capitolo iii l'uomo immagine di dio -...

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Capitolo III L'UOMO IMMAGINE DI DIO L’inarrestabile evoluzione della conoscenza scientifica e tecnologica, dell’epoca moderna e contemporanea, ha portato e porta enormi benefici all’umanità. E’ anche vero però che essa ha esercitato un incontrollabile impatto sul creato e sul genere umano: le risposte troppo unilaterali che scienza e tecnologia hanno dato all’uomo, hanno allontanato quest’ultimo da tutti quei valori sapienziali utili per dare risposta alle domenda esistenziali. L'uomo rischia di essere ridotto ad un volto di sabbia sulla spiaggia della storia. Ha cercato di darsi un volto ma si è ricoperto solo di maschere. Oggi più che mai la proposta antropologica del cristianesimo che interpreta l’uomo come immagine di Dio, se correttamente proposta, può aiutare l’umanità del terzo millennio a scoprire la bellezza e l’unicità dell’esistenza . III.1. L’imago dei nell’AT La categoria dell’imago dei è il nucleo fondamentale dell’antropologia veterotestamentaria. E’ la chiave interpretativa per la comprensione della natura umana. “Il mistero dell’uomo non può essere compreso separatamente dal mistero di Dio”. 1 Per essere precisi la Bibbia non contiene tracce di un'antropologia sistematica, eppure le pagine sacre altro non sono che la storia di amore, amicizia, fedeltà tra due persone: Dio e l'uomo. Attorno ad essi ruota tutta la storia della salvezza. “Nella Bibbia, e dunque nell'esperienza che riporta, l'uomo scopre se stesso, per quanto riguarda i più profondi elementi della sua personalità e del suo compito nel mondo alla luce di Dio”. 2 Alla luce della fede in Dio, dell'esperienza dell'Alleanza e della propria salvezza, l'uomo biblico ha una percezione di sé molto precisa e chiara. Le pericopi veterotestamentarie in cui compare il tema dell'imago dei non sono numerose, il loro numero è inversamente proporzionale alla sua importanza. Così: Gen 1,26s: E Dio disse: facciamo l’uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza... e Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò”; Gen 5,1.3: “... Quando Dio creò l’uomo, lo fece a somiglianza di Dio; maschio e femmina li creò... Adamo... generò a sua immagine, a sua somiglianza, un figlio e lo chiamò Set”; Gen 9,6: “Chi sparge il sangue dell’uomo dall’uomo il suo sangue sarà sparso, perché ad immagine di Dio Egli ha fatto l’uomo”. Il tema appare anche in due testi dei libri sapienziali: Sap 2,23: Sì, 1 COMMISSIONE TEOLOGICA INTERNAZIONALE, La persona umana creata a immagine di Dio, Città del Vaticano 2002. 2 AAVV, Antropologia Cristiana .Bibbia, Teologia, cultura,Roma 2001, p.165.

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Capitolo III

L'UOMO IMMAGINE DI DIO

L’inarrestabile evoluzione della conoscenza scientifica e tecnologica, dell’epoca moderna e contemporanea, ha portato e porta enormi benefici all’umanità. E’ anche vero però che essa ha esercitato un incontrollabile impatto sul creato e sul genere umano: le risposte troppo unilaterali che scienza e tecnologia hanno dato all’uomo, hanno allontanato quest’ultimo da tutti quei valori sapienziali utili per dare risposta alle domenda esistenziali. L'uomo rischia di essere ridotto ad un volto di sabbia sulla spiaggia della storia. Ha cercato di darsi un volto ma si è ricoperto solo di maschere. Oggi più che mai la proposta antropologica del cristianesimo che interpreta l’uomo come immagine di Dio, se correttamente proposta, può aiutare l’umanità del terzo millennio a scoprire la bellezza e l’unicità dell’esistenza . III.1. L’imago dei nell’AT La categoria dell’imago dei è il nucleo fondamentale dell’antropologia veterotestamentaria. E’ la chiave interpretativa per la comprensione della natura umana. “Il mistero dell’uomo non può essere compreso separatamente dal mistero di Dio”.1 Per essere precisi la Bibbia non contiene tracce di un'antropologia sistematica, eppure le pagine sacre altro non sono che la storia di amore, amicizia, fedeltà tra due persone: Dio e l'uomo. Attorno ad essi ruota tutta la storia della salvezza. “Nella Bibbia, e dunque nell'esperienza che riporta, l'uomo scopre se stesso, per quanto riguarda i più profondi elementi della sua personalità e del suo compito nel mondo alla luce di Dio”.2 Alla luce della fede in Dio, dell'esperienza dell'Alleanza e della propria salvezza, l'uomo biblico ha una percezione di sé molto precisa e chiara. Le pericopi veterotestamentarie in cui compare il tema dell'imago dei non sono numerose, il loro numero è inversamente proporzionale alla sua importanza. Così: Gen 1,26s: “E Dio disse: facciamo l’uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza... e Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò”; Gen 5,1.3: “... Quando Dio creò l’uomo, lo fece a somiglianza di Dio; maschio e femmina li creò... Adamo... generò a sua immagine, a sua somiglianza, un figlio e lo chiamò Set”; Gen 9,6: “Chi sparge il sangue dell’uomo dall’uomo il suo sangue sarà sparso, perché ad immagine di Dio Egli ha fatto l’uomo”. Il tema appare anche in due testi dei libri sapienziali: Sap 2,23: “Sì,

