bollettino diocesano maggio-giugno 2009

193

Upload: ufficio-comunicazioni-sociali-bari

Post on 12-Mar-2016

231 views

Category:

Documents


7 download

DESCRIPTION

Documenti ufficiale dell'Arcidiocesi di Bari-Bitonto.

TRANSCRIPT

Page 1: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009
Page 2: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009
Page 3: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009
Page 4: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

BOLLETTINO DIOCESANO

l´OdegitriaAtti ufficiali e attività pastoralidell’Arcidiocesi di Bari-Bitonto

Page 5: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

BOLLETTINO DIOCESANO

l´OdegitriaAtti ufficiali e attività pastoralidell’Arcidiocesi di Bari-Bitonto

Registrazione Tribunale di Bari n. 1272 del 26/03/1996

ANNO LXXXV - N. 3 - Maggio - Giugno 2009

Redazione e amministrazione:Curia Arcivescovile Bari-BitontoP.zza Odegitria - 70122 Bari - Tel. 080/5288211 - Fax 080/5244450www.arcidiocesibaribitonto.it - e.mail: [email protected]

Direttore responsabile:Vito Marotta

Direttore:Gabriella Roncali

Redazione:Beppe Di Cagno, Luigi Di Nardi, Angelo Latrofa, Paola Loria, Franco Mastran-drea, Bernardino Simone, Francesco Sportelli

Gestione editoriale e stampa:Ecumenica Editrice scrl - 70123 Bari - Tel. 080.5797843 - Fax 080.9190596

www.ecumenicaeditrice.it - [email protected]

Page 6: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

381

DOCUMENTI DELLA CHIESA UNIVERSALE

MAGISTERO PONTIFICIO

Lettera per l’indizione dell’anno sacerdotale in occasione del 150°anniversario del “dies natalis” di S. Giovanni Maria Vianney 383

DOCUMENTI DELLA CHIESA ITALIANA

CENTRO DI ORIENTAMENTO PASTORALE

59° Settimana nazionale di aggiornamento pastorale(Bari-Bitonto, 22-25 giugno 2009)

Comunità cristiana ed educazione.L’“emergenza educativa”: problema e provocazione. 395

Educare nella prospettiva mistagogica della pastorale (V. Angiuli) 398Un educatore-testimone: Giovanni Modugno (G. Micunco) 482

Annuncio celebrazione testimonianza: unità necessariaper educare alla vita cristiana (M. Falco) 502

La parrocchia-santuario Santi Medici tra territorio e religiosità popolare:una parrocchia “atipica” (F. Savino) 509

Conclusioni e prospettive. Educare il cristianosecondo la misura di Cristo (D. Sigalini) 538

Lettera alla parrocchia 548

DOCUMENTI E VITA DELLA CHIESA DI BARI-BITONTO

CURIA METROPOLITANA

CancelleriaOrdinazioni e decreti 551

Ufficio per le cause dei santiUna lapide in Cattedrale per la Beata Elia di San Clemente 553

Settore Carità. Ufficio CaritasUn anno in Caritas 557

NELLA PACE DEL SIGNORE

p. Giulio Doronzo, O.F.M. Cap. 559

SOMMARIO

Page 7: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

DIARIO DELL’ARCIVESCOVO

Maggio 2009 563Giugno 2009 565

Page 8: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

383

Cari fratelli nel sacerdozio,

nella prossima solennità del Sacratissimo Cuore di Gesù, venerdì19 giugno 2009 – giornata tradizionalmente dedicata alla preghie-ra per la santificazione del clero –, ho pensato di indire ufficial-mente un “Anno sacerdotale” in occasione del 150° anniversariodel “dies natalis” di Giovanni Maria Vianney, il Santo Patrono ditutti i parroci del mondo. Tale anno, che vuole contribuire a pro-muovere l’impegno d’interiore rinnovamento di tutti i sacerdoti peruna loro più forte ed incisiva testimonianza evangelica nel mondodi oggi, si concluderà nella stessa solennità del 2010. «Il Sacerdozio èl’amore del cuore di Gesù», soleva dire il Santo Curato d’Ars. Questatoccante espressione ci permette anzitutto di evocare con tenerezzae riconoscenza l’immenso dono che i sacerdoti costituiscono nonsolo per la Chiesa, ma anche per la stessa umanità. Penso a tuttiquei presbiteri che offrono ai fedeli cristiani e al mondo intero l’u-mile e quotidiana proposta delle parole e dei gesti di Cristo, cer-cando di aderire a Lui con i pensieri, la volontà, i sentimenti e lostile di tutta la propria esistenza. Come non sottolineare le lorofatiche apostoliche, il loro servizio infaticabile e nascosto, la lorocarità tendenzialmente universale? E che dire della fedeltà corag-giosa di tanti sacerdoti che, pur tra difficoltà e incomprensioni,

Lettera per l’indizione dell’Anno sacerdotalein occasione del 150° anniversario del

“dies natalis” di Giovanni Maria Vianney

MAGISTERO PONTIFICIO

DOCUMENTI DELLA CHIESA UNIVERSALE

Page 9: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

384

restano fedeli alla loro vocazione: quella di “amici di Cristo”, da Luiparticolarmente chiamati, prescelti e inviati? Io stesso porto ancora nel cuore il ricordo del primo parroco accan-to al quale esercitai il mio ministero di giovane prete: egli mi lasciòl’esempio di una dedizione senza riserve al proprio servizio pasto-rale, fino a trovare la morte nell’atto stesso in cui portava il viaticoa un malato grave. Tornano poi alla mia memoria gli innumerevoliconfratelli che ho incontrato e che continuo ad incontrare, anchedurante i miei viaggi pastorali nelle diverse nazioni, generosamenteimpegnati nel quotidiano esercizio del loro ministero sacerdotale.Ma l’espressione usata dal Santo Curato evoca anche la trafitturadel Cuore di Cristo e la corona di spine che lo avvolge. Il pensierova, di conseguenza, alle innumerevoli situazioni di sofferenza in cuimolti sacerdoti sono coinvolti, sia perché partecipi dell’esperienzaumana del dolore nella molteplicità del suo manifestarsi, sia perchéincompresi dagli stessi destinatari del loro ministero: come nonricordare i tanti sacerdoti offesi nella loro dignità, impediti nellaloro missione, a volte anche perseguitati fino alla suprema testimo-nianza del sangue?Ci sono, purtroppo, anche situazioni, mai abbastanza deplorate, incui è la Chiesa stessa a soffrire per l’infedeltà di alcuni suoi ministri.È il mondo a trarne allora motivo di scandalo e di rifiuto. Ciò chemassimamente può giovare in tali casi alla Chiesa non è tanto lapuntigliosa rilevazione delle debolezze dei suoi ministri, quantouna rinnovata e lieta coscienza della grandezza del dono di Dio,concretizzato in splendide figure di generosi pastori, di religiosiardenti di amore per Dio e per le anime, di direttori spirituali illu-minati e pazienti. A questo proposito, gli insegnamenti e gli esem-pi di san Giovanni Maria Vianney possono offrire a tutti un signi-ficativo punto di riferimento: il Curato d’Ars era umilissimo, maconsapevole, in quanto prete, d’essere un dono immenso per la suagente: «Un buon pastore, un pastore secondo il cuore di Dio, è ilpiù grande tesoro che il buon Dio possa accordare ad una parroc-chia e uno dei doni più preziosi della misericordia divina». Parlavadel sacerdozio come se non riuscisse a capacitarsi della grandezzadel dono e del compito affidati ad una creatura umana: «Oh come ilprete è grande!... Se egli si comprendesse, morirebbe... Dio gli obbe-disce: egli pronuncia due parole e Nostro Signore scende dal cielo

Page 10: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

385

alla sua voce e si rinchiude in una piccola ostia...». E spiegando aisuoi fedeli l’importanza dei sacramenti diceva: «Tolto il sacramen-to dell’Ordine, noi non avremmo il Signore. Chi lo ha riposto là inquel tabernacolo? Il sacerdote. Chi ha accolto la vostra anima alprimo entrare nella vita? Il sacerdote. Chi la nutre per darle la forzadi compiere il suo pellegrinaggio? Il sacerdote. Chi la preparerà acomparire innanzi a Dio, lavandola per l’ultima volta nel sangue diGesù Cristo? Il sacerdote, sempre il sacerdote. E se quest’animaviene a morire [per il peccato], chi la risusciterà, chi le renderà lacalma e la pace? Ancora il sacerdote... Dopo Dio, il sacerdote ètutto!... Lui stesso non si capirà bene che in cielo». Queste afferma-zioni, nate dal cuore sacerdotale del santo parroco, possono appa-rire eccessive. In esse, tuttavia, si rivela l’altissima considerazione incui egli teneva il sacramento del sacerdozio. Sembrava sopraffattoda uno sconfinato senso di responsabilità: «Se comprendessimobene che cos’è un prete sulla terra, moriremmo: non di spavento,ma di amore... Senza il prete la morte e la passione di NostroSignore non servirebbero a niente. È il prete che continua l’operadella Redenzione sulla terra... Che ci gioverebbe una casa pienad’oro se non ci fosse nessuno che ce ne apre la porta? Il prete pos-siede la chiave dei tesori celesti: è lui che apre la porta; egli è l’eco-nomo del buon Dio; l’amministratore dei suoi beni... Lasciate unaparrocchia, per vent’anni, senza prete, vi si adoreranno le bestie... Ilprete non è prete per sé, lo è per voi».Era giunto ad Ars, un piccolo villaggio di 230 abitanti, preavvertitodal Vescovo che avrebbe trovato una situazione religiosamente pre-caria: «Non c’è molto amor di Dio in quella parrocchia; voi ce nemetterete». Era, di conseguenza, pienamente consapevole che dove-va andarvi ad incarnare la presenza di Cristo, testimoniandone latenerezza salvifica: «[Mio Dio], accordatemi la conversione dellamia parrocchia; accetto di soffrire tutto quello che vorrete per tuttoil tempo della mia vita!», fu con questa preghiera che iniziò la suamissione. Alla conversione della sua parrocchia il Santo Curato sidedicò con tutte le sue energie, ponendo in cima ad ogni suo pen-siero la formazione cristiana del popolo a lui affidato. Cari fratelli

MAGISTERO PONTIFICIO

Page 11: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

386

nel sacerdozio, chiediamo al Signore Gesù la grazia di poter ap-prendere anche noi il metodo pastorale di san Giovanni MariaVianney! Ciò che per prima cosa dobbiamo imparare è la sua tota-le identificazione col proprio ministero. In Gesù, persona e missio-ne tendono a coincidere: tutta la sua azione salvifica era ed è espres-sione del suo “Io filiale” che, da tutta l’eternità, sta davanti al Padrein atteggiamento di amorosa sottomissione alla sua volontà. Conumile ma vera analogia, anche il sacerdote deve anelare a questaidentificazione. Non si tratta certo di dimenticare che l’efficaciasostanziale del ministero resta indipendente dalla santità del mini-stro; ma non si può neppure trascurare la straordinaria fruttuositàgenerata dall’incontro tra la santità oggettiva del ministero e quel-la soggettiva del ministro. Il Curato d’Ars iniziò subito quest’umilee paziente lavoro di armonizzazione tra la sua vita di ministro e lasantità del ministero a lui affidato, decidendo di “abitare” perfinomaterialmente nella sua chiesa parrocchiale: «Appena arrivato egliscelse la chiesa a sua dimora... Entrava in chiesa prima dell’aurora enon ne usciva che dopo l’Angelus della sera. Là si doveva cercarloquando si aveva bisogno di lui», si legge nella prima biografia.L’esagerazione devota del pio agiografo non deve farci trascurare ilfatto che il Santo Curato seppe anche “abitare” attivamente intutto il territorio della sua parrocchia: visitava sistematicamente gliammalati e le famiglie; organizzava missioni popolari e feste patro-nali; raccoglieva ed amministrava denaro per le sue opere caritativee missionarie; abbelliva la sua chiesa e la dotava di arredi sacri; sioccupava delle orfanelle della “Providence” (un istituto da lui fon-dato) e delle loro educatrici; si interessava dell’istruzione dei bam-bini; fondava confraternite e chiamava i laici a collaborare con lui.Il suo esempio mi induce a evidenziare gli spazi di collaborazioneche è doveroso estendere sempre più ai fedeli laici, coi quali i pre-sbiteri formano l’unico popolo sacerdotale e in mezzo ai quali, invirtù del sacerdozio ministeriale, si trovano «per condurre tuttiall’unità della carità, “amandosi l’un l’altro con la carità fraterna,prevenendosi a vicenda nella deferenza” (Rm 12,10)». È da ricorda-re, in questo contesto, il caloroso invito con il quale il ConcilioVaticano II incoraggia i presbiteri a «riconoscere e promuovere sin-ceramente la dignità dei laici, nonché il loro ruolo specifico nel-l’ambito della missione della Chiesa… Siano pronti ad ascoltare il

Page 12: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

MAGISTERO PONTIFICIO

parere dei laici, considerando con interesse fraterno le loro aspira-zioni e giovandosi della loro esperienza e competenza nei diversicampi dell’attività umana, in modo da poter insieme a loro ricono-scere i segni dei tempi».Ai suoi parrocchiani il Santo Curato insegnava soprattutto con latestimonianza della vita. Dal suo esempio i fedeli imparavano a pre-gare, sostando volentieri davanti al tabernacolo per una visita aGesù Eucaristia. «Non c’è bisogno di parlar molto per ben pregare.– spiegava loro il Curato - Si sa che Gesù è là, nel santo tabernaco-lo: apriamogli il nostro cuore, rallegriamoci della sua santa presen-za. È questa la migliore preghiera». Ed esortava: «Venite alla comu-nione, fratelli miei, venite da Gesù. Venite a vivere di Lui per potervivere con Lui. È vero che non ne siete degni, ma ne avete bisogno!».Tale educazione dei fedeli alla presenza eucaristica e alla comunioneacquistava un’efficacia particolarissima, quando i fedeli lo vedeva-no celebrare il Santo Sacrificio della Messa. Chi vi assisteva dicevache «non era possibile trovare una figura che meglio esprimesse l’a-dorazione... Contemplava l’Ostia amorosamente». «Tutte le buoneopere riunite non equivalgono al sacrificio della Messa, perchéquelle sono opere di uomini, mentre la Santa Messa è opera diDio», diceva. Era convinto che dalla Messa dipendesse tutto il fer-vore della vita di un prete: «La causa della rilassatezza del sacerdoteè che non fa attenzione alla Messa! Mio Dio, come è da compian-gere un prete che celebra come se facesse una cosa ordinaria!». Edaveva preso l’abitudine di offrire sempre, celebrando, anche il sacri-ficio della propria vita: «Come fa bene un prete ad offrirsi a Dio insacrificio tutte le mattine!».Questa immedesimazione personale al Sacrificio della Croce loconduceva – con un solo movimento interiore – dall’altare al con-fessionale. I sacerdoti non dovrebbero mai rassegnarsi a vederedeserti i loro confessionali né limitarsi a constatare la disaffezionedei fedeli nei riguardi di questo sacramento. Al tempo del SantoCurato, in Francia, la confessione non era né più facile, né più fre-quente che ai nostri giorni, dato che la tormenta rivoluzionariaaveva soffocato a lungo la pratica religiosa. Ma egli cercò in ogni

387

Page 13: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

modo, con la predicazione e con il consiglio persuasivo, di far risco-prire ai suoi parrocchiani il significato e la bellezza della Penitenzasacramentale, mostrandola come un’esigenza intima della Presenzaeucaristica. Seppe così dare il via a un circolo virtuoso. Con le lunghepermanenze in chiesa davanti al tabernacolo fece sì che i fedelicominciassero ad imitarlo, recandovisi per visitare Gesù, e fossero,al tempo stesso, sicuri di trovarvi il loro parroco, disponibile all’a-scolto e al perdono. In seguito, fu la folla crescente dei penitenti,provenienti da tutta la Francia, a trattenerlo nel confessionale finoa 16 ore al giorno. Si diceva allora che Ars era diventata “il grandeospedale delle anime”. «La grazia che egli otteneva [per la conver-sione dei peccatori] era sì forte che essa andava a cercarli senzalasciar loro un momento di tregua!», dice il primo biografo. IlSanto Curato non la pensava diversamente, quando diceva: «Non èil peccatore che ritorna a Dio per domandargli perdono, ma è Diostesso che corre dietro al peccatore e lo fa tornare a Lui». «Questobuon Salvatore è così colmo d’amore che ci cerca dappertutto».Tutti noi sacerdoti dovremmo sentire che ci riguardano personal-mente quelle parole che egli metteva in bocca a Cristo: «Incaricheròi miei ministri di annunciare ai peccatori che sono sempre pronto ariceverli, che la mia misericordia è infinita». Dal Santo Curato d’Arsnoi sacerdoti possiamo imparare non solo un’inesauribile fiducianel sacramento della Penitenza che ci spinga a rimetterlo al centrodelle nostre preoccupazioni pastorali, ma anche il metodo del “dia-logo di salvezza” che in esso si deve svolgere. Il Curato d’Ars avevauna maniera diversa di atteggiarsi con i vari penitenti. Chi veniva alsuo confessionale attratto da un intimo e umile bisogno del perdo-no di Dio, trovava in lui l’incoraggiamento ad immergersi nel “tor-rente della divina misericordia” che trascina via tutto nel suo impe-to. E se qualcuno era afflitto al pensiero della propria debolezza eincostanza, timoroso di future ricadute, il Curato gli rivelava ilsegreto di Dio con un’espressione di toccante bellezza: «Il buon Diosa tutto. Prima ancora che voi vi confessiate, sa già che pecchereteancora e tuttavia vi perdona. Come è grande l’amore del nostro Dioche si spinge fino a dimenticare volontariamente l’avvenire, pur di perdo-narci!». A chi, invece, si accusava in maniera tiepida e quasi indiffe-rente, offriva, attraverso le sue stesse lacrime, la seria e sofferta evi-denza di quanto quell’atteggiamento fosse “abominevole”: «Piango

388

Page 14: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

MAGISTERO PONTIFICIO

perché voi non piangete», diceva. «Se almeno il Signore non fossecosì buono! Ma è così buono! Bisogna essere barbari a comportarsicosì davanti a un Padre così buono!». Faceva nascere il pentimentonel cuore dei tiepidi, costringendoli a vedere, con i propri occhi, lasofferenza di Dio per i peccati quasi “incarnata” nel volto del preteche li confessava. A chi, invece, si presentava già desideroso e capa-ce di una più profonda vita spirituale, spalancava le profondità del-l’amore, spiegando l’indicibile bellezza di poter vivere uniti a Dio ealla sua presenza: «Tutto sotto gli occhi di Dio, tutto con Dio, tuttoper piacere a Dio... Com’è bello!». E insegnava loro a pregare: «MioDio, fammi la grazia di amarti tanto quanto è possibile che iot’ami».Il Curato d’Ars, nel suo tempo, ha saputo trasformare il cuore e lavita di tante persone, perché è riuscito a far loro percepire l’amoremisericordioso del Signore. Urge anche nel nostro tempo un simileannuncio e una simile testimonianza della verità dell’Amore: Deuscaritas est (1 Gv 4,8). Con la Parola e con i Sacramenti del suoGesù, Giovanni Maria Vianney sapeva edificare il suo popolo, anchese spesso fremeva convinto della sua personale inadeguatezza, alpunto da desiderare più volte di sottrarsi alle responsabilità delministero parrocchiale di cui si sentiva indegno. Tuttavia con esem-plare obbedienza restò sempre al suo posto, perché lo divorava lapassione apostolica per la salvezza delle anime. Cercava di aderiretotalmente alla propria vocazione e missione mediante un’ascesisevera: «La grande sventura per noi parroci - deplorava il Santo - èche l’anima si intorpidisce»; ed intendeva con questo un pericolosoassuefarsi del pastore allo stato di peccato o di indifferenza in cuivivono tante sue pecorelle. Egli teneva a freno il corpo, con veglie edigiuni, per evitare che opponesse resistenze alla sua anima sacer-dotale. E non rifuggiva dal mortificare se stesso a bene delle animeche gli erano affidate e per contribuire all’espiazione dei tanti pec-cati ascoltati in confessione. Spiegava ad un confratello sacerdote:«Vi dirò qual è la mia ricetta: dò ai peccatori una penitenza piccolae il resto lo faccio io al loro posto». Al di là delle concrete penitenzea cui il Curato d’Ars si sottoponeva, resta comunque valido per

