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CAPITOLO 1 IL MODELLO CIRCUITALE Pagina 1.1 Introduzione 1 1.2 I circuiti 4 1.3 La carica elettrica 10 1.3.1 Legge della conservazione della carica elettrica 12 1.4 La corrente elettrica 14 1.4.1 Legge della conservazione della carica per sistemi elettricamente aperti 19 1.5 La tensione elettrica 23 1.5.1 Legge dell’induzione elettromagnetica (legge di Faraday- Neumann) 25 1.6 Il modello circuitale 27 1.6.1 Bipolo, corrente e tensione 28 1.6.2 Leggi di Kirchhoff 40 1.7 Potenza e energia elettrica 50 1.8 Bipoli elementari 53 1.8.1 Resistore lineare 54 1.8.2 Generatore ideale di tensione e di corrente 60 1.8.3 Corto circuito e circuito aperto 63 1.8.4 Interruttore 64 1.8.5 Resistori non lineari 65 1.8.6 Bipoli statici passivi e attivi 67 1.8.7 Condensatore 67 1.8.8 Induttore 72 1.8.9 Generatori “reali” 78 G. Miano, Introduzione ai circuiti

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CAPITOLO 1

IL MODELLO CIRCUITALE

Pagina

1.1 Introduzione 11.2 I circuiti 41.3 La carica elettrica 10

1.3.1 Legge della conservazione della carica elettrica 121.4 La corrente elettrica 14

1.4.1 Legge della conservazione della carica per sistemielettricamente aperti

19

1.5 La tensione elettrica 23 1.5.1 Legge dell’induzione elettromagnetica (legge di Faraday-

Neumann)25

1.6 Il modello circuitale 27 1.6.1 Bipolo, corrente e tensione 28 1.6.2 Leggi di Kirchhoff 40

1.7 Potenza e energia elettrica 501.8 Bipoli elementari 53

1.8.1 Resistore lineare 54 1.8.2 Generatore ideale di tensione e di corrente 60 1.8.3 Corto circuito e circuito aperto 63 1.8.4 Interruttore 64 1.8.5 Resistori non lineari 65 1.8.6 Bipoli statici passivi e attivi 67 1.8.7 Condensatore 67 1.8.8 Induttore 72 1.8.9 Generatori “reali” 78

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1.1 Introduzione

L’interazione elettromagnetica è una delle quattro interazioni fondamentaliattualmente conosciute. Essa è presente ogniqualvolta si hanno cariche elettricheferme e/o in moto, e si manifesta in svariati modi e su distanze che vanno daquelle che si hanno tra i costituenti elementari degli atomi fino a quelleintergalattiche. La struttura atomica, i legami chimici, la trasmissione degliimpulsi nervosi, i fulmini, i pezzi di carta attratti da un astuccio di plasticadopo che è stato strofinato, i chiodi di ferro attratti da una calamita, la luceemessa dal sole o da una stella sono solo alcune delle tante manifestazioni diquesta interazione che si osservano in natura.Con elettricità intenderemo tutti quei fenomeni fisici “macroscopici” checoinvolgono cariche elettriche, ferme e in moto, le loro interazioni, nonché glieffetti delle loro interazioni.Partendo dalla conoscenza delle leggi dell’interazione elettromagnetica,l’ingegno umano, attraverso complesse e sofisticate apparecchiature, è riuscito a“imbrigliare” l’elettricità. Ciò ha consentito la realizzazione di sistemi, basatisull’elettricità, per:

• il trasporto e la distribuzione dell’energia;• la trasmissione e l’elaborazione delle informazioni;• il monitoraggio e controllo di processi.

Questi sistemi hanno determinato lo sviluppo sociale ed economico del mondooccidentale a partire dalla seconda metà del XIX secolo. Qui di seguitoparleremo brevemente di essi.Attraverso le correnti elettriche è possibile trasportare energia, sotto forma dienergia elettrica, con estrema semplicità, grande efficienza e impattoambientale del tutto irrilevante. Nelle centrali di produzione l’energia che sisviluppa dalla caduta di acqua (nelle centrali idroelettriche), dalla combustione(del petrolio, gas metano, carbone nelle centrali termoelettriche) o dallareazione di fissione nucleare (dell’uranio o del plutonio nelle centrali nucleari)viene convertita in energia elettrica da apposite macchine che prendono il nomedi alternatori. Anche l’energia trasportata dalla luce del sole (anche essa dinatura elettromagnetica), può essere trasformata direttamente in energiaelettrica attraverso l’effetto foto voltaico (celle solari) 1. L’energia elettrica,

1 Le celle solari, che usano l’effetto fotovoltaico per produrre energia elettrica, non fannoaltro che trasformare, attraverso un processo fisico estremamente complesso, parte

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così prodotta, viene trasportata e distribuita attraverso una fitta e complessa retedi conduttori in tutti i luoghi in cui essa necessita (reti ferroviarie,metropolitane, industrie, uffici, stazioni per le telecomunicazioni, laboratori,ospedali, scuole, università, abitazioni), dove viene impiegata per farefunzionare apparati di svariata natura (la locomotiva di un treno, la stazionetrasmittente di un canale televisivo, il computer che abbiamo sulla scrivania, iltelefono portatile che abbiamo in tasca, il frigorifero, il televisore, ... ).Tipicamente una centrale per la produzione di energia elettrica è in grado diprodurre, almeno come ordine di grandezza, l’equivalente del fabbisognoenergetico medio di milioni di abitazioni ad uso civile. Provate a immaginarequanto sarebbe lo spreco di energia e quale sarebbe l’impatto ambientale se nonfosse possibile trasportare energia sotto forma di energia elettrica, e quindiciascuno utente fosse costretto a produrla in proprio in prossimità della propriaabitazione. Anche nelle auto, navi, aerei ci sono macchine che convertono partedell’energia prodotta dai motori in energia elettrica, e reti di conduttori più omeno complesse che trasportano l’energia elettrica nei luoghi dove serve.Attraverso l’elettricità è possibile rappresentare suoni e immagini con unelevato grado di accuratezza. I suoni e le immagini così rappresentati possonoessere:

• elaborati attraverso apparati elettronici;• registrati su supporti magnetici, ottici, ferro elettrici, a semiconduttore;• diffusi in ambienti di qualsiasi tipo e dimensione;• trasmessi su distanze, oramai, interplanetarie.

Si pensi, ad esempio, ad un sistema costituito da un lettore di compact disk,amplificatore e casse acustiche, o al sistema di diffusione delle trasmissioniradio e televisive, o a una rete per la telefonia (sia fissa che mobile), o a unsistema di trasmissione di immagini e suoni via satellite.In realtà, attraverso l’elettricità è possibile rappresentare, elaborare etrasmettere informazioni di qualsiasi tipo: basti pensare alle informazioni chesono elaborate da un qualsiasi microprocessore di un qualsiasi calcolatoreelettronico, o che viaggiano in internet. Oramai attraverso un qualsiasicalcolatore è possibile elaborare anche suoni e immagini !!!

dell’energia trasportata dal campo elettromagnetico associato alla luce del sole, che oscillasinusoidalmente con frequenze dell’ordine di 1014 Hz, in lavoro di un campo elettricostazionario.

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Utilizzando l’elettricità è possibile anche controllare processi di svariato tipo.Attraverso dei sensori le grandezze di interesse del processo da controllarevengono monitorate. I sensori trasducono le grandezze da monitorare (adesempio, posizioni relative, velocità, pressioni, temperature, ...) in segnalielettrici. Questi segnali vengono trasmessi attraverso cavi e/o antenne (anche viasatellite) ad uno o più calcolatori che li elaborano e adottano tutte le “decisioni”necessarie perché siano rispettate le specifiche del processo. Le decisioniadottate, che sono anche esse rappresentate da segnali elettrici, sono inviateattraverso cavi e/o antenne (anche via satellite) agli attuatori. Gli attuatori(elettrovalvole, motori, lampade di segnalazione, interruttori, ...) sono apparatiin grado di realizzare le operazioni richieste sul processo perché le specifichesiano rispettate. Queste operazioni possono essere più o meno complesse e illoro svolgimento può richiedere anche del lavoro (meccanico o di altra natura).In tutte queste applicazioni l’elettricità è “governata” da sistemi moltoparticolari e estremamente complessi che prendono il nome di circuiti (elettrici,elettronici). Un circuito è un’interconnessione di componenti (elettrici,elettronici).

1.2 I circuiti

I componenti (elettrici, elettronici) sono i “mattoni elementari” dei circuiti. Essisono oggetti fisici, di svariata composizione, struttura e forma, dai qualifuoriescono due o più conduttori detti terminali (o morsetti) del componente. Icomponenti sono collegati tra di loro tramite i terminali e opportune giunzionitra questi ultimi 2. Queste giunzioni prendono il nome di nodi del circuito.I terminali sono realizzati con materiali conduttori con elevatissimaconducibilità elettrica e possono essere spesso considerati filiformi (ladimensione trasversale è molto più piccola della lunghezza).

Ciascun componente è delimitato da una superficie chiusa, detta superficielimite del componente, all’interno della quale non è possibile accedere. La

2 Nella realizzazione di un circuito, spesso, è necessario utilizzare ulteriori conduttorifiliformi (conduttori di collegamento) per potere connettere i componenti così come ilprogetto richiede.

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superficie limite del componente è quasi sempre fatta di materiale isolanteelettrico 3.Esempi di componenti sono i resistori, gli induttori, i condensatori, i diodi, itransistori, gli amplificatori operazionali, le batterie, le dinamo, gli alternatori,i trasformatori, e così via. Le reti per la trasmissione e la distribuzionedell’energia elettrica, gli amplificatori, gli alimentatori, i filtri, gli oscillatori, imodulatori, i demodulatori, gli strumenti di misura (voltmetri, amperometri,oscilloscopi, schede di acquisizione, ...), i generatori di segnali, le memorie, imicroprocessori, .... sono, invece, esempi di circuiti.

Fig. 1.1 Esempio di circuito.

In Figura 1.1 è mostrato un circuito costituito da sette elementi: cinquecomponenti - il transistore, il condensatore, il resistore, la pila, il trasformatore- e da due apparati all’interno dei quali si trovano circuiti molto complessi - ilgeneratore di segnali e lo strumento di misura. Il resistore, la pila, ilcondensatore, il generatore di segnali e lo strumento di misura hanno due soliterminali. Il transistore ha, invece, tre terminali. Il trasformatore ha quattroterminali, raggruppati a coppie. Esistono componenti circuitali che hanno unnumero più elevato di terminali, si pensi, ad esempio, a un qualsiasi circuitointegrato.

3 Esistono componenti che hanno una superficie limite fatta di materiale conduttore conelevata conducibilità elettrica; in questi componenti la superficie limite funge anche daterminale.

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Osservazione

Sia il generatore di segnali che lo strumento di misura sono essi stessi circuitiestremamente complessi, costituiti da tantissimi componenti. Ciononostante,ciascuno di essi interagisce “prevalentemente” attraverso due terminali con glialtri componenti del circuito - il transistore, il condensatore, il resistore, la pilae il trasformatore. Per questa ragione sia il generatore di segnale che lostrumento di misura possono essere considerati come se fossero essi stessi due“componenti” con due terminali, estremamente complessi nella lorocostituzione fisica, ma altrettanto semplici nelle funzioni da essi espletate.Tuttavia, le loro caratteristiche di funzionamento sono più “complesse” seconfrontate con quelle dei componenti che abbiamo definito mattoni elementaridei circuiti.

Le grandezze di interesse di un circuito sono, nella maggior parte dei casi, lecorrenti che attraversano i conduttori terminali e le tensioni tra i conduttoriterminali dei singoli componenti che lo costituiscono. Queste grandezzesvolgono un ruolo fondamentale in tutte le applicazioni dell’elettricità.

a

t t t

(a) (b) (c)Fig. 1.2 Andamenti temporali tipici di tensioni e correnti.

L’energia elettrica è trasportata dalle correnti elettriche che attraversano iconduttori della rete di distribuzione. Nelle reti di trasmissione e distribuzionedell’energia elettrica le correnti variano nel tempo con legge sinusoidale, Figura1.2a (nelle auto la distribuzione dell’energia elettrica viene realizzata tramitecorrenti costanti nel tempo).I segnali audio e video vengono rappresentati da tensioni elettriche (Figura1.2b) e la loro elaborazione analogica avviene manipolando queste tensioniattraverso opportuni circuiti. In un qualsiasi sistema digitale per l’elaborazione

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e la trasmissione delle informazioni, l’informazione è rappresentata da segnalidi tensione a più livelli del tipo illustrati in Figura 1.2c.I circuiti sono progettati e realizzati in modo tale da verificare con eccellenteapprossimazione (in situazione di funzionamento “nominale”) le seguenticondizioni:

(a) il funzionamento di ogni componente è descritto adeguatamente eunivocamente dalle correnti elettriche che attraversano i terminali e dalletensioni elettriche tra i terminali; queste grandezze sono legate fra loro daspecifiche relazioni, dette relazioni caratteristiche dei componenti, chesono indipendenti dal circuito in cui il componente è inserito e dipendonounicamente dalla costituzione fisica di questo.

(b) le interazioni tra i componenti del circuito avvengono esclusivamenteattraverso i terminali, cioè attraverso le correnti e le tensioni e le leggi chele descrivono sono le leggi di Kirchhoff. Esse dipendono esclusivamentedal modo in cui i componenti sono collegati e non dalla loro specificanatura fisica.

In altre parole:

(a) il funzionamento di ciascun componente dipende prevalentemente dalla suacostituzione fisica e non dalla natura degli altri componenti del circuito;

(b) i componenti interagiscono prevalentemente attraverso i terminali.

Queste due proprietà sono di fondamentale importanza e sono alla base delmodello circuitale.La proprietà (a) assicura che il funzionamento dei singoli componenti di undato circuito (in condizione di corretto funzionamento), dipenda esclusivamentedalla loro costituzione fisica e non dal particolare circuito in cui sono inseriti.Ciò ne consente la costruzione indipendentemente dall’uso che poi se ne farà. Siprovi a immaginare come sarebbe complicato costruire un circuito se le leggiche governano il funzionamento dei singoli componenti dipendesserosensibilmente dal particolare circuito in cui essi sono inseriti.La proprietà (b) assicura che il funzionamento del circuito dipende solo dalmodo in cui i componenti sono collegati e non dalle loro posizioni (spaziali)relative. Questo è un prerequisito fondamentale per la robustezza di un circuito

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(provate a immaginare cosa accadrebbe se il funzionamento di un circuito fossemolto sensibile alle posizioni relative dei suoi componenti).Durante il funzionamento di un circuito, lo spazio, sia interno che esterno aciascun componente circuitale e a ciascun conduttore, è sede di campi elettrici emagnetici, di correnti elettriche, nonché di distribuzioni di cariche. La dinamicadi queste grandezze è descritta dal modello costituito dalle equazioni diMaxwell e dalle equazioni costitutive dei mezzi materiali con cui sonorealizzati i singoli componenti e i conduttori. Le correnti elettriche neiconduttori e nei singoli componenti e le cariche elettriche che si addensano sullesuperfici dei conduttori e che si localizzano all’interno dei singoli componentisono incognite, così come sono incognite le distribuzioni del campo elettrico edel campo magnetico: tutte queste grandezze dipendono, in maniera abbastanzacomplicata, dalla natura fisica dei singoli componenti, dal modo in cui essi sonocollegati tra di loro e dalle “sorgenti di elettricità” presenti nel circuito.Cosa sono le “sorgenti di elettricità”? Nell’esempio di circuito riportato inFigura 1.1, le sorgenti di elettricità sono la pila e il generatore di segnale. Ingenerale, con l’espressione “sorgenti di elettricità” intendiamo tutti queicomponenti in grado di produrre distribuzioni di cariche e di correnti in unsistema più o meno complesso in cui sono presenti materiali conduttori. Questicomponenti vengono chiamati generatori. Ciò che noi possiamo controllaredirettamente in un circuito sono le tensioni e/o le correnti dei generatori.Sebbene, una descrizione “esatta” del funzionamento di un circuito richieda,almeno in principio, la soluzione delle equazioni del campo elettromagnetico edelle equazioni costitutive (modello completo), per determinare le correnti e letensioni dei singoli componenti circuitali può essere sufficiente studiare unmodello approssimato, notevolmente semplificato e al contemposufficientemente adeguato. Esso è il modello circuitale e si fonda sullecondizioni (a) e (b) che abbiamo discusso prima.Le assunzioni che sono alla base del modello circuitale, come vedremo, sonoverificate esattamente solo quando le tensioni e le correnti del circuito sonocostanti nel tempo (circuito in regime stazionario). Quando le tensioni e lecorrenti variano nel tempo, l’interazione tra le diversi parti del circuito puòdipendere sensibilmente dalle effettive configurazioni di campoelettromagnetico prodotte dalle cariche e correnti che sono presenti nelparticolare circuito in esame. Tuttavia, se le tensioni e le correnti variano“lentamente” nel tempo la parte dell’interazione che dipende unicamente dallecorrenti e dalle tensioni è prevalente su quella che dipende dall’effettiva

