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151 Cariche e campi elettrici 1. Separazioni di carica Quali esperimenti possiamo fare per rivelare delle interazioni elettriche? Tagliamo un pezzetto di scotch lungo sei o sette centimetri, e ripieghiamone una estremi- tà in modo che lo si possa prendere senza che si appiccichi alle nostre dita. Stendiamolo quindi su di una superficie liscia, come quella di un oggetto di plastica o di vetro, e dopo averlo strappato velocemente, attacchiamolo ad un supporto in modo che una estremità risulti libera. Possiamo ad esempio appiccicarlo su di una matita come se fosse una ban- dierina e poi posare la matita in un portapenne lasciando il nastro adesivo libero di sven- tolare. E’ mutata qualche proprietà fisica del nostro di scotch? Scopriamolo attraverso alcune osservazioni. Primo esperimento: prendiamo un altro pezzetto di scotch e trattiamolo in modo identico, tirandolo via dalla stessa superficie liscia ed incollandolo su di un’altra matita: impugnan- do le aste delle due matite ed avvicinando le nostre bandierine di scotch, i pezzetti di na- stro adesivo si respingeranno . In modo più o meno evidente, a seconda del materiale della superficie, avremo repulsione. Si tratta di un effetto inatteso: una interazione a distanza che non ha nulla che vedere con la forza di gravità, ma che dipende da qualche nuova pro- prietà che i pezzetti di scotch sembrano avere acquisito grazie allo strappo. Secondo esperimento: questo è un po’ più articolato: creiamoci due nuovi pezzetti di scotch sempre provvisti di impugnatura, ed incolliamoli l’uno sull’altro: la faccia appiccico- sa del primo sul dorso del secondo. Separiamo, con uno strappo veloce, i due pezzetti di scotch, e facciamone due bandierine con le matite come prima. Adesso, avvicinando le bandierine, osserveremo che la situazione è mutata: i pezzetti di nastro adesivo tenderan- no ad attirarsi l’un l’altro. Utilizziamo le nuove bandierine come rivelatori, le chiamere- mo A e B, e prendiamo uno qualunque dei nastri adesivi precedenti avvicinandolo in suc- cessione a ciascuna delle due. Quello che sperimentiamo è che l’interazione non è mai la stessa nei due casi: se respinge la A allora attira la B e viceversa. Terzo esperimento: Prendiamo ora una coppia diversa di oggetti: un panno di lana ed una bacchetta di plastica. Strofiniamo il panno di lana contro la bacchetta della penna per qualche secondo ed al termine dell’operazione accostiamo la penna in sequenza ai nostri due rivelatori A e B: ancora una volta uno sarà attratto e l’altro respinto. Se però accostia- mo il panno di lana osserveremo che il rivelatore che prima era attratto dalla penna ora è Capitolo 6 repulsione attrazione

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Cariche e campi elettrici

1. Separazioni di carica

Quali esperimenti possiamo fare per rivelare delle interazioni elettriche? Tagliamo un pezzetto di scotch lungo sei o sette centimetri, e ripieghiamone una estremi-tà in modo che lo si possa prendere senza che si appiccichi alle nostre dita. Stendiamolo quindi su di una superficie liscia, come quella di un oggetto di plastica o di vetro, e dopo averlo strappato velocemente, attacchiamolo ad un supporto in modo che una estremità risulti libera. Possiamo ad esempio appiccicarlo su di una matita come se fosse una ban-dierina e poi posare la matita in un portapenne lasciando il nastro adesivo libero di sven-tolare. E’ mutata qualche proprietà fisica del nostro di scotch? Scopriamolo attraverso alcune osservazioni. Primo esperimento: prendiamo un altro pezzetto di scotch e trattiamolo in modo identico, tirandolo via dalla stessa superficie liscia ed incollandolo su di un’altra matita: impugnan-do le aste delle due matite ed avvicinando le nostre bandierine di scotch, i pezzetti di na-stro adesivo si respingeranno. In modo più o meno evidente, a seconda del materiale della superficie, avremo repulsione. Si tratta di un effetto inatteso: una interazione a distanza che non ha nulla che vedere con la forza di gravità, ma che dipende da qualche nuova pro-prietà che i pezzetti di scotch sembrano avere acquisito grazie allo strappo. Secondo esperimento: questo è un po’ più articolato: creiamoci due nuovi pezzetti di scotch sempre provvisti di impugnatura, ed incolliamoli l’uno sull’altro: la faccia appiccico-sa del primo sul dorso del secondo. Separiamo, con uno strappo veloce, i due pezzetti di scotch, e facciamone due bandierine con le matite come prima. Adesso, avvicinando le bandierine, osserveremo che la situazione è mutata: i pezzetti di nastro adesivo tenderan-no ad attirarsi l’un l’altro. Utilizziamo le nuove bandierine come rivelatori, le chiamere-mo A e B, e prendiamo uno qualunque dei nastri adesivi precedenti avvicinandolo in suc-cessione a ciascuna delle due. Quello che sperimentiamo è che l’interazione non è mai la stessa nei due casi: se respinge la A allora attira la B e viceversa. Terzo esperimento: Prendiamo ora una coppia diversa di oggetti: un panno di lana ed una bacchetta di plastica. Strofiniamo il panno di lana contro la bacchetta della penna per qualche secondo ed al termine dell’operazione accostiamo la penna in sequenza ai nostri due rivelatori A e B: ancora una volta uno sarà attratto e l’altro respinto. Se però accostia-mo il panno di lana osserveremo che il rivelatore che prima era attratto dalla penna ora è

Capitolo

6

repulsione

attrazione

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respinto dalla lana e viceversa. L’esperienza si può ripetere praticamente con molte cop-pie di materiali differenti, l’unico limite è la difficoltà di mettere in evidenza l’effetto: in qualche caso occorrono degli accorgimenti. Quale aspetto appare rilevante in questo esperimento? Sicuramente possiamo trarre una importante conclusione: nessun oggetto strofinato attrae o respinge contemporaneamente entrambe le strisce Un oggetto che acquista la proprietà di interagire a distanza in seguito al contatto ravvici-nato fra superfici, dovuto ad esempio ad uno strofinio, viene detto un oggetto carico o an-che elettrizzato. Le riflessioni svolte permettono di affermare che esiste più di uno stato di carica: ad esempio i due pezzetti di scotch dei rivelatori si portano in due stati di carica dif-ferenti. Ma al contempo possiamo ritenere che non ce ne siano più di due perché solo due sono i comportamenti osservati negli oggetti portati in uno stato di carica: attrazione del rivelatore A e repulsione del rivelatore B, oppure attrazione di B e repulsione di A. Come possiamo riassumere i risultati di queste osservazioni? Proviamo a formulare un modello di funzionamento della realtà: 1) Esistono due differenti stati di carica ed un oggetto può essere portato in ciascun dei due. 2) Oggetti nello stesso stato di carica si respingono, oggetti in stato differente si attraggono 3) Strofinando o ponendo a contatto fra loro una coppia di oggetti scarichi non metallici, questi si portano in stati di carica diversi. Sulla base di analoghe osservazioni, nel XVIII secolo lo scienziato americano Benjamin Franklin (1706-1790) suggerì i nomi di positivo e negativo per i due stati di carica: Definizione operativa di stato di elettrizzazione Positivo: lo stato di elettrizzazione in cui si porta del vetro strofinato con la seta Negativo: lo stato di elettrizzazione in cui si porta la gomma1 strofinata con la lana Come vedremo infatti, per gli stati di carica vale un’algebra analoga a quella dei numeri relativi, e questo permette di attribuire un segno della carica. Quale differenza c’è fra le cariche positive e quelle negative? Convenzionalmente diciamo carica positivamente una bacchetta di vetro che sia stata strofi-nata con un panno di seta: si tratta di una scelta ad arbitrio che non ha alcuna profondità di con-tenuto, soltanto un nome insomma. Di conseguenza tutto ciò che viene attratto dalla bac-chetta positiva, come ad esempio il panno di seta con cui è stata strofinata, lo diremo carico negativamente. Chiaramente anche la stessa bacchetta di vetro può essere caricata negati-vamente: ad esempio strofinandola con della pelliccia. Difatti, la reciproca tendenza di una coppia di materiali strofinati fa sì che uno dei due si porti in uno stato piuttosto che nell’altro, ma qualunque sostanza può indifferentemente essere caricata positivamente oppure ne-gativamente. Ad esempio i materiali plastici di uso comune come il PVC delle bottiglie da bibita, oppure il moplen con cui sono fatte bacinelle e secchi, hanno una tendenza a cari-carsi negativamente se strofinati con della lana, ma possono comunque essere caricati po-sitivamente per altre vie.

1 Oppure l’ambra, in greco ambra=elektron.

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2. Conservazione della carica Quale modello spiega i fenomeni sopra descritti? Sappiamo che gli atomi che compongono la materia sono costituiti da particelle più ele-mentari, protoni e neutroni nel nucleo, ed elettroni che orbitano intorno ad esso. Per le parti-celle elementari, lo stato di carica risulta una proprietà intrinseca, che non può cioè essere loro conferita né modificata, come facciamo invece con gli oggetti. Secondo la convenzio-ne da noi stabilita, i protoni risultano essere portatori di carica positiva mentre i neutroni sono privi di carica elettrica. Gli elettroni, distribuiti attorno al nucleo in ugual numero rispetto ai protoni, sono invece caratterizzati da una carica negativa. Negativo e positivo - lo ricordiamo - sono delle denominazioni per due stati del tutto simmetrici, ed in effetti non vi è nulla di profondo nel dire che un elettrone è negativo: è solo un modo sintetico di affermare che esso viene attratto da un panno di lana che sia stato strofinato su della plastica. La carica è quindi una proprietà elementare, che non può essere spiegata in ter-mini di fenomeni più semplici perché non vi è nulla di più semplice di essa. Seguiremo pertanto il percorso di definire operativamente una grandezza fisica che misuri la carica e la useremo per spiegare fenomeni più complessi. Quanta carica possiede complessivamente un atomo? L’atomo, nella suo stato naturale, è un sistema neutro, cioè si comporta come se fosse pri-vo di carica elettrica: negli atomi di un materiale posto di fronte ad un oggetto carico, le reazioni di segno opposto dei suoi protoni e dei suoi elettroni si cancellano a vicenda. Questa compensazione, che giustifica i nomi di positivo e negativo presi a prestito dall’algebra, consente di concludere che l’atomo deve contenere uno stesso quantitativo di carica di entrambi i segni. Essendo il numero degli elettroni uguale a quello dei proto-ni, ciò comporta una uguaglianza fra la carica positiva di ciascun protone e la carica nega-tiva di ciascun elettrone. In quali condizioni l’atomo non è più neutro? E’ possibile, a seconda delle sostanze, estrarre uno o più elettroni da un atomo, con il ri-sultato di produrre quello che viene detto uno ione, nel quale il quantitativo di carica non è più uguale per i due segni. Alla base dei fenomeni di elettrizzazione descritti nel paragra-fo precedente vi è semplicemente uno spostamento di elettroni da un materiale ad un al-tro. Gli atomi costituenti la materia sono infatti incastonati in delle posizioni prefissate, di-stribuite in una struttura regolare: possiamo figurarci una rete metallica in tre dimensioni e visualizzare gli atomi nei punti di incrocio. Una tale struttura prende il nome di reticolo cristallino ed è tenuta su dall’attrazione dei nuclei atomici verso i propri elettroni e quelli degli atomi circostanti, così che le cariche negative, leggere, fungono da collante per i nu-clei positivi che sono molto più pesanti. Quando le superfici di due materiali differenti sono poste a contatto ravvicinato, accade sempre che esse aderiscano leggermente. Nel caso del nastro adesivo l’effetto è particolarmente vistoso per la particolare composizione chimica della colla, tuttavia qualunque sostanza potrebbe fungere da colla: è sempre vero che qualche elettrone degli atomi della prima sostanza venga in qualche modo rubato per formare legami chimici con gli atomi della seconda. In questo modo si viene a creare una separazione di carica: un eccesso di elettroni in una delle due superfici, e quindi una carica complessivamente negativa, e dei protoni che rimangono più esposti nell’altra, privati come sono degli elettroni più esterni degli atomi, e quindi un eccesso di carica positiva. Un oggetto elettrizzato positivamente ha un ammanco di elettroni, un oggetto carico ne-gativamente ha un eccesso di elettroni. Finché le due superfici rimangono in contatto, la distanza ravvicinata fa in modo che si abbia cancellazione degli effetti delle cariche opposte su grande distanza, proprio come

e

e

pnp n

ione positivo

e

pnp n

atomo neutro

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quando gli elettroni sono dentro agli atomi e da fuori non ci accorgiamo di nulla. Ma nel momento in cui li separiamo, quando cioè strappiamo via le strisce di scotch, è come se facessimo in pezzetti gli atomi che hanno ceduto gli elettroni, ed incontriamo una certa resistenza alla nostra azione. Ne risultano due oggetti, ciascuno con uno squilibrio di cari-ca: è come avere una parte dell’atomo a destra ed un’altra a sinistra, gli effetti delle forze che prima lo tenevano insieme ora sono percepibili anche a distanza macroscopica. Le forze di attrazione che i due pezzetti di scotch separati ora manifestano sono quindi un debole residuo delle enormi forze che tengono insieme la materia. La cosa funziona ugualmente bene con qualunque coppia di materiali? No, l’effetto dipende dalle caratteristiche chimiche, cioè dalla reciproca tendenza degli atomi delle due sostanze scelte a sottrarsi l’un l’altro elettroni, ad esempio gli atomi della plastica di una penna hanno grande tendenza a rubare elettroni da quelli della lana. Vi sono poi materiali che hanno molta meno capacità di sottrarsi fra loro elettroni: è un po’ come se gli elettroni cercassero una posizione più comoda – in termini di energia - spo-standosi da un materiale all’altro, e lo spostamento ha luogo solo se l’altra sostanza ha realmente una sistemazione migliore da offrire. Se poi si pongono a contatto due sostanze uguali non ha luogo nessuna elettrizzazione: è perfettamente indifferente per gli elettroni rimanere dove sono o passare sull’altra superficie. Per convincersene basta ripetere l’esperimento incollando i pezzetti di nastro adesivo con i due lati appiccicosi a contatto: non si verifica alcun fenomeno di repulsione od attrazione. Infatti è il contatto fra due so-stanze differenti, lo strato di colla ed il dorso del nastro, ad originare il fenomeno di sepa-razione della carica. E a cosa serve lo strofinio che elettrizza il panno di lana e la plastica? L’effetto di elettrizzazione è tanto più vistoso quanto maggiore è la superficie di contatto coinvolta: lo strofinio ha lo scopo di aumentare le porzioni di superficie che entrano in contatto. Ad esempio, normalmente l’aria non è in grado di elettrizzare un oggetto perché rispetto alla superficie totale le molecole che realmente si toccano sono poche, ma se prendiamo un palloncino e lo strofiniamo in aria, cioè lo muoviamo avanti e indietro, possiamo conferir-gli una certa carica in eccesso. Analogamente possiamo elettrizzarlo strofinandolo sui no-stri capelli, sui nostri vestiti e così via. Cosa facciamo ai pezzetti di scotch quando li facciamo aderire al tavolo? Normalmente quando due oggetti si toccano, la superficie di effettivo contatto è molto piccola a causa delle asperità che caratterizzano, a livello microscopico, anche le superfici che ci appaiono lisce. Ciò che facciamo ai pezzetti di nastro adesivo quando li facciamo aderire al tavolo è semplicemente esporli ad un contatto molto ravvicinato su di un’area molto grande, pari all’intera superficie disponibile: questo contatto permette il passaggio di elet-troni. Quali leggi governano il trasferimento di carica? Questa interpretazione dei fenomeni di elettrizzazione in termini di una migrazione mi-croscopica di elettroni rende semplice la comprensione delle seguenti due leggi fonda-mentali. Quantizzazione della carica elettrica: in un processo di elettrizzazione non si può confe-rire ad un corpo un quantitativo di carica a piacere, ma solamente un valore che sia mul-tiplo intero, positivo oppure negativo, di quella di un elettrone. Pensando il processo di elettrizzazione come un semplice trasferimento di particelle cari-che da un corpo ad un altro, ovvero ad una migrazione di elettroni (ma in alcuni casi, an-che di ioni positivi) appare evidente che un tale spostamento può essere fatto solo in ter-mini di un numero intero di particelle, e quindi di un multiplo intero della carica fonda-mentale. In verità si tratta di una proprietà ben verificata anche a livello della particelle

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elementari: se non tentiamo di scomporre la materia in pezzetti più piccoli di quelli che costituiscono un nucleo atomico, tutte le particelle conosciute hanno valori di carica che sono uguali o multipli positivi o negativi della carica di un elettrone. Nel seguito indiche-remo con e la carica di un elettrone (quindi e sarà quella di un protone). Conservazione della carica elettrica: in un processo di elettrizzazione la carica non viene mai creata, ma solo trasferita, ed il suo quantitativo totale non cambia mai. E’ infatti chiaro che lo squilibrio di carica che dà luogo ai fenomeni macroscopici di elet-trizzazione di un corpo non crea dal nulla le cariche elettriche, ma semplicemente le ridi-stribuisce: lo spostamento di carica è anche uno spostamento di massa. In altri termini, alla manifestazione di una carica positiva in un oggetto deve corrispondere la manifestazione di una carica negativa in un altro, di modo che la carica complessiva dell’Universo resti costante. Più in dettaglio, in qualunque sistema nel quale non entri né esca materia si con-serva l’ammontare complessivo di carica: ad esempio è questo il caso del sistema costitui-to da due oggetti posti a contatto. Qual è l’unità di misura della carica elettrica? Come vedremo, la carica si misura con uno strumento detto elettroscopio. Tuttavia per mo-tivi di natura tecnica, sulla scala degli oggetti risulta più preciso misurare la presenza di cariche in movimento, piuttosto che rivelarle quando stanno ferme. Pertanto, nel Sistema Internazionale, l’unità di carica non è una grandezza fondamentale, ma derivata da quella dell’unità di corrente, che misura invece il passaggio di cariche attraverso un conduttore. Si tratta di un processo al contrario, un po’ come se misurassimo il tempo a partire dalla ve-locità e dallo spazio. L’unità di misura che viene così definita prende il nome di coulomb2 e si indica con la lettera C maiuscola. Per il momento possiamo solo dare una definizione di coulomb alternativa a quella basata sulla corrente: C1 è una carica pari a quella di

186.25 10 elettroni cambiata di segno. Non possiamo giustificare ora il perché proprio questo numero di elettroni e non un altro. Va detto comunque che in ogni caso avremmo potuto anche pensare di adottare la carica dell’elettrone come unità di misura, ma ai fini pratici sulla scala degli oggetti, essa risulta troppo piccola. Invertendo la definizione pre-cedente si ha: C191.6 10e . Viceversa il coulomb è un’unità molto grande per le esigenze pratiche: si pensi che un fulmine trasporta C20 30 , e quindi è usato molto il microCoulomb: C C-61 10 . Per indicare una misura di carica si adopera convenzional-mente sia la lettera maiuscola Q che quella minuscola, q .

