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Centro di Ricerca e Sperimentazione in Agricoltura “Basile Caramia” “25 Anni di Ricerca, Sperimentazione e Formazione per il progresso dell’Agricoltura” Locorotondo, 5-6 Luglio 2012

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  • Centro di Ricercae Sperimentazione in Agricoltura “Basile Caramia”

    “25 Anni di Ricerca,Sperimentazione e

    Formazioneper il progresso dell’Agricoltura”

    Locorotondo, 5-6 Luglio 2012

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    Centro di Ricerca e Sperimentazione in Agricoltura“Basile Caramia”

    70010 Locorotondo (BA) – Via Cisternino, 281Tel.: +39 080 4313071 - +39 080 4311254 - +39 080 4313223

    Fax: +39 080 4310007e-mail: [email protected] – www.crsa.it

  • Centro di Ricerca e Sperimentazione in Agricoltura “Basile Caramia”

    “25 Anni di Ricerca, Sperimentazione eFormazione per il progresso dell’Agricoltura”

    Locorotondo, 5-6 Luglio 2012

    a cura diA. Cagnazzo, M. Convertini, C. Dongiovanni, M. Fasano, P. Giannini,

    G. Maggi, P. Natale, F. Palmisano, D. Perrelli, M.G. Piepoli, V. Savino, P. Venerito

  • Finito di stampare nel mese di giugno 2012Stampa GRAFICA MERIDIONALE

    Tutti i diritti sono riservati - E’ vietata la riproduzione con qualsiasi mezzo

  • COMITATO D’ONOREPresidente: N. Vendola - Presidente della Regione Puglia G. Fumarola - Presidente della Banca di Credito Cooperativo, LocorotondoCosimo Lacirignola - Direttore dell’Istituto Agronomico Mediterraneo, BariT. Miano - Direttore del Dipartimento di Scienze del suolo, delle piante e degli alimen-ti, Università degli Studi di Bari “Aldo Moro” G. Scarascia Mugnozza - Direttore del Dipartimento di Scienze Agroambientali e Ter-ritoriali, BariM. Pastore - già Presidente del CRSA “Basile Caramia”, LocorotondoC. Petrocelli - Rettore dell’Università degli studi di Bari Aldo MoroD. Pignone - Direttore del Dipartimento Agroalimentare del CNR, RomaM. Ruggieri - Dirigente Scolastico Istituto Istruzione Superiore Secondaria “B. Cara-mia - F. Gigante”, LocorotondoA. Sasso - Assessore Regionale Istruzione e Formazione, Regione PugliaT. Scatigna - Sindaco del Comune di LocorotondoF. Schittulli - Presidente della Provincia di BariD. Stefano - Assessore alle Risorse Agroalimentari, Regione PugliaG. Volpe - Rettore dell’Università degli Studi di Foggia

    COMITATO ORGANIZZATOREPresidente: C. Fideghelli - Presidente del Comitato Tecnico Scientifico CRSA “Basile Caramia”, LocorotondoN. Calella - Vicepreside Istituto Istruzione Superiore Secondaria “B. Caramia - F. Gigante”, LocorotondoF. Faretra - Professore del Dipartimento di Scienze del suolo, delle piante e degli ali-menti, Università degli Studi di Bari “Aldo Moro” P. La Notte - Responsabile Settore Viticoltura ed Enologia CRSA “Basile Caramia”, LocorotondoM. Lisi - Direttore Servizi Generali e Amministrativi Istituto Istruzione Superiore Secondaria “B. Caramia - F. Gigante”, LocorotondoG. Palmisano - Consigliere della Provincia di BariD. Pentassuglia - Consigliere della Regione PugliaM.G. Piepoli - Responsabile Settore Formazione CRSA “Basile Caramia”, Locoro-tondoS. Pollastro – Professoressa del Dipartimento di Scienze del suolo, delle piante e degli alimenti, Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”M. Saponari – Responsabile Settore Miglioramento genetico e sanitario delle colture CRSA “Basile Caramia”, LocorotondoA. Santomauro - Responsabile Settore Produzione integrata e biologica delle colture e Centro di saggio CRSA “Basile Caramia”, Locorotondo

  • V. N. Savino - Preside della Facoltà di Agraria dell’Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”A. Sette - Direttore della Banca di Credito Cooperativo di LocorotondoA. Sevi - Preside della Facoltà di Agraria dell’Università degli Studi di FoggiaN. Trisciuzzi - Responsabile settore Laboratorio Diagnosi Fitopatologica CRSA “Ba-sile Caramia”, Locorotondo

    COMITATO TECNICO OPERATIVO G. Altamura, A. Cagnazzo, R. Cardone, L. Catucci, M. Convertini, M. Di Carolo, C. Dongiovanni, M. Fasano, P. Giannini, G. Maggi, P. Natale, A. Palmisano, D. Palmi-sano, F. Palmisano, D. Perrelli, P. Pollastro, A. Saponari, M.R. Silletti, P. Venerito - CRSA “Basile Caramia”, Locorotondo.

    SEGRETERIA ORGANIZZATIVAM. Caroli, M. Guida, A. Palmisano, M. Pinto - CRSA “Basile Caramia”, Locorotondo.

  • 1. Il Centro di Ricerca e Sperimentazione in Agricoltura “Basile Caramia” (CRSA) dal 1987 al 2012

    2. I Settori e le Attività del CRSA2.1 Area amministrativa2.2 Area Ricerca e Sviluppo

    2.2.1 Produzione integrata e biologica delle colture2.2.2 Viticoltura ed Enologia2.2.3 Miglioramento genetico, sanitario e clonale delle colture

    2.3 Area Coordinamento 2.3.1 Attività delegate2.3.2 Rapporti con il territorio

    2.4 Area Formazione2.5 Servizi

    2.5.1 Centro di saggio2.5.2 Laboratorio di analisi agroalimentare ed agro-ambientali2.5.3 Laboratorio di diagnosi fitopatologica

    3. Curriculum vitae e archivio fotografico del CRSA

    INDICE

    09

    17182021234170718694

    116117119134

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  • 1. Il Centro di Ricerca e Sperimentazione in Agricoltura “Basile Caramia” CRSA dal 1987 al 2012

    Ieri

    25anni

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    1. IL CENTRO DI RICERCA E SPERIMENTAZIONE IN AGRICOLTURA “BASILE CARAMIA” (CRSA)

    DAL 1987 AL 2012

    Agli inizi degli anni ottanta, per iniziativa degli allora amministratori dell’Opera Pia Scuola Agraria “Basile Caramia” di Locorotondo, prese corpo l’idea di costituire una struttura che avesse lo scopo di: - fungere da collegamento tra il mondo produttivo e le Istituzioni dedite alla ricerca e sperimentazione nel settore dell’agricoltura;- migliorare dal punto di vista qualitativo e produttivo le produzioni orto-frut-ticole locali;- contribuire ad innalzare il livello culturale dei tecnici ed operatori agricoli; - fornire informazioni tempestive sui finanziamenti pubblici inerenti il settore dell’agricoltura;- assicurare una continuità formativa ai ragazzi diplomati presso l’Istituto Tecnico Agrario Statale (I.T.A.S.) di Locorotondo. Per l’attuazione dell’ambizioso programma, gli amministratori dell’Opera Pia, coin-volsero altre istituzioni, pubbliche e private, operanti sul territorio. I lavori prepa-ratori si protrassero per alcuni anni, e l’attuale Centro di Ricerca e Sperimentazione in Agricoltura “Basile Caramia” (CRSA) fu costituito con atto notarile del 22 luglio 1987, per merito dell’Opera Pia, dell’Amministrazione Provinciale di Bari, dell’Isti-tuto Tecnico I.T.A.S. di Locorotondo e della Cantina Sociale di Locorotondo. Dal luglio del 1987, trascorsero ulteriori cinque anni, prima che il Centro di Ricerca, entrasse effettivamente nella fase operativa. In ottobre del 1992 s’insediò prima il Consiglio di Amministrazione e poi il Comitato Tecnico Scientifico (C.T.S.). Nel di-cembre dello stesso anno, il C.T.S. con documento approvato dal Consiglio di Ammi-nistrazione presentò il primo programma attuativo, avente le seguenti finalità:- ricerca, sperimentazione, formazione, dimostrazione e divulgazione, preva-lentemente nei settori vitivinicolo ed olivicolo;- qualificazione e valorizzazione delle produzioni agroalimentari mediante cer-tificazione fitosanitaria delle produzioni vivaistiche e certificazione di qualità dei pro-dotti orto-frutticoli;- allestimento di strutture e campi sperimentali, dimostrativi, al servizio e per lo sviluppo del territorio; - salvaguardia della biodiversità mediante l’attuazione di progetti mirati al recupero, alla conservazione e alla valorizzazione di ecotipi autoctoni (agrumi, dru-pacee, fico, mandorlo, olivo, pesco, vite).

    Inizialmente l’attività principale del CRSA “Basile Caramia” era incentrata sulla

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    produzione di materiale di propagazione vegetale di categoria certificato da destinare ai vivaisti. Con delibera n. 871 del 23 giugno 1993 la Regione Puglia delegò al CRSA l’attività di Premoltiplicazione nell’ambito dei programmi di certificazione volonta-ria, per agrumi, drupacee, olivo e vite. Per l’avvio di tale attività, per soddisfare le esigenze e le aspettative maturate nel comparto vivaistico pugliese di produzioni di qualità, per svolgere al meglio le atti-vità programmate dal Consiglio di amministrazione e dal C.T.S., il CRSA si avvalse del supporto scientifico del Dipartimento di Protezione delle Piante e Microbiologia Applicata (DPPMA) dell’Università degli Studi di Bari, del Centro di Studio sui Virus e Virosi delle Colture Mediterranee del CNR, dell’Istituto Agronomico Mediterraneo (IAM), del supporto tecnico e logistico del Consorzio Vivaistico Pugliese e del contri-buto economico dell’Amministrazione Provinciale di Bari, delle Casse Rurali ed Arti-giane di Sammichele e Locorotondo, della Federazione Provinciale Coldiretti di Bari. Grazie alla collaborazione di questi Enti e Istituzioni, fu selezionato e formato perso-nale tecnico qualificato, furono allestiti i primi campi, progettate e realizzate le prime strutture (serre, ombrai etc.), fu attivato il laboratorio di diagnosi fitovirologica, fu realizzato il laboratorio per la coltura in vitro per la produzione di materiale di propa-gazione di Categoria “Base” micropropagato e per il risanamento da virus ed agenti virus-simili del germoplasma frutticolo locale.La Regione Puglia per aderire al “Servizio di Certificazione Volontaria del materia-le di propagazione vegetale”, come previsto dalla Delibera della Giunta Regionale N°1119 del 15 maggio 1993, dedicò nell’ambito P.O.P. Puglia 1994/1999 una specifica Misura (Misura 4.1.6 “Vivaismo”) per la realizzazione delle strutture necessarie per l’attivazione del Servizio. L’attività di Premoltiplicazione del CRSA fu dislocata sul territorio della Regione in diverse Sezioni Operative (Sez. Operativa “Ferragnano” Locorotondo (BA) – Sez. Operativa “Amendolacchia” Massafra (TA) – Sez. Operativa “Conca d’Ora Palagiano (TA) – Sez. Operativa “Torcito” Cannole (LE)), consideran-do le condizioni pedoclimatiche e la vocazionalità delle differenti specie vegetali in premoltiplicazione. Le strutture e le attività realizzate, oltre a creare le condizioni per il riconoscimento, da parte del Ministero per le Politiche Agricole e Forestali, del CRSA nel sistema di certificazione Nazionale, lo resero idoneo alla partecipazione a programmi di ricerca per il miglioramento degli agrumi, drupacee, olivo e vite e mirati al trasferimento delle innovazioni tecnologiche dal mondo scientifico a quello operativo.