389

Page 15: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

tutti il nucleo del suo insegnamento: le anime costano il sangue diGesù e il sacerdote non può dedicarsi alla loro salvezza se rifiuta dipartecipare personalmente al “caro prezzo” della redenzione.Nel mondo di oggi, come nei difficili tempi del Curato d’Ars, occor-re che i presbiteri nella loro vita e azione si distinguano per una fortetestimonianza evangelica. Ha giustamente osservato Paolo VI:«L’uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che imaestri, o se ascolta i maestri lo fa perché sono dei testimoni».Perché non nasca un vuoto esistenziale in noi e non sia compro-messa l’efficacia del nostro ministero, occorre che ci interroghiamosempre di nuovo: «Siamo veramente pervasi dalla Parola di Dio? Èvero che essa è il nutrimento di cui viviamo, più di quanto lo sianoil pane e le cose di questo mondo? La conosciamo davvero? Laamiamo? Ci occupiamo interiormente di questa Parola al puntoche essa realmente dia un’impronta alla nostra vita e formi il nostropensiero?». Come Gesù chiamò i Dodici perché stessero con Lui (cfrMc 3,14) e solo dopo li mandò a predicare, così anche ai giorninostri i sacerdoti sono chiamati ad assimilare quel “nuovo stile divita” che è stato inaugurato dal Signore Gesù ed è stato fatto pro-prio dagli Apostoli.Fu proprio l’adesione senza riserve a questo “nuovo stile di vita” checaratterizzò l’impegno ministeriale del Curato d’Ars. Il PapaGiovanni XXIII nella Lettera enciclica Sacerdotii nostri primordia,pubblicata nel 1959, primo centenario della morte di san GiovanniMaria Vianney, ne presentava la fisionomia ascetica con particolareriferimento al tema dei “tre consigli evangelici”, giudicati necessarianche per i presbiteri: «Se, per raggiungere questa santità di vita, lapratica dei consigli evangelici non è imposta al sacerdote in virtùdello stato clericale, essa si presenta nondimeno a lui, come a tuttii discepoli del Signore, come la via regolare della santificazione cri-stiana». Il Curato d’Ars seppe vivere i “consigli evangelici” nellemodalità adatte alla sua condizione di presbitero. La sua povertà,infatti, non fu quella di un religioso o di un monaco, ma quellarichiesta ad un prete: pur maneggiando molto denaro (dato che ipellegrini più facoltosi non mancavano di interessarsi alle sue operedi carità), egli sapeva che tutto era donato alla sua chiesa, ai suoipoveri, ai suoi orfanelli, alle ragazze della sua “Providence”, alle suefamiglie più disagiate. Perciò egli «era ricco per dare agli altri ed era

390

Page 16: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

MAGISTERO PONTIFICIO

molto povero per se stesso». Spiegava: «Il mio segreto è semplice:dare tutto e non conservare niente». Quando si trovava con le manivuote, ai poveri che si rivolgevano a lui diceva contento: «Oggi sonopovero come voi, sono uno dei vostri». Così, alla fine della vita, potéaffermare con assoluta serenità: «Non ho più niente. Il buon Dioora può chiamarmi quando vuole!». Anche la sua castità era quellarichiesta a un prete per il suo ministero. Si può dire che era la casti-tà conveniente a chi deve toccare abitualmente l’Eucaristia e abi-tualmente la guarda con tutto il trasporto del cuore e con lo stessotrasporto la dona ai suoi fedeli. Dicevano di lui che “la castità bril-lava nel suo sguardo”, e i fedeli se ne accorgevano quando egli si vol-geva a guardare il tabernacolo con gli occhi di un innamo-rato. Anche l’obbedienza di san Giovanni Maria Vianney fu tuttaincarnata nella sofferta adesione alle quotidiane esigenze del suoministero. È noto quanto egli fosse tormentato dal pensiero dellapropria inadeguatezza al ministero parrocchiale e dal desiderio difuggire «a piangere la sua povera vita, in solitudine». Solo l’obbe-dienza e la passione per le anime riuscivano a convincerlo a restareal suo posto. A se stesso e ai suoi fedeli spiegava: «Non ci sono duemaniere buone di servire Dio. Ce n’è una sola: servirlo come luivuole essere servito». La regola d’oro per una vita obbediente glisembrava questa: «Fare solo ciò che può essere offerto al buonDio».Nel contesto della spiritualità alimentata dalla pratica dei consiglievangelici, mi è caro rivolgere ai sacerdoti, in quest’Anno a lorodedicato, un particolare invito a saper cogliere la nuova primaverache lo Spirito sta suscitando ai giorni nostri nella Chiesa, non perultimo attraverso i Movimenti ecclesiali e le nuove Comunità. «LoSpirito nei suoi doni è multiforme… Egli soffia dove vuole. Lo fa inmodo inaspettato, in luoghi inaspettati e in forme prima nonimmaginate… ma ci dimostra anche che Egli opera in vista dell’uni-co Corpo e nell’unità dell’unico Corpo». A questo proposito, valel’indicazione del Decreto Presbyterorum ordinis: «Sapendo discernerequali spiriti abbiano origine da Dio, (i presbiteri) devono scoprirecon senso di fede i carismi, sia umili che eccelsi, che sotto moltepli-

391

Page 17: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

ci forme sono concessi ai laici, devono ammetterli con gioia efomentarli con diligenza». Tali doni che spingono non pochi a unavita spirituale più elevata, possono giovare non solo per i fedeli laicima per gli stessi ministri. Dalla comunione tra ministri ordinati ecarismi, infatti, può scaturire «un valido impulso per un rinnovatoimpegno della Chiesa nell’annuncio e nella testimonianza delVangelo della speranza e della carità in ogni angolo del mondo».Vorrei inoltre aggiungere, sulla scorta dell’Esortazione apostolicaPastores dabo vobis del Papa Giovanni Paolo II, che il ministero ordi-nato ha una radicale ‘forma comunitaria’ e può essere assolto solonella comunione dei presbiteri con il loro Vescovo. Occorre chequesta comunione fra i sacerdoti e col proprio Vescovo, basata sulsacramento dell’Ordine e manifestata nella concelebrazione eucari-stica, si traduca nelle diverse forme concrete di una fraternità sacer-dotale effettiva ed affettiva. Solo così i sacerdoti sapranno vivere inpienezza il dono del celibato e saranno capaci di far fiorire comu-nità cristiane nelle quali si ripetano i prodigi della prima predica-zione del Vangelo.L’Anno Paolino che volge al termine orienta il nostro pensieroanche verso l’Apostolo delle genti, nel quale rifulge davanti ai nostriocchi uno splendido modello di sacerdote, totalmente “donato” alsuo ministero. «L’amore del Cristo ci possiede – egli scriveva – e noisappiamo bene che uno è morto per tutti, dunque tutti sono morti»(2 Cor 5,14). Ed aggiungeva: «Egli è morto per tutti, perché quelliche vivono non vivano più per se stessi, ma per colui che è morto erisorto per loro» (2 Cor. 5,15). Quale programma migliore potrebbeessere proposto ad un sacerdote impegnato ad avanzare sulla stra-da delle perfezione cristiana?Cari sacerdoti, la celebrazione del 150.mo anniversario della morte disan Giovanni Maria Vianney (1859) segue immediatamente le cele-brazioni appena concluse del 150.mo anniversario delle apparizionidi Lourdes (1858). Già nel 1959 il beato Papa Giovanni XXIII avevaosservato: «Poco prima che il Curato d’Ars concludesse la sua lungacarriera piena di meriti, la Vergine Immacolata era apparsa, inun’altra regione di Francia, ad una fanciulla umile e pura, per tra-smetterle un messaggio di preghiera e di penitenza, di cui è bennota, da un secolo, l’immensa risonanza spirituale. In realtà la vitadel santo sacerdote, di cui celebriamo il ricordo, era in anticipo

392

Page 18: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

MAGISTERO PONTIFICIO

un’illustrazione vivente delle grandi verità soprannaturali insegna-te alla veggente di Massabielle. Egli stesso aveva per l’ImmacolataConcezione della Santissima Vergine una vivissima devozione, luiche nel 1836 aveva consacrato la sua parrocchia a Maria concepitasenza peccato, e doveva accogliere con tanta fede e gioia la defini-zione dogmatica del 1854». Il Santo Curato ricordava sempre aisuoi fedeli che «Gesù Cristo dopo averci dato tutto quello che cipoteva dare, vuole ancora farci eredi di quanto egli ha di più pre-zioso, vale a dire della sua Santa Madre».Alla Vergine Santissima affido questo Anno sacerdotale, chieden-dole di suscitare nell’animo di ogni presbitero un generoso rilanciodi quegli ideali di totale donazione a Cristo ed alla Chiesa che ispi-rarono il pensiero e l’azione del Santo Curato d’Ars. Con la sua fer-vente vita di preghiera e il suo appassionato amore a Gesù crocifis-so Giovanni Maria Vianney alimentò la sua quotidiana donazionesenza riserve a Dio e alla Chiesa. Possa il suo esempio suscitare neisacerdoti quella testimonianza di unità con il Vescovo, tra loro econ i laici che è, oggi come sempre, tanto necessaria. Nonostante ilmale che vi è nel mondo, risuona sempre attuale la parola di Cristoai suoi Apostoli nel Cenacolo: «Nel mondo avrete tribolazioni, maabbiate coraggio: io ho vinto il mondo» (Gv 16,33). La fede nelMaestro divino ci dà la forza per guardare con fiducia al futuro.Cari sacerdoti, Cristo conta su di voi. Sull’esempio del SantoCurato d’Ars, lasciatevi conquistare da Lui e sarete anche voi, nelmondo di oggi, messaggeri di speranza, di riconciliazione, di pace!Con la mia benedizione.

Dal Vaticano, 16 giugno 2009

393

Page 19: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009
Page 20: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

DOCUMENTI DELLA CHIESA ITALIANA

CENTRO DI ORIENTAMENTO PASTORALE

Si è svolta nella nostra Arcidiocesi, dal 22 al 25 giugno 2009, la 59° Settimanadi aggiornamento pastorale del Centro di Orientamento Pastorale, che haavuto al centro della sua riflessione e dei suoi dibattiti il tema della “emergen-za educativa”. Esso è stato svolto secondo l’intento degli organizzatori comeun vero “lavoro seminariale” e non come semplice esposizione di relazioni,come è evidenziato dall’introduzione ai lavori e dall’articolazione del pro-gramma. Seguono le relazioni del Provicario generale dell’Arcidiocesi mons.Vito Angiuli su “Educare nella prospettiva mistagogica della pastorale”, delprof. Giuseppe Micunco su “Un educatore-testimone: Giovanni Modugno”, gliinterventi di don Mimmo Falco, direttore dell’Ufficio Liturgico nazionale, e didon Francesco Savino, parroco e rettore della parrocchia Santi Medici diBitonto e presidente della Fondazione “Opera Santi Medici Cosma eDamiano-onlus”; le conclusioni di mons. Domenico Sigalini, presidente delCOP, e la “Lettera alla parrocchia”. I lavori si sono svolti presso l’Auditorium“M. De Gennaro” del Santuario dei Santi Medici in Bitonto.

La Settimana intende verificare l’ipotesi che «la frammentazionepastorale» sia l’anello debole dell’azione pastorale e della propostaeducativa della parrocchia. La dispersione progettuale e operativa ela mancanza di unità della e nella pastorale rendono l’azione edu-cativa della comunità cristiana generosa, ma poco efficace.

59a Settimana nazionale di aggiornamento pastorale(Bari-Bitonto, 22-25 giugno 2009)

Comunità cristiana ed educazioneL’“emergenza educativa”:problema e provocazione

395

Page 21: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

Le domande fondamentali, che la Settimana intende verificare,sono le seguenti: la parrocchia, oggi, è una comunità educante?L’«emergenza educativa» è un fatto extra-ecclesiale o indica ancheuna difficoltà della Chiesa a mantenere vivo e alto il suo compito di«madre e maestra»? Qual è il punto debole della proposta cristianaoggi? Come superare la frammentazione pastorale? Come passaredalla constatazione dell’emergenza educativa alla programmazionedi proposta educativa cristiana valida per i tempi moderni?La Settimana si caratterizzerà, per quanto è possibile, come un lavo-ro condiviso tra tutti i partecipanti: relatori e partecipanti. LaSettimana dovrebbe essere un vero «lavoro seminariale» e non unasemplice esposizione di relazioni: si vorrebbe realizzare un dibatti-to a più voci tra i relatori collegando e facendo interagire le relazio-ni con i lavori di gruppo e con il documento finale.

Lunedì 22 giugno

ore 14.00-16.00 Arrivo e sistemazione ore 16.30 Salutiore 17.00 Celebrazione liturgica ore 17.15 Pastorale come educazione

GAETANO BONICELLI, arcivescovo emerito di Sienaore 17.30 L’emergenza educativa interpella la comunità cristiana

LUCA DIOTALLEVI, docente di sociologia all’Università Roma Treore 18.30 Dibattitoore 21.30 Assemblea COP

Martedì 23 giugno

ore 9.00 Lodi e meditazioneore 9.30 Educare nella prospettiva mistagogica della pastorale

VITO ANGIULI, provicario generale dell’Arcidiocesi di Bari-Bitontoore 11.00 Dibattitoore 16.30 Un educatore-testimone: Giovanni Modugno

GIUSEPPE MICUNCO, direttore dell’Ufficio Laicato dell’Arcidiocesi diBari-Bitonto

ore 17.00 LaboratoriFormare comunità: adulti e famiglieIntroduce ANTONIO MASTANTUONO, assistente centrale per ilMovimento di impegno educativo dell’Azione Cattolica

396

Page 22: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

CENTRO DI ORIENTAMENTO PASTORALE

Conducono i laboratori:STEFANO VILLA, collaboratore parrocchiale, ComoGIACOMO PANFILO, parroco di Clusone, Bergamo CARLA VALENTE, suora pastorella, Rieti

ore 19.30 Visita Cattedrale di Bitonto - Concelebrazione eucaristica

Mercoledì 24 giugno

ore 9.00 Lodi e meditazioneore 9.30 Tavola rotonda

Annuncio celebrazione, testimonianza: unità necessaria per educarealla vita cristianaGUIDO BENZI, direttore Ufficio catechistico nazionaleDOMENICO FALCO, direttore Ufficio liturgico nazionaleMARCO TOTI, già delegato regionale Caritas italianaFRANCESCO SAVINO, parroco e rettore Santuario Santi Medici, Bitonto

ore 11.30 Dibattito

Pomeriggio Visita Basilica di San Nicola e Cattedrale di BariConcelebrazione eucaristica presieduta daFrancesco Cacucci, arcivescovo di Bari-BitontoConcerto-meditazione a cura del gruppo “Frammenti di luce”:«Per me vivere è Cristo. Paolo testimone dell’amore»

Giovedì 25 giugno

ore 9.00 Lodi e meditazioneore 9.30 Chiesa locale in missione educativa nel territorio

GIANCARLO MARIA BREGANTINI, arcivescovo di Campobasso-Boianoore 11.00 Prospettive pastorali

DOMENICO SIGALINI, vescovo, presidente del COPLettera alla parrocchia: ripartire dall’educazione

ore 12.00 Concelebrazioneore 13.00 Pranzo e partenza

Moderatore della Settimana: PIER LUIGI CARMINATI, direttore editoriale di «Orien-tamenti Pastorali».Animatore spirituale: MARIA GIOVANNA VALENZIANO, abbadessa di S. Cecilia a Roma.Animatore liturgico: MARIO CASTELLANO, direttore dell’Ufficio liturgico dell’arcidiocesi diBari-Bitonto.

397

Page 23: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

1 Per la prassi cristiana antica e il suo rapporto con la paideia greca vedi W. JAEGER,Cristianesimo primitivo e paideia greca, La Nuova Italia, Firenze 1966. A tal proposito J.Ratzinger scrive: «Al nostro concetto di cultura nel mondo greco corrispondeva, moltoappropriatamente, il termine paideia, ovvero l’educazione nel senso più alto, in quantoforma l’individuo alla vera umanità. I latini esprimevano la medesima cosa col termineeruditio: l’individuo è come “dirozzato”, rifinito quale perfetto essere umano. In tal sensoil vangelo è per sua natura paideia/cultura, e in questa opera di educazione si allea contutte le forze che convergono a strutturare l’uomo in quanto essere comunitario» (J.RATZINGER, In cammino verso Gesù, San Paolo, Cinisello Balsamo [Mi] 2004, pp. 36-37).2 Cfr N. GALLI (a cura di), L’educazione cristiana negli insegnamenti degli ultimi pontefici. Da PioXI a Giovanni Paolo II, Vita e Pensiero, Milano 1992.3 Gravissimum educationis, Proemio.4 Gaudium et spes, 31.5 «Educare non è mai stato facile, e oggi sembra diventare sempre più difficile» (BENEDETTO

XVI, Lettera alla diocesi e alla città di Roma sul compito urgente dell’educazione, 21 gennaio 2008).6 Cfr G. ANGELINI, Educare si deve, ma si può?, Vita e Pensiero, Milano 2002; G. ANCONE, La pai-deia introvabile. Lo sguardo pedagogico nella post-modernità, La Scuola, Brescia 2004; SERVIZIO

NAZIONALE DELLA CEI PER IL PROGETTO CULTURALE, Le sfide dell’educazione, EDB, Bologna 2007; P.BIGNARDI (a cura di), Educazione: un’emergenza?, La Scuola, Brescia 2008; G. SAVAGNONE - A.BRIGUGLIA, Il coraggio di educare, LDC, Leumann (To) 2009.

398

Vito Angiuli

Educare nella prospettiva mistagogicadella pastorale

La Chiesa si è sempre occupata di educazione1. Solo, però, nell’epo-ca contemporanea, a partire da Pio XI, ha affrontato in modo orga-nico il problema riguardante i costitutivi, le modalità e gli ambitidell’educazione umana e cristiana2. È, apparsa, infatti, con sempremaggiore evidenza «l’estrema importanza dell’educazione nella vitadell’uomo e la sua incidenza sempre più grande nel progresso socia-le contemporaneo»3 tanto che «legittimamente si può pensare cheil futuro dell’umanità sia riposto nelle mani di coloro che sonocapaci di trasmettere alle generazioni di domani ragioni di vita e disperanza»4 .Oggi, il compito educativo appare abbastanza arduo e difficile5.Siamo in presenza di una grande “emergenza educativa”6 per la cre-scente fatica che si incontra nel trasmettere alle nuove generazioni

Page 24: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

399

i valori fondamentali dell’esistenza e del retto agire morale; diffi-coltà che coinvolge la scuola, la famiglia e ogni altro organismo ascopo educativo e che si presenta così rilevante da far ritenere l’im-presa non solo difficile, ma addirittura impossibile. La difficoltà dimettere in atto uno stabile e significativo itinerario formativo è pariall’importanza e al dovere di adoperarsi in vista di una sua concre-ta programmazione perché la posta in gioco è il senso e il valoredella vita, la sua bellezza e la sua dignità.

1. L’emergenza educativa nel contesto di una cultura al bivio

Per un corretto inquadramento della questione educativa è neces-sario considerare non solo l’aspetto fenomenico del problema, maanche il suo sottofondo culturale. Come indica il significato eti-mologico della parola “emergenza”, ciò a cui stiamo assistendo nelnostro tempo è il manifestarsi in modo sempre più evidente dell’e-sito di un processo complesso e lungo, definito con nomi diversi edescritto in una pluralità di forme, che si è imposto come un radi-cale cambiamento nel modo di intendere e valutare la vita e la per-sona umana. In estrema sintesi, l’emergenza educativa è la punta diun iceberg: la chiara manifestazione della divaricazione tra cristia-nesimo e cultura occidentale, una separazione che si è consumata,grosso modo, attraverso tre principali fasi storiche.

