dentro la formazione - vibrisse.files.wordpress.com · 2010/2011, con modalità e riferimenti che...

13
n.11 novembre 2010 Inserto a cura di: Mario Caroli Interventi di: Mario Caroli, Luigi Dappiano, Claudia Dinale, Clara Lotti, Giulio Mozzi, Renato Paoli, Nicoletta Pontalti, Fabrizio Rasera, Michele Ruele, Amedeo Savoia, Vincen- za Serio, Camillo Zadra, Laura Zambanini Scuola d’autore, Storia tra locale e globale: due proposte innovative DENTRO LA DIDATTICA il doier DENTRO LA FORMAZIONE il doier SCUOLA DAUTORE: la proposta il percorso i moduli e i docenti le schede momenti e volti STORIA LOCALE E GLOBALE momenti e volti il corso il punto le diverse scale le risorse del teitorio l’perienza Corso di formazione per docenti di storia e di lettere della scuola secondaria di primo e secondo grado LA STORIA TRA LOCALE E GLOBALE Agisci nel tuo luogo, c’è tutto il mondo. Pensa con il mondo, perché scaturisce dal tuo luogo. (É. Glissant)

Upload: trinhcong

Post on 08-Dec-2018

215 views

Category:

Documents


0 download

TRANSCRIPT

n.11 novembre 2010

Inserto a cura di: Mario CaroliInterventi di: Mario Caroli, Luigi Dappiano, Claudia Dinale, Clara Lotti, Giulio Mozzi, Renato Paoli, Nicoletta Pontalti, Fabrizio Rasera, Michele Ruele, Amedeo Savoia, Vincen-za Serio, Camillo Zadra, Laura Zambanini

Scuola d’autore, Storia tra locale e globale: due proposte innovative

DENTRO LA DIDATTICA

il do�ier

DENTRO LA FORMAZIONEil do�ierSCUOLA D’AUTORE:la propostail percorso i moduli e i docentile schedemomenti e volti

STORIA LOCALE E GLOBALE

momenti e volti

il corsoil puntole diverse scalele risorse del te5itoriol’8perienza

Corso di formazione per docenti di storia e di lettere della

scuola secondaria di primo e secondo grado

LA STORIATRA LOCALE E GLOBALE

Agisci nel tuo luogo, c’è tutto il mondo.Pensa con il mondo, perché scaturisce dal tuo luogo.

(É. Glissant)

14 n.11 novembre 2010

Il titolo di questo dossier monografico della rivi-sta è stato un po’ “sofferto”: “Dentro la didattica. Scuola d’autore, Storia tra locale e globale: due proposte innovative…”. Un po “sofferto”, perché il dossier non contiene il racconto (o la narrazione - come tutti amano dire all’improvviso) di un’uni-ca esperienza, di un istituto o di una proposta for-mativa, ma rimanda a due percorsi di formazio-ne quasi contemporanei, nei primi mesi dell’a.s. 2010/2011, con modalità e riferimenti che talvol-ta s’incrociano.

FORMAZIONEStrada maestra per innovare

Un appello corale: la didattica!

Non voglio fare forzature, inventando analogie o con-sonanze che non esistono, ma – se devo essere sin-cero – avverto qualcosa che unisce i due percorsi di formazione dai quali partiamo in questo dossier: scuo-la d’autore e il corso sulla storia tra locale e globale. Si capirà meglio, descrivendo esattamente come si è giunti a questa scelta.Da molto tempo ormai nelle analisi e negli inter-venti anche ufficiali sulla scuola in Trentino si sente quasi un appello: poniamo al centro la didattica che è il cuore del fare scuola di qualità e, quindi, dell’in-novazione. La macchina organizzativa c’è, bene o male, le risor-se anche, almeno in Trentino, quindi “torniamo in classe”, mettiamo davvero al centro delle riflessio-ni e delle azioni gli studenti e gli insegnanti. Un di-scorso che ora ritroviamo anche nelle analisi e nelle indicazioni nazionali ed europee. Un forte richia-mo in tal senso è giunto nelle due giornate riserva-te ai dirigenti scolastici il 15-16 ottobre a Coma-no Terme.Tornare alla didattica è diventato anche un impera-tivo impellente per gli stessi dirigenti scolastici, ma la “svolta” è venuta con forza da Mario Dutto, fino a pochi giorni fa dirigente al massimo livello del Mi-nistero (MIUR), da Umberto Margiotta, richiama-ta in apertura dall’assessore Marta Dalmaso e poi ribadita con determinazione del presidente Lorenzo Dellai (Gli interventi saranno consultabili su vivo-scuola nella sezione “dirigenti”, quando questo nu-mero della rivista arriverà ai destinatari).

Due percorsi di formazione

“Si parva licet”, didascalie ha sempre ritenuto come prioritarie le sezioni dedicate appunto alle esperien-ze didattiche delle singole scuole, per farle conosce-re ma anche per stimolare una circolarità diffusa che si crea naturalmente: “se questa cosa è riuscita così bene ai colleghi di Gardolo, forse potremmo provare anche noi a Strigno….”.La nostra parte modesta è d’informazione, qualche altro si porrà in modo organico il problema della do-cumentazione didattica provinciale. La didattica al centro e l’innovazione, dunque.Le due proposte di cui qui ci occupiamo hanno mol-ti elementi che vanno nella giusta direzione e dei ri-ferimenti organizzativi in comune: il liceo “da Vin-ci” di Trento in entrambe le proposte, alle sue spalle l’IPRASE Trentino in una, il Centro per la forma-zione di Rovereto e la Fondazione Museo Storico del Trentino nell’altra. Entrambe le iniziative sono rivolte ai docenti d’area umanistica, ma toccano te-matiche trasversali anche oltre la scuola: la scrittura e la storia. Scuola d’autore è un progetto dell’Iprase ideato e curato dall’insegnante Amedeo Savoia (Iprase e Li-ceo L. da Vinci, Trento) in collaborazione con lo scrittore Giulio Mozzi; rivolto ai docenti di lettere, propone percorsi di ricerca azione su opere significa-tive della letteratura contemporanea con l’intervento degli autori e laboratori di scrittura. Affronta anche temi specifici della storia e della didattica della lin-gua e letteratura italiana. Promuove la collaborazione fra gli insegnanti di lettere del Trentino attingendo alle risorse forni-te da forum e piattaforme on line. Didascalie ha chiesto ai due curatori di presentare l’iniziativa ed ha dato la parola a cinque insegnanti che vi hanno partecipato lo scorso anno scolastico; riporta poi due schede su iniziative che si sono affiancate al progetto generale: le videolezioni sulla narrazione e la ricerca sui rapporti fra letteratura e industria editoriale.Il Corso di formazione su La storia tra locale e globale per docenti di storia e di lettere della scuo-la secondaria di 1° e 2° grado allarga la riflessione a temi più generali di rapporto col territorio, con l’i-dentità e l’autonomia locale. Non facciamo la cro-naca del corso, ma abbiamo chiesto alcune rifles-sioni più generali sul tema e un’esperienza con gli studenti.

