cyberfilosofia
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CYBERFILOSOFIA
CYBERPHILOSOPHY
Di PASQUALE STANZIALE
1
Se la realtà del mondo attuale richiama il termine
"complessità" il concetto di "mutazione tecno-
informazionale" viene a definire un paradigma della
complessità, paradigma ricco di articolazioni e di
fluttuazioni che si fa sfida per una
concettualizzazione filosofica che va a rinnovarsi
proprio come riflessione su quello che sta
succedendo. Si tratta di esaminare la condizione
postmoderna (tardo capitalismo post-industriale)
per la sua caratterizzazione mutazionale che
investe le varie dimensioni dell'essere, della
conoscenza e della realtà in generale.
2
Quello che emerge ad un primo approccio analitico è
la trasformazione del "sociale" nei suoi risvolti
produttivi, economici, politici, comunicativi e
relazionali.
Centrale , quindi, l'evoluzione delle tecnologie
comunicative che trovano nella "rete" il luogo
esplicativo di quella che Lévy definisce
"intelligenza collettiva". Tecnologie dunque della
mutazione cognitiva e di diverse metodologie della
conoscenza.
Il soggetto in questa "condizione" emerge nella sua
finitezza, nella sua assunzione di verità
contraddittorie. Esso sembra essere, da una parte,
sempre più sottoposto ad un "decentramento", ad una
fluttuazione: nesso, frammento o "terminale" che
sia; da un'altra parte il soggetto è "navigatore",
pilota, entità in espansione sia nel mare dei
saperi che come "corpo cyber" da intendersi sia in
senso protesico-tecnologico che il senso politico.
In ogni caso si tratta di una condizione di
precarietà e di frammentarietà: una riduzione che
porta il soggetto ad assumere le sembianze di
uno "spettro" derridiano..
La realtà nella condizione postmoderna ha una sua
sublimazione del "virtuale", realtà altra,
algoritmica, astratta e illimitata. Il soggetto
postmoderno, conseguentemente, deve sviluppare
necessariamente, secondo Virilio, una visione
"stereo-reale" con tutto ciò che ne deriva in
termini di coordinate spazio-temporali e di
rapporti tra le due realtà.
3
Le prospettive di riflessione per una filosofia
"cyber" rispetto alla condizione postmoderna sono
varie. Anzitutto bisogna parlare di una "filosofia
della mutazione" in cui si va a rendere conto
delle nuove soggettività, della realtà
stereoscopica ma anche di passaggi, di luoghi, di
andamenti, di polarizzazioni e di reticol/azioni
attraverso una rinnovata articolazione del
“concetto” nel suo occuparsi del "senso". Nella
generalità della letteratura filosofica cyber
nordamericana troviamo intanto due posizioni
relative al computer inteso come simbolo importante
della nostra epoca e studiato nella generalità
delle sue implicazioni d'uso. Da un'altra parte,
quindi, le domande connesse con la storia del
computer e con le modalità attraverso cui incide
sull'ambito sociale, relazionale e cognitivo, con
una collocazione disciplinare che riguarda la
filosofia dell'intelligenza artificiale, la
filosofia della scienza e la filosofia della
tecnologia. Da un'altra prospettiva, poi,
troviamo domande di tipo etico/politico
riguardanti la proprietà intellettuale, la censura,
la pornografia, il controllo governativo sulla rete
ecc.. Spesso la domanda fondamentale riguarda la
tecnologia da intendersi come fine o come mezzo.. o
temi come il fatto che la tecnologia ormai si
"impianta" nel corpo umano cambiandone coordinate,
codici...
4
Ma insieme a problematiche settoriali o di ordine
generale nella cultura filosofica cyber troviamo
ormai alcune posizioni, più o meno consolidate,
riguardanti i temi canonici del cyberworld.
