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DANOI OCCHIO AL DIABETE: COSA DEVO DAVVERO SAPERE DELLA RETINOPATIA DIABETICA

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DA NOI 1

DANOIOcchiO al diabete: cOsa devO davverO sapere della retinOpatia diabetica

è una iniziativa editoriale di Diabete Italia OnlusVia Pisa, 21 • 00162 Roma Tel. 06 44240967 • Fax 06 44292060Web: diabeteitalia.it [email protected]

Impaginazione e cura dei testiIn Pagina sas Milano

Stampato nel mese di febbraio 2014

DANOI

DANOI

Diabete Italia ringrazia le persone con diabete e i genitori che hanno condiviso il loro tempo

e la loro esperienza per realizzare questo libro, e le Associazioni che ci hanno permesso di contattarle.

Associazione diabetici in età pediatrica Salento Associazione diabetici Ostia e Litorale - Fand

Associazione Insieme per il diabete di Palermo Associazione per la Tutela del diabete di Fabriano - Fand Diabete Sommerso Fand Chivasso

Federazione Diabete Emilia Romagna SOStegno70

Diabete Italia ringrazia i professori Paolo Lanzetta (Direttore della scuola di Specialità

in Oftalmologia Università di Udine e Direttore scientifico dell’Istituto Europeo di Microchirurgia Oculare, Udine) e

Massimo Porta (Direttore Medicina 1 Universitaria, Città della Salute e delle Scienze di Torino) per aver

assicurato il controllo scientifico dei contenuti e la Dottoressa Marina Trento (Responsibile del Laboratorio

di Pedagogia Clinica, Dipartimento Scienze Mediche, Università di Torino) per il supporto dato nel definire

le domande da porre agli intervistati.

Questo libro, insieme al sito www.occhioaldiabete.it si inquadra in un progetto reso possibile

dal contributo non condizionante di Novartis Spa

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sOMMariO Prefazione 06

retinOpatia diabetica 09cosa dobbiamo sapere tuttiTra timore e informazione L’informazione e la prevenzione Un problema comuneCome ridurre il rischioL’arma dello screeningGuardami in fondo agli occhi

le varie fOrMe 19di retinopatia diabeticaLa luce: come funziona l’occhioL’ossigeno: fragili capillari La retinopatia non proliferante

QuandO il giOcO si fa duro 25La retinopatia proliferanteL’edema maculare diabeticoGlaucoma e cataratta

test diagnOstici e terapie specifiche 33Test diagnosticiChirugia laser e farmaci intravitreali

DANOI 5

DA NOI6

Per piacere non leggete questo libro! Intendiamo dire: non leggetelo da capo a fondo. Uno degli errori più frequenti quando ci si informa sul diabete è raccogliere informazioni che al momento non servono e confondono le idee o creano una sensazione di ansia che impedisce di soffermarsi sugli aspetti davvero rilevanti.Questo libro è composto da quattro parti. La prima è indirizzata a tutte le persone che hanno il diabete (o sono vicini a una persona con diabete) e sottolinea l’importanza della prevenzione e dello screening, cioè di effettuare – secondo intervalli precisi – un esame periodico del fondo oculare. Questa parte indica gli intervalli previsti dalle Linee guida e spiega in cosa consistono questi controlli.La seconda parte è dedicata a chi ha una retinopatia diabetica iniziale. Chi è in questa situazione, che nella maggior parte dei casi non evolve e non abbisogna di terapie spe-cifiche, può essere interessato a capire come funziona il complesso meccanismo che porta alla visione e cosa può andare storto. La terza e la quarta parte sono riservate a chi ha un problema serio di retinopatia dia-betica, e deve sottoporsi a cure specifiche. È la sezione più complessa, ma abbiamo ritenuto giusto dare una informazione ampia, più di quanto sia stato mai fatto in lingua italiana in una pubblicazione destinata al grande pubblico.Per quanto possibile abbiamo mantenuto l’approccio caratteristico di questa collana. Parliamo davvero di cose ‘dette da noi’: da persone con diabete preoccupate dal rischio di perdere la vista. Pur addentrandoci negli aspetti tecnici e clinici, non ab-biamo rinunciato a tenere presente il vissuto della persona, dando spazio ad aspetti come la preparazione, l’eventuale dolore, il tempo necessario per eseguire i test e gli interventi.La collaborazione dei professori Massimo Porta dell’Università di Torino e Paolo Lanzetta dell’Università di Udine è stata decisiva, e vogliamo per questo ringraziarli caldamente.

prefaziOne

7DA NOI

PREFAZIONE

Informarsi fa parte della prevenzione. Abbiamo tante informazioni a portata di mano ma è difficile trovare quelle rilevanti, aggiornate, credibili e soprattutto passate a un doppio vaglio sotto il profilo scientifico e umano. Vogliamo ringraziare tante persone con diabete che hanno condiviso con noi i loro vis-suti, le Associazioni che ce le hanno indicate e Novartis per aver creduto e per aver as-sicurato il contributo economico e ideativo necessario a questo progetto che si estende anche su internet attraverso il sito www.occhioaldiabete.it Salvatore Caputo Ester Vitacolonna Presidente Comitato ScientificoDiabete Italia Diabete Italia

creo

DA NOI 9

Tra timore e informazione «Soprattutto dopo l’esordio ho pensato spesso al rischio – lontano ma presente – di svilup-pare le complicanze del diabete», ragiona Lucrezia che ha da poco 18 anni; «tra queste la retinopatia è quella che mi preoccupa di più». Vincenza, 56 anni, concorda: «La retinopatia diabetica mi fa più paura degli altri rischi legati al diabete». «So che il diabete è una malattia subdola, ha delle conseguenze che sarebbe grave sottovalutare», conferma Ettore che ha 48 anni. Lucrezia, Vincenza e Ettore non sono i soli a pensarla così. Secondo un’indagine condotta in Italia su 2702 persone con diabete, il 41% ha paura della cecità, il 34% ha in generale delle complicanze oculari. Infarti e ictus, nefropatia e conseguenze del piede diabetico sono meno temute*.Del resto, tra i cinque sensi, la vista è quella più premiata dall’evoluzione tecnologica e sociale. La nostra è davvero una civiltà dell’immagine: televisione e internet valorizzano la visione rispetto all’udito e l’attività più desiderata nel tempo libero è viaggiare per vedere persone e paesi. «Oggi più di ieri perdere la vista, anche solo in parte, significa perdere l’autonomia», fa notare Romano, 71 anni. «Vuol dire diventare un peso per la famiglia e godersi infinitamente meno i piaceri della vita», aggiunge Luigi, 63 anni. Il vissuto delle persone con diabete nei confronti della retinopatia è quindi preoccupato ma non rassegnato. Si è diffusa l’idea che sia sempre possibile fare qualcosa per pre-venire e gestire il problema, magari sfruttando tecnologie avanzatissime. Questo è vero, come è vero che si notano già i primi successi di un migliore approccio alla terapia del diabete e di una gestione più attenta delle prime fasi della retinopatia. Non bisogna dimenticare però che, come icasticamente disse una anziana signora al suo diabetologo: “Ti mangia la vista”. La retinopatia insomma è una condizione seria ma è possibile sia lavorare per preve-nirla sia curarla.

retinOpatia diabetica cosa dobbiamo sapere tutti

* Meltzer ed Egleston su Effective Clinical Practice (2000;3:7–15)

DA NOI10

Claudio ne sa qualcosa. A 14 anni aveva iniziato una professione appassionante: ri-parava orologi antichi sostituendo le parti mancanti. Alla diagnosi della retinopatia ha dovuto lasciare il lavoro. Oggi ha 55 anni: «Gli occhi sono disastrati. La retina si stava staccando e per tre anni ho fatto periodici interventi con il laser sull’occhio destro ma anche il sinistro è danneggiato: ci vedo male», riferisce. Enrico, 56 anni, al contrario ha messo a segno una vittoria «Ho fatto un intervento laser e poi non ho avuto più problemi. Ora sono passati vent’anni e mi limito a fare periodicamente dei controlli».

