle variabili e degli indicatori, per orientare la verifica delle ipotesi. DAL CONCETTO ALLA VARIABILE La logica del passaggio dalla questione specifica della ricerca all’ipotesi e al quadro operativo prende la forma di un esercizio di precisione, che va dal generale al particolare o dall’astratto al concreto. I concetti operativi dell'ipotesi precisano e rendono più concreti i concetti teorici contenuti nella questione specifica della ricerca, così che le variabili e gli indicatori del quadro operativo giocano un ruolo simile a quello dei concetti operativi dell'ipotesi. Così il quadro operativo contribuisce doppiamente alla precisione e allo sviluppo logico dell'insieme della dimostrazione poiché aggiungere due livelli di specificazione costruendo due tipi di referenti empirici: la variabile e l'indicatore. Il quadro operativo fornisce dunque un primo livello di precisione in rapporto all'ipotesi costruendo delle variabili. Una variabile è un raggruppamento logico di attributi o di caratteristiche che descrivono un fenomeno osservabile empiricamente. così la variabile sesso raggruppa due attributi: maschio e femmina; la variabile nazionalità a un numero finito di attributi fissato arbitrariamente in funzione delle necessità del ricercatore (per esempio gli italiani, gli inglesi, i finlandesi) mentre la variabile altezza delle persone raggruppa un

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numero potenzialmente infinito di attributi (in questo caso dei valori numerici più utili, perché si può sempre precisare ulteriormente questi valori includendo i decimali). Certi concetti possono essere sufficientemente precisi per divenire automaticamente delle variabili (per esempio il sesso), mentre altre devono subire una trasformazione prima di servire da guida per l'analisi. Per esempio, il concetto teorico di democrazia si definisce in termini di numerosi concetti operativi come la competizione tra partiti politici, la leadership del governo, la politicizzazione dei dibattiti, la partecipazione della popolazione, ecc. Ciascuno di questi concetti operativi può e deve essere precisato in termini di variabili. Così il concetto operativo di competizione fra i partiti comprende più variabili possibili, per esempio, il numero dei partiti (più il numero dei partiti è elevato, più la distanza ideologica tra partiti è elevata, più la competizione si suppone intensa). Queste variabili devono, infine, essere misurate con l'aiuto di indicatori. Così un indicatore possibile della variabile è la “distanza ideologica fra i partiti" e consiste nell'attribuire un punteggio a ciascun partito politico su una scala destra-sinistra basandosi sulle opinioni di un campione di esperti. Un altro indicatore della stessa variabile consiste nell'attribuire dei punteggi ideologici a ciascun partito, basandosi su delle analisi del contenuto del loro programma elettorale. La variabile è dunque uno strumento di precisione o di specificazione che permette di tradurre degli enunciati contenenti dei concetti operativi in degli enunciati che possiedono dei referenti empirici più precisi, in modo da permettere di verificare empiricamente degli enunciati astratti. In altre parole, essa permette di riprodurre in modo più concreto la relazione stabilita nell'ipotesi che gioca un ruolo centrale nel processo di ricerca, nella misura in cui essa aiuta a determinare quello che bisognerà osservare con precisione per verificare l'ipotesi e nello stesso tempo essa permette di cominciare ad organizzare l'informazione secondo la relazione logica stabilita nell'ipotesi. DISTINZIONE TRA VARIABILE E UNITÀ DI ANALISI Dunque la variabile è un raggruppamento di attributi o di caratteristiche che descrive un oggetto o una persona. L'unità di analisi, che viene chiamata anche un'unità di osservazione, è l'oggetto o la persona di cui il ricercatore studia le caratteristiche. Il ricercatore in scienze sociali utilizza più sovente la collettività come unità d'analisi (un gruppo etnico o religioso, un'organizzazione, o uno Stato), ma questo non vuol dire che l'unità di osservazione non comprenda gli individui che compongono la collettività in questione. I ricercatori utilizzano la collettività come unità d'analisi semplicemente per mantenere la necessaria generalizzazione scientifica. Per separare chiaramente l'unità d'analisi e le variabili in una ipotesi, spesso è sufficiente distinguere gli attori che agiscono dagli attributi che caratterizzano questi attori. Così nell'ipotesi che afferma che la speranza di vita degli inglesi varia in funzione della loro appartenenza etnica, l'unità d'analisi comprende gli inglesi in quanto individui; la speranza di vita e l'appartenenza etnica sono le variabili. Talvolta l'unità di analisi è un oggetto costruito, un artefatto (ad esempio i programmi elettorali dei partiti) o un fenomeno di interazione umana che ha un sicuro significato sociale (le decisioni della corte Costituzionale). Questo può generare confusione, soprattutto se l'ipotesi fa anche menzione di individui. Facciamo ad esempio l'ipotesi che nei film hollywoodiani ci sia la tendenza a presentare degli attori più muscolosi che nei film e europei. Qui l'unità d'analisi è costituita dai " films", gli attori sono una variabile dell'ipotesi e gli attributi di questa variabile sono i livelli di muscolatura.