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configurazione di campo elettromagnetico presente nella struttura. Più avantisaremo in grado di precisare meglio cosa intendiamo per “lentamentevariabile”.Anche se il modello circuitale descrive solo approssimativamente ilcomportamento di un circuito, esso, riveste un ruolo fondamentalenell’ingegneria perché consente di studiare un insieme estremamente vario eampio di sistemi elettromagnetici. Sia il funzionamento di un semplice circuitoelettrico costituito da una batteria, una lampadina e fili conduttori, sia ilfunzionamento di un ricevitore radio, costituito da centinaia di componenti,anche molto complessi, è descritto adeguatamente dalle leggi di Kirchhoff edalle relazioni caratteristiche dei singoli componenti. Comunque, comeabbiamo già sottolineato, ogni circuito viene progettato e realizzato in modotale che, se utilizzato correttamente, il suo funzionamento effettivo sia moltovicino a quello che garantisce la validità dello stesso modello circuitale.La limitazione più forte del modello circuitale è che non è in grado didescrivere il fenomeno della propagazione del campo elettromagnetico. Infatti,come vedremo, il modello circuitale è basato sull’ipotesi che la configurazionedel campo elettromagnetico presente nel circuito fisico 4 sia prevalentemente ditipo quasi-stazionario, cioè molto simile a una configurazione di campoelettromagnetico stazionario. Ciò si verifica quando le variabili elettrichecircuitali variano così “lentamente” nel tempo che gli effetti dei ritardi dovutialla velocità finita di propagazione del campo elettromagnetico sono trascurabili(è come se i segnali elettrici si propagassero istantaneamente nel circuito). Perquesta ragione, i circuiti fisici che sono descrivibili attraverso il modellocircuitale prendono il nome di circuiti a parametri concentrati. L’aggettivo“concentrato” sta a indicare che le dimensioni fisiche del circuito sonoabbastanza piccole da poter ritenere che nelle condizioni di funzionamentonominali il campo elettromagnetico si propaghi attraverso di esso in modopraticamente istantaneo. Nella situazione in cui l’approssimazione di“concentrazione” non è valida, ad esempio, perché le grandezze del circuitofisico variano troppo velocemente nel tempo, devono essere tenute in conto ledimensioni fisiche del circuito. Per distinguere tali circuiti dai circuiti aparametri concentrati, essi sono denominati circuiti a parametri distribuiti.Esempi tipici sono i circuiti costituiti da linee di trasmissione e da guided’onda. Si dovrà ricorrere alle equazioni di Maxwell complete per predire il

4 Per circuito fisico s’intende qualsiasi interconnesione di componenti elettrici ed elettronici(fisici).

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comportamento di circuiti a parametri distribuiti. In queste lezioni cilimiteremo a trattare i circuiti a parametri concentrati.Sebbene le equazioni del modello circuitale, cioè le leggi di Kirchhoff e lerelazioni caratteristiche dei singoli componenti, possano essere dedotte dalleleggi di Maxwell e dalle relazioni costitutive dei materiali con cui sonorealizzati i componenti, assumendo che le grandezze elettromagnetiche varino“lentamente” nel tempo, in questo corso formuleremo direttamente le equazionidel modello circuitale. La ragione è molto semplice. L’obiettivo principale diquesto corso è introdurre il modello circuitale, studiarne le proprietàfondamentali e insegnare a risolvere i circuiti, di qualsiasi tipo, attraverso l’usodi quei strumenti dell’analisi matematica e dell’algebra lineare che vengonoinsegnati nel primo anno di un corso di laurea di primo livello di una Facoltà diIngegneria. Tuttavia, anche se non dedurremo il modello circuitale dal modellocompleto di campo, cercheremo di mettere in evidenza i limiti di applicabilità,le ragioni di questi limiti, ed eventualmente, le possibili modifiche, sempre allaluce delle equazioni di Maxwell e delle relazioni costitutive dei conduttori e deimezzi materiali con cui sono realizzati i componenti del circuito.Si presume che lo studente che segue questo corso abbia già acquisite ematurate le conoscenze di base di fisica, e in particolare, di elettromagnetismoche vengono insegnate durante il primo anno di un corso di laurea di primolivello della Classe dell’Informazione. Comunque nei prossimi tre paragrafivengono rivisti, partendo da un punto di vista diverso da quello chegeneralmente si adotta in un corso di Fisica introduttivo all’elettromagnetismo,concetti e leggi che sono alla base del funzionamento di un circuito elettrico e,quindi, del modello circuitale. Dare allo studente la possibilità di avvicinarsi adun argomento partendo da differenti punti di vista è fondamentale per la suaformazione.

1.3 La carica elettrica

La carica e la corrente elettrica sono le grandezze fisiche fondamentali chedeterminano l’interazione elettromagnetica 5. Le forze che caratterizzano questa

5 Ciascuna particella elementare (elettrone, protone, neutrone, ...) si comporta come se fosseun magnete elementare. Di conseguenza gli elettroni e protoni oltre ad avere una caricaelettrica hanno anche un momento magnetico proprio, detto momento magnetico intrinseco.

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interazione vengono descritte attraverso il campo elettrico e il campomagnetico.La legge di Lorentz esprime la forza che agisce sulla carica “elementare” che simuove in presenza di un campo elettromagnetico. Le equazioni di Maxwellesprimono le leggi che legano il campo elettromagnetico alle sorgenti“elementari” del campo, che sono le cariche e le correnti elettriche.Le cariche elettriche possono essere positive o negative. Il segno della carica èdistinguibile grazie alla forza di Coulomb, per cui cariche dello stesso segno sirespingono e cariche di segno opposto si attraggono. Il protone, ad esempio, èuna particella dotata di carica positiva, mentre l’elettrone è una particella dotatadi carica negativa (ovviamente è del tutto convenzionale l’aver scelto comesegno della carica del protone quello positivo e come segno della caricadell’elettrone quello negativo).La carica dell’elettrone è la carica negativa “elementare” e quella del protone èla carica positiva “elementare”. In valore assoluto, la carica del protone e lacarica dell’elettrone sono uguali.In queste note adotteremo le unità di misura del Sistema Internazionale (SI).Nel sistema SI l’unità di misura della carica elettrica è denominata, comesappiamo, coulomb (simbolo C).

Q[ ] = C . (1)

(In questo note con il simbolo F[ ] indichiamo l’unità di misura della generica

grandezza fisica F .)Un coulomb è un valore di carica estremamente grande se lo confrontiamo conla carica di un singolo elettrone o di un singolo protone. Infatti, si ha che

1C ≅ 6.24 1018 e , (2)

dove e indica la carica, in valore assoluto, dell’elettrone.La carica elettrica contenuta in una data regione di spazio è la somma dellecariche positive e negative contenute in essa: ciascuna carica deve esseresommata con il proprio segno. Si ha cioè:

Qt = Q+ + Q− (3)

Il ruolo del momento magnetico intrinseco degli elettroni è fondamentale in tutti i materialiferromagnetici.

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dove Q+ e Q− indicano, rispettivamente, la carica positiva e la carica negativa

contenute nella regione di spazio in considerazione. La relazione (3) può essereriscritta come

Qt = Q+ − Q− . (4)

Se Qt = 0 si dice che la regione in esame è globalmente neutra.

Esempio

Consideriamo un cm3 di filo di rame. In esso ci sono circa 1023 atomi. Ciascunatomo contiene 29 protoni (cariche positive del nucleo) e 29 elettroni (carichenegative “attorno” al nucleo). Per ogni atomo vi è, mediamente, all’incirca unelettrone libero di muoversi nel reticolo cristallino. Pertanto nella regione in uncm3 ci sono circa 1023 elettroni che possono “migrare”.In assenza di campi elettrici esterni, gli elettroni liberi si muovono in manieracompletamente disordinata a causa dell’agitazione termica (con velocitàmodeste, dell’ordine di 100 km /s a temperature ordinarie). In conseguenza diciò, il numero di protoni e il numero di elettroni (elevatissimo) che si trovano,mediamente, in un cm3 sono uguali, la carica totale è zero e il campo elettricomacroscopico, cioè, il valor medio del campo elettrico su dimensionimacroscopiche, risulta essere praticamente zero. Quindi, in assenza di un campoelettrico macroscopico esterno, gli elettroni liberi “migrano” solo a causadell’agitazione termica in un ambiente che resta mediamente neutro.

In generale, Q+ e Q− , e quindi Qt , dipendono dal tempo. Ciò è dovuto al fatto

che le cariche si muovono, e quindi, migrano, da una regione all’altra dellospazio. Siccome gli effetti dovuti alla “granularità” delle cariche elementarisono trascurabili in una trattazione macroscopica (le regioni macroscopiche, perdefinizione, contengono un numero elevatissimo di particelle), possiamoconsiderare la carica come una funzione continua del tempo.

1.3.1 La conservazione della carica elettrica

Diciamo che un sistema è elettricamente chiuso se attraverso la superficie che lodelimita non passano particelle cariche.

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Legge della conservazione della carica elettrica

In un sistema elettricamente chiuso la carica totale non varia nel tempo.♦

Questa è una delle leggi basilari dell’elettromagnetismo. Se si esclude lapossibilità che uguali quantità di carica positiva e negativa possano esseresimultaneamente create o distrutte (ciò, in realtà, può accadere negliacceleratori di particelle dove le particelle elementari vengono accelerate fino avelocità prossime a quelle della luce nel vuoto), come immediata conseguenzadella legge della conservazione della carica abbiamo che sia il numero dicariche elementari positive, sia il numero di cariche elementari negativecontenute in un sistema elettricamente chiuso non variano nel tempo.

aaa

S0

S1

Ω1

Ω2

Fig. 1.3 Sistema elettromagnetico chiuso: attraverso la superficie S0 non c’è passaggiodi cariche elettriche.

Consideriamo un sistema elettromagnetico chiuso che occupa la regione dispazio delimitata dalla superficie S0 (Figura 1.3). Consideriamo ora una partedi questo sistema, indichiamo con Ω1 la regione di spazio che esso occupa econ S1 la superficie che delimita Ω1; infine, indichiamo con Ω 2 la restante

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parte della regione di spazio delimitata da S0 . Indichiamo con Q1 t( ) la caricatotale contenuta in Ω1 e con Q2 t( ) la carica totale contenuta in Ω 2 ad un

generico istante di tempo t . Per la legge della conservazione della carica si hache

Q1 t( ) + Q2 t( ) = Q0 = costan te, (5)

dove Q0 è la carica totale contenuta nel sistema chiuso. In conseguenza di ciò,se la carica Q1 diminuisce (aumenta) nel tempo, la carica Q2 aumenta

(diminuisce).La carica Q1 diminuisce (aumenta) nel tempo, in senso relativo, se carichepositive (negative) si spostano dalla regione Ω1 alla regione Ω 2 e/o carichenegative (positive) si spostano dalla regione Ω 2 alla regione Ω1, attraversandola superficie S1. In conclusione, la carica Q1, e di conseguenza la carica Q2,varia quando c’è un flusso di carica elettrica netto attraverso la superficie S1,cioè, quando c’è una corrente elettrica attraverso S1. Può anche accadere che,pur essendovi particelle cariche che attraversano la superficie S1, le cariche Q1 eQ2 non variano nel tempo. Il lettore cerchi di descrivere una situazione in cui

ciò potrebbe verificarsi.Il concetto di corrente elettrica, che è un concetto base del modello circuitale,sarà ampiamente sviluppato in seguito.

1.4 La corrente elettrica

Si ha corrente elettrica macroscopica quando le cariche si muovono in motoordinato su scala macroscopica, ad esempio, in un filo conduttore di elettricità(un filo di rame), sotto l’azione di un campo elettrico esterno prodotto dasorgenti macroscopiche, come, ad esempio, una pila. Quando c’è una correnteelettrica macroscopica al moto disordinato degli elettroni liberi dovutoall’agitazione termica si sovrappone un moto di insieme con velocità mediadiversa da zero in una certa direzione. Ora ci soffermeremo solo sull’analisi deiconcetti e delle grandezze che si introducono per descrivere le situazioni in cuisi ha una corrente elettrica macroscopica; ciò può essere fatto prescindendodalle modalità con cui si essa viene prodotta.

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15

a

(a) (b)

S

particelle caricheche attraversano S

particelle caricheche attraversano S

S

particelle caricheche attraversano S

particelle caricheche attraversano S

Fig. 1.4 Due possibili modi di orientare la superficie S .

Consideriamo, anzitutto, nella regione in cui ci sono cariche elettriche in motouna superficie generica S (aperta o chiusa) orientata arbitrariamente e contiamole cariche (supposte puntiformi), di specie in generale diverse, che laattraversano. In Figura 1.4 le due possibili orientazioni di una superficie apertaS sono indicate con i due possibili versi della freccia : in Figura 1.4a lasuperficie è orientata con la freccia che va dal basso verso l’alto, invece inFigura 1.4b la stessa superficie è orientata con la freccia che va dall’alto versoil basso. Sia T la durata dell’intervallo temporale durante il quale contiamo lecariche e t l’istante in cui iniziamo a contare. Inoltre, etichettiamo ciascunaparticella con un numero intero, di modo ché qi sia la carica elettrica della

“i −esima” particella ( i = 1,2,...).Definiamo la carica elettrica netta che ha attraversato la superficie orientata Snell’intervallo t, t + T( ) come somma

qS t;T( ) = ±( )qii∑ (6)

di tutte le cariche che hanno attraverso S in quell’intervallo, facendointervenire il segno + per le cariche che la attraversano concordemente con ilverso prescelto per orientarla e il segno − per le cariche che la attraversano nelverso opposto a quello prescelto. Ovviamente ciascuna carica qi viene “contata”con il proprio segno. È evidente che per definizione è qS t;T = 0( ) = 0.

Il rapporto

IS t;T( ) = q t;T( )T

(7)

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definisce l’intensità media della corrente elettrica che attraversa Snell’intervallo t, t + T( ).In generale, l’intensità media della corrente IS dipende sia dall’istante t in cui

inizia il processo di conteggio sia dalla lunghezza T dell’intervallo diosservazione. Essa non permette di caratterizzare esattamente, istante peristante, la corrente elettrica. Tuttavia, quasi sempre le cose stanno in modo taleche IS tende a un valore ben definito, che in generale dipende solo da t , se la

lunghezza dell’intervallo di osservazione T viene fatto tender a un valore“fisicamente infinitesimo”. Con l’espressione “fisicamente infinitesimo”vogliamo intendere un valore ∆T molto piccolo rispetto alla scala dei tempimacroscopica di interesse, e tuttavia abbastanza grande affinché S siaattraversata da un numero ancora elevatissimo di particelle.

Definizione: intensità della corrente elettrica

In tali condizioni è possibile definire l’intensità di corrente elettrica attraversola superficie orientata S nel generico istante t come

iS t( ) = limT →∆T

IS t;T( ) =qS t; ∆T( )

∆T; (8)

qS t;∆T( ) è la carica netta che attraversa S nell’intervallo infinitesimo ∆T a

partire dall’istante t .♦

Introduciamo la funzione QS t( ) definita come la carica elettrica netta cheattraversa la superficie orientata S nell’intervallo di tempo 0,t( ) . È evidente,allora, che la carica qS t;∆T( ) che attraversa la superficie orientata S

nell’intervallo di tempo infinitesimo ∆T è esprimibile come

qS t;∆T( ) = QS t + ∆T( ) − QS t( ) ≡ ∆QS , (9)

cioè è data dalla carica netta che ha attraversato S nell’intervallo di tempo0,t + ∆T( ) meno la carica netta che ha attraversato la stessa superficie S

nell’intervallo di tempo 0,t( ) .

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Se la funzione del tempo QS t( ) ha derivata dQS / dt all’istante t , la variazionedi carica ∆QS può essere determinata attraverso la relazione

∆QS ≅ dQS

dt∆T . (10)

Il segno “≅ ”, a rigore, può essere sostituito con quello di eguaglianza solo nellimite ∆T → 0 . Comunque, se la funzione QS t( ) varia lentamente in ogni

intervallo temporale di ampiezza ∆T (e ciò è certamente vero per come è statadefinito l’intervallo fisicamente infinitesimo ∆T ), possiamo, senza sbagliare dimolto, sostituire nella (10) il segno “≅ ” con il segno “ = ”.Sostituendo la relazione (9) e la relazione (10) (con il segno “= ” al posto delsegno “≅ ”) nella relazione (8), otteniamo

iS t( ) = dQS

dt. (11)

In conclusione, l’intensità della corrente elettrica, che attraversa la superficieorientata S , al generico istante t è uguale alla derivata prima (rispetto altempo) della carica elettrica netta che ha attraversato la superficie Snell’intervallo 0,t( ) .

Il lettore verifichi che si ottiene lo stesso risultato se, invece di considerare lacarica che ha attraversato la superficie S nell’intervallo 0,t( ) , si considera lacarica che ha attraversato la stessa superficie nell’intervallo t0, t( ) (con t0 < t ).

L’intensità della corrente elettrica attraverso una superficie orientata è unagrandezza scalare il cui segno, positivo o negativo, dipende solo dalla sceltadell’orientamento della superficie. Se ′ i S è l’intensità della corrente attraverso lasuperficie S orientata come riportato in Figura 1.4a e ′ ′ i S è l’intensità della

corrente attraverso la stessa superficie orientata in verso opposto, come indicatoin Figura 1.4b, si ha

′ i S t( ) = − ′ ′ i S t( ) . (12)

La carica netta QS t1,t2( ) che attraversa la superficie orientata S in un generico

intervallo t1,t2( ) (con t2 > t1) è data dall’integrale definito sull’intervallo t1,t2( )dell’intensità della corrente elettrica iS t( ) ,

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18

QS t1,t2( ) = iS t( )dtt1

t"∫ . (13)

Questa relazione è una diretta conseguenza della definizione di intensità dicorrente data sopra. Si ottiene immediatamente a partire dalla relazione (11).L’intensità della corrente elettrica ha il ruolo di grandezza fondamentaleelettrica del Sistema Internazionale delle unità di misura. Nel sistema SI l’unitàdi misura dell’intensità di corrente elettrica è denominata ampere (simbolo A),

i[ ] = A . (14)

L’unità di carica, cioè il coulomb, è pertanto un’unità derivata e corrisponde alprodotto di un ampere per un secondo:

C = A ⋅s . (15)

Un coulomb è la carica netta che attraversa una generica superficie Snell’intervallo di un secondo quando l’intensità della corrente elettricaattraverso S è uguale a un ampere.

