bollettino parrocchiale 25 febbraio 2018 - chiesa di...

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www https:// www.f parro parrocchiamar BOL DOME LA G DOMENICA DELL ORARIO LE L seguici su: w.parrocchiamaronitaroma.com facebook.com/parrocchiamaronita.ro contattaci: [email protected] ronitaroma@parrocchiamaronitaroma. *** LLETTINO SETTIMANALE ENICA 25 FEBBRAIO 2018 GRANDE QUARESIMA LA GUARIGIONE DELL'EMO *** SANTE MESSE IN PARROCCHIA Feriali: Ore 13.30 Festivi: Ore 11.00 *** ETTURE DELLA DOMENICA LA GRANDE QUARESIMA o mae .com ORROISSA A

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BOLLETTINO SETTIMANALE

DOMENICA 25 FEBBRAIO 2018

LA GRANDE

DOMENICA DELLA GUARIGIONE DELL'EMORROISSA

ORARIO SANTE MESSE IN PARROCCHIA

LETTURE DELLA DOMENICA

LA

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BOLLETTINO SETTIMANALE

DOMENICA 25 FEBBRAIO 2018

LA GRANDE QUARESIMA

DOMENICA DELLA GUARIGIONE DELL'EMORROISSA

*** ORARIO SANTE MESSE IN PARROCCHIA

Feriali: Ore 13.30

Festivi: Ore 11.00

***

LETTURE DELLA DOMENICA

LA GRANDE QUARESIMA

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DOMENICA DELLA GUARIGIONE DELL'EMORROISSA

ORARIO SANTE MESSE IN PARROCCHIA

DOMENICA DELLA GUARIGIONE DELL'EMORROISSA

* 2° Lettera ai Corinzi 7:4-11

* Santo Vangelo di Luca 8:40-56

"Egli le disse: «Figlia, la tua fede ti ha salvata, va' in pace!»."

***

Carissimi Parrocchiani ed Amici,

SIAMO TUTTI INVITATI

DOMENICA 25 FEBBRAIO 2018

A PARTECIPARE AL

PELLEGRINAGGIO PARROCCHIALE A FOLIGNO

DOVE SI TROVA IL CRANIO DI SAN MARUN

LA NOSTRA PARROCCHIA METTERÀ GRATUITAMENTE A DISPOSIZIONE UN PULMAN

CHE PARTIRÀ

ALLE 09.00 DALLA NOSTRA PARROCCHIA IN VIA DI PORTA PINCIANA 18

A FOLIGNO CI SARA' LA CELEBRAZIONE DELLA SANTA MESSA

IN ONORE DI SAN MARUN ALLE ORE 12.00 PRESSO

LA PRO CATTEDRALE DELLA MADONNA DEL PIANTO "SANT'AGOSTINO"

(IN PIAZZA GIUSEPPE GARIBALDI - FOLIGNO)

E POTREMO VENERARE LE RELIQUIE DEL NOSTRO SANTO

PATRONO

SUCCESSIVAMENTE CI SARÀ IL PRANZO COMUNITARIO

PRENOTATE IL VOSTRO POSTO IN PULMAN ENTRO E NON OLTRE VENERDÌ 23 FEBBRAIO 2018

CIASCUNO,SE PREFERISCE,

PUO’ RAGGIUNGERE FOLIGNO CON MEZZI PROPRI

Parrocchia Maronita di Roma:

TEL: 06 42039060 - 06 42039020

[email protected]

[email protected]

PARTECIPIAMO NUMEROSI !!!

ADORAZIONE DELLA SANTA CROCE

***

ADORAZIONE DELLA SANTA CROCE

Carissimi,

ADORAZIONE DELLA SANTA CROCE

col l'inizio della Grande Quaresimariprende il pio esercizio della

ADORAZIONE

che si terrà ogni Venerdì di Quaresima alle ore 18.45

presso la nostra

IL PATRIARCA MARONITA BECHARA RAIHA PARTECIPATO ALLA

PER LA POLITICA DELLA SICUREZZA IN GERMANIA

col l'inizio della Grande Quaresima

riprende il pio esercizio della

ADORAZIONE DELLA SANTA CROCE

ogni Venerdì di Quaresima alle ore 18.45

presso la nostra Chiesa Parrocchiale di San Marunin via Aurora 6

***

IL PATRIARCA MARONITA BECHARA RAIHA PARTECIPATO ALLA 54MA CONFERENZA

PER LA POLITICA DELLA SICUREZZA IN GERMANIA

ogni Venerdì di Quaresima alle ore 18.45

Chiesa Parrocchiale di San Marun

IL PATRIARCA MARONITA BECHARA RAI 54MA CONFERENZA

PER LA POLITICA DELLA SICUREZZA IN GERMANIA

Sua Beatitudine Eminentissima il Patriarca Cardinale Bechara Rai si è recato la settimana

scorsa in Germania, in direzione Monaco di Baviera, accompagnato dal Vicario Patriarcale

