comunità aperta - febbraio '15

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ANNO V NUMERO QUARTO FEBBRAIO 2015 C O M UN I T A’ A P ER T A C O M UN I T A’ A P ER T A NEWS PERIODICO DELLA COMUNITA’ PARROCCHIALE DI S. BENEDETTO

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Periodico della comunità parrocchiale di San Benedetto - Numero quarto febbraio 2015

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ANNO VNUMERO QUARTO

FEBBRAIO 2015

COMUNITA’APERTA

COMUNITA’APERTA

NEWS

PERIODICO DELLA COMUNITA’ PARROCCHIALE DI S. BENEDETTO

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COMUNITA’ APERTA NEWS

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Parrocchia S. Benedettovia Caterina da Forlì,19 20146 Milano

Segreteria: tel 02471554 fax 024223677

Orari S. Messe:

Feriali: ore 9.00 e 18.00

Festive: vigiliari ore 18.00

domenica ore 8.30/10.00/11.30/18.00

• Carissimi parrocchiani

• Obiettivosu!

• ALT

• VitadiComunità

• Flash

• Calciod’angolo

• Inbacheca

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Indice

Direttore:

Responsabile redazione:

Collaboratori

Coordinamento esecutivo:

Redazione:

Segreteria:

Distribuzione

Contatti

Don Ugo Dei Cas

Don Alessandro Digangi

Don Valeriano GiacomelliDon Paolo Clerici

Luciano AlippiDavide Cassinadri

Letizia AlippiLuca CeciCarla FerrariFederico LucreziSara SantusGiulia Soresini

Stefania De Mas

Luca Cartotto

[email protected]

Lupi, cani e agnelli: una nuova sfidaFederico Lucrezi

La vita consacrata:la vita di GesùCh. Luca Ingrasci

LaRedazione

L’arroganza del non sensodon Ale

La mia prima confessioneGabriella Fucci

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Carissimi parrocchiani...Carissimi parrocchiani...Carissimi parrocchiani,all’inizio di un anno civile, per molti versi travagliato dalle difficoltà economiche, dalla mancanza di punti di riferimento chiari, sia dal punto di vista umano che relazionale, non perché manchino, ma perché spesso non presi in considerazione e quindi lasciati ai margini delle nostre scelte di vita, desidero spendere una parola sul nostro modo di essere cristiani, sia a livello di vita interiore che di testimonianza esteriore, affrontando un tema “caldo”, quello della famiglia e mettendo in risalto l’importanza della famiglia cristiana.Il periodo natalizio ha riportato la nostra attenzione sulla Famiglia di Gesù, quella che noi chiamiamo abitualmente “Sacra Famiglia”, ed in particolare sul Bambino Gesù. Se pensiamo alla Santissima Trinità essa è famiglia e Gesù è voluto nascere in una famiglia. La Chiesa è chiamata anche famiglia e la famiglia è chiamata chiesa domestica. La famiglia è sempre stata il nucleo principale di ogni società, come affermava san Giovanni Paolo II: “La famiglia è al principio della storia della salvezza, ma è anche al principio della storia dell’umanità e possiamo dire che ne è l’essenza, perché la storia dell’uomo è sostanzialmente storia d’amore. (Giovanni Paolo II, Indirizzo di saluto, convegno CEI a vent’anni dalla Familiaris Consortio, Roma, 17 ottobre 2001).La famiglia è un’istituzione umana, ma, per noi cristiani cattolici, anche divina. Si parla di famiglia, ma non tutti la intendono allo stesso modo; si parla di tanti tipi di famiglie e non di una sola, quella tradizionale, e il Sinodo sulla Famiglia ha messo in atto una riflessione che ci permetterà di sostenere, incoraggiare la famiglia tradizionale, cioè quella resa tale dal sacramento del matrimonio, ma anche di prenderci cura di coloro che, per vari motivi, che non sempre dipendono esclusivamente dai diretti interessati, si ritrovano a costituire un unione di tipo familiare. La Chiesa è Madre e come madre accoglie tutti i suoi figli e non esclude nessuno, mi preme affermare questo perché, in non pochi casi, diversi fedeli, a causa di un divorzio, o di alcuni momenti di incomprensione con qualche sacerdote, non hanno più partecipato alla Messa e cioè, potremmo dire così, si sono allontanati da quello che è l’incontro principale della “Famiglia di Dio” che è la Chiesa. Il fatto di non poter accedere al sacramento della riconciliazione e alla comunione, già di per sé molto penalizzante, non deve portare assolutamente a troncare i rapporti con la “Celebrazione Comunitaria” e cioè con la Santa Messa, dove, singolarmente o come famiglia, ci raduniamo attorno all’altare per rafforzare la comunione, tra di noi e tra noi con il Padre, col Figlio e con lo Spirito Santo e per attingere, insieme, alle sorgenti della Parola e dell’Eucarestia. Inoltre, dialogando con non poche persone, si viene a scoprire che, in realtà, non c’erano i presupposti che potevano impedire la comunione e la confessione, o che tali presupposti, a causa delle mutate condizioni, sono venuti meno. Questo, purtroppo, ha portato molte persone a ritenersi degli esclusi, quando esclusi non erano, e comunque l’esclusione riguardava solo l’accesso alla comunione e alla confessione e non alla celebrazione eucaristica.L’incontrarci tutti in modo assiduo, almeno a scadenza domenicale, tramite la Celebrazione Eucaristica e altri momenti di preghiera, quali l’adorazione, la recita di preghiere come il rosario, la Lectio Divina, le catechesi e altri momenti, ci permettono di rafforzare il nostro essere famiglia e di approfondire sempre più il nostro rapporto con Gesù e la sua Parola. L’essere membri di una comunità cristiana, appartenere alla famiglia cristiana può dare “l’illusione” di essere cristiani, in realtà questo non rappresenta affatto una garanzia di salvezza fin tanto che non sperimentiamo una conoscenza diretta e personale di Gesù, ma il farlo insieme diventa fondamentale perché ci si sostiene e ci si stimola a vicenda e questo soprattutto la Domenica che è per eccellenza il giorno del Signore e dell’uomo, il giorno della nuova famiglia di Dio che è la Chiesa alla quale appartengono tutti i battezzati.Mi preme sottolineare che il nostro rapporto con la persona di Gesù non può essere solo personale, ma deve essere necessariamente anche comunitario, è proprio questo rapporto comunitario che ci fa Chiesa, famiglia di Dio. Mi sento di dire che i rapporti messi in atto dalla famiglia cristiana divengono modello e stimolo per i rapporti che dovrebbero essere presenti in tutti i cristiani che formano la Chiesa di Cristo: la bontà, la dolcezza, la mansuetudine, il prevalere dei valori

