corso di storia economica patrizio bianchi lezione 9 la crisi di competitività della industria...
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Corso di storia economicaPatrizio Bianchi
Lezione 9
La crisi di competitività della industria italiana
Schema
• Andamento commercio mondiale di beni
• Il dibattito sulla competitivita’
• Gli investimenti diretti
• Globalizzazione, Europa
• La posizione dell’Italia
• Il declino, ancora sulla competitivita’
• Il modello di specializzazione e la struttura settoriale del commercio dell’Italia
PRODUZIONE E COMMERCIO MONDIALE (1)
(variazioni percentuali in volume)
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Commercio PIL Elasticità (2)
Fonte: elaborazioni ICE su dati FMIGrafico 1.1
(1) Merci e servizi(2) Scala destra. Rapporto tra la variazione del commercio e la variazione del PIL.
* Stime e previsioni
Produzione e commercio mondiale Produzione e commercio mondiale (1)(1) (variazioni percentuali in volume)(variazioni percentuali in volume)
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2000 2001 2002 2003 2004* 2005*
Scambio di Beni e Servizi PIL (tassi di cambio di mercato)
(1) Beni e servizi* Stime e previsioni
Fonte: elaborazioni ICE su dati FMI
Come cambia il Commercio Mondiale:l’ascesa dell’Asia e il declino dei paesi sviluppati
Fonte: IMF, Direction of Trade
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Paesi Avanzati
Cina, India e "TigriAsiatiche"America Latina
Africa
Paesi ex Socialisti ealtri
Motori della crescita
• Considerando i soli beni (a prezzi costanti), il maggior contributo all’aumento delle importazioni mondiali in volume è fornito dai paesi dell’Asia, circa il 60%, tra cui la sola Cina oltre il 30%, contro il 20% degli Stati Uniti.
• Negli Stati Uniti, la domanda interna è stata sostenuta dalla ripresa degli investimenti, malgrado il freno esercitato sulle loro importazioni dal deprezzamento del dollaro.
Motori della crescita
• Stimolo anche dai paesi dell’Unione Europea, dove la Germania ha registrato una inversione di tendenza della domanda interna (grazie alla variazione delle scorte e al ridursi dell’intensità del ciclo negativo degli investimenti);
• In ripresa l’America Latina, che torna a fornire un contributo positivo alla domanda mondiale.
• Solo nel caso della Cina e, in misura minore della Germania e degli Stati Uniti, apporto maggiore rispetto al loro rispettivo peso sulle importazioni mondiali.
Dimensione dei mercati nel 2002 e loro contributo Dimensione dei mercati nel 2002 e loro contributo alla variazione delle importazioni mondiali nel 2003alla variazione delle importazioni mondiali nel 2003
(a prezzi 2001)(a prezzi 2001)
pesi % 2002 contributo nel 2003
Economie avanzate 75,2 62,4Unione Europea 36,2 14,2Giappone 5,6 7,5Stati Uniti 18,8 20,9NIEs 7,8 14,0Paesi in via di sviluppo 19,7 34,3Africa 2,2 3,0Asia 8,5 28,9Cina e India 4,8 25,6Medio Oriente 2,7 1,6America Latina 6,3 0,9MONDO 100,0 100,0
Fonte: elaborazioni ICE su dati FMI, OMC e Commissione Europea
I primi 10 paesi esportatori nel 2003I primi 10 paesi esportatori nel 2003
Fonte: elaborazioni ICE su dati OMC, EUROSTAT e Istituti nazionali di statistica
Graduatoria 2003 Var. %
Paesi 2002- 2003 2002 2003
1 Germania 21,5 9,5 10,02 Stati Uniti 4,5 10,7 9,7
3 Cina (1) 32,6 6,2 7,123,0 1,1 1,2
4 Giappone 13,2 6,4 6,35 Francia 16,0 5,1 5,16 Regno Unito 8,5 4,3 4,17 Paesi Bassi 20,2 3,8 3,98 Italia 14,1 3,9 3,99 Canada 7,8 3,9 3,610 Belgio 17,8 3,3 3,4
Mondo 15,5 100,0 100,0
Quote percentuali
di cui riesportazioni di Hong Kong
(1) Comprese le riesportazioni di Hong Kong di origine cinese.