Arcivescovo Mons. Paul Sayah e dal Direttore dell'Ufficio Stampa del Protocollo di Bkerke

Sig. Avv. Walid Ghayad, per partecipare ai lavori della 54MA CONFERENZA PER LA

POLITICA DELLA SICUREZZA di Monaco di Baviera alla quale hanno partecipato anche

ministri della difesa e capi di governo provenienti da tutto il mondo. In apertura della

Conferenza il direttore Wolfgang Ischinger in un’intervista alla Bild ha dato il tono e la misura

di come questa edizione potrebbe focalizzarsi sul rilancio dell’Unione Europea. Ischinger ha

indicato che l’UE ha fallito completamente nel Medio Oriente “rappresenta 500 milioni di

persone, è per molti Paesi il più importante partner commerciale, ma fallisce nella politica

estera, anche in Medio Oriente”. I capi di Governo ed i ministri degli esteri europei anziché

coordinarsi viaggiano nei Paesi della regione curando solo la propria agenda. “Non abbiamo

una strategia medio-orientale, facciamo turismo di crisi in Medio Oriente” ha indicato senza

appello Ischinger. Sua Eminenza nel suo intervento ha incluso diversi temi tra cui la

presenza cristiana in Medio Oriente, la situazione in Libano, Siria e Iraq, le sfide della libertà

religiosa in Medio Oriente e Nord Africa, e la prova dei cristiani-musulmani che vivono in

Libano e nella regione mediorientale. Domenica 18 febbraio, Sua Beatitudine il Patriarca

Cardinale Bechara Rai ha presieduto la Divina Liturgia nella suggestiva Chiesa di San Ludwig

a Monaco di Baviera alla presenza dei parrocchiani maroniti e di altri cristiani delle Chiese

Orientali li emigrati. Dopo il Santo Vangelo, Sua Beatitudine ha pronunciato il suo sermone

dal titolo "O Signore, se vuoi, puoi purificarmi”, riguardante il Vangelo della domenica secondo

la Liturgia Maronita della Grande Quaresima che trattava la Guarigione del Lebbroso. Nella

propria omelia il Patriarca ha dichiarato che “siamo agli inizi del digiuno, auguro a tutti un

santo cammino verso la Pasqua. Il digiuno si basa su quattro pilastri: ritornare a Dio

attraverso il pentimento, la preghiera, il digiuno e la carità […] la preghiera e l'incontro del

lebbroso con Gesù, che lo ha guarito, e il segno del nostro incontro con il Signore per la

nostra guarigione personale” . Alla Santa Messa erano presenti le autorità diplomatiche della

Repubblica Libanese accreditate presso la Repubblica Federale Tedesca e il Ministro della

Difesa della Repubblica Libanese S.E. Onorevole Yaacoub Sarraf.

IL PATRIARCA RAI HA RICEVUTO L'AMBASCIATORE SAUDITA A BEIRUT

Il Nostro Patriarca maronita Cardinale Bechara Rai, ha ricevuto martedì scorso presso la

Sede Patriarcale di Bkerke, l'ambasciatore Saudita a Beirut, S.E. Sig. Walid Yacoub.

L'ambasciatore ha sottolineato che si è trattata di una visita formale ma cortese al Patriarca.

S. E. Walid Yaacoub era arrivato il 20 novembre a Beirut, ma le porte del Palazzo

Istituzionale erano rimaste chiuse di fronte a lui. Il ministro degli Esteri Libanese non gli

aveva concesso un appuntamento perché Riyadh si era dimostrata lenta ad accettare le

credenziali dell'ambasciatore libanese Fawzi Kabbara presso il Regno Saudita. Dopo che il

sig. Kabbara è stato accreditato in Arabia Saudita, il presidente Michel Aoun ha ricevuto

all'inizio di gennaio le credenziali dell'ambasciatore saudita a Beirut.

***

PAPA FRANCESCO HA INCONTRATO LA COMUNITÀ DEL PONTIFICIO COLLEGIO MARONITA:

IL LIBANO SIA UNA LUCE DI PACE NELL’ INSTABILITÀ DEL MEDIO ORIENTE

«Rinsaldare le radici» e sviluppare «gli anticorpi contro la mondanità e la mediocrità» per

diventare pastori degni della «speciale vocazione» del Libano alla pace in un Medio Oriente

ancora convulso. Un mandato ben preciso quello che Papa Francesco affida alla comunità

del Pontificio Collegio Maronita di Roma, ricevuta in udienza in occasione del decimo

anniversario di approvazione del nuovo Statuto del Collegio il 16 febbraio scorso. Una

occasione, dice il Papa, «per fare memoria della vostra storia e per approfondire le vostre

radici» che affondano nella testimonianza di tanti santi libanesi come san Marone, san