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Obiettivo su! La vita consacrata

Qualche anno fa, durante un incontro vocazionale in un paese della Brianza, chiedendo cosa fosse secondo loro la vita religiosa (o consacrata) ad un allegro uditorio di bambini e ragazzi, uno di loro mi rispose così: la vita religiosa - quella dei frati e delle suore per intenderci – è “la vita di Gesù”. Con una risposta di questo tipo dentro di me pensai che potevo anche concludere così quell’incontro, perché avevano già capito tutto.Al giorno d’oggi risulta un po’ difficile comprendere il significato di questo tipo di vocazione cristiana, in un tempo della storia in cui “si vive” di crisi: crisi del lavoro, dell’economia, di valori, della famiglia e… di identità. Addirittura nella categoria della crisi rientrano la stessa vita religiosa e quella sacerdotale, in riferimento ad esempio al calo esorbitante del numero delle vocazioni, alla difficoltà di mantenere una certa fedeltà alle promesse proclamate solennemente, alla fragilità psico-fisica a cui tutti, in un certo modo, possiamo essere soggetti. Ragioni per cui la vita consacrata sembra essere riservata a pochi “super-uomini” e “super-donne” affette dalla sindrome delle “missioni impossibili”.Sorge, dunque, spontanea la domanda: davvero ha senso che ragazze e ragazzi lascino famiglia e amici per seguire questo ideale? Ha senso che ancora oggi persone di una certa età chiedano il periodo di aspettativa perché “forse”

Qualcuno si è inventato un qualcosa di “diversamente entusiasmante” per loro? Io credo proprio di sì! E lo affermo non tanto per dover riempire ad ogni costo uno spazio del vostro bollettino, quanto in ragione della speranza che questa scelta di vita offre a me personalmente e, in generale, intende donare all’umanità intera.Papa Francesco ha voluto dedicare questo anno pastorale alla vita consacrata – inaugurato il 29 novembre 2014 - oltre che a mostrare attenzione particolare alla realtà della famiglia, attraverso il Sinodo straordinario dello scorso ottobre in vista del Sinodo ordinario (4-25 ottobre 2015).Un anno speciale in cui il Papa ci regala l’opportunità di riflettere su queste due dimensioni della vita cristiana, nella quale ogni battezzato è chiamato a confrontarsi e a giocarsi il tutto per tutto. Seriamente.Tuttavia emergono quasi di riflesso altri interrogativi: ma uno che sceglie di sposarsi e di formare una famiglia cristiana non vive la vita di Gesù? Quali sono le differenze?In effetti, se ci pensiamo bene, non sono poi molte. Anzitutto sembra strano parlare di “vita consacrata”, dal momento in cui ogni cristiano è “consacrato” al Signore – cioè “appartenente” a Lui - attraverso il Battesimo. Il consacrato, poi, vive in comunità; ma anche la famiglia è una comunità, definita addirittura da alcuni sociologi la “cellula della società”. I teologi insegnano anche che la

la vita di Gesù

don Valeriano Giacomelli

umani e spirituali, legati alla persona in sé e per sé su quelli dettati dall’efficienza e dall’esteriorità, il dialogo rispettoso e mai prevaricante, il rispetto di ogni forma di vita, dall’inizio alla fine, il saper dire grazie, prego, permesso…, divengono fondamentali affinché ogni famiglia possa crescere sana e unita. Tali atteggiamenti sono fondamentali affinché i nostri figli crescano sereni, equilibrati e felici.Cari genitori, i nonni, i giovani, i ragazzi, i bambini, hanno bisogno di voi, hanno bisogno di modelli, hanno bisogno che voi siate quello che avete promesso di essere, hanno bisogno che voi gli parliate di Dio, che raccontiate Dio con la vostra vita, sull’esempio di Gesù che ha parlato di Dio, che ha raccontato Dio con la sua vita, che ha insegnato agli apostoli, ai discepoli, a tutti come rivolgersi a Dio con la preghiera del Padre Nostro. In definitiva Gesù è per noi modello di figlio, ma anche di genitore, di nonno, di amico. Allora è fondamentale per tutti continuare a metterci “alla scuola” di Gesù incontrandolo, nella preghiera fatta in famiglia, nella celebrazione Eucaristica e in tutti quei momenti che hanno come punto di riferimento la sua Persona-Parola. Una famiglia che vive il suo matrimonio in quest’ottica di fede e di testimonianza aiuterà e darà la possibilità a tutti i membri della comunità, della società civile, a crescere unita, a promuovere il bene comune, il rispetto della vita, propria e degli altri, di qualunque altro, dall’inizio del concepimento alla sua morte naturale, aiuterà a far sì che “a nessuno manchi del necessario” e che tutti abbiano la possibilità di incontrare Cristo, di conoscerlo, di ascoltare la sua Parola e di seguire i suoi insegnamenti.

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Obiettivo su!

Chiesa stessa è una grande comunità che - composta sua volta di tante piccole comunità – rispecchia l’immagine della Trinità, quale perfetto esemplare di vita comunitaria-familiare. Ecco perché certi nostri slogan parrocchiali ci ricordano che la Chiesa è una “famiglia di famiglie”!?Infine si potrebbe esordire dicendo saggiamente che ciò che distingue veramente i religiosi da tutti gli altri cristiani è la professione dei voti di povertà, castità ed obbedienza. Verissimo, ma in parte. Infatti, da quel che mi risulta, ogni battezzato della Santa romana (e ambrosiana) Chiesa è chiamato a praticare uno stile di vita sobrio (non misero, sia chiaro); a crescere nella purezza del cuore, dei sentimenti, dei pensieri e delle azioni; a non vivere come se gli altri non esistessero, ma in una reciproca, rispettosa ed equilibrata dipendenza dall’altro… basti pensare ai rapporti tra marito e moglie o tra genitori e figli.Allora qual è il punto? Mi sembrano illuminanti le tre parole contenute nel logo scelto per l’Anno della Vita Consacrata appena iniziato: “Vangelo, Profezia, Speranza”. Per cui potremmo definire la vita consacrata una vita di “speciale profezia” che, alimentata totalmente del Vangelo, anima il mondo e i cuori delle persone di speranza. Tentando di imitare quella radicalità che solo Gesù ha vissuto in maniera autentica. In questa prospettiva hanno senso i tre voti di povertà, castità ed obbedienza e il vivere insieme nella fraternità della vita comunitaria.Si tratta sostanzialmente di rispondere in modo del tutto particolare all’amore di Dio Padre che, attraverso l’azione dello Spirito Santo, chiama alcuni a seguire Cristo più da vicino con quella libertà tipica di chi firma assegni in bianco senza farsi tanti problemi.Infatti, trovandosi in sintonia con un particolare “carisma” – come quello di Don Orione per noi orionini ad esempio –, i religiosi cercano di ricalcare le orme che Gesù ha tracciato Ch. Luca Ingrasci