I settori trainanti• Dal punto di vista settoriale, i più consistenti
stimoli all’incremento del commercio mondiale di beni (a prezzi correnti) sono provenuti dalla chimica e farmaceutica e dall’estrazione di petrolio, per effetto dell’impennata del prezzo del petrolio, mentre gli scambi di prodotti elettronici, seppure in ripresa rispetto ai due anni precedenti, hanno fornito un contributo nettamente inferiore al loro peso sul commercio mondiale.
COMPETITIVITA’L’Unione Europea perde ancora terreno nei confronti degli Stati Uniti
Fonte: IMF, International Financial Statistics
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STATI UNITI
AREA EURO
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Germania
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Italia
COMPETITIVITA’ verso l’AREA EUROL’ Italia non riesce a stare al passo
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Settore manifatturiero
Fonte: Eurostat
Fonte: Global Insight
COMPETITIVITA’La crescita italiana non decolla
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ITALIA
STATI UNITI
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Fonte: ISTAT
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2002 2003 2004
Esportazioni netteInvestimentiConsumiPil
COMPETITIVITA’Arretrano gli investimenti
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PIL
COMPETITIVITA’ l’Italia perde terreno
Fonte: WTO e IMF
Quota delle esportazioni sul commercio mondiale
6,1%
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3,7%
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Francia Germania Italia
1995
2000
2004 I Semestre
Quali sono le principali
cause della mancata
competitività italiana?
MANCATI INVESTIMENTIil declino dell’accesso al credito nelle imprese di grandi e piccole dimensioni
Fonte: Elaborazioni CSC su dati Banca d’Italia
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Famiglie consumatrici Famiglie produttrici (piccole imprese)Società non finanziarie (industria e servizi)di cui: imprese manifatturiere
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Media 1987 -1999
2000 2001 2002 2003 2004
Francia Germania
Italia Regno Unito
Stati Uniti Area Euro a 12
MERCATO DEL LAVOROla produttività nel settore privato
Fonte:OECD
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MERCATO DEL LAVORO la crescita del costo del lavoro in assenza di aumenti di produttività dalla creazione dell’euro: un’anomalia italiana
Fonte: Global Insight
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2001 2002 2003 2004
MERCATO DEI PRODOTTIla produzione industriale resta debole
Fonte: CSC
Area dell’euro (escl. Germania e Italia)
Italia
Germania
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MERCATO DEI PRODOTTIrigidità della
regolamentazione
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0,20
0,30
0,40
0,50
0,60
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Regno Unito Stati Uniti Germania Francia Italia
(grado di rigidità: 0=basso; 1=alto)
Fonte: OECD
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Francia Germania Italia Regno Unito
MERCATO DEI PRODOTTI Tempi e costi per avvio nuova impresa (durata tipica)
Fonte: Commissione europea
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INNOVAZIONE:un’occasione
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PIL
Fonte: Eurostat
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Germania France Italia Regno Unito Stati Uniti
Non-profit Università
Governo Industria
Fonte: Eurostat
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INNOVAZIONE:limitato contributo
delle imprese italiane
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Germania
Francia
Italia
Regno Unito
INNOVAZIONEDiffusione tecnologica, efficienza e produttività:
l’Italia non compete sul mercato mondiale
Fonte: Eurostat
Esportazioni high tech in % del totale – anno 2003 (stime)
1999 2000 2001 2002 2003
Importazioni mondiali (milioni di $) (1) 5.792.435 6.540.180 - 6.527.748 7.555.349variazioni percentuali 4,1 12,9 - 3,9 15,7
Prodotti agricoli, dell'allevamento e della pesca -3,3 -0,2 - 2,8 2,6Prodotti del'industria estrattiva 20,8 22,3 - 0,5 10,6Totale Manufatti 75,4 72,5 - 97,4 80,5 Alimentari, bevande e tabacco -3,0 -0,9 - 7,3 4,7 Prodotti tessili -0,4 1,3 - 2,3 1,8 Abbigliamento 0,1 1,4 - 1,8 2,3 Calzature e prodotti in pelle e cuoio 0,0 0,6 - 1,0 0,9 Prodotti in legno e sughero (esclusi mobili) 2,1 0,1 - 1,3 0,8 Prodotti in carta, stampa, editoria 1,1 1,6 - 1,9 2,0 Prodotti petroliferi raffinati 6,2 7,8 - -2,5 3,5 Prodotti chimici e farmaceutici 9,2 6,0 - 27,2 11,5 Prodotti in gomma e plastica 1,5 0,8 - 4,7 2,4 Vetro, ceramica e materiali non metallici per l'edilizia 0,3 0,3 - 1,4 1,0 Metalli e prodotti in metallo -11,9 6,7 - 5,3 7,7 Macchine e apparecchi meccanici -5,9 4,0 - 8,1 8,2 Prodotti ICT, apparecchi elettrici e di precisione 50,9 34,5 - 5,5 18,6 Autoveicoli 15,0 2,9 - 22,2 9,5 Altri mezzi di trasporto 2,1 1,1 - -4,1 1,9 Altri manufatti di cui : 4,0 2,1 - 7,0 1,9
Mobili 1,9 0,5 - 2,3 1,0Altri prodotti non manufatturieri 7,1 5,5 - -0,7 6,3
CONTRIBUTI ALLA CRESCITA DEL COMMERCIO MONDIALE PER SETTORI(contributi in percentuale alla cresicta delle importazioni mondiali a prezzi correnti)
CONTRIBUTI IN PERCENTUALE
Quote di mercato
• La Cina e le NIEs hanno incrementato le esportazioni grazie alla vivacità degli scambi reciproci.
