curia e pastorale per la vita della diocesi di velletri ... · il primo è stato la visita al...

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Registrazione al Tribunale di Velletri n. 9/2004 del 23.04.2004 - Redazione: C.so della Repubblica 343 - 00049 VELLETRI RM - 06.9630051 - fax 0696100596 - [email protected] Mensile a carattere divulgativo e ufficiale per gli atti della Curia e pastorale per la vita della Diocesi di Velletri -Segni A. 10, n. 12 (103) - Dicembre 2013

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Page 1: Curia e pastorale per la vita della Diocesi di Velletri ... · Il primo è stato la visita al monastero delle camal-dolesi all’Aventino, nel pomeriggio di giovedì 21 novembre,

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Il contenuto di articoli, servizi foto e loghi nonché quello voluto da chi vi compare rispecchia esclusivamente il pensiero degliartefici e non vincola mai in nessun modo Ecclesìa in Cammino, la direzione e la redazione.Queste, insieme alla proprietà, si riservano inoltre il pieno ed esclusivo diritto di pubblicazione, modifica e stampa a propriainsindacabile discrezione senza alcun preavviso o autorizzazioni. Articoli, fotografie ed altro materiale, anche se non pubbli-cati, non si restituiscono. E’ vietata ogni tipo di riproduzione di testi, fotografie, disegni, marchi, ecc. senza esplicita autorizza-zione del direttore.

Ecclesia in camminoBollettino Ufficiale per gli atti di Curia

Mensile a carattere divulgativo e ufficiale per gli attidella Curia e pastorale per la vita della

Diocesi di Velletri-Segni

Direttore ResponsabileMons. Angelo Mancini

CollaboratoriStanislao FioramontiTonino Parmeggiani

Mihaela Lupu

ProprietàDiocesi di Velletri-Segni

Registrazione del Tribunale di Velletri n. 9/2004 del 23.04.2004.

Stampa: Tipolitografia Graphicplate Sr.l.Redazione

Corso della Repubblica 34300049 VELLETRI RM06.9630051 fax 96100596 [email protected]

A questo numero hanno collaborato inoltre: S. Em.za card. Francis Arinze, S.E. mons. Vincenzo Apicella,mons. Franco Risi, don Dario Vitali, mons. Franco Fagiolo,don Andrea Pacchiarotti, mons. Roberto Mariani, don AntonioGalati, don Gaetano Zaralli, Equipe Caritas diocesana,p. Vincenzo Molinaro, sr. Francesca Langella Ap., sr. MariamAl Bishara, Suore Apostoline di Velletri, Nuovi Orizzonti,Claudio Capretti, Pier Giorgio Liverani, Valeriano Valenzi,Sara Calì, Vincenzo Legge, Antonio Venditti, SaraGilotta, Costantino Coros, Rosaria Sterpetti, FrancescaProietti, Luca Leoni, Alessandro Gentili.

Consultabile online in formato pdf sul sito:www.diocesi.velletri-segni.it

DISTRIBUZIONE GRATUITA

In copertina:Adorazione dei Pastori,

Agnolo Bronzino 1539, Budapest.

- Famiglia, speranza e futuro della società italiana,+ Vincenzo Apicella p. 3

- La Solenne chiusura in Piazza S. Pietro dell’Anno della Fede, S. Fioramonti p. 4

- Strage silenziosa, Costantino Coros p. 5- Quelle firme per la vita contro l’ombra dell’aborto,

Pier Giorgio Liverani p. 6

- Giovanni Battista e la Misericordia,Claudio Capretti p. 7

- “Diventa nuovo ciò che era vecchio”, Sara Gilotta p. 8

- Per una partecipazione piena, attiva e consapevole / 3,

don A. Pacchiarotti p. 9

- Il cammino dell’Avvento,mons. Roberto Mariani p. 10

- La carità nella storia della Chiesa / 2: il martiriodon Antonio Galati p. 13

- “Vola solo chi osa farlo”: festa del Volontariato ad Atrena, il 27 ottobre,

equipe Caritas diocesana p. 14

- Credo nello Spirito santo / 12, don Dario Vitali p. 15

- Lettera Enciclica LUMEN FIDEI del Sommo Pontefice Francesco,

mons. Franco Risi p. 16 - Fede a luci spente,

don Gaetano Zaralli p. 17- Testimoni della Fede del Terzo Millennio / 11,

Stanislao Fioramonti p. 18- I Santi dell’Anno della Fede / 11,

Stanislao Fioramonti p. 19

- La Visita Pastorale del Vescovo V. Apicella a Colleferro, Landi e Velletri:

Parrocchia Maria SS.ma Immacolata p. 20Parrocchia S. Gioacchino p. 22Parrocchia SS.mo Nome di Maria p. 24Parrocchia S. Martino p.26Parrocchia S. Clemente I PM p.29

- San Clemente ci incoraggia nella Fede,Omelia del Card. Titolare F. Arinze nella Santa Messa in Cattedrale (...) il 23 novembre p.32

- Sfide pastorali sulla famiglia nel contesto dell’evangelizzazione,

p. Vincenzo Molinaro p. 33

- La vita è un dono, sr. Francesca Langella p. 34- “Noi abbiamo riconosciuto e creduto all’amore che Dio ha per noi”,

sr. Mariam Al Bishara p. 35- Esperienze di nuova evangelizzazione,

Assoc. Nuovi Orizzonti p. 36

- La Celebrazione, mons. Franco Fagiolo p. 37

- Due appuntamenti di spiritualità,Suore Apostoline di Velletri p. 37

- Segni, in ricordo di S.E. Mons. Ettore Felici,Valeriano Valenzi p. 38

- Il Saluta di Gavignano a Don Daniele,Rosaria Sterpetti p. 39

- Il ricordo di Don fernando De Mei, Tonino Parmeggiani p. 40

- È morto il Maestro Card. D. Bartolucci p. 41- Artena, Parr. S. Stefano: don Daniele Valenzi nuovo parroco, Sara Calì p. 42

- Progetto Policoro diocesano : Educare i giovani alla Flessibilità (...),

Francesca Proietti p. 43

- I Cristiani e i Cattolici, A. Gentili p. 44- “Righi sulla cenere”, Luca Leoni p. 45- Scuola in fiamme,

Antonio Venditti p.46- Valmontone. Alla ricerca della Pala perduta,

Stanislao Fioramonti p. 47

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33DicembreDicembre20132013

� Vincenzo Apicella, vescovo

NNell’apertura del numero di ottobre di Ecclesia si è cer-

cato di offrire un sintetico resoconto della Settimana Sociale

dei Cattolici italiani, svoltasi a Torino dal 12 al 15 set-

tembre, dal titolo programmatico: Famiglia, speranza e futuro del-la società italiana. In questi giorni è stata comunicata a tutte le

diocesi del mondo la decisione di Papa Francesco di convoca-

re per il prossimo autunno un Sinodo dei Vescovi straordinario

sul tema della famiglia, cui seguirà, nel 2015, un Sinodo ordi-

nario. Per questo è stato inviato anche a noi un questionario cono-

scitivo, a cui ogni diocesi dovrà rispondere per fornire il mate-

riale iniziale, sul quale tutta la Chiesa sarà chiamata a riflettere.

Nella seconda settimana di dicembre, inoltre, si terrà proprio a

Velletri il convegno: La famiglia del terzo millennio, nel conte-

sto di una interessante rassegna cinematografica, in cui saran-

no proiettate e commentate, con il coinvolgimento delle scuole,

alcune significative pellicole, che hanno cercato di rappresen-

tare la realtà della famiglia italiana in questa epoca di così pro-

fondi cambiamenti. Anche il Consiglio Pastorale diocesano nel-

l’anno trascorso ha dedicato la sua riflessione agli itinerari di pre-

parazione al matrimonio e alle nostre iniziative per la famiglia,

come quella del 1° maggio, in occasione della festa di S. Maria

dell’Acero. Tutto ci porta, nell’imminenza della solennità del Natale,

a riconsiderare la realtà tanto umana delle nostre famiglie alla

luce del mistero dell’Incarnazione, che le ha rese luogo della mani-

festazione di qualcosa o di Qualcuno che ci trascende infinita-

mente, di quel Dio che, in Gesù Cristo, è entrato silenziosamente

ed umilmente nella nostra storia, condividendo le nostre espe-

rienze gioiose e dolorose, liete e tristi, di cui è intessuta la

nostra quotidiana vita familiare.

Non per nulla, nella domenica successiva al Natale, la

Liturgia ci conduce a fare conoscenza della Famiglia

di Nazareth, a cui, secondo i racconti evangeli-

ci, non è stata risparmiata alcuna prova ed alcu-

na fatica: dalla nascita del figlio in una stalla alla

fuga rischiosa di fronte alla violenza degli

uomini, dalla condizione di profughi alla

difficoltà di arrivare alla fine del

mese, dalla pazienza di attendere e

comprendere i tempi di Dio all’esi-

genza delle scelte radicali e defi-

nitive.

Paolo VI, durante la sua visita a

Nazareth nel 1966, parlò della Famiglia

terrena di Gesù come della gran-

de scuola dove possiamo appren-

dere il valore del silenzio e dell’a-

scolto, l’importanza del dovere quo-

tidiano compiuto nell’umiltà e nel-

la comunione profonda, la neces-

sità del lavoro, ma anche dove,

d’altra parte, il Figlio di Dio impa-

rò ad essere Figlio dell’Uomo.

E’ proprio dalla sua famiglia che Gesù, come ognuno di noi, ha

ricevuto ed assimilato quelle categorie e quell’universo cultura-

le attraverso cui ha potuto poi trasmetterci e comunicarci le real-

tà divine, quelle “cose” che restano incomprensibili per i sapien-

ti e i dotti di questo mondo, ma che sono comprese e accolte

dai piccoli e dagli umili. E non occorre aver fatto particolari stu-

di per accorgersi di come la famiglia non sia un “compito a pia-

cere”, ma il laboratorio in cui si costruisce il futuro dell’uomo e

della storia, la palestra in cui si viene addestrati a praticare “sport”

importanti, come la libertà, la responsabilità, la solidarietà, la col-

laborazione, il perdono e la pace.

Per questo la famiglia non è semplicemente un “affare privato”

o solamente il luogo degli affetti personali, ma possiede una rile-

vanza sociale e svolge una funzione pubblica, che non è pos-

sibile ignorare, tanto da diventare oggetto e soggetto di diritti e

doveri, a partire dalla stessa Carta Costituzionale.

In questo tempo di crisi , prima morale e poi economica, que-

sto ruolo della famiglia diventa ancora più essenziale, in quan-

to essa continua a dimostrarsi come il più efficace e primario

ammortizzatore sociale, in cui si può essere ancora al riparo da

quella “logica dello scarto”, tante volte denunciata da Papa Francesco.

Il Natale del Signore nella carne ci aiuti a prendere più chiara

coscienza del valore inestimabile di quanto si svolge tra le nostre

mura domestiche, unica sorgente di speranza per un mondo più

giusto e fraterno.

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Stanislao Fioramonti

DD omenica 24 novembre, in piazza San Pietro,papa Francesco ha presieduto la mes-sa di chiusura dell‘Anno della Fede, volu-

to e proclamato da papa Benedetto XVI. Durantela celebrazione ha consegnato l’esortazione apo-stolica postsinodale Evangelii gaudium.La pubblicazione di questo documento era nel-l’aria e si ricordava che il magistero pontificio sisarebbe concentrato sulle conclusioni del Sinodo2012 sulla ‘’nuova evangelizzazione per la tra-smissione della fede cristiana’’, svoltosi in Vaticanodal 7 al 28 ottobre 2012. Il documento è stato consegnato simbolicamente,perché è stato reso noto con la presentazioneufficiale in Vaticano solo martedi‘ 26 novembre.La sua pubblicazione infatti e’ stata sotto embar-go fino alle ore 12 di quel giorno. Giornalisti eaddetti ai lavori, pur avendo ricevuto il testo lune-dì 25 novembre, hanno però dovuto tenerlo nelcassetto fino al giorno dopo. La consegna del docu-mento ha caratterizzato dunque la conclusionedell’Anno della fede, durante il quale ottomilioni e mezzo di pellegrini si sono recati avenerare le spoglie di Pietro. Si sono inseriti inquesta cornice altri due appuntamenti che han-no visto la presenza del Papa. Il primo è stato la visita al monastero delle camal-dolesi all’Aventino, nel pomeriggio di giovedì 21novembre, nella giornata pro orantibus, dedicataa quanti hanno scelto la vita di clausura come“dedizione privilegiata per una vita di preghierae di contemplazione”. L’altro è stato l’incontro con i catecumeni, il pome-riggio di sabato 23 novembre. Avvenimento cen-trale di questa fase conclusiva è stata natural-mente la messa con la consegna dell’Evangeliigaudium. Papa Francesco ha affidato l’esorta-zione apostolica a 36 rappresentanti provenientida 18 Paesi diversi in rappresentanza dei cin-que continenti. In questo modo “l’esortazione- ha detto monsignor Rino Fisichella, Presidentedel Pontificio Consiglio per la promozione dellanuova Evangelizzazione - diventa una missioneche viene affidata a ogni battezzato per farsi evan-

gelizzatore“. Tra quanti hanno ricevuto il docu-mento c’erano un vescovo, un sacerdote e undiacono provenienti rispettivamente dalla Lettonia,dalla Tanzania e dall’Australia; religiosi, religio-se e rappresentanti di ogni gruppo o associazionetra quelli che hanno caratterizzato i diversi appun-tamenti dell’Anno della fede; c’erano anche EtsuroSotoo, scultore giapponese famoso per la suacollaborazione alla Sagrada Familia di Barcellona,e Anna Gulak, giovane pittrice polacca, per sot-tolineare, ha spiegato l’arcivescovo, il valore del-la bellezza come forma privilegiata di evange-lizzazione. Fra i 36 c’erano anche due giornali-sti, per “attestare il grande impegno e promozioneche svolgono quanti si dedicano a questo ser-vizio”. Altro momento significativo della messaè stato l’esposizione delle reliquie che la tra-dizione riconosce come quelle dell’apostolo, con-tenute nell’urna, conservata nella cappella pri-vata dell’appartamento papale. E’ stata la prima volta che esse venivano espo-ste in pubblico. Durante la celebrazione sono sta-te anche raccolte offerte a favore della popo-lazione filippina colpita dal tifone dei giorni scor-si. Rinviando a un altro momento l’analisi e lasintesi della Evangelii Gaudium, approfondiamoora i temi della Omelia del papa alla messa del-la festa di Cristo Re, conclusiva dell’Anno del-la Fede. Francesco ha iniziato così:“La solennità odierna di Cristo Re dell’universo,coronamento dell’anno liturgico, segna anche laconclusione dell’Anno della Fede, indetto dal PapaBenedetto XVI, al quale va ora il nostro pensie-ro pieno di affetto e di riconoscenza per questodono che ci ha dato. Con tale provvidenziale ini-ziativa, egli ci ha offerto l’opportunità di riscoprirela bellezza di quel cammino di fede che ha avu-to inizio nel giorno del nostro Battesimo, che ciha resi figli di Dio e fratelli nella Chiesa. Un cammino che ha come meta finale l’incon-tro pieno con Dio, e durante il quale lo SpiritoSanto ci purifica, ci eleva, ci santifica, per farcientrare nella felicità a cui anela il nostro cuore”. E’ seguito un pensiero alle Chiese cattoliche d’Oriente,ricordate anche all’Angelus nell’80° anniversa-rio dell’Holodomor, la “grande fame” provocata

dal regime sovietico che causò milioni vittime trail popolo dell’Ucraina. “Desidero anche rivolgereun cordiale e fraterno saluto ai Patriarchi e agliArcivescovi Maggiori delle Chiese OrientaliCattoliche, qui presenti. Lo scambio della pace, che compirò con loro,vuole significare anzitutto la riconoscenza del Vescovodi Roma per queste Comunità, che hanno con-fessato il nome di Cristo con una esemplare fedel-tà, spesso pagata a caro prezzo. Allo stesso modo,per loro tramite, con questo gesto intendo rag-giungere tutti i cristiani che vivono nella Terra Santa,in Siria e in tutto l’Oriente, al fine di ottenere pertutti il dono della pace e della concordia”. Passandoa commentare le letture bibliche della messa, hanotato che tutte “hanno come filo conduttore lacentralità di Cristo. Cristo è al centro, Cristo è il centro. Cristo cen-tro della creazione, Cristo centro del popolo, Cristocentro della storia. Il primo aspetto, Cristo cen-tro della creazione, lo deduce dall’Apostolo Paolo,che ci presenta Gesù come il Primogenito di tut-ta la creazione, il centro di tutte le cose, il prin-cipio, Signore della creazione e della riconcilia-zione. Pertanto l’atteggiamento richiesto al cre-dente, se vuole essere tale, è quello di ricono-scere e di accogliere nella vita questa centrali-tà di Gesù Cristo, nei pensieri, nelle parole e nel-le opere. “E così i nostri pensieri saranno pen-sieri cristiani, pensieri di Cristo. Le nostre opere saranno opere cristiane, operedi Cristo, le nostre parole saranno parole cristiane,parole di Cristo”. Quando – conclude il papa -si perde questo centro, perché lo si sostituiscecon qualcosa d’altro, ne derivano soltanto dei dan-ni, per l’ambiente attorno a noi e per l’uomo stes-so. Il secondo aspetto: Cristo centro del popo-lo di Dio. Proprio oggi è qui, al centro di noi.Adesso è qui nella Parola, e sarà qui sull’alta-re, vivo, presente, in mezzo a noi, il suo popo-lo. E’ quanto ci viene mostrato nella prima Lettura.Cristo, discendente del re Davide, è il “fratello”intorno al quale si costituisce il popolo, che si pren-de cura del suo popolo, di tutti noi, a costo del-la sua vita. Il terzo aspetto: Cristo centro del-la storia dell’umanità, e anche centro della sto-ria di ogni uomo. A Lui possiamo riferire le gioiee le speranze, le tristezze e le angosce di cui èintessuta la nostra vita. Quando Gesù è al cen-tro, anche i momenti più bui della nostra esistenzasi illuminano, e ci dà speranza, come avviene peril buon ladrone nel Vangelo di oggi. Oggi tutti noi possiamo pensare alla nostra sto-ria, al nostro cammino. Ognuno di noi ha la suastoria; ognuno di noi ha anche i suoi sbagli, i suoipeccati, i suoi momenti felici e i suoi momenti bui.Ci farà bene, in questa giornata, pensare alla nostrastoria, e guardare Gesù, e dal cuore ripetergli tan-te volte, ma con il cuore, in silenzio, ognuno dinoi: “Ricordati di me, Signore, adesso che sei neltuo Regno! Gesù, ricordati di me, perché io hovoglia di diventare buono, ma non ho forza, nonposso: sono peccatore, sono peccatore.Ma ricordati di me, Gesù! Tu puoi ricordarti di me,perché Tu sei al centro, Tu sei proprio nel tuoRegno!”. Che bello! Facciamolo oggi tutti, ognu-

continua nella pag. accanto

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55DicembreDicembre20132013

Costantino Coros

LLa crisi morde e non fa sconti a nessuno. Sono 119 i casi di sui-cidi a causa di difficoltà economiche dall’inizio del 2013. A ren-dere noti questi dati, lo scorso 21 novembre, è stato lo studio con-

dotto da Link Lab, il Centro Studi e Ricerche Socio Economiche dell’UniversitàLink Campus University. “Il numero dei suicidi - spiegano i ricercatori -per ragioni economiche è tornato a salire vertiginosamente a settembre,con 13 episodi registrati, mentre il mese di ottobre ne conta addirittura16”. Secondo Nicola Ferrigni, docente di Sociologia della Link CampusUniversity e direttore del Centro Studi Link Lab “l’allarme resta ancoramolto alto”. Salgono, infatti, complessivamente a 208 i suicidi verificate-si in Italia per motivazioni economiche dal 2012 ad oggi.“Non è possibile che vi siano cittadini e imprenditori che sempre più spes-so trasformano una richiesta di aiuto in soluzioni estreme, come il suici-dio, perché oppressi da debiti o perché oramai privati della speranza ditrovare un’occupazione”. Il rapporto rileva che il numero più alto di sui-cidi si registra tra gli impren-ditori: 54 nei primi dieci mesidel 2013, il 45,4% del totale deisuicidi per motivi economici con-tati dall’inizio dell’anno.“Una situazione d’indebita-mento o di fallimento dell’azienda,i debiti verso l’erario, maanche la negazione di finan-ziamenti da parte degli istitu-ti di credito - ha fatto notare ildirettore del Centro Studi LinkLab - hanno condotto ad unostato di disperazione soprat-tutto gli imprenditori”. Per Ferrigni “si tratta di uno sce-nario allarmante che rappre-senta le drammatiche difficol-tà legate alla crisi economicain cui versa il nostro Paese e

che richiede un intervento immediato da parte delle Istituzioni”.Accanto agli imprenditori, aumenta anche il numero dei suicidi tra i dis-occupati: nei primi dieci mesi del 2103 sono già 46, contro i 28 dell’inte-ro 2012. Nel dettaglio territoriale, lo studio riporta che il Veneto, con 18suicidi, nei primi dieci mesi dell’anno, risulta la prima regione di questatriste classifica. A seguire la Campania con 12 casi, Piemonte e Laziocon 11, Sicilia con 10, l’Emilia Romagna con 8, Toscana, Lombardia, Liguriae Puglia con 7. Chiudono l’Abruzzo con 6 episodi, la Sardegna con 5, leMarche con 4, l’Umbria con 3, il Friuli Venezia Giulia con 2 e la Calabriacon un solo caso. “I dati - ha dichiarato Ferrigni - sottolineano le gravi difficoltà di un seg-mento della popolazione, quello dai 45 ai 64 anni, che raccoglie soprat-tutto imprenditori e artigiani, maggiormente esposti alle difficoltà e all’at-tuale andamento negativo del mercato. Non dimentichiamo che in que-sta fascia ritroviamo anche gli ‘esodati’, disoccupati over50 senza pen-sione”. La prima causa di suicidio è la crisi economica, intesa come man-canza di denaro o come situazione debitoria insanabile. La perdita del

posto di lavoro rappresentala seconda causa di mor-te per suicidio. Numerosi sono inoltrecoloro i quali si tolgono lavita perché non riesconoa saldare i debiti verso l’e-rario (12 i casi registrati),mentre sono 2 i casi rile-vati tra chi aveva difficol-tà a riscuotere i crediti dovu-ti. Preoccupante anche ilnumero dei tentati suicidi:sono infatti 59 le personeche dall’inizio del 2013 han-no provato a ‘farla finita’ permotivazioni riconducibilialla crisi economica, tra cui48 uomini e 11 donne, con-tro i 48 casi del 2012.

no nel suo cuore, tante volte. “Ricordati di me,Signore, Tu che sei al centro, Tu che sei nel tuoRegno!”. La promessa di Gesù al buon ladroneci dà una grande speranza: ci dice che la gra-zia di Dio è sempre più abbondante della pre-ghiera che l’ha domandata.Il Signore dona sempre di più di quanto gli si doman-da: gli chiedi di ricordarsi di te, e ti porta nel suoRegno! Gesù è proprio il centro dei nostri desi-deri di gioia e di salvezza. Andiamo tutti insie-me su questa strada!

I giorni dell’Anno della Fede da ricordare per la nostra Diocesi

11 ottobre 2012: Nel cinquantesimo anniversariodell’apertura del Concilio Ecumenico Vaticano IIpapa Benedetto XVI inaugura solennemente l’Annodella Fede, da lui indetto esattamente un annoprima con la pubblicazione della sua Lettera Apostolicain forma di Motu Proprio “Porta Fidei”. Alla litur-gia in piazza San Pietro partecipano i presidentidelle Conferenze episcopali e i delegati parte-cipanti al Sinodo dei Vescovi, riunito in Vaticanodal 7 al 28 ottobre sul tema “Nuova evangeliz-zazione per la trasmissione della fede cristiana”.

21 ottobre 2012: Prime 7 canonizzazionidell’Anno della Fede, celebrate da Benedetto XVIin piazza S. Pietro.23 novembre 2012: Aperta ufficialmente la pri-ma visita pastorale del vescovo VincenzoApicella alla Diocesi di Velletri-Segni. 11 febbraio 2013: In Concistoro Benedetto XVIannuncia le sue dimissioni dal pontificato per ilgiorno 28 del mese. Si ritirerà in preghiera.13 marzo 2013: Dopo pochissimi giorni di Conclaveè eletto l’arcivescovo di Buenos Aires card. JorgeBergoglio, argentino di origini piemontesi. Prendeil nome di Francesco. Si presenta con un “Buona sera!” e si congedacon una “Buona notte e buon riposo!”.12 maggio 2013: Tre nuovi santi proclamati dapapa Francesco. Tra i tanti beati dell’Anno del-la Fede ricordiamo don Pino Puglisi, parroco diBrancaccio a Palermo, ucciso dalla Mafia.Ricordiamo pure che Francesco ha fissato a mag-gio del 2014 la canonizzazione dei suoi prede-cessori Giovanni XIII (Angelo Roncalli) eGiovanni Paolo II (Karol Woityla).19 giugno 2013: Pellegrinaggio della Diocesi diVelletri-Segni alle Tombe degli Apostoli, con par-tecipazione all’udienza di papa Francesco.5 luglio 2013: Pubblicata la prima Enciclica di

papa Francesco, “Lumen Fidei” (La luce della Fede),completamento di quella iniziata da papaRatzinger, che già ne aveva scritte due, una sul-la Carità e una sulla Speranza.8 luglio 2013: Prima visita pastorale di papa Francesco:è prescelta l’isola di Lampedusa, luogo di tragediae di speranza di migliaia di migranti dall’Africae dal Medio Oriente.23-28 luglio 2013: Giornata Mondiale della Gioventùa Rio de Janeiro, resa indimenticabile dalle paro-le, dai gesti e dai luoghi visitati da papaFrancesco.23-25 settembre 2013: Convegno Pastorale Diocesano a Velletri, sullafede e il mondo digitale.4 ottobre 2013: Visita pastorale di papaFrancesco ad Assisi, patria di Francesco il Povero.23 novembre 2013: Chiusura della Visita pasto-rale del vescovo Vincenzo alla sua diocesi.24 novembre 2013: Celebrazione conclusiva dell’Annodella Fede in piazza S. Pietro, nella festa di GesùCristo Re dell’Universo. Papa Francesco consegnaa 36 rappresentanti dei cinque continenti l’esortazioneapostolica “Evangelii Gaudium”, che raccoglie ledeliberazioni prese dal Sinodo dei Vescovi sultema della “Nuova evangelizzazione per la tra-smissione della fede cristiana”.

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Pier Giorgio Liverani

UUna schiera di1.891.406 citta-dini europei ha

lanciato il proprio guantodi sfida al ParlamentoEuropeo: vuol sapere seil massimo organismo di rappresentanza dei 28 popoli del Continentevorrà ancora negare che l’embrione umano è “uno di noi” e, quindi,che anch’esso è un Europeo da rispettare e da tutelare come cittadi-no d’Europa. Purtroppo i grandi quotidiani italiani, quelli che sono ritenuti e si pro-clamano difensori della democrazia e del progresso, hanno taciuto:la loro censura su questo indubbio evento controcorrente si è calatacome una ghigliottina su un’iniziativa che, comunque si giudichi, è unavvenimento che riguarda il futuro del Paese. Volevano soffocarla sulnascere con il peso del loro silenzio, ma non ci sono riusciti. In Italia le firme sono state 631.024. Adesso tocca al Parlamento diStrasburgo dare una risposta alla quale non potrà sottrarsi, perché aquesta prima “iniziativa dei cittadini” – questa è la sua definizione uffi-ciale – si è obbligato, istituendola, a rispondere. Come Carlo Casini, presidente del Movimento per la Vita Italiano, pre-sidente della Commissione per gli Affari Costituzionali del ParlamentoEuropeo e promotore della raccolta, ha detto a Cracovia in una riunio-ne dei responsabili europei dei movimenti pro life, «l’iniziativa “Unodi Noi” è la risposta alla domanda che Giovanni Paolo II rivolse al mon-do intero l’8 settembre 1984 a Vaduz, capitale del Principato del Liechtenstein:“Io vi chiedo che il concepito sia considerato un uomo a tutti gli effet-ti”». Ebbene, con questa iniziativa si è voluto «riscoprire l’anima dell’Europa»e «fermare il finanziamento della distruzione della vita».Tuttavia l’esultanza per questo primo successo politico continentalenon deve far trascurare le gravissime conseguenze culturali e mora-li che la legalizzazione degli aborti in Europa e pressoché in tutto ilmondo ha causato: innanzitutto la “normalizzazione”, cioè l’accetta-zione della “normalità” dell’aborto anche da parte di molti che non abor-tirebbe mai e che condividono la convinzione che l’aborto è un delit-to. C’è ormai – ed è un pericolo gravissimo – una diffusa assuefazioneche fa molto parlare di aborto, ma dimenticare l’abortito, vale a direla sua vittima: il bambino. Sembra che l’immane tragedia dei figli rifiu-tati (anche nel senso di trasformarli in rifiuti ospedalieri) non esista. Quando manovrano i numeri dell’aborto, i media non manifestano, nel-la loro quasi totalità, il minimo scandalo: il calo del numero delle cosid-dette “interruzioni volontarie della gravidanza” (in realtà abbastanzaillusorio, ne parleremo in un’altra occasione) fa gridare al successodelle politiche contro la vita.