L’informazione e la prevenzioneNella terapia della retinopatia diabetica le regole del gioco sono in parte diverse da quelle in vigore nella assistenza normalmente prestata alla persona con diabete: quasi sempre la persona è passiva, le sue scelte sembrano incidere poco sulla evoluzione della complicanza. Di rado si chiede il suo parere. Eppure anche nella retinopatia dia-betica, un atteggiamento consapevole e attivo da parte della persona con diabete è assolutamente fondamentale. Si perde la vista per colpa del diabete, ma soprattutto per mancanza di informazioni. • Non tutti sanno che, semplicemente recandosi a intervalli regolari dall’oculista per i

controlli del fondo oculare, la persona con diabete dimezza il suo rischio di sviluppa-re un serio problema agli occhi.

• Non tutti sanno che per quasi tutte le conseguenze della retinopatia diabetica vale la legge della prevenzione: prima si interviene, maggiori sono le possibilità di successo. Non solo il diabetologo: anche la persona con diabete deve farsi parte attiva per sollecitare un intervento tempestivo.

A volte le informazioni sono troppe. «Quando mi hanno indicato che avevo i primi segni di retinopatia diabetica ho passato una notte al computer per raccogliere informazioni», ricorda Luigi, «ma avevo troppa ansia e non so dire bene che conclusioni ne ho tratto se non una fifa blu». «Girare su internet è la cosa peggiore che puoi fare: ti perdi in mille sciocchezze e non non ti fornisce una bussola utile», nota Flavia, 27 anni. Flavia ha ragione. Alla persona con diabete manca una ‘bussola’. Questo libretto insie-

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me al sito www.occhioaldiabete.it vuole fornirla. Come è scritto nella prefazione, questo libro è ‘a tre stadi’. Il primo capitolo può essere letto da tutte le persone con diabete o vicine a una persona con diabete. Il secondo da chi sa di avere una leggera o moderata retinopatia diabetica. Il terzo e il quarto invece sono rivolti solo a chi ha un serio proble-ma di retinopatia diabetica. Queste informazioni non possono sostituire il consulto con il Team Diabetologico né ovviamente l’oculista. Possono però aiutare a porre le domande giuste agli specialisti e a capire meglio le loro risposte, e non è poco.

Un problema comune Se avete il diabete da qualche anno, diciamo cinque o più, e soprattutto se in questi anni non avete sempre avuto un ottimo controllo glicemico, la probabilità di sviluppare una retinopatia diabetica è alta. Dopo vent’anni di diabete, circa il 70% dei diabetici ha manifestato una forma di retinopatia*.La percentuale di casi di retinopatia sulle persone che hanno esordito con il diabete di tipo 1 negli anni ’80 è sicuramente inferiore a quella delle generazioni precedenti, e questo progresso potrebbe continuare.In questi vent’anni abbiamo avuto insuline migliori, penne, microinfusori, lettori della glicemia sempre più semplici da usare e questo ha reso possibile raggiungere obiettivi di controllo glicemico sempre più stretti.Secondo uno studio** la retinopatia diabetica è riscontrata nel 34,6% delle persone con diabete. Solo il 7% sviluppa una retinopatia proliferante e il 6,8% un’edema maculare diabetico.

Come ridurre il rischioNon tutti rischiano allo stesso modo. È probabile che alcune persone geneticamente protette non sviluppino né retinopatia né altre complicanze microvascolari, quale che sia il loro controllo della glicemia. Queste sono però più l’eccezione che la regola. Per quasi tutti noi il rischio può essere ridotto adottando delle scelte di vita molto precise.

COsA dObbIAmO

sAPERE TUTTI

* Diabetes Care, 2010 Nov;33(11):2399-405. doi: 10.2337/dc10-0493.** Diabetes Care.,2012:35:556–564.

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Tenere la glicemia sotto controllo. Il rischio di sviluppare una seria retinopatia diabe-tica cresce all’aumentare dei livelli di emoglobina glicata. Per esempio persone che man-tengono livelli di emoglobina glicata superiori al 9% hanno un’alta probabilità di sviluppa-re una retinopatia. Il rischio di retinopatia è un’ottima ragione sia per adottare abitudini di vita più sane sia per seguire con più attenzione la terapia prescritta.

Tenere la pressione sotto controllo. Alla base della retinopatia c’è un evento molto semplice da capire: i capillari della retina si indeboliscono e diventano permeabili, fa-cendo fuoriuscire sangue e/o fluidi e/o riducendo l’apporto di ossigeno alle cellule della retina. È intuitivo che una pressione arteriosa alta facilita questo processo. Pensiamo a una canna dell’acqua che perde: maggiore la è pressione dell’acqua, maggiore la quantità di acqua che ne fuoriesce.«La pressione è importante: io la misuro ogni tre giorni e cerco di tenerla sotto controllo sia riducendo il sale nell’alimentazione sia muovendomi spesso in bicicletta», afferma Marco. Marco ha ragione: evitare i cibi salati (per esempio salumi e formaggi), non aggiungere sale a tavola, mangiare poca carne rossa e soprattutto fare esercizio fisico facilitano – in chi ha la pressione alta – una normalizzazione dei valori pressori. Il medico ci può aiutare anche prescrivendo delle terapie farmacologiche (per esempio i sartani o il fenofibrato).

Tenere sotto controllo le altre complicanze. La retinopatia è asssociata ad altre complicanze, in particolare alla nefropatia diabetica. All’aumentare della gravità della nefropatia (dalla semplice microalbuminuria alla macroalbuminuria e oltre nei vari stadi del danno renale conclamato), aumenta di molto anche il rischio di sviluppare retino-patia diabetica. Viceversa chi ha un problema – anche lieve – di nefropatia deve subito pensare a come proteggere i propri reni.

L’arma dello screeningLa retinopatia può avere delle conseguenze gravissime e nei casi seri la Medicina inter-viene utilizzando tecnologie molto sofisticate, quali la chirurgia laser e gli anticorpi mo-

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IO sONO IO: PERsONALIZZARE

L’INIEZIONE

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sAPERE TUTTI

noclonali. Ancora una volta però è la persona con diabete ad avere in mano lo strumento più efficace: un semplice calendario. Sì, proprio un calendario, o uno stru-mento che ricordi alla persona con diabete di prenotare per tempo e di ef-

fettuare regolarmente un esame della retina seguendo gli intervalli previsti dalle Linee guida, così come il diabetologo gli avrà prescritto.L’esame periodico (o screening) per la retinopatia, consentendo la diagnosi precoce ed il trattamento tempestivo, è lo strumento più efficace per la prevenzione della cecità nella persona con diabete. La retinopatia diabetica può svilupparsi infatti anche dopo periodi molto lunghi privi di sintomi. Quando si rende manifesta però la situazione è ormai molto compromessa e le possibilità di cura ridotte. Non si può quindi aspettare di avere disturbi evidenti per fare la diagnosi.«Il diabete è una malattia subdola ma la retinopatia diabetica lo è ancora di più», afferma Et-tore, «il suo aspetto più pericoloso è che se non ci sono sintomi si pensa che tutto vada bene: dopotutto cosa c’è di più… visibile della vista?». «Della retinopatia diabetica ho capito poco, ma so che più tardi si interviene peggio è, e io non voglio dare troppo vantaggio al diabete», conferma Teresa, che ha 30 anni.Chi ha il diabete di tipo 1 controlla la retina ogni due anni a partire dal 5° anno dopo la diagnosi di diabete. Alice, che ha 16 anni, fa l’esame del fondo oculare ogni 12 mesi. Carla, invece di aspettare di compiere 5 anni di diabete, ha fatto subito la visita oculi-stica «anche perché non ci vedeva bene e a quel punto abbiamo fatto un esame completo sia della acuità visiva sia della retina», spiega la mamma. Va ricordato che i controlli necessari per scoprire o valutare l’evoluzione della retino-patia diabetica sono ben diversi dai classici ‘esami della vista’. Non possono quindi essere svolti da ottici o optometristi e non hanno nulla a che fare con la acuità visiva cioè la capacità di distinguere per esempio delle lettere a maggiore o minore distanza.Ovviamente qualche timore c’è prima di affrontare il controllo. «Ma io ho un mio sistema», racconta Benedetta, 22 anni: «faccio l’esame del fondo dell’occhio più o meno ogni anno».