    In data 06 aprile 1998, il Servizio Fitosanitario Regionale, riscontrando nel laborato-rio fitopatologico del CRSA i requisiti strutturali e professionali previsti dai DD.MM. 14 aprile 1997 per l’esecuzione di diagnosi fitopatologiche, ha concesso, l’accredita-mento per la diagnosi di funghi, virus, fitoplasmi, nematodi e batteri, facendo del CRSA, il primo laboratorio fitopatologico accreditato dell’Italia meridionale.

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    Il 18 settembre del 2000, il CRSA è stato accreditato, con DD.MM: 33303 e 33304 del MIPAAF, come Centro di saggio per la conduzione di prove ufficiali di campo sui resi-dui e sull’efficacia dei prodotti fitosanitari ai sensi del D.L. n. 194 del 17 marzo 1995.

    Inoltre, al fine di interpretare e dare risposte concrete alla domanda formativa e divulgativa del territorio, il CRSA ha promosso numerosi incontri, a diversi livelli, coinvolgendo Enti locali, Università, Enti di Ricerca, Scuole, Organizzazioni profes-sionali, Parti sociali nonché professionisti ed operatori del settore agricoltura parte-cipando fra l’altro a specifici programmi di formazione su tematiche riguardanti il settore agricoltura nel senso più ampio del termine. In tale ambito il CRSA è stato accreditato come sede operativa per la realizzazione di attività formative finanziate con fondi pubblici ai sensi dell’art. 25, comma 1 della L.R.N. 15 del 07 agosto 2002 – Delibera di Giunta Regionale n. 2023 del 29 dicembre 2004. È membro dell’Asso-ciazione Europea, con sede in Bruxelles, che riunisce tra i suoi aderenti Scuole ed Enti, appartenenti a vari paesi europei, impegnati nella formazione professionale in agricoltura e ha come finalità lo sviluppo di modalità comuni di insegnamento nel settore dell’agricoltura.

    Successivamente, presso il CRSA, con il contributo dell’I.T.A.S. “Basile Caramia” ed in risposta alla crescente attenzione rivolta verso tematiche quali, tutela dell’am-biente, sicurezza delle filiere agro-alimentari e sanità pubblica, è stato allestito il la-boratorio chimico per l’esecuzione delle analisi di residui di prodotti fitosanitari in matrici vegetali per le determinazioni analitiche su terreni ed acque, ed il laboratorio di microvinificazione ed analisi enologiche; laboratori accreditati Accredia n. 985 dal 2010 (UNI CEI EN ISO/IEC/17025:2005). Inoltre, con DM del 19 febbraio 2010 (G.U. sg n. 56) il laboratorio di analisi enologica è stato autorizzato del MIPAAF al rilascio di rapporti di prova ufficiali nel settore vitivinicolo.

    Nell’anno 2008 il CRSA ha assunto l’impegno nella progettazione prima e gestione successivamente del Piano di Sviluppo Locale (PSL) relativo al Gruppo di Azione Locale, GAL “Valle d’Itria” (programma LEADER 2007-2013). Infatti il Consiglio di Amministrazione del GAL, dopo aver espresso l’apprezzamento per il fondamen-tale e qualificato supporto fornito da questo Centro per la costituzione del GAL Valle d’Itria, nelle more che si organizzasse la propria struttura tecnico amministrativa, ha affidato anche la segreteria amministrativa che ha riguardato sia il coordinamento per l’attuazione del PSR sia l’attività strettamente amministrativa.

    L’espandersi dell’attività del CRSA, l’intensificarsi dei rapporti con alcune Istituzio-ni scientifiche proprie del settore, nonché la crescente collaborazione con la Regione Puglia portarono ad una necessaria revisione dello Statuto nella prospettiva di un

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    ampliamento delle rappresentanze all’interno degli organi di governo, di una ulteriore definizione dei compiti e dei ruoli di ciascuna parte e di un aggiornamento delle fina-lità del CRSA. Il nuovo statuto prevedeva che: - il Consiglio di Amministrazione comprendesse, oltre alle rappresentanze dei Soci fondatori, quelle della Regione Puglia, dell’Amministrazione Provinciale di Taranto, dell’Amministrazione Comunale di Locorotondo (subentrata in qualità di Socio fondatore all’ex Opera Pia “Basile Caramia”, della Facoltà di Agraria dell’Uni-versità di Bari, dell’Istituto Agronomico Mediterraneo di Valenzano e del Consorzio Vivaistico Pugliese; - agli organi sociali del primo Statuto (Consiglio di Amministrazione, Presi-dente del CRSA, C.T.S., Collegio dei Revisori Contabili) fossero aggiunti l’Assemblea dei Soci, la Giunta Esecutiva e il Direttore del Centro;In quanto alle finalità esse venivano arricchite di nuove sfaccettature, quali: - lo sviluppo e il trasferimento di biotecnologie;- la qualificazione genetica e sanitaria del germoplasma d’interesse agrario;- la diffusione di materiale vivaistico sanitariamente e geneticamente migliorato; - l’assistenza agli operatori del settore;- la costituzione di campi di orientamento varietale al fine di promuovere la conoscenza delle novità vegetali;- la valutazione dei rischi connessi all’impiego di fitofarmaci;- il controllo e la certificazione qualitativa dei prodotti agricoli.

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    ORGANIGRAMMA

    La complessità organizzativa e strutturale assunta dal CRSA nel corso degli anni, ha comportato, dal 2005, la suddivisione dello stesso in aree e relativi settori (tab.1) ognuno dei quali, operando di concerto con le istanze provenienti dalle forze sociali ed economiche del territorio, assicura lo sviluppo delle proprie competenze, coordina attività di ricerca, favorisce la diffusione dei risultati e il confronto con il territorio, promuove le collaborazioni con Università e Istituti di ricerca italiani e stranieri, Enti pubblici e privati nonché società e imprese del settore.

    Tabella 1 Organizzazione in aree e settori del CRSA

    AREA

    Amministrativa

    Ricerca e sviluppo

    Coordinamento

    Formazione

    Servizi

    SETTORI

    Segreteria generale Gestione contabilità

    Produzione integrata e biologica delle colture Viticoltura ed EnologiaMiglioramento genetico, sanitario e clonale delle colture

    Attività delegateRapporti con il territorio Progetti speciali

    Progettazione e gestione dei corsiDidatticaBiblioteca

    Centro di saggioLaboratorio di analisi agroalimentare ed agro-ambientaliLaboratorio di microvinificazione ed analisi enologicheLaboratorio di diagnosi fitopatologicaCertificazione di qualità

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    2. I Settori e le Attività

    Oggi

    25anni

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    2.1 Area Amministrativa

    Oggi

    Settori: Segreteria generale Gestione contabile

    25anni

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    2.1 AREA AMMINISTRATIVA

    L’Area Amministrativa si articola nei settori segreteria generale e gestione con-tabilità.

    Il Settore “Segreteria Generale” è impegnato nella gestione della corrispondenza ge-nerale, nel funzionamento degli organi sociali nonché della formalizzazione di tutti i rapporti di collaborazione con Enti Pubblici e Privati, occupandosi della stesura di convenzioni ed accordi di programma. Fornisce il supporto amministrativo nella fase di progettazione dei progetti di ricerca e formativi nonché la gestione amministrati-va di tutti i progetti di ricerca e formativi. Fornisce il supporto tecnico, logistico ed amministrativo all’organizzazione di convegni. Per la parte di competenza, nell’ap-plicazione del manuale della qualità e delle procedure gestionali per l’accreditamento ACCREDIA del laboratorio di analisi agroalimentari ed agroambientali.

    Il Settore “Gestione contabilità” è impegnato nella gestione della contabilità fiscale (fatturazione, dichiarazioni fiscali, bilanci), del lavoro (contratti, paghe, denunce e dichiarazioni fiscali), finanziaria (pagamenti, incassi, bilancio di previsione e consun-tivo), ed elementare (gestione ordini, gestione acquisti, viaggi e trasferte, elabora-zione rendiconti), nella gestione dei crediti nonché nella gestione contabile, fiscale, finanziaria e del lavoro dei progetti formativi e dei progetti di ricerca.

    Personale afferente all’Area

    - Piepoli Maria Grazia (Responsabile Area) - Pinto Maria (Responsabile Settori: Segreteria generale e Gestione contabilità)- Caroli Martino (Collaboratore) - Guida Milena (Collaboratore)- Palmisano Antonella (Collaboratore)

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    2.1 Area Ricerca e Sviluppo

    Oggi

    2.2.1 Settore Produzione integrata e biologica delle colture

    25anni

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    2.2.1 SETTORE “PROTEZIONE INTEGRATA E BIOLO-GICA DELLE COLTURE E SICUREZZA ALIMENTARE”

    Dal 1997, sulla scorta della pregressa e consolidata esperienza dell’allora Dipar-timento di Protezione delle Piante del-l’Università di Bari, vengono svolte atti-vità correlate alla realizzazione di prove di campo per la valutazione dell’efficacia di strategie di protezione integrata e biolo-gica basate sull’impiego di nuovi fungici-di, di antagonisti microbici e di sostanze naturali, impiegandoli sia da soli sia in differenti programmi di protezione sulle colture di maggiore interesse regionale. Le attività sperimentali vengono svolte, prin-cipalmente presso aziende commerciali, sia nell’ambito di convenzioni con Società agro-chimiche interessate allo sviluppo di prodotti fitosanitari di propria produzione e/o commercializzazione, sia di programmi di ricerca in collaborazione con istituzioni quali MiPAAF, Regione Puglia, U.E., ecc. Per l’attuazione di tali prove, il personale di questo settore, talvolta in collaborazio-ne con personale afferente ad altri setto-ri, svolge attività quali: impostazione di campi sperimentali, effettuazione di trat-tamenti parcellari, rilevazioni dei dati di infezione e relativa elaborazione statistica, compilazione delle relazioni tecniche ecc.Nel corso di questi anni, attraverso l’inten-so lavoro di sperimentazione svolto, anche in collaborazione con i Dipartimenti della Facoltà di Agraria di Bari, il Settore ha contribuito al miglioramento e all’aggior-namento delle conoscenze tecniche relative alla protezione integrata e biologica delle più importanti colture mediterranee dalle

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    principali avversità.Obiettivo principale delle attività è la razionalizzazione delle strategie di protezione integrata e il trasferimento al territorio delle conoscenze acquisite nei diversi contesti colturali e sulle specifiche colture, attraverso la realizzazione di incontri in campo, visite guidate, seminari e workshop con agricoltori e tecnici, oltre che mediante par-tecipazioni a convegni nazionali e internazionali, pubblicazioni su riviste specializzate e produzioni editoriali contribuendo, in tal modo, alle attività di divulgazione che rientrano fra le finalità più ampie del CRSA. Ciò, nell’ottica dell’implementazione di sinergie tra soggetti privati e istituzionali, mondo della ricerca e realtà produttive, elemento imprescindibile per la crescita e la valorizzazione del territorio in un conte-sto quanto mai attuale di sostenibilità delle produzioni agricole.