Si misurano gli abor-ti, non il numero del-le vittime né quello deibambini salvati. Poco più di centomi-la aborti in Italia, qua-ranta milioni in tutto ilmondo nel 2011 voglio-no dire più di centomila,e più di quaranta milio-ni di bambini uccisi inquaranta milioni digrembi materni. Conta

soltanto la realizzazione di un “diritto” delle donne.Quante di loro, però, sono straziate da ciò che hanno voluto o che sisono sentite nella necessità di fare o che sono state costrette a fareda una cultura pressoché dominante e nessuno nemmeno le conta.È la paura della realtà. I numeri servono a contare i fatti, non i bam-bini morti per quei fatti. La “figura” dell’aborto come realizzazione oscu-ra totalmente, come un’ombra micidiale, la memoria dei bambini chenon nasceranno mai più se non in un mondo ben “altro” da quello incui viviamo in terra. E la crescita, provvidenziale, dei medici obiettori di coscienza (in Italiaattestatasi sul 70 per cento dei medici ostetrici e ginecologi ospeda-lieri) è descritta come una sventura, una sconfitta, un pericolo, un’in-giustizia verso le donne e non, invece, come una testimonianza a favo-re della vita, del prossimo e della maternità. La stessa cosa può dirsi per l’istituzione di piccoli spazi dei cimiteriche alcuni Comuni riservano ai corpicini dei figli abortiti sia sponta-neamente sia volontariamente: li chiamano un insulto alle donne e nona quelle piccole creature cui sono stati negati il sorriso di una mam-ma, la protezione di un papà, le speranze di un futuro e la luce delsole. Il bambino abortito scompare dall’orizzonte e con lui la pietà. Eppurei motivi per l’esercizio almeno di questa virtù non mancano certamente.Per questo il riconoscimento formale di ciascun uomo concepito come“uno di noi” è necessario, obbligatorio e urgente. Vedremo quale saràla risposta del Parlamento Europeo alla consegna delle firme. Intanto,però, siamo costretti a prendere atto di una relazione predisposta dal-la Commissione parlamentare per i Diritti della Donna, che, quandoqueste considerazioni saranno sotto gli occhi dei lettori, sarà con mol-ta probabilità già votata dall’Assemblea di Strasburgo. Un’analoga relazione sarà discussa alle Nazioni Unite. Entrambe pre-vedono un rilancio dell’aborto come «diritto fondamentale» della per-sona: «L’accesso all’aborto – vi si dice – deve essere universale, lega-le, sicuro e garantito a tutti e non ostacolato da difficoltà come l’obiezionedi coscienza».In ogni modo la sfida è stata lanciata e pesa sulle coscienze dei 766deputati eletti nei 28 Stati membri dell’Unione Europea allargata. Operiamotutti per creare un’opinione pubblica forte che faccia sentire il propriopeso a un Parlamento da cui non sempre i popoli del Continente sisentono rappresentati.

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77DicembreDicembre20132013

Claudio Capretti

“Ecco, io manderò un mio messaggero a pre-parare la via davanti a me e subito entrerà nelsuo tempio il Signore che voi cercate; e l’an-gelo dell’alleanza, che voi sospirate, eccolo veni-re, dice il Signore degli eserciti”. “Ecco, io invie-rò il profeta Elia prima che giunga il giorno gran-de e terribile del Signore: egli convertirà il cuo-re dei padri verso i figli e il cuore dei figli ver-so i padri”. Dal deserto mi hai chiamato o Signore, per inviar-mi a “percorrere tutta la regione del Giordano,predicando un battesimo di conversione per ilperdono dei peccati”. Un battesimo che riconduca a Te i cuori erran-ti delle tue creature, che li rendesse sensibilial passaggio di Colui che da molto è atteso: ilSalvatore del mondo. Inizialmente moltedomande hanno assediato il mio cuore. Perché proprio io o Signore? Perché non unaltro meglio di me? Poi, placasti il mio cuorecon la tua presenza, e il rumore delle doman-de venne meno per fare spazio alla tua santavolontà, quella di essere voce che annuncia l’im-minente venuta del Verbo fatto carne, o mes-saggero che anticipa il passaggio del Forte inmezzo al suo popolo. Essere solo amico del-lo sposo che deve condurlo con gioia dinnan-zi alla sua sposa; solo colui che deve diminuireaffinché possa aumentare Colui che porterà sudi se il peccato del mondo. Il Nuovo che i profeti hanno annunziato sta perarrivare, ed io non sono che la linea di un con-fine che non mi è consentito varcare, poiché iltalamo nuziale appartiene solo allo Sposo.“Non berrà vino né bevande inebrianti, saràcolmato di Spirito Santo fin dal grembo di suamadre e ricondurrà molti figli d’Israele al Signoreloro Dio. Egli camminerà innanzi a lui con lospirito e la potenza di Elia, per ricondurre i cuo-ri dei padri verso i figli e i ribelli alla salvezzadei giusti e preparare al Signore un popolo bendisposto”. Questo, fu il comando che Gabriele, l’angeloche sta’ dinnanzi a Dio, diede a Zaccaria miopadre quando gli annunciò che, per dono divi-no, sarebbe diventato padre. Io, Giovanni, discen-dente della classe sacerdotale di Abia da par-te di padre, e di quella di Aronne da parte dimadre, venni introdotto, ancor prima di nasce-re, nella tradizione sacerdotale. Sussultai di gioianel grembo di mia madre all’udire il saluto del-la Vergine che ti portava nel suo grembo.Colma di Spirito Santo, Elisabetta con gioia rispo-se: “Benedetta tu fra le donne e benedetto ilfrutto del tuo grembo! A cosa devo che la madredel mio Signore venga da me? Ecco, appenail tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambi-no ha sussultato di gioia nel mio grembo. E bea-ta colei che ha creduto nell’adempimento di ciòche il Signore le ha detto”. I suoi occhi, sep-pur colmi di anni, riconobbero l’Aurora che por-tava in se il Sole nascente, il Messia tanto atte-so, la salvezza dell’umanità. La Grazia Divinaimpregnò l’aria, avvolse entrambe le donne che

con immenso affetto si abbracciarono.Il vecchio, mediante l’anziana madre stavolgendo al termine, si incrocia, si fon-de con il Nuovo che avanza mediantela giovane Donna. L’antico si immergenel Nuovo senza esserne cancellato, edè suggellato dal cantico che la Vergineintona: “L’anima mia magnifica ilSignore, il mio spirito esulta in Dio mioSalvatore… Ha soccorso Israele suo ser-vo, ricordandosi della sua misericordia”.Meraviglioso cantico della piena di Grazia, chein fretta parte dal suo villaggio per mettersi aservizio dell’anziana parente in attesa della mianascita. Quale immenso e immeritato privile-gio ebbi, quello di essere accolto tra le manidella madre del mio Signore, appena uscito dalgrembo di mia madre.Il silenzio che avvolgeva il mio buon padre acausa della sua incredulità si infranse quan-do venni alla luce, e colmo di Spirito Santotenendomi fra le sue braccia iniziò a bene-dire il Signore dicendo: “Benedetto il SignoreDio d’Israele, perché ha visitato e redentoil suo popolo…Così egli ha concesso mise-ricordia ai nostri padri e si è ricordato del-la sua santa alleanza….” Ed infine profe-tò: “E tu, bambino, sarai chiamato profetadell’Altissimo perché andraiinnanzi al Signore a preparar-gli le strade, per dare al suo popo-lo la conoscenza della salvezzanella remissione dei suoi pec-cati. Grazie alla bontà miseri-cordiosa del Signore, per cuiverrà a visitarci come sole chenasce dall’alto, per risplende-re su quelli che stanno nelle tene-bre e nell’ombra della morte,e dirigere i nostri passi sulla viadella pace”.Dolcissima preghiera di benedizione, portatri-ce di una missione che il Signore aveva in ser-bo per me fin dall’eternità. Ogni volta che la riascoltavo o che la ripetevonel silenzio del mio cuore, la tua volontà su dime, o mio Signore, era sempre di più illuminatedalla Luce. Fu cosi che la luce del mondo nonfu più sufficiente a colmare il desiderio di Te,c’era un tuo progetto su di me e solo ascoltandoil tuo silenzio, solo rifugiandomi in Te, l’avrei sco-perto. Per questo fuggii dal mondo e mi rifu-giai nel deserto. In questo luogo preparasti ilmio cuore ad essere un piccolo stoppino infiam-mato che dovrà condurre i cuori al Fuoco vivoche mai si consuma, ad essere solo voce invia-ta a coloro che non hanno pace fino a che Tunon ti manifesterai in mezzo a noi. Annuncio la sua imminente venuta vestito conla pelle di animali impuri, perché in fondo è ciòa cui assomigliamo fino a quando Tu non ven-ga a riscattarci. I miei fianchi sono cinti con lacintura di pelle, o meglio, della volontà a com-piere opere sante, gradite a Dio, opere che sca-turiscono da un cuore convertito. Mio nutrimentosono le cavallette, piccoli animali che fuggono

alla passaggio dell’uomo, che saltano per nonfarsi prendere. Animali simili a questa umani-tà che all’annuncio del passaggio del Signorefugge via con le sue passioni, con i suoi pen-sieri e preoccupazioni per non lasciarsi affer-rare dalla Grazia. Il pensiero si volge spesso ad un grande pro-feta, Elia. Come lui ho rifiutato ogni agiatezza.E come lui non godeva del favore del re Acab,tanto meno io godo del favore dell’indumeo ErodeAntipa. Entrambi siamo legati a questo fiume,il Giordano; lui prima di salire sul carro infuo-cato ed essere rapito in cielo, lo attraversò all’a-sciutto, ed ogni essere che brulica in quest’acqua,seppur per breve tempo, arrestò la sua corsaverso la sua foce, luogo dove ogni forma viven-te è destinata a morire. Io, per tua volontà, ho trasformato questo fiu-me in un lavacro di purificazione dove l’acquacorrente riversa i peccati nel punto più bassodella terra, il mar Morto. Forse, mi hai condotto qui per dire che nessunessere vivente dopo la venuta del tuo Servo,sarà più destinato a riversarsi in un luogo dovela morte è incontrastata dominatrice.

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88 DicembreDicembre20132013

Sara Gilotta

AA ll’approssimarsi della ricorrenza delNatale di Gesù, torna nel nostro ani-mo il desiderio, poi facilmente, purtroppo,

sopito dalle consuetudini della vita quotidiana,di tornare a stupirci del dono di Dio che ha invia-to suo figlio su questa terra, per la volontà divolerci sottrarre ad un destino chiuso nel finito,nel terreno e, soprattutto, nella fra-gilità senza scampo e senza sco-po del caduco. Per questo il Natale ci permettedi “ricominciare” ad intendere il verosignificato del Cristianesimo. Perché solo attraverso uno sguar-do rinnovato si può almeno spe-rare di cominciare a comprende-re davvero il significato dellanascita di Gesù, per viverla nel quo-tidiano e per nutrire almeno la “ten-tazione” di vivere secondo ilVangelo. Ed è il Vangelo, come Sant’ Agostinoha affermato, che si vive innan-zitutto, immedesimandosi nell’al-tro, dove risiede il segreto per capi-re e farsi capire. Ma per fare que-sto bisogna amare l’altro, prova-re agape, caritas per lui, vederein lui una persona alla quale voglia-mo dare amicizia ed affetto sen-za pretendere nulla in cambio. In questo senso , dice il Santo, diventa nuovociò che era vecchio, per intendere che esso ponele sue stesse basi del più profondo significa-to del rapporto con l’altro.Per noi educati al cristianesimo, dovrebbe esse-re un principio semplice e di doverosa applica-zione pratica. Ma è veramente facile per tutti noiamare senza alcun tipo di vantaggio? No certamente, ma il santo ci fa scoprire che

solo quando il nostro cuore riesce a fondersi conil cuore degli altri, allora con semplicità infanti-le riusciremo a rinnovare anche legami antichie forse mai veramente sentiti con sincerità.Perché solo così , compenetrandoci nell’altro ,la nostra vita comincia veramente a cambiare.Ed anche ciò che era vecchio diventa nuovo.Ma Agostino sa bene che non tutto è così sem-plice, soprattutto se si vive, come accade a noioggi, in una società corrotta dal benessere o peg-

gio dalla ricerca esclusiva di esso.In questi tempi di crisi, avremmo potuto impa-rare ad indirizzare la nostra ricerca verso i valo-ri più autentici di umanità, mentre , secondo me,essa sta alimentando ed aumentando , non solola ricerca del beni di prima necessità come ègiusto, ma, purtroppo, quella affannosa di unbenessere che diventa tanto più indispensabi-le, quanto più sentito come irraggiungibile e che

perciò tormenta , suscitando sofferenze non faci-li da sopportare. Forse perché speriamo che le ricchezze o ognialtro bene che ci appare necessario riescanoa sconfiggere il vuoto spirituale dal quale nonè facile liberarsi e purificarsi. E allora solo una fede rinnovata dovrebbe gui-dare il nostro pensiero e il nostro cuore, per giun-gere alla convinzione per la quale, come diceSan Basilio, “se alcuno stringesse tutta la feli-

cità che è stata ed è sulla terra dache furono gli uomini, ritroverebbeche non potrebbe essere parago-nata alla più piccola parte dei beniche nell’altra vita ci attendono ….”Ma per cercare di comprendere ciò,noi che camminiamo fragili sotto letante vicende di ogni giorno, dob-biamo essere capaci di farci pren-dere per mano da Gesù, allietarcidella sua nascita, saper compren-dere il significato della Croce, pergioire della resurrezione. Allora, continua S. Agostino, men-tre “l’erba diventa secca e il fiorecade, come tenermi saldo?” E aggiunge “ solo con la parola delSignore che rimane in eterno.” Maper saper ascoltare la parola del Signoredovremmo diventare tutti un po’ comeZaccheo, che per vedere Gesù siarrampicò su un sicomoro e fu, non-ostante fosse peccatore, ricompensatoda Lui, che volle essere ospite del-

la sua casa e , dice San Luca, “Venit enim Filiushominis querere et salvum facere quod perie-rat”. E noi tutti non possiamo che sperare di esse-re umili come Zaccheo , perché il sicomoro diven-ti non il simbolo di qualcosa che ci esclude, mail mezzo “per vedere”.

Nell’immagine del titolo: Opera pittorica di George Tooker.

In questo specifico luogo devo attenderti, e ammi-nistrare un battesimo con l’acqua, in attesa diColui che battezzerà con il fuoco dello Spirito. Vedo le tue anime che assetate di Te si rac-colgono intorno a me, mi chiedono: “Che cosadobbiamo fare?”. Intravedo in loro il desideriodi cambiare la loro vita, per questo dico loro:“Chi ha due tuniche ne dia a chi non ne ha, echi ha da mangiare faccia altrettanto”. Bramano di incontrarti o Signore. Le loro ani-me desiderano solo Te, vero ed unico Venientee arde il mio cuore di condurti a loro. Non cono-sco il tuo aspetto fisico, ma attraverso gli occhidel cuore ti riconoscerò quando verrai a me.Tu Signore sei Colui che deve passare, io solocolui che deve risvegliare i cuori al tuo passaggio.Per questo, con forza ti dico: Maranathà!. Vieni Signore non tardare, che la sposa ti atten-de. Vieni a squarciare con la tua Luce le mal-vagie tenebre che ci avvolgono, vieni a spez-zare questo silenzio ed intona il canto della vit-

toria della vita sulla morte, Tu, che sei l’unicafonte della Vita. Vieni Signore ad accarezzarele viscere di ogni tua creatura, affinché possapartorire vita nuova, vita bella, vita luminosa,vita che porti in se il riflesso della tuaMisericordia. Vieni Divina Delicatezza, vieni conil soffio del tuo Spirito per rinnovare ogni cosasulla faccia della terra. Vieni per coloro che dominati dagli istinti dei loropeccati sono rimasti intrappolati in pungenti rovi,vieni presto a risollevarli, a ungerli con il bal-samo della tua Misericordia, ponili sulle tue spal-le e riconducili all’ovile.Vieni o potente in battaglia, poiché il nostro avver-sario, il nemico antico, non concede tregua alcu-na alle nostre deboli anime. Vieni Letizia delpopolo d’Israele a slegare ciò che il maligno conla sua invidia ha legato. Vieni Colonna di fuoco che illumina la stradaverso la terra promessa, vieni ad indicarci il sen-tiero della vita e donaci di scoprire la gioia nelpercorrerlo.

Vieni o Signore a prendere possesso della nostradesolazione, della nostra miseria, poiché Tu seil’Amore che mai si rifiuta e mai si consuma. VieniParola annunciata che mai delude e mai tra-disce. Vieni infinita Tenerezza, prendi posses-so dei nostri cuori e convertici a Te, donaci lagrazia di vedere ogni uomo con i tuoi occhi edi amarlo come lo ami Tu.Vieni con potenza, Tu che doni il giusto sensoad ogni cosa della nostra vita, che ti fai debo-lezza affinché non abbiamo a spaventarci del-la nostra debolezza.Vieni amorevole Presenza a colmare ogni nostraassenza e guarisci i nostri cuori dal dis-amo-re. Vieni presto o Medico Divino, non tardare,ed ogni cieco riavrà la vista, ogni zoppo torneràa camminare ed ogni muto tornerà a parlare.Vieni o meraviglioso Vivente del Cielo.Maranathà!. Maranathà!. Maranathà!.

Nell’immagine: San Giovanni Battista, part. Francesco del Cossa,1473, Brera

segue da pag. 7

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99DicembreDicembre20132013

don Andrea Pacchiarotti

RRiprendendo il nostro cammino, incon-triamo alcuni passaggi importanti di SCche descrivono gli effetti dei rapporti che

la liturgia ha con le altre attività della Chiesa.Innanzitutto, al n. 9 la costatazione che “la litur-gia non esaurisce tutta l’azione della Chiesa“.La liturgia, infatti, presuppone la fede e la con-versione e inoltre, l’osservanza di ciò che Cristoha comandato, trova compimento nelle operedi carità, di pietà e di apostolato. In Sc 10 vie-ne introdotto il famosissimo concetto sul qua-le mi soffermerò in questo contributo: “Nondimeno la liturgia è il culmine verso cui ten-de l’azione della Chiesa e, al tempo stesso, lafonte da cui promana tutta la sua energia. Il lavoro apostolico, infatti, è ordinato a che tut-ti, diventati figli di Dio mediante la fede e il bat-tesimo, si riuniscano in assemblea, lodino Dionella Chiesa, prendano parte al sacrificio e allamensa del Signore. A sua volta, la liturgia spinge i fedeli, nutriti dei“sacramenti pasquali”, a vivere “in perfetta unio-ne”; prega affinché “esprimano nella vita quan-to hanno ricevuto mediante la fede”; la rinno-vazione poi dell’alleanza di Dio con gli uomininell’eucaristia introduce i fedeli nella pressan-te carità di Cristo e li infiamma con essa. Dalla liturgia, dunque, e particolarmente dall’eucaristia,deriva in noi,come da sor-gente, la grazia,e si ottiene con lamassima efficaciaquella santifica-zione degli uomi-ni nel Cristo e quel-la glorificazione diDio, alla quale ten-dono, come aloro fine, tutte lealtre attività del-la Chiesa“.Leggere questonotissimo pas-saggio della SCsignifica doman-darsi innanzitut-to se la liturgia èveramente il cul-mine e la fonte del-la vita della chiesa e dunque della nostra vitaspirituale. Vivere della liturgia che si celebra, significa vive-re di ciò che la liturgia fa celebrare: il perdonoinvocato, la parola di Dio ascoltata, l’azione digrazie innalzata, l’Eucaristia ricevuta come comu-nione. Sin dal tempo dei Padri la tradizione cri-stiana ha sempre pensato la liturgia come il grem-bo fecondo della chiesa da cui il cristiano è gene-rato. La liturgia è creante, mette in vita e man-tiene in vita perché è fons, sorgente. Necessita perciò predisporre tutto affinché i cri-stiani trovino nella liturgia il nutrimento della lorovita di fede, diversamente celebreranno sem-

pre la liturgia senza vive-re di essa.In uno dei convegni litur-gici di Bose è stato mes-so in evidenza, che senegli ultimi decenni i cre-denti sono stati resi capa-ci di attingere il nutrimentodella loro vita spiritua-le dall’abbondante presenza delle sacre Scritturenella celebrazione, non sono stati altrettanto edu-cati ad attingerlo allo stesso tempo dalla litur-gia. Infatti, a mezzo secolo dalla scelta fondamen-tale del Concilio di ricollocare la parola di Dioal cuore della chiesa, si costata la grande cre-scita della conoscenza della Bibbia da parte deicristiani, grazie in particolare alla riscoperta del-la lectio divina. Ciò ha portato alla nascita di gruppi biblici, dovei laici s’incontrano settimanalmente per legge-re e meditare insieme le letture domenicali ointeri libri delle Scritture. Tale centralità si vive altrettanto per la liturgia?Nonostante il profondo rinnovamento operatodalla riforma liturgica conciliare e gli innegabi-li benefici apportati grazie al reale riavvicina-mento della liturgia ai credenti e dei credentialla liturgia, non è ancora possibile affermareche la liturgia sia il nutrimento della vita spiri-

tuale dei credenti al pari di quello che lo sonooggi le Scritture. In conformità a queste rifles-sioni, a me sembra, che quello che è stato fat-to nei confronti della Scrittura è mancato nei con-fronti della liturgia. Consigliando ai credenti lalectio divina è stato insegnato loro un metodoper conoscere e comprendere la Bibbia, unachiave interpretativa affinché ogni singolo cri-stiano possa personalmente accedere alla paro-la Dio contenuta nelle Scritture. Allo stesso modo, la chiesa porrà i credenti nel-la condizione di poter vivere della liturgia nel-la misura in cui saprà insegnare loro un meto-do per la comprensione della liturgia che cele-

brano.Per questo, rileggere la SC, significa offrire aciascuno di noi una sorta di lectio della liturgiache permetta di interiorizzare il mistero che cele-briamo. Interrogarsi su come i credenti vivonodella liturgia, significa dunque prendere con-sapevolezza della necessità di insegnare ai cre-denti un metodo perché essi possano attinge-re direttamente dalla fonte della preghiera del-la chiesa. Come afferma il Paternoster nel suolibro sulla spiritualità liturgica, non si tratta diuna comprensione meramente intellettuale, madi una comprensione spirituale ed esistenzia-le che necessita tuttavia dello sforzo e della fati-ca dell’intelligenza. Boselli in un suo contributo espone a tal pro-posito la domanda che negli Atti degli Apostoli(8,26-40) Filippo pone all’etiope funzionario diCandace intento a leggere il profeta Isaia – “Capisciquello che stai leggendo?” – tale domanda valeanche per la liturgia: “Capisci quello che stai

celebrando?”. La risposta è la stessa dell’etiope: “E come potreicapire, se nessuno mi guida?”. Guidare al mistero o mistagogia è il metodo elo strumento che la Chiesa antica ci consegnaper far sì che i credenti vivano di ciò che cele-brano. Quello che la lectio divina è per le Scritture,la mistagogia lo è per la liturgia. Ecco dunque un aspetto che la lettura della SCci pone innanzi, e che l’adagio secondo il qua-le la liturgia è fons et culmen della vita della chie-sa interroga le nostre comunità parrocchiali, affin-ché offrano percorsi che guidino ciascuno a vive-re di ciò che la liturgia ci fa celebrare.

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1010 DicembreDicembre20132013

Mons. Roberto Mariani*

I Domenica di avvento /A Is 2,1-5;

Sal 121/122, 1-2.4-9Rm 13,11-14Mt 24,37-44

[In quel tempo, Gesù disse ai suoi disce-poli:] 24,37 «Come fu ai giorni di Noè, cosìsarà la venuta del Figlio dell’uomo. 24,38Infatti, come nei giorni che precedettero ildiluvio mangiavano, bevevano, prendevanomoglie e prendevano marito fino al giornoin cui Noè entrò nell’arca, 24,39 e non siaccorsero di nulla finché venne il diluvioe travolse tutti, così sarà anche la venutadel Figlio dell’uomo. 24,40 Allora, due uomi-ni saranno nel campo, uno verrà portatovia e l’altro lasciato. 24,41 Due donne maci-neranno alla mola, una verrà portata e l’al-tra lasciata». 24,42 «Vegliate, dunque, poi-ché non sapete in quale giorno il Signorevostro verrà. 24,43 cercate di capire que-sto: se il padrone di casa sapesse a qua-le ora della notte viene il ladro, vegliereb-be e non si lascerebbe scassinare la casa.24,44 Perciò anche voi tenetevi pronti, poiché nell’ora che non imma-ginate viene il Figlio dell’uomo».

“Sostieni in noi Signore uno spirito vigilante”.

Il tempo d’avvento, che ci prepariamo a vivere, ci consegna un invitoimportante e pressante per la nostra vita cristiana: vigilate. Questo invi-to di Gesù si carica di una forte importanza in quanto, se scorriamo lepagine del Vangelo, ci accorgiamo, che è lo stesso rivolto ai discepoliPietro, Giacomo e Giovanni nel Getsemani, prima di iniziare la sua ago-nia. Ecco allora, l’esortazione che vogliamo portare con noi all’inizio diquesto tempo carico d’attesa, la vigilanza, per non correre il pericolo dinon vivere profondamente l’incontro con il Signore che viene.Il testo di Matteo ci esorta a vivere quest’atteggiamento specificando alme-no tre motivi per cui vivere lo stare attenti. Il primo motivo della vigilan-za lo ricaviamo dal ricordo del tempo del patriarca Noè: “come nei gior-ni che precedettero il diluvio mangiavano, bevevano, prendevano mogliee … non si accorsero di nulla finché venne il dilu-vio”.Il rimprovero della gente al tempo di Noè non ètanto sul comportamento immorale, quanto sulfatto di vivere senza accorgersi di quanto acca-deva, di preoccuparsi solo di una vita orizzon-tale, di sopravvivere senza accorgersi così di sta-re a perdere la vera vita. Pericolo che serpeg-gia anche nel nostro tempo, preoccupato solodi raggiungere, ottenere quello che soddisfa i nostrisensi senza scendere mai in profondità, senzafare quasi nulla per la vita vera. Il Cristo ci invita a tenere aperti gli occhi a nonlasciarci ingannare, a non lasciarci anestetizzaredalle preoccupazioni del mondo, ma a vivere lavigilanza. Il secondo motivo, per cui siamo esor-tati alla vigilanza, è l’imprevedibilità: “poiché nonsapete in quale giorno il Signore vostro verrà”.Il non conoscere non deve diventare un motivoper smettere di attendere, anzi è proprio perchénon sappiamo né il giorno né l’ora, la nostra vitaè chiamata a vivere sempre l’attesa. Siamo invi-tati, allora, a vivere l’attesa di un incontro, l’at-

tesa di un cambiamento, l’attesa della Paroladel Signore, un’attesa quindi, attenta, fatta diascolto e di sguardi per non essere colti disorpresa.Solo così quando giungerà quell’ora, noi sare-mo capaci di viverlo in modo unico e mera-viglioso. Infine, ma legato al precedente è l’in-vito alla vigilanza perché quello che accadeè irreversibile: « due uomini saranno nel cam-po, uno verrà portato via e l’altro lasciato. Duedonne macineranno alla mola, una verrà por-tata e l’altra lasciata ». Le due immagini non spiegano molto, ma secon-do la teologia del primo vangelo, la separa-zione è equivalente di giudizio, tema che quiè soltanto accennato, ma che costituirà l’e-lemento centrale delle parabole che seguo-no. (GRASSO S., Il Vangelo di Matteo,Roma1995). Credo che sia importante tenere uni-to nel nostro cammino spirituale l’aspetto del-la parusia con quello dell’irreversibilità, nonsi può sempre tornare indietro, e soprattut-to a volte dimentichiamo le conseguenze irre-versibili di alcune scelte o nostri atteggiamenti. Viviamo allora questo tempo d’avvento,come il Signore ci invita nel suo Vangelo, tenia-mo aperte le nostre orecchie per ascoltare,

scrutiamo l’orizzonte della vita per cogliere l’arrivo di Dio nel nostro tem-po nella nostra realtà. Buon cammino d’avvento.

Immacolata Concezione della B.V. Maria Gen 3,9-15.20;Sal 97/98, 1-4

Rm 15,4-9Lc 1,26-38

[In quel tempo] 1,26 l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una cittàdella Galilea, chiamata Nazaret, 1,27 a una vergine, promessa sposadi un uomo della casa di Davide, chiamato Giuseppe. La vergine si chia-mava Maria. 1,28 Entrando da lei, disse: «Rallegrati, piena di grazia, ilSignore è con te». 1,29 A queste parole ella fu molto turbata e si doman-dava che senso avesse un saluto come questo. 1,30 L’angelo le disse:«Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. 1,31 Ecco,concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. 1,32 Sarà gran-

de e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il SignoreDio gli darà il trono di Davide suo padre 1,33 eregnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e ilsuo regno non avrà fine». 1,34 Allora Maria dis-se all’angelo: «Come avverrà questo, poiché nonconosco uomo?». 1,35 Le rispose l’angelo: «LoSpirito Santo scenderà su di te, e la potenzadell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciòcolui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figliodi Dio. 1,36 ed ecco, Elisabetta, tua parente, nel-la sua vecchiaia, ha concepito anch’essa un figlioe questo è il sesto mese per lei, che era dettasterile: 1,37 nulla è impossibile a Dio». 1,38 AlloraMaria disse: «Ecco, la serva del Signore, avven-ga per me secondo la tua parola». E l’angelo siallontanò da lei.

Concedi di venire incontro a te in santitàe purezza di spirito.

«Rallegrati, piena di grazia, il Signore è con te»sono queste le parole che l’angelo Gabriele, man-dato da Dio, rivolge alla Vergine di Nazareth. QuestoAnnunciazione, Lorenzo Lotto,

1527, Recanati.

