dirigenza medica n. 6/2014

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NUMERO 6 - 2014 IN ALLEGATO L’opuscolo con tutti i servizi e le attività della tua Associazione d m dirigenza medica IL MENSILE DELL’ANAAO ASSOMED Dirigenza Medica - Anno XIII - n. 6 - 2014 - Poste Italiane Spa - Sped. in Abb. Postale D.l. 353/2003 (Conv. in l. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, dr Commerciale Business Roma - www.anaao.it NUMERO SPECIALE 23° CONGRESSO La relazione di Troise La mozione finale Il nuovo Esecutivo Parlano i segretari regionali, le donne e i giovani Costantino Troise confermato Segretario Nazionale. Domenico Iscaro Presidente e Carlo Palermo Vicesegretario Nazionale Vicario SIAMO NOI IL MOTORE DEL SISTEMA CONCLUSO IL CONGRESSO NAZIONALE

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La rivista mensile dell'Anaao - Anaao's monthly magazine

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Page 1: DIRIGENZA MEDICA N. 6/2014

N U M E R O 6 - 2 0 1 4

IN ALLEGATO

L’opuscolo contutti i servizie le attivitàdella tuaAssociazionedm

dirigenzamedica

I L M E N S I L E D E L L ’ A N A A O A S S O M E D

Dirigenza Medica - Anno XIII - n. 6 - 2014 - Poste Italiane Spa - Sped. in Abb. Postale D.l. 353/2003 (Conv. in l. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, dr Commerciale Business Roma - www.anaao.it

NUMERO SPECIALE 23° CONGRESSO� La relazione di Troise� La mozione finale� Il nuovo Esecutivo� Parlano i segretari regionali,le donne e i giovani

Costantino Troiseconfermato SegretarioNazionale.Domenico IscaroPresidentee Carlo PalermoVicesegretarioNazionale Vicario

SIAMO NOIIL MOTOREDEL SISTEMA

CONCLUSOIL CONGRESSO NAZIONALE

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Care Colleghe e cari colleghi, gentili ospiti,una strana congiuntura accompagna i nostri congressi. Il Congressodi SilviMarina, nel giugno 2010, si svolse a ridosso dell’approvazionedel DL 78, che poi diventerà la famigerata L.122/2010, che inauguròla stagione dei blocchi, di contratti, nazionali ed aziendali, e del tur-nover e dei tagli, ai fondi contrattuali ed al finanziamento della sani-tà pubblica. E si chiuse con la nostra protesta che culminònello Scio-peroNazionale di 24 ore del 19 luglio.Sono passati 4 anni, e 3Ministri della Salute si sono avvicendati, manessuno dei problemi aperti da quella logica emergenziale si è risol-to. Anzi. Sono stati ulteriormente prorogati i blocchi contrattuali al2014, e poi a tempo indeterminato, continua l’abuso incontrollato dicontratti atipici per i quali un decreto propagandato come risoluti-vo si è rivelato un flop, la crisi della formazionemedica è assurta a ve-ra emergenza nazionale, avanzano, sotto la spinta di Governo e Re-gioni, nuove professioni sanitarie all’insegna dimirabolanti risparmi,e più certi ritorni elettorali, si susseguono allarmanti avvisaglie di unastrategia complessiva di ridimensionamento dell’intervento pubbli-co. E siamo alle prese con una riforma della pubblica amministra-zione che ci porta il taglio lineare della agibilità sindacale, la mobili-tà coatta, a guisa di pacchi postali pronti alla partenza, la rottama-zione generalizzata, a prescindere dalla età anagrafica, vale a dire in-carichi e carriere a disposizione della politica. Ed anche questa esta-te si preannuncia calda.Tra i due Congressi abbiamo avuto altri due giorni di sciopero na-zionale, unamarea di comunicati e documenti, convegni, assemblee,dentro e fuori gli ospedali fino alla grande manifestazione del 27 ot-tobre 2012, per la quale non finirò mai di ringraziare tutte le OOSS,ed in particolare l’Anaao, per una partecipazione straordinaria, chehamesso in piazza il disagio di una professione e lanciato, inascolta-ta, l’allarme sul tracollo del sistema di welfare. 4 anni intensi, ricchidi fatti e di parole, in cui non siamo stati immobili, afasici o rasse-gnati, ma in prima linea, impegnati ad arginare attacchi incessantiper evitare il peggio. Il tentativo di renderemute le nostre voci è fal-lito.Almenoquello.Nonhobisognodi slides per illustrare a voi i de-

terminanti della tempesta perfetta che ha colpito duramente la te-nuta del Servizio sanitario Nazionale, sottoponendolo ad erosionistrutturali, premesse per un suo sfaldamento, ed ipotecando anchepezzi importanti della nostra vita professionale:• la crisi economica, che ha fatto irrompere prepotentemente sul-

la scena il temadella sostenibilità, ancorchè spesso usata come ali-bi per operazioni politiche,malamente travestite da opzioni tec-niche, di apertura alla intermediazione finanziaria ed assicurati-va;

• lo spostamento dell’asse della politica sanitaria verso le Regioni,con il corteo di conflitti istituzionali, piani di rientro e commis-sariamenti, che ormai interessano quasi la metà della popolazio-ne, LEAnon garantiti ma eventuali inmolte aree, diseguaglianzenella esigibilità del diritto alla salute, migrazione sanitaria;

• il dissolversi dei partiti tradizionali, in preda ad una colossale cri-si di fiducia e consenso, che hanno cancellato la sanità dalla loroagenda ed abdicato al ruolo di paladini del SSN, anche se laCom-missione Affari sociali della Camera ha di recente riconosciutoche “il SSN è un valore insostituibile”;

• la confusione conflittuale di identità professionali, vecchie e nuo-ve;

• la perdita di valore del lavoro nel sistema sanitario, con CCNLmutilati e bloccati sine die per via legislativa, e del lavoro pubbli-co in genere, assimilato tout court a spesa improduttiva e paras-sitaria;

• il collasso del sistemadella formazionemedica chiuso in un cul desac che lo trasforma in una fabbrica di disoccupati e priva la sani-tà del necessario turnover e della possibilità di trasmettere com-petenze professionali essenziali;

• la crescita del contenzioso legale che toglie serenità al sistemadel-le cure;

Il nostro sistema sanitario sta perdendo pezzi di accessibilità, equi-tà e qualità, e quindi di consenso tra i cittadini, come dimostrano irapporti annuali che puntualmente segnalano anche la crescita nu-merica delle fasce di popolazione a rischio povertà per impreviste

La relazione del SegretarioNazionale al 23° CongressoNazionale Anaao Assomed

2 Dirigenza Medica IL MENSILE DELL’ANAAO ASSOMED 6/2014

23° CONGRESSO

NAZIONALE

ANAAO ASSOMED

di Costantino Troise

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spese sanitarie e di quelle che non accedono alle cureper difficoltà economiche (11 milioni di cittadini). Ilcome ed il perché è riassumibile in tre parole: defi-nanziamento, decentramento e decapitalizzazione.1) IL DE FINANZIAMENTO DELLA SANITÀ PUBBLICA, chela Corte dei Conti quantifica in 31 miliardi dal 2010 al2014, complessivamente più dellaGrecia, della Spagna,dell’Irlanda, nonostante il nostro quadro macroeco-nomico decisamentemigliore produce unprogressivoprocesso di asfissia che sfibra il sistema, riduce i servi-zi ai cittadini e porta al taglio di tutto quello che costa,compresi i diritti, anzi proprio a partire dai diritti, deicittadini e del lavoro. Il servizio sanitario cambia vol-to e pelle avviandosi a diventare un sistemapovero peri poveri, il più grande ammortizzatore sociale esisten-te. Non vogliono perdere una buona occasione quelliche si oppongono allo stato sociale. Si taglia dove è piùfacile, non riuscendo a farlo dove è più utile. ”Conte-nendo la spesa per ogni singolo fattore produttivo econtraendo gli investimenti in tecnologie e rinnovodelle infrastrutture, la sanità pubblicamigliora i continel breve periodo ma a discapito della performancepresente e futura tanto che in alcune regioni si fa con-creto il rischio dell’undertreatment” (OASI,2013).Oggi solo 10Regioni garantiscono iLEA, la formanor-mativa della garanzia della eguaglianza del cittadino difronte al diritto alla salute che è diritto della persona,altre sono in difficoltà, da cui tentano di uscire con lasolita formula delle 3T, più tasse, più ticket, più tagli.Essere curati secondo i bisogni costituisce un limiteetico, civile e sociale oggi fortementeminacciato e, daqualche parte, già travalicato.Continua a prevalere una visione della sanità comepu-ra voce di costo nei bilanci pubblici,malgrado una spe-sa per cittadino inferiore del 40% a quella dei nostri

vicini europei, bersaglio preferito di tutte le manovreeconomiche, vero bancomat dello Stato, facile da usa-re comeuna volta la benzina, cui attingere prioritaria-mente nelle crisi della finanza pubblica, a dispetto del-la sua capacità di garantire equità e coesione sociale,soprattutto nei periodi di crisi economica.Si dimentica troppo spesso chewelfare vuol dire scuo-la pubblica, sanità pubblica, assistenza, previdenza edanche sostegno alle imprese e al lavoro nei passaggi piùcritici dei cicli economici. E che nei Paesi nei quali iservizi sanitari e l’istruzione sono privati, il costo per icittadini è molto più elevato e per molti strati socialiinsostenibile. I sacrifici ci hanno evitato un default fi-nanziario,ma imilioni di disoccupati costituiti da gio-vani alla ricerca di primaoccupazione (circa il 46%, condiscriminazioni di genere) e da cinquantenni espulsidal lavoro, lo scivolamento verso le soglie di povertà dioltre 8milioni di cittadini (dati ISTAT2012), le fugheall’estero di competenze ed intelligenze, la consunzio-ne di servizi sanitari ed assistenziali, ci dicono che unaparte rilevante della nostra società sta ancora vicino albaratro. Questi fenomeni, insieme con la coartazionedel perimetro dei diritti in campo sanitario ed il cedi-mento del sistema di tutele, rappresentano unmix ta-le da mettere a rischio la coesione sociale e la solida-rietà tra ceti e generazioni, rendendo altissima, quasiparossistica, come gli umori variabili del corpo eletto-rale dimostrano, la sfiducia dei cittadini nella demo-crazia rappresentativa e nelle istituzioni che la inter-pretano.Nella sanità italiana il tema della in-sostenibilità eco-nomica è accompagnato da un diffuso convincimen-to, vicino al calcolo politico, della incontrollabilità del-la dinamica della spesa e da un malcelato auspicio diuna netta apertura ai mercati assicurativi, data la im-possibilità di un aggravio della pressione fiscale. Datempo, segnali premonitori,movimenti carsici emes-saggi politici, più omeno espliciti, parlano di costrui-re, sull’abbandonodella solidarietà fiscale, la sanità peri ricchi, prefigurando lo smantellamento del sistemauniversalistico o, la versione soft, di un universalismoselettivo. La sanità italiana non è, però, il pozzo neroe senza fondo chemolti si ostinano a descrivere. Lodi-cono innanzitutto i dati. L’Italia è il Paese dell’OECDdove la tutela della salute assorbe laminore spesa glo-bale, sia pro capite che in relazione al PIL, associata arisultati di salute non inferiori, ed in diversi aspetti an-chemigliori, un paradosso di cui dovremmoessere or-gogliosi.Questo si chiama fare le nozze con i fichi sec-chi!Occorre respingere almittente la falsa alternativatra aumento di tasse e calo di servizi, il che tra l’altro èesattamente quanto sta oggi accadendo simultanea-mente alla sanità pubblica, tra ticket giunti al 3% del-la spesa totale ed impennate di addizionali IRPEF.Nessun settore pubblicooprivatoha costi pari a 7 pun-ti di PIL ed un valore della filiera della salute pari a 12,rappresentando inoltre il più grande insediamento diculture ed innovazioni tecnico-professionali. Non unlusso che non possiamo permetterci, comemolti vor-rebbero far credere, mentre possiamo spendere mi-liardi in armi da guerra in assenza di guerra, e ogni an-no 7 miliardi in più della Germania per l’esercito e 7corpi di polizia, ma uno strumento di tutela di un be-ne fondamentale ed ancheun volanoper la ripresa eco-nomica.Un euro investito in sanità ne attiva 3 nei set-tori collegati.La lotta agli sprechi, che certo non mancano ma chese la ridonodi tagli lineari, deve servire a garantire i ne-cessari investimenti permantenere i livelli quali-quan-titativi raggiunti e non “entrare in rotta di collisionecon le finalità proprie del sistema” (tutela della salu-te)”, come affermato dalla stessa Corte dei Conti.Il definanziamento ha colpito pesantemente soprat-tutto il sistema ospedaliero. Gli ospedali sono diven-tati delle quinte teatrali per categorie impoverite, an-chenumericamente, fino a livelli organizzativi che non

riescono a fare di un ospedale un ospedale. Restringe-re la rete concentrando le competenze e le tecnologiein modo da assicurare la migliore risposta in un defi-nito ambito territoriale è una operazione che non ba-sterà se nello stesso tempo non cambia la organizza-zione del lavoro dentro e fuori l’ospedale, anche per ri-spondere alla transizione demografica ed epidemiolo-gica. Occorre delineare chiaramente il percorso poli-tico, organizzativo e culturale capace di individuare ilnecessario equilibrio ospedale-territorio, attraversostrategie chiare per una efficacemessa a sistema di di-verse modalità assistenziali. Ripensando il ruolo e laorganizzazione delle strutture per acuti in una otticadi sistema, insieme, nonprimanédopo, conquella del-le cure primarie, in una logica di rete, capace di spo-stare l’attenzione dalla singola prestazione al percorsodi cura e di assicurare la presa in carico del paziente,facilitando la relazione tra le diverse famiglie profes-sionali. “Sincronizzando la riorganizzazionedegli ospe-dali con lo sviluppo di modelli consolidati di cure pri-marie “ (Cartabellotta), nonché la definizione di rego-le e contenuti dei rapporti di lavoro.Gli ospedali hanno perso in 10 anni oltre 70.000 po-sti letto, con conseguente crollo del rapporto con gliabitanti sotto lamedia europea, un disastro annuncia-to per le liste di attesa, per i Pronto Soccorso trasfor-mati in veri reparti di ricovero inappropriati, insicurie spesso non dignitosi, per i cittadini la cui domandadi salute è destinata a rimanere elusa. Lamancanza diun contestuale e coerente investimento in assistenzaresidenziale odomiciliare e di una riformaorganica del-le cure primarie, da tutti promessa e da nessuno rea-lizzata, mutila il sistema sanitario di parti essenziali.Ma a determinare le condizioni di sovraffollamentodei PS, la sindrome da forno manzoniano, è la preva-lenza di cittadini con età media molto avanzata e po-lipatologie, insieme con la carenza di posti letto per ilricovero che provocano il fenomeno degli ingorghi dibarelle, e non solo, per lo “stazionamento” dei pazien-ti nelle aeree destinate al trattamento delle urgenze.Per “salvare il PS”, occorre ridefinire i percorsi assi-stenziali ma anche investire sugli ospedali. La politicadi soli tagli, particolarmente grave nelle regioni sotto-poste a piani di rientro, ma non estranea allealtre regioni, rappresenta la prima causa delle criticitàdei PS, come sottolineato anche dalla CommissioneSanità del Senato. Senza dimenticare il drammaticoproblema delle carenze di organico, medico ed infer-mieristico, ed il dilagare del precariato. L’ospedale èdiventato un luogo dove è difficile entrare ma ancorapiù difficile uscire.La stessa valorizzazione della prevenzione primaria ri-schia, per parte sua, di ridursi a puro slogan se non sichiarisce quanto lo Stato è disposto a sacrificare per ri-durre i comportamenti a rischio nel doppio ruolo digabelliere e curante.Impoverire la sanità pubblica, screditarla, svuotarla dicompetenze professionali ed innovazioni tecnologi-che, significa però condannarla a non reggere la ondad’urto della crisi e ad essere spazzata via, a scapito delgrado di civiltà dell’intero Paese. Nessuno come noivede limiti, difetti, inefficienze e anche clientele ema-laffare che inquinano il mondo della sanità.” Ma oc-corre evitare pregiudizi, ideologismi, aneddoti porta-ti a sistema, luoghi comuni strumentalizzati da inte-ressi che vedono la sanità come unmercato, in cui gliutili sono privati, i costi pubblici, i diritti delle perso-ne un optional e il valore del lavoro e della responsabi-lità una variabile da saldare al massimo ribasso”(Lu-senti). La lotta agli sprechi, compresi quelli legati allacorruzione ed alla invadenza pervasiva della politica,su cui i cultori della non sostenibilità semplicementesorvolano, non può rimanere aimargini di una discus-sione sulla sanità che, per sua natura, interroga la de-mocrazia.2) FEDERALISMO L’attuale contesto del SSN è ancora