    Personale afferente al Settore- Santomauro Agostino (Responsabile Settore) - Dongiovanni Crescenza (Viceresponsabile di settore) - Di Carolo Michele (Collaboratore)

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    2.2 Area Ricerca e Sviluppo

    Oggi

    2.2.2 Settore Viticoltura ed Enologia

    25anni

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    2.2.2 VITICOLTURA ED ENOLOGIA

    Le attività del Settore Viticoltura ed Enologia sono finalizzate al recupero, la carat-terizzazione, il miglioramento genetico/sanitario e la valorizzazione (anche attraverso il miglioramento della qualità dei vini) di varietà di interesse regionale che, nel caso delle uve da vino, sono quasi esclusivamente locali ed autoctone. Nel dettaglio le prin-cipali attività sono:- Selezione clonale e sanitaria: condotta a stretto contatto con le aziende sul territorio mira all’individuazione, nell’ambito della variabilità intravarietale accu-mulata in secoli di coltivazione, di accessioni e/o biotipi geneticamente e sanitaria-mente superiori. Oltre alle varietà autoctone minori per le quali non ci sono ancora cloni registrati, l’attività prosegue senza interruzione anche su importanti vitigni re-gionali al fine di ottenere, in funzione dei mutati obiettivi qualitativi e di selezione, cloni con caratteristiche produttive e tecnologiche differenti adattati alla produzione delle svariate tipologie di vino. Oltre ad alcune attività condotte all’estero (Albania, Malta, Croazia, Serbia), negli ultimi la selezione ha interessato oltre 20 vitigni regio-nali pugliesi. Dopo la selezione in vecchi vigneti commerciali ed l’inserimento nelle collezioni di germoplasma a Locorotondo, le accessioni, coltivate e confrontate nello stesso campo di conservazione, sono sottoposte ad una seconda selezione al fine di individuare i migliori candidati cloni da avviare quasi sempre al risanamento prima ancora di giungere in campo di omologazione.Veduta aerea di alcuni dei campi di Conservazione del germoplasma (Fig. 1) :- Conservazione del germoplasma: Il CRSA ospita a Locorotondo la più grande collezione di germoplasma del centro-sud Italia che, derivando da oltre 40 anni di se-lezione clonale, ospita, unica nel suo genere, non solo variabilità genetica intra-specifi-ca ma anche intra-varietale. La collezione, estesa su oltre 6,5 ettari ed attualmente in fase di risconoscimento presso la FAO, è sud-divisa in 11 diversi campi distinti per origi-ne, destinazione produttiva (varietà ad uva da tavola, vino, portainnesti), caratteristi-che varietali (colore e caratteristiche aro-matiche) e stato sanitario (piante madri e piante risanate). Complessivamente ospita oltre 5000 accessioni appartenenti a circa 550 varietà ed in particolare per 70 varietà autoctone italiane sono conservate oltre 1.500 selezioni. Il germoplasma selezionato da diverse Istituzioni scientifiche pugliesi

    Fig. 1 Campi collezione

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    (Dip. Protezione delle Piante dell’Università di Bari, Istituto di Virologia Vegetale del CNR, CRSA “Basile Caramia” ed Istituto Agronomico Mediterraneo) comprende varietà italiane (di Puglia, Basilicata, Calabria, Campania, Marche, Abruzzo) ed este-re (Albania, Croazia, Serbia, Tunisia, Libano, Malta, Grecia, etc.).

    - Omologazione di cloni e registra-zione di antichi vitigni minori. I candidati cloni più interessanti, dopo l’even-tuale risanamento, sono introdotti in campi di omologazione/confronto ove si procede a studiare le performances produttive ed enolo-giche attraverso opportuni rilievi vegeto-pro-duttivi, fenologico-ampelografici, tecnologici nonché analisi di mosti, micro vinificazioni ed analisi chimico/fisiche/organolettiche dei vini. Parallelamente oltre alla costituzione della fonte primaria sono condotti gli accer-

    tamenti fitosanitari prescritti (analisi ELISA e soprattutto indexaggio biologico per innesto). L’attività, per quanto concerne le caratteristiche dei campi di omologazione, la durata (minimo triennale) ed il tipo di rilievi segue i protocolli ufficiali definiti dalla normativa vigente (DPR 24/12/1969 n° 1164 in parte modificato ed integrato soprat-tutto dai D.M. 11/09/2006 n° 211 e D.M. 24/06/2008). Terminate le attività in campo e cantina, l’elaborazione dei dati permette di individuare tra i diversi candidati quali sia-no i cloni migliori e più differenziabili meritevoli di registrazione al Catalogo nazionale. Dopo l’invio al Ministero della richiesta di registrazione corredata da un dossier, ov-vero tutta la documentazione tecnica (ampelografia, agronomica, genetica, enologica e fitosanitaria) che sarà esaminata dagli esperti del Comitato per l’esame delle varietà di vite, l’iter, complessivamente di durata anche decennale, si conclude formalmente con l’inserimento dei cloni approvati in un apposito decreto e la sua pubblicazione in Gazzetta ufficiale. Per l’iscrizione di un vitigno, oltre a tutte le attività descritte per i cloni, è necessario inserire nella documentazione tecnica uno studio storico, una descri-zione ampelografia molto più approfondita (comprensiva di descrizione fillometrica e carpometrica) e l’analisi genetica con profilo micro satellite. Gran parte dei tangibili risultati ottenuti nell’ultimo quadriennio (6 vitigni autoctoni registrati, 32 cloni omologati e 3 in attesa di approvazione) sono stati raggiunti, attra-verso progetti di ricerca come “Selezione clonale e sanitaria di vitigni ad uva da vino, da tavola e dei relativi portinnesti”, “Recupero dei vitigni autoctoni per la valorizzazione di produzioni enologiche di nicchia della Provincia di Bari” e “Recupero e valorizzazione della viticoltura nel comprensorio dei Trulli”, grazie al sostegno finanziario di Regione Puglia, Provincia di Bari, Camera di Commercio di Taranto, alcuni Comuni (Locoro-

    Fig. 2 Campo omologazione vino

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    tondo, Cisternino e Martina Franca) ed aziende. Il prosieguo dell’attività, soprattutto in un nuovo campo di omologazione costituito nel 2006 con 42 candidati cloni di oltre 27 vitigni, nel prossimi anni potrà garantire anche per molti altri vitigni pugliesi minori (Impigno, Marchione, Maresco, Moscatello selvatico, Notardomenico, Otta-vianello, San Nicola, Santa Teresa, Somarello nero, Uva della Scala, Uva Pane) la disponibilità di materiali clonali certificati a livello vivaistico.

    - La sperimentazione viticola: l’attività ha riguardato principalmente il con-trollo dei marciumi del grappolo attraverso prove diradamento dei grappoli e impiego di mezzi alternativi come il caolino su 4 varietà locali ad uva da vino nonché il con-fronto, tutt’ora in corso, delle performance produttive dei vitigni Bianco d’Alessano e Verdeca (base delle DOC Locorotondo e Martina Franca) innestati su 16 diverse varietà portainnesto. Relativamente al settore delle uve da tavola l’attività ha ri-guardato in particolare l’innovazione varietale ed in particolare: a) nell’ambito del progetto “Valutazione di nuovo germoplasma resistente per coltivazioni di uva da ta-vola a ridotto impatto ambientale”- MiPAAF, finalizzato all’allargamento della base ampelografia dell’uva da tavola ed alla riduzione dell’impiego di fitofarmaci, il settore è stato coinvolto in rilievi ampelografici, nella valutazione agronomico-produttiva e di adattamento alle condizioni pedoclimatiche pugliesi di 29 varietà ad uva da tavola costituite per incrocio da tre Istituzioni scientifiche in Serbia, Ungheria e Moldavia; b) già da quest’anno, a seguito dell’avvio fin dal 2007 di un programma di breeding per l’ottenimento per l’ottenimento di nuove varietà ad uva da tavola, saranno av-viate le valutazioni agronomico-produttive dei primi 800 incroci impiantati in un vigneto sperimentale a Palagiano. Infine tra le attività più recenti nell’ambito di due Progetti integrati di filiera (PSR Puglia 2007/2013) è utile ricordare l’avvio di prove di valutazione dell’effetto di interventi di potatura verde meccanizzata (cimatura e sfogliatura) sul vitigno Negroamaro nonché di rilievi ed analisi delle uve per la zo-nazione viticola della DOC Gioia del Colle.- La sperimentazione enologi-ca: il settore dispone di una cantina sperimentale completamente attrez-zata per il trattamento delle uve, la conduzione di micro e meso vinifica-zioni in condizioni controllate, trat-tamenti ed affinamento di vini e vini-ficazioni speciali (spumantizzazione e produzione di vini dolci). Oltre alle attività di micro vinificazione per l’omologazione di candidati cloni il Fig. 3 Microvinificatori

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    settore è impegnato soprattutto: a) nello sviluppo e messa a punto di protocolli di vi-nificazione (ad es. adattati alle caratteristiche varietali ovvero esaltare le potenzialità e superare i problemi tecnologici come nel caso ad esempio del confronto di differenti tecniche estrattive per il miglioramento delle componenti fenoliche e/o aromatiche (Primitivo, Negroamaro, vitigni bianchi della Valle d’Itria); b) sperimentazione di nuovi prodotti enologici da vitigni autoctoni minori come vini monovarietali o da uvaggio o ancora vini speciali (passiti e spumanti). Pur di natura leggermente diver-sa, è possibile citare tra le sperimentazioni enologiche la recente attività inerente la microbiologia enologica ed in particolare i batteri lattici autoctoni impiegabili nella FML; il settore dopo aver costituito e parzialmente caratterizzato (su base morfolo-gica e molecolare) una collezione di ceppi isolati da vini di Negroamaro, Primitivo ed Uva di troia, ha avviato la selezione tecnologica dei ceppi migliori nonché la speri-mentazione, ad esempio nell’ambito del progetto PIF “Al cuore del Primitivo”, delle performance qualitative su vini sperimentali e commerciali in fase di affinamento.

    - Laboratorio Enologico: il laboratorio enologico nasce nel 2004 con funzione di supporto alle attività di ricerca e sperimentazione Viticolo Enologica nell’ambito di progetti nazionali ed internazionali. Nel 2010 il laboratorio ha conseguito l’accredi-tamento ACCREDIA N. 985 secondo la norma UNI CEI EN ISO/IEC 17025:2005 e l’autorizzazione del MIPAAF (DM 19/02/2010 – G.U. sg n.56 del 19 febbraio 2010) al rilascio di rapporti di prova ufficiali nel settore vitivinicolo. Il Laboratorio enologico esegue circa 25 analisi enologiche fondamentali sia per la gestione della cantina che la certificazione della qualità dei vini e l’esportazione. La struttura è dotata di nu-merose, modernissime e sofisticate apparecchiature analitiche come GC-MS, HPLC, Spettrofotometro, Spettrometro ad assorbimento atomico, ecc.- Altre attività: Il personale afferente al settore è coinvolto in numerose altre attività come: 1. Moltiplicazione e distribuzione a viticoltori e vivaisti di materiale clonale sa-nitariamente migliorato di vitigni minori autoctoni non ancora registrati.2. Supporto durante stage e tirocini di corsi di formazione tecnico scientifica superiore (IFTS) e Master Universitari. 3. Supporto tecnico alla Regione Puglia/ Comitato Vitivinicolo Regionale. In particolare il Settore ha prodotto studi/analisi e redatto relazioni tecniche e storiche per: il riconoscimento della DOCG Primitivo di Manduria dolce naturale; il riconosci-mento delle DOC Terra d’Otranto e Negroamaro di Terra d’Otranto; la registrazione dei sinonimi Negroamaro e Nero Amaro al Catalogo Nazionale; la definizione dei “Vi-tigni autoctoni regionali” della Puglia in base all’accordo Stato Regioni 3 febbraio 2005 “Tutela e valorizzazione delle produzioni ottenute da vitigni autoctoni o di anti-ca coltivazione”; le modifiche ad alcuni discliplinari di produzione di vini DOC e IGT esistenti.

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    4. organizzazione e partecipazione in qualità di relatori a convegni, manifesta-zioni, seminari divulgativi.5. allestimento di mostre pomologiche e di sedute di degustazione dei vini spe-rimentali.6. redazione e presentazione di progetti di ricerca in ambito regionale, nazionale ed internazionale.- Le collaborazioni: Il settore Viticoltura & Enologia del CRSA ha una pluriennale attiva collaborazione con Istituzioni pubbliche regionali (Regione Puglia, Province, Camere di Commercio, numerosi Comuni), Consorzi di Tutela, Associazioni di cate-goria, Cantine, Aziende agricole nonchè attività di ricerca congiunte con l’Istituto di Virologia Vegetale del CNR di Bari, l’Università di Bari, altre Istituzioni scientifiche italiane (es. Politecnico di Bari, Istituto Agronomico Mediterraneo di Bari, Universi-tà di Foggia, Istituto di Scienze delle Produzioni Alimentari del CNR, etc.) ed estere (in Albania, Bosnia, Cile, Cina, Croazia, Grecia, Malta, Moldova, Portogallo, Serbia, Ungheria, USA).