Annunciazione, Adriaen van de Velde, Oxford

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l’invito in cui vogliamo entrare oggi nella meravigliosa festadell’Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria. Il racconto, che la liturgia ci consegna, è uno dei più notialla memoria di tutti noi: l’annuncio dell’angelo a Maria;non solo perché è l’icona che contempliamo nel primo miste-ro della gioia, nella recita del Rosario, ma anche perchéè la prima parte della preghiera a Maria. Infatti, quando innalziamo a Dio la nostra preghiera, invo-cando l’intercessione della Vergine, diciamo queste anti-che parole, che la tradizione cristiana, fin dal secolo X,ha posto come formula iniziale alla preghiera più cara alpopolo di Dio: «Ave o Maria, piena di grazia, il Signoreè con te». Nel testo originale, come la nuova traduzionegiustamente ha voluto riconsegnare, questo saluto suo-na così : «Chaire kekaritoméne, ho kurios metà sou» cioè«rallegrati , tu che sei stata trasformata dalla grazia di Dio,il Signore è con te». Sono queste allora le parole su cuivorrei fermare l’attenzione della nostra riflessione. Prima fra tutte l’invito alla gioia. Questa prima parola dell’angelo, pur essendo usata negli altri Vangelicome formula di saluto (cfr Mt 26,49; 27,29; Mc 15,18; Gv 19,3), nell’o-pera lucana non si trova più: come la Bibbia greca, l’evangelista Lucaesprime il saluto semitico con la parola «pace» (Lc 10,5; 24,36). Perciòmolti studiosi pensano giustamente che con il termine usato “chaire” inLc 1,28, l’angelo rivolge a Maria un vero invito a rallegrarsi per la venu-ta imminente di Dio non solo nella sua vita, ma anche in quella di tuttoil popolo. Non può questo invito non farci tornare alla memoria il mera-viglioso passo del profeta Sofonia (3,14-16):«Giubila, figlia di Sion, rallegrati, Israele, gioisci ed esulta di tutto cuo-re, figlia di Gerusalemme: il Signore ha cancellato i decreti della tua con-danna, ha sviato altrove il tuo nemico. Il Signore, re d’Israele, è in mez-zo a te, non avrai più da temere la sventura. In quel giorno si dirà a Gerusalemme:«Non temere, Sion, non ti lasciar cadere le mani!», dove la Gerusalemmedel futuro, è invitata a rallegrarsi, perché è finito il tempo delle paure, ilSignore sta in mezzo al suo popolo.Questo e altri passi, dove ritroviamo questo invito legato ai tempi mes-sianici, possono consentire di legger il saluto in Luca come un invito allagioia perché il Signore non ha lasciato solo il suo popolo, ma ha sceltodi stare in mezzo ai suoi. Invito che portiamo con noi, le nostre paure,gli affanni del nostro cammino non sono solo loro a essere presenti per-ché come per la Vergine Maria è la gioia ad avere il primo posto, a esse-re il sentimento da vivere, segno o meglio, effetto di quanto il Signoreha fatto e sta facendo. Quello che opera il Signore, le parole dell’ange-lo lo consegnano subito: è l’espressione “kekaritoméne” che dice qual-cosa di meraviglioso. Abbiamo qui il participio passivo perfetto del ver-bo greco “charitoō”. Appartiene, questo verbo, a quel gruppo di verbi chesono detti fattivi, cioè fa ciò che dice. Questo significa che dovremmo tradurre con: trasformata dalla grazia.Il perfetto esprime una pienezza, che essendo compiuta nel passato,dura ancora oggi e tende a mantenersi nel futuro. Dobbiamo dire, cheil participio è usato come un titolo e appare come un nome nuovo datoa Maria dal messaggero celeste. È questo il primo motivo della gioia perMaria: l’amore di Dio, la grazia di Dio ha pienamente trasformato la Verginechiamata a essere Madre. È quest’amore di Dio, è questa grazia tra-sformante che anche noi possiamo vivere, lasciandoci inondare dalla suapresenza. L’ultima parte del saluto iniziale dell’angelo è una formula chetorna frequentemente nell’Antico Testamento: “Il Signore è con te”. Queste parole, come dice de La Potterie, “non vengono rivolte a qual-siasi persona in qualunque circostanza ordinaria dell’esistenza…L’espressione viene usata solo per persone per le quali Dio ha un pro-getto speciale e che debbono svolgere missioni straordinarie e difficili.Proprio per questo viene promesso l’aiuto di Dio” (POTTERIE de La I.,L’annuncio a Maria (Lc 1,26-38, in Parola Spirito e Vita 6, 55-73). La gioia di Maria ha un fondamento sicuro, il Signore non farà manca-re il suo aiuto per realizzare ciò che è impossibile per gli uomini. Accogliamoanche noi, nella solennità dell’immacolata Concezione, l’invito alla gioiache il Signore fa arrivare fino a noi nella celebrazione dell’Eucaristia.

Non permettiamo che il mondo ci strappi via la speran-za anche dentro di noi il Signore ha posto la sua pre-senza.

III Domenica di avvento /AIs 35,1-6a.8a.10;

Sal 145/146, 6-10;Gc 5,7-10;Mt 11,2-11.

“Accogliamo il vangelo della gioia”

[In quel tempo]11,2 Giovanni, che era in carcere, aven-do sentito parlare delle opere del Cristo, per mezzo deisuoi discepoli mandò a dirgli:11,3 «Sei tu colui che devevenire o dobbiamo attenderne un altro?».11,4 Gesù rispo-se loro: «Andate e riferite a Giovanni ciò che voi uditee vedete:11,5 I ciechi riacquistano la vista, gli zoppi cam-

minano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, aipoveri è annunciato il Vangelo.11,6E beato colui che non trova in memotivo di scandalo!». 11,7 Mentre quelli se ne andavano, Gesù si misea parlare di Giovanni alle folle: «Che cosa siete andati a vedere neldeserto? Una canna sbattuta dal vento?11,8 Allora che cosa siete anda-ti a vedere? Un uomo vestito con abiti di lusso? Ecco quelli che vesto-no abiti di lusso stanno nei palazzi dei re!11,9 Ebbene, che cosa sie-te andati a vedere? Un profeta? Sì,io vi dico, anzi più che un profe-ta.11,10 Egli è colui, del quale sta scritto:Ecco, dinanzi a te io mandoil mio messaggero, davanti a te egli preparerà la tua via.11,11 In veri-tà io vi dico: fra i nati di donna non è sorto alcuno più grande di Giovanniil Battista; ma il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui.

Una domanda sembra emergere dal brano che ci viene consegnato inquesta terza domenica d’avvento: chi attendiamo? Non è semplicementeuna domanda scolastica, di esercitazione, ma scava dentro la nostra vitae orienta il nostro cammino, le nostre scelte, il nostro vivere. La domanda sull’attesa porta Giovanni il Battista a mandare i suoi disce-poli da questo Maestro di Nazareth. Il Messia atteso, predicato e annun-ciato è forse un po’ diverso da questo Gesù, che ha la pretesa di esse-re il Messia promesso, ma che sembra essere molto lontano da comel’immaginario popolare e la stessa predicazione poteva far pensare.Il pericolo di sempre, di attendere un Dio come noi lo immaginiamo e lovorremmo senza accettare un Dio che viene, come lui è, e si fa trova-re, dove lui vuole. È, permettetemi, un pericolo che corriamo sempre,non solo con il Signore, ma anche con chi ci sta accanto. Lasciamoci allora stupire da Dio e dai fratelli, sappiamo accogliere unanovità che se anche non rientra nei nostri schemi porta con sé la bel-lezza dell’originalità dell’Altro. Ecco la novità in cui Cristo chiede di entra-re ai discepoli di Giovanni e a tutti noi: il Messia venuto è il Messia del-la misericordia che si piega sulle piaghe dell’uomo, è il Messia del Vangelorivelato ai piccoli, agli ultimi.Colpisce in questo dialogo che Gesù non risponde direttamente con un’at-testazione esplicita. Egli avrebbe potuto dare a questi uomini una rispo-sta chiara e inequivocabile come darà davanti al sommo sacerdote, duran-te la passione. Invece evita di farlo e offre ai discepoli di Giovanni e anoi ascoltatori di oggi la via che sempre si dovrà percorrere: ascoltaree vedere.Ancora una volta il primato spetta all’ascolto, in continuità conl’impegno del popolo d’Israele. Gesù propone l’ascolto come via prefe-renziale per trovare le risposte, per dissipare i dubbi, per crescere in modoforte nella fede. L’ascolto, non il sentire distratto di molti e di molte cose,è, consentitemi, quel fermare l’attenzione perché quello che l’altro stadicendo è importante … perché l’altro è importante.Ora, però, a questo tu io ci posso arrivare solo se apro il mio ascolto.Invece quanta fatica facciamo non solo ad ascoltare Dio, ma anche adascoltarci … siamo solo ascoltatori di noi stessi, delle nostre idee, deinostri ragionamenti, delle nostre insoddisfazioni.Accanto all’ascolto Gesù pone il vedere: osservare i segni per interpre-

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Giovanni Battista Padova.

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tarli rettamente e riconoscere così come opera il Messia.Proviamo allora a guardare in modo retto e non fermarci a quello cheappare, soprattutto guardare nella totalità e saper scendere in profon-dità. È questa la strada indicata dal Maestro per trovare la risposta alladomanda che Giovanni il Battista fa arrivare a lui attraverso i discepoli:« Sei tu colui che deve venire o dobbiamo attenderne un altro?». Certo è che questa anche la strada che indica a ciascuno di noi per rispon-dere alle nostre domande.La risposta che Gesù dà è quella della via della fede, che iniziando dal-l’attività visibile culmina nel riconoscimento di Gesù come il Messia atte-so, come il Figlio di Dio salvatore. È la via che porta dall’oscurità allaluce, dal segno alla realtà. Chi sa guardare rettamente e interpretare idisegni, soprattutto guardandoli nel loro complesso, non può avere dub-bi. Gesù stesso getta un ponte alla fede poiché: « i ciechi riacquistanola vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, imorti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo» richiama in modochiaro le parole del profeta Isaia (cfr. Is 35,5ss e 61,1ss).Anche a noi, oggi, il Signore chiede di essere attenti, di non lasciare pas-sare, senza fermarli nel nostro cuore, i tanti segni, le tante opere permetterci in cammino e anche noi arrivare alla verità. Anche a noi, però,è chiesto di cogliere i segni nel loro complesso, di saper mettere insie-me, sforzandoci si considerare complessivamente quanto accade intor-no a noi, perché solo così potremmo passare dal dubbio alla fede, dal-le tenebre alla luce. Insegnamento questo che rimane vero quando dal-la vita di fede passiamo alle nostre relazioni con gli altri. Proviamo in questo tempo d’avvento a togliere via l’essere sordi alla Paroladi Dio e alle parole dei fratelli; proviamo a fermare l’attenzione su tutti isegni e non solo su alcuni particolari, e riusciremo anche noi a cammi-nare per arrivare alla verità del tutto … del Cristo, della Chiesa, del fra-tello.

IV Domenica di avvento /AIs 7,10-14;

Sal 23/24,1-6;Rm 1,1-7;

Mt 1,18-24.

“Ecco, la vergine concepirà e darà alla luce un figlio”

1,18 Così fu generato Gesù Cristo: sua madreMaria, essendo promessa sposa di Giuseppe,prima che andassero a vivere insieme si tro-vò incinta per opera dello Spirito Santo.1,19Giuseppe suo sposo,poiché era giusto e nonvoleva accusarla pubblicamente, pensò di ripu-diarla in segreto.1,20 Però. mentre stava con-siderando queste cose, ecco gli apparve in sognoun angelo del Signore e gli disse: «Giuseppe,figlio di Davide, non temere di prendere conte Maria, tua sposa. Infatti il bambino che ègenerato in lei viene dallo Spirito Santo; 1,21Ella darà alla luce un figlio e tu lo chiameraiGesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoipeccati».1,22 Tutto questo è avvenuto perchési compisse ciò che era stato detto dal Signoreper mezzo del profeta:1,23 Ecco, la vergineconcepirà e darà alla luce un figlio: a lui saràdato il nome di Emmanuele,che significa Diocon noi.1,24Quando si destò dal sonno, Giuseppefece come gli aveva ordinato l’angelo del Signoree prese con sé la sua sposa.

In quest’ultima domenica del tempo di avven-to emerge nel racconto, con cui san Matteo ciconsegna la nascita di Gesù, la figura di Giuseppe.Qui l’evangelista lo mette esplicitamente in pri-

mo piano, come Luca mette in primo piano Maria, e ci racconta tutto dalpunto di vista di Giuseppe.Alla fine della genealogia con cui si apre il Vangelo, Giuseppe era sta-to presentato così: « Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria, dal-la quale è nato Gesù chiamato Cristo»(1,16).Giuseppe è presentato come lo sposo di Maria. Anche il nostro brano

rileva che Giuseppe è lo sposo di Maria. Lo “sposo” cui Dio chiede diaccogliere un figlio che lui non ha generato e di amare una donna di cuinon sarà mai sposo nel senso umano del termine. A quest’uomo Dio chie-de di entrare in questo piano di salvezza come sposo e padre senzaesserlo, o meglio diventandolo sposo e padre solo amando. Un amoreche dovrà imparare ad andare oltre, che non è legato alla comunionedi vita, ma che deve donarsi senza pretese e senza attese. È entrarenell’amore divino.Ora, però, Giuseppe deve andare oltre anche per quanto riguarda la giu-stizia. Al v. 19 del nostro brano è detto: « poiché era giusto e non vole-va accusarla pubblicamente, pensò di ripudiarla in segreto». Giusto èl’uomo che adempie con tutto il cuore e con intima gioia la legge, comel’orante del Salmo 119. È l’uomo pio, timorato di Dio, santo. La giustizia spinge Giuseppe a non condannare Maria e a non trasgre-dire la legge. In fondo la soluzione trovata da Giuseppe è una soluzio-ne intermedia. Dio, però, lo invita ad andare oltre il suo essere giusto,lo invita a fidarsi di Lui, che gli parla nella notte, nel profondo di una coscien-za attraversata dal dubbio. Giuseppe sa ancora staccarsi da se ed entra-re nel progetto di Dio che lo porterà ad altezze inimmaginabili. Accogliamo l’invito di Giuseppe ad andare oltre, a non fermarci dentrole nostre piccole cose, dove tutto è visto, letto e giudicato secondo i nostriparametri, che molto spesso nascondono interessi personali e piccolezzed’animo. Lasciamoci afferrare dalla Parola e non temiamo le grandi altez-ze o le nuove vie che il Signore vuole farci percorrere, perché le suesono sempre vie di salvezza, vie di vita … in salita forse, ma semprevie di vita. Ormai mancano manciate di ore alla festa del Natale del Signore,non permettiamo che la commercializzazione di questa festa ci rubi labellezza dell’annuncio che Dio non ci lascia soli, è con noi.La profezia di Isaia contiene un nome, profondo e che ampia approfondiscequanto l’angelo aveva annunciato nel sogno a Giuseppe (vv. 21-23) :«Ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salveràil suo popolo dai suoi peccati». Tutto questo è avvenuto perché si com-pisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: Ecco,

la vergine concepirà e darà alla luce un figlio:a lui sarà dato il nome di Emmanuele, che signi-fica Dio con noi».L’angelo invita Giuseppe a dare a questo bam-bino il nome di Gesù. Possiamo chiederci, che cosa significa questonome? Tradotto dall’ebraico Gesù, vuol dire:Dio è salvezza, Dio è soccorritore e salvato-re, Dio è redentore. Gesù, però, porterà la sal-vezza, la liberazione da una schiavitù assai piùumiliante che quella data dalle catene, la sal-vezza dal peccato, da quel male che arriva atoccare il profondo della tua vita.A questo bambino, che sta per nascere, è datoanche un altro nome: Emmanuele, Dio con noi. La presenza di Dio tra gli uomini è questo il gioio-so annuncio del Natale. Da Cristo la presen-za di Dio tra gli uomini non si realizza più attra-verso un’istituzione, in un luogo, in un casatoparticolare, ma in un uomo, la cui natura è diessere Dio con noi. In lui e attraverso di lui Dio è presente, vienedentro la storia dell’umanità, dentro la mia sto-ria ed io non sarò mai più solo.

*parroco della Cattedrale e docente di Sacra scrittura al PCL di Anagni

Madonna del Segno.

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don Antonio Galati

DDopo aver presentato,la volta scorsa, l’im-portanza di un’inda-

gine storica per comprenderemeglio l’esercizio della caritàda parte della Chiesa, a par-tire da questo articolo si pre-senteranno diverse figure e isti-tuzioni che hanno rappresen-tato, nei secoli, la concretizzazionedell’amore della Chiesa per Dioe per l’uomo. Questa volta siporrà l’attenzione sul fenomenodel martirio, sviluppatosi con lanascita stessa della Chiesa eche, nei diversi contesti stori-ci e geografici, ha rappresen-tato da sempre una costantedella vita ecclesiale. Infatti, ilfenomeno del martirio, tipico manon esclusivo dei primi seco-li di vita della Chiesa, può esse-re considerato come espres-sione di un amore verso Dioche spinge ad essere pronti atutto, ma anche come serviziodi carità per la propagazionedella fede: era convinzione dimolti, infatti, che il sangue ver-sato dai martiri serviva per laconversione dei pagani 1.

Il martirio come espressione di amore vero Dio e verso il prossimo.

Alle origini del cristianesimo il termine “martire”veniva utilizzato per designare gli Apostoli in quan-to testimoni della vita, della risurrezione e ascen-sione al cielo di Cristo 2; in seguito designò tut-ti coloro che attestavano la verità del cristiane-simo e rimanevano saldi in questa loro convin-zione a parole e con la loro vita e, solo dopo,fu riservato a coloro che venivano uccisi duran-te le persecuzioni contro i cristiani a motivo del-la loro fede 3. Quest’evoluzione mostra, quindi, come il mar-tirio passa da essere l’annuncio della fede com-provato dall’esperienza diretta fatta dagliApostoli, a quello comprovato dalla coerenza traciò che si annuncia e ciò che si vive, in forzaanche del coraggio di perdere la propria vita perconfermare quello in cui si crede. Questa disponibilità dei cristiani a dare la vitaper affermare fino alla fine la propria fede in Cristoe, di conseguenza, il rifiuto di ogni stile di vitacontrario a quello evangelico è, in fondo, un attodi amore:- nei confronti di Dio, perché non si ha paura

di confessarlo come Signore unico della propriavita sapendo che questo condurrà alla morte,e ciò è possibile solo perché l’amore verso Dioè più forte della paura della morte stessa;- nei confronti degli altri uomini, perché una fedeforte in Dio si trasforma, necessariamente, in dis-ponibilità e apertura verso l’altro, che Dio vuo-

le che sia salvato, lasciando al cristiano di inter-venire come il buon samaritano evangelico.Evidentemente, la testimonianza di amore ver-so Dio e quella verso l’uomo non sono alternativel’una all’altra, anzi la seconda dipende diretta-mente dalla prima: perciò il martirio è testimo-nianza dell’amore verso Dio che si concretizzanell’amore verso gli uomini, anche a scapito del-la propria vita. Se ciò è vero sempre, è altresìvero che la dimensione della testimonianza finoal dono della vita per amore del prossimo, in for-za della propria fede cristiana, è un fenomenoche viene sottolineato di più nei tempi moder-ni rispetto al passato.Si nota, infatti, che dei primi secoli del cristia-nesimo si ricordano di più i martiri della fede rispet-to a coloro che hanno dato la vita per i gli uomi-ni, i quali, viceversa, sono più conosciuti ai nostrigiorni. Fatto sta che le due dimensioni non pos-sono mai essere scisse l’una dall’altra e a testi-moniarlo è uno dei martiri a noi contemporanei:Shahbaz Bhatti, unico ministro non musulma-no del governo pakistano, responsabile delle mino-ranze religiose e oppositore della legge sulla bla-sfemia, utilizzata dal governo per la repressio-ne delle religioni non musulmane in Pakistan,ucciso, a causa di questo suo interessamento,il 3 marzo 2011: «fu l’amore di Gesù che mi indus-se ad offrire i miei servizi alla Chiesa. Le spaventose condizioni in cui versavano i cri-stiani del Pakistan mi sconvolsero. Ricordo unvenerdì di Pasqua quando avevo solo tredici anni:

ascoltai un sermone sul sacrificio di Gesù perla nostra redenzione e per la salvezza del mon-do. E pensai di corrispondere a quel suo amo-re donando amore ai nostri fratelli e sorelle, ponen-domi al servizio dei cristiani, specialmente deipoveri, dei bisognosi e dei perseguitati che vivo-no in questo paese islamico. […]Tale desiderio è così forte in me che mi consi-dererei privilegiato qualora –in questo mio bat-tagliero sforzo di aiutare i bisognosi, i poveri, icristiani perseguitati del Pakistan– Gesù voles-se accettare il sacrificio della mia vita. Voglio vive-re per Cristo e per Lui voglio morire. Non pro-vo alcuna paura in questo paese. […] Credo che i bisognosi, i poveri, gli orfani, qua-lunque sia la loro religione, vadano considera-ti innanzitutto come esseri umani. Penso che quel-le persone siano parte del mio corpo in Cristo,che siano la parte perseguitata e bisognosa delcorpo di Cristo. Se noi portiamo a termine que-sta missione, allora ci saremo guadagnati un postoai piedi di Gesù ed io potrò guardarlo senza pro-vare vergogna»4.

1 Cfr. TERTULLIANO, Apologetico, cap. 50.2 Cfr. At 1,8.22.3 Cfr. K. BIHLMEYER – H. TUECHLE, Storia della Chiesa, vol. 1, Morcelliana, Brescia 200318, pag. 101s.

4 http://www.cittanuova.it/c/32098/Il_testamento_spirituale_di_Shahbaz_Bhatti.html.

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L’equipe Caritas diocesana

LLa caritas diocesana ha realizzato in occa-sione dell’anniversario di due opere-segno che in questi anni hanno caratte-

rizzato parte del nostro volontariato, “Casa SanLorenzo”, per accoglienza dei detenuti in per-messo e/o per i loro familiari, “Casa Nazareth”,per donne in difficoltà e i loro figli, nella città diArtena un’iniziativa per far incontrare tra di lorole associazioni di volontariato e la caritas stes-sa. La festa del volontariato, “Vola solo chi osafarlo”, del 27 ottobre, è stata pensata per favo-

rire l’incontro con tutti coloro che si occu-pano di volontariato in forme associativeo a livello personale.Il volontariato è una grande risorsa, è unostile di vita da custodire, curare e da rilan-ciare con grande passione…. Abbiamo passato un pomeriggio all’inse-gna del gioco. In piazza i ragazzi del “cari-tas grest” hanno organizzato e realizzatogiochi per tutte le età, ci siamo divertiti conil riciclo della carta e molti canti e bans.Le associazioni e i vari volontari hanno par-tecipato alla gara dei dolci portando un dol-

ce e con una giuriaabbiamo premiato i pri-mi tre dolci più buoni.Tutta la giornata è sta-to un incontro e ogniassociazione si è mes-sa in gioco facendo-si conoscere e spie-gando le finalità del pro-prio servizio.Questa grande festain piazza ha visto la par-tecipazione di: ProgettoPolicoro; Presidio diLibera – Colleferro;Ufficio Missionario

Diocesano; Protezione Civile di Artena; AUSERdi Velletri; Croce Rossa di Valmontone; A.Ge diValmontone integrata nella parrocchia diSant’Anna di Valmontone; Arci di Artena; Ass.una stella per Artena; gruppo Ismaele diArtena; liceo G. Marconi di Colleferro; associazioneteatrale Start-up di Landi; Ass. padre Alvaro DiCori di Artena; sbandieratori e musici di Artena;Operazione Matogrosso di Velletri.A conclusione della festa abbiamo cenato insie-me e continuato a festeggiare con balli di grup-po. Siamo felici che nella nostra diocesi ci sonopersone che hanno la consapevolezza che insie-me si può collaborare per un mondo migliore eper non sentirsi soli.

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Don Dario Vitali*

IIl terzo articolo del Credo professa la fede nello Spirito santo. La for-mulazione risulta scarna e quasi laconica rispetto alla formulazionedel dogma cristologico. Mentre gli articoli sul «Signore Gesù Cristo,

Figlio di Dio» articola un quadro che abbraccia tutta la storia della sal-vezza, dalla preesistenza del Verbo alla sua Incarnazione, dal mistero pas-quale di morte e resurrezione fino al ritorno ultimo nella gloria, l’articolosullo Spirito si limita ad asserire: «Credo nello Spirito santo, che è Signoree dà la vita, e procede dal Padre e dal Figlio. Con il Padre e il Figlio èadorato e glorificato e ha parlato per mezzo dei Profeti». Se si conside-ra che l’affermazione secondo cui lo Spirito «procede dal Padre e dal Figlio»è un’aggiunta tarda della tradizione latina, si capisce quanto l’articolo silimiti all’essenziale. Ancora più stringato il Simbolo detto «degli Apostoli»,proposto come seconda formula da proclamare nella liturgia festiva, cometutti i simboli della fede più antichi, i quali si limitano ad enunciare: «Credonello Spirito santo».Una differenza così rilevante pone la questione, se il terzo articolo del Credosia breve, perché lo Spirito è il grande Sconosciuto, come risulterà poinella teologia e nell’esperienza ecclesiale, soprattutto dell’Occidente lati-no; oppure è tale, perché la fede nello Spirito risultava tutto sommato paci-fica e non aveva dato luogo a troppe discussioni dottrinali, come era inve-ce avvenuto per il dogma cristologico? Di solito si propende per la primaipotesi; ma pure quanti sostengono la seconda si limitano a rilevare chele questioni sullo Spirito trovano attenzione solo dopo che la fede cristo-logica aveva conosciuto una completa sistematizzazione; quasi che, esau-rito un argomento, si passasse a un altro. In realtà, questa idea è assaidebole, perché l’articolo sullo Spirito non manca mai nei Simboli della fede,anche in quelli più antichi, e costituisce il punto di ancoraggio di tutti gliarticoli a seguire: sulla Chiesa, sulla comunione dei santi, la remissionedei peccati, la resurrezione della carne e la vita eterna; come a dire chetutta la vita cristiana – personale ed ecclesiale – risulta incomprensibilesenza l’azione dello Spirito che dà la vita.D’altra parte, in questa direzione già orientava il principio soteriologico,di cui già si è detto illustrando il processo di formazione della fede cri-stologica: se è salvato solamente ciò che Dio ha realmente assunto, ilpostulato irrinunciabile era che il Verbo sifosse realmente fatto uomo, e – correlati-vamente – che l’uomo Gesù fosse realmenteDio. Questa posizione la Chiesa ha sem-pre difeso, reagendo a qualsiasi tentativodi mettere in questione l’identità di Cristo,tanto sul versante della divinità che dell’umanità.Tuttavia, non si è rimarcato a dovere comelo sviluppo della dottrina cristologica dipen-da da quella cristologica e non viceversa.L’affermazione potrebbe risultare, a più diqualcuno, eccessiva e bizzarra. Ma biso-gna rammentare che i punti in discussio-ne da subito nella Chiesa non hanno riguar-dato lo Spirito, ma Gesù di Nazareth: comefosse possibile che un morto potesse risor-gere; o che un uomo nato da donna fos-se Figlio di Dio; e quindi, come fosse pos-sibile che un uomo fosse Dio. Paradossalmente – ma del tutto linearmente,secondo la logica di Dio – tutte queste doman-de trovano soluzione nella presenza e azio-ne dello Spirito prima nella vita di Cristo e

poi nella vita della Chiesa. Tale aspetto già si poteva cogliere nel prin-cipio soteriologico, sempre ripreso e ribadito prima dei grandi concili cri-stologici per affermare la divinità di Cristo: la vita nuova dei battezzati oera tanto grande – divina! – che non poteva essere unicamente un uomoa donarla. A ben vedere, però, la misura della divinizzazione dell’uomo in Cristo eralo «Spirito datore di vita», donato dal Messia e Signore innalzato alla destradel Padre. Ora, proprio questa semplice verità mostra come, nella for-mulazione della fede cristiana, il punto fermo non sia la cristologia, mala pneumatologia. Dove sta, infatti, la prova che Cristo è il Messia e Signore?Come giustifica la giovane Chiesa, dopo la Pasqua, che la resurrezionedi Gesù non è una menzogna – o una proiezione dei suoi discepoli – maun evento realmente avvenuto? Che cosa sostiene l’annuncio dei disce-poli? Certo, non basta il sepolcro vuoto! Nemmeno il fatto che i discepo-li abbiano mangiato con lui costituisce una prova incontestabile: si trattadi indizi che consegnerebbero la fede cristiana a un dubbio lacerante, senon fosse che i racconti di resurrezione rimandano allo Spirito e alla suaazione potente nel mondo.Non è qui possibile illustrare diffusamente come i testi del Nuovo Testamentomostrino la presenza e l’azione dello Spirito nella vita di Gesù: i Padri del-la Chiesa svilupparono quella che va sotto il nome di “teologia dell’un-zione”, spiegando l’identità di Gesù di Nazareth come l’Inviato di Dio, l’Unto,il Signore, il Figlio, in forza dello Spirito che abitava in lui in pienezza. Questaidea la si può capire alla luce di At 10,38, secondo cui «Dio consacrò (unse)con Spirito santo e potenza Gesù di Nazareth, il quale passo sanando ebeneficando tutti coloro che stavano sotto il potere del diavolo, perchéDio era con lui». Si capisce l’importanza di questa idea, quando si pen-si che lo Spirito non dimorava nei giusti del Primo Testamento – i Giudici,i Re, i Profeti – ma sopra di loro, per il tempo della loro missione: la pre-senza stabile in Gesù dice la sua condizione di Inviato, di Messia di Dio.Si può dire, in altre parole, che i primi Padri dicono attraverso l’inabita-zione dello Spirito in Gesù quello che i grandi concili affermeranno conun linguaggio più concettuale, che Gesù Cristo è Dio da Dio, unigenitodel Padre, generato e non creato, della stessa sostanza del Padre. Questoè stato possibile non solo perché Gesù ha lo Spirito, ma perché Gesù dàlo Spirito: «Ricevete lo Spirito santo», dice Gesù ai discepoli riuniti nel

cenacolo (Gv 20,22). E questo spiega per-ché gli apostoli domandassero a quantivenivano alla fede un battesimo nel nomedi Gesù. La richiesta già risuona nel gior-no di Pentecoste: «Convertitevi e ciascunosi faccia battezzare nel nome di Gesù Cristo,per il perdono dei vostri peccati, e rice-verete il dono dello Spirito santo» (At 2,38).Gli esegeti si arrampicano sugli specchiper descrivere la differenza tra il batte-simo nel nome di Gesù, il battesimo nel-lo Spirito e il battesimo nel nome del Padre,del Figlio e dello Spirito. In realtà, se l’ul-tima formula attesta una prassi liturgicaormai consolidata nella Chiesa verso lafine del I secolo, le altre due formule sonodel tutto sovrapponibili e costituiscono laprova dell’identità messianica di Gesù ela conferma che egli sia risorto. Come sipotrebbe invocare il dono dello Spirito nelnome di Gesù, se egli fosse un morto?E come potrebbe un morto dare lo Spirito?Ma se invocando il Nome di Gesù si rice-

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Mons. Franco Risi

AAl termine dell’Anno della Fede appenatrascorso, ho creduto opportuno di con-dividere con voi i punti che più mi han-

no colpito della Lettera Enciclica Lumen Fidei dipapa Francesco. Il nuovo Pontefice, con atto digrande umiltà, ha precisato che il documento èstato scritto “a quattro mani”, poiché egli ha ere-ditato parte di un lavoro già compiuto daBenedetto XVI.L’Introduzione mette subito in evidenza il valo-re positivo della fede, riportando le paroledell’Evangelista Giovanni: «Io sono venuto nelmondo come luce, perché chiunque crede in menon rimanga nelle tenebre» (Gv 12,46). La fedepossiede un carattere singolare capace di illu-minare tutta l’esistenza umana, proprio perchéessa non proviene dall’uomo, ma da Dio «ha persorgente Cristo e per canale il magistero dellaChiesa» (Paolo VI, Udienza generale 1977). Inquesta prospettiva, la luce della fede risulta esse-re in assoluta armonia con quella della ragionee in effetti la Chiesa non presuppone mai la fedecome un fatto scontato, ma è consapevole chequesto dono di Dio deve essere accolto e fattofruttificare per raggiungere la meta ultima dellavita umana: l’incontro con l’Assoluto.Il primo capitolo della Lettera Enciclica è incen-trato su il tema dell’Amore. L’invito ad amarsi vicen-devolmente trova fondamento e motivazione nel-lo stesso amore di Dio e il credente quindi, seha fede, ha fiducia nell’amore di Dio, proprio come

sottolinea il titolo di questo capitolo: “Abbiamocreduto all’amore” (Gv 4,16). Comprendiamo che la fede cristiana è fede nel-l’amore pieno e nella sua capacità di trasformareil mondo: il Papa ricorda, infatti, che la nostra nonè fede in “qualcosa”, ma in “Qualcuno”, cioè nel-la persona vera di Gesù Cristo, il quale è espres-sione piena e autentica dell’amore di Dio. Essa,allora, non è chiusura rispetto alle realtà della vita,ma apertura nei confronti dei bisogni del mon-do, poiché trae forza dalla relazione verso Dio,per poi riversarsi in quella verso gli altri. Non c’è relazione personale autentica che noncomporti l’amore. Basti pensare ai tanti perso-naggi biblici (come Abramo e Mosè) che hannoattuato questa relazione d’amore con Dio per ilbene del popolo di Israele.Il secondo capitolo dell’Enciclica, “Se non cre-derete non comprenderete” (cfr. Is 7,9), ci invi-ta a credere che la vera verità è Gesù Cristo, Figliodi Dio nostro Salvatore. In questa prospettiva,al n. 27, il Papa ci esorta a ricercare la verità «quel-la che offre significato ai nostri passi, ci illumi-na quando siamo toccati dall’amore. Chi ama capi-sce che l’amore è esperienza di verità […] in unio-ne con la persona amata». Questa verità, vin-colo solido, ricercata dall’uomo corrisponde allapromessa di amore che Dio fa all’uomo stessoper il suo bene e per la sua salvezza; in propo-sito ci illuminano le parole di Sant’Agostino: «l’uo-mo fedele è colui che crede in Dio che promet-te; il Dio fedele è colui che concede ciò che hapromesso all’uomo».