Posizioni polarizzate su alcuni ambiti specifici:
1- lo sviluppo di quella che Ferri e Diodato (1)
chiamano prospettiva "nichilistica"
(Heidegger, Kroker, Weinstein);
2- l'assunzione della mutazione informazionale come
punto di partenza per
una ridefinizione creativa,liberante ed espansiva
della soggettività e della cognizione, dell'ambito
comunitario e del corpo: una prospettiva,
definibile come "neoumanistica" (Haraway, Lévy);
3- una prospettiva che si richiama al pensiero
"nomade" in grado di sfuggire a quello
che Lanier (2)chiama totalitarismo
cybernetico (Deleuze e Guattari);
4- una prospettiva infine di tipo antropologico-
psicoanalitico (Turkle, Suler) che, sviluppatasi
recentemente negli USA, si interessa principalmente
del rapporto tra il soggetto e la macchina (CHI),
dell'uso della realtà virtuale (VR) in psichiatria,
dei risvolti psicologici connessi con l'uso
delle chat-line, e dei giochi simulativi MUD, MOO
ecc..
5- Connessa a questa prospettiva chi scrive
ha recentemente proposto (3) una interpretazione
in chiave lacaniana del ciberspazio ritenendo
alcune teorie di J. Lacan particolarmente indicate
a definire la mutazione informazionale in una
prospettiva psicoanalitica con notevoli risvolti di
tipo politico/linguistico.
5
La nostra epoca per M. Heidegger (4) è
caratterizzata dalla metafisica
della nietzschiana "volontà di potenza" che trova
nella tecnica il suo "compimento". Questa tecnica
è destino ineluttabile (epocale) dell'essere in
cui l'uomo è "ente" oggetto di imposizione e di
sfruttamento. Il compimento della metafisica,
intesa come "progetto" che domina tutte le
manifestazioni di un'epoca, av-viene dunque nel
nostro tempo marcando la civiltà occidentale e
rivelando il suo nichilismo di fondo nell'essersi
allontanato dalla verità dell'essere. L'uomo e
l'essere si trovano così ad essere coinvolti in
una saturazione della metafisica che è qualcosa di
più ampio che non una esaltazione macchinica, si
tratta di sfruttare tutte le risorse di quella
ent-ità che è l'uomo su uno scenario storico in
cui il rapporto uomo/essere si definisce come
"imposizione" (Gestell). Ma questa stessa tecnica,
nella sua ineluttabilità e nella sua "essenza"
costituisce anche un "destino di svelamento":
evento dell'essere, per cui la "techne" è sì
qualcosa che si "impone" ma, costituisce pure nel
suo intendersi come "poiesis" una apertura creativa
e produttiva nel cammino verso la verità.
L'apporto heideggeriano alla cyberfilosofia ci
sembra abbastanza produttivo e, a nostro avviso,
esclude un certo radicalismo negativo che taluni
sembrano attribuirgli. È, comunque, da questa
lettura heideggeriana della nostra epoca che
partono gli assertori di una
visione nichilistica dell'universo cyber
che denunciano la resa della soggettività di
fronte alla "volontà di potenza" intesa come il
"massimo di oscurità" rispetto alla luminosità del
pensiero presocratico. Su tale piano la lettura
di Heidegger assume
la dimensione nichilistica come chiusura, per
l'uomo, di ogni possibile sorgere e dischiudersi
dell'essere di fronte a sé.