• La quota degli Stati Uniti è diminuita, sia a prezzi correnti che a prezzi costanti, poiché la discesa del dollaro si è combinata con la fiacca congiuntura di alcuni mercati di sbocco delle merci americane, tra cui quelli dell’UE. E’ ipotizzabile che la perdita di quota degli Stati Uniti sia legata alla crescente delocalizzazione di attività produttive verso la Cina.
• Nessun paese dell’UE ha registrato guadagni di quota in termini reali, come effetto della loro specializzazione geografica oltre che dell’oramai duratura fase di apprezzamento dell’euro
Quote di mercato
• L’impennata dei prezzi internazionali del petrolio ha portato solo a lievi vantaggi delle quote dei paesi produttori, perché controbilanciate dalla svalutazione del dollaro. L’aumento dei prezzi energetici ha riguardato, seppure in misura minore, anche le materie prime alimentari, contribuendo così a migliorare la posizione debitoria di alcune aree dei paesi in via di sviluppo, in particolare in Africa.
Quote di mercato a prezzi costanti, Quote di mercato a prezzi costanti, 1994=1001994=100
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1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003
Fonte: elaborazioni ICE su dati FMI-DOTS e OMC
SPAGNA
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Popolazione(2003)
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Esportazioni diservizi
Flussi di IDE inuscita (1996-
2001)
Stock di IDE inuscita
Flussi di IDE inentrata (1996-
2001)
Stock di IDE inentrata
PESO DELL'ITALIA NELL'ECONOMIA MONDIALE - 2001
Debolezze congiunturali e strutturali dell’economia Italiana
• Non è sorprendente che l’economia italiana sia caratterizzata da:– Basso tasso di crescita negli anni 90– Sostanziale stagnazione dal 2001.
• I problemi congiunturali sono basati su problemi strutturali
– Modesta dinamica della TFP– Bassa incidenza della spesa in R&S– Rallentamento nella dinamica degli investimenti fissi– Basso tasso di attività
La situazione attuale
• Policy ultimi anni:
• Peggioramento fondamentali macroeconomici
• Nessun intervento per la competitività (blocco delle liberalizzazioni e privatizzazioni strumentali a “fare cassa”)
• Difficoltà dei sistemi di PMI impresa e poche medie imprese di successo
La situazione attuale-2
• Ulteriore perdita di competitività per l’economia italiana
• Mancanza di nuove esternalità per sistemi di PMI
• Privatizzazione della rendita
Le imprese italiane
• Nodo dimensionale resta un limite del sistema produttivo italiano
• L’insieme delle medie imprese ha dimensioni non trascurabili e comprende un discreto numero di imprese ad “alto tasso di crescita”.
• Il venture capital comincia a rappresentare una opportunità concreta per le imprese anche in Italia.
Le imprese italiane
• L’Italia ha una spesa in ICT che, considerata in proporzione al PIL, è inferiore del 40% alla media UE.
• La produzione di brevetti delle imprese italiane è largamente inferiore a quella delle imprese dei principali paesi europei. Nell’ultimo decennio il differenziale a sfavore dell’Italia è aumentato.
