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La finanza mondiale e i derivati Il presidente americano Coolidge, nel suo messaggio al popolo americano sullo stato dell’Unione alla fine del 1928, scriveva testual- mente: Nessun Congresso degli Stati Uniti si era mai trovato di fronte, esaminando lo stato dell’Unione, a prospet- tive più rosee di quelle che si annunciano in questo momento. Sul piano interno c’è tranquillità e soddisfa- zione... e una serie di record di anni prosperi 1 . Questa citazione tratta dal libro Il Grande Crash, 1929, che riproducevo nel mio Un’altra moneta 2 , poteva benissimo essere stata pronun- ciata anche poco prima della crisi del 2007. 1 J. Kenneth Galbraith, The Great crash, 1929, Houghton Mifflin Co., Boston 1972. 2 D. De Simone, Un’altra Moneta, Malatempora Edizioni, Roma 2003.

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Il sistema economico mondiale è al tracollo per colpa dei derivati e del loro utilizzo rapace. Il libro racconta la crisi in maniera inedita e coraggiosa arrivando ad una conclusione: siamo alla bancarotta globale.

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La finanza mondiale e i derivati

Il presidente americano Coolidge, nel suomessaggio al popolo americano sullo statodell’Unione alla fine del 1928, scriveva testual-mente:

Nessun Congresso degli Stati Uniti si era mai trovatodi fronte, esaminando lo stato dell’Unione, a prospet-tive più rosee di quelle che si annunciano in questomomento. Sul piano interno c’è tranquillità e soddisfa-zione... e una serie di record di anni prosperi1.

Questa citazione tratta dal libro Il GrandeCrash, 1929, che riproducevo nel mio Un’altramoneta 2, poteva benissimo essere stata pronun-ciata anche poco prima della crisi del 2007.

1 J. Kenneth Galbraith, The Great crash, 1929, HoughtonMifflin Co., Boston 1972.2 D. De Simone, Un’altra Moneta, Malatempora Edizioni,Roma 2003.

Dopo la crisi del 2001, dovuta prima alloscoppio della bolla della new economy, che hadimezzato il livello dell’indice Nasdaq e ridi-mensionato quello del Dow Jones, e poi all’at-tentato dell’11 settembre alle Torri gemelle, sierano vissuti alcuni anni di scarsa crescita e diforte preoccupazione nel mondo degli opera-tori finanziari. A parte le aziende che fornivanoarmi al Pentagono e le petrolifere, il clima diguerra non favoriva certo gli scambi mondialie la ripresa economica.

Poi, però, a partire dal 2005 la situazione eraimprovvisamente cambiata. Le banche ave-vano ripreso a dare credito e le istituzioni fi-nanziarie, pur in presenza di una forte espan-sione monetaria, non avevano assunto alcunprovvedimento per limitarla. Non è che potes-sero fare niente di diverso dall’alzare i tassi diinteresse per rendere meno appetibili i finan-ziamenti, ma comunque erano rimaste a guar-dare “il cavallo che beveva” e al quale si gon-fiava la pancia a dismisura.

Alla fine del 2006 la situazione appariva ingrande espansione: credito facile per tutti, pro-fitti alle stelle e costo del denaro particolarmentebasso, il che faceva presagire ulteriori creditibancari e tassi di crescita in enorme espansione.

Sarebbe bastato dare un’occhiata alle dimen-sioni raggiunte dal mondo dei derivati finan-

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ziari per capire, però, che la situazione non eraproprio rosea.

Ai derivati, la cui comprensione è essenzialeper capire come funziona la finanza internazio-nale, dedicherò un capitolo intero di questolibro. Qui mi limito a dire che essi sono dei pro-dotti finanziari che nascono da altri prodotti fi-nanziari, come, per esempio, azioni di societàquotate e obbligazioni emesse da società quo-tate o Stati. Si tratta, in altre parole, di contrattiche hanno come oggetto un altro prodotto fi-nanziario e che, quindi, derivano da quello. Ilnome derivati nasce da questa loro natura.

Per ragioni che spiegherò nel capitolo a essidedicato, i derivati sono sempre stati ritenutiun giochino a somma zero, e all’inizio era pro-babilmente così. Col tempo, però, essi hannocambiato pelle, fino a diventare uno strumentoper gli scambi. In altri termini, essi svolgonouna funzione monetaria. Quando ho scrittoquesta mia convinzione nel mio libro Doveandrà a finire l’economia del ricchi, uscito nel2001, l’accusa meno sgradevole è stata che eroun incompetente. Il resto ve lo risparmio.