    Personale afferente al Settore- La Notte Pierfederico (Responsabile Settore) - Giannini Pamela Beatrice (Collaboratore)- Venerito Pasquale (Collaboratore)- Cagnazzo Alessandra (Collaboratore)- Palmisano Donato (Collaboratore)

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    CLONI OMOLOGATI E VITIGNI REGISTRATI: IL CONTRIBUTO DEL CRSA AL PANORAMA VITIVINICOLO REGIONALE

    La Notte P.1,2, Venerito P.2, Giannini P.2, Pirolo C.S.3, Cagnazzo A.2, Palmisano D. 2, Catucci L.2, Silletti M.R.2, Savino V.2,31CNR, Istituto di Virologia Vegetale - UOS di Bari, Via Amendola 165/A 70126 Bari;2Centro di Ricerca e Sperimentazione in Agricoltura “Basile Caramia”, Via Cisternino 281, 70010 Locorotondo (Ba);3Dipartimento di Scienze del Suolo, delle Piante e degli Alimenti, Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”, Via Amendola, 165/A 70126 Bari.

    RIASSUNTO L’intensa attività di selezione clonale e sanitaria svolta dal CRSA ha consentito anno dopo anno il miglioramento dell’offerta vivaistica relativa alle varietà regionali (e non solo), nonché la possibilità, per i produttori, di accedere agevolmente al materiale di propagazione sanitariamente sicuro e geneticamente corrispondente alle proprie necessità. Da una parte, la registrazione al Catalogo Nazionale delle Varietà di Vite di alcuni vecchi vitigni ha permesso, una volta dissipata la confusione legata all’omo-nimia, l’uso legittimo (anche sulla stessa etichetta della bottiglia) di un nome stori-camente verificato. Dall’altra, l’omologazione dei primi cloni di una serie importante di varietà ad uva da tavola e da vino, ha reso disponibili materiali di propagazione certificati, punto di partenza imprescindibile per il raggiungimento di standard qua-litativi elevati.

    INTRODUZIONELa situazione della viticoltura regionale non offriva fino a qualche anno fa un ven-taglio di scelta adeguato del materiale di propagazione viticolo in quanto troppo li-mitato, nonché calibrato su parametri qualitativi spesso molto diversi rispetto agli obiettivi dei produttori attuali, sia in termini di diversificazione delle produzioni che delle caratteristiche produttive, carpometriche e tecnologiche delle uve. In definitiva, appare apprezzabile lo sforzo e la lungimiranza delle Istituzioni di Ricerca e della Regione Puglia che, impegnate da decenni sul territorio regionale per la valorizzazio-ne del germoplasma autoctono, hanno fortemente creduto nel recupero delle tipicità regionali e, in questo caso, dei vitigni autoctoni locali. Oggi, i viticoltori pugliesi pos-sono finalmente affrancarsi dall’uso di materiali standard ed empirici, spesso causa di insuccesso dei nuovi vigneti e soprattutto riproporre, con soluzioni economicamente valide, varietà recuperate la cui importanza e potenzialità sono state intuite e in alcu-ni casi segnalate dai vari attori delle filiere produttive frutticole ed enologiche.

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    MATERIALI E METODILa metodologia seguita è codificata a livello nazionale dal DPR 24/12/69 n° 1164 e successive modifiche ed integrazioni. La fase di omologazione, che si colloca a valle di una serie di altre attività che compongono la selezione clonale e sanitaria della vite (selezione di campo pluriennale, condotta nei più importanti e tradizionali compren-sori viticoli delle province pugliesi, con individuazione e recupero di interessanti bio-tipi, la definizione dello stato sanitario, il risanamento, ecc.) prevede lo svolgimento delle seguenti attività:- Impianto dei campi di omologazione: per i cloni ad uva da vino sono stati realizzati due campi di confronto, uno in agro di Locorotondo (Ba) con 26 candidati cloni e uno in agro di Manduria (Ta) con 17 candidati cloni. Il campo di omologazione dell’uva da tavola invece è allestito in Agro di Palagiano (Ta), località “Conca d’oro”. Accertamenti sanitari: gli accertamenti sanitari a cui sono stati sottoposti i candidati cloni, risanati attraverso termoterapia o coltura in vitro di apici meristematici e suc-cessivamente introdotti in campo di omologazione, sono consistiti in:a) Test ELISA per la diagnosi di GFLV, GLRaV 1, GLRaV 3 e anticorpi mono-clonali per GVA, GVB, GFkV e GLRaV 2. b) Trasmissione meccanica su indicatori erbacei per la diagnosi dei Nepovirus GFLV e ArMV agenti dell’Arriciamento o Degenerazione Infettiva della vite.c) Indexaggio biologico con osservazione su indicatori legnosi dell’eventuale sintomatologia specifica indotta dalle malattie virali e virus-simili quali Degenerazio-ne infettiva, Accartocciamento fogliare, Legno riccio, Maculatura infettiva, Necrosi delle nervature e Mosaico delle nervature.- Rilievi ampelografici, ampelometrici, fenologici, agronomici, produttivi. I rilie-vi sono stati effettuati, attenendosi ai descrittori ufficiali OIV, al fine di verificare l’identità varietale dei candidati cloni,, individuare eventuali caratteri ampelografici e produttivi differenziali e, caratterizzare le proprietà produttive, qualitative e tecno-logiche specifiche.Sono stati usati allo scopo anche metodi ampelometrici con misurazioni dei diversi descrittori attraverso digitalizzazione delle immagini delle foglie e loro elaborazione con l’ausilio del sofware Superampelo (Soldavini et al., 2009).- Analisi con marcatori molecolari per la verifica dell’identità varietale attraverso l’utilizzo di microsatelliti (SSR) e confronto con banche dati varietali.- Valutazione delle caratteristiche tecnologiche: le analisi sono state effettuate secon-do le metodiche ufficiali contemplate dal Reg. CEE n. 2676/90 e successive modifica-zioni, con determinazione delle curve di maturazione. Alla vendemmia, sulle varietà da vino a bacca rossa, è stata effettuata una valutazione quali-quantitativa dei poli-fenoli (in spettrofotometria e HPLC). Sui vini, ottenuti da microvinificazione, sono state condotte le analisi chimico-fisiche di base (pH, acidità, ceneri, estratto secco, etc.) e la determinazione dei profili polifenolici.

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    - Analisi sensoriali dei vini: i vini sono stati sottoposti ad un panel composto da assag-giatori selezionati del CRSA e del IVV-CNR. La valutazione della qualità globale dei vini è stata eseguita mediante l’ausilio di scale non strutturate da 0 a 100, valutando numerosi descrittori singolarmente nonché esprimendo un giudizio complessivo sui vini.Registrazione delle varietàLa registrazione delle varietà ha richiesto in aggiunta alle attività già svolte per l’omologazione dei cloni:- descrizione ampelografica molto più dettagliata con l’elaborazione, attraver-so l’impiego del software superampelo, della foglia tipo della varietà (Fig. 1);- approfondita ricerca documentale nella bibliografia storica ufficiale e locale a supporto sia dell’origine dei nomi per cui si è chiesta la registrazione, sia della storia e dell’importanza dei vitigni per la loro ripresa in coltivazione nell’ambito del territorio regionale.

    RISULTATI Negli ultimi quattro anni l’attività ha permesso di raggiungere importanti e concreti risultati: 6 nuove varietà iscritte nel Registro Nazionale delle Varietà di Vite delle quali 5 ad uva da vino ed 1 ad uva da tavola (D.M. 12/01/2009 e D.M. 22/4/11) (Fig. 3); 16 cloni di vitigni ad uva da vino (D.M. 28/5/10 e D.M. 22/4/11) e 16 ad uva da tavola (D.M. 23/06/08 e D.M. 12/01/2009) sono stati registrati e sono entrati nella filiera della certificazione del materiale di propagazione, Per 3 candidati nuovi cloni di Primitivo, completata la documentazione necessaria, è stata presentata, nell’aprile del 2012, ri-chiesta di registrazione al Comitato per l’esame delle varietà di vite del MIPAAF (Fig. 2 e Tabelle 1 e 2).

    CONCLUSIONI I risultati conseguiti consentono, per quasi tutti i vitigni di importanza regionale, l’ampliamento della gamma di materiali certificati attraverso l’offerta di nuove sele-zioni clonali sanitariamente migliorate e rappresentative delle migliori caratteristi-che varietali. Si tratta di risultati di importanza strategica, considerata la tendenza all’aumento della superficie viticola destinata alla coltivazione di vitigni autoctoni a discapito di quella coperta dai vitigni internazionali; risultati che accompagnano la ripresa in coltivazione di antiche varietà, stimolano il rilancio di una viticoltura in simbiosi con il territorio e l’offerta di prodotti enologici regionali nuovi anche all’in-terno delle attuali produzioni a marchio. La registrazione delle varietà è tappa neces-saria per la ripresa della coltivazione di varietà storiche che meritano di essere recu-perate e, in particolare per le varietà ad uva da vino è condizione essenziale per l’uso legittimo dei nomi in etichetta. Nel caso delle varietà da vino Francavilla, Bombino Bianco, Bianco d’Alessano, Bombino nero, Susumaniello, Minutolo, Somarello rosso

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    e da tavola Almeria, Baresana, Baresana rossa, Cimminita, Lattuario nero, Matilde, Michele Palieri, Regina bianca, Regina dei vigneti, si tratta dei primi cloni iscritti nel Catalogo italiano ed in molti casi in assoluto i primi cloni certificati a livello mondiale (Pirolo et al, 2008). Nel caso del Primitivo i cloni di cui si attende la registrazione non rispondono più alla vetusta esigenza della superproduzione (caratteristica ricercata fino ad una quindicina di anni fa) ma si differenziano per caratteristiche produttive (grappoli più spargoli e acini più piccoli), fitosanitarie (maggiore resistenza a mar-ciumi) e tecnologiche (maggiore contenuto di sostanze coloranti) compatibili con la moderna richiesta di prodotti di alta gamma.

    BIBLIOGRAFIA PIROLO C., LA NOTTE P., GIANNINI P., BOTTALICO G., PASTORE F., SAVI-NO V., 2008. New clones for Italian table grape industry. XXXI Congresso Mondiale OIV, Verona 15-20 giugno 2008. SOLDAVINI C., STEFANINI M., DALLASERRA M., POLICARPO M., SCHNEI-DER A., 2009. Superampelo, a software for ampelometric and ampelographic de-scriptions in Vitis. Acta Hort. (ISHS) 827:253-258.

    Fig. 1 - Foglie tipo di Antinello (a sinistra) e Somarello rosso (a destra) elaborate con software Superampelo

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    Fig. 2 – Alcuni dei cloni omologati (da vino e da tavola)

    Fig. 3 – Le varietà registrate (da vino e da tavola)

    Tabella 1- Nuove varietà registrate

    Varietà autoctone registrate Gazzetta Ufficiale

    Baresana rossa n. 93 del 22/04/2009

    Antinello n.170 del 23/07/2011

    Marchione n.170 del 23/07/2011

    Maresco n.170 del 23/07/2011

    Minutolo n.170 del 23/07/2011

    Somarello rosso n.170 del 23/07/2011

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    Tabella 2 – Cloni omologati dal CRSA.