Novità nelle forme di integrazione internazionale
integrazione commerciale: nuovi aspetti qualitativi dell’interscambio dei beni
integrazione produttiva-orizzontale: fornitura di capacità; produzione diretta sui mercati esteri, “global sourcing”;
integrazione produttiva-verticale: fornitura di fase; outsourcing; sviluppo reti distribuitive
integrazione inter-industriale: relazioni indotte sulle industrie a monte e sui servizi: “backward e forward linkages”
integrazione tecnologica: scambio di conoscenza: progetti, design, software, tecnologie.
Internazionalizzazione: problemi da affrontare
• Scarsa dimensione delle aziende• Difficoltà delle stesse ad agire con una
logica di consorzio• Difficoltà nel valorizzare provenienza
geografica e storia del proprio prodotto • Difficoltà ad esportare con marchi propri e
con canali di distribuzione che non siano veicolati da altre regioni d’Italia
• Difficoltà di accesso al credito
• Conoscenza delle esigenze delle imprese e volontà/strategie di fare sistema (ICE, MAP e MAE, Union-camere, Associazioni di rappresentanza delle imprese, CCIAA)
• Conoscenza nel Mondo• storia, origine, qualità e cultura• Centralità rispetto all’Europa allargata al bacino
sud del Mediterraneo
Internazionalizzazione: punti di forza
Il problema della competitività
• Crescente divaricazione del livello di competitività: i sistemi produttivi sono sempre più diversi fra loro e al loro interno
• L’attrattività dei territori: individuazione di un posizionamento strategico sostenibile
• Il rilancio della posizione internazionale delle imprese italiane: rinnovamento del modello di specializzazione e valorizzazione delle specificità locali
• Il nodo dimensionale: favorire la crescita di imprese giovani
La presenza internazionale delle imprese italiane
• La presenza produttiva all’estero è cresciuta in modo consistente (19,5% nel periodo 2000-2003) ma non sufficiente a recuperare rispetto ai partner europei
• Oltre la metà degli investitori esteri è rappresentato da imprese con meno di 50 addetti
• L’80% delle imprese con partecipazioni all’estero è localizzata nelle regioni settentrionali (37% in Lombardia)
La presenza internazionale delle imprese italiane
• Le regioni meridionali rappresentano solo il 5% del totale.
• Le partecipazioni estere sono prevalenti nei settori tradizionali (meccanica, tessile e abbigliamento, alimentare). Nei settori ad alta tecnologia sono registrate solo l’8% delle partecipazioni.
• L’analisi del livello di apertura internazionale mostra una bassa apertura nei settori dove in questi anni è cresciuta maggiormente la presenza estera e un’alta apertura in quelli dove la presenza estera è aumentata meno.
Il modello di specializzazione internazionale dell’industria italiana
Punti di forza
• settori tradizionali (ad alta intensità di lavoro)
• settori ad offerta specializzata (a media intensità di capitale fisico)
Punti di debolezza
• settori con forti economie di scala (ad alta intensità di capitale fisico)
• settori ad alta intensità di ricerca
Il dibattito sul modello di specializzazione internazionale dell’economia italiana
• Caratteristiche generali del modello di specializzazione– peculiarità rispetto agli altri paesi industriali– rigidità– polarizzazione
• Caratteristiche settoriali del modello di specializzazione– settori poco innovativi e/o a basso valore aggiunto– settori a domanda poco dinamica– settori a domanda molto sensibile ai prezzi– settori protetti
• Altre caratteristiche della struttura economica– la questione dimensionale:
• la debolezza delle grandi imprese italiane• il ruolo dei distretti industriali
– la questione meridionale– scarsa capacità di attrarre investimenti esteri
Settori 1973-74 1982-83 1990-91 1994-95 1994-95* 1999-00
Prodotti in metallo 51.3 66.3 47.3 49.7 45.9 42.3Prodotti delle altre industrie manufatturiere 58.6 60.6 45.1 47.7 45.9 41.9Cuoio e calzature 80.7 75.5 60.1 44.6 48.2 41.7Legno e mobili in legno -12.3 31.1 31.1 31.7 38.7 39.2Vetro, ceramica e materiali non metallici per l'edilizia 32.4 47.4 36.5 38.0 37.9 38.7Macchine agricole ed industriali 30.4 52.4 42.1 42.8 43.5 38.2Prodotti tessili e abbigliamento 45.8 49.9 42.3 37.0 36.7 34.2Prodotti in gomma e plastica 38.1 33.4 28.4 28.1 25.9 24.7Altri mezzi di trasporto 30.9 36.4 9.2 21.0 20.7 14.3Materiali e forniture elettriche 20.6 12.6 -4.4 -0.2 3.4 1.8
TOTALE MERCI -2.3 -2.0 0.1 2.2 2.6 0.1
Carta, articoli in carta e stampa -16.7 -10.0 -11.1 -13.2 -17.5 -12.2Prodotti alimentari, bevande e tabacchi -44.1 -35.6 -30.6 -28.5 -26.2 -15.1Autoveicoli e motori 39.5 -1.7 -12.6 -7.5 -5.4 -18.4Prodotti chimici e fibre sintetiche 2.0 -14.7 -23.9 -24.6 -26.1 -18.9Macchine per ufficio e strumenti di precisione 1.3 -6.7 -12.7 -13.6 -15.6 -31.4Minerali e metalli ferrosi e non ferrosi -32.5 -23.2 -34.0 -36.1 -37.4 -38.0Prodotti agricoli -48.3 -43.6 -42.4 -38.5 -47.2 -42.7Prodotti energetici -48.4 -67.7 -68.8 -77.0 -76.6 -75.4
INDICI DI SPECIALIZZAZIONE COMMERCIALE DELL'ECONOMIA ITALIANA (scostamenti dalla media dei saldi normalizzati settoriali, valori percentuali, medie biennali)
Settori 1973-74 1982-83 1990-91 1994-95 1994-95* 1999-00
Viaggi all'estero 54.2 71.7 23.4 27.0 27.0 23.2Costruzioni n.d. n.d. 30.6 29.4 29.4 11.3
TOTALE SERVIZI 9.7 10.2 -0.5 -6.7 -6.7 -0.4Intermediazioni -0.3 -22.9 -7.3 -24.5 -24.5 -8.5Trasporti internazionali -10.8 -20.1 -17.3 -28.2 -28.2 -11.5Servizi per le imprese -37.2 -15.9 -16.6 -24.4 -24.4 -17.2Assicurazioni 1.0 -12.7 -19.2 -5.0 -5.0 -21.2Comunicazioni -20.9 -11.2 -2.9 -43.5 -43.5 -24.0Servizi governativi 3.5 -34.1 72.5 8.1 8.1 -29.7Servizi personali -18.5 -38.4 -36.6 -57.4 -57.4 -41.5
Saldo normalizzato beni e servizi -7.3 -0.9 0 8.1 8.1 1.8
Indici di polarizzazioneScambi di merci 37 41.5 32.5 31.4 31.4 28.7
Scambi di servizi 24.6 35.2 17.0 22.7 22.7 16.8Totale 34.8 40.4 29.0 29.3 29.3 26.1
INDICI DI SPECIALIZZAZIONE COMMERCIALE DELL'ECONOMIA ITALIANA (scostamenti dalla media dei saldi normalizzati settoriali, valori percentuali, medie biennali)
DISTRIBUZIONE DEGLI OCCUPATI PER CLASSI DI ADDETTI NELLE IMPRESE MANIFATTURIERE
(percentuale di ogni classe sul totale degli addetti nel 2000)
0%
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Svezia Spagna RegnoUnito
Portogallo Italia Germania(1)
Francia Finlandia Danimarca Austria
1-19 20-49 50-249 250 e oltre
(1) non comprende le imprese fra 1 e 19 addetti
Fonte: elaborazioni ICE su dati Eurostat
Grafico 8.1
La questione dimensionale
• Il “nanismo” dell’industria italiana è la causa fondamentale dei suoi problemi?
• Nonostante la crisi nel modello di produzione fordista abbia comportato ovunque una tendenziale riduzione delle dimensioni delle imprese…
• …emergono ciclicamente dubbi sulla possibilità delle piccole e medie imprese di sostenere le sfide della concorrenza internazionale
La crisi delle grandi imprese
• Gli svantaggi comparati dell’economia italiana sono concentrati nei settori oligopolistici dove dominano le grandi multinazionali
• Le cause della debolezza delle grandi imprese italiane
– Vincoli alla crescita dimensionale?