6
E' questo, in fondo, anche l'ambito di partenza di
altri filosofi come De Man, Derrida, Virilio ed
altri che pure attraverso analisi di tipo
neomarxiano e decostruzioniste (5) considerano in
modo fortemente critico le fenomenologie della
rivoluzione digitale. In
particolare Kroker e Weinstein (6) sono abbastanza
radicali nelle loro analisi dell'area cyber e certo
alcune conclusioni sono acute e pienamente
centrate. La rivoluzione digitale rappresenta
per Kroker e Weinstein il trionfo del
nichilismo nell'affermazione della "volontà di
potenza" che nel "virtuale" trova la sua piena
attuazione. L'uomo viene
così nietzschianamente "superato"in una dimensione
algoritmica (virtuale appunto), di là di
ogni soggettività e corporeità limitative, in una
infinita esplicatio fatta di manipolazione,
simulazione e replicazione. Affermare questa
"volontà di virtualità" significa pure, per i due
studiosi, la promozione del feticismo di
una "merce virtuale" in una economia diversa ,
indefinita e basata pur sempre sullo sfruttamento
di un soggetto ridotto, a sua volta, a cifra
digitale, oggetto-merce-
virtuale anch'esso. Tutto ciò
sostengono Kroker e Weinstein a vantaggio di una
nuova classe sociale, una "classe virtuale", quella
classe responsabile di una alienazione tecnologica
totalizzante che ricorda, nelle analisi
di Kroker e Weinstein, quanto
scriveva Marcuse sulla visione che i nazisti
avevano della tecnologia (7). È il dominio tecnico-
politico della classe virtuale che, attraverso le
superstrade informatiche, viene ad imporre il suo
ordine "globalitario" (8): affermazione di una
ideologia costituita da un misto di darwinismo
sociale e di individualismo tecno-populista. Si
tratta del consolidamento politico di un destino
estatico verso un controllo sociale totale in cui
il dato culturale digitalizzato si fa
espropriazione, merce, a vantaggio della classe
virtuale. Il corpo stesso, il "corpo xerox" (9)
diviene, per Kroker e Weinstein, luogo di conflitti
e di battaglie, luogo teoretico e politico, campo
di contestazione estetica. Quella
di Kroker e Weinstein è certo una visione
apocalittica della rivoluzione digitale ma che, in
ogni caso, pone in evidenza, in modo ineludibile ed
incisivo, i pericoli e le aree di manipolazione
presenti nella
mutazione informazionale contemporanea.
7
Sul versante opposto agli esiti
di Kroker e Weinstein troviamo visioni diverse
della soggettività, nel suo rapporto con le
tecnologie e con i risvolti politici della
mutazione tecno-informazionale. D. Haraway (10)
accetta in pieno la condizione postmoderna e
intende la soggettività come "sintesi",
risultato dialettico, superamento di ogni dualismo
e di quella solida e stabile soggettività frutto
della filosofia occidentale. La Haraway è la
principale esponente di un femminismo militante che
afferma la "differenza" e vuole decostruire il
concetto di soggetto quale si è venuto affermando
nella filosofia tradizionale. La tecnologia per
la Haraway diviene fondativa e innovativa per un
diverso modo di intendere gli ambiti relazionali e
comunitari in cui il soggetto è "cyborg", dotato di
una nuova natura di tipo tecno-culturale: soggetto
multiplo, aperto, senza origine e senza
genere, interfacciato con la rete in cui trova la
sua esplicazione multiculturale e plurivoca. Tutto
ciò però non elude lo smascheramento della
strumentalizzazione tecnologica, del dominio
informatico del capitalismo maschilista bianco. Il
potere viene messo in discussione dalla Haraway in
una prospettiva materialistica foucaultiana e
viene delineato criticamente l'assetto dei domini
tradizionali. Questa critica poi si sviluppa
parallelamente ad una ridefinizione dei saperi in
generale e della oggettività scientifica in
particolare. Ma il centro dell'elaborazione
della Haraway rimane sempre l'ambito della
soggettività: sintesi uomo-macchina, cyborg, nuova
entità ovvero modello teorico per leggere il
rapporto tra uomo, tecnologia e potere alle soglie
del terzo millennio (11). L'assunzione di questa
nuova soggettività, inevitabile per vari aspetti,
costituisce, per la Haraway un modo per uscire dal
tunnel della visione nichilistica e sembra
adombrare, in un certo
modo, una heideggeriana poiesis nell'intendere la
tecnologia come destino e quindi come apertura
sulla via dell'essere. Liberazione, nuove
possibilità per le minoranze, costruzione di una
comunità di cyber caratterizzata da una nuova
etica e dalla scomparsa di ogni
vincolo identitario: è questa la visione positiva
della rivoluzione digitale per la Haraway,
visione antagonista, per vari aspetti, rispetto
alle istituzioni ed ai domini affermati. Ma anche
un chiaro richiamo alla controcultura degli anni
'70, ovvero intendere la "rete" come un attuale
underground (12): spazio di
culto giovanilistico in una nuova area di
alternativa culturale (13). È questa una visione
dell'universo cyber che si colora di quell'utopia
propria della seconda metà del '900 per cui alla
"rete" verrebbe assegnato il ruolo di rivoluzione
permanente basata sul digitale, sulla velocità
dell'informazione (14), sul decentramento, sulla
ricerca di una armonia mondiale.
