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CENNI STORICI DELL’ISTITUTO In occasione dei Giochi Olimpici del 2006 diverse zone del territorio nel quale è ubicato il nostro Istituto hanno subito una radicale trasformazione. Prima fra tutte l’area degli ex Mercati Generali, dove è sorto il Villaggio Olimpico, collegato al Lingotto dalla Passerella Pedonale, il cui progetto si è avvalso di una soluzione ardita e simbolica: una passerella strallata, assiale alle strutture storiche dei Mercati, con una parte d’estensione su pilastri, incurvata e sostenuta da un grande arco metallico in acciaio rosso, alto 69 m per congiungersi alla passerella di Renzo Piano e quindi al Lingotto. Nel 1934, alla periferia di Torino, viene inaugurato il MOI (Mercato Ortofrutticolo all’Ingrosso) progettato dall’architetto Umberto Cuzzi. L’ubicazione del MOI fu scelta poiché la zona, vicina alla confluenza del Po e del Sangone, era ritenuta la più fredda della città e pertanto adatta alla conservazione delle derrate alimentari. La costruzione, molto moderna per l’epoca, era a padiglioni ad arco parabolico. La torre che campeggia all’entrata era simile a quelle di molte costruzioni del regime fascista. La posizione dell’area in prossimità dello scalo ferroviario permetteva di razionalizzare le esigenze mercatali. La merce veniva scaricata direttamente dai vagoni sul piano caricatore e distribuita alle zone di vendita del mercato e ai mercati rionali della città, attraverso una linea tranviaria.

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CENNI STORICI DELL’ISTITUTO

In occasione dei Giochi Olimpici del 2006 diverse zone del territorio nel quale è ubicato il nostro

Istituto hanno subito una radicale trasformazione.

Prima fra tutte l’area degli ex Mercati Generali, dove è sorto il Villaggio Olimpico, collegato al

Lingotto dalla Passerella Pedonale, il cui progetto si è avvalso di una soluzione ardita e simbolica:

una passerella strallata, assiale alle strutture storiche dei Mercati, con una parte d’estensione su

pilastri, incurvata e sostenuta da un grande arco metallico in acciaio rosso, alto 69 m per

congiungersi alla passerella di Renzo Piano e quindi al Lingotto.

Nel 1934, alla periferia di Torino, viene inaugurato il MOI (Mercato Ortofrutticolo all’Ingrosso)

progettato dall’architetto Umberto Cuzzi.

L’ubicazione del MOI fu scelta poiché la zona, vicina alla confluenza del Po e del Sangone, era

ritenuta la più fredda della città e pertanto adatta alla conservazione delle derrate alimentari.

La costruzione, molto moderna per l’epoca, era a padiglioni ad arco parabolico. La torre che

campeggia all’entrata era simile a quelle di molte costruzioni del regime fascista.

La posizione dell’area in prossimità dello scalo ferroviario permetteva di razionalizzare le esigenze

mercatali. La merce veniva scaricata direttamente dai vagoni sul piano caricatore e distribuita

alle zone di vendita del mercato e ai mercati rionali della città, attraverso una linea tranviaria.

Nel 1950, il quartiere, che faceva capo ai Mercati Generali (chiamati allora Mercati Nuovi), era

considerato periferico a tutti gli effetti: lo era in particolare la via Tunisi, poche vecchie case, con

le Case Nuove (via Galluppi – via Steffenone) appena costruite, mentre i due palazzi dal n. 1 al n.

13 erano ancora da ultimare.

Il complesso di case popolari, in origine destinate ad ospitare per la maggior parte i dipendenti

comunali, così com’era usanza di tutte le grandi aziende costruire case per i propri dipendenti, era

considerato tra i più moderni: infatti erano poche le case cittadine provviste di servizi igienici

interni e riscaldamento a mezzo di termosifoni. I bambini poi, potevano giocare sui prati che

dividevano le varie scale, senza pericoli di alcun genere e le famiglie si conoscevano tutte.

Andando avanti verso la periferia, nella via Tunisi, tra un prato ed un muro di cinta di un deposito

di carbone (isolato di via Tunisi 19), ora complesso dei palazzi costruiti nel 1970 dall’impresa

Rosazza, si trovava qualche piccolo negozio di alimentari (una latteria, una panetteria, una

cartoleria, una macelleria e una pastaia, dove adesso c’è un negozio di fiori); all’angolo di via

Steffenone, un’osteria era il punto d’incontro degli anziani della zona; i proprietari erano persone

che venivano dalla campagna e vendevano il proprio vino sfuso.