1 COMMISSIONE TEOLOGICA INTERNAZIONALE, La persona umana creata a immagine di Dio, Città del Vaticano 2002. 2 AAVV, Antropologia Cristiana .Bibbia, Teologia, cultura,Roma 2001, p.165.

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Dio ha creato l’uomo per l’immortalità; lo fece a immagine della propria natura”; Sir 17,3: “Secondo la sua natura li rivestì di forma, a sua immagine li formò”. Il più importante, attorno a cui tutti gli altri ruotano, è naturalmente Gen 1,26 In verità la tematica dell’imago dei non è una peculiarità biblica, essa è comune al pensiero del vicino oriente antico secondo cui il re era immagine di dio sulla terra. Il racconto genesiaco però, utilizzando il termine Adam, espande il concetto a tutto il genere umano . Soffermiamoci su alcuni aspetti. Na’aseh (Facciamo) v.26a

Son state fatte varie ipotesi interpretative: nella chiesa patristica si spiegò questo plurale attribuendolo alla Trinità; per molti autori è un residuo delle religioni politei-stiche, per altri ancora è riferito a eloim, un termine plurale. Un’altra interpretazione considera il verbo come una formula retorica tipica dei prîncipi e dei re che parlano di fronte alla loro corte, in mezzo ai loro ministri e dignitari. Infine il plurale con cui Dio parla sarebbe interlocutorio, colloquiale, come tale già includente l’essere uma-no: Dio gli si rivolge proprio per far sì che esista.

Adam …v. 26a Il termine indica tutto il genere umano. L'autore evita la parola nephes hayya, essere vivente riferito all'uomo per distinguerlo dagli altri animali; non è fatto secondo la specie: l'uomo è uno come uno è Dio. Tselem demut (Immagine e somiglianza) v.26b 1. Il termine ebraico tselem,3 significa immagine, raffigurazione, statua. Ricorre nell'AT in 17 testi dove quasi sempre deriva da sel ombra. A parte i Salmi negli altri testi esso indica: - una raffigurazione a scopo cultuale: Ez 7,20;16,17; 23,14 - immagine religiosa: 1 Sam 6,5.11; 2Re11,18; Am 5,26. Nei testi genesiaci esso è sempre preceduto da una preposizione (be o ke) che sottolinea il suo carattere figurativo, per cui il termine perde il senso fisico e primario di statua: l’uomo non è una riproduzione di Dio, ne è l’immagine, non in senso figurato ma morale e teologico. Il primo si riferisce all’alta dignità di cui gode la persona, il secondo esprime l’origine principale della natura umana: non proviene dal basso, ma dall’alto ed è imparentata con il mondo divino. L'espressione indica quindi che l'essere umano è l'unico veramente simile al creatore. Non a caso la cultura giudaica collega al termine immagine, Logos e Sapienza. 2. La parola demut =somiglianza ricorre 25 volte indica sopratutto l'apparenza di una cosa rispetto ad un altra che sarebbe il modello.