Comprendiamo dunque che la fede ci aiuta a ricer-care sempre la verità nella riflessione sulla Paroladi Dio, nell’Eucaristia e nella guida della Chiesa;solo in questo modo, credendo in Dio comprenderemoil suo progetto salvifico per l’umanità.Il terzo capitolo, “Vi trasmetto quello che ho rice-vuto” (cfr. 1Cor 15,3), è conseguenza dei primidue: se infatti credo all’Amore e l’ho incontrato,certamente poi sentirò il bisogno di trasmetter-lo agli altri. La Chiesa continua la missione di Gesùe ognuno di noi è chiamato a diffondere nel mon-do la Verità affidata da Cristo alla Chiesa, in par-ticolare l’integrità della fede, i sacramenti e il Decalogo.Cerchiamo di lasciarci guidare dalla Chiesa cheè depositaria della Verità della nostra fede e, inquanto tale, ne anche è madre, garantisce la nostraappartenenza al corpo mistico di Cristo che affi-da al mondo e alla storia la propagazione del suoannuncio di salvezza. In tale prospettiva risultafondamentale affidare la nostra vita di credentiall’effusione dello Spirito Santo, unico Consolatore,in grado di renderci fedeli all’insegnamento del-la Chiesa e alla sua vocazione missionaria peril bene del mondo.Il capitolo quarto infine, “Dio prepara per loro unacittà” (cfr. Eb 11,16), ci dice che la fede è un beneper tutti, un bene che illumina, oltre che le sin-gole esistenze, anche la vita sociale: essa, infat-ti, in quanto Verità unica per tutti, crea vincoli diamore e di fraternità nella vita della Chiesa a van-taggio dell’umanità. Si tratta di una predisposi-zione all’unità che si contrappone visibilmente alrelativismo etico del nostro tempo, tante volte denun-ciato dal Magistero di Benedetto XVI. Per questo papa Francesco ha messo in evidenzache la fede valorizza la ricchezza delle relazio-ni umane, non allontana dal mondo e non risul-ta estranea all’impegno concreto dei nostri con-temporanei, poiché, se è congiunta all’Amore, cirende capaci di relazioni autentiche e profonde,in particolare verso i poveri. Il Papa ci ha volu-to indicare che la fede, bene universale, può aiu-tarci ad edificare la nostra società verso un futu-ro di speranza.L’Enciclica si conclude con un immancabile affi-damento alla Santa Madre di Dio: “Beata te chehai creduto” (Lc 1,45): con una preghiera a leirivolta il Papa affida a Maria, madre della Chiesae della nostra fede, l’intera umanità:«Aiuta, o Madre, la nostra fede! […] Aiutaci a

lasciarci toccare dal suo amore, perché possia-mo toccarlo con la fede. Aiutaci ad affidarci pie-namente a Lui, a credere nel suo amore, soprat-tutto nei momenti di tribolazione e di croce, quan-do la nostra fede è chiamata a maturare. Seminanella nostra fede la gioia del Risorto. Ricordaciche chi crede non è mai solo[…]».

ve lo Spirito, questo significa che non solo egli è vivo, ma è il Signore glo-rificato alla destra del Padre, il Primo e l’Ultimo e il Vivente (Ap 1,18). E significa pure che il sepolcro era vuoto perché Egli era veramente risor-to, e che veramente i discepoli lo hanno visto, pur senza riconoscerlo, per-ché la sua esistenza è nell’ordine dello Spirito, non più della carne: eglinon è più soltanto «un essere vivente, ma Spirito datore di vita» (cfr 1Cor15,45). Diventa chiaro a questo punto come – e perché – Gesù dica chelo Spirito «vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà ciò che ho detto» (Gv 14,26):

è «lo Spirito della verità» che egli, una volta glorificato, invierà dal Padre,in modo che «vi guiderà alla verità tutta intera», perché «prenderà del mioe ve lo annuncerà» (Gv 16,13s). Non è stata la dottrina pneumatologica a farsi chiara alla luce della cri-stologia, ma, al contrario, la fede cristologica a dipanarsi a partire dallasemplice verità che un morto non può dare lo Spirito.

*Docente Ordinario alla P.U.G. di Roma

segue da pag. 15

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Don Gaetano Zaralli

NNon frequento santuari,ma quando nei giornidi vacanza mi capita di

visitare chiese normali con nor-mali suppellettili, mi attardo a con-siderare il meccanismo semprepiù moderno che si nascondenei trespoli delle “candele voti-ve”. Lo dico vergognandomi: lacosa mi diverte. Senza mettere l’offerta, spingobottoncini qua e là e nello spa-zio di pochi minuti, dinanzi ai vari altari di santi e di madonne, si fa unvivace chiarore di lumi. Ricordo con quanta forza cercò di convincer-mi il commesso viaggiatore, mandato dalla fabbrica di candele finte,ad acquistare per le mie Madonne almeno uno di quegli aggeggi: “Vede padre, manterrà pulito il pavimento della sua chiesa dalle mac-chie di cera e avrà il vantaggio di spendere pochi centesimi di correnteelettrica per un incasso sicuro che supererà le centinaia…”. Non se ne fece nulla e il buon padre di famiglia, che cercava di arro-tondare lo stipendio vendendo candele finte, richiuse il suo depliant guar-dandomi preoccupato: non riusciva, poverino, a convincersi della miastupidità. In verità ho sempre rifiutato la via del facile guadagno sfrut-tando la devozione della povera gente, tanto che dei quattro cande-lieri multipli, corredo una volta della chiesa, ne salvai uno solo piaz-zandolo dinanzi a S. Giuseppe. Ora anche quello ho messo in soffitta. Le candeline che mettevo in queltrabiccolo erano le “votive 20x1 cm”, cioè le più economiche nel set-tore, ma anche le più costose, rispetto ai lumini da cimitero che fumi-gano devoti dinanzi ad altri altari di altre chiese… Non chiedetemi i margini di guadagno che ne ricavavo: ogni settima-na raccoglievo solo pochi spiccioli dal cassettino che abitualmente lascia-vo aperto per i ladruncoli che volentieri ne approfittavano. Il ragazzo che viene alla sera per la cresima mi ha confidato con uncerto rossore che, da quando ha raggiunto la laurea, non ha più acce-so candeline dinanzi al santo che lo accompagnava il giorno degli esa-mi. Mi ha chiesto serio: “E’ venuta meno la mia fede, o quella non erafede autentica?”. Della fede che si manifesta con richiesta esplicita di favori ce n’è anco-ra tanta tra i cristiani e col proliferare dei santi sembra addirittura chela si voglia incrementare ancor più, come se le nuove generazioni, pri-ve di una struttura solida nelle convinzioni, dovessero aver bisogno diuno schermo più esteso di protezioni celesti. Come educatore di coscienze mi son trovato dinanzi ad un bivio: toglie-re candelieri e candeline, proiettando così l’attenzione dei fedeli ver-so una fede più adulta, o lasciare che la cera bruci ancora, là dove l’u-mile segno di devozione si confonde, purtroppo, con l’interesse mate-riale del parroco?

C’era un altro signore che ditanto in tanto veniva a farmivisita. Anche lui ha famiglia,anche lui vende candele, quel-le vere, però, quelle di cera;anche lui mi guardava dispe-rato, non per la mia stupidi-tà, ma per il misero smerciodel prodotto che gli assicu-ravo. Probabilmente questo è il segnoevidente che molta gente puòugualmente pregare e chie-dere favori, senza per altrospendere dei soldini… E il parroco può stare tran-

quillo perché, senza innescare l’equivoco tra la devozione dei fedeli ei suoi interessi, racimolerà comunque le piccole offerte che gli permetterannodi accomodare il tetto della chiesa.

Enrico è il nome di un ragazzo che all’età di 16 anni fu travolto dauna macchina mentre col motorino tornava a casa. Ogni anno i fami-liari facevano celebrare una santa messa in suo suffragio; ogni annola mamma veniva all’appuntamento portando con sé una lettera. Lei ha solo la quinta elementare e, mentre mi porgeva il foglio pie-gato in quattro che avrei dovuto leggere dopo il Vangelo, si scusa-va per gli errori di ortografia. Eccovene un esempio:“In un periodo particolare della mia vita credere in Dio è stata la

mia ancora di salvezza, ma non so se il mio modo di intendere lafede sia quello giusto, perché a volte, nonostante tutto, mi sentosola. Dio ci ha promesso il paradiso, la vita eterna, ma il camminoda affrontare è lungo… troppo lungo. Caro Enrico, io credo che il mondo in cui tu vivi sia avvolto da unagrande luce, mai vista qui sulla terra, e, se chiudo gli occhi, ti vedosorridere. Mi piace pensare che mi prendi per mano e mi accom-pagni nel cammino che ancora mi separa da te... Enrico, vorrei tanto poterti raggiungere, spero che Dio nella sua infi-nita bontà voglia farci incontrare un giorno… Vorrei abbracciarti for-te forte anche solo per un attimo… Mamma.”

Alla fine della messa chiedevo di poter trattenere quei fogli per con-servarli tra le cose preziose. Tanti pezzi di carta che, messi insieme,fanno un libro; tanti frammenti di fede che, raccolti nel calore del cuo-re, fanno la speranza di una mamma.Ci salutavamo dopo la messa con gli occhi di lei che, ancora umidi dipianto, scrutavano i miei come per avere una conferma… tra le maniil foglio piegato in quattro. Una gran luce la fede di quella donna anchese le candeline davanti a San Giuseppe restavano spente.

Nell’immagine del titolo: Luminaria di San Domenico a Praiano.

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a cura di Stanislao Fioramonti

ANNO 2012 I martiri sono stati 12, 10 sacerdoti, una religiosae una laica; nella maggior parte sono state vit-time di rapine a mano armata in zone ad altotasso di criminalità.I luoghi del martirio: 6 in America, 4 in Africa e2 in Asia.Uno dei sacerdoti uccisi è italiano, il fidei donumdon LUIGI PLEBANI (nella foto sotto), 65 anni,

di Rudiano (BS), assassinato a Rui Barbosa, Brasile,il 29 aprile. Lo abbiamo già ricordato su Ecclesìa in cam-mino nel numero di Luglio-Agosto 2012.

Tra le altre vittime suor LILIANE MAPALAYI,della Congregazione delle Suore della Carità diGesù e Maria, economa in un liceo della suacongregazione a Kananga (Repubblica

Democratica del Congo, pugna-lata da un ladro nel suo ufficio.

Il più giovane, don EDUARDOTEIXEIRA (nella foto a destra), sacer-dote brasiliano di 35 anni, è sta-to derubato e ucciso a colpi di pisto-la da due uomini a Novo Hamburgo,nello stato del Rio Grande do Sul.

Don ANASTASIUS NSHERENGUZI,43 anni, sacerdote tanzaniano del-la diocesi di Kayanga, dopo avercelebrato i riti della Passione il VenerdìSanto, mentre tornava ha incon-trato due giovani che litigavano ecercando di separarli è stato col-

pito al capo con una pietra.

La laica filippina CONCHITA FRANCISCO, 62anni, vedova e madre di due figli, animatrice del-la chiesa locale, è caduta sotto i colpi di pisto-la di alcuni attentatori non identificati, davantialla cattedrale di Bongao, nel sud delle Filippine.(da un articolo di Andrea Galli su Avvenire del30 dicembre 2012).

Il 3 maggio infine p. VALENTIM EDUARDOCAMALE (nella foto sotto), mozambicano di 49anni, missionario della Consolata, è caduto duran-te una rapina alla missione di Liqueleva, peri-feria di Maputo capitale del Mozambico.

Accanto ad essi vanno ricordate le vittime del-le persecuzioni anticristiane, che secondo quan-to dichiarato a Radio Vaticana il 26 dicembre2012 dal sociologo Massimo Introvigne, coor-dinatore dell’Osservatorio della libertà religiosain Italia, quest’anno sarebbero state 105 mila,una ogni 5 minuti! Le aree più a rischio sono risultate i Paesi a regi-me totalitario di stampo ateistico-marxista,come la Cina o la Corea del Nord; quelli connazionalismi etnici induisti e buddisti, come l’India;e quelli segnati dall’estremismo e dal fondamentalismoreligioso islamico, come la Nigeria o il Mali inAfrica, il Pakistan in Asia. Pertanto, ha concluso Introvigne,”la persecuzionedei cristiani è oggi la prima emergenza mondialein materia di violenza e discriminazione religiosa.Non vi è alcuna altra fede che sia così combattuta,sino al tentativo di genocidio in massa dei suoiaderenti”.

ANNO 2013L’agenzia di stampa missionaria “Fides” pubblical’elenco completo dei missionari caduti nell’an-no proprio alla fine del mese di dicembre; dal-le note giornalistiche conosciute possiamoperciò anticipare solo due nomi, lasciando glialtri a comunicazioni future e alla bontà divina:- 24 aprile, Port au Prince (Haiti),

p. RICHARD E. JOYAL (nella foto sotto), 62anni, canadese, della Società di Maria, assas-sinato a colpi di pistola da un gruppo di perso-

ne che voleva derubarlo;- 9 ottobre, Oguashi-Okwu (Nigeria),

AFRA MARTINELLI (nella foto sotto), volontarialaica italiana di 78 anni originaria di Ciliverghe(Brescia), aggredita a colpi di machete il 26 set-tembre nella sua casa a a Oguashi-Okwu, cit-

continua nella pag. accanto

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I SANTI DELL’ANNO

DELLA FEDE / 11

Stanislao Fioramonti

LAURA (Laurita) di Santa Caterina MONTOYA UPEGUI, colombiana (1874-1949),fondatrice (1914) delle suore “Laurite” (Missionariedi Maria Immacolata e di S. Caterina da Siena)per l’insegnamento scolastico soprattutto agli indios

ma anche agli afro-discendenti e alle altre cate-gorie di emarginati della società. Prima beata colom-biana (25 aprile 2004) è stata canonizzata da papaFrancesco il 12 maggio 2013.“Santa Laura Montoya è stata strumento di evan-gelizzazione prima come insegnante e poi comemadre spirituale degli indigeni, ai quali infuse spe-ranza, accogliendoli con l’amore appresoda Dio e portandoli a Lui con una effica-cia pedagogica che rispettava la loro cul-tura e non si contrapponeva ad essa. Nella sua opera di evangelizzazione MadreLaura si fece veramente tutta a tutti, secon-do l’espressione di san Paolo (cfr 1Cor 9,22).Anche oggi le sue figlie spirituali vivono eportano il Vangelo nei luoghi più reconditie bisognosi, come una sorta di avanguar-dia della Chiesa. Questa prima santa nata nella bella terracolombiana ci insegna ad essere genero-si con Dio, a non vivere la fede da soli -come se fosse possibile vivere la fede inmodo isolato -, ma a comunicarla, a por-

tare la gioia del Vangelo con la parola e la testi-monianza di vita in ogni ambiente in cui ci tro-viamo. In qualsiasi luogo in cui viviamo, irradiare que-sta vita del Vangelo! Ci insegna a vedere il vol-to di Gesù riflesso nell’altro, a vincere indifferenzae individualismo, che corrodono le comunità cri-stiane e corrodono il nostro cuore, e ci insegnaad accogliere tutti senza pregiudizi, senza dis-criminazioni, senza reticenze, con amore since-ro, donando loro il meglio di noi stessi e soprat-tutto condividendo con loro ciò che abbiamo dipiù prezioso, che non sono le nostre opere o lenostre organizzazioni, no! Quello che abbia-mo di più prezioso è Cristo e il suo Vangelo”.

ANASTASIA GUADALUPE (Lupita)GARCIA ZAVALA, messicana (1878-1963),visse la persecuzione anticattolica del 1911-36; fondò le Serve di S. Margherita Mariae dei Poveri, per l’assistenza dei malatinell’ Ospedale da lei fondato. Morì aGuadalajara. Beatificata anch’essa da GiovanniPaolo II nel 2004.“La fedeltà dei martiri fino alla morte e laproclamazione del Vangelo a tutti si radi-cano, hanno la loro radice nell’amore diDio effuso nei nostri cuori per mezzo del-lo Spirito Santo (cfr Rm 5,5), e nella testi-monianza che dobbiamo dare di questoamore nella nostra vita quotidiana. Santa María Guadalupe García Zavala lo sape-va bene. Rinunciando a una vita comoda – quan-to danno arreca la vita comoda, il benessere; l’”imbor-ghesimento” del cuore ci paralizza –, rinuncian-do a una vita comoda per seguire la chiamatadi Gesù, insegnava ad amare la povertà, per poter

amare di più i poveri e gli infermi. Madre Lupita si inginocchiava sul pavimentodell’Ospedale davanti agli ammalati e agliabbandonati per servirli con tenerezza e compassione.E questo si chiama: “toccare la carne di Cristo”.I poveri, gli abbandonati, gli infermi, gli emargi-nati sono la carne di Cristo. E Madre Lupita toccava la carne di Cristo e ciha insegnato questo modo di agire: non vergo-gnarsi, non avere paura, non provare ripugnan-za a “toccare la carne di Cristo”! Madre Lupita aveva capito che cosa significa que-sto “toccare la carne di Cristo”. Anche oggi le sue

figlie spirituali cerca-no di riflettere l’amoredi Dio nelle opere dicarità, senza rispar-miare sacrifici e affron-tando con mitezza, conperseveranza apo-stolica (hypomonē),sopportando concoraggio qualunqueostacolo.Questa nuova Santamessicana ci invita adamare come Gesù ciha amato, e questocomporta non chiu-dersi in se stessi, neipropri problemi, nel-

le proprie idee, nei propri interessi, in questo pic-colo mondo che ci arreca tanto danno, ma usci-re e andare incontro a chi ha bisogno di atten-zione, di comprensione, di aiuto, per portagli lacalorosa vicinanza dell’amore di Dio, attraver-so gesti di delicatezza, di affetto sincero e diamore.

tadina di 30mila abitanti a circa 400 kmdalla capitale Lagos. Era in Africa, nella regione del delta delfiume Niger, da 30 anni per collaborarecon la Chiesa locale e aveva fondato inNigeria il centro Regina mundi per la for-mazione giovanile: proprio per rubare ilmateriale informatico del centro gli aggres-sori l’hanno più volte colpita. Portata in ospedale, è deceduta dopo 12giorni di agonia.

segue da pag. 18

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Vincenzo Legge

IIl giorno 20 ottobre 2013,con la messa delle ore 10:30,celebrata solennemente

da mons. Vincenzo Apicella,vescovo della diocesi Velletri-Segni, ha avuto inizio nella nostraParrocchia, la visita pastorale.Alla messa celebrata in formasolenne, ha partecipato il pro-vinciale dei francescani, essen-do la nostra una parrocchia fran-

cescana, coadiuvato dai confratelli, P.Oliveiro e P. Paolo, con la presenza anchedi P. Angelo Ferrazza, nostro compaesano,missionario nello Zambia.

Nell’omelia il vescovo ha tracciato le fina-lità e lo scopo della sua visita Pastorale, ricor-dando che questa sua visita non è ne unavisita di cortesia ne una visita di ispezio-

ne, ma è l’incon-tro del pastore conil suo gregge,per conoscerlepiù da vicino. E’ Gesù che va avisitare le suepecore per inci-tarle, per inco-raggiarle e per rin-novare ad esse ilsuo infinito soste-gno e la sua fidu-cia.I fedeli sono accor-si numerosi perunirs i a l suovescovo, per poter

trascorrere insieme momenti di preghierae di condivisione, ascoltando con piacerele sue parole.Molti sono stati anche i colloqui personali,

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nei quali ognuno ha potuto esprimere per-sonalmente il suo pensiero e raccontare lesue realtà quotidiane.La visita Pastorale è proseguita con la visi-ta agli ammalati, in modo particolare allacasa dei riposo “Maria Lilia” dove vivono cir-ca quaranta anziani della nostra città. Bellissimo è stato l’incontro con le scuolesite nel territorio della nostra parrocchia, doveè stato accolto dai presidi e dagli insegnanticon grande rispetto e gioia.I bambini della scuola “Dante Alighieri” han-no preparto dei canti di accoglienza; è sta-to bello e simpatico vedere i più piccoli can-tare e mimare le canzoni mentre il vesco-vo si improvvisava direttore del coro.Bella ancora è stata l’accoglienza fatta dal-la scuola media “Leonardo da Vinci” checon la loro orchestra, i ragazzi, han-no suonato vari brani musicali, non sen-za interloquire con il vescovo su temiinerenti la loro età.Lungo e interessante è stato l’incontrocon gli alunni dell’istituto ”Cannizzaro”,dove studiano ragazzi già maggioren-ni, il loro colloquio con il vescovo si èsvolto su temi attuali.Grande era l’attesa per l’incontro coni vari gruppi e non è andata delusa, per-ché massiccia è stata la partecipazio-ne. Nutrita e interessante è stato l’in-contro con il gruppo sportivo della cit-tà, a cui hanno partecipato gruppi di variediscipline sportive. Il gruppo sportivo del calcio ha regalatoal vescovo una maglia con i colori del-la loro squadra. Ad essi il vescovo ha ricordato che losport è un bene educativo, in cui biso-gna mettere impegno e fatica, e deve

essere praticato con lealtà e rispetto delleregole.All’incontro con il vesco-vo si sono alternati poitutti i vari gruppi par-rocchiali.Hanno partecipato all’in-contro il gruppo di SanP. Pio, de l l ’O.F.S., diGesù Risorto, Caritas eC.A.V., Consiglio Pastorale,Catechisti, Lettori, MinistriStraordinari, e cori par-rocchiali, che nella nostraparrocchia sono benquattro.Il vescovo si è informato

sulla composizione e sul-l’operato di ogni grup-po. A tutti ha dato con-sigli e incitamento a pro-seguire nel cammino diservire Dio, ognuno nel-lo stato In cui è stato chia-mato, specialmente oggiche con la diminuzione dei sacerdoti,sempre più i laici sono chiamati ad opera-re nella chiesa con più responsabilità.Occorre però di essere preparati median-te corsi di formazione, a cui tutti sono chia-mati a partecipare.Al termine della visita la comunità parroc-chiale ha donato al vescovo una icona di“Madonna con Bambino” opera di FernandaMolle. Al termine della visita un pensiero eun saluto di auguri va al nostro parroco P.Antonio, ricoverato in ospedale, perché tor-ni presto fra di noi.

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DDa domenica 27 ottobrea giovedì 31 la Parrocchiadi San Gioacchino a

Colleferro Scalo ha vissuto la pre-senza del Vescovo in VisitaPastorale.La Comunità cristiana di SanGioacchino è piccola rispetto alleParrocchie centrali. E tuttavia è

una realtà ecclesiale dotata di una sorprenden-te vivacità. Storicamente, Colleferro parte dalloScalo. E parte precisamente contrassegnato daquella che sarà la sua caratteristica: città indu-striale, città del lavoro, città operaia. Infatti, tut-to inizia con uno stabilimento (precisamente unoZuccherificio), sorto nei pressi della stazione diSegni-Scalo. Pio IX nel 1869 (era ancora re del-lo Stato Pontificio) aveva realizzato la ferrovia eaveva voluto nelle stazioni principali venisse cele-brata alla domenica una Messa. La Stazione e lo Stabilimento avevano portato unpo’ di gente; e allora, come scrive il Vescovo nel-la sua lettera che qui sotto riportiamo e come reci-ta l’Opuscolo preparato dai giovani per la Visita

Pastorale, nel 1899 si iniziò a pensare e poi pianpiano a realizzare la nuova chiesa, chiesa chefu in seguito dedicata a San Gioacchino, e chefu inaugurata nel 1923. Il Vescovo Mons.Sinibaldi aveva nominato il 20.2.1919 donCamillo Cavallucci Cappellano Curato di SegniScalo. Ricordiamo che sempre nel 1899 era pas-sata per la nostra Stazione una bambina con i

suoi genitori e quattro fratellini era MARIA GORET-TI, la santa martire; la Parrocchia ha posto recen-temente, a memoria, una lapide nella Sala d’a-spetto della Stazione di Colleferro.

Cadeva dunque quest’anno il 90º anniversariodella Chiesa. La Parrocchia è stata felice di cele-brare con il Vescovo tale ricorrenza.La Visita Pastorale è iniziata nel pomeriggio didomenica 27 ottobre, con una S. Messa solen-ne e una partecipata processione che si è sno-data lungo le vie del colle. Il Vescovo, nell’Omelia,si è detto felice di celebrare in questa Chiesa; pic-

cola chiesa – disse – ma molto bel-la per la simbologia dei suoi ottolati, che significano la Resurrezione.Il Vescovo si soffermò a spiega-re come Gesù sia risorto il gior-no dopo il sabato, il giorno che segui-va il settimo giorno ebraico; di quiil grande “significato” di fede cheil numero otto ha per i credenti.Il Vescovo continuò l’Omeliadicendo di essere venuto per incon-trare, per dialogare, per conoscerele persone, i loro problemi, le lorosperanze.

Durante la processione, il Vescovo, che prece-deva la statua di san Gioacchino, si fermava quae là per salutare le persone più anziane che sosta-vano lungo il percorso aspettando il passaggiodel Santo. Al termine della processione, il Vescovo, dopo unsentito grazie alle Autorità, ha salutato uno ad unotutti i presenti, invitandoli a visitare la Mostra foto-grafica preparata dai giovani della Parrocchia (Mostrache sarà presto trasferita nella navata sinistra del-la Chiesa). La nostra Marta e altri giovani han-no poi donato al vescovo e a tutti i presenti unelegante opuscolo di una quindicina di pagine,da essi con cura preparato (autori in ordine alfa-betico: CASTELLUCCI Eva, D’AMICI Noemi, D’E-MILIO Marta, FILIBERTI Silvia, GIACCIOGiacomo, VALENTE Vincenzo).Sul tardi, il vescovo ha incontrato il Consiglio Pastorale,composto di una decina di parrocchiani molto atti-vi. Si è parlato con il Vescovo della vita parroc-chiale e dei suoi problemi. Si è detta l’esigenzaprioritaria che la Parrocchia abbia una Casa par-rocchiale, dato che le stanzette prestate dal Comuneper la catechesi e per la Caritas sono inospitali

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e fredde. Il lunedì il Vescovo ha incontrato dap-prima gli studenti dell’Istituto Professionale“Parodi” sulla via di Paliano. L’accoglienza da parte del Preside, dei docentie dei ragazzi è stata calorosa; i ragazzi hannopartecipato tutti, nell’Aula Magna, in due sezio-ni (bienni e triennio). Il Vescovo si é poi recatoalla Scuola “ Flora Barchesi” dello Scalo: i bam-bini e le insegnanti Anna e Lina della Scuoladell’Infanzia Comunale hanno preparato uncaloroso benvenuto con un’allegra coreografia dibandierine colorate.Tre bambini, tra i più grandi , hanno evidenzia-to la ricchezza della multiculturalità che carat-terizza la loro Sezione composta infatti da bam-bini provenienti da ben 9 nazioni diverse.

Testo Del saluto

Eccellenza,noi bambini della Scuola dell’infanzia F. Barchesi,desideriamo esprimere tutta la nostra gioianell’averLa qui e darLe un caloroso ben-venuto. Questa scuola è un po’ di perife-ria e meno frequentata di altre ma non perquesto meno importante. Anzi proprio quiprende vita il miglior progetto di integrazione.Infatti nella nostra sezione siamo 22 bam-bini provenienti da 9 nazioni diverse. In questa scuola ci sono molti colori e mol-te culture. Qui, Eccellenza, giochiamo, con-dividiamo, partecipiamo ed impariamo , cioèqui stiamo già dentro il futuro !!!“C’è chi chiu-de la porta che dà sull’umanità . Noi la spa-lanchiamo e andiamo là dove ci condurrà.Noi vorremmo tutti un’opportunità”. Poi, al pia-no superiore gli scolari delle Elementari hannoproposto brani sulla formazione del mondo, trat-ti dalle varie tradizioni religiose e dalla Genesi. Hanno cantato dei brani ispirati alla pace, comedesiderio universale di tutti gli uomini. Contutti il Vescovo, come è solito fare, ha dia-logato affettuosamente. L’incontro si è concluso con un rinfrescoofferto da tutte le mamme. Il pomeriggioè stato dedicato ai malati e agli anziani. IlVescovo ha avuto un breve incontroanche con alcuni esponenti della Comunitàislamica. In tarda serata del lunedì i gio-vani della Corale inter parrocchiale “Animae Coro”, che si riuniscono settimanalmenteper le prove nella nostra chiesa, hanno offer-to al Vescovo e alla Comunità un programmadi canti a varie voci e vari strumenti che

hanno rallegrato tutti i pre-senti, sia per le loro capa-cità canore, ma soprattuttoper la bellezza di vedere que-sto gruppo di circa trenta gio-vani, quasi tutti impegnati nel-le proprie parrocchie, esse-re lì ed insieme cantare diver-tendosi. Si è concluso con un bre-ve momento di preghiera insie-me questo bell’incontro. Nei giorni successivi ilvescovo ha incontrato le Forzedell’Ordine nelle loro nuoveSedi di Via Casilina, e leAutorità Comunali. Ma ciò chepiù ha interessato la Parrocchiasono state le Sante Messe,ben partecipate, che ilVescovo ha celebrato nellanostra Chiesa, commen-tando il Vangelo del giorno.Molto sentito infine l’incon-tro con i Catechisti, in cui que-sti hanno confidato al Vescovole gioie e le difficoltà del lorocompito. Si è proposto alVescovo che sia istituito inColleferro un Punto di Riferimento comune pertutti i Catechisti della Città, in modo che le ini-ziative che possono interessare anche i nostri cate-chisti siano comunicate loro per tempo, e non suc-

ceda che ogni parrocchia si isoli nel suo “parti-culare”. Il Vescovo in varie occasioni ha mostra-to il suo apprezzamento per il meraviglioso Coroparrocchiale, che ogni domenica cura con atten-zione i canti della Messa, oltre che la liturgia, e

in generale tutto ciò di cui la Chiesa ha bisogno(fiori, tovaglie, pulizie settimanale, ecc.).Ha ringraziato le famiglie che lo hanno accoltoin casa per il pranzo o la cena. Va riconosciuto,in generale, un merito a tutte quelle persone checomunque hanno speso soldi e fatica, confezio-nando ad esempio torte e dolci, sia per allietarela Visita Pastorale, sia per celebrare la ricorren-za del 90º.La parrocchia è profondamente riconoscente alVescovo per la paternità con cui ha aiutato la nostrafede in questo anno che la Chiesa dedica alla vir-tù della FEDE.