Dirigenza Medica IL MENSILE DELL’ANAAO ASSOMED 6/2014 3

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in fase di trasformazione nel rapporto tra Stato e Re-gioni e traRegioni ed autonomie locali,ma sono pale-si le ambiguità della legislazione concorrente ed il fal-limento di un federalismo imperfetto, spesso di ab-bandono, che aumenta le diseguaglianze tra cittadinidi diverse aree geografiche, certo esistenti anche pri-ma, e declina undiritto uno e indivisibile in 21modi di-versi. Il che, tra l’altro, cambia radicalmente lo spazioe le prospettive dei diritti di cittadinanza, che cessanodi essere unbenepubblico nazionale per assumere unavalenza locale, trasformando la appartenenza localenella fonte primaria del diritto sulle risorse.La presenza di più sistemi sanitari a diversa efficacia esicurezza comporta una perdita complessiva di coe-sione sociale, un progressivo smantellamento di ga-ranzie formali e sostanziali, una accentuazione deglisquilibri traRegioni più ricche e più povere, le quali ul-time si trovano a scegliere tra sviluppo economico espesa sanitaria, poste di fronte alla alternativa tra ri-durre la assistenza sanitaria o aumentare i tributi pro-pri, in un contesto fortemente sperequato comequel-lo italiano ove ilmedesimo sforzo fiscale genera un sal-do benefici/costi assai diverso. Alla soluzione federa-lista si associa una accentuazionedeimeccanismi com-petitivi dimercato o quasimercato, considerando l’in-teresse delle Regioni a politiche tese a reclutare do-manda su aree più ampie di quelle normalmente servi-te, generando chiare formedimigrazione sanitaria, e\oa mettere dogane sanitarie per impedire forme di re-clutamento dei propri cittadini da parte di regionime-glio dotate. Il fenomeno inarrestabile della mobilitàsanitaria contribuisce ad aggravare la situazione eco-nomica delleRegioni del Sud, la cui sanità nonpuò es-sere letta solo come patologia del nord. Anzi, Sud eNord sono diventati così lontani da far ritenere chenonc’è una terapia chepossa andarebeneper entrambele realtà.Nelmondo, i Paesi caratterizzati da federalismo poli-tico spendono per la sanità di più rispetto a quelli nonfederali, al netto del rischio di irresponsabilità dellaspesa per la vicinanza ai luoghi ove si crea consensoelettorale.Unprodotto paradossale del federalismoèunneo cen-tralismo regionale, che ha cambiato la geografia isti-tuzionale con la riduzione del numero delle aziende el’imporsi di un gigantismo istituzionale, che rende sem-prepiù corta, e più stretta, la catenadi comando.Com-plice anche la crisi economica, il federalismo hafavorito l’affermarsi di unmodello gerarchico centra-to su una diarchia tra Assessore e/ o Presidente e Di-rettoriGenerali, che concerta la politica sanitaria, e lecarriere, tra pochi soggetti, tagliando fuori le autono-mie locali, con la vista corta degli appuntamenti elet-torali. Per quanto riguarda la organizzazione del lavo-ro ha preso quota la attrazione fatale verso modelli diderivazione industriale, privi di evidenza di una mag-giore efficacia ed efficienza, propri della azienda ma-nifatturiera e non della azienda di servizi. La Toyotaha in Italia più ammiratori della propria organizzazio-ne che acquirenti delle sue auto.Difficile, quindi, non concordare sulla necessità di “unnuovo equilibrio” che ridefinisca i confini dei ruoli edegli assetti istituzionali, e le oscillazioni del pendolo,tra Stato, Regioni, Aziende e Comuni. Un equilibrioche, però, va trovato anche tra tutti gli attori del siste-ma, perché il problema è anche “come” i poteri ven-gono esercitati. Le attuali forme di governo neganoogni genere di partecipazione ed interlocuzione attra-verso la esclusione e marginalizzazione delle compo-nenti professionali. Se la complessità del nostro lavo-ro non tollera unilateralismi decisionali, verticismi, eforme più omeno dissimulate di autoritarismo, la do-manda cui rispondere anche con lamodifica del titoloV è come si decide e come si governa in sanità. L’ideadi un “governo multilivello” permette di distinguere,anche dentro una logica “federale”, le competenze ge-

nerali del governo centrale da quelle specifiche e loca-li del governo regionale, ridefinendo anche il ruolo de-gli enti intermedi quali i Comuni, o, perché no, le nuo-veCittàmetropolitane, inmateria di produzione e tu-tela della salute. Per daremaggiore protezione alla uni-tarietà del SSN in un contesto federalista e minimiz-zare i rischi, occorre certo assicurarne la rispondenzaai principi fondamentali di globalità, universalità, ac-cessibilità,ma anchemantenere verticali, nell’ ambitodi una competenza unitaria, alcuni elementi fonda-mentali. Non solo la definizione dei LEA,ma lo statogiuridico del personale, un meccanismo di perequa-zione finanziaria gestito dallo Stato, i requisiti di ac-creditamento di strutture e professionisti, la indivi-duazione di livelli essenziali organizzativi omogenei, lecompetenze delle professioni, la garanzia degli accor-di contrattuali e convenzionali, sviluppando una poli-tica regionale orientata al miglioramento dei servizi ealla composizione non conflittuale tra le diverse com-ponenti del sistema.Questo significa rivedere il modello aziendale conce-pito e organizzato a partecipazione professionale e re-sponsabilità sociale assente, per realizzare unmanage-ment diffuso, aperto alle domandedella società. Epen-sare a luoghi nuovi rispetto allo stesso Consiglio Su-periore di Sanità ormai appaltato ad una istituzioneterza, in cui il lavoro, le professioni, l’operatività delSSN abbiano voce nei confronti delle scelte di politi-ca sanitaria, sulmodello di un “professional board” op-pure di un consiglio sanitario nazionale, già previstodalla L.833. Lo stesso disegno del governo clinico nonpotrà compiutamente realizzarsi se non si sviluppa unsistemadi sistemi che promuove e verifica ex ante unasorta di Livelli Essenziali di Qualità e Sicurezza delleprestazioni sanitarie e sociosanitarie rese ai cittadini,affidato ad una vera e propria cabina di regia naziona-le, soggetto terzo, dal punto di vista istituzionale, traStato e Regioni.Attualmente il dibattito sulle implicazioni del federa-lismo sotto il profilo della equità e della giustizia di-stributivaha ancora scarsa rilevanza, e le decisioni emer-gono da un compromesso in cui il finanziamento è ilsolo valore in gioco. Ma forti sono i rischi per l’ inte-grazione sociale e la unità nazionale derivanti da un si-stema in cui i cittadini non condividono più gli stessiprincipi di giustizia sociale in un ambito rilevante co-me quello della salute. Le Regioni hanno oggi, e vero-similmente avranno domani, il potere, ma è necessa-ria una politica per unprogetto di servizio sanitario fe-derale ed una idea federale di salute. La questione an-

cora aperta è chi, come, con che cosa si definisce laidentità pubblica di un sistema sanitario regionalizza-to, il suo governo e le sue politiche rispetto al dirittoalla salute, cui restituire una dimensione nazionale.3) LA DECAPITALIZZAZIONE è l’impoverimento, anchenumerico, del capitale umano, del capitale professio-nale, che nei sistemi complessi è la risorsa più costosama anche più preziosa. Tanto che i sistemi economiciclassici continuano a considerarla il fattore principaledi sviluppo e produttività, secondo la “la teoria del ca-pitale umano” chemeritò un premioNobel ai suoi au-tori. Continua a prevalere nelle aziende sanitarie unacultura gestionale dell’efficienza che riduce imedici edi dirigenti sanitari amacchine espertemabanali ed ano-nime, ignorando la solitudine e la sofferenza profes-

sionale, civile e sociale, cui questi sono costretti nelreggere di fronte ai cittadini la forbice tra crescita del-la domanda di salute e riduzione delle risorse a dispo-sizione. Il costo del personale dipendente è stato il ve-ro prezzo pagato per l’equilibrio dei conti, tanto chel’analisi della spesa per funzioni dimostra dal 2010 al2012 un suo calo del 3%, con una ulteriore diminuzio-ne dell’1,1% nel 2013, mentre, nello stesso periodo, laspesa per lamedicina generale cresceva di 1,9%equel-la della specialistica convenzionata del 4,2%. L’attac-co al sindacato è stata un effetto collaterale.Non a ca-so sono stati presi di mira i due strumenti che regola-no il rapporto tra datori di lavoro e lavoratori fin dall’‘800, cioèCCNLe sindacati.Anulla vale ricordare chedietro il successo del Modello Chrysler c’è lo Stato egli accordi con il sindacato.La involuzione recessiva della sanità pubblica porta ta-gli anche a chi opera in nome e per conto dello Stato,tutti i giorni e tutte le notti, a difesa di un bene tutela-to dalla Costituzione.Non è solo il blocco di contrat-ti e convenzioni, che inchioda al 2010 il valore nomi-nale degli stipendi e comporta una perdita di potere diacquisto del 20%,maggiore per i giovani medici - chepagano damedici la colpa di essere giovani -, non è so-lo la mutilazione continua di contratti in vigore, ope-

L’idea di un “governo multilivello” permette didistinguere, anche dentro una logica“federale”, le competenze generali del governocentrale da quelle specifiche e locali delgoverno regionale, ridefinendo anche il ruolodegli enti intermedi quali i comuni, o, perchéno, le nuove città metropolitane, in materia diproduzione e tutela della salute

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LARELAZIONE

DEL SEGRETARIO

NAZIONALE

rata da ogni legge, alla faccia della privatizzazione delrapportodi lavoro. Il peggio è lamortificazionedel ruo-lo professionale e l’imbarbarimento delle condizionidi lavoro, che sono molto peggiorate nell’ultimo de-cennio.Milioni di ore di lavoro nonpagate, ritmi e ca-richi di lavoro chemettono a rischio la sicurezza dellecure, ignorati da riforme delle pensioni che non con-siderano la diversa fatica dei differenti lavori, costrin-gendo le donne della sanità, impegnate in turni not-turni e festivi, ad andare in quiescenza dopo rispetto adonne impegnate in settori privati con lavori menostressanti, un abuso di contratti atipici diventati ormaisacche di precariato stabile. Fino al punto di chieder-ci di lavorare di più senza retribuzione e senza ricono-scimento di ruolo.Qui nasce il dilagare dellamedicinadifensiva, la riduzione degli spazi di umanizzazione, lacompressione dei tempi di relazione che sono tempidi cura, una caduta dei livelli di sicurezza delle cure peroperatori e cittadini. La austerity del blocco retributi-vo è peggio anche dei tagli lineari perché, comunican-do che le possibilità di crescita economica sono solo aldi fuori del sistemapubblico, produce disincentivi chelo impoveriscono. Il blocco del turnover, assoluto e li-neare, non solo chiude le porte ad una intera genera-zione di giovani, respinta o precarizzata dopo 11-12 an-

ni di formazione, lasciando al palo le loro speranze peruna occupazione consona al lungo periodo formativo,ma impedisce, in molte parti del Paese, di garantire iLEA. L’invecchiamento delle categorie professionalinon è ininfluente sulla efficacia e sulla efficienza.Nonè possibilemantenere un sistema di tutela della saluteequo, solidale ed universalistico, se le professioni delServizio Sanitario vengono sconfitte nei loro valori eti-ci e deontologici, marginalizzate a macchina banalenelle organizzazioni sanitarie. Il disagio crescente deiprofessionisti e la crisi di fiducia dei cittadini nella af-fidabilità del sistema sanitario rappresentano minac-ce in gradodi erodere uno straordinario patrimonio ci-vile e tecnico professionale del nostro Paese. La so-stenibilità del servizio sanitario passa anche per la va-lorizzazione e la responsabilità dei suoi professionisti.PATTO PER LA SALUTEIl Patto della salute in corso di firma rischia di rappre-sentare, in tale contesto, unaoccasioneperduta. Se Sta-to eRegioni non aprono linee di confronto e di credi-to con i professionisti, i risultati saranno prevedibil-mente limitati ad un progetto contabile e rivendicati-vo di quanto lemanovre hanno ingiustamente sottrat-to al sistema sanitario, chiuso in una visione fideisticadell’attuale modello di governance, magari con il risa-namento dei debiti delle aziende a carico delle taschedei cittadini. Una politica “per” la salute in grado direggere di fronte alla ambizione dichiarata di costrui-re la sanità del prossimodecennio, dovrà, prima o poi,affrontare il passaggio per la cruna dell’ago del rappor-to con i professionisti. E parlare di livelli essenziali or-ganizzativi delle strutture insieme con la definizionedi livelli essenziali di assistenza, essendoormai evidente

la asimmetria tra ciò che si deve fare e ciò che si puòfare. Lamedicina ospedaliera aspetta dai tempi diMa-riotti eDonatCattin parametri organizzativi capaci digarantire efficacia e sicurezza delle cure in coerenzacon le risorse economiche, tecnologiche ed umane di-sponibili. Inunaotticadi sistemache sia capacedi guar-dare insieme e raccordare quello che accade prima, du-rante e dopo l’ospedale.Né l’agenda del Patto può affrontare le problematichedel personale, che del SSN rappresenta la principale, epiù costosa risorsa, nel vuoto di uno spazio contrat-tuale che sia strumento di cambiamento e di riconci-liazione della dimensione organizzativa con quella dellavoro. I medici italiani stanno pagando un contribu-to economico non indifferente alla crisi economico-finanziaria del Paese, con retribuzioni e sviluppi di car-riere bloccate, riduzionimassicce del turn over e con-seguente aumento dei carichi di lavoro, ed alla stessasostenibilità del Servizio Sanitario pubblico in questitempi aridi. Basti pensare alla difficoltà di reggere rior-ganizzazioni a getto continuo, che spesso inseguono ilrisparmio contingente richiesto dalla manovra di tur-no senza configurare assetti affidabili per un arco ra-gionevole di tempo, ed al rischio civile, penale e patri-moniale insito in un esercizio professionale colpevol-