3 In greco è tradotto con εικον.

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Quale è il suo significato? Il testo di riferimento è Gn 3,22. Ci sono varie interpretazioni. La prima considera il termine come sinonimo di immagine (Selem; in Gen 5,1.3; 9,6). Una seconda interpretazione legge nella somiglianza con Dio la capacità di conoscere il bene e il male. “Questa frase idiomatica può essere presa nel suo senso generale, come indicante l'attività della ragione adulta. Ne consegue che l'uomo riproduce in sé le sembianze divine sopratutto in quanto essere intelligente. Questa intelligenza è intimamente unita alla capacità di scelta.”4 . Ma è possibile anche una terza interpretazione: somiglianza indica la relazione per la quale un oggetto si considera simile ad un altro. Nel testo genesiaco indicherebbe quindi la capacità dell’uomo di essere partner del suo creatore. Quale è il senso profondo di essere a Immagine di Dio? Ci sono state numerose spiegazioni, frutto di un ampio dibattito. Le più comuni sono: a. interpretazione ontologica: l'uomo nella sua natura ha qualcosa che è come Dio, 'qualcosa' che Dio stesso possiede, e così si è parlato di affinità fisica o di somiglianza spirituale; dotato di intelligenza e volontà il testo esalta la dignità dell'uomo per la sua valenza ontologica e per l'opera. b. l'interpretazione funzionale: l'uomo è chiamato ad assolvere nel mondo un ruolo particolare: egli è il mandatario di Dio, destinato a conservare e diffondere il suo dominio. Secondo il nostro parere le due posizioni non sono alternative ma complementari: solo perché ontologicamente superiore Dio ha potuto affidare all'uomo la sua missione e, contemporaneamente attraverso la custodia dell'universo che l'uomo è stato capace di scoprire la sua vera identità. Ci piace citare in merito una distinzione tra ‘creatore’ e ‘artefice’ che il Beato Giovanni Paolo II fece nella sua Lettera agli Artisti: “Qual è la differenza tra « creatore » ed « artefice? » Chi crea dona l'essere stesso, trae qualcosa dal nulla — ex nihilo sui et subiecti, si usa dire in latino — e questo, in senso stretto, è modo di procedere proprio soltanto dell'Onnipotente. L'artefice, invece, utilizza qualcosa di già esistente, a cui dà forma e significato. Questo modo di agire è peculiare dell'uomo in quanto immagine di Dio… Dio ha, dunque, chiamato all'esistenza l'uomo trasmettendogli il compito di essere artefice”5. Maschio e femmina li creò v.26c Un’ ultima riflessione riguarda la sessualità umana. Il primo racconto genesiaco racconta della creazione dell'uomo come maschio e femmina: la distinzione e polarizzazione dei due sessi è attribuita a Dio ed è l'essenza dell'essere umano. Non si può immaginare un'eventuale essenza dell'uomo fuori dall'esistenza dell'essere umano in due sessi. Questo racconto è, in un certo senso, una teologia correttiva nei confronti di quel pensiero che vedeva la

4 I. SANNA, p.145 5 GIOVANNI PAOLO II, Lettera agli Artisti, 4.4.1999, OR 24.4.1999.

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donna inferiore rispetto all'uomo, l'adam è essenzialmente duale, come se la totalità dell'essere umano consisterebbe nell'essere uomo e donna. III.2. L’Imago Dei nel NT In ambito neotestamentario abbiamo una rielaborazione cristocentrica della categoria dell’immagine. I testi principali appartengono alla letteratura paolina e giovannea. In tutti l’accento è posto sull’identità perfetta fra l’eikon e il prototipo, cioè tra Cristo e Dio. I passi paolini sono Colossesi 1, 15 e 2Cor 4,4, entrambi recitano «Cristo è l’immagine di Dio». Cristo è definito, perciò, in greco con l’eikon tho theu, per esprimere la perfetta identità tra i due termini, tra l’immagine e la realtà, tra Cristo e Dio6. Definizione che coincide con il significato dei passi giovannei: «chi ha visto me, ha visto il Padre»7, e «chi vede me, vede colui che mi ha mandato»8, che esprimono ugualmente la perfetta identità di natura tra il Cristo e il Padre. III.3. Il tema dell’immagine e somiglianza di Dio nei Padri La categoria dell’imago dei ha avuto un profondo sviluppo nella teologia patristica, se pur non attraverso trattati sistematici ma nelle catechesi e nella predicazione liturgica. Qui tentiamo una breve sintesi di tale preziosa teologia ponendo, in modo trasversale, alcune domande: sebbene insifficiente ci permetterà di avere una visione d’insieme della riflessione degli antichi padri. 1. Qual’è il prototipo: la Trinità o il Verbo incarnato? Per i Padri c’è un processo di crescita nell’assomigliarsi a Dio, tanto a livello storico (il cui culmine è Cristo), come a livello individuale. La prima fase di questo processo è chiamato “immagine”, il culmine “somiglianza”. Il rappresentante più importante della teologia patristica sarà Ireneo, il quale considera Cristo come modello, non semplicemente il Verbo incarnato, ma la sua carne gloriosa, l’umanità divinizzata di Gesù nella sua risurrezione. Per il padre lionese l'originale è il Verbo incarnato, immagine visibile del Padre invisibile. Ireneo prende posizione nei confronti degli gnostici, ribadendo l'unità della 'carne' con 'lo spirito'.Cristo, il Verbo incarnato è Dio e uomo 'pienamente' non un'entità celeste e mitica. “Nei tempi passati si diceva bensì che l'uomo è stato fatto a immagine di Dio, ma non appariva tale, perché era ancora invisible il Verbo...Ma quando il Verbo di Dio 6 Nel vocabolario paolino, oltre ad eikon, ricorre anche il termine morphé, forma ( Fil 2,6). Come forma di Dio Gesù è la rappresentazione visibile del Padre. 7 Gv 14,9. 8 Gv 12,45.