SALUTO DEL VESCOVO ai parrocchiani di San Gioacchino,in preparazione alla Visita Pastorale

La Chiesa di San Gioacchino può essere ben con-siderata come la “Chiesa Madre” di Colleferro.Fu voluta e progettata già nell’ultimo anno del XIXsecolo e ultimata 24 anni dopo, quando iniziavalo sviluppo del polo industriale. Si può dire cheColleferro si sia formata a partire da questo luo-go, che affiancava lo scalo ferroviario, il nodo a

cui deve la sua importanza.Ricordare il 90º anniversario dellaconsacrazione di questa Chiesa è, allo-ra, onorare una madre, ritrovare le pro-prie radici e riconoscere il patrimoniodi fede, di cultura e di fatica che i nostripadri ci hanno lasciato. La visita pastorale che si svolge in que-sti giorni in questa Parrocchia è l’occasioneprovvidenziale per rendere questo even-to importante per tutta la diocesi diVelletri-Segni.

Colleferro, 15 ottobre 2013 + Vincenzo Apicella, vescovo

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“Dal 2 al 9 novembre,abbiamo avuto l’onore di ospi-tare, nella nostra parrocchia,il nostro Vescovo VincenzoApicella. È stata un’esperienzabellissima ed emozionante...Lui è una persona talmen-

te semplice e alla mano, che tutte le preoccu-pazioni che avevo avuto nei giorni precedentila Visita Pastorale sono sparite di colpo, già dalprimo incontro... È molto attento ai poveri e allepersone disagiate e questo lo rende simile a PapaFrancesco (chissà, che un giorno non diventiPapa anche lui!)... Un grazie di cuore al nostro Vescovo, per tut-to quello che ci ha lasciato (non materialmen-te) in questi giorni e un grazie di cuore a donCorrado, che non ha voluto inventarsi nientedi straordinario ma ha fatto si, che tutto fosseil più normale possibile, per mostrargli la verarealtà della nostra parrocchia. Grazie!”

CCosì ha scritto una “cristiana impegnata”sulla pagina Facebook della nostraParrocchia… La visita del nostro Vescovo

ha portato nella nostra comunità tanta gioia insie-me alla rinnovata consapevolezza che non esi-ste solo la nostra esperienza ma tutta la Chiesaè guidata dall’unico Pastore, Gesù Cristo Figliodi Dio. Quando con il Consiglio Pastorale

Parrocchiale abbiamo programmato la settima-na, ci siamo impegnati a condurre con ilVescovo Vincenzo una settimana ordinaria conl’unica differenza che abbiamo vissuto ciò cheviviamo normalmente insieme a Lui.Il programma prevedeva l’arrivo del nostroPastore Vincenzo sabato 2 novembre alle ore 17,30.I bambini del catechismo lo hanno accolto con

le note de L’Emmanuel (inno della GMGdel 2000), cantando: «Siamo qui, sotto lastessa luce, sotto la sua Croce, cantandoad una voce: è l’Emmanuel…».Il primo cittadino di Genzano, FlavioGabbarini, ha rappresentato la città e hadato per primo, dopo di me, il suo benve-nuto. Entrato in Chiesa ha ricevuto in rega-lo un Pastorale (realizzato a mano da unparrocchiano), rimasto esposto per settegiorni in Chiesa per ricordare quella pre-senza particolare e per dare ad ognuno,grande e piccino, la possibilità di apporrela propria firma su di esso.

Nella domenica abbiamo avuto la possibilità diun incontro con il Consiglio per gli Affari econo-mici e il Consiglio Pastorale Parrocchiale per ave-re una prospettiva chiara di come la nostra comu-nità deve investire in opere pratiche e crescitaspirituale, morale e umana. Nel pomeriggio di lunedì 4 e sabato 9 il Vescovosi è reso disponibile per incontri personali che

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sono stati molto apprezzati da chi ne ha potutoapprofittare. Nella serata del lunedì abbiamo dato spazio aigruppi dell’ACR (12-14 anni) e dei Giovanissimidi AC (15-17 anni) perché potessero sperimen-tare la spontaneità e la simpatia di un uomo diDio che si è messo al loro livello, non disdegnandoneanche di cantare con loro e di raccontare unabarzelletta, oltre che portare la sua esperienzacristiana nei tempi della giovinezza. Il martedì è stato il turno degli operatori Caritasche hanno avuto la possibilità di condividere lepreoccupazioni del sempre più crescente nume-ro di famiglie bisognose della Parrocchia. È stata questa una delle occasioni in cui abbia-mo visto il nostro Vescovo, persona molto umi-le e sempre disponibile ad ascoltare ed aiutare

i più poveri e bisognosi (basterebbe farsi una pas-seggiata presso il suo ufficio in Curia per ren-dersene conto). Ricca di gioia e simpatia è stata anche la visi-ta presso la scuola della zona Landi, presso laquale i bambini (della materna e delle elemen-

tari) hanno prepa-rato un’accoglienzaal Vescovo piena dimusica e parole etemi significativi. La Sua visita par-ticolare nelle clas-si Lo ha visto anco-ra una volta a livel-lo dei bambini, incu-riosito ora di vede-re cosa sapevanodella storia dellareligione, ora sen-

tirsi spiegare come tutto l’Universo sia nato dalBig Bang!L’incontro con gli educatori/catechisti ci ha datola possibilità di verificare quanto si sta facendo

per aiutare nella cono-scenza di Gesù Cristo bam-bini, adolescenti, giova-ni, coppie e famiglie inte-re e quanto ancora dob-biamo fare, rimettendo alcentro la Parola di Dio el’ascolto alla singola sto-ria, nell’accoglienza del-la singola persona! Tra le cose più emozio-nanti vissute nella setti-mana vi è stata la visitaagli anziani sia in una casadi riposo della zona (conla celebrazione della S.

Messa) che la visita ad alcuni degli ammalati del-la Parrocchia (che attendevano con ansia que-sto alto prelato che inseguito hanno percepitocome un loro pari «che li visitava e portava Gesù»…).Anche i “sopralluoghi” del Vescovo nei corsi pro-posti presso l’oratorio, negli incontri della cate-

chesi e in alcune aziende locali hanno avuto comerisposta tanta soddisfazione e, insieme, la sen-sazione che il Signore stesso ci stesse visitan-do senza tralasciare alcun ambiente. La conclusione della Visita Pastorale è consistitain una celebrazione della S. Messa con i ringraziamentidei tanti convenuti che ci hanno tenuto a strin-gere la mano, abbracciare e salutare il VescovoVincenzo che si è reso disponibile anche per esse-re presente ad una “tavola rotonda” dell’assembleacon il sindaco ed alcuni rappresentanti della giun-ta comunale, occasione nella quale si è premuratodi sottolineare che Chiesa da una parte eAmministrazione pubblica dall’altra, entrambi dob-biamo puntare al bene comune. Ringraziando il Signore per il dono di questo tem-po di grazia, ci rimettiamo tutti (me compreso)

in cammino per procedere nella realizzazione diquel Regno che Gesù Cristo ha iniziato duemi-la anni fa e che ora portiamo a compimento noitutti, popolo e pastori, guidati da coloro che Eglistesso ha posto a guida della Sua Chiesa, come– nel nostro caso – il nostro Vescovo Vincenzo!

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DDal 10 al 16 novembre S. Ecc.za Mons.Vincenzo Apicella, vescovo della dio-cesi suburbicaria Velletri-Segni, ha potu-

to toccare con mano la vitalità, l’energia, l’en-tusiasmo della nostra Parrocchia che già da tem-po si preparava a questo evento.

Negli ultimi mesi ilConsiglio PastoraleParrocchiale hadedicato diversiincontri per la pre-parazione dellaVisita Pastorale,incontri che si sonorivelati propizi perla riscoperta e lapresa di coscien-za delle esigenzedella Parrocchiache negli ultimitempi è profon-damente cambia-ta. E dopo mesi ditrepidazione, fervoree ansia è comin-ciata la Visita delPastore alla nostraParrocchia.

DOMENICA10 NOVEMBRE

La Visita Pastoraleha avuto inizio alle

ore 10.30 con la Celebrazione Eucaristica. All’entratadella chiesa, ad accogliere il vescovo, il parro-co p. Pietro, il vice-parroco p. Pasquale e p. RobertoP. Dopo aver baciato il crocifisso, il vescovo hafatto il suo ingresso in chiesa. Adaccoglierlo, in maniera festosa connastri colorati, i ragazzi del cate-chismo, dell’ACR e dell’AGESCI,il coro parrocchiale con il canto SIAMOQUI RIUNITI e i parrocchiani.All’inizio della celebrazione è sta-ta scoperta e incensata l’icona diDio-trinità che visita Abramo e Sara.La liturgia si è svolta col decorodovuto. Un particolare: prima della lettu-ra del Vangelo si è intronizzatol’Evangeliario adornato da cinquenastri colorati, bianco, giallo, ver-de, rosso e azzurro, a significarei cinque colori del Rosario

Missionario con il quale si prega per i cinquecontinenti. Durante l’omelia, il vescovo ha spiegato il signi-ficato della Visita Pastorale, partendo dalla rap-presentazione dell’icona.Subito dopo la Celebrazione Eucaristica, il vesco-vo ha incontrato i gruppi giovanili delleParrocchia:- l’ACR, che lo ha accolto regalandogli una rac-colta di disegni di benvenuto realizzati dai piùpiccoli, e con un intervista fatta dai ragazzi piùgrandicelli;- il gruppo di CATECHISMO, nella sala “P. Ernesto”dove ogni domenica si incontra;- l’AGESCI, presso le sedi del branco, del repar-to e del clan.Alle ore 18.00 il vescovo ha fatto visita alla ret-toria di S. Apollonia, dove è stato accolto dal par-roco e da alcuni rappresentanti della VenerabileArciconfraternita Orazione, Morte e Carità. Dopo la celebrazione Eucaristica, il vescovo siè intrattenuto con i membri della Confraternitaai quali ha fatto presente che il carisma dellaConfraternita deve essere “aggiornato” al tem-po corrente, vivendo la carità visitando gli ospe-dali e stando accanto alle persone malate e sole.

LUNEDÌ 11 NOVEMBRE

La Visita Pastorale è cominciata alle ore 9.00con un incontro presso il Comando di Polizia Locale

continua nella pag. accanto

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che è adiacente la chiesa. Nell’occasione il vescovo ha potuto rice-vere informazioni sullo stato e le proble-matiche della cittadina di Velletri.Alle ore 10.30, il vescovo ha incontratola comunità religiosa dei PP. Somaschicui da circa 400 anni è stata affidata laParrocchia. All’incontro ha partecipato anche il p. Provincialedella Provincia d’Italia dei PP. Somaschi,p. Fortunato Romeo, presente per l’oc-casione. Qui il vescovo ha voluto infor-marsi circa le prospettive della Congregazionedei PP. Somaschi riguardo la loro presenzanella Parrocchia di S. Martino.Nel pomeriggio, alle ore 16.00, il vesco-vo si è recato presso la comunità religiosadelle Suore Serve di Maria Riparatrici. Siè intrattenuto per circa un’ora dialogan-do con le suore, presente anche la loromadre Provinciale.Alle ore 18.00 si è svolta la solenneConcelebrazione Eucaristica in onore delPatrono della Parrocchia, S. Martino vesco-vo di Tours. Al termine della concelebra-zione ai fedeli è stato fatto dono di unapiccola icona rappresentante S. Martino,preparata dai bambini e ragazzi dell’ACR.Anche questo momento ci ha fatti senti-re una comunità viva ed entusiasta.La giornata si è conclusa con la condivi-sione della cena con gli ospiti e gli ope-ratori dell’opera caritativa “ProgettoCarletto” presso la sala “P. Ernesto”.

MARTEDÌ12 NOVEMBRE

Questa mattina, alle ore 9.30, accompa-gnato da p. Roberto e dal parroco p. Pietro,il vescovo ha fatto visita alle 4 case di ripo-so situate nel territorio parrocchiale e adalcuni malati. Egli si è fermato per salu-tare singolarmente gli ospiti delle case diriposo dicendo loro parole si conforto edi speranza.Nel pomeriggio il vescovo non è stato pre-sente in parrocchia perché invitato alla com-memorazione dei martiri di Nassiriya nel-l’anniversario dell’attentato che costò lavita a 19 nostri connazionali in missionedi pace in Iraq. Alle ore 20.30 si è svol-to l’incontro con il Consiglio PastoraleParrocchiale.In questa occasione, il vescovo ha spie-gato di quanto sia importante il ruolo delCPP all’interno della Parrocchia, invitan-do i presenti a prendere a cuore tutte lerealtà presenti nel territorio parrocchiale,soprattutto quelle più emarginate e lon-tane.Il vescovo ha poi voluto raccontarci la suaesperienza della missione popolare svol-tasi quando era parroco a Roma per indi-carci una strada possibile da intrapren-dere per l’evangelizzazione. Ha poi voluto informarsi su Consiglio Pastorale

per gli AffariEconomici. Gli è stato comu-nicato che è in viadi costituzionein quanto i mem-bri che lo for-mavano hannorassegnato ledimissioni perlimiti di età.

MERCOLEDÌ13 NOVEMBRE

Alle ore 9.00 il vescovo, accompagnatodal parroco, ha fatto visita alCommissariato della Polizia di Statosituato nel territorio parrocchiale. Siè intrattenuto con i poliziotti presen-ti per salutarli e per uno scambio divedute circa la sicurezza in Velletri,quindi ha visitato gli ambienti.Terminata la visita al Commissariato,il vescovo accompagnato dal parro-co e da p. Roberto si è recato pres-so la scuola elementare “Casale”. È stato questo un momento vivace coni bambini della scuola che hanno ese-guito dei canti, recitato poesie e, poi,rivolto alcune domande al vescovo cheal termine ha mostrato di essere mol-to contento di questo incontro.

GIOVEDÌ14 NOVEMBRE

Alle ore 9.30 si è svolto l’incontro conil mondo del lavoro presso il merca-to coperto. All’inizio c’è stato un momen-to d perplessità vista la presenza dipoca gente: celebrare o no l’eucari-stia? Il vescovo intanto ha fatto un girodel mercato tra i banchi dei vendito-ri per salutarli ad uno ad uno e, nelfrattempo, si sono avvicinati al luogopredisposto per la CelebrazioneEucaristica una piccola folla. Sì è quindi celebrata l’Eucaristia, altermine della quale tutti, soprattuttoi commercianti, si sono detti conten-ti di questo momento e hanno espres-so il desiderio e la voglia di creare altrimomenti come questo.Verso le ore 11.00, il vescovo ha fat-to visita all’ospedale civile di Velletri,accompagnato da p. Roberto, che del-l’ospedale è il cappellano, passandoper i vari reparti e intrattenendosi coni pazienti, per i quali ha avuto paro-le di consolazione e speranza.Nel pomeriggio, alle ore 16.30,accompagnato dal parroco p. Pietro,il vescovo ha fatto visita alla Cappelladi S. Girolamo Emiliani in contrada

continua a pag. 30

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Malatesta. C’era un foltogruppo di persone e bam-bini ad attenderlo. In questa occasione il vesco-vo ha potuto incontrare glialunni della scuola ele-mentare “Malatesta” chehanno fatto dono di alcu-ni disegni e cantato unabella canzone in onore del

vescovo. All’interno della cappella, poi, si è reci-tata la preghiera di S. Girolamo “La nostra Orazione”e un mistero del santo rosario. La visita si è conclusa con la benedizione unpiccolo rinfresco. Quindi il vescovo si è recatopresso la cappella “S. Chiara” in contrada LeCorti, dove alle ore 18.00 ha celebratol’Eucaristia, preparata con cura e attenzione daiparrocchiani della zona. Nell’omelia il vescovoha voluto sottolineare l’importanza delle paro-le Comunione e Condivisione.La giornata si è conclusa con un momento con-viviale di fraternità.

VENERDÌ15 NOVEMBRE

In mattinata e il primo pomeriggio sono stati dedi-cati agli incontri personali del vescovo con i par-rocchiani.Alle ore 18.00, l’incontro previsto con le fami-glie è cominciato con la Celebrazione Eucaristica,al termine della quale ci si radunati presso il salo-ne per uno scambio di idee intorno al tema del-la famiglia. Questo momento dell’incontro è stato introdot-to dal sig. Costantino Coros, che ha ripercorsobrevemente le esperienze fatte nel corso del-l’anno: Festa della Famiglia, in occasione del-la celebrazione liturgica della Sacra Famiglia,il carnevale con le famiglie, il week-end fami-glie, il pellegrinaggio mondiale delle famiglie conil Papa a Roma.

La proiezione di alcune foto ha poi acceso ancorpiù l’entusiasmo, l’allegria e la gioia con cui que-ste esperienze sono state vissute. La serata si è conclusa con la condivisione fra-terna della cena.

SABATO16 NOVEMBRE

Alle ore 17.00 il vescovo ha incontrato i cate-chisti, i responsabili delle associazioni, gli edu-catori, gli operatori pastorali e i volontari. Durante l’incontro sono state illustrate le varierealtà parrocchiali e le loro attività.Il vescovo in questo frangente ha voluto sotto-lineare ai presenti come sia importante per unaparrocchia operare cristianamente al di là del-le etichette perché Gesù Cristo nonè una proposta tra le tante, bensì l’u-nica proposta che una parrocchia ha

il dovere di presentare, soprattutto attraverso latestimonianza. Alle ore 18.30, con la Celebrazione Eucaristica,si è conclusa la Visita Pastorale di S. Ecc.za Rev.maMons. Vincenzo Apicella alla Parrocchia San MartinoVescovo di Tours in Velletri. Un insolito saluto da parte del coro parrocchialeha fatto sorridere il vescovo: sul ritmo del can-to CON UN CUORE SOLO, alcune ragazze hannopresentato una semplice coreografia che ha entu-siasmato i presenti e fatto dire a sua Eccellenza:“Ecco, la Chiesa non è fatta per i musoni!”.E le parole del ritornello di questo canto voglio-no essere l’impegno di questa comunità parrocchiale:“Essere un cuore solo e un’anima sola uniti inCristo Gesù, il Signore”.

I cronisti

segue da pag. 29

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don Andrea Pacchiarotti*

LLa Parrocchia diSan Clementein Velletri, la

parrocchia dellaCattedrale, ha vissutol'esperienza della Visitapastorale dal 17 al 23

novembre. Proviamo a raccontare il vis-suto della Visita dicendo anzitutto chetutti in comunità abbiamo avvertito laserietà dell'evento ed anche la bellezzae la fecondità di incontri attesi, prepa-rati e vissuti con vera partecipazione,facendoci scoprire uniti attorno e den-tro questa più ampia famiglia che appun-to è la parrocchia. Stimolati dalle pro-poste del questionario, abbiamo rilevato i punti di forza comeanche le debolezze della nostra vita parrocchiale. Su molti punti si è manifestata una immediata convergenza divalutazione, su altri si è a volte aperto un confronto approdan-do non tanto a vedute divergenti, quanto piuttosto a visioni diver-sificate che hanno permesso una sintesi che meglio riflette il vol-to reale della parrocchia e che già sembra suggerire piste di azio-ne per l'immediato futuro. Sabato 16 novembre, il Vescovo ha toccato con mano la viva-cità della nostra comunità incontrando tutti i ragazzi impe-gnati nei vari percorsi di Catechesi alle prese con la gran-de attività-gioco in preparazione alla festa del Patrono.Celebrare san Clemente insieme al nostro vescovo, ciha dato ancora una volta la possibilità di comprendereche la testimonianza della sua vita non si apprende dailibri, ma stando insieme. Finalmente domenica 17 novembre l'atteso inizio del-la Visita con la celebrazione dell’Eucaristia e l’incontro

con il Consiglio pastorale parrocchiale. Ognuno ha illustrato sinteticamente i vari ambiti su cui si strut-tura l’azione pastorale della Parrocchia. Il vescovo ci ha poi parlato, e preziose sono state le sue indi-cazioni che ci hanno confermandoci nel nostro orientamento pasto-rale che vede nella Comunione un campo privilegiato.Nello sforzo di darsi un volto missionario e in un clima di cor-responsabilità e di pastorale integrata, la parrocchia deve saperdare il primato alla persona.

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Giorni di incontri fruttuosi.

Il vescovo durante la sua permanenza ha cercato di portare atutti la sua parola, la sua comprensione e la sua preghiera di padree tanti e suggestivi sono stati i momenti emozionanti della suavisita. Calorose e sorprendenti sono state le visite del Vescovoalla scuole del territorio parrocchiale, accolto dall'entusiasmo ditanti alunni delle scuole dell’infanzia e primarie e dai loro inse-gnanti. I ragazzi, nelle varie scuole hanno preparato laboriosi edivertenti spettacoli, che hanno permesso al Vescovo di rivol-

gere un pensiero emo-zionante e coinvolgente aglialunni, agli insegnanti e geni-tori presenti. Il Vescovo haincontrato una buona par-te degli studenti dellescuole secondarie, ai qua-li ha parlato senza discorsipreconfezionati ma rispon-dendo a braccio ai loro inter-rogativi. Il Vescovo li ha

esortati ad usare tutta la loro intelligenza per non cadere nella“omologazione” di ciò che la cultura dominate trasmette ogni gior-no. Mons. Apicella, nel corso dell’intera settimana, ha visitato alcu-ni fratelli che, attraverso l’esperienza personale della malattia,vivono testimoniando con fede la propria identità cristiana. Il Vescovoha ascoltato con sollecita cura pastorale le storie e i drammi rac-contati da ciascuno di loro, esortando gli stessi ad offrire con amo-re le proprie sofferenze a Cristo per il bene della Chiesa. L’incontro con il direttivo, il personale e i degenti della Clinica

Madonna delle Grazie, con il diret-tivo della Banca popolare delLazio e l’incontro con il mon-do del lavoro ha dato la pos-sibilità, durante la visita pasto-rale, al nostro Vescovo di offri-re un messaggio forte: lacomunità cristiana e tutta la Chiesanon si sottrae, in questo perio-do di crisi economica, nel farela propria parte. Creare una pro-

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spettiva di lavoro comune in cui ognuno possa realizzare il pro-prio compito, pur nella distinzione dei ruoli, per costruire insie-me opere efficaci e coesione sociale. La nostra parrocchia hafatto la scelta di far incontrare il vescovo con gli operatori pasto-

rali impegnati nelle tre diverse aree: Evangelizzazione/Catechesi,Liturgia e Carità. E’il caso di dire che gli “effetti” della Visita pasto-rale cominciavano a vedersi prima ancora che il nostro Vescovo

arrivasse nella nostra realtà. Gli incontri preparatori, il confron-to tra le diverse realtà pastorali, per stilare insieme le relazionida presentare al Vescovo, sono stati un’occasione preziosa, comepreziose sono state le indicazioni del Pastore.Nel giorno della Virgo fidelis il vescovo ha accolto nella Cattedralei carabinieri della scuola Allievi Marescialli, celebrando con lorol’Eucaristia.

Felicità, Cordialità, Amicizia, Gratuità, Amore

Sono gli ingredienti che hanno composto un pranzo particola-re, quello che la parrocchia ha condiviso con novanta “poveri”della comunità, accolti nella sala-refettorio s. Filippo Neri, pre-parata a festa dai volontari di tre organizzazioni cattoliche qua-

li la Caritas, le Vincenziane e la Comunità di s. Egidio. Nonostante l’idea comune che si ha di pranzo, questo ha fattosolo da cornice ad un’iniziativa che con il passare delle ore si ètrasformata in un evento. Canti, risate e balli han-no colorato una gior-nata che sarebbe pas-sata in silenzio per ipiù, ma che risuoneràa lungo nella mente dicoloro che vi hanno pre-so parte. Una giornatache ha contribuito a far“naufragar” nel maredolce della solidarie-tà tutti i partecipanti,a cui ha preso parteil Vescovo. Importanti i momenti di preghiera nella nostra comu-nità: le lodi, l’adorazione eucaristica.

La Visita pastorale continua.

Si è così celebrata e vissuta la Visita pastorale alla ParrocchiaSan Clemente, ma non si è conclusa! Inizierà infatti, il cammi-no di approfondimento delle indicazioni del nostro pastore. Nonsappiamo se e quali frutti riusciremo a maturare, ma sicuramenteavremo compiuto ogni sforzo per camminare insieme, procedendolungo quelle linee pastorali che sono emerse e che il nostro vesco-vo non mancherà di indicarci ancora.

*Vice-parroco Cattedrale

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IIl nostro Patrono celeste, SanClemente Papa e Martire, ci inco-raggia nella fede. Sacerdote, pasto-

re zelante e martire costante, egli testi-moniò con il sangue il mistero di GesùCristo Salvatore, che egli celebra-va all’altare. San Clemente confer-mò con la vita l’annunzio del Vangeloche predicava (cfr Colletta della Messa).Domani il Santo Padre, PapaFrancesco, con una Messa solen-ne concluderà l’Anno della Fede inau-gurato dal suo grande predecesso-re, Benedetto XVI. Sulla scia di San Clemente, doman-diamoci come la celebrazionedell’Anno della Fede ci ha aiutato ariscoprire la gioia nel credere e di leg-gere con più attenzione i recenti docu-menti che alimentano la nostrafede. Come possiamo essere ispi-rati dall’esempio dei Santi, e comelo zelo per la nuova evangelizzazionespingerci all’apostolato?Riscoprire la gioia nel credereNella Lettera Porta Fidei, con la qua-le Papa Benedetto XVI indiceva l’Annodella Fede, il Papa diceva che “oggiè necessario un più convinto impe-gno ecclesiale a favore di una nuo-va evangelizzazione per riscoprirela gioia nel credere e ritrovare l’en-tusiasmo nel comunicare la fede” (PortaFidei, 7). Per questo, si deve intensificare la riflessione sulla fede cosìche i credenti in Cristo acquistino una più conscia e vigorosa adesioneal Vangelo.Nostro Signore Gesù Cristo ci ammonisce che la nostra fede deve esse-re operosa: “Voi siete il sale della terra; ma se il sale perde il sapore,con che cosa lo si renderà salato? A null’altro serve che ad essere get-tato via e calpestato dalla gente” (Mt 5, 13). E Gesù insiste ancora: “Voisiete la luce del mondo; non può restare nascosta una città che sta sopraun monte, né si accende una lampada per metterla sotto il moggio, masul candelabro, e così fa luce atutti quelli che sono nella casa.Così risplenda la vostra luce davan-ti agli uomini, perché vedano levostre opere buone e rendanogloria al Padre vostro che è neicieli” (Mt 5, 14-16). Per l’aumentodella nostra fede, dobbiamoandare da Gesù per bere dell’acquaviva che ci darà, così non avre-mo più sete perché l’acqua cheGesù ci darà diventerà in noi “unasorgente d’acqua che zampillaper la vita eterna” (Gv 4, 14). Facendo questo, riscopriremo ilgusto di cibarci della parola diDio, fedelmente trasmessa dal-la Chiesa, e del Corpo di Cristo, pane della vita disceso dal cielo per dar-ci vita (cfr Gv 6,51).Attenti ai documenti che nutrono la nostra fedeDurante la celebrazione dell’Anno della Fede, Papa benedetto XVI ave-va sottolineato l’importanza di uno studio approfondito dei 16 documentidel Concilio Vaticano II e del Catechismo della Chiesa Cattolica. Tale diligente studio si deve continuare. I sacerdoti, i diaconi, i religiosi/e, i catechisti e i fedeli laici alla guida del-

le diverse associazioni, hanno un dove-re più grande di proseguire con que-sto studio a causa dei loro doveri ver-so le comunità che guidano.Papa Benedetto mette una grandeenfasi sul Catechismo: “Per accederea una conoscenza sistematica deicontenuti della fede, tutti possono tro-vare nel Catechismo della ChiesaCattolica un sussidio prezioso ed indi-spensabile. Esso costituisce uno deifrutti più importanti del ConcilioVaticano II” (Porta Fidei, 11). Il Beato Giovanni Paolo II aveva dichia-rato: “Questo Catechismo apporte-rà un contributo molto importante aquell’opera di rinnovamento dell’in-tera vita ecclesiale… Io lo riconoscocome uno strumento valido e legit-timo al servizio della comunione eccle-siale e come una norma sicura perl’insegnamento della fede” (GiovanniPaolo II, Cost. Ap. Fidei Depositum,11 Ottobre 1992,: A.A.S. 86 (1994),115 e 117).Seguendo l’esempio della BVM edei SantiI cristiani tengono lo sguardo su GesùCristo, “colui che dà origine alla fedee la porta a compimento” (Eb.12,2). Sono incoraggiati dagli esem-pi della Beata Vergine Maria e deiSanti. Maria Vergine accolse la paro-

la dell’Arcangelo Gabriele, credette che sarebbe divenuta Madre di Dio,visitò Elisabetta, diede Gesù al mondo a Betlemme, obbedì a Giuseppesuo sposo, seguì Gesù nella sua vita pubblica, stette ai piedi della Crocesul Calvario ed era riunita con gli Apostoli nel cenacolo in preghiera inattesa della Pentecoste. La Vergine Maria è nostro modello nella fede. Gli Apostoli seguirono Gesù,progredirono nell’accettazione del suo Vangelo, si sono sottomessi allagrazia dello Spirito Santo a Pentecoste, e, obbedienti a Gesù, sono dis-persi nel mondo per portare la Buona Novella a tutti e per testimoniar-

la con il proprio sangue.Per fede, i discepoli formaronola prima comunità raccolta intor-no agli Apostoli nella preghiera,nella celebrazione dell’Eucaristiae nella solidarietà con chi ave-va bisogno. Per fede, i martiri lungo i seco-li donarono la loro vita per testi-moniare la verità del Vangelo ei religiosi e le religiose hanno rinun-ciato al matrimonio, al posses-so e alla propria volontà per amo-re del Regno dei cieli. Per fede, milioni di fedeli laici han-no seguito Gesù nella vita di fami-glia, nella promozione della

giustizia e della pace nella società terrena e nel testimoniare Gesù nel-le diverse professioni, nella politica e nella vita pubblica in generale.“Anche noi dunque, circondati da tale moltitudine di testimoni… corria-mo con perseveranza nella corsa che ci sta davanti, tenendo fisso lo sguar-do su Gesù, , colui che dà origine alla fede e la porta a compimento”(Eb 12, 1-2).