Occhio al diabete (www.occhioaldia-bete.it) è il web realizzato da diabete italia per informare chi vuole sapere di più sulla retinopatia diabetica.

UN SITO DA VEDERE

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Dalle Linee Guida per lo screening, la diagnostica e il trattamento della retinopatia diabetica in italia riportiamo lo schema relativo alla periodicità consigliata nell’esame del fondo oculare

Persone con diabete tipo 1

1. alla diagnosi, per fini educativi/dimostrativi2. dopo 5 anni dalla diagnosi o alla pubertà

a. in assenza di retinopatia, almeno ogni 2 anni b. in presenza di retinopatia non proliferante lieve ogni 12 mesic. in presenza di retinopatia non proliferante moderata, ogni 6-12 mesid. in presenza di retinopatia più avanzata, a giudizio dell’oculista

Persone con diabete tipo 2

1. alla diagnosi, perché è già possibile riscontrare retinopatia a rischio

a. in assenza di retinopatia, almeno ogni 2 anni b. in presenza di retinopatia non proliferante lieve ogni 12 mesi c. in presenza di retinopatia non proliferante moderata, ogni 6-12 mesid. in presenza di retinopatia più avanzata, a giudizio dell’oculista

In gravidanza

1. in fase di programmazione, se possibile2. alla conferma della gravidanza

a. in assenza di lesioni, almeno ogni 3 mesi fino al partob. in presenza di retinopatia di qualsiasi gravità, a giudizio dell’oculista

Eseguire lo screening o ripeterlo più frequentemente in caso di

1. ricoveri ospedalieri di pazienti diabetici, per qualsiasi patologia intercorrente di interesse medico o chirurgico

2. insufficienza renale cronica3. pazienti operati recentemente di cataratta4. pazienti con diabete tipo 1 sottoposti a trapianto di pancreas isolato o combinato

Fonte: AMD SID SIEDP SIMG Standard di cura edizione 2013

LINEE GUIDA cosa dicono le

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INTROdUZIONEIO sONO IO:

PERsONALIZZARE L’INIEZIONE

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«Vado all’esame tranquilla», dice, «secondo me se pensi positivo le cose vanno bene». Chi ha il diabete di tipo 2 deve farsi esaminare il fondo oculare alla diagnosi, perché il diabete non è diagnosticato all’esordio come avviene nel diabete di tipo 1, ma alcuni anni più tardi è quindi possibile che alla diagnosi si siano manifestati dei danni più o meno lievi. «Ho sentito parlare della retinopatia diabetica per la prima volta in Associazione», raccon-ta Ettore; «solo dopo alcuni anni dall’inizio del diabete il medico che mi segue ha iniziato a prescrivermi l’esame del fondo oculare». Da quel momento Ettore si sottopone a un esame del fondo oculare ogni anno. «A volte mi ricordo io, a volte me lo ricorda il dia-betologo. Purtoppo tocca a noi pazienti prendere l’appuntamento e bisogna farlo con molto anticipo!»Ricordarsi di fare l’esame e tenere alta la motivazione non è facile, soprattutto quando da molti anni i test non rilevano nessun problema. «Ho fatto quattro con-trolli: alla diagnosi e ogni due anni. Finora è andato tutto bene, ma so che non devo abbassare la guardia», afferma Giuliana che ha 72 anni e ogni 2 anni con grande anticipo si fa rilasciare la prescrizione e preno-ta l’esame attraverso il centralino del Centro Unico di Prenotazione della sua Regione. I tempi di attesa sono lunghissimi: molti e molti mesi. «Praticamente quando faccio un esame già prenoto quello seguente», continua Dino, 67 anni: «avendo una seria nefropatia controllo il fondo oculare ogni sei mesi».Nelle Asl molto bene organizzate può esistere una procedura semplificata in base alla quale è il Servizio di Diabetologia stesso a prenotare la visita oculistica, magari facendola coincidere con altri test e visite nella stessa giornata, e a ricevere il referto direttamente dall’oculista. Però più spesso è la persona con diabete che deve ricor-darsi attivamente di prenotare l’esame, ritirare il referto e sottoporlo al diabetologo.«E questo è profondamente sbagliato», commenta Bruno, 68 anni, che nella sua vita ha svolto importanti incarichi politici; «la prevenzione non è solo questione di farmaci, appa-

Fondo oculare, Fundoscopia, reti-noscopia, retinografia, oftalmosco-pia ed esame oftalmoscopico sono di fatto dei sinonimi.

SINONIMI

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recchiature e medici: è soprattutto una questione di organizzazione». Le visite oculistiche dovrebbero essere integrate nelle visite diabetologiche o comunque prenotabili conte-stualmente.

Guardami in fondo agli occhiLa Fundoscopia serve all’oculista per vedere con chiarezza la superfice della retina e dei capillari che la irrorano. Questo test dai molti nomi (Fundoscopia, Retinografia, fundus oculi, fondo oculare) non è per nulla invasivo ed è molto semplice. «Ti fanno se-dere su una seggiola e ti fanno accostare gli occhi a una sorta di grosso binocolo, fermando il mento in modo da mantenere una certa immobilità», racconta Benedetta, «è esattamente uguale a quelle macchine che si usano per misurare la vista». In effetti molti di questi ‘binocoli’, chiamati retinografi, non solo permettono all’operatore di guardare ed eventualmente di fotografare il fondo dell’occhio ma consentono anche di controllare l’acuità visiva. L’esame dura pochi minuti e non è per nulla invasivo né doloroso o fastidioso.È opportuno portare con sé gli occhiali, la prescrizione delle lenti a contatto o la loro confezione. Dieci o venti minuti prima del test vengono instillate delle gocce oculari.

Per le donne con diabete, l’inizio e il proseguimento di una gravidanza rappresentano un pe-riodo di particolare rischio per l’evoluzione della retinopatia diabetica. Una retinopatia avanzata potrebbe essere una variabile di cui tenere conto nella pianificazione della gravidanza. Le donne con diabete in gravidanza dovrebbero essere sottoposte ad un esame completo della vista alla conferma della gravidanza e seguite durante l’intera gravidanza (in assenza di lesioni, almeno ogni 3 mesi fino al parto; in presenza di retinopatia di qualsiasi gravità con frequenza, a giudizio dell’oculista) e nel primo anno dopo il parto.

GRAVIDANZAocchio, diabete e

17DA NOI

L’applicazione di gocce di collirio per dilatare la pupilla è chiamata midriasi.

PAROLE Le gocce servono ad allargare la pupil-la o meglio a contrastare il riflesso che ci porta a stringerla. La pupilla infatti si contrae quando è esposta alla luce ma l’oculista ha bisogno che la pupil-la sia allargata per osservare l’interno dell’occhio.