1.1. La terza morte di Dio

La prima fase (XVII-XVIII sec.) corrisponde all’emergere del fenomenodella secolarizzazione. La cultura riconosce ancora l’importanza delriferimento alla fede cristiana e, a suo modo, cerca di evidenziarneil legame e il collegamento veritativo. Hegel è ancora intento a scan-dagliare la verità cristiana, pur se appare chiaro che il suo pensieroopera uno svuotamento e una subordinazione della fede al trascen-dimento filosofico.La seconda fase (XIX-XX sec.) coincide con la secolarizzazione della

CENTRO DI ORIENTAMENTO PASTORALE

Page 25: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

7 Cfr K. LÖWITH, Da Hegel a Nietzsche. La frattura rivoluzionaria del secolo XIX, Einaudi,Torino1949. 8 D. HERVIEU-LEGER, Catholicisme, la fin d’un monde, Bayard, Paris 2003, p. 288.9 Cfr A. GLUCKMANN, La terza morte di Dio. Perché l’Europa è ormai un continente ateo e nel restodel mondo invece si uccide per fede, Fondazione Liberal, Roma 2004. Vedi anche A. MATTEO,Come forestieri. Perché il cristianesimo è divenuto estraneo agli uomini e alle donne del nostro tempo,Rubbettino, Soveria Mannelli (Cz) 2008; ID., Presenza infranta. Il disagio postmoderno del cri-stianesimo, Cittadella, Assisi 20082. 10 Cfr H. SEDLMAYR, Perdita del centro. Le arti figurative dei secoli XIX e XX come sintomo e simbolodi un’epoca, Borla, Torino 1983.11 Cfr M. BUBER, L’eclissi di Dio, Passigli, Città di Castello (Pg) 2000.12 Cfr GIOVANNI PAOLO II, Ecclesia in Europa, 70.13 W. B. YEATS, The Second Coming, in ID., Selected Poetry, Peguin, London 1991, p. 124.14 Cfr CENSIS, 41° Rapporto sulla situazione del paese, dicembre 2007.

cultura e della società. In un primo tempo è l’illuminismo francese adingaggiare una critica radicale alla Chiesa e alla fede cristiana, suc-cessivamente, la cultura tedesca porta a compimento il disegno diemancipazione e di autonomia da ogni principio trascendente. La“svolta antropologica” e la “trasmutazione di tutti i valori” dise-gnano la parabola storica della scissione tra fede e cultura in unalinea di pensiero che va da Hegel a Nietzsche7.La terza fase (XX- XXI sec.) manifesta la secolarizzazione della stessavita privata. In questo contesto, sono gli individui ad allontanarsidalle forme ereditate dal cristianesimo perché queste non incrocia-no più le loro aspirazioni. «Nel tempo dell’ultramodernità, la socie-tà “uscita dalla religione” elimina anche le tracce che questa halasciato nella cultura»8.L’Europa è diventata così la porzione del pianeta in cui attualmen-te si celebra la terza morte di Dio. La prima (storica) è quella narra-ta nei Vangeli e riferita alla morte in croce di Gesù. La seconda (filo-sofica) è inaugurata e gestita dai “maestri del sospetto” e dai lororispettivi discepoli o epigoni. La terza (esistenziale) non avviene piùsul Golgota né attraverso libri e pensieri, ma si materializza nellastoria attraverso forme di nichilismo spirituale, etico e politico9.Anche nelle sue espressioni letterarie, artistiche e poetiche, questoprocesso storico-culturale si manifesta come perdita del centro10,eclissi di Dio11, affievolimento del senso del mistero e della profon-dità dell’essere12. «Il centro non tiene», esclama il poeta W. BYeats13. In una “società a coriandoli” come la nostra14, l’idea di un

400

Page 26: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

15 Cfr A. BESANÇON, La confusione delle lingue, Editoriale Nuova, Milano 1981.16 BENEDETTO XVI, L’Europa di Benedetto nella crisi delle culture, Cantagalli, Siena 2005, pp. 60-63.17 Cfr J. F. LYOTARD, La condizione postmoderna, Feltrinelli, Milano 199912. 18 Cfr P. TILLICH, Si scuotono le fondamenta, Ubaldini, Roma 1970.19 GIOVANNI PAOLO II, Fides et ratio, 81.20 Cfr K. LÖWITH, Il nichilismo europeo, Laterza, Roma-Bari 1999; N. IRTI, Nichilismo giuridico,Laterza, Roma-Bari 2004; ID., Il salvagente della forma, Laterza, Roma-Bari 2007.

CENTRO DI ORIENTAMENTO PASTORALE

referente centrale è messo in questione, anzi diviene sempre piùimproponibile perché la ragione e la fede sono simultaneamentedetronizzate. Non solo non si fa più riferimento esplicito alla fede,ma anche la ragione, esaltata per la sua debolezza, oscilla tra relati-vismo e fondamentalismo. L’esito finale è una confusione dellelingue15.Per questo Giovanni Paolo II, in Fides et ratio, e Benedetto XVI, neisuoi numerosi interventi di questi primi anni di pontificato, hannosostenuto la necessità di allargare gli spazi della ragione come con-dizione perché anche la fede possa esprimere tutte le sue potenzia-lità. Ciò che occorre oggi – scrive Benedetto XVI – è «vivere una fedeche proviene dal Logos, dalla ragione Creatrice, e che è perciò ancheaperta a tutto ciò che è veramente razionale (…). Dovremmo, allora,capovolgere l’assioma degli illuministi e dire: anche chi non riesce atrovare la via dell’accettazione di Dio dovrebbe comunque cercaredi vivere e indirizzare la sua vita veluti si Deus daretur, come se Dio cifosse»16.Nell’attuale situazione di frammentazione è urgente ritrovare unvalore centrale e una visione sintetica e condivisa che diano ragionee fondamento alla vita e aiutino a superare quel cambiamento radi-cale dei parametri di valutazione che ha determinato il crollo dellegrandi metanarrazioni17, lo scuotersi delle fondamenta18, la crisi disenso19, l’avvento del nichilismo20. Espressioni come tramontodella cultura occidentale, crisi dei valori, sconfitta delle idee, dissol-vimento della morale sono diventate ricorrenti nella cultura altadell’Occidente per indicare il capovolgimento degli ideali fonda-mentali dell’esistenza personale e della convivenza sociale e il rea- 401

Page 27: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

21 Cfr F. NIETZSCHE, Così parlò Zarathustra, Adelphi, Milano 1976, pp. 348-349; ID., La gaiascienza, Adelphi, Milano 1977, p. 130; E. HUSSERL, La crisi delle scienze europee e la filosofia tra-scendentale, Il Saggiatore, Milano 2002; M. HEIDEGGER, Essere e tempo, Longanesi, Milano1970; ID., Introduzione alla metafisica, Mursia, Milano 1972; O. SPENGLER, Il tramontodell’Occidente. Lineamenti di una morfologia della storia mondiale, Longanesi, Milano 2008. Peruna analisi della modernità e della postmodernità cfr G. VATTIMO, La fine della modernità,Garzanti, Milano 1985; A. RIZZI, L’Europa e l’altro. Abbozzo di una teologia europea della libera-zione, Paoline, Cinisello Balsamo (Mi), 1991, pp. 13-55; G. LORIZIO, Rivelazione cristiana,modernità, postmodernità, San Paolo, Cinisello Balsamo 1999. 22 Cfr ad esempio, R. DAWKINS, L’illusione di Dio. Le ragioni per non credere, Mondadori, Milano2007. Sull’ateismo moderno cfr Gaudium et spes, 19-21. Per un’analisi complessiva dell’a-teismo vedi H. DE LUBAC, L’ateismo contemporaneo, SEI, Torino 1967-1969; ID., Il dramma del-l’umanesimo ateo, Morcelliana, Brescia 1996. Per una critica ai “nuovi atei” vedi J. HAUGHT,Dio e il nuovo ateismo, Queriniana, Brescia 2009.23 Cfr J. RATZINGER, Fede Verità Tolleranza. Il cristianesimo e le religioni del mondo, Cantagalli,Siena 2003, pp. 189-190.24 Cfr A. VACCARO, L’ultimo esorcismo. Filosofie dell’immortalità terrena, EDB, Bologna 2009.25 Cfr J. RATZINGER, Fede Verità Tolleranza, cit., pp. 184-186.26 GIOVANNI PAOLO II, Ecclesia in Europa, 9.27 Gaudium et spes, 36. K. Löwith è convinto che l’idea della dignità dell’essere uomo appar-tenga alla visione cristiana della vita e che «soltanto con l’affievolirsi del cristianesimo èdivenuta problematica anche l’umanità» (ID., Da Hegel a Nietzsche, cit., p. 482).

402

lizzarsi di una modificazione strutturale dei parametri di riferi-mento, descritti in termini di assenza più che di individuazionedelle promesse di novità21.L’esito di questa rivoluzione culturale si è espresso in una tripliceforma di pensiero: ateismo, scientismo, relativismo. Oggi, vi è chi,lucidamente consapevole dell’inconsistenza della realtà, approda aun ateismo senza angoscia, irridente e gaio22. Vi è poi chi esalta ilpotere della scienza e della tecnica come unico criterio di verità23 oaddirittura ritiene che le grandi scoperte della GNR Revolution(genetica, nanotecnologia e robotica) sapranno invadere la sferafisica e spirituale dell’uomo e costruire un’immortalità terrena24.Infine, vi è chi si attiene a posizioni agnostiche, fondandosi sulprincipio per il quale “latet omne verum”, cioè sull’idea della inco-noscibilità e del nascondimento della verità25. In sostanza, si è fattostrada il «tentativo di far prevalere un’antropologia senza Dio e senzaCristo»26, dimenticando l’avvertimento della Gaudium et spes chesapientemente ammonisce: «La creatura senza il Creatore svanisce(…). Anzi, l’oblio di Dio rende opaca la creatura stessa»27.

Page 28: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

28 Sulla “questione antropologica” si è soffermato più volte il card. C. Ruini nelle sue pro-lusioni alle riunioni dei vescovi italiani, cfr C. RUINI, Chiesa del nostro tempo III, Piemme,Casale Monferrato (Al) 2007. 29 Cfr G. MORRA (a cura di), Religione civile, frantumazione sociale, postmodernità. Quali valoricomuni tra i giovani del Sud e del Nord Italia, Franco Angeli, Milano 1999.30 Cfr C. BARALDI, Il disagio della società, Franco Angeli, Milano 1999. 31 Cfr A. DENTONE, La crisi dell’io, oggi, Le Mani Microart’s, Recco (Ge) 2009.32 Cfr H. BLUMENBERG, Naufragio con spettatore. Paradigma di una metafora dell’Occidente, IlMulino, Bologna 2001.33 Cfr T. TODOROV, L’uomo spaesato. I percorsi dell’appartenenza, Donzelli, Roma 1997. 34 Cfr Z. BAUMAN, Modernità liquida, Laterza, Roma-Bari 2000; ID., Amore liquido, Laterza,Roma-Bari 2004, ID., Vita liquida, Laterza, Roma-Bari 2006; ID., Paura liquida, Laterza,Roma-Bari 2008.

403

Così la “questione di Dio”, in questi ultimi decenni, si è trasforma-ta nella “questione dell’uomo”28. Fenomeni come la frantumazioneculturale29, il disagio sociale30 e la crisi dell’io31 sono segni evidentidell’opacità che affligge la stessa idea di uomo; un offuscamentoche gli interpreti della società contemporanea descrivono con unamolteplicità di metafore. L’immagine del naufragio con spettatore32 evidenzia lo stato diincertezza e di instabilità dell’esistenza e l’atteggiamento dinanzialla vita e alla storia modulato tra il bisogno di sicurezza e il gustodel rischio, l’estraneità e il coinvolgimento, la contemplazione el’azione. La figura dello spaesamento33 sottolinea il ripiegamentodell’uomo su di sé, sulla propria esistenza individuale, sul propriocorpo, sui propri bisogni, per l’insorgere della paura del futuro,avvertito come una minaccia incombente; paura che, seppure nonsempre confessata, lascia sullo sfondo l’orizzonte delle grandi pro-spettive e restringe lo sguardo in un campo di azione più limitato econcreto. La categoria della liquidità34 indica una condizione perso-nale e sociale senza un fondamento stabile, una vita costituzional-mente incapace di mantenere invariata la propria forma, un’affetti-vità che si esprime attraverso il moltiplicarsi delle esperienze e delleemozioni in una successione ininterrotta di nuovi inizi dove ciò checonta non è la durata, ma la velocità; un’esistenza vissuta in una

CENTRO DI ORIENTAMENTO PASTORALE

Page 29: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

35 Cfr C. LASCH, L’io minimo. La mentalità della sopravvivenza in un’epoca di turbamenti,Feltrinelli, Milano 2004.36 Cfr L. DIOTALLEVI, Il rompicapo della secolarizzazione italiana, Rubettino, Soveria Mannelli(Cz) 2001.37 Cfr J. RATZINGER- J. HABERMAS, Etica, religione e stato liberale, Morcelliana, Brescia 2004; E.W.BÖCKENFÖRDE, La formazione dello Stato come processo di secolarizzazione, Morcelliana, Brescia 2006;ID., Diritto e secolarizzazione. Dallo stato moderno all’Europa unita, Laterza, Roma-Bari 2007.38 Cfr R. RÉMOND, Il nuovo anticristianesimo, Lindau, Torino 2007.39 Cfr R. ONIGA, Contro la post-religione. Per un nuovo umanesimo cristiano, Fede e cultura,Verona 2009; F. AGNOLI, Perché non possiamo essere atei, Piemme, Casale Monferrato 2009; V.AUGELLI-V. ANGIULI (a cura di), Measure and the Infinite. Science Faith Experience, Atti dellaConferenza internazionale (Bari, 16-18 maggio 2002), Laterza, Bari 2003; M. HELLER,Nuova fisica e nuova teologia, San Paolo, Cinisello Balsamo (Mi) 2009.40 Lo stesso R. DAWKINS nel già citato libro L’illusione di Dio. Le ragioni per non credere, muoveuna serrata critica alle religioni, ma nel primo capitolo (pp. 21-37) sottolinea che la suacritica non riguarda la religiosità, riconoscendosi egli stesso di essere un non credente pro-fondamente religioso.41 Cfr F. GARELLI, L’Italia cattolica nell’epoca del pluralismo, Il Mulino, Bologna 2006; G. MUCCI,Riflettere sul revival religioso, “La Civiltà Cattolica”, 160, 2009, I, pp. 544-549.

404

condizione di continua incertezza, con la paura di essere colti allasprovvista e per questo intenta a fruire il tempo presente, a brucia-re l’istante, a vivere l’immediato. Infine, l’idea della identità perso-nale pensata come un io minimo35 presenta una micro-identità fun-zionale alle difficoltà del presente e alla perpetuazione del sistemacon una disposizione a concentrarsi sul fruibile e sull’utile senza ilrichiamo al solido fondamento del vissuto, alla memoria e alle radi-ci di quanto già sperimentato, premessa indispensabile per aprirsialla novità del futuro.Questa molteplicità di metafore indica che l’interpretazione dellanostra società complessa risulta essere un “rompicapo”36 e che ilfenomeno della secolarizzazione non è facilmente e compiutamen-te inquadrabile in uno schema interpretativo di carattere generaleperché persistono fenomeni contraddittori: la teorizzazione delvalore pubblico della religione37 si accompagna all’insorgere di un“nuovo anticristianesimo”38; la persistenza di una visione scientistanon impedisce la riproposizione, su basi nuove, di un nuovo uma-nesimo e di un dialogo tra scienza e fede39; l’apertura alla religiosi-tà si scontra con la critica alle religioni storiche40; la pratica religio-sa si esprime in una diversità di forme non tutte riconoscibili comevere esperienze di fede41.

Page 30: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

42 C. L. ROSSETTI, L’Europa al bivio tra apostasia e fraternità. Tracollo epocale o crogiuolo di unanuova civiltà? Per un discernimento cristiano sul destino dell’Europa, “Rassegna di Teologia”, 49,2008, n. 2, pp. 341-356. 43 BENEDETTO XVI, L’Europa di Benedetto nella crisi delle culture, cit., pp. 53-54.

405

1.2. Il bivio culturale

Guardando in profondità, si può dire che la cultura contempora-nea si trova di fronte a un “bivio”42: continuare a ispirarsi alla visio-ne antropologica aperta al mistero o ignorare, se non addiritturaopporsi ad essa per costruire un nuovo progetto di esistenza umanafondato sull’autonomia da ogni tipo di fondamento trascendente esul principio dell’autodeterminazione.J. Ratzinger coglie nel segno quando scrive che «la vera contrappo-sizione che caratterizza il mondo di oggi non è quella tra diverseculture religiose, ma quella tra la radicale emancipazione dell’uomoda Dio, dalle radici della vita, da una parte, e le grandi culture reli-giose dall’altra. Se si arriverà allo scontro delle culture, non sarà perlo scontro delle grandi religioni (…) ma sarà per lo scontro tra que-sta radicale emancipazione dell’uomo e le grandi culture sto-riche»43. A questa divaricazione faceva riferimento Romano Guardini, neglianni ’50. Per il filosofo italo-tedesco il deciso manifestarsi dell’esi-stenza non cristiana, avvenuto alla fine dell’epoca moderna, com-portava, da una parte, l’approfondirsi del divario tra la cultura e lafede e, dall’altra, il manifestarsi in modo sempre più evidente delvalore e del significato della visione cristiana della vita. PerGuardini «quanto più decisamente il non credente attua il suorifiuto della rivelazione e quanto più conseguentemente lo traducenella pratica, tanto più chiaramente si vedrà che cos’è il cristianesi-mo. Il non-credente deve uscire dalle nebbie della laicizzazione.Deve rinunciare a quell’“usufrutto” che, pur negando la rivelazione,si appropria dei valori e delle forze che essa ha elaborato. Deveattuare onestamente la sua vita senza Cristo e senza Dio che Cristo

CENTRO DI ORIENTAMENTO PASTORALE

Page 31: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

44 R. GUARDINI, La fine dell’epoca moderna, Morcelliana, Brescia 200711, p. 102; vedi anche N.A. BERDIAEV, Il senso della storia: saggio di una filosofia del destino umano, Jaca Book, Milano1971.45 W. KASPER, Introduzione alla fede, Queriniana, Brescia 19795, pp. 27-31.46 C. RUINI, Rieducarsi al cristianesimo. Il tempo che stiamo vivendo, Mondadori, Milano 2008, p. 16.47 Cfr P. VANZAN, “Gender” e rapporto uomo-donna, “La Civiltà Cattolica”, 160, 2009, I, pp.550-562.