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P. Vincenzo Molinaro

NNell’incontro tenuto presso il san-tuario del Divino Amore, in Roma,il 15 novembre scorso, nella

Commissione regionale di pastorale fami-liare, insieme ai vari temi all’OdG, ha pre-so il sopravvento l’iniziativa di PapaFrancesco, ossia l’indizione di un Sinododei vescovi dedicato alla famiglia e la moda-lità del tutto nuova di presentarlo. Anzitutto il cronogramma: sono due gli annidestinati dal papa all’argomento. Quindiautunno 2014 e autunno 2015. Questa suddivisione già dice che la pre-parazione del Sinodo, quello ufficiale, perintenderci, sarà preparato da un primo tem-po di studio che raccoglierà quanto il Papasi attende dalla sua iniziativa diciamo digi-tale. Infatti, questo è il secondo elemen-to di novità assoluta, ritrovarsi all’improv-viso, tramite le poco rispettose e pochis-simo informate note di un commentatoredi radio 24, la notizia che sul Web c’è ilQuestionario che solitamente viene invia-to ai vescovi per sollecitare il loro apporto dacui il segretariato si servirà per i Lineamenta delfuturo Sinodo dei vescovi.Ebbene il Papa ha compreso qual è lo spiritodel nostro tempo e ha proposto all’attenzionedel pianeta il tema della famiglia tramite il que-stionario che ognuno può scaricarsi dal sito www.vati-can.va come dagli altri strumenti di comunica-zione. Al Divino Amore, abbiamo ascoltato sug-gerimenti molto stimolanti, e la volontà di tuttii partecipanti, data la brevità del tempo dispo-nibile, di interessare un numero notevole di per-sone a mettere giù le loro osservazioni per poiinviarle ai propri vescovi i quali faranno la sin-tesi e invieranno un documento unico per ognidiocesi.

Il Papa chiede partecipazioneLa mia riflessione vuole toccare due punti.Il primo è l’invito a leggere il testo intitolato Lesfide pastorali sulla famiglia nel contesto del-l’evangelizzazione. Il secondo, è la semplice pro-posta di inviare al nostro vescovo le osserva-zioni e suggerimenti in tempi brevi, comunqueentro Natale. Riguardo al primo punto alcuneosservazioni. E’ evidente a primo colpo, dal titolo, che l’im-postazione è pastorale e che si pone in un con-testo di evangelizzazione. Ciò mostra quanto

sia ritenuta necessaria un’azione che si rivol-ga alle persone e alle famiglie. Sono queste chedevono recuperare il messaggio o svilupparloin una direzione più consona ai tempi. E anco-ra è la famiglia che viene coinvolta nella evan-gelizzazione e questo dice la fiducia che è ripo-sta in questo organismo che non è da salvarema da valorizzare dato che nessuno come lafamiglia è portatore di un messaggio che incar-na e comunica nel medesimo tempo.Possiamo dire in poche parole che il Papa inten-de coinvolgere le famiglie nel rilancio dell’isti-tuto familiare, facendolo partecipare fin dal pri-mo momento, quello della ricerca.Il testo introduttivo non ha in sé novità alcuna.Sono le intuizioni che il magistero ha offerto allariflessione del popolo di Dio in questi ultimi 30anni, e anche alcuni spunti interessanti del Concilio.

La famiglia evangelizzaIl secondo aspetto che voglio sottolineare è laricchezza del questionario proprio nell’ambitodella evangelizzazione. I punti di partenza sono la Parola di Dio, quin-di la legge naturale (tematica questa spesso osteg-giata nei circoli culturali cosiddetti avanzati), quin-di il richiamo alla pastorale: compito riconosciutospecifico della famiglia stessa. Ed ecco arriva-re le domande sulle situazioni difficili, come il

testo recita, situazioni che oggi sembrano pre-valere e quindi soprattutto con lo spazio offer-to dai mezzi di comunicazione acquisiscono unasovraesposizione e finiscono per inviare un mes-saggio non corrispondente alla realtà.Le situazioni difficili non sono maggioranza eneppure predominanza. Il grande numero delle persone vive la sua fedel-tà coniugale come un dono a cui mai rinunce-rebbe e affronta le situazioni difficili con spiri-to cristiano, che vuol dire capacità di dialogo edi ricerca dell’armonia. Il questionario si pone spesso dalla parte deifigli e in particolare di coloro che subiscono leconseguenze delle separazioni e dei divorzi edegli abbandoni. Alla fine ritorna sui temi fon-danti quali l’apertura alla vita e sul rapporto trafamiglia e persona. Come si intuisce da questibrevi cenni sono domande alle quali ognuno puòdare un contributo e tutte le risposte sono daprendere in considerazione. Ovvio questo avverrà a diversi livelli. Il primoè certo quello diocesano. Ad esso seguirannoaltri livelli, soprattutto dopo il sinodo del 2014,quando verrà steso l’Instrumentum Laboris peril sinodo conclusivo del 2015, certamente avre-mo altre opportunità di intervento. Il popolo diDio può far sentire la propria voce con la garan-zia che verrà ascoltata.

Zelo per la nuova evangelizzazioneLa celebrazione dell’Anno della Fede e la commemorazione dei 50 annidel Concilio Vaticano II hanno rafforzato la nostra fede in Cristo. Devonoaumentare il nostro desiderio di comunicare Cristo alle persone che incon-triamo durante il nostro pellegrinaggio sulla terra.Parlando della necessità della nuova evangelizzazione, Papa BenedettoXVI sottolinea la sua necessità in quelle Chiese che vivono in territoritradizionalmente cristiani ove c’è bisogno di “un rinnovato slancio mis-sionario, espressione di una nuova generosa apertura al dono della gra-zia” (Lettera apost. Ubicumque et Sempre). E Gesù Cristo è il centro, ilmovente, della nuova evangelizzazione. “All’inizio dell’essere cristiano

non c’è una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con unavvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte econ ciò la direzione decisiva” (Deus Caritas est, 1).Fratelli e sorelle in Cristo, preghiamo Maria Santissima, Madre della Chiesa,di intercedere per noi affinché, costanti nella fede, riscopriamo la gioianel credere, progrediamo nella conoscenza della fede, e viviamo con sem-pre più autenticità questa fede, non dimenticando la necessità di condi-videre questa fede con altre persone.

+ Francis Card. ArinzeVelletri, 23 novembre 2013

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Sr. Francesca Langella ap.

“Ogni vita è vocazione”.

MMi ha sempre affascinato quest’affermazione,spesso la sentiamo ripetere nelle cate-chesi,… ma concretamente cosa signi-

fica? Mi accorgo che oggi siamo sempre piùpresi da tante cose da fare, ma rischia di sfug-girci l’essenziale: la vita!“La vita di ciascuno, in ogni caso e prima di qual-siasi scelta, è amore ricevuto. Il semplice fat-to di essere al mondo dovrebbe riempire tuttidi meraviglia e gratitudine immensa verso Coluiche in modo del tutto gratuito ci ha tratti dal nul-la pronunciando il nostro nome”. Siamo creati per la relazione, con Dio e con glialtri, ma sperimentiamo ogni giorno quanto siadifficile incontrarci e accoglierci nelle nostre diver-sità. Sentiamo un bisogno di comunione, maallo stesso tempo nascono tra noi divisioni. Solo cercando di coniugare e accettare le dif-ferenze di ogni persona, unica e irripetibile, pos-siamo davvero costruire una vera comunione.È un lavoro lungo, graduale e nonfacile, ma possibile. Vorrei quindi,con questa condivisione, ravviva-re in noi il senso profondo dellavita che abbiamo ricevuto gratui-tamente da Dio e che abbiamo il dove-re e la responsabilità di amare e divivere come “dono”, ricono-scendo “dono” ogni vita che cipassa accanto, anche quella piùlontana, povera, ferita e diversa danoi. Ciò che ci accomuna tutti, indi-stintamente, è il fatto di essere undono dell’amore di Dio! È necessario prendere semprepiù consapevolezza che siamocreati per essere dono. Gratuitamente

abbiamo ricevuto la vita e gratuitamente la donia-mo agli altri. Ma io mi sento un dono per l’al-tro e riconosco l’altro un dono per me?La vita è un “dono ricevuto che tende per suanatura a divenire bene donato”. È questo il pri-mo passo da compiere, prima di pensare a cosafare occorre credere profondamente che sia-mo dono di Dio. Come poi questo essere donosi potrà esprimere, in quale forma e modo esser-lo, è solo un passaggio successivo. Perché se non partiamo dal sentirci dono pre-zioso agli occhi di Dio, dal fatto che la nostravita è un dono per il mondo, come potremo sce-gliere lo stato di vita, la via più giusta per la nostravita? Ciò significa vivere in continuo ascolto del-la voce di Dio. Per essere più precisi: essere religiosa, con-sacrata da Dio, è solo il modo più giusto perme per poter esprimere liberamente il mio esse-re dono; essere sacerdote, è solo la forma piùvera e libera per essere dono per gli altri; esse-re padri e madri è solo la condizione miglioreattraverso cui essere totalmente e pienamen-te dono per gli altri. Trovare il proprio posto, uni-

co, attraverso il quale essere dono èciò che ci rende davvero felici. Quindi è importante fondare lanostra identità su questa verità impre-scindibile e essenziale: sono un donodi Dio, chiamato a donare la vita.Il “come” lo si scopre giorno dopo gior-no, attraverso l’ascolto della Parola,la preghiera, l’accompagnamento eil confronto con una guida spirituale,la vita sacramentale che alimenta lanostra fede (l’eucaristia e la confes-sione in modo particolare), attraver-so gli eventi della vita, accogliendo isegni di Dio nella propria storia per-sonale, e attraverso una conoscen-za sempre più vera e profonda dellapropria realtà umana, caratterizzatada limiti, fragilità, desideri, qualità, cari-smi, sogni e speranze.Donare la vita significa anche perdere,morire, sostanzialmente amare: “l’a-more infatti è la fondamentale e nati-va vocazione di ogni essere umano”. Tutti possiamo riconoscerci biso-

gnosi di ricevere e dare amore. Quindi il mododi amare si coniuga con la scelta vocaziona-le. Tutti siamo chiamati ad amare, ma con moda-lità differenti, secondo ciò che più risponde alnostro cuore. Il modello da seguire per impa-rare ogni giorno l’arte di amare è ovviamenteGesù. Egli ci ha lasciato un esempio: ci ha ama-ti fino alla fine, che sta a significare fino alla finedella vita e fino al massimo grado con cui pote-va amare. Fino a dare tutta la sua vita per noi. Come ricordavo prima: egli ci ha insegnato aperdere la vita, a morire per amore, ad esse-re servi. Il servizio gratuito e libero verso Dioe verso i fratelli è la via per essere dono, la viaper essere amore. Viviamo la nostra vita come un bene ricevutoche diventa dono, nell’amore che serve. Se stia-mo più attenti alle cose di ogni giorno, ci accor-geremo dei doni che riceviamo, dell’amore edei piccoli gesti che arricchiscono la nostra vita.In modo particolare in questo tempo liturgicodell’avvento e del Natale prepariamoci ad acco-gliere nel nostro cuore il Dono più grande, lavera Vita: Gesù!

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QQuando ero piccola il pensiero che mi spa-ventava di più, era non capire cosa suc-cedesse agli uomini, quando morivano.

Pensavo alla possibilità di non esistere più, que-sto mi causava angoscia, non potevo immagi-nare che fosse davvero possibile così. Ma quan-ta pace provò la mia anima nel sentire che dopoquesta vita ce n’era un’altra che durava per sem-pre, che esisteva un Cielo in cui avremmo ritro-vato i nostri cari e dove insieme a Dio saremmostati felici per sempre! A quell’età non potevo capire cosa significassequesta verità, ma non ho mai dubitato che fos-se così. I miei genitori sono stati sempre di gran-de esempio, facevano ogni cosa affinché non man-casse nulla a me, mia sorella e ai miei due fra-telli. Quando avevo dieci anni, decisero di anda-re a vivere in un altro paese, in cui mio padreavrebbe potuto trovare un lavoro migliore.Lasciammo parenti e amici nel Nord dell’Argentinaper trasferirci a 1200 km di distanza dalla nostracittà. Un distacco provvidenziale, trovandoci improv-visamente soli, e con tante difficoltà, ci abban-donammo totalmente nelle mani di Dio. Le pro-messe lavorative non furono mantenute, ma aquel punto tornare indietro sarebbe stato peg-gio, non avevamo più nemmeno i soldi per rifa-re il trasloco. Iniziammo a pregare tutti insieme,e dopo qualche tempo i miei trovarono lavoro.In quel periodo conoscemmo anche un sacer-dote che divenne presto la nostra guida spirituale. Nella sua parrocchia frequentai il catechismo perla Cresima e nel corso di due anni la mia fedecrebbe tanto quanto il mio amore per Gesù e ildesiderio del Cielo. Poco dopo cominciò l’a-dolescenza, il centro divennero gli amici, lamusica, i vestiti alla moda, le feste. Il ten-tativo era comunque quello di riempire l’a-nima, ma con cose passeggere. La mia erauna spiritualità leggera e comoda. Stavo benecosì, anche se in fondo qualcosa manca-va, mi vedevo come una banderuola trasportata,ero in balia dal vento. La misericordia di Dio, però non tardò adarrivare, da Buon Pastore, mi ritrovò primache i pericoli e gli ostacoli, diventassero insor-montabili. Appena compiuti sedici anni, miritrovai un giorno a guardare in TV il fune-rale di una suora, minuta e anziana, vi assi-

stevano migliaia di persone di tutto il mon-do, mi accorsi di conoscere il suo nome,Madre Teresa di Calcutta! Ma volevo sape-re di più, che cosa aveva radunato tantepersone nel momento della sua morte? Avevadovuto fare qualcosa di molto grande peressere così amata da tutti. Provvidenzialmentearrivò tra le mie mani un libro che s’inti-tolava “Madre Teresa di Calcutta, Pregare,il suo pensiero spirituale”. Lo lessi avida-mente e tutto di lei mi attrasse, mi affa-scinò: l’esempio, le parole, il dono totaledi sé a Dio e ai più poveri tra i poveri neiquali Lo riconosceva. “Date, ma non gli avan-zi, bisogna dare tutto”, e poi “La santitànon consiste nel fare delle cose straordi-narie, ma nell’accettare con un sorriso ciòche Gesù c’invia, nell’accettare e segui-

re la volontà di Dio” .Cominciai a cambiare i miei atteggiamenti, masoprattutto i miei pensieri. Le cose materialinon mi attiravano più, volevo fare del bene anch’ioagli altri. Pensai al gruppo giovanile della par-rocchia, facevano visita agli anziani, studiavanola dottrina di Gesù e soprattutto frequentavanoi Sacramenti. Mi unii a loro. Arrivò il tempo di Quaresima, come in tutte le par-rocchie anche nella nostra c’era l’abitudine di farela Via Crucis. Ma questa volta per me era diver-so, capii in modo speciale che tutte le sofferen-ze erano state patite da Gesù per dimostrarmiquanto grande fosse il suo amore per me. Avevavoluto consegnare se stesso, per aprirmi le por-te del Cielo, al quale tanto desideravo arrivare.In mezzo a questi sentimenti sentivo il bisognodi fare anch’io qualcosa per Lui, per ringraziarLo,ma non sapevo cosa! Ricordai allora una doman-da che una volta mi aveva fatto il sacerdote ami-co di famiglia, parlando di un giovane del nostrogruppo appena entrato in seminario: “Se Dio chia-masse qualche volta anche te, cosa faresti?”E subito la mia risposta fu: “Ci andrei anch’io”.Sentivo che Dio mi chiamava e che il modo di rispon-dere al suo amore era donarmi interamente a Luinella vita consacrata. Ma non ne ero ancora sicu-ra, non potevo sapere se riuscivo ancora a capi-re se si trattava veramente di una chiamata diDio. Pensai di rivolgermi allo stesso sacerdote,che mi consigliò di pregare e chiedere a Dio lacertezza della Sua volontà, qualsiasi essa fos-se stata. Alcuni mesi dopo visitai con un’amicaun convento in cui si trovavano altre ragazze del-

la Parrocchia diventate suore, ci andammo perfare alcuni giorni di Esercizi Spirituali secondoil metodo di Sant’Ignazio di Loyola.Feci l’esperienza del silenzio e della solitudine,in cui l’anima trovandosi libera da ogni altra preoc-cupazione parla con Dio come un amico e la Suavoce, il suo volere diventano chiari. Durante quei giorni capii che Dio mi chiamavaa eseguirlo e che avrei dovuto lasciare tuttoper diventare sua Sposa.“Il Signore vi propone delle mete più alte e vi chia-ma a donarvi a quest’amore senza limiti.Scoprire questa chiamata, questa vocazione èrendersi conto che Cristo ha gli occhi fissi su dite e che t’invita con lo sguardo alla donazionetotale nell’amore. Di fronte a questo sguardo, davan-ti a questo amore suo, il cuore apre le porte con-temporaneamente ed è capace di dirgli di sì!”.(Beato Giovanni Paolo II) Quando lo dissi ai miei genitori, per loro fu dif-ficile accettare la mia decisione, dovetterorinunciare al sogno di avere tutti i loro figli vici-ni. Ma allo stesso tempo mi rivelarono il propo-sito, che si erano fatti, di appoggiare le nostrescelte sempre, purché fossero positive. Entrai in Noviziato appena terminate le scuolesuperiori. La mia vita iniziò a trasformarsi attra-verso la preghiera in silenzio davanti al SantissimoSacramento, la celebrazione della Liturgia,–specialmente la Domenica, quando sembravadi stare più in Cielo che in terra–, la vita comu-nitaria, in cui avevo trovato tante nuove sorellee amiche, con cui condividere gli stessi ideali,lo stesso fine: amare Dio e aiutare nella sal-vezza delle anime, annunciando il Vangelo almondo!La povertà, le difficoltà, le prove da affrontare nonerano motivo di tristezza, ma al contrario inve-ce di portare tristezza, erano motivo di gioia pertutte. In questo modo potevamo somigliare di piùal nostro Divino Sposo. L’obbedienza mi rende-va consapevole che diventavo sempre più libe-ra, perché non appartenevo più a me stessa. Lacastità mi dava la chiara sensazione di poter esse-re madre spirituale di tante anime. Il mio Fiat aDio era già definitivo, anche se mi rendevo con-to di essere solo all’inizio. Capivo che le suo-re appartandosi dal mondo consegnavano total-mente le loro vite a Dio in un silenzioso olo-causto d’amore e si trovavano allo stesso tem-po in prima fila nell’opera missionaria dellaChiesa. Questa forma di vita mi attirava sem-

pre di più, e il desiderio di vivere così,solo per Dio nel nascondimento del-la clausura e lavorare per la salvezzadi tutti gli uomini cresceva.Comprendevo l’entità della gran-dezza della rinuncia che stavo com-piendo. Ma sentivo che dal profon-do dell’anima, era Gesù che, comeai suoi primi discepoli, m’invitava a“prendere il largo ”, a riporre tutta lamia fiducia in Lui. Con la mia preghierasarei potuta arrivare ovunque. Sonopassati 10 anni da quel giorno bene-detto del mio ingresso in clausu-ra, posso solo ringraziare Dio!

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Assoc. Nuovi Orizzonti

LL’Associazione Nuovi Orizzonti è impe-gnata da anni sia sul fronte del disagiosia su quello dell’evangelizzazione. In

questo ambito ha elaborato nella sua esperienzaormai ventennale una serie di attività che ripro-pone in vari luoghi, ad esempio la missione dievangelizzazione, che consiste in una decinadi giorni in cui alcuni giovani che hanno fattol’esperienza della gioia di essere cristiani incon-trano altri giovani a cui donano la propria testi-monianza di vita e rivolgono l’annuncio della gioiadi Cristo Risorto. La prima missione di evangelizzazione all’ini-zio degli anni 2000 è stata fatta a Riccione, inagosto, e poi via via ne sono seguite altre invari luoghi. Quella di Venezia, “Canali di Gioiaper te”, è l’ultima in ordine di tempo; si è svol-ta dal 25 ottobre al 1 novembre u. s. ed è giun-ta ormai alla sua terza edizione. Si è svolta sulle strade, nelle carceri, nelle scuo-le, nei luoghi di divertimento, negli alloggi deglistudenti, nelle università e dovunque si ritene-va importante! I giovani missionari dai 18 ai 35

anni erano un centinaio, disponibili per l’interoperiodo indicato. L’obiettivo della missione erasoprattutto l’annuncio della gioia di Cristo Risortoattraverso testimonianze di vita nei luoghi di vitaquotidiana, soprattutto quelli frequentati da gio-vani, attraverso iniziative come ‘Abbracci gra-tis’ (offrire un gesto disinteressato di affetto aipassanti, nei luoghi pubblici, occasione semplicee positiva per aprire un dialogo) e ‘La Luce nel-la Notte’ (modalità di evangelizzazione di pri-mo annuncio per invitare dalle strade e dai loca-li le persone ad entrare in chiesa e vivere unitinerario di preghiera accompagnati). L’esperienzaè stata pensata anche per coloro che deside-ravano formarsi alle iniziative di NuovaEvangelizzazione per poi tornare rinnovati alleproprie realtà di appartenenza e ripetere l’esperienzasul territorio. Per entrare nel vivo di questa mis-sione di evangelizzazione vi offriamo la testi-monianza di chi l’ha vissuta in prima persona,quella di Antonella Grassi, pubblicata sulnostro blog www.cavalieridellaluce.net“La vita o si vive o si scrive”, diceva Pirandello.Ma se si vive a trecentosessanta gradi, comenell’ultima missione di Venezia 2013, dove la

testa gira e le gambe s’affrettano, eil cuore batte forte tanto da far malee le lacrime s’affollano davanti a tan-te (troppe) situazioni di solitudine edi dolore, allora quello che vivi sen-ti di doverlo anche scrivere. […] Sonomolti quelli che scelgono di lasciar-si avvolgere da un “abbraccio gratis”!Perché lo fate?/ Vuoi cinque euro?/No,no! Solo un sorriso! Free hugs! “Fatelo più spesso!/ È l’abbraccio del-la figlia che non ho mai avuto/ Bellissimainiziativa/ Ci rivediamo domani?/Siete qui tutti i giorni?/ Ne avevo biso-gno!/ Mi sento più tranquillo: tra un’o-ra ho un esame/Io sono mussulma-no, voi di che religione siete?…Tuttidi un solo Dio!/ Sono ateo!…Gioia eamore sono per tutti!”.Qualcuno, da lontano, ti sorride e tiviene incontro per primo. “Vi cono-sco. Vi ho già incontrati due anni fa”.

Aprono le braccia: ti aspettavano. C’è anche chia quell’abbraccio si aggrappa come a una pic-cola ancora che non lo farà affondare. Non quelgiorno, almeno.E c’è chi non vuole più staccarsi, come una bat-teria scarica che aneli, chissà da quanto, a unapresa per ricaricarsi. Infatti, non è soltanto unabbraccio quello, ma molto di più, è uno scam-bio senza tornaconto: la banca dell’amore nonchiede interessi e non fa prestiti, se non a fon-do perduto e la sua moneta non è tintinnante,ma silenziosa; e la sola capace di sciogliere dolo-re e solitudine e di far riaffacciare all’improvvi-so su un viso triste e spento un sorriso pieno,di sorpresa e di gioia. E GIOIA SIA!E come conclusione, sempre pescando dal nostrosito, una breve riflessione di Roberto Guerci,un Responsabile dell’Associazione, che confrontandoil significato di ‘missione’ e ‘proselitismo’ ne trat-teggia le caratteristiche essenziali.[…] Missione. La missione è una cosa moltoimportante in qualsiasi organizzazione umana.È, nientemeno, lo scopo della propria esisten-za. A qualsiasi persona, per esempio, che vogliaaffrontare un’attività imprenditoriale ogni con-sulente esperto, in primis, non potrà che con-sigliare di chiarirsi molto bene, pena il fallimentodel progetto, quella che dovrà essere la propriamission (adesso si dice così senza la “e” fina-le perché fa più figo). Questo vale non solo perle aziende, ma per tutte le organizzazioni, Chiesacompresa, anzi a maggior ragione questo valeper la Chiesa. Gesù stesso ha indicato la viache è quella dell’annuncio portato avanti conpazienza, umiltà, compassione, accoglienza, per-severanza, in una parola con amore. Come peco-re in mezzo ai lupi, ma con tanta forza che pro-viene dall’alto.Proselitismo. A differenza del termine missio-ne il termine proselitismo viene normalmenteusato e percepito con un’accezione negativa.[…] Nel sito Yahoo answers, […] la miglior rispo-sta alla domanda cos’è il proselitismo? è sta-ta la seguente: “Il proselitismo è quell’arte chesi occupa di manipolare le idee, le opinioni, icomportamenti e gli atteggiamenti delle personepiù fragili e suggestionabili, convincendole conl’inganno e la demagogia che ciò che viene mostra-ta loro è l’unica via giusta da seguire”.Papa Francesco, nella recente intervista col diret-tore di “Repubblica” Eugenio Scalfari, definisceil proselitismo “una solenne sciocchezza” e pro-segue “Il nostro obiettivo non è il proselitismoma l’ascolto dei bisogni, dei desideri, delle delu-sioni, della disperazione, della speranza” per-ché la Chiesa “non cresce per proselitismo ben-sì per attrazione e per testimonianza”. Chi conosce i documenti della Chiesa su ecu-menismo e dialogo, sa che da decenni questicondannano il proselitismo come modo petu-lante e aggressivo di tirare per la giacca i poten-ziali convertiti, contrapponendolo alla missioneche procede in modo graduale e rispettoso, par-tendo da quanto il missionario e il suo interlo-cutore hanno in comune. Sì, nel dialogo non c’ènessun proselitismo. Ma c’è tanta missione. […]

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Mons. Franco Fagiolo*

QQuando parliamo di cele-brazione non dob-biamo dimenticare

un elemento fondamentale: ilcelebrare è un’azione comu-nitaria! Quando si celebra cisi riunisce insieme, da soli nonsi può celebrare. Quando facciamo una festa ovogliamo ricordare un avve-nimento importante, non ci iso-liamo per conto proprio nellanostra cameretta, ma stiamoinsieme a un gruppo di ami-ci, alla famiglia ….Nella celebrazione della Messaaddirittura è un popolo che siraduna, è la grande famigliadei figli di Dio convocata in luogo ben preciso,nello stesso giorno e nella stessa ora. L’azione comunitaria nella celebrazione è mol-to importante, perché aiuta a rinsaldare il vin-colo di appartenenza, a rafforzare sempre di piùquei legami di fede e di carità e a sentirci e mani-festarci come comunità. Celebrare è dire a tutti che quello che faccia-mo non è importante solo per me, personalmente,ma lo è per tutti: siamo chiamati a condividerecon gli altri quello che io sto vivendo.Quando celebriamo non solo ci raduniamo inluogo ben determinato, ma in un luogo speciale,addobbato, preparato a festa; noi stessi ci “met-tiamo in festa” per partecipare alla messa per-ché celebrare è uscire fuori dall’ordinario, è ancherottura con l’abituale, con il solito tran tran del-la vita. E’ un momento diverso dalle solite cose

che facciamo giorno dopo giorno. E poi cele-brare significa gratuità, perché non ci sono inte-ressi, non si deve produrre qualcosa, si com-pie all’insegna del gratuito.Allora, date queste premesse, la celebrazioneattende necessariamente il canto e la musica.Si può far festa senza il canto? E’ una festa “moscia”,se non si canta! E se vogliamo che la celebrazioneaiuti a formare la comunità, allora il canto diven-ta essenziale; è parte integrante, come dice laSacrosanctum Concilium. Infatti il canto è armonia, crea comunione, è espres-sione di gioia e di festa. Il canto non ci fa rima-nere passivi, ci coinvolge in prima persona: ilcanto nella celebrazione non è un optional! A questo punto è bene ricordare quello che Plinioil Giovane scriveva dalla Bitinia all’imperatoreTraiano per chiedergli come doveva compor-

tarsi con i cristiani, e li pre-sentava in questo modo: sonocoloro che “si riuniscono inun giorno fissato per cantareun inno a Cristo quasi a Dio”. Per Plinio i cristiani sono colo-ro che cantano a Cristo, i cri-stiani sono la gente del can-to!!!! Pensiamoci un attimo:un governatore, pagano,che deve fare un rapportosui cristiani, per presentar-li in modo sintetico e il piùveritiero possibile, li defini-sce “gente che si raduna percantare”!!!!! Oggi si direbbe la stessa cosa?Forse non si sbaglia se dicia-mo che alla base di una cer-ta stanchezza o pigrizia di

tanti fedeli nel cantare sta proprio nel fatto chesiamo rimasti indifferenti di fronte all’evento del-la Pasqua del Signore, che la Parola viva delVangelo non ci dice più niente. Diamo tutto per scontato, non c’è più lo stuporedi fronte agli eventi della salvezza, il nostro cuo-re non vibra più e allora è chiaro che si fa dif-ficoltà a cantare.Dobbiamo ritornare alle fonti del nostro esse-re cristiani, ritrovare i motivi di fede, di speranza,di amore se vogliamo gustare le nostre cele-brazioni e partecipare con il canto alla gioia dicelebrare ogni domenica la Pasqua del CristoRisorto.