L’effetto delle gocce usate per dilatare le pupille dura almeno 2 o 3 ore e provoca una caratteristica sensazione di ‘abbagliamento’. Sarà pertanto utile andare dall’oculista ac-compagnati e portare con sé degli occhiali da sole per schermare l’effetto fastidioso di ‘troppa luce’. Al ritorno dalla visita quindi è meglio non guidare l’auto, mentre si possono benissimo prendere i mezzi pubblici.La tecnica della retinografia è identica alla fundoscopia ma in questo secondo caso una macchina fotografica scatta delle immagini del fondo dell’occhio. Avere a disposi-zione una serie di immagini della retina permette allo specialista (e un poco anche al paziente) di valutare l’evoluzione rispetto all’esame precedente, in tal modo è possibile capire come evolve la malattia e valutare l’efficacia del trattamento.

COsA dObbIAmO

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La luce: come funziona l’occhioLa vista coinvolge due elementi importantissimi: la luce e l’ossigeno. Partiamo dalla luce, seguendo il suo tragitto nelle ultime decine di millimetri mentre attraversa l’oc-chio. La prima superficie oculare che il raggio di luce attraversa è la cornea, un tes-suto perfettamente trasparente circondato dalla sclera, la parte bianca dell’occhio. La superficie della cornea è convessa per concentrare i raggi di luce in un punto preciso all’interno dell’occhio. L’iride è la parte colorata dell’occhio: al centro dell’iride c’è la pupilla, un foro che per-mette al raggio luminoso di entrare nell’occhio ed ha la proprietà di cambiare diametro: si restringe e si allarga per regolare la quantità di luce che entra nell’occhio. La luce che passa attraverso la pupilla è focalizzata dal cristallino, una lente flessibile che cambia forma in modo da mettere a fuoco oggetti vicini o lontani. A volte fin dalla nascita, più spesso nel corso della vita, queste lenti perdono efficienza e diventa diffici-le mettere a fuoco e vedere in maniera distinta immagini vicine (fenomeno che chiamia-mo presbiopia) o lontane (miopia).L’interno dell’occhio è una grande cavità quasi perfettamente sferica, piena di un liqui-do trasparente, il corpo vitreo. Come l’aria all’interno di un pallone, il corpo vitreo tiene in tensione all’esterno dell’occhio cornea, iride e retina, assicurando che queste man-tengano la corretta curvatura e forma.

La retina. Attraversato il corpo vitreo, il raggio di luce colpisce la superfice interna dell’occhio, la retina. La retina è uno strato sottile, quasi ‘dipinto’ sul fondo dell’occhio. Funziona come il sensore CCD di una fotocamera digitale, che trasforma la luce in impulsi elettrici. È uno dei tessuti con la maggiore densità di fibre nervose e di capillari sanguigni di tutto il corpo. Il raggio di luce attraversa lo spessore della retina e attiva i fotorecettori. Qualcuno si ricorderà dai tempi della scuola che i fotorecettori si dividono

le varie fOrMe di retinopatia diabetica

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in ‘coni’ e ‘bastoncelli’: i primi servono principalmente per distinguere i colori e per la visione dei dettagli fini, i secon-di servono alla visione in condizioni di scarsa luminosità. Il recettore trasforma il raggio di luce in un impulso elettrico, convogliato attra-verso 1,2 milioni di fibre nervose verso il nervo ottico. Tutti i ‘fili’ che trasporta-no gli impulsi da coni e bastoncelli con-vergono verso il nervo ottico, formando qualcosa di molto simile a un fiore tro-picale leggermente cavo al centro. La retina è relativamente ampia e la di-

stribuzione dei coni e bastoncelli non è uniforme: complessivamente vi è un numero maggiore di bastoncelli rispetto ai coni, ma nella parte centrale della retina i coni sono più numerosi che altrove. Ecco perché la parte periferica della retina, ricca di baston-celli, è utile per la visione notturna o in condizioni di scarsa luminosità.

La macula. La parte ‘attiva’ della retina è la macula (‘macchia’ in latino) dove si concen-trano i coni. All’interno della macula, la fovea è la parte più importante, che usiamo per la visione dei dettagli. State leggendo queste lettere distinguendone i contorni in ma-niera distinta grazie ai coni della fovea. Se qualcosa si muove alla periferia del campo visivo, sono i bastoncelli e il resto della retina a permettere una visione più grossolana.

L’ossigeno: fragili capillariÈ ovvio che in questo meccanismo complesso qualunque disfunzione può alterare la vi-sione. Se il cristallino si opacizza si ha un calo della vista (e la cosiddetta cataratta); se il cristallino perde flessibilità, l’immagine viene messa a fuoco male (miopia e presbiopia), mentre se la pressione all’interno dell’occhio aumenta, il nervo ottico viene schiacciato e compresso (condizione definita glaucoma).

Uno schema dell’occhio: la parte in nero indica la macula

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LE VARIE FORmE dI RETINOPATIA

dIAbETICA

Come la nefropatia colpisce ambedue i reni e il piede diabetico ambedue le estremità, anche la retinopatia colpisce generalmente ambedue gli occhi. È possibile che il processo sia più avanzato in un occhio piuttosto che nell’altro, ma ben di rado interessa un solo occhio.

O DUE?un occhio

La persona con diabete rischia come gli altri (in certi casi anche più degli altri) di incon-trare questi problemi, ma il suo problema specifico si chiama retinopatia. La retinopatia nasce da un’alterazione dei vasi sanguigni: sia delle arterie sia dei capil-lari, i finissimi vasi che portano il sangue dalle arterie alle cellule. Se la quota di glucosio nel sangue è eccessiva, perché non riesce ad entrare nelle cellule a causa del diabete, il glucosio che si accumula nel sangue danneggia le pareti dei vasi sanguigni, le quali si infiammano, diventano più rigide ed ‘appiccicose’ all’interno, tanto da favorire l’ade-sione di piastrine e grassi che, alla lunga, possono ostruire il vaso.Una glicemia mediamente superiore al normale e, probabilmente in misura ancora mag-giore, i picchi iperglicemici postprandiali, ‘erodono’ letteralmente dall’interno le pareti dei vasi, anche dei capillari. A differenza delle arterie (che hanno pareti più spesse), le pareti dei capillari possono diventare permeabili e lasciano passare all’esterno fluidi e grassi. Il capillare può ostru-irsi, o addirittura lacerarsi. In questi casi porterà meno ossigeno e meno glucosio alle cellule della retina che deve nutrire. Queste cellule vanno allora in ischemia (soffocano) e muoiono.

La retinopatiaNegli stadi precoci la retinopatia diabetica è in genere asintomatica, cioè non dà distur-bi. La retinopatia si sviluppa generalmente dalla periferia della retina verso il centro e la sua prima fase si svolge nella parte meno sensibile della retina e solo in un secondo momento sulla macula. Solo a quel punto la visione inizia a essere compromessa.

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Questa è una fortuna, perché permette ai medici di intervenire prima che il danno sia grave e permette di convivere per decenni con una retinopatia senza conseguenze se-rie sulla vista; l’aspetto negativo è che il processo è asintomatico, cioè non può essere ‘visto’ dal paziente.Dato che un gran numero di persone con diabete si trova in queste fasi iniziali della retino-patia, vale la pena dedicare un po’ d’attenzione alle forme che la retinopatia può assumere.