Osservazione

Come già saprete dal corso di Fisica, l’intensità della corrente elettricaattraverso una generica superficie orientata S può essere espressa in funzionedelle grandezze che descrivono il moto delle singole cariche. Il caso piùsemplice si ha quando le cariche sono tutte della stessa specie (ad esempio, tuttielettroni) e si muovono tutte con la stessa velocità macroscopica. In questo casol’intensità della corrente elettrica attraverso la superficie orientata S è data da

iS = J ⋅ ndSS∫∫ , (16)

dove la grandezza vettoriale

J = ρv , (17)

valutabile punto per punto e istante per istante nella regione di interesse, è ilcampo di densità di corrente elettrica; ρ è la densità volumetrica della carica

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(cioè la carica per unità di volume) e v è la velocità media dei portatori dicarica. Nell’integrale di superficie (13) n è il versore normale alla superficie Sorientata concordemente con il verso scelto per orientare S .Nel caso in cui si ha a che fare con due specie di cariche, l’una positiva condensità volumetrica ρ+ e velocità media v+ , e l’altra negativa con densitàvolumetrica ρ− e velocità media v− , la densità di corrente elettrica risulta

J = ρ+v+ + ρ−v− . (18)

Nel sistema SI l’unità di misura della densità di corrente elettrica è

J[ ] = A/m2 . (19)

Per ulteriori approfondimenti si consulti un testo di Fisica introduttivoall’elettromagnetismo.

1.4.1 Legge della conservazione della carica per sistemi elettricamenteaperti

Nel § 1.2.1 abbiamo enunciato la legge della conservazione della caricaelettrica per sistemi elettricamente chiusi. La carica contenuta entro una regioneΩ racchiusa da una superficie Σ non attraversata da corrente elettrica ècostante nel tempo. Quando, invece, la superficie chiusa Σ è attraversata da unacorrente elettrica la carica elettrica all’interno di Ω , in generale, varia neltempo, Figura 1.5.Indichiamo con iΣ t( ) l’intensità della corrente elettrica che all’istante t

attraversa la superficie chiusa Σ orientata concordemente con il verso uscenteda Ω . Inoltre, indichiamo con QΩ t( ) la carica elettrica totale che all’istante t è

contenuta nella regione Ω .La carica elettrica netta qΣ t,t + ∆t( ) che nell’intervallo di tempo infinitesimot, t + ∆t( ) attraversa la superficie orientata Σ è data da

qΣ t,t + ∆t( ) = iΣ t( )∆t . (20)

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Ricordiamo che qΣ t,t + ∆t( ) è la somma algebrica delle cariche chenell’intervallo di tempo elementare t, t + ∆t( ) attraversano Σ , facendo

intervenire il segno + per le cariche che attraversano Σ uscendo da Ω e ilsegno − per le cariche che attraversano Σ entrando in Ω (in accordo con ilfatto che abbiamo orientato la superficie chiusa Σ concordemente con il versouscente da Ω). Di conseguenza qΣ t,t + ∆t( ) è la carica elettrica netta chenell’intervallo di tempo t, t + ∆t( ) effettivamente esce dalla regione Ω meno la

carica elettrica netta che nello stesso intervallo di tempo effettivamente entranella regione Ω .

aaa

Σ

Ω

n

Fig. 1.5 La carica totale contenuta nella regione Ω varia nel tempo in presenza di unacorrente elettrica attraverso la superficie chiusa Σ .

Per la conservazione della carica elettrica, le cariche che nell’intervallo ditempo t, t + ∆t( ) attraversano Σ uscendo da Ω sono cariche che all’istante t si

trovano dentro la regione Ω e le cariche elettriche che nello stesso intervalloattraversano Σ entrando in Ω sono cariche che all’istante t + ∆t si trovanodentro la regione Ω . Di conseguenza, la variazione di carica QΩ t( ) − QΩ t + ∆t( )è uguale alla carica elettrica netta che nell’intervallo di tempo t, t + ∆t( )effettivamente esce dalla regione Ω meno la carica elettrica netta che nellostesso intervallo di tempo effettivamente entra dalla regione Ω e, quindi, èuguale a qΣ t,t + ∆t( ) . Allora, utilizzando la (20) otteniamo

QΩ t( ) − QΩ t + ∆t( ) = iΣ t( )∆t . (21)

Da questa relazione segue che

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iΣ t( ) = − QΩ t + ∆t( ) − QΩ t( )∆t

. (22)

Nel limite in cui ∆t è sufficientemente piccolo possiamo confondere il rapportoincrementale a secondo membro della (21) con la derivata prima e scrivere

iΣ t( ) = − dQΩ

dt. (23)

Questa è la legge della conservazione della carica per sistemi elettricamenteaperti: data una qualsiasi superficie chiusa Σ orientata concordemente con ilverso uscente da Ω , la quantità di carica che l’attraversa in un intervallo ditempo elementare ∆t corrisponde alla variazione della carica contenuta nelvolume Ω racchiuso da Σ nello stesso intervallo di tempo. Il segno “− ”esprime il fatto che, nel caso di cariche positive effettivamente uscenti da Σ(primo membro positivo) si riscontra una diminuzione di QΩ e cioè sidQΩ dt < 0 .

Quando le grandezze elettriche sono costanti nel tempo (regime stazionario) siha che l’intensità della corrente elettrica attraverso qualsiasi superficie chiusa èsempre uguale a zero,

iΣ = 0, ovvero J ⋅ ndSΣ∫∫ = 0. (24)

In questa situazione la quantità di carica che globalmente esce dalla superficiechiusa Σ nell’unità di tempo è nulla: tanta carica entra in Σ quanta, nellostesso tempo, ne esce. Per tale ragione dice che in regime stazionario il campodel vettore densità di corrente è conservativo rispetto al flusso.Una conseguenza importante dell’equazione (24) è che in regime stazionariol’intensità della corrente elettrica che attraversa un filo conduttore ha lo stessovalore attraverso tutte le sue sezioni. Facciamo riferimento a un conduttore cheha una forma del tipo illustrato in Figura 1.6. Si assuma che il conduttore siaconnesso a un apparato elettrico attraverso le due superfici estreme SA e SB eche sia percorso da una corrente. La superficie laterale Sl separa il conduttore

dal vuoto o da un materiale che assumiamo essere un isolante elettrico perfetto,cioè un materiale in cui non esistono cariche libere e quindi non è possibileavere correnti. Se indichiamo con iA e iB le intensità delle correnti elettricheattraverso le due superfici estreme SA e SB , rispettivamente, e con iA l’intensità

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della corrente elettrica attraverso una generica sezione S del conduttore (al suointerno), si ha

iA = iB . (25)

Le due superfici SA e SB sono orientate concordemente (da sinistra verso

destra).L’equazione (25) è una diretta conseguenza di due fatti: attraverso la superficielaterale Sl non può esserci corrente elettrica perché il mezzo circostante è unisolante perfetto; sulla superficie laterale Sl non possono accumularsi caricheperché abbiamo supposto di essere in condizioni stazionarie (su Sl può esserciuna carica costante nel tempo). Se sulla superficie Sl vi fosse una carica

variabile nel tempo, sotto forma di distribuzione superficiale, essa darebbeluogo a un campo elettrico e magnetico variabile nel tempo, contravvenendocosì all’ipotesi di regime di funzionamento stazionario.

aaaa

SASB

vuoto

J

vuoto

Sl

conduttore

Fig. 1.6 In condizioni stazionarie l’intensità della corrente elettrica attraverso unagenerica sezione di un conduttore filiforme non dipende dalla particolaresezione scelta.

Osservazione

Come già saprete dal corso di Fisica, l’equazione (23) può essere espressa come(se sono assenti distribuzioni superficiali di carica e correnti)

J ⋅ ndSΣ∫∫ = − d

dtρdv

Ω∫∫∫ , (26)

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dove ρ è la densità della carica elettrica ottenuta sommando le densità di carica

elettrica di tutte le specie di portatori di carica presenti nel sistema in esame.Questa è la forma più nota della legge della conservazione della carica elettrica.

1.5 La tensione elettrica

Come già abbiamo ricordato, le grandezze elettriche fondamentali di un circuitoelettrico sono l’intensità della corrente elettrica e la tensione elettrica. Nelprecedente paragrafo abbiamo riesaminato il concetto di intensità della correnteelettrica, in questo paragrafo riesamineremo quello di tensione elettrica. Latensione elettrica è una grandezza integrale del campo elettrico. Attraverso diessa è possibile descrivere alcune delle proprietà fondamentali del campoelettrico.Consideriamo un campo elettrico prodotto da un sistema di cariche e dicorrenti. Sia γ una curva aperta di estremi A e B , e la si orienti scegliendo

arbitrariamente un verso di percorrenza, ad esempio, quello che va dall’estremoA all’estremo B , Figura 1.7.

Definizione: tensione elettrica

La tensione del campo elettrico lungo la curva orientata γ , vγ , è il lavoro che il

campo elettrico compie su una carica unitaria (cioè di 1 C) che si muove lungoγ concordemente con il verso prescelto.

aa

A

B

γ

Fig. 1.7 Cammino lungo cui viene definita la tensione elettrica.

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24

Nel sistema SI l’unità di misura della tensione elettrica è denominata volt(simbolo V),

v[ ] = V . (27)

La definizione di tensione elettrica può applicarsi anche al caso di linea chiusa.In questo caso gli estremi A e B coincidono. La tensione elettrica lungo unalinea chiusa essa Γ viene indicata con il simbolo E Γ e prende il nome di

circuitazione del campo elettrico. Per questa grandezza, spesso, viene ancheusato il termine forza elettromotrice (f.e.m.).

Osservazione

Come già saprete dal corso di Fisica, la tensione vγ può essere espressa come

integrale di linea del campo elettrico E lungo la curva orientata γ ,

vγ = E ⋅ tdlγ∫ . (28)

Se il campo elettrico nella regione di interesse è uniforme e la linea γ è un

segmento di lunghezza L abbiamo

vγ = E0 L cosα ,

dove E0 è il modulo del campo elettrico e α è l’angolo che il vettore delcampo elettrico forma con il segmento orientato γ . La tensione è positiva

quando −π /2 < α < π /2 ed è negativa quando π / 2 < α < π o −π < α < −π /2 .Se il campo elettrico non è uniforme e/o la curva γ non è un segmento, allora

bisogna calcolare l’integrale di linea che compare nella (28).Per la circuitazione del campo elettrico lungo la linea chiusa Γ abbiamo

E Γ = E ⋅ tdl

Γ∫ .

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25

1.5.1 Legge dell’induzione elettromagnetica (legge di Faraday-Neumann)

La legge dell’induzione elettromagnetica, nota anche come legge di Faraday-Neumann, dice che (stiamo considerando linee chiuse Γ ferme)

E Γ = − dΦΓ

dt, (29)

dove ΦΓ è il flusso del campo magnetico concatenato con la linea chiusa Γ ,

definito concordemente con il verso di percorrenza scelto per Γ .Nel sistema SI l’unità di misura del flusso del campo magnetico è denominataweber (simbolo Wb ),

Φ[ ] = Wb . (30)

La legge di Faraday-Neumann esprime il fatto che la circuitazione del campoelettrico è pari (a meno del segno) alla derivata rispetto al tempo del flussomagnetico concatenato con la linea stessa. Il fenomeno prende il nome diinduzione elettromagnetica. Esso è uno dei fenomeni più importantidell’elettromagnetismo: ogniqualvolta nello spazio esiste un campo magneticovariabile nel tempo, ad esso si associa un campo elettrico con circuitazionediversa da zero.

aaa

Γn

Fig. 1.8 La linea chiusa Γ è l’orlo della superficie aperta SΓ .

Osservazione

Come già saprete dal corso di Fisica, il flusso del campo magnetico concatenatocon una linea chiusa Γ può essere espresso come

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26

ΦΓ = B ⋅ndSSΓ

∫∫ , (31)

dove SΓ è una qualsiasi superficie aperta che ha come orlo la linea chiusa Γ eˆ n è il versore normale al generico punto della superficie SΓ orientato in

maniera tale che il verso di Γ e quello di ˆ n siano tra loro legati,rispettivamente, come il senso di rotazione e quello di avanzamento di una vitedestrogira, Figura 1.8. È evidente che 1 Wb = 1 T ⋅1 m 2 = 1 V ⋅s .La possibilità di associare il flusso del campo magnetico alla linea chiusa γ si

basa, come già sapete dal Corso di Fisica, sulla fatto che il campo di induzionemagnetica B è conservativo rispetto al flusso, cioè per qualsiasi superficiechiusa Σ si ha

B ⋅ ndSΣ∫∫ = 0 .

Questa è la proprietà fondamentale del campo di induzione magnetica. Essaimplica che il flusso del campo di induzione magnetica attraverso una superficieaperta dipende solo dal contorno della superficie: il flusso attraverso duesuperfici aperte che hanno lo stesso contorno sono uguali (se le due superficisiano orientate concordemente).La legge di Faraday-Neumann spesso la si trova scritta nella forma

E ⋅ tdlΓ∫ = − d

dtB ⋅ndS

SΓ∫∫ . (32)

Quando le grandezze elettriche e magnetiche sono costanti nel tempo (regimestazionario) dalla (32) abbiamo che la circuitazione del campo elettrico lungouna qualsiasi linea chiusa è sempre uguale a zero (si dice, anche, che il campoelettrico è conservativo rispetto alla circuitazione),

E Γ = 0 ovvero E ⋅ tdlΓ∫ = 0 . (33)

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In questa situazione la tensione elettrica lungo una linea aperta dipende solo daipunti estremi della linea e non dalla particolare percorso definito dalla stessa(Figura 1.9),

vγ1= vγ 2

≡ vAB . (34)

aa

A

B

γ 1

γ 2

Fig. 1.9 Due percorsi diversi che hanno gli stessi estremi.

1.6 Il modello circuitale

In un circuito il funzionamento di ogni singolo componente è, in ogni istante,determinato dalla interazione tra il componente stesso e il resto della rete. Inaltre parole, si può dire che esso è il frutto della interazione tra due diverseesigenze: che il componente si comporti in modo compatibile con la suaspecifica natura e che tale comportamento sia a sua volta compatibile con quellodi tutti gli altri componenti presenti nella rete. Le relazioni caratteristichedescrivono il funzionamento dei singoli componenti e le leggi di Kirchhoff neregolano l’interazione. Le equazioni che ne derivano sono le equazionicircuitali.Nella parte restante di questo Capitolo introdurremo e descriveremo leequazioni circuitali. Per semplicità, faremo riferimento a circuiti di solicomponenti con due terminali. Un esempio di circuito di questo tipo è illustratoin Figura 1.10. L’estensione alla situazione più generale in cui siano presentianche componenti con più di due terminali non comporta alcuna difficoltàconcettuale e viene sviluppata nel Capitolo 4.Nei limiti delle approssimazioni del modello circuitale le condizioni difunzionamento del singolo componente del circuito sono individuate dallatensione tra i suoi terminali e dalla corrente che lo attraversa: esse sono le

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variabili circuitali e, quindi, le incognite delle equazioni circuitali. La correntee la tensione di ciascun componente sono legate tra loro dalla relazionecaratteristica del componente, che è espressione della sua natura fisica, e che,nel complesso, ne descrive il funzionamento. Invece, le correnti di diversicomponenti del circuito sono legate tra loro attraverso le leggi di Kirchhoff, ecosì anche le tensioni.In questo paragrafo, dopo aver introdotto e descritto i concetti di corrente etensione elettrica per un generico componente con due terminale, formuleremoe discuteremo le leggi di Kirchhoff. Nel successivo paragrafo, invece,presenteremo e discuteremo i concetti di potenza ed energia elettrica. Infine,presenteremo e discuteremo le relazioni caratteristiche dei componenti circuitalia due terminali fondamentali.

Fig. 1.10 Esempio di circuito di componenti con due terminali.

1.6.1 Bipolo, corrente e tensione

In ogni circuito (se in funzione) ci sono cariche elettriche in movimento neiconduttori, campi elettrici e campi magnetici. In questo paragrafo e nelsuccessivo faremo sempre riferimento al circuito di Figura 1.10 peresemplificare i concetti e le leggi che man mano introdurremo.Consideriamo un generico componente con due terminali, ad esempio, uncomponente del circuito riportato in Figura 1.10. Esso può essere il resistore,l’induttore o il diodo; la sua natura non ha per ora alcuna importanza.Un generico componente con due terminali può essere rappresentatoschematicamente come indicato in Figura 1.11, dove vengono messi in evidenzala superficie limite del componente e i due conduttori terminali filiformi che daessa fuoriescono. Assumiamo, senza perdere di generalità, che le sezioni di

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entrambi i terminali siano uguali e di forma circolare. Abbiamo marcato unterminale con il simbolo “a” e l’altro terminale con il simbolo “b”. In ciascunodei due conduttori terminali ci sono cariche elettriche in moto. Per definizione,le cariche elettriche in movimento costituiscono una corrente elettrica. Inoltre,sia nella regione di spazio occupata dal componente che nella regione di spaziocircostante c’è un campo elettrico e un campo magnetico.I conduttori con cui sono realizzati i terminali, in condizioni di funzionamentonominali (cioè nelle condizioni di funzionamento per le quali i componentisono stati realizzati e il circuito progettato) possono essere ritenuti conduttoriperfetti. Di conseguenza possiamo assumere che in essi il campo elettrico siapraticamente nullo.

aaa

(a) (b) (c)

a

b

ib

ia

a

b

′ia

′ib

Saa

superficielimite

S∗

Fig. 1.11 (a), (c) Componente con due terminali con diversi versi di riferimenti per lecorrenti; (b) ingrandimento del terminale “a”.