Charbel, santa Rafqa e molti altri «eroi di santità», modelli da imitare «per respingere le

tentazioni di carrierismo, potere, clericalismo». Tutte quelle tentazioni, cioè, che rendono i

pastori instabili nel loro servizio e nella loro missione. E in un tempo «non privo di sofferenze

e di pericoli, ma anche gravido di speranze» non è possibile avere incertezze, perché «il

popolo che vi sarà affidato, disorientato dall’instabilità che purtroppo continua a ripercuotersi

sul Medio Oriente, cercherà in voi dei Pastori che lo consolino». «Pastori - sottolinea

Bergoglio - con la parola di Gesù sulle labbra, con le mani pronte ad asciugare le lacrime e ad

accarezzare volti sofferenti; Pastori dimentichi di sé e dei propri interessi». Pastori «che non

si scoraggiano mai» e «che non hanno paura di “farsi mangiare” dalla gente, come pani buoni

offerti ai fratelli». Gli anni di permanenza a Roma, in tal senso, sono una «palestra» per

rinsaldare «gli anticorpi contro la mondanità e la mediocrità», contro quella «cultura del

provvisorio e dell’apparenza» che rappresenta sempre un rischio per i consacrati. «Sono anni

di esercizio», afferma il Pontefice, «dove con l’aiuto di Dio e di chi vi accompagna nel

cammino potete rinsaldare le fondamenta: anzitutto quelle di una indispensabile disciplina

spirituale, che si fonda sui pilastri della preghiera e del lavoro interiore. Una preghiera liturgica

e personale - precisa - a cui non bastino bei riti, ma che porti la vita davanti al Signore e il

Signore dentro la vita. Un lavoro interiore paziente che, aperto al confronto, aiutato dallo

studio e temprato dall’impegno, operi un discernimento che riconosca le tentazioni e

smascheri le falsità, per vivere il ministero nella più grande libertà, senza doppiezze, senza

infingimenti». Quasi un ritorno al monachesimo, dunque, «a quella forma di vita che non si

accontenta di una fede moderata e discreta, ma avverte il bisogno di andare oltre, di amare

con tutto il cuore». «Vite povere agli occhi del mondo, ma preziose per Dio e per gli altri. È

attingendo a queste sorgenti pure che il vostro ministero sarà acqua buona per gli assetati di

oggi», assicura il Pontefice. E ammonisce: «L’arricchimento umano, intellettuale e spirituale

che ricevete in questi anni non è un premio per voi, tanto meno un bene da far fruttare per la

propria carriera, ma un tesoro destinato ai fedeli che vi aspettano nelle vostre Eparchie e ai

quali la vostra vita attende di essere donata. Perché non sarete chiamati a esercitare, anche

bene, un incarico – non basta! – ma a vivere una missione, senza risparmio, senza tanti

calcoli, senza limiti di disponibilità». Inoltre, «di fronte alle molteplici necessità che vi

attendono, può venire la tentazione di agire alla maniera del mondo, ricercando chi è forte

piuttosto che chi è debole, guardando a chi ha mezzi piuttosto che a chi ne è privo», avverte il

Papa. «Ma quando arriva questa tentazione, occorre tornare subito alle radici, a Gesù che

rifiutò il successo, la gloria, il denaro, perché l’unico tesoro che orientava la sua vita era la

volontà del Padre: annunciare la salvezza per tutti i popoli, proclamare con la vita la

misericordia di Dio». Questo cambia la storia: «Il corso che onora la vita cristiana non è

l’ascesa verso i premi e le sicurezze appaganti del mondo, ma la discesa umile nel servizio. È

la strada di Gesù, non ce n’è un’altra», chiosa Bergoglio. Prima di concludere condivide «due

desideri». Il primo è «la pace», in questo tempo in cui fraternità e integrazione rappresentano

«sfide urgenti, non più rimandabili». Il Libano, a questo proposito, «non ha solo qualcosa da

dire, ma una speciale vocazione di pace da compiere nel mondo». Voi, raccomanda ai

maroniti, «aiutati dalle vostre conoscenze, adoperatevi perché il Libano possa sempre

corrispondere alla sua vocazione di essere luce per i popoli della regione e segno della pace

che viene da Dio». Il secondo desiderio riguarda «i giovani» , affinché siano «sempre più a

cuore» della Chiesa. A loro, conclude il Papa, vanno dedicati «tempo e ascolto», «fiducia e

pazienza», perché sono «la promessa dell’avvenire, il più serio investimento per il vostro

ministero».

***

2 MARZO: FESTA DI SAN GIOVANNI MARUN PRIMO PATRIARCA DELLA CHIESA MARONITA

San Giovanni Marun è nato a Sarum, una città prospera situata a sud della città di Antiochia.