La retinopatia non proliferante. La prima fase della retinopatia è quella non prolife-rante. Il primo fenomeno che l’oculista potrà osservare con l’aiuto di una fundoscopia o di una retinografia sono i microaneurismi: il capillare in uno o più punti aumenta il suo diametro, indice di un indebolimento delle sue pareti. Le pareti di un capillare danneggiato possono diventare permeabili e far uscire il pla-sma, cioè la componente acquosa del sangue, il quale ristagna nella retina. Si avranno così forme edematose iniziali, in genere non gravi. Ma se il fluido fuoriuscito dal capilla-re causa delle bolle e degli indurimenti all’interno dello spessore della retina, la condi-zione è più seria e prende il nome di ‘edema retinico diabetico’.Oppure la parete del capillare potrebbe far uscire i grassi contenuti nel sangue, che formano i cosiddetti ‘essudati duri’. Se invece fuoriesce il sangue si avranno picco-le emorragie: se queste avvengono nello spessore della retina, assumono una forma circolare e si chiamano chiazze o ‘spots’, se avvengono sulla parte superficiale della retina, assumono una forma allungata ‘a fiamma’.Il capillare potrebbe anche ostruirsi. In quel caso le cellule alimentate da quel capillare soffocano (vanno in ischemia) e muoiono. All’esame del fondo oculare sul fondo rosso-arancio della retina le aree ischemiche appaiono bianco-grigiastre e sono chiamate ‘fiocchi’ o ‘noduli cotonosi’. Quando la retinopatia, pur rimanendo non proliferante, è più seria, estese parti della retina ricevono poco sangue da arterie e capillari e questo influisce sul sistema venoso. Il dia-metro delle vene della retina invece di essere omogeneo cambia, con un susseguirsi di allargamenti e chiusure. Più che a un tubicino, la vena della retina assomiglia a una fila di salsicce o ai grani di un rosario. Questo fenomeno si chiama in inglese venous beading o ‘vene a salsicciotto’.

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IRMA non è solo un bel nome femminile, ma anche la sigla che indica una retinopatia seria. Si parla di IntraRetinal Microvascular Abnormalities (alterazioni microvascolari intraretiniche) quando un po’ tutta la geografia dei vasi della retina assume una forma diversa dal normale.

Un punteggio fatto a occhio. Analizzando il fondo oculare gli oculisti valutano la gravi-tà della retinopatia e assegnano uno stadio alla patologia (stadiazione). Gli stadi sono:• Retinopatia diabetica non proliferante iniziale (solo microaneurismi)• Retinopatia diabetica non proliferante moderata (solo sporadici noduli cotonosi o

emorragie o essudati duri) • Retinopatia diabetica non proliferante severa (molti noduli cotonosi, emorragie o es-

sudati duri o IRMA o venous beading).Per evitare che la stadiazione sia frutto di un giudizio soggettivo, l’oculista letteralmente conta le anormalità che rileva e assegna un punteggio a ciascuna di queste. Cosa può succedere a chi si trova in uno di questi stadi? La cosa più probabile in una retinopatia non proliferante lieve o moderata è che a breve non accada nulla di serio. Le retinopatie lievi o moderate evolvono lentamente: i rischi sono sostanzialmente quattro:• La retinopatia rimane non proliferante ma si sposta verso la macula, cioè la parte

della vista che serve maggiormente alla visione. • Le perdite di plasma da parte dei capillari diventano consistenti: si sviluppa quindi un

edema che danneggia la retina.• La retinopatia attiva la produzione di nuovi vasi, che crescono in maniera incontrollata

(retinopatia proliferante).

LE VARIE FORmE dI RETINOPATIA

dIAbETICA

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Con una retinopatia diabetica leggera o moderata si può convivere, migliorando il con-trollo glicemico e pressorio o intensificando i controlli al fondo oculare (almeno ogni anno per la retinopatia leggera, ogni sei mesi per la retinopatia moderata). Se invece la retinopatia diventa severa, vale a dire interessa la macula o non la coin-volge ma diviene proliferante, il gioco si fa duro e la difesa della vista deve diventare un’assoluta priorità per la persona con diabete e per i medici che la curano. Meglio affidarsi a un buon Servizio di oculistica dotato delle tecnologie più avanzate.

La retinopatia proliferanteA seguito della occlusione di un capillare un gran numero di cellule cessa di ricevere ossigeno. Comprensibilmente, queste cellule ‘chiedono aiuto’ e mandano un segna-le affinché i capillari ostruiti o rotti vengano sostituiti da altri capillari. Questo segnale è dato da una sostanza chiamata VEGF (Vascular Endothelial Growth Factor). La pro-duzione di VEGF non è specifica della retina, ma avviene in tutti i tessuti che hanno bisogno di nutrienti o ossigeno. Nella retinopatia diabetica accade però qualcosa di strano e finora inspiegato: i nuo-vi capillari (neovasi) crescono e si sviluppano in modo diverso dalla rete di vasi che vanno a sostituire, ‘proliferano’, cioè formano grovigli disordinati e ‘matasse’ che in-terferiscono con il normale funziona-mento della retina stessa. I nuovi vasi sembrano non sapere dove andare e crescono in direzione sbagliata, per esempio introducendosi nel corpo vi-treo (che non ha nessun bisogno di essere irrorato), inoltre questi neovasi risultano molto fragili.I vasi proliferanti possono formarsi sul-la retina ma anche sulla testa del nervo

QuandO il giOcO si fa duro

Angiogenesi (creazione di vasi sangui-gni), Neo-angiogenesi (creazione di nuovi vasi sanguigni), Proliferazione (sviluppo di vasi sanguigni in modo ec-cessivo e disordinato).

PAROLE

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ottico, nel corpo vitreo e nei casi più gravi sull’iride. Si parla di neovascolarizzazione al disco (NVD) se avviene vicino al disco ottico (la parte dove termina il nervo ottico) e di neovascolarizzazione periferica (NVE) se avviene altrove nella retina.A differenza della retinopatia non proliferante, che si manifesta solo a livello locale (cioè nel punto dove il capillare si è slabbrato o ostruito), la retinopatia proliferante può pro-vocare danni a tutta la retina e a tutto l’occhio. Le conseguenze di una retinopatia dia-betica proliferante (RDP) possono essere il distacco retinico trazionale, l’emovitreo e il glaucoma neovascolare.

Distacco retinico trazionale. La retina è un foglio sottile che ‘tappezza’ la parte inter-na dell’occhio. La formazione di neovasi sulla retina porta alla creazione di superfici fibrose che, crescendo, possono contrarsi e staccare la retina dalla sclera. Questo sviluppo, chiamato distacco retinico trazionale (TRD, sigla di Tractonal Retinal Detach-ment), è molto serio. Se il fenomeno non interessa la macula, la persona può continua-re a vedere. Ma è importante agire subito. Maggiore è la durata del distacco, minore è la possibilità di recupero visivo.

Emovitreo o emorragia preretinica o vitrea. I neovasi proliferanti possono rompersi, riversando importanti quantità di sangue davanti alla retina o all’interno del globo ocula-re, nel corpo vitreo. Le emorragie avvengono normalmente all’interno della retina e sono assorbite, anche se lentamente, dal tessuto circostante. Se non interessano la macula, la persona può non accorgersene o intravede appena una sorta di nuvola o di sipario quando utilizza la visione laterale. Marco ha avuto un’emorragia vitreale «proprio durante una delle visite. In effetti vedevo come una ragnatela quando abbassavo la palpebra. Mi hanno fatto dei laser più potenti e l’emorragia si è arrestata», racconta. Se invece l’emorragia è massiccia, o avviene davanti alla macula, la persona assiste letteralmente in diretta all’emorragia. Vede una pioggia di oggetti scuri nel campo visivo e poi nulla. Qualcuno afferma di aver iniziato a vedere tutto come attraverso un velo ros-so. Se l’emorragia avviene durante il sonno il risveglio è un’esperienza inquietante: «Mi sono svegliato la mattina e non vedevo più nulla! Ho chiamato mio fratello che mi ha portato subito all’ospedale», racconta Claudio. In realtà la gran parte delle emorragie si risolve

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da sola. Se il danno riguarda la retina il sangue viene assorbito, se invece il sangue è entrato nel globo oculare viene asportato man mano che il liquido che lo contiene viene drenato, ed esce dal circolo sostituito da nuovo liquido ‘pulito’ e trasparente. L’emorra-gia è comunque indice di una grave compromissione dei capillari retinici.