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RELAZIONI LOGICHE FRA LE VARIABILI Bisogna comprendere bene il ruolo centrale giocato dalla variabile nel processo di ricerca e sapere che una variabile può prendere delle connotazioni differenti a seconda del posto che essa occupa nella logica della relazione supposta. Secondo il caso, si può in effetti avere più tipi di variabili, di cui le più comuni sono le variabili dipendenti e le variabili indipendenti. Bisogna inoltre studiare il ruolo delle variabili intervenienti e delle variabili antecedenti. Una variabile dipendente è una variabile il cui valore varia in funzione di quella delle altre. È la parte dell'equazione che varia in modo concomitante con un cambiamento o una variazione nella variabile indipendente. È l’effetto presunto in una relazione di causa ed effetto e, in ricerche sperimentali, è la variabile che non si manipola ma che si osserva per valutare le ripercussioni su di essa dei cambiamenti intervenuti nelle altre variabili. Facciamo, ancora una volta, un esempio, riprendendo quello fatto precedentemente: nell’ipotesi che lega la dipendenza economica all'appoggio diplomatico, la relazione postulata può essere schematizzata nel modo seguente:

Dipendenza economica -----> Appoggio alla politica estera dello stato dominante Vogliamo verificare l'ipotesi secondo la quale uno stato A economicamente dipendente da un altro Stato B avrà tendenza ad appoggiare, nel suo comportamento con l'estero, la politica estera dello Stato B. Questo appoggio alla politica estera dello Stato B forma dunque la parte dell'equazione dell'effetto presunto della relazione postulata. Ma questo concetto operativo "appoggio alla politica straniera dello Stato B” non è sufficientemente concreto per orientrare la ricerca, perché l'appoggio in questione può prendere delle forme molto diverse. bisogna dunque scegliere una o alcune dimensioni relative a questo appoggio che diventeranno la o le variabili dipendenti capaci di orientare empiricamente la ricerca. Uno dei modi in cui questo appoggio può manifestarsi ed essere osservato, perché i dati sono disponibili, è la partecipazione alle organizzazioni internazionali e, in particolare all'Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU). Di conseguenza, noi possiamo cominciare a trasformare la nostra ipotesi e a costruire il nostro quadro operativo nel modo seguente: Ipotesi Dipendenza economica Appoggio dello Stato A alla dello Stato A dallo Stato B politica estera dello Stato B Quadro operativo Variabile indipendente Variabile dipendente ? Comportamento all’ONU La variabile dipendente Comportamento all'ONU, che è una dimensione o un attributo del concetto “appoggio alla politica estera”, precisa e concretizza questo concetto operativo dell'ipotesi. Una variabile indipendente è una variabile il cui cambiamento di valore influisce su quello della variabile dipendente. Quando noi postuliamo una relazione di causa ed effetto (cosa che accade molto spesso nelle scienze sociali), la variabile indipendente è, allora, la causa dell'effetto presunto. Nella ricerca sperimentale, si tratta della o delle variabili che il ricercatore manipola per studiarne l'influenza sulla variabile dipendente.

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Tuttavia, nell'esempio, la variabile indipendente fa riferimento alla parte dell'equazione relativa alla dipendenza economica. Allo stesso modo, nell'appoggio alla politica estera, il concetto operativo rimane troppo vago per orientare la ricerca empirica perché esso comporta numerose dimensioni che non possono essere studiate tutte nello stesso tempo. Conviene dunque fare una scelta fra le dimensioni del fenomeno di "dipendenza economica". Supponiamo di voler studiare la dipendenza commerciale e la dipendenza finanziaria: possiamo allora completare lo schema precedente ne l seguente modo Ipotesi Dipendenza economica Appoggio dello Stato A alla dello Stato A dallo Stato B politica estera dello Stato B Quadro operativo Variabile Indipendente Dipendente - Dipendenza commerciale Comportamento all’ONU - Dipendenza finanziaria