3. Conduttori e dielettrici Come possiamo elettrizzare un oggetto di metallo? Gli oggetti di metallo sembrano essere refrattari all’ elettrizzazione per strofinio; per quan-to li si strofini o si appiccichino su di essi dei pezzetti di scotch per poi strapparli, la loro interazione con i nostri rivelatori a bandierina è sempre e soltanto quella caratteristica delle cose non elettrizzate. Infatti, mentre un oggetto elettrizzato se attira una bandierina respinge l’altra, uno non elettrizzato le attira sempre entrambe. Registriamo che l’esperimento di prima produce in questo caso risultati diversi: importanti informazioni possono essere estratte anche da questo tipo di osservazioni in negativo. Se tuttavia dotiamo il metallo di un manico di plastica, con opportuni accorgimenti possiamo riuscire ad elettrizzarlo por-tandolo in uno qualsiasi dei due stati di carica a nostro piacimento. Tuttavia un metallo

2 Charles Augustin de Coulomb (1736-1806), scienziato francese. A lui si deve la legge che esprime la forza fra due corpi carichi puntiformi esposta più avanti nel capitolo, ricavata attraverso un apparato detto bilancia di torsione.

Coulomb

elettroniC

18

19

1

6.25 10

1.6 10e

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carico possiede delle proprietà differenti da quelle dei materiali considerati sinora: se po-sto a contatto con un altro pezzo di metallo, è in grado di elettrizzarlo, ma gli conferisce il suo stesso stato di carica. Quindi due pezzi di metallo, dopo che si sono toccati, attirano o respingono le bandierine elettrizzate nello stesso modo. Da quali caratteristiche microscopiche nascono queste proprietà dei metalli? Se dovessimo descrivere un metallo a qualcuno che non ne avesse mai visti, probabilmen-te faremmo accenno alla sua lucentezza. Si tratta, in effetti, di una delle sue caratteristiche più evidenti ed in realtà rappresenta l’aspetto esteriore della particolare configurazione dei suoi atomi. Quel che chiamiamo metallo è una sostanza in cui accade che l’ultimo, o gli ultimi due elettroni più esterni di ciascun atomo si trovano nelle condizioni di essere solo debolmente legati al nucleo. Così, quando l’atomo prende posto in un reticolo cri-stallino, la combinazione delle forze attrattive da parte di tutti gli atomi circostanti in qualche modo rende gli elettroni più esterni liberi dal loro atomo di origine. A seconda dei metalli allora, uno o due elettroni per atomo cessano di orbitare attorno al loro nucleo ed in un certo senso cominciano ad orbitare attorno all’intera struttura del reticolo. Essi saltano continuamente da un atomo all’altro con una velocità consistente, dell'ordine delle centi-naia di km/h, imputabile sia allo stato di agitazione termica che all’attrazione da parte dei nuclei positivi. Si tratta, tuttavia, del tipo di moto caratteristico dell’agitazione termica: del tutto casuale e disordinato, a cui non corrisponde nessun movimento di insieme. Possiamo figurarci i metalli come dei contenitori di “carica liquida”, in perenne agitazione e libera di spostarsi al loro interno. Grazie alla sue interazioni con la luce che incide sul materiale, il mare di elettroni è ben visibile, ed è proprio lui il responsabile dell’apparenza lucido-argentata di sostanze come ferro, alluminio, dei riflessi e della brillantezza che diciamo, appunto, metallici, nell’ ottone, nel rame, nell’oro e così via. La maggior parte degli elet-troni interni però rimane al suo posto, così che nel metallo convivono una struttura rigida, il reticolo, fatto di ioni positivi, cioè nuclei atomici circondati dagli elettroni stabili, ed il mare di elettroni mobili. Il mare di elettroni è analogo ad un fluido sia per la sua mobilità sia per la scarsa compressibilità che lo caratterizza. Normalmente tali elettroni non posso-no abbandonare il metallo: all’interno del reticolo essi sono liberi di spostarsi, attratti indif-ferentemente in tutte le direzioni da parte dei protoni del reticolo circostante. Ai bordi il reticolo cristallino termina e l’attrazione da parte degli ultimi ioni positivi impedisce loro di fuoriuscire. Per poter uscire un elettrone dovrebbe possedere una energia cinetica tale per cui il lavoro resistente dovuto all’attrazione da parte dei protoni dello strato più ester-no del reticolo non riesca a frenarli3. Che differenza esiste con le sostanze dette dielettriche? Una struttura in cui tutte le cariche, anche le più esterne, siano confinate nelle loro posi-zioni, vengono dette dielettriche (od isolanti), termine da contrapporsi a quello di conduttori utilizzato per materiali che dispongono invece di cariche libera di muoversi al loro inter-no. E’ proprio la mobilità dei portatori di carica la causa del differente comportamento di un conduttore e di un dielettrico quando viene conferita loro della carica in eccesso, sia essa positiva o negativa. Nel caso di un dielettrico che venga caricato per strofinio, lo squilibrio di carica rimarrà localizzato nella regione dove è stato creato. Accostando il die-lettrico carico ad un altro oggetto, per osservare un qualche effetto dovremo innanzitutto mettere in contatto la regione dove la carica in eccesso è localizzata. In ogni caso però, i portatori di carica non potranno spostarsi da dove sono confinati, e non ci sarà nessun passaggio di carica fra i due oggetti.

3 Si potrebbe ad esempio riscaldare il metallo aumentando così l’energia cinetica degli elettroni, fino a raggiungere quel valore di soglia che permette loro di vincere il lavoro resistente dei protoni. E’ quello che accade nel cosiddetto effetto termoionico, in cui un filamento metallico viene riscaldato al punto in cui l’energia cinetica degli elettroni raggiunge il valore cosiddetto di estrazione e ciò consente loro di abbandonare il reticolo creando così nel metallo uno squilibrio di carica.

Un generatore di Van de Graaf consente di accumulare grandi quantitativi di carica su di una cupola metallica. Una cinghia isolante (A) viene fatta girare da una manovella (B) che la costringe a strofinarsi contro della pelliccia (C). La carica che si ottiene è trasportata su fino ad un contatto metallico (D) che la preleva e la deposita sulla cupola.

La Controfisica In un isolante tutti gli elettroni, anche i più esterni sono utilizzati per i legami fra gli atomi e quindi non sono liberi di spostarsi.

La Controfisica Si faccia attenzione all’utilizzo del termine carica, che può presentare ambiguità: la presenza di cariche libere in grado di spostarsi non significa che il conduttore sia carico. A meno che non si conferisca al conduttore un eccesso di carica esso è comunque un oggetto neutro, in cui cioè la quantità di cariche positive eguaglia sempre quella di cariche negative. Il termine carico lo utilizziamo per caratterizzare oggetti nei quali si ha uno squilibrio di carica, cioè un eccesso di carica di uno dei due segni.

A B

C

D

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Conduttore: un materiale contenente particelle cariche che sono libere di muoversi al suo interno Dielettrico: un materiale in cui le particelle cariche all’ interno sono come “congelate”, confinate in prefissate posizioni e non possono spostarsi Esistono altri tipi di conduttori oltre ai metalli? Nel caso dei metalli le particelle cariche dotate di mobilità sono costituite dal mare di elet-troni. Tuttavia esistono anche conduttori con portatori differenti: tipicamente nei liquidi la conduzione è assicurata dalla presenza di ioni – positivi o negativi- liberi di muoversi al loro interno, mentre nei gas, se opportunamente sottoposti all’azione di agenti ionizzanti esterni, si originano sia elettroni che ioni liberi di spostarsi4. In ogni caso, le proprietà conduttrici possono presentarsi entro un’ampia gradazione, va-riabile con continuità dai conduttori buoni, con un gran numero di portatori di carica per unità di volume, a quelli meno efficienti che presentano proprietà parzialmente isolanti, fino al caso estremo del più efficace degli isolanti, il vuoto, in cui si ha assenza totale di portatori di carica. Perché i conduttori si caricano per contatto ma non per strofinio? Un metallo cui siano conferite cariche in eccesso, assomiglia un poco ad una vasca da ba-gno piena di acqua alla quale sia stata aggiunta una goccia. In effetti mediamente una so-stanza metallica contiene 2410 elettroni liberi per centimetro cubo, mentre caricarlo posi-tivamente o negativamente significa aggiungergli o sottrargli un numero di elettroni che al confronto si rivela esiguo, dell’ordine di 1110 . Tuttavia l’elevata mobilità loro consenti-ta, gli permetterà di distribuirsi entro tutta la sua superficie, proprio come una goccia d’acqua non rimane confinata nel punto dove cade ma contribuisce ad innalzare il livello di tutta la vasca. Se poniamo il conduttore carico a contatto con un altro metallo, la mobi-lità dei portatori di carica consente ora una ridistribuzione delle cariche fra i due oggetti. Questo spiega perché osserviamo che due metalli posti a contatto si caricano dello stesso segno. E spiega anche la difficoltà nel caricare un metallo per strofinio della sua superficie: il contatto con il nostro corpo, conduttore5, offre alle cariche in eccesso che si depositano sul metallo, una via di fuga attraverso la nostra mano. Dove si dispongono sul conduttore le cariche in eccesso? All’interno dei conduttori le cariche negative in eccesso, libere di muoversi, si respingono a vicenda in un mezzo sostanzialmente neutro, e quindi, sotto l’azione della repulsione reciproca, tenderanno ad allontanarsi il più possibile le une dalle altre finché non si arre-steranno sulla superficie di contorno dall’attrazione dell’ultima fila dei protoni del retico-lo. Se poi offriamo loro una possibile via d’uscita su di un altro conduttore, non esiteranno ad approfittarne. Per vincolare delle cariche in eccesso a stare su di un metallo è necessa-rio che esso sia a contatto solamente con materiali isolanti. La differenza nella disposizio-ne delle cariche in un dielettrico ed in un metallo è schematizzata in figura. Qui vediamo le cariche su di un dielettrico localizzate, e quelle su di un conduttore che si dispongono lungo tutta la superficie esterna6. Meno intuitivo è forse il caso in cui l’eccesso di carica è positivo, cioè siamo in presenza di un ammanco di elettroni (gli ioni del reticolo infatti non possono essere aggiunti o rimossi). In questo caso il mare delle cariche negative ri-maste si ritira al centro in creando una zona neutra, lasciando scoperti degli ioni positivi lungo tutto il contorno. 4 Sono conduttori oltre ai metalli, le soluzioni saline, acide o basiche. Normalmente l’acqua distillata conduce poco dato che solo una piccola percentuale di ioni H+ e OH- si trova dissociata a fungere da portatore di carica, rispetto alle mole-cole intere. Tutti i materiali plastici, le porcellane, gli oli minerali, l’aria stessa sono invece isolanti. 5 Il nostro corpo è rivestito di un involucro isolante, la pelle, ma al suo interno è assimilabile ad una soluzione salina, che ha proprietà conduttrici grazie agli ioni, positivi e negativi, in essa presenti 6 L’assenza di cariche internamente al conduttore è imputabile alle particolari proprietà delle interazioni elettriche e verrà analizzata in dettaglio studiando il teorema di Gauss. E’ tuttavia intuitivo che le cariche in eccesso di stesso segno, libere di muoversi tendano ad allontanarsi il più possibile le une dalle altre per effetto della reciproca repulsione, finendo così per disporsi sullo strato più esterno

eccesso di carica sudi un dielettrico

eccesso di carica sudi un conduttore

zona

neutra

ioni esposti

zona

neutra

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Esercizi 1. Due sfere conduttrici identiche, cariche con C6

1 3 10Q e con C62 4 10Q ,

sono poste a contatto. Calcolare quanta carica si deposita su ciascuna. La prima sfera ha un eccesso di elettroni, la seconda un difetto: complessivamente abbia-mo un eccesso di elettroni pari a:

C C6 6 61 2 (3 10 4 10 ) 1 10i i

TotQ Q Q

Sappiamo che le cariche non sono né create né distrutte quindi la carica totale si deve con-servare anche dopo il contatto:

C61 2 1 10f fQ Q

ed essendo le due sfere identiche non abbiamo motivo per giustificare una distribuzione non simmetrica della carica fra di loro, ma per simmetria risulta:

C61 2

10.5 10

2f f

TotQ Q Q

2. Due sfere conduttrici identiche sono cariche la prima con C63 10i

AQ e la seconda

con un quantitativo iBQ incognito. Esse sono poste a contatto e successivamente si misura

che sulla sfera B si è depositata una carica C62 10fBQ . Calcolare quanta carica si è

depositata su A, e quella inizialmente disposta su B. [R: C C6 64 10 , 7 10 ] 3. Una pallina di plastica, dopo essere stata strofinata, contiene uno squilibrio di carica

C64.80 10q . Calcolare quanti elettroni ha ceduto nello strofinio. [R: 133.0 10 ]

4. I conduttori e l’induzione elettrostatica Che succede avvicinando un conduttore carico ad uno neutro? La presenza di portatori di carica liberi di muoversi all’interno dei conduttori fa sì che l’avvicinamento di un corpo carico ad un conduttore scarico, senza che intervenga alcun contatto fra i due, comporti una nuova distribuzione delle cariche. Dentro al conduttore le cariche di segno opposto a quelle del corpo esterno si addense-ranno verso la regione che si affaccia più da vicino al corpo carico, mentre la regione lon-tana risulterà di conseguenza più popolata da cariche dello stesso segno di quelle esterne, come in figura. All’interno dei metalli, dove i portatori mobili di carica sono gli elettroni, la regione positiva corrisponde ad uno svuotamento di carica negativa, che lascia così esposti i protoni del reticolo. Questo fenomeno di ridistribuzione della carica, che prende il nome di induzione elettrostatica, sposta solamente la carica all’interno del conduttore, il quale, nel suo complesso, continua a rimanere un oggetto neutro. Un apparato come quel-lo in figura può aiutare a mettere in evidenza l’effetto. Le sottili foglioline metalliche attac-cate ai bordi del conduttore si aprono tanto più quanto maggiore risulta la concentrazione di carica al loro interno. Nel conduttore lontano da cariche esterne esse risultano parallele, ma non appena si accosta della carica queste si separano, tanto nelle regioni vicine quanto in quelle più lontane alla carica esterna. Nella regione centrale rimangono parallele, a con-ferma del fatto che lì la configurazione di carica non risulta alterata ed il conduttore conti-nua ad essere neutro. Quali effetti accompagnano il fenomeno dell’induzione? (1) Se il corpo carico che viene accostato è a sua volta conduttore, risentirà della nuova di-stribuzione di cariche da lui causata e subirà a sua volta il fenomeno dell’induzione da parte delle stesse cariche che ha spostato e che si sono avvicinate.

μC4 μC3

μC1

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(2) Il processo di induzione, come tutte le interazioni elettriche, dipende dalla distanza: un maggiore avvicinamento del corpo carico induttore produce un più vistoso fenomeno di induzione. Inoltre le cariche indotte sono di segno opposto a quelle che le hanno pro-dotte e quindi vengono da queste sempre attratte, indipendentemente dal segno originale dell’oggetto inducente. (3) L’induzione elettrostatica può essere sfruttata per caricare un conduttore in modo semplice, senza entrare in contatto con esso. Un dispositivo come quello in figura consen-te ad esempio di separare la parte dove sono stare indotte le cariche positive da quella dove sono state indotte cariche negative permettendo di ottenere alla fine due conduttori carichi di segno opposto. Esercizi 4. Si hanno quattro sfere molto leggere, A, B, C e D rivestite di una vernice conduttrice ed appese a dei fili isolanti. La prima di esse, A, viene caricata negativamente mentre lo stato di carica delle altre non è noto. Si osserva che A attira B, C e D e che inoltre B e C non mo-strano alcun tipo di interazione fra loro. Da ultimo abbiamo anche che B e C sono attratte da D. Dire quali sono i rispettivi stati di carica. L’evidenza sperimentale che B,C e D siano attratte da A negativa può significare due fatti: o che siano tutte cariche positivamente oppure che siano neutre ed attratte per induzione. Poiché però B e C non interagiscono se ne deduce che esse sono neutre, mentre D che atti-ra a sua volta due oggetti neutri, per induzione, ed un oggetto negativo, sarà carico positi-vamente. 5. Con riferimento all’esempio precedente, si accosta C ad A senza che vi sia contatto, e, contemporaneamente la si tocca con il nostro dito per un breve tempo. Una volta allonta-nata C da A quali saranno le sue interazioni con le altre sfere? [R] 6. Si hanno cinque sfere metalliche A, B, C, D, E di cui : A respinge C ma attrae B; D at-trae B ma non ha effetto su E. Si prende un panno di seta strofinato su una bacchetta di vetro ed esso attrae A ed E. Si stabilisca quali sfere sono cariche e di che segno. [R] 7. Due sfere metalliche, la prima di raggio cm10.0 e la seconda di raggio cm30.0 so-no a contatto su di un piano isolante. Nelle loro prossimità viene messa una grande con-centrazione di carica e poi le due sfere sono separate. Se sulla sfera piccola si misura una quantità di carica pari a μC0.020 , si dica quanta carica si trova su quella grande. [R] 8. Tre sfere metalliche sono allineate a contatto fra loro su di un piano, e ad alle sfre di en-trambe le estremità vengono accostate due bacchette di vetro strofinate con la seta. Se in questo istante le tre sfere sono separate, in che stato di carica si porta ciascuna? Cosa cam-bia se l’esperimento è ripetuto usando due bacchette di gomma strofinate con la lana? [R] Come funziona un elettroforo di Volta? Si deve ad Alessandro Volta (1745-1827) l’idea del cosiddetto elettròforo di Volta, che per-mette di caricare un conduttore con un ammontare arbitrariamente grande di carica. L’elettroforo consta di una piattaforma dielettrica e di un disco metallico provvisto di ma-nico isolante. Si carica la piattaforma per strofinio, supponiamo negativamente, e vi si poggia il disco metallico. Per induzione sul lato del disco affacciato alla piattaforma si ad-denseranno cariche positive e negative sulla faccia rivolta verso l’alto. Mentre si solleva con il manico il disco di metallo, basta toccare con un dito la faccia superiore per scaricare la parte negativa, lasciandolo nel suo complesso carico positivamente. Ripetendo l’operazione più volte si possono depositare su di esso anche quantitativi molto grandi di carica