Neovascolarizzazione iridea. La produzione di vasi proliferanti può interessare tutta la retina fino alla parte più lontana dalla macula e più esterna: l’iride. La neovascolarizza-ione iridea (NVI) sviluppa un glaucoma neovascolare (GNV). La pressione dell’occhio aumenta in modo spropositato perché i neovasi proliferando sull’iride vanno a occlude-re le vie di deflusso del liquido che si forma all’interno dell’occhio e non trova più una via di uscita funzionante.

L’edema maculare diabetico L’edema maculare diabetico (DME, sigla in inglese) è la causa più comune di perdita della funzione visiva nei pazienti diabetici. Le forme con diminuzione visiva interessano circa l’1-3% dei diabetici. Nel nostro paese si stima che le persone affette da questa patologia siano alcune decine dio migliaia.Alla base dell’edema ci sono pareti di capillari indeboliti o slabbrati che lasciano fuoriu-scire del fluido più velocemente di quanto il tessuto della retina riesca ad assorbirlo. Si creano quindi delle ‘bolle’ nello spessore della retina che interferiscono con il passag-gio della luce, la trasformazione del segnale luminoso in segnale nervoso e la trasmis-sione dello stesso, tanto più che queste aree di ispessimento retinico sono di frequente circondate e delimitate da essudati lipidici. Anche l’edema dà sintomi solo quando la malattia è in fase avanzata. Si parla di ‘edema maculare’ quando il fenomeno colpisce la macula. Edema maculare e ischemia macu-lare possono presentarsi anche in persone con retinopatia non proliferante ma spesso è anche associato alla forma proliferante. Si parla di edema maculare focale quando il problema riguarda una parte specifica del-la retina e di edema maculare diffuso quando la fuoriuscita di fluido dai capillari retinici avviene in più punti della retina.

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GlaucomaA differenza del glaucoma neovascolare che è la fase più avanzata di una retinopatia proliferante, il glaucoma è una condizione molto frequente anche nella popolazione generale che richiede per essere diagnosticata e monitorata un esame diagnostico non invasivo chiamato tonometria. La probabilità di sviluppare il glaucoma cresce con l’età ed è molto maggiore nei soggetti che hanno genitori o fratelli con glaucoma. Il glaucoma è caratterizzato da un aumento della pressione interna dell’occhio che danneggia la ‘testa’ del nervo ottico nel punto in cui si suddivide in milioni di fibre che raggiungono i fotorecettori. In condizioni normali all’interno dell’occhio il liquido che riempie il corpo vitreo è continuamente prodotto e riassorbito e in equilibrio. Nel glaucoma neovascolare i vasi proliferanti intasano il canalicolo di scolo del liquido, come farebbero le erbacce intorno a un tombino. Il liquido entra nell’occhio ma fatica a uscire e aumenta la pressione all’interno dell’occhio, pressione che risulta fatale per la testa del nervo ottico. Serenella ha il glaucoma ma «si tratta di una forma indipendente dal diabete», non ha infatti una retinopatia diabetica, «controllo spesso la pressione all’interno dell’occhio, prendo delle gocce e riesco a tenere la situazione in equilibrio», afferma.

CatarattaAnche la cataratta non è un problema specifico del diabete ed è molto diffusa nella ter-za età. Secondo l’Istat*, la cataratta colpisce in Italia l’8,5% della popolazione tra i 70 e i 74 anni, il 12,4% nei cinque anni successivi e il 17,1% di chi supera gli 80 anni. Nelle persone con diabete è più frequente e si presenta prima (anche a 50 anni). Cosa è la cataratta? Il cristallino, cioè la lente che si trova dietro la pupilla, si opacizza. La visione è appannata: «Ho difficoltà nella visione notturna, i fasci di luce improvvisi mi abbagliano, al sole cerco di non stare mai senza occhiali da sole» ricorda Claudio, «quando di giorno guidando entro in galleria, per qualche secondo non vedo nulla».L’intervento dura 15 minuti e viene effettuato dopo l’applicazione di gocce che allargano la pupilla e anestetizzano l’occhio. È l’intervento chirurgico più eseguito nel mondo. Il cri-stallino viene frantumato con degli ultrasuoni; poi si procede all’aspirazione dei frammenti attraverso una piccolissima incisione e si impianta una piccola lente artificiale (IOL).

* Dati riferiti al 2005 pubblicati in Istat: Condizioni di salute, fattori di rischio e ricorso ai servizi sanitari 2/32007

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Dopo l’intervento per qualche giorno bisogna stare attenti a non sfregare l’occhio, non dormire sul lato dell’occhio operato ed evitare sforzi strenui e improvvisi, come per esempio sollevare pesi. È importante utilizzare i colliri prescritti e sottoporsi a periodici controlli. «Sono stato operato di cataratta all’occhio destro», racconta Mario, che ha quasi 90 anni: «ora devo fare anche il sinistro». La cataratta colpisce in genere ambedue gli occhi (anche se in misura diversa). Si preferisce intervenire prima su un occhio e poi a una certa distanza di tempo sul secondo. Le complicanze dell’intervento sono rarissime, tuttavia in un buon numero di casi si nota dopo un paio di anni una cataratta secondaria, vale a dire l’opacizzazione dell’involucro che si trova dietro la lente artificiale. Anche la cataratta secondaria è reversibile con un intervento non più invasivo del primo ma effettuato con un laser.Non sempre è davvero necessario intervenire sulla cataratta. La signora Angela che ha 93 anni, l’anno scorso ha perso un po’ bruscamente la vista a causa della cataratta «ma riesce comunque a vedere la televisione e questa è la cosa che la interessa. Per il resto vuole essere lasciata in pace», racconta la figlia. «Chi può darle torto?». Nei pazienti diabetici l’intervento di cataratta può associarsi a un peggioramento della retinopatia diabetica; è bene verificare con precisione lo stato della retina prima di eseguire l’intervento.Le conseguenze della retinopatia possono dare dei sintomi che non vanno mai sottova-lutati, anche se spesso si tratta di falsi allarmi. Per esempio non è raro per le persone anziane notare ‘ragnatele’ o ‘stringhe’ o ‘mosche’, che si muovono nel campo visivo e che sono perlopiù fisiologiche.

Iperglicemie importanti (oltre 300 mg/dL) possono far gonfiare il cristallino causando alterazioni reversibili della vista. molti sono convinti di dover cambiare gli occhiali, o di aver ridotto la loro acuità visiva. In realtà basta riportare sotto controllo la glicemia per risolvere in pochissimo tempo il problema.