406

ha rivelato, ed esperimentare che cosa questo sia. Già Nietzscheaveva ammonito che il moderno non-cristiano non aveva ancoracompreso che cosa sia essere tale. I vent’anni trascorsi ce ne hannodato un’idea, e non era che l’inizio»44. A distanza di altri vent’anni, Walter Kasper ha riformulato questaanalisi45. A suo giudizio, il nostro tempo si presenta come un“secondo illuminismo”, cioè come uno “svelamento dell’illumini-smo a se stesso”, come una “metacritica della critica illuministica”in riferimento alle grandi rivendicazioni dell’illuminismo, la ragio-ne e la libertà, mostrando l’ambiguità di entrambe e il peso di mol-teplici presupposti su cui esse sono fondate tali da renderle estre-mamente problematiche. In questa situazione, a giudizio di Kasper,si aprono due possibili strade. L’una consiste nell’attestarsi dell’uo-mo dentro i propri limiti, ritenendoli invalicabili e rifiutando, comeprive di senso, le problematiche religiose e quelle metafisiche; l’al-tra, invece, nel riconoscere che la limitatezza della persona umanaresta aperta agli interrogativi e alle aspirazioni che sono profonda-mente radicate nel cuore dell’uomo e che, in ultima analisi, corri-spondono al suo bisogno di salvezza, all’esigenza di cercare un’esi-stenza felice, al desiderio di trovare risposte alle domande di sensosull’origine e la fine della vita e del mondo. Recentemente il cardinale Ruini si è mostrato convinto che la «dia-gnosi di W. Kasper, a suo tempo anticipatrice – basti pensare a quan-to diffusa fosse allora la convinzione del primato culturale del marxi-smo –, a distanza di 35 anni rimane ancora in buona parte valida»46. Di certo, la compresenza nella cultura contemporanea di differentie contrastanti codici di lettura e di valutazione, senza una precisagerarchia dei valori, tende ad annullare qualsiasi distinzione e dif-ferenza, anche quella sancita dalla natura e dalla fisiologia (si pensialla dottrina del gender)47, e a richiedere un esercizio della libertàsulla base di una equivalenza di valori. Ciò rende estremamente dif-

Page 32: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

48 Cfr U. GALIMBERTI, L’ospite inquietante. Il nichilismo e i giovani, Feltrinelli, Milano 2007. 49 «Molti giovani non hanno neppure la “grammatica elementare” dell’esistenza, sono deinomadi: circolano senza fermarsi a livello geografico, affettivo, culturale, religioso, essi“tentano”! In mezzo alla grande quantità e diversità delle informazioni, ma con una pover-tà di formazione, appaiono dispersi, hanno ansia davanti ad impegni definitivi e si inter-rogano circa il loro essere. Se da una parte cercano autonomia e indipendenza ad ognicosto, dall’altra, come rifugio, tendono ad essere molto dipendenti dall’ambiente socio-culturale e a cercare la gratificazione immediata nei sensi: di ciò che “mi va”, di ciò che “mifa sentire bene” in un mondo affettivo fatto su misura» (PONTIFICIA OPERA VOCAZIONI

ECCLESIASTICHE, Nuove vocazioni per una nuova Europa, 11/c).50 F. IMODA, Sviluppo umano, psicologia e mistero, edizione riveduta e aggiornata, EDB,Bologna 2005, pp. 474-475.

407

ficile alle tradizionali “agenzie educative” (scuola, famiglia e comu-nità ecclesiale) di proporsi come efficaci ambienti educativi, pro-prio mentre si fa più forte la presenza dell’«ospite inquietante»48

con i suoi effetti devastanti soprattutto tra i giovani.Questi vengono spesso descritti come una generazione di nomadi49

e sono accomunati da «un elemento comune di “perdita”: lo sman-tellamento dell’espressione, con un appiattimento della distanzatra realtà e apparenza; la perdita della capacità di costruire ladimensione affettiva; la perdita della dimensione e del senso dellastoricità e del tempo; la perdita o, almeno, la diminuzione dellacapacità di impegno stabile e incondizionato (…). Sembra trattarsidi una fragilità che si riscontra, secondo modalità diverse ma inmodo assai generalizzato, come confusione a livello cognitivo,come una specie di paralisi o di depressione a livello della volontà ecome frammentazione e mancanza di coesione a livello affettivodella motivazione nel suo insieme»50.

2. I presupposti dell’azione educativa

Pur nella problematicità dell’attuale contesto socio-culturale, ilcompito educativo rimane un’esigenza imprescindibile. Il passaggio,però, dalla constatazione dell’emergenza alla programmazione di

CENTRO DI ORIENTAMENTO PASTORALE

Page 33: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

51 Cfr P. BRAIDO, Prevenire, non reprimere. Il metodo educativo di don Bosco, LAS, Roma 2006; ID.,(a cura di), Don Bosco educatore. Scritti e testimonianze, LAS, Roma 1997; ID., Don Bosco pretedei giovani nel secolo delle libertà, 2 vol., LAS, Roma 2003; AAVV., Rigenerare la società a partiredai giovani. L’arte della relazione educativa. Atti della 1a Convention nazionale sul SistemaPreventivo (Roma 11-12 ottobre 2003), Istituto FMA – Italia, Roma 2003.52 Cfr M. HORKHEIMER, L’eclissi della ragione. Critica della ragione strumentale, Einaudi, Torino1972; G. VATTIMO – P. A. ROVATTI (a cura di), Il pensiero debole, Feltrinelli, Milano 1983.53 Cfr R. REPOLE, Pensiero umile, Città Nuova, Roma 2007.54 Cfr B. J. F. LONERGAN, Insight: a Study of human Understanding, Longmans Green, London1958, tr. it. S. Muratore, N. Spaccapelo, Insight. Uno studio del comprendere umano, CittàNuova, Roma 2007. 55 Sotto questo aspetto può essere utile la prospettiva ecclesiologica indicata da A. Dullesil quale individua cinque principali modelli: la Chiesa come istituzione, come comunitàmistica, come sacramento, come annuncio e come serva; vedi A. DULLES, Modelli di Chiesa,Messaggero, Padova 2005.

408

una proposta educativa adatta ai tempi nuovi e alle attuali esigenzedella formazione umana e cristiana richiede che si individuino alcu-ni presupposti perché questo compito possa concretamente essererealizzato. Si tratta di stabilire quale forma di ragione deve sostene-re l’azione pedagogica, quale modello di Chiesa deve proporsi comecomunità educante e quale paradigma antropologico deve orientarela prassi formativa. In un certo senso, ma con le dovute differenze, sitratta di tenere presente la triade di valori che don Bosco aveva sin-tetizzato con le parole “ragione, religione, amorevolezza”51.L’educazione, infatti, è certamente una “cosa del cuore”, ma di uncuore pensante che conosce le ragioni dell’amore e le manifesta in unmodo ragionevole e condivisibile, senza prevaricazioni e imposizio-ni. Questo richiamo alla modalità che la ragione deve assumere nelprocesso educativo è quanto mai urgente e attuale in un tempo,come il nostro, nel quale occorre superare non solo le due formeegemoni che la ragione ha assunto nella modernità (la ragione ideo-logica e la ragione strumentale), ma anche trascendere la formadebole con cui la ragione si è proposta nella postmodernità52. Piùconsona alla nostra situazione, invece, è una razionalità né forte nédebole, ma umile53, capace di evitare la deriva dell’ideologia e delrelativismo, ma anche disponibile al riconoscimento della sua radi-cale e intrinseca apertura alla trascendenza54. Ugualmente importante è individuare il modello di comunità edu-cante55. Molto attuale risulta il modello di Chiesa descritto nell’Apo-

Page 34: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

56 Cfr U. VANNI, La struttura letteraria dell’Apocalisse, Diss. Ist. Bibl., Roma 1969; ID., Apocalisse.Una assemblea liturgica interpreta la storia, Queriniana, Brescia 19885.57 Cfr I. SANNA, L’antropologia cristiana tra modernità e postmodernità, Queriniana, Brescia2001.

409

calisse56. In un contesto di persecuzione, di tribolazione e di smarri-mento, l’autore sacro presenta la comunità cristiana come un’assem-blea, situata tra il “già” e il “non ancora”, che celebra il mistero pas-quale di Cristo, discerne i segni dei tempi e testimonia nel mondo labellezza e la forza della fede cristiana. Riunita nel giorno del Signore,la comunità cristiana incontra il Risorto, si sottopone al suo giudizioe al suo “rimprovero”, accoglie il suo invito alla conversione persona-le e comunitaria, impara a leggere i segni dei tempi e a dare con corag-gio la sua testimonianza nel mondo. La presenza del Risorto è luce percomprendere il disegno di salvezza che Dio attua nel tempo, ammo-nimento a rimanere saldi nella professione della fede e nell’osservan-za del comandamento dell’amore, forza che sorregge la debolezza del-l’uomo e infonde vigore e speranza nel cammino. In questa situazio-ne di conversione personale e comunitaria, con una riflessione di tiposapienziale attuata in un contesto liturgico, la comunità, alla lucedella Parola di Dio, si confronta con l’ambiente in cui vive e impara acomprendere il compito che il Risorto le assegna nella storia.Questo modello di Chiesa, costituito dall’intreccio tra orientamen-to escatologico, inquadramento storico-salvifico e contesto liturgi-co-sacramentale può assurgere, nel nostro tempo, a punto di riferi-mento ideale per il costituirsi di una comunità cristiana che sappiarimanere fedele alla sua vocazione e che, conservando intatta la suaidentità, sappia radicarsi nel contesto culturale contemporaneointerpretandone le istanze fondamentali, suggerendo possibilisoluzioni alle domande emergenti, testimoniando la novità e laverità del vangelo con uno stile di vita sobrio ed esemplare e unannuncio discreto e coraggioso della Parola che salva. Il terzo presupposto riguarda il paradigma antropologico57. Sottoquesto profilo si deve notare la chiara intenzione del Concilio

CENTRO DI ORIENTAMENTO PASTORALE

Page 35: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

58 Cfr Gaudium et spes, 10, 22, 32, 38-39, 40-41, 45.59 «Un problema è un tutto determinato di fronte al quale io mi trovo, un tutto determi-nato che io posso circoscrivere e scomporre, mentre un mistero è qualcosa in cui io stessosono impegnato e che quindi non è concepibile che come una sfera in cui la distinzione fral’in me e il davanti a me si svuota del suo significato iniziale. Mentre un problema autentico è sog-getto ad una determinata competenza e ad una particolare tecnica appropriata in funzio-ne della quale si definisce, un mistero trascende per definizione la possibilità stessa di con-cepire tecniche adeguate» (G. MARCEL, Il mistero dell’essere, Borla, Torino 1987, p. 193).60 F. IMODA, Sviluppo umano, psicologia e mistero, cit., pp. 13-14.61 Ibidem, p. 475.

410

Vaticano II, soprattutto nella Gaudium et spes, di proporre una antro-pologia cristocentrica fondata sull’idea che solo nel mistero di Cristotrova luce il mistero dell’uomo58. La distinzione tra “mistero” e “problema”, introdotta in campofilosofico da Gabriel Marcel59, si mostra illuminante come fattoredi inquadramento dello sviluppo della persona umana. Con il ter-mine sviluppo, infatti, si intende, «il luogo dove il mistero ha presocorpo come una serie di mediazioni, di “come”, di problemi; (…)dove i singoli problemi possono rinchiudersi sul loro carattere diproblema, mettendosi effettivamente in opposizione al mistero,oppure possono divenire, dinamicamente, un’incarnazione, unapresenza trasparente del mistero, un’occasione di crescita nellamanifestazione della realtà del mistero»60. Nella prospettiva di un’antropologia che considera «la personaontologicamente mistero che, in ultima analisi, si radica nelMistero, si può pensare, sperare e operare per una riscoperta delfondamento e per un’attuazione del progetto, della realtà della per-sona nonostante il contesto sfavorevole. Il recupero del misteronelle sue dimensioni “di altezza, di lunghezza, di larghezza e di pro-fondità” (Ef 3,18) è possibile»61.

3. Il mistero di Cristo centro e punto di forza dellapastorale mistagogica

Questo auspicio ha trovato una concreta attuazione nella storiacontemporanea della Chiesa. I secoli XIX-XX, durante i quali si èconsumato il divario tra cristianesimo e cultura moderna, sono

Page 36: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

411

stati il momento propizio nel quale la Chiesa, con una lunga e arti-colata riflessione teologica autenticata in modo autorevole nei dueconcili celebrati in Vaticano, ha recuperato la categoria di mistero el’ha posta al centro del pensiero teologico, della prassi pastorale,della celebrazione liturgica e dell’azione missionaria.

3.1. La dottrina del Vaticano I e del Vaticano II

Del mistero cristiano, il Concilio Vaticano I ha evidenziato la suadimensione plurale, la natura essenziale, l’aspetto veritativo. Il suoinsegnamento si può riassumere in tre ordini di idee. I misteri stric-te dictu, cioè le verità nascoste in Dio, di per sé non fanno parte delpatrimonio conoscibile dall’intelligenza creata. Essi sono netta-mente diversi dagli enigmi della natura fisica, dai segreti della vitainteriore e anche da quelle verità che possono essere conosciutenaturalmente (ad es. l’esistenza di Dio). In quanto verità nascoste inDio e che lui solo conosce, i misteri possono essere conosciuti dal-l’uomo solo se Dio li rende manifesti. Tuttavia, anche se conosciu-ti per rivelazione, i misteri non possono essere perfettamente com-presi dall’intelligenza creata, ma restano coperti da un velo e quin-di rimangono “misteriosi”. In altri termini, soprannaturalità, inac-cessibilità e conoscibilità per rivelazione sono le dimensioni essen-ziali dei misteri cristiani.La dottrina proposta dal Concilio Vaticano I si presenta come unarisposta alla visione culturale moderna e postmoderna. Alla moder-nità che, accentuando il potere della ragione, ritiene che non visiano limiti all’indagine razionale, il Concilio ricorda che i mistericristiani hanno una dimensione di assoluta trascendenza rispettoagli altri contenuti dell’indagine razionale. Alla postmodernità che,dubitando della possibilità della ragione di conoscere ciò che è al disopra di essa, riduce l’orizzonte del suo esercizio, il Concilio ribadi-sce la sua assoluta fiducia nella forza della ragione di trascendersi edi conoscere qualcosa del mistero rivelato. In definitiva, contro ilrazionalismo, il semi-razionalismo e l’idealismo, il Vaticano I pro-clama l’assoluta differenza dei misteri stricte dictu rispetto alle altre

CENTRO DI ORIENTAMENTO PASTORALE

Page 37: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

62 D. BARSOTTI, Il mistero della Passione - Morte - Risurrezione, “Rivista di Pastorale Liturgica”,2, 1964, n. 3, pp. 95-96.63 Y. CONGAR, La tradizione nella vita della Chiesa, Paoline, Roma 1964, p. 130.

412

conoscenze scientifiche, mentre contro il fideismo, il fondamenta-lismo e il relativismo esalta la possibilità della ragione di conoscereper rivelazione, almeno in parte, i misteri nascosti in Dio. Il Concilio Vaticano II si ricollega a questa riflessione e, rispetto alVaticano I, utilizza più volte il termine mistero e ne approfondisce ilsignificato mettendo in evidenza alcune dimensioni fondamentali: ilcarattere cristologico-trinitario, la dimensione liturgico-sacramentale,la relazione antropologico-esistenziale, la funzione storico-escatologi-ca. Se la costituzione dogmatica Dei Filius aveva messo l’accento sul valo-re veritativo dei misteri e aveva sottolineato la loro dimensione essenziale ela loro pluralità, i documenti del Concilio Vaticano II parlano piuttostodell’unico mistero di Dio rivelato in Cristo del quale mettono in evi-denza la sua dimensione vitale e la sua energia divina a cui l’uomo attingeper esprimere nella sua esistenza l’immagine e la somiglianza con Dio. In estrema sintesi, si può riassumere la dottrina conciliare con leparole di Divo Barsotti: «Il concetto di mistero suppone due termi-ni: Dio e l’uomo. Ma due termini che precisamente si congiungonoattraverso un rapporto. Quando si parla del mistero della passionee della risurrezione di Cristo si parla precisamente del compimentodi quel disegno divino onde Dio stabilisce questo rapporto, stringequesta alleanza e si unisce all’uomo per vivere con lui. Non vi èmistero senza la presenza dell’uomo, non vi è mistero senza la pre-senza di Dio; e non vi è mistero se la duplice presenza dell’uomo edi Dio non implica un rapporto di unione»62. Ponendo al centro della riflessione teologica la categoria di miste-ro, i due Concili delineano una dottrina cristiana su Dio, sulmondo e sull’uomo coerente e armonica nel suo insieme, quasi unagrande idea architettonica e progettuale che deve informare la teo-logia, la prassi pastorale, la celebrazione liturgica, la proposta edu-cativa della Chiesa. «La nostra epoca – scrive Y. Congar – nutrita allegrandi fonti della scrittura, dei Padri e della liturgia, e che ha risco-perto il ruolo del kerigma nella funzione apostolica e docente dellaChiesa, è di nuovo convintissima dell’immenso interesse d’una teo-logia che si costruisca come sintesi intorno al mistero cristiano»63.

Page 38: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

64 L. BORIELLO, Esperienza mistica e teologia mistica, LEV, Roma 2009, pp. 31-32; G. MUCCI, Lamistica come crocevia del postmoderno, “La Civiltà Cattolica”, 153, 2002, pp. 3-12. 65 «Attualmente in ambito teologico si va parlando con sempre maggiore insistenza dimistica, nel senso di un’esperienza decisiva della fede, passione che si coinvolge nella real-tà e la attraversa. Sotto il profilo teologico, l’ambito della mistica coincide con quell’au-tentica esperienza di fede, talvolta indicata o definita come impegno metaetico e teologa-le, esperienza che segna decisamente la differenza rispetto a consolidate abitudini, ele-mento o, meglio, dinamismo di “rottura” dell’ovvio, non tanto dischiusura sulle novità,ma slancio verso il novum, “un sentire la presenza della realtà intera, anzi di sperimentarel’origine stessa della totalità”. “Mistica” è, allora, la categoria teologica che può essereposta come il nome nuovo dell’ethos credente» (D. SCARAMUZZI, Etica e teologia. Riflessione teolo-gica e domanda filosofica, “Rivista di Scienze Religiose”, 10, 1996, n. 1, pp. 45-70, qui p. 67).66 Cfr Catechismo della Chiesa Cattolica, 2014.

413

3.2. Mistero, mistica e mistagogia: per un rinnovamentodella pastorale e un confronto con la cultura contemporanea

Questa prospettiva misterica si pone come una feconda linea orien-tativa perché, da una parte, è capace di offrire indicazioni per lariflessione teologica e spirituale e, dall’altra, apre spiragli per unconfronto con la cultura contemporanea. Sul versante teologico, la dottrina conciliare propone una linea cheva dal mistero alla mistica e dalla mistica alla mistagogia. I termini miste-ro, mistica e mistagogia hanno la stessa natura semantica e pro-spettano una visione spirituale che fa leva sull’incontro tra l’uomoe Dio e si radica in un’esperienza di vita. Il mistero è Cristo e la mistica è l’assimilazione a Cristo. «Il mistero ela mistica, così compresi, si integrano, dunque, e si spiegano recipro-camente. In altri termini, il mistico interiorizza continuamente ilmistero, a misura e nel grado in cui nella sua esperienza approfondi-sce il mistero che è dentro di lui e che riceve dall’esterno come enun-ciato di fede, al quale egli crede fermamente (…). La mistica risultaessere l’interiorità della fede attraverso l’interiorizzazione del miste-ro: a misura che il mistero è interiorizzato, la fede in esso rinvia ilmistico al di là di se stesso»64. La vita cristiana si qualifica, dunque,come vita mistica65, una possibilità offerta a tutti di accogliere il donodi grazia fin dentro la struttura più profonda dell’essere66.