Mario Caroli

il do�ier

15n.11 novembre 2010

IPRASE TRENTINO

la proposta

“Gli scrittori”, mi diceva un amico, “sono come i pensionati”.“E cioè?”.“Di cosa parli, tu, quando ti trovi con i tuoi colleghi scrittori?”.“Per i primi cinque minuti, degli ultimi libri letti. Poi, per altri cin-que, di quanto siano crudeli gli editori. Infine, e definitivamente, di soldi”.“Ecco, vedi? Come i pensionati. Che parlano per cinque minuti di malattie, per altri cinque del governo – male, ovviamente – e poi, de-finitivamente, di soldi”.

SCUOLA D’AUTOREL’offerta: giardinetti e forum

Mia madre era un’inse-gnante…

Di che cosa parlano gli insegnanti quando s’incontrano?Mia madre era un’insegnante di scienze e matematica. Brava: ho tutti i motivi per crederlo. So come insegnava a me e ai miei fra-telli. E sono certo di una cosa: che, per i trentasei anni della sua car-riera, con i colleghi ha parlato di tutto – di soldi, naturalmente, e di orari, di burocrazia, di figli, di guai famigliari degli studenti, eccetera – fuorché di come si insegna.Non che non le interessasse, il come si insegna. Tuttavia, ecco, non aveva – non aveva lei, non ave-vano i suoi colleghi e le sue col-leghe – l’abitudine di parlare di quello. D’altra parte, all’universi-tà non aveva certo studiato quel-lo. E quando aveva cominciato a insegnare, si era ritrovata da sola: da sola, nel 1954, difronte a una quarantina di studenti delle medie serali, in un paese dell’alto Vicen-tino, aveva dovuto inventarsi in-segnante – sulla scorta delle pro-prie esperienze come studentessa. Da sola poi, per trentasei anni, di anno in anno, passando di paese in paese (e infine in città) e di scuo-

la in scuola, si era inventata ogni giorno insegnante.C’erano i libri di didattica, certo. Che, peraltro, le sembravano spes-so compilati da persone che con la realtà materiale della scuola – con i tempi, i vincoli, le attrezzature ec-cetera della scuola – parevano ave-re avuto in vita loro un rapporto decisamente platonico. Bisogna-va, le buonissime idee di quei li-bri, trasformarle artisticamente in pratica quotidiana, adattarle alla singola classe e al singolo contesto: e in questo lei, mia madre, come tutte le sue colleghe e i suoi colle-ghi, era di nuovo sola. In casa non c’è neanche un foglio di carta che resti a testimoniare ciò che lei faceva in aula.Non so se abbia mai raccolto, schedato, accumulato materia-li. La assisteva una memoria pro-digiosa (l’ha ereditata mio fratel-lo, ahimè; io ho ereditato il taglio degli occhi). E poi: era una don-na; aveva quattro figli e un mari-to girovago per mestiere; e qua-si nessuno a quei tempi pensava che l’insegnamento – al di là del livello elementare – fosse davvero una professione, con le sue prati-che, le sue tecniche e le sue spe-cialità; e che la relativa professio-

nalità potesse essere conservata e trasmessa. Al massimo, si diceva, l’insegnamento era una vocazio-ne.Io ho la vocazione del dilettante.

Io sono un dilettante…

Io sono un dilettante. Passo mol-te ore della mia settimana a inse-gnare; principalmente quella cosa misteriosa che viene chiamata “scrittura creativa”, che io insisto a chiamare “scrittura e narrazione”, e che sarebbe ora di chiamare sem-plicemente, come s’è chiamata per secoli, “retorica”; e più raramente cose relative all’editoria: la ricerca dei testi da pubblicare, il lavoro di redazione, la gestione dell’impresa editoriale, la promozione dei libri e così via.Sono un dilettante, e quando di-ciassette anni fa – senza laurea e con alle spalle sette anni di lavo-ro giornalistico e un libro di rac-conti: bene accolto, per carità, ma uno solo – cominciai a condurre i miei primi seminari di scrittu-ra per adulti, avevo la sensazione di muovermi nel vuoto. Non c’e-rano o non trovavo testi italiani moderni sull’argomento: e mi pa-reva insensato presentarmi in aula con sottobraccio la Retorica del Gravina o il trattato Della perfetta poesia di Ludovico Antonio Mu-ratori (divertentissimo, peraltro). C’erano – a centinaia; se ne par-

16 n.11 novembre 2010

lava nell’ambiente come di ogget-ti misteriosi ed esotici – i libri an-glosassoni di creative writing, ma non è che una didattica della let-teratura pratica (cioè dello scrive-re) si possa trapiantare così, sen-za colpo ferire, da una tradizione letteraria a un’altra: per loro i rife-rimenti sono Melville, Whitman e Faulkner; per noi sono Manzo-ni, Leopardi e Moravia. Non è la stessa cosa.

Conservare. Accumu-lare. Tramandare.

Così mi venne naturale, man mano che imparavo la professio-ne danneggiando molto i primi allievi, e spero un po’ meno i suc-cessivi, mettere per iscritto tut-to quello che facevo. Conservare. Accumulare. Tramandare: visto che potevo far libri, feci dei libri con dentro queste esperienze. Mettere a disposizione: cominciai a usare l’internet quando comin-ciarono a usarla tutti, nel 2000, e la mia prima preoccupazione fu quella di mettere in rete. Ma si trattava anche di “fare rete”, tra chi come me si avventurava in quegli anni nella nuova benché antichis-sima professione d’insegnante del ben dire e del bello scrivere. Fre-quentai le lezioni altrui; organiz-zai dei convegni; chiamai altri a insegnare nella mia scuoletta (una scuoletta piccola piccola: quattro ore la settimana presso un circo-lo Arci). E naturalmente mi ritro-vavo dei colleghi nelle mie lezioni, ero invitato a convegni, ero chia-mato a insegnare qua e là.

… raccontarci che cosa facevamo in aula

Trovammo, insomma, in questa piccola e bizzarra comunità co-

stituita da chi scrive e pubblica, un nuovo argomento di conver-sazione: dopo i soldi e gli edito-ri, potevamo raccontarci che cosa facevamo in aula; con quali risul-tati; usando quali materiali, quali esempi, quali strumenti. E natu-ralmente discutevamo degli scopi di tutto questo nostro agitarsi: pri-mo, camparci; e poi promuovere la lettura, aiutare a prendere la paro-la, combattere la dealfabetizzazio-ne imperante, scovare nuovi auto-ri, e così via.Ed è anche per questo che alcuni di noi sono diventati dei professio-nisti dell’insegnamento; e lavorano nelle scuole che formano i profes-sionisti della comunicazione, nelle università, nelle scuole pubbliche, nelle aziende private.

I faldoni degli insegnanti…

Quando nel luglio scorso i miei amici Mina e Giuseppe – entrambi maestri elementari – hanno traslo-cato, si sono trovati col problema dei faldoni. Insegnano da vent’an-ni e nella casa vecchia avevano una stanza piena di scaffali; gli scaffa-li, pieni di faldoni; i faldoni, pieni dei materiali di vent’anni di lavo-ro. Fotocopie di riviste e libri, ri-tagli da giornali e giornaletti, unità didattiche messe in bella copia con tutte le loro cosine al punto giusto o abbozzate a biro su fogli di ri-cupero, lavori esemplari dei bim-bi, fotografie e filmati, appunti di riunioni con i colleghi, e chi più ne ha più ne metta. Il tutto quasi in perfetto ordine (grazie a Mina; il quasi è dovuto a Giuseppe), ca-talogato per anno di scuola e per materia; e nel primo foglio di cia-scun faldone un elenco sommario del contenuto.Come tutti i traslocatori princi-pianti, Giuseppe e Mina hanno

tentato di cogliere l’occasione per liberarsi di un po’ di roba. E così hanno cominciato a sfogliare siste-maticamente i faldoni, cercando di decidere: questo sì, questo no. Non che non avessero mai scava-to in quella miniera; per vent’anni ci avevano messe le mani presso-ché tutti i giorni, sempre in cerca di qualcosa di specifico; ma il tra-sloco ha dato loro l’occasione per una prima rilettura meticolosa del-la loro carriera, dal principio alla fine.