TrIcArIco cATErInA 02-12MoIolI AMEdEo 04-12PrATI AnTonIo FrAncEsco PAsQuAlE 10-12dE PAolI ErMInIA 14-12 MolTEnI AnGElA 16-12FrEGonI AlEssAndro 28-12FAvEllA GIusEPPA 31-12MAuTI MArIo 02-01sTucchI donATEllA 05-01AlIPPI GIAnGIusEPPE 05-01MAnTEGAzzA dEborAh 08-01

LEOnE ILARIA BUCCARELLA RICCARDO ROnzAnI MATILDEzAnGARI GIOVAnnIGEnCHI MIRIAM

Sono entrati a far parte della nostra comunità

Hanno lasciato la nostra comunità

Luca serve alla messa di Natale in Vaticano

nella sua vita terrena, tenendo lo sguardo puntato in Alto e annunciando profeticamente che il Paradiso è già presente nella nostra storia di ogni giorno. Solo così si capisce il senso profondo della vita consacrata. Inoltre, lungi da una mentalità da “Paradiso all’improvviso”, i consacrati godono anche del privilegio di una sorta di “anticipo” della vita eterna, nella quale si vive unicamente del “faccia a faccia” con Dio.Come il Papa stesso ha esortato nella sua lettera “Rallegratevi”, i religiosi hanno il compito di “svegliare il mondo”, perchè «dove ci sono i religiosi c’è gioia».La vita consacrata è dunque la vita di Gesù! Ed è attraverso questa vita che ogni battezzato, e specialmente noi religiosi, «siamo chiamati a sperimentare e mostrare che Dio è capace di colmare il nostro cuore e di renderci felici, senza bisogno di cercare altrove la nostra felicità; che l’autentica fraternità vissuta nelle nostre comunità alimenta la nostra gioia; che il nostro dono totale nel servizio della Chiesa, delle famiglie, dei giovani, degli anziani, dei poveri ci realizza come persone e dà pienezza alla nostra vita» (Papa Francesco).

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ALT Aziona La

Testa

Il non senso è arrogante.Lo guardi ammutolito ed inerme, incapace di fare qualcosa. Se cerchi di scrutarne le profondità ne ricavi rabbia e desolazione, a tratti, un tantino anche di depressione.Che cos’è il non senso? - mi sono chiesto più volte - è l’ingranaggio che non gira e che conseguentemente non fa muovere il marchingegno. E’ la nota stonata che rovina la sinfonia più bella, è l’errore di ortografia che impedisce una lettura scorrevole.Di fronte a lui ti fermi triste e ti arrabbi, incapace di trovare logiche e risposte; il viso si appiattisce in una smorfia di sconsolata inappetenza ed il cervello produce una scarica che fa dire alle nostre labbra: “non ha senso!”.

Di questi tempi, poi, t’accorgi che il non senso colpisce in una disarmonia di opposti.

Un uomo alto non si azzarda a passare in una porta piccola, così come uno stonato non canta in un coro di professionisti o un cieco non guida un gruppo in cordata su una montagna.Sorridiamo di fronte a questi esempi di “non senso” ed in qualche modo ormai ci conviviamo. Sì! Perché le notizie di tutti i giorni ce ne danno costanti esempi.

Il prete, l’uomo di Dio, colui che vive in un’aura di santità (almeno così spesso è visto), lui che “maneggia” misteri e non fogli, amministra doni e non tasse, spesso lo vediamo incagliato in atti violenti e contro natura nei confronti di

innocenti la cui difesa estrema ha appena concluso da sopra un pulpito.

Il giudice, l’uomo della legge, colui che conosce a memoria i diritti e i doveri di ogni cittadino, che ha il compito di indicare ciò che è corretto e ciò che non lo è, è colto in flagranza di reato, con giri loschi e complicati capaci di rubare diritti - appena sentenziati - a destra e a sinistra.

La mamma, alter ego del bambino nella vita nascente, collegamento inscindibile per molte fasi della giovane età e compagna di cammino nell’età adulta, lei che vive una vocazione altissima nella quotidianità della ferialità, rimane anche lei infangata in morti atroci di figli innocenti, invischiata in malavitosi giri che ci fanno accapponare la pelle e le coscienze.

Il religioso fedele che prega Dio e lo ama, che assolve il precetto festivo, capace di far tintinnare monete nel cestino traballante di vecchia che mendica in strada, riesce nello stesso tempo ad organizzare l’uccisione inutile di innocenti liberi, diventando lui stesso schiavo del suo io maniacale ed intransigente.

L’arroganza del non senso ci colpisce e ci ammutolisce. non tanto per l’atto in sé o la notizia, forse per la categoria che la compie, forse neppure per tutte queste cose, ma per il perseverare - a tratti diabolico - che ci si propone di fronte.

d’altronde è anche vero che solo chi sa, può fare di tutto per far credere di non sapere; soltanto chi conosce qualcosa, può imbrogliare senza farsene accorgere.

Il non senso è fastidioso.Perché di fatto vive dentro di noi e convive in ogni istante che decidiamo di vivere.Il non senso può guarire attraverso la consapevolezza, sinonimo di profonda conoscenza di sé, dei propri baratri scuri ed infiniti ma anche dei forzieri d’oro di cui siamo portatori.