CENTRO DI ORIENTAMENTO PASTORALE

Page 39: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

67 L. BORIELLO, Esperienza mistica e teologia mistica, cit., p. 188.68 K. RAHNER, Pietà in passato e oggi, in Nuovi Saggi II, Ed. Paoline, Roma, pp. 25-28.69 «La mistagogia è eterna: durerà per l’eternità, per quanto è infinito il mistero ineffabile, mai deltutto afferrabile» (F. CACUCCI, Catechesi liturgia vita. Una proposta pastorale, EDB, Bologna 2000, p. 86).70 I due teologi gesuiti della Gregoriana, M. Flick e Z. Alszeghy, mettono in guardia da unateologia antropologizzata: cfr M. FLICK-Z. ALSZEGHY, Antropologia, in G. BARBAGLIO- S. DIANICH,Nuovo Dizionario di Teologia, Paoline, Alba 1977, pp. 12-29, qui pp. 25-28.71 Nei documenti conciliari — scrive H. U. von Balthasar — «il mysterium della Rivelazione come taleè dappertutto presupposto, il che è evidente in innumerevoli punti, senza che venga messo innanziespressamente e per esteso. Le molte raccomandazioni a sacerdoti, religiosi e laici, di attingeredalla ricchezza della Rivelazione per il loro apostolato, mostrano chiaramente che il Concilionon predica affatto una “nuova spiritualità” che avrebbe il suo punto centrale, poniamo nel

414

Per coltivare questa vita occorre un accompagnamento mistagogi-co. La parola “mistagogia” «oggi ha un significato più concreto nel-l’ambito spirituale: significa l’iniziazione graduale del credente aimisteri della fede, trasmessa e assimilata per via di esperienza inte-riore e di prassi impegnata, con l’aiuto di un maestro sperimentato.Sono quattro gli elementi che intervengono in questo ordine: ilmistero di Dio vivo che si comunica; assimilazione e trasformazio-ne del soggetto che lo riceve; aiuto del maestro; mediazione di dot-trina e prassi (…). Il centro di attrazione e di irradiazione sta nelmistero, cioè in Dio vivo che si rivela e si mette in sintonia con ilsoggetto (…). L’esperienza mistica possiede in se stessa una grandeforza mistagogica, in sintonia con l’esperienza di fede»67.Alla vita mistica, di solito, non si perviene da soli, ma accompagna-ti da un mistagogo, da qualcuno che avendo già fatto l’esperienzadel mistero è in grado di introdurre in esso. Il mistagogo «deve inse-gnare in modo concreto ad essere capaci di restare vicini a questoDio, a dargli del “tu”, ad avere coraggio di addentrarci nel suo buiosilenzioso e a non temere che lo possa perdere chiamandolo pernome (…). Tale mistagogia cristiana deve naturalmente sapere ilposto che in essa ha Gesù di Nazareth, crocifisso e risorto»68.L’accompagnamento mistagogico è un processo dinamico e vitaleche dura tutta la vita. Pertanto, il tempo della mistagogia, che pro-priamente si riferisce al tempo pasquale, abbraccia l’intera esisten-za e, per certi versi, si proietta nell’eternità69.La riflessione teologico-pastorale postconciliare ha fatto emergerecon maggiore evidenza i limiti di una “teologia antropologizzata”70,soprattutto se con ciò si intende un acritico “volgersi al mondo”71.

Page 40: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

‘volgersi al mondo’. Oggi nel popolo della Chiesa, ma particolarmente tra teologi e professoridi teologia, vi è una infausta ‘mania del mondo (Weltelei)’ che non presta orecchio attento alConcilio e dà a credere falsamente di navigare sotto la sua bandiera. Contro di essa si deve tene-re fermo quale principio interpretativo di tutti i testi conciliari: il Concilio postula nuovi atteggia-menti, affinché il messaggio originario giunga là dove esso vuole e deve arrivare; esso innalzaperciò nuove esigenze, di grande portata, che derivano tutte dalla volontà originaria del Dioinvisibile uno e trino, che è creatore, redentore e santificatore» (H. U. VON BALTHASAR, Il Conciliodello Spirito Santo, in ID., Spiritus Creator, Morcelliana, Brescia 1972, pp. 229-226, qui pp. 217-118). 72 Cfr I. SANNA, L’identità aperta. Il cristiano e la questione antropologica, Queriniana, Brescia 2006.73 Per un approccio complessivo al tema della “svolta antropologica” in teologia vedi G.PATTARO, La svolta antropologica. Un momento forte della teologia contemporanea, EDB, Bologna1990. Andrea Grillo ritiene si debba distinguere tra una “prima” e una “seconda” svoltaantropologica. Quest’ultima, «affine alla “prima”, ma diversa per fonti e priorità, recupe-rava anch’essa il significato antropologico della fede, ma lo faceva riscoprendo il ruolodella esteriorità, della comunità, della alterità, della autorità per la interiorità, per la indi-vidualità, per la identità e per la libertà. È anch’essa preoccupata di un raccordo tra “fede”e “ragione”, ma inverte le priorità e cambia le fonti: procede dall’esteriore all’interiore, e sifonda su una tradizione non metafisica, ma orientata dalle nuove scienze umane, religio-se e fenomenologiche» (A. GRILLO, Il rinnovamento liturgico tra prima e seconda svolta antropo-logica. Il presupposto rituale nell’epoca del postmoderno, Quaderni della Rivista di ScienzeReligiose dell’Istituto Teologico di Molfetta, Vivere In, Roma 2004, pp. 48-49). PerMichael Kunzler, invece, «c’è da recuperare ciò che è oggettivo nella liturgia, nel suo insie-me e nelle singole celebrazioni liturgiche, come insisteva a suo tempo Romano Guardini.Con questo si pone il compito mistagogico: “La liturgia è espressione dell’uomo stesso,appunto di quello che egli dovrebbe essere. Così essa diventa disciplina severa. L’uomoesteriore può percepire facilmente la preghiera liturgica come qualcosa di ‘non sincero’,poiché quell’uomo che parla nella liturgia corrisponde alla sua essenza più profonda. Maquesto rimane nascosto. Quindi la preghiera liturgica deve rimanere per lungo tempodura disciplina, finché non si risvegli il profondo, si aggiusti l’immagine dell’essere per farparlare finalmente l’essenzialità. Questa trasformazione liturgica finora è stata appenapercepita”. Si può dubitare fortemente se questa iniziazione mistagogica dell’uomo allaliturgia, che conduce a una trasformazione nel senso di un’autentica capacità per la litur-gia, venga oggi percepita più che nel tempo in cui Guardini scriveva quelle righe. Il com-pito mistagogico deve agganciarsi a una continuità lontana nel tempo. Bisogna vivificarenuovamente qualcosa che appartiene a ciò che è più grandioso nella storia della teologia:la grande tradizione mistagogica dei padri in Oriente e in Occidente»: M. KUNZLER, La litur-gia all’inizio del terzo millennio, in R. FISICHELLA (a cura di), Il Concilio Vaticano II, cit., p. 228.

415

Se, poi, si considera che, in questi ultimi tempi, è insorta prepoten-temente la “questione antropologica”72 occorrerà riconsiderare lacosiddetta “svolta antropologica”73 nella direzione di una “svoltamistagogica” che si impone sempre più come una scelta più conso-

CENTRO DI ORIENTAMENTO PASTORALE

Page 41: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

74 Cfr V. ANGIULI, La recezione del Concilio Vaticano II e la “svolta mistagogica” della pastorale. Utmysterium paschale vivendo exprimatur, “Orientamenti pastorali”, 55, 2007, n. 11, pp. 8-44.75 J.J. FLORES ARCAS, Prefazione a N. BUX - M. LOCONSOLE, I Misteri degli Orientali. I sacramentibizantini comparati con la liturgia romana e i riti giudaici, Cantagalli, Siena 2006, pp. 7-9.

416

na al contesto culturale contemporaneo e più in sintonia con l’in-tento e lo spirito del Concilio Vaticano II74.A ben vedere, la recezione conciliare si muove in questa direzione. Cosìscrive Flores Arcas: «Non solo a livello liturgico, ma anche teologico,biblico, storico, la riflessione sul mistero è una caratteristica della teo-logia e della liturgia che si va sviluppando a oltre quarant’anni dallaSacrosanctum Concilium e dalla conclusione del Concilio Vaticano II (…).Tanto la Sacrosanctum Concilium che la Dei verbum o la Optatam totius edanche la Gaudium et spes sottolineano come centro della teologia sia ilmistero di Cristo che si fa vicino nella storia della salvezza; mistero che,manifestato e celebrato, richiede che la formazione teologica favoriscaun’intima unità con la vita (…). Una riflessione teologica sul secolo XXci presenta la relazione teologia-mistero e lo sforzo per il recupero dellateologia sapienziale. Uno sguardo ai padri e al metodo mistagogico, inconcreto nell’ambito liturgico-teologico gli studi di O. Casel, hannoaiutato a reagire contro una teologia e liturgia riduttive. Rahner avevaaffermato con forza che una teologia che abbandonasse la dimensionemisterica non aiuterebbe in nulla a cogliere ciò che appartiene all’e-sperienza religioso-cristiana. La teologia misterica, come la mistagogiasi definisce per l’esperienza del Dio incomprensibile. Un avvicinamen-to al mistero intende portarci alle sorgenti stesse della rivelazione eunire teologia ed esperienza di vita, mistero e ministero, perché ilmistero è inseparabile dalla teologia come dalla liturgia, vista semprenella sua dimensione teologica. Il mistero richiede non solo una tra-sformazione dell’intelletto, ma anche una trasformazione di tutto l’es-sere, perché il mistero riguarda la vita»75.La validità della prospettiva mistagogica indicata dal Vaticano IInon si misura solo in riferimento alla vita interna della Chiesa, maanche in vista della sua missione nel mondo. Parlare di mistagogianon significa seguire una linea pastorale di ripiegamento dellaChiesa su se stessa. Al contrario, vuol dire proporre un rinnova-mento della vita cristiana in vista del dialogo e del confronto con ledomande e le attese degli uomini del nostro tempo.

Page 42: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

76 R. FISICHELLA, La via della verità. Il mistero dell’uomo nel mistero di Cristo, Paoline, Milano2003, pp. 10-11.77 Il mistero può essere considerato sotto un triplice aspetto: come realtà o verità, peressenza o per partecipazione, al singolare o al plurale; vedi A. OLMI, La struttura del mistero,

417

Questa prospettiva rappresenta un’alternativa alla deriva nichilistadella tarda modernità che, attestandosi sul principio dell’autode-terminazione, tende a risolvere le questioni fondamentali dell’esi-stenza sulla base di un esercizio della libertà senza alcun riferimen-to a un principio veritativo che la precede e la fonda. La dottrinaconciliare, invece, riconoscendo la valenza teologica e antropologi-ca del mistero, sottolinea che il senso ultimo della vita risiede nelsuo costituirsi come “dono” e come “valore indisponibile” a qual-siasi strumentalizzazione dello Stato, della società e della singolapersona. La verità profonda della vita – afferma mons. RinoFisichella – «si colloca nell’orizzonte del mistero. Riteniamo chequesta categoria debba ritornare al centro della nostra riflessioneper permettere di recuperare una ricchezza andata perduta. Senzala presenza del mistero l’esistenza personale è ridotta a una reazio-ne chimica, le domande fondamentali sul “chi sono?”, “dovevado?”, “perché la presenza del male”, “cosa mi attendo dopo lamorte?”, vengono evase o vanificate per il subentrare tragico deldestino. L’enigmaticità dell’esistenza deve condurre progressiva-mente a scoprire il mistero di Cristo come una conoscenza nuova einaspettata che viene offerta per uscire dal labirinto delle ipotesi(…). L’unità del mistero dell’uomo nel mistero di Cristo è condizio-ne di possibilità per porre fine all’insoddisfazione delle ipotesi,anche le più affascinanti, che si pongono dinanzi ai nostri occhi perla realizzazione di se stessi»76.

4. I risvolti pedagogici della struttura del mistero di Cristo

Indicata la prospettiva generale, rimane da precisare la “struttura”del mistero di Cristo77. Con questa parola non si intende dire che il

CENTRO DI ORIENTAMENTO PASTORALE

Page 43: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

“Sacra Doctrina”, 53, 2008, n. 4, pp. 313-346. Natale Bussi parla di sei strutture del miste-ro cristiano: dialogica, cristica, soterica, comunitaria, agapica, escatologica: cfr N. BUSSI, Ilmistero cristiano. Breve introduzione allo studio e alla presentazione del cristianesimo, LDC,Leumann (To) 1979.78 H. DENZINGER – A. SCHÖNMETZER, Enchiridion symbolorum definitionum et declarationum derebus fidei et morum, Herder, Friburgo 1965, 806.79 «Come per l’Antico Testamento così anche per il Nuovo, Dio è il “Dio vivo”, colui chegoverna con sapienza e potenza la storia degli uomini. Il suo carattere personale balzachiaramente in luce proprio attraverso il suo rapporto con la storia umana. Tra i suoiattributi essenziali bisogna menzionare in primo luogo la “gloria”, la rivelazione lumino-sa e l’irraggiamento maiestatico della sua vita intima. In quanto egli è essenzialmente“verità”, è pure “luce”. In quanto egli è “l’onnipotente”, possiede una potenza illimitata,che però è nello stesso tempo bontà e grazia prodiga. Egli è la stessa bontà, così come ènon solamente la fonte della vita, bensì la “vita eterna” medesima» (V. WARNACH, Il Misterodi Cristo. Una sintesi alla luce della teologia dei misteri, Paoline, Roma 1983, pp. 29-30).

418

mistero è risolvibile in categorie umane o che si possano carpire isegreti di Dio riducendoli a dati e a prospettive contingenti. Vi è,infatti, una differenza radicale tra il mistero “per sé” e il mistero“per noi” e questa differenza è regolata dal principio dell’analogia edal criterio ermeneutico indicato dal Concilio Lateranense IVsecondo cui tra Dio e l’uomo la dissomiglianza è più grande dellasomiglianza78. La parola “struttura” intende solo mettere in evi-denza che il mistero cristiano non è una realtà asettica e immobile,confusa e indecifrabile, ma una vita inesauribile ed eterna che sgor-ga da una fonte divina e che è regolata al suo interno da rapportiarmonici e relazioni comunionali. La radicale dissomiglianza chec’è tra creatore e creatura non impedisce di scoprire alcune “leggi”che regolano la vita intima di Dio e di individuare la “forma” dellavita divina, quale paradigma della vita dell’uomo. Nella Sacra Scrittura vi sono quattro parole che caratterizzano ilpensiero biblico su Dio: doxa, charis, agape, zoé. La doxa mette in evi-denza lo splendore, la forma, la bellezza, la gloria, il logos divino esottolinea l’attributo della verità. La charis esprime l’amabilità, labontà, la benevolenza, il dono, la grazia, la gratuità, il ringrazia-mento nel senso dell’eucaristia. L’agape indica il sentimento, lo zelo,l’amore che discende dall’alto, l’ardore interiore, il dono di sé, lacomunione. Zoé è la pienezza della vita, intesa non in senso biolo-gico, bensì nel suo significato ontologico-pneumatico79. Questiattributi del mistero di Dio sono rivelati e compendiati nel mistero

Page 44: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

80 Sul concetto biblico di mistero cfr G. BORNKAMM, Mysterion, in K. KITTEL-G. FRIEDERICH,Grande Lessico del Nuovo Testamento, vol. VII, Brescia 1971, coll. 645-716; R. PENNA, Il“Mysterion” paolino. Traiettoria e costituzione, Paideia, Brescia 1978.81 Lumen gentium, 3.82 Gaudium et spes, 22.83 «Al centro e al cuore di un approccio teologico meglio adeguato agli interrogativi deltempo che sta davanti a noi rimane, a mio parere, quella forma di teologia radicalmentecristologica e cristocentrica, e proprio perciò altrettanto radicalmente teologica e antro-pologica, che è implicitamente proposta nella Gaudium et spes 22» (C. RUINI, Rieducarsi al cri-stianesimo, cit., p. 24). Sul cristocentrismo cfr G. MOIOLI, Cristocentrismo. L’acquisizione deltema nella riflessione teologica recente e il suo significato, in ID., La teologia italiana oggi, La Scuola- Morcelliana, Brescia 1979, pp. 129-148; G. BIFFI, Approccio al cristocentrismo, Jaca Book,Milano 1993.

419

di Cristo 80. Egli è immagine, impronta e sostanza del mistero inac-cessibile del Padre e, per l’uomo, è via al mistero, verità nascosta erivelata, vita divina, offerta e donata. Della struttura mistero di Cristo, due mi sembrano gli aspetti damettere in rilievo anche in vista della questione educativa sullaquale ci stiamo interrogando: la natura sintetica e la dimensione anti-nomica. I risvolti pedagogici di queste due “leggi strutturali” delmistero di Cristo sono di notevole portata perché indicano il sensoe il contenuto della proposta educativa cristiana e segnalano il suometodo.

4.1. La dimensione sintetica del mistero

Quanto al primo aspetto va rilevato che Cristo è la sintesi di tutti imisteri. In lui si manifesta non solo l’insondabile mistero di amoredella Trinità81, ma anche l’altissima vocazione dell’uomo82, chia-mato a diventare partecipe della natura divina. Cristo è il misteroche compie tutti i misteri. Egli è il centro, il vertice, la pienezza ditutta la rivelazione, il ricapitolatore e la forza divina che attrae a séogni cosa. In tal modo, il mistero di Cristo diventa l’anima dellariflessione teologica, il fondamento ultimo della vita della Chiesa,il senso della storia, la sorgente inesauribile di ragioni di vita e disperanza per tutta l’umanità83.

CENTRO DI ORIENTAMENTO PASTORALE

Page 45: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

84 Cfr M. IMPERATORI, “Tutto” moderno e “frammento” postmoderno? Una provocazione balthasa-riana, “Rassegna di Teologia”, 46, 2005, n. 5, pp. 719-733, qui pp. 732-733.85 J. RATZINGER, Omelia del 18 aprile 2005, in occasione della Messa Pro Eligendo RomanoPontifice.86 Cfr H. U. VON BALTHASAR, Il tutto nel frammento, Jaca Book, Milano 1990.87 «È innegabile che in tutto l’insegnamento, come nella sensibilità del Concilio, i valori

420

Il carattere sintetico aiuta a comprendere che la frammentazione,intesa come fenomeno culturale e come limite personale, può esse-re superata e ricondotta all’unità se il frammento non si chiude inse stesso considerandosi come il tutto, ma si apre alla trascendenza,all’accoglienza del tutto come Altro-da-sé che, senza annullare l’on-tologica differenza qualitativa, può offrirgli quel senso e quel fon-damento che non può trovare in se stesso, ma che può accoglierecome dono. A ben vedere, la modernità e la postmodernità sono «accomunateda un identico atteggiamento postcristiano (…): se la modernitàhegelianamente intesa si è appropriata del tutto della rivelazionecristiana, la postmodernità se ne appropria il frammento, maentrambe lo fanno sempre a partire dalla sovranità di un soggettomai rimessa veramente in discussione»84. Qui si potrebbe collocareil pericolo denunciato dal cardinale J. Ratzinger della «dittatura delrelativismo che non riconosce nulla come definitivo e che lasciacome ultima misura solo il proprio io e le sue voglie»85.L’originalità della posizione cristiana, invece, consiste nel conside-rare il tutto nel frammento86, cioè nel distinguere, e nello stessotempo, nel mantenere costantemente uniti il tutto e il frammento.In Gesù di Nazaret, il frammento diventa il luogo della presenza deltutto e ciò influisce positivamente nella comprensione del fram-mento stesso. Esso non dovrà essere necessariamente pensato comel’impossibile manifestarsi della verità totale, ma proprio nella suaineliminabile finitezza, si caratterizzerà come la porta di accesso aquel tutto che rimane Totalmente-Altro rispetto al frammento, mache non disdegna di rendersi presente in esso.