…lo schedario elettronico

Risultato: hanno tenuto tutto. Hanno pure fatto uno scheda-rio elettronico. “È stato il più po-tente corso d’aggiornamento che ci sia mai capitato”, mi hanno rac-contato a cena, tra uno gnocco e una tigella (la faccenda, infatti, si svolge in Emilia). “Ci siamo ac-corti di quante cose abbiamo in-ventate o reinventate o adattate o brutalmente copiate o comunque fatte nostre in vent’anni di lavo-ro”.Ecco: l’avventura di Mina e Giu-seppe è per me, nel suo piccolo, un’immagine di ciò che è il pro-getto “Scuola d’autore” dell’Iprase, al quale collaboro dalla primavera del 2009. Gli insegnanti sono delle gran macchine da guerra, ogni gior-no devono inventarsene una, ogni anno riusano e adattano invenzio-ni degli anni precedenti – perché è vero che a scuola si fanno più o meno, ciclicamente, sempre le stes-se cose, ma è ancora più vero che non si fanno mai esattamente le stesse cose – e con l’unico limite della quantità di stanze e di scaffali che hanno in casa – o della capien-za del disco rigido della loro mac-china elettronica – tendono a con-servare tutto.

17n.11 novembre 2010

La trasmissionedel sapere materno

Un’altra immagine che mi viene in mente è quella della trasmissio-ne del sapere materno. Come im-parano le donne ad essere madri? Lo imparano fin dall’infanzia, dal-la propria madre, certo; lo si impa-ra eventualmente dai libri (il ma-nuale del dottor Spock vendette in Italia, negli anni Sessanta, quasi un milione di copie); ma lo imparano soprattutto, a bambino imminen-te o già fatto, parlando tra loro: classicamente, ai giardinetti, o più modernamente incontrandosi nei forum in rete. (I maschi non im-parano mai per bene ad essere pa-dri, perché non frequentano i giar-dinetti e nei forum in rete parlano di calcio).

“Scuola d’autore”

“Scuola d’autore” propone agli in-segnanti sia dei giardinetti – ossia gli incontri con i quali si dà l’av-vio a ogni singola sperimentazio-ne – sia dei forum: nei quali gli

insegnanti, nel corso del lavoro, possono scambiarsi esperienze e materiali, porre problemi, dare e ricevere risposte, suggerire e con-cordare aggiustamenti o rivoluzio-ni delle sperimentazioni stesse.Perché il vero dramma dell’inse-gnante, dell’insegnante come pro-fessionista, è che il più delle volte il sapere professionale che si accu-mula in lui (e nei suoi faldoni) ri-mane sua esclusiva proprietà. Non perché gli insegnanti siano di per sé contrari alla condivisione e allo scambio (vabbè: ci saranno i ge-losi, come in ogni categoria), ma perché non esistono quasi, nella tradizione scolastica italiana, occa-sioni specifiche dedicate alla con-divisione; non esiste una precisa tradizione di comunicazione, con-servazione e valorizzazione del-la professionalità insegnante. Così come, e non è bello doverlo dire, non esiste una tradizione vera e propria di formazione dell’inse-gnante post-elementare come pro-fessionista dell’insegnamento. Le Ssis sono state un tentativo – per quanto discusso – in questa dire-zione: e sono state chiuse.

Pensarsi come professionisti

Il pensare a sé stessi come a dei professionisti, l’aver fiducia nella propria professionalità, il confron-tarsi abitualmente con i colleghi su questioni professionali, come fanno gli avvocati e i medici, gli idraulici e gli ingegneri, gli atto-ri e i parrucchieri: questo manca, spesso, agli insegnanti. Scommet-to che se si dicesse all’attuale mi-nistro dell’Istruzione che gli in-segnanti sono dei professionisti, sbalordirebbe. Ma non sarebbe-ro sbalorditi meno, sono convin-to, i suoi predecessori, da Gonella a Falcucci, da Bianco a Morat-ti. Tant’è che, nel senso comune, “formare”, “aggiornare” gli inse-gnanti, “rinnovare” l’insegnamen-to significa: fare dei corsi nei qua-li insegna un esperto che non è un insegnante di scuola – in qualche caso limite: che obbligatoriamen-te non deve essere un insegnante di scuola – propone dei contenu-ti.

La scommessa: l’orgoglio ritrovato del prof

La diversità e la scommessa di “Scuola d’autore” sta in questo. Si propone di raccogliere, accu-mulare, archiviare, mettere a di-sposizione, diffondere il sapere professionale che è proprio degli insegnanti. Affinché l’esperienza fabbricata in aula, nel corpo a cor-po quotidiano con i ragazzi, non vada più sistematicamente disper-sa “come lacrime nella pioggia”. E l’insegnante ritrovi il suo orgo-glio, il prestigio della professione, la sicurezza di chi sa quello che fa e si vede riconosciuto il proprio sapere.

Giulio Mozzi

18 n.11 novembre 2010

Perché non creare un laboratorio comune, reale e virtuale, nel qua-le i professionisti dell’insegnamento della lingua madre possano in-contrarsi, condividere esperienze in tempo reale e differito, scambiar-si materiali, confrontarsi con gli artisti, discutere e, magari, scherzare? Più o meno tutti i rappresentanti di un mestiere hanno luoghi simi-li. Sono spazi e situazioni molto pratici nei quali si discute poco dei massimi sistemi e di più di questioni concrete e ordinarie, ma essen-ziali per dare qualità alla propria opera.

LABORATORIOUno sguardo d’insieme

il percorso

Dal 2009 Scuola d’autore

Muovendo da questa istanza è nato nel 2009 Scuola d’autore nell’area della Ricerca educativa dell’Iprase in collaborazione con lo scrittore, inse-gnante di scrittura e consulente edi-toriale Giulio Mozzi che nel suo in-tervento su queste pagine delinea alla sua maniera lo spirito dell’iniziativa.Niente di nuovo sotto il sole. In concreto, Scuola d’autore consiste nell’offrire agli insegnanti di lettere, principalmente delle scuole superio-ri, percorsi di ricerca-azione su nar-rativa, poesia, documentario cine-matografico, teatro e scrittura con particolare attenzione alla realtà con-temporanea. I singoli moduli sono generalmente così articolati. In au-tunno gli insegnanti incontrano gli autori in laboratori riservati. Entra-no, come si suol dire, nell’officina di composizione, ne percepiscono un po’ il dietro le quinte. Poi l’attività si sposta nelle classi e nei forum on line, dove gli insegnanti restano in contatto per confrontarsi sul proce-dere delle attività, si scambiano ma-teriali e suggerimenti, si sostengono reciprocamente se ce n’è bisogno.