A B C D

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5. Gli isolanti e la polarizzazione dielettrica Che succede accostando ai noatri rivelatori di scotch un oggetto non elettrizzato? Il nostro intuito ci fa supporre che forse si tratta di una prova inutile, che nessun tipo di interazione si dovrebbe manifestare in questo caso, invece si osserva che un oggetto non elettrizzato attira sempre entrambi i rivelatori. Proviamo ad accostare il nostro dito, una penna, qualsiasi cosa alle bandierine di scotch e vedremo che esse si piegano verso l’oggetto attratte da esso. Un fenomeno analogo si verifica quando con la bacchetta di pla-stica di una penna, opportunamente caricata tramite lo strofinio con un panno di lana, at-tiriamo dei pezzetti di carta che non abbiano subito alcun tipo di elettrizzazione. Anche il panno di lana ha acquistato la capacità di attrarre i pezzetti di carta non elettrizzati, seb-bene il suo stato di elettrizzazione sia opposto rispetto a quello della bacchetta. Un oggetto non elettrizzato viene sempre attratto da uno in stato di carica. Cosa produce alle molecole dell’isolante la vicinanaza di un oggetto elettrizzato? All’interno di un oggetto isolante non può avere luogo il fenomeno dell’induzione vista l’impossibilità a muoversi dei portatori di carica. Tuttavia in talune sostanze le molecole costituenti presentano una disposizione asimmetrica della carica positiva e della carica negativa: è il caso, ad esempio, della molecola dell’acqua. In effetti gli atomi che compon-gono la singola molecola presentano in generale tendenza diversa ad attrarre a sé gli elet-troni dell’intera molecola, proprietà detta elettronegatività. Immaginiamo gli elettroni come una nube di carica distribuita attorno ai protoni: essa andrà addensandosi verso l’atomo maggiormente elettronegativo, come è l’atomo di ossigeno rispetto ai due atomi di idro-geno della molecola 2H O . Si dice che le molecola di una tale sostanza presenta una pola-rità intrinseca: possiamo raffigurare tali molecole come barrette con un estremo positivo ed uno negativo, orientate in modo casuale. In presenza di un corpo carico, ad esempio positivamente, le barrette, tenderanno a disporre la loro coda negativa verso di esso. Si tratta di un processo localizzato, che non comporta spostamenti macroscopici di carica come nel caso dell’induzione per i conduttori, ed al quale si oppone la tendenza ad un orienta-mento disordinato a causa dell’agitazione termica. Solo poche molecole si allineano com-pletamente, ma l’effetto medio è percepibile anche su scala macroscopica, sotto forma di una debole attrazione del dielettrico neutro da parte di qualunque oggetto carico. L’attrazione si spiega con la minore distanza dal corpo esterno carico che la coda carica di segno opposto di ciascuna molecola viene ad avere. Questo fenomeno viene detto pola-rizzazione per orientamento. E se le molecole hanno una distribuzione simmetrica della carica? Molte molecole non presentano polarità intrinseca: il loro centro di simmetria delle cariche positive coincide con quello della cariche negative. E’ questo ad esempio il caso di tutte le molecole costituite da più atomi di uno stesso elemento: O2 , H2 , oppure N2 , dove la nube elettronica non avrebbe motivo di addensarsi maggiormente in prossimità di un atomo piuttosto che di un altro, essendo tutti gli atomi uguali.Tuttavia la presenza di un corpo carico in prossimità ha l’effetto di deformare leggermente la molecola, attirando a sé le ca-riche di segno opposto al suo. Ha luogo un fenomeno di polarizzazione simile a quello per orientamento, e detto polarizzazione per deformazione. L’esperienza dell’attrazione di piccoli pezzetti di carta da parte di una penna di plastica carica si interpreta bene in ter-mini di polarizzazione della carta da parte della carica in eccesso presente sulla penna. Qual è l’effetto complessivo della polarizzazione di un dielettrico? L’effetto è semplice e visualizzabile unicamente nel caso in cui si abbia a che fare con una sostanza che non cambi densità e composizione muovendosi al suo interno, e che non abbia delle direzioni privilegiate (ad esempio l’allineamento di molecole asimmetriche

centrocarichenegative

O

H

H

centrocarichepositive

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tutte lungo una direzione). In questo caso polarizzarla è del tutto equivalente a creare uno strato di carica superficiale in prossimità dell’oggetto esterno e nella zona più lontana da esso. Infatti nella regione interna anche se alcune molecole si allineano, si tratta di una va-riazione locale, e l’effetto medio a grande distanza è quello di un corpo che al centro rima-ne neutro e che si fa sentire solo grazie allo strato di carica superficiale che si è venuto a creare. Se però si tratta di un dielettrico non omogeneo, ci saranno cariche di polarizza-zione anche all’interno e non è possibile tracciare uno schema generico. Come sfrutta i fenomeni di elettrizzazone una macchina fotocopiatrice? Le fotocopiatrice o le stampanti laser contengono un cilindro di alluminio ricoperto di selenio, un materiale isolante, che però diviene conduttore quando è illuminato.

Il cilindro viene caricato positivamente (fase 1 in figura). Un’immagine del documento creata da una lente viene proiettata sul cilindro (2). La luce che ha illuminato il documento originale è stata riflessa solo là dove il foglio non era scritto, e così le regioni illuminate, divengono conduttrici grazie alle proprietà del selenio, e non possono più localizzare la carica e la disperdono. Abbiamo così un’immagine del documento fatta di cariche positive localizzata sulle regioni di selenio rimaste isolanti. Su di esse si fanno aderire delle parti-celle finissime, nere, di toner, caricate negativamente (fase 3). Un foglio a forte carica posi-tiva viene quindi premuto a caldo sul deposito di toner (4), ottenendo così la fotocopia.

6. L’ elettroscopio e la misura della carica

Alla discussione qualitativa precedente vogliamo ora affiancare una procedura che consenta, oltre che vedere l’elettrizzazione dei corpi, di misurarne gli effetti. Misurare si-gnifica disporre innanzitutto di un valore di carica che venga assunto come unità di quella misura. Dovremo poi essere in grado di confrontare due cariche per stabilire quale di esse risulta maggiore e quale minore ed inoltre dovremo poter dividere una carica in due o più parti uguali a nostro piacimento. Come possiamo dividere un quantitativo di carica in parti uguali? Ci serviremo pertanto di sfere conduttrici che consentiranno alle cariche di migrare facil-mente dall’ una verso l’altra grazie al semplice contatto. Accostando due oggetti condut-tori, uno carico e l’altro neutro, in generale solamente una porzione di carica si trasferirà

2immagine

foglio

1elettrizzazione

4 pressionea caldo

fotocopia

originale

3 toner

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dal primo verso il secondo. Quando poniamo a contatto due conduttori l’estrema mobili-tà degli elettroni al loro interno fa si che possiamo pensare ad essi come ad un unico og-getto. Pertanto se due sfere conduttrici, una piccola ed una grande, si toccano, le cariche in eccesso, respingendosi, giungeranno fino alla superficie esterna e così si disporranno, per la gran parte, sulla sfera più grande. Con un ragionamento analogo possiamo concludere che, vista l’elevata simmetria, se facciamo toccare due o più sfere uguali la carica in ecces-so si ripartirà equamente fra di loro. In tale modo possiamo suddividere su scala macro-scopica, un dato ammontare di carica in parti uguali piccole quanto si vuole. Come possiamo confrontare fra loro i quantitativi di carica disposti sugli oggetti? Per riuscirvi ci dobbiamo dotare di uno strumento come quello in figura detto elettrosco-pio. Un pomello metallico è sormontato su di una struttura isolante e termina con delle foglioline metalliche molto leggere, connesse al pomello stesso attraverso una barra con-duttrice. Quando carichiamo il pomello carichiamo anche le foglioline, che tenderanno a separarsi di un angolo tanto più ampio quanto più carica si addenserà su di esse. Il meto-do più semplice per caricare un elettroscopio è quello di porlo a contatto con un condutto-re carico che trasferisca ad esso parte della sua carica. Ma abbiamo già visto che questo trasferimento fra conduttori dipende dalle reciproche dimensioni e potrebbe accadere ad esempio che un conduttore che sia poco carico e sia di piccole dimensioni rispetto al po-mello dell’elettroscopio, trasferisca all’elettroscopio la stessa quantità di carica di un corpo conduttore con molta più carica al suo interno e di grandi dimensioni rispetto al pomello dell’elettroscopio. In questo modo la misura dell’angolo di separazione delle foglioline non sarebbe proporzionale alla grandezza che si desidera misurare. Per di più non sareb-be possibile misurare la carica contenuta su di un corpo isolante. Come possiamo utilizzare l’elettroscopio per induzione? Si accosta all’elettroscopio un corpo carico, ad esempio negativamente, con l’effetto di in-durre cariche positive sul pomello dell’elettroscopio e conseguentemente cariche negative sulle foglioline, che così si separano. Se tocchiamo il pomello con un dito, il nostro corpo conduttore diventa tutt’uno con l’elettroscopio e le cariche negative saranno ora indotte non più sulle foglioline ma nel punto più lontano da quelle positive sul pomello: verosi-milmente in prossimità dei nostri piedi.

Staccando ora il dito dal pomello stiamo così sottraendo all’intero sistema dell’elettroscopio delle cariche negative con il risultato che una carica positiva netta si tro-va addensata nelle parti metalliche dell’elettroscopio stesso, una carica proporzionale a quella del corpo inducente. Come si può riprodurre sull’elettroscopio la carica esatta di un oggetto? Per poter utilizzare l’elettroscopio come un effettivo strumento di misura si deve ripro-durre sull’elettroscopio stesso una quantità di carica uguale a quella in eccesso presente sul corpo che si desidera misurare. Si può dimostrare e verificare sperimentalmente che l’induzione dall’interno è sempre completa. Prendiamo un dispositivo a forma di involucro

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metallico, come quello che in figura è sormontato sull’elettroscopio al posto del pomello, detto pozzo di Faraday. Qualunque oggetto carico venga posto dentro ne risulta una carica indotta sulla superficie interna esattamente uguale a quella iniziale posseduta dall’oggetto inducente. Il fenomeno non varia né spostando l’oggetto né ponendolo a contatto con la parete interna: lo si può verificare osservando come l’angolo di cui deviano le foglioline rimane lo stesso. In questo modo siamo certi di aver trasferito sull’elettroscopio l’intero ammontare di carica del nostro oggetto, sia esso conduttore od isolante, e possiamo quin-di misurare attendibilmente la quantità di carica presente attraverso una opportuna tara-tura della scala sulla quale varia l’angolo fra le foglie. Esercizi 9. Un filo conduttore collega a terra una sfera di metallo. Se un palloncino carico positi-vamente si avvicina alla sfera, si dica cosa succede se: (1) il filo viene rimosso e poi il pal-loncino lasciato andare, (2) il palloncino lasciato andare e poi il filo rimosso. [R]

7. La legge di Coulomb

L’esperienza mostra che due corpi carichi puntiformi, posti nel vuoto a distanza r in-teragiscono con una forza diretta lungo la retta congiungente i due corpi, attrattiva o re-pulsiva a seconda dei segni delle reciproche cariche, la cui intensità è tanto maggiore quanto più le cariche sono vicine e tanto maggiore quanto maggiore è il valore di ciascuna di esse:

1 22

| |q qF k

r

Con 1q e 2q abbiamo indicato i valori delle rispettive cariche espressi in Coulomb, mentre

r ed | |F

sono ovviamente espressi in metri e Newton. La costante di proporzionalità k

nel Sistema Internazionale vale Nm /C9 2 28.99 10k , e le sue unità di misura sono quelle che occorrono per far tornare Newton al primo membro. Rimarchiamo il fatto che la legge sopra esposta, detta legge di Coulomb, vale esclusivamente per oggetti puntiformi. Un oggetto rigorosamente puntiforme è una entità solo teorica: la condizione per applica-re la legge di Coulomb va interpretata nel senso che la distanza r fra gli oggetti coinvolti sia molto maggiore delle loro dimensioni. A quale tipo di oggetti non puntiformi si può estendere la legge di Coulomb? Una notevole proprietà delle forza elettrica che studieremo, fa sì che la legge di Coulomb valga anche per oggetti carichi estesi nei quali le cariche siano distribuite con simmetria rigorosamente sferica. Si può mostrare che se due sfere cariche, poste ad una distanza che permetta di trascurare le possibili variazioni della distribuzione di cariche sull’una ad opera dell’altra, interagiscono secondo la legge di Coulomb dove al posto di r andrà in-serita la distanza fra i centri. Cosa si può dire sulla direzione e e sul verso della forza di Coulomb? Adotteremo la simbologia in cui 21F

s’intende la forza applicata su 2q mentre con 12F

quella applicata su 1q :

Per avere una espressione della legge di Coulomb in termini vettoriali, che contenga cioè anche informazioni sul verso della forza, dovremo introdurre il simbolo di versore 1r . In-

La Controfisica Va detto che nel momento stesso in cui assumiamo che le cariche siano puntiformi, e che tutte le loro proprie-tà possano essere individuate da una grandezza scalare q, anche solo da motivi di simmetria si potrebbe dedur-re che la loro interazione deve essere diretta lungo la congiungente, in quan-to in uno spazio vuoto con le sole due cariche in studio, non si potrebbe de-finire nessun’altra direzione in modo univoco.

carica che subisce carica che esercita12F

1q

2q

r

2q2r

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tenderemo con 1r un vettore di modulo 1 orientato dalla prima carica, 1q verso la secon-da 2q , (cioè sempre uscente dalla carica della quale si vuol esprimere la forza da essa esercitata) . Usando il versore, ed eliminando il modulo, si ottiene:

1 221 12 ˆq q

F kr

r

forza esercitata su 2q da 1q

La formula ora fornisce anche la direzione della forza che la carica 1q esercita su 2q . Preci-samente, se le due cariche hanno lo stesso segno, cioè se 1 2 0q q , allora 1q esercita su 2q

una forza che ha direzione 1r , cioè verso uscente da 1q e quindi repulsiva. Se invece

1 2 0q q , cioè le due cariche hanno segno diverso, allora 1q esercita su 2q una forza che ha direzione 1r , cioè verso entrante in 1q e quindi attrattiva. Analogamente allora in-tenderemo con 2r un vettore di modulo 1 orientato da 2q verso 1q , (cioè sempre uscente dalla carica di cui si vuol esprimere la forza che esercita):

1 212 22 ˆq q

F kr

r

forza esercitata su 1q da 2q

Osserviamo infine che, come nell’esempio in figura dove 2 110q q :

in base al principio di azione e reazione, è sempre e comunque 12 21F F

anche se 1q e

2q sono molto differenti in valore.

Esiste un’altra formulazione della legge di Coulomb? Allo scopo di semplificare alcune formule dell’elettromagnetismo, si preferisce pagare il piccolo prezzo di complicare un pochino l’espressione della legge di Coulomb, scrivendo al posto di k l’espressione:

0

14

k

il che è sempre possibile, ricordando che 2 2 Nm /C98.99 10k , purché si ponga:

2

2C

Nm12

0 91

8.85 104 8.99 10

valore che viene detto costante dielettrica del vuoto. La legge di Coulomb assume così la nuova forma:

1 22

0

| |14

q qF

r

Esercizi 10. Calcolare l’intensità della forza con la quale un nucleo di un atomo di idrogeno (un protone ed un neutrone) attira il suo elettrone, assumendo m100.50 10r . Sapendo che la carica dell’elettrone vale C191.6 10e e che quella del proto-ne è uguale ed opposta, sostituendo nella legge di Coulomb abbiamo:

La Controfisica Il coulomb è un’unità molto grande: due cariche di un coulomb ciascuna, poste a distanza di un metro si re-spingono con una forza di circa no-ve miliardi di newton, come si ottie-ne subito sostituendo questi valori nella legge di Coulomb. Gli squilibri di cairca che si producono negli og-getti per strofinio sono dell’ordine dei nanocouolomb e dei microcou-lomb, e con questi valori avremo a che fare negli esercizi.

21F

12F

1q 2q

21F

12F

1q 2q

21F

12F

1q 2q

12F

2 110q q 1q

21F

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N

N N

19 29

2 10 2

29 38 20 8

2

| ( )( ) | (1.6 10 )8.99 10

(0.50 10 )

8.99 1.610 9.2 10

0.50

e eF k

r

11. Due sfere conduttrici identiche A e B sono cariche: la prima con C49.0 10iAQ e

la seconda con C525 10iBQ e sono a distanza m45r . Esse sono poste a contat-

to e poi di nuovo portate a 45 metri di distanza. Considerando puntiformi le sfere rispetto alla distanza , si dica qual era l’intensità della forza che agiva fra loro inizialmente, e quale l’intensità dopo il contatto. [R: N attrattiva1.0 , N repulsiva0.50 ] 12. Una pallina di g4.00m contenente un eccesso di carica positiva q , è appesa ad un filo lungo cm35.0L . Quando le si avvicina a distanza cm2.50d una se-conda pallina contenente un eccesso di carica 2q , la prima si solleva dello stesso tratto d dalla verticale. Quanto vale q ? [R: C49.35 10 ] 13. Due palline conduttrici identiche di massa g5.00m sono appese ad uno stesso punto tramite due fili di lunghezza cm70.0L . Mentre sono in contatto viene de-posto su di esse un certo quantitativo di carica positiva e si osserva che i due fili si divaricano portano i centri delle palline ad una distanza di cm20.0d . Calcolare la carica su ognuna di esse. [R] 14. Due blocchi della stessa massa sono uniformemente carichi, il primo ha una cari-ca Q ed il secondo una carica 3Q entrambe positive. La loro distanza è tale che pos-siamo considerarli puntiformi. Sebbene i due blocchi si respingano per effetto della reciproca repulsione elettrica l’attrito statico con il terreno, che ha un coefficiente

0.8S , li costringe a stare fermi. Per ciascuno dei due oggetti disegnare il dia-gramma di corpo libero che riporti le forze che agiscono su di esso. Si faccia però at-tenzione alla lunghezza dei segmenti che si usano per raffigurare le forze: si usi un criterio di proporzionalità in modo che una forza doppia sia rappresentata da un segmento di lunghezza doppia e forze uguali da segmenti ugualmente lunghi. [R]

8. Il principio di sovrapposizione Che succede alla forza di Coulomb quando le cariche sono più di due? A completamento di quanto detto va enunciata l’altra fondamentale proprietà dell’interazione elettrica, che va sotto il nome di principio di sovrapposizione. Nel caso in cui si avesse a che fare con tre o più cariche puntiformi, vincolate a stare in prefissate posizioni, ci si potrebbe chiedere se la presenza di 3q accanto a 1q e 2q modifica la forza

12 21( )F F

con la quale le altre due interagiscono quando essa non c’è. L’esperienza mostra che questo non è vero ma anzi che vale una regola additiva degli effetti: la forza complessiva 1F

che 2q e 3q esercitano su 1q è pari alla somma vettoriale della forza 12F

che 2q eserciterebbe su 1q come se 3q non ci fosse, e della forza 12F

che 3q eserciterebbe su 1q come se 2q non ci fosse. Con riferimento alla figura si ha quindi ad esempio:

1 12 13F F F

, 2 21 23F F F

.