4.2. La dimensione antinomica del mistero

L’altro aspetto riguarda il carattere antinomico del mistero87, in virtù

Page 46: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

antitetici sono continuamente intrecciati, caratterizzandone la globalità. Trascendenza eumanesimo, comunità e individuo, tempo ed eternità, terra e cielo: non sono che rapideenunciazioni che affiorano continuamente in una specie di associazione di contraddizioni,o meglio, di realtà che sembrano contraddittorie e non lo sono, ma che vengono presenta-te vitalmente armonizzate, vitalmente dinamiche, in una comunione che esprime l’opera diDio» (A. BALLESTRERO, Perché il Concilio diventi vita, Ecumenica, Bari 1977, pp. 15-16).88 G. VAGAGGINI, Teologia, in G. BARBAGLIO E S. DIANICH, Nuovo Dizionario di Teologia, cit., pp.1597-1711, qui pp. 1659-1660.89 Cfr N. CUSANO, La dotta ignoranza, Città Nuova, Roma 1998; B. PASCAL, Pensieri e altri scrit-ti, Paoline, Cinisello Balsamo (Mi) 199010, fr. 865, p. 448; J. H. NEWMAN, Grammatica dell’as-senso, Jaca Book, Milano 2005; R. GUARDINI L’opposizione polare. Saggio per una filosofia del con-creto vivente, in ID., Scritti filosofici, a cura di G. Sommavilla, vol. I, Fratelli Fabbri, Milano1964, pp. 133-272; P. RICOEUR, L’antinomie de la réalité humaine et le problème de l’anthropologiephilosophique, “Il Pensiero”, 5, 1960, 3, pp. 273-290; I. MANCINI, Teologia dei doppi pensieri, in

421

del “principio calcedonese” secondo il quale Cristo è, nello stessotempo, vero Dio e vero uomo, senza confusione e senza separazio-ne, senza mescolanza e senza divisione. Questa dottrina delConcilio di Calcedonia propone un criterio di conoscenza generaledel mistero a tutti i livelli (ontologico, antropologico, cosmologico,teologico, filosofico, storico) e costituisce «il paradigma generaledella soluzione dell’universale bipolarismo antinomico». Non vi è,infatti, «niente di più dannoso di un fanatico aut…aut, quando inve-ce ci vuole un et…et, nello spirito e quindi nei limiti della prospetti-va di Calcedonia»88.Il carattere antinomico del mistero evidenzia il principio basilare delpensiero cristiano in ambito filosofico, teologico e pedagogico.Molti autori hanno fatto di questo principio un punto fondamen-tale della loro visione dell’uomo e del mondo. Basti pensare alladottrina della coincidentia oppositorum di Cusano, alla professione deidue contrari di Pascal, all’unità delle virtù contrarie di Newman, all’ideadell’opposizione polare di Guardini, all’antinomia della realtà diRicoeur, alla teoria dei doppi pensieri di Mancini89.Una particolare importanza riveste la riflessione di R. Guardini peril rilievo che, nell’analisi del sistema degli opposti, egli attribuiscealla proposta pedagogica di Förster. «Verrà il giorno – egli scrive –in cui si dovrà riconoscere ai meriti di Friederich Wilhelm Förster

CENTRO DI ORIENTAMENTO PASTORALE

Page 47: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

Essere teologi oggi. Dieci storie, Marietti, Casale Monferrato 1986; ID., Teologia e filosofia. I doppipensieri e la logica della fede, in “Aspre nas”, 36, 1989, n. 1, pp. 5-21.90 R. GUARDINI, L’opposizione polare, cit., p. 223. Sull’importanza di questo saggio di Guardiniper comprendere l’unità tra liturgia, cristologia e filosofia cfr J. RATZINGER, Dalla liturgia allacristologia. Il principio teologico di Romano Guardini e la sua forza asseverativa, in J. RATZINGER-PAPA

BENEDETTO XVI, Perché siamo ancora nella Chiesa, Rizzoli, Milano 2008, pp. 239-264, in modoparticolare pp. 253-261.91 Cfr G. MODUGNO, F. W. Förster e la crisi dell’anima contemporanea, Laterza, Bari 2005, ristam-pa dell’edizione del 1931. Per una conoscenza della vita e del pensiero di GiovanniModugno vedi G. MICUNCO, La bella battaglia. Santità e laicità in Giovanni Modugno (1880-1957), Stilo, Bari 2006; D. SARACINO, Giovanni Modugno. Politica, cultura e spiritualità in un cer-catore di Cristo, Stilo, Bari 2006. Sul pensiero pedagogico di G. Modugno cfr V. CAPORALE,Giovanni Modugno. Un pedagogista del Sud, Cacucci, Bari 1995; ID., Giovanni Modugno.Pedagogia scienza della vita, Cacucci, Bari 1996; ID., Pedagogia e politica in Giovanni Modugno,Cacucci, Bari 1999. In questi ultimi tre testi è riportata un’ampia bibliografia degli scrittie degli studi su Modugno.92 Cfr V. ANGIULI, Giovanni Modugno, un’esistenza a servizio della“scienza della vita”, in A.STAGLIANÒ (a cura di), L’identità meridionale. Percorsi di riflessione teologica, San Paolo, CiniselloBalsamo (Mi) 2004, pp. 103-119.93 M. SPINELLI MODUGNO, Giovanni Modugno. Io cerco l’eterno, Universitaria, Bari 1967, p. 193.94 G. MODUGNO, Religione e vita, La Scuola, Brescia 1957, p. 10.

422

d’aver espresso una simile esigenza in teorie fondamentali, nonsolo, ma di averle elaborate concretamente in forma pedagogica emesse in pratica»90. Alla visione pedagogica di Förster si ispira la riflessione e la praticapedagogica di Giovanni Modugno91. Sulla scia del pedagogistatedesco, egli perviene a una teoria della formazione umana e cri-stiana intesa come “scienza della vita”92 e fonda l’arte educativa sulprincipio cristologico dell’«armonia delle antinomie» e della «sin-tesi degli opposti»93. «La concezione cristiana della vita – egli scrive– è sintesi armonica di antitesi le quali, prese isolatamente, riman-gono funeste unilateralità»94. Per questo il vero educatore devesaper scorgere gli aspetti estremi della stessa verità e deve cercarecon gradualità quella conciliazione che rende vitale la sintesi. Per una esemplificazione della visione pedagogica di G. Modugnovale la pena di riportare una lunga citazione. Così egli scrive:«Essendo il cristianesimo la riconciliazione di tutti gli esclusivismie, in particolar modo, l’unità delle virtù contrarie, l’insegnante devesaper scorgere gli aspetti estremi della stessa verità, a ciascuno deiquali darà, secondo dei casi, maggior risalto cercando accortamen-

Page 48: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

423

te la conciliazione, che rende vitale la sintesi. Tra i vari aspetti dellaverità egli comincerà a mettere più in rilievo quelli che sono piùadatti all’indole e allo sviluppo psicologico degli alunni, senza peròtrascurare di integrare gradualmente quegli aspetti cogli opposti,per evitare – ripeto – il pericolo di dare un’idea unilaterale della reli-gione cristiana. Per esempio: il cristianesimo ci presenta da unaparte l’aspetto dell’amore, della mitezza, della delicatezza, dellacompassione; dall’altra, l’aspetto della incrollabile fortezza, dell’i-nesorabile coerenza, dell’invitto coraggio contro ogni debolezza econtro ogni confusione, dell’eroica risolutezza di fronte al dolore,alle avversità, alla morte. Se l’educatore non tenesse presente chetali elementi debbono essere presentati con accorto chiaroscuro,secondo dei casi, cercando di fonderli armonicamente, non solonon darebbe un’idea compiuta del cristianesimo, ma non saprebbefoggiare un carattere veramente armonico, qual è il carattere cri-stiano; anzi potrebbe, senza saperlo, allontanare i suoi alunni daCristo. Qualcosa di simile si può dire circa altre antinomie del cri-stianesimo (…). Con abile chiaroscuro e senso di opportunità biso-gna del cristianesimo mettere in luce la croce e la risurrezione, lasofferenza e la beatitudine, mettendo però in risalto la consolanteverità che nel cristianesimo la beatitudine vince la sofferenza, lavita vince la morte. Lo stesso possiamo osservare di un’altra anti-nomia, sulla quale non si richiamerà mai abbastanza l’attenzionedegli educatori: mentre cioè un punto essenziale del cristianesimoè che lo scopo ultimo della vita trascende la nostra esistenza terre-na, la quale è una realtà limitata e transeunte, tuttavia l’esistenzaterrena, essendo un dramma, il cui scioglimento si compie nell’al dilà, ha anch’essa la sua grande importanza e il suo profondo signi-ficato; e gli innumerevoli doveri, che impone, hanno la funzione dicostruire la vita futura. Quindi, per giungere all’armonica sintesi,occorre convincere l’alunno dell’importanza della meta ultraterre-na e, nello stesso tempo, fare in modo che il valore dell’al di là nonannulli quello della vita terrena e non turbi la serenità nell’adem-pimento dei doveri della vita quotidiana, per rendere il cristianesi-mo repellente alle giovani anime, avide di vita e di azione. Se infine

CENTRO DI ORIENTAMENTO PASTORALE

Page 49: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

95 ID., Religione e morale nella scuola e nella vita del fanciullo, La Scuola, Brescia 1940, pp. 11-13.96 Cfr ID., La missione educativa. Corrispondenza 1903-1956, a cura di D. Saracino, Stilo, Bari2009, pp. 206 e 208-209.97 Cfr ID., Religione e morale nella scuola e nella vita del fanciullo, cit., pp. 13-15.

424

l’educatore trascurasse l’azione divina, facendo assegnamento solosulla volontà umana, seguirebbe un metodo in contrasto col cri-stianesimo cattolico; ma in un errore simile cadrebbe anche se ten-desse a sopprimere, nella prassi educativa, l’attività umana per nonlasciar posto che all’azione divina, dimenticando che la grazia nondistrugge la natura, ma la eleva e la perfeziona, e quindi la presup-pone»95. Per Modugno, il Vangelo è l’infallibile antidoto per vincere tutti iparticolarismi e le accentuazioni unilaterali96. Compito dell’educa-tore è far sì che la religione diventi vita attraverso un metodo pedago-gico che, superando le secche del verbalismo e dell’astrattismo, siproponga come “attivismo cristiano”, cioè come pratica educativache, attingendo i valori di riferimento dal Vangelo, li coniughi inmodo da toccare la vita del giovane coinvolgendolo in un camminodi formazione integrale ed esaltando le sue qualità umane e la pra-tica delle virtù cristiane, in modo da rendere la sua persona capacedi portate frutti positivi nella società e nella Chiesa97.Su questa impostazione di integrazione delle antinomie, sviluppatafilosoficamente da Guardini e tradotta in termini pedagogici daFörster e da Modugno, si sviluppa la proposta psico-pedagogica diFranco Imoda la cui originalità consiste nella «capacità di saldare lalettura intrapsichica del complesso mondo interiore umano conl’indicazione fondamentale pedagogica (…) che non rimane esternaa quella lettura, come fosse una tecnica puramente applicativamagari basata su un sistema di rinforzi, ma al contrario ne è comeuna concretizzazione, che la rende visibile nel soggetto e alla lungagodibile dal soggetto stesso. (…) Imoda fa una lettura rigorosamen-te psicologica dell’uomo come mistero, come abitato da polaritàapparentemente contrapposte e costituito nell’essere da realtà ambi-valenti, e dunque avverte l’esigenza di proporre subito e allo stessolivello un cammino che tenga conto di questa realtà ontologica perrenderla occasione di crescita e non ostacolo da cui difendersi onegatività da annullare. Non è vantaggio da poco, questo, nella dina-

Page 50: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

98 A. CENCINI, Psicologia e mistero: un rapporto inedito e fecondo, in A. MANENTI – S. GUARINELLI –H. ZOLLNER (a cura di), Persona e formazione, EDB, Bologna 2007, pp. 238-239. 99 Cfr CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Con il dono della carità dentro la storia, 19; EAD.,«Rigenerati per una speranza viva» (1Pt 1,3): testimoni del grande «sì» di Dio all’uomo, 17. Sulladimensione educativa della pastorale mons. Luigi Sartori scrive: «Non è sufficiente che lapedagogia sia presente con onore e con frutto nella Chiesa; deve coinvolgere la Chiesa inse stessa, nelle sue funzioni e nelle sue strutture (…). In ogni caso la pedagogia cristiana ècostitutivamente una questione ecclesiale perché radicalmente è una questione cristologi-ca e trinitaria» (L. SARTORI, Presentazione a A. FALLICO, Pedagogia pastorale. Questa conosciuta,Chiesa-Mondo, Catania 2000, pp. 5-8). 100 BENEDETTO XVI, Discorso all’Assemblea del Convegno, in CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA,Testimoni di Gesù risorto, speranza del mondo, Atti del 4° Convegno ecclesiale nazionale(Verona, 16-20 ottobre 2006), EDB, Bologna 2008, p. 57. 101 Cfr K. DELAHAYE, Per un rinnovamento della pastorale. La comunità, madre dei credenti negliscritti dei Padri della Chiesa primitiva, Ecumenica, Bari 1974.102 Cfr. E. MAZZA, La mistagogia. Le catechesi liturgiche della fine del quarto secolo e il loro metodo,CLV-Edizioni Liturgiche, Roma 1996.

425

mica educativa, ove troppo spesso ancora visioni antropologichepur corrette non trovano adeguata traduzione pedagogica, ove con-tinuiamo a soffrire pericolose schizofrenie tra la teoria e il metodo,ovvero a formare persone incapaci di lasciarsi formare dalla vita»98.

5. Le ragioni di convenienza della pastorale mistagogica

Questa impostazione pedagogica, sviluppata sulla base di un’an-tropologia-cristocentrica, riguarda l’intera azione pastorale dellaChiesa. Gli ultimi due Convegni ecclesiali nazionali hanno sottoli-neato la necessità di conferire una maggiore consapevolezza educa-tiva a tutta la pastorale99; una scelta, questa, avvalorata dal magi-stero di Benedetto XVI che al Convegno di Verona ha parlato del-l’impegno in campo educativo come della «questione fondamenta-le e decisiva» dell’azione pastorale della Chiesa nel nostro tempo100. Ed è esattamente in questa linea educativa che si pone la “pastora-le mistagogica”. Essa, ricollegandosi alla pedagogia dell’EcclesiaMater101, punto di forza della mistagogia patristica102, intende pro-

CENTRO DI ORIENTAMENTO PASTORALE

Page 51: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

103 Cfr AA.VV., Risvegliare l’esperienza di Dio nell’uomo, LEV, Roma 2004.104 La prospettiva mistagogica è l’orientamento pastorale fondamentale della Chiesa diBari-Bitonto, vedi F. CACUCCI, La Mistagogia. Una scelta pastorale, EDB, Bologna 2006. Per unacomprensione di questo indirizzo pastorale vedi V. ANGIULI, Evangelizzazione, testimonianzae mistagogia. Il cammino pastorale postconciliare della Chiesa italiana e della Chiesa di Bari-Bitonto,“Odegitria”, 14, 2007, pp. 79-116; ID., Credere, celebrare e vivere il mistero di Cristo,Introduzione a F. CACUCCI, Colligite fragmenta. Genesi e sviluppo della scelta mistagogica, Levante,Bari 2007, pp. 15-46. 105 N. VALENTINI, Premessa. Una speranza affidabile, in P. TRIANI-N. VALENTINI (a cura di), L’arte dieducare nella fede. Le sfide culturali del presente, Messaggero, Padova 2008, pp. 6-7.106 Mistagogia «è un termine tardo, inesistente nel greco classico, praticamente cristiano»(G. MICUNCO, Mistero della fede. Strumenti per una catechesi mistagogica, Stilo, Bari 2008, p. 61).107 «Mistagogia è un termine del gergo liturgico da non usare normalmente, se non sivuole andare incontro a un rifiuto assicurato! Ma riveste grande interesse» (P. DE CLERCK,Liturgia viva, Qiqajon, Magnano [BI] 2008, p. 115).

426

porre un cammino di formazione permanente per risvegliare l’e-sperienza di Dio nell’uomo di oggi103, favorire la sintesi tra Parola,liturgia e vita e consentire un discernimento comunitario che aiutila comunità cristiana a comprendere le sfide del momento presen-te e a rispondere alla luce del mistero di Cristo, creduto, celebrato evissuto104. «Di fronte alla dilagante cultura della frammentazione edel relativismo, – scrive Natalino Valentini – è urgente ritrovare ilcoraggio di proporre l’unità dell’atto educativo, che nella coscienzadelle persone e delle istituzioni consenta di tenere insieme, in unacontinuità dinamica e creativa, fede, cultura e vita. Questo presup-pone la pazienza di ritessere un legame vitale con la tradizione, conquella memoria viva dalla quale scaturisce la cultura, la sapienza divita, l’educazione delle persona. Occorre ripensare globalmente eprofondamente il “senso dell’educazione”, non come richiamomoralistico e astratto, ma per rispondere a un criterio testimonialedell’esperienza di fede, attenta ai mutamenti sociali e culturali inatto (…). L’educazione, qui intesa in senso mistagogico, implicadunque la delicata, accorta, premurosa attenzione e guida di verimaestri che siano anzitutto autentici testimoni della speranzaevangelica»105. Certo, la parola “mistagogia”, benché sia un neologismo cri-stiano106, può dare adito a qualche difficoltà di comprensione,tanto che qualcuno ha suggerito di usare questo termine con gran-de cautela perché ai più può risultare ostico107 o può richiamare

Page 52: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

108 Cfr BENEDETTO XVI, Deus caritas est, 1.109 «Il cammino di fede non è solo apertura dell’intelligenza a Cristo, ma è ingresso progres-sivo nel mistero della salvezza. Di qui la “mistagogia” dei Padri: il mistagogo è colui che pren-de per mano i fratelli e, per il sentiero della fede, li introduce nel mistero, cioè li porta adincontrarsi vitalmente con Cristo. In qualche modo tutta la pastorale è “pastorale di ini-ziazione”. Si potrebbe dire più plasticamente: pastorale dell’incontro. Se non avviene l’in-contro con Cristo, è tutto tempo ed energie perdute» (M. MAGRASSI, L’urgenza dell’ora: evan-gelizzare tutti, in ID., Magistero episcopale, La Scala, Noci 1988, p. 151). 110 Cfr F. LENOIR, Le metamorfosi di Dio. La nuova spiritualità occidentale, Garzanti, Milano2005. 111 Cfr C. MACCARI, La “mistica cosmica” del New Age, “Religioni e sette nel mondo”, 2, 1996,n. 2, pp. 16-36.