*Responsabile Diocesano del Canto per la Liturgia

Suore Apostoline Velletri

SS i è tenuta all’acero, nei gior-ni 16-17 novembre scorsi,presso in centro S. Maria

dell’Acero, la due giorni Cresimatiproposta dall’Ufficio CatechisticoDiocesano. Erano presenti diverse parrocchiedella nostra diocesi per un totaledi circa 50 ragazzi e 12 animato-ri. Anche se breve, l’esperienza èstata intensa per tutti.Vincente è stata la proposta di pen-sare questo mini campo insieme agli animatori e catechisti, partendodalla situazione concreta di ogni singolo gruppo, perché la propostapotesse inserirsi nel cammino ordinario parrocchiale, ponendosi in con-tinuità con quanto già si fa, e recuperare poi, i contenuti nel percorsoannuale. “Prendete in mano la vostra vita e fatene un capolavoro” èstato il tema su cui i ragazzi sono stati chiamati a riflettere, attraversospunti di riflessione, dinamiche, video, lavori personali e di gruppo. Apartire dal riconoscimento dei doni ricevuti, sono stati invitati a pren-derne coscienza per poterli far fruttificare e metterli al servizio della comu-

nità.C’è stato subito grande affiatamentosia tra il gruppo animatori, nellapreparazione e nello svolgimen-to del campo, sia tra i ragazzi chesi sono messi in gioco e si sonolasciati provocare dalle proposte,lavorando con impegno.

“All’ombra di una pianta di rici-no” è il titolo degli esercizi spiri-tuali per giovani, proposti dal CentroDiocesano Vocazioni, tenuti al CentroS. Maria dell’Acero dal 31 ottobre

al 3 novembre 2013. Attraverso la figura del profeta Giona don Leonardo D’Ascenzo, cheha guidato il corso, ha condotto i giovani in un percorso molto esigentedi preghiera e riflessione, perché la vita di ciascuno fosse provocatadalla Parola di Dio.“Cercare e trovare la Volontà di Dio” è l’obiettivo degli Esercizi Spiritualied è stato ripetutamente ribadito, perché durante queste giornate diGrazia, i giovani potessero mettersi in un ascolto orante della voce delPadre per rispondere al progetto d’amore che ha per ciascuno.

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Valeriano Valenzi*

MMons. Ettore Felici arcivescovo di Corinto.Nunzio apostolico. Figura emblemati-ca della Chiesa del XX sec. sia per le

aperture pastorali verso il Nuovo Mondo, sia perla presenza generosa e ferma nella zone piùnevralgiche dell’Europa, sconvolta dalle due guer-re mondiali.Nato a Segni (RM) il 4 marzo 1881, ordinatosacerdote nel 1903, continua gli studi nel Collegiosuperiore, fino ad acquisire il dottorato in filo-sofia e teologia e successivamente quello “inutroque iure” cui si aggiungerà anche una lau-rea in letteratura.Della profondità dei suoi studi filosofici sono testi-monianza i dibattiti sostenuti con eminenti rap-presentanti del pensiero teologico e giuridico ela tenacia con cui, anche negli anni giovanili,aveva difeso le proprie posizioni. Nel 1906 èchiamato alla natia diocesi di Segni e gli vieneconferito l’incarico per l’insegnamento delle disci-pline letterarie.In virtù degli ottimi risultati conseguiti nella for-mazione dei giovani avviati al sacerdozio e perl’apprezzamento della sua vasta cultura nel 1912vince il concorso e viene nominato professoredi letteratura presso il seminario regionale diCatanzaro. Inizia la sua carriera diplomatica con l’incaricodi uditore presso la Nunziatura apostolica di Belgrado:una prima volta, nel 1916, quando, per l’imperversaredella guerra, si trova non solo a gestirecon grande tatto i difficili rapporti tra lacomunità cattolica e la chiesa ortodossa,prevalente in Serbia, ma anche a soccorrerele masse dei poveri nel Paese occupa-to dalle truppe tedesche; una seconda vol-ta, nel 1920, dopo la nascita del nuovoregno di Iugoslavia, voluto dalle Potenzevincitrici nel trattato di pace di Versailles,in un clima dominato da forti contrappo-sizioni ideologiche e rivendicazioni etni-che. Dal 1921 al ’23 rimane in Vaticano,con la funzione di cameriere segreto diSua Santità Benedetto XV. Dopo la missione a Lisbona, come pri-mo uditore della Nunziatura, il 6 novem-bre nel 1927 gli viene conferita la nomi-na ufficiale di Nunzio apostolico in Cile,dove è accolto con grandi onori e vastapartecipazione popolare. Lì conosce da vicino la realtà dello sfrut-tamento delle popolazioni del Sud-America, ma anche la loro speranza diriscatto nel messaggio evangelico.Segue, nel 1928, la consacrazionevescovile e, nove anni dopo, il conferi-

mento del titolo di arcivescovo di Corinto. Nel 1938 torna per la terza volta in Iugoslavia,mentre nell’orizzonte europeo si adden-sano presagi di guerra.Nell’aprile del ’41,il Nunzio è al Belgrado,quando sulla città si abbattono per tregiorni i bombardamenti della Luftwaffe,la terribile vendetta voluta da Hitler perpunire il popolo che si era opposto al pas-saggio delle truppe tedesche.Attraverso i numerosi contatti di media-zione con i rappresentanti diplomatici dialtri Paesi, in virtù della sua consuma-ta esperienza nell’ambito della diplomaziainternazionale, Mons. Felici capisceche il destino della Jugoslavia è già sta-to deciso a Berlino e che la catastrofeè ormai inevitabile.Il 6 aprile 1941, giorno delle Palme, l’e-sercito tedesco invade la Jugoslavia ela Luftwaffe bombarda Belgrado. L’attaccoaereo, denominato dai tedeschi “Operazionecastigo”, è diretto al centro della città conl’obiettivo di colpire e terrorizzare la popo-lazione. Mons. Ettore ricorda con ango-scia la tempesta di ferro e di fuoco abbattuta-si sulla città.Nelle memorie del Nunzio l’amarezza deldiplomatico di fronte alla violenza dell’aggres-sione spietata è sopraffatta dallo sgomento delPastore che cerca inutilmente di portare soc-corso alle vittime di una città devastata.Il 16 aprile l’incaricato di affari esteri tedesco

gli comunica verbalmente che il governo di Berlinoritiene terminata la missione del Corpo diplo-matico a Belgrado e segnala l’opportunità di unapronta evacuazione, via Budapest, per la qua-le saranno messi a disposizione i mezzi di tra-sporto necessari. Dopo aver preso commiato dallo stessoArcivescovo e dal clero, il 29 maggio raggiun-

ge Zemum e con l’addetto prende postosul treno che lo porterà in Italia .Il Nunzio approfitta della partenza del-l’ambasciatore bulgaro per affidargli un pre-zioso calice (che Mons. Roncalli1 gli ave-va donato l’anno prima a Roma), nella spe-ranza che possa recarlo al Nunzio diCostantinopoli come segno di fraterna ami-cizia. Mons. Felici suggella la conclusio-ne della Nunziatura a Belgrado in un momen-to particolarmente drammatico della sto-ria europea con un tono di profonda com-mozione.Alle 9.15 precise il treno si muove lenta-mente alla volta di Zagabria. La quarta epiù dura tappa delle sue missioni per il mon-do, iniziate nell’aprile 1920 è compiuta. Eglilasciava, però, in Jugoslavia, negli ambien-ti intellettuali e diplomatici il ricordo vivo del-la sua capacità di diplomatico, ma anchel’apprezzamento di una cultura profondae ampiamente articolata. Negli ultimi anni della guerra che egli tra-scorse in Vaticano, presso la Segreteriadi Stato io ebbi modo di conoscere da vici-

S.E. Mons. Ettore Felici Arcivescovo di Corinto Nunzio Apostolico

Stemma dell’Arcivescovo Ettore FELICI continua nella pag. accanto

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Rosaria Sterpetti

SSabato 9 novembre, grande festa aGavignano con banda e fuochi d’artifi-cio, per salutare il caro don Daniele

Valenzi, che ha lasciato l’incarico di parroco pertrasferirsi ad Artena su decisione del nostro VescovoApicella… Festa di ringraziamento e non certo di gioia,perché questo cambio di parroco avviene nel-la sofferenza dei gavignanesi nel doverlasciare un sacerdote che pur essendo giovaneha saputo conquistare e coinvolgere tutti. L’appuntamento era per tutti alle ore 17.00 perla celebrazione della Santa Messa e per i salu-to e di ringraziamento.Da tanto tempo non si vedeva così tanta gen-te in chiesa, con il coro, la confraternita, e labanda delle grandi occasioni.La messa è stata celebrata congiuntamente dalparroco uscente e dal nuovo parroco don AlbertoRaviglia, alla presenza delle autorità locali e delSindaco di Gavignano.Nell’omelia, don Daniele ha chiesto “perdono”alla comunità di Gavignano per tutto ciò che nonè riuscito a portare a termine e soprattutto peril suo temperamento a volte travolgente: si èinfatti definito “un elefante che si muove tra vetri-ne di cristallo”.Mentre in chiesa, c’erano molti occhi lucidi eun gran traffico di fazzoletti, il parroco conti-nuava con il ringraziare tutti i presenti sottoli-neando che “dai Gavignanesi ho imparato tan-to , soprattutto la fraternità e ho sentito moltola guida e la protezione di Maria in questa pri-ma esperienza da parroco”. Nell’offertorio sono stati donati al parroco un cestodi prodotti locali tra cui i buonissimi “macche-

runi” (di cui don Daniele è ghiotto) e una signi-ficativa medaglietta d’oro con incisa l’imma-gine della Madonna delle Grazie, offerta dai par-rocchiani e dal gruppo di devoti della Madonnache ogni terzo giorno del mese si riunisconoper perpetuare il culto. Questo dono ha profondamente commosso donDaniele , che si è sempre dichiarato protettoe innamorato di Maria Santissima.

A questo punto sono stati i parrocchiania ringraziare il parroco per tutto ilbene ricevuto in questi sei anni, perle tante attività svolte e per l’entusiasmoche don Daniele ha trasmesso allacomunità nel “fare bene il Bene”.A testimonianza di questo ‘zelo perla casa del Signore’ gli è stato rega-lato un poster di fotografie che ricor-dano i momenti felici del giovaneparroco con la comunità gavigna-nese: dalla gioiosa celebrazione del-le tradizionali feste religiose, ai pel-legrinaggi con la comunità, dai cam-pi scuola con i ragazzi ai ritiri spi-rituali... e cosi via.Anche il Sindaco Claudio Sinibaldi,visibilmente commosso, ha volu-to ringraziare il parroco per:“aver saputo attivare una proficuasinergia con l’AmministrazioneComunale nell’aiuto alle famiglie piùbisognose, diventando esempio eforza trainante nelle attività solidali.” Al termine della Messa, un ricco rin-fresco offerto dal Comune e daiparrocchiani di Gavignano, con-tornato da uno spettacolo pirotec-nico mentre si formava una fila di

‘pecore’ per abbracciare un ‘pastore buono’che ha saputo educare bene le sue pecore, cheora lo rimpiangono con compostezza e che condocilità e spirito di obbedienza hanno saputorinunciare a lui. Nei vicoli di Gavignano si sen-te una gran tristezza e una sola parola… GRAZIE DON DANIELE !

no la signorilità, lo spessore umano dell’illustrePersonaggio anche se la severità della figuraintimoriva un poco noi ragazzi. Il 2 settembre 1949, Monsignore affronta la suaultima missione come Nunzio apostolicod’Irlanda. La notizia è accolta con grande soddisfazionenel Paese di lunga e tenace devozione alla Chiesa:i giornali irlandesi pubblicano, in quei giorni, det-tagliati articoli per illustrare sia la personalità delNunzio, sia la sua terra d’origine. L’annuncio della nomina aveva suscitato mol-to entusiasmo in Irlanda e la comunità irlandesedi Roma aveva gareggiato nel rendergli omag-gi. L’ambasciatore presso la Santa Sede Mr. JosephWalshe, accompagnato dalla moglie, si era reca-to personalmente a Segni, dove Mons. Felicitrascorreva l’estate nella casa di famiglia, in vico-lo Colabucci, ospite delle sorelle Duelli: la Sing.Zaira (cognata ) e Ines, per conoscere il Nunzio.Erano usciti entusiasti del colloquio con l’illu-stre prelato: l’Irlanda non avrebbe potuto ave-re un Nunzio più dotto e preparato all’alta Missione.I giornali del tempo testimoniano l’entusiasmocon cui il popolo irlandese, di antica tradizionecattolica, accoglie il rappresentante del Pontefice.

Nei 18 mesi trascorsi alla nunziatura d’Irlandala sua attività è molto intensa tanto che il nostroillustre concittadino viene insignito del dottora-to presso l’Università Nazionale Hibernia.Il 9 maggio 1951, dopo breve malattia, muorea Dublino. Accanto a lui, nel momento del decesso, ci sonoil nipote, Mons. Angelo Felici2, della Segreteriadi Stato, giunto a Dublino il lunedì precedente,e Mons. Benelli, Segretario della Nunziatura. La notizia della scomparsa del Nunzio suscitaprofonda commozione in tutta l’Irlanda. Sul palaz-zo del governo e su tutti gli edifici pubblici del-la città vengono esposte le bandiere a mezz’astae numerosi messaggi di condoglianze giungo-no alla Nunziatura. Una folla di 25000 persone è dislocata lungo ilpercorso dalla Nunziatura alla pro Cattedraleper poter rendere omaggio al defunto.Alla solenne messa di requiem, celebratadall’Arcivescovo e cantata dal decano del capi-tolo metropolitano, il rev. Dunne, vescovo di Nara,assistono il presidente O’Kelly e i membri delcorpo diplomatico del Governo, del Consigliodi Stato, del Clero, dell’Ordine giudiziario i rap-presentanti dei vari consolati e delle Forze Armate. La sua salma riposa nella cripta, riservata agli

arcivescovi, nella Pro-Cattedrale della città.Nella sua prestigiosa carriera diplomatica,gestita con l’equilibrio di un “principe delRinascimento”, Mons. Felici ha portato il mes-saggio evangelico, ma anche i valori che lo lega-vano alla sua terra d’origine.

Tratto dal libro omonimo di Valeriano Valenzi,consultabile sul sito www.comune.segni.rm.it

*Storico Segnino

1 Mons. Roncalli, eletto Papa il 28 ottobre 1958, con il nomedi Giovanni XXIII, ha tenuto l’ultimo ciclo di prediche, inoccasione dei festeggiamenti per l’ottavo centenario del-la nascita di S. Bruno, a Segni (ospite nell’abitazione delcanonico Don Vincenzo Boccardelli, in via della Pretura,forse segnalato ai canonici dal suo amico Don Ettore, cono-sciuto a Roma durante i loro studi teologici e filosofici).

2 Nato a Segni il 26 luglio 1916 Arcivescovo titolare di Cesarianapronunzio apostolico nei Paesi Bassi e Nunzio inPortogallo e in Francia. Eletto cardinale fu prefetto dellaCongregazione per le cause dei Santi. Presidente dellapontificia commissione Ecclesia Day.

segue da pag. 38

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Tonino Parmeggiani

IIl giorno 4 novembre 2013, a tre giorni dalcompimento del suo 98° compleanno, èdeceduto a Norma, sua amata città nata-

le, mons. Fernando De Mei. Conosciuto da tut-ti come semplicemente don Fernando in quan-to, da persona umile qual’era, non ci teneva pro-prio ai titoli onorifici, benchè avesse scritto alme-no una trentina di volumi, che anda-vano dalla ricostruzione storica del-le città della soppressa diocesi diVelletri ad altri di raccolte di poe-sie fino a poemi in versi.Don Fernando era nato a Normail 7 novembre 1915 da Flaviano ePasqua Gazzelloni, in via Marta ea questo ricordo della sua infan-zia ci teneva molto, tantoché nel-la sua guida di “Norma ieri e oggi”,del 1995, volle inserire nel fogliodi guardia proprio una sua foto accan-to alla casa natale; nella premes-sa a questo volume c’è racchiu-so praticamente tutto il suo filo con-duttore di scrittore e storico: rac-cogliere le testimonianze del pas-sato, non solo quelle materiali maanche quelle religiose, culturali esociali della popolazione per tra-smetterle alle nuove generazioni,spesso ignare della loro storia.Dopo i primi studi presso ilSeminario veliterno, si laureò in Filosofiae Teologia presso il PontificioAteneo Lateranense, dove venneordinato sacerdote il 14 febbraio 1942; fu poiincaricato dapprima come vice parroco nella Cattedraleveliterna di S. Clemente dove era allora parro-co Mons. Moresi al quale peraltro don Fernandodedicò un libro nel 2001, “Il Vicario, vita e ope-re di Monsignor Ettore Moresi” (nella premes-sa: “Posso dire che l’intera mia vita è trascor-sa sotto l’ombra di mons. Moresi…) e altresì,nominato dapprima come professore di mate-matica e poi come vice Rettore nel Seminariominore diocesano. In seguito, nel 1950, diven-ne parroco a Campomorto (l’attuale Campoverde)da cui passò nel 1954 alla parrocchia di Tor TrePonti, entrambe in territorio pontino.Ritornato a Velletri nel 1956 proseguì il suo mini-stero sacerdotale con vari incarichi, Insegnantedi Religione nelle scuole medie, Amministratoredel Seminario e della Villa di Norma (allora sedeestiva per i seminaristi, apportandovi varie miglio-rie), Assistente Diocesano di Azione Cattolica,come Canonico del Capitolo della Cattedrale edinfine come Delegato Vescovile per la formazionedei Diaconi Permanenti, accogliendo da subi-to il nuovo spirito conciliare di apertura ai laici,donando per di più una bella somma allo stes-so Collegio dei Diaconi Permanenti. Divenne poi Rettore della Chiesa di S. Pietroin Velletri nonché Primicerio della Confraternitadel Gonfalone che quì ha la sua sede ed anchequi non mancò di intervenire con generosità neilavori di ristrutturazione della chiesa, collabo-

rando nel contempo presso la parrocchia di SanMichele Arcangelo, di cui era parroco il nipotedon Gaetano Zaralli. Oramai Velletri era diventata la sua seconda patria,a fianco della sorella Zaira e dell’amata mam-ma Pasqua, morta a Velletri all’età di 103 anniproprio il giorno di Pasqua del 1993; alla pre-senza della mamma ebbe la gioia di celebrareil suo 50° di Ordinazione sacerdotale nell’ago-

sto del 1992. Il 1 settembre 1997 venne nomi-nato Protonotario Apostolico Sopr. Negli anni settanta del secolo scorso, dopo ilpensionamento, incominciò una nuova fase del-la sua vita, quella di scrittore di storie locali, omeglio delle chiese locali, e di alcuni suoi illu-stri personaggi ma, sarebbe forse più giusto dire,che continuò sulla carta stampata il suo man-dato sacerdotale e pastorale, svolto sempre congrande umanità, rimanendo sempre ‘amico ditutti’.Dopo alcuni scritti di poesie, la sua primaopera storica venne alla luce nell’anno 1978 con“La meravigliosa storia di Velletri” (fu nell’occasione,a fine messa nella parrocchia di S. Angelo, chequesta venisse presentata brevemente, che loscrivente conobbe per la prima volta don Fernando),donando il ricavato alla Caritas diocesana e, comeper tutti i volumi che verranno, mai l’autore hatrattenuto qualcosa per se. Nel proseguo verranno alla luce, nel campo del-le storie locali: “La chiesa e Parrocchia di S. Marcoin Latina” (1983), “Velletri, viaggio dentro la Città”(1983), “La Terra di Lariano” (1984), “LaMadonna delle Grazie di Velletri” (1987),“Norma cinque secoli di Storia” (1990), “La Terradi Cisterna” (1992), “Norma ieri ed oggi”(1995).Tra le figure che ebbero nel tempo rap-porti con il nostro territorio ricordiamo: “IlServo della Parola, Padre Antonio Baldinucci”(1979), “Padre Mariano di Norma, OFMMissionario e Vescovo in Cina” (1989), “Sul bal-

cone dei Lepini” (2000), “Il Vicario, vita di mons.E. Moresi” (2003). A testimonianza del suo impegno verso i laici,ricordiamo “Le Confraternite di Norma (1985),“I nostri Patroni” (2007), ed altri articoli appar-si sulla stampa circa le confraternite di Velletri.Nel campo poetico e narrativo, sono da anno-verare oltre una decina di titoli, tra cui “La ScalaMisteriosa (2005), “Latina nel dramma della Bella

Ninfa”, “La Bella Ninfa” (1995),“I Monasteri dell’Agro Pontinonel dramma della Bella Ninfa”(1997), in cui il nome di Ninfavuole ricordare l’altro tema caroa Don Fernando, la scopar-sa della città di Ninfa, postaproprio sotto il dirupo diNorma e di cui oggi rimangonosolo rovine.Oltre che nelle sue pubblicazioni,don Fernando era un assiduocollaboratore dei giornalilocali di Velletri dove setti-manalmente comparivanouno o più articoli che spaziavanoin vari campi, come ad esem-pio in qualità di critico d’artedi tutte le mostre artistiche svol-tesi presso l’allora Galleria d’ar-te veliterna “Il Punto”. Suoi scrit-ti sono apparsi in molte altreriviste dell’area pontina cosìcome di enti culturali, spes-so è stato chiamato a far par-te da giurie letterarie.In occasione degli auguri di

fine anno al Vescovo, era sempre lui che orga-nizzava quel gruppo di amici che ruotava intor-no all’informazione locale. Non possiamo però tacere l’altro grande temadel suo impegno in campo ecclesiale, il sognodella ricostituzione della diocesi di Velletri, smem-brata nell’anno 1967 della parte ricadente nel-la provincia di Latina, cosa che proprio non ave-va digerito per cui negli anni ottanta, quando sem-brava aprirsi qualche spiraglio in merito, non man-cò di far sentire sulla stampa il suo dissenso,la sua proposta in merito.Potremmo dire in sintesi che tutta la sua ope-ra di ricerca storica, basata spesso su fonti d’ar-chivio inedite fino ad allora, è stata quasi unareazione a tale evento, cercando di non far cade-re i ricordi, le testimonianze di tanti secoli di vitavissuta insieme.Ai funerali, svoltesi nella Parrocchia di Normacon la partecipazione di tante persone illustri edel popolo a testimonianza che don Fernandoera amato da tutti, erano presenti i Gonfalonìdelle Città di Norma ed anche di Velletri di cuiera stato dichiarato “cittadino onorario” nell’an-no 2004. La S. Messa esequiale è stato presiedutadal nostro Vescovo mons. Vincenzo Apicella, con-celebrata da oltre 10 sacerdoti, tra cui il Vicariodella diocesi di Latina-Sezze-Priverno-Terracina,che da ragazzo aveva frequentato proprio la suaparrocchia, e dai suoi amici Diaconi Permanenti.

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NNella Basilica Vaticana si sono tenu-te, nel pomeriggio di mercoledì 13novembre, le esequie del cardina-

le Domenico Bartolucci, già Maestro della CappellaMusicale Pontificia “Sistina”, scomparso lo scor-so 11 novembre all’età di 96 anni. Al termine della celebrazione eucaristica, PapaFrancesco ha presieduto il rito dell’UltimaCommendatio e della Valedictio. Dopo una lunga vita di servizio alla Chiesa- ha detto nell’omelia il decano del Collegiocardinalizio, cardinale Angelo Sodano - unasolenne melodia, intonata dal coro degli ange-li, accompagna ora il cardinale DomenicoBartolucci: “Ora l’udito del nostro cardinale– ha affermato il porporato - si è chiuso all’a-scolto delle melodie per ascoltare, per sem-pre, le melodie più solenni, più solenni anco-ra di quelle di Palestrina o di Bach che tan-to amava. Le melodie cantate dagli angeli delcielo”. (A.L.) Sacerdote, compositore, direttore di coro ed’orchestra, il Maestro toscano è ( stato ) unodei più celebri musicisti italiani contempora-nei. In occasione del Concistoro Ordinario Pubblicodel 20 novembre 2010 il Santo Padre BenedettoXVI ha voluto nominarlo Cardinale per la gene-rosità e dedizione con la quale si è distinto nelservizio alla Chiesa. La sua notorietà è amplis-sima soprattutto nell’orbe cat-tolico. Nel 1956, infatti, allamorte di Lorenzo Perosi, PioXII gli conferì l’ufficio di DirettorePerpetuo della CappellaMusicale Pontificia e pochianni più tardi fu annovera-to tra gli Accademici diSanta Cecilia. Da allora è stato conosciu-to ed apprezzato, principal-mente come direttore, nel-le splendide esecuzionidurante le liturgie papali. La sua fama è cresciuta grazie ai successi otte-nuti negli innumerevoli concerti che la CappellaSistina ha tenuto nei vari continenti, testimoniandol’arte e la fede della Chiesa cattolica e mante-nendo vivo l’inestimabile patrimonio del cantogregoriano e della polifonia sacra. In questo contesto la Fondazione vuole innal-zare a pari notorietà Domenico Bartoluccianche come compositore fecondissimo, straor-dinario e sotto molti aspetti unico nel panora-ma della creatività musicale novecentesca. Operando tra Firenze e Roma, sotto le Cupoledi Santa Maria del Fiore e di San Pietro, Bartolucciè cresciuto e si è formato fin da ragazzo viven-do a contatto con le opere dei più celebri arti-sti italiani (Giotto e Beato Angelico, mugellanicome lui, Masaccio, Brunelleschi e Michelangelo);si è nutrito inoltre della tradizione musicale del-la Chiesa, ha assorbito la lezione dei maestri

del passato – in particolare di Palestrina - ed èstato capace di creare opere della stessa soli-dità, in un linguaggio nuovo e personale. Il patrimonio musicale che lascia il Maestro (oltre

quaranta volumi di musiche)riveste senza ombra di dub-bio un carattere di altissimopregio.Il fatto che la sua produzio-ne abbia coperto e soverchiatoun intero secolo, non limitandosiai confini della musica religiosa,ma rivelando una competenzaartistica a tutto tondo, lapone in una posizione privi-legiata per essere osserva-ta, studiata e gustata comeuna delle espressioni piùsignificative dell’Occidente.

Conservare, proteggere e promuovere tale patri-monio artistico, altamente valido sia intrinsecamenteche relativamente al lungo arco di tempo in cuiè stato prodotto, è pertanto un’opera necessa-ria al fine di preservarlo per i tanti che ora e infuturo vorranno attingere a pie-ne mani l’espressione di unacreazione raffinata e auten-tica della musica del Novecentoitaliano. Per tutti questi motivi inoccasione dell’85° com-pleanno del Maestro, festeg-giato con l’esecuzione del suoOratorio La Tempesta sul Lago,da lui stesso diretta nella Basilicadi Santa Maria Maggiore, ven-ne annunciata ufficialmentel’imminente costituzione del-la Fondazione Domenico

Bartolucci. Nell’occasione il Cardinale Paul Poupard, allo-ra Presidente del Pontificio Consiglio della Culturaincoraggiava e sosteneva l’iniziativa riconoscendo“il grande impegno musicale del Maestro ed ilsuo significativo contributo alla musica sacra delXX secolo”. Richiamando i contenuti della Lettera agliArtisti di Giovanni Paolo II, nella quale si riba-diva la volontà ecclesiale di un legame semprerinnovato col mondo dell’arte, il Cardinaleesprimeva al Maestro gratitudine e viva ammi-razione: “il Maestro Bartolucci, da vero artistacristiano, è riuscito, con la sua musica e con lasua opera di direzione musicale, a rendere per-cepibile e affascinante il mondo dello spirito, acomunicare in maniera suggestiva e coinvolgenteil messaggio della fede cristiana, il Vangelo diCristo risorto”.Come tante altre personalità della cultura, del-lo spettacolo, della politica, dello sport del mon-do ecclesiastico Mons. Bartolucci trascorre peri-odi estivi nella sua residenza nella zona collinaredi Velletri in località Cigliolo.

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Sara Calì

DDomenica 3 novembre si è tenuta ad Artenala messa di presentazione del nuovoparroco di S. Stefano: Don Daniele Valenzi.

A celebrarla il nostro vescovo Mons. VincenzoApicella. Abbiamo ritenuto opportuno far cono-scere a tutti il nuovo sacerdote attraverso un’in-tervista che si è rivelata, oltre che piacevole,illuminante su alcuni aspetti della sua personalitàe della sua profonda spiritualità.

Allora, Don Daniele, in primo luogo ti salu-tiamo e ti accogliamo con un affettuoso salu-to. Conoscevi già Artena?Visto l’impegno che ho avuto e ancora ho in Diocesicome responsabile della Pastorale giovanile edell’ufficio catechistico diocesano, mi sono tro-vato spesso a visitare le varie parrocchie, tracui anche quella di Artena, nella quale, però,non sono mai stato assiduamente prima d’ora.Precedentemente l’ho visitata quando furono invi-tati i seminaristi del Pontificio Collegio Leoniano

di Anagni, io, all’epoca, ero uno di loro e fre-quentavo il secondo anno di Filosofia. Erano parroci, qui ad Artena, Don Paolo Latini(S. Stefano) e Don Leonardo D’Ascenzo.

Quali progetti hai per Artena?L’unico sogno che io ho è di por-tare il Signore in qualunque luogomi trovo. Possono cambiare i nomi dei pae-si e delle persone ma il mio desi-derio rimane sempre lo stesso.D’altronde in ogni paese in cui mitrovo mi affeziono e mi fa piacererimanerci.

In questo momento storico in cuisembrano dominare gli stru-menti informatici e le nuove tec-nologie e tanti giovani sono dis-orientati, come è possibile par-lare loro di Dio?I giovani sono il tesoro prezioso e

fragile del nostro tempo. Chi si avvicina a loro ha il dovere diproteggerli e per proteggerli intendoeducarli. “Sono restii ad ascoltare i maestri”, rubole parole a Paolo VI, e se qualche vol-ta li ascoltano lo fanno non perché liriconoscono come maestri ma perchéessi sono effettivamente “testimoni”. Ecco, penso che questo sia il segre-to per avvicinare oggi i giovani: testi-moniare con la propria vita la fede attra-verso la quale fargli incontrare Dio.

Prima ci hai parlato del tuo sognodi portare il Signore ovunque.Quando è nato in te questo desi-derio?Sono tanto curioso, del mondo, del-le persone, di tutto. Mi sono semprechiesto il perché di ciò che mi circonda,ma ciò che mi ha sempre incuriositodi più sono le cose meravigliose che

vedo nella mia vita, e che non credo di meri-tare, ma so che la ragione della loro esistenzaè da ricercare nell’amore di Dio per me. Da sempre cerco di corrispondere generosa-mente a quest’amore donando me stesso. Oltre alla mia vita, non avrei altro da donare.

Dopo queste bellissime riflessioni, raccon-taci qualcosa di simpatico di te.Sono nato il 20 maggio 1977, un venerdì di lunapiena e molti dicono che sono lunatico, io nonvoglio rispondere a queste “accuse”, tuttavia,chi mi conosce non le ha ancora smentite…

Infine, sei così giovane… è vero che gio-chi a pallone con i ragazzi della parrocchia?I miei trascorsi, in realtà, sono da rugbista, evi-dentemente perché non sono poi così bravo coni piedi… comunque sì, è vero perché mi piacecondividere questo divertimento con i ragazzidella parrocchia.