Abbiamo così isolato due variabili indipendenti per analizzare in maniera più precisa il fenomeno di dipendenza economica in modo da verificare la relazione postulata nella nostra ipotesi tra i concetti operativi Dipendenza economica e Appoggio alla politica estera. Una variabile interveniente è una variabile che bisogna talvolta introdurre nel quadro operativo perché essa condiziona la relazione fra la variabile indipendente e la variabile dipendente. È un elemento che diventa obbligatorio nell'equazione, che permette di qualificare o di precisare la relazione riprodotta nel quadro operativo. Riprendendo questo esempio è evidente che la dipendenza economica non influenza direttamente il comportamento dell’appoggio diplomatico. La dipendenza commerciale d'un paese non è un'entità tangibile capace di esercitare una pressione concreta sul comportamento di un governo o dei suoi rappresentanti diplomatici. La nostra ipotesi è dunque incompleta se non abbiamo incorporato almeno un elemento che permetta di tradurre concretamente, e in modo verosimile, l'influenza esercitata dalla dipendenza commerciale sul comportamento diplomatico. È possibile che il governo di un paese commercialmente dipendente sia indotto, per anticipazione razionale, ad appoggiare diplomaticamente la politica estera di un paese dominante ma, uno scenario molto più verosimile consiste nel considerare il ruolo dei gruppi di pressione organizzati, rappresentanti gli industriali più suscettibili di soffrire di una interruzione dei legami commerciali con i paesi dominanti. Le lobbying di questi gruppi di pressione costituiscono il canone mancante in una nuova ipotesi: Variabile Variabile Variabile indipendente interveniente dipendente DIPENDENZA SFORZO DELLE LOBBYING APPOGGIO commerciale dei gruppi organizzati diplomatico La nostra nuova ipotesi non afferma che la dipendenza commerciale, da sola, provochi l’appoggio diplomatico, ma piuttosto che dei gruppi di pressione organizzati, rappresentanti le industrie commercialmente dipendenti esercitano delle pressioni: 1) per convincere i loro governi ad adottare

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un comportamento d'appoggio diplomatico all'Onu e 2) per mantenere e anche aumentare la dipendenza commerciale (di cui queste industrie beneficiano). Ora secondo l’ipotesi, è perché i gruppi di organizzati esercitano queste pressioni che si osserva una relazione fra la dipendenza commerciale e il comportamento di appoggio diplomatico all'Onu: la variabile interveniente stabilisce per conseguenza una relazione causale fra la variabile indipendente e la variabile dipendente. Una variabile interveniente può a volte giocare un ruolo di variabile antecedente. Una variabile antecedente è una variabile che agisce prima della variabile indipendente in una catena causale. Una variabile antecedente può rendere la relazione sperata fra la variabile indipendente e la variabile dipendente falsa e dunque spuria. Risultati di ricerche pubblicate una decina di anni fa stabilivano uno stretto legame tra il consumo di caffè e l'incidenza di malattie cardiovascolari. L'equazione postulata era: Variabile indipendente Variabile dipendente Consumo di caffé Malattie cardiovascolari Un’altra équipe di ricerca ha ripreso gli stessi dati e introdotto una variabile interveniente: il consumo di tabacco, modificando l'equazione nel modo seguente: Variabile indipendente Variabile interveniente Variabile dipendente Consumo di caffé consumo di tabacco Malattie cardiovascolari I ricercatori della seconda équipe hanno semplicemente ripartiti i soggetti testati secondo il loro livello di consumazione di tabacco e sono arrivati alla conclusione che è il consumo di tabacco che determina principalmente l'incidenza delle malattie cardiovascolari. La prima associazione osservata era dunque spuria la relazione tra consumo di caffè e malattie non era che l'effetto apparente di una relazione causale che lega le malattie cardiovascolari e il consumo di tabacco. Il legame causale tra consumo di caffè e incidenza delle malattie cardiovascolari sparisce una volta che si introduca la variabile consumo di tabacco nell'equazione. Abitualmente le variabili intervenienti e le variabili antecedenti sono raggruppate sotto il termine comune di variabili di controllo.

