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IRENE RIEZZO Sezione Dipartimentale di Medicina Legale Università degli Studi di Foggia

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Page 1: “Dicano i consulenti esaminati gli atti di causa e tutta la documentazione ritenuta utile quali sono state le cause dei decessi di F. T. …. Indichino

IRENE RIEZZOSezione Dipartimentale di

Medicina Legale

Università degli Studi di Foggia

Page 2: “Dicano i consulenti esaminati gli atti di causa e tutta la documentazione ritenuta utile quali sono state le cause dei decessi di F. T. …. Indichino

“Dicano i consulenti esaminati gli atti di causa e tutta la documentazione ritenuta utile quali sono state le cause dei decessi di F. T. …. Indichino inoltre se gli interventi sanitari sono stati adeguati e proporzionati in relazione alle condizioni di salute in cui versavano i citati soggetti specificando da un lato se l’intervento praticato era o meno indispensabile e dall’altro ove possibile, se il paziente ricevette una completa informazione sui rischi e sulla natura dell’intervento. Svolgano infine i consulenti i medesimi accertamenti anche con riferimento agli interventi praticati sui pazienti … specificando se costoro ebbero danni a cagione dei citati interventi indicando in caso affermativo la natura e l’entità di tali danni”.

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Donna di anni 27

Ricoverata c/o il reparto di Chirurgia dell’Ospedale …. con diagnosi di ammissione: Carcinosi peritoneale, dal 22 marzo 2000 (ore 22.45) al 7 aprile 2000

Anamnesi: da 10 giorni (marzo 2000) aumento di volume dell’addome e dolori addominali crampiformi.

Ricovero in altro Ospedale: CA 125 = 218,3 (V.N. < 30); ecografia addominale eseguita il 20 marzo 2000, TAC addome eseguita il 22 marzo 2000: “… rilevante quantità di ascite, peritoneo ispessito che contiene noduli solidi voluminosi nel peritoneo pelvico. In regione sotto ombelicale è presente voluminosa massa solida, disomogenea del diametro di 11 cm … in entrambi gli annessi sono visibili masse solide, disomogenee del diametro di 10 cm circa a margini bozzuti …”.

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Il 23 marzo esegue paracentesi di 4800 cc di “ascite torbida”.

Es. citrico: “… numerosissime cellule infiammatorie (granulociti neutrofili, macrofagi) e rare cellule mesoteliali “attivate”. Negativa la ricerca di cellule neoplastiche…”.

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Il 23 marzo 2000 intervento chirurgico con inizio alle ore 14.30 e fine alle ore 18.30: intervento di Debulking: annessiectomia, colectomia subtotale con Hartmann, resezione ileale, omentectomia, linfectomia paraaortocavale, ileostomia.

(modulo di consenso per l’anestesia firmato).

Il giorno dell’intervento, alle ore 13.36, Hb=12.8.

Nella scheda anestesiologica la paziente viene descritta ASA II, condizioni generali discrete, PAO 120/80, polso 110.

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L’esame istologico intraoperatorio dimostra la presenza di Linfoma non Hodgkin nel prelievo di ovaio sinistro.

Durante l’intervento il primo emocromo viene effettuato alle ore 16,03 (Hb=8.3, che nei successivi controlli continua a scendere).

Successivamente vengono effettuate delle trasfusioni (la prima alle ore 16.40).

Data Ora Hb

23 0,41 12,8 altri parametri

23 13,36 12,8 altri parametri

Intervento inizia alle 14.30 circa

23 16,03 8,3

23 16,31 5,8

23 18,13 9,5

23 20,55 2,9 altri parametri

23 22.05 2,9 altri parametri

23 23,39 9,8altri parametri, nota

laboratorio

24 1,28 11,4 altri parametri

24 10,34 12,5 altri parametri

25 18,59 11,1 altri parametri

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Trasfusione di emazie concentrate:

7966 ore 16.30;

7939 ore 17.15;

7976 ore 17.45.

 

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Nel periodo post – operatorio la paziente veniva seguita

mediante controlli strumentali ed ematochimici, con terapia

medica e nutrizionale.