Un grazie sentito a Don Daniele. Benvenutotra noi!

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Educare i giovani alla Flessibilità. Ecco la generazione che lo cerca,

che cerca il tuo volto (Sal 23)

Francesca Proietti*

EE ssere giovani oggi non è facile, quale van-taggio si ha ad essere giovani nel bel mez-zo di una crisi epocale ed esistenziale?

Quale sarebbe il vantaggio di vivere da giova-ni in un’epoca dove il futuro è senza certezza,senza lavoro, senza stabilità, dove alla parolafamiglia non corrisponde un’immagine di futu-ro, ma una di passato, che non spinge ad anda-re avanti, ma a rimanere dove si è (e questonel migliore dei casi!). Come si può allora essere felici di essere gio-vani oggi in un mondo diverso da quello che ciè stato descritto e raccontato da bambini? Siamo stati educati e socializzati a un mondodiverso da quello in cui viviamo, e da molte par-ti ci spingono a credere di non possedere le risor-se per viverlo, per cambiarlo questo mondo!Ogni giorno ascolto discorsi di giovani già vec-chi! Sono convinti che questa generazione abbiaun triste destino, che non avremo mai un lavo-ro, mai una soddisfazione professionale, che que-sto sia riservato solo a coloro che ormai tutti defi-niscono “raccomandati”, e poi non troveremo maiil vero amore (che non esiste più – dicono!), eancora, che semmai trovassimo un lavoro, nonandremo mai in pensione, che tutti pensano aipropri interessi e nessuno lascia spazio ai gio-vani e via dicendo, potrei continuare per pagi-ne intere con questi che sembrano luoghi comu-ni, tutto questo malcontento purtroppo parte dasituazioni concrete, da delusioni e disillusioni... Ragazzi però dove porta questo atteggiamen-to? Pensare che siamo spacciati, senza futu-ro, ci fa crescere o ci fa sprofondare nella depres-sione? Davvero non avrebbe senso essere gio-vani vivendo di rimpianti e senza sogni, rimpiantidi cosa poi? Di chi? Di un mondo che non ci appar-tiene? Di una realtà che non abbiamo vissutoe che non ci appartiene?Nella vita è necessario mettersi in discussione:tutti vorremmo prendere ottimi voti senza stu-diare; tutti vorremmo che qualcuno ci offrisse illavoro che desideriamo (certo se avessimo un’i-dea del lavoro vorremmo svolgere!); oppure ere-ditare una villa con piscina senza dover fare unmutuo (che non possiamo ottenere); oppure vin-cere un montepremi milionario e perché no, acca-dano anche di queste cose, ma siamo realistiper ottenere dei “successi” bisogna rischiare esoprattutto spendersi! Mi stupiscono i miei coetanei che stanno tuttoil giorno davanti al computer chiusi in casa e silamentano che non riescono a trovare lavoro,io gli dico: «Che lavoro stai cercando?» e loro«Quello per la quale ho studiato!», ma in veri-tà ...non lo sanno neanche loro!In realtà però non possiamo stupirci più di tan-to, questa generazione non ha colpa, non c’èuna responsabilità singola da attribuire ai gio-vani piuttosto che ai genitori o alle istituzioni, quelche è certo però è che, questa generazione non

ha avuto una socializzazione adeguata rispet-to alla costruzione della propria identità. I giovani di oggi hanno avuto dei modelli a cuiidentificarsi che non esistono più, è necessa-ria allora una presa di coscienza da parte di tut-ti, è chiaro che il mondo non è come ce lo ave-vano presentato, non è vero che “se studi e pren-di buoni voti farai successo e troverai un bel lavo-ro” eppure questo ci dicevano da bambini, e anco-ra, non è vero che “se non hai voglia di studiarefarai un lavoro poco retribuito”, infatti si posso-no trovare facilmente imprenditori poco istruitia capo di personale specializzato (a volte sot-topagato), tutto ciò fa credere ai giovani che quan-to scritto all’inizio sia la triste realtà...eppure que-sta è solo una parte della vita vera! Esiste un nuovo modo di realizzare il proprio pro-

getto di vita, di costruire la propria identità, didefinire il proprio Sé in modo tale da riuscire ascegliere i propri orientamenti di vita, mirandoall’equilibrio personale e sociale: questo meto-do è il coraggio!Avere coraggio vuol dire avere forza di volon-tà, significa affrontare con il cuore [cor-] le situa-zioni difficili e quindi rischiare, buttarsi, impegnarsi,significa avere Fede, speranza, credere in sestessi, nel proprio dono, nella propria vita. Credere che nonostante le difficoltà, il proprioprogetto di vita si realizzerà. Come ci ha ricor-dato anche Papa Francesco: «Un cristiano nonpuò mai essere triste... Per favore non lascia-tevi rubare la speranza!». Per fare ciò però bisogna avere una qualità nuo-va... in realtà tutti l’abbiamo, ma nessuno ci ave-va detto di utilizzala, infatti non serviva ai nostrigenitori, ma è servita, per esempio, ai nostri non-ni subito dopo la guerra: si tratta della flessibi-lità, della capacità di piegarsi, di adattarsi a dif-ferenti condizioni al mutare delle circostanze sen-za farsi spezzare o schiacciare.

È la consapevolezza di essere flessibili che cirende coraggiosi, che ci fa scegliere le stradepiù difficili per arrivare alle mete più soddisfa-centi... Eh sì, sembrerà strano, ma anche noigiovani del terzo millennio abbiamo dei sogni,degli obiettivi da raggiungere, sono lì, hanno solobisogno di essere stimolati, soltanto che a dif-ferenza dei nostri genitori e come i nostri non-ni, noi di questa generazione, abbiamo bisognodi combattere per realizzarli. Quindi Giovani: impegno, coraggio e flessibili-tà, a questo dobbiamo ri-educarci, e voi geni-tori, educatori, catechisti, insegnanti, sacerdo-ti, aiutateci e guidateci in questo nuovo camminoeducativo, aiutateci a prendere il volo, non voglia-te tenerci sotto le vostre ali protettive, non abbia-mo bisogno di questo, ma abbiamo bisogno di

coraggio, aiutateci ad essere audaci, a farci sen-tire importanti, a farci capire che ognuno di noiè fondamentale per il futuro di tutti e della nostrasocietà. Noi Giovani, dal canto nostro, non fac-ciamoci togliere la speranza, il sorriso, la gioiadi essere vivi e di voler costruire il nostro futu-ro per dare futuro al mondo in cui viviamo.

*Sociologa e Animatrice di comunità del Progetto Policoro nella Diocesi di Velletri-Segni

Ricordo che lo sportello diocesano del ProgettoPolicoro (Ufficio Pastorale Sociale e del Lavoro)è aperto tutti i lunedì dalle 17 alle 20 e che leanimatrici (Francesca e Marta) sono disponibi-li a eventuali appuntamenti in altri giorni e/o ora-ri, sempre su appuntamento:[email protected]; tel: 340 6845924 - 328 5844442.

Nella foto del titolo: Partecipazione del Progetto Policoro diocesano alla Festa del Volontariato

organizzata dalla Caritas ad Artena, il 27 ottobre 2013.

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Alessandro Gentili

DDomenica mat-tina a SanClemente.

Finisce la Messa e uscia-mo. Io e un signore sia-mo i primi. Fuori, nel chio-stro, un non-italiano enon-europeo. Fuma.Il signore che è usci-to davanti a me lo redar-guisce con un cipigliodegno d’un maestro cheha sorpreso un alunnoa fumare al bagno. Poitira dritto tutto conten-to. Forse avrà fatto purela Comunione?Sera. Cena tra amici.Chi più chi meno “pra-ticanti”: i più si distin-guono per competen-za di citazioni. Qualcuno usa il breviario (i quattro volumi), qualcun altro usa l’unico (quel-lo voluminoso). Al che il diacono presente dice:”Ah! Quello è per prin-cipianti!”Libreria. E’ uscito il nuovo libro su Gesù di Ratzinger. Entrano un dia-cono con sua moglie. C’è il librario che mette in ordine. Il diacono “pre-

ga” la moglie dilasciarlo qualcheminuto solo con illibraio per discuteredel libro di Ratzinger:“Come lo hai trova-to? Un po’ al di sot-to delle aspettati-ve, vero?”, dice il dia-cono. La moglie, intanto,spulciava narrativa persignore.Bar. Capannello dipersone. Entra unsacerdote che siunisce. C’è Lampedusa comeargomento.Il sacerdote appog-gia l’iniziativa delPapa (ci manche-rebbe…) e invita i cri-stiani ad aprire le por-te di casa per l’ac-coglienza.

Al che qualcuno risponde: “Intanto cominciate voi ad apre le porte del-le parrocchie, della curia… Dite bene, voi che la notte dormite al sicu-ro. Date voi il buon esempio…”Una sera ho visto in tivvù i francescani stropicciarsi le mani dalla con-tentezza per l’elezione di Bergoglio come Papa Francesco. Peccato che

non ero lì presente: ho girato in lungo e in largo i conven-ti francescani del Lazio ma in nessuno ho trovato “MadonnaPovertà”. Anzi, per dirla tutta, mancavano solo le donne,poi c’era di tutto. Ma dicevano che erano regalie…Mi è capitato di leggere il libretto di Fulton Sheen “Viverela Messa”. E’ una lettura che mi ha sconvolto: non avevocapito niente di quello che succede sull’altare. Ma forse è meglio così, la ragione umana non può sopportaretutta quella Luce…Così andiamo avanti, cristiani contro l’evidenza, stiracchiandola nostra fede tra mille compromessi, impedimenti, pigrizie,beneficenza tarata secondo la dichiarazione dei redditi (c’èla cucina da rifare, c’è l’ultimo iphone, l’ultimo plasma, l’ul-timo modello dell’auto, l’ultimo sconto per le Maldive). Sono in disaccordo con i religiosi che pubblicano monta-gne di libri, e il più delle volte per una questione di tono,non di contenuto (San Tommaso sul letto di morte disse del-la Summa: “E’ tutta paccottiglia…”). Sono in disaccordo con i religiosi onnipresenti in televisio-ne a cincischiare sul Sacro come fosse un argomento daaccostare all’ultima velina. Scrivo queste cose perché sono(non sebbene sia) cattolico. Lo dico apertamente. Sono un cattolico colpevole. E’un far-dello da portare. Questo significa vivere la contemporaneità con sofferenzae in misura estrema, tanto da essere definito “fiscale oltremisura”, quindi “colpevole”. Se c’è una cosa difficile da ammet-tere è di essere un pessimo cristiano e di essere contestatosu questa affermazione da chi dice di conoscerti bene. MaCirillo di Gerusalemme istruiva così i catecumeni: ”Il dra-go è sul ciglio della strada e scruta i passanti. Attenti chenon vi divori! Siete diretta al Padre delle anime, ma pri-ma dovete passare davanti al drago.”

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Luca Leoni

RR ighi sulla cenere è basato sui racconti orali della mia bisnon-na materna Maria, dei miei nonni, di mia madre e di mio padreche, negli anni, si sono materializzati in tessere di un mosai-

co che s’è dilatato sempre di più. È un trittico letterario diviso nei gruppi di racconti ‘La profezia di Assunta’,‘La nebbia di Alvaro’ e ‘Le scarpettine di Agatina’, i cui titoli si riferisconoal racconto più rappresentativo contenuto in ciascuno di essi. (...) Ho scelto il titolo e il sottotitolo per due motivi. Il primo, relativo a ‘Righisulla Cenere’, è dovuto al modo di dire ‘fare irighi sulla cenere’, ossia fare qualcosa di inu-tile e senza senso, avendo come unica ed acci-diosa finalità quella di ‘ammazzare’ il tempo.Il secondo motivo di queste scelte, cioè il sot-totitolo esplicativo ‘Racconti brevi per la not-te di Natale’, riassume l’esclamazione “non baste-rebbe l’intera notte di Natale!”, usata quandosi vuole sottolineare la lunghezza e, soprattutto,la trama intricata di una storia la cui narrazionerisulta talmente ardua da dover ricorrere ad innu-merevoli digressioni. Qualcosa di simile ai racconti di “Le Mille e unaNotte”, grazie ai quali Sherazade riuscì a sal-varsi la vita. Ho scritto racconti la cui esten-sione media non superi le due pagine, facen-do tesoro dell’adagio “il gioco è bello quandodura poco”: inizio, svolgimento, fine. Punto. Comele fiabe. Per riprendere il discorso, chissà, in una rac-colta futura. Gli spunti creativi si sono mate-rializzati come cubetti di glutammato, inizial-

mente condensati in puri e semplici titoli e sviluppati come fossero bro-do da diluire. Un brodo caldo al punto giusto, arricchito da aneddoti simi-li a mezzelune di cipolla, che lo rendono più gustoso e più ricco. Il risul-tato finale, spesso e volentieri, si rivela come un approdo su lidi impre-visti e non programmati. Ogni racconto si potrebbe concepire anche come la sinossi di un roman-zo tutto da scrivere: un viaggio dopo il quale si dovrebbe acquisire, percitare Shakespeare, una saggezza dal sapore di un biscotto soprav-vissuto ad un viaggio per mare.

"Da lassù, i miei silenziosi avi mi hanno man-dato a chiamare per anni, ma non ho risposto,pensando che il passato fosse una partita per-sa a tavolino. Rovine, soltanto rovine da impac-chettare e cedere al miglior offerente. Evitavo persino di percorrerla, la Via dei Laghi,pur di non assistere a quell’atroce agonia silen-ziosa, che mi urlava dentro, ogni volta, gridalancinanti".

Incontro con l’autore: Venerdì, 13 dicembre, ore 17,30,

Libreria Mondadori, Velletri.Interverranno:

Armando Guidoni, editore di Controluce e

Maria Lanciotti, scrittrice.Letture a cura di Alessandra Leoni.

Presentazione del libro:Venerdì, 20 dicembre, ore 17,30,

Museo diocesano Velletri,Sala Silvana Paolini Angelucci.

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Prof. Antonio Venditti

NNon è un’e-spressioneusata in

senso metaforico,ma la triste realtà:l’Edificio scolastico èstato davvero incen-diato e non da sco-nosciuti piromani,bensì da alunni; nonin una località arre-trata culturalmente,ma a Roma, centroluminoso della culturae dell’arte; e, ironiadella sorte, la Scuolaè un Liceo, che por-ta il nome di Socrate,il grande filosofoche insegnava ai giovani l’”amore del sapere”,stimolando sapientemente in ognuno la ricer-ca della “verità” nella propria interiorità.E’ desolante fare tali considerazioni, perché signi-fica che non c’è limite all’insipienza umana ela violenza più gretta attecchisce e produce isuoi velenosi frutti, là dove dovrebbe fiorire un“giardino di bellezza”. Che giustificazione è emer-sa nello squallore umano e sociale? La “ven-detta” rabbiosa di alunni “bocciati”, che, inve-ce, hanno dimostrato la giustezza del negati-vo “giudizio” a livello scolastico, non soltantodal punto di vista della “ignoranza” dellematerie di studio, ma soprattutto per la man-cata formazione morale e civile. C’è da augurarsi che non si aggiunga ignominia,con la ricerca di responsabilità di altri, da par-te anche dei genitori, chiamati a prendere attodi un fallimento eclatante nell’educazione deiloro figli, per ricominciare a tessere una nuo-va tela educativa, con gli opportuni aiuti da par-te di tutti, degli operatori scolastici, della comu-nità locale e delle agenzie educative del terri-torio. Si deve, una buona volta, in questo nostromartoriato Paese, stabilire che la “colpa” gra-ve va condannata, senza fuorvianti attenuazioni,e la rieducazione deve iniziare proprio dalla pre-sa di coscienza delle “responsabilità” personali,acciocché la giusta pena abbia davvero la fun-zione di catarsi, di rigenerazione del cittadino,rispettoso delle leggi e dei regolamenti e immu-ne da ogni istinto di violenza. Ciò detto, per evi-tare ogni equivoco, nella considerazione del fat-to di incontrovertibile ed estrema gravità, si deveriflettere, ancora una volta, sulla scuola, sullasua funzione e sulla sua vita interna.La scuola è “centro di cultura” e luogo di cre-scita, necessariamente serena ed armoniosaper alunni/e che la frequentano e che sono i“soggetti dell’educazione”, nel senso che tut-to ruota attorno a loro e tutti operano per l’in-tegrale formazione della loro personalità.

Il ruolo dei docenti è fondamentale, perché ognialunno/a è per loro soggetto particolare di curasapiente, seria, proficua, nel rispetto della per-sona, dei ritmi di apprendimento, delle difficoltàe dei limiti. Ogni docente deve svolgere, con competenzae con perizia, il suo ruolo di “facilitatore” del pro-cesso di apprendimento, per poi valutare i risul-tati con “oggettività”, che significa anche rigo-re, ma non disgiunto dall’amorevolezza, che èla considerazione benevola delle difficoltàincontrate, per non scoraggiare mai nessuno,bensì consigliare con convinzione le possibili-tà di recupero, nei tempi e nei modi possibili;anche ripetere l’anno può essere necessario,per colmare gravi lacune, ma ciò deve esserespiegato, per evitare l’impressione che sia unatto di rifiuto o di ostilità della scuola. La scuola ha la funzione di “promuovere” la for-mazione di ogni alunno/a nella sua singolari-tà, quindi la “bocciatura” è un termine impro-prio e negativo. Decidere di far ripetere l’annonon deve significare altro che l’allungamentodel percorso, per l’esclusivo bene del sogget-to, senza altra considerazione. Esistono, però, casi di alunni – si presume mol-to limitati all’interno di un’istituzione scolastica– che, per ragioni più o meno comprensibili, sonorefrattari ad ogni intervento di sostegno e di recu-pero, i quali, pertanto, non possono essere dichia-rati “idonei” al passaggio alla classe successi-va, o “maturi” a conseguire il “diploma” finale:sono alunni che “si bocciano da soli”, che la scuo-la, comunque, deve essere pronta a reinseri-re ed a recuperare con rinnovato sforzo.Dopo tale lunga riflessione, è lecito domandarsi,se ogni istituzione scolastica svolge integral-mente il suo dovere, nei termini sopraindicati,se il clima al suo interno è davvero “educati-vo”, se esistono relazioni positive tra le variecomponenti scolastiche e con le famiglie; se esi-ste tra docenti e discenti quel dialogo, che Socrate

ha individuatocome fonda-mento dell’e-ducazione uma-na e civile. La rispostadovrebbe esse-re positiva perogni istituzionescolastica, chenon può esi-mersi dallo svol-gere il ruolofondamentaleper cui è sorta,a servizio deglialunni e dellacomunità; masappiamo, pur-troppo, che nonsempre lo è.Sono sicura-

mente tante le scuole di ogni ordine e grado,che ce la mettono tutta per riuscire nel diffici-le compito e, se sbagliano, i loro errori non sonogravi e facilmente rimediabili, senza compro-mettere la finalità formativa di fondo, e raggiungendola maggior parte degli obiettivi della program-mazione educativa e didattica. Ci sono, però,anche scuole, che hanno una concezione “buro-cratica” del loro ruolo e sono più propense arivendicare e difendere “diritti” corporativi delpersonale scolastico, piuttosto che quelli cen-trali ed ineludibili di alunni/e, soggetti per i qua-li ogni scuola esiste ed ha senso come istitu-zione educativa. Sono scuole che, magari, “promuovono” confacilità e fabbricano “eccellenze”, ma per un moti-vo utilitaristico, che non fa onore: avere tuttele iscrizioni necessarie per “vincere” la gara dicompetizione con le altre scuole della zona e“mantenere i posti di lavoro”. Per ultimo si deve accennare alle “scuole in fiam-me”, in senso metaforico, che cioè sono scos-se da conflitti che durano anni, data l’incapa-cità del dirigente, dei docenti e non docenti, nonsoltanto di convivere civilmente insieme, ma didare senso e valore alle loro rispettive funzio-ni, per cui si corrodono le basi dell’azione edu-cativa e didattica, con ripercussioni di grave nega-tività su alunni/e.In conclusione, la scuola è una realtà fonda-mentalmente indispensabile, che nemmeno conil pensiero deve essere violata nella sua purez-za e nella sua bellezza, perché, senza retori-ca, da essa dipende il rinnovamento presentee lo sviluppo futuro della nostra società.Dimostriamo noi adulti di amarla davvero e dicredere nella sua nobilissima funzione e tra-smettiamo, con tenerezza, questo amore a tut-ti i soggetti in crescita, perché mai e poi mai siaccenda nei loro animi la funesta scintilla del-la devastazione del bene prezioso dell’educa-zione.

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Stanislao Fioramonti

IIdisastri della guerra,come tutti i tipi di disastri,si sa, sono difficili da ripa-

rare e ancor più difficili dadimenticare. L’anno 2014che sta per iniziare è il 70°da quando Valmontone ha subi-to una distruzione quasicompleta, la terza della suastoria, ad opera dei bom-bardamenti e mitragliamen-ti angloamericani dellaSeconda Guerra Mondiale,violentissimi soprattutto nelmese di maggio 1944, quan-do le truppe alleate sbarca-te ad Anzio e quelle impegnateper quasi 6 mesi sul frontedi Cassino stavano per riunir-si proprio nel nostro paese,prima di procedere alla occu-pazione di Roma.E’ a quei mesi che risalgono le perdite più gravi del nostro patrimoniostorico-artistico, oltre che umano e sociale, perché insieme all’80% del-le case di abitazione crollarono, e a volte sparirono del tutto, diversi nostrimonumenti: la Fontana del Colle con la statua in pietra del Labicano;l’Oratorio del Gonfalone accanto alla Collegiata; l’Oratorio delleStimmate di S. Francesco al quartiere S. Stefano; la chiesa di S. Mariain Selce (del Suffragio) presso porta Napoletana; la chiesina rurale diS. Sebastiano in via della Pezzaga; la chiesa francescana di S. Angelo.Tanti altri edifici sacri e profani furono semidistrutti o gravissimamentedanneggiati, come lo stesso convento S. Angelo, la chiesa rurale di S.Barnaba sotto colle San Giovanni, la chiesa-santuario del Gonfaloneal Prato della Madonna e quella della Madonna delle Grazie in via S.Antonio; danni gravissimi ha riportato il palazzo Doria che domina il pae-se, mentre la Collegiata ha subito danni alle strutture.Insieme agli edifici sono andate distrutte tante opere d’arte in essi con-tenute. Per limitarci solo alla Collegiata e dintorni, possiamo ricordarela perdita del “S. Giovanni Battista in gloria”, una tela del genovese G.A. Carloni nella attuale cappella dell’Annunziata; un’altra tela del notoartista di Gaeta Sebastiano Conca, il “Transito di S. Giuseppe”, nell’anticasacrestia; una “Concezione” di Anonimo nella cappella omonima (oggidel Santissimo Sacramento). E poi i 15 Misteri del Rosario affrescati nel 1733 dal napoletano OnofrioAvellino intorno alla grande pala di Agostino Scilla nella cappella delRosario, citati fino al 1918 da Caramanica-Livignani (non nell’inventa-rio del 1928); ancora il S. Barnaba di Sebastiano Conca, una tela pro-veniente dalla chiesina rurale omonima e conservata prima della scom-parsa nella Collegiata; e una piccola tela di “S. Filomena” del giovaneromano Luigi Quattrocchi “assistito dall’illustre professor suo cavalierSilvagni” (prima metà dell’800). Per non parlare della misteriosa “Madonna degli Angeli” del Pinturicchiodipinta nel 1513 e citata solo dal Marocco (1836) come presente nellasacrestia delle Collegiata, ma della quale già il Tomassetti nel 1911 nontrovava più memoria. Per finire con la grande tela ad olio (m. 2, 25 x3,50 circa) della “Madonna col Bambino” che secondo l’Inventario del-la Soprintendenza ai Monumenti del Lazio, redatto nel 1928 (è citatasolo da questa fonte), si trovava sul lato destro dell’altare maggioredella Collegiata, accanto all’Assunzione del Gramiccia e all’Annunciazionedi Ciro Ferri, a formare un trittico della vita della Madonna nell’absidedella cappella maggiore della nostra chiesa-madre.Quest’opera viene così descritta: “La Madonna è genuflessa e si chi-

na ad adorare il Bambino,emanante luce, chetiene steso in terradavanti a sé. A sinistra si intravede ilpresepio, nel fondo unverde paesaggio”.Sembrerebbe ripresadall’opera del Correggioche riportiamo in figura,anche se della nostraMadonna non si cono-scono foto o altre ripro-duzioni e quindi è diffi-cile anche confrontarla conopere di archivio. In chiave di commentocritico, il redattore con-tinua: “L’opera è analo-ga, nel suo accademismobolognese, al quadrodell’altare maggiore(l’Assunta del Gramiccia,n.d.R.), del secolo XVIII”. E un’altra grafia, quelladi don Paolo Cocchia, par-

roco della Collegiata dal 1944 al 1976, conclude:“Attualmente è in restauro presso le Belle Arti di Roma”. Lo stesso cheegli annotò in calce alle schede della Annunciazione di Ciro Ferri e delSan Francesco di Andrea Pozzo della seconda cappella a destra del-

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l’altare maggiore, del quale anzi rileverà che “ha subito gravissimi dan-ni dagli eventi bellici”. La pala perduta è proprio quella della Madonna col Bambino di auto-re ignoto settecentesco.Il 20 gennaio 2010, in una lettera alla Soprintendente ai Beni storico-artistici del Lazio, dott.sa Anna Imponente, l’attuale parroco della Collegiatadon Luigi Vari avvertiva che la tela in questione non era mai rientrataa Valmontone, ipotizzava che essa fosse ancora nei laboratori o depo-siti di Palazzo Venezia e chiedeva alla destinataria, che era all’iniziodel suo incarico, un interessamento per ricercarla e ritrovarla. Lo stesso don Gigi scriveva in data 8 febbraio 2010 alla Soprintendentedel Polo Museale Romanodott.sa Anna Vodret, aggiun-gendo che da schededell’Archivio Fotografico diPalazzo Venezia (Dr. G.Guarnieri) risultano essere sta-ti restaurati; negli anni 1954-56, e riconsegnati alla Collegiatai dipinti dell’Annunciazione edel San Francesco, mentre del-la Madonna col Bambino siè persa ogni traccia. Ha incaricato poi di seguirequeste ricerche lo Studio diRestauro Zivieri- Piervincenzi,autore tra l’altro dei recupe-ri delle tele del Ferri e del Pozzo,il quale ha iniziato con una rico-gnizione presso l’ArchivioCentrale dello Stato all’EUR,nell’ipotesi che durante ilavori post bellici di restaurodegli edifici e monumentidanneggiati potessero esser-ci tracce del dipinto perduto;ma tale ricognizione, che haconsultato documenti delGenio Civile, del Provveditoratodello Stato e del Ministerodell’Interno (FEC), non ha pro-dotto alcun risultato utile.Stessi deludenti risultati han-no dato ricerche presso laCommissione Siviero, l’ArchivioDiocesano di Segni, i depo-siti di Palazzo Venezia e diPalazzo Barberini, dove neglianni 1970-80 è stato trasfe-rito il Laboratorio di restaurodella Soprintendenza e dovesi poteva trovare l’opera per-duta in una collocazione anomala o sotto anomala etichetta. Si è chie-sto al Nucleo Tutela Patrimonio Artistico dei Carabinieri, che ha del mate-riale riguardante furti compiuti in Collegiata negli anni ’70, ma non dis-ponendo di foto della pala perduta, nemmeno si poteva utilizzare il database delle opere eventualmente rubate o perdute.E’ proprio questo probabilmente l’ostacolo principale alla ricerca: la man-canza assoluta di foto o riproduzioni della pala perduta. Si è ricercatoanche presso archivi privati, in particolare quello Doria-Pamphily; sul

numero di gennaio 2013 del Giornale dell’Arte si è fatto un appello pub-blico - a chiunque potesse avere informazioni, materiale o foto dell’in-terno della Collegiata antecedenti alla seconda guerra mondiale - a met-tersi in contatto con lo Studio Zivieri ([email protected]). Nel febbraio 2013 si è potuto finalmente consultare l’Archivio Storicodi Palazzo Venezia, che ha permesso di ritrovare il Giornale dei Restauridel dopoguerra con i dati tecnici di 6 dipinti provenienti dalla Collegiatadi Valmontone (l’Adorazione dei pastori, il San Francesco del Pozzo,le Stimmate di S. Francesco che era nell’Oratorio omonimo,l’Annunciazione del Ferri, la Madonna in trono con due santi che è oranella cappella del Santissimo, l’Arcangelo Michele che è al Gonfalone),non però di quello che interessava; essi furono portati a Roma tra apri-

le e giugno 1953 e tornaronotra maggio 1957 e luglio1964. Il restauratore che firmò le con-segne era il bolognese DecioPodio, che lasciata in segui-to Roma per Bologna, aprì unostudio di restauro con il figlio.Alla sua morte, nel 1993, il fon-do dei suoi materiali fotogra-fici e documentari è confluitonell’Archivio fotografico dellaSoprintendenza di Bologna; siè effettuata una ricerca anchein questo Archivio, ma senzarisultati. E’ rimasto da controllare il FondoStorico fotografico dell’Archiviodella Soprintendenza a PalazzoVenezia, che però è in restau-ro e quindi non agibile.Mentre la ricerca continua intutti i luoghi possibili, persperare di ritrovare la perdu-ta “Madonna col Bambino” èsempre più urgente che si abbiaun riferimento fotografico ocomunque iconografico; per que-sto lo Studio Zivieri rinnova l’ap-pello a tutti i valmontonesi, cheguardassero in soffitta nei lorobauli, tra le vecchie foto di fami-glia, per verificare se traimmagini di prime Comunioni,Cresime, matrimoni, funeralio feste particolari non spun-tasse dall’abside del “cappellone”della Collegiata, sul latodestro guardando, una trac-cia dell’opera che si cerca. E’ difficile, vero, anche perché

l’ esposizione dei tre grandi quadri sull’altare maggiore della Collegiataè durata solo un ventennio, dal 1920 circa (forse dopo i restauri del 1921seguiti ai terremoti del 1915 e 1919, perché Caramanica - Livignaninel 1918 non ne parlano e l’unica fonte che li ricorda insieme è - loripetiamo - la relazione della Soprintendenza del 9 novembre 1928) al1944 (dopo la guerra rimase esposta solo la pala dell’Assunta). Ma valela pena di tentare: ne guadagnerebbe il patrimonio artistico cittadino eil valore morale della nostra chiesa.

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Da parte nostra, possiamo solo proporre un’opera che assomiglia alla descri-zione di quella perduta e che può forse darne un’idea; è “Madonna col Bambino”,un capolavoro del pittore emiliano Antonio Allegri, dal luogo di nascita dettoil Correggio (1489-1534), che si trova nella Galleria degli Uffizi di Firenze.