L’arroganza del non senso

don Ale

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Il primo giorno che ho

incontrato Gesù

Una piccola premessa ai … non addetti ai lavori …La Prima Confessione fa parte del percorso catechetico dell’iniziazione cristiana, che avviene durante il secondo anno di catechismo. Scopo principale dell’iniziazione è far conoscere Gesù, spiegare i suoi insegnamenti, introdurre il ragazzo nel mistero di salvezza e dell’Amore Misericordioso di Dio. I quattro anni di cammino catechetico si suddividono in due tappe: un biennio in preparazione all’Eucaristia (Prima Comunione) e un biennio per la Santa Cresima. I ragazzi che frequentano la IV elementare quest’anno faranno esperienza, il prossimo 15 Febbraio, del Sacramento della Prima Riconciliazione e il 25 Aprile riceveranno il Sacramento della Prima Comunione.

Una premessa ai primi educatori dei ragazzi … i genitori!La condizione fondamentale per il raggiungimento dell’obiettivo che si desidera raggiungere è la collaborazione attiva dei genitori, che sono i primi e più incisivi educatori alla fede: sono loro che si assumono l’impegno di accompagnarne la crescita attraverso un atteggiamento coerente e rispettoso, attento verso una puntuale presenza dei ragazzi agli incontri settimanali, alla partecipazione alla Santa Messa domenicale e alla vita comunitaria. (*) È importante quindi che il ragazzo senta che la famiglia condivide con lui il cammino che sta percorrendo e lo aiuti a prendere coscienza del significato del sacramento del perdono e a viverlo come momento d’incontro personale con il Padre, che ci conosce da sempre e ci perdona. E’ altresì fondamentale educare i ragazzi all’amore e al timore di Dio, agli atteggiamenti di fiducia, perché la legge e il giudizio non facciano paura e non nascano sentimenti di scoraggiamento o ansietà. non vogliamo certo che i bambini sviluppino sensi di colpa o diventino preda degli scrupoli, ma neppure che non prendano giusta coscienza che il male non esiste soltanto nel mondo che è fuori di loro, ma anche nel loro cuore,

come nel cuore di tutti, perché tutti siamo peccatori.(*) Su questo tema alquanto spinoso che è la partecipazione alla S. Messa sarebbe opportuno soffermarsi un momento in più : stiamo parlando del 3° comandamento “ricordati di santificare le Feste” e la sua deliberata trasgressione equivale a “peccato grave – mortale” e come ogni comandamento grave trasgredito “deve” essere “confessato”. Spesso i ragazzi raccontano le varie motivazioni che li portano a non partecipare.Alcuni dicono “noi ci andremmo volentieri ma spesso i nostri genitori non ci accompagnano”, altri preferiscono “dormire di più la domenica”, altri vanno coi genitori “fuori città” e non hanno tempo.Con grande amore e rispetto per i genitori che,

“LA MIA PRIMA CONFESSIONE”

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Vita di comunità

certamente, hanno tante cose da fare, è necessario ribadire l’importanza del loro ruolo e della loro attiva collaborazione in questo cammino di fede.Tuttavia, con il rispetto e l’amore di una figlia/figlio, si può dire: “cara mamma, caro papà, sarebbe così importante per noi tutti, anche per te, incontrarci con Gesù : questo non è solo importante per me, non lo dicono solo i catechisti, è importante per tutti noi. Serve per trovare il centro della vita”.

Come vivono e cosa pensano i nostri ragazzi dell’incontro che li aspetta?Premesso che andare a catechismo per molti ragazzi risulta faticoso e si annoiano perché restare attenti dopo essere stati a scuola tutta la mattina (e magari anche parte del pomeriggio) è difficile, alcuni di loro si chiedono “Perché sono qui ?” quando certi loro amici non vengono a catechismo perché i loro genitori non ce li mandano e non vedono l’ora che termini l’incontro per uscire a giocare a pallone o con gli amici.Altri accettano meglio l’incontro perché ogni tanto si diversifica, disegnando, o colorando sul quaderno o si fa un gioco.Ci sono poi i distratti o meglio gli “assenti”, quelli che pensano alle cose loro.Solo una piccola percentuale è contenta di venire a catechismo e dice di venire volentieri, si diverte e partecipa (... E questa è la vera soddisfazione per un catechista…!): qualcuno addirittura lo preferisce al corso di pallacanestro o nuoto o danza e partecipa e ascolta, magari anche alzando la mano per rispondere a una domanda, o addirittura facendo domande, ma nella maggioranza dei casi fanno fatica a capire quello che viene loro spiegato.Si stanno comunque preparando, con fatica o meno, alla Prima Confessione, ognuno con reazioni diverse di fronte ai vari momenti che li vedranno protagonisti dell’incontro con Gesù.Alcuni ragazzi per quanto riguarda la Confessione, vivono con un po’ d’ansia, con timore questo momento, si chiedono cosa devono dire al sacerdote, come devono dirlo, alcuni anche perché devono dirlo.Un altro interrogativo è : se dovranno confessarsi sempre prima della Comunione.C’è anche in loro una certa preoccupazione a capire quali siano i peccati realmente gravi “mortali”, che hanno offeso profondamente Gesù, e devono necessariamente essere confessati, da quelli “veniali”.In ogni caso è opportuno confessarsi con una certa

regolarità, o quando si sente il bisogno di migliorare il proprio modo di vivere, anche se è vero che, di solito, i nostri peccati sono sempre gli stessi.Possiamo paragonare i “soliti peccati” alle pulizie di casa : anche se la polvere che si deposita è sempre la stessa, facciamo comunque le pulizie di casa per eliminarla.Ci sono poi ragazzi che si pongono il problema di come fare a ricordarsi tutto quello che hanno commesso e devono dire al confessore? Pensano sia grave la dimenticanza, anche se non è voluta.E’ necessario quindi rassicurarli per non creare in loro quel senso di colpa, poiché anche se abbiamo dimenticato qualche peccato il Signore, che vede nel cuore di ognuno, ci perdona a condizione di essere sinceramente pentiti, dispiaciuti per averlo offeso e decidere di cambiare in meglio la nostra vita.