L’incontro con gli autori… e le opere

Nella primavera successiva, infi-ne, gli alunni incontrano gli auto-

ri avendo letto le opere ed essen-dosi preparati a questo confronto. In qualche caso è anche possibile mantenere un contatto diretto con l’autore. Un solo esempio per dare l’idea della potenzialità dello stru-mento. Il modulo sulla narrativa ha previsto la lettura del roman-zo Il tempo materiale di Gior-gio Vasta (minimum fax, 2008). Dopo l’incontro autunnale con l’autore accompagnato dall’editor Nicola Lagioia, durante il lavoro in classe un insegnante chiede: Siamo arrivati al capitolo nove, Dia-loghi, e ci siamo soffermati su una metafora. A pag. 173 il protagonista racconta di essere andato a Villa Ga-ribaldi dove ci sono i (le) ficus magno-lioides. La metafora è questa: “Essere padre è questo mostro di radici rampi-canti, ecc.”. Se internet non inganna abbiamo trovato qualche immagine di queste piante “maestose” che allego. Abbiamo cercato di individuare qual-che analogia che collegasse i due poli della metafora. Senza molto costrutto. Pur consapevoli che la scorciatoia di chiedere all’autore non è ortodossa, ci affidiamo alla cortesia di Giorgio Va-sta e magari anche di Nicola Lagioia per avere qualche lume. Grazie Nicola Lagioia dà una prima ri-sposta e rilancia:Forse - oltre a riprendere le piante vere e proprie - si potrebbero (ico-nograficamente) tirare in ballo cre-ature mitologiche come i mostri dei

boschi (senza virare troppo verso il fantasy). Oppure, per restare più sul piano letterario e tradizionale, qualcuna delle “mostruosità” o dei numi incisi di William Blake. Sem-pre che il problema sollevato fosse un problema iconografico. Ho capito bene? Giorgio, tu che dici?Così completa l’autore:La costruzione di un nesso tra la fi-gura paterna, o meglio l’idea di pa-dre, e i ficus di piazza Marina nasce da una specie di mia privata osses-sione nei confronti di questa pianta, che fra l’altro a Palermo è molto dif-fusa (il luogo nel quale Morana ver-rà tenuto prigioniero è in viale delle Magnolie, a due passi da via Sciu-ti, e gli alberi di viale delle Magno-lie sono esattamente gli stessi che si trovano a piazza Marina - anche se ammetto che di questo nesso mi sto accorgendo solo in questo momento, scrivendo il libro non me ne ero reso conto). I ficus magnoloides sono ma-estosi e sembrano immensi anima-li fatti però di una materia pietro-sa. Sono violenti e immobili, hanno una ferocia pietrificata e sembrano consapevoli della loro dignità. Nel momento in cui Nimbo “lega” que-gli alberi violenti e anarchici al pa-

19n.11 novembre 2010

dre che desidera avere rimprovera, in modo implicito e inconseguente, le caratteristiche di suo padre, che tende a percepire come perfettamen-te regolare e regolato. Eppure nel suo padre reale riconosce quelle zone di sofferenza (e dunque di dolore ani-male, ferino) che in un certo senso lo connetterebbero al padre-albero. Detto questo ho l’impressione, ma non mi sono documentato in meri-to, che presso diverse culture l’albero sia una figura alla quale viene ele-vato un culto. Sarà che l’ho visto da poco ma anche in Avatar, ed è possi-bile che gli studenti lo conoscano, un enorme albero è considerato come un dio-genitore. Un saluto, GiorgioBeh, insomma, non male, tenen-do conto che il tutto è avvenuto fra le 16.07 del 5 febbraio 2010 e le 10.55 del giorno successivo. Cer-tamente qui si è volato un po’ alto, ma contemporaneamente nei fo-rum si discuteva anche di questioni molto più ordinarie.Oltre alla lettura di questo roman-zo, gli altri moduli proponevano le seguenti opere: per la poesia Ri-torno a Planaval di Stefano Dal Bianco (Mondadori, 2001); per il reportage A Sud di Lampedusa (video Italia 2006, minimum fax 2008) e Come un uomo sulla terra (Italia 2008, Infinitoedizioni 2009) di Andrea Segre, Stefano Liberti e Dagmawi Yimer; per il teatro il Kohlhaas di Marco Baliani.

Il laboratorio di scrittura con Giulio Mozzi

A questi percorsi sui testi si è ag-giunto il laboratorio di scrittura proposto da Giulio Mozzi. Dan-do seguito all’idea di tenere un dia-rio quotidiano per alcuni mesi su un tema che variava settimanalmen-te, tutto è stato molto pratico. Tutti, studenti e insegnanti, dovevano scri-vere ogni giorno almeno dieci mi-nuti. Su questo non vale la pena di dilungarsi qui perché i risultati sono verificabili sul volume Il diario di tutti edito da Iprase e scaricabile dal suo sito. Nel forum il confronto è stato cadenzato da rigide scaden-ze: ogni settimana cambiava l’argo-mento e bisognava comunicarselo e confrontarsi sugli esiti. Ne parla an-che un’insegnante su queste pagine.Nell’ambito di questo proget-to, inoltre, sono stati realizzate al-tre iniziative coerenti con lo spiri-to pratico cui si ispira. Da un lato Giulio Mozzi ha girato 17 vide-olezioni sulla narrazione. Sono utili e simpatici strumenti per la-vorare in classe con gli studenti fa-cilmente scaricabili da internet. Dall’altro ci si è posti la questione del rapporto fra letteratura e in-dustria editoriale. Sono state or-ganizzate due trasferte per inter-vistare editori al Salone del Libro di Torino e per incontrare autori a Pordonone legge (vedi le schede).Grazie alla collaborazione con For-mat della Provincia Autonoma di Trento è stata realizzata la documen-tazione video dei seminari con gli autori. È intenzione dell’Iprase met-terla a disposizione degli insegnanti interessati unitamente a tutti i mate-riali di approfondimento e didattici prodotti nei singoli percorsi. A que-sta sedimentazione di esperienze, in-fatti, mira Scuola d’autore con parti-colare cura. Per l’anno scolastico in corso, 2010-11, i moduli da cinque sono diventati sette grazie anche alla collaborazione con i professori Mi-chele Ruele (Liceo Prati, Trento) e Stefano Lotti (Liceo Maffei, Riva del Garda). Confermati i percorsi in narrativa, poesia, reportage e tea-tro, si è avvertita l’esigenza di rinno-

vare lo sguardo su specifici momenti della storia letteraria italiana e sul-la didattica della letteratura. Anche i laboratori sulla scrittura sono au-mentati: al diario personale si sono affiancati il reportage fotografico a parole e il testo argomentativo.