427

soltanto una prassi della Chiesa antica, non più attuale nel nostrotempo. Questa reale difficoltà linguistica, tuttavia, non sminuiscela convinzione che vi siano ragioni di convenienza per la ripresa diuna pastorale di tipo mistagogico.La prima ragione risiede nella stessa natura della fede cristiana.Essa non è adesione a una grande idea né si esprime compiutamen-te in una decisione o in un comportamento etico. La fede si quali-fica come avvenimento, come incontro reale e vivo con Cristo chedà all’esistenza un nuovo orizzonte di valori e un nuovo orienta-mento pratico108. Fare mistagogia significa precisamente questo:introdurre il credente in maniera progressiva e sempre più intimanella conoscenza e nell’esperienza del mistero di Cristo109.Il secondo motivo di convenienza si riferisce all’attuale contestosocio-religioso caratterizzato da una forte tendenza al sincretismoe dal sorgere di una “nuova” spiritualità di tipo olistico110, apertaall’esperienza mistica cosmica111. Questa sensibilità spirituale rap-presenta una forte sfida al cristianesimo perché si sviluppa sulpiano dell’esperienza religiosa piuttosto che sulla conoscenza deicontenuti di fede. A questa sfida occorre dare una risposta sul piano teorico-pratico.In altri termini, oggi appare urgente definire il proprium dell’espe-rienza mistica cristiana, riscoprendo innanzitutto un autenticocomportamento liturgico attraverso un diverso modo di rapportar-

CENTRO DI ORIENTAMENTO PASTORALE

Page 53: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

112 R. GUARDINI, Formazione liturgica, Morcelliana, Brescia 2008, p. 45.113 PONTIFICIO CONSIGLIO DELLA CULTURA-PONTIFICIO CONSIGLIO PER IL DIALOGO INTERRELIGIOSO, GesùCristo portatore dell’acqua viva. Una riflessione cristiana sul “New Age”, 6.1.114 Cfr AA.VV. Teologia e psicologia. Un confronto inevitabile e arduo, numero monografico di“Teologia”, 22, 2003, pp. 235-398; F. IMODA, Antropologia interdisciplinare e formazione, EDB,Bologna 1997; ID., Aspetti del dialogo tra le scienze umane e pedagogiche e la dimensione teologica,“Seminarium”, 34, 1994, n. 1, pp. 89-108; G. CUCCI, Esperienza religiosa e psicologia, LDC,Leumann (To) 2009; A. MANENTI, Vocazione, psicologia e grazia. prospettive di integrazione, EDB,Bologna 1997; ID., Teologia e psicologia: il metodo interdisciplinare, “Rivista di TeologiaMorale”, 19, 1987, n. 76/4, pp. 71-82; ibidem, 20, 1988, n. 77, 1, pp. 87-97; C. NANNI,Pedagogia e teologia: il possibile dialogo per la cultura educativa contemporanea, “Salesianum”, 66,2004, n. 2, pp. 343-364.115 Per questo aspetto cfr D. S. BROWNING–T. D. COOPER, Il pensiero religioso e le psicologie moder-ne, EDB, Bologna 2007.116 La categoria mistero «offre alla teologia un terreno di dialogo non solo con le scienzeumane, ma in certa misura anche con le scienze naturali. In pochi ambiti della sua espe-rienza scientifica, infatti, l’uomo percepisce il mondo come qualcosa di dato, di “donato”,

428

si con la realtà. La liturgia, infatti, «non riguarda la conoscenza, mala realtà (…). La liturgia per se stessa non è pura conoscenza, mapiuttosto piena realtà, che, accanto al conoscere, comprende anchemolto d’altro: un fare, un ordinare, un essere (…). Bisogna che sin-golo e comunità siano educati a quel particolare modo di compor-tamento religioso cultuale quale appunto è richiesto dalla naturadella vita liturgica»112. D’altra parte, l’idea «secondo la quale, in un certo senso, siamo ancheDei, è una questione che merita di essere approfondita. Tutto dipendecertamente dalla propria definizione di realtà. A tutti i livelli dell’edu-cazione, della formazione e della predicazione cattoliche è necessariorafforzare un sano approccio all’epistemologia e alla psicologia»113. Aben vedere, si notano sforzi tesi a comporre un’alleanza tra la teologiae la spiritualità e le attuali teorie della formazione e tra l’antropologiacristiana e le culture psicologiche moderne114, pur se non mancano ele-menti di critica, soprattutto quando queste si presentano non piùcome teorie psicologiche di carattere scientifico-sperimentale, madanno origine a culture con vere e proprie dimensioni etico-religiose115.La categoria di mistero si pone come punto di incontro tra questediverse scienze, perché può essere inteso secondo un’accezione spe-cificamente teologica, ma anche in senso antropologico e cosmolo-gico116. Considerato secondo le scienze umane, mistero indica nonsolo la radicale apertura dell’uomo alla trascendenza, ma la strut-

Page 54: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

qualcosa la cui razionalità e bellezza fanno appello alla sua ragione e al suo spirito, e sonodunque capaci di rimandare ultimamente all’esistenza di un “mistero” di cui l’uomo nonpossiede le chiavi. Va certamente precisato che la nozione di mistero è qui impiegata inmodo analogico, perché Dio, l’uomo e il mondo non sono mistero nello stesso senso; eppu-re abbiamo a che fare con livelli di realtà fra loro connessi, le cui modalità di comprensio-ne sono gerarchicamente ordinate e si aprono verso livelli progressivamente superiori» (G.TANZELLA-NITTI, Teologia e scienza. Le ragioni di un dialogo, Paoline, Milano 2003, p. 10). Dellostesso autore vedi la voce Mistero in G. TANZELLA-NITTI-A. STRUMIA, Dizionario Interdisciplinaredi Scienza e Fede, Urbaniana University Press, vol. I, Città Nuova, Roma 2002, pp. 978-990. 117 Cfr A. MANENTI, Il pensare psicologico. Pretese e prospettive, EDB, Bologna 1996; A. CENCINI,Psicologia e Teologia: le polarità del mistero, in T. CANTELMI, S. PALUZZI, E. LUPARIA (a cura di), Gli deimorti son diventati malattie, Atti del I Convegno nazionale di AIPPC, SODEC, Roma 2002.118 A. CENCINI, Psicologia e mistero: un rapporto inedito e fecondo, in A. MANENTI–S. GUARINELLI–H.ZOLLNER, Persona e formazione, cit., p. 236. Punto di riferimento di questa prospettiva psico-pedagogica è quella indicata nella già citata opera di F. IMODA, Sviluppo umano, psicologia emistero. 119 «La rottura tra vangelo e cultura è senza dubbio il dramma della nostra epoca, come lofu anche di altre» (PAOLO VI, Evangelii nuntiandi, 20).120 Sacrosanctum Concilium, 9-10.

429

tura essenziale della persona umana. L’uomo non solo è aperto almistero, ma è mistero in se stesso. Osservando il comportamento dellapersona, la psicologia risale alla sua piscodinamica, alla spiegazio-ne del suo comportamento, e poiché le operazioni psichiche deno-tano qualcosa di essenziale presente nel fenomeno, quasi un indiziodi carattere ontologico, l’indagine sul vivere e sull’agire diventaindagine sull’essere dell’uomo117. Sullo sfondo di questa concezio-ne di persona intesa come mistero è possibile stabilire una relazio-ne tra teologia e psicologia e proporre una pedagogia «come cammi-no di integrazione a partire dal Mistero e attorno ad esso»118. Il terzo fattore di convenienza riguarda l’urgenza di superare la frat-tura tra vangelo e cultura119 e di contribuire a risolvere la vexataquaestio del rapporto tra fede e vita, tra fede creduta e fede testimo-niata attraverso uno stretto legame con la fede celebrata.L’affermazione conciliare che la liturgia, pur se non «esaurisce tuttal’azione della Chiesa (…), è il culmine verso cui tende l’azione dellaChiesa e, al tempo stesso, la fonte da cui promana tutta la sua ener-gia»120 è una indicazione di metodo da cui la teologia, la pastoralee la prassi educativa non possono prescindere.

CENTRO DI ORIENTAMENTO PASTORALE

Page 55: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

121 BENEDETTO XVI, Deus caritas est, 14. «L’intima natura della Chiesa si esprime in un tripli-ce compito: annuncio della Parola di Dio (kerygma-martyría), celebrazione dei sacramenti(leitourghía), servizio della carità (diakonía). Sono compiti che si presuppongono a vicendae non possono essere separati l’uno dall’altro» (ibidem, 25). «La forza che ha trasformato ilcristianesimo in una religione mondiale è consistita nella sua sintesi tra ragione, fede evita: è precisamente questa sintesi che è raccolta nell’espressione religio vera» (ID., FedeVerità Tolleranza, cit., p. 184).122 «Il Sinodo dei Vescovi ha riflettuto molto sulla relazione intrinseca tra fede eucaristicae celebrazione, mettendo in evidenza il nesso tra lex orandi e lex credendi, e sottolineando ilprimato dell’azione liturgica» (BENEDETTO XVI, Sacramentum caritatis, 34). «È dalla leitourghiacelebrata e vissuta come fonte di tutto l’essere ecclesiale che è originata innanzitutto la koi-nonía, quella comunione con Cristo-capo in un solo corpo di membra diverse, che è laChiesa, la quale attraverso la martyría, testimonianza, e la diakonía, servizio al mondo, cam-mina pellegrina nella storia verso il Regno. L’ordo della vita cristiana va rispettato: dalla lei-tourghía la koinonía, dalla koinonía la martyría e la diakonía!» (E. BIANCHI, «Celebrare per rende-re ragione della speranza che è in noi», in CENTRO DI AZIONE LITURGICA [a cura di], Liturgia epifaniadel mistero, CLV- Edizioni Liturgiche, Roma 2003, p. 120).123 I. ZIZIOULAS, La vision eucharistique du monde et l’homme contemporain, “Contacts”, 19, 1967,pp. 83-92, qui p. 84. 124 «Aspirazioni all’essenzialità, che è nello stesso tempo considerazione dei singoli valorinella loro oggettività unitaria e gerarchicamente relativa e un certo andare diretto alnucleo centrale delle cose; aspirazione alla comunitarietà e all’inquadramento dell’indivi-duo nell’organicità dell’insieme da cui dipende e che a sua volta vivifica; aspirazione alcontatto immediato con le sorgenti prime della vita cristiana, in specie con la vita eccle-siale in atto e con il mondo della Bibbia con il colore e le sfumature proprie che ha nellaBibbia stessa; aspirazione all’unità tra vita spirituale, biblica, teologica, apostolato» (C.VAGAGGINI, Il senso teologico della liturgia, San Paolo, Cinisello Balsamo [Mi] 19996, p. 694).

430

«Fede, culto ed ethos – scrive Benedetto XVI – si compenetrano avicenda come un’unica realtà che si configura nell’incontro con l’a-gape di Dio»121. In questa triade, la lex orandi si pone come ponte eanello di congiunzione tra la lex credendi e la lex vivendi, tra verità estoria, tra pensiero e azione e si presenta come luogo generatore divita e di cultura122. La liturgia, infatti, «nasconde una concezionedell’uomo che potrebbe rivelarsi particolarmente utile al giornod’oggi; essa offre, inoltre, un’interpretazione della storia e dei suoiproblemi, della vita morale e delle sue possibilità che, a quantopare, dovrebbe essere particolarmente sottolineata ai nostri gior-ni»123. Per questo è significativo che nel nostro tempo molti sco-prono nuovamente la spiritualità liturgica come una dimensioneconfacente alle loro più profonde aspirazioni124.In definitiva, le ragioni di convenienza fin qui richiamate giustifi-cano la ripresa dell’orientamento mistagogico, un indirizzo pasto-

Page 56: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

125 «La riforma liturgica introdotta dal Concilio Vaticano II è stata una “ripresa” della tra-dizione, che si riallaccia alla mistagogia patristica come iniziazione globale al mistero diCristo» (E. CATTANEO, La traditio liturgica nella Chiesa: uno strumento vivo, “Rivista liturgica”, 95,2008, n. 1, pp. 19-34, qui p. 32); vedi anche E. MAZZA, Mistagogia, in M. SODI - A. M. TRIACA (acura di), Dizionario di Omiletica, LDC – Velar, Leumann (To)-Gorle (Bg) 1998, pp. 972-976.126 Sono molti i documenti magisteriali postconciliari che richiamano l’importanza dellamistagogia. Indico quelli più recenti: GIOVANNI PAOLO II, Ecclesia in Europa, 70-73; BENEDETTO

XVI, Sacramentum caritatis, 64; PONTIFICIA OPERA VOCAZIONI ECCLESIASTICHE, Nuove vocazioni peruna nuova Europa, 8; CONFERENZA EPISCOPALE FRANCESE, Proporre la fede nella società attuale.Lettera ai cattolici, LDC, Leumann (To) 1998, in particolare pp. 25-29: Per Clodovis Boff, ilDocumento di Aparecida propone un «preciso itinerario formativo che ha il suo cuore pul-sante nella mistagogia, cioè nella prima iniziazione alla vita cristiana» (C. BOFF, Ritorno alfondamento, “Il Regno Documenti” 53, 2002, n. 17, p. 564).

431

rale teso a favorire un’esperienza personale del mistero di Cristooperando una sintesi tra le dimensioni fondamentali della vita cri-stiana. Sono queste le ragioni per le quali il Concilio Vaticano II haripreso questa metodologia dell’esperienza di fede125; una prospet-tiva pastorale che sta riscuotendo un interesse sempre maggiore nelpostconcilio126.

6. L’educazione cristiana come accompagnamento mistagogico

Stabilite le ragioni di convenienza della pastorale mistagogica,occorre mostrare la sua valenza educativa. Per questo è opportunoriferirsi alla definizione di educazione proposta dal documentoconciliare Gravissimum educationis. Essa così recita: «Tutti i cristiani,in quanto rigenerati da acqua e Spirito Santo sono diventati nuovacreatura e quindi sono di nome e di fatto figli di Dio, hanno dirit-to all’educazione cristiana. Essa non comporta solo quella maturi-tà propria dell’umana persona (…), tende soprattutto a far sì che ibattezzati, iniziati gradualmente alla conoscenza del mistero dellasalvezza, prendano sempre maggiore coscienza del dono della fede,che hanno ricevuto; imparino ad adorare Dio Padre in spirito e veri-tà (cfr Gv 4,23) specialmente attraverso l’azione liturgica; si prepa-rino a vivere la propria vita secondo l’uomo nuovo nella giustizia e

CENTRO DI ORIENTAMENTO PASTORALE

Page 57: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

127 Gravissimum educationis, 2.128 «Battezzati in Cristo e rivestiti di Cristo, siete divenuti conformi al Figlio di Dio. Infatti,avendoci predestinati all’adozione a figli, Dio ci rese conformi al corpo glorioso di Cristo.Divenuti quindi partecipi di Cristo, siete giustamente chiamati cristi e di voi Dio disse:Non toccate i miei cristi. Siete certo divenuti cristi ricevendo l’impronta dello Spirito Santo,ma tutto si è compiuto in voi a modo di immagine, poiché siete l’immagine di Cristo»(GIOVANNI DI GERUSALEMME, Catechesi mistagogiche, 3,1). «Riconosci, cristiano, la tua dignità e,reso partecipe della natura divina, non voler tornare all’abiezione di un tempo con unacondotta indegna. Ricordati chi è il tuo capo e di quale corpo sei membro. Ricordati che,strappato al potere delle tenebre, sei stato trasferito nella luce del regno di Dio. Con ilsacramento del battesimo sei diventato tempio dello Spirito Santo! Non mettere in fugaun ospite così illustre con un comportamento riprovevole e non sottometterti di nuovoalla schiavitù del demonio. Ricorda che il prezzo pagato per il tuo riscatto è il sangue diCristo» (SAN LEONE MAGNO, Discorsi 1 per il Natale, 3; PL 54,193). 129 N. CABASILAS, La vita in Cristo, Città Nuova, Roma 20024, 520 cd, pp. 98-99.

432

nella santità della verità (cfr Ef 4,22-24) e così raggiungano l’uomoperfetto, la statura della pienezza di Cristo (cfr Ef 4,13), e diano illoro apporto all’aumento del suo corpo mistico. Essi inoltre, con-sapevoli della loro vocazione, devono addestrarsi sia a testimoniarequella speranza che è in loro (cfr 1Pt 3,15), sia a promuovere la ele-vazione in senso cristiano del mondo, per cui i valori naturali,inquadrati nella considerazione completa dell’uomo redento daCristo, giovino al bene di tutta la società»127.Questa definizione conciliare esprime in modo sintetico i trattifondamentali dell’educazione in chiave mistagogica, perché sicaratterizza come esperienza del mistero di Dio e si propone come untentativo di risvegliare e introdurre il credente in una relazione, sipotrebbe dire in un “contatto” personale, con il mistero nascostoda sempre nel Padre ed ora rivelato nel Verbo Incarnato. Il punto di partenza dell’accompagnamento mistagogico è costi-tuito dalla nuova identità e dignità del cristiano, cioè dal suo esse-re “battezzato”, inserito sacramentalmente nel mistero pasquale diCristo128. Iniziato alla vita divina dalla grazia sacramentale, il cri-stiano progredisce secondo diverse fasi: dalla nascita al pieno svi-luppo, dal primo germe al frutto maturo, dall’esistere all’operare diCristo. Il suo «unico contributo alla vita consiste nell’aver cura deidoni, custodire le grazie e non gettare via la corona che Dio haintrecciata per noi a prezzo di molte fatiche e sudori. Questa è lavita in Cristo: i divini misteri la formano, ma anche l’umana cura viha qualche parte»129. In altri termini, la grazia genera la vita nuova,

Page 58: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

130 «Nel contesto culturale odierno è urgente chiedersi come attivare le migliori condizio-ni per garantire l’unità dell’atto educativo che, nella coscienza della persona e nelle istitu-zioni, permetta di porre in rapporto di continuità dinamica e critica le dimensioni dellafede, quelle della cultura e quelle della vita» (C. RUINI, Educare oggi. Sfide e compiti della Chiesaalla luce dell’antropologia cristiana, Prolusione al Convegno Nazionale Le sfide dell’educazione,12-14 febbraio 2004, in Quaderni della Segreteria Generale CEI, X, 2006, 20, pp. 29-38).Punto di riferimento per una teoria pedagogica in chiave personalista è quella di R.GUARDINI, Persona e libertà. Saggi di fondazione della teoria pedagogica, La Scuola, Brescia 1987;ID., Lettere sull’autoformazione, Morcelliana, Brescia 1994; ID., L’educazione, in Etica,Morcelliana, Brescia 2001, pp. 881-910. Per un’introduzione alla teoria pedagogica di R.Guardini vedi A. ASCENZI, Lo spirito dell’educazione. Saggio sulla pedagogia di Romano Guardini,Vita e Pensiero, Milano 2003.131 G. GROPPO, Educazione cristiana, in M. SODI-A. M. TRIACA (a cura di ), Dizionario di Omiletica,cit., pp. 419-425, qui p. 422.

433

l’educazione favorisce l’azione della grazia in vista del raggiungi-mento della piena maturità in Cristo.

6.1. L’unità dell’atto educativo e la formazione integrale della persona

L’espressione della Gravissimum educationis mette in evidenza dueesigenze del processo mistagogico: l’unità dell’atto educativo e la for-mazione integrale della persona130. Maturazione umana e crescita cri-stiana vanno intese come «due componenti distinte, ma non sepa-rabili di un unico processo educativo; un processo di maturazioneumano-cristiana, riguardante non solo la persona singola, maanche le comunità ecclesiali, perché è solo all’interno di queste ulti-me e mediante la loro capacità educativo-formativa che le personesingole possono crescere e maturare umanamente e cristianamen-te»131. L’educazione è un processo complesso nel quale si compene-trano aspetti umani ed elementi divini, componenti personali einterventi ecclesiali, dinamismi e processi di maturazione umananon disgiunti dall’azione misteriosa, ma reale della grazia divina. Al fondo vi è la convinzione della validità, anche in campo educati-vo, del principio cristologico dell’unità nella distinzione tra umanoe divino e dell’interazione tra il mistero di Cristo e il mistero del-l’uomo. L’educazione «deve mirare alla perfezione integrale della

CENTRO DI ORIENTAMENTO PASTORALE

Page 59: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

132 Gaudium et spes, 59.133 Cfr P. TRIANI, Il dinamismo della coscienza e la formazione. Il contributo di Bernard Lonergan aduna “filosofia” della formazione, Vita e Pensiero, Milano 1998.134 ID., Che cosa significa educare?, “Servizio della Parola”, 330, settembre 2001, p. 21.135 B. LONERGAN, Comprendere ed essere, Città Nuova, Roma 1993, pp. 237-238.

434

persona umana, al bene della comunità e di tutta la società umana.Perciò è necessario coltivare lo spirito in modo che si sviluppino lefacoltà dell’ammirazione, dell’intuizione, della contemplazione, e sidiventi capaci di formarsi un giudizio personale e di coltivare ilsenso religioso, morale e sociale»132. Il principio dell’integrazione delle diverse dimensioni della personaumana è uno dei capisaldi della proposta educativa cristiana.Seguendo la riflessione e gli studi di Bernard Lonergan, si puòaffermare che la coscienza dell’uomo è un insieme strutturato edinamico di operazioni consce e intenzionali (sperimentare, com-prendere, giudicare, scegliere, amare)133 che devono concorrereinsieme al raggiungimento del pieno sviluppo della persona. La for-mazione integrale chiede che siano attivate l’esperienzialità, la crea-tività, l’affettività, l’intersoggettività, la capacità di comprensione,di giudizio, di decisione, di azione senza che nessuno di questi ele-menti vada a discapito degli altri, cosa che avrebbe come logica con-seguenza uno sviluppo incompleto e carente della persona. «Infattise ci si limita al far fare esperienze si ha l’esperienzialismo; se si sot-tolinea solo il comprendere si ha l’intellettualismo; se si danno sologiudizi invitando le persone ad assumerli come veri si ha il morali-smo; se si insiste solo sulla scelta si ha il volontarismo; se si operaenfatizzando il livello dell’amore, separato dagli altri, si ha il senti-mentalismo»134. Non è però sufficiente che i dinamismi e i processi coscienziali sianopromossi. Occorre che l’uomo se ne appropri. È, infatti, attraversoun processo di auto-appropriazione che «il soggetto può conoscerein modo più profondo se stesso e il mondo e così risignificarsi piùintensamente; è attraverso questa strada che il soggetto può passareda una formazione subita a una formazione “scelta”». L’auto-appro-priazione mantiene viva la tensione formativa e – come insegnaLonergan – aiuta il soggetto a scoprire che «oltre all’uomo che egli è,c’è anche l’uomo che egli è impegnato a essere»135.