La sua data di nascita non è menzionata, ma molti storici la collocano intorno al terzo

decennio del settimo secolo. Discendeva da una famiglia reale dei Franchi che governava

Antiochia, una città cosmopolita, che attraeva professionisti in tutte le aree di competenza sia

dall'Europa che da tutte le parti dell'impero bizantino. La prima istruzione di Giovanni avvenne

ad Antiochia. Ha continuato la sua formazione superiore presso il Monastero di San Marun

dove ha imparato la matematica, le scienze, la filosofia, la teologia, la linguistica e la Sacra

Scrittura. Fu al monastero di San Marun che professò i suoi voti monastici e fu ordinato

sacerdote. Adottando un nome monastico come era tradizione, scelse il nome del monastero,

quindi il nome di Giovanni Marun. Giovanni Marun andò successivamente a Costantinopoli

dove imparò il greco e studiò la patrologia e la sua spiritualità. Dopo la morte di suo padre,

tornò al monastero di San Marun dove si è distinto diventando uno scrittore prolifico

coprendo un'ampia varietà di campi. La sua scrittura spaziava dalla pedagogia, all'arte della

parola, ai sacramenti, alle proprietà della Chiesa e alla legislazione. Ha aggiornato il Libro di

Ordinazione e ha ridefinito le cerimonie liturgiche. Più tardi ha composto una speciale Anafora

(Preghiera eucaristica) che porta il suo nome "L'anafora di San Giovanni Marun Patriarca di

Antiochia" che è ancora in uso attualmente. Ha insegnato e predicato il dogma della Chiesa

Cattolica secondo il Concilio di Calcedonia, che ha proclamato che in Cristo ci sono due

nature umane e divine. Ha compilato una serie di lettere in cui incoraggiava i fedeli ad

adottare questo sacro dogma e li ammoniva a rifiutare l'insegnamento del monofisita e delle

eresie monotelite. Da giovane prete si impegnò in dibattiti ecumenici con i monofisiti. Ha

viaggiato in tutta la Siria e nei dintorni di Antiochia dove ha tenuto conferenze e difeso il

dogma di Calcedonia. La rapida espansione araba e gli attacchi costanti dei monofisiti hanno

messo a repentaglio la presenza della Chiesa Cattolica nel Monte Libano. Essendo

consapevole della leadership di Giovanni Marun, la Santa Sede ritenne che lui sarebbe stato

il leader giusto per affrontare gli arabi, per sfidare i monofisiti e per mantenere i maroniti uniti

alla Chiesa di Roma. Giovanni Marun fu consacrato vescovo nel 676 d.C. Fu inviato al Monte

Libano per questo scopo speciale. Durante questi tempi difficili e difficili, il vescovo Giovanni

Marun si occupava del suo gregge, viaggiava tra città e villaggi, consolava gli oppressi,

riparava i senzatetto e sfamava gli affamati. Proprio come al suo maestro spirituale San

Marun, Dio lo aveva dotato di un dono speciale di guarigione. Giovanni Marun risiedeva a

Batroun, una città costiera fenicia, tra Byblos e Tripoli. Nella sua nuova Eparchia ha

continuato a insegnare e predicare, a fondare nuove parrocchie e a costruire belle chiese.

Organizzando i Maraditi e fortificando la loro fortezza, ha protetto il suo gregge in questa

nuova terra e ha inaugurato la pietra miliare della nuova nazione libanese Maronita. A causa

dei combattimenti che persistettero nel settimo secolo, la popolazione cristiana indigena in

Siria si ridusse. Diverse questioni hanno portato alla massiccia migrazione dalla terra cristiana

dilaniata dalla guerra. Prima ci fu la morte del Patriarca Anastasio nel 609 d.C. Poi i Persiani

invasero la Siria e minacciarono di prendere Costantinopoli. Più tardi, l'Impero Bizantino

rivendicò la Siria dai Persiani solo per arrendersi dopo un breve periodo alla Conquista Araba

nel 636A.D. Aggiungete a ciò gli incessanti combattimenti tra gli arabi e l'impero bizantino che

si protrassero fino alla fine del secolo. Catturato tra persecuzioni da una parte e potenze di

wrestling che cercavano di governare la Siria dall'altra, non era più sicuro che il Patriarca

vivesse ad Antiochia. Di conseguenza, il Patriarca si trasferì a Costantinopoli e la sede

Patriarcale divenne vacante. Tra 640A.D. e 702. A.D., Macedonio, Macario, Teofano e

Giorgio furono nominati patriarchi titolari che non erano in grado di adempiere i loro doveri

pastorali ad Antiochia. I Maraditi , sui quali l'impero bizantino dipendeva per la protezione

dalle incursioni della dinastia degli Omayyadi, emersero come una forte potenza militare. I

Maraditi che, in effetti, erano i Maroniti, divennero così potenti da essere chiamati: "Il Muro di

Ottone" perché proteggevano Costantinopoli e l'Impero Bizantino dagli attacchi costanti degli

Arabi. Non avendo un pastore e un leader che vivessero in mezzo a loro per dirigere i loro

affari, i maroniti si sentirono abbandonati e cercarono un modo per riempire il vuoto. Avendo

potere militare e influenza politica, i maroniti colsero questa opportunità per eleggere

Giovanni Maun nel 685 d.C., come Patriarca del loro monastero per le loro necessità

quotidiane. L'obbedienza di Giovanni Maron alla Chiesa di Roma e il suo amore per la sua

eredità antiochena gli permisero di salire alla sede di Antiochia, la più antica sede della