L’utilità di lavorare insieme

Scuola d’autore è una sperimentazio-ne che ha verificato sul campo la pro-pria efficacia. Non solo per il riscon-tro quantitativo: oltre 70 preiscritti nel primo anno di cui 50 hanno portato a termine almeno un mo-dulo; oltre 90 preiscritti per l’an-no scolastico in corso e frequenze più che raddoppiate. E neppure per il fatto che, grazie alla sua imposta-zione, Scuola d’autore ha un bacino d’utenza provinciale: Trento, Rove-reto, Riva del Garda, Borgo, Cavale-se, Cles, Fiera di Primiero, ecc. Ciò che sembra farlo funzionare è il fatto che gli insegnanti avvertono sempre di più l’utilità di lavorare insieme, al di là dei confini del proprio istituto, per diventare più bravi. I test inter-nazionali sulla competenza nella lin-gua madre non danno al momento risultati molto confortanti e la scuo-la spesso deve affrontare problemati-che legate agli atteggiamenti più che alle competenze. La strada dunque è lunga e ardua. Scuola d’autore co-stituisce un prototipo operativo che intende porsi al servizio di chi si tro-va su questo cammino.

Amedeo Savoia

IPRASE TRENTINO

Progetto di ricerca-azione per docenti di lettere delle scuole superiori

Scuola d'autore Anno scolastico 2009-2010

PROGRAMMA 2009-2010

Moduli:

1. Narrativa (romanzo)Giorgio Vasta, Il tempo materiale, Minimun Fax 2008

2. PoesiaStefano Dal Bianco, Ritorno a Planaval, Mondadori, 2001

3. Reportage letterario e cinematograficoStefano Liberti, A sud di Lampedusa, Minimum Fax, 2008 Andrea Segre, A Sud di Lampedusa (Italia 2006, 31')Andrea Segre e Dagmawi Ymer, Come un uomo sulla terra (Italia 2008, 68')

4. Teatro Kohlhaas di Remo Rostagno e Marco Baliani (1989)tratto da Michael Kohlhaas di Heinrich von Kleist

5. ScritturaLaboratorio di composizione: il diario personale A cura di Giulio Mozzi

20 n.11 novembre 2010

I MODULILa parola agli insegnanti

NARRATIVA Giorgio VastaIl tempo materiale(minimum fax, 2008)

Il tempo materiale di Giorgio Vasta (minimum fax, 2008) è uno dei libri più importanti nella narrativa degli ultimi anni in Italia, per la qualità dell’opera e per l’autorevolezza che Vasta ha come “giovane” romanzie-re e addetto ai lavori nell’editoria e nel dibattito culturale.E perché no, allora? Perché no un romanzo pubblicato nel 2008 ac-canto ad Ariosto, nella 2E del liceo classico “Giovanni Prati”?«Professore, ma come possono dei gatti essere divorati dalla rinotra-cheite e dalla rogna? Non li avevo mai pensati in questo modo.»Il tempo materiale ha uno stile pre-cisissimo, duro, dei concetti distin-ti e definiti, Vasta tiene sotto con-trollo la macchina narrativa e i suoi contenuti. Anche per questo il lavo-ro in classe è stato molto produttivo sull’analisi e sulle strutture narrati-ve. Ha inoltre permesso di trattare la storia contemporanea (è ambien-tato negli anni Settanta), trattando temi come quelli relativi al terrori-smo degli “anni di piombo” o all’e-voluzione della cultura e delle for-me dell’immaginario degli italiani negli ultimi quarant’anni. Per me come professore e per i miei colle-ghi l’indagine collettiva e il dialogo sui forum hanno facilitato il lavoro.Per gli studenti l’aggancio con il pre-sente e l’incontro con l’autore sono stati un valore aggiunto alla lettura e un’occasione vivida: l’esperienza la-scia il segno e costituisce un model-lo, una traccia da ripercorrere.

Michele RueleLiceo “Prati” Trento

POESIAStefano Dal Bianco Ritorno a Planaval (Mondadori, 2001)

Seguire un corso di poesia tenuto da un poeta. Non è un’esperienza solita. Neppure per un professore di lettere, abituato a leggere, ana-lizzare e commentare centinaia di poesie ogni anno. Perché il poeta è sempre singolo, non è incasella-bile in uno schema, in una corren-te, in un periodo. Quante volte lo affermiamo, a scuola: “Leopardi fu un romantico, sì, ma sui generis… È vero che Foscolo è un poeta neo-classico, però…”?L’incontro con la poesia contem-poranea nella Scuola d’autore ci conferma questa convinzione: ogni poeta rappresenta il proprio cosmo di pensieri, individuali ma univer-sali al tempo stesso, e lo esprime attraverso le sue liriche.Ascoltare un poeta che parla del-

la sua opera è quindi un’esperien-za unica: più filosofica che narrati-va, più teatrale che interpretativa. Tocca più le corde dell’anima che quelle della mente.Stefano Dal Bianco (Ritorno a Planaval, 2000) ama la metrica, ci gioca, respira attraverso di essa, la pensa come mezzo di espressio-ne, Di lì parte per raccontare il senso delle cose con cui entra in rapporto, da osservatore apparen-temente distaccato ma immerso completamente nel liquido den-so della vita; un osservatore che in realtà scorge particolari che nes-sun altro vede, nessun altro nota (Dopo un mese in un anfratto del pavimento è comparso un vetrino trasparente, ma nessuno l’ha raccol-to.– da Il vetrino). A tratti per nar-rare utilizza una prosa lirica, che contiene endecasillabi e settenari o rime interne (La luna che si na-scondeva dietro la massa nera della nuvolaglia non si sa se lo faceva di proposito… da Notte di luna); poi passa all’uso di versi bruschi, qua-si “non poetici” (…/come tendi-na, fazzoletto, come involucro anti-polvere/ - da Lenzuola). Egli stesso

t�timonianze

21n.11 novembre 2010

REPORTAGEAndrea Segre, Stefano Liberti, Dagmawi YimerA Sud di Lampedusa (video Italia 2006,minimum fax 2008) Come un uomo sulla terra (Italia 2008, Infinitoedizioni 2009) di

Quando, lo scorso anno, ho ade-rito al progetto di ricerca-azione sul reportage ero mossa soprat-tutto dal desiderio di approfondi-re con i miei studenti (la seconda H del Liceo scientifico “Leonardo da Vinci” di Trento) il lavoro che fin dalla prima stavamo conducen-do sui quotidiani. I giornali italia-ni, per non parlare dei telegiorna-li, dedicano sempre meno spazio alle cronache dall’estero, e le po-che notizie che arrivano ai ragaz-zi si limitano di solito a registra-re catastrofi o eventi eccezionali; ciò facilita la diffusione di stereo-tipi e distorsioni emotive, soprat-tutto su temi caldi come quelli le-gati all’immigrazione. Il progetto si è svolto su un dop-pio fronte, quello della forma - il reportage come genere, le diverse potenzialità espressive delle im-magini e della scrittura - e quello dei contenuti – ciò che accade “a sud di Lampedusa”. Per entram-bi gli aspetti la modalità di lavo-ro proposta si è rivelata molto ef-ficace. Inizialmente gli insegnanti si sono incontrati per visionare i materiali da proporre agli studen-ti e per confrontarsi sulle possi-bili applicazioni didattiche. Al di là dell’indubbio valore qualitati-vo del materiale che abbiamo avu-to a disposizione (il libro di Stefa-no Liberti A sud di Lampedusa, il documentario omonimo di An-drea Segre, il film-testimonianza di Andrea Segre e Dagmawi Yimer Come un uomo sulla terra, dedica-to all’odissea dei migranti africani transitanti per la Libia) si è rivela-

ta stimolante la possibilità di dia-logare con gli autori, grazie anche allo strumento del forum on-line. L’ approccio laboratoriale speri-mentato dagli insegnanti nella fase preparatoria ha caratterizzato an-che le attività svolte in aula, che sono culminate nell’incontro delle classi con gli autori dei reportage; non solo gli studenti si sono lascia-ti coinvolgere, ma si sono attiva-ti in modo autonomo per scovare – sulla rete, in televisione o sulla stampa – materiali giornalistici at-tinenti alle tematiche affrontate, confrontandoli, criticandoli e mo-strando, in definitiva, di saper di-stinguere tra ciò che di buono e di meno buono viene offerto loro dai media.