8
Un possibile universo neocomunitario, basato su
un massiccio apporto informatico-telematico, in
grado di realizzare forme di "intelligenza
collettiva" viene analizzato e descritto da
P. Lévy (15) che vede nella mutazione tecnico-
informazionale un paradigma antropologico nuovo:
spazio di riappropriazione e di ricostruzione di
saperi attraverso un ritorno da ciò che era
"trascendenza" e "spettacolo", una specie
di riarmonizzazione etica e semiotica in cui il
segno viene a recuperare la sua produttività di là
da ogni espropriazione mercantile e
mercificante. L'intelligenza collettiva di Lévy è
un progetto di civilizzazione che trova nella
sinergia in rete delle intelligenze, al servizio
dell'umanità, il proprio spazio attuativo. Si
tratta del sogno illuministico,
realizzato nell'etica dell'intelligenza collettiva
la quale viene a rappresentare, per il singolo
individuo, un’occasione partecipativa
ed emancipativa inedita. Il passaggio dalle
tecnologie "molari" a quelle "molecolari"
garantisce il rispetto per il singolo utente capace
di interagire e di costruirsi la sua area di
interesse di là da ogni
massificazione. Lévy ritiene che le tecnologie
informatiche costituiscono un’occasione di
democrazia e di ampliamento delle conoscenze, esse
possono rispondere in modo positivo ai bisogni
dell'uomo e venire dunque a costituire un nuovo
spazio di civiltà. Per Lévy, come per
la Haraway, l'edificazione di comunità che
pongano in primo piano la valorizzazione delle
differenze e delle esperienze individuali- e
contribuiscano allo sviluppo di una intelligenza
collettiva a cui tutti possano liberamente
accedere- è non solo possibile ma costituisce un
progetto in cui la tecnologia viene ad essere
effettivamente al servizio dell'uomo. Si tratta
certamente di un progetto aperto che certo si
presta a varie obiezioni per quanto riguarda, ad
esempio, l'articolazione organizzativa, e la tenuta
operativa, ma è una prospettiva certamente
necessaria nel quadro generale della
mutazione tecno-informazionale.
9
La filosofia di Gilles Deleuze e Felix Guattari si
presenta con una serie di “aperture” in grado
di rendere conto in modo abbastanza convincente
delle frammentazioni e delle totalizzazioni che
costellano il caos dei saperi in un quadro
complesso. Deleuze e Guattari propongono un
“taglio” nel caos (16) che viene definito “piano
d’immanenza”. Tale piano di immanenza è il piano
dei “concetti” intesi come motori filosofici in
grado di definire, delineare, circoscrivere,
rilevare e quindi generare onde, percorsi,
vibrazioni… Si tratta di uno spazio in cui la
“contingenza” e la “situazione” costituiscono una
ragione per così dire “territoriale” che investe
ambiti, e sperimenta ri-territorializzazioni. Il
retroterra di questo disegno
richiama Kant, Nietzsche, i Situazionisti (17), ma
anche la filosofia greca in cui lo “straniero”
viene a rappresentare l’attore filosofico (18) per
eccellenza, l’attore che nella dimensione
“geografica” articola il “divenire”. Quella
di Deleuze e Guattari, quindi, si delinea come una
“geofilosofia” in grado di abbracciare il
contingente e il divenire in un reticolo
concettuale continuamente in costruzione visto
che, costitutivamente, opera una “errare”, un
nomadismo irrinunciabile, un andare che non è la
passeggiata heideggeriana, i cui esiti, secondo i
due filosofi francesi, costituiscono una
“devastante eredità” (19) che ha condotto al
“pensiero debole” ed all’opinionismo: aspetto
moderno del nichilismo passivo. Rispetto
alla heideggeriana deterritorializzazione abissale
e angosciosa, che risucchia l’uomo,
la geofilosofia di Deleuze e Guattari delinea nuove
possibilità di lotta, una prospettiva aperta