CHE NON CI VEDOho una glicemia

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Anche un tempo eccessivo passato davanti a uno schermo può affaticare l’occhio, cre-ando temporanei sintomi. In linea generale però, se il fenomeno permane anche dopo una buona notte di riposo, la persona con diabete, soprattutto se con retinopatia, farà bene a effettuare appena possibile un esame del fondo oculare. È importante ricordare che i sintomi si notano solo quando la retinopatia diabetica ha raggiunto uno stato molto avanzato e a quel punto il tempo davvero stringe.Roberto, che lavorava di notte, ha scoperto di avere il diabete a 55 anni proprio a segui-to dei suoi problemi di vista: «Vedevo tutto doppio, sovrapposto e tremolante, soprattutto nei giorni in cui faceva molto caldo», racconta, «oppure vedevo delle ombre e degli improvvisi annebbiamenti. Mi è successo anche di fare degli errori scrivendo istruzioni al computer che regola le macchine che sorveglio. A quel punto sono andato all’ospedale e lì mi hanno diagno-sticato il diabete».

qualunque anomalia della visione non temporanea deve essere presa in seria considerazione dalla persona con diabete. Ecco alcuni sintomi non tutti specifici della retinopatia ma che vanno comunque indagati rivolgendosi per tempo a un oculista:

macchie nere come mosche in movimento (miodesopsia) Annebbiamenti della visione e difficoltà a definire i contorni di una immagine brusco calo della acuità visiva Visione doppia Anelli luminosi e luci intermittenti ‘buchi’ nel campo visivo (scotoma positivo) distorsioni: per esempio linee dritte che appaiono concave o convesse (metamorfosie) Fotofobia (sensazione di forte fastidio o di dolore in condizioni di forte illuminazione) Errata percezione della dimensione degli oggetti osservati (micropsia o macropsia).

TENERE D’OCCHIOi sintomi da

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L’esame del fondo oculare di cui abbiamo parlato nel primo capitolo è il test di screening più importante. Altri test possono essere utilizzati per definire meglio la situazione, so-prattutto se si sta valutando un intervento laser o farmacologico.

Fluorangiografia. La fluorangiografia retinica (FAG) studia la circolazione del sangue all’interno della retina confrontando una serie di fotografie del fondo dell’occhio scattate dopo l’iniezione di un mezzo di contrasto giallo, la fluoresceina. Il test permette di valu-tare le iniziali alterazioni retiniche e di accertare la presenza di aree sprovviste di irrora-zione sanguigna, fornendo indicazioni al medico per i successivi trattamenti. Come? È semplice: nell’occhio normale il liquido fluorescente rimane all’interno dei capillari. Se i capillari ‘perdono’, la fluorescenza si diffonde al di fuori, evidenziando con chiarezza i punti malati. L’angiografia è utile perché nella macula le aree ischemiche non si vedono, mentre risaltano con questo esame. L’angiografia al verde di indocianina sfrutta lo stesso prin-cipio ma permette di evidenziare meglio lo strato vascolare al di sotto della retina, la coroide. «La fluorangiografia è molto simile alla normale Fundoscopia», racconta Maurizio che ne fa una ogni anno, «la differenza è che qualche minuto prima viene iniettata in vena una so-stanza che ‘colora’ il sangue. Iniettano nel braccio la fluoresceina e iniziano a scattare delle fotografie a distanza di qualche secondo». L’esame viene di solito eseguito a digiuno in quanto il mezzo di contrasto può portare una leggera nausea. Dura circa dieci minuti ed è preceduto dall’assunzione di gocce per dilatare la pupilla. L’iniezione non è più fastidiosa di un normale prelievo del sangue.Dopo la fluorangiografia compare un caratteristico colorito giallo sulla pelle dovuto al colorante. Non bisogna preoccuparsi, la colorazione della pelle di norma scompare dopo alcune ore.

test diagnOstici e terapie specifiche

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OCT. Se la Fundoscopia esamina la superficie della retina, la OCT (Optical Coherence Tomography) è un’esame della retina che permette di esaminar-ne lo spessore e valutare i cambiamenti strutturali che avvengono al suo interno. Immaginiamo che la retina sia una torta ‘millefoglie’: Fundoscopia e Fluoroangiografia permettono di vederla ‘dall’alto’ mentre la OCT equivale a tagliarne delle fette e vedere di profilo i vari strati che la compongono. Pur essendo un esame più sofisticato tecnicamente, la OCT dal punto di vista del pa-ziente è più semplice della Fundoscopia: si guarda semplicemente dentro l’obiettivo di una telecamera. «Bisogna tenere l’occhio bene aperto su una piccola telecamera. È importante stare perfetta-mente fermi. Si vede una croce che progressivamente si restringe e bisogna fissarla senza spo-stare minimamente lo sguardo», racconta Marco, «se lo fai, l’oculista se ne accorge e bisogna riprendere da capo. A parte questo non è dolorosa e non richiede l’applicazione di collirio». In pochi minuti, senza nemmeno adoperare luci abbaglianti, il computer rielabora l’im-magine di una serie di sezioni della ‘torta’. La OCT è molto utile per valutare l’andamen-to dell’edema maculare, per decidere un eventuale trattamento farmacologico o per valutare rapidamente l’effetto del trattamento.

Ecografia retinica. È possibile realizzare un’ecografia della retina. Il test, come tutte le ecografie, è assolutamente non invasivo e non richiede nessuna forma di preparazione. L’operatore spalmerà semplicemente un gel sulla palpebra del paziente che è invitato a guardare verso destra e sinistra. L’unico aspetto fastidioso è che la sorgente degli ultrasuoni è premuta sul lato dell’oc-chio in modo da ottenere un’immagine il più possibile di profilo dello stesso. L’esame è molto meno sensibile della OCT e viene usato soprattutto nei casi in cui una cataratta, una cornea annebbiata o una alterazione del corpo vitreo rendano impossibile effettua-re una OCT o una fundoscopia.

Fotocoagulazione, Laserterapia fo-tocoagulativa retinica, Chirurgia laser sono sinonimi.

SINONIMI

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La terapia della retinopatia e delle sue conseguenzeLa prima terapia della retinopatia proliferante e non-proliferante, così come dell’edema maculare, è il miglioramento dell’equilibrio glicemico e pressorio. Senza bisogno di interventi, ma solo ristabilendo il controllo glicemico grazie all’insulina e ad abitudini di vita più sane, Roberto ora ha risolto buona parte dei suoi problemi agli occhi. Controlla gli occhi ogni sei mesi «e finora tutto va bene, anche se ho perso un poco di vista».Il buon controllo glicemico è una condizione necessaria ma purtroppo non sufficiente, come mostra la storia di Marco, il quale non aveva mai sospettato di avere una forma piuttosto seria di diabete. Lavorando nel settore sanitario, Marco che ha 49 anni aveva fatto dei controlli della glicemia «ma li facevo a digiuno. Avevo valori non perfetti ma nemme-no preoccupanti: 110 o 120mg/dl. In realtà è che non avevo mai controllato la glicemia dopo pranzo. Quando l’ho fatto invece di essere tra 140 e 180 era a 600 mg/dl!». La diagnosi è arrivata insieme a una valanga di riscontri negativi, racconta: «Una arteriopatia periferica con ulcere e un forte deficit visivo». A preoccupare Marco era stato proprio il rapido calo della vista: «In sei mesi ero passato da 9/10 a 6/10 e vedevo annebbiato a causa dell’edema maculare». In nove mesi Marco ha perso 18 chili (da 97 a 81) e assumendo insulina prima di ogni pasto, ma soprattutto ha radicalmente migliorato le sue abitudini alimentari «Nei mesi in cui non potevo camminare, ogni giorno cercavo di imparare di più sulla alimentazione. Ora so contare le calorie e i carboidrati e mangio di tutto ma in modo moderato», ricorda. Risultato: la sua emoglobina glicata, che alla diagnosi era di 11,4%, è scesa a 7,8% e attualmente si aggira intorno a valori ottimali (tra 5,7% e 6,2%). Marco non ha più bisogno di insulina né di farmaci orali. La vista, che era calata a 4/10 per occhio, si è stabilizzata. Ma la retinopatia continua a dover essere monitorata e trattata. «È una lotta che durerà per tutta la vita», commenta Marco; «d’altra parte, se non mi tolgono la patente, riesco a condurre una vita normale, mentre senza le terapie che ho fatto sarei divenuto scuramente cieco», commenta.Maurizio, che ogni sei mesi o al massimo ogni anno deve sottoporsi a un intervento di laserterapia, è d’accordo e descrive la sua situazione in modo molto conciso: «la mia è una situazione gestibile e gestita».