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si fece carne...mostrò veramente l'immagine, divenendo egli stesso ciò che era la sua immagine”. (Adversus Haereses V, 16,2). Un’altro grande padre, Tertulliano, analizza il problema da una prospettiva nettamente cristologica “In tutto ciò che nel fango si veniva esprimendo era a Cristo che si pensava”(De resurrectione carnis 6,3-4). “Il creatore contemplando Cristo, che sarebbe stato uomo, disse:'facciamo l'uomo a immagine e somiglianza nostra'” (Adv.Marcionem V,8,1) A differenza di Ireneo e Tertulliano, Origene, privilegia l'aspetto 'spirituale': l'originale è il Verbo invisibile, il Logos preesistente. “Se è immagine del Dio invisibile, è immagine invisibile”. “Il Padre, il Dio vero, il Dio-in-sè, sta alla sua immagine...come il Logos in sé sta al logos che è in ciascun essere dotato di logos”.(Commento a Giovanni II,2). 2) Chi è il soggetto della somiglianza: l’anima o tutto l’uomo? Ireneo difende l'unità dell'uomo, per cui è tutto l'uomo ad essere immagine di Dio. Anima , spirito e corpo, presi isolatamente non sono che parti della totalità (unità). “E' l'uomo totale l'oggetto della salvezza voluta da Dio”.(Adv.Haer.V,6,1). Ireneo struttura una vera e propria sarcologia ovvero una riflessione sull'importanza della carne. Il padre cartaginese, da parte sua, completa la riflessione iniziata da Ireneo impostando una teoria a 'partire' dalla carne' che lo porterà ad affermare: “La carne è il cardine della salvezza” (De resurrectione 8,2-3). Da parte sua Origene costruisce una teoria diametralmente opposta alle precedenti: L'immagine è nell'anima. Egli non rigetta il corpo come se fosse fonte di ogni corruzione e male, ma sottolinea la dignità dell'uomo a immagine nell'incorporeità del noûs. Solo l'intelletto può conoscere Dio e quindi assimilarsi all'oggetto conosciuto. Nella sua omelia sulla Genesi afferma:

“Quest'uomo che la scrittura dice 'fatto a immagine di Dio', non l'identifichiamo con l'uomo corporale .Non la figura corporale ha in sé l'immagine di Dio; d'altro canto, dell'uomo corporale non si dice che è stato fatto, bensì plasmato...quello che è stato fatto a immagine di Dio è il nostro uomo interiore, invisibile, incorporale, incorrotto e immortale”.

La Teologia scolastica seguirà principalmente Agostino (il prototipo è la Trinità; il soggetto è l’anima). L'immagine è nelle facoltà dell'uomo che rimandano alla Trinità: Memoria,intelligentia, voluntas San Tommaso tratta il tema dell'Immagine in tre opere in particolare: 1.Commento delle Sentenze; 2.De Veritate; 3.Somma teologica Noi ci soffermiamo sulla questio 93 della Summa.

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Tutta la creazione porta l'impronta del creatore a titolo di vestigia:mostra la propria causa.