EF

L

d d

L

d

21F

12F

1q 2q

3q

21F

2q

23F

2F

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Principio di sovrapposizione: in un insieme di tre o più cariche puntiformi, la forza con la quale interagiscono due qualunque di loro può essere calcolata come se le altre non ci fos-sero, e la forza risultante su una qualunque di esse è la somma vettoriale di tutte le forze calcolate in questo modo. Come agisce la forza di Coulombe entro un dielettrico? Il principio di sovrapposizione permette di concludere che una coppia di cariche che inte-ragisse all’interno di un dielettrico, vedrebbe sovrapposta alla forza che ci si aspetterebbe nel vuoto, una forza aggiuntiva, contrastante, dovuta alle cariche di polarizzazione. Come si osserva in figura il segno delle cariche polarizzate attorno a quella parte di superficie del dielettrico che si affaccia vicino alle cariche in esame è sempre opposto a quello delle cariche stesse. L’effetto complessivo della loro forza si sovrappone all’intensità 0F

con la

quale 1q e 2q interagiscono nel vuoto, e, vista la loro distribuzione, l’apparenza è che fra

1q e 2q agisca una nuova forza rF

più debole di 0F

. Infatti, mentre c’è una zona cen-

trale del dielettrico che rimane neutra, tutt’intorno alla carica positiva si crea uno strato negativo che respinge l’altra carica, e tutt’intorno a quella negativa uno strato positivo che ha analogo effetto sulla prima carica. Ne risulta un indebolimento rispetto all’attrazione nel vuoto. Per semplicità, quando si vuole avere l’intensità della forza con cui due cariche interagiscono dentro ad un dielettrico, tutto ciò viene riassunto dividendo l’espressione della forza che abbiamo dalla legge di Coulomb, per una costante adimensionale, mag-giore di 1, caratteristica del materiale dielettrico in esame. Tale costante r , detta costante dielettrica relativa vale poco più di 1 per l’aria, e varia più o meno da 2 fino a 10 per i die-lettrici più comuni (plastica, ceramica, vetro etc). Ne risulta per la legge di Coulomb all’interno di un dielettrico:

01 22

0

| |1

4rr r

Fq qF

r

Esercizi 15. Due cariche puntiformi sono vincolate a stare ad una distanza di m0.50 ed hanno valore C6

1 6.5 10Q , C62 5.5 10Q . Trovare la distanza x dalla posizione di 1Q

alla quale deve essere posta una carica qualsiasi 3Q , positiva o negativa, affinché essa stia in equilibrio. E’ intuitivo che la soluzione non dipenda né dal valore né dal segno di 3Q , visto che una carica positiva viene respinta da entrambe le altre due, mentre una negativa dello stesso valore assoluto ne viene attratta, ma ciò che cambia è solo il verso delle interazioni e non la loro intensità. Aumentando o diminuendo il suo valore l’effetto non varia perché le due forze variano proporzionalmente ad esso. Il risultato è che alla stessa distanza x alla quale si annullano i due effetti attrattivi si annullano anche i due effetti repulsivi. Qui suppo-niamo che 3Q sia positiva, ottenendo:

1 331 2

0

| |1| |

4Q Q

Fx

, 2 3

32 20

| |1| |

4 (0.50 )

Q QF

x

L’equilibrio si ha quando le due interazioni sono uguali, quindi:

0

14

1 32

0

| | 14

Q Q

x

2 22 3

1 22

| |(0.50 )

(0.50 )

Q QQ x Q x

x

Estraendo la radice da ambo i membri abbiamo:

1 2(0.50 )Q x Q x

m6

1

6 61 2

0.50 0.50 6.5 10

6.5 10 5.5 10

Qx

Q Q

1Q 2Q3Q

x

1Q 2Q3Q

0.50 x

32F

x

31F

1q 2q

regione neutra

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167

310

3

0.50 6.5

10 m m cm0.26 26( 6.5 5.5)

16. Tre cariche puntiformi sono vincolate ai vertici di un triangolo rettangolo i cui ca-teti misurano cm3.00 ciascuno. I valori delle cariche sono C6

1 2.10 10Q ,

C62 4.00 10Q , C6

3 5.20 10Q . Si trovi l’intensità della forza che comples-sivamente le altre cariche esercitano su 2Q , e se ne individui la direzione (cioè le componenti oppure l’angolo con uno degli assi). Per il principio di sovrapposizione la carica 2Q subisce la forza 12F

, attrattiva, da parte di

1Q , come se 3Q non ci fosse, e la forza attrattiva 32F

di 3Q come se 1Q non ci fosse. Per il calcolo delle intensità si applica la legge di Coulomb:

N

N N N

6 691 2

21 2 2 20 21

9 6 6 4 12

| | | 2.10 10 ( 4.00 10 ) |1| | 8.99 10

4 (3.00 10 )

| 8.99 2.10 ( 4.00) |10 8.39 10 83.9

3.00

Q QF

r

N

N N N

6 692 3

22 2 2 2 2 20 23

9 6 6 4 12

| | | 4.00 10 5.20 10 |1| | 8.99 10

4 (3.00 10 ) (3.00 10 )

| 8.99 ( 4.00) 5.20 |10 10.4 10 104

2 3.00

Q QF

r

La direzione della forza risultante F

è la diagonale del parallelogramma che ammette

21F

e 23F

come lati. Vi sono due vie per il calcolo: per componenti e tramite il teorema di Carnot. (1) Calcolo per componenti: la direzione di un vettore si intende individuata quando sono conosciute le sue componenti in un riferimento come quello in figura:

N21 0xF , N21 83.9yF

N N223 32 4 2

cos 104 73.5xF F

N N223 23 4 2

sin 104 73.5yF F

Sommandole otteniamo le componenti della risultante: N N N12 32 0 73.5 73.5x x xF F F

N N N12 32 83.9 73.5 157y y yF F F

dal teorema di Pitagora si ha il modulo si F

:

N N N2 2 2 273.5 ( 157) 30051 173x yF F F

mentre l’angolo , negativo perché antiorario a partire dall’asse delle x , vale: N

73 N157

tan 2.15 arctan( 2.15) 65.1y

x

F

F

(2) Con il teorema di Carnot si ottiene l’intensità della risultante: 2 2 2

21 23 21 23| | | | | | 2 | || | cos( )F F F F F

ed essendo 4 risulta:

N) N) N) N) N N2 2 34

| | (83.9 (104 2 (83.9 (104 cos 173F

17. Si hanno tre cariche puntiformi vincolate a stare ferme allineate. Risulta cm28.0d ,

C51 1.50 10q , 2 3q q , 3 4q q . Trovare il verso e l’intensità della forza elettro-

statica esercitate su 1q e su 2q . Come camba la forza su 2q se d viene triplicato? [R: N N N232

925.8 ,232 , tutte verso destra]

1Q

2Q

3Q

1Q

2Q

3Q

4

21F 23F

1Q

2Q

3Q

23F

21F

F

3q

d

2Q ˆ73.5 x

y157

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18. Quattro cariche sono vincolate a stare negli estremi di un quadrato di lato cm26.0a , di valori come in figura. Sapendo che μC1 1.40q q , si trovino la di-

rezione e l’intensità della forza risultante su 2q e su 3q .

[R: N-32 1.40 10F

, 2 165 , N33 1.78 10F

, 3 76.3 ]

19. Due palloncini di forma approssimativamente sferica con raggio m0.100r , sono pieni di un gas più leggero dell’aria. Le loro superfici vengono caricate negativamente per strofinio, in modo che su ciascuno di essi si depositi una carica di

C63.20 10Q , e poi vengono legati in terra come indicato in figura. Si osserva che i due fili formano un angolo tale che tan( /2) 0.300 . Calcolare la distanza d fra i

centri dei due palloncini. Si assuma per la densità dell’aria kg/m31.29 e si trascuri

il peso dei palloncini, sapendo che verso l’alto agisce la spinta di Archimede A

pari al peso dell’aria spostata. [R: m0.695 ] 20. Due palline isolanti sono appese a dei fili di massa trascurabile, come in figura. Ognuna ha una massa di g0.200m ed una carica ignota q , uguale a quella dell’altra ma di segno opposto. In seguito all’attrazione i fili formano un angolo di 15.0 con la ver-ticale, e la distanza fra i centri vale cm3.50d . Trovare l’intensità della forza su ogni pallina, la carica sulle palline e la tensione dei fili. [R: N45.26 10 , C80.847 10 , N32.03 10 ]

21. Un palloncino sferico, pieno di aria, ha una massa di kg34.00 10m ed è ca-

rico di una quantità C61 1.50 10Q . Esso è appeso al soffitto in modo in cui pos-

sa orbitare attorno ad una carica puntiforme negativa 2Q ancorata al pavimento co-me in figura. Sapendo che l’angolo che il filo forma con la verticale è 45.0 , che il filo è lungo m2.50a e che il palloncino compie 30 giri in un minuto, trovare il valore di 2Q . [R: C58.92 10 ]

22. Tre cariche sono vincolate nei vertici di un triangolo isoscele ABC di base

cm5.00AB ed angolo alla base /6 , come in figura. Sapendo che CQ è tirata verticalmente in basso da una forza d’intensità complessiva N150 e che

C67.40 10A BQ Q , si trovi il valore di CQ . [R: C76.25 10 ]

9. Azione a distanza

Come possono due corpi interagire senza toccarsi? L’idea di interazione fra corpi è stata sempre associata all’idea di un contatto: la possibilità che un oggetto potesse esercitare un’azione in una regione di spazio dove esso non si tro-vava materialmente, ha costituito per lungo tempo un ostacolo concettuale alla compren-sione del funzionamento della realtà. Ad esempio il rifiuto della possibilità di un’azione a distanza costituiva uno dei presupposti della teoria dell’ horror vacui, che dominò l’approccio scientifico medievale. Tale teoria respingeva con decisione l’esistenza dello spazio vuoto, perché esso avrebbe consentito di pensare ad un’ interazione fra due corpi senza che vi fosse né il contatto diretto né la mediazione di un fluido interposto7. Astra- 7 Addirittura Aristotele arrivò a sostenere che quando si lancia una pietra, nel momento in cui viene meno il contatto con la mano, la forza che si riteneva necessario agisse continuamente su di essa affinché il moto proseguisse, proveniva

a

a2 1q q

3 12q q

4 13q q 1q

d

15.0 15.0

a

1Q

2Q

cm5.00

CF

BQAQ

CQ

d

α

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zioni come quelle di Galileo, che ipotizzò la caduta dei gravi in uno spazio in assenza d’aria, furono un formidabile sforzo di immaginazione. Anche la formulazione della legge di gravitazione universale da parte di Newton8 era sospetta di basarsi sul modello di at-trazione a distanza, e per questo venne inizialmente guardata con diffidenza da qualcu-no. Tuttavia Newton si limitò a registrare l’efficacia del modello proposto, e non azzardò mai tentativi di spiegazione del meccanismo di funzionamento che vi stava dietro, forse proprio perché anche lui associava l’idea di interagire a distanza a qualcosa di simile ad una credenza occulta. Che problemi pone l’azione a distanza, nell’ambito delle interazioni elettriche? Il problema del meccanismo che realmente governava l’attrazione e la repulsione fra due cariche, si impose all’attenzione di uno dei pionieri in questo ambito, il fisico inglese Mi-chael Faraday (1791-1867). Egli trovava del tutto insoddisfacente l’interpretazione della forza elettrica in termini di azione a distanza, e riteneva che lo spazio interposto dovesse giocare un ruolo importante. Alcune delle sue obiezioni possono essere riassunte nei pun-ti seguenti: Un problema di causa ed effetto. Poniamo che una carica A ed una carica B, di segno discorde, siano poste ad una certa distanza r nello spazio vuoto. Per poter interagire secondo la legge di Coulomb, cioè attrarre la B con una forza di intensità 2| | /A Bk q q r , la carica A necessita di alcune informazioni preliminari. Essa dovrebbe percepire in anticipo l’esistenza di B e conoscere il suo esatto valore e la sua distanza. Soltanto allora potrà “lanciare un segnale” nella direzione di B, avente la giusta intensità. La carica A dovrebbe, in qualche misterioso modo, proiettarsi al di fuori di sé stessa, esplorare l’ambiente, raccogliere le necessarie informazioni e dopo interagire. Un problema di istantaneità. Ammesso che la carica A possegga le informazioni che possono permetterle di attrarre B nel giusto modo, potrebbe accadere che la posizione ed il valore di B non siano costanti. Se B si stesse ad esempio allontanando da A, la forza sarebbe “inviata” da A nella posizione in cui si trovava inizialmente B e, quindi, giungerebbe in un punto vuoto dello spazio. Oppure, nel caso in cui fosse il valore di B a mutare, vi giungerebbe con una intensità errata. Sembrerebbe che A debba procedere ad una rimodulazione del segnale ogni volta che B si sposta o varia. Questo paradosso, in realtà, è uno degli aspetti di una questione più fondamentale, e cioè se l’interazione impieghi un certo tempo per propagarsi da A verso B oppure sia istantane. Come possiamo uscire da questi paradossi ? E’ necessario cambiare completamente prospettiva, abbandonando la convinzione che la carica A eserciti un’azione solamente se si trova in presenza di un’altra carica B. Serve un nuovo punto di vista che permetta di inquadrare la situazione ritenendo che la carica A, anche se si trova sola nello spazio vuoto, manifesti comunque la sua presenza conferendo allo spazio stesso delle proprietà che prima non aveva. Nel momento in cui la carica A viene posta in un punto, in tutto lo spazio intorno, sia esso vuoto od occupato da altre cariche, viene a crearsi uno stato di cose nuovo: una condizione fisica che prima non c’era.

dall’aria. Questa, spostatasi da davanti all’oggetto si raccoglieva dietro di esso fornendo una (sempre più debole) spinta in avanti. Era un modello curioso in cui l’aria faceva contemporaneamente da contrasto e da propulsore. 8 Nella sua opera, pietra miliare della fisica, Philosòphiae Naturalis Principia Mathematica, 1687.

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E se la carica A stessa cambia di posizione o di valore, anche la condizione fisica di tutti i punti dello spazio circostante cambiano di conseguenza. Dato che però nessuno ha mai rivelato l’esistenza di segnali che si propaghino istantaneamente, anche in questo caso ci vorrà del tempo affinché ogni eventuale modifica della posizione, o del valore di A, possa essere percepita tutt’intorno, conferendo così allo spazio il nuovo assetto fisico. Quando poi una seconda carica B viene posta ad una certa distanza dalla A, troverà che lo spazio nella posizione in cui va a mettersi possiede già uno stato fisico, di cui B risente in termini di una forza che agisce su di essa. A questo stato fisico dello spazio si dà il nome di campo elettrico: esso fa da tramite all’interazione fra A e B e l’idea di una azione a distanza diviene superflua. Se poi B si muove, non è necessario che A moduli il suo segnale per interagire secondo quanto previsto dalla legge di Coulomb: i nuovi punti dello spazio dove B andrà a posizionarsi sono già nello stato fisico che occorre. Se invece un certo corpo viene elettrizzato, nel momento in cui si venisse a trovare in una regione dello spazio sede di un campo elettrico, questo risentirà immediatamente dell’effetto delle altre cariche che sono all’origine del campo stesso, senza bisogno che venga inviato loro alcun segnale informativo preliminare. Viceversa il campo originato dal corpo appena elettrizzato impiegherà del tempo per conferire le sue proprietà allo spazio circostante, sovrapponendosi agli altri campi esistenti. In questo tipo di approccio quindi non esiste il problema dell’azione a distanza perché è il campo ad esercitare la forza9. Come possiamo definire operativamente il campo elettrico? Una grandezza che si presta bene a descrivere la condizione fisica dello spazio che è sede di un campo elettrico, è la forza che agisce su di una carica puntiforme di valore pari all’unità di misura: nel caso del sistema internazionale quindi una carica pari ad C1 . Associamo quindi ad ogni punto un vettore che abbia per intensità e verso quello della forza che agirebbe su di una carica puntiforme, positiva, pari ad

C1 : questo vettore ci fornisce la forza che agisce su ogni Coulomb di carica presente, per sapere quale forza agisce su di una carica del valore di Q Coulomb, basterà quindi moltiplicarlo per Q . In termini operativi, tuttavia, misurare, nel punto P dello spazio, direzione e verso della forza che agisce su ogni Coulomb di carica, significa porre materialmente una carica puntiforme di C1 in P e misurare la forza su di essa. Tuttavia l’introduzione di una nuova carica, specie se di valore non trascurabile, ha l’effetto di modificare la distribuzione nello spazio delle altre cariche, e conseguentemente il valore del loro campo nel punto P. Supponiamo, ad esempio, di voler misurare il campo elettrico poco fuori ad un conduttore metallico carico. La presenza di una ulteriore carica di C1 modifica la posizione delle cariche mobili sul conduttore (è il fenomeno noto come induzione elettrica): in qualche modo il nostro processo di misura influisce su ciò che si desidera misurare. Questo effetto di disturbo sarà tuttavia trascurabile quanto più lo sarà l’azione della carica di misura rispetto alle altre: il problema è però che una carica di 1 Coulomb è un valore abbastanza consistente. Allora converrà prendere una carica che sia il più debole possibile, in modo da non disturbare la configurazione, e misurare, anziché la forza su di una carica che vale 1, il rapporto fra la l’intensità della forza F

che si registra, e la carica di prova,

molto piccola, pq che vi si è posta: / pF q

. Infatti questo rapporto ha lo stesso valore

numerico della forza che agisce su di una carica che vale 1C , ed è importante convincersi che esso non dipende dalla carica pq che abbiamo scelto: lo si vede chiaramente nel caso

9 Questo comporta che, nelle interazioni non “a contatto”, vi sia il problema di una temporanea, brevissima violazione del principio di azione e reazione. Come si vedrà, la soluzione è quella di attribuire una certa quantità di moto al campo stesso e subordinare la terza legge di Newton rispetto al principio di conservazione della quantità di moto.