INTERVISTA AI RAGAZZIPer entrare meglio nel cuore dei ragazzi e capire cosa hanno percepito sull’argomento sul quale devono prepararsi, riguardo la Confessione, il Peccato e il Perdono, è stata fatta una piccola intervista a campione.Premesso che il concetto del SENSO DEL PECCATO non è di facile comprensione neppure per gli adulti, soprattutto in un contesto sociale come quello attuale dove si è perso questo senso, l’obiettivo principale è soprattutto far capire che il peccato e tutto quanto ruota attorno è il male più grande che ci allontana da Dio e interrompe il legame tra il cielo e la terra.non basta quindi elencare i peccati commessi, bisogna far capire che ogni volta che si commette peccato facciamo del male a qualcuno (mamma, amici, Gesù).non è neppure facile far comprendere il grande amore che Dio ha per noi, che ci ama così come siamo, con le nostre fragilità e ci aspetta a braccia aperte ogni volta che chiediamo il suo perdono.

Ora riportiamo alcune delle risposte date dai ragazzi.

“Cos’è la Confessione?”• Togliersi un masso dalle spalle e liberarsi diventando leggero come una piuma.• E’ la dichiarazione dei peccati commessi a dio.• E’ una specie di battesimo e sicuramente è un sacramento molto importante • E’ rivelarsi a dio• dire al prete non solo i peccati ma ciò di cui ti sei pentito

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Vita di comunità

• un confronto col prete e l’eliminazione del peso del peccato• un momento di felicità e perdono

“Cos’è il peccato?”• E’ una cosa brutta che non si dovrebbe mai fare, ma gli uomini hanno sempre della cattiveria dentro ed è impossibile non fare peccati nella vita.• Il peccato è il contrario di una buona azione, ciò che non rispetta i dieci comandamenti.• E’ un atto molto brutto, che non è nel volere di Dio• E’ infrangere le regole di dio• E’ quando fai una cosa brutta e non rispetti i 10 comandamenti• un’azione malvagia verso me stesso, Gesù o gli altri• un reato, una cosa che non devi fare mai

“Cos’è il perdono?”• E’ quando si vuole essere perdonati per un fatto successo, è una cosa molto bella che si dovrebbe fare sempre.• Il perdono è un modo con cui dio dimostra di amarci.• E’ un’opportunità per “cancellarti le macchioline” dei peccati • E’ tornare sulla buona strada• un segno di pace, non una semplice scusa ma come se quell’azione non è accaduta• Il momento in cui faccio pace con dio, quando prometto di non fare più quello che ho fatto di male• chiedere o ricevere scusa• Il momento in cui dio ti perdona come se non avessi fatto niente

“La Confessione è solo il perdono dei peccati?”• sì, è il perdono dei peccati, però è anche un passaggio per fare la comunione. E’ un gesto che ci fa diventare uomini, cioè chiedere scusa.• la confessione secondo me non è solo il perdono dei peccati, ma anche un modo per essere più “puliti”.• no, perché è anche felicità• Il momento in cui prometti di non fare più le cose brutte che hai fatto, dopo non senti più il senso di colpa• sì, perché vai nel confessionale solo per purificarti

Forse questi ragazzi hanno percepito meglio di tanti adulti cos’è SEnSO DEL PECCATO e comunque hanno capito l’importanza che ha il sacramento della riconciliazione e del perdono. Loro stanno già sin d’ora preparando il loro cuore a ricevere Gesù. Pensano ai giorni, mesi che mancano all’incontro con Lui. La cosa più importante arrivati al traguardo della Prima Confessione, e successivamente alla Prima Comunione, sarà rimanere fedele a questo incontro, cioè alla comunione con Lui, e capire che da quel momento comincia una nuova tappa della vita: all’età di 9 anni Gesù è entrato nel “mio” cuore, e ha fatto visita proprio a “me”.

E per finire … con le cose stupefacenti che pensano i ragazzi sul tema dell’EucarestiaQuesto argomento resta comunque per loro ancora fonte di grandi interrogativi.le domande più ricorrenti sono : “come può Gesù essere presente col suo vero corpo nell’Eucaristia, non si vede!» oppure “di cosa sa l’ostia ?” che riceveranno il giorno della Prima Comunione.E anche sul il vino che si tramuta in sangue … come avviene questa trasformazione?C’è attorno a questi santi misteri un senso di poca chiarezza. Si sentono agitati già sin d’ora all’idea di ricevere quel giorno il Corpo di Gesù. E anche se non lo vedranno fisicamente, come tante cose che non si vedono ma esistono, come il vento, il tuono, la nostra anima e così via, ne sentiranno presto gli effetti che produce ….

Gabriella Fucci

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Vita di comunità

Lupi, cani e agnelli: una nuova sfidaArchiviati i festeggiamenti, finito anche l’ultimo panettone, eccoci ancora una volta in pista, ben avviati in questo 2015 e già alle prese coi mille impegni che la quotidianità ci riserva. Come sempre.In un periodo, quello dei primi mesi dell’anno, tradizionalmente più vuoto e tranquillo per quanto riguarda la vita della parrocchia, un appuntamento fisso è la festa della famiglia. non solo l’occasione di festeggiare tutte le coppie che scelgono di vivere il loro anniversario insieme alla nostra comunità, ma anche l’occasione di regalarsi un bel momento di vita comunitaria riconoscendoci, come famiglie, mattoni di qualcosa di più grande.Mai come oggi dovremmo avere l’accortezza di non sottovalutare e non dare per scontato il senso di questa festività. non dobbiamo lasciare che scorra inosservata come una delle tante feste, dal momento che oggi, che piaccia o no, che si abbia l’onestà intellettuale di

riconoscerlo o no, parlare di famiglia non è più scontato.Succede che ci svegliamo una mattina e ci scopriamo minoranza. Ci svegliamo una mattina e scopriamo che parlare di famiglia (famiglia tradizionale in termini moderni, ormai declassata a modello tra tanti) composta da uomo e donna non è più possibile. Basta pensare alla vergognosa quanto martellante campagna mediatica che ha tentato di affossare il convegno “difendere la famiglia per difendere la comunità” organizzato da Regione lombardia. un convegno pacifico, con esponenti del mondo politico e del mondo cattolico che si sono alternati sul palco portando la loro esperienza e le loro visioni, discutendo il ruolo che la famiglia può ancora avere oggi in questa società, sempre con uno sguardo sulle nuove e vecchie insidie che si trova ad affrontare. E basta dare un’occhiata a cosa è successo quel sabato 17 gennaio per capire quanto le cose siano cambiate. Esprimere ciò