– Protezione pubblica e debolezza degli stimoli concorrenziali (le privatizzazioni nei servizi)
Le piccole e medie imprese sui mercati internazionali
• Flessibilità geografica delle esportazioni– Le imprese italiane sono molto abili nell’inseguire i mutamenti
della composizione geografica della domanda mondiale,– ma questa rapidità di reazione è talvolta la contropartita di una
scarsa capacità di insediarsi stabilmente sui mercati.
• Scarsa internazionalizzazione produttiva– La quota dell’Italia sugli investimenti internazionali è ancora assai
inferiore al suo peso sulla produzione e sul commercio mondiale.– Soltanto da pochi anni le imprese italiane, anche quelle di minori
dimensioni, hanno iniziato ad usare strategie di internazionalizzazione più mature, che prevedano anche la presenza diretta sui mercati con proprie attività produttive e reti distributive.
I distretti industriali
• Sistemi produttivi in cui molte piccole e medie imprese specializzate interagiscono strettamente con l’ambiente locale in cui sono inserite
• Un modo diverso di essere grandi
• La dimensione originale dell’industrializzazione italiana
Distretti industriali e made in Italy
• Le caratteristiche qualitative dei prodotti delle nostre imprese distrettuali fanno sì che spesso questi non si trovino a competere con i prodotti dei paesi emergenti a bassi salari
• “Le scarpe di Ferragamo, poniamo, sono molto più sensibili alle modificazioni di prezzo di certi gioielli che alle modificazioni di prezzo delle scarpe prodotte in Cina”
Le prospettive future
• Le imprese distrettuali sono troppo piccole?– Nelle relazioni intra-distrettuali le piccole dimensioni
sono un vantaggio
– Alla “frontiera esterna” del distretto possono essere un problema
• Rete distributiva e potere di mercato
• Internazionalizzazione produttiva
• L’evoluzione dei distretti: l’emergere delle medie imprese
DISTRETTI INDUSTRIALI E SPECIALIZZAZIONE DELLE ESPORTAZIONI ITALIANE (1991)
0
0,5
1
1,5
2
2,5
3
3,5
4
4,5
5
0% 10% 20% 30% 40% 50% 60%
Quota di occupati nei distretti
Sp
ecia
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OC
SE
Pelli e cuoio
Abbigliamento e calzature
Tessile
Legno e mobilio
Minerali non metalliferi
Prodotti in metallo
Macchine e materiale meccanico
Carta e stampa
Alimentari
Gomma e plastica
Metallurgia - Chimica - Macchine per ufficio - Mezzi di trasporto - Strumenti di precisione
IL PESO DEI DISTRETTI INDUSTRIALISULLE ESPORTAZIONI ITALIANE NEL 1996
(percentuali)
0 10 20 30 40 50 60
Totale
Alimentari
Altri prodotti manifatturieri
Prodotti in metallo
Macchine e attrezzature
Prodotti minerali non metalliferi
Macchine elettriche
Legno e mobilio
Tessili e abbigliamento
Cuoio e calzature
Fonte: elaborazioni su dati Montedison
Share of some Italian industrial districts in national and world exports by product - 1996
(percentage)
Industrial districts Main specialization Share of Italian exports Share of world exports
Sassuolo Ceramic tiles and flags 50,4 26,7Sant’Ambrogio di Valpolicella Marbles and marble and stone products 25,4 9,5Arzignano Leather and leather products 28,5 6,2Santa Croce sull’Arno Leather and leather products 20,8 4,5Solofra Leather and leather products 16,5 3,6Prato Textiles 28,0 3,4Arezzo Jewellery and related articles 33,0 3,3Treviglio Agricultural and forestry machinery 17,5 2,0Udine Furniture 11,6 1,8Vicenza Jewellery and related articles 16,2 1,6Como Textiles 13,4 1,6Bassano del Grappa Central heating radiators and boilers 8,8 1,4Montebelluna Footwear 8,6 1,3Modena Agricultural and forestry machinery 11,1 1,3
IL CONTRIBUTO DEI DISTRETTI INDUSTRIALI ALLE ESPORTAZIONI ITALIANE DI MANUFATTI (Stima: 1985=1)
0,96
0,98
1
1,02
1,04
1,06
1985 1986 1987 1988 1989 1990 1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000
A(=BxC) Quota delle esportazioni di 'made in Italy' dei distretti industriali sulle esportazioni italiane di manufatti
B) Quota dei distretti industriali sulle esportazioni italiane di 'made in Italy'
C) Peso del 'made in Italy' sulle esportazioni italiane di manufatti