Q

pq

F

r

Q

pqF

r

/ pF q

/ pF q

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semplice del campo generato da una carica anch’essa puntiforme ma di valore Q . Dato che il valore di pq figura anche nella legge di Coulomb, questo si semplifica:

2 2

1ˆ ˆp

p p

QqF Qk r k r

q q r r

Il versore r è per definizione uscente da Q , e per raffigurare la forza che agisce su pq

dobbiamo riferirci al suo rappresentante applicato dove si trova pq .

Cosa succede se cambiamo la carica di prova oppure la prendiamo negativa? E’ questo l’aspetto più efficace della nostra definizione operativa: se pq cambia di valore o

di segno, cambiano senz’altro sia l’intensità che la direzione della forza F

su di essa, ma non cambia il rapporto / pF q

, che, come si vede dalla formula sopra, rimane uguale a

prima tanto in intensità quanto in direzione. Se anziché avere a che fare con il campo generato da una carica puntiforme come Q abbiamo una distribuzione estesa di cariche, possiamo senz’altro avvalerci dei ragionamenti qui fatti, grazie al principio di sovrapposizione, pensando che su pq agiscono congiuntamente tutte le cariche

puntiformi da cui possiamo immaginare composta la distribuzione estesa. Cos’è quindi il campo elettrico? Campo Elettrico è il nome che si dà alla condizione fisica che si crea nello spazio in presenza di una qualsiasi caricaQ . Viene misurata attraverso una grandezza fisica vettoriale E

che

fornisce la forza per unità di carica10:

p

FE

q

dove pq è una qualunque carica di prova ed F

la forza che agisce su di essa; il valore di

/ pF q

va inteso come misurato nel caso limite in cui pq è così debole da non alterare la

configurazione che origina F

. In quanto rapporto fra una forza ed una carica, l’intensità del vettore campo elettrico si misura in Newton al Coulomb: N C/ . In base alla definizione, il campo elettrico di una carica puntiforme è espresso dalla formula:

20

4

QE r

r

Esercizi 23. Due cariche C61.0 10AQ e C61.0 10BQ sono poste rispettivamente nei punti ( 1;0)A e (1;0)B . Calcolare intensità, componenti x ey , direzione e verso del

campo elettricoE

nel punto (0;1)C . [R]

Dalle coordinate dei punti si ha che A, B e C sono i vertici di un triangolo metà di un quadrato. Di conseguenza nel punto C avremo:

10 Il segno “ ” indica che non si stanno comparando dei valori numerici , ma che si sta solamente dando un nome al rap-

porto /F qp

. L’idea nuova è a destra dell’uguale, non a sinistra!

AQ BQ

(0;1)C

( 1; 0)A (1; 0)B

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N NC C

9 63

2 2

9.0 10 1.0 10| | 4.5 10

2

AA

QE k

AC

N NC C

9 63

2 2

| | 9.0 10 1.0 10| | 4.5 10

2

BB

QE k

BC

Calcoliamo le componenti lungo gli assi del campo dovuto a AQ : N NC C

3 32| | cos 4.5 10 3.2 10

4 2Ax AE E

N NC C

3 32| | sin 4.5 10 3.2 10

4 2Ay AE E

Per le componenti del campo dovuto a BQ , prendendo il corretto angolo che BE

forma con le ascisse (7 /4 ) si ottiene direttamente il segno:

N NC C

3 37 2| | cos 4.5 10 3.2 10

4 2Bx BE E

N NC C

3 37 2| | sin 4.5 10 3.2 10

4 2By BE E

(in alternativa si poteva usare /4 come angolo e mettere il segno manualmente). Il

risultante A BE E E

secondo la regola del parallelogramma si ottiene sommando le componenti x edy :

N NC C

3 3 3(3.2 10 3.2 10 ) 6.4 10x Ax BxE E E

N NC C

3 3(3.2 10 3.2 10 ) 0.0y Ay ByE E E

e la direzione è quella parallela all’asse delle ascisse, il verso quello positivo, come si desume dalla simmetria ed anche dal fatto che E

forma con l’asse x un angolo

tale che / (0) 0y xarctg E E arctg . L’intensità di E

vale invece:

N/C2 2 3| | 6.4 10x yE EE

24. Una carica puntiforme di prova C95.0 10pq viene posta in una regione dello

spazio dove sperimenta una forza N N(50.0 ; 75.0 )F

. Quanto vale il campo elettrico in quel punto? Si dica se è possibile, ed ha senso, dedurre da questo dato informazioni sulla distribuzione di carica che ha generato tale campo. [R]

25. Si osserva che una pallina di polistirolo di massa g30.0m rimane sospesa in una regione di spazio dove è presente un campo elettrico verticale, diretto in alto, d’intensità

N/ C35.50 10E

. Quant’è la carica sulla pallina? [R]

26. Due cariche C61.3 10AQ e C61.6 10BQ sono poste rispettivamente nei punti (1; 3)A e ( 3 ;1)B . Calcolare intensità, componenti x ey , direzione e

verso del campo elettrico nell’origine e disegnarli. [R] 27. Nel punto (1;1)P si misura un campo E

del valore di N/C36.0 10 la cui

direzione orientata forma un angolo di 134 con l’asse delle ascisse. Sapendo che nell’origine si trova una carica C62.2 10AQ , e sapendo che nel punto (1;0) si trova un’altra carica, incognita ma di valore positivo BQ , se ne calcoli il valore.

Disegnare la direzione ed il verso del campo E

dovuto a ciascuna delle due cariche nel puntoP . [R]

4

AE

BE

7

4

AQ

(0;1)C

4

AE

BE

A BE E

BQ

3

BQ

31

1

AQ

BE

E

(1;1)P

134

1

1

AQ BQ

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28. Se poniamo una carica in una regione sede di un campo elettrico, e se questa carica è così piccola da non disturbare la configurazione esistente, essa si muoverà per effetto delle forze elettriche che agiscono su di essa. Si può dire, in generale, che la sua traiettoria seguirà le linee di campo? La risposta è sì solo nel caso in cui le linee di campo siano rettilinee, altrimenti, se sono curve, (ad esempio come nel caso del campo generato da due cariche poste a ad una certa distanza), questo non è vero. Perché? [R] 29. Due sfere metalliche identiche, cariche con C61.7 10AQ la prima, e con

C61.2 10BQ la seconda, di dimensioni così piccole rispetto alle distanze qui coinvolte da poter essere considerate puntiformi, si trovano nei punti ( 1;0)A e

(3;0)B . Calcolare il valore del campo elettrico nel punto (1; 1)P (intensità, componenti ,x y , direzione e verso). Successivamente esse sono poste a contatto e poi riportate nelle loro posizioni originarie. Calcolare di nuovo il valore del campo elettrico nel medesimo punto(1; 1) . Dopo ancora esse, sempre successivamente al contatto, vengono scambiate di posto. Calcolare ancora il valore del campo elettrico sempre in(1; 1) . [R] 30. Una carica di prova C71.8 10AQ viene posta nel punto A(-2;2) ed essa

subisce una forza di intensità N41.0 10 . Sapendo che nel punto B(2;1) c’è una carica positiva di valore incognito BQ Q , e che nel punto C(-2,-1) una carica di valore 2CQ Q , si calcoliQ . [R] 31. Due cariche C60.50 10AQ e C60.60 10BQ sono poste rispettivamente

nei punti /( 3 2; 0)A e /(0;1 2)B . Calcolare intensità direzione e verso del campo

elettrico nel punto /( 3 2;0)C . Calcolare inoltre la forza da esse esercitata su di un

nucleo11 di elio He42 posto in C. Dire quale accelerazione acquista il nucleo di elio per

effetto di tale forza. [R] Come si calcola il campo elettrico di un anello uniformemente carico? A titolo di esempio calcoleremo il campo prodotto da un oggetto esteso, su cui sia distri-buito uniformemente un quantitativo complessivo di carica Q . Per la sua geometria par-ticolarmente semplice prenderemo in considerazione un anello di raggio R . Fissiamo un riferimento cartesiano nello spazio con gli assi x ed y nel piano dell’anello, e l’asse z perpendicolare ad esso dal punto centrale, dove fissiamo anche l’origine. Ci proponiamo di calcolare E

in un punto P sull’asse dell’anello, a distanza z dal centro. Immaginere-

mo di suddividere l’anello in tanti trattini ciascuno di lunghezza così piccola rispetto al valore di z da potersi considerare come tante cariche puntiformi 1q , 2q , 3q … la cui

somma è chiaramente la carica complessiva Q . Ognuna di esse, ad esempio la carica 1q in figura, produce un campo nel punto P ch e può essere scomposto in un vettore paralle-lo all’asse e uno perpendicolare ad esso. La simmetria dell’anello fa sì che per ogni micro-

carica 1q ve ne sia un’altra 1q diametralmente opposta che produce un campo E

ugua-

le ed opposto al suo. Pertanto il campo risultante sarà la somma dei soli contributi E

,

ognuno dei quali risulta:

11Per un elemento X la scrittura A

Z X indica in alto a sinistra la massa atomica (o numero di massa), ed in basso a sinistra il

numero atomico, cioè la carica (positiva) del nucleo. Il nucleo di 42 He ha quindi massa atomica 4 e numero atomico 2.

BQAQ

(1; 1)P

1

1

1 3

CQ

( 2; 1)

BQ

(2;1)( 2;2)

AQ

C

12(0; )

( ; 0)32

O( ; 0)3

2

AQBQ

y

x

1E

z

E

Rr

1q

E

y

x

z

P

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174

1 1cosz

E E Er

dove la relazione /cos z r si ottiene osservando che il coseno dell’angolo che il campo forma con l’asse è sempre dato dal rapporto fra il cateto adiacente ad esso (che qui ha misura z ) e l’ipotenusa nel corrispondente triagolo rettangolo, (che qui ha misura r ) . Il campo totale coincide quindi con la somma delle sole componenti parallele all’asse, quindi è diretto lungo l’asse, uscente dall’anello e la sua intensità vale:

1 2cos cos ...E E E

Sostituendo la formula di Coulomb per l’intensità dei singoli campi e l’espressione per il coseno trovata sopra:

1 21 22 2 3 3

... ( ...)q q z z z

E k k q q kQrr r r r

Come varia l’intensità del campo allontaandoci lungo l’asse? Per il teorema di Pitagora, la distanza r di ciascuna carica dal punto dove vogliamo cal-

colare E

risulta 2 2r R z e sostituendo si ottiene un’espressione per l’intensità del campo elettrico, che mette in evidenza la dipendenza dalla distanza z lungo l’asse dell’anello :

2 2 3/2( )

zE kQ

R z

Come si vede l’intensità del campo elettrico vale zero nel centro dell’anello, dove 0z , mentre a grande distanza, dove z è molto maggiore di R , può essere approssimato po-nendo 0R nella formula ed ottenendo / 2E kQ z

, cioèun andamento che decresce

come farebbe se l’anello fosse una carica puntiforme. Pertanto il campo, che parte nullo nel centro dell’anello, dovrà prima crescere se dopo deve decrescere come l’inverso del quadrato della coordinata lungo l’asse. E se prima cresce e poi decresce, ci sarà un massi-mo di intensità in un punto intermedio. Calcoli dettagliati mostrano che tale massimo si ha quando 54.7 . L’andamento qualitativo dell’intensitàè proposto qui a lato.

10. Linee di campo Al fisico inglese Michael Faraday (1791-1867) si deve l’idea di rappresentare il campo

elettrico attraverso delle linee continue orientate, dette linee di campo (o anche linee di forza). La direzione ed il verso delle linee sono quelle del campo elettrico; l’intensità è espressa invece dalla densità delle linee: più queste sono fitte (come avviene in prossimità di una carica), maggiore è il campo elettrico. Più nel dettaglio:

(1) La linea di campo è continua ed orientata: la sua direzione è tale che in ogni suo punto il vettore E

sia ad essa tangente ed equiverso.

(2) Le linee di campo hanno verso uscente da una carica positiva (coerentemente col fatto che devono respingere cariche positive), entrante in una negativa (in modo che

E

intenso

debole

y

x

1E

zE

1q

E

1q

E

z

E

E

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175

?E

?E

la forza su cariche positive risulti attrattiva). Nascono nelle cariche positive (o dall’infinito) e terminano nelle cariche negative (o all’infinito)12. (3) Più le linee sono vicine fra loro, più intenso è il campo. A tal proposito si usa il criterio di Faraday: presa una superficie che in ogni punto sia attraversata perpendicolarmente dalle linee di campo, si assume che quanto più sono numerose le linee che “bucano” tale superficie, tanto più intenso è il campo elettrico in quella regione. (4) Le linee di campo non si intersecano mai perché se così fosse vi sarebbe una ambiguità sulla tangente nel punto di intersezione.

Qual è l’andamento delle linee di campo di una coppia di cariche? Vediamo di seguito la rappresentazione del campo elettrico generato da un dipolo13, cioè una coppia di cariche di stesso valore assoluto q e segno opposto, e da una coppia di cariche positive di uguale valore q . Come si vede le linee si infittiscono in prossimità della carica, dove il campo si fa più intenso. Osservando il disegno possiamo ritrovare l’idea che Faraday aveva di queste linee, pensando ad esse come se fossero degli elastici tesi sopra ad un contorno eventualmente curvo: la loro tendenza a contrarsi esprimeva l’attrazione fra le cariche di segno opposto. Nell’immagine mentale del grande scienziato inglese, inoltre, la forza repulsiva fra cariche di uguale segno poteva essere visualizzata pensando che ogni linea tendeva a respingere le vicine.

E’ possibile usare le linee di campo come uno strumento quantitativo? La rappresentazione diviene quantitativa una volta deciso il numero N di linee da associare ad un Coulomb di carica. Fissato N , seguendo il criterio che il numero di linee

12Lontano dalle sorgenti le linee di forza del campo elettrico sono linee aperte: percorrendole sempre nello stesso verso non si ritornerebbe mai al punto di partenza 13 Il dipolo è una struttura elementare che permette di approssimare molte situazioni complesse. Ad esempio la molecola dell’acqua, anche se neutra, ha una distribuzione asimmetrica della carica in quanto l’Ossigeno attira a sé l’elettrone dell’Idrogeno lasciandone esposto il protone. Questa configurazione si comporta come un dipolo, e l’attrazione elettro-statica che la differente disolcazione delle cariche di segno opposto permette di esercitare sulle sostanze, fa dell’acqua un ottimo solvente.

La Controfisica Una piccola carica di prova posta in una regione sede di campo elettrico, in generale non si sposta seguendo le linee di campo: se queste sono curve infatti, ci sarebbe bisogno di una componente centripeta nella forza, mentre le linee di campo sono per definizione tangenti alla forza che sta agendo sulla carica stessa.

La Controfisica Consideriamo “l’asterisco gigante” che in un disegno a due dimensioni raffigura le linee di campo di una carica puntiforme. Se raddoppiamo la distanza dalla carica, si raddoppia pure la distanza che separa le linee, (data dal perimetro della circonferenza centrata nella carica diviso per il loro numero). Ma raddoppiando la distanza di separazione si dimezza la densità delle linee, e questo, nel criterio di Faraday significa dimezzamento del campo. La legge di Coulomb però prevede che il campo decresca con il quadrato del raggio, e quindi al raddoppio del raggio il campo si dovrebbe ridurre ad un quarto del suo valore. Ma è impossibile raffigurare in un disegno a due dimensioni questo tipo di diminuzione d’intensità, quindi le linee di campo possono essere usate quantitativamente solo con una rappresentazione nelle tre dimensioni.

q qqq

q q

E

Q

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dev’essere direttamente proporzionale alla carica14, (cioè da una carica doppia devono uscire il doppio delle linee, da una tripla il triplo eccetera), raffigureremo il campo di una carica q tramite qN linee. Se quindi due cariche differenti sono poste vicine, le linee di campo che escono (od entrano) da quella di valore maggiore saranno proporzionalmente più numerose di quelle che entrano (od escono) in quella minore. Nelle figure vi sono due casi molto semplici, dove si è scelto 1N , (i valori indicati sono in Coulomb). Qui il numero di linee che entrano ed escono in ciascuna carica è proporzionale ai rispettivi valori, quindi dal solo disegno si può avere l’intensità del campo elettrico.

Va però ricordato che una corretta rappresentazione quantitativa tramite le linee di campo è possibile solo in tre dimensioni. Un disegno in due dimensioni non potrà mai essere coerente anche con il fatto che quando ci si allontana dalle cariche, l’intensità del campo campo diminuisce come 21/r . Esercizi 32. Si esprimano l’angolo e la tensione del filo a cui è appesa una pallina di massa m e carica 0q che si trovi in equilibrio nel campo E

orizzontale in figura.

Applicando il secondo principio della dinamica in forma vettoriale, all’equilibrio si deve avere:

0T qE W

e quindi le tre forze agenti sulla carica sono i lati di un triangolo. Tale triangolo dev’essere rettangolo dato che qE W

pertanto:

/ /tan arctanq E mg q E mg

mentre dal teorema di Pitagora: 2 2( ) ( )T mg q E

33. Due particelle cariche identiche sono tenute ferme nelle posizioni A e B in figura. Si dica su quale delle due dobbiamo esercitare la forza più intensa per mantenere l’equilibrio. Se ad un dato istante le cariche sono libere di andare, si dica quale delle due partirà con la maggiore accelerazione. [R] 34. Con riferimento alla figura si calcoli il valore della carica negativa supponendo noto quello della carica positiva 2q . [R: 1 24 /7q q ]

14 Infatti, se poniamo vicine due cariche uguali, ad una distanza molto maggiore della loro separazione dovremmo osser-vare lo stesso campo di una carica singola di valore doppio. E poiché due cariche uguali producono il doppio delle linee, anche una carica singola di valore doppio produrrà il doppio delle linee, e così via.