In quel libro ho anche previsto in tempi re-lativamente brevi lo scoppio di una crisi sui de-rivati, stante il tasso di crescita che essiavevano allora. Quando, poi, è arrivata la crisie qualcuno ha cominciato a ragionarci su, è ap-

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parso evidente che i derivati svolgevano unafunzione monetaria e che il giochino a sommazero era svanito, insieme alle brillanti analisidi molti analisti finanziari. Ora nessuno mettepiù in dubbio il ruolo monetario di questi stru-menti e i teorici dell’economia; la questione,semmai, è diventata come riuscire a regolarli.

Il problema è che i derivati sono alla fin finedei contratti che hanno a oggetto altri stru-menti finanziari e che, per questa loro natura,possono avere un contenuto estremamentevariabile.

Non c’è praticamente limite alla fantasiaumana, quando si tratta di fare soldi (e anchein qualche altro ristretto campo), o riuscire aperderli rapidamente. Per farvi un esempiocomprensibile sulla logica dei derivati, imma-giniamo che io abbia un milione di euro e chevoglia investirlo per speculare. Guardo il mer-cato finanziario e decido che le azioni della so-cietà Belli&Brutti probabilmente saliranno diprezzo nel giro di due mesi, perché stanno fa-cendo buone vendite e una campagna pubbli-citaria convincente. Mi convinco che essepossano salire del 5 per cento. Investendo unmilione, posso quindi guadagnare 50 milaeuro: niente male, direi.

A questo punto sono possibili due alterna-tive:

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1) compro un milione in azioni della Belli&Bruttie aspetto un paio di mesi per vedere se sal-gono davvero. Se sono salite, vendo e incassoil guadagno effettivo, ma se sono scese possodecidere di vendere lo stesso e accusare unaperdita, oppure di tenere le azioni sperandoche in futuro risalgano;

2) oppure, usando i derivati, posso impe-gnarmi a comprare un milione in azionidella Belli&Brutti tra due mesi, al prezzo dioggi, e verso una caparra, mettiamo del 10per cento. In questo modo, investo solo undecimo del mio capitale, e però tra duemesi, se effettivamente le azioni sono salite,posso vendere il mio contratto e lucrare ladifferenza.

Ora, a quanto ammonta questa differenza?Mettiamo che effettivamente le azioni dellaBelli&Brutti siano salite del 5 per cento, comeavevo previsto. Chi compra il contratto lo prendeal prezzo del momento e quindi paga le azioniil 5 per cento in più del prezzo che mi ero impe-gnato a pagare. In pratica, se vuole il mio con-tratto, mi deve dare la caparra che ho versato,cioè i 100 mila euro e la differenza di prezzo cheabbiamo visto ammonta a 50 mila euro.

In sostanza, usando i derivati, ho investitosolo 100 mila e ho guadagnato 50 mila, ovvero

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il 50 per cento dell’investimento. E per i duemesi ho avuto a disposizione altri 900 mila delmio milione iniziale, per effettuare altre opera-zioni.

Mentre comprando le azioni devo investire1 milione per ricavare 50 mila (se va bene), coni derivati mi basta investire 100 mila per averelo stesso ricavo se va esattamente nello stessomodo. E se sbaglio la valutazione e le azionidella Belli&Brutti scendono, ho esattamente lestesse perdite che se avessi acquistato le azioni,ma ho sempre potuto disporre del resto delmio capitale.

Posso anche scommettere che le azioni dellaBelli&Brutti scendano, invece di salire. In que-sto caso m’impegno a vendere le azioni alprezzo di oggi e se effettivamente le azioniscendono, realizzo un guadagno dato dalla dif-ferenza di prezzo tra quello definito nel con-tratto di vendita e quello vado a pagare percomprare le azioni e onorare il mio contratto.Ci rimette la mia controparte che, magari, pen-sava che le azioni invece salissero e ha trovatoconveniente acquistarle al prezzo di oggi. Lapossibilità di moltiplicare i possibili investi-menti utilizzando i derivati è chiamato “ef-fetto leva”. E se ho scommesso sull’aumentodel prezzo delle azioni, la mia opzione sichiama “call”, mentre in caso di scommessa

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sulla riduzione del prezzo, la mia opzioneprende il nome di “put” 3.