    CVSDA TAVOLA

    DENOMINAzIONE CV DA VINO DENOMINAzIONECLONE OMOLOGATO

    Almeria CRSA 157 Aglianico CRSA - Regione Puglia D382 e D386

    Baresana CRSA 91 Bianco d’Alessano CRSA - Regione Puglia C2 e C5

    Baresana rossa CRSA 203 Bombino b. CRSA - Regione Puglia C191 e C197

    Cardinal CRSA 197 Bombino n. CRSA - Regione Puglia D205

    Ciminnita CRSA 156 Minutolo CRSA - Regione Puglia B7 e B1

    Italia CRSA 118, 121,124 Francavidda CRSA - Regione Puglia C134 e C135

    Lattuario Nero CRSA 277 Moscato giallo CRSA - Regione Puglia F38

    Matilde CRSA 132, 133 Negro Amaro CRSA - Regione Puglia D18 e D23

    Michele Palieri CRSA 229 Susumaniello CRSA - Regione Puglia D86

    Regina Bianca CRSA 11 Somarello rosso CRSA - Regione Puglia D282

    Regina dei Vigneti CRSA 76

    Victoria CRSA 40, 41

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    POTENZIALITÀ ENOLOGICHE E NUOVI PRODOTTI DA VITIGNI MINORI

    La Notte P.1,2, Giannini P.2, Venerito P.2, Cagnazzo A.2, Palmisano D.2, Catucci L.2, Pirolo C.S.3, Savino V.2,31CNR, Istituto di Virologia Vegetale - UOS di Bari, Via Amendola 165/A 70126 Bari;2Centro di Ricerca e Sperimentazione in Agricoltura “Basile Caramia”, Via Cisternino 281, 70010 Locorotondo (Ba);3Dipartimento di Scienze del Suolo, delle Piante e degli Alimenti, Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”, Via Amendola, 165/A 70126 Bari.

    RIASSUNTOLa valorizzazione dei vitigni autoctoni fa leva su considerazioni di ordine etico e su ragioni di opportunità economica. Per le Istituzioni Scientifiche, salvaguardare il ger-moplasma viticolo e tramandarne la biodiversità, frutto del secolare lavoro dei nostri avi nelle vigne, rappresentano un dovere nei confronti delle future generazioni. Allo stesso tempo, alcuni vitigni minori e talvolta in via di scomparsa, prestandosi piena-mente a nuove produzioni enologiche e andando ad arricchire la gamma dell’offerta, assicurano una buona collocazione sui mercati di nicchia ed una maggiore remunera-tività. Il CRSA da diversi anni ha affiancato alla sperimentazione per il miglioramento delle produzioni enologiche a marchio già consolidate ottenute da vitigni autoctoni più importanti (Primitivo, Negroamaro, Uva di Troia), la vinificazione di varietà minori ottenendo nuovi promettenti vini monovarietali o da uvaggio e nuovi prodotti quali soprattutto passiti e spumanti.

    INTRODUZIONE In considerazione dell’attuale internazionalizzazione e globalizzazione, la ricchezza del germoplasma viticolo autoctono, patrimonio esclusivo dei paesi mediterranei e del Sud Italia in particolare, rappresenta un vantaggio competitivo nei confronti dei nuovi produttori mondiali (Stati Uniti, Australia, Sud America, Sud Africa, Cina); lo stretto legame di questi vitigni con il territorio è alla base di innovative e vincenti strategie integrate di sviluppo rurale (agriturismo, turismo enogastronomico).Disporre di risorse genetiche viticole uniche è certamente da stimolo allo studio e approfondimento delle caratteristiche produttive ed enologiche peculiari, necessari sia per valutarne le potenzialità di affermazione commerciale che, attraverso l’adat-tamento delle tecniche di vinificazione, per ottenere vini qualitativamente superiori. La sperimentazione enologica sui vitigni più promettenti interessa attualmente nuovi prodotti da uvaggio, vini monovarietali, vini speciali (spumanti, passiti), con l’obiet-tivo di ampliare la gamma e l’offerta di prodotti enogastronomici locali in un’ottica di

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    interazione prodotto/territorio. Per una corretta e vincente valorizzazione dei vitigni autoctoni minori, è infatti necessaria l’attenta analisi delle peculiarità tecnologiche delle uve e, in base ai dati raccolti, l’uso e/o adattamento della tecnica di trasfor-mazione enologica nella cosiddetta “enologia varietale”. Quanto detto è verificabi-le, oltre che per il Minutolo, antica varietà aromatica idonea alla produzione di vini bianchi secchi o abboccati, vini spumanti, vini passiti e distillati, anche per numerosi altri interessantissimi vitigni minori pugliesi. MATERIALI E METODIOttenimento di vini monovarietali con tecnica di vinificazione in bianco in riduzionePer i vitigni a bacca bianca, tra cui rientrano un cospicuo numero di varietà minori (Minutolo, Marchione, Maruggio, diversi Moscati, Antinello, ecc.), la tecnica è stata scelta al fine di preservare ed esaltare le caratteristiche aromatiche dei vitigni ed in particolare alcune classi di aromi facilmente degradabili come i tioli. La vinificazione è stata condotta in condizioni di riduzione, attraverso l’utilizzo di anidride carboni-ca solida (ghiaccio secco) nelle diverse fasi di trasformazione, dalla pigiadiraspatura all’illimpidimento. Nello specifico si realizza la criomacerazione delle uve intere per 12 h a 2-3 °C, dopodichè si avvia la pigiadiraspatura, sistemando il ghiaccio secco sul fondo del recipiente che accoglierà il pigiato. Si ripete la criomacerazione per 24 h a 2-3°C del pigiato e successivamente si avvia la pressatura. Al mosto si aggiungono enzi-mi pectolitici; una volta illimpidito il mosto per refrigerazione si effettuano i dosaggi di metabisolfito di potassio, si innescano lieviti e sali ammoniacali avviando così la fermentazione alcolica condotta a temperatura controllata di 18-20°C per tutta la sua durata. Ai vini ottenuti si prestano le consue-te cure, controlli analitici e compensazioni ai travasi; la conservazione viene effettuata ad temperatura di 16 °C circa e , prima dell’im-bottigliamento, si procede con una filtrazio-ne sterilizzante.

    Prove di appassimento Le prove di appassimento sono state condot-te, a partire dal 2006, su diverse varietà a bacca bianca quali Minutolo, Verdeca, Bian-co d’Alessano, Moscatello selvatico nonché varietà a bacca rossa come Aleatico e Primi-tivo; l’appassimento è stato realizzato con due differenti sistemi: il primo su pianta, con taglio del capo a frutto a maturazione tecno-logica raggiunta e successivo appassimento;

    Fig. 1 - Taglio del capo a frutto e appassimento in ambiente condizionato

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    il secondo in ambiente condizionato, dopo raccolta delle uve alla naturale matura-zione tecnologica (Fig. 1). Attraverso il monitoraggio, durante l’appassimento, della concentrazione zuccherina, pH e acidità totale si individua il momento del raggiun-gimento di una concentrazione zuccherina prossima ai 300 g/l e si procede quindi alla vinificazione seguendo uno dei due protocolli classici (in bianco o in rosso). Il primo prevede l’immediata pigiadiraspatura, la macerazione prefermentativa per 48 h, la successiva pressatura e chiarifica attraverso l’utilizzo di enzimi pectolitici e la gestio-ne della fermentazione fino a 12-13 %vol. di alcool; a questo punto si procede con il blocco della fermentazione attraverso solfitazione e abbassamento della temperatura a 4°C; infine il travaso e la filtrazione sterilizzante prima dell’imbottigliamento. Per i rossi la fermentazione avviene con macerazione delle bucce e successiva pressatura.

    Prove di spumantizzazione con metodo classicoLe prove sono state avviate nel settembre 2009 e sono state ripetute nel 2010, con risul-tati che sembrano interessanti anche se, dati i lunghi tempi tecnici di ottenimento del pro-dotto finito, non è stata ancora condotta una valutazione completa degli spumanti speri-mentali. Il primo passo, così come previsto dal metodo classico di rifermentazione in bottiglia, è stato l’ottenimento del vino base monovarietale per otto vitigni: Minutolo, Bianco d’Alessano, Francavilla, Marchione, Somarello rosso (sostituito dall’Impigno nel 2010), Maruggio, Bombino bianco, Ottavia-nello. I quantitativi su cui si è lavorato sono stati di circa mezzo quintale per ogni varie-tà. Nel mese di febbraio sono state effettuate le prove di degustazione dei vini del 2010, dopo 18 mesi di maturazione sulle fecce (Fig.2). Anche nel 2011 sono state impostate le prove di spumantizzazione utilizzando però per la rifermentazione non lieviti microincapsulati, bensì con ceppo commerciale di Saccharomyces cerevisiae (FERMICRU LS2 della DSM Oenology) e un Saccha-romyces bayanus (BW BAYANUS della Enolife s.r.l.). Le varietà utilizzate nel 2011 sono state Marchione vinificato in bianco e in rosso e Minutolo, sia in purezza che in taglio con percentuali differenti delle tre tipologie di vino base.

    RISULTATI E DISCUSSIONEI risultati delle prove condotte per l’ottenimento di nuovi vini, sebbene sia necessario confermare le migliori le tesi sperimentali su media scala, appaiono molto interessan-

    Fig. 2 - Prove di spumantizzazione impostate su vari vitigni minori.

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    ti. a) Vinificazione in riduzione per esaltare le caratteristiche di vitigni locali a bacca bianca. La vinificazione in riduzione ha consentito di conservare le caratteristiche aromatiche proprie di alcuni vitigni come dimostrato anche dai profili sensoriali va-rietali (Fig. 3 e 4) determinati attraverso prove di degustazione; la tecnica permette inoltre una perfetta conservazione dell’acidità che, ad esempio nel caso del Maruggio, riesce a mantenersi elevata anche con gradazioni alcoliche elevate e temperature ele-vate nel periodo di maturazione (Tabella 1).

    Fig. 3 – Profilo sensoriale del vino monovarietale di Antinello

    Fig. 4 – Profilo sensoriale del vino monovarietale di Marchione

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    Tabella 1- Caratteristiche dei vini monovarietali di alcune varietà minori a bacca bianca

    ANALISI CHIMICHE DI VINIBIANCHI MONOVARIETALI

    Antinello Minutolo Marchione Maresco

    Grado alcolico (%) 12,15 10,45 10,66 12,77

    Acidità totale (g/l) 4,72 6,35 6,46 6,69

    pH 3,57 3,39 3,31 3,32

    Densità vino (20°/20°) 0,99328 0,994 0,991297 0,9923

    Densità del distillato (20°/20°) 0,98789 0,981 0,994813 0,993877

    Estratto secco totale (g/l)* 23,12 19,3 22,42 25,54

    Acidità volatile (g/l) 0,32 0,24 0,26 0,32

    Ceneri (g/l) 3,88 2,1 2,81 3,47

    Alcalinità delle ceneri (meq/l) 26 22,1 28,33 29,75

    Acido tartarico (g/l) 3,25 4,2 3,76 3,02

    Acido malico (g/l) 1,19 0,26 1,58 0,61

    Acido lattico (g/l) 0,65 0,35 2,01 2,07

    b) Vini passiti: la sperimentazione ha evidenziato che entrambi i sistemi di appassi-mento testati, così come i protocolli di vinificazione impiegati sono idonei alla produ-zione di vini dolci da uve stramature; le degustazioni dei vini sperimentali, mostrando un ottimo apprezzamento da parte degli operatori, confermano che tutti i vitigni impiegati sono idonei alla produzione di passiti diversi e di ottima qualità.c) Spumanti da vitigni autoctoni: le prove di spumantizzazione se pur da dati preli-minari rivelano interessanti profili sensoriali per il Bianco d’Alessano, il Marchione, il Bombino bianco ma anche per vitigni rossi come il Susumaniello (Fig. 5).Le attività fin qui condotte hanno anche permesso di evidenziare per alcuni vitigni (in particolare Minutolo, Maruggio, Marchione e Bianco d’Alessano) una notevole versa-tilità tecnologica potendo essere impiegati nella produzione di differenti tipologie di vino. Acquisizione di conoscenze circa la duplice o multipla attitudine di alcuni viti-gni all’ottenimento di prodotti diversificati; e) Diffusione delle conoscenze acquisite tramite seminari e convegni con degustazione e apprezzamento dei nuovi prodotti da parte di esperti delle associazioni quali ASSOENOLOGI, ONAV, AIS ecc.