128 108

mg

qE

T

A E

B

T

mg

qE

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?

tE

nE

E

E

0E

11. Il campo elettrico nei conduttori

Poniamo che il conduttore, lontano da altre sorgenti di campo elettrico, contenga un eccesso di cariche positive o negative: la densità media di carica non sarà zero come nel caso in cui è neutro, tuttavia, dopo una fase temporanea in cui si assiste ad una loro ri-sistemazione per effetto della reciproca interazione, il conduttore si porterà in una condizione stabile detta equilibrio elettrostatico. La configurazione in cui queste cariche in eccesso si dispongono è intuitiva: essendo il movimento libero, la repulsione fa si che esse si allontanino quanto più è loro consentito e quindi andranno a posizionarsi entro uno strato superficiale profondo pochi diametri atomici.

Quanto vale il campo elettrico all’interno di un conduttore carico? Come abbiamo visto, le cariche in eccesso su di un conduttore si muovono finché non raggiungono una configurazione di equilibrio. In equilibrio elettrostatico non c’è movimento d’insieme delle cariche, quindi entro il conduttore il campo elettrico deve essere zero, altrimenti le cariche mobili all’interno si sposterebbero e la configurazione non sarebbe stabile nel tempo. Come è orientato il campo elettrico sulla superficie di un conduttore carico? Si potrebbe erroneamente supporre che E

possa essere orientato in qualunque

modo, e che abbia una componente tangenziale tE

rispetto alla superficie, ed una

normale nE

, in modo che risulti t nE E E

. Tuttavia, la condizione di equilibrio porta a concludere che la componente tangenziale deve essere nulla. In caso contrario, infatti, gli elettroni di conduzione sarebbero sottoposti ad un campo elettrico medio non nullo su una scala più grande di quella atomica, in grado di produrre un moto ordinato d’insieme. Si avrebbe così uno scorrimento degli elettroni di conduzione parallelamente alla superficie, cosa non compatibile con lo stato di equilibrio che abbiamo supposto. Il campo elettrico sulla superficie del conduttore avrà pertanto direzione normale. Un eccesso di carica positiva produce un verso del campo uscente dal conduttore, in modo da respingere cariche positive ed attrarre cariche negative; un eccesso di carica negativa produce un verso entrante del campo, coerentemente col fatto che deve attrarre cariche positive e respigere cariche negative. Quanto vale il campo elettrico in una cavità all’interno di un conduttore? Immaginiamo un conduttore carico in equilibrio, con dentro un tarlo metallico che vada man mano divorando l’interno del conduttore stesso. Come si è visto, in condizioni di equilibrio, tale regione è neutra e pertanto il nostro tarlo può mangiarne a piacimento senza che si violi la legge di conservazione della carica. Ma la sua neutralità comporta anche che essa non contribuisce al campo che complessivamente generano le cariche poste sul conduttore, e, pertanto, la sua rimozione non può alterare il valore di E

. Il campo elettrico, quindi, continuerà ad

essere nullo anche nelle regioni vuote che il tarlo va scavando, così come era nullo quando esse erano riempite di materiale metallico. Cosa succede in prossimità delle punte di un conduttore? Un conduttore irregolare può presentare delle regioni “a punta”: si dice che in tali zone il raggio di curvatura è maggiore, (il raggio R della sfera che localmente vi combacia). Se il conduttore viene caricato, il campo nelle regioni a punta è più intenso: graficamente lo rappresenteremo con linee più fitte. Ci si può convincere di questa maggiore intensità analizzando le forze agenti su di un qualunque elettrone dello strato superficiale di un conduttore carico, ad esempio negativamente. Perché

0E

E

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l’elettrone resti in equilibrio è necessario che lungo la superficie venga spinto con uguale intensità verso destra come verso sinistra. Visto che la forza di Coulomb diminuisce in modo inversamente proporzionale al quadrato della distanza, gli elettroni in eccesso saranno in equilibrio elettrostatico quando è massima la distanza reciproca: su di una superficie con curvatura che non cambia questo significa che essi si disporranno equispaziati gli uni dagli altri. Ma se la curvatura lungo la superficie cambia, il raggiungimento dell’equilibrio comporta una maggiore concentrazione degli elettroni in eccesso nella punte, e quindi una spaziatura non costante. Consideriamo, sull’elettrone A in figura, la repulsione di due elettroni vicini B e C aventi la stessa distanza da esso, però con C dalla parte in cui la superficie forma una punta. L’intensità della repulsione è uguale nei due casi, tuttavia A e B occupano una regione piatta del conduttore e quindi la forza ABF

, diretta lungo la

congiungente le particelle, spinge quasi interamente lungo la superficie. La forza repulsiva che proviene da C è sempre diretta lungo la congiungente, che ora però attraversa il conduttore. Al contrario di prima, a causa della curvatura, ACF

non è

più parallela al bordo del conduttore e la sua componente lungo la superficie è quindi minore di quella di ABF

. Per rendere uguali le due spinte lungo la superficie

dobbiamo aumentare l’intensità di ACF

. Questo si ha se gli elettroni A e C si dispongono più vicini di quanto non siano A e B. Quindi la componente di forza parallela alla superficie costringe gli elettroni in eccesso a concentrarsi nelle punte finché le repulsioni non si bilanciano e si raggiunge l’equilibrio. Allora il campo elettrico è più intenso in prossimità della punte? Il campo in prossimità della superficie di un conduttore è più intenso in prossimità delle regioni che possono essere approssimate con sfere di raggio più piccolo. Con ragionamenti analoghi a sopra, si può dimostrare che dove la concavità volge all’esterno, il campo, invece, è tanto maggiore quanto più grande è il raggio della sfera, (in questo caso, esterna). Riassumendo: Il campo elettrico generato da un conduttore carico: 1. è nullo nelle regioni interne e nelle cavità; 2. è perpendicolare alla superficie; 3. è tanto più intenso quanto più la regione risulta “appuntita”. Cosa si intende per “potere delle punte”? L’elevato valore del campo elettrico in prossimità delle regioni appuntite, è il principio per cui un parafulmine, oppure un albero isolato su di una collina, costituiscono una via preferenziale verso terra per le scariche elettriche che accompagnano un temporale. Le nubi, che si caricano tramite un processo alquanto complesso15, producono, per induzione (oppure polarizzazione), una localizzazione di carica positiva sulla superficie terrestre. Rispetto al suolo, parafulmini o cime di alberi possono essere schematizzate come delle punte che si ergono sopra ad una regione piatta16. Per effetto dell’elevato campo in prossimità di una punta carica, gli ioni liberi di entrambi i segni, sempre presenti in aria, accelerano, causando una sorta di effetto valanga per cui essi urtando altre particelle neutre le ionizzano a loro volta. In questo modo vengono attratti dal conduttore gli ioni che hanno segno opposto al

15 Nelle nubi si ha separazione di carica (positiva in alto e negativa in basso, a 3-4 km da terra) per effetto del campo elet-trico terrestre (circa 20 N/C verso il basso) e della differente interazione delle gocce d’acqua con gli ioni lenti positivi e negativi, che sono sempre presenti nell’atmosfera. 16 Il fenomeno del fulmine, assai vario e complesso, comporta una prima scarica guida in cui le particelle negative sulla nube, scendendo, vanno costruendo una sorta di filo conduttore nell’aria. Attraverso di esso passa la cosiddetta scarica di ritorno, per cui, a partire dalle particelle cariche nella parte più vicina a terra, si ha una violenta discesa verso il basso che, lasciando sopra di essa tratti carichi positivamente auto alimenta il processo. L’intesa emissione luminosa che accompa-gna la scarica parte quindi dal basso verso l’alto, ed un fulmine scarica a terra: mediamente 20 C.

piccolo R di curvatura

grande R dicurvatura

R di curvatura negativo

n

B

C

ACF

ABF

A

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179

suo, e lo vanno progressivamente scaricando. Contemporaneamente, gli ioni dello stesso segno del conduttore vanno creando una sorta di vento d’aria ionizzata, ben visibile se si pone la punta vicino alla fiamma di una candela, che si piegherà da un lato fino a spegnersi del tutto. Cosa succede ad un conduttore neutro posto in un campo elettrico? Un campo elettrico induce cariche di segno opposto sulle facce di un conduttore. Se infatti è presente un campo elettrico esterno, anche se il conduttore è neutro, durante una prima fase transitoria le cariche libere di muoversi andranno a disporsi sulla superficie. Quando si sarà raggiunto l’equilibrio elettrostatico, il campo da esse generato annullerà quello esterno sovrapponendosi ad esso nella regione occupata dal conduttore. Affinché ciò accada dovremo però avere cariche di segno diverso sullo strato superficiale del conduttore, come si vede in figura. Esercizi 35. Considerati i punti A,B,C,D,E,F,G,H del conduttore cavo e carico qui a lato, si mettano in ordine di intensità i rispettivi campi elettrici. In fondo alla scala dell’intensità ci sono le regioni E ed F dove il campo è nullo (rispettivamente in quanto punto interno ad una cavità e punto interno ad un conduttore. Poi a seguire vengono le zone G ed H in cui la concavità è verso l’esterno Fra di esse come sappiamo, più grande è il raggio della sfera che approssima il conduttore maggiore è il campo, quindi in ordine crescente si ha H e poi G. Sopra ancora viene C, dove il conduttore è piatto: il raggio della sfera che lo approssima è infinitamente grande. Si passa poi ai punti in cui la concavità è verso l’interno, dove l’intensità cresce al diminuire del raggio della sfera di curvatura, per cui si ha D, poi B ed infine la punta A dove il raggio è piccolissimo. 36. Supponendo che il conduttore avente la forma qui a lato sia carico, si descriva l’intensità (relativa) del campo elettrico nelle regioni A,B,C,D,E,F associando a ciascuna un aggettivo fra i seguenti: nulla, debole, media, forte. [R: E nulla, A-D debole, C-F media, E-B forte] 37. Si provino a disegnare le linee di campo per la coppia di conduttori carichi di segno opposto qui raffigurata. [R]

12. Flusso elettrico e teorema di Gauss Il criterio qualitativo di Faraday, che prevede linee tanto più ravvicinate quanto più il campo è intenso, può essere trasformato in uno strumento quantitativo di misura. Come vedremo, questo approccio conduce a delle semplificazioni nel caso di distribuzioni di carica con particolari simmetrie.

Come possiamo adoperare le linee di campo in maniera quantitativa? È necessario inanzitutto scegliere quante linee tracciare per un campo il cui valore sia di una unità del SI , cioè N/C1 . Possiamo per semplicità stabilire che per un campo uniforme di un newton al coulomb disegneremo una linea ogni metro quadro. Poi, in accordo con il criterio di Faraday, assumiamo che l’intensità del campo elettrico è pari al numero di linee per unità di area che attraversano una superficie posta a 90° rispetto al campo, e sulla quale il campo ha intensità costante:

A

B

CD

E

F

E

A

B

CD

EF

G

H

0E

A

B

CD

EF

G

H

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numero di linee di campo N

Earea attraversata perpendicolarmente A

L’intensità | |E

viene così individuata per mezzo del numero di “linee al metro quadro”

che attraversano perpendicolarmente una superfice piana. Per una scelta diversa da quella di far corrispondere ad un campo di N/C1 una linea per metro quadro ad esso

ortogonale, | |E

risulta comunque direttamente proporzionale ad /N A . Confrontiamo ad esempio l’intensità del campo elettrico sulle due superfici sferiche in figura, di raggio l’una il doppio dell’altra, facendo uso del criterio di Faraday. Esse sono attraversate perpendicolarmente dallo stesso numero di linee di campo, ed inoltre il campo elettrico di una carica puntiforme ha intensità costante su ciascuna sfera. Poiché la sfera 2 ha superficie quattro volte maggiore della sfera 1, il rapporto /N A sarà quattro volte più piccolo su di essa, e con esso l’intensità del campo elettrico, come del resto già sappiamo dalla legge di Coulomb. Esercizi 38. Si calcoli il valore di una carica puntiforme q sapendo che una sfera con centro su q , di raggio cm2.0 viene attraversata da 100 linee di campo. Assumere che per un campo di N/C1 venga disegnata un linea ogni metro quadro. La superficie della sfera vale:

) m m2 2 2 24 (4 3.14 2.0 10 0.25A R Poiché le linee di campo attraversano perpendicolarmente la sfera in ogni suo punto, e sapendo che a distanza fissa da una carica puntiforme il campo elettrico ha intensità costante, allora l’intensità del campo in linee al metro quadro (ed anche in N/C , visto che

linea /m N/C21 1 ) vale: N NC C

100400

0.250

NE

A

Imponendo che questo valore sia uguale a quello fornito dalla legge di Coulomb si ha q :

N C nCC

2 2

2 9

| | 400 0.020400 0.018

9.0 10

E RqE k q

kR

Vista la possibilità di legare quantitativamente l’intensità del campo eletttrico al numero di linee, ci proponiamo ora di costruire una nuova grandezza fisica, che diremo flusso elettrico , che abbia la funzione di misurare quanto una superficie viene attraversata dalle linee di campo. Iniziamo dal caso elementare di una superficie piana. Quale direzione individua una superficie piana? Per una porzione piana di superficie nello spazio, c’è una sola direzione individuata in modo univoco ed è quella della perpendicolare alla superficie stessa. Lungo tale direzione sono possibili due orientazioni uscenti: scegliendo una come positiva, è possibile associare ad ogni superficie piana un vettore di modulo 1 , perpendicolare alla superficie ed uscente da essa nel verso positivo. Tale vettore è detto versore normale e si indica con il simbolo n : nelle figure ne vediamo qualche esempio. La prima delle superfici illustrate è una porzione di piano: l’orientazione che si è scelta come positiva per la normale è quella che viene verso di noi. Le altre due sono esempi di superfici chiuse. Esse hanno la proprietà di separare lo spazio in due regioni, una interna ed una esterna, in modo tale che per passare da una all’altra sia necessario perforare la superficie e scavalcarla. Inoltre, a differenza delle superfici aperte, non sono delimitate da alcuna linea di contorno. Nei semplici casi considerati, le facce sono tutte porzioni di piano, e convenzionalmente, per le

12

q

n

1n2n 4n

3n

5n

1n2n 4n

3n

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superfici chiuse si assume come direzione positiva per la normale quella che va dalla regione interna verso l’esterno. Come si può usare il versore normale per la grandezza che vogliamo costruire? Se una superficie piana di area A , si trova in una regione sede di un campo elettrico uniforme, poiché l’intensità | |E

corrisponde al numero di linee per unità di area che bucano

ortogonalmente, se il versore normale è parallelo al campo basta fare il prodotto | |E A

per avere il numero totale N di linee che attraversano la superficie. Ovviamente tale numero risulta tanto maggiore quanto più la superficie è estesa. Se invece il versore normale n non è parallelo al campo, ma forma con esso un angolo , allora, a parità di area, il numero di linee N che bucano la superficie è tanto maggiore quanto più si avvicina a zero (massimo attraversamento), e tanto minore quanto più si avvicina a 90 (nessuna linea intercetta l’area). Osserviamo che, per inclinazioni intemedie, comprese fra 0 e 90 , il coseno dell’angolo ha esattamente la proprietà che ci occorre, cioè di valere zero quando n è perpendicolare a E

, e di

crescere fino ad un valore massimo quando n è parallelo a E

. Detto diversamente, inclinando la normale di un angolo , la superficie attraversata si riduce di un fattore cos . Pertanto, moltiplicando per cos il numero il numero massimo | |E A

di linee

che attraversano superficie perpendicolare al campo, otteniamo il numero di linee che l’attraversano quando essa ha il versore normale inclinato di un angolo :

| | cosE A

Tale prodotto, tanto maggiore quanto più è estesa la superficie (fattoreA ), quanto più essa è perpendicolare al campo (fattore cos ) e quante più sono le linee di campo per unità di area (fattore | |E

), costituisce una misura del numero di linee di

campo che bucano la superficie. Ad esso si dà il nome di flusso elettrico (o anche flusso del del campo E

) attraverso la superficie piana di area A .