mente privo di una idonea definizione di colpa medi-ca e sanitaria, e che opera in organizzazioni che sem-premeno si permettono interventi per garantire alme-glio la sicurezza delle strutture, dei processi clinico as-sistenziali e degli operatori stessi.Senza un nuovo compromesso sociale tra Stato eme-dici la sanità pubblica continuerà a rincorrere di ma-novra inmanovra, di patto inpatto, le ragioni della pro-pria sopravvivenza acuendo il disagio dei cittadini.FORMAZIONE MEDICALa formazione medica è diventata una vera emergen-za nazionale che non si può affrontare senza metterein discussione il monopolio della Università. Che, intutte leRegioni - vero filo unificantedelPaese -, di qua-lunque colore politico, si comporta, ed è autorizzata acomportarsi, come variabile indipendente, sostanzial-mente al riparo da tagli ed estranea ad ogni progettodi riorganizzazione, priva di limiti e di obblighi socia-li, subordinando le necessità assistenziali a quelle di-dattiche, vere o presunte, fermi restando per il SSNtutti gli obblighi connessi al finanziamento.Alla fine iruoli istituzionali appaiono confusi e sovrapposti, sot-to le pressioni di unmondo che si assegna una alteritàassoluta, nella quale intravede il solo modo di soprav-vivere, che si ritiene e vuole essere “a parte”, sciolto daogni legge, ordine, regole, confidando sul pensiero de-bole della politica. Il sistema formativo pre-laurea, no-nostante sforzi apprezzabili, sconta ritardi di compe-tenze professionali agibili in un sistema sanitario ed inuna società in continua evoluzione, e quello post- lau-rea va sempre più strutturandosi comeun collo di bot-tiglia nel quale restano prigionieri migliaia di neolau-reati inmedicina e chirurgia che non avranno accesso

alla formazione specialistica e a quella dimedicina ge-nerale, requisiti legislativi per operare in conto e perconto del SSN: confinati quindi ai margini della quasitotalità del mercato del lavoro. In una sorta di riservaindiana a bassa qualificazione professionale nella qua-le pescheranno soggetti interessati a sviluppare attivi-tà sanitarie concorrenziali con il pubblico a costi piùbassi, anche dilatando le offerte della cosiddetta me-dicina dei desideri. La previsione del titolo di specia-lizzazione come requisito per l’accesso al SSN ha al-lungato enormemente il periodo formativo, ritardan-do l’accesso al lavoro dei medici con tutte le conse-guenze, previdenziali e di carriera, del caso. La ecces-siva lunghezza di tale percorso, nella quasi totalità lon-tano anche dal garantire gli obiettivi professionaliz-zanti previsti dallaUE, rende inutilmente penalizzan-te per i medici che completano la propria formazionein Italia, il mantenimento dell’obbligo della specializ-zazione per accedere alla dirigenza medica del SSN.Una alternativa alla possibilità di inserimento imme-diato del neolaureato nei posti vacanti del SSN, lad-dove è, dai vigenti contratti, considerato come “medi-co in formazione” per i primi 5 anni, potrebbe essererappresentata dal considerare il secondo triennio co-me contratto di formazione lavoro da svolgere nelle

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strutture del SSN con compiti e retribuzione, direttaed indiretta, contrattualizzati.CRISI PROFESSIONALEInquesto difficile contesto imedici si trovanonel pun-to, forse, dimaggiore crisi professionale ed identitariadella loro storia. Non più assolutizzati, come fino agliinizi del secolo scorso, sospesi tra una formazione in-finita ed una sempre più incerta collocazione, non go-dono come categoria di buona salute, tra immagini ca-ricaturali, divisioni interne, ed atteggiamenti da no-biltà decaduta in una realtà cambiata a passi da gigan-te. Crisi, più che di un ruolo, di un lavoro, che comun-que, anche se cambiano i tempi - e le economie -,man-tiene intatta la sua complessità. Vicino come è a temicruciali dell’esistenza: la vita, la morte, la malattia e lasofferenza, la responsabilità, elementi che già di per sérendono questa professione per molti versi unica edinsostituibile, a dispetto di tentativi di ridimensiona-mento, prossima alle persone, nelle corsie degli ospe-dali, negli ambulatori, nelle case dove vivono, nei luo-ghi dove lavorano.Alla base di questa crisi c’è, forse, uno sfuocamento diun mestiere che conserva tutta la sua bellezza, ogget-to ancora di timore, talvolta di invidia, se tanti nonme-dici parlano e scrivono di quello che dovremmo fare,dettandoci tempi e agende. Mentre, da parte nostra,facciamo fatica a capire come e quanto sia cambiatoun lavoro che permea tutta la nostra esistenza, e so-prattutto come cambierà ancora, anche grazie alla ri-mozione che noi stessi abbiamo compiuto in questidecenni delle sue ragioni e della sua natura.Oggi, a differenza che nelle generazioni precedenti,non è il progresso tecnologico a comandare il gioco,ma sono i luoghi delle cure a trasformarsi fino a scom-parire, lasciando sullo sfondo i curanti( e, ancor peg-gio, i curati). Unamoltitudine di protagonisti mutua-ti da altri mondi, economia, scienze ingegneristiche,politica continuano a parlarci di tagli con linguaggiestranei alla nostra quotidianità usando parole anglo-sassoni che hanno smarrito ogni contenuto. Fino adettarci l’imperativo “adapt or die”. Non c’è spazioper le sofferenze che siamo chiamati a vedere, dia-gnosticare, com-patire, talvolta guarire.RIPARTIRE DAL LAVORODovremo ripartire dal lavoro che, per dirla con IvanCavicchi, “come fattore di cambiamento è stato com-pletamente dimenticato ed è diventato il vero nemi-co da abbattere (tagli lineari, blocco contrattazione,peggioramento delle condizioni economiche e orga-nizzative)”,messo in secondo piano rispetto al conte-nitore (organizzazione, salario, contratti, ecc). E ri-pensarlo, ricostruendo la autonomia perduta nel leg-gere e decidere le necessità del paziente “ Al netto ditutto, dell’orario, del salario, della carriera”. ComeAn-na Rosa Buttarelli ci ricorda, “Deve mantenere l’au-torità sul lavoro chi il lavoro lo fa, non chi campa sullavoro altrui. Chi svolge il lavoro conosce la qualità, ilvalore, le competenze e le esperienze che servono persvolgerlo al meglio”.Il sapere di chi il lavoro lo fa è superiore a tutto, e ri-definisce anche la rappresentanza.Dobbiamo, noi chefacciamo, far sentire tutta l’autorevolezza e il peso deicorpi pensanti che lo compiono. Vite spese a pren-dersi cura di corpi ed emozioni non sono paragonabi-li a tanti altri lavori.Oggi non è difficile cogliere la lacerazione del rapportotra professionisti ed istituzioni sanitarie, sempre piùarroccati in due universi, diversi e distinti, di valori edi vocazioni che una cultura aziendalista di matricemanifatturiera, importata in sanità, non è riuscita asaldare o quantomeno a far convergere in modo effi-cace.Questo profondo disagio del lavoromedico e sa-nitario, privo di risposte efficaci, definisce un conte-sto che rende più difficile affrontare la spinta delle in-novazioni culturali, organizzative e gestionali che han-no una loro ragione non eludibile e una loro forza non

comprimibile: questi cambiamenti, per loro natura,aggiungono ulteriori incertezze. Eppure, bisogna ri-tornare, dopo decenni, a ridiscutere il fondamento diquest’arte che è modernamente andato perso, e conesso la relazione, e con questa la rappresentanza. Sem-bra paradossale in questo momento storico, ma è diquesto che bisogna tornare a parlare tra noi, vecchi egiovani, uomini e donne: di formazione, di comples-sità, di incertezza (i tre viatici di EdgarMorin: il pen-sare bene, la strategia, la scommessa, che suonanoestremamente attuali e pertinenti) per riprendere ilcammino che ci possa condurre alla ragione del-l’identità e del futuro della più antica professione dicura.Ed il nostro lavoro reclama un diverso valore, anchesalariale, come contropartita di un cambiamento, di-verse collocazioni giuridiche e diversi modelli orga-nizzativi che riportino i medici, e non chi governa ilsistema, a decidere sulle necessità del malato.I LEA siamonoi, e le nostre abilità e competenze, chespesso fanno la differenza tra vita e morte, tra malat-tia e salute, sono un pre-requisito del rilancio del Ser-vizio Sanitario pubblico e nazionale e del suo incre-mento di efficacia ed efficienza, anche contro la logi-ca anti ospedaliera imperante. Una logica che sta do-minando da tempo programmi e strategie politiche,istituzionali, professionali e accademiche, rispetto al-la quale manteniamo un atteggiamento a metà tra ilfastidio e il fatalismo.Quasi assuefatti all’idea che tut-to il bene risieda ormai fuori dallemura ospedaliere etutto il male all’interno, abbiamo subìto progressiveoperazioni di smantellamento o ridimensionamentodella rete nosocomiale, sempre in fiduciosa attesa diuna parallela costruzione di una rete alternativa e com-plementare. Il che non è avvenuto, anche perché è piùfacile trasferire risorse che funzioni.Il Congresso è la occasione per analizzare e discutere(e decidere), con lamente libera di ri-pensare con au-dacia, il nostro ruolo sindacale, giuridico-contrattua-le e professionale.

UNO STATO GIURIDICO ADEGUATO AI PROFESSIONISTIIndubbiamente, dopo il processo di aziendalizzazio-ne, medici e dirigenti sanitari, all’interno delle Azien-de sanitarie, si sentono poco amati, controllati, vinco-lati alle norme che disciplinano l’organizzazione e nefissano i livelli di subordinazione, limitando, nondi ra-do, la stessa autonomia clinica. Si è rafforzata la tenta-zione di chiamarsi fuori per dedicarsi alla purezza del-la professione, lasciando che sia qualcun altro a pensa-re alla gestione. Di qui la insofferenza per una qualifi-ca dirigenziale vissuta come etichetta priva di conte-nuti, di qui l’inseguimento di una netta separazione dipercorsi di carriera tra professionali e gestionali, di quila sottovalutazione della vera posta in gioco rispettoalle nuove professioni sanitarie.Nella societàmoderna, però, per avere un peso occor-re imparare a gestire ed accettare un ruolo, anche diordinatore della spesa, perché la stessa autonomia pro-fessionale oggi èminacciata dalla crescita di altre pro-fessioni che aspirano a propriOrdini e, curiosamente,

a quel ruolo dirigenziale che molti fra noi vorrebberoabbandonare. Il guaio è che siamo chiamati ad imper-sonare un profilo di dirigente, cui è collegata una di-mensione professionale ed una di responsabilità nellagestione delle risorse, senza forme di partecipazioneai modelli organizzativi ed operativi aziendali. Tra-montata la attesaquasimessianicadi unprovvedimentolegislativo che risolvesse questa contraddizione, cre-ando le premesse per l’affermarsi del governo clinico,il problema che abbiamo ancora di fronte è in sostan-za quello di progettare un nuovo sistema che rico-struendo i valori di appartenenza alla professione pri-vilegi le risorse sociali nei confronti dei valori econo-mici, superando la dicotomia tra sviluppodei temi pro-fessionali e l'attualemodello organizzativo nel quale ilprofessionista è spinto ad identificarsi se vuole pro-gredire nella carriera.Lo stato giuridico del medico ospedaliero, e del diri-gente sanitario per le diverse peculiarità professiona-li, costituisce un ossimoro peculiare: dipendente, per

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LARELAZIONE

DEL SEGRETARIO

NAZIONALE

collocazione all’interno del pubblico impiego, e diri-gente, sia per la natura intrinseca di interprete dei bi-sogni di salute dei cittadini, sia per il trasferimento didelega della proprietà nella gestione di risorse ancheingenti. In tutti, sia pure con grado e intensità diffe-rente, sono presenti i due ruoli, essendo la responsa-bilità gestionale insita in ogni atto per la valenza dellerisorse impiegate e comportando ogni scelta clinicauna decisione etica ed economica di cui ilmedico è re-sponsabile. Non per ignorare le ragioni della spesa edella economiamaper affrontarle inmodonon subal-terno e non subordinato.Nella morsa della crisi e dell’attacco ai sindacati ed alCCNL, l’ossimoro disegnato dal dlgs 229/99 mostratutti i suoi limiti, ed occorre avviare una riflessione. Ilpunto da cui partire per chiederci se il rapporto di la-voro pubblico dipendente può essere il modello peruna azienda di servizi, è il fatto che ci troviamo sem-pre più stretti nel contenitore del pubblico impiego,che penalizza i medici ed i dirigenti sanitari e non ècoerente con la loro natura professionale, la specifici-tà e la delicatezza dell’attività che essi svolgono all’in-terno delle strutture sanitarie. In un vicolo cieco, sen-za prospettive ed uscita di sicurezza. All’interno delSSN siamo considerati essenzialmente dei dipenden-ti, almassimodei quadri, cui è affidato un incarico pro-fessionale, piuttosto che professionisti che lavoranoper lo Stato. Occorre una riscrittura del lavoro medi-co e sanitario che ridisegni modelli di organizzazionee gestione all’internodei quali recuperare un ruolopro-fessionale che risponda coerentemente a tutte le spe-cifiche caratteristiche della professione e del suo com-pito primario, che è la tutela della salute dei cittadini.Oggi si riscontra una forte disaffezione nei confrontidel proprio posto di lavoro. Manca uno spirito di ap-

partenenza ed una condivisione di valori, complice an-che la incertezza cognitiva sui percorsi strategici, lascarsa trasparenza nella gestione delle risorse, la irrile-vanza cui le categorie professionali sono tenute dallaprosopopea di una certa cultura aziendalista che pen-sa di potere costruire maxi aziende con mini profes-sionisti. Ed anche la invadenza pervasiva della politicain cerca di occasioni per le proprie sorti elettorali.Oc-corre riflettere su questa situazione senza illudersi sul-la esistenza di scorciatoie, quale potrebbe apparire lasemplice separazione dei percorsi di carriera. La ri-flessione, certo, è ancora acerba e sappiamo, con cer-tezza, solo ciò che non vogliamo.La questione dello stato giuridico diMedici e dirigen-ti sanitari dipendenti è collegata alla necessità di ri-pensare l’attualemodello di governance, di fatto unpo-teremonocratico su cose e persone, e quindi i rappor-ti tra contenuto e contenitore. Sapendo che chi nonrivendica responsabilità ed autonomia nell’esercizio diun ruolo accetta di essere gestito, senza alcun poterenegoziale nei confronti del management e senza for-