Chiesa cattolica. Il nuovo Patriarca si recò a Roma per ricevere l'approvazione papale. Papa

Sergio lo confermò come "Patriarca di Antiochia e di tutto l'Oriente" e gli diede il Pallio come

segno di successione gerarchica e autorità suprema. Poiché papa Sergio era della Chiesa di

Antiochia e conosceva personalmente Giovanni Marun, egli conferì al nuovo Patriarca una

mitra, un pastorale e una croce pettorale. Giovanni Marun tornò ad Antiochia con grande

clamore, e con una cerimonia fastosa fu installato come primo Patriarca Maronita nella più

antica sede della Chiesa cattolica. Questo periodo segnò una pagina d'oro nella storia della

Chiesa Maronita spiritualmente, politicamente e militarmente. La santità di questo primo

Patriarca Maronita è attribuita alla sacralità dei suoi successi per tutta la vita, che sono

elencati come segue: la pietà, il carisma, lo zelo religioso che ebbe per la sua fede cattolica. I

commenti biblici, il rinnovamento liturgico, la paternità di numerosi libri e periodici religiosi che

ha compilato. Le campagne di beneficenza condotte nella sua Eparchia per proteggere i

senzatetto, sostenere i poveri, nutrire gli affamati e sradicare la povertà. La protezione che

offriva al suo popolo e la conoscenza che impartiva al suo gregge impedivano di esitare. Ma,

cosa più importante, c'è stata la guarigione e i miracoli, che Nostro Signore Gesù Cristo ha

operato attraverso le sue intercessioni, le sue potenti preghiere e il tocco della sua mano per

curare gli ammalati e per guarire coloro che furono colpiti dalla peste. Tutti questi successi

eroici, le opere pie e gli atti di misericordia verso il popolo di Dio e la sua Chiesa hanno

portato alla santità e alla canonizzazione di questo straordinario Patriarca. Morì a Kefar-Hay

nel 707. Fu sepolto nel monastero di "Reesh Moran". Il suo giorno di festa fu commemorato il

9 febbraio, ma in seguito fu spostato al 2 marzo.

***

***

INIZIATIVE CULTURALI,

LE LINEE GUIDA DEL VICARIATO

Novità per le chiese, i monasteri e i conventi che desiderano ospitare «iniziative artistiche e

culturali». Le illustra, con una lettera, monsignor Gianrico Ruzza, segretario generale del

Vicariato. «Per le iniziative artistiche di ogni genere (lettura di testi, presentazioni di testi,

installazioni, mostre ed esposizioni temporanee, spettacoli musicali, teatro, danza e proiezioni

cinematografiche) – scrive il vescovo – che potrebbero essere ospitate nei locali pastorali di

una chiesa – ad esclusione dell’aula liturgica che in nessun modo potrà essere adibita a tali

scopi – il parroco o rettore farà pervenire una richiesta con un dettagliato progetto culturale

all’Ufficio liturgico del Vicariato di Roma che rilascerà il Nulla osta, dopo aver acquisito il

parere positivo degli organi competenti». Inoltre, prosegue la lettera, «il parroco o rettore

dovrà inoltrare analoga richiesta di Nulla osta per l’esecuzione di concerti di musica sacra in

chiese, oratori, monasteri compilando il modulo disponibile sul sito dell’Ufficio liturgico,

corredato dalla scaletta dei brani e garantendo la finalità pastorale e l’ingresso libero e

gratuito dell’evento. Le richieste vanno indirizzate 60 giorni prima del concerto a

[email protected]». Per quanto riguarda invece «le richieste finalizzate alla

riproduzione e all’utilizzo di immagini», come ad esempio riprese foto, riprese televisive o

cinematografiche «comprese le registrazioni audio», precisa la lettera del segretario generale,

«è necessario che l’emittente, la testata giornalistica o la casa di produzione contatti l’Ufficio

comunicazioni sociali del Vicariato di Roma ([email protected]) che evaderà la

richiesta dopo aver valutato il progetto editoriale e/o il testo della sceneggiatura».

***

TORNA LA “CLERICUS CUP”. IL CAMPIONATO DI CALCIO DEI PRETI

CON IL PRETE ARBITRO

Al via la 12ª edizione del “mondiale ecclesiastico” promosso dal Centro sportivo italiano. Il 23

febbraio la presentazione. A “fischiare” nel torneo, don Jordan Cordaglia, 43 anni, della

diocesi di Brescia. onto alla rovescia per il fischio d’inizio della 12ª edizione della Clericus

Cup, il “mondiale ecclesiastico” di calcio promosso dal Centro sportivo italiano (Csi) con il

patrocinio dell’Ufficio nazionale del tempo libero, turismo e sport della Cei, del dicastero per

Laici, famiglia e vita e del Pontificio Consiglio della cultura. La presentazione è in programma

per venerdì 23 febbraio alle 10.45 nella Sala Marconi di Palazzio Pio, in piazza Pia 3. Con