Dicevo che sarebbe stato sufficiente guardarele cifre sull’espansione dei derivati per capireche la situazione era insostenibile. I dati sulledimensioni dei derivati sono riportati con me-ticolosa precisione sul sito della Bis (Bank ofInternational Settlments), la Banca dei Regola-

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3 Questo meccanismo spiega come funzionano le opera-zioni speculative sulle azioni così come quelle sulle monete.Se molti speculatori scommettono sulla discesa di un corsodi cambio acquistano tante opzioni put. Il mercato vede chein molti scommettono sulla discesa e si regola di conse-guenza, in genere seguendo gli speculatori. Questo favori-sce l’effettiva discesa del corso. Chi deve difendere il corso,deve invece acquistare le opzioni. Quando ci fu la manovraspeculativa sulla lira che portò all’uscita della nostra mo-neta dallo SME nel settembre 1992, gli speculatori usavanogià le opzioni, mentre Bankitalia che voleva difendere ilcambio, non le usava. Alla fine, quando giunse il momentodi onorare i contratti, Bankitalia cercò di comprare le lire alprezzo più alto, ma non riuscì a frenare la valanga. Non cisarebbe riuscito nessuno, ovviamente, senza l’uso dei deri-vati. Bankitalia difese inutilmente il cambio poiché erachiaro che con le sue forze non ce l’avrebbe fatta e nessunoera in grado di aiutarla. Bastava fare due conti e inveceperse un sacco si soldi, perché tutte quelle lire acquistate alprezzo di due mesi prima si svalutarono del 30% di colpo.Non era difficile capirlo, bastava fare due conti e ci sa-remmo risparmiati la dura manovra finanziaria del 1993...

menti Internazionali, alla quale tutte le banchedel mondo fanno riferimento per determinarele loro politiche 4.

Nel terzo trimestre del 2008, il totale dei de-rivati quotati nelle borse mondiali era di 407trilioni di dollari e quelli non quotati arrivavaa 863 trilioni di dollari 5. Insieme, il totale deiderivati sommava la bella cifra di 1270 trilionidi dollari, pari a oltre ventidue volte il Pil delmondo, che allora arrivava all’incirca a 57 tri-lioni. Non ci voleva molto a capire che, primao poi, questa bolla speculativa sarebbe scop-piata e in effetti è quello che è accaduto.

Ma come è successo? Per capirlo, dobbiamoanalizzare una tipologia di derivati che nonsono usati per l’acquisto o la vendita di altri

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4 La Bis fu istituita nel 1930 in seguito agli accordi del co-siddetto Young Plan che trattava la questione del paga-mento delle sanzioni imposte alla Germania dai paesivincitori della prima guerra mondiale. Con l’accordo id Ba-silea la Banca ha assunto diverse funzioni, tra cui quella difungere da regolatrice dei rapporti internazionali tra le ban-che. Per questa ragione viene chiamata la Banca delle Ban-che. http://www.bis.org/about/history.htm5 Un trilione corrisponde a mille miliardi di dollari, unquadrilione a un milione di miliardi. Continuando di ques-sto passo, tra breve arriveremo ai fantastilioni, l’unità di mi-sura con cui Paperon de’ Paperoni misurava la propriaricchezza...

strumenti finanziari, ma per assicurare un ope-ratore contro il rischio derivante dall’oscilla-zione del prezzo di un titolo o di un bene.

Mettiamo che una banca decida di collocaresul mercato delle obbligazioni della nostra so-cietà Belli&Brutti. Per farlo, dovrà convincere gliinvestitori che la Belli&Brutti è una società so-lida, che ha un buon patrimonio, un fatturato increscita e che pertanto alle scadenze i titoli ob-bligazionari saranno regolarmente pagati. Peròsuccede che sul mercato sono in pochi a cono-scere l’attività della Belli&Brutti e la fiduciaverso i bei discorsi della banca non è proprio almassimo, così il collocamento dei titoli va a ri-lento, anzi, si ferma proprio. A quel punto labanca pensa che sarebbe molto più semplicecollocare le obbligazioni, se queste fossero assi-stite da un’assicurazione contro il rischio di fal-limento e che strutturare questa assicurazionesul mercato dei derivati non è poi così difficile.

Insomma, la banca crea un bel derivato, conil quale scommette che la Belli&Brutti fallirà elo attacca alle sue obbligazioni. Se la società fal-lisce, entra in gioco il derivato e l’investitore ècoperto, almeno in parte, del suo credito; se in-vece la società va bene, il derivato perde, mal’investitore ha guadagnato.