Corrente elettrica

Consideriamo una generica sezione trasversale del terminale “a”, indichiamo lacorrispondente superficie con Sa e orientiamola come indicato in Figura 1.11b,

cioè con una freccia che punta verso la superficie limite. Istante per istante c’èuna carica elettrica netta che attraversa questa superficie. Sia iSa

l’intensità della

corrente elettrica che attraversa la superficie orientata Sa definita

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concordemente con la relazione (8). Attenzione: per definire l’intensità dellacorrente elettrica che attraversa una data superficie bisogna sempre orientare lasuperficie.Abbiamo già osservato nel § 1.4 che, in regime stazionario l’intensità dellacorrente elettrica attraverso la sezione trasversale di un filo conduttore nondipende dalla particolare sezione scelta. Questa proprietà non vale più se legrandezze elettromagnetiche variano nel tempo a causa della carica elettricavariabile nel tempo addensata in corrispondenza della superficie del conduttore.Si consideri un’altra sezione trasversale del terminale “a”, sia S* lacorrispondente superficie, orientata come indicato in Figura 1.11b e sia i∗

l’intensità della corrente che la attraversa. Dalla legge della conservazione dellacarica abbiamo che

ia − i∗ = dQ∗

dt (35)

dove Q∗ è la carica elettrica addensata sul tratto di conduttore compreso tra ledue sezioni che abbiamo considerato. Questa carica nasce perché il filoconduttore è immerso in un campo elettrico che, in generale, ha componentenormale diversa da zero in corrispondenza della superficie del conduttore. Diconseguenza, in condizioni di funzionamento variabili nel tempo si hadQ∗ /dt ≠ 0 e quindi ia ≠ i∗ .Nel limite stazionario abbiamo dQ∗ /dt = 0 e, quindi, ia = i∗ . Quando legrandezze del circuito variano nel tempo, dQ∗ /dt potrebbe diventare dellostesso ordine di grandezza di ia e di i∗ . È evidente, allora, che esistono

condizioni di funzionamento intermedie tra il regime stazionario e il regime“velocemente” variabile, che denomineremo condizioni di funzionamento“lentamente variabili” o “quasi-stazionarie”, in cui, pur essendo dQ∗ /dt ≠ 0, laderivata dQ∗ /dt , considerata in valore assoluto, è trascurabile se confrontatacon le due correnti ia e i∗ , considerate in valore assoluto. In queste condizioni

si ha

i∗ ≅ ia . (36)

La comprensione di quest’ultimo punto può essere agevolata se si assume che lavariabilità temporale delle grandezze in gioco è di tipo sinusoidale (armonico),cioè del tipo cos ωt( ) , il ché in fondo non toglie molto alla generalità della

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trattazione; ω è un parametro costante che prende il nome di pulsazione dellafunzione sinusoidale. L’unità di misura della pulsazione nel SI è il rad/s. Perω → 0 la funzione cos ωt( ) tende a una funzione costante, mentre al crescere di

ω cresce la rapidità con cui la funzione varia nel tempo. Poniamo, allora,

ia = Im cos ωt + α( ) , i∗ = Im

∗ cos ωt + β( ) e Q* t( ) = Qm cos ωt + χ( ) ; (37)

i parametri costanti Im , Im∗ e Qm sono le ampiezze massime delle funzioni

sinusoidali e i parametri costanti α , β e χ sono le fasi iniziali.

Dalla relazione (36) abbiamo, allora,

Im cos ωt + α( ) − Im∗ cos ωt + β( ) = −ωQm sin ωt + χ( ) . (38)

È evidente che, pur essendo ω ≠ 0 , se è verificata la condizione

ω << Ω ct = Qm

Im

≅ Qm

Im∗ , (39)

possiamo ritenere dQ∗ /dt “trascurabile” se confrontato con le due correnti ia e

i∗.

Questa trattazione è generale, perché possiamo sempre esprimere funzioni deltempo estremamente complicate come somma discreta (serie di Fourier) ocontinua (integrale di Fourier) di funzioni sinusoidali. Diciamo che siamo inuna condizione di funzionamento “lentamente variabile” o “quasi-stazionaria”quando le pulsazioni delle componenti armoniche più significative dellegrandezze del circuito verificano la condizione (39).È evidente, allora, che è di estrema importanza conoscere la pulsazionecaratteristica Ωct . Diciamo subito che non è possibile determinare Ωct se non si

specifica in dettaglio sia la natura fisica del componente, che il circuito di cui ilcomponente in esame fa parte. Comunque, anche quando si conosce tutto ciò, ilcalcolo di Ωct è estremamente complesso. Esso richiede la conoscenza di teorie

e strumenti molto avanzati, che sono tipicamente oggetto di corsi delle laureespecialistiche. Tuttavia, si può mostrare che la pulsazione caratteristica Ωct

cresce man mano che si riduce la lunghezza e la sezione del filo conduttore concui il terminale è realizzato; quindi quanto più i terminali sono sottili e cortitanto più l’approssimazione che è alla base della relazione (36) è buona.

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Come tra poco vedremo sono diverse le approssimazioni che sono alla base delmodello circuitale, quella descritta dalla relazione (36) è solo una di esse. Piùavanti, quando discuteremo l’approssimazione alla base delle leggi diKirchhoff, formuleremo un criterio abbastanza grossolano ma molto sempliceda utilizzare che consente di determinare la frequenza caratteristica al di sopradella quale il modello circuitale non riesce più a prevedere, nemmenoqualitativamente, ciò che accade nel circuito fisico.In conclusione, se le condizioni di funzionamento del circuito sono lentamentevariabili possiamo associare in modo univoco, quindi senza alcuna ambiguità,un’unica corrente a ciascun terminale di ogni componente.Si consideri l’intensità della corrente elettrica che attraversa il terminale “a” delcomponente in esame, Figura 1.11. Due sono le possibili orientazioni dellagenerica superficie Sa : abbiamo indicato con ia l’intensità della correnteelettrica orientando Sa con la freccia entrante nella superficie limite delcomponente, Figura 1.11a; se indichiamo con ′ i a l’intensità della correnteelettrica ottenuta orientando Sa con una freccia uscente dalla superficie limite,

Figura 1.11c si ha

′ i a = −ia . (40)

Le frecce che accompagnano i simboli ia e ′ i a in Figura 1.11 stanno a indicareproprio i due possibili modi con cui è possibile orientare la superficie Sa . A

esse diamo il nome di versi di riferimenti per la corrente. Quando il verso diriferimento per la corrente è la freccia entrante nella (uscente dalla) superficielimite del componente allora la superficie attraverso cui si definisce l’intensitàdella corrente elettrica è orientata con la freccia che punta verso la (esce dalla)superficie limite.Le stesse considerazioni possiamo ripeterle per l’altro terminale e quindiarrivare a definire l’intensità della corrente elettrica ib che attraversa il

terminale “b”, Figura 1.11.Il funzionamento di un componente con due terminali è, allora, caratterizzatoda due correnti, una per ciascun terminale ? La risposta è no, e la ragione è lastessa per cui possiamo associare a ciascun terminale un’unica intensità dellacorrente elettrica.Se si applica la legge della conservazione della carica (23) alla superficie limiteche racchiude il componente abbiamo

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ia + ib = dQl

dt, (41)

dove Qt è la carica elettrica netta che istante per istante si trova all’interno del

componente. In condizioni stazionarie abbiamo

ia + ib = 0 , ovvero ia = −ib = ′ i b . (42)

Allora, in condizioni stazionarie l’intensità della corrente elettrica attraverso ilterminale “a” con verso di riferimento entrante nel componente è ugualeall’intensità della corrente elettrica attraverso il terminale “b” con verso diriferimento uscente dal componente.È evidente che questa proprietà non è più vera in condizioni di funzionamentovariabili nel tempo. Anche qui valgono tutte le considerazioni che abbiamosviluppato in precedenza, quando abbiamo affrontato il problema di definireunivocamente, senza ambiguità, le correnti che attraversano i terminali deicomponenti. Anche in questo caso esistono condizioni di funzionamentolentamente variabili, intermedie tra il regime stazionario e il regime“velocemente” variabile, in cui, pur essendo dQt / dt ≠ 0, la derivata dQt / dt ,

considerata in valore assoluto, è trascurabile se confrontata con le due correntiia e ′ i b , considerate in valore assoluto,

dQl

dt<< ia ≅ ib . (43)

Questa è un’altra condizione che deve essere verificata affinché sia valido ilmodello circuitale. Se essa è verificata abbiamo

′ i b ≅ ia . (44)

È possibile introdurre una pulsazione caratteristica Ωcb , dipendente dal

particolare componente in esame e dal circuito in cui esso è inserito, tale che sele pulsazioni delle componenti armoniche più significative delle variabilicircuitali in esame sono molto più piccole di essa, allora è verificata lacondizione (43). Anche in questo caso valgono tutte le considerazioni fatte inprecedenza sulla possibilità di stimare la pulsazione Ωcb e non le ripetiamo.

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In conclusione, se il circuito funziona in condizioni lentamente variabilipossiamo associare in modo univoco, quindi senza alcuna ambiguità, un’unicacorrente non solo a ciascun terminale dei componenti a due terminali ma anchea ciascun componente.

Tensione elettrica

Nello regione di spazio vuota circostante al componente c’è un campo elettricoe un campo magnetico, in generale, variabili nel tempo. Consideriamo una lineaaperta orientata γ che parte da un qualsiasi punto A del terminale “a” e termina

in un qualsiasi punto B del terminale “b”, esterna al componente, Figura1.12a. Sia vγ la tensione elettrica lungo γ definita concordemente con la

relazione (28). Attenzione: per definire la tensione lungo una curva bisognasempre orientare la curva.

aaa

(a) (b) (c)

a

b

A

B

γ γ ∗

a

b

A

B

γ

+

v

a

b

A

B

′γ

+

′v

Fig. 1.12 (a), (c) Componente con due terminali con diversi versi di riferimenti per letensioni; (b) due possibili cammini esterni alla superficie limite.

La tensione vγ non varia al variare del punto A lungo il terminale “a” e del

punto B lungo il terminale “b”, perché il campo elettrico nei terminali si puòritenere praticamente nullo.

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Si consideri, ora, un’altra curva γ ∗ orientata che parte dal punto A e termina

nel punto B , sempre esterna alla superficie limite del componente, Figura1.12a. Sia vγ ∗ la tensione lungo γ ∗ .

Il funzionamento di un componente con due terminali è, allora, caratterizzatoda tante tensioni elettriche (una per ciascuna linea esterna al componente checollega i due terminali) tutte diverse tra di loro? La risposta è no e ora vedremoperché.Si consideri la linea chiusa Γ ottenuta dall’unione delle linee aperte γ e γ ∗ , esi orienti Γ concordemente con l’orientazione di γ ; si ha l’identità

E ⋅dlΓ∫ = E ⋅ dl

γ∫ − E ⋅dlγ ∗∫ = vγ − vγ ∗ . (45)

Applicando, ora, la legge di Faraday-Neumann (equazione (29)) alla lineachiusa Γ si ottiene

vγ − vγ ∗ = − dφΓ

dt, (46)

dove φΓ è il flusso del campo magnetico concatenato con la curva Γ .

In condizioni stazionarie abbiamo

vγ = vγ ∗ . (47)

Allora, in condizioni stazionarie la tensione elettrica non dipende dallaparticolare curva scelta; questo risultato lo abbiamo già descritto nel § 1.5.È evidente che questa proprietà non è più vera in condizioni di funzionamentovariabili nel tempo. Anche qui valgono tutte le considerazioni che abbiamosviluppato in precedenza, quando abbiamo introdotto la corrente del bipolo. Inparticolare, esistono condizioni di funzionamento lentamente variabili,intermedie tra il regime stazionario e il regime “velocemente” variabile, in cui,pur essendo dφΓ /dt ≠ 0, la derivata dφΓ /dt , considerata in valore assoluto, ètrascurabile se confrontata con le due tensioni vγ e vγ ∗ , considerate in valore

assoluto,

dφΓ

dt<< vγ ≅ vγ ∗ . (48)

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Questa è ancora un’altra condizione, che si aggiunge alle (35) e (43), che deveessere verificata affinché siano trascurabili gli errori introdotti dalleapprossimazioni alla base del modello circuitale. Quando è verificata la (49)abbiamo:

vγ ∗ ≅ vγ . (49)

Anche in questo caso possiamo introdurre una pulsazione caratteristica cosìcome abbiamo fatto in precedenza, quando abbiamo discusso la possibilità diassociare, senza ambiguità, un’unica intensità di corrente al componente, eripetere tutte le considerazioni che precedentemente sono state sviluppate. Per ilmomento non diciamo di più e rimandiamo il lettore alle considerazioni chesvolgeremo alla fine del paragrafo.

aaa

(a) (b)

a

b

i+

v

a

b

A

B

γ

+

i

v

Fig. 1.13 (a) Componente con due terminali; (b) simbolo del bipolo

In conclusione, se il circuito funziona in condizioni lentamente variabilipossiamo associare in modo univoco, quindi senza alcuna ambiguità, un’unicatensione elettrica a ciascun componente del circuito.Si consideri la tensione elettrica lungo una linea γ esterna alla superficie limite.Due sono le possibili orientazioni della linea γ : indichiamo con v la tensionequando γ è orientata in maniera tale che parte dal terminale “a” e arriva al

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terminale “b”, Figura 1.12a. Se indichiamo con ′ v la tensione ottenutaorientando γ nel verso opposto, Figura 1.11b, si ha

′ v = −v . (50)

I segni + e − associati alla coppia di terminali del componente e cheaccompagnano i simboli delle tensioni v e ′ v in Figura 1.12 stanno a indicareproprio i due possibili modi con cui è possibile orientare la linea γ . A essi

diamo il nome di riferimenti per il verso della tensione: il simbolo “+ ” è postoin prossimità del terminale da dove la curva orientata γ parte; il simbolo “− ” èposto in prossimità del terminale dove la curva orientata γ arriva. Possiamo

dire che il verso di riferimento per la tensione è la “freccia” che parte dal segno“+ ” e punta verso il segno “− ”.

Bipoli

Dalle considerazioni svolte precedentemente, si ha che, ciascun componentefisico con due terminali può essere rappresentato da un “componente ideale”anche esso con due terminali, così definito:

• la corrente con verso di riferimento entrante in un terminale è sempreuguale a quella con verso di riferimento uscente dall’altro terminale.

• la tensione tra i due terminali è indipendente dal particolare camminopurché esso non fori nessuna superficie limite (nemmeno quelle degli altricomponenti).

Queste due proprietà del “componente ideale” sono definite con precisione,mentre nei componenti reali, che essi rappresentano, sono verificateapprossimativamente (sono verificate esattamente solo nel regime stazionario).Per distinguerli da quelli reali, i componenti ideali con due terminali cheverificano le due proprietà innanzi enunciate saranno chiamati bipoli. In Figura1.13 è illustrata la rappresentazione schematica di un generico bipolo. Lacorrente i è la corrente nel terminale “a” del componente reale che il bipolorappresenta, con il verso di riferimento entrante nella superficie limite; il versodi riferimento per la tensione v parte dal terminale “a” e punta verso ilterminale “b”.

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In generale, ci riferiremo a un componente ideale con N terminali come a unN −polo (un tripolo è un elemento con tre terminali e un quadrupolo è unelemento con quattro terminali).Le due condizioni, appena enunciate, non bastano a definire completamente ilconcetto di bipolo. Affinché sia verificata pienamente la condizione (a)enunciata in § 1.2, la “relazione” tra la corrente i e la tensione v devedipendere unicamente dalla costituzione fisica del componente (non devedipendere, ad esempio, dal circuito in cui il componente è inserito). Questa èl’altra proprietà che sta alla base del concetto di bipolo. Questa è una questioneestremamente complessa e non può essere esaminata in questo corsointroduttivo ai circuiti. Ritorneremo brevemente su di essa quando illustreremole relazioni caratteristiche dei bipoli fondamentali del modello circuitale.

aaa

(a) (b) (c) (d)

a

b

i+

v

a

b

+

v

a

b

ia

b

′v = −v

−i = ′i

′v = −v

−i = ′i

Fig. 1.14 (a) e (d) Convenzione dell'utilizzatore (o convenzione normale); (b) e (c)convenzione del generatore.

Osservazione

Per ciascun bipolo, possono essere fatte due possibili scelte per il verso diriferimento della corrente, e due per quello della tensione. In totale, nerisultano quattro possibili combinazioni, così come è illustrato in Figura 1.14.Come si vede nella Figura 1.14, le quattro possibilità (a, b, c, d) possono essereraggruppate a due a due: nella (a) e nella (d) la freccia che indica il verso diriferimento per la corrente parte dal terminale contrassegnato con il segno “+ ”e punta verso il terminale contrassegnato con il segno “− ”; nella (b) e nella (c)la freccia che indica il verso di riferimento per la corrente parte dal terminale

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contrassegnato con il segno “− ” e punta verso il terminale contrassegnato con ilsegno + .Le scelte (a) e (d) vengono indicate dicendo che, in entrambi i casi, si è fattaper il bipolo la “convenzione dell’utilizzatore” o “convenzione normale”; neicasi (b) e (c), si dice, invece, che si è fatta la “convenzione del generatore”.Queste espressioni indicano soltanto i modi in cui si è liberamente deciso dieffettuare le due scelte (indipendenti tra loro) per i versi di riferimento dellacorrente e della tensione: esse - è bene notarlo esplicitamente - non hanno alcunsignificato che si riferisca alla natura fisica del bipolo considerato.