me di partecipazione ai modelli organizzativi ed ope-rativi aziendali. Occorre cominciare dai meccanismidi progressione di carriera per realizzare una ri-collo-cazione all’interno della organizzazione che ci facciariconoscere non come parte del “problema” quantodella soluzione. Inutile, perciò, adattarci alle necessi-tà aziendali tirandoci fuori dai codici etici e deontolo-gici.La categoria speciale inseguita vanamente nel passatonon è l’unica via di uscita, ammesso che sia possibileporre altri 114.000 professionisti come categoria spe-ciale, ed accettabile la rinuncia ad organizzazioni, stru-menti, prerogative di carattere sindacale a fronte di be-nefici incerti.Altra soluzione potrebbe essere quella di professioni-sti che lavorano per il Pubblico in un rapporto di con-venzione.Anchequi, c’è unproblemadi numerima so-prattutto di come conciliare uno status di libero pro-fessionista con l’affidamento di risorse umane, tecno-logiche, economiche anche ingenti.Una soluzione più realistica potrebbe essere insisteree rivisitare, su presupposti diversi e più coerenti con lanatura peculiare del sistema di tutela della salute deicittadini, il carattere di “dirigenza speciale” delineatodall’art.15 del vituperatoDlgs 229/99. Si tratta allora dirivedere ed accentuare fortemente il carattere “spe-ciale” della dirigenza del SSN, rafforzandone in termi-ni certi l’autonomia sia nel profilo professionale chegestionale che rendonopeculiare la “funzione” sanita-ria, dando contenuti e riconoscimenti alle singole po-sizioni e certezza alle azioni professionali specifiche,anche attraverso il supporto di modifiche legislative.Le categorie dei medici dipendenti e della dirigenzasanitaria oggi sono unite nel denunciare un diffuso di-sagio ed una crescente insofferenza verso il modelloaziendale che hamostrato emostra costantemente lasua assoluta inadeguatezza.RUOLO PROFESSIONALEUno spettro si aggira da anni nella sanità italiana, la“questione medica”, esorcizzata ma non risolta, mal-grado il tentativo di normalizzare la categoria con unattaccomassiccio a tutto campo. Il disagio professio-nale è reale e richiede risposte, perché va progressiva-mente accentuandosi con il rischio di degenerare in unprocesso di delegittimazione. La discussione sul disa-giomedico e sulla crisi della identità professionale sem-bra, però, giunta nelle secche. Forse dovremmo smet-tere di chiedere alle scienze umane risposte che atten-gono alla politica, che riguardano l’essere e fare il me-dico, ammesso che esista ancora ilmedico e non ime-dici come fenotipi della stessamalattia, in cerca del let-tino dello psicoanalista dove raccontare ed ascoltaredi quanto eravamo forti e di come siamo caduti in bas-so. La questione non è nuova, se di “disagio della pro-fessionemedica” parla il rapporto dell’alto commissa-riatoper la sanità pubblica del 1947 edi “crisi della iden-tità professionale” Cesare Frugoni nel 1957, ma oggiesasperata da diversi fattori convergenti:1) La solitudine del medico a decidere del destino deimalati, abbandonato da una politica che riduce le ri-sorse ma non dice cosa fare, in prima linea a metterela faccia per reggere una domanda crescente e com-plessa con risorse decrescenti, facilmente esposti alladelegittimazione sociale ed alla crescita del conten-zioso civile e penale.Con l’atto medico reso più fragile, costretto tra codi-ci diversi e non di rado conflittuali, senza che sia chia-ro il primato di ciascuno e le relazioni tra di loro, co-me il caso Stamina dimostra.2) La crescita del contenzioso, legata al cambiamentodella società ed alle sue ripercussioni nel mondo sani-tario. La trasformazione del “paziente” in “mostro esi-gente” e diffidente, la perdita del ruolo sociale delme-dico insieme con la crisi della dominanza professiona-le, hanno portato alla fine della “libertà medica” inte-sa come potere, quasi sacrale, di assumere ogni deci-

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sione in solitudine per il bene del paziente. Il terrenodell’erroremedico è diventato così l’oggetto principa-le di periodiche cadute di immagine del SSNe di con-senso verso i suoi professionisti. Ridotta aiminimi ter-mini la fiducia dei pazienti, in grande risalto ed in pri-mapagina gli eventi avversi, scarsi i riconoscimenti so-ciali, la professione si scopre indifesa di fronte alla dif-fusa convinzione che il progresso scientifico-tecnolo-gico garantisca sicurezza di guarigione o azzeramentodei rischi, che rimangono spesso nonprevedibili e nonprevenibili, e che tutto sia riducibile ad errore.Edespo-sta ad una disinvolta pressionemediatica che fa passa-re ilmedico da indagato a imputato a condannato, pri-ma che il processo si sia aperto. Con gravi conseguen-ze: l’inquinamento della relazione medico-paziente,l’adozione di procedure difensive da parte di profes-sionisti, la crescita dei costi diretti ed indiretti.Ma nella pagina excel delle riforme al mese non è da-to vedere il mese della legge sulla responsabilità pro-fessionale.Oggi èmutata anche la natura dei possibili errori e deirelativi profili di responsabilità con l’emergere di er-rori spesso latenti ove il fattore umano rappresenta l’ul-timo anello di una catena di difetti del sistema.

Servono nuovi strumenti legislativi, quali il passaggioad un sistema assicurativo no fault, sul modello fran-cese e scandinavo, svincolato dalla necessità di prova-re le responsabilità; un diverso inquadramento penaledella responsabilità medica, riscrivendo le norme sul-la colpa, considerato che l’Italia, insieme alMessico ealla Polonia, pone l’erroremedico nell’ambito penale,senza distinguere tra un atto medico ed un’aggressio-ne, il riconoscimento dell’innegabile peculiarità dellaprofessionemedica e delle caratteristiche di specifici-tà ed interesse sociale dell’atto medico, nonché dellecrescenti difficoltà del contesto in cui esso oggi si rea-lizza, la visione del fenomeno come parte costitutivadei LEA la cui responsabilità ricade in capo agli stessisoggetti cui laCostituzione pone l’obbligo di garantir-li a tutti i cittadini del Paese.3) L’avanzare delle nuove professioni sanitarie che ero-dono i tradizionali ambiti di esercizio della professio-ne medica e di modelli organizzativi derivati dalla in-dustria automobilistica ed adottati anche se privi dievidenze di unamaggiore efficienza o efficacia. Il taskshifting risponde alla tentazione forte di un uso op-portunistico delle competenze per una prospettiva disanità low cost, usata contro di noi. Il bisogno di ride-finire gli ambiti di cura e di assistenza attraverso lo svi-luppodelle competenze edelle responsabilità delle pro-fessioni sanitarie non può essere un’operazione a sen-so unico, realizzata fuggendo trasparenti percorsi le-gislativi, uno dei frutti del federalismo che balcanizzaanche le competenze professionali, essendo necessa-rio un chiaro rapporto di ruoli e di responsabilità ditutti gli operatori che assicurano la erogazionedeiLEA.Nè può essere sottovalutato il pericolo di vedere nelprocesso clinico assistenziale finalizzato al bene-esse-re del malato solo una sommatoria di autonomie pro-

fessionali, senza individuare una figura cui ricondurrela responsabilità unitaria del percorso ed il compito dirisolvere l’eventuale conflitto tra le autonomie. In que-sta complessità, da più parti si pensa che possa costi-tuire una efficace barriera la definizione per via legi-slativa dell’attomedico, ricondotto alla mera declara-toria delle competenze tecnico operative oggetto diesercizio esclusivo.Ma “Esso èpiù compiutamente de-finito da quell'insieme complesso di ruoli, funzioni eresponsabilità, comunque rilevanti e centrali nellemu-tevoli transazioni tramedicina e società, che in sanitàda tempo sono chiamate a corrispondere ai nuovi pa-radigmi dellamalattia, della salute, della cronicità, del-la equità, della qualità, della sicurezza, della sostenibi-lità etica ed economica della rivoluzione tecnologica escientifica, della soddisfazione dei bisogni dei cittadi-ni nel rispetto della loro autonomia” (Bianco). L’attomedico non è assorbibile in un atto sanitario per la suaspecificità, fondata su conoscenze e competenze ac-quisite in una formazione universitaria di base e spe-cialistica che complessivamente varia dai 10 ai 13 anni,ed il suo essere funzionale, non per una vetusta lettu-ra gerarchica e piramidale dei processi clinico assi-stenziali, a garantire una governance unitaria, efficiente

ed efficace della loro complessitàmultiprofessionale emultidisciplinare ed il conseguimento della loro fina-lità.Manon è dai contenuti amministrativi che si pos-sono fare derivare le professioni che non possono es-sere indipendenti dalle capacità cognitive dell’opera-tore per cui è preferibile spostare l’attenzione e la di-scussione dall’atto (compiti burocratici, profili, man-sioni) all’agente, “colui che lavora e che è definito dacontesti, che garantirà che tutto quello che lo ha defi-nito sarà in ogni atto che compie”.4) Il conflitto tra organizzazione e professioneDiversi osservatori ritengono che la malattia princi-pale del nostro SSN si chiami governance.La cornice legislativa degli assetti gestionali del SSN(Dlgs 502/92-Dlgs 229/99, L 3/2001), non ha, in questianni, né scoraggiato né impedito la possibilità per i de-cisori politici di invadere la sfera gestionale della sani-tà. La cascata delle responsabilità nel governo della sa-nità si è spesso tradotta inuna rigida catenadi comandoche ha piegato alle esigenze della politica quelle dellagestione. A partire dalle procedure di individuazionedeiDirettori Generali delle Aziende Sanitarie e di se-lezione dei Direttori di struttura complessa, che han-no reso possibile il ramificarsi di interessi clientelari espartitori nei confronti del management tecnico pro-fessionale, ai quali è stato subordinato il riconoscimentodelmerito e delle competenze professionali, in una in-quietante solitudine e fragilità verso il potere politicoche sceglie e valuta con totale discrezionalità, cui cer-to non porrà rimedio un albo nazionale, ancorchè co-stituito con criteri selettivi.Oggi la mission principale, se non unica, delle Azien-de sanitarie, è il governo dei costi di produzione attra-verso un puro meccanismo di controllo dei fattori diproduzione,medici e dirigenti sanitari compresi, sen-

za, peraltro, essere riuscite, come il disastro dei contidimostra, neanche a raggiungere l’obiettivo principa-le per il quale erano nate. La complessità del mondosanitario nonpuò, però, essere governata con i soli stru-menti della cultura aziendale, anche ove questi venis-sero utilizzati al meglio, cosa che in verità è accadutararamente.Una politica di efficienza e ottimizzazionedei costi richiede modifiche delle procedure clinichee quindi del comportamento professionale, che nonpossono essere affidate ai purimeccanismi di efficien-za gestionale. Occorre valorizzare la applicazione diconoscenze e valori professionali di diretta derivazio-ne clinica, abbandonando la invadenza e la prosopo-pea di una certa cultura manageriale che tutto riducea fattore produttivo, per non eludere il nodo del re-clutamento di saperi e competenze professionali sul

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vero obiettivo di “promuovere, mantenere e recupe-rare la salute fisica e psichica della popolazione”.Alla idea di governo clinico, che riconosce la centrali-tà del ruolo delle professioni all’interno delle AziendeSanitarie, è possibile affidare quanto la tradizionale cul-tura aziendalista ha dimostrato di non poter compiu-tamente provvedere, e cioè la garanzia delle finalità eti-che, civili e tecnico-professionali del servizio, nel ri-spetto delle compatibilità economico finanziarie, re-clutando tutti i professionisti, medici e non, all’obiet-tivo di invertire le curve di caduta della qualità e delconsenso sociale e della contestuale crescita dei costi.Il riconoscimento e il rispetto di una sfera decisionalefondata su una loro sostanziale autonomia tecnicopro-fessionale deve tradursi nella individuazione di orga-nismi professionali che orientino e supportino il ma-

nagement aziendale nelle scelte tecniche, e di proce-dure di selezione e verifica delle carrieremeno discre-zionali ed autoritarie, alleggerendo l’insopportabile de-riva burocratica verso la quale è oggi sospinta la prati-ca dell’appropriatezza clinica.Undiverso equilibrio, omeglio l’integrazione delle competenze e dei poterinelle aziende sanitarie, quello politico, quello mana-geriale e quello tecnico professionale è oggi questionecentrale e soprattutto cruciale nel vincere (o perdere)le due sfide più grandi per il nostro sistema sanitario ecioè quella del consenso dei cittadini e quella della suasostenibilità economica nella salvaguardia dell’univer-salismo e dell’equità.Non basteranno a vincere queste sfide pur necessarieiniezioni di meritocrazia o la messa in discussione delmitico rapporto fiduciario. Le aziende sanitarie sonodiventateOGMe lamalattia di cui soffrono è geneti-ca. Il management, per allineare le prestazioni alle ri-sorse sempre più limitate, interpreta e governa i pro-cessi clinico-assistenziali secondo l'unica cultura di cuidispone, quella dell'ottimizzazione dei costi diretti edindiretti dei fattori di produzione. Esso programma leattività in ragione dei minori costi preventivabili, ri-conduce i processi clinico assistenziali ad una sequen-za di atti e procedure, nei quali i professionisti vengo-

no assunti quali meri fattori produttivi; orienta la va-lutazione degli esiti prioritariamente sulla misura delconsumodelle risorse, rendendo flessibili e trasferibi-li funzioni e competenze, delimita gli ambiti di auto-nomia e discrezionalità nelle scelte dei professionisti.Questa logica poggia su una visione della governancedelle organizzazioni sanitarie in cui leRegioni, stretteda vincoli economici, non intendonomodificare la ca-tena di comando delle decisioni, comprese quelle cheentranonel core delle pratiche professionali e della se-lezione del merito e delle competenze. La discrezio-nalità connessa al principio del rapporto fiduciario, lanatura monocratica del management aziendale, la su-balternità dell’autonomia tecnico-professionale alle ra-gioni della gestione economicistica che esse rivendi-cano, è il paradigma unico e immutabile, quasi un va-lore indisponibile. Questo pensiero unico, fortemen-te strutturato, è tenacemente protetto nella architet-tura normativa dell'azienda sanitaria, e della Regionedivenuta quasi una corporation. Ed è questo il puntodamettere in discussione, non certo con la sola costi-tuzione di albi, che peraltro esistono già in alcuneRe-gioni, sia pure formati per titoli e colloquio, ma recu-perando l’idea del governo clinico chemantiene le suebuone ragioni anche se ha perso forza, agibilità e con-cretezza, in una inerzia legislativa che ha indebolitopotenzialità e deluso speranze. Rimane per noi evi-dente la necessità di un sostanziale cambio di paradig-ma culturale, politico e sociale che, a garanzia di un ser-vizio sanitario universalistico, equo, efficace e solida-le, definisca un nuovo Patto con la professione medi-ca in una nuova cornice culturale, giuridica, ammini-strativa, civile e sociale.RUOLO SINDACALEIn queste settimane la Associazione è stata impegna-ta in una nuova fase congressuale, in cui con la sostan-ziale tenuta degli iscritti, rispetto al 2010, ad onta diuna incipiente gobba demografica e di una crisi