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Il 29 marzo Rx torace:

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Consulenza ematologia in data 29 marzo e 5 aprile 2000.

6 giorni dopo

13 giorni dopo

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Il 14 aprile per la comparsa di idronefrosi bilaterale esegue cistoscopia con posizionamento bilaterale di stent nelle vie escretrici.

Il 15 aprile esegue un Rx torace di controllo.

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Successivamente ricoverata in Ematologia

(dal frontespizio della cartella il ricovero sembra partire dal 9 aprile al 29 aprile, anche se dagli esami eseguiti si può far risalire il ricovero al 17 di aprile,

nel diario il 17 viene scritto che la paz. è trasferita in Ematologia per polichemioterapia).

Il trasferimento nel reparto di ematologia avviene in

condizioni cliniche generali scadute, basi polmonari

non espansibili, FVT non trasmesso, MV ridotto.

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Il 17 aprile esegue una Ecocardiografia che evidenzia la presenza di versamento pericardio e pleurico.

Nella stessa data esegue ecografia addome – pelvi che evidenziava abbondante ascite, reni non dilatati ma con scarsa differenziazione tra corticale e midollare.

Vengono eseguiti altresì controlli radiologici del torace e dell’apparato urinario.

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Biopsia ossea il 18 aprile: “… midollo normocellulare sede di compromissione focale interstiziale di linfoma non Hodgkin di tipo Burkitt …”.

25 giorni dopo

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Una consulenza nefrologica del 18 aprile, evidenzia una insufficienza renale acuta (forse da danno tubulare), uno stato anasarcatico ed una nefrosi.

Inizia terapia antiblastica, secondo il protocollo B-NHL 86 il 18 aprile.

25 giorni dopo

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In data 19 aprile viene annotato “in considerazione della ingravescenza delle condizioni generali e del reperto TAC si anticipa chemioterapia antiblastica”

(cioè viene anticipato di 3 gg il “blocco A”).

 CP (Endoxan) 300 mg gg 18-19.4

Vincristina 2 mg 18.4

Metotrexate 2.250 mg 18.4

Ifosfamide 1200 20, 21,22,23.4

VM 26 150 idem

ARA-C 200 idem

 

 

 

 

 

 

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Data Hb GB Plt (x1000)

17.4 12.4 13.900 30719.4 11.7 16.200 27021.4 12.4 22.000 7022.4 9.4 41.400 1123.4 10.6 26.900 924.4 10.4 6.300 625.4 9.3 400 526.4 7.6 600 527.4 7.6 200 4

Il 23 aprile ad una visita urologica viene evidenziata una ematuria (cistite da ifosfamide/piastrinopenia).

Le emocolture eseguite il 21 ed il 25 aprile, mostravano una positività per l’E. Coli e per l’Enterococcus Faecalis.

Le condizioni peggiorano ulteriormente, la paziente in coma con stato di shock ipotensivo, decede il 29 aprile 2000 alle ore 4.15.

EXITUS

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Da segnalare, in atti, la presenza di:

modulo di consenso firmato in data 17 aprile, per biopsia ossea e puntato sternale,

modulo di consenso firmato in data 18 aprile per inizio chemioterapia.

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Capo di imputazione:

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Conclusioni consulenti PM

“T F è deceduta all’età di 26 anni a seguito di intervento chirurgico effettuato per diagnosi di Linfoma non Hodgkin.

… nel caso in specie … trattasi di paziente affetta da malattia di competenza elettivamente medica e non chirurgica, limitandosi la terapia chirurgica alla risoluzione delle sole complicanze.

In concreto sussisteva una complicanza chirurgica (visto il reperto di abbondante emoperitoneo) e pertanto esisteva l’indicazione all’intervento chirurgico. Tuttavia, a fronte della corretta indicazione all’intervento, si registra nella fattispecie un over-treatment chirurgico in quanto l’asportazione dell’intestino non trova in concreto indicazione- così come evidenziatosi all’esame istologico- né in rapporto alla descrizione intra-operatoria né, come si è detto, all’esame istologico, da cui non emergevano valide motivazioni per l’esecuzione dell’estesa resezione intestinale praticata.