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    CONCLUSIONIL’approfondimento delle tecniche di trasformazione già messe in atto e il perfeziona-mento di alcuni protocolli (vinificazione in bianco in riduzione e spumantizzazione) fanno presagire risultati molto interessanti. Conclusa la fase di sperimentazione e confermata l’attitudine delle varietà considerate per uno o più dei metodi di trasfor-mazione adottati, sarà avviata una più intensa fase di la diffusione dei risultati (dati analitici ma anche vini sperimentali da degustare) nelle aziende vitivinicole anche al fine di sperimentare su scala industriale e commercialmente i migliori protocolli di vi-nificazione ed i nuovi vini più promettenti. Alla luce del recente ritrovamento di altri vitigni minori ritenuti estinti, la sperimentazione enologica del CRSA sicuramente proseguirà per aprire all’enologia pugliese nuovi più ampi scenari eno-gastronomici e turistici ove sono molto richiesti prodotti alternativi di nicchia, originali e maggior-mente legati al territorio.

    BIBLIOGRAFIAGIANNINI P., PIROLO C.S., PASTORE F., MUTINATI G., LA NOTTE P., 2008. I vitigni minori visti dal CRSA. Messaggi in bottiglia, Rivista dell’AIS Puglia, anno IV marzo 2008, pp. 53-56.

    Fig. 5 – Confronto del profilo sensoriale di vini spumante monovarietali

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    2.2 Area Ricerca e Sviluppo

    Oggi

    2.2.3 Miglioramento genetico, sanitario e clonale delle colture

    25anni

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    2.2.3 MIGLIORAMENTO SANITARIO E GENETICO DELLE COLTURE

    Il settore “Miglioramento sanitario e genetico delle colture” si occupa, in collabora-zione con altri Enti, di attività che riguardano:- lo sviluppo di programmi di selezione sanitaria finalizzati alla produzione di Fonti Primarie di accessioni di fruttiferi, agrumi ed olivo, e relativa registrazione nel sistema nazionale di certificazione. Recentemente, a seguito della conclusione del progetto interregionale OLVIVA – Qualificazione del vivaismo olivicolo, il CRSA e’ stato co-costitutore di Fonti Primarie di cultivar autoctone di olivo; - l’ottenimento di nuove cultivar di pesco e di albicocco attraverso tecniche classiche di miglioramento genetico finalizzato alla selezione di ecotipi particolar-mente adatti agli ambienti meridionali. Questo programma, in atto da circa 10 anni, utilizza parentali con stato sanitario “virus esente” al fine di rigenerare semenzali (alcuni dei quali future varietà) con stato sanitario minimo garantito. Questo ultimo aspetto viene assicurato anche con l’allevamento dei parentali in condizioni di isola-mento all’interno di serre a rete a prova di insetto. La valutazione delle caratteristi-che qualitative e delle potenzialità produttive delle nuove selezioni avviene in pieno campo in diverse parcelle sperimentali;- la valutazione della suscettibilita’ di germoplasma di Prunus spp. alle infezioni di Plum pox virus (PPV), agente della sharka, finalizzata all’individuazione di fonti di resistenza in pesco ed alla fenotipizzazione di semenzali di albicocco. L’attività rientra in un programma di supporto tecnico-logistico alle Istituzioni Scientifiche (Universi-tà degli Studi di Bari, Bologna, Milano e Udine; Istituto di Virologia Vegetale, CNR) piu’direttamente coinvolte in specifici progetti di ricerca nazionale ed internazionale. Il CRSA e’ infatti sito autorizzato di quarantena per lo svolgimento delle prove sperimen-tali connesse all’impiego, utilizzo ed allevamento di materiale infetto da PPV;- il risanamento di germoplasma vegetale di elevato pregio pomologico o am-pelografico. Si tratta solitamente di cultivar/accessioni/cloni che nei programmi di selezione clonale e sanitaria sono risultati infetti dagli agenti infettivi pregiudizievoli la qualità del materiale di propagazione, nonché dai patogeni da quarantena. Le tecniche adottate per perseguire il risanamento del materiale vegetale sono la termo-terapia, coltura di apici meristematici e microinnesto.

    Personale afferente al Settore- Saponari Maria (Responsabile Settore) - Palmisano Francesco (Supporto scientifico)- Saponari Antonella (Dipendente a tempo indeterminato)- Altamura Giuseppe (Collaboratore)

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    VALUTAZIONE DELLA SUSCETTIBILITÀ VARIETALE DI CULTIVAR DI CITRUS SPP. IN CONDIZIONI DI INFEZIONI NATURALI DAL VIRUS DELLA TRISTEZZA DEGLI AGRUMI

    Altamura G. 1,2, Saponari A.1, Palmisano F.2,3, Silletti M. R.1, Natale P.1, Mondelli G.2, Loconsole G.2, Saponari M.2,31 Centro di Ricerca e Sperimentazione in Agricoltura “Basile Caramia”2 Dipartimento di Scienze del Suolo, delle Piante e degli Alimenti, Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”3Istituto di Virologia Vegetale, CNR Unità Organizzativa di Supporto di Bari

    RIASSUNTOIl virus della tristezza degli agrumi (CTV) rappresenta ormai una reale minaccia per l’agrumicoltura pugliese, raggiungendo in alcuni impianti percentuali di infezioni molto elevate, che pregiudicano l’efficacia del lavoro di eradicazione e controllo della diffusione della malattia causata da questo virus: la “tristezza”. Il lavoro qui di segui-to riportato e’ parte di un programma di ricerca supportato dal Servizio Fitosanitario Regionale con l’obiettivo di valutare la virulenza dei ceppi di CTV diffusi negli areali agumicoli dell’arco jonico. Nell’ambito delle diverse attivita’ sviluppate, un’azione ha interessato la valutazione degli effetti dell’infezione virale sulla vigoria e produt-tivita’ di piante di agrumi in pieno campo. In particolare, le comparazioni hanno interessato piante di una delle piu’ diffuse cultivar di arancio dolce (var. Navelina) e di clementino (var. Comune), innestate su arancio amaro ed infette dal ceppo blando di CTV, comunemente riscontrato negli impianti adulti dell’area monitorata. I risultati evidenziano chiaramentela diversa risposta, alle infezioni causate da ceppi blandi di CTV, delle due specie ospiti oggetto di valutazione. Il quadro sintomatologico non di rilevante gravità su clementino, fornisce evidenze a supporto dell’importanza della intercettazione dei ceppi severi del virus che potrebbero essere causa di gravi altera-zioni, laddove invece oggi le infezioni, in presenza dei soli ceppi blandi, risultano per lo più latenti anche in presenza dell’arancio amaro quale portainnesto del clementino.

    INTRODUZIONE Il virus della tristezza (Citrus tristeza virus, CTV) è l’agente eziologico di una delle più gravi virosi degli agrumi. Il termine “tristeza” fu impiegato per indicare il lento e progressivo deperimento osservato nelle piante infette di arancio dolce (Citrus sinen-sis (L.) Osbeck) innestate su arancio amaro (C. aurantium L.) in Paesi quali l’Argen-tina e il Brasile, dove la malattia cominciò a manifestarsi in forma epidemica già a partire dagli anni 30 del secolo scorso (Bar-Joseph et al., 1989). Con molta probabilità il virus si è diffuso dai Paesi d’origine (sud-est asiatico e arcipelago malese) ad altre aree agrumicole, con il materiale di propagazione. Contestualmente, al fine di con-

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    trastare i gravi problemi causati da funghi del genere Phytophthora, in diversi Paesi si diffuse l’impiego massiccio dell’arancio amaro come portinnesto. Entrambi i fattori, in coincidenza, favorirono la comparsa della malattia, chiamata appunto tristezza, dovuta all’interazione del virus con ospiti sensibili, come appunto l’arancio amaro. Il virus può essere considerato ormai presente in tutte le aree agrumicole del mondo con diversa incidenza: endemico in gran parte dell’Asia, dell’Australia, del Sudafrica e dell’America Meridionale, con incidenza elevata nelle più importanti zone agrumi-cole degli Stati Uniti, di Israele e della Spagna. La tristezza, pur senza avere carattere epidemico, è stata segnalata in molti paesi del Mediterraneo (Albania, Algeria, Ci-pro, Croazia, Egitto, Grecia, Libia, Marocco, Portogallo, Tunisia) e del Medio Oriente (Giordania, Libano, Palestina, Siria, Turchia) (Moreno et al., 2008). La malattia in Italia è stata segnalata per la prima volta nel 1955 in Sicilia, su piante di limone Meyer (C. meyeri) e mandarino Satsuma (C. unshiu (Macf.) Marc.) introdotte dal-l’estero (Russo, 1956), successivamente in Sardegna su Satsuma (Servazzi et al., 1967) e in Calabria su limoni Meyer (Catara, 1968). A partire dagli anni 1980, monitoraggi eseguiti sistematicamente in agrumeti italiani hanno portato alla individuazione di focolai più estesi in Sicilia, Calabria (Davino et al., 1983) e Toscana (Davino e Terra-nova, 1999) e in tutti i casi la presenza di CTV era da collegarsi all’impiego di mate-riale di propagazione importato illegalmente. Negli anni ’90 la saltuaria segnalazione della presenza del CTV sul territorio naziona-le, indusse il Ministero per le Politiche Agricole e Forestali, di concerto con i Servizi Fitosanitari Regionali, a emanare il decreto ministeriale del 22/11/1996 che preve-de la lotta obbligatoria contro il virus. L’Italia, infatti, nell’ambito della normativa dell’UE per le misure di protezione contro gli organismi da quarantena è stata per anni zona protetta. Obiettivo prioritario del decreto è stata l’adozione di una serie integrata di interventi che impedissero l’introduzione e la diffusione del virus. Le in-dagini di questo ultimo quinquennio mostrano, purtroppo, in modo chiaro che CTV è ormai diffuso in nelle principali aree agrumicole italiane, con incidenza variabile (dal-lo 0,005 al 64%)e con esiti esiziali allorché le piante sono innestate su arancio amaro. Dal punto di vista della severità dei ceppi di CTV diffusi in Italia, i risultati pre-liminari delle attività di caratterizzazione genetica e biologica indicano purtroppo accanto ad una elevata diffusione di ceppi di tipo “blando” anche la presenza di ceppi “severi”nelle aree agrumetate calabresi e siciliane (Davino et al., 2005; Ferretti et al., 2009; 2010; Rizza et al., 2007). Le indagini effettuate in Puglia, dove i primi gra-vi focolai sono stati segnalatia partire dal 2002, rivelano la diffusa presenza di uno stessoceppo, verosimilmente identico al ceppo blando T30 della Florida. L’analisi dei risultati deimonitoraggi effettuati nelle aree circostanti i focolai, dimostrano che vi è trasmissionee diffusione del virus da parte delle popolazioni afidiche locali. Lestes-se sembrano essere responsabili della contaminazione delle produzioni dialcuni vivai ubicati in aree limitrofe a focolai.Sintomatologie assimilabili a deperimenti, ritardi

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    nella ripresa vegetativa esofferenze delle piante sono riscontrabili in diversi impianti ove l’infezione èpresente. Non sono stati tuttavia riscontrati casi di stem pitting, a con-fermache si tratterebbe di ceppi blandi. Studi sono in corso per verificare l’efficienzadi trasmissione da parte delle popolazioni locali di A. spiraecola e A. gossypii. Al fine di verificare l’impatto delle infezioni da CTV sugli aspetti quali-quantitativi della produzione agrumicola, rilievi di acampo atti a valutare la vigoria e la produtti-vita’ delle piante infette sono stati condotti per un triennio in due impianti-focolaiou-bicati nel territorio del comune di Massafra (TA), ove le operazioni di eradicazione (obbligatorie) delle piante infette segnalate, non sempre sono state messe in atto. Il programma sperimentale sviluppato dal Dipartimento di Biologia e Chimica Agrofo-restale dell’Università di Bari e dall’Istituto di Virologia Vegetale del CNR, ha visto il coinvolgimento del CRSA nel supporto tecnico ai rilievi di campo e nelle attività di valutazione dei parametri chimico-analitici sui frutti.