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Torniamo alla nostra ricerca di esempio e rivediamola alla luce di quanto finora detto. La domanda di partenza L'utilizzo dei sondaggi d'opinione da parte dei politici Le ipotesi Abbiamo formulato due ipotesi principali di spiegazione della variazione nella relazione di accordo fra opinione pubblica e le decisioni del governo. Secondo la prima ipotesi i casi di accordo fra opinione pubblica e politici sono tanto più probabili quando i risultati dei sondaggi riflettono un'opinione pubblica salda e forte. Seconda ipotesi, i casi di accordo tra opinione e politica sono tanto più probabili quando l'opinione pubblica è guidata da fonti di trasmissione istituzionali e mediatiche. Unità di analisi La nostra unità di analisi corrisponde ad ogni soluzione proposta per regolare un qualche problema politico che è stato fatto oggetto di un sondaggio in termini sufficientemente precisi perché sia possibile determinare se la soluzione in questione è stata adottata o no dal governo Passaggio dai concetti operativi alle variabili Noi assegniamo degli attributi e dei livelli di misura precisi a ciascuno dei nostri concetti operativi per trarne delle variabili. Variabile dipendente : la variabile dipendente è “l'accordo (o il disaccordo) tra una decisione del governo e la maggioranza dell'opinione pubblica”. È dunque una variabile nominale dicotomica. Relazione fra la direzione maggioritaria dell’opinione pubblica e direzione della decisione del governo [accordo/disaccordo(attributi), livello di misura nominale]. Notiamo che è possibile misurare la relazione tra una decisione del governo ed il cambiamento nell'opinione pubblica. In questo caso, la nostra unità di analisi corrisponde ad ogni soluzione politica che è stata fatta oggetto di almeno due sondaggi successivi condotti in modo identico. Misurare cambiamenti nell'opinione pubblica piuttosto che la direzione della maggioranza dell'opinione ha il vantaggio di permetterci di comprendere meglio l'ordine temporale che lega l'opinione pubblica e le politiche pubbliche (cosa che non possiamo fare con una misura della direzione della maggioranza dell'opinione pubblica). Se, per esempio, un cambiamento d'opinione precede una decisione del governo, noi avremo un indice di prova, se non la certezza, che l'opinione pubblica ha avuto influenza sulla decisione. Al contrario, se la decisione del gove rno precede il cambiamento nell'opinione pubblica, noi abbiamo una prova che l'opinione pubblica é influenzata dalle élites governative. Malauguratamente, questo vantaggio rischia di essere soprattutto teorico perché, nella realtà, l'opinione cambia poco su una certa questione, non sufficientemente in ogni caso per poter affermare, che vi è un cambiamento significativo. Variabile indipendente associata al concetto operativo di fermezza della direzione dell'opinione pubblica: una prima variabile che noi assoceremo al concetto di fermezza della direzione dell'opinione pubblica deriva dall'importanza che ha la domanda del sondaggio nell'opinione pubblica. E’ logico pensare che il pubblico sia meglio informato sui problemi che egli giudica importanti. I politici avranno una maggior tendenza a piegarsi alla volontà popolare su questioni importanti piuttosto che su questioni meno salienti,. La direzione dell'opinione pubblica su una questione giudicata importante sarà reputata salda. Al contrario si considererà che la direzione dell'opinione pubblica, sulle questioni che non sono giudicate importanti, manca di fermezza, di forza.