Peraltro le condizioni generali della paziente, in stato di grave anemia, e la macroscopica diffusione della patologia nella fase operatoria, consigliavano di limitarsi a trattare semplicemente la causa della complicanza emorragica, modulando l’intervento in base alle reali necessità della paziente.

Si segnala infine l’assenza di consenso scritto all’intervento chirurgico.”

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Difesa

-la CT non contesta la diagnosi di linfoma non Hodking

-si riconosce che pur trattandosi di malattia di per sé curabile con chemioterapia, nel concreto si è reso necessario ed urgente, il giorno dopo il ricovero, cioè in data 23 marzo 2000, un intervento chirurgico per la presenza di emoperitoneo massivo misto ad ascite da linfoma ovarico diffuso a sede bilaterale a tutto l’omento mesocolon dx, trasverso, al legamento gastrocolico con voluminose ripetizioni (ndr metastasi) lomboaortiche;

-la diagnosi anatomo-patologica macroscopica ed istologica sui pezzi prelevati nel corso dell’intervento chirurgico ha confermato la “massiva compromissione di linfoma non Hodking di tipo Burkitt” a carico di “ovaie, tube, tessuti molli paraovarici, mesocolon, appendice cecale,omento “e vescica.

la CT ritiene che l’intervento chirurgico sia stato eccessivo (over treatment) ma senza alcuna analisi tecnica e conseguente motivazione ed in particolare senza considerare che in caso come questo è impossibile arrestare la emorragia - se proveniente, come nella fattispecie, da plurime fonti - senza legare i vasi con la conseguente necessità, per salvare la paziente dal rischio di morte imminente per shock emorragico, di asportare gli organi irrorati dai predetti vasi. Pertanto le estese asportazioni sono state causate dalla necessità di arrestare l’emorragia e non avevano l’intento di asportare il linfoma curabile di per sé con chemioterapia

nell’immediato l’intervento chirurgico ha salvato la vita della paziente.

La CT omette di segnalare che vi è stato un buon decorso post-operatorio tanto da consentire l’esecuzione di cicli di chemioterapia durante i quali è sopravvenuta la morte a causa della diffusione del processo neoplastico e dell’abituale evoluzione di questa peculiare varietà di linfoma non Hodking tipo Burkitt

La CT, del resto, non si azzarda a prospettare un nesso causale tra l’intervento e la morte della paziente e quanto all’estensione dell’intervento si limita a censure generiche e pertanto inaccettabili.

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Perizia

Sulla base pertanto della ricostruzione clinica così come

ripercorsa alla luce della mera analisi della documentazione

in atti, in relazione dunque alla causa che determinò il

decesso della T., è possibile affermare che essa sia

verosimilmente da ricondurre ad una progressiva

insufficienza d’organo (MODS) che venne a complicare l’iter

clinico della T., affetta da una patologia neoplastica del

sistema linfocitario, ad alta aggressività, in stadio avanzato

(IV) e trattata con intervento chirurgico di Debulking e

successiva chemioterapia.

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Lo stadio avanzato della neoplasia, l’ampio intervento chirurgico subito, congiuntamente alle

complicanze del trattamento chemioterapico, hanno determinato lo sviluppo di una progressiva insufficienza renale, stato anasarcatico, una

condizione di anemizzazione, di trombocitopenia, una riduzione delle difese immunitarie che

favorirono lo sviluppo di uno stato settico diffuso (febbre, emocoltura positiva per lo Escherichia Coli

e per l’Enterococcus Faecalis), cui conseguì la cascata di eventi clinici che, con ininterrotto nesso

causale, condusse a morte la giovane donna.