TEsT dIAGNOsTICI E TERAPIE

sPECIFIChE

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Gli interventi con il laserCome viene ‘trattata’ la retinopatia? Fino a pochi anni fa l’unica terapia specifica era la fotocoagulazione con laser. La ‘chirurgia’ laser è efficace nella forma non proliferante, in quella proliferante e nell’edema maculare diabetico. La terapia interviene però sugli effetti e non sulle cause: generalmente aumenta la possibilità di bloccare la progressio-ne della malattia e mantenere la vista che si possiede. Alcuni interventi laser possono portare a una restrizione del campo visivo, si perde cioè parte della visione laterale e diviene necessario muovere la testa per vedere cosa accade ai lati. «Ma non è detto che avvenga», interviene Maurizio, «a me per esempio non è successo».Detto questo, la chirurgia laser è veloce, relativamente indolore, può essere ripetuta più volte nel corso della vita ed è praticata ormai in numerosissimi centri.Esistono molti tipi di laser, quello utilizzato per la retinopatia diabetica serve a fotocoa-gulare, cioè a coagulare attraverso il calore. In pratica il laser opera come un ferro che cauterizza con precisione i tessuti che altri-menti non sarebbero facilmente raggiungibili. Nel trattamento della retinopatia non proliferante, un capillare slabbrato colpito da un raggio laser si ricuce e smette di ‘perdere’, pur rimanendo funzionante. Nella retinopatia proliferante invece il laser distrugge l’ischemia responsabile dei neovasi. Nella chirurgia laser dell’edema, una volta sigillati tutti i vasi che ‘perdono’, i fluidi sono poi gradual-mente riassorbiti e la perdita di visione può rallentare o fermarsi. A volte l’acuità visiva, cioè la capacità di distinguere contorni e figure anche a distanza, migliora. Ma è possibile fare di più: nel trattamento ‘a griglia’ si esegue una serie di ap-plicazioni concentriche nell’area centrale della retina per favorire il riassorbimento delle sostanze fuoriuscite dai capillari.

Il laser fa male?Il termine ‘chirurgia laser’ è sviante. L’intervento è molto simile a una normale seduta per il controllo del fondo oculare. Il paziente riceve le consuete gocce per tenere dilatata la pupilla, oltre a delle gocce di anestetico, si siede e appoggia gli occhi su un oftal-moscopio (è però immobilizzato perché un movimento anche minimo potrebbe avere

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conseguenze indesiderate). All’oftalmoscopio è associato un laser. La differenza rispet-to alla fundoscopia sta nell’applicazione di un anestetico. Si va a casa il giorno stesso. Fa male? Dipende. La maggior parte delle persone definisce il dolore più che soppor-tabile ma non tutti sono d’accordo. La risposta dipende da fattori soggettivi così come dallo strumento usato e dall’area della retina trattata e dal numero di cauterizzazioni effettuate nel corso della seduta: «Diciamo che è la luce usata dall’oculista per illuminare il fondo dell’occhio a essere fastidiosa, soprattutto per me che ho una fotofobia e inizio a la-crimare incontrollatamente», sottolinea Maurizio che ha iniziato presto ad avere problemi con la vista. «A 20 anni ho sviluppato una retinopatia non proliferante», racconta, «in totale ho fatto 98 ‘cauterizzazioni’ con il laser nel corso di sei sedute, tre per ogni occhio».Per il trattamento dell’edema possono bastare due o tre coagulazioni, ma a volte pos-sono esserne necessarie anche cento o più. Il paziente può contare le coagulazioni dal numero di ‘clic’ dell’otturatore che lascia passare i raggi. Fa male? Non proprio dice Ettore: «Si vede una luce molto forte, come se ti sparassero un flash in un occhio. All’inizio da fastidio ma poi ci si abitua». In realtà alcune zone della retina possono essere particolarmente sensibili e il fastidio può diventare un dolore. «L’oculista sa quali ‘colpi’ di laser possono risultare più che fastidiosi e ti avverte: ‘Guarda che adesso ti farà male’ dice, così sei psicologicamente preparato». Se il paziente lamenta un dolore forte, il medico interromperà il trattamento per sommi-nistrare un anestetico. Per un trattamento pan-retinico invece possono servire anche più di mille ‘colpi’ per una durata di diverse decine di minuti. In questi casi per evitare sedute molto lunghe che di-verrebbero prob abilmente dolorose, si preferisce suddividere il trattamento nell’arco di una settimana. «In 8-10 minuti si possono effettuare anche 250/300 ‘colpi’», dice Maurizio, «ma generalmente non vanno oltre questo numero in una sola seduta».Le gocce rendono la visione un po’ offuscata e come conseguenza della forte quantità di luce ricevuta si potrebbe vedere tutto rosso per un po’ di tempo, ma questo effetto svanisce al più tardi la mattina dopo.

TEsT dIAGNOsTICI E TERAPIE

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Inibitori dell’angiogenesi Come abbiamo visto prima, quando la retina riceve poco ossigeno, invia un vero ‘segnale di allarme’ che stimola la crescita di nuovi vasi capillari e ne au-menta la permeabilità: questo segna-le è stato individuato in una sostanza chiamata Vascular Endothelial Growth

Factor (VEGF). È stata scoperta una classe di farmaci in grado di inibire la produzione di VEGF, che vengono somministrati per via intraoculare.A differenza della terapia laser, che manifesta il suo effetto dopo diversi mesi, le iniezioni di VEGF hanno effetto in pochissime settimane. Al massimo un mese dopo l’iniezione,

Terapia con inibitori del VEGF e terapia con laser non sono alternative. In molti casi il trattamento ideale prevede sia l’uno che l’altro intervento.

Farmaci antiangiogenici, inibito-ri della angiogenesi e Vegf inibitori sono sinonimi.

SINONIMI

Le iniezioni intraoculari vengono fatte in ambiente sterile. «Ti fanno indossare un camice sterile, una cuffia e ti fanno sdraiare su un lettino», riferisce Marco che ha fatto due iniezio-ni intraoculari. «Il medico tiene l’occhio aperto fermando la palpebra con un dilatatore e co-pre l’altro occhio con un telino. L’iniezione fa un po’ impressione, ma il dolore non è superiore a quello di una normale iniezione intramuscolare. Il tutto dura non più di una decina di minuti. Poi ti bendano l’occhio e qualche decina di minuti dopo puoi tornare a casa. Se devi trattare anche l’altro occhio, l’iniezione viene fatta circa quindici giorni dopo».

Iniezioni di steroidi-

intervengono sulla formazione di neovasi).Il triamcinolone è lo steroide più utilizzato per via intravitreale. Ad oggi però questo far-maco non è autorizzato per un uso oculare e può associarsi all’aumento della pressione dell’occhio e alla progressione della cataratta.

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VitrectomiaNelle fasi molto avanzate di retinopatia proliferante, per intervenire sul distacco trazio-nale o sulle situazioni rese più complesse da emorragie e neovasi, può essere neces-saria la vitrectomia: una operazione chirurgica vera e propria. L’operazione è complessa perché occorre asportare il corpo vitreo e tutte le tenaci aderenze tra il corpo vitreo e la retina, cioè quel materiale trasparente e gelatinoso che riempie l’interno dell’occhio. A quel punto con il laser e con delle sonde è possibile pu-lire le aderenze, togliere i neovasi e rimettere la retina a posto. Il corpo vitreo rimosso è sostituito da polimeri sintetici o da olio di silicone. L’operazione può restituire una certa funzionalità visiva.

TEST DIAGNOSTICI E TERAPIE

SPECIFICHE

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Un progetto editoriale di:DANOI