Esempio

In Figura 1.15 è rappresentato il circuito di bipoli corrispondente al circuitofisico rappresentato in Figura 1.10. In questo circuito è stata fatta laconvenzione dell’utilizzatore per ciascun bipolo. Salvo avviso contrario, inqueste lezioni sarà usata sempre questa convenzione. In questo tipo dirappresentazione vengono messe in evidenza le correnti e le tensionicorrispondenti a ogni componente, i loro versi di riferimento e il modo in cui icomponenti sono tra loro connessi. Come tra poco vedremo le leggifondamentali dei circuiti si basano unicamente su questi elementi. È bene notareche in questa rappresentazione non c’è nessuna informazione sulla forma,dimensione e costituzione fisica dei singoli componenti e né sulla distanza tra diessi.

aaa

v1 1

i1 i66

2 3i2 i3

4 5

i4 i5

v4 v5

v6

v3v2

1

2

3

4

5

Σ 5

+

+

+

+

++

Fig. 1.15 Circuito di bipoli corrispondente al circuito elettrico rappresentato in Figura1.10.

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1.6.2 Leggi di Kirchhoff

Le leggi di Kirchhoff descrivono le interazioni tra i diversi componenti delcircuito. La legge di Kirchhoff per le correnti descrive il legame che c’è tra lecorrenti dei bipoli collegati a uno stesso “nodo”, mentre la legge di Kirchhoffper le tensioni descrive il legame che c’è tra le tensioni dei bipoli che formanoun “cammino chiuso”. Per esemplificare i concetti e le leggi che man manointrodurremo faremo riferimento al circuito di Figura 1.10 e alla suarappresentazione come circuito di bipoli riportata in Figura 1.15.La legge della conservazione della carica per sistemi elettricamente aperti(l’equazione (23)) e la legge di Faraday-Neumann (l’equazione (29)) regolanol’interazione tra i diversi componenti di un circuito. Non c’è bisogno diimporre l’equazione (23) per ogni superficie chiusa ammissibile e l’equazione(29) per ogni curva chiusa ammissibile. Come ora faremo vedere è sufficienteconsiderare solo un sotto insieme finito di esse per determinare le relazioninecessarie e sufficienti a descrivere le interazioni tra i componenti del circuito.Per individuare questo sotto insieme è necessario introdurre alcuni concettipreliminari.

Definizioni: nodo, percorso, maglia

• Un nodo è una qualsiasi giunzione di un circuito in cui i terminali di diversibipoli sono collegati tra loro; nell’esempio riportato in Figura 1.15, abbiamo5 nodi, che sono stati etichettati con i simboli

a

1 5........... ;• Un percorso è un cammino tra i due terminali di uno stesso bipolo che non

fori nessuna superficie limite; in un circuiti i “percorsi” sono tanti quantisono i bipoli, come, ad esempio, nel circuito di Figura 1.15;

• Una maglia è un cammino chiuso di percorsi in cui due e solo due di essiincidono in ciascun nodo; nell’esempio riportato in Figura 1.15 abbiamo letre maglie M1, M2 e M3 riportate in Figura 1.16.

Legge di Kirchhoff per le correnti

Si consideri un generico nodo di un circuito di bipoli, ad esempio, il nodo

a

5

del circuito di Figura 1.15. Si applichi la legge della conservazione della caricaa una superficie chiusa Σ 5 che contiene solo questo nodo (non deve contenere

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altri nodi). Facendo uso della definizione di intensità della corrente elettrica diun bipolo si ottiene la relazione

i4 − i5 − i6 = − dQ5

dt, (51)

dove Q5 è la carica elettrica netta addensata sulla giunzione tra i terminali dei

bipoli “4”, “5” e “6” corrispondente al nodo

a

5 . Ricordiamo che la giunzione èrealizzata con lo stesso materiale conduttore con cui sono realizzati i terminali.La carica nasce perché la giunzione è immersa nel campo elettrico che pervadeil circuito.La corrente i4 compare con il segno positivo perché il suo verso di riferimento

è uscente dal nodo

a

5 , mentre le correnti i5 e i6 compaiono con il segno

negativo nella somma a primo membro della (51) perché i loro versi diriferimento sono entranti nel nodo

a

5 .In condizioni stazionarie abbiamo

i4 − i5 − i6 = 0 . (52)

È evidente che questa proprietà non è più vera in condizioni di funzionamentovariabili nel tempo. Anche qui valgono tutte le considerazioni che abbiamosviluppato in precedenza, quando abbiamo introdotto la corrente e la tensionedel bipolo. In particolare, esistono condizioni di funzionamento lentamentevariabili, intermedie tra il regime stazionario e il regime “velocemente”variabile, in cui, pur essendo dQ5 /dt ≠ 0 , la derivata dQ5 /dt , considerata in

valore assoluto, è trascurabile se confrontata con almeno due delle tre correntii4, i5 e i6 ,considerate in valore assoluto,

dQ5

dt<< i4 ≅ i5 ≅ i6 . (53)

Questa, insieme a quella che illustreremo tra poco, è una delle approssimazionifondamentali che sono alla base del modello circuitale; essa si aggiunge a quelledescritte dalle relazioni (35), (43) e (48). Quando la (53) è verificata si ha

i4 − i5 − i6 ≅ 0. (54)

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In condizioni di funzionamento lentamente variabili per ogni nodo di ungenerico circuito si ha

±( )ikk∑ ≅ 0. (55)

Nella (55) ik è la corrente del k −esimo bipolo collegato al nodo in

considerazione. Essa deve essere sommata con il segno + se il verso diriferimento per ik è uscente dal nodo, e con il segno − se il verso di riferimento

per ik è entrante nel nodo. Le correnti dei bipoli che non sono collegati al nodo

in esame non compaiono, ovviamente, nella sommatoria.La legge espressa dalla (55) è una legge approssimata, che vale solo incondizioni di funzionamento lentamente variabili. Nel modello circuitale, chestiamo costruendo, si assume che essa sia esattamente verificata in qualsiasicondizioni di funzionamento. Se ne trae, allora, la legge di Kirchhoff per lecorrenti.

Legge di Kirchhoff per le correnti (LKC)

In ogni nodo la somma algebrica delle correnti è istante per istante uguale azero, cioè

±( )ik t( )k∑ = 0 . (56)

Nell’equazione (56) intervengono con lo stesso segno le correnti i cui versi diriferimento sono entranti nel nodo in considerazione e con il segno contrario lecorrenti con versi di riferimento opposti. Ad esempio, la corrente ik deve

essere sommata con il segno + se il verso di riferimento è uscente dal nodo econ il segno − se è entrante. Possiamo fare anche la scelta opposta, cioèsommare con il segno + le correnti che hanno il verso di riferimento entrantenel nodo e con il segno − le correnti che hanno il verso di riferimento uscentedal nodo. Ciò è conseguenza del fatto che l’equazione (56) è lineare eomogenea.Attenzione: per scrivere la legge di Kirchhoff per le correnti bisogna, innanzitutto, assegnare i loro versi di riferimento; essi possono essere assegnati inmaniera del tutto arbitraria.Esempio

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Applicare la legge di Kirchhoff per le correnti al nodo illustrato in Figura.

Legge di Kirchhoff per le tensioni

Consideriamo un generica maglia di un circuito di bipoli, ad esempio, la maglia

M1 del circuito di Figura 1.15 riportata in Figura 1.16. Fissiamo

arbitrariamente un verso di percorrenza di questa maglia, ad esempio, in sensoorario. Applichiamo al percorso chiuso orientato definito dalla maglia M1 la

legge di Faraday-Neumann (equazione (29)). Facendo uso della definizione ditensione elettrica di un bipolo si ottiene la relazione

−v1 − v2 − v3 + v4 + v6 = − dφ1

dt, (57)

dove φ1 è il flusso del campo magnetico concatenato con la maglia M1.

Ricordiamo che oltre al campo elettrico c’è anche un campo magnetico chepervade l’intero circuito. Le tensioni v4 e v6 compaiono con il segno positivo

perché i loro versi di riferimento che, ricordiamo, vanno dal terminalecontrassegnato con il segno + al terminale contrassegnato con il segno −, sono

concordi con il verso di percorrenza scelto per la maglia; invece, le tensioni v1,v2 e v3 compaiono con il segno negativo perché i loro versi di riferimento sonodiscordi con il verso di percorrenza di M1.

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aaaa

v1 1

6

2 3

5 v5

v6

v3v2

1

2

3

4

5

M1

+

+

+

++

4 5v4 v5

4

5

M2

+

+v1 1

6

2 3

4v4

v6

v3v2

1

2

3

4

5

M1

+

+

+

++

Fig. 1.16 Le maglie del circuito di Figura 1.15.

In condizioni stazionarie abbiamo

−v1 − v2 − v3 + v4 + v6 = 0 . (58)

Questa proprietà non è più vera in condizioni di funzionamento variabili neltempo. Anche qui valgono di nuovo tutte le considerazioni che abbiamosviluppato precedentemente: esistono condizioni di funzionamento lentamentevariabili, intermedie tra il regime stazionario e il regime “velocemente”variabile, in cui, pur essendo dφ1 / dt ≠ 0 , la derivata dφ1 / dt , considerata in

valore assoluto, è trascurabile se confrontata almeno con due delle cinquetensioni v1, v2 , v3 , v4 e v6 , considerate in valore assoluto,

dΦdt

<< v1 ≈ v2 ≈ v3 ≈ v4 ≈ v6 . (59)

In queste condizioni abbiamo

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−v1 − v2 − v3 + v4 + v6 ≅ 0 .

Questa è l’altra approssimazione fondamentale alla base del modello circuitale.In condizioni di funzionamento lentamente variabili per ogni maglia di ungenerico circuito si ha

±( )vkk∑ ≅ 0. (60)

Nella (60) vk è la tensione elettrica del k −esimo bipolo appartenente alla

maglia in considerazione. Essa deve essere sommata con il segno + se il versodi riferimento per vk è concorde con quello scelto per percorrere la maglia, econ il segno − se il verso di riferimento per vk è discorde con quello scelto per

percorrere la maglia. Le tensioni dei bipoli che non appartengono alla maglia inconsiderazione non compaiono, ovviamente, nella sommatoria.La legge espressa dalla (60) è una legge approssimata, così come lo è la (55)che vale solo in condizioni di funzionamento lentamente variabili. Nel modellocircuitale, che stiamo costruendo, si assume che anche essa sia esattamenteverificata in qualsiasi condizioni di funzionamento. Se ne trae, allora, la leggedi Kirchhoff per le tensioni.

Legge di Kirchhoff per le tensioni (LKT)

In ogni maglia la somma algebrica delle tensioni è istante per istante uguale azero, cioè

±( )vkk∑ t( ) = 0 . (61)

Nella (61) intervengono con lo stesso segno le tensioni i cui versi di riferimentosono concordi con il verso di percorrenza scelto, arbitrariamente, per la maglia,e con il segno contrario le tensioni con versi di riferimento opposti. Adesempio, la tensione vh deve essere sommata con il segno + se il suo verso di

riferimento è concorde con il verso di percorrenza della maglia, e con il segno− se è discorde. Possiamo fare anche la scelta opposta, cioè sommare con ilsegno + le tensioni che hanno il verso di riferimento discorde con il verso dipercorrenza della maglia e con il segno − le tensioni che hanno il verso diriferimento concorde con la maglia. Ciò è conseguenza del fatto che

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l’equazione (61) è lineare e omogenea. Si noti che per scrivere la legge diKirchhoff per le tensioni bisogna, innanzi tutto, assegnare i loro versi diriferimento, che possono essere assegnati in maniera del tutto arbitraria.

Esempio

Applicare la legge di Kirchhoff per le tensioni alla maglia illustrata in figura.

aaa

v1 + v2 − v3 − v4 = 0

ovvero−v1 − v2 + v3 + v4 = 0

v1

v3v2

v4

A differenza delle relazioni (55) e (60), le leggi di Kirchhoff sono definite conprecisione, perché descrivono il funzionamento di un circuito idealizzato, ilcircuito di bipoli. Esse costituiscono le due (e sole) leggi fondamentali dellaTeoria dei Circuiti. Le leggi di Kirchhoff descrivono le interazioni tra i diversicomponenti del circuito. Esse non dipendono né dalla natura, né dalle posizionispaziali relative dei componenti, ma solo dal modo in cui essi sono connessi.Dunque la condizione (b) discussa nel § 1.2 è ampiamente verificata quando losono le leggi di Kirchhoff.Le (56) e (61) vanno anche sotto il nome di prima legge di Kirchhoff e secondalegge di Kirchhoff, rispettivamente. Le equazioni che si ottengono applicando leleggi di Kirchhoff prendono il nome di equazioni di Kirchhoff.Il modello circuitale rappresenta una buona approssimazione del circuito fisicose valgono le limitazioni (35), (43), (48), (53) e (59). A questo punto siamo ingrado di stabilire con precisione cosa intendiamo per “condizione difunzionamento lentamente variabile”. Diciamo che il circuito è in condizioni difunzionamento lentamente variabili se sono verificate tutte le suddettecondizioni. I componenti e i circuiti sono nella maggior parte dei casi progettatiin maniera tale che in condizioni di funzionamento nominali le condizioni (35),(43), (48), (53) e (59) sono sempre verificate con un ampio margine.

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Osservazione

Le tensioni e le correnti di un dato circuito non possono variare nel tempo conuna velocità qualsiasi ed essere ancora verificate le leggi di Kirchhoff e le altrecondizioni che sono alla base del concetto di bipolo. Come già abbiamocommentato nel precedente paragrafo, dove è stato introdotto il concetto dibipolo, il modello circuitale è corretto solo se le pulsazioni (frequenze) checaratterizzano il contenuto armonico delle variabili circuitali (correnti etensioni) non superano certi valori che sono proprie del circuito. Come giàabbiamo osservato il calcolo di queste pulsazioni è estremamente complesso,richiede tecniche matematiche e numeriche molto avanzate e può essere fattosolo specificando in dettaglio il circuito in esame. Tuttavia è possibile stimarein maniera semplice un limite superiore che se superato mette in crisi l’interomodello circuitale.Il modello circuitale, che si basa sulle condizioni (35), (43), (48), (53) e (59),non è in grado di prevedere il fenomeno della propagazione elettromagnetica.Le condizioni (35), (43) e (53) equivalgono a trascurare gli effetti dellacorrente di spostamento e le approssimazioni (48) e (59) equivalgono atrascurare il fenomeno dell’induzione elettromagnetica. Di conseguenza non èpossibile attraverso il modello circuitale descrivere il fenomeno dellapropagazione per onde.In quali condizioni non sono trascurabili gli effetti della propagazione in undato circuito? Si intuisce che certamente non è possibile trascurare gli effettidella propagazione se il ritardo temporale caratteristico (più grande) introdottodalla velocità finita della propagazione per onde elettromagnetiche è più grandeo confrontabile con l’intervallo di tempo caratteristico (più piccolo), Tc , in cui

le tensioni e le correnti variano in modo apprezzabile. Il tempo di ritardocaratteristico più grande dovuto al valore finito della velocità di propagazionepuò essere stimato come

trc ≈ Lc

c, (62)

dove Lc è la più grande dimensione caratteristica del circuito e c è la velocità

di propagazione del campo elettromagnetico nella regione di spazio occupatadal circuito. Assumendo c = 3 ⋅108 m/s e Lc = 3 cm si ha tcr ≈10−10 s = 100 ps.

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L’intervallo di tempo caratteristico (più piccolo) in cui tensioni e correntivariano può essere stimato come

Tc ≈ 1fc

, (63)

dove fc è la frequenza caratteristica (più grande) delle correnti e tensioni

presenti nel circuito. Il modello circuitale non è valido se

trc ≈ Lc

c≥ Tc ≈ 1

fc

ovvero fc ≥ cLc

. (64a)

Per essere valide le approssimazioni alla base delle leggi di Kirchhoff edell’intero modello circuitale deve accadere che

Tc ≈ 1fc

>> trc ≈ Lc

c, ovvero fc << c

Lc

(64b)

ovvero

λc = cfc

>> Lc . (65)

Condizione necessaria per la validità del modello circuitale è che la lunghezzad’onda caratteristica più piccola λc , definita dalla (65), sia molto più grande della

più grande dimensione caratteristica del circuito. Ad esempio, per c = 3 ⋅108 m/se fc = 1 GHz si ha λ c = 30 cm. Per fissata frequenza caratteristica la condizione

(65) è tanto più verificata quanto più piccola è la più grande dimensionecaratteristica del circuito. Si capisce allora il perché usiamo l'espressione “modelloa parametri concentrati” quando ci riferiamo al modello circuitale.

♦Esempio

Scriviamo le leggi di Kirchhoff per il circuito di bipoli illustrato in Figura1.14. Ricordiamo che esso rappresenta il circuito fisico schematizzato in Figura1.10. In questo circuito ci sono 6 bipoli, 5 nodi e tre maglie.Applicando la legge di Kirchhoff per le correnti otteniamo le 5 equazioni

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nodo 1: i1 + i6 = 0,

nodo 2 : − i1 + i2 = 0,

nodo 3 : − i2 + i3 = 0,

nodo 4 : − i3 − i4 + i5 = 0,

nodo 5 : i4 − i5 − i6 = 0.

(66)

Le maglie del circuito sono:

M1 bipolo 1-bipolo 2-bipolo 3-bipolo 4-bipolo 6;

M2 bipolo 4-bipolo 5;

M3 bipolo 1-bipolo 2-bipolo 3-bipolo 5-bipolo 6.