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Si deve, quindi, affermare che nel caso di specie le

particolari condizioni cliniche (linfoma non Hodgink

ad alto grado di malignità in stadio avanzato (IV),

con coinvolgimento addominale, toracico e

midollare), l’intervento chirurgico di debulking, la

prolungata degenza ospedaliera, nonché specifiche

procedure (chemioterapia, cateterismo venoso

centrale, ecc.), hanno condotto alla progressiva

disfunzione multiorgano ed all’instaurarsi di uno

shock settico.

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Il tipo e lo stadio del linfoma condizionano notevolmente la prognosi e quindi il tipo e la durata della terapia, che varia a seconda del tipo di linfoma.

Nei pazienti affetti da linfoma è necessario eseguire la biopsia di altri organi: se positiva, la malattia è classificata direttamente allo stadio IV; ci troviamo di fronte cioè ad una malattia diffusa.

La prognosi (e la terapia) di un paziente con linfoma dipende essenzialmente dai seguenti fattori:

Stadio della malattia.

Tipo istologico.

Eventuali alterazioni di alcuni esami di laboratorio (soprattutto LDH, beta2-microglobulina).

Età del paziente.

Condizioni generali del paziente ed eventuale presenza di malattie concomitanti.

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La paziente era affetta da linfoma non Hodgkin ad alto grado di malignità tipo Burkitt.

La malattia si è presentata con un quadro di marcato impegno addominale, evidenziato dai dati clinici e dalla TAC

e dei radiogrammi toracici.

A poche ore dal ricovero veniva sottoposta ad una paracentesi che portava al drenaggio di circa 4800 cc di

liquido torbido, senza cellule tumorali.

Subito dopo (a meno di 24 ore dal ricovero) veniva sottoposta ad un intervento chirurgico di debulking.

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La motivazione che ha condotto a tale tipo di

intervento non risulta ben chiara, non

essendovi in cartella clinica riferimenti alla

presenza di una complicanza in atto (quale

l’emoperitoneo che viene descritto

all’apertura dell’addome).

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1. il liquido della paracentesi (effettuata poche ore prima

dell’intervento) è descritto “torbido” e non emorragico.

2. L’esame del sedimento non mostra la presenza di globuli

rossi.

3. La cartella dell’anestesia (si presume compilata poco prima

dell’intervento) descrive una paziente in condizioni

“discrete”, ASA II, pressione arteriosa 120/80.

4. Nella cartella dell’anestesia non è segnata la annotazione

“Urgenza” come appare in altri casi di intervento di urgenza.

5. Nella cartella dell’anestesia la diagnosi pre-operatoria è di

“massa addominale di n.d.d.”, non di emorragia

addominale.

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1. L’emoglobina controllata circa un’ora prima dell’intervento è di 12,8

(valore normale e uguale a quello della sera prima, al momento del

ricovero). Sino a questo momento non si è verificata anemizzazione.

2. Nella grafica giornaliera non sono presenti annotazioni circa una

improvvisa emorragia.

3. Nel corso dell’intervento la paziente si anemizza: l’intervento inizia

alle ore 14.30; alle ore 15.40 (più di un’ora dopo l’inizio) viene

effettuato un emocromo con emoglobina di 8,6; la prima trasfusione

viene effettuata alle ore 16.40 (più di due ore dopo l’inizio).

4. Nel referto dell’esame istologico non viene fatta menzione di

emorragie a carico dei diversi organi asportati.

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Veniva eseguito un intervento di colectomia sub totale con ileostomia, resezione ileale, ovariectomia bilaterale, omentectomia, linfoadenectomia paraaortica.

L’esame istologico sia intraoperatorio che definitivo mostrava trattarsi di linfoma di Burkitt.

Nel corso dell’intervento la paziente si anemizzava: l’intervento iniziava alle ore 14.30; alle ore 16.03 (più di un’ora dopo l’inizio) veniva effettuato un emocromo con emoglobina di 8,6; la prima trasfusione veniva effettuata alle ore 16.40 (più di due ore dopo l’inizio).

Tuttavia nel referto dell’esame istologico non veniva fatta menzione di emorragie a carico dei diversi organi asportati.

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Dopo l’intervento la paziente presentava condizioni scadute, necessitando pertanto di terapia di supporto di vario genere.