Vittorio Bosio e don Alessio Albertini, rispettivamente presidente e consulente ecclesiastico

nazionale del Csi, saranno presenti il sottosegretario del Pontificio Consiglio della cultura

monsignor Melchor Sánchez de Toca e Santiago Pérez de Camino Gaisse, responsabile

dell’Ufficio Chiesa e Sport del dicastero per Laici, famiglia e vita. A fare da media partner della

Clerics 2018, Radio Vaticana Italia e la Segreteria per la comunicazione. Nel week end poi le

prime partite. Tra le novità di questa edizione, il prete arbitro. Si tratta di don Jordan Coraglia,

43 anni, sacerdote della diocesi di Brescia e arbitro nel Csi bresciano, che esordirà nella

prima partita del torneo. «Sono onorato e fortunato di poter scendere in quel magnifico

campo, dove domina la vista del Cupolone di San Pietro – afferma commentando la

designazione -. Ormai da anni sono abituato alla mia duplice veste. Dico subito che il Vangelo

è la mia regola ma il regolamento non deve diventare vangelo, perché il primo ha dato senso

alla mia vita mentre le norme di gioco sono cambiate tante volte e sono sempre perfettibili».

Quello che non cambia è l’obiettivo di fondo: educare ed evangelizzare attraverso lo sport.

Anche con un fischietto.

***

CONTATTO WHATSAPP DELLA PARROCCHIA

.

E' ATTIVO IL NUOVO NUMERO DATI DELLA PARROCCHIA

DA CUI POTETE RICEVERE DIRETTAMENTE SU WHATSAPP

GLI AVVISI PARROCCHIALI

CHI ANCORA NON RICEVE I MESSAGGI PUO'

SCRIVERE SU WHATSAPP AL NUMERO

338.41.23.930

INDICANDO IL PROPRIO NOME E COGNOME

E VERRÀ AGGIUNTO ALLA RUBRICA.

***

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COMMENTO AL VANGELO DELLA DOMENICA: TOCCARE ED ESSERE TOCCATI DA GESÙ

La figlia di Giairo ha dodici anni. Da dodici anni l'emorroissa soffre di perdite di

sangue. Dodici è il numero della totalità in Israele, Marco oggi ci parla di due

situazioni in cui descrive il massimo del dolore, la totalità della disperazione, l'apoteosi

della tragedia, quando la barca viene travolta dalla tempesta. La donna emorroissa

non solo è ammalata e ha girato senza risultato da tutti i più famosi medici del paese

senza risultato. La sua condizione la rende impura, non può toccare nessuno senza

renderlo impuro. Non ha vita affettiva, né rapporti sessuali, forse non ha famiglia né

amicizie: la sua condizione la rende sola. Giairo è disperato: esiste un dolore più

devastante della morte di un figlio? La donna si avvicina timidamente, non vuol farsi

notare. Non osa chiedere nulla al Maestro, come potrebbe? Decide di osare, di

trasgredire la legge: lo tocca. Poco, lo sfiora appena, il mantello, certamente non se

ne accorgerà. Potenza. Chi mi ha toccato?" La donna sbianca, gli apostoli si

fermano nel tentativo di tenere a distanza la folla. "Non vedi Rabbì? Tutti ti toccano!".

No, ha ragione Gesù: in mille gli si sono fatti vicini, ma una sola lo ha toccato. Ha

toccato il cuore di questo Cristo di Dio, gli ha rubato la forza ed è guarita. La malattia

non è forse lo squilibrio della nostra armonia interiore? Il Signore si lascia derubare,

la sua forza dona guarigione e salvezza a questa donna che si ritiene inadatta,

incapace, condannata. Gesù ci guarisce nel profondo, ci salva da ogni disarmonia.

Continua il suo cammino Gesù, gli apostoli lo guardano straniti. Gesù guarda la

donna con un lungo sguardo, come lo sguardo di Gesù che sceglie i discepoli. Gli

altri, la folla, gli apostoli stessi non sanno. Lui, il Rabbì, e la donna sì, sanno bene

cosa è successo. La gente esce fuori dalla casa di Giairo urlando: la ragazza è

morta. Gesù insiste, entra, dice che dorme. E viene deriso. Come? Viene deriso?

Che gente è che prima urla e un secondo dopo deride? Che dolore finto è il loro se si

prendono la briga di denigrare l'affermazione del Nazareno? Che cattivo gusto hanno

queste persone che passano dalla disperazione alla burla? Ipocriti, finti, fasulli.

Dolore di facciata, malvagità a malapena repressa, bieca esteriorità. Gesù invece sa.

Lui che piangerà davanti all'amico Lazzaro conosce, partecipa, si lascia coinvolgere.

Darà la vita per Lazzaro, per noi, per me. Il nostro Dio non è indifferente, non finge di

soffrire. Continua ad avere fede. La differenza sostanziale tra gli apostoli che pure

toccano Gesù senza risultati e la donna ammalata, questo il solco che si crea tra

Giairo e i suoi parenti che addirittura deridono il buonumore a parer loro farneticante

di Gesù: la fede. La fede placa le tempeste interiori, la fede ci guarisce dalle ferite

interiori, la fede ci risuscita. Questa è la riflessione di Marco. E la nostra, si spera.