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Vita di comunità

Cosa sta succedendo?La domanda mi rimbalza da un SMS che ho ricevuto dopo una domenica celebrata fra lacrime e musi lunghi.Le note della chitarra portavano melodie di festa: si parlava di nozze, di gioia, di vino e balli, eppure nella festa domenicale che era la messa, si potevano osservare solamente lacrime e visi tristi.Colpa del prete, certo, che conoscendo alcune situazioni dà le sferzate giuste: “botti piene di vino che pian piano si consumano e di cui rimane nulla, anzi no! Solo pietra, meglio, 6 giare di pietra”.C’è crisi: economica, personale e... familiare e le nozze di Cana sono sempre motivo di preghiera e pensiero.Forse come la Madonna ogni tanto ci accorgiamo che il vino è carente ma non abbiamo come lei il coraggio di fermare tutto e dire: “non hanno più vino!”. Quella coppia amica, quei coniugi che conosco perché vengono a messa, con i quali ho condiviso esperienze e feste, adesso sono

affaticate e … non hanno più vino!!! Ma se me ne accorgo, allora perché non lo dico?Se in qualche modo partecipo alle loro nozze, ovvero alla quotidianità della loro vita di cui loro mi fanno invitato privilegiato o dove comunque mi lasciano entrare, perché non dirglielo? Perché come comunità non riusciamo a dire: “non hanno più vino?”. Perché ci nascondiamo dietro la preghiera e l’agire rimane schivo e lontano?Perché siamo bravi ad organizzare feste e sagre ma ci blocchiamo di fronte alla crisi vinicola di coppie che faticano?Parrocchia! Parrocchiani! Facciamo qualcosa! Facciamolo adesso!Cosa?Parliamone insieme.

Cosa succede in parrocchia?Federico Lucrezi

in cui crediamo oggi significa assistere una mobilitazione di massa di tutti i sedicenti democratici che nel nome di quel relativismo che Benedetto XVI aveva ampiamente previsto non possono assolutamente tollerarci.La verità è che ci aveva visto giusto Ratzinger. Uno dei punti fermi della sua permanenza sul seggio di Pietro è stato proprio il costante monito al mondo cattolico, purtroppo dimenticato con l’epilogo del suo pontificato, a non sottovalutare i pericoli e i rischi che le posizioni relativiste e i suoi seguaci, in rapida crescita nella società, rappresentavano. un relativismo che oggi è stato definitivamente portato all’iperbole fino a diventare a sua volta assoluto: la dittatura del relativismo, citando il papa emerito, che oggi vede la verità nel rifiuto della verità, l’unico punto di riferimento nell’assenza di punti di riferimento. Dio abbia pietà dell’uomo che dubita delle sue certezze – canta il Boss, Bruce Springsteen. Dovrebbero tenerlo a mente oggi tutti i “cristiani” che scelgono il compromesso accettando di mettere in discussione il messaggio del Vangelo pensando di attualizzarlo per renderlo più accettabile a un mondo che vorrebbe virare in tutt’altra direzione.la realtà, e nessuno di noi vi si può sottrarre, è che la società italiana 99% cattolica non esiste più, ammesso

che ci sia mai stata. Senza che ce ne rendessimo davvero conto alle nostre spalle è avvenuta una vera e propria rivoluzione copernicana, il punto di vista si è spostato e ci troviamo ad essere una minoranza. Una minoranza scomoda, ma pur sempre una minoranza. Questo ci mette di fronte a una sfida nuova: oggi non è più possibile dirsi cattolici per tradizione in una società che sui valori cristiani è fondata. Essere cattolici oggi significa prima di tutto assumersi delle responsabilità. significa non lasciare ciò in cui crediamo confinato tra le mura delle nostre parrocchie o nelle righe di qualche giornale. significa non smettere di credere nei nostri valori, non cedere a chi vorrebbe rottamarli. significa testimoniarli davvero con coraggio in ogni ambito della nostra quotidianità. Senza paura. Senza temere la forza mediatica che ci troviamo contrapposta. Senza scendere a compromessi.Il maestro Clint Eastwood nel suo ultimo capolavoro, American Sniper, divide l’umanità in lupi, agnelli e cani da pastore. I primi votati alla prevaricazione, i secondi incapaci di reagire e destinati a soccombere. I cani da pastore infine hanno qualcosa da difendere e sono destinati a reagire e combattere i lupi.non c’è dubbio che ormai siamo circondati dai lupi. Agnelli o cani da pastore: a noi la scelta.

don Ale

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Vita di comunità

Giorno dopo giornoChiudi gli occhiimmagina una gioiamolto probabilmentepenseresti a una partenza

ah si vivesse solo di inizidi eccitazioni da prima voltaquando tutto ti sorprende nulla ti appartiene ancora.

con le parole di costruire di nicolò Fabi mi piace ricordare i primi passi di Orioneinfesta, quando ancora non si aveva idea delle cose da fare, ne delle persone da coinvolgere; quei momenti in cui era sufficiente l’eccitazione per il nuovo e la voglia di mettersi in gioco di poche persone per ideare una realtà che oggi ci stiamo preparando a rivivere.All’inizio la festa era molto diversa dall’attuale. Le prime edizioni nemmeno avevano questo nome e si limitavano ad un pranzo per gli ospiti del Piccolo Cottolengo, organizzato grazie all’aiuto di volontari di tutta la Parrocchia in occasione della canonizzazione di don Orione (2004) e delle successive ricorrenze.nel 2009 la svolta. Da anni si sentiva l’esigenza da parte di più anime della Parrocchia di organizzare una festa più coinvolgente e più complessa che potesse esprimere a pieno tutto il potenziale umano e relazionale della nostra comunità. E così grazie all’entusiasmo di molti si partì con il noleggio del tendone per un weekend,

l’apertura di una ottima cucina, lo spostamento del bar nel cortile, l’organizzazione di un torneo di calcio a 5 e di attività varie per i bambini, la lotteria, la festa di fine anno della sportiva e la presenza di molto intrattenimento musicale con band dal vivo, dj set, ballo liscio e karaoke.Felici del risultato dell’anno precedente si passò subito al raddoppio. Due weekend. Impegno triplo. Soddisfazione infinita. devo ammetterlo, la mia edizione preferita soprattutto per quello che successe il 22 maggio 2010 con la proiezione della finale di champions league, vinta dall’Inter. Altre novita introdotte e poi ripetute negli anni furono la presenza della banda musicale, Orion Factor e Buona la prima, il torneo di pallavolo mista la partita di calcio tra i ragazzi dell’oratorio e i dipendenti del Piccolo Cottolengo e la processione mariana decanale.Le edizioni successive hanno ricalcato più o meno lo schema della festa del 2010, migliorando anno dopo anno l’animazione delle serate, aggiungendo la griglieria e il servizio ai tavoli e inserendo il torneo di basket e il Pulcitorneo.