Il 5 aprile l’Ematologo disponeva l’inizio della terapia dopo una decina di giorni.

Il 17 aprile (25 giorni dopo l’intervento) venivano effettuate le indagini necessarie a programmare un trattamento (biopsia ossea e TAC total body). La prima mostrava infiltrazione da cellule linfomatose, la seconda un quadro di grave diffusione della malattia non solo a livello addominale, ma anche toracico, confermando il quadro preoperatorio.

In data 18 aprile (26 giorni dopo l’intervento) iniziava la chemioterapia secondo uno schema di provata efficacia per questo tipo di linfomi, che tuttavia non consentiva di controllare la evoluzione della malattia.

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Il quadro presentato dalla paziente al momento del ricovero era

sicuramente serio; effettuata la paracentesi, senza che questa

avesse consentito la definizione della diagnosi di malattia, era

necessario procedere con altri accertamenti che consentissero di

definire il tipo di malattia: per esempio biopsia ecoguidata o

agoaspirato di una delle masse, ecc.

È da aggiungere che il quadro clinico presentato (masse ovariche,

noduli peritoneali multipli, ecc) in una paziente in giovane età (27

anni) doveva far prendere in considerazione, fra le possibili

diagnosi differenziali, la presenza di un linfoma addominale.

Sicuramente l’età ed il quadro clinico depongono contro una

neoplasia epiteliale dell’ovaio o di altri organi addominali.

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Il tipo di intervento chirurgico effettuato non trova motivazioni in una paziente affetta da linfoma di Burkitt in stadio avanzato, in assenza di complicanze. A causa dell’intervento, e delle sue sequele, la paziente ha potuto essere ricoverata in idoneo ambiente specialistico circa 25 giorni dopo l’ingresso in ospedale. In questa sede una TAC mostra un quadro di diffusione della malattia ulteriormente peggiorato e più esteso che all’esordio. E’ verosimile che lo stesso trauma operatorio e le scadute condizioni generali possano avere determinato un decorso particolarmente accelerato della malattia.Il trattamento intrapreso secondo lo schema B-NHL 86 era un trattamento corretto e adeguato. In estrema sintesi, i risultati ottenibili con questo e analoghi schemi, riferiti alla fine degli anni ’90, sono riassumibili nei seguenti dati: circa il 60-80% dei pazienti che presentano, all’esordio, un quadro simile a quello della paziente in esame, sono vivi (in assenza di segni di malattia) a 2 anni e circa il 40-60% a 5 anni. Per questi ultimi è corretto parlare di guarigione.

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Il ritardo con cui la paziente ha potuto iniziare un trattamento adeguato, ritardo causato dall’intervento chirurgico, e in

particolare dalla sua estensione e relative conseguenze, ha gravemente ridotto le

probabilità che la paziente potesse ottenere i risultati sperati.

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Slow-growing Chronic Lymphocytic Leukemia/Small Lymphcytic Lymphoma Follicular Lymphoma MALT Lymphoma

Aggressive Diffuse Large B-Cell Lymphoma Mantle Cell Lymphoma*

Highly Aggressive Burkitt's Lymphoma Lymphoblastic Lymphoma AIDS-Related Lymphoma

Stadio secondo Ann Arbor

Organi o sedi interessati da malattia

I (primo) Coinvolgimento di una sola regione linfatica (I); coinvolgimento limitato di un singolo organo o sito extralinfatico (IE)

II (secondo) Coinvolgimento di due o più regioni linfatiche dallo stesso lato del diaframma (II), oppure interessamento localizzato di un solo organo o sito extralinfatico assieme all'interessamento di una o più sedi linfatiche dallo stesso lato del diaframma (IIE)

III (terzo) Impegno di più regioni linfatiche sopra e sotto il diaframma (III), che può essere accompagnato da interessamento localizzato di un organo o sito extralinfatico (IIIE), o della milza (IIIS)o di entrambi (IIIES)

IV (quarto) Coinvolgimento diffuso o disseminato di uno o più organi o siti extralinfatici con o senza coinvolgimento di sedi linfatiche. Gli organi interessati sono indicati con un simbolo: H (fegato), L (polmoni), M (midollo), P (pleura), O (ossa), D (cute)

Ogni stadio è sottoclassificato come A o B in presenza o assenza, rispettivamente di uno o più dei seguenti sintomi: sudorazioni notturne, febbre, calo ponderale superiore al 10% negli ultimi sei mesi. Oltre ai linfonodi sono considerate regioni linfatiche: la milza, il timo, l'anello del Waldeyer, l'appendice, e le placche di Peyer dell'intestino.