Sorella morte. L'atteggiamento del cristiano di fronte alla morte è la fede. La morte è e

resta il più inquietane interrogativo del destino dell'uomo e, anche sulla possibilità

della reale bontà di Dio. Se Dio è buono, perché la morte? Gesù è venuto a darci una

buona notizia anche sulla morte. Come ci svela la splendida pagina della Sapienza, il

nostro è un Dio amante della vita. Noi crediamo di essere stati creati immortali, e di

essere nelle mani di Dio. Questa vita che viviamo, la viviamo proiettata nel futuro

come una pienezza. Il dolore del distacco, della morte, ci viene presentato da San

Paolo come le necessarie doglie di un parto che danno alla luce una nuova creatura.

Questo Dio tenerissimo che solleva la figlia di Giairo è colui che ha per noi un destino

di vita e di Risurrezione. Basta? Non lo so, davvero. Ai tanti Giairo cui muore la figlia

non so se basta. Elemosiniamo certezza e salvezza, la fede è solo una flebile fiamma

per attraversare il mare in tempesta. Mi fido, amici, mi fido con tutta la mia

disperazione, e ai fratelli che leggono queste parole addito il Figlio di Dio che ci

solleva dalla tenebra. Infine consideriamo le tante morti interiori da cui dobbiamo

risorgere: la fanciulla, segno di autenticità, di purezza, spesso giace immobile nella

nostra vita; troppe le delusioni, le stanchezze, per essere ancora ottimisti. Da quale

morte interiore dobbiamo risorgere? Solo, abbiamo fede, questo il Signore Gesù ci

chiede per una nuova vita in Lui. Il Rabbì oggi ci dice: "Talità kum!"

***

IN IRAQ IL PERDONO DEI CRISTIANI COSTRINGE ALL’AMMIRAZIONE

Per la loro fede in Gesù Cristo e per la loro storia, i cristiani d’Oriente conoscono la forza della

misericordia. Un tesoro inestimabile ed esemplare per i loro vicini. Da 1.400 anni, i cristiani

d’Iraq hanno sopportato persecuzioni con «fede e pazienza». Hanno subito distruzioni,

torture, stupri. Eppure il capo della comunità calda del Kurdistan iracheno, mons. Bashar

Warda, arcivescovo di Erbil (Iraq), non si stanca di evocare il perdono che i cristiani sanno

accordare. All’università dei gesuiti di Georgetown, a Washington d.C., il 15 febbraio 2018 il

prelato caldeo ha sottolineato la forza della misericordia dei cristiani d’Oriente. «Perdoniamo i

nostri assassini nel nome di Cristo», dice. Per lui, la riconciliazione è tanto più importante in

quanto i musulmani hanno un ruolo determinante da giocare nella ricostituzione delle

comunità cristiane che rischiano di scomparire. Testimoni dell’Amore di Dio. I cristiani hanno

ricevuto «la Buona Notizia e il perdono di Nostro Signore Gesù Cristo». Di conseguenza,

hanno una testimonianza primordiale da addurre per conservare la pace in Medio Oriente,

secondo l’arcivescovo di Erbil, che arriva a proporre di aprire le scuole cristiane o i centri

educativi «anche a coloro che ci hanno torturati». Parole forti, che stridono su anni di drammi

a ripetizione e di piaghe sempre aperte. Tale testimonianza, però, non sarà possibile che

mediante una franca cooperazione dei musulmani. Costoro devono in primo luogo

apprendere dai cristiani questa capacità di perdonare. «Imparate questo da noi – rilancia il

prelato caldeo – lasciate che vi aiutiamo a guarire. Lasciateci curare i nostri Paesi feriti e

torturati». Per giungere a questo, i musulmani devono fondamentalmente prendere coscienza

della posta in gioco con la presenza dei cristiani d’Oriente.«Forse è l’ultima battaglia». Non ci

sarà futuro per i cristiani d’Oriente, afferma sconsolato mons. Warda, se i musulmani non

vengono al capezzale delle minoranze. I musulmani vengono così chiamati a ricostruire le

comunità presenti fin da tempi remotissimi, specialmente nella piana di Ninive. Non basta

semplicemente dire che lo Stato islamico non ha «niente a che vedere» con l’islam, secondo

il responsabile caldeo che incoraggia i Paesi musulmani a «mostrare la loro solidarietà».