Ovviamente, per poter gestire al meglio il ri-schio, occorre creare derivati un po’ sofisticati,

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che consentono, con una cifra che oscilla tra l’1e il 3 per cento del totale garantito, di coprirel’intera esposizione. Ma abbiamo visto chequesto non è molto difficile, anche se un po’ ri-schioso. Questi derivati, che coprono diretta-mente il rischio di default di un’obbligazione sichiamano Cds, acronimo di Credit DefaultSwap, dove swap sta a indicare uno scambio diflussi di cassa tra due soggetti. Naturalmente,il costo dell’obbligazione risente del costo dicollocamento sul mercato dei Cds e quindi l’in-teresse che l’emittente promette ai suoi investi-tori deve essere considerato, anche questo,costo. In questo modo è possibile ridurre note-volmente il rischio e collocare sul mercato ob-bligazioni che altrimenti avrebbero trovatodifficilmente un acquirente.

Tuttavia, qualcuno ha pensato bene dicreare anche altre categorie di derivati di ga-ranzia. I Cds, infatti, garantiscono contro ilrischio di default di società di notevoli dimen-sioni, solide e in buona salute economica e fi-nanziaria, ma non possono garantire controil rischio del mancato pagamento del mutuoda parte del sig. Rossi di Forlimpopoli o delsig. Smith di Vancouver, né contro il rischiofinanziario derivante da attività che il mercatoconsidera in quel momento specifico partico-larmente rischiose.

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E allora come si fa? Gli anglosassoni, che nella creazione di deri-

vati fantasiosi non sono secondi a nessuno,hanno pensato bene d’inventare un nuovo tipodi derivati, che non fa specifico riferimento aun determinato rischio, ma ne prevede diversidi differente natura e qualità. Per quanto ri-guarda i mutui, per esempio, si è proceduto conla cartolarizzazione dei crediti: ciò vuol dire cheuna banca ha preso tutti i crediti per i mutui daessa erogati, li ha venduti a una società creataappositamente per fare questa brillante opera-zione e questa l’ha pagata un certo prezzo, lacui determinazione è alquanto complessa. Viassicuro, però, che la banca ci ha guadagnatosenza doversi più far venire il mal di testa sequalcuno non paga le rate del mutuo.

La società di nuova costituzione, a sua volta,ha emesso obbligazioni che ha collocato sulmercato e con il ricavato ha pagato la banca. Lacartolarizzazione dei mutui comporta il lororaggruppamento in un’unica scatolab che poiè divisa in quote, ossia in molte parti uguali,che poi sono rivendute.

Queste nuove scatole sono chiamate Abs(Asset Backed Security), cartolarizzazioni co-perte da asset, ovvero il “valore” degli immo-bili, così come è stato definito dalla bancastessa al momento dell’erogazione del mutuo.

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Queste quote, a loro volta, hanno un rendi-mento finanziario, perché, oltre al valoredella casa, forniscono rendimenti che corri-spondono a una parte degli interessi pagatida chi ha acceso questi mutui. In altri termini,ciascuna di queste scatole è diventata un ti-tolo a sé stante, che prometteva il pagamentodi un interesse a fronte del capitale necessa-rio per acquistarlo. E poiché questi titolihanno una garanzia solida, come le case sucui sono stati accesi i mutui, che in genere co-prono solo una parte del valore della casa,essi erano molto graditi agli investitori equindi il costo per acquistarli era moltobasso. A loro volta, questi Abs erano riven-duti a diversi altri operatori, magari in pos-sesso di titoli a maggiore rischio, come imutui sub prime (mutui dati a persone chenon offrono molte garanzie personali), op-pure sul valore pieno degli immobili e non suuna parte di esso. Naturalmente questi mutuisub prime avendo un rischio maggiore, ave-vano anche una redditività maggiore, ma conil giochetto delle cartolarizzazioni era possi-bile, a questo punto, mettere insieme obbli-gazioni di diverso rischio e rendimento,ottenendo un costo sostenibile per prodotticontenenti strumenti finanziari anche ad al-tissimo rischio.

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Queste altre scatole sono state chiamate Cdo(Collateralized Debt Obbligation), che eranocome delle quote di fondi d’investimento, poi-ché rappresentavano una parte ideale di un in-sieme indefinito di operazioni d’investimentonel campo immobiliare e non avevano piùalcun legame diretto con questa o quella ope-razione specifica.