Più avanti, dove ora c’è il supermercato iN’s c’era un cinema (prima chiamato “Esperia” e poi

“Smeraldo”) che riuniva alla domenica tutti gli abitanti della zona: i ragazzi il pomeriggio, gli

adulti la sera. Gli alluvionati del ’51 (Polesine) potevano entrare gratis.

Oltre il cinema, c’era la recinzione del grande spazio che circondava la Scuola.

Non è un errore scrivere “Scuola” con la maiuscola: la Duca degli Abruzzi, costruita nel 1933

(progettata dall’ ing. Albi dell’Ufficio Tecnico Lavori Pubblici della città di Torino) era tra le più

grandi e moderne di Torino, con la sua piscina scoperta nel prato, le ampie scale e la palestra!

Grande edificio, dalle linee severe che riflettevano il gusto dell’epoca per un certo tipo di

architettura, era dotato, cosa veramente innovativa, di una grande piscina scoperta, che in seguito,

per poter essere utilizzata, venne coperta.

La scuola venne edificata e successivamente ampliata per dotare di servizi essenziali una zona di

cui si prevedeva il futuro sviluppo, interrotto solo dallo scoppio della II Guerra Mondiale.

I bambini vi arrivavano a piedi, per la maggior parte da soli, percorrendo quasi per intero la via

Tunisi da via Galluppi e da piazza Galimberti (allora chiamata piazza Balilla), aspettandosi e

chiamandosi da ogni angolo, infreddoliti d’inverno, poiché alle bambine non era concesso di

portare i pantaloni e tutti indossavano il grembiule nero, colletto bianco e fiocco blu.

Anche le maestre dovevano portare il grembiule nero; le classi erano composte di venticinque-

trenta bambini, mentre i bidelli avevano, oltre all’incarico di vigilanza, anche la mansione di

riempire i calamai, che si trovavano su ogni banco, con una grande bottiglia d’inchiostro.

Ovviamente, all’epoca non esistevano le due scuole medie “Vico” e “Michelangelo”. Il quarto ed

ultimo piano della scuola elementare, era occupato dalla succursale della scuola “Nazario Sauro”.

La sede centrale della Nazario Sauro si trovava in via Pastrengo (via Sacchi – corso Re Umberto) e

ospitava le classi dell’Industriale; mentre nella nostra scuola c’era la “Commerciale” con le aule

di dattilografia e di stenografia, inoltre si insegnava ragioneria e pratica commerciale; c’era anche

una sezione dell’Industriale, ma gli studenti, per le attività di laboratorio, dovevano recarsi alla

sede centrale.

La scuola “Commerciale” preparava all’impiego, invece dall’Industriale uscivano i futuri operai

specializzati o artigiani.

Nel 1963 iniziarono i lavori per la costruzione della scuola media “G. B. Vico” e della “M.

Buonarroti”. Le due strutture, simmetriche tra di loro e unite a formare un unico edificio, erano

state progettate dall’architetto Bersia del comune di Torino, settore Edilizia Scolastica; l’impresa

Lucchini eseguì i lavori e gli ingegneri Martellotta e Calleri curarono la parte strutturale in

cemento armato.

L’edificio presentava una linea moderna ma severa, incorniciata da un’ampia aiuola e si apriva,

come ora, su via Tunisi. Si sviluppava già su cinque livelli: al piano seminterrato, le due palestre

rivolte verso il cortile; al primo piano fuori terra, gli uffici e i due accessi uniti da un lungo ed

elegante porticato; nei piani superiori, disposte a sud, le aule e i laboratori illuminati e riscaldati

da ampie vetrate e a nord i corridoi con una serie di piccole e ravvicinate finestre rettangolari che

si affacciavano su via Reduzzi .

Le due scuole hanno operato indipendentemente l’una dall’altra fino al 1994 fino a quando , cioè

oltre alla struttura unica, anche l’identità si è unificata.

Dall’anno scolastico 2000-2001 fino all’anno scorso, la scuola media “Vico” ha operato su due

plessi, la sede, in via Tunisi 102, e la succursale, in via Palma di Cesnola.