diriterritorializzazioni. Questa prospettiva trova
nella figura “rizomatica”, in una architettura del
pensiero comprendente stati, circuiti, sistemi,
(20) una effettiva macchina da guerra. Il concetto
di “rizoma” si presenta con molte analogie
con ciò che viene definito come “testo disperso”
o “ipertesto” (21). Il rizoma, infatti, “..connette
un punto qualunque con un altro punto qualunque e
ognuno dei suoi tratti non rinvia necessariamente a
tratti della stessa natura; mette in gioco regimi
di segni molto differenti ed anche stati di non-
segni. Il rizoma non si lascia riportare né all’uno
né al molteplice. Non è fatto di unità ma di
dimensioni o piuttosto di direzioni in movimento,
non ha inizio né fine ma è sempre in mezzo, per cui
cresce o straripa..” (22). Il pensiero rizomatico,
così, si delinea come macchina concettuale
alternativa e come attrezzatura
cognitiva abilitate a disarticolare in modo
significativo ogni totalizzazione anche di
tipocybernetico. Il pensiero rizomatico configura
un sistema caratterizzato da quattro parametri
fondamentali che sono:
il principio di connessione ed eterogeneità,
il principio di molteplicità,
il principio di rottura asignificante,
il principio di cartografia e decalcomania (23).
Quest’ultimo principio richiama la carta, la mappa,
gli accessi, i percorsi e i territori, e quindi la
possibilità di “cartografare contrade a venire”
(24) come compito del pensiero rizomatico.
Questi parametri, unitamente ad altri paradigmi,
vengono a tracciare quello che si potrebbe definire
sia un modello di scrittura che un modello
semantico. In ogni caso risultano evidenti analogie
e linee di lettura con/del-la/ Rete (resau) intesa
come luogo di “enunciazioni collettive” (25).
Rispetto poi alla
mutazione informazionale Deleuze introduce il
concetto di “società di controllo” (226), ambito
in cui la digitalizzazione, il marketing e la
comunicazione in real time assumono un ruolo
strategico di indirizzo del sistema materia-spazio-
tempo, un sistema marcato da un incombente regime
di reificazione (27), di deterritorializzazione e
di velocizzazione strumentale. Rispetto a tale
sistema la re-sistenza e la lotta vanno a
promuovere un “divenire” liberatorio, minoritario,
basato sulla scrittura rizomatica, sul
nomadismo, sull’ascolto. Si tratta di leggere la
realtà principalmente come gioco di “differenze”
(28), un’avventura filosofica, un viaggio che si
lascia il concetto di “identità” alle spalle e
assume il ri-conoscimento di vecchi e nuovi
“simulacri” come scenario proprio della realtà
contemporanea pure nel suo farsi simulativa. Ma
soprattutto si tratta di affermare un “desiderio
di vita” autentico, di là dalle colonizzazioni
interessate del (lacaniano)
desiderio spettacolarizzato emercantilizzato.
10
Le ricerche di Sherry Turkle rientrano a pieno
titolo in quell’ambito di pensiero che si
definisce “postmoderno”. Si tratta di una
antropologia centrata sul rapporto uomo – computer
che fa propri vari punti dello strutturalismo
francese, in particolare
l’elaborazione lacaniana dei concetti di ordine
simbolico, di inconscio e di identità. Con le
ricerche della Turkle, in effetti, gli assunti
dello strutturalismo vengono, di fatto, traghettati
nel postmoderno, in quella che Jameson chiama
“logica culturale del tardo capitalismo” (29). Essi
fanno da situazione teorica di partenza a supporto
di una ampia fenomenologia relativa al rapporto
uomo- computer. “La vita sullo schermo” (30)
infatti si avvale di un vasto numero di interviste
e di resoconti di esperienze attraverso cui
la Turkle esamina le modalità di costruzione di
nuove identità e la tipologia delle nuove
relazioni sociali connesse con l’uso della Rete.