Claudia DinaleLiceo “L. da Vinci” Trento

TEATROMarco BalianiKohlhaas (1989)

“Ci sono delle cose che se te le tol-gono impazzisci?”Con gli insegnanti coinvolti nel progetto ho incontrato Marco Ba-liani il 4 novembre 2009. Il gior-no prima avevamo visto assie-me il “Kohlhaas” trasmesso dalla Rai nel 1998: una regia abbastan-za “invasiva”, con potenti musiche ed effetti (4 camere e 30 giorni di montaggio, ci ha poi spiegato Ba-liani), qualcosa di abbastanza di-verso dall’esperienza potente di es-senzialità che avremmo poi vissuto assieme agli studenti al “Cuminet-ti” - Kohlhaas solo a cavalcare in groppa ad una sedia. Ma bisognava che avessimo ben presente di cosa si parlava, al momento dell’incon-tro preparatorio. E l’emozione in-tensissima di quella prima visione non ha certo diminuito il piacere dello spettacolo dal vivo. Il DVD ci sarebbe servito anche per

afferma: «Ad un certo punto della mia vita ho avuto la nausea del far versi e ho cominciato ad andare a capo a caso.»Dal Bianco sostiene che con la poesia si riafferma il nostro esse-re temporali, materiali, si dice ciò che è rimosso nella lingua natura-le, della comunicazione. Per lui compito dei poeti è quel-lo di «essere abbastanza forti da riuscire a non farsi distogliere per qualche frazione di secondo dall’essenza della temporalità.»Quando, se non in uno di questi incontri straordinari, riusciamo a capire così profondamente le ra-gioni della poesia, ieri come oggi? Quando possiamo accedere così direttamente alla fonte dell’arte e del pensiero umano?Andare a Scuola d’autore di poesia per un insegnante significa quin-di poter spiegare meglio agli stu-denti qual è il compito dei poeti (o del poeta), quali i loro ambiti di indagine, quali gli atteggiamenti percettivi fondanti (per Dal Bian-co sono prima la sosta, il rallen-tamento e poi l’attenzione verso gli oggetti, colti nel loro essere fi-sico tramite una profonda concen-trazione).Andare a Scuola d’autore di poe-sia per un insegnante significa an-che e soprattutto far incontrare il poeta agli studenti, preparati du-rante l’anno scolastico tramite la lettura di alcune poesie e di testi critici, e permettere che i giovani capiscano, attraverso le loro stesse domande, quanto “sia saldo e si-curo il mondo della poesia vera, che non ha bisogno di affermare ciò che è, che non è assillato dal bisogno di dire qualcosa (G.Leopardi, citato dal poeta Dal Bianco durante l’in-contro del 15 ottobre 2009 con i docenti)

Clara LottiLiceo “Maffei” Riva del Garda

22 n.11 novembre 2010

le lezioni con cui avremmo prepa-rato i ragazzi. “Utilizzate a scuola il racconto per fare altri racconti, non per dare spiegazioni. Il rac-conto sarà generatore di racconti, e di domande. Non fatene un “uso contenutistico”. Proiettatene qual-che pezzo, fate delle interruzioni: che succede adesso? Cosa faresti tu adesso? Quali sono i tuoi due caval-li? Ci sono delle cose che se te le tol-gono impazzisci?”Molteplici sono stati GLI SPUNTI DI

LAVORO suggeritici da quell’incon-tro, sviluppati poi da ognuno di noi in modi diversi, legati alla clas-se con cui lavoravamo e alle nostre soggettive sensibilità e competen-ze. Marco si è speso per noi con estrema generosità, affollando il suo intervento con i contributi di quelle che lui a sua volta ha vissu-to come personali suggestioni: da Hillmann a Rilke, da Karen Blixen a Walter Benjamin, da Cuticchio e Brecht (“Per me Brecht è il faro”). Io sono partita da questi:“Durante il racconto fai rinascere delle immagini che appartengono alla tua specie, non al tuo passa-to prossimo”: che cosa è la nar-razione per l’uomo? Si può lavo-rare sulle “radici antropologiche” del narrare, (“Raccontando per-metto alla vita, per un attimo, di essere sensata, meno terribile, al-lontano la paura, non del mori-re, che nella narrazione appartie-ne all’ordine naturale degli eventi, ma del caos e dell’insensato”, che è poi ciò che Kerenj dice del mito).

E sui non banali legami tra real-tà, immaginazione e verità (“La verità di una storia non ha nulla a che fare con al quantità di realtà in essa contenuta.”). A questo riguar-do ho potuto collegare la riflessio-ne con quanto emergeva nel lavo-ro sul “diario personale” proposto da Giulio Mozzi, che stavo facen-do con la stessa classe. Il racconto pone delle domande (“Quali sono i tuoi due cavalli?”). È una storia di giustizia negata. Kohlhaas è contento del suo lavoro, ed è questa la molla della catastrofe. “Tanti anni fa, in terra di Germa-nia, viveva un uomo a nome Mi-chele Kohlhaas. Era un allevatore di cavalli e, come lui, lo erano stati il padre e il nonno, intere generazioni di allevatori di cavalli”. Un sopru-so, il capriccio di un uomo poten-te, lo priva dei suoi due morelli - i purosangue, cavalli di razza, cavalli da parata – e Kohlhaas dovrà cerca-re di “ricucire lo strappo nel cerchio del mondo”. Sarà la legge (E la leg-ge vale per tutti in terra di Germa-nia, dall’ultimo dei bifolchi al più grande dei principi e dei signori! O no?), oppure sarà la guerra (Come un vento adesso andava l’esercito di Kohlhaas in terra di Germania…). Quindi notevoli spunti di lavoro, rintracciabili in parallelo in altre letture adatte per una classe secon-da (se si vuole fare gli originali, può essere anche “I promessi sposi”) Marco Baliani dice spesso di non essere interessato a quello che un po’ convenzionalmente si defini-sce “teatro civile”, pensa “piut-tosto che il teatro debba essere “incivile” come diceva Pasolini, debba mettere in scena conflit-ti non risolvibili ideologicamen-te, meno che mai additare i buo-ni e i cattivi”. Desidera inquietare gli spettatori più che indignar-li. Si può lavorare con gli studen-ti - su questo testo come su altri, e infine assistendo allo spettaco-