Applicando la legge di Kirchhoff per le tensioni a queste maglie otteniamo ilsistema di equazioni per le tensioni:

M1 : v1 + v2 + v3 − v4 − v6 = 0,

M2 : v4 + v5 = 0,

M3 : v1 + v2 + v3 + v5 − v6 = 0.

(67)

Le equazioni dei sistemi (66) e (67) non sono tutte indipendenti (una analisi perispezione diretta mostra che, è possibile estrarre solo sei equazioni indipendenti,quattro dal sistema (66) e due dal sistema (67)); questo argomento verrà trattatoampiamente in seguito.In un circuito con 6 bipoli le grandezze elettriche da determinare sono le seicorrenti i1,...,i6 e le sei tensioni v1,...,v6, quindi le incognite sono dodici. Il

sistema di equazioni (66) e (67) contiene solo sei equazioni indipendenti, quindinon è sufficiente a determinare la soluzione del circuito, perché le incognitesono 12. Di conseguenza, per ottenere un sistema chiuso e ben posto abbiamobisogno di altre sei equazioni tra loro indipendenti e indipendenti anche daquelle ottenute tramite le leggi di Kirchhoff. Le equazioni che mancano sono lesei equazioni che descrivono il funzionamento dei singoli bipoli, cioè lerelazioni caratteristiche dei sei bipoli.

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1.7 Potenza e energia elettrica

Si consideri un circuito di componenti con due terminali, ad esempio, quelloriporta in Figura 1.10 (in Figura 1.15 è riportata la sua rappresentazione comecircuito di bipoli). Si consideri un generico componente del circuito. Permuovere le cariche elettriche all’interno del componente e produrre, quindi,una corrente elettrica, la restante parte del circuito deve produrre del lavorocontro le forze di interazione di tipo elettromagnetiche esistenti all’interno delcomponente e, quindi, deve spendere dell’energia. Questa energia è nota comeenergia elettrica.L’energia elettrica è solo una delle tante forme di energia, come l’energiameccanica, il calore, l’energia luminosa, .... . L’energia elettrica èrelativamente facile da produrre e trasportare in tutti i luoghi in cui ènecessaria. Essa può essere facilmente convertita in energia meccanica, termica,luminosa, ... ed è fondamentale in tutti gli apparati e sistemi per l’elaborazionee la trasmissioni delle informazioni.Indichiamo con w t;t + T( ) l’energia elettrica assorbita dal bipolo nell’intervallodi tempo t,t + T( ) . Per definizione, l’energia elettrica assorbita è effettivamente

assorbita dal bipolo se è positiva, cioè è ceduta dal resto del circuito al bipolo;invece, se l’energia elettrica assorbita dal bipolo è negativa essa èeffettivamente ceduta dal bipolo al circuito a cui è collegato e, quindi, èeffettivamente erogata dal bipolo. Possiamo, anche, introdurre l’energia erogatadal bipolo ˆ w t; t + T( ) , definita come

ˆ w t; t + T( ) = −w t;t + T( ) . (68)

Nel sistema SI l’unità di misura dell’energia è denominata joule (simbolo J),

w[ ] = J . (69)

Il rapporto

P t;T( ) = w t;t + T( )T

(70)

definisce la potenza elettrica media assorbita nell’intervallo t,t + T( ) dal

bipolo. In generale, la potenza elettrica media assorbita dipende sia dall’istante

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iniziale t dell’intervallo di osservazione sia dalla lunghezza T dell’intervallo diosservazione. Tuttavia, quasi sempre le cose stanno in modo tale che P tende aun valore ben definito, che in generale dipende solo da t , se la lunghezzadell’intervallo T viene fatto tendere a un valore “fisicamente infinitesimo” ∆t .In tali condizioni è possibile definire la potenza elettrica istantanea p t( )assorbita dal bipolo nel generico istante t come

w t;t + ∆t( ) = p t( )∆t . (71)

La potenza istantanea p t( ) assorbita dal bipolo in un generico istante t è,

dunque, l’energia elettrica assorbita dal bipolo nell’unità di tempo. La potenzaelettrica istantanea ˆ p t( ) erogata è definita come

ˆ p t( ) = −p t( ) . (72)

È evidente che l’energia elettrica assorbita dal bipolo nell’intervallo di tempot0, t( ) può essere espressa come

w t0; t( ) = p t( )dtt0

t

∫ , (73)

quindi

p t( ) =dw t0; t( )

dt . (74)

Nella (74) t0 è un parametro da ritenersi costante. Questa relazione è una

diretta conseguenza della definizione di potenza elettrica data sopra.Nel sistema SI l’unità di misura della potenza è denominata watt (simbolo W),

p[ ] = W . (75)

È un fatto fondamentale dell’elettromagnetismo che in condizioni lentamentevariabili (quasi-stazionarie) la potenza elettrica istantanea assorbita da uncomponente con due terminali è uguale al prodotto della tensione del bipolo perla corrente del bipolo, avendo scelto i versi di riferimento per la tensione e lacorrente in accordo con la convenzione dell’utilizzatore (Figura 1.14a e 1.14d),

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p t( ) = v t( )i t( ) = ′ v t( ) ′ i t( ) . (76)

La potenza erogata ˆ p t( ) è data dall’espressione

ˆ p t( ) = ′ v t( )i t( ) = v t( ) ′ i t( ) , (77)

dove, ora, i versi di riferimento della tensione e della corrente sono stati sceltiin accordo alla convenzione del generatore (Figura 1.14b e 1.14c).La dimostrazione della relazione (76) (o (77)) richiede strumenti e teorieavanzate che saranno oggetto di corsi della laurea specialistica. Noi, nelprossimo paragrafo, ci limiteremo solo a verificarla per alcuni bipoli dei qualiconosciamo le proprietà energetiche dal corso di Fisica.Le potenze elettriche assorbite dagli elementi di un circuito si conservano.Dimostreremo questa importante proprietà nel prossimo Capitolo.Si ha

1 J = 1 W ⋅1 s e 1 W = 1 V ⋅1 A . (78)

Osservazione

Prima di proseguire, c’è bisogno di stabilire un’altra convenzione. Conl’espressione “potenza assorbita” (energia assorbita) si intende il prodotto tra latensione e la corrente del bipolo scelte con la convenzione dell’utilizzatore,mentre con l’espressione “potenza erogata” (energia erogata) si intende ilprodotto tra la tensione e la corrente scelte con la convenzione del generatore:queste grandezze, a seconda del bipolo e della dinamica circuitale, possonoessere, in generale, positive in alcuni istanti e negative in altri. Invece conl’espressione “il bipolo assorbe energia elettrica” (potenza elettrica) si deveintendere che si sta considerando una condizione di funzionamento, in cuil’energia assorbita (la potenza assorbita) è positiva e con l’espressione “il bipoloeroga energia elettrica” (potenza elettrica) si deve intendere che si staconsiderando una condizione di funzionamento, in cui l’energia erogata (lapotenza erogata) è positiva.Un bipolo può erogare energia elettrica in alcuni intervalli di tempo e assorbirlain altri. Ci sono bipoli che non possono mai erogare più energia elettrica diquella assorbita in precedenza e bipoli che, invece, possono erogare più energia

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elettrica di quella assorbita. I bipoli (così come tutti gli altri elementi circuitali)vengono classificati in due tipi: bipoli attivi e bipoli passivi, a seconda sepossono erogare più energia elettrica di quella assorbita in precedenza opossono erogare una quantità limitata di energia elettrica che non può superaremai quella assorbita in precedenza.

Definizione: bipolo passivo e bipolo attivo

Un bipolo si dice passivo se, per ogni condizione di funzionamento, non puòerogare più energia elettrica di quanto ne abbia assorbita in precedenza. Seesiste almeno una condizione di funzionamento in cui il bipolo eroga piùenergia elettrica di quanto ne abbia assorbita in precedenza, allora si dice cheesso è attivo.

1.8 Bipoli elementari

Spesso nel linguaggio tecnico si fa uso dello stesso termine per indicare sia ilcomponente che concretamente realizza una certa relazione caratteristica, sia ilcomponente “ideale” che ritroviamo negli schemi circuitali. Naturalmente,mentre nel primo caso, la relazione caratteristica è da intendersi comeapprossimazione che descrive in maniera soddisfacente il comportamento delcomponente in certe condizioni di funzionamento, nel secondo caso essa è lalegge esatta che descrive il comportamento di un componente idealeopportunamente estrapolato da quello reale. Anche se questa ambiguità dilinguaggio non può comportare confusione, in quanto sono sempre ben chiari ilimiti del modello entro cui si intende operare, è importante mentre si stacostruendo una teoria operare la distinzione tra il componente fisico e ilcomponente ideale che lo rappresenta nel modello che si sta costruendo. Perquesta ragione useremo per indicare il componente ideale il termine elementocircuitale.L’elemento circuitale è solo un modello e ogni modello costituisce unaapprossimazione. A seconda dell’applicazione, lo stesso componente può essererappresentato da diversi elementi circuitali. Il modello di un componente puòessere, in generale, anche un oggetto complesso costituito da più elementi

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circuitali. D’altronde, uno stesso elemento circuitale può rappresentare ilfunzionamento di componenti molto diversi tra loro.Gli elementi circuitali a due terminali, cioè i bipoli, rivestono un ruolofondamentale nella teoria dei circuiti. In questo paragrafo descriveremo i bipolielementari e ci soffermeremo su quelle che sono le loro proprietà fondamentali.Una prima classificazione fondamentale dei bipoli li distingue in lineari e nonlineari. Evidentemente è lineare un bipolo la cui relazione caratteristica sia ditipo lineare. Una seconda classificazione dei bipoli, che è convenienteintrodurre, è quella che li distingue in bipoli statici e bipoli dinamici. I primisono bipoli caratterizzati da un legame tra la tensione e corrente di tipoistantaneo descrivibile attraverso relazioni algebriche. Spesso queste relazionivengono descritte attraverso le curve che esse definiscono sul piano tensione-corrente. A queste curve si dà il nome di curve caratteristiche.I bipoli dinamici sono, invece, caratterizzati da un legame tra tensione ecorrente più complesso nel quale è presente, ad esempio, la derivata di unadelle due grandezze elettriche. Questi bipoli, quando presenti, introduconoequazioni differenziali ordinarie nelle equazioni circuitali, ampliandonotevolmente la complessità del comportamento della rete elettrica.

1.8.1 Resistore lineare

Il resistore lineare è un bipolo statico il cui funzionamento è descritto dallarelazione algebrica

v = Ri , (79)

dove R è un coefficiente costante che prende il nome di resistenza elettrica delresistore. In Figura 1.17a è riportato il simbolo del resistore lineare: i versi diriferimento dalla corrente e della tensione sono stati scelti in accordo con laconvenzione dell’utilizzatore. In Figura 1.17b è riportata sul piano i, v( ) la

curva rappresentativa della funzione (79), essa è la curva caratteristica delresistore.Nel sistema SI l’unità di misura della resistenza elettrica è denominata ohm(simbolo Ω),

R[ ] = Ω . (80)

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Si ha

1 Ω = 1 V /1 A . (81)

Per un resistore lineare, il valore della resistenza è indipendente dal valore dellacorrente e della tensione applicate; essa dipende solo dalla costituzione fisica delcomponente che esso descrive, ad esempio, dalla resistività del materiale e dalledimensioni del conduttore se si tratta del modello di un resistore ohmico.

aaa

i +

vRi

v

α

(a) (b)

Fig. 1.17 (a) simbolo del resistore lineare e (b) relativa curva caratteristica.

La relazione (1) è una relazione lineare 6. Essa non sarebbe lineare se vi fosseanche un termine additivo costante. In conseguenza di ciò la curva caratteristicadel resistore è una retta passante per l’origine; la tangente dell’angolo chequesta retta forma con l’asse delle ascisse è uguale alla resistenza elettrica R ,R = tgα ⋅1 Ω . Per R → 0 (corto circuito) la curva caratteristica del resistoretende a coincidere con l’asse delle ascisse, mentre per R → ∞ (circuito aperto) lacurva caratteristica del resistore tende a coincidere con l’asse delle ordinate.Il resistore lineare è un bipolo simmetrico perché la sua curva caratteristica èsimmetrica rispetto all’origine del piano i, v( ) : se si scambiano i terminali di un

resistore lineare il funzionamento del circuito in cui esso è inserito non cambia.Se R è indipendente dal tempo il resistore si dice che è tempo invariante.Il resistore lineare è controllato sia in tensione che in corrente, cioè per ognivalore di tensione c’è un solo valore di corrente e viceversa.

6 La relazione y = f x( ) si dice lineare se, comunqe si scelgano x1 e x2 e le costanti α1 e α

2 si

ha f α1x1 +α2 x2 = α1 f x1 +α2 f x2 ; la funzione Kx è lineare ( K è una costante),

mentre le funzioni Kx + h , x2 , x , ... non sono lineari.

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Il resistore lineare può essere anche caratterizzato dalla conduttanza G definitacome

G = 1R

. (82)

In termini di conduttanza la relazione caratteristica del resistore lineare è

i = Gv . (83)

Nel sistema SI l’unità di misura della conduttanza elettrica è denominatasiemens (simbolo S ),

G[ ] = S . (84)

Si ha

1 S =1 Ω−1 . (85)

Per i resistori ohmici la resistenza è sempre positiva. È raro trovare uncomponente fisico che si comporti come un resistore lineare con resistenzanegativa. Comunque il modello di resistore lineare con resistenza negativa èimportante perché un resistore non lineare, quale potrebbe essere un diodotunnel, si può comportare come un resistore lineare con resistenza negativanell’analisi per piccoli segnali.La potenza elettrica assorbita dal resistore lineare è data da

p = vi = Ri2 = Gv2 . (86)

Se la resistenza è positiva la potenza assorbita è sempre positiva, qualsiasi sia lacondizione di funzionamento. In questo caso il bipolo assorbe potenza elettricae quindi energia dal circuito a cui è collegato e non la restituisce mai. Diconseguenza il resistore con resistenza positiva è un bipolo statico passivo.Come poi vedremo, altri esempi di bipoli statici passivi sono il diodo agiunzione pn e il diodo tunnel.Nella maggior parte dei casi l’energia elettrica assorbita da un resistore passivoviene trasformata in calore per effetto joule. Come già sappiamo dal corso di

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fisica Ri2 è proprio l’energia elettrica che nell’unità di tempo è trasformata incalore per effetto joule in un resistore ohmico.In generale, i bipoli statici passivi che trasformano l’energia elettrica assorbitain calore vengono detti bipoli dissipativi.Anche un linea di trasmissione bifilare ideale e semi-infinita si comporta ai dueterminali come un resistore lineare con resistenza positiva. In questo caso, però,l’energia assorbita dalla linea, che è sempre positiva, non è trasformata incalore.Se la resistenza è negativa la potenza elettrica assorbita è sempre negativa. Ciòsignifica che in qualsiasi condizione di funzionamento il bipolo eroga energiaelettrica al circuito a cui esso è collegato. Questo è un esempio di bipolo staticoattivo.

Osservazione

Un filo conduttore a sezione trasversale uniforme è la schematizzazione piùsemplice del componente (fisico) resistore. In questo caso la resistenza elettricaè data da

R = η lA

, (87)

dove η è la resistività del filo, A è l’area della sezione trasversale del filo e l èla sua lunghezza. La resistività del filo, che nel sistema internazionale si misurain Ω ⋅ m, è una costante che dipende dalla composizione del materiale e dallatemperatura.Il fatto che il componente resistore abbia una relazione caratteristica del tipo(79) richiede che siano verificate delle condizioni abbastanza stringenti e che ilmoto delle cariche nel dispositivo stesso sia regolato da leggi particolari. Nonstupisce, quindi, il fatto che un resistore reale si comporti come tale solo in undeterminato campo dei parametri che caratterizzano le sue condizioni fisiche.Un parametro fisico che, per esempio, condiziona il comportamento di unresistore è la temperatura. Infatti, la resistività η di un materiale è, in generale,dipendente dalla temperatura. In Figura 1.18 sono riportati andamenti tipicidella resistività in funzione della temperatura per due diversi materiali; come sivede la resistività può sia aumentare che diminuire al crescere della

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temperatura. Anche per uno stesso materiale, i due comportamenti possonoriscontrarsi per diversi intervalli di temperatura.

Fig. 1.18 Resistività del rame e della grafite in funzione della temperatura.