Queste analisi però perdono di vista gli assunti
strutturalistici di partenza dato che il loro fine
è dichiaratamente solo un riscontro “concreto”
delle “astrazioni galliche” (31) ovvero “..nei
mondi mediati dal computer, il sé è multiplo,
fluido, e costituito dall’interazione dei
collegamenti con la macchina; è costruito e
trasformato dal linguaggio; l’incontro sessuale è
uno scambio di significanti; e la comprensione
arriva dalla navigazione e dall’armeggiare in giro
piuttosto che dall’analisi..” (32). Questo tipo di
approccio, si richiama certamente al predominio
dell’Ordine Simbolico lacaniano nella costruzione
del Sé, ma non ne trae fino in fondo le conseguenze
di ordine psicolinguistico e politico. Infatti le
analisi della Turkle, con la loro casistica a
supporto, sono fortemente “affermative” (in
senso marcusiano) e si presentano come una
postmoderna “superficie” concettuale (33)
abbastanza funzionale ad un
esistente tecnostrutturale di cui la Turkle, senza
alcuna “distanza critica” (34) tende ad esaltarne
le possibilità simulative, le
interconnessioni informazionali e le emergenti
modalità del gioco identitario. Nessun accenno, ad
esempio, emerge rispetto al fatto che il network
globale è uno degli esiti dello sviluppo
capitalistico (35); il concetto stesso
di Simbolico è abbastanza riduttivo e non
comprende la possibilità che tale Ordine, come
catena di significanti, o Grande Altro lacaniano,
nel suo collasso, possa generare derive
schizofreniche (36). Il
postmodernismo della Turkle si sostanzia in una
fenomenologia della “vita sullo schermo” basata su
una cognizione soft, un percorso che esclude ogni
verticalizzazione, in cui ogni evento può venire
a translarsi in possibilità simulativa. Un
piano/matrice in cui il “senso” viene a
determinarsi solo in base alla combinatoria dei
significanti i quali non rimandano a nessun
significato. Si tratta dello spazio cyber in cui si
fa sempre più sfumata la soglia tra reale e
virtuale, in cui il Sé si costruisce e si
decostruisce continuamente nella dimensione
linguistica. In ogni caso il medium è valutato
solo nelle sue opportunità cognitive (37)
escludendo ogni altra implicazione. Allo stesso
modo l’universo cyber esaminato dalla Turkle, pure
nella sua dimensione linguistica, si presenta con
una certa autoreferenzialità, al di là, ad esempio,
di ogni pertinente caratterizzazione di “universo
di Discorso” (38), una caratterizzazione questa che
in Lacan, al contrario, è ben analiticamente
esplicativa.
Per quanto riguarda, poi, J. Suler (39), uno dei
più attivi ricercatori nell’ambito
della cyberpsychology, questi si è occupato
prevalentemente dell’esperienza psicologica
del cyberspazio e della psicoanalisi on-line. Si
tratta di una prospettiva di sperimentazione sia di
software terapeutico sia di terapia on-line e che
vede anche altri ricercatori interessati
all’impiego psichiatrico della realtà virtuale.
11
La psicoanalisi lacaniana, infine, si presenta
oggi, nei suoi vari indirizzi analitici come un
apparato concettuale aperto, atto ad inquadrare la
mutazione tecno-informazionale sia per quanto
riguarda la dimensione “soggettiva”, sia per quanto
riguarda l’applicazione della “teoria dei quattro
discorsi” al cyberspace. Si tratta di due percorsi
ricchi di spunti analitici ed attraverso cui è
possibile delineare uno “stadio dello schermo”, la
realtà virtuale come ambito di una
dinamica fantasmatica, l’imporsi del “discorso del
Padrone” e di un “universale dell’alienazione”
(40): dati analitici caratterizzanti una
lettura lacaniana del cyberspace.
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(1) P. FERRI, R. DIODATO Convegno "Dall'individuo
virtuale alla comunità personale. Individuo e
comunità alle soglie del terzo millennio",
Accademia di Studi Italo-Tedeschi, Merano 6/8
maggio 1996.
(2)
www.edge.org/3rd_culture/lanier/lanier_index.html
(3) P. STANZIALE, (vedi nel presente
lavoro) Cyberanalysis, 2000.