lo - in quello che Baliani defini-sce un “allenamento alla senso-rialità”. Lui dice che non è mai stato a cavallo, come non è mai stato impiccato, ma queste sono le esperienze il cui il suo e il no-stro respiro di spettatori “vibrano all’unisono”, e pur essendo solo in scena prende un sacco di bot-te, piange prendendo nelle sue la mano di Lisetta, dà alle fiamme il palazzo del barone…Ed infine: c’è il corpo narrante ed è un corpo biologicamente presen-te nel momento del raccontare. La parola detta è una parola agita, la parola si porta la voce il respiro lo sguardo i sensi, il corpo aggiunge una quantità di testo, la gestualità sta dicendo un’altra cosa. “Il lavo-ro dell’arte è tutto in questo dispe-rato tentativo dell’essere umano di catturare l’esperienza in un linguag-gio, che sia arte o letteratura o cine-ma”. Il lavoro dell’insegnare è forte-mente connesso con la narrazione, le sue potenzialità e le sue insidie, le sue fascinazioni e la sua fatica. E fin troppo ovvio sottolineare quan-to l’apprendimento passi in un in-teragire di voci e corpi. (“Il mondo dell’arte esiste perché c’è un artigia-nato di massa che si occupa delle stesse cose degli artisti”). NELLE LEZIONI ho poi seguito an-che un altro percorso, per dare ai ragazzi un’idea più ampia del lavo-ro di Baliani in direzioni moltepli-ci, ed anche perché nella classe in-segnavo geografia ed avevamo già avviato un lavoro sull’Africa. Nel 2004, dopo un lavoro di due anni e più con 20 ragazzi di strada di Nairobi, ha portato in scena lo straordinario “Pinocchio nero”. Ho letto con gli studenti vari ca-pitoli del libro che racconta questa esperienza e qui gli spunti didatti-ci (storici, antropologici, letterari, politici, psicologici, etici…) sono davvero molteplici (“Il teatro ha messo in testa a questi ragazzi di

23n.11 novembre 2010

essere delle persone, con una sto-ria personale che vale la pena di raccontare e trasfigurare sulla sce-na. Forse solo quando si prova ad essere un personaggio, a essere un “altro”, si scopre di essere qualcu-no, perché per fingersi altro da sé ci deve essere da qualche parte una persona, un “sé”, che può permet-terselo.”) UN ULTERIORE POSSIBILE APPROFON-

DIMENTO (per il quale mi è man-cato il tempo, ma lo voglio segna-lare) può estendersi al testo con cui Baliani racconta la sua secon-da esperienza “africana”, quella che porta alla messa in scena de “L’a-more buono”, spettacolo in for-ma di musical che esplora l’uni-verso amoroso degli slum (sempre dal punto di vista adolescente), se-gnato dall’ossessionante presenza dell’Aids. Infine sia “Corpo di stato” (rapi-mento e uccisione di Aldo Moro) sia “Francesco a testa in giù” (Francesco d’Assisi), entrambi trasmessi in diretta televisiva su Rai 2, possono ovviamente offrire all’insegnante interessato abbon-dante materiale didatticamente proficuo.In primavera gli studenti hanno assistito allo spettacolo e alla fine posto domande a Baliani che sono state le più varie, sull’allestimento (cioè la sedia), sul concetto di giu-stizia, sul suo percorso di attore, sull’esperienza in Africa, sull’im-provvisazione.Quando qualche settimana dopo mi è accaduto di leggere in classe un brano da “Cent’anni di solitu-dine” (lo sterminio davanti alla sta-zione dei treni) ed ho poi avviato una conversazione sul testo, Filip-po non ha potuto che dire “Que-sto è proprio una cosa che dovreb-be leggere Baliani!”, e non è stato facile poi aggiungere ulteriori con-siderazioni.LE CITAZIONI sono tratte – oltre che

dall’incontro del 4/11/2009 - da:Marco Baliani – Remo Rostagno: Kohlhaas, 2001Gerardo Guccini: La bottega dei narratori, 2005Marco Baliani: Ho cavalcato in groppa ad una sedia, 2010Marco Baliani: Pinocchio nero. Diario di un viaggio teatrale, 2005Giulio Cederna – John Muiruri: $e black Pinocchio. Le avventure di un ragazzo di strada”, 2005Marco Baliani, L’amore buono, 2006

Laura Zambanini Liceo “Galilei” Trento

SCRITTURA Il diario personale eIl diario di tutti

Nella nuova didattica per compe-tenze, che mette al primo posto la comunicazione chiara e corretta nella madrelingua o lingua d’uso di un qualsivoglia contenuto, l’e-sercizio della lingua scritta come di quella parlata è quanto mai fonda-mentale, imprescindibile.Il Laboratorio di diario personale si è rivelato per i ragazzi una pa-lestra di scrittura più efficace dei soliti esercizi fittizi, di invenzione di racconti o rielaborazione di rac-conti altrui già belli e finiti. Ecco-ne i motivi:- parte dal vissuto e dalle esperien-ze quotidiane dei ragazzi,- li educa a focalizzare l’attenzione su ciò che li circonda, a potenziare le loro capacità percettive e rifles-sive su quello che si svolge attor-no a loro,- spinge i ragazzi ad un rapporto più consapevole con la propria at-tività di scrittura; - educa a spostare l’attenzione da sé al destinatario;- rende i ragazzi consapevoli del-la differenza tra scrittura pri vata e

scrittura pubblica, tra le cose che si possono dire e non dire in pub-blico o me glio di come trasforma-re una pagina di diario ovvero un testo privato in testi più formaliz-zati, una narrazione, una descrizio-ne, ecc;- insegna l’uso e il valore del dialo-go nella narrazione.- guida i ragazzi a riflettere su quel-lo che scrivono, a rivedere le cose impor tanti (notevoli) scartando quelle irrilevanti.Inoltre è una sorta di “collaborato-rio”, molto utile anche per l’inse-gnante, che lavora con la propria classe e contemporaneamente usu-fruisce del supporto di uno scritto-re “di professione”, Giulio Mozzi e degli altri colleghi con i quali può confrontarsi costantemente nel fo-rum aperto appositamente sul sito dell’IPRASE.« Prima di questo lavoro, credevo che i miei pensieri prima di dormi-re fossero sempre gli stessi» Mi ha confessato Sara. E Davide: «Pensavo che per raccontare occor-resse avere necessariamente qual-cosa di straordinario da dire, inve-ce adesso ho scoperto che i racconti possono nascere da un evento qual-siasi, anche banale e stupido, basta saper osservare, ascoltare».I ragazzi, nei primi mesi, erano molto riluttanti a leggere in clas-se le loro pagine che dicevano di “scrivere per sé”; in seguito, pren-dendo confidenza con la scrittura, si sono proposti sempre più nume-rosi per la discussione pubblica dei propri scritti e sono stati entusia-sti nel rileggersi su il diario di tutti, il volume (Iprase,2010) che racco-glie 266 pagine di diario di altret-tanti studenti delle venti classi che hanno seguito questo percorso. Il volume è scaricabile dal sito dell’I-prase (www.iprase.tn.it).