della rappresentanza comune a tutte le organizzazio-ni, ed alle famiglie politiche, nasce un nuovo soggettosindacale che con la storica sigla Anaao Assomedmi-ra a rappresentare,mediante l’adozionedi politiche in-clusive e multiprofessionali, diversi soggetti profes-sionali che vivono la stessa organizzazione del lavoronegli stessi spazi fisici e con le stesse regole, a prescin-dere dalla qualifica e dallo stato giuridico. Sia per me-glio rispondere alle nuove norme che regolano la con-trattazione nel pubblico impiego sia per accettare lasfida e la responsabilità di rappresentare il lavoro in sa-nità in tutte le forme in cui oggi viene declinato, percontinuare ad essere il più forte sindacato anche nellenuove aree contrattuali disegnate dalla L.150/2010.Questa trasformazione, anche in presenza di parame-tri vitali ancora soddisfacenti, è stata resa necessariadai cambiamenti degli ultimi anni perchéquando cam-bia il contesto, per le organizzazioni, cambiare non èpiù una scelta,ma una necessità. Spendendosi dal latodelle soluzioni piuttosto che indulgere alle nostalgiedei tempi passati.Credo nessuno dubiti della profondità delle trasfor-mazioni che investono le categorie professionali chevogliamo rappresentare ed il Servizio Sanitario Na-zionale in cui viviamo, e gli stessi luoghi fisici del no-stro lavoro.Oggi le nuove forme di aggregazione professionale esociale, l’esplodere dei contratti atipici così diversi dalrassicurante tempo indeterminato cui eravamo abi-tuati, il collasso del sistema formativo con 25.000me-dici allo sbando, la nuova composizione dei tavoli con-trattuali richiedono una svolta coraggiosa per rialli-neare la nostra organizzazione ai mutamenti in atto.Per di più, appare interrotta la stessa linearità del per-corso studio-lavoro che ha caratterizzato le genera-zioni precedenti. L’ospedale nonèpiù lameta agognatané il punto di arrivo di una storia naturale del “fare ilmedico”, di un lungo percorso formativo. Complici ilpeggioramento delle condizioni di lavoro, e delle re-tribuzioni, nonché il fallimento della programmazio-ne dei fabbisogni formativi specialistici, in alcune di-scipline cominciano a diffondersi forme di lavoro an-che di tipo collegiale, nelle quali i medici rifuggono lostatus di dipendentepermuoversi comeautonomi cot-timisti di lusso.Non esistono più le rendite di posizione, e non è piùconsiderata scontata la effettiva capacità delle orga-nizzazioni sindacali di rappresentare in maniera ade-guata il lavoro nelle molteplici forme in cui viene de-clinato.L’onda lunga della crisi di consenso e di fiducia versole Istituzioni ha ormai raggiunto anche il sindacato ela sua capacità di rappresentanza. Sparare contro il sin-dacato è diventato unamoda, una variante della reto-rica anti-casta, terrenodi consensi a buonmercato.An-zi, grazie al fatto che è in caduta libera in tutti i son-daggi, al penultimo posto nel gradimento degli italia-ni con il 19,5%di fiducia, sembra diventato la causa ditutti i guai del Paese, accusato di rappresentare,male,solo gli interessi dei propri iscritti e di non tutelare glioutsiders. Inmolte aziendemedici divisi dalla età e dadiverse forme contrattuali svolgonomansioni sostan-zialmente identiche con disparità di retribuzione e didiritti. Lavorano fianco a fianco divisi da barriere invi-sibili, ed il sindacato sembra stare da un solo lato. Ilgioco al ribasso sui diritti e sulle tutele è, però, un ri-schio da evitare perché è la forza della organizzazionee degli organizzati che permette di includere gli esclu-si. La delegittimazione delle rappresentanze sociali èfunzionale al mantenimento delle politiche recessive,in suo nome si faranno altri passi indietro, anche se lichiameranno riforme strutturali. Oggi qualsiasi rap-presentanza, compresa la nostra, èmessa in discussio-ne dai cambiamenti che esprimonopoteri permeati dauna logica autoritaria che, in quanto tale, va al di sopradella rappresentanza, obbligandola a ridefinirsi e rein-

LARELAZIONE

DEL SEGRETARIO

NAZIONALE

La complessità del mondo sanitario non può,però, essere governata con i soli strumentidella cultura aziendale, anche ove questivenissero utilizzati al meglio, cosa che inverità è accaduta raramente. Una politica diefficienza e ottimizzazione dei costi richiedemodifiche delle procedure cliniche e quindidel comportamento professionale, che nonpossono essere affidate ai puri meccanismidi efficienza gestionale

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ventarsi se vuole sopravvivere ed evitare la eclissi deltempo dimezzo.Ma la rappresentanza non è attribu-zione stabilita per legge o gentile concessione di spa-zio concertativo da parte della politica. Essa è combi-nazionedi interessi, conflitti e partecipazione cheespri-me orgoglio e coraggio.Orgoglio di essere il telaio di qualunque società che in-tenda definirsi come nazione, una componente indi-spensabile nella gestione delle società complesse, chenon funzionano senza processi di rappresentanza nènella quotidiana fisiologia nè nel dialogo con la politi-ca, coraggio di riprendere le fila delle proprie origini dimovimento collettivo e di ritornare alla sorgente del-la propria forza, gli interessi concreti e gli umori dellagente che vogliamo rappresentare. Nelle forme di li-bera autoorganizzazione, i cui spazi sono stati forte-mente limitati con il taglio del 50% dei permessi sin-dacali. Rifiutiamo il mondo che molti leader politici,di destra e di sinistra vorrebbero, in cui il sindacatosemplicemente non esiste, superato dai tempi che cor-rono scartando chi non sta al passo. In cui non esistenessun cuscinetto tra lavoratore e padrone e tutto siriduce a questione privata, guerra personale, solitudi-ne di fronte allo Stato ed alla arroganza del potere. Illavoro al tempodel colera.Non ci sentiamoorfani del-la concertazione, o sconcertati, ma protagonisti checontinuano ad avere un ruolo ed un senso se esprimo-no solidarietà, comunità, partecipazione, anche an-dando oltre la rappresentanza e gli interessi dei soli la-voratori stabili (insider). Paradossalmente, l’acuirsi diincertezze e criticità nel mondo del lavoro oggi fa ri-tenere antiquata l’idea associativa, nata dai grandi par-titi e movimenti del secolo breve, come forma orga-nizzata di tutela delle aspettative e dei legittimi inte-ressi, individuali e generali. O illusoria la solidarietàprofessionale che fa assumere i problemi di uno comeproblemi di tutti. “An injury to one is an an injury toall”, ilmotto di un sindacato americano del primoNo-vecento.Nessuno rimanga solo con i propri problemi.Ma dobbiamo cominciare a chiederci fino a che pun-to i nostri iscritti si sentono adeguatamente rappre-sentati nelle loro aspettative e tutelati nei loro legitti-mi interessi. E se le donne-medico ed i giovanimediciriescono a percepirci come compagni della stessa edunicabattaglia professionale e sindacale, capacedi espri-mere in logiche unitarie questioni di genere e di età,istanze di carriera e retributive che possono essere le-gittimamente differenti. Senza fare finta di non vede-re le ragioni di una progressiva disaffezione alle nostreassemblee, che spesso faticano a riempire le sale in cuisono ospitate, ed alle iniziative di lotta e protesta, spe-cie se comportano un qualche onere.Un sindacato che voglia opporsi alle derive in atto edal tempo stesso progettare il futuro, deve confrontar-si con la capacità di coinvolgere donne e giovani perpromuovere e governare un ricambiodi genere e di età,essendo il tempoed i numeri i più potenti fattori di en-tropia.I giovani ricordano un po’ la generazioneOmega di “Ifigli degli uomini” di P.D. James, unici superstiti in unmondo vecchio e distrutto, in cui da un paio di decen-ni non nascono più esseri umani, e in cui la conviven-za tra generazioni, con i reciproci patrimoni, sembranon poter più esistere. Alle prese con problemi ormaivecchi, quali un lunghissimo periodo formativo, unainsufficiente expertise professionale, un futuro previ-denziale reso drammatico dalla rottura del patto in-tergenerazionale, una stagione di precariato che sem-bra eterna, producendo effetti negativi anche su red-dito e carriera.Stride con questo scenario la presenza e l’estendersi diuna sfiducia, profonda e generalizzata, verso tutti e tut-to. Compreso il sindacato. La difficoltà a coinvolgerei giovani alimenta fratture che la crisi economica haamplificato fino a fare considerare i sindacati parteci-pi di un complotto contro i giovani ed addirittura cor-

responsabili dello stato di cose. Le contraddizioni in-trodotte all’interno del nostromondo possono esseregovernate solo da una forte assunzione di responsabi-lità verso le nuove leve, per evitare unbipolarismo ana-grafico. Stiamo già assistendo ai guasti sociali di cate-gorie di lavoro dipendente, comprese le nostre, vistecome privilegiate (le pensioni di argento e d’oro, il si-stema retributivo, i livelli economici) contro le quali siaizza un livore che trova in associazioni parasindacaligialle un veicolo pericoloso.Per questi motivi abbiamo dato vita ad “Anaao Gio-vani”, un laboratorio di under 40 chiamato ad agire sulcampo conproprie iniziative e proposte, per esprime-re il proprio punto di vista nella lettura del mondo sa-nitario con occhi diversi da chi conta i giorni alla alba.Provvisto della necessaria autonomia, anche nella scel-ta di un proprio gruppo di coordinamento, per essereuno dei luoghi dove ripensare e ridefinire il sindacatodei prossimi anni emettere in campouna nuova gene-razione per trovare lo schema di gioco più utile allasquadra.Nonunpuro rinnovamento anagrafico, omag-gio allamoda giovanilista del tempo,ma la consapevo-lezza di dover cambiare il modo di essere sindacato, acominciare dalla immagine e dalla percezione che delsindacato hanno troppi colleghi giovani. L’offerta sin-dacale oggi, polverizzata in una miriade di sigle, è ca-ratterizzata spesso da profili di “medici arrivati”, qua-si una controparte o comunque una parte che ha la-sciato ai giovani debiti individuali e contraddizioni disistema. Le stessemodalità della attività sindacale pa-iono poco adatte alla nuova democrazia rappresenta-tiva e partecipativa, dei blog, di facebook o twitter.E le donne medico già reclamano una nuova organiz-zazione del lavoro, capace di conciliarlo con i tempi divita, senzapassi indietro sul terrenodei diritti.Traqual-che anno ci sarà un cambio di maggioranza di cui nonè possibile non tenere conto.Nella nostraAssociazio-ne le donne rappresentano già circa il 40%degli iscrit-ti. Il sorpasso di genere che si profila non riesce anco-ra ad esprimere, nei fatti, una diffusa consapevolezzadella necessità di un soggetto sindacale coerente coldisagio femminile. Un soggetto capace di un’elabora-zione finalizzata a rappresentanza eprotagonismo, nonsolo verso modelli di lavoro life balanced, ma ancheverso la costruzione dimodelli di cura attraversati dal

pensiero e dall'espressione della differenza. Un sinda-cato come l’AnaaoAssomednonpuònon tenere con-to del fatto che “La differenza di genere non è solo unsistema arbitrario di soprusi ma è semplicemente unaforma di antieconomia in tutti i sensi al pari di tutte leforme di anacronismo che riguardano i modelli orga-nizzativi, la gestione finanziaria e le pratiche profes-sionali ecc.”.I temi che abbiamo avuto il coraggio di assumere al-l’internodelle nostre linee sindacali in questi anni han-no oggi una compiuta rappresentanza all’interno degliorganismi statutari, centrali e regionali. Anche graziea politiche positive di quote di rappresentanza, che cihannoportato, in questo stesso congresso, ad interro-garci sulla diversa natura, - forme e crisi - della rappre-sentanza stessa.Nei loro confronti si possono avere le-gittimi punti di vista divergenti, ma crediamo che es-se possono agire da catalizzatori di processi sublimi-nali. La età media dei nostri iscritti è aumentata di 1anno dal 2010 al 2013,ma non intendiamo rinchiuder-ci nella logicamanichea del vecchio-cattivo e giovane-buono. Anche perché in sanità vecchio e nuovo ap-partengono alla stessa realtà e quindi sono intercon-nessi e contigui inevitabilmente. E in nessun settore ilricambio avviene immediatamente sotto il segno del-la equivalenza delle competenze.Lo scenario che abbiamo in mente disegna le condi-zioni per un processo realizzato con impegno e sensodi responsabilità di tutti, uno sguardo lungo e non li-mitato al proprio ombelico, anche a costo di metterein discussione la consuetudine a trasformare l’AnaaoAssomed, ed i suoi organismi, quasi in una seconda ca-sa dove crescere ed invecchiare. Per evitare che l’oc-cupazione vitalizia di ruoli e funzioni ed incarichi pos-sa trasformarsi in unostacolo verso nuove leve. La fun-zionedei dirigenti sindacali è a termineper forza di co-se, e la capacità di farsi da parte richiesta a tutti è un

Abbiamo bisogno di parole d’ordine e bandieredietro le quali marciare: contratto subito,legge sulla responsabilità professionale,giovani, lotta al precariato e cambio diparadigma del sistema formativo,valorizzazione del lavoro