In altri termini, non c’era più alcun sotto-stante al quale il derivato facesse specifico ri-ferimento, nel bene e nel male. La cosaincredibile è che questi titoli sono stati in ge-nere classificati con il minimo rischio, sia per-ché erano emessi da banche ritenute moltoaffidabili sul mercato, sia perché nei prospettiinformativi (che peraltro quasi nessun opera-tore di borsa legge prima di fare un investi-mento) portavano in bella evidenza titoli ecrediti molto affidabili, mentre i sub prime chepure contenevano erano nascosti sotto diciture,come “altri titoli”. Tanto, ormai, con il tratta-mento ricevuto per mezzo dei derivati, tutte leobbligazioni erano sullo stesso piano.

Le società di rating, insomma, affibbiavanoa questi prodotti una bella etichetta di triplaA, che li equiparava ai titoli degli Stati rite-nuti più solvibili. Ovviamente il gioco nonfiniva qui, perché anche questi Cdo erano aloro volta spezzettati e inseriti in altre scatole

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contenenti altri Cdo, sui quali erano emessealtre obbligazioni, che a loro volta venivanospezzettate e inserite in altre scatole e cosìpotenzialmente all’infinito. Alla fine, la mol-tiplicazione e lo spezzettamento delle obbli-gazioni e dei derivati era diventata così com-plessa che, aprendo la scatola, era impossibilerisalire alle effettive obbligazioni dalle qualisi era partiti. La stampa americana ha chia-mato “salsicce” questi prodotti finanziari, ein effetti risalire all’origine dei crediti eracome rifare il maiale partendo, appunto, dal-l’insaccato.

La crisi è esplosa quando sono iniziate leprime insolvenze. Per un po’ le riserve hannoretto la situazione, ma quando si è capito cheil mancato pagamento dei mutui metteva moltiimmobili sul mercato e questo faceva scenderei prezzi, si è scatenato il panico.

Anche quelli che avevano la possibilità dipagare trovavano più conveniente abbando-nare l’immobile che avevano acquistato eprenderne un altro, magari più grande, piùbello e a un prezzo molto più ridotto. Infatti,la possibilità data a tutti di acquistare una casacon un mutuo che copriva anche la totalità delprezzo aveva fatto salire notevolmente i prezzidegli immobili e, per parecchi anni, la bollaspeculativa sulle case degli americani; poi su

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quelle di mezzo mondo, è cresciuta in misuraincontrollabile.

Con le prime insolvenze e con un eccesso diimmobili sul mercato, i prezzi sono inevitabil-mente scesi precipitosamente, travolgendotutto il mercato come una valanga.

Quando, però, le insolvenze si sono molti-plicate e le perdite sono cresciute, l’intero ca-stello di carte è crollato: le stesse banche si sonospesso dimostrare incapaci di capire cosa cifosse dentro strumenti finanziari, che spessoanch’esse avevano acquistato.

Le insolvenze e la contemporanea crisi im-mobiliare hanno quindi generato delle perditenelle banche e anche in altre istituzioni cheavevano comprato i Cdo.

Ora, una delle caratteristiche degli stru-menti derivati, come i Cdo e i loro derivati, èquella di moltiplicare il rischio di chi investenello strumento in questione: la somma ditanti strumenti ad alto rischio moltiplica, in-fatti, i rischi corsi dall’investitore e con essiperdite e guadagni.

È la ragione per cui Warren Buffet ha defi-nito i derivati uno strumento di distruzione fi-nanziaria di massa. Per questo motivo leperdite sono pian piano cresciute col crescere

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della stratificazione di Cdo su Cdo, di salsicciasu salsiccia.

Si è giunti, così, al fallimento di diversi fondie a consistenti (a volte insostenibili) perdite nelbilancio di intere banche che operavano nelsettore.

Spesso, inoltre, le banche si sono sentite co-strette a tirare la cinghia e questo ha significato,fra l’altro, un minore finanziamento ai fondi diprivate equity delle società finanziarie che, conla loro politica di conquiste e di rivendita,spesso contribuiscono a tenere elevati i prezzidelle stesse società quotate.

Alla fine, inevitabilmente, queste perdite di-rette e indirette si sono ripercorse sulle borse,con delle perdite sulle piazze finanziarie piùimportanti del mondo e con degli effetti ancoraoggi difficili da quantificare.