    MATERIALI E METODIDescrizione delle parcelle sperimentali, rilievi visivi e parametri quali-quantitativi rilevati sulla produzioneGli impianti–focolaio sono stati selezionati tra quelli in cui dalle attività annuali di monitoraggio era stata rilevata la presenza di piante infette da CTV, privilegiando im-pianti uniformi (per eta’, portainnesto, ecc.) costituiti sia con cultivar di arancio dolce che con cultivar di clementino. In particolare, gli impianti selezionati ed identificati come “MA-1” e “MA-2”; consistevano sia di piante di arancio dolce cv Navelina (Fig. 1) che di clementino Comune (Fig. 2), innestate su arancio amaro e di circa 25-30 anni di età. Nel campo MA-1 i rilievi sintomatologici e le valutazioni sulla produttivita’ sono state condotte per un solo anno (2009), in quanto le piante infette sono state successivamente alla segnalazione, estirpate. Nell’impianto MA-2, a causa della reti-cenza del proprietario alla estirpazione delle piante infette, e’ stato possibile condurre una parte dei rilievi per 3 anni consecutivi (2009-2011). Nel campo MA-1 sono state sottoposte a rilievi pomologici 6 piante di arancio e 2 di clementino, come specificato in tabella 1. Nel campo MA-2 i rilievi pomologici sono stati eseguiti su 7 piante di arancio (4 infette e 3 sane) e su 7 piante di clementino (3 infette e 4 sane) (Tab. 1a e b). Le valutazioni hanno riguardato sia la produzione totale presente sulle piante se-lezionate, che le caratteristiche dei singoli frutti. Per quest’ultimo aspetto, da ogni pianta sono stati raccolti circa 25 frutti dai quattro punti cardinali della chioma e da tre diverse altezze diverse (medio-alta, media e bassa). I frutti sono stati utilizzati per il rilievo dei seguenti parametri: (i) peso medio; (ii) calibro; (iii) circonferenza; (iv) grado Brix; (v) acidita’; (vi) sostanza secca; (vii) indice colorimentrico (L, a, b). Il grado Brix (zuccheri totali o solidi solubili totali) e’ stato misurato con il rifrattome-tro, l’acidità ( espressa in percentuale di acido citrico) è stata misurata attraverso la

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    Figura 1. Foto relative a due delle piante di arancio dolce cv Navelina, ubicate nel campo MA-1 (sopra) e MA-2 (sotto), infette dal virus della Tristezza degli agrumi ed utilizzate per i rilievi sulla produzione.

    Figura 2. Foto relativa alla parcella di clementino Comune ubicata nel campo MA-2.

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    titolazione con soda N10 utilizzando 10cc di succo, l’indice colorimetrico della buccia dei frutti è stato misurato con un colorimetro con il quale sono stati rilevati la lumi-nosità (L) e le coordinate di cromaticità (a e b) che indicano la direzione del rosso e la direzione del giallo. Inoltre, limitatamente all’impianto MA-2 al fine di verificare l’effetto sulla vigoria causato dalla alterazione della funzionalità dei vasi conduttori al punto di innesto, è stata valutata la ripresa vegetativa, attraverso il rilievo della lunghezza dei nuovi germogli nel corso del periodo primaverile. In particolare, da ogni pianta sono stati raccolti otto rami lignificati con diversi germogli, tra cui ne sono stati selezionati tre per ciascun ramo.

    Tabella 1a. Elenco delle piante selezionate nell’impianto MA-1 per le valutazioni sulla produzione.

    Pianta Specie Presenza di CTV Sintomatologia

    IMPIANTO MA-1

    AA-32/8

    Citrus sinensis var. Navelina

    NO Asintomatico

    AA-36/7 SI Deperimento accentuato

    AA-31/1 SI Clorosi e defogliazione

    AA-31/4 SI Clorosi e defogliazione

    AA-32/4 SI Deperimento accentuato

    AA-37/10 NO Asintomatica

    CL-29/12 Citrus clementina var. Comune

    NO Asintomatica

    CL-28/14 SI Asintomatica

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    IMPIANTO MA-2

    AA-31/16

    Citrus sinensis var. Navelina

    SI Nanismo e frutti piccoli

    AA-28/22 NO Asintomatica

    AA-27/5 SI Nanismo

    AA-29/20 SIClorosi generalizzata

    e frutti piccoli

    AA-27/13 SI Asintomatica

    AA-30/18 NO Asintomatica

    AA-32/5 NO Asintomatica

    CL-4/18

    Citrus clementina var. Comune

    NO Asintomatica

    CL-1/22 SI Asintomatica

    CL-3/15 NO Asintomatica

    CL-1/21 NO Asintomatica

    CL-2/17 SI Asintomatica

    CL-2/20 NO Asintomatica

    CL-2/16 SI Asintomatica

    RISULTATIDalla comparazione dei dati rilevati sui frutti si può notare che sulle piante infette di clementino sono stati rilevati valori del tutto simili a quelli riscontrati sui frutti provenienti dalle piante di clementino esenti da CTV. In taluni casi il peso medio dei frutti provenienti dalle piante infette supera il peso medio del frutto delle piante non infette. Mentre sui frutti delle piante di Navelina sono stati riscontrati valori signifi-cativamente diversi. In particolare, il peso medio dei frutti delle piante non infette è sensibilmente più elevato rispetto al peso medio dei frutti delle piante infette (Fig. 3). Correlato al minor peso sono ovviamente le dimensioni ridotte del frutti (circon-ferenza, calibro, altezza). Per quanto riguarda il contenuto medio in gradi brix e l’in-dice colorimentrico [espresso come luminosità (L)] non si sono riscontrate differenze

    Tabella 1b. Elenco delle piante selezionate nell’impianto MA-2 per le valutazioni sulla produzione.

    Pianta Specie Presenza di CTV Sintomatologia

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    significative tra i frutti di Navelina provenienti da piante infette e quelli provenienti da piante sane. A riguardo della produzione totale, i dati rilevati (Tabb. 2-3; Fig. 4) evidenziano che in entrambi gli impianti è stata riscontrata una significativa diminuzione della pro-duzione sulle piante di Navelina infette e soprattutto in quelle con sintomatologie di deperimento più accentuate. Infatti, per esempio per la pianta infetta AA-27/13 selezionata nel campo MA-1, ed affetta da sintomi poco evidenti di sofferenza, la pro-duzione si è poco discostata da quella dei testimoni non infetti. Per le piante di clementino la produzione totale dei frutti delle piante infette da CTV e’ stata comparabile a quella delle piante esenti da CTV; ciò in linea con quanto at-teso, dal momento che nessuna della piante di clementino infette da CTV presentava alterazioni sintomatologiche tali da poter pregiudicare il potenziale vegeto-produtti-vo delle stesse. Anche gli effetti sulla vigoria hanno rispecchiato i dati rilevati sulla produzione (Tab 4). Ossia una sensibile riduzione nel vigore e nello sviluppo della nuova vegetazione sulle piante di Navelina infette rispetto alle piante esenti da CTV. Nessuna differenza e’ stata invece riscontrata tra le piante infette o esenti da CTV di clementino Comune.

    Tabella 2. Produzione totale (in Kg) sulle piante selezionate nel campo MA-1

    PIANTA ANNATA: 2009

    Navelina

    AA-36/7 (CTV +) 108,00

    AA-31/1 (CTV +) 110,00

    AA-31/4 (CTV +) 113,00

    AA-32/4 (CTV +) 72,00

    Media nelle piante (CTV +) 100,75

    AA-32/8 (CTV -) 144,00

    AA-37/10 (CTV -) 166,00

    Media nelle piante (CTV -) 155,00

    Clementino Comune

    CL-29/12 (CTV -) 74,50

    CL-28/14 (CTV +) 76,00

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    Tabella 3. Produzione totale (in Kg) sulle piante selezionate nel campo MA-2

    PIANTA 2010 2011

    Navelina

    AA-31/16 (CTV +) (deperimento grave) 45,48 56,80

    AA-27/13(CTV +) (deperimento leggero) 128,60 60,00

    AA-30/18 (CTV -) 159,40 10,20

    Clementino Comune

    CL-1/21 (CTV -) 155,20 10,40

    CL-1/22 (CTV +) 142,67 4,80

    Tabella 4. Accrescimento dei germogli (cm) in piante di Navelina e clementino Comune infette o esenti da CTV

    PIANTA LUNGHEzzA MEDIA DEI GERMOGLI (CM)

    Navelina

    AA-31/16 (CTV +) 5,46

    AA-27/5 (CTV +) 4,54

    AA-29/20 (CTV +) 2,10

    AA-27/13 (CTV +) 4,80

    Media nelle piante CTV (+) 4,23

    AA-28/22 (CTV -) 6,70

    AA-30/18 (CTV -) 6,88

    AA-32/5 (CTV -) 6,84

    Media nelle piante CTV (-) 6,81

    Clementino Comune

    CL-1/22 (CTV +) 8,00

    CL-2/17 (CTV +) 5,84

    CL-2/16 (CTV +) 7,17

    Media nelle piante CTV (+) 7,00

    CL-4/18 (CTV -) 6,48

    CL-2/20 (CTV -) 7,91

    CL-1/21 (CTV -) 7,35

    Media nelle piante CTV (-) 7,25

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    CONCLUSIONII rilievi vegeto-produttivi effettuati in due impianti agrumentati del comprensorio agrumicolo del comune di Massafra, hanno permesso di delineare, relativamente agli effetti causati dalle infezioni da ceppi blandi di CTV, due tipologie di situazioni di campo: (i) presenza di sintomatologie più o meno accentuate in piante di cultivar di arancio dolce; (ii) latenza delle infezioni da CTV in presenza di cultivar di clementino. Come atteso, ai sintomi di deperimento, clorosi e nanismo osservati sulla cultivar di arancio dolce Navelina, corrisponde una marcata riduzione di pezzatura, spessore della buccia dei frutti e relativa produzione per pianta. Nell’impianto MA-2 dove il rilievo sulla produzione totale è stato effettuato per due anni, è risultato evidente come la sintomatologia di deperimento sulle piante infette si aggrava con il prosegui-re del processo di infezione sino a raggiungere una fase stabile di deperimento grave accompagnato da marcata riduzione della produzione. Tutto ciò non è stato invece riscontrato sulle piante infette di clementino.A tal proposito è da evidenziare che contestualmente a questo lavoro, altre ricerche hanno riguardato la caratterizzazione biologica e molecolare dei ceppi di CTV rin-venuti nei medesimi impianti. Tali studi hanno confermato che trattasi dello stesso ceppo virale (Barbarossa e Savino, 2006; Saponari et al., 2009), assimilabile ai ceppi blandi, sia nell’impianto MA-1 che MA-2 e sia su arancio che clementino. Pertanto, la diversa risposta sintomatologia tra le due specie, non può essere ascritta ad una diversa virulenza del ceppo.

    Ricerca svolta con il supporto finanziario del Servizio Fitosanitario Regionale, Asses-sorato Agricoltura – Regione Puglia.