Il fatto che R dipenda dalla temperatura ha una conseguenza importante chevogliamo esaminare in maggior dettaglio. Come sappiamo un resistore diresistenza R attraversato da una corrente elettrica i per un intervallo di tempo∆t assorbe un’energia elettrica pari a Ri2 ∆t . Questa energia viene trasformatatutta in calore. In conseguenza di ciò la temperatura del resistore tende acrescere e quindi la sua resistenza a variare. Ne consegue, dunque, una indirettadipendenza di R da i che modifica la caratteristica del bipolo stesso. In effetti,però, il resistore raggiunge rapidamente una temperatura di regime che si puòfacilmente determinare con un semplice bilancio energetico. La temperaturaraggiunta sarà quella alla quale la potenza dissipata nel resistore è esattamenteeguale alla quantità di calore che nell’unità di tempo il bipolo resistoretrasferisce all’ambiente circostante, che a sua volta dipende dalla differenza ditemperatura tra il resistore e l’ambiente circostante. Una volta che latemperatura si è stabilizzata, anche il valore di R si stabilizza, anche se su unnuovo valore diverso da quello iniziale in assenza di corrente elettrica. Neconsegue che per ogni resistore accanto al valore della sua resistenza e della“precisione” con cui essa viene garantita, deve essere anche fornito il valoremassimo della corrente - o della potenza Ri2 - per la quale tali valori vengonoassicurati. Per questo motivo i resistori vengono in generale classificati in base

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alla potenza che essi sono in grado di dissipare senza che il valore dellaresistenza valichi i limiti della precisione garantita, o, al limite che il resistorestesso si deteriori irreversibilmente. Naturalmente per consentire ad un resistoredi dissipare una maggiore potenza, mantenendo la sua temperatura entro limitiaccettabili, il metodo più semplice è quello di aumentare la superficie discambio con l’ambiente circostante, di modo che aumenti la quantità di caloreceduta nell’unità di tempo. D’altra parte superfici più grandi comportanovolumi maggiori e quindi, in generale, la dimensione del resistore è indice dellasua capacità di dissipare potenza.Un altro fattore che può influire sulle dimensioni di un resistore è la tensione dilavoro per cui esso è costruito. Questo parametro è particolarmente significativoper resistori progettati per elevate tensioni. Fino ad ora abbiamo implicitamenteassunto il resistore immerso in un mezzo isolante di modo che il moto dellecariche fosse obbligato a svilupparsi esclusivamente attraverso il resistorestesso. In effetti qualsiasi mezzo isolante si comporta come tale solo se la forzadovuta al campo elettrico che agisce sulle cariche in esso presenti - si pensi allasua struttura molecolare e atomica - non supera determinati limiti. Per valori dicampo elettrico troppo elevati l’isolante perde le sue caratteristiche, si sviluppauna “scarica” al suo interno ed il passaggio di cariche non è più interdetto. Ilcampo di “breakdown” al di sopra del quale si sviluppa la scarica dipende inmodo significativo dalle condizioni fisico - chimiche del mezzo (composizione,umidità, temperatura, etc.); per l’aria, ad esempio, in condizioni normali ilcampo di breakdown è di circa 25 kV / cm . Di conseguenza le dimensioni delresistore devono essere tali da garantire che, per i valori di tensione per cui essoè progettato, in nessun punto dell’isolante in cui è immerso può essere superatoil campo di breakdown. Come si diceva questo fattore è particolarmenteimportante per i resistori per alte tensioni.In generale tutte queste caratteristiche dipendono dal modo in cui il resistore èrealizzato. Da questo punto di vista una classificazione a grandi linee può esserela seguente: resistori a filo avvolto, resistori a lamine, resistori a film sottile,resistori a strato e resistori massivi. Le caratteristiche specifiche di ognuna diqueste classi dipendono, naturalmente, dalle diverse tecnologie impiegate per laloro realizzazione e non saranno ulteriormente approfondite in questo articolo.Esistono numerosi manuali che affrontano in dettaglio questi argomenti.Un’altra classificazione utile è quella che vede i resistori distinti in due classi:resistori fissi e resistori variabili o potenziometri. Nella prima classe possiamodistinguerli in: resistori a bassa potenza - tipicamente da 0,05 a 2 W -, resistori

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ad alta potenza - tipicamente da 2 a 100 W, resistori per alte tensioni, resistoridi alta resistenza, resistori a chip. Per alcune tipologie di resistori di potenzasufficientemente bassa, e quindi di ridotte dimensioni, è invalso l’uso diindicare il valore della resistenza e la relativa tolleranza mediante un codice abande colorate la cui chiave di lettura è riportati in tutti i manuali. Nellaseconda classe invece vanno inclusi tutti i resistori variabili che, a seconda delmodo in cui la variabilità è ottenuta, si possono distinguere in resistori acontatto rotante, resistori a contatto strisciante e resistori a predisposizioneiniziale.

1.8.2 Generatore ideale di tensione e di corrente

Un generatore ideale di tensione è un bipolo statico la cui tensione è nota e nondipende dalla corrente che lo attraversa,

v = e t( ) . (88)

La tensione e impressa dal generatore di tensione, in generale, varia nel tempo.Il verso di riferimento della tensione impressa e è quello che va dal segno + alsegno − disegnati nel cerchio che rappresenta il simbolo di un generatoreindipendente, Figura 1.19a. In Figura 1.19b è riportata la curva caratteristicadel generatore ideale di tensione sul piano v,i( ) . Essa è una retta parallela

all’asse delle ordinate i . Nel caso di tensione impressa variabile nel tempo laretta trasla parallelamente a se stessa secondo la legge oraria descritta dallafunzione e t( ).

aaa

(a) (b) (c) (d)

i+

vj t( )i

v

e t( )p > 0p < 0

i

v

j t( )

p > 0

p < 0i

+

ve t( )

Fig. 1.19 (a) simbolo del generatore indipendente di tensione e (b) relativa curvacaratteristica; (c) simbolo del generatore ideale di corrente e (d) relativa curvacaratteristica.

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Nella realtà fisica non esiste niente di simile ad un generatore di tensioneindipendente. Comunque, certe sorgenti per certi intervalli di valori di correntesi avvicinano assai ad un generatore indipendente di tensione. Un generatore ditensione costante, che imprime una tensione costante nel tempo, può essere ilmodello ideale di una pila, un accumulatore (quando, ovviamente, sonocarichi), una dinamo o di un convertitore ac-dc o un alimentatore in continuaquando gli effetti dei fenomeni dissipativi presenti all’interno di questicomponenti sono trascurabili. Un generatore di tensione sinusoidale, cheimprime una tensione sinusoidale nel tempo, è il modello ideale di unalternatore o un convertitore dc-ac.A differenza della curva caratteristica del resistore lineare, la curvacaratteristica del generatore di tensione ideale non è simmetrica: ilfunzionamento del circuito in cui esso è inserito può cambiare completamentese si invertono i terminali del generatore. Tutti hanno esperienza del fatto chequando si sbaglia a inserire le pile in un apparato invertendo i morsetti, adesempio, in una radio portatile, esso non funziona più.Il generatore ideale di tensione non è controllabile in tensione, è controllabilesolo in corrente.La potenza assorbita da un generatore di tensione è data da

p = ei . (89)

Siccome la curva caratteristica del generatore ideale di tensione si trova nelprimo e nel quarto quadrante, o nel secondo e nel terzo quadrante, del pianov, i( ) (Figura 1.19b) esistono condizioni di funzionamento in cui la potenza

assorbita è positiva e condizioni di funzionamento in cui la potenza assorbita ènegativa. Nelle condizioni di funzionamento in cui la potenza assorbita èminore di zero il generatore effettivamente eroga potenza elettrica e quindi puòerogare, senza alcun limite, energia elettrica al circuito a cui esso è collegato.Ciò significa che il generatore ideale di tensione è un bipolo statico attivo.Il generatore ideale di corrente è un bipolo statico la cui corrente è nota e nondipende dalla tensione ai suoi terminali,

i = j t( ). (90)

La corrente j impressa dal generatore di corrente, in generale, varia nel tempo.Il verso di riferimento della corrente impressa j è quello concorde con quello

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della freccia disegnata nel cerchio che rappresenta il simbolo di un generatoreindipendente, Figura 1.19c. In Figura 1.19d è riportata la curva caratteristicadel generatore ideale di corrente sul piano v,i( ). Essa è una retta parallelaall’asse delle ordinate v .Come per il generatore ideale di tensione, nella realtà fisica non esiste niente disimile ad un generatore di corrente indipendente. Comunque, certe sorgenti percerti intervalli di valori di corrente si avvicinano assai ad un generatoreindipendente di corrente.La potenza assorbita da un generatore di corrente è data da

p = vj . (91)

Siccome la curva caratteristica del generatore ideale di corrente si trova nelprimo e nel quarto quadrante, o nel secondo e nel terzo quadrante, del pianov,i( ) esistono condizioni di funzionamento in cui il segno della potenza assorbita

è positiva e condizioni di funzionamento in cui la potenza assorbita è negativa.Ciò significa che, come il generatore indipendente di tensione, anche ilgeneratore indipendente di corrente è un bipolo attivo, cioè in grado di erogareeffettivamente energia al circuito a cui è collegato, senza alcun limite.

aaa

(a) (b)

e t( )i

R

+

vj t( ) R

Fig. 1.20 Due circuiti resistivi semplici.

Circuito resistivo semplice

Consideriamo i circuiti semplici riportati in Figura 1.20: in Figura 1.20a unresistore lineare di resistenza R è collegato a un generatore indipendente ditensione che imprime la tensione e t( ); in Figura 1.20b un resistore lineare di

resistenza R è collegato a un generatore indipendente di corrente che imprimela corrente j t( ) . La corrente nel resistore del primo circuito, che è incognita, è

data da

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i t( ) = e t( )R

. (92)

La potenza elettrica assorbita dal resistore è

p t( ) = e2 t( )R

; (93)

essa coincide con la potenza erogata dal generatore di tensione. Il lettore risolvail circuito semplice illustrato in Figura 1.20b.

1.8.3 Corto circuito e circuito aperto

Il corto circuito è un bipolo statico definito dalla relazione costitutiva

v = 0 per qualsiasi valore di i , (94)

cioè per qualsiasi valore della corrente i la tensione è nulla. Il simbolo diquesto bipolo è illustrato in Figura 1.21a e la sua curva caratteristica in figura1.21b.

aaa

i+

v = 0

(a) (b) (c) (d)

i

v

+

v

i = 0

i

v

Fig. 1.21 (a) simbolo del corto circuito e (b) relativa curva caratteristica; (c) simbolo delcircuito aperto e (d) relativa curva caratteristica.

Il corto circuito può essere il modello di un resistore con R → 0, ad esempio, ilmodello di un tratto di conduttore con elevata conducibilità (al limite infinita).I collegamenti tra i diversi componenti di un circuito possono essere

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schematizzati come tanti corto circuiti. Naturalmente un filo di un conduttorereale può al più approssimare il comportamento di un corto circuito, el’approssimazione sarà tanto migliore quanto più “corto” sarà il tratto delconduttore di collegamento.La caratteristica di un generatore indipendente di tensione coincide con quelladel corto circuito quando e = 0 , cioè quando il generatore è spento.Il circuito aperto è il bipolo statico definito dalla relazione caratteristica

i = 0 per qualsiasi valore di v , (95)

cioè per qualsiasi valore della tensione v la corrente che in esso circola è nulla.Un tale bipolo si potrebbe realizzare frapponendo tra i terminali un materialeperfettamente “non conduttore”, cioè un isolante ideale. Per questo motivo ilbipolo prende il nome di “circuito aperto”. Il simbolo del bipolo circuito apertoè illustrato in Figura 1.21c e la sua curva caratteristica in Figura 1.21d. Siosservi che la caratteristica di un generatore ideale di corrente coincide conquella del circuito aperto quando la corrente j = 0, cioè quando il generatore èspento.Il corto circuito è controllato soltanto in corrente e l’unico valore ammissibiledi tensione è v = 0, mentre il circuito aperto è controllato soltanto in tensione el’unico valore ammissibile di corrente è i = 0 ; entrambi questi bipoli verificanola proprietà di linearità.Le potenze elettriche assorbite da un corto circuito e da un circuito aperto sonoentrambe uguali a zero.

1.8.4 Interruttore

L’interruttore è un bipolo statico tempo-variante; il simbolo è illustrato inFigura 1.22. Quando l’interruttore è aperto, la corrente è zeroindipendentemente dal valore della tensione, mentre quando è chiuso, latensione è zero indipendentemente dal valore della corrente. Negli istanti ditempo in cui l'interruttore è aperto la sua curva caratteristica coincide conquella del circuito aperto; negli istanti in cui è chiuso la sua curva caratteristicacoincide con quella del corto circuito. Il bipolo interruttore è lineare.L’interruttore periodico è un bipolo statico, tempo-variante e lineare. Ilsimbolo è illustrato in Figura 1.23. Per 0 ≤ t < t1, l’interruttore è aperto, la

corrente è zero, e la caratteristica coincide con quella del circuito aperto. Per

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t1 < t < T , l’interruttore è chiuso, la tensione è zero, e la caratteristica coincide

con quella del corto circuito. Dopo un intervallo di tempo T l’interruttoreripete l’operazione.

aaa

+

v

i+

v

i

(a) (b)Fig. 1.22 (a) Interruttore aperto e (b) interruttore chiuso.

aa

v

+

Fig. 1.23 Interruttore periodico.

1.8.5 Resistori non lineari

I resistori non lineari sono bipoli statici che hanno una relazione caratteristicaespressa da una relazione algebrica non lineare. Il simbolo di un genericoresistore non lineare (e non simmetrico) è rappresentato in Figura 1.24.

aaa

+

v

i

Fig. 1.24 Simbolo di un generico resistore non lineare non simmetrico.

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Esistono molti tipi di resistori non lineari. Siccome l’analisi dei circuiti nonlineari si allontana dal nostro principale obiettivo, qui ci limiteremo solo adescrivere due esempi molto importanti.Un esempio tipico di resistore non lineare è il diodo a giunzione pn. In Figura1.25a è riportato il simbolo e in Figura 1.25b è riportata, qualitativamente, lacurva caratteristica. Questo bipolo statico è non lineare, non simmetrico, tempoinvariante, controllato sia in tensione che in corrente. Esso rappresenta ildispositivi fisico diodo a giunzione pn nel funzionamento lentamente variabile.

aa

v

+

Fig. 1.24 (a) Simbolo del diodo e (b) curva caratteristica.

aa

v

+

Fig. 1.25 (a) Simbolo del diodo tunnel e (b) curva caratteristica.

Il diodo tunnel è il bipolo statico non lineare descritto dalla curva caratteristicarappresentata in Figura 1.25b; in Figura 1.25a è riportato il suo simbolo. Esso èun esempio di bipolo controllabile solo in tensione. A differenza della curvacaratteristica del diodo pn, la curva caratteristica del diodo tunnel è nonmonotona. Per i1 < i < i2 il bipolo non può essere controllato in corrente perché

esistono tre possibili valori di tensione che verificano la relazione costitutiva.

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1.8.6 Bipoli statici passivi e attivi

Le curve caratteristiche del diodo a giunzione pn e del diodo tunnel passanosolo per il primo e terzo quadrante del piano i, v( ) . Pertanto la potenza assorbita

da loro è sempre positiva; essa è uguale a zero quando tensione e corrente sonoentrambe nulle. Pertanto, entrambi questi bipoli sono passivi.In generale, un bipolo statico, lineare o non lineare, è passivo se la curvacaratteristica del bipolo (definita in accordo con la convenzionedell’utilizzatore) appartiene solo al primo e terzo quadrante del piano i, v( ) ,

Figura 1.27a.

aaa

i

vp = vi > 0

p = vi > 0 i

v

p = vi < 0

p = vi > 0

p = vi < 0

(a) (b)Fig. 1.27 (a) Curva caratteristica di un bipolo statico passivo e (b) di un bipolo statico

attivo.

Se la curva caratteristica del bipolo non lineare passa anche per il secondo o ilquarto quadrante, allora esistono condizioni di funzionamento in cui la potenzaassorbita dal bipolo è negativa, Figura 1.27b. In queste condizioni il bipoloeffettivamente erogare potenza elettrica e quindi può erogare, senza alcunlimite, energia elettrica al circuito a cui esso è collegato. Ciò significa che unbipolo di questo tipo è attivo.

1.8.7 Condensatore

La relazione tra tensione e corrente per i bipoli dinamici è di tipo differenziale(o integrale), e quindi il valore della tensione o della corrente in ogni istantedipende anche dalla storia passata. I bipoli dinamici fondamentali sono ilcondensatore e l’induttore. Ora descriveremo il condensatore, poi l’induttore.Il condensatore lineare è un elemento a due terminali caratterizzato dallacapacità C . Il simbolo del condensatore lineare è riportato in Figura 1.28a.

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Esso è costituito da due armature realizzate con materiale con elevatissimaconducibilità elettrica. Molto spesso tra le due armature è interposto delmateriale con proprietà dielettriche per incrementare la capacità. Quando allearmature del condensatore è applicata una tensione elettrica, sulle due armaturenasce una carica elettrica addensata sulle superfici: le due cariche sono eguali invalore assoluto e hanno segno opposto.Il condensatore lineare è definito dalla relazione caratteristica lineare carica-tensione

Q = Cv (95)

dove C è la capacità del condensatore, Q è la carica depositata sull’armaturacontrassegnata con il simbolo + e v è la tensione del condensatore. In generalela relazione caratteristica tensione-carica può essere rappresentata graficamentenel piano v − q: essa è, per definizione, la curva caratteristica del condensatore.La curva caratteristica del condensatore lineare è una retta passante perl’origine, Figura 1.28b. Quando la capacità non varia nel tempo il condensatorelineare si dice che è tempo-invariante.

aaa

+

v

i

Cv

Q

(a) (b)

Fig. 1.28 (a) Simbolo di un condensatore lineare e (b) curva caratteristica v − Q.