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fattore essenziale per la crescita del sindacato ed il suoallineamento continuo con il mondo del lavoro chevuole rappresentare. Un rinnovamento come valorecompetitivo, se condotto all’insegna della capacità divalorizzare i più capaci, a prescindere dalle simpatie edalle cordate, territoriali o ideologiche, che possonocrearsi in tutte le organizzazioni.In fondo noi abbiamo cominciato a cambiare già dalCongresso di SilviMarina nel 2010, dove abbiamopre-so atto del matrimonio celebrato con il sindacato piùrappresentativo dell’area della dirigenza sanitaria,ma-trimonio di interesse certo,ma nonprivo di solide ba-si di visioni ed intenti comuni e che oggi traduciamonel dettato statutario. Ed abbiamo inserito i limiti dimandato e di quiescenza per le figure apicali.Viviamo in un periodo di pensiero debole ed identitàprofessionali confuse e fragili, in una crisi del sociale,e della politica, che alimenta un neoindividualismocompetitivo e autosufficiente. Anche per questo cre-diamonecessaria una rappresentanza sindacale più for-te, capace di rilanciare un nuovo professionalismo cherecuperi, in una piattaforma professionale, le linee difrattura, la frantumazione e lo smarrimento della iden-tità professionale, per far valere le ragioni della pro-fessione. Emettere fine a una diaspora infinita di sigleche restano bizantine nelle differenze. Tutto cambia,ma i sindacati deimedici rimangono uguali a se stessi,con conflitti orizzontali a bassa intensità, ma ostinatia rimanere sparpagliati, facile vittimadel potere di tur-no.Non sono stati fatti né piccoli passi avanti né gran-di balzi, per scarso coraggio e fantasia, anche nostra, omiopia, in prove tecniche di unità, con il fine di farsirispettare ed ascoltare. Eppure nel Paese la voglia dicambiamento avanza impetuosa, anche se conelementicontraddittori.L’intersindacale, di cui siamo stati anima e corpo, haavuto il grandemerito di riempire il periodo di fermobiologico con slancio e capacità di iniziativa, dai co-municati alle assemblee, dai sit in alle lettere alle Isti-tuzioni, dalle petizioni on line agli scioperi fino allagrande manifestazione del 27 ottobre 2012. Oggi co-minciamo a cogliere scricchiolii e vedere crepe, piccolitatticismi che rischiano di perdere il senso della unitàcome valore. Comunque, una sostanziale inadegua-tezza rispetto alle necessità. Se un nuovo soggetto sin-dacale potrà nascere, speriamo in tempi non biblici,solo per gametogenesi, occorre pensare presto a for-me nuove che semplifichino la capacita e le modalitàdella rappresentanza sindacale, a cominciare dalmon-do della dipendenza, amplificandone la massa critica.Questi obiettivi richiedono lo sforzo congiunto di tut-te le rappresentanze storiche della Professione senzastancarci di costruire confronto, dialogo, iniziative eprogetti perché nei vuoti determinati da protagonismiidentitari esasperati, pocodialoganti, si incuneano cul-ture e forze dirompenti che vogliono imporre scelte esoluzioni che ci dividono, ci indeboliscono e ci dan-neggiano.Nonusciremodalla crisi uguali a comeci sia-mo entrati. Anzi, non usciremo dalla crisi se rimarre-mo uguali a come ci siamo entrati. Nei nuovi scenarila crisi di identità della professione e la estrema fram-mentazionedella sua rappresentanza costituiscono fat-tori strutturali di debolezza, che non dobbiamo ac-cettare con fatalismo.Dobbiamo interpretare e gesti-re la natura e la complessità dei fenomeni che negli ul-timi decenni hanno coinvolto, e spesso travolto, le tra-dizionali linee di esercizio professionale, e che hannosollecitato lo sviluppo di comportamenti difensivi, dipaure, di sospetti e talora di rassegnate soluzioni indi-vidualistiche volte ad una mera riduzione del danno.Senza la mortificazione dei legittimi orgogli di storiee culture associative differenti, né la sovrapposizionedi funzioni e compiti, ma con la straordinaria respon-sabilità dimettere quelle diversità al servizio di una vi-sione comune della professione che, nel servire il Pae-se, legittima e rafforza il prestigio dei suoi ruoli socia-

li, civili e tecnico professionali. Troppi frammenti sen-za collante, coriandoli di diversa grandezza, caratte-rizzano una parcellizzazione estrema della rappresen-tanza degli interessi in cui ognuno si vive come auto-nomo ordine. I numeri della sindacalizzazione medi-ca, i più alti del mondo del lavoro, rimarranno figuranumericamente astratta se non riusciremo a trasfor-mare la aritmetica in politica. AncheAl Fatah edHa-mas hanno compreso l’importanza di un governo in-sieme.Magari ci vorrà del tempo perché certi mecca-nismi producano risultati ma alla fine lo faranno. Bi-sogna, però, fare presto ad uscire dalle ridotte ove ri-schiamodi finire come i topi, sia pure tenendo alto cia-scuno il proprio vessillo, perché forte è il rischio che lefamiglie professionali si trasformino in etnie. E gli spa-zi politici possono essere riempiti facendopolitica e lapolitica si fa guardando più avanti del futuro imme-diato. Il sindacato è anche capacità di assumere rischi,senza la quale nessuna innovazione èpossibile. E’ difficile? Certo ma, per dirla con Seneca,“non è perché le cose sono difficili che noi non osia-mo, è perché non osiamo che sono difficili”.Per quello che riguarda l’AnaaoAssomed, vogliamoof-frire a tutti gli iscritti, ma soprattutto a giovani e don-ne, che sono non il nostro futuro,ma il nostro presen-te, una organizzazione convincente ed attrattiva perassicurarci una storia ancora più gloriosa di quella vis-suta nei primi 50 anni. Un sindacato più forte, capacedi farsi portatore di istanze diverse e di tutelare inte-ressi legittimamente differenti, includere letture dif-ferenti del mondo sanitario perché fatte da occhi di-versi. Per cambiare le parole ed i paradigmi della pro-fessione, a partire dalla formazione, e (ri)cominciaredal valore del lavoro e della salute. Per essere protago-nisti, responsabili e creativi, del cambiamentodella sa-nità italiana, nel quale i medici non possono essereespulsi da ruoli organizzativi e gestionali per essere con-finati nella cittadella delle competenze cliniche, per laverità affollata da unamoltitudine di strangers.Per intanto un compito cui non possiamo sottrarci èdare al cambiamento un contenuto ed unprogetto, unprogramma convincente e dirigenti credibili, per su-scitare aspettative che contengono dosi di speranza efiducia che non hanno solo un valore etico ma anchedi appartenenza.IL FUTUROLa stagione di coloro che pensarono, alla fine degli an-ni 50, ad unnuovo sindacatomedico autonomoequel-la di coloro che lo fecero grande e protagonista dellanascita del Servizio Sanitario Nazionale, si avvia allaconclusione. Ciò che rimane di quelle generazioni sitrova a governare un cambio, forse non solo di gioca-torima anche dimoduli di gioco, alle prese con nuovemodalità di comunicazione che ancora nonpadroneg-giamo. Abbiamo bisogno di parole d’ordine e bandie-re dietro le qualimarciare: contratto subito, legge sul-la responsabilità professionale, giovani, lotta al preca-riato e cambio di paradigmadel sistema formativo, va-lorizzazione del lavoro calate in una nuova sceneggia-tura per vecchi e nuovi interpreti. E di unMinisteroche avverta la responsabilità del grande patrimonioprofessionale che gli viene affidato, valorizzandolo edifendendolo tutto, senza cordate o simpatie politi-che, come ha fatto e fa ilMinistro degli interni con ilcomparto sicurezza o ilMiur con il comparto scuola.Il cambiamento necessario passa per il lavoro, e peril contratto come strumento di innovazione e terre-no di scambio. Chi tiene aperti i cancelli della fab-brica senza fare serrate, malgrado il peggioramentodelle condizioni retributive e di lavoro, siamo noi, noiche abbiamo il reale ed effettivo possesso dei mezzicapaci di risolvere la domanda di salute. Da questaleadership sociale vogliamo ripartire, per tornare acredere in noi stessi, per la assunzione diretta di re-sponsabilità individuali e collettive in una civile e for-te difesa del Servizio Sanitario Nazionale e della no-

stra professione, della sua autonomia e dei suoi legit-timi interessi. Noi non siamo palle da biliardo che simuovono sul tappeto assecondando i movimenti dichi muove la stecca o, peggio ancora, operatori invi-sibili. Siamo una risorsa preziosa alla ricerca di un ruo-lo che renda la giusta evidenza della nostra utilità, cheva oltre le conoscenze riferite ai corpi, perché nem-meno il medico può essere refrattario alle disconti-nuità del contesto sociale cui appartiene e da cui ri-tiene, a torto, di essere autonomo. “Un’artista non èmai povera” faceva direKaren Blixen a Babette quan-do raccontò di aver speso tutto il patrimonio vintoalla lotteria nella preparazione del bellissimo pranzo.Dopo anni in cui molto è andato perso, ma è anchestato sperperato, non solo posizioni, ma anche fidu-cia, dignità, quel che resta ancora di quell’arte non èpoco.Chi lotta può perderema chi si rassegna ha già perso.E perde ogni giorno.Ma ogni giorno noi vogliamo ri-conquistare un ruolo sociale e politico, appannato dal-le troppe divisioni e dalla scarsa presenza sulla scena,per recuperare la forza necessaria per affrontare i pros-simi appuntamenti legislativi, contrattuali e proget-tuali. Sconfiggendo un disfattismo nichilista o la abu-lia depressiva di quelli che “non facciamo niente per-ché non serve a niente”.Solo l’apertura di una nuova stagione da parte di tut-te le forze che hanno a cuore il patrimonio e la sortedel SSNpotrà salvarlo. E’ ora che i numeri non occu-pino l’intero spazio mentale e materiale ed in scenafacciano irruzione i diritti dei cittadini ed il valore dellavoro professionale. Come dicevaNorberto Bobbiol’età dei numeri non può sostituire la età dei diritti.Non si tratta solo del nostro destino o di quello del-la sanità pubblica. Si tratta anche della stessa idea disocietà, di comunità, di democrazia e libertà di tuttele persone.Take home message. Il sindacato medico e della di-rigenza del SSNnon èmorto, il che non è poco di que-sti tempi, e vuole farsi carico della difesa di un siste-ma sanitario pubblico e nazionale, provando, ancorauna volta, a tenere insieme legittimi interessi delle ca-tegorie e diritti dei cittadini. Diritto alla cura e dirit-to a curare in autonomia e responsabilità si salvanoinsieme o insieme periranno.La sfida è per tutti: cittadini, Istituzioni, partiti. Noifaremo la nostra parte con l’orgoglio di quello che sia-mo, nonostante tutto.La sanità è un tema centrale nella vita e nei valori diun Paese civile, ma la Politica, che è chiamata a ga-rantire che il punto di caduta di questi fenomeni siasempre all’interno della cornice di garanzie costitu-zionali dell’articolo 32, deve attrezzarsi a un nuovopensiero sull’organizzazione della sanità pubblica.Partiti, vecchi e nuovi, e movimenti, devono decli-nare politiche sanitarie ed una loro idea nazionale al-la altezza delle sfide di oggi. Il rischio è che lascino iltestimone della difesa di un sistema sanitario pubbli-co e nazionale solo nelle mani dei medici ed il gridodi dolore per lo scenario prossimo venturo solo sulleloro bocche. Non basta ripetere il mantra “cambiareverso” se non si sa se in meglio o in peggio.Per quanto mi riguarda, avverto il peso della granderesponsabilità che, non prevista e non cercata,mi ave-te affidato e di quella che, eventualmente, vorrete af-fidarmi. Con poche certezze e molte incertezze, in-tendo iniziare, insieme a voi il viaggio nei nostri idea-li, ma soprattutto nei doveri e nelle responsabilità checi siamo assunti verso la nostra professione e verso icittadini del nostro Paese. Anche il futuro come la sa-lute ha un cuore antico che raggiungeremo con la pas-sione, l’impegno, l’orgoglio del nostro lavoro.Non esiste la supernocciolina di superpippo ma allafine andrà tutto bene.E se non andrà bene vorrà dire che non siamo anco-ra alla fine.

LARELAZIONE

DEL SEGRETARIO

NAZIONALE

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12 Dirigenza Medica IL MENSILE DELL’ANAAO ASSOMED 6/201412 Dirigenza Medica IL MENSILE DELL’ANAAO ASSOMED 6/2014

Ecco il testo comple-to della Mozione ap-provata al terminedel 23° Congresso na-zionale dell’AnaaoAssomed:

“Il Congresso NazionaleAnaao Assomed tenu-tosi ad Abano dal 17 al21 giugno 2014 si rico-nosce nella relazionedel Segretario Nazio-nale dott. CostantinoTroise e negli inter-venti dei delegati che,nel loro insieme, han-no evidenziato le criticità della sanità pubblicache aggravano le condizioni di lavoro dei pro-fessionisti eminacciano i principi fondamenta-li di uguaglianza, solidarietà ed universalismo delSSN.In un Paese nel quale si contano oltre 8 milioni dicittadini sulla soglia di povertà e milioni di gio-vani alla ricerca di prima occupazione (46%), lasanità pubblica, nonostante che la spesa sanita-ria sia cresciuta negli ultimi anni al di sotto del-la media europea e che la spesa per la non auto-sufficienza ed invalidità per anziani disabili siala metà della spesa pro capite di Regno Unito eFrancia, continua a svolgere una inestimabilefunzione di ammortizzatore sociale e di coesio-ne sociale. Il definanziamento del sistema e lasostenibilità economica, declinato nella unicaed esclusiva forma del contenimento della spe-sa, hanno determinato tagli lineari e vuoti assi-stenziali, al punto che oggi solo dieci Regionigarantiscono i LEA. La crisi ha accentuato glisquilibri traRegioni più ricche eRegioni più po-

vere, ha prodotte forme dimigrazione sanitaria,ha frantumato la rete dei diritti al punto che ildiritto della salute diventa una variabile del luo-go di residenza.In questo contesto l’abbattimento del costo delpersonale dipendente (-3% nel 2010-2012, ulte-riore -1,1% nel 2013) diventa il principale obiet-tivo delle politiche sanitarie. Nella governancedelle aziende sanitarie i medici ed i dirigenti sa-nitari perdono l’identità di professionisti per es-sere assimilati a fattori produttivi da utilizzarein base a pure logiche economicistiche. Le ri-sorse umane diventano un costo da abbattere,un numero complessivo di unità da ridurre, tra-sferendo competenze verso figure professiona-li a minor costo o prefigurando soluzioni pro-grammatiche e legislative che, negando il ruolodi dirigente, riportano indietro nel tempo ime-dici ed i dirigenti sanitari verso contratti a mi-nor costo oggi non più praticabili e tollerabili.La questione medica rimane ancora oggi un pro-blema irrisolto, sostenuto da un disagio profes-

sionale figlio di un continuo processo di dele-gittimazione che vede imedici ed i sanitari sem-pre più marginalizzati e costretti in matrici or-ganizzative che il più delle volte trascurano lecompetenze e mortificano la passione. Cresceil contenziosomedico-legale alimentato da com-portamenti opportunistici e da falsi miti, ag-gravato dal ritardo di provvedimenti legislativiche riscrivono le norme sulla colpa necessariead un diverso inquadramento giuridico della re-sponsabilità medica. Servono nuovi soluzioni,quali il passaggio ad un sistema assicurativo nofault, svincolato dalla necessità di provare le re-sponsabilità, una innovativa visione del proble-ma che ponga il tema degli eventi avversi comeparte costitutiva dei LEA, la cui responsabilitàè ricondotta agli stessi soggetti cui la costitu-zione pone l’obbligo di garantirli a tutti i citta-dini.Il blocco del turn-over ha prodotto vuoti nelle do-tazioni organiche, costringendo i medici e i di-rigenti sanitari a ritmi e turni di lavoro il più del-le volte insostenibili, con grave pregiudizio del-la qualità e sicurezza delle cure, obbligandoli amilioni di ore aggiuntive, quasi sempre non re-tribuite e non recuperabili, a mancati riposi eda ferie non godute. Come effetto collaterale si èandato ampliando il numero di medici e sanita-ri disoccupati e precari, una intera generazionedi giovani respinta o relegata dopo 11-12 anni diformazione in contratti di lavoro atipici che ne-gano i diritti fondamentali del lavoro.Non è pen-sabile una riorganizzazione del sistema sanita-rio senza la premessa della fine del precariato,ed è questo il nostro punto di partenza.Il blocco del contratto, che dura ormai da cinqueanni senza nessuna prospettiva di rinnovo a bre-ve, ha comportato una riduzione del potere diacquisto delle retribuzioni pari al 20%. La si-

La mozione finale del Congresso nazionale

La piattaforma di iniziativa per i prossimi quattro anni prevede 5 obiettivi:contratto subito, legge sulla responsabilità professionale, lotta al precariato eal blocco del turn over, cambio del sistema formativo recuperando il ruoloprofessionale del SSN, valorizzazione del lavoro di medici e sanitari.