Alcune voci si sono già levate, ma devono essere incoraggiate – insiste. È salutare

promuovere un dialogo «onesto e rispettoso» tra i cristiani e i musulmani. In effetti la posta in

gioco è importante: la storia dei cristiani iracheni potrebbe concludersi oggi stesso. «Siamo di

fronte a una lotta esistenziale, in Iraq». «Forse è l’ultima battaglia», sfugge a Mons. Warda. In

questo Paese di antica tradizione cristiana fondata su luoghi biblici come Ur, Babilonia o

Ninive ed evangelizzata dall’apostolo Tommaso coi suoi compagni… i cristiani sono oggi

meno di 200mila contro il milione che all’incirca erano nel 2003. «Una cifra malgrado tutto più

importante di quella dei primi apostoli», osserva. In tale scenario, le potenze occidentali

devono anch’esse giocare un ruolo più decisivo. «Ma come si regolerà l’Occidente?»,

s’interroga il caldeo. «La mia domanda non è retorica, i cristiani d’Oriente vogliono conoscere

la risposta».

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CALENDARIO LITURGICO E

RICORRENZE SETTIMANALI

2 MARZO SAN GIOVANNI MARUN

Come Patriarca, Giovanni Marun ha unito in sé le qualità di pastore religioso e leader

nazionale, che unisce lo zelo, la saggezza e la dedizione degli Apostoli, il coraggio e dei

grandi eroi nazionali. Egli ha attraversato la Siria e il Libano, come pastore devoto e zelante,

con lo scopo di educare, informare e guidare il suo gregge, dare a loro sia grazie spirituali

divine sia soddisfare le loro esigenze materiali, incontrandoli, capendo i loro problemi e

trovando soluzioni, risolvendo le controversie che interferivano con la loro unione e

indebolendo la solidarietà e l'unità. I maroniti del Libano e della Siria nel corso dell'ultima fase

del VII secolo, si trovavano tra le due superpotenze dell'epoca, l'Impero Bizantino da un lato

e l'altro impero arabo, ma erano in realtà in una molto difficile posizione, tanto più che le due

superpotenze in questione erano in uno stato di guerra attiva l’uno contro l'altro. Pertanto, la

comunità maronita era costantemente minacciata dalla collisione incessante di queste due

formidabili macchina da guerra. Grazie alla saggezza e il genio di San Giovanni Marun, la

comunità maronita è stata in grado di mantenere la pace sia coi bizantini che con gli arabi.

4 MARZO SAN CASIMIRO DI CRACOVIA

Nasce a Cracovia, nel 1458. Figlio del re di Polonia, appartenente alla dinastia degli Jagelloni,

di origine lituana. Quando gli Ungheresi si ribellarono al loro re, Mattia Corvino, e offrirono al

tredicenne principe Casimiro la corona, questi vi rinunciò appena seppe che il papa si era

dichiarato contrario alla deposizione del regnante. Impegnato in una politica di espansione, re

Casimiro IV (1440-1492) diede al terzogenito l'incarico di reggente di Polonia e il principe,

minato dalla tubercolosi, svolse il compito senza lasciarsi irretire dalle seduzioni del potere.

Non si piegò alle ragioni di Stato quando gli venne proposto dal padre il matrimonio con la

figlia di Federico III, per allargare i già estesi confini del regno. Il principe Casimiro non voleva

venir meno al suo ideale ascetico di purezza per vantaggi materiali cui non ambiva. Di

straordinaria bellezza, ammirato e corteggiato, Casimiro aveva riservato il suo cuore alla

Vergine. Si spegne a 25 anni a Grodno (in Lituania) il 4 marzo 1484. Nel 1521 papa Leone X

lo dichiarò patrono della Polonia e della Lituania. (Avvenire

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SACRAMENTI

BATTESIMO

I modi e tempi sono da concordare con la Segreteria Parrocchiale, per la preparazione

dei genitori, per la scelta adeguata dei padrini e delle madrine, per la presentazione dei

documenti richiesti; per il battesimo degli adulti sarà richiesto un percorso

individualizzato

CONFESSIONI

Le confessioni sono disponibili in Parrocchia DAL LUNEDÌ AL VENERDÌ prima e dopo

la Santa Messa delle 13.30 e OGNI DOMENICA dalle ore 10.00 alle ore 13.00.

CRESIMA

Al termine del cammino di preparazione (iniziazione cristiana), si potrà accedere al

sacramento della Confermazione in data e modalità da concordare col Parroco.

COMUNIONE AI MALATI

Per le persone trattenute in casa da una lunga o invalidante malattia si prega

di contattare la Segreteria Parrocchiale per la visita del sacerdote a portare

l’Eucaristia nelle case.

UNZIONE DEGLI INFERMI

l’Unzione è chiesta in caso di malattia di lunga durata o in pericolo di vita, in questi

casi si prega di contattare il Parroco h24 .

CELEBRAZIONE DELLE ESEQUIE (FUNERALI)

La data e l'ora della celebrazione delle esequie sono fissate d'intesa coi familiari,

previo contatto con la Segreteria .

MATRIMONIO

per ricevere informazioni circa le pratiche civili e Parrocchiali, richieste dalla disciplina

del sacramento è necessario rivolgersi alla Segreteria Parrocchiale, almeno 6 MESI

prima della data prevista per la celebrazione del matrimonio. La Parrocchia ogni

anno predispone dei corsi per fidanzati.

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