Oggi nella struttura dell’ex “Buonarroti”, nei locali che si affacciano su via Pasquale Paoli,

sono ospitati il Distretto scolastico, la ludoteca “TamTam” e il Centro Socio-Terapeutico.

Negli anni ’70 alla Duca erano iscritti circa 1800 alunni, le classi erano di 36 – 37 allievi ed erano

divise in sezioni maschili e femminili. L’ingresso per i maschi era dal n. 11, quello per le femmine

dal n. 19. Dato l’alto numero di frequentanti c’erano i doppi turni e tutti i 4 piani, compreso parte

del seminterrato (dove adesso c’è il Salone), erano adibiti ad aule.

Al posto dell’attuale refettorio c’erano due cabine elettriche, il locale caldaie ed un piccolo

refettorio dove pranzavano i bambini assistiti dal Patronato scolastico.

Gli alunni indossavano la casacca e la maglietta blu con lo stemma che riportava le iniziali della

scuola e la classe ricamate in filo giallo.

Un bidello (l’attuale collaboratore scolastico) andava a ritirarli da una ricamatrice vicino alla

Gran Madre.

Con il passare degli anni, il Quartiere è diventato semicentrale e soltanto pochi tratti delle vie sono

rimasti uguali: tra questi il vecchio muro del Filadelfia, che pur così sporco e maltrattato, racconta

a chi passando si sofferma, la storia legata al suo Quartiere…e che storia!

La città di Torino, fino al 1750 circa, si estendeva dal centro verso sud sino all’attuale corso

Vittorio Emanuele, l’unica strada che portava verso la campagna era quella che oggi chiamiamo

via Nizza. Successivamente venne creato un nuovo viale, che portava verso la Palazzina di Caccia,

che stava sorgendo a Stupinigi per volere dei Savoia: era corso Stupinigi, oggi corso Unione

Sovietica. Nella zona del nostro quartiere sorgevano numerose cascine di proprietà della Casa

Reale, di alcuni nobili, di ricchi borghesi o di ordini religiosi.

Il terreno era solcato da numerose “bealere” (canali artificiali per l’irrigazione).

Vi erano numerose strade secondarie tra cui una che ripercorreva, approssimativamente, la via

Giordano Bruno fino alla grande cascina della Riviera, situata nei pressi dell’attuale via Ardigò.

Nella zona compresa tra piazza Galimberti e corso Giambone si trovava “La Ciattigliera”, una

cascina con villa, di proprietà del Conte Avenati, che si collegava mediante una piccola strada,

presumibilmente in corrispondenza dell’attuale sottopasso, alla cappella del Giairino da cui ogni

anno, fino al 1915, partiva a Ferragosto una processione dedicata all’Assunta.

Mentre la zona del Lingotto in quegli anni (1800 circa) ebbe uno sviluppo industriale, che favorì

l’insediamento urbano, nel nostro quartiere c’erano estensioni di terre coltivate, di orti, di filari di

pioppi e di gelsi.

Negli anni ’20 ci fu un fiorire di nuove parrocchie, staccatesi dalla Chiesa Madre del Lingotto, per

gestire meglio sul territorio la popolazione che andava aumentando. Nel 1930 nasce la chiesetta

inferiore di “Madonna delle Rose” che diventerà parrocchia nel 1956.

La nostra zona iniziò ad urbanizzarsi intorno al 1925.

Nel 1918 sorse in via Giordano Bruno lo stabilimento farmaceutico del Chinino di Stato che in

breve tempo impiegò circa 150 operai. Attualmente parte dello stabilimento è stato rimosso per

edificare un moderno centro commerciale.

Nel 1926 si inaugurò il Campo Torino in corso Filadelfia angolo via Giordano Bruno.

Non tutti sanno che il vero nome del glorioso stadio Filadelfia, detto semplicemente il Fila, è

“Campo Torino”; nasceva con questo nome il 17 ottobre 1926 per volere del conte Enrico Marone

di Cinzano, allora presidente del club Torino F.C.. Il Progetto fu affidato all’ing. Miro Gamba,

insegnante al Politecnico torinese, e la costruzione fu eseguita dal commendatore Riccardo

Filippa.