“Ora è chiaro che nell'uomo vi è somiglianza con Dio, dipendente da lui come da suo esemplare : ma non è una somiglianza di uguaglianza , perchè, l'esemplare supera all'infinito la copia. Perciò si dovrà dire che nell'uomo vi è un'immagine di Dio non già perfetta bensì imperfetta”

Ci sono vari gradi di qualità dell'immagine: “Perciò l'immagine di Dio nell'uomo si può considerare sotto tre aspetti. Primo, in quanto l'uomo ha l'attitudine naturale a conoscere e amare Dio: e questa attitudine consiste nella natura stessa della mente, che è comune a tutti gli uomini. Secondo, in quanto l'uomo conosce e ama Dio in maniera attuale o abituale però in modo imperfetto: è questa l'immagine dovuta alla conformità della grazia .Terzo, in quanto l'uomo conosce e ama Dio in maniera attuale e perfetta: e questa è l'immagine secondo la somiglianza della gloria”.

In sintesi: 1.L'uomo è immagine di Dio in quanto ha l'attitudine naturale a conoscere e ad amare Dio. E' comune a tutti gli uomini perché è un'attitudine sita nella mente; 2.L'uomo conosce e ama Dio in maniera abituale ma in modo imperfetto: é l'immagine dovuta in conformità della grazia. E' dei giusti 3.L'uomo conosce e ama Dio in modo perfetto secondo la somiglianza della gloria. 4.E' la possibilità di conoscere pienamente Dio. Appartiene all'ordine della creazione, perché è propria della creatura, ma è anche soprannaturale in quanto supera la capacità naturale dell'uomo. Si realizza nella beatitudine 3.4. L’«imago Dei» nel Concilio Vaticano II e nella teologia di oggi Il Vaticano II ha richiamato fortemente la categoria dell’Imago dei nella Costituzione Pastorale Gaudium et Spes. Essere immagine di Dio consiste nel fondamentale orientamento dell’uomo verso Dio (GS 12) Alla base dell’insegnamento conciliare c’è la determinazione cristologica dell’immagine: è il Figlio a dare all’uomo una risposta agli interrogativi sul significato della vita e della morte (GS 41). Sono i santi ad essere pienamente trasformati nell’immagine di Cristo (cfr Cor 3,18); in loro, Dio manifesta la sua presenza e la sua grazia come segno del suo regno (GS 24). Partendo dalla dottrina dell’immagine di Dio, il Concilio insegna che l’attività umana rispecchia la creatività divina che ne rappresenta il modello (GS 34) e che essa va orientata verso la giustizia e la comunione per promuovere la formazione di una sola famiglia nella quale tutti possano essere fratelli e sorelle (GS 24).

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L’interesse per la categoria dell’imago Dei rinnovato dal Vaticano II si riflette anche nella teologia contemporanea, si stanno sviluppando diverse teorie. Una di queste riguarda le connessioni tra antropologia e cristologia. Una seconda linea di ricerca riguarda il carattere dinamico dell’imago Dei. “Senza negare il dono rappresentato dalla creazione originaria dell’uomo a immagine di Dio, i teologi vogliono riconoscere la verità che, alla luce della storia umana e dell’evoluzione della cultura umana, l’imago Dei può essere considerata, in un senso reale, ancora in divenire”9. Un ulteriore filone di ricerca riguarda la connessione tra antropologia e teologia morale: l’uomo, nel suo stesso essere, possiede una partecipazione alla legge divina. Questa legge naturale orienta le persone umane verso la ricerca del bene nelle loro azioni. Infine l’imago Dei ha una dimensione teleologica ed escatologica che definisce l’uomo come homo viator, orientato alla parousia e al futuro assoluto.

9 COMMISSIONE TEOLOGICA INTERNAZIONALE, La persona umana.., o.c.37.

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ALLEGATO 1 LA CREAZIONE DI ADAMO DI MICHELANGELO E L’OPERA DI ROTHKO: UN POSSIBILE CONFRONTO Tra le raffigurazioni iconiche più famose che rispondono alla domanda: Chi è l’uomo? sicuramente possiamo citare la ‘Creazione di Adamo’, particolare della meravigliosa opera che Michelangelo affrescò nella Cappella Sistina. E’ un affresco di 280x570 che il Buonarroti dipinse nella volta della Cappella del Papa Giulio II verso il 1511. E’ ormai una delle icone più note e celebrate dell'arte universale, oggetto di innumerevoli citazioni, omaggi e riferimenti. Da essa traspare la teologia e l’antropologia proprie del 400 e dell’umanesimo.