Vincenza Serio

Liceo “Rosmini” Rovereto

le schede

LIBRILetteratura ed editoria

Gli insegnanti non ci pensano, ma la loro smodata passione per alcune opere letterarie della moderni-tà (I Malavoglia, Uno nessuno e centomila, Il piacere, Gli indifferenti, Cristo si è fermato a Eboli, Se questo è un uomo, Il diavolo sulle colline, Il barone rampante, Il male oscuro, ecc.) fa sì che queste, periodicamen-te, compaiano nelle classifiche dei libri più venduti in Italia. I giudizi di valore degli insegnanti, insom-ma, generano fatturati.I libri infatti sono delle “cose” che “esistono”: che possano avere una storia editoriale, che possano essere passati attraverso scelte magari combattute e calcoli economici, che siano anche merce da ven-dere, che possano aver stentato ad affermarsi (“I Malavoglia hanno fatto fiasco, fiasco pieno e com-pleto. Tranne Boito e Gualdo, che ne hanno det-to bene, molti, Treves [l’editore] il primo, me ne hanno detto male”, scriveva Verga a Capuana l’11 aprile 1881), questo spesso sfugge a chi conside-ra le opere letterarie solo per la loro bellezza o rile-vanza storica a lungo termine.Per questo sono stati molto interessanti le conversa-zioni, organizzate da Scuola d’autore, che un gruppo d’insegnanti ha avuto durante il Salone del libro di Torino, nel maggio scorso, con alcuni editori: edi-tori giovani e razionalmente idealisti (come mini-mum fax o Transeuropa) o dediti alla conservazione d’un patrimonio letterario (come Aragno o Pietro Manni), votati alla letteratura di genere (come Me-ridiano Zero) o a un’idea di letteratura antagonista (come Spartaco) o decisamente pop (come Isbn). Nelle conversazioni si è parlato di scelte, di bilan-ci, di problemi di distribuzione e di promozione, di passione e di economia, di idee e di conti correnti.Anche la visita al festival Pordenonelegge, in set-tembre, ha prodotto un ampliamento di vedute: se il Salone è lo spettacolo del libro come merce, il festival è lo spettacolo della letteratura come spet-tacolo, e insieme una rappresentazione vivida del-la letteratura – e non solo della letteratura: tra gli ospiti vi erano filosofi e scienziati – come lavoro in corso, come attività continua, come interscambio tra autori e pubblico e tra autori e autori. Mentre alcuni appuntamenti, come quelli con gli editor di grandi case editrici, hanno permesso di approfon-dire ancora la conoscenza di quei meccanismi che portano un testo dal limbo oscuro del non-pubbli-cato alla pubblicità del mercato.

VIDEOLEZIONIdi scrittura e narrazione

Le trovate qui: http://www.youtube.com/user/iprase. Sono diciassette, sono gratuite, durano ciascuna da cin-que a dieci minuti; sono spiritose, non sono troppo dif-ficili, si possono usare in aula o si possono guardare per prenderne un suggerimento; e soprattutto, sono piene di buon senso.Sono, insomma, le diciassette “videolezioni” sull’inven-tare raccontare storie che Giulio Mozzi, scrittore e con-sulente editoriale, nonché collaboratore del progettto Scuola d’autore, ha realizzato per conto dell’Iprase (con la regia di Marco Zuin). Invenzione, elaborazione e sviluppo dell’idea narrati-va sono oggetto delle prime tre lezioni. Dalla quarta all’undicesima si ragiona sui fondamentali della narra-zione: i personaggi, il montaggio, l’andirivieni del tem-po e così via. Dalla tredicesima alla diciassettesima si toccano le questioni di contorno: i luoghi, lo sfondo, il contesto, la scenaNella dodicesima lezione si commenta una battuta che Leopardi, in “Il Parini ovvero della gloria”, mette in bocca all’anziano poeta (che sta ammaestrando un giovane discepolo): “Io voglio che tu abbi per indu-bitato che a conoscere perfettamente i pregi di un’o-pera perfetta o vicina alla perfezione, e capace vera-mente dell’immortalità, non basta essere assuefatto a scrivere, ma bisogna saperlo fare quasi così perfetta-mente come lo scrittore medesimo che hassi a giudi-care. L’uomo non giunge a poter discernere e gustare compiutamente l’eccel lenza degli scrittori ottimi, pri-ma che egli acquisti la facoltà di poterla rappresenta-re negli scritti suoi: perché quell’eccel lenza non si co-nosce né gustasi totalmente se non per mezzo dell’uso e dell’esercizio proprio, e quasi, per così dire, trasferi-ta in se stesso”.Di solito si dice: “Se vuoi imparare a scrivere, leggi”. Leopardi invece – e Mozzi con lui – dice: “Se vuoi im-parare a leggere, scrivi”.

24 n.11 novembre 2010

25n.11 novembre 2010

IPRASE TRENTINOProgetto di ricerca-azione per docenti di lettere delle scuole superiori

Scuola d'autore Anno scolastico 2010-2011

L'Iprase propone agli insegnanti di lettere delle scuole secondarie superiori alcune attività di ricerca-azione su narrativa, poesia, documentario cinematografico, teatro, scrittura, didattica e storia della letteratura. Gli insegnanti avranno l'opportunità di incontrare autori ed esperti di alcune opere della cultura italiana contemporanea per impostarne la trattazione con le classi in previsione di un incontro degli autori con gli studenti. Potranno proporre alle classi laboratori di scrittura assistiti, approfondire le opere di particolari momenti storici e riflettere sulla didattica della letteratura. Lungo tutto il percorso sarà operativo uno spazio on line di raccolta e condivisione materiali e di confronto degli insegnanti fra di loro e con autori ed esperti. Moduli:

1. Narrativa (romanzo)Silvia Ballestra, I giorni della rotonda (Rizzoli, 2009)

2. PoesiaNanni Balestrini, Caosmogonia (Mondadori, 2010

3. Documentario cinematograficoAlina Marazzi, Un'ora sola ti vorrei (Rizzoli, 2006) Vogliamo anche le rose (Feltrinelli, 2008)

4. Teatro Laura Curino, Camillo Olivetti. Alle radici di un sogno.

5. Scritturalaboratori a cura di Giulio Mozzi: 5A: diario personale, 5B: diario collettivo, 5C: testo argomentativo

6. Storia della letteratura Claudio Giunta Le origini della letteratura italiana

7. Didattica della letteraturaGuido Armellini Insegnare letteratura

I moduli possono essere frequentati separatamente e sono articolati in tre fasi distribuite nel corso dell'anno scolastico A. settembre-novembre 2010: seminari pomeridiani per gli insegnanti con autori ed espertiB. novembre 2010 -febbraio 2011: attività in classe degli insegnanti con gli alunni

accompagnata on line dalla condivisione di materiali di documentazione e didattici C. febbraio-aprile 2011: incontro degli autori con le classi Ciascun modulo è autonomo e riservato a un massimo di 20 partecipanti. Trattandosi di percorsi di ricerca-azione, i moduli prevedono attività anche con gli studenti. Ai partecipanti sarà rilasciato un attestato valido sia ai fini dell'aggiornamento sia delle ore aggiuntive. Il monte ore di ciascun modulo è mediamente di 20 ore e riconosce anche le attività on line. La proposta rientra nell'ambito del progetto Iprase di area educativa Red 14 "Insegnare italiano insieme" realizzato in collaborazione con Giulio Mozzi, Stefano Lotti e Michele Ruele. Il referente Iprase è Amedeo Savoia

Il corso è stato presentato venerdì 10 settembre 2010. Gli insegnanti interessati si potevano iscrivere a più moduli indicando l'ordine di preferenza Le domande sono state accolte in base ai posti disponibili entro il 20 settembre 2010.

Per contatti e informazioni

• Amedeo Savoia ([email protected] tel. +390461494375

• Francesco Bailo ([email protected] tel. +390461494389)