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Parametro Significato favorevole Significato sfavorevoleEtà <60 anni >60 anniPerformance status (ECOG) 0-1 2 o piùSintomi B Assenti PresentiStadio Localizzato (I o II) Esteso (III o IV)Grandezza del tumore < >Siti extranodali 0-1 2 o piùInfiltrazione midollo Assente PresenteLDH Normale AumentatoAlbumina > 3,5 g/L <3,5 g/LBeta2-microglobulina <3 mg/L > 3mg/L

Tabella 1. - Principali fattori prognostici e loro significatoStadio secondo

CotswoldOrgani o sedi interessati da malattia

I (primo) Coinvolgimento di una sola regione linfatica (I); coinvolgimento limitato di un singolo organo o sito extralinfatico (IE)

II (secondo) Coinvolgimento di due o più regioni linfatiche dallo stesso lato del diaframma (II), oppure interessamento localizzato di un solo organo o sito extralinfatico assieme all'interessamento di una o più sedi linfatiche dallo stesso lato del diaframma (IIE)

III (terzo) Impegno di più regioni linfatiche sopra e sotto il diaframma (III), che può essere accompagnato da interessamento localizzato di un organo o sito extralinfatico (IIIE), o della milza (IIIS)o di entrambi (IIIES) III1 —Con o senza impegno dei linfonodi splenici, ilari, epatici, celiaci III2 —Con impegno dei linfonodi paraortici, iliaci e mesenterici

IV (quarto) Coinvolgimento diffuso o disseminato di uno o più organi o siti extralinfatici con o senza coinvolgimento di sedi linfatiche. Gli organi interessati sono indicati con un simbolo: H (fegato), L (polmoni), M (midollo), P (pleura), O (ossa), D (cute)

Ogni stadio è sottoclassificato come A o B in presenza o assenza, rispettivamente, di uno o più dei seguenti sintomi: sudorazioni notturne, febbre, calo ponderale superiore al 10% negli ultimi sei mesi. La lettera X indica malattia bulky (massa linfonodale con diametro superiore ai , o allargamento del mediastino superiore ad 1/3 del diametro toracico). Oltre ai linfonodi sono considerate regioni linfatiche: la milza, il timo, l'anello del Waldeyer, l'appendice, e le placche di Peyer dell'intestino. La stadiazione può essere clinica, CS, o patologica, PS.

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Tabella 3 - Valutazione Performance status secondo la scala ECOG0  Assenza di sintomi, in grado di svolgere una normale attività1 Presenza di sintomi, ma il paziente deambula ed è in grado di svolgere le

normali attività lievi o sedantarie con qualche limitazione per le attività più faticose

3 Il paziente deambula ed è autosufficiente ma non può svolgere attività lavorative; in grado di rrimanere in piedi per più del 50% del tempo

3 Appena autosufficiente, deve restare a letto per più del 50% del tempo 4 Totalmente disabile e non autosufficiente, è costretto a rimanere a letto per la

totalità del tempo

Tabella 2 - DFS e sopravvivenza dei LNH secondo l'IPI 

A) per pazienti <60 anniGruppo di rischio Numero fattori RC (%) Sopravvivenza a 5 anni

(%)Basso 0 92 83Basso-Intermedio 1 78 69Intermedio-Alto 2 57 46Alto 3 46 32B) per pazienti>60 anniBasso 0 91 56Basso-Intermedio 1 71 44Intermedio-Alto 2 56 37Alto 3 36 21