Quale segno ha il flusso elettrico? Come si vede dalla definizione, se le linee di campo attraversano la superficie nello stesso senso della normale, il segno del flusso è positivo, essendo cos 0 . Nel caso in cui le linee passano la superficie in senso opposto a quello della normale, avremo 90 180 e quindi cos 0 , da cui un valore negativo del flusso elettrico. Esercizi 39. Calcolare il flusso di un campo elettrico uniforme, di modulo | | 200 N/CE

,

attraverso una superficie piana quadrata, di lato 5.00 ml , il cui versore normale forma un angolo di 60.0 con le linee di campo. Calcolare il massimo numero di linee di campo che possono attaversare la superficie, assumendo una linea al metro quadro per rappresentare un campo unitario ortogonale ad essa. Dalla definizione di flusso elettrico abbiamo:

2 3 212

( ) cos60.0 25.0m 200 N/C 5.00 10 Nm /CE A E

che, disegnando linea /m N/C21 1 per attraversamento ortogonale, corrisponde a dire che 5000 linee di campo bucano la superficie quando questa è a 60.0 . Il massimo flusso si ha quando la supericie è posta con la normale parallela al campo elettrico:

2 4 2max( ) cos 0 25.0 m 200 N/C 1.00 10 Nm /CE A E

0 90

cosy

n

E

nE

nE

nE

A

n

E

AA

flussopositivo

flussonegativo

60

En

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182

che corrisponde all’attraversamento di 10000 linee di campo. 40. Una superficie piana è immersa in una regione sede di un campo elettrico uniforme d’intensità 3| | 4.00 10 N/CE

. Si misura che il flusso elettrico massimo

attraverso di essa è 2300 Nm /C . Calcolare l’area della superficie ed il numero di linee che la attraversano quando 20.0 , assumendo come nel precendente esercizio, linea /m N/C21 1 . [R: m 20.0750 ,282 linee ] 41. Una superficie piana di m240.0 viene attraversata da 120 linee di un campo elettrico uniforme, inclinate rispetto alla normale di 30.0 . Sapendo che è stata adottata la convenzione di disegnare una linea al metro quadro per rappresentare un campo unitario ortogonale, si calcolino il flusso elettrico, l’intensità di E

ed il

massimo flusso possibile. [R: Nm /C N/C Nm /C2 2120 ,3.46 ,138 ] 42. Il pianeta Terra possiede una certa carica negativa, a cui corrisponde un campo elettrico uniforme di V/m120 diretto verso il suolo. Calcolare il flusso di tale campo attraverso il tetto di una casa di campagna, sapendo che è inclinato di 35.0 rispetto all’orizzontale e che la pianta dell’edificio è un quadrato di area m2196 . Si orienti la normale in verso uscente dalla casa. [R: Nm /C4 21.65 10 ] 43. Un appezzamento di un ettaro si trova sul fianco di una collina ed in ogni suo punto la diresione della livella da muratore forma un angolo di 75.0 con il filo a piombo. Si calcoli quante linee del campo elettrico terrestre (uniforme di V/m120 diretto verso il suolo) attraversano il campo, nella consueta ipotesi di rappresentare un campo unitario nel SI con una linea al metro quadro. [R: 61.16 10 linee ] Come si procede per il calcolo del flusso se la superficie non è piana? Nel caso generale avremo a che fare sia con superfici non piane sia con campi elettrici aventi direzione ed intensità non costanti. Consideriamo una superficie qualunque S come quella in figura, ed immaginiamola suddivisa in tanti quadrati così piccoli, rispetto alla scala a cui siamo interessati, da far si che essi possano sembrarci delle porzioni di piano al cui interno il campo è uniforme. Assegnato un versore normale ad ogni quadratino, il flusso complessivo si ottiene sommando tutti i flussi elementari che si vengono a definire attraverso i quadretti. Se quindi con l’indice i contrassegniamo i valori del campo iE

, dell’angolo i e dell’area iA

relativi a ciascun quadratino, il flusso elettrico complessivo sarà:

| | cosi i iE A

Il flusso elettrico attraverso una superficie S si indica in maniera compatta tramite la lettera greca phi: ( )S E

. Le sue unità di misura sono quelle di una superficie

moltiplicata per un campo elettrico, (dato che il coseno è un numero puro), quindi: 2N m C . Cosa misura il flusso elettrico attraverso una superficie qualsiasi? Il flusso ( )S E

del campo elettrico attraverso una superficie qualunque S è una

grandezza direttamente proporzionale al numero N di linee di campo che attraversano S . Il flusso è proprio uguale ad N se per superfici piane si sceglie di utilizzare una linea al metro quadro per rappresentare un campo ortogonale di valore unitario di 1N/C .

La Controfisica Si faccia attenzione al termine flusso, che nel liguaggio comune indica lo scorrimento di una sostanza fluida, oppure una corrente di particelle. Qui viene adoperato con un senso differen-te, per descrivere una operazione ma-tematica alla quale non è associato lo scorrimento di alcuna sostanza. In particolare non lo si confonda con il concetto di corrente elttrica che è in-vece relativo allo spostamento colletti-vo di particelle cariche.

E

n

nn

E

E

n

35

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Anche nel caso generale il flusso risulta positivo per le linee che passano la superficie nel senso della normale, negativo per quelle che la passano in verso opposto. Se il numero complessivo di linee che bucano la superficie nel verso della normale è maggiore di quelle che la passano in senso opposto ad essa, il flusso totale è positivo, altrimenti è negativo. Per le superfici chiuse, in base alla convenzione fissata all’inizio del paragrafo, per cui la direzione positiva del versore normale è quella uscente, avremo che linee di campo che escono dal volume racchiuso producono un flusso elettrico positivo in quanto (vedi figura) 10 90 , quindi 1cos 0 , mentre le linee di campo che entrano nel volume racchiuso generano un flusso negativo, dato che in tal caso 290 180 , quindi 2cos 0 . Quindi un flusso positivo attraverso una superficie chiusa indica che le linee uscenti sono di più di quelle entranti. Esercizi 44. Calcolare il flusso elettrico del campo generato da una carica puntiforme

μC1.00Q attraverso una sfera di raggio r centrata sulla carica. Suddividiamo la superficie in quadretti piani: il versore normale risulterà avere direzione radiale. In tale modo cos 1i per ciascuno dei termini della sommatoria che figurano nell’espressione del flusso, da cui:

sfera i 20

1( ) cos

4i i iQ

E A E Ar

avendo sostituito al modulo del campo elettrico la sua espressione 20| | /4iE Q r

che non dipende dalla particolare porzione di superficie sferica ma solo dal raggio della sfera. Raccogliendo a fattor comune i termini che non dipendono dall’indice della sommatoria, e ricordando che la superficie di una sfera di raggio r vale

24iA r , otteniamo:

sfera 20

1 1( )

4 4i

QE A

r

� 20

Q

r �

24 r0

Q

6 2 25

120

1.00 10 Nm Nm1.13 10

C C8.85 10

Q

Possiamo semplificare il calcolo del flusso elettrico attraverso una superficie chiusa? Le linee di campo non possono iniziare o finire in un punto qualsiasi sospeso nello spazio, ma partono dalle cariche positive oppure terminano nelle cariche negative. Essendo il flusso elettrico il conteggio del numero di linee che bucano una superficie, ne segue che il numero di linee di campo che attraversano una superficie chiusa è stabilito solo alle cari-che interne, e quindi anche il flusso elettrico dipende solo da esse. Per dimostrare questa proprietà consideriamo che per ogni linea generata da carica puntiforme esterna ci sono due sole possibilità: o non buca la superficie - e quindi non contribisce al flusso - oppure la buca due volte. In questo secondo caso il contributo al flusso dato dalla linea entrando nella superficie è uguale e di segno opposto rispetto a quello dato uscendo, e quindi ancora nullo. Se la carica puntiforme q è invece interna alla superficie, osserviamo che il numero N di linee di campo che attraversano S è uguale al numero di linee che attraversano una qualunque sfera di raggio r centrata in q . Poiché la sfera è bucata perpendicolarmente dal campo, uniforme su di essa, possiamo calcolare il flusso dovuto a q (e cioè N se

E

n

E

Q

1

22n

2E

1E

1n

q

1 2,

S chiusa

E entrante E uscente

1n

2n

Schiusa

q

E

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184

linea /m N/C21 1 )17 moltiplicando il numero di linee per unità di superficie bucata or-

togonalmente (cioè | |E

) per la superficie 24 r della sfera:

2

2S sfera( ) ( ) | | 44

qE N E E r

r

2

0

4 r 0

q

Il flusso risulta quindi del tutto indipendente dalla forma della superficie, ed ha lo stesso segno della carica interna. Se la superficie racchiude più cariche di segno differente, ciascuna contribuirà a S( )E

con un termine positivo o negativo, della forma / 0q . Questo risulta-

to, che si deve al matematico tedesco Carl Friedrich Gauss (1777-1855), è una diretta con-seguenza della dipendenza del campo E

di una carica puntiforme dall’inverso del qua-

drato della distanza dalla carica. Pertanto la legge di Coulomb può essere enunciata an-che tramite la proprietà di cui gode il flusso di E

attraverso una superficie chiusa, che va

sotto il nome di teorema di Gauss. Teorema di Gauss Il flusso ( )S E

del campo elettrico E

di una distribuzione di cariche 1q , 2q , …, nq

attraverso una qualunque superficie chiusa S , è dato dalla somma delle cariche interne ad S , divisa per 0 , cioè:

interne

0

( ) iS

QE

Il teorema di Gauss permette notevoli semplificazioni nei calcoli del flusso attraverso una superficie chiusa, come si vede nell’esempio che segue. Esercizi 45. Data la distribuzione di cariche a lato vogliamo calcolare il flusso del campo elettrico attraverso le quattro superfici 1S , 2S , 3S , 4S . Si assumano i valori

1 2 0.30 Cq q , 63 2.0 10 Cq , 4 1.0 Cq .

Applicando il teorema di Gauss si dovranno considerare le sole cariche interne a ciascuna superficie:

6 263

1 12 2 20

2.0 10 C Nm( ) 0.23 10

C8.85 10 C /NmSq

E

6 6 262 4

2 12 2 20

0.30 10 C 1.0 10 C Nm( ) 0.079 10

C8.85 10 C /NmSq q

E

2

40

0 Nm( ) 0

CS E

;

6 262

3 12 2 20

0.30 10 C Nm( ) 0.034 10

C8.85 10 C /NmSq

E

.

46. Il flusso del campo elettrico attraverso la scatola in figura avente la forma di un parallelepipedo, risulta essere 5 22.60 10 Nm /C sulla faccia (1), 5 21.80 10 Nm /C

sulle faccia (2), e 5 21.20 10 Nm /C sulle faccia (3). Si calcoli il quantitativo di carica racchiusa nella scatola. Se il volume racchiuso raddoppiasse, di quanto cambierebbe il flusso? [R: μC9.91 ]

17 Per una scelta diversa da 1 linea/m2=1N/C il flusso risulta solo proporzionale ad N, cioè =KN, e di conseguenza E=KN/A con la stessa costante di proporzionalità K. La dimostrazione vale ugualmente es-sendo EA=KN= , ed numero di linee che buca la superficie è ancora uguale a quello che buca la sfera.

La Controfisica Si noti come la scelta che si fa nel SI di misura di complicare la legge di Coulomb ponendo k=1/4πε0, ha il vantaggio di rendere più facile la formulazione del teorema di Gauss facendo semplificare il fat-tore 4π.

1

23

Schiusa

E

r

q

1q

2q

3q

4q

4S

3S

2S

1S

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47. Con riferimento alla figura, sappiamo che μC1 2 1.50q q , e che i flussi

elettrici attraverso le superfici chiuse 1S ed 2S valgono 6 21 0.200 10 Nm /C e

2 12 . Calcolare 3q e 4q . [R: μC μC1.23 , 3.81 ]

48. Le due superfici chiuse 1S ed 2S in figura sono una dentro l’altra, ed il flusso

elettrico attraverso 1S è triplo di quello attraverso 2S : 6 21 23 0.250 10 Nm /C

e μC2 6.60q . Calcolare i valori di 1q e 3q . [R: μC μC2.21 , 8.07 ] Quale validità generale ha il teorema di Gauss? Anche nel caso generale, la dimostrazione del teorema di Gauss sfrutta solamente il fatto che il campo E

dipende dall’inverso del quadrato della distanza dalla sua

sorgente puntiforme. Pertanto esso rappresenta una proprietà valida per tutti i campi radiali con intensità proporzionale a 21/r , anche quelli che non hanno simmetria sferica18. Esercizi 49. Un secchio vuoto ha la forma di un tronco di cono, ed il raggio della sua apertura misura cm20.0 . Esso viene poggiato in una regione dove è presente un campo elettrico costante, d’intensità 31.40 10 N/C , che forma un angolo di 45.0 con la

verticale. Calcolare il flusso di E

attraverso il secchio. Consideriamo il secchio come se fosse un tronco di cono completo del coperchio: trattandosi di una superficie chiusa e priva di cariche al suo interno il teorema di Gauss prevede un flusso nullo attraverso di essa. Pertanto la somma del flusso C attraverso il coperchio, e di quello S attraverso il secchio, deve fare zero:

0C S S C

Facendo riferiento ai versori normali orientati dall’interno all’esterno, come è solito nelle superfici chuse, il flusso attraverso il coperchio si calcola facimente assumendo che esso sia un cerchio di superficie pari all’apertura:

m m2 2 2 2(3.14 0.200 ) 0.126R Considerando che il versore normale al coperchio è l’asse del secchio, e quindi forma col campo un angolo di 45.0 , si ha infine:

Nm NmC C

2 22 3cos 45.0 (1.40 10 0.126 0.707) 125S C E R

50. Si calcoli il flusso del campo elettrico attaverso la sfera in figura di raggio

m2.50R , tagliata a metà da un piano uniformemente carico che abbia μC4.00 su ogni metro quadro di superficie. [R] 51. Il flusso del campo elettrico attraverso una scatola a forma di parallelepipedo risulta essere 5 25.60 10 Nm /C . Si calcoli il quantitativo di carica racchiusa. [R]

18 In particolare il teorema di Gauss si applica al campo gravitazionale 2 ˆ( / ) g GM r r

, formalmente identico ad E

,

dove però il ruolo di 01/4 viene occupato da G e quello delle cariche dalla massa. Da un semplice raffronto si

ha allora: interne( ) 4S ig G M .

R

E

45

( ) 0E

E

n

1q

2q

3q

4q

1S

2S

1q

2q

3q

2S

1S

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52. Una bottiglia vuota e aperta viene posta in una regione dove esiste un campo elettrico costante, d’intensità 31.50 10 N/C . Sapendo che l’apertura della bottiglia ha raggio cm1.20 si calcoli il flusso del campo attraverso di essa nelle tre posizioni in figura, in cui l’asse della bottiglia è: (1) parallelo al campo; (2) perpendicolare al campo; (3) formante un angolo di 60.0 con il campo. [R Nm Nm Nm

C C C

2 2 20.678 , 0 , 0.339 ]

53. Una superficie chiusa a forma di cono equilatero di apotema m35.0d è intercettata, a metà dell’altezza, da un piano parallelo alla sua base, uniformemente carico con μC6.00 su ogni metro quadro di superficie. Calcolare il flusso del campo elettrico attraverso il cono. Di quanto cambierebbe il flusso se il cono fosse appoggiato al piano? [R] 54. Una superficie chiusa è composta da un cilindro equilatero cui è stata rimossa una base e sostituita con una semisfera di raggio m3.00R . Una carica puntifome

μC9.00q si trova al centro della semisfera. Calcolare il flusso del campo elettrico attraverso la parte cilindrica della superficie. [R] 55. Un bastoncino uniformemente carico con μC5.00 su ogni metro di lunghezza, trapassa una superficie cubica di spigolo s lungo la diagonale come in figura. Si misura un flusso del campo elettrico attraverso il cubo di N m /C5 23.50 10 . Calcolare lo spigolo. [R: m0.362 ]

13. Applicazioni del teorema di Gauss

Come si calcola il campo di una distribuzione di molte cariche? La formula di Coulomb permette il calcolo del campo elettrico generato da una carica puntiforme. Quando si ha a che fare con un insieme di cariche puntiformi, il campo elet-trico risultante può essere ugualmente calcolato grazie al principio di sovrapposizione. Nel caso semplice di due cariche, il calcolo del campo risultante E

in un punto P si ese-

gue sommando i due campi 1E

ed 2E

secondo la regola del parallelogramma, come mo-strato in figura. In linea di principio questa tecnica può essere applicata ad un numero ar-bitrariamente grande di cariche, e la sua efficacia risulta limitata solo dalla complessità dei calcoli. In questa ottica un corpo carico può essere visto come un insieme di cariche punti-formi così vicine fra di loro da risultare una distribuzione continua di carica, ed il campo ge-nerato dal corpo può essere calcolato immaginando di scomporre la distribuzione nelle sue componenti puntiformi.

Come dovremmo calcolare il campo generato da un filo di cariche? Ad esempio abbiamo rappresentato il procedimento di suddivisione di un filo sul quale sono uniformemente distribuite delle cariche puntiformi iQ . Nel punto P ognuna delle

iQ dà luogo ad un campo 20( /4 )ˆi i i iE Q r r

secondo la legge di Coulomb, dove ir

è il

vettore (ed i

r il relativo versore) con la coda sulla posizione della carica e la testa nel pun-

to P. Il campo risultante nella posizione P è la somma di tutti i contributi iE

della singole cariche.

1E

= +1 2

E E E

1Q

2Q

2E

R

R

q

s

d

d

1

2

3

E

60

1Q

3Q

4Q

6Q

2E

1E

3E

4E

6E

ir

P

2E = +

1 2E E E

1Q

2Q

1E

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Come dovremmo calcolare il campo generato da un oggetto esteso, carico? Analogamente abbiamo illustrato un accenno di suddivisione per una distribuzione tri-dimensionale di carica su di un oggetto di forma qualunque. Si intuisce però la complessi-tà del procedimento anche solo pensando al fatto che è necessario ripetere la somma vet-toriale di tutti i campi iE

ogni volta che vogliamo conoscere il valore del campo risultan-

te in un qualunque punto P dello spazio. È possibile percorrere una scorciatoia invece di fare questi calcoli? Per oggetti dotati di particolari regolarità, come una sfera, un bastoncino, un piano, si pos-sono risparmiare calcoli osservando che tutte le proprietà di simmetria geometrica di un sistema di cariche, le si devono ritrovare nelle linee di campo elettrico. Infatti il campo di ciascuna carica puntiforme dipende solo dalla distanza dalla carica, e non dalla particola-re prospettiva da cui si guarda la carica stessa: se mi pongo dieci metri ad est di una carica puntiforme Q , rivelo la stesso campo elettrico che rivelerei se mi ponessi dieci metri ad ovest oppure a nord . Di conseguenza: quando accade che cambiando punto di osservazione la distribuzione di cariche ci si pre-senta uguale, anche la misura del campo elettrico nella nuova posizione dovrà dare gli stessi risultati. Quindi, se ad esempio si applica il principio di sovrapposizione ad una distribuzione che appare uguale guardandola da destra e da sinistra, il campo E

dovrà anch’esso essere lo

stesso visto da destra e da sinistra. Ora, in certi casi le possibilità per l’orientazione di E

si restringono al punto che saremo in grado di indovinarne la direzione anche senza effet-tuare alcun calcolo. Quali passi segue questa strategia di calcolo semplificato? Sono sempre tre passaggi che si ripetono: (1) si cerca di “indovinare” la direzione del campo E

da considerazioni di simmetria o

da considerazioni fisiche di carattere generale; (2) si sceglie una superficie chiusa opportuna, che contenga una porzione di carica, e che consenta facilmente il calcolo diretto del flusso di E

attraverso di essa. Il risultato conterrà

il valore incognito dell’intensità del campo; (3) si calcola nuovamente il flusso di E

attraverso la stessa superficie, questa volta però in

modo indiretto, cioè sfruttando il teorema di Gauss. Dal confronto fra i due valori del flusso si ottiene l’intensità del campo. Vediamo nel seguito tre importanti applicazioni di questo procedimento. Come si trova la direzione del campo

E generato da un filo infinito di carica?