(4) M. HEIDEGGER, Essere e tempo, Longanesi, Milano
1979.
M. HEIDEGGER, Sentieri interrotti, La Nuova Italia,
Firenze 1979
M. HEIDEGGER, Saggi e discorsi, Mursia, Milano1980.
(5) P. FERRI, R. DIODATO cit.
(6) A. KROKER M. WINSTEIN, Data Trash, Urra,
Milano 1996
(7) H. MARCUSE in Tecnologia e potere nelle società
post liberali (a cura di G. Marramao), Liguori,
Napoli 1981
H. MARCUSE, Technology, War and
Fascism, Routledge, London-New York 1998
(8) I. RAIMONET, Geopolitica del caos, Asterios,
Trieste 1999
(9) A. KROKER, M. WEINSTEIN, cit.
(10) D. HARAWAY, Manifesto cyborg, Feltrinelli,
Milano 1995
(11) P. FERRI, R. DIODATO, cit.
(12) P. BRETON, Le Culte d'Internet. Une menace
pour le lien social? La Découverte, Paris 2000
(13) N.
NEGROPONTE, Essere digitali, Sperling & Kupfer,
Milano 1995
(14) P. VIRILIO, L'art du moteur, Galilée, Paris
1993
(15) P. LÉVY, Le tecnologie dell'intelligenza, Il
Mulino, Bologna 1992
(16) G. DELEUZE F. GUATTARI, Che cos’è la
filosofia, Einaudi, Torino 1996
(17) T. VILLANI, Gilles Deleuze, Costa
& Nolan, Genova-Milano 1998, pag. 115 e segg.
(18) T. VILLANI, cit. pag. 120
(19) T. VILLANI, cit. pag. 124
(20) G. DELEUZE F. GUATTARI, Che cos’è la
filosofia, cit. pag. 230
(21) M. LOBIETTI, Scrittura ipertestuale e rizoma,
Università di Bologna 1995.96
(22) G. DELEUZE F. GUATTARI, Rizoma, Pratiche
Editrice, Parma, 1977
(23) G. DELEUZE F. GUATTARI, Rizoma, cit. pag. 54 e
segg. e M. Lobietti cit.
(24) Un itinerario che va da: G. DELEUZE F.
GUATTARI, L’Anti-Edipo, Einaudi, Torino 1975 a
Mille Piani. Capitalismoo e
Schizofrenia, Castelvecchi , Roma 1997
(25) S. BONAGA F. BERARDI G. DI MICHELE, Reti e
rizomi in skizoland, Università di Bologna,
febbraio 1999
(26) G. DELEUZE, Pourparlers, Minuit, Paris 1990
(27) T. VILLANI, Gilles Deleuze, cit. pag. 132
(28) G. DELEUZE, Differenza e ripetizione, Cortina,
Milano 1997
(29) F. JAMESON, Il postmoderno, Garzanti, Milano
1989
(30) S. TURKLE, La vita sullo schermo, Apogeo,
Milano 1997
(31) S. TURKLE, La vita.. cit. pag. XVIII
(32) S. TURKLE, La vita.. cit. pag. XVIII
(33) F. JAMESON, Il postmoderno, cit. pag. 90
(34) F. JAMESON, Il postmoderno, cit. pag. 91
(35) F. JAMESON, Il postmoderno, cit. pag. 94
(36) F. JAMESON,Il postmoderno,cit. pag. 55 ma
anche S.ZIZEK, Il Grande Altro, Feltrinelli, Milano
1999
(37) Intervista di B. Parrella a S. Turkle, in
S. Turkle op. cit. pag. 423 e segg.
(38) J. LACAN, Radiofonia- Televisione, Einaudi,
Torino 1982, pag. 53
(39) J. SULER, Psychology of Cyberspace, Rider
Un. Site, Laurenceville NJ,6/1999 ma anche P.
STANZIALE, Cyberanalysis cit.
(40) Nel presente lavoro P.
STANZIALE, Cyberanalysis, da AL DI LÀ DELLA
PSICOANALISI www.stanziale.it
© by P. Stanziale 2001