    BIBLIOGRAFIABARBAROSSA L., SAVINO V., 2006. Comparative sequenceanalysis of coat protein gene of Apulian citrus tristeza virusisolates. Journal of Plant Pathology, 88, S32BAR-JOSEPH M., LOEBENSTEIN G., 1973. Effects of strain,source-plant, and temperature on the transmissibility ofCitrus tristeza virus by the melon aphid. Phytopathology, 63, 716-720. CATARA A., 1968. Un nuovo caso di tristezza riproponel’urgenza del controllo sani-tario delle nostre coltivazioniagrumicole. Tec. Agric. Catania, 20, 45-90. DAVINO M., RUSSO F., CARTIA G., TERRANOVA G., 1983. Nuovi casi di tristezza degli agrumi accertati in Calabria.Informatore Fitopatologico, 33 (5), 51-55.DAVINO M., TERRANOVA G.,1999. Il virus della tristezzadegli agrumi e i criteri di prevenzione e controllo.Frutticoltura, 61 (1), 18-24.DAVINO S., RUBIO L., DAVINO M., 2005. Molecular analysis suggests that recent Citrus tristeza virus outbreaks in Italy were originated by at least two independent introductions. European Journal of Plant Pathology 111: 289-293.

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    FERRETTI L., FONTANA A., SCHIMIO R., SCIARRONI R., ALBANESE G., BARBA M., 2009. Molecular characterization of citrus tristeza virus (CTV) isolates in Calabria region (South Italy). Journal of Plant Pathology 91 (4, Supplement): 61-62.FERRETTI L., SAPONARI M., SCIARRONI R., FONTANA A., SCHIMIO R., ALBANESE G., 2010. Molecular Investigation on Genetic Variability Of Citrus tri-steza virus Isolates Recovered in Calabria (Southern Italy). Petria 20: 303-304.MORENO P., AMBROS S., ALBIACH-MARTÍ M.R., GUERRI J., PENA L., 2008. Citrus tristeza virus: a pathogen that changed the course of the citrus industry. Mo-lecular Plant Patholology 9: 251-268.RIzzA S., LOMBARDO A., NOBILE G. AND. CATARA A., 2007. Biological and molecular characterization of two additional Citrus tristeza virus isolates associated with sour orange inverse pitting. Journal of Plant Pathology 89 (3, Suppl.): S57.RUSSO F., 1956. La presenza del virus della tristezza sulimone “Dwarf Meyer” e mandarino “Satsuma” riscontratain Sicilia. Rivista di Agrumicoltura, 1, 281-289.SAPONARI M., ABOU KUBAA R., LOCONSOLE G., PERCOCO A., SAVINO V., 2009. Low genetic complexity in the Citrus Tristeza virus population spreading in Apulia. Journal of Plant Pathology 91, (4 supplement) S4.87-S4.88.SERVAzzI O., MARRAS F., FODDAI A., 1967. La presenza del virus della tristezza degli agrumi in Sardegna. StudiSassaresi, Sez. III, 15, 215-219.

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    VALUTAZIONE DEL COMPORTAMENTO DI SEMENZALI DI ALBICOCCO ALLE INFEZIONI ARTIFICIALI CON PLUM POX VIRUS (PPV)

    Palmisano F.2,6, Adami M.3, Boscia D.2, Cardone A.1, Catucci L.1, Dondini L.3, Gaiotti F.3, Geuna F. 4, Guidarelli M.3, Lain O.5, Negri P.3, Rizzo M.4, Saponari A.1, Saponari M.2,6, Tartarini S.3, Vendramin V.5, Vivoli D.4, Castellano M.6, Savino V.1,6, Bassi D.4, Testolin R.5

    1 Centro di Ricerca e Sperimentazione in Agricoltura “Basile Caramia” 2 Istituto di Virologia Vegetale, Bari3 Dipartimento di Colture Arboree, Università degli Studi di Bologna4 Dipartimento di Produzione Vegetale - Università di Milano5 Dipartimento di Scienze Agrarie e Ambientali, Università di Udine6 Dipartimento di Scienze del Suolo, delle Piante e degli Alimenti - Università degli Studi di Bari.

    RIASSUNTOL’individuazione di genotipi di Prunus armeniaca con resistenza quantitativa (tolle-ranza/resistenza) nei confronti del virus della vaiolatura del susino (PPV) ha indotto a impiegare tali genotipi in diversi programmi di miglioramento genetico.In questo lavoro sono sintetizzate le attività svolte da diverse Istituzioni scientifiche, nell’ambito di progetti nazionali PRIN, nella fenotipizzazione di semenzali di albi-cocco derivanti da due distinti incroci intraspecifici (Lito X BO81604311 e Harcot X Reale d’Imola). Il tutto è stato realizzato al fine di identificare la posizione dei geni di resistenza e di individuare dei marcatori genetici utili per la selezione assistita.

    INTRODUZIONEIl virus della vaiolatura del susino (Plum pox virus acronimo: PPV), agente della sharka, è l’affezione virale che provoca i maggiori danni alle coltivazioni di susino, albicocco e pesco. Per questi motivi, data l’entità del danno e la sua elevata diffusione nel territorio, l’Organizzazione Europea e Mediterranea per la Protezione delle Pian-te (EPPO/OEPP) ha inserito il PPV nella lista dei patogeni da quarantena.La lotta contro la Sharka, come per tutte le malattie di origine virale, è esclusiva-mente di tipo preventivo poiché non esiste nessuna possibilità di curare, in frutte-ti commerciali, le piante a infezione avvenuta. Per controllare la malattia quindi si deve ricorrere a una serie di azioni, il cui obiettivo principale è innanzitutto quello di prevenire l’introduzione del patogeno in un areale sano. Tra queste strategie riveste primaria importanza il quadro legislativo che può sia impedire l’ingresso di PPV at-traverso materiale di propagazione infetto sia limitare la diffusione della malattia alla presenza di focolai. Altra possibilità di lotta, in quelle aree in cui la malattia non è più

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    gestibile con la sola applicazione della legislazione vigente (aree endemiche), consiste nell’utilizzazione di cultivar tolleranti/resistenti alla malattia. In questo lavoro sono sintetizzate le attività svolte dal Centro di Ricerca e Sperimen-tazione in Agricoltura “Basile Caramia” (CRSA) di Locorotondo, in collaborazione con altre Istituzioni scientifiche, nell’esecuzione della fenotipizzazione di semenzali di albicocco. Questa attività, svolta su semenzali provenienti dall’Università di Milano nell’ambito di diversi progetti di ricerca, è stata svolta per identificare la posizione dei geni di resistenza e di conseguenza per ottenere strumenti atti alla selezione assistita nelle future attività di miglioramento genetico.

    MATERIALI E METODIUbicazione e materiale vegetale Le prove di valutazione sono state condot-te nella screen house ubicata presso il sito di quarantena del CRSA (Fig. 1). La scelta del-la località è stata dettata siadalla disponibi-lità di strutture e delle autorizzazioni neces-sarie per la detenzione di materiale infetto da PPV per scopi scientifici sia dalla tempe-ratura ambientale media che si mantiene nel periodo aprile-giugno su valori di 22-25 °C consentendo pertanto di ampliare il periodo durante il quale è possibile osservare even-tuali sintomi da infezione di PPV.Le principali prove di fenotipizzazione, av-viate dal 2003, hanno interessato il seguente germoplasma fornito dal Dipartimento di Produzione Vegetale - sez. Coltivazioni Ar-boree dell’Università di Milano:- 349 semenzali dell’incrocio segre-gante Lito X BO81604311(Fig. 2), - 98 semenzali dell’incrocio segregan-te Harcot X Reale d’Imola.Protocollo di valutazione della resistenza a PPVIl protocollo utilizzato per eseguire la feno-tipizzazione è stato quello descritto da Amenduni et al. (2004), che prevede le fasi descritte in seguito.1. Esecuzione degli inoculi di PPV sulle varietà/semenzaliGli inoculi sono stati eseguiti, prima della ripresa vegetativa, mediante l’inserzione di

    Fig. 1 - Screen house autorizzata per la detenzione di materiale infetto da PPV per scopi scientifici

    (Dlgs. 214/2005).

    Fig. 2 Semenzali di albicocco della popolazione ‘Lito’ X ‘BO81604311’

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    due tasselli di P. persica GF 305 infetto da PPV ceppo Marcus. Il portainnesto utiliz-zatoè stato il Mirabolano 29C (P. cerasifera). Per ciascuna varietà/selezione sono state inoculate circa 5 piante diverse lasciando due controlli sani.2. Rilievi sintomatologici e saggi di laboratorioL’intensità dei sintomi, è stata valutata pe-riodicamente in maniera visiva, considerando sia il portainnesto sia la varietà, dalla ripresa vegetativa sino al mese di luglio (~ 3-4 rilievi visivi). I rilievi, sono stati fatti utilizzando una scala arbitraria di valutazione che prevede quattro classi sintomatologiche: 0 (assenza di sintomi), 1 (presenza di sintomi blandi su poche foglie e limitatamente a una parte della pianta), 2 (Presenza di sintomi evidenti su più foglie variamente distribuite nella pianta) e 3 (Presenza di sintomi evidenti diffusi su tutta la pianta) (Fig. 3).Contemporaneamente al rilievo visivo, tutte le piante, sia sintomatiche sia asintoma-tiche (con una valutazione pari a 0 o 1), sono state sottoposte, nel periodo di massima espressione sintomatologica, ad una diagnosi per PPV, mediante saggio immunoenzi-matico TAS-ELISA (Cambra et al., 1994), utilizzando l’anticorpo monoclonale uni-versale 5B (MAb5B, Agritest, Italia). Per questo saggio, è stato prelevato un campio-ne costituito da foglie mostranti i sintomi, nel caso delle piante sintomatiche, o da più foglie prelevate da diversi punti della pianta, nel caso di piante asintomatiche. 3. Classificazione delle varietà/selezioneSulla base dei rilievi sintomatologici e saggi di laboratorio le varietà sono state clas-sificate nel seguente modo: Suscettibili (piante con sintomatologia pari alla classe 2-3), tolleranti (piante con sintomatologia pari alla classe 0-1 e positive in ELISA), resistenti (piante asintomatiche, negative in ELISA e positive in RT-PCR), immuni (piante asintomatiche, negative in ELISA e negative in RT-PCR).

    RISULTATI E DISCUSSIONIL’analisi dei dati ottenuti complessivamente nei diversi anni di osservazioni per le due popolazioni oggetto di valutazione ha mostrato una generale suscettibilità a PPV-M.In particolare, i risultati ottenuti dal momento dell’inoculazione dimostrano che-la maggior parte dei semenzali della popolazione ‘Harcot’ X‘Reale d’Imola’ (cir-ca 80,26%) sono suscettibili. Invece, per quanto riguarda la popolazione ‘Lito’ X‘BO81604311’ le percentuali di semenzali risultati suscettibili, tolleranti e resistenti sono state, rispettivamente, 59, 25 e 16. Inoltre, durante la prova sperimentale alcuni semenzali mostranti sintomi nel primo

    Fig. 3 Astone di albicocco mostrante sintomi da PPV (classe sintomatologica 3)

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    anno di osservazioni hanno perso questa caratteristica negli anni successivi (“recove-ry”); pertanto, i rilievi e saggi di laboratorio del primo ciclo vegetativo non permetto-no una corretta classificazione del genotipo.CONCLUSIONIL’ottenimento di cultivar resistenti/tolleranti, come deducibile dall’attività sopra de-scritta, ha bisogno di tempi lunghi perché nessun progetto di miglioramento genetico potrebbe dare risultati applicativi in pochi anni di ricerca specialmente se il carattere da selezionare è una resistenza. A tal riguardo, lo sviluppo di metodologie di selezione assistita potrà fornire un efficace aiuto nella riduzione dei tempi. Il lav