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Verranno considerate altre due variabili per render conto del concetto di saldezza nella direzione dell'opinione pubblica, sapendo l'estensione della maggioranza e l'omogeneità dell'opinione su ciascuna domanda del sondaggio. È logico pensare che l'esistenza di una forte maggioranza di sostegno o di opposizione a una domanda di un sondaggio dovrebbe incitare i decisori politici a seguire la preferenza popolare. Questo è tanto più vero se l'opinione è omogenea, cioè se essa va nella stessa direzione in tutte le religioni, in tutte le classi di età e in tutti e i gruppi socio economici. Variabile Indipendente: mancanza di importanza del problema nell’opinione pubblica (numerica, di rapporti) ampiezza della maggioranza nell’opinione pubblica (numerica, percentuale di risposte nella stessa direzione) omogeneità dell’opinione (omogenea/divisa, nominale) Variabile interveniente associata al concetto operativo di intermediari di trasmissione istituzionale e mediatiche: per dare un contenuto empirico al concetto di intermediari di trasmissione istituzionale e mediatiche, noi utilizzeremo tre variabili destinati a selezionare l'influenza netta di tre gruppi di attori suscettibili di intervenire nella relazione tra l'opinione pubblica e la decisione politica: gli attori governativi, i gruppi di pressione organizzati e i media. Per far questo noi contabilizzeremo le iniziative di questi gruppi di attori, distinguendo le iniziative che coincidono con la direzione maggioritaria dell'opinione da quelle che le contraddicono. Variabili antecedenti: la nostra analisi dovrà anche tener conto di variabili antecedenti. Sono variabili diverse da quelle che abbiamo preso in considerazione nel nostro quadro operazionale iniziale, ma che sono nondimeno suscettibili di falsificare la relazione di accordo o di disaccordo fra l'opinione pubblica e il governo. Fra le variabili antecedenti possibili noi prendiamo in considerazione, per cominciare, lo sforzo di mobilitazione dell'opinione pubblica da parte delle élites di governo. La mobilitazione dell'opinione delle élites di governo può essere in grado di influenzare positivamente nello stesso tempo la rilevanza di un problema nell'opinione pubblica (la variabile indipendente) e l'accordo tra l'opinione pubblica e le decisioni del governo (la variabile dipendente). Questo rischia di rendere precaria la relazione osservata tra l'indipendente e la dipendente. Lo sforzo di mobilitazione dell'opinione pubblica sarà misurato con l'aiuto di due variabili che si giustificano da sole: lo sforzo finanziario e lo sforzo mediatico, fatto dal governo su ciascun problema. Consideriamo come variabile antecedente anche il dominio funzionale della politica. Secondo certi ricercatori, l'accordo tra opinione pubblica e politica dovrebbe essere poco frequente sulle questioni di politica estera, perché l'opinione pubblica è male informata e i decisori politici possono dunque non tener conto dell'opinione pubblica rispetto a tali questioni, senza paura di rappresaglie nelle successive elezioni. Al contrario l'accordo fra opinione pubblica e politici dovrà essere più frequente nelle questioni di politica interna, dove l'opinione pubblica è generalmente meglio informata. Un'altra variabile antecedente da considerare nello studio della relazione tra l'opinione pubblica e i politici è l'ideologia del partito al potere . È possibile che l'accordo tra opinione pubblica e governo, su certe questioni politiche, vari secondo quale partito è al governo: di sinistra o di destra.

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Indicatori delle variabili Si tratta di trovare idee di indicatori per le nostre variabili: i nostri indicatori rispetteranno per quanto possibile le esigenze di precisione, di fedeltà e di validità. Costruendo i nostri indicatori noi dovremo tuttavia fare i conti con i mezzi tecnici limitati di cui disponiamo. D'altronde, noi cercheremo, per quanto possibile, degli indicatori già utilizzati da altri ricercatori. Ci occuperemo qui di considerare in dettaglio solo gli indicatori della variabile associata alla rilevanza delle domande nell'opinione pubblica. Indicatori della variabile rilevanza delle domande: gli istituti di sondaggio chiedono talvolta ai rispondenti di classificare le domande che sono loro poste in ordine di importanza. Una tale classificazione è un indicatore ideale della rilevanza di un problema nell'opinione pubblica. Disgraziatamente, la maggior parte dei risultati dei sondaggi non danno delle informazioni sull'importanza relativa delle domande agli occhi dei rispondenti. Noi dovremo dunque fare appello a un indicatore della rilevanza delle domande dei sondaggi. Si tratta della percentuale di rispondenti che dicono " non so" o " non ho un'opinione al riguardo" controllato per ogni domanda del sondaggio. L'indicatore scelto ha il vantaggio di essere facile da ottenere. Ma non è completamente valido. In effetti se è logico pensare che più le percentuali delle ‘non risposte’ sono elevate meno la domanda è rilevante nell'opinione pubblica, bisogna tener presente che certe domande dei sondaggi rilevanti per l'opinione pubblica essendo dei problemi che richiedono domande delicate, possono provocare delle percentuali di non risposta elevate perché riguardano argomenti ‘sensibili’ o complessi, e quindi anche molti rispondenti informati esitano a rivelare la propria posizione . È possibile stabilire la rilevanza delle domande con una variabile ordinale. In questo caso noi dobbiamo fissare la soglia critica dell’indicatore procedendo nel modo seguente: una domanda sarà considerata avere una rilevanza elevata nell'opinione pubblica se meno del 10% delle persone interrogate in un sondaggio rispondono di ‘non sapere’ o di ‘non avere un'opinione’ in merito. Altrimenti si considererà la domanda poco rilevante. Un tale indicatore non è tuttavia molto preciso (ci fa perdere dell'informazione). E’ per questo che è preferibile ritenere il valore della percentuale di rispondenti che non sanno o che non hanno opinione come uno dei molti valori della nostra variabile; la variabile sarà dunque una variabile continua il cui valore può variare teoricamente da zero al 100%.