nel mezzo c’è tutto il restoe tutto il resto è giorno dopo giornoe giorno dopo giorno èsilenziosamente costruiree costruire è potere e sapererinunciare alla perfezione

consapevoli però che non si vive solo di inizi, e che tutto

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Vita di comunità COMUNITA’ APERTA NEWS

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Davide Cassinadri

Leggere e rileggere con amoreQuando l’amore verso l’altro, supera la barriera dell’imbarazzo, allora è amore vero.Quando qualcosa ci fa muovere le chiappe e dire quello che pensiamo, allora bisogna fermarsi, abbassare il cappello e stare ad ascoltare.Ho visto piangere un omone, grande, grosso, anche un po’ strano.Lo vedo, lo osservo, lo saluto, ma non posso dire di conoscerlo.Sembra pieno di fede e di calore a tal punto che credo non abbia mai comprato un piumino da indossare.L’ho trovato farsi i fatti miei, gratuitamente, con le lacrime agli occhi.L’ho sentito un padre, l’ho trovato un fratello anche se non ne ho.Ho visto cicatrici, ho sentito dolore e rabbia nel GRIDARMI, sussurrando, che l’amore è speranza.Ho percepito un vissuto, ho ascoltato la forza di chi forse ci è passato, di chi capisce, di chi vede l’importante, oltre tutto e tutti, di chi la speranza la semina e sa che il terreno è quasi sempre buono.Per la prima volta, grazie a te, mi sono sentito parte di una comunità, dove l’azione amorevole, supera il più facile pettegolezzo e l’umano giudizio.non so io e non sai tu se i miei problemi passeranno…ora però ho più AMorE.non dico chi sei, non dico chi sono nella speranza che ognuno di voi possa desiderare di essere l’uno o l’altro, ognuno superando i propri imbarazzi, ognuno gustando l’amore ricevuto.Grazie grande uomo, grazie di esserti scoperto.

Anonimo

il resto è nel mezzo, ci siamo rimessi al lavoro, in silenzio, per costruire una nuova festa.Due riunioni prima tra i responsabili dei vari settori (animazione, bar, logistica, cucina, servizio ai tavoli, griglia, sport, cassa, segreteria, approvvigionamenti) e poi una plenaria ci hanno permesso di delineare il cammino verso l’Orioeinfesta. Ci ritroveremo praticamente ogni quindici

giorni per regalare alla comunità due settimane di festa in cui accrescere le relazioni 0 anche semplicemente divertirsi. Ci vediamo a maggio!7-8-9 triduo per don Orione Santo10 S. Messa in cortile e pranzo per gli ospiti Cottolengo17-18-19 Primo weekend24-25-26 Secondo weekend

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Calcio d’ango

lo

oggigiorno il calcio è uno degli sport più diffusi e seguiti a livello mondiale, per me da questo sport si può imparare tanto, per me rappresenta una metafora della vita. Se chi abbraccia il calcio lo guarda con gli occhi giusti, se non si limita a considerarlo solo uno sport, può andare oltre e rendersi conto di quanto possa aiutare i più piccoli ma anche i più grandi a crescere, ad apprendere importanti valori.Così mi sono chiesto: se Gesù potesse dirci qualcosa sul calcio, cosa direbbe?Io credo che se fosse qui oggi, se potesse comunicare direttamente con noi, utilizzerebbe il calcio come immagine per insegnarci qualcosa della vita. Ogni settimana, ogni week-end, ci sono molte immagini che parlano della vita. Delusioni e gioie, frustrazioni e disprezzo, odio e stanchezza.Il calcio muove passioni. Risveglia gioie e tristezze. Amori incondizionati o violenza. Allontana e avvicina, unisce e separa. Il calcio non ci lascia indifferenti. competere, lottare per la vittoria, vincere o perdere.Sono molte le cose che Gesù potrebbe insegnarci se si servisse del calcio come parabola. Il calcio è uno sport di squadra. Tutti hanno un posto. È più importante lavorare per l’insieme che cercare la propria gloria. Una squadra può avere molte stelle, ma se non si lavora per l’insieme il valore delle stelle si può perdere.Lavorare in squadra richiede rinuncia, sacrificio, umiltà. Esige la rinuncia al proprio beneficio se ciò va a beneficio di tutti. non si raggiunge nulla senza contare sugli altri. Da soli non possiamo.Afferma papa Francesco nella sua esortazione: «nessuno si salva da solo, come individuo isolato, ma Dio ci attrae considerando la complessa trama di relazioni interpersonali che si realizzano nella comunità

La parabola del calcioumana. Dio entra in questa dinamica popolare».nel gruppo tutti sono importanti. Se io non apporto del mio, quello che so fare bene, gli altri si perdono qualcosa. non è facile. Perché possiamo risparmiarci e lasciare che siano gli altri a dare il proprio apporto. Possiamo risparmiarci e lasciare che si sforzino gli altri. Tutti, però, siamo necessari.Per questo, quando perdiamo perdiamo tutti, e quando vinciamo vinciamo tutti. È la comunione per raggiungere il fine sognato. sì, il calcio parla della vita e ci mostra le cose importanti.Camminiamo uniti, siamo intrecciati in questa vita. Giochiamo in squadra, abbiamo bisogno gli uni degli altri, abbiamo bisogno di persone che ci aiutino a scoprire il nostro posto nel campo, che confidino e credano in ciò che possiamo fare quando giochiamo. Il nostro apporto è fondamentale. L’apporto di tutti costruisce.Il calcio ci insegna inoltre che nella vita le sconfitte e le vittorie sono passeggere. Una linea molto sottile separa il successo dal fallimento. Un secondo, un errore, un po’ di fortuna, un miracolo.Diceva un allenatore: «Molte volte ci insegnano che vincere è tutto, la cosa più importante, l’unica. Io devo essere il primo. Ma la gente che ti sostiene ti fa vedere che