La composizione mostra due forme, una incompleta a sinistra che suggerisce la curva della Terra, ove giace Adamo, e l’altra a destra, piu’ completa ove il Signore Dio fluttua insieme agli Angeli. Sono speculari e identificabili attraverso una linea diagonale. Al centro dello spazio vuoto, quasi come fulcro di tutta la figura, abbiamo il famoso punto di contatto tra Dio ed Adamo: quelle due dita che si sfiorano ma non si toccano, sono il simbolo della forza vitale che il Creatore passa alla propria Creazione. Fissiamo l’attenzione anzitutto sulla parte terrestre, sul corpo di Adamo: il modo in cui e’ posizionato, una lunga linea continua che dal piede destro sale fino alla spalla, quel braccio incurvato e quella mano ancora racchiusa indicano l’assenza totale di vitalità e si oppongono all’altra metà del corpo che sta diventando vivo. Ora spostiamo l’attenzione sulla seconda parte della raffigurazione: è stata da più parti indicata una sorprendente somiglianza con il cervello umano. Questa

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similitudine è stata posta in rilievo nel 1990 dal neurologo Frank L. Meshberger.10 su JAMA. Gli angeli che circondano Dio creano un'immagine che rimanda ad una visione del cervello in sezione sagittale. Sono condivisibili le parole di Meshberger, secondo cui "il punto importante, tuttavia, non è identificare le fini strutture neuroanatomiche nell'affresco, ma riconoscere che l'immagine più ampia che circonda Dio ricorda quella di un cervello. Michelangelo vuole significare che ciò che Dio sta dando ad Adamo è l'intelletto, che permette all'Uomo di pensare il meglio e il sommo e di metterne a frutto i talenti ". La seconda opera che analizziamo è ‘Orange yellow’ di Mark Rothko.

M. Rothko, Orange and Yellow, 1955. La pittura non-figurativa Rothko, è abitata dal desiderio di andare oltre la forma, per riconoscere l’essenziale, per rendere visibile l’invisibile. Rothko ha dipinto due rettangoli di colore, perfettamente frontali e dai bordi vaghi e sottilmente modulati, che sembrano navigare in un universo esclusivamente visuale. Modulazioni di colori quasi impercettibili sembrano illuminate dalla luce del giorno ed irradiare verso

l’esterno, come se una luce provenisse dall’interno. Qui, tutto è sospeso. Si tratta di apparizioni lente e incerte che attirano lo spettatore attento in uno spazio di meditazione, come rivelato. Sono come porte aperte su di un al di là, veli di

10 FL. MESHBERGER, An interpretation of Michelangelo's Creation of Adam based on neuroanatomy, in JAMA 1990 Oct 10;264(14):1837-41.

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meditazione, icone di contemplazione, tende colorate che dissimulano il divino. E’ necessario scendere quindi nel messaggio che l’artista ci vuole trasmettere, e non limitarsi, come pure alcuni fanno, a sottolineare che l’ebraismo in Rothko emerge già nel fatto di avere scelto la strada dell’astrazione, mettendosi così al riparo dalle indicazioni contenute nel 2° comandamento (“Non ti farai immagine”). I due rettangoli di colore non non hanno contorni netti e ben definiti. Il messaggio che trasmettono non è di un universo ben ordinato e diviso fra concetti o persone diverse e distinte fra loro; al contrario, esiste sempre un confine labile in cui il colore della losanga si mischia con quello dello sfondo senza perdere la propria identità. Una linea d’ombra tra le due diverse realtà. Rothko pone in risalto tutte queste differenze cromatiche, di modo che le losanghe e ciò che rappresentano si trovano a interagire fra loro quasi fossero contrapposte. L’opera è frutto quindi del confronto fra persone diverse che non si snaturano in questo loro dialogo ma mantengono la loro diversità. Si tratta evidentemente di un’impostazione molto legata al procedere talmudico, in cui la diversa e ben motivata opinione è un bene prezioso che arricchisce l’analisi. Il quadro è incorniciato da una terza scia di colore, ci piace collegarci all’interpretazione medioevale delle raffigurazioni sacre in cui il bordo, la merlatura che cingeva, come le mura di cinta di una città i personaggi, rappresentava simbolicamente l’ingresso di Dio che si rivelava nella Storia dell’uomo. Con una interpretazione probabilmente troppo personale, osiamo rapportare questa opera a quella michelangiolesca: in entrambi sono i due mondi, quello dell’uomo e quello del totalmente Altro che si affiancano: seppure l’uno è conseguenza dell’atto creativo dell’altro mantiene la sua totale autonomia e peculiarità, eppure è immagine speculare dell’altro.

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