Consideriamo un filo rettilineo infinitamente lungo, che sia carico in maniera uniforme per tutta la sua estensione: supporremo che il filo sia carico positivamente. Può sembrare strano che ci si cimenti con un oggetto di estensione infinita: perché non scegliere qualcosa di più semplice come prima applicazione, ad esempio un bastoncino? La risposta è che in verità è esattamente il contrario: la lunghezza infinita semplifica molto i calcoli, che si fa-rebbero più difficili proprio in prossimità degli estremi. Chiaramente nella realtà non si ha mai a che fare con oggetti infiniti, tuttavia il risultato che otterremo potrà essere una effi-cace approssimazione per un filo carico quando si decida di studiarlo ad una distanza così ravvicinata che esso possa apparirci infinitamente lungo. La prima cosa da notare per questa particolare configurazione è che ad un osservatore che cambiasse il punto di vista girando intorno al filo esso continuerebbe ad apparirgli identico. Una tale proprietà viene detta simmetria cilindrica. Supponiamo quindi che un osservatore giri intorno al filo man-tenendosi sempre ad una certa distanza da esso: in base a quanto detto prima, il vettore campo elettrico che egli misura dovrà essere lo stesso. Analogamente il campo E

non

La Controfisica In un filo uniformemente carico, comunque si scelgano due porzioni aventi stessa lunghezza, su ognuna di esse sarà localizzata la medesima quantità carica.

iQ

P iE

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deve variare per un osservatore che cammini parallelamente al filo sempre alla stessa distanza da esso. Dato che non vi sono delle estremità dove il filo termina, un tale osserva-tore vedrà infatti davanti a sé sempre lo stesso filo infinito, e se paradossalmente il campo variasse dovrebbe trovare una spiegazione fisica per questa stranezza. Quali configurazioni del campo soddisfano tali requisiti? Abbiamo ristretto di molto le possibili configurazioni che il campo E

potrebbe avere:

dobbiamo cercare delle linee di campo che siano sempre le stesse ad una fissata distanza dal filo. A ben guardare, ci sono in realtà solo tre possibilità di soddisfare questa richiesta, nella pri-ma delle quali le linee di campo sono circolari concentriche. Si consideri però la situazio-ne dal punto di vista degli osservatori A e B in figura. Entrambi vedono lo stesso filo infi-nito, tuttavia per A il verso del vettore E

guardato dall’alto in basso è antiorario mentre

per B è orario. Una tale discrepanza di osservazioni non è ammissibile, dato che tanto per A quanto per B la situazione rispetto al filo è assolutamente identica. Pertanto, l’ eventua-lità delle linee di campo circolari è da escludere. Una seconda possibilità è quella delle li-nee che formano un angolo fissato con la direzione del filo, in modo che il campoE

as-

suma, come deve, lo stesso valore girando intorno al filo ad una prefissata distanza. Tut-tavia la situazione per gli osservatori A e B non è migliorata: per A le linee puntano verso l’alto, per B verso il basso: si tratta, anche qui, di un disaccordo fra osservatori che condu-cono un esperimento in condizioni identiche e quindi anche questa ipotesi di configura-zione va necessariamente respinta. In effetti l’unica configurazione ammissibile è quello dove le linee di campo sono radiali, E

ha lo stesso valore ad una distanza prefissata e fi-

nalmente dalle prospettive equivalenti dei due osservatori A e B si vede la stessa cosa. Trovata la direzione, come si calcola l’intensità di

E generato dal filo ?

Applicheremo il teorema di Gauss ad una opportuna superficie che sfrutti la simmetria del campo e consenta di calcolare agevolmente il flusso di E

attraverso di essa. La scelta

più comoda è sicuramente quella di un cilindro che ha per asse il filo. Per questa particola-re superficie infatti siamo agevolati dal fatto che il flusso di E

attraverso le due basi 1S

ed 2S vale zero essendo i due versori normali superficie 1n ed 2n ortogonali alle linee di

campo mentre il flusso di E

attraverso 3S risulta essere semplicemente il prodotto dell’intensità che il campo elettrico assume ad una distanza dal filo pari al raggio R del cilindro moltiplicata per la superficie laterale del cilindro. Questo perché il versore nor-male 3n è parallelo ad E

. Se ora con h indichiamo l’altezza del cilindro, con R il raggio

della sua base e con ( )E R il valore che il modulo del campo elettrico assume a distanza

R dal filo, avremo che un calcolo diretto fornisce per il flusso di E

attraverso la superfi-cie del cilindro:

1 2 3Cilindro 0 0 2 ( )S S SE Rh E R

mentre, applicando il teorema di Gauss alla stessa superficie si ha per il flusso:

internaCilindro

0 0

Q hE

dove con si è indicata la quantità di carica disposta su ogni unità di lunghezza del filo, e quindi la carica interna alla superficie sarà la lunghezze dal tratto di filo che sta dentro al cilindro moltiplicata per . Dal confronto dei due risultati si ha:

1n

3n

2n

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0

2 ( )h

Rh E R

da cui semplificando h ed esplicitando ( )E R otteniamo finalmente:

0

( )2

E RR

Come si trova la direzione del campo

E generato da un piano infinito di carica?

Anche un piano infinitamente esteso, con una carica uniformemente distribuita sulla sua superficie (quindi tale che su ogni metro quadro di superficie contiene la stessa quantità di carica), costituisce una situazione fisica solo ideale, con delle caratteristiche di simme-tria che semplificano molto il calcolo del campo elettrico. Il risultato che otterremo potrà approssimare bene il campo E

di una lamina piana ad una distanza così piccola rispetto

alla sua estensione che essa si possa considerare infinita. In figura è schematizzato di ta-glio un piano infinito, uniformemente carico positivamente, in sieme con quattro osserva-tori A, B, C e D posti alla stessa distanza dal piano. Cosa si vede dai punti di vista degli osservatori A, B, C e D? La prospettiva da cui ciascuno di essi osserva è esattamente equivalente. Infatti spostan-dosi parallelamente al piano dalla posizione del signor A a quella del signor B, non essen-doci bordi che delimitano il piano ai quali avvicinarsi, si continua a percepire una esten-sione infinita in tutte le direzioni. Il che esclude situazioni come la (1) in figura, dove il campo elettrico varia spostandosi lungo il piano. Anche osservando il piano dalla posi-zione del signor D le cose non cambiano dato che il piano infinito appare identico da en-trambi i lati. Così si può scartare anche il caso (2) in cui E

assume lo stesso valore a parità

di distanza dal piano, ma non è lo stesso sui due lati. Tuttavia anche configurazioni come la (3) non vanno bene, e lo si capisce considerando il punto di vista del signor C. In assen-za di punti di riferimento esterni, in uno spazio indistinto, senza null’altro che il piano ca-rico, egli si accorge di essere capovolto rispetto agli altri solo se li osserva perché la sua prospettiva del piano è del tutto equivalente a quella di D. Il signor C non può rivelare l’orientazione della sua testa e dei suoi piedi solamente misurando il campo di un piano infinito. Se la soluzione fosse la (3) in figura, gli osservatori equivalenti C e D vedrebbero il primo E

che punto verso i suoi piedi ed il secondo verso la sua testa e non avrebbero al-

cuna spiegazione fisica per tale stranezza. La sola possibilità che consente ai punti di vista equivalenti A, B, C, D di registrare la stessa cosa è la numero (4), con il campo perpendi-colare al piano ed avente la stessa intensità alla stessa distanza da esso. Nel caso di carica positiva la direzione di E

sarà senz’altro uscente, in quanto risultato della somma vetto-

riale degli infiniti campi uscenti da ciascuna delle cariche puntiformi disposte sul piano, ed analogamente sarà entrante nel caso di carica negativa. Trovata la direzione, come si calcola l’intensità di

E generato dal piano ?

Per il calcolo dell’intensità di E

scegliamo una superficie attraverso cui sia semplice cal-colare direttamente il flusso: un cilindro con le basi parallele al piano, posto simmetrica-mente a cavallo del piano stesso. Siano 1S ed 2S le aree delle superfici di base ed 1n ed 2n

i rispettivi versori normali, entrambi paralleli ad E

. Se ora indichiamo con 3S la superfi-cie laterale del cilindro, la direzione ad essa normale varia da punto a punto e quindi non può essere descritta da un unico versore normale 3n . Tuttavia ognuno dei versori 3n si

mantiene sempre perpendicolare alla direzione del campoE

. Il flusso di E

attraverso la superficie del cilindro è costituito dai tre contributi da parte di 1S , 2S ed 3S in cui si può

(1)

?E

(2)

?E

(4)

?E

(3)

E

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190

pensare di scomporre la superficie. Tuttavia il flusso attraverso 3S sarà sempre nullo visto

che, qualunque sia l’intensità di E

sulla superficie laterale, si avrà sempre che il coseno dell’angolo 3 che il campo forma con il versore normale varrà zero, essendo 3 /2 .

Analogamente sulle basi abbiamo che 1 2 0 (da cui 1 2cos cos 1 ) e quin-

di, indicando semplicemente con 1E ed 2E l’intensità del campo sulle due basi:

1 2 3Cilindro 1 1 1 2 2 2 1 1 2 2cos cos 0S S SE S E S E S E S E

Dato che le basi del cilindro sono state poste alla stessa distanza dal piano, per quanto mostrato in precedenza si ha che su di esse il campo elettrico assume lo stesso valore, quindi poniamo senz’altro 1 2E E E , ma anche 1 2S S S dato che le basi hanno

la stessa area, e quindi risulta che Cilindro( ) 2E ES

. Adesso calcoliamo lo stesso flusso sfruttando il teorema di Gauss: dobbiamo fare la somma di tutte le cariche che si trovano dentro al cilindro. Si tratta della quantità di carica Q presente sulla porzione di piano evi-denziata in figura, quantità che dipende chiaramente dall’ampiezza del cilindro. Risulterà pertanto:

Cilindro0

QE

confrontando le due espressioni per il flusso si ottiene 02 /ES Q da cui :

0

1

2

QE

S

Dato che S rappresenta anche l’ampiezza della porzione di piano tagliata dal cilindro, il rapporto /Q S indica la quantità di carica presente per ogni unità di superficie del piano.

Una tale grandezza viene detta densità superficiale di carica, misurata in C/m2 ed indica-ta con la lettera greca sigma (minuscola): /Q S . Introducendo anche la direzione del campo tramite il versore n normale al piano abbiamo:

0

ˆ2

E n

In quali condizioni è lecito applicare questa formula? Come si vede il campo elettrico di un piano infinito uniformemente carico non dipende nemmeno dalla distanza dal piano alla quale ci si pone: nella formula finale tale distanza non figura, né si è mai fatto uso dell’altezza del cilindro in nessuno dei passaggi interme-di. Ricordiamo però che quando si ha a che fare con una lastra piana carica di estensione finita, questo non è più rigorosamente valido, ma è solo un’approssimazione. Infatti, se l’estensione è finita, non si può sostenere che il campo è ovunque perpendicolare al piano che la contiene19, e quindi non è più nullo il flusso attraverso la superficie laterale del ci-lindro. Come si calcola il campo elettrico di un doppio strato? Con il termine doppio strato si intende una distribuzione di carica costituita da due piani infiniti paralleli, affacciati uno di fronte all’altro ed uniformemente carichi con densità su-

19 In particolare non lo è ai bordi della lastra

E

E

1n

3n

3n

2n

3n

3n

S

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191

perficiale uguale in modulo, ma di segno opposto. Volendo ricavare un’espressione per il campo elettrico originato dal doppio strato, non è necessario svolgere dei nuovi calcoli: ci si può servire del risultato appena ottenuto per un piano infinito. Ricordando che il pia-no carico positivamente produce un campo di intensità costante pari a / 02 , diretto dalla superficie del piano verso l’esterno, mentre quello carico negativamente produce un cam-po della stessa intensità ma diretto verso la superficie del piano, avremo che nelle due re-gioni a sinistra ed a destra del doppio strato i due contributi si annullano. La maggiore di-stanza da uno dei due piani in ciascuna di tali regioni non ha infatti alcun effetto, dato che il campo prodotto, come si è visto, non dipende da essa. Questo non sarebbe rigorosa-mente vero nel caso di due lastre piane di estensione finita. Nella zona interna i due con-tributi invece si sommano, producendo un campo risultante di intensità:

0 0 02 2E

diretto dal piano carico positivamente verso il piano carico negativamente, come in figu-ra. Come si calcola il campo

E di una distribuzione di carica a simmetria sferica?

Prendiamo adesso in considerazione una distribuzione uniforme di carica dentro ad una sfera di raggio R. Uniforme vuol dire in questo caso che ogni unità di volume della sfera contiene lo stesso ammontare di carica, quantità che prende il nome di densità di carica , si indica con la lettera greca rho e si misura in C/m3 . Dato che la sfera ha una estensione finita, sarà finito anche l’ammontare complessivo di carica in essa contenuta: lo indiche-remo con Q . In questo modo si ha che la densità di carica si può ottenere semplicemente

dividendo Q per il volume /34 3R della sfera: /3/ (4 3)Q R . Una distribuzione di questo tipo presenta un grado di simmetria molto elevato: se ci si pone ad una fissata di-stanza da essa, da qualunque angolazione la si guardi girandole intorno, appare identica. Saranno pertanto da escludere tutte le orientazioni del campo elettrico che non appaiono immutate movendosi attorno alla sfera. Non si potrà avere quindi né un campo elettrico orientato lungo una direzione costante nello spazio, né linee di campo circolari concentri-che alla sfera, come nei casi (1) e (2) della figura. Infatti i quattro osservatori A, B, C e D vedono una identica distribuzione di carica da punti di vista del tutto equivalenti, e quindi nessuna misura del campo elettrico che essi possono effettuare deve permettergli di distinguere le quattro posizioni. Questa condizione si verifica solamente nel caso (3), quello di linee di campo radiali. Se poi, ipoteticamente, ci potessimo spostare all’interno del-la sfera potremmo ripetere il ragionamento e concludere che anche per distanze dal centro minori del raggio della sfera il campo deve essere radiale. Trovata la direzione, come si calcola l’intensità di

E generato dalla sfera ?

Consideriamo una superficie sferica di raggio r concentrica alla nostra: in questo caso il versore normale sarà sempre parallelo alla direzione di E

. Abbiamo già calcolato in pre-

cedenza il flusso del campo radiale dovuto ad una carica puntiforme posta nel centro di una sfera attraverso la sfera stessa, ed il suo valore era semplicemente il prodotto della superficie della sfera per l’intensità del campo su di essa. Anche in questo caso, vista la di-rezione del versore normale indicata in figura, l’angolo fra E

ed n vale sempre zero e

quindi il suo coseno vale 1. Per avere il flusso di E

è sufficiente moltiplicare la superficie della sfera per l’intensità del campo, quindi 2( ) 4 | |SFERA E r E

. Dal teorema di

Gauss sappiamo anche che / 0( )SFERA intenaE Q

, solo che adesso la carica dentro alla superficie dipende da quanto è grande il suo raggio r rispetto al raggio R della sfera cari-

0E

0E

0

ˆE n

/ 02 / 02

(1)

(2)

?E

?E

E

(3)

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ca. Nel caso in cui r R si ha che la carica interna è tutta la carica Q presente nella sfera e quindi π /2

04 | |r E Q

da cui:

20

4

QE r

r

( )r R

risultato significativo dato che ci dice che il campo di una sfera carica fuori dalla sfera è lo stesso che si avrebbe se tutta la carica fosse concentrata in una particella puntiforme posta nel centro della sfera stessa . Quanto vale il campo dentro alla sfera? Nel caso invece in cui r R la carica interna alla superficie scelta è inferiore alla carica Q che sta complessivamente dentro alla sfera ed il suo ammontare dipenderà da quanto grande è il raggio r , cioè ( )internaQ Q r . Per avere ( )Q r si dovrà a questo punto molti-plicare la carica per unità di volume, per il volume della superficie sferica scelta,

/34 3r il che fornisce:

34( )

3Q r r

sostituendo il valore di trovato in precedenza otteniamo:

/

33

3 3

4( )

3 4 3

Q rQ r r Q

R R

Richiamando ora il risultato precedente per cui /2

04 | | internar E Q

abbiamo:

3

2 2 3 30 0 0

1 1 1| |

4 4 4internaQ r Q

E Q rr r R R

ed in forma vettoriale, analogamente,

304

QE r

R

( )r R

Il campo elettrico dentro alla sfera pertanto, cresce proporzionalmente alla distanza radia-le dal centro r finché non si arriva sulla superficie della sfera, dopodiché decresce pro-porzionalmente all’inverso del quadrato della distanza / 21 r proprio come il campo elet-trico di una carica puntiforme. Esercizi 56. Una sfera di massa g20.0m possiede una carica C66.50 10q positiva. Essa è legata con un filo ad una lastra piana verticale, infinita, uniformemente carica con densità superficiale 2C/m66.50 10 , che forma un angolo con la lastra come in figura. Calcolare l'intensità del campo elettrico della lastra ed il valore dell'angolo

r R

r RR

R

r

n

E

n

n

R r

E

20

4

Q

R

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La sfera si trova in equilibrio sotto l’azione di tre forze: il suo peso, la tensione del filo e la forza elettrostatica qE

, che avendo somma nulla saranno i tre lati di un

triangolo, in questo particolare caso rettangolo, con la tensione per ipotenusa: 0T mg qE

Applicando il teorema della tangente in un triangolo rettangolo, ricordando che per uno strato infinito di carica si ha / 02E

, risulta:

0

2.0tan

2

q E q

mg mg

610 2.0 710

2

128.85 10 2.0 2

0.1210 9.8

arctan(0.12) 6.8

57. Una pallina dotata di carica μC5.60q e massa g4.50m è appesa con un

filo ad un piano infinito orizzontale uniformemente carico con μC/m23.00 . Calcolare la tensione del filo. [R] 58. Calcolare la carica per metro quadro che deve essere uniformemente disposta su di un piano infinito orizzontale in modo che una pallina di massa g4.00m su cui si trova una carica μC6.00q rimanga sospesa a mezz’aria quando si tenta di poggiarla sul piano. [R] 59. Una pallina di massa g5.50m viene appesa con uno spago lungo m1.50 ad un punto di un filo infinito verticale uniformemente carico con densità lineare

μC/m8.00 . Sapendo che all’equilibrio i due fili formano un angolo di 40.0 , calcolare la carica sulla pallina [R]

T

qE

mg

T

qE

mg

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