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Calcio d’angolo

Luca CeciTERZA CATEGORIA

1 Fatima 302 Orione 273 Red Devils 244 Gudo Visconti 235 Forza e Coraggio 22

JUNIORES1 Sp. Valleambrosia 372 Accademia Gaggiano 363 Sporting Valleambrosia 354 Basiglio Milano III 347 Orione 25

ALLIEVI A1 Iris 62 Casorate 43 Accademia Gaggiano 33 Barona 39 Orione 1

ALLIEVI B1 Orione 61 Olmi Milano 61 Viscontini 64 Leone XIII 34 Assago 3

GIOVANISSIMI B1 Romano Banco 62 Assago 43 Arca 33 Muggiano 38 Orione 0

www.usorionemilano.itGIOVANISSIMI A

1 Baggio II 42 Quinto Romano 32 Arca 34 Bareggio 26 Orione 1

non esiste solo quella parte del calcio. Esiste anche l’altra, in cui la partita non merita neanche una lacrima, perché quando nella vita si dà tutto si può vincere, si può perdere, ma importa meno. Possiamo perdere con la tranquillità di aver dato tutto. È la vita, in un momento hai tutto e all’improvviso non hai nulla».come in molte cose nella vita, la fine non è la cosa più importante. Imparare a vivere significa valorizzare il momento, la tappa del cammino e vedere che vincere non è tutto. Perché in un momento tutto può cambiare. si può perdere ciò che era a portata di mano.Quello che conta davvero è dare tutto ad ogni passo, dare la vita sul campo, anche se alla fine perdiamo. Perdere fa sicuramente male, ma ci rende anche più forti e più maturi.dopo la sconfitta ci resta solo una cosa da fare: alzare la testa e rimetterci in cammino. lottare un’altra volta fino alla fine anche se non avremo ancora successo. Guardare alla prossima meta e anelare all’impossibile. E credere, sì, credere sempre che sia possibile. Sì, è come la vita.Gesù, parlando di calcio, avrebbe parlato del gioco pulito, evitando la violenza. Avrebbe sottolineato l’onestà di dire sempre la verità, senza fingere né mentire con i gesti cercando di ingannare l’arbitro.Avrebbe esaltato chi tratta con rispetto l’avversario, chi non insulta né aggredisce, chi non ridicolizza né ride del male altrui, chi ammira l’avversario prima e dopo la partita. Avrebbe elogiato il calciatore che accetta la missione di costruire senza essere colui che spicca di più, senza occupare alla fine i titoli dei giornali.Avrebbe sottolineato il lavoro del buon allenatore. Di colui che sa tirar fuori il meglio dai suoi e riesce a sfruttare tutto il loro potenziale, come un vero padre. Conoscendo i loro limiti, sognando le loro possibilità, amandoli nella sua

missione. Senza umiliare chi fallisce, ma incoraggiandolo ad andare avanti e confidando di nuovo nelle sue capacità.Gesù loderebbe l’allenatore che uniforma l’abbigliamento, crea ponti, accoglie tutti, sa mettere ciascuno al proprio posto e chiarisce sempre che nessuno è imprescindibile nell’allineamento iniziale, ma tutti sono fondamentali nel corso della stagione.Loderebbe sempre l’allenatore che si assume le colpe nelle sconfitte e non attacca i suoi non prendendosi mai la responsabilità. Un allenatore capace di unire, di integrare, di trarre il meglio da ciascuno.Loderebbe il calcio come un gioco, in cui ci si diverte e si dà tutto. Ma un gioco che si prende sul serio, come la vita.Ci sono partite amichevoli, allenamenti, partite poco importanti e partite fondamentali. Poi ci sono quelle partite che si giocano solo una volta nella vita. In cui si decide tutto. Ora o mai più. Sì, nella vita ci sono alcune partite di questo tipo. Sono momenti in cui la decisione che prenderemo, anche se sarà difficile e dolorosa, potrà cambiare tutto. Ora o mai più.nella vita, come nel calcio, bisogna imparare a vivere. È questo che rende bella la vita e rende bello il calcio, perché nella vita, come nel calcio, il nostro lavoro spesso non ottiene successo, ma non importa, ci rialziamo e continuiamo a lottare. Vale la pena di sforzarsi e dare tutto. A volte la sfortuna e gli errori possono spezzare i nostri desideri, ma non è la fine, perché la partita della vita si gioca per sempre.Mi piace pensare che queste possano essere le sue parole e che possa quindi insegnarci tanto attraverso un gioco, e infine per concludere mi sono chiesto: “chissà se anche lui come me tifa Orione?”

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In

bacheca

Febbraio20151 D MGO piccoli a Voghera

2 L Adorazione h.21.00

3 M

4 M

5 G

6 V

7 S

9 L

8 D

10 M

12 G

13 V

14 S

15 D Ritiro genitori 4a elementare h.14.30 Prime confessioni h.15.30

16 L 40 ore

17 M 40 ore

18 M 40 ore

19 G

20 V

21 S Carnevale

L23 Catechesi superiori h.18.00

22 D I di Quaresima - Battesimi comunitari h.16.30

M24 Visita canonica provinciale

M25 Visita canonica provinciale

G26 Visita canonica provinciale

V27

S28 MGO capocantieri a Pavia - cena comunitaria h. 20.00

11 M Messa del malato h.10 .00 (con ospiti Piccolo Cottolengo) e h.18.00

16-17-18 febbraio

40 oreLunedì

Tutti i parrocchiani sono invitati a collaborare per acquistare quei viveri che fino all'anno scorso era possibile reperire grazie al contributo del consiglio di zona, che quest'anno invece, è venuto a mancare.Chiediamo di portare generi di prima necessità come:

S.O.S. borsa della spesa

le volontarie della "borsa della spesa"

Pasta, riso, olio, caffè, zucchero, pelati, tonno, carne in scatola, dadi, fagioli in scatola, piselli in scatola, materiale per la pulizia della casa, materiale per l'igiene personale.

Potrete lasciare il sacchetto vicino all'altare di Don Orione Grazie,

16:00-18:00 adorazione personale

17:00:18:00 adorazione catechismo

21:00-22:00 adorazione comunitaria

Martedì16:00-18:00 adorazione personale

Mercoledì16:00-18:00 adorazione personale

18:30-20:00 conclusione insieme

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