Nel sistema SI l’unità di misura della capacità elettrica è denominata farad(simbolo F),

C[ ] = F . (96)

Si ha

1 F = 1 C/1 V . (97)

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La corrente i , con il verso di riferimento scelto in accordo con la convenzionedell’utilizzatore, è legata alla carica totale Q addensata sull’armatura connessaal terminale contrassegnato con il segno + attraverso l’equazione differenziale

i = dQdt

, (98)

o l’equazione integrale

Q t( ) − Q t0( ) = i τ( )dτt0

t

∫ . (99)

La relazione (98) (e quindi la relazione (99)) sono una diretta conseguenzadella legge della conservazione della carica (23) applicata a una superficiechiusa che contiene solo l’armatura connessa al terminale contrassegnato con ilsegno + . Questa superficie chiusa è forata solo dal terminale contrassegnato conil segno + .La relazione (95) è una relazione algebrica, quindi di tipo istantanea. Invece larelazione tra la tensione e la corrente, a causa della (98) (o della (99)) non è ditipo istantaneo. Sostituendo la (95) nella (98) si ha la relazione caratteristica informa differenziale del condensatore lineare tempo-invariante,

i = Cdvdt

. (100)

All’equazione differenziale (100) bisogna affiancare, per una descrizionecompleta del comportamento del condensatore e, quindi, del circuito, il valoredella tensione del condensatore all’istante iniziale (che per convenzionefissiamo a t = 0 ),

v t = 0( ) = V0 . (101)

Sostituendo la (95) nella (99) e utilizzando la condizione iniziale (101) si ha larelazione caratteristica in forma integrale

v t( ) = 1C

i τ( )dτ0

t

∫ + V0 . (102)

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Da questa equazione è evidente che v t( ) dipende dalla storia della correntenell’intervallo t0, t( ) e dal valore iniziale della tensione. Per questa ragione si

dice che il condensatore è un bipolo a memoria, cioè il suo comportamento algenerico istante t dipende anche da ciò che è accaduto al suo interno negliistanti precedenti. Invece il resistore non è un bipolo a memoria, perché latensione ad un generico istante dipende solo dal valore della corrente inquell’istante e non dalla storia precedente. Attraverso la condizione iniziale(101) si porta in conto l’influenza della storia del condensatore, precedenteall’istante iniziale t = 0 , sul suo comportamento nell’intervallo 0,t( ) .

Si consideri, ora, la potenza assorbita dal condensatore lineare tempo-invariante. Si ha

p = vi = vCdvdt

= ddt

Cv 2

2

= dWe

dt, (103)

dove

We t( ) = 12

Cv2 t( ) . (104)

Sappiamo dal corso di Fisica che We t( ) è proprio l’energia immagazzinata nel

condensatore all’istante t , associata al campo elettrico in esso presente. EssendoC una grandezza definita positiva, l’energia immagazzinata è positiva.L’energia assorbita dal condensatore nel generico intervallo t0, t( ) è data da

w t0 ,t( ) = p(τ)dτ = ddτ

Cv 2

2

dτ =

t0

t

∫t0

t

∫ We t( ) − We t0( ). (105)

L’energia assorbita dal condensatore, a differenza dell’energia assorbita da unresistore o da un generatore, non dipende dalla storia della tensionenell’intervallo t0, t( ) , ma solo dai valori che essa assume agli estremi

dell’intervallo t0, t( ) : dal valore della tensione v t0( ) nell’istante iniziale e dalvalore della tensione v t( ) nell’istante finale. Quando la tensione nell’istantefinale v t( ) è uguale a quella nell’istante iniziale v t0( ) , allora l’energia assorbita

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dal condensatore è identicamente nulla, indipendentemente dalla storia dellatensione. Un bipolo con questa proprietà si dice conservativo.Quando We t( ) > We t0( ) l’energia assorbita dal condensatore nell’intervallo t0, t( )è positiva e, quindi, è effettivamente assorbita; se, invece, We t( ) < We t0( )l’energia assorbita è negativa e, quindi, corrisponde ad una energiaeffettivamente fornita dal bipolo al resto del circuito in cui esso è inserito. Inogni caso, però, se il condensatore è inizialmente scarico l’energia assorbita ècertamente positiva, w t,t0( ) = Cv2 t( ) /2 .

Tutte queste considerazioni portano alle seguenti conclusioni:

• il bipolo condensatore è in grado di assorbire o fornire energia elettrica;• l’energia effettivamente assorbita è immagazzinata sotto forma di energia

associata al campo elettrico, a differenza di quanto accade nei resistoripassivi, nei quali tutta l’energia assorbita viene trasformata in calore;

• in ogni istante il livello della sua energia immagazzinata è pari a Cv2 t( ) / 2;

• l’energia che esso può erogare in un determinato intervallo non è maisuperiore a quella che ha assorbito nella storia precedente.

In altri termini, per il condensatore con C > 0 si ha per ogni t ≥ t∗

w t∗, t( ) = p(τ)dτt∗

t

∫ ≥ 0, (106)

dove t∗ è l’istante in cui l’energia immagazzinata è uguale a zero.

Osservazione

Pur essendo il condensatore con capacità positiva passivo, perché non puòerogare più energia elettrica di quanta ne abbia assorbita in precedenza, si hache la potenza assorbita è positiva quando l’energia immagazzinata cresce ed è,invece, negativa quando l’energia immagazzinata diminuisce. È unacaratteristica degli elementi conservativi il fatto che, pur essendo passivi,possono erogare effettivamente potenza elettrica al circuito in cui sono inseriti,ovviamente per un intervallo di tempo limitato

Siccome l’energia immagazzinata nel condensatore a un generico istante ditempo dipende solo dal valore della tensione a quell’istante, la tensione del

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condensatore gioca un ruolo particolare rispetto a quello della corrente. Perquesta ragione diciamo che la tensione (o la carica) è la grandezza (variabile )di stato del condensatore. Conoscere lo stato iniziale del condensatore significaconoscere l’energia che in esso è immagazzinata. I resistori non immagazzinanol’energia che assorbono e, quindi, per essi non è possibile individuare nessunagrandezza di stato.Per la configurazione standard di condensatore costituito da due armature pianee parallele, separate da un dielettrico a permittività ε , la capacità è data da (nellimite A / d → ∞ )

C = ε Ad

, (107)

dove d è la distanza tra le due armature e A è l’area dell’armatura; lapermittività dielettrica, che nel sistema internazionale si misura in F / m , è unacostante che dipende dalla composizione del dielettrico.

Osservazione

Un condensatore la cui relazione costitutiva non è lineare è detto non lineare.Come esempio di condensatore non lineare possiamo considerare il modello deldiodo varactor descritto dalla relazione Q = − 3

2 Cc Vc 1− v /Vc( )2 /3 per v < V ,

dove Cc e Vc sono due costanti.

1.8.8 Induttore

L’induttore lineare è un elemento a due terminali costituito da tante spire di filoconduttore ideale (cioè con conducibilità elettrica → ∞ ), caratterizzato dalcoefficiente di autoinduzione L . Il simbolo dell’induttore lineare è riportato inFigura 1.29a. Molto spesso le spire sono avvolte su un nucleo di ferro dolce odi ferrite per incrementare il coefficiente di autoinduzione. Quandonell’avvolgimento dell’induttore circola corrente elettrica, nasce un campomagnetico e, quindi, un flusso (del campo magnetico) concatenato con l’interoavvolgimento.

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L’induttore lineare è definito dalla relazione caratteristica lineare corrente-flusso

Φ = Li (108)

dove L è il coefficiente di autoinduzione, Φ il flusso del campo magneticoconcatenato con tutte le spire dell’induttore (la superficie di ciascuna spira deveessere orientata concordemente con il verso di riferimento scelto per la correntesecondo la “regola della mano destra”), e i è la corrente che attraversal’avvolgimento. In generale la relazione caratteristica corrente-flusso può essererappresentata graficamente nel piano i − Φ : essa definisce la curva caratteristicadell’induttore. La curva caratteristica dell’induttore lineare è una retta passanteper l’origine, Figura 1.29b. Quando il coefficiente di autoinduzione non cambianel tempo l’induttore si dice tempo-invariante.

aaa

+

v

i

Li

Φ

(a) (b)

Fig. 1.29 (a) Simbolo di un induttore lineare e (b) curva caratteristica i − Φ .

Nel sistema SI l’unità di misura del coefficiente di autoinduzione è denominatahenry (simbolo H),

L[ ] = H . (109)

Si ha

1 H = 1 Wb/1 A . (110)

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La tensione v dell’induttore, con il verso di riferimento scelto in accordo conla convenzione dell’utilizzatore, è legata al flusso Φ attraverso l’equazionedifferenziale

v = dΦdt

, (111)

o l’equazione integrale

Φ t( ) − Φ t0( ) = v τ( )dτt0

t

∫ . (112)

La relazione (111) (e quindi la relazione (112)) sono una diretta conseguenzadella legge della legge di Faraday-Neumann (29) applicata a una linea chiusacostituita dall'avvolgimento e dalla linea aperta esterna alla superficie limitelungo cui è definita la tensione.La relazione (108) è una relazione algebrica, quindi di tipo istantanea. Invece larelazione tra la tensione e la corrente, a causa della (111) (o della (112)) non èdi tipo istantaneo. Sostituendo la (108) nella (111) si ha la relazionecaratteristica in forma differenziale di un induttore lineare tempo-invariante,

v = Ldidt

. (113)

All’equazione differenziale (113) bisogna affiancare, per una descrizionecompleta del comportamento dell’induttore e, quindi, del circuito, il valoredella corrente dell’induttore all’istante iniziale (che per convenzione fissiamosempre a t = 0 ),

i t = 0( ) = I0 . (114)

Sostituendo la (108) nella (112) e utilizzando la condizione iniziale (114) si hala relazione caratteristica in forma integrale dell’induttore,

i t( ) = 1L

v τ( )dτ0

t

∫ + I0 . (115)

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Da questa equazione è evidente che i t( ) dipende dalla storia della tensionenell’intervallo t0, t( ) e dal valore iniziale della corrente.

Come il condensatore, l’induttore è un bipolo a memoria, cioè il suocomportamento al generico istante t dipende anche da ciò che è accaduto al suointerno negli istanti precedenti. Attraverso la condizione iniziale (113) si portain conto l’influenza della storia dell’induttore, precedente all’istante inizialet = 0 , sul suo comportamento nell’intervallo 0,t( ) .

Si consideri, ora, la potenza assorbita da un induttore lineare tempo invariante.Si ha

p = vi = iLdidt

= ddt

Li 2

2

= dWm

dt, (116)

dove

Wm t( ) = 12

Li 2 t( ) . (117)

Sappiamo dal corso di Fisica che Wm t( ) è proprio l’energia immagazzinata

nell’induttore all’istante t , associata al campo magnetico in esso presente.Essendo L una grandezza definita positiva, l’energia immagazzinata è positiva.L’energia assorbita dall’induttore nel generico intervallo t0, t( ) è data da

w t0 ,t( ) = p(τ)dτ = ddτ

Li 2

2

dτ =

t0

t

∫t0

t

∫ Wm t( ) − Wm t0( ) . (118)

L’induttore come il condensatore è un bipolo conservativo. L’energia assorbitadall’induttore non dipende dalla storia della corrente nell’intervallo t0, t( ) , ma

solo dai valori che essa assume agli estremi dell’intervallo t0, t( ) : dal valore

della corrente i t0( ) nell’istante iniziale e dal valore della corrente i t( )nell’istante finale. Quando la corrente nell’istante finale i t( ) è uguale a quellanell’istante iniziale i t0( ) , allora l’energia assorbita dall’induttore è

identicamente nulla, indipendentemente dalla storia della tensione.Quando Wm t( ) > Wm t0( ) l’energia assorbita dall’induttore nell’intervallo t0, t( ) è

positiva e, quindi, è effettivamente assorbita; se, invece, Wm t( ) < Wm t0( )l’energia assorbita è negativa e, quindi, corrisponde ad una energia

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effettivamente fornita dal bipolo al resto del circuito. In ogni caso, però, sel’induttore è inizialmente scarico l’energia assorbita è certamente positiva,w t, t0( ) = Li2 t( ) / 2.

Tutte queste considerazioni portano a conclusioni del tutto analoghe a quelleche abbiamo già fatto per il condensatore:• l’induttore lineare (tempo invariante), come il condensatore lineare (tempo

invariante), è in grado di assorbire o fornire energia elettrica;• l’energia effettivamente assorbita è immagazzinata sotto forma di energia

associata al campo elettrico, a differenza di quanto accade nei resistoripassivi, nei quali tutta l’energia assorbita viene trasformata in calore;

• in ogni istante il livello della sua energia immagazzinata è pari a Li 2 t( ) / 2 ;

• l’energia che esso può erogare in un determinato intervallo non è maisuperiore a quella che ha assorbito nella storia precedente.

In altri termini, per il condensatore con L > 0 si ha per ogni t ≥ t∗

w t∗, t( ) = p(τ)dτt∗

t

∫ ≥ 0, (119)

dove t∗ è l’istante in cui l’energia immagazzinata è uguale a zero.

Osservazione

Pur essendo l’induttore con induttanza positiva passivo, perché non può erogarepiù energia elettrica di quanta ne abbia assorbita in precedenza, si ha che lapotenza assorbita è positiva quando l’energia immagazzinata cresce ed è,invece, negativa quando l’energia immagazzinata diminuisce, analogamente aquanto accade per il condensatore.

Siccome l’energia immagazzinata nell’induttore a un generico istante di tempodipende solo dal valore della corrente a quell’istante, la corrente dell’induttoregioca un ruolo particolare rispetto a quello della tensione. Per questa ragionediciamo che la corrente dell’induttore (o il flusso) è la grandezza di statodell’induttore. Come per il condensatore, conoscere lo stato iniziale

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dell’induttore significa conoscere l’energia che in esso è immagazzinata inquell’istante.Per la configurazione standard di un induttore costituito da un solenoide lungoavvolto attorno ad un materiale con permeabilità magnetica µ il coefficiente di

autoinduzione è dato da (nel limite S / l → 0)

L = µ N 2 Sl

, (120)

dove S è l’area della sezione trasversale del solenoide, l è la lunghezza delsolenoide e N è il numero di spire; la permeabilità magnetica, che nel sistemainternazionale si misura in H /m , è una costante che dipende dallacomposizione del materiale su cui è avvolto il solenoide.

Induttori non lineari

L’induttore saturabile è l’induttore non lineare descritto da una curvacaratteristica del tipo illustrata in Figura 1.30. Esso può rappresentare ilmodello di un avvolgimento realizzato su di un nucleo di materialeferromagnetico (in cui è possibile trascurare il fenomeno dell’isteresimagnetica).

Fig. 1.30 Curva caratteristica dell'induttore saturabile

La giunzione Josephson è l’induttore non lineare descritto dalla relazione

i = I0 sin k0Φ( ) , (121)

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dove I0 e k0 sono due parametri caratteristici.

1.8.9 Generatori reali

I generatori indipendenti di tensione e corrente sono modelli ideali digeneratori. Come già abbiamo osservato le sorgenti reali sono estremamentecomplesse. Uno dei fenomeni più importanti che si osserva nelle sorgenti reali eche non è contemplato dai due modelli ideali che abbiamo prima descritto, è ladissipazione di energia per effetto joule dovuta al fatto che i materialiconduttori presenti in questi oggetti non sono ideali. La maniera più sempliceper descrivere l’azione di questa dissipazione consiste nel considerare unresistore in serie al generatore ideale di tensione e un resistore in parallelo algeneratore ideale di corrente, così come viene illustrato in Figura 1.31.Ciascuno di essi è definito da due parametri: la resistenza interna Ri , la tensionea vuoto ev per il generatore reale di tensione, la resistenza interna Ri e lacorrente di corto circuito jcc per il generatore reale di corrente. In questo caso è

particolarmente comodo adottare la convenzione del generatore per entrambi ibipoli.

aaa

(a) (b)

ev

i+

v

Ri

+

v

i

Rijcc

Fig. 1.31 Modelli di un (a) generatore reale di tensione e (b) di un generatore reale dicorrente.

Consideriamo il generatore reale di tensione. La sua relazione caratteristica è

v = −Rii + ev , (122)

e la curva caratteristica corrispondente è riportata in Figura 1.32a. Essa è unaretta che non passa per l’origine (Attenzione!!! C’è il segno meno davanti alsimbolo R perché stiamo adottando la convenzione del generatore).

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La tensione a vuoto ev è la tensione che si ha ai capi del generatore reale

quando la corrente che in esso circola è uguale a zero (quando, appunto, ilgeneratore è scollegato dal circuito). Quando il generatore reale è spento,ev = 0 , esso si comporta come se fosse un resistore: la resistenza interna Ri è laresistenza di questo resistore equivalente. Quando Ri → 0 il comportamento del

generatore reale tende a quello di un generatore indipendente.

aaa

(a) (b)

i

v

ev

ev / Ri

perog > 0perog < 0

perog < 0

v

i

jcc

jcc Ri

perog < 0

perog < 0

perog > 0

Fig. 1.32 Curve caratteristica (concorde con la convenzione del generatore) del (a)

generatore reale di tensione e (b) del generatore reale di corrente; le rette

tratteggiate sono le curve caratteristiche dei rispettivi componenti considerati

ideali.

La tensione di un generatore reale di tensione, a differenza di quanto accade nelgeneratore ideale, non è indipendente dalla corrente. Tuttavia se le correnti ingioco verificano la condizione

i <<ev

Ri

, (123)

allora possiamo ritenere trascurabile il contributo del termine Rii nellarelazione (122) e quindi assumere v ≅ ev . Si osservi che quando è i > 0 (conev > 0 ), il che si verifica sempre se c’è un solo generatore presente nel circuito,il termine Rii è positivo e, quindi, la tensione effettivamente presente ai

terminali del generatore è inferiore a quella a vuoto.La potenza erogata dal generatore reale di tensione è data da

perog = vi = ev i − Rii2 . (124)

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Essa è minore di quella che si avrebbe se fosse Ri = 0. Si osservi che, a

differenza di quanto accade per il generatore ideale di tensione, solo su un trattodi lunghezza finita della curva caratteristica del generatore reale di tensione lapotenza erogata è positiva. Questa è una conseguenza della presenza difenomeni dissipativi all’interno del generatore reale.Lasciamo al lettore come esercizio la trattazione del caso duale rappresentatodal generatore reale di corrente. La curva caratteristica del generatore reale dicorrente è riportata in Figura 1.32b. Quando Ri → ∞ il comportamento del

generatore reale tende a quello di un generatore indipendente di corrente.

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