Basta con gli attacchi alpersonale sanitario. Siamo noiil motore del sistema”

23° CONGRESSO

NAZIONALE

ANAAO ASSOMED

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Dirigenza Medica IL MENSILE DELL’ANAAO ASSOMED 6/2014 13

stematica negazione della normativa contrat-tuale perseguita dalle amministrazioni regiona-li ed aziendali, ha contribuito ad aggravare lecondizioni di lavoro creando un clima di sfidu-cia e di rabbia nella categoria. E’ indispensabileritrovare certezze nel rispetto delle norme, a par-tire dal meccanismo di progressione di carrierache deve essere liberato dalle ingerenze della po-litica e che deve essere centrato esclusivamentesul merito. E’ necessario arrivare al più prestoalla definizione delle aree contrattuali ed aprireuna nuova stagione contrattuale che consentauna diversa configurazione del mondo del lavo-ro sanitario, aggiornando norme ed organizza-zione, creando le premesse indispensabili al cam-biamento.I ritardi della politica sanitaria si misurano princi-palmente nei ritardi di organizzazione della re-te ospedaliera e territoriale. L’unico obbiettivocostantemente perseguito come filo condutto-re di programmazione e spending-review è sta-to l’abbattimento della dotazione dei posti let-to. Gli ospedali hanno perso in 10 anni oltre70.000 posti letto, raggiungendo un rapportoper abitante che si pone ben al di sotto dellame-dia europea. L’allungamento delle liste di attesaed il sovraffollamento dei PS, principali conse-guenze di questa politica recessiva, sono diven-tati un dramma quotidiano che famiglie emedi-ci devono affrontare in assoluta solitudine, il piùdelle volte su fronti opposti, tra incomprensio-ni che alimentano il contenzioso medico-legaleed incrinano il rapportomedico-paziente. Il tra-sferimento delle risorse dall’ospedale al territo-rio, intesa generalmente come la unica forma diprogrammazione e di riorganizzazione delle cu-re in risposta alle transizioni demografiche edepidemiologiche, trascura che gli anziani sonoprevalentemente polipatologici e soggetti a fa-cili instabilità cliniche che il più delle volte ren-dono necessario il ricorso all’ospedale.I ripetuti interventi legislativi che a partire dal 2010hanno interessato la Pubblica Amministrazio-ne (blocco delle retribuzioni, blocco del turn-over, riforma delle pensioni ecc.) hanno colpitoindiscriminatamente anche la Dirigenza medi-ca e sanitaria, disconoscendo la sua natura di di-rigenza specificatamente tecnico- professiona-le. Una dirigenza con una identità giuridica ca-ratterizzata da un duplice profilo, da un lato quel-lo di dipendente per la sua collocazione nel pub-blico impiego e dall’altro quello di dirigente perle sue specifiche funzioni di gestore ed ordina-tore di spesa. La frustrazione prodotta dal man-cato riconoscimento del valore e del significatodellaDirigenzamedica e sanitaria non deve tra-dursi in un chiamarsi fuori per dedicarsi alla pu-rezza della professione, lasciando ad altri la re-sponsabilità della gestione. Nell’attesa di indi-

viduare diverse collocazioni giuridiche (catego-ria speciale, rapporto di convenzione) è preferi-bile rivisitare, con presupposti più coerenti conla natura peculiare del sistema salute, il caratte-re di dirigenza speciale delineato dall’art. 15 delDlgs 502/92 e sm. rafforzandone tutti quei ca-ratteri di autonomia che rendono peculiare lafunzione sanitaria sia nel profilo professionaleche gestionale.La formazione medica è diventata una vera emer-genza nazionale che non può essere affrontatasenza mettere in discussione il ruolo della Uni-versità che continua a considerarsi una variabi-le indipendente del sistema, estranea ad ogniprogetto di riorganizzazione. Il sistema forma-tivo pre-laurea sconta ritardi di competenze pro-fessionali e quello post-laurea è condannato al“collo di bottiglia” nel quale restano prigionierimigliaia di neolaureati che non avranno accessoalla formazione specialistica e a quella della me-dicina generale, requisiti legislativi necessari perl’accesso al lavoro nel SSN.Una formazione post-laurea che è sottratta agli ospedali, a differenzadi quanto accade nel resto di Europa, finalizza-ta agli interessi della Università piuttosto che aquella del futuro medico specialista, sganciatada una rigorosa programmazione dei bisogni for-mativi. E’ indispensabile accorciare il tempo del-la formazione post-laurea per favorire un ingressoprecoce nel mondo del lavoro assicurando inquestomodo un dignitoso futuro previdenzialeai giovani medici. Ma è assolutamente inaccet-tabile che tale soluzione si accompagni ad un lo-ro inquadramento contrattuale nell’area del com-parto trasformando imedici inmaxi infermieri,una riserva indiana di lavoro flessibile ed a bas-so costo.Il XXIII Congresso Nazionale Anaao Assomedmette alcentro delle proprie rivendicazioni il lavoro edil valore intrinseco del sapere e del saper fare. Illavoro arricchito dall’autonomia professionalee dalla responsabilità. Il lavoro come diritto a di-fesa di altri diritti, in una congiunzione che lotrasformi nel più grande e potente fattore di cam-biamento della storia.I LEA sono i professionisti che rivendicano di-gnità e diritti. I LEA siamo noi, siamo noi chefacciamo la differenza tra la vita e la morte, tramalattia e salute e senza di noi non è possibile ilrilancio del SSN.Il XXIII Congresso Nazionale Anaao Assomed chiamai medici ed i dirigenti sanitari italiani a mobili-tarsi intorno a parole d’ordine che diano sensoe forza alle nostre future battaglie:1) Contratto subito come strumento di gover-

no.2) Legge sulla responsabilità professionale.3) Lotta al precariato ed al blocco del turn over.4) Cambio del sistema formativo recuperando

il ruolo professionale del SSN.5) Valorizzazione del lavoro di medici e sanita-

ri che danno contenuti professionali ai rife-rimenti normativi del diritto alla salute.

Il XXIII Congresso Nazionale Anaao Assomed impegnai gruppi dirigenti eletti a tutti i livelli nel perse-guire questi obiettivi continuando a reclutareenergie ed intelligenze di giovani e donne cui af-fidare il compito di coltivare la nostra passionecivile in difesa dei cittadini e delle nostre pro-fessioni”.

Costantino Troise è statoconfermato alla guida dell’AnaaoAssomed fino al 2018 dal 23°Congresso Nazionale che si èconcluso ad Abano Terme.Nato ad Avellino 63 anni fa èDirettore dell'Unità OperativaComplessa di Allergologia AziendaOspedaliera Universitaria SanMartino di Genova.Il suo programma - sottolinea unanota del sindacato - è racchiuso inalcune parole d’ordine in cui siconcentra l’attività futuradell’Associazione: contratto subito,legge sulla responsabilitàprofessionale, giovani, lotta alprecariato e cambio di paradigmadel sistema formativo,valorizzazione del lavoro dei medicie dirigenti sanitari, revisionedell’offerta sindacale.È un progetto ambizioso –sottolinea il Segretario NazionaleAnaao – che però non ci scoraggia,nonostante la sordità della politica edelle Istituzioni ai continui richiamidelle professioni e dei cittadini aduna maggiore attenzione allo spaziodei diritti che non possono esserecancellati dalle ragionidell’economia, vere o presunte.Ripartiremo dal lavoro – esortaTroise – per reclamare un diversovalore, anche salariale, comecontropartita di un cambiamento,diverse collocazioni giuridiche ediversi modelli organizzativi cheriportino i medici, e non chi governail sistema, a decidere sullenecessità del malato.

LE ALTRE NOMINEAL VERTICE DELL’ANAAO ASSOMEDDomenico IscaroPresidenteCarlo MelchionnaVice Presidente

IL NUOVO ESECUTIVOCostantino TroiseSegretario NazionaleCarlo PalermoVice segretario nazionale VicarioGiorgio CavalleroMario LavecchiaGiuseppe MontanteGiuseppe RicucciCosimo NoceraClaudio Aurigemma AuriemmaGabriele GalloneDomenico MontemurroAlberto SpanòEleonora AlbaneseMaria Parmeggiani

IL NUOVO ESECUTIVO

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Adriano BenazzatoSegretario Regionale Anaao Veneto

“Cambiare strategia,diventare più aggressivie coinvolgere i cittadininella tutela della sanitàe della salute”DottorBenazzatoquali sonoleprin-cipali criticità nella sua Regione?La criticità più grande è legata al fattoche ci stiamo domandando, sia inVe-neto che nel Paese, se possiamo conti-nuare apermetterci unSsndi tipouni-versalistico.Lecose stannoprecipitan-do.Noisiamoassolutamente favorevolievogliamolottareperchéilSsnrestiuni-versalistico,mada anni si sta verifican-do, inmodo silenzioso, non percepitodal cittadino, una tendenza alla priva-tizzazioneconunasanitàper imenoab-bienti che sarà gestita dal Ssn e una sa-nità per i benestanti che sarà gestita daprivati.Questo l’abbiamopercepito inmodo chiaro.Comepensadi superarequestecri-ticità?ComeAnaaoVeneto stiamocercandodi informare la cittadinanza per ren-derlaconsapevoledel rischiochesi cor-re. Stiamo pensando di agire con unaserie di azioni. Come sindacato dob-biamo sensibilizzare la cittadinanza,perché il politico è poco sensibile allenostre istanze e a questo punto è ne-cessario creare le condizioni per met-terlo sotto pressione.Se invece dovesse indicare delle ur-genze?Gli obiettivi e le azioni che ho dettorappresentanodelleurgenzee sonoas-solutamente prioritari. Se dovessi in-dividuare altre criticità direi l’ammo-dernamento delle reti ospedaliere. Ènecessario costruirenuoviospedalimasenza ricorrerealproject financing.At-trezzare il territorio per fare da filtro eridurre il caricodegliospedali, altropro-blema è il blocco del turn over.

Infine le sue parole d’ordine per iprossimi quattro anni.Movimentismo, movimentismo e an-coramovimentismoper le ragioni chehoappena illustrato.Occorre cambia-re registro e strategia e diventare deci-samente più aggressivi coinvolgendoanchemolti colleghi su queste azioniper tutelare la sanità e la salute dei no-stri famigliari e non solo dei cittadiniche usufruiscono di un servizio di cuiforsenon si rendonocontoperchéog-gi è gratuitoequesta èunagrandissimaricchezza a cui non possiamo rinun-ciare.

Mario VitaleSegretario Regionale Anaao Piemonte

“La professionalità delmedico resta centralenella vita sanitaria”

DottorVitale, quali sono le princi-pali criticità del Piemonte?Direi le stesse che si vivonoa livellona-zionale. Impoverimento progressivodel Servizio sanitario con spostamentiprogressivi delle risorse a favore dellasanità privata, le strutture pubbliche,quindi gli ospedali che stanno invec-chiando, e la sanità pubblica vieneemarginata. Abbiamopersomolti po-sti letto e registriamo una quantità dirisorsedestinateal sistemadecisamenteinferiore rispettoaquantoavvenivapri-ma. Altra criticità è la mancanza di ri-cambiogenerazionalemedico. I giova-nimedici o non trovano lavoro o sonoassunti concontratti a termine, preca-

ri, provvisori.Quali sono le sue proposte per su-perarle?Importante è mettere al centro dellavita sanitaria il lavoro dei medici. Laprofessionalità del medico è un con-cetto che vogliamo ribadire. C’è la ne-cessità di rispettare il lavoro e chi lo fa.Ormai da tanto tempo imedici si sen-tonoconsiderati comedei semplici da-tori di lavoro, dei semplici prestatorid’opera e non come dei professionistiin grado di decidere in maniera auto-noma la finalità del loro lavoro.Unau-mentodegli investimenti in sanitàpub-blicaaquestopuntoè importanteedo-veroso”.Quali invece le sue emergenze?Se devo individuarne una sicuramenteè la situazionedeiprontosoccorso,dun-que l’emergenzaurgenza, il 118. IPron-to soccorso sonodiventati, sicuramen-te anche per la crisi economica, il pri-mo punto di riferimento sanitario peril cittadino che in questomodo cercadi aggirare le listed’attesa che sonodi-ventate molto lunghe, anche a causadella diminuzionedel personale.Que-sto però rischia di generare prestazio-ni improprie.Le sue parole d’ordine?Difesadella sanitàpubblica, chepernoidell’Anaaoèal primoposto; professio-nalitàmedicacheviene semprepiù tra-scurata; solidarietà sociale come fineultimo del Ssn e come ultima cosa, in-vestimento nella formazione dei gio-vani medici che sono trascurati e nonsi fa tesorodi quello che sarà il loro fu-turo comeprofessionisti.

Sandro MacchiaSegretario Regionale AnaaoEmilia Romagna

“Imedici devonopartecipare ai processidecisionali,ma servel’unità sindacale”Dottor Macchia quali sono le prin-cipali criticitàdell’EmiliaRomagna?Sono le stesse palesate a livello nazio-nale.Noi però abbiamo il vantaggio di

stare in una Regione virtuosa, in pa-reggio di bilancio e di condizione ge-nerale del Ssn abbastanza compene-trato nel tessuto sociale. Direi quindiunpasso avanti rispetto ad altre realtà.Detto questo se dovessi indicare unacriticità direi l’incapacità della classemedicadi partecipare ai processi deci-sionali e strutturali della Sanità. Noinon siamo chiamati e dunque non ab-biamo lapossibilitàdi sederci nei tavo-li dove questo avviene per decidere.Qual è la sua proposta per superarequesta situazione?In duemodi. Il primo è dialogare cer-cando di portare ad unità di intenti levarie siglemedichechecollaboranoal-l’internodellaRegione. Il secondoren-derenotoai cittadiniquelloche stiamofacendo, dunque non soltanto la dife-sa corporativista di un contratto di la-voroequindidi un fattore economico,ma la difesa della sanità pubblica chepassa attraverso ladifesadei professio-

nisti che ci lavorano dentro.Quali sono invece le urgenze?Portare la vocenazionale a livelloperi-ferico, cercaredi arrivare anchenelpiùpiccolo laboratorio cercando di tirarefuori leproblematicheattraversoundi-scorso unitario, coerente e nazionale.A noi i tagli economici indiscriminatinon vanno bene, non siamo un salva-danaio. Lavoriamo insieme sull’ade-guatezza, tagliamodovec’è surpluseal-lochiamo le risorse dove c’è necessità.Qui in giocononc’è unacategoriame-dicama tutta la professione sanitaria.Infine quattro parole d’ordineCondivisione, partecipazione, lotta elealtà verso il cittadino.