Fu inaugurato alla presenza del principe ereditario Umberto e della Principessa Maria Adelaide,

con la benedizione dell’arcivescovo di Torino Monsignore Gamba.

Lo Stadio Filadelfia è testimone di imprese leggendarie; vi nacque una compagine sportiva che è

passata alla storia come “GRANDE TORINO”. La gente vide in Mazzola e compagni un simbolo di

rinascita, di orgoglio e fiducia nel futuro, stroncato poi dalla tragedia di Superga (4 maggio 1949).

Intorno al 1930 iniziarono i lavori per i nuovi Mercati Generali, si costruirono le case popolari

IACP (di via Tunisi, via Taggia, via Reduzzi, via Montevideo) e, accanto alla costruenda chiesa di

Madonna delle Rose, sorse il convento dei frati Domenicani.

Nel 1931 vennero inaugurati gli impianti della Dogana di corso Sebastopoli; nel 1933 il sottopasso

di corso Agrigento (oggi corso Giambone), la scuola Duca degli Abruzzi e i Mercati Generali; di

fronte al nuovo mercato si aprì piazza Balilla (oggi piazza Galimberti) e l’anno successivo venne

prolungata via Giordano Bruno abbattendo parte della Ciattigliera. Nel 1963 iniziarono i lavori

per la scuola media Vico e Buonarroti.

La zona del Lingotto ebbe uno sviluppo soprattutto industriale, mentre la nostra zona ne ebbe uno

commerciale. Fin da allora queste due parti del quartiere IX si svilupparono parallelamente,

mantenendo connotati sociali ed economici diversi.

Pian piano le cascine cominciarono a sparire per lasciare il posto a capannoni, ad insediamenti

pubblici e residenziali.

La vita nel nostro quartiere si svolgeva tra lavoro e semplici passatempi quali: andare in “piola” a

giocare a bocce e a carte e il gioco del “football”.

La diffusione della bicicletta e del tram favorì lo spostamento della popolazione ed in estate i

giovani si recavano al Po ed al Sangone per fare i bagni; nacquero numerose sale

cinematografiche e “balere”.

La guerra portò numerose distruzioni, come nel resto della città, furono bombardate molte case, la

ferrovia, i Mercati Generali e lo stadio Filadelfia.

Nel nostro Istituto e nella zona dei Mercati Generali sono ancora esistenti due rifugi antiaerei.

La nostra zona inizia a popolarsi intorno agli anni ’30. Nascono alcuni edifici importanti ancora

esistenti :

• L’I.R.V. (Poveri Vecchi), il maggiore tra gli ospizi della città, costruito tra il 1883 e il 1887,

oggi sede del C.S.I. Piemonte (Consorzio per il Sistema Informatico), della Facoltà di

Economia e Commercio ed in parte ancora utilizzato come Istituto di Riposo.

• L’Ospedalino Koelliker venne aperto al pubblico l’11 gennaio 1928. Attualmente

funzionante, ha subito nel tempo ulteriori modifiche.

• La scuola “Principe Vittorio Emanuele” era all’origine una casa nobiliare. In seguito ad un

lascito venne adibita a scuola per bambini. Nel 1937 arrivarono le suore a gestirla e

crearono una scuola materna. Dopo alcuni anni fu istituita anche la scuola elementare

Inoltre vengono costituiti:

• Corso Stupinigi che collegava Porta Nuova con la “Palazzina di Caccia”; dal 1946 prende il

nome di corso Unione Sovietica in onore dei vincitori della II guerra mondiale.

• Via Giordano Bruno che, nei primi anni ’30, venne ampliata sacrificando metà della cascina

“La Ciattigliera”.

Attualmente il territorio della Circoscrizione IX offre le seguenti risorse:

• scuole dell’infanzia (primo ciclo);

• scuole primarie;

• scuole secondarie di primo grado;

• scuole secondarie di secondo grado;

• una biblioteca comunale presso la sede della Circoscrizione;

• la sede della Circoscrizione IX;

• l’Ecomuseo;

• poliambulatori, consultori pediatrici e di Medicina scolastica dell’ASL1, distretto 9;

• servizi di assistenza sociale;

• la sede del Distretto scolastico;

• un centro sportivo multifunzionale privato (la Sisport);

• impianti sportivi comunali

• oratori ed altri luoghi di aggregazione giovanile sia religiosi sia laici