14 Dirigenza Medica IL MENSILE DELL’ANAAO ASSOMED 6/2014

Dentro il Congresso

Criticità e proposte per superarle nelle realtà sanitarie del Veneto,Piemonte, Emilia Romagna, Lazio, Campania e Puglia

La parolaai segretari regionali

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Dirigenza Medica IL MENSILE DELL’ANAAO ASSOMED 6/2014 15

Guido Coen TirelliSegretario Regionale Anaao Lazio

“Senza l’accordo con imedici la sanità potràandare solo peggio”Dottor Coen, quali sono le princi-pali criticità nel Lazio?Le relazioni sindacali. Il mio obiettivoèportare ilLazio,dalpuntodi vistadel-l’Anaao, aduna trattativa con laRegio-ne più corretta rispetto a quella che èstata finoadadessoperché finora le re-lazioni sindacalinonci sonostate, e spe-ro che gli attuali gestori della sanità re-gionali inizinoaparlareconchideveda-re salute.Nostro obiettivo è far capireche senza l’accordo con i medici la sa-nitàpotrà andare solopeggio.C’èpoi ilruolo del medico si sta perdendo, dacentrodell’azione sanitaria èdiventatoun numero che viene gestito dal altrefigure che nulla sanno di sanità. Dob-biamoriappropriarci del governoclini-co della sanità perché da questo puntodi vista nel Lazio si è persa ogni logica.Quali le sue proposte per risolvere iproblemi?Per quanto riguarda il primo punto, lerelazioni sindacali, ci si mette intornoadun tavolo eognuno svolge il proprioruolo. Sul governoclinico, l’esecutivoela regione insistono sul territorio per-ché per loro è più facile parlare con imedicidi famiglia che sonouna sola as-sociazione però non verificano quelloche imedici di famiglia fannoper il cit-tadino. Si danno tanti soldi al territoriosenzaandare a verificare ciòchequestefigure danno al paziente. Noi non sia-mo contrari al territorio, ma va con-trollato e gestito come si fa con l’ospe-dale dove ci sono indicatori chiari chedicono cosa funziona e cosa no, con ilterritoriononci sono indicatori. Io vo-glio il rispetto delle regole.Le sue urgenze invece?Il riequilibrio economico. Noi con glistipendi siamo fermi da anni e l’urgen-za è rivedere il modo di fare il contrat-to.Essendoinregimedi isorisorse ilcon-tratto non può essere rifatto sulla basediquellocheabbiamofattoanni fa.Van-no cercate forme di premio, di paga-mentodiprestazioniperquellochevie-ne fatto al di fuori della base per pre-

miare chi lavora e da di più rispetto al-l’assistenza. Secontinuiamoapagare inbase a quante ore si fanno non si va danessuna parte.Viceversa bisogna cam-biare l’ottica, dando un fisso e ricono-scimentieconomici inbaseaquellocheviene fatto. E’ evidente che vanno tro-vate le formuleper farequesto,ma inunmondoincui le risorsesono limitate,bi-sogna pagare chi fa bene il proprio la-voro.Oggi le verifiche sonouna farsa.Quali le sue parole d’ordine?Non c’è ne sono. Ho piuttosto degliobiettivi che sonoquelli di stabilire rap-porti corretti con le altre figure profes-sionali. Perché non possiamo più assi-stereasituazionipercuialtrefigurepro-fessionalivoglionoappropriarsidelleno-strecompetenze.Nellamiaazionecisa-rà anche il tentativo di spiegare ai citta-diniquellochesiè fattocontrodi loro.IpazientinelLaziosonoassistiti sologra-zieall’abnegazionedimedicie infermie-riche lavoranodentro lestruttureefan-nopiùdiquellochedevonoperipazienti.

Cosimo LodesertoSegretario Regionale Anaao Puglia

“Occupazionegiovanile,razionalizzazionedellerisorse, coinvolgimentodei cittadini”DottorLodeserto,qualisonoleprin-cipali criticitàdella suaRegione?Sicuramente il superamento del pianodi rientrochehacolpitogranpartedel-leRegioni italiane.Nonsosetuttoquel-lo che non è stato fatto in sanità inPu-glia è da attribuirsi a questo o per ne-cessitàdi risparmiare, fatto stachestia-mo rischiando di non assicurare i Lea.Abbiamo avuto una riduzione dellestrutturecomplessee semplici, conde-motivazionedeicolleghi,ma lacosachemi stapiù a cuore è chequesta riduzio-ne è stata finta, una sorta di gioco delletre carte. Hanno declassato soltanto iprimari senza toccare nient’altro per-ché la politica, a livello locale, predicabene e razzolamale. Non hanno chiu-so le struttureperchéper ipolitici loca-li questi rappresentano il proprio orti-cellochedifendono,mahannotoccatosoltanto iprimari creandocrisi delper-sonale, di cui le strutture hanno biso-

gno, e aumentando il rischio sia per ilpazientecheper ilpersonalecheèsem-pre più investito da carichi di lavoro equindi a rischio di denunce per errori.Quali sono le sue proposte per su-perare le criticità?Non c’è dubbio che la crisi globale hainvestito anche la sanità, vanno bene itagli dei piccoli ospedali che non ser-vono, chenongarantisconoe sonope-ricolosi, quindi occorre andare avantiin quel processo di razionalizzazione.Le sue urgenze invece?Sbloccare il turn over. Se è giusto chechi ha raggiunto una certa anzianità diserviziodeveandare acasa, dall’altro la-to è altrettanto giusto che queste figu-re siano sostituite.Lamia paura, e dimolti colleghi, è cheinvece imedici non vengono sostituitima, come le ho detto prima, venganotagliate soltanto ledirezioni di struttu-ra complessa.Quindi l’urgenzaè il pro-blema del personale.Infine le suequattroparoled’ordineOccupazione giovanile, razionalizza-zionedelle risorse,maggiore coinvolgi-mentodei cittadini chenondevonoes-sere controparte, e che il governo na-zionale capisca che il Ssn non può es-sere sotto finanziato.Oggi la sanità co-sta tanto perché tecnologicamente èavanzata.

Bruno ZuccarelliSegretario Regionale Anaao Campania

“Il bloccodel turn overpenalizza i giovani chevannoall’estero creandoun’emorragia di saperi”DottorZuccarelliquali sono leprin-cipali criticità della Campania?Il blocco del turn over che ha penaliz-zato i giovani costringendoli ad andarefuori dalla Regione se non fuori dal-l’Italia per lavorare. Questo significaun’emorragia dei saperi e quindi signi-fica formare colleghi per poi perderli.Così si cancella il futurodella sanità edèmolto grave. Altro punto negativo èil commissariamento della Regione, sistacercandodi ripianare idebiti e il 2013si è chiusoconunavanzodi gestionedi6milioni di euro. Quindi da una partedovremmoessere soddisfatti.Ma l’ope-ra è stata di razionamento e non di ra-zionalizzazione sfiorandomolte voltel’abbassamento dei Lea che spesso so-no diventati Livelli “eventuali” di assi-stenza. In Regione Campania il pa-ziente ha una tassazione molto alta esicuramente molti cittadini rinuncia-no all’assistenza sanitaria perché nonhanno la disponibilità per ricorrere al-l’assistenza sanitaria e questo è un al-larmemolto forte.Le sue proposte per superare que-

ste criticità?Sbloccodel turnover che significanonallargare le maglie e quindi cercare dicostruire la futura generazionedeime-dici che lavorano nel Ssr con oculatez-za e strategia di programmazione percercaredi dareun futuro. Sicuramentesi può fare molto sull’appropriatezzanell’assistenza sanitariaperché lì si puòrazionalizzare e non razionare perchémolte prestazioni sono ancora inap-propriate.Un lavoromolto fortedi in-tegrazione tra territorio eospedale chemanca perché oggi il cittadino è co-stretto a rimbalzare tra la struttura ul-traspecialisticauniversitaria, quelle spe-cialistica ospedaliera, fino a quella ter-ritoriale.Deve invece entrare inuncir-cuito virtuoso integrato tra università,ospedale e territoriodove riceve salutee risposte di salute.Quali vede come urgenze?Sicuramente investire sulle residenzesanitarie assistite perché il futuro è lageriatria, gli hospiceper l’assistenzaagliammalati terminali e un lavoro impor-tante sulla riabilitazione. Queste sonole strutture carenti particolarmente inCampania dove è necessario un inve-stimentomassiccio. Da noi continua-no i ricoveri impropri negli ospedali ec’è l’emergenza barelle perché stiamoriducendo i posti letto senza dare of-ferte alternative concasi di barelle sot-tratte alle ambulanze, o ricoveri fattiaddirittura sulle sedie il cheèmoltogra-ve.Maseandiamoa faredelle verifichescopriamochemolti ricoveri sono inap-propriati.Primo perché il cittadino chiede allastruttura sanitaria dell’emergenza del-le risposte in assistenza sanitaria per-ché non ha i soldi, cerca di avere pre-stazioni di diagnostica o altro tramiteil pronto soccorso perché nonpuòpa-gare il ticket. Secondoperchénonci so-no strutture alternative.Le sue parole d’ordine?Giovani, giovani e ancora giovani. Per-ché non sono il futuroma il presente.Lodicononpiùdamedicomadacitta-dino e quindi da paziente. Abbiamo lanecessitàdicolleghichesvolgano lapro-fessione, nonpossiamopiùpermetter-ci che vadano via per necessità. Se de-vono andare fuori è per imparare e poiriportarequellochehannoappresonel-la nostraRegione, nella nostra terra.

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Rosella ZerbiCoordinatrice Anaao del gruppo di lavorosulle politiche di genere

“Nel futuro l’Anaao potràcontare sumolte piùdonnema solo negliorganismi periferici”Quali sono leprincipali criticitàperle donne?Le criticità sono le stesse che ci sonoper le donne nel Paese in tutti i setto-ri e riguardano il lavoro, la carriera el’accesso ai ruoli apicali, la conciliazio-ne vita-lavoro, la rappresentatività del-le donne negli organismi di governo econtrollo.Anche la recente costante flessionedel numero di iscritte alla facoltà dimedicina, dopo decenni in cui il loronumero è stato superiore agli iscrittimaschi, è un segnale di quante diffi-coltà non risolte le colleghe incontri-no. Ritengo un buon inizio, anche senonpercepito tale da tutti, introdurrenello statutodell’Anaaounaquotami-nima, non inferiore al 20%. di rap-presentatività di genere a tutela di chièmeno rappresentato. È poco, ma haindotto alcune regioni a compiereunosforzo di apertura verso le iscritte edaltre amantenere/incrementare la giàbuona presenza femminile.Undiscorso a partemeritano gli orga-nismi centrali. Nel quadriennio pas-sato, per la prima volta in cinquan-t’anni, l’Anaaohaavutoduedonnenel-la Segreteria Nazionale: una eletta euna cooptata.Oggi pochissimoècam-biato e questo la dice lunga sulle diffi-coltà che da sempre incontriamo nelsindacato, come nel paese, ad essereequamente rappresentate ai livelli api-cali di governo controllo .Le sue proposte per superare que-ste criticità?Se ci fosse una maggiore e più equapresenzadelle donnenel sindacato ciòcontribuirebbe inmodo significativosia al suo rinnovamento e ringiovani-mento e sia ad unmodo innovativo difare sindacato.Contribuirebbe inmo-dodecisivoadunavisionediversa, nuo-

va epiù attuale, delmododi lavorare eun ripensamento dell’organizzazionedel lavoro, con l’obiettivoanchedi con-ciliare tempi di vita e di lavoro. Te-nendo sempre presente che una otti-male conciliazione vita-lavoro non vaa vantaggio esclusivo delle donne, madi tutti i professionisti.Quali vede invece come urgenze?Le precarie non hanno diritto alle so-stituzioni in maternità e questo è ungrave handicap perché o lavori o fai lamamma.Ledipendenti chehannodi-ritto allamaternità invece non vengo-no sostituite: in alcune regioniperpro-blemi legati ai piani di rientro e al bloc-co del turn over in altre solo permeralogica di risparmio a scapitodella qua-lità e sicurezza delle cure. Una donnainmaternità senonviene sostituita di-ventaunproblemaper l’équipeperchédetermina un sovraccarico di lavoro.Occorre rivedere la normativa sul parttimeper favorirne l’utilizzoperché,purcon tutti i limiti chequesto istitutoha,è una risorsa per chi non riesce a con-ciliare i tempi di vita e di lavoro.Comevede il futurodelledonnenel-l’Anaao?Per i prossimi quattro anni l’Anaao-Assomed potrà contare su più donnenei livelli decentrati.Tra gli organismicentrali abbiamo una buona rappre-sentanzadidonne solonellaquotaelet-tivadellaDirezioneNazionale,maunainadeguata presenzanegli altri organi-

smi do governo. È un pessimo segna-le. Le donne, che sono il 40% degliiscritti ANAAO, su questo darannobattaglia.

Domenico MontemurroResponsabile Nazionale Anaao Giovani

“La formazione èimportante perché sefattamale porta alprecariato”Dottor Montemurro, quali sono leprincipali criticità del suo settore?Una prima criticità è la formazione.Una cattiva formazione porta al pre-cariato giovanile e questa è la secondacriticità. Il terzo problema è la scarsaconoscenza dei giovani del sindacatoe il quarto sono i precari che nonhan-nouncontrattodegnodi questonomeequindi c’è la necessità che venga rivi-sto, in modo da essere più flessibile,conmaggiori tutele.Proposte per superarle?Prima di fare delle proposte occorredare dei numeri. Partire quindi da uncensimento che ora non esiste sul nu-mero dei precari, sul numero dei con-tratti atipici, su quali sono le speciali-tà divise per regione.Una volta fatto ilcensimento, che coinvolge i coordina-tori regionali di settore e i coordina-tori aziendali di settore Anaao giova-ni, occorrerà costruire undocumento-proposta, un Libro Bianco, che sullabase di questi numeri possa costruireun ipotesi di contrattodi lavoroper su-perare l’impasse del precariato. Altrapropostaè sicuramentequelladella for-mazione. Lo specializzando dovrà se-guire un percorso formativo, negli ul-timi due anni, all’interno delle strut-tureper garantire daunaparte unpro-filo previdenziale, che in questo mo-mentononha, edall’altraparteper co-struirsi una carriera professionale, in-

fine per imparare negli ospedali doveandrà a lavorare. Per quanto riguardalo scarso interesse per il sindacato oc-corremettere i giovani davanti ai pro-blemi che li attendonoedi cui non so-no consapevoli. L’Università li formasenza farli uscire come se fungesse dacuscinetto. Devono invece capire co-sa li aspetta e quali sono le criticità delsistema per risolverle. Infine sul con-tratto, si parte dalla base per diventa-renazionale.Non si puòpensare aduncontrattodi lavorodiverso senonven-gono ascoltati i ragazzi e quindi dallabase devono venire le proposte per iltipo di contratto che loro vogliono. Aquel punto la voce diventa nazionale.Quali vede invece come urgenze?La carenza di personale che da qui aiprossimi dieci anni è da sostituire.Quindi superare il bloccodel turnoverperché se non viene fatto a fronte deipensionamenti massicci che ci saran-no il sistema rischia il collasso e non sipuòpensare di chiudere ospedali inte-ri.Questa è un’urgenza immediata, c’èpoi l’urgenza formativa che deve pas-sare attraverso una formazione capil-lare dei medici. Importante per que-sta programmazione è che le regioninon barino sui numeri, pompando suspecialitàmancanti che in veritàman-canti non sono.Le sue parole d’ordine?Impegno,dedizioneeconcretezzanel-le proposte.

16 Dirigenza Medica IL MENSILE DELL’ANAAO ASSOMED 6/2014

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Finito di stamparenel mese di luglio 2014

La voce delle donnee dei giovani