Page 60: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

136 Lo studioso tedesco W. Jaeger sostiene che il tema dell’educazione, intesa come “conver-sione”, sia il punto di contatto tra la filosofia greca e il pensiero cristiano. «La natura dell’e-ducazione filosofica è veramente conversione (periagoghe) nel significato spaziale (“volgersi”,“voltarsi”) originario di questa parola. Essa è il “voltarsi” di “tutta l’anima” alla luce dell’ideadel Bene, cioè all’origine del Tutto. Questo processo da un lato è diverso dall’esperienza difede del cristiano, alla quale il concetto filosofico di conversione fu più tardi trasferito, e ladifferenza consiste nell’essere la conoscenza del filosofo ancorata a un essere obbiettivo. Mad’altro canto questo processo, così come Platone lo intende, è anche del tutto esente da quel-l’intellettualismo, che a torto gli si rimprovera (…). La parola usata da Platone è periagoghe,ma non è espressione fissa. Si trovano anche metastrophe e i verbi peristrephestai e metastrephe-stai. Tutte queste espressioni tendono a dare la stessa immagine sensibile, l’immagine di chivolge la testa e drizza gli occhi al bene divino (…). Quando si ponga il problema non già delfenomeno ‘conversione’ come tale, ma dell’origine del concetto cristiano di conversione, sideve riconoscere in Platone l’autore primo di questo concetto. Il trasferimento di questovocabolo all’esperienza religiosa cristiana ebbe luogo sul terreno del primitivo platonismocristiano» (W. JAEGER, Paideia, La Nuova Italia, Firenze 1967, vol. II, pp. 512-514).137 B. LONERGAN, Il pluralismo dottrinale, Paoline, Catania 1977, p. 45. 138 ID., Il metodo in teologia, Queriniana, Brescia 1975, p. 271.

435

La differenza tra ciò che si è e ciò che si è chiamati ad essere rivelala presenza di un dinamismo di autotrascendenza che, secondoLonergan, è di carattere intellettuale, morale e affettivo e che spin-ge l’uomo al vero, al bene, all’amabile. Il processo di autotrascendi-mento non si attua automaticamente perché vi sono ostacoli dasuperare ed errori da evitare. Il suo esplicarsi richiede una tripliceconversione: intellettuale, morale e religiosa136. La conversione «èintellettuale in quanto riguarda il nostro orientamento verso l’in-telligibile e il vero. È morale in quanto riguarda il nostro orienta-mento verso il bene. È religiosa in quanto riguarda il nostro orien-tamento verso Dio»137. Ognuna di queste operazioni comporta uncambiamento dei dinamismi coscienziali. La conversione intellet-tuale chiede il superamento della confusione tra il “vedere” e il“capire”, tra i criteri dell’immediatezza e quelli del significato. Laconversione morale esige un agire motivato non solo dal bene indi-viduale, ma dal riferimento ai valori. La conversione religiosa con-siste «nell’essere presi da ciò che tocca assolutamente. È innamo-rarsi in maniera ultramondana. È consegnarsi totalmente e sempresenza condizioni, restrizioni, riserve»138.

CENTRO DI ORIENTAMENTO PASTORALE

Page 61: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

139 C. M. MARTINI, Dio educa il suo popolo, in ID., Parola alla Chiesa, parola alla Città, EDB,Bologna 2002, p. 402.140 A tal proposito Pavel Florenskij scrive: «Non sono l’intuizione e la discorsività a dare laconoscenza della verità: essa nasce nell’anima per una rivelazione libera della stessa veritàtriipostatica, per una graziosa visita fatta all’anima dallo Spirito santo. Alla base di questavisita sta un atto volitivo di fede, assolutamente impossibile per l’aseità umana “se nonl’attira il Padre” (Gv 6,44)» (P. A. FLORENSKIJ, La colonna e il fondamento, Rusconi, Milano1974, p. 137, citato in N. VALENTINI [a cura di], Cristianesimo e bellezza tra Oriente e Occidente,Paoline, Milano 2002, p. 182).

436

Questo triplice processo di conversione della coscienza umana rap-presenta un importante punto di riferimento dell’impegno educa-tivo della comunità cristiana e trova nell’unità tra Parola, liturgia evita, cioè nella prassi mistagogica, il contesto più idoneo per la suaattuazione.

6.2. Le principali tappe della mistagogia

La definizione di educazione proposta dalla Gravissimum educationissegnala anche le tappe del processo mistagogico. Esse si possonoidentificare in quattro gradi o passaggi: attrazione, iniziazione, con-formazione, irradiazione.

a) L’attrazione Il punto di partenza dell’educazione in chiave mistagogica non è dicarattere antropologico, ma teologico. Come ha sottolineato il car-dinale Martini, è Dio che educa il suo popolo: «Dio è in mezzo a noi.Dio ha educato ciascuno di noi e tutti noi. Dio continua a educare.Noi educatori siamo suoi alleati; l’opera educativa non è nostra, èsua. Noi impariamo da lui, lo seguiamo, gli facciamo fiducia ed eglici guida e ci conduce»139.L’educazione prima di essere una strategia, è una forza attrattiva. Èil mistero divino che attira!Su questo aspetto, che è di fondamentale importanza perché scio-glie ogni pretesa “pelagiana” dell’educazione, vi è la piena concor-danza tra la Scrittura, la liturgia e l’insegnamento dei santi. Gesù,nel vangelo di Giovanni afferma: «Nessuno può venire a me, se ilPadre che mi ha mandato non lo attira» (Gv 6, 44)140. Non avvienenessun incontro con Cristo senza che il Padre, attraverso il suo

Page 62: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

141 MESSALE ROMANO, Colletta, Sabato I Settimana di Quaresima.142 «Cos’è dunque chiedere di essere attirati se non di unirsi in modo intimo a ciò checapta il cuore? Se il fuoco e il ferro avessero intelligenza, e quest’ultimo dicesse all’altro:attirami, non proverebbe che desidera identificarsi col fuoco, in modo che esso lo compe-netri e lo intrida con la sua essenza bruciante, e sembri diventare tutt’uno con lui? Madrecara, ecco la mia preghiera: chiedo a Gesù di attirarmi nel fuoco del suo amore, di unirmia lui così strettamente che in me viva e agisca lui. Sento che, quanto più il fuoco dell’a-more infiammerà il mio cuore, quanto più dirò “Attirami”, tanto più le anime che si avvi-cineranno a me (povero piccolo detrito di ferro inutile, se mi allontanassi dalla fornacedivina), correranno anch’esse rapidamente all’effluvio dei profumi del loro Amato, poichéun’anima infiammata di amore non sa rimanere inattiva» (S. TERESA DI GESÙ BAMBINO, Scrittoautobiografico C, in Gli scritti, OCD, Roma 1998, p. 306).143 Cfr S. GIOVANNI DELLA CROCE, Cantico spirituale B, 1.19, in Opere, OCD, Roma 1985, p. 517.144 «Coloro cui fu dato ardore da essere tratti fuori dalla propria natura e indotti a desi-derare e a poter compiere opere maggiori di quelle che gli uomini possono concepire furo-no feriti direttamente dallo sposo, fu lui a infondere un raggio della sua bellezza nei loroocchi: la grandezza della ferita indica la freccia, l’ardore svela il feritore» (N. CABASILAS, Lavita in Cristo, cit., II, 553a, pp. 142-143). Per un commento a questo testo cfr J. RATZINGER, Incammino verso Gesù, cit, pp. 27-34.

437

Spirito, agisca interiormente nell’anima facendo scoprire i tesori digrazia nascosti nel Figlio. Anche la liturgia insegna a rivolgere alSignore la seguente preghiera: «Signore onnipotente e misericor-dioso attira verso di te i nostri cuori poiché senza di te non possia-mo piacere a te»141.Ugualmente significativa è la testimonianza dei santi. Santa Teresadi Lisieux, ad esempio, in un fondamentale passo della suaAutobiografia, confessa a madre Maria di Gonzaga che il segretodella “piccola via” consiste nel lasciarsi attrarre142. Questa intimaattrazione viene descritta dai mistici come una “ferita d’amore”143.Il teologo bizantino Nicola Cabasilas, rifacendosi alla dottrina pla-tonica dell’estasi dell’anima di fronte all’amore divino, parla di un“dardo”, di una “divina mania” che invade l’anima attratta dallabellezza della manifestazione divina144.Il rapimento interiore avviene attraverso una molteplicità di “vie” lequali, in parte, seguono un percorso oggettivo, esterno e comune atutti e, in parte, procedono lungo un tracciato più personale e piùintimo.

CENTRO DI ORIENTAMENTO PASTORALE

Page 63: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

145 Lumen Gentium, 1.146 S. WEIL, Attesa di Dio, Rusconi, Milano 1984, pp. 102-103.

438

I segni più evidenti di questa attrazione interiore si manifestanonell’adesione a Cristo e alla Chiesa. Innalzato sulla croce, Cristoattira a sé ogni cosa (cfr Gv 12,32). E da quel momento egli rimaneil polo di attrazione per tutti coloro che cercano la via per incon-trare il mistero ineffabile di Dio. Non si può rimanere insensibili difronte allo splendore che promana dal suo volto, alla profonditàdella sua parola, alla sublimità del suo esempio di vita, al fascinodella sua persona, alla esemplarità delle sue virtù, alla verità del suoinsegnamento e della sua dottrina, alla forza e all’eccedenza del suoamore vissuto “fino alla fine”, fino al dono supremo della vita.Anche la Chiesa, nonostante il suo peccato e la sua debolezza, èposta come «segno e strumento dell’intima unione con Dio e del-l’unità di tutto il genere umano»145. E, in virtù della sua intimaunione con Cristo, diventa lei stessa forza attrattiva per la bellezzadella celebrazione liturgica, la santità della vita dei suoi membri, lamolteplicità di forme di comunione, l’impegno di molti suoi figli invista della promozione integrale dell’uomo.Insieme a questi due segni teologici, vi sono numerose vie antropo-logiche, attraverso le quali si apre l’orizzonte del mistero e Dio sirende presente nell’animo umano. Queste vie sono “forme dell’amo-re implicito di Dio”, e nel loro insieme possono essere consideratecome una propedeutica all’incontro con l’amore personale di Dio.Esse «non scompaiono quando nell’anima sorge l’amore di Dio pro-priamente detto; solo diventano infinitamente più forti, e tutti insie-me formano un unico amore. Ma questa forma non manifesta dell’a-more viene necessariamente per prima, e spesso regna sola nell’animaper lunghissimo tempo, in molti forse sino alla morte. Questo amorenon manifesto può raggiungere un grado molto elevato di purezza edi forza. Ognuna delle forme che tale amore può assumere nelmomento in cui tocca l’anima, ha la virtù di un sacramento»146.

b) L’iniziazione Punto di partenza del processo educativo di tipo mistagogico èdunque l’attrazione interiore. Da questo momento si spalanca un

Page 64: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

147 « Mistagogo è colui che, avendo fatto l’esperienza di Dio, è in grado di comunicarla aglialtri. Più che dare consigli e norme di vita, il suo aiuto consiste nel porre gli altri dinanzia Dio che per sua natura si comunica, lasciando che egli stesso entri in comunione con chivuole fare l’esperienza di Dio e stabilisca le modalità dell’incontro» (L. BORRIELLO,Esperienza mistica e teologia, cit., p. 189).148 Cfr SANT’AGOSTINO, Le Confessioni, 3, 6.11. 149 ID., La Trinità, 14,4.6.

439

cammino di avvicinamento personale al mistero che è reso possibi-le dalla presenza e dall’opera di un mistagogo, di un maestro-testi-mone il quale, sulla base dell’esperienza personale, può fare daguida nel cammino di ricerca e di incontro con il mistero di Dio147.Si tratta di un compito delicatissimo, che non deve sostituirsi all’a-zione divina che muove la persona dall’interno, ma deve esprimersicome uno aiuto esterno per riconoscere la voce del Maestro interio-re e seguire le sue intime mozioni, secondo un itinerario confacen-te alla singola persona, ma comune a tutti nelle tappe fondamenta-li da percorrere.Forse, nessun altro, meglio di sant’Agostino, è stato capace di spie-gare questo compito. La celebre immagine del Maestro interiore sot-tolinea che Dio si manifesta segretamente nell’anima come forzaattrattiva, amore vincente e avvincente, che lascia l’uomo libero diaderire pur attirandolo dolcemente verso di sé. Le innumerevolisfaccettature di questo tema vanno dalla profondità della visionefilosofica alla riflessione più propriamente teologica, dalle applica-zioni in campo pedagogico all’impegno ascetico fino alle ascensio-ni della mistica. Filosoficamente parlando, il Maestro interiore significa che la veri-tà è così unita alla mente umana che questa non può ignorarla per-ché a insegnarla è Dio, che è più intimo di quanto lo sia l’uomo a sestesso148. Teologicamente, il tema insiste sul fatto che l’immaginedi Dio è impressa «in modo indelebile nella sostanza immortaledell’anima»149 tanto che nulla, nemmeno il peccato, può cancellar-la del tutto. Pedagogicamente, l’immagine del Maestro interioreindica, a chi vuol progredire nella sapienza, la necessità di percorre-

CENTRO DI ORIENTAMENTO PASTORALE

Page 65: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

150 «Non uscire fuori, torna in te stesso: è nell’uomo interiore che abita la verità. E se avraitrovato mutabile la tua natura, trascendi anche te stesso. Ma ricordati, quando ti trascen-di, che trascendi un’anima che ragiona. Dirigiti dunque laddove viene accesa la luce stes-sa della ragione» (ID., La vera religione, 39,72).151 «Anche se potrai imparare da me qualcosa di utile alla salvezza, ti sarà maestro solocolui che è il maestro interiore dell’uomo interiore, il quale nella tua mente ti mostra cheè vero ciò che viene insegnato» (ID., Lettere, 166, 4.9).152 «Il termine ‘iniziazione’ è il corrispondente latino del greco ‘mistagogia’. Deriva dalverbo inire (composto da in e dal verbo ire ‘andare’) che significa ‘entrare dentro’; iniziare(qualcuno) significa, come ‘mistagogia’ appunto,‘far entrare’, ‘condurre dentro’, introdur-re nei riti religiosi, nei ‘misteri’, che i latini chiamavano appunto initia, riti cioè in cui puòentrare solo chi accetta di essere iniziato, di diventare un fedele di quei determinati riti (…).I sacramenti dell’iniziazione sono dunque quei sacramenti che introducono nella vita cri-stiana e ai quali può accedere solo chi intende diventare cristiano e accetta di fare il cam-mino, appunto, di iniziazione, o mistagogico» (G. MICUNCO, Mistero della fede, cit., p. 62).

440

re la via dell’interiorità, del tornare in se stesso e mettersi alla scuo-la di questo Maestro150, imparando direttamente da lui, più che daimaestri esterni151. Per far questo occorre un grande raccoglimento dello spirito, con-dizione indispensabile per salire i gradini della contemplazione delmistero di Dio. Più che una scoperta della riflessione intellettuale oun’acquisizione attraverso l’insegnamento di un maestro esterno,la verità è attinta dalla testimonianza viva del “Maestro interiore”,il quale, nell’intimo dell’anima, illumina la mente e muove la volon-tà ad aderire ad essa in modo libero e responsabile. È la stessa veri-tà a mostrare la sua bellezza e ad attirare a sé l’anima umana con laforza della sua trasparenza e della sua luminosità.Prende forma così il cammino di iniziazione cristiana152. Esso, parten-do dal dono sacramentale, conduce a una progressiva conoscenzanel mistero attraverso tappe, passaggi, impegni, decisioni che porta-no ad acquisire un nuovo orientamento di vita. Non si tratta di unaconoscenza intellettualistica della verità, ma di un’esperienza checoinvolge la persona in modo permanente, stabile e duraturo.Iniziazione è una conoscenza per esperienza: si comprende ciò che siama, si impara ad amare attraverso il contatto personale con ilmistero, si esperisce il mistero lasciandosi condurre da mani espertedentro di esso. Si tratta di un ingresso progressivo, sempre nuovo epiù profondo per «comprendere la larghezza, la lunghezza, l’altezzae la profondità, e conoscere l’amore di Cristo che supera ogni cono-scenza, e così riempirsi di tutta la pienezza di Dio» (Ef 3, 18-19).

Page 66: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

153 CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Il Rinnovamento della catechesi, 38.

441

c) La conformazione Il fine dell’iniziazione cristiana è la progressiva conformazione aCristo. San Paolo nella Lettera ai Romani scrive che Dio Padre «ci hapredestinati ad essere conformi all’immagine del Figlio suo» (Rm8,29). Educare, pertanto, non significa acquisire uno “schema”, cheè segno di staticità e di passività, quanto assumere una “forma”, cheè segno di dinamismo e di vitalità (cfr Rm 12,1-2). La conformazio-ne è una trasmissione di vita che coinvolge tutte le dimensioni dellapersona: il pensiero, i sentimenti e l’azione. Il cristiano, infatti, ècolui che ha «il pensiero» (1Cor 2,16) e «gli stessi sentimenti diCristo» (Fil 2,5) e «deve comportarsi come lui si è comportato» (1Gv2,6). Il Rinnovamento della catechesi sottolinea che il fine della cate-chesi è «educare al pensiero di Cristo, a vedere la storia come Lui, agiudicare la vita come Lui, a scegliere e ad amare come Lui, a spera-re come insegna Lui, a vivere in Lui la comunione con il Padre e loSpirito Santo. In una parola, nutrire e guidare la mentalità difede»153. Nella vita reale questi aspetti non sono acquisiti in modolineare, ma si compenetrano a vicenda e si susseguono secondo unoschema di interdipendenza.In questa prospettiva, l’educazione cristiana si realizza attraversouna pastorale di accompagnamento più che di inquadramento. Questaseconda modalità si svolge nella logica del controllo perché tenta diconfigurare la realtà secondo uno schema e una strategia messa apunto dalla capacità di analisi e di progettazione. La pastorale diinquadramento (d’encadrement) – avverte André Fossion – «puòessere attuata altrettanto bene sia dentro un orizzonte nostalgicodi restaurazione del passato, sia in uno spirito progressista per unaChiesa nuova. In entrambi i casi è uno stesso immaginario d’im-presa che agisce; tutto sembra dipendere dal dispiegarsi dellanostra azione. In entrambi i casi si è condotti o all’attivismo secon-do il quale non si è fatto mai abbastanza, o al sentimento di impo-tenza, al disfattismo e alla depressione quando le resistenze incon-

CENTRO DI ORIENTAMENTO PASTORALE

Page 67: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

154 A. FOSSION, Evangelizzare in modo evangelico. Piccola grammatica spirituale per una pastorale diaccompagnamento (d’engendrement), “Quaderni della Segreteria della CEI”, 12, 2008, n. 34, p. 42.155 Ibidem, p. 43.

442

trate sono troppo forti. Attivismo e disfattismo sono, a questoriguardo, atteggiamenti gemelli: sono tutti e due tributari di unastessa volontà di potenza»154.Diversa, invece, è la prospettiva di una pastorale di accompagna-mento (d’engendrement). Essa ha come suo proposito quello di met-tersi a servizio della vita che sta nascendo accompagnando la suamaturazione con discernimento e competenza, con cura e maternasollecitudine. Accompagnare ciò che nasce e germoglia vuol dirediscernere le aspirazioni, pesare le cose, prendere il tempo necessarioper lo sviluppo, accogliere le domande, lanciare progetti contandosu fattori che non sono tutti sotto il controllo umano, ma facendocredito e confidando su una forza esterna che scende all’alto.Una pastorale di accompagnamento – scrive ancora Fossion –«accetta la condizione di ogni nascita; per prima cosa, noi nonsiamo all’origine della vita e della crescita. Poi, si genera semprequalcosa che è altro da sé. I genitori lo sperimentano; i figli non sonomai l’esatto prolungamento del loro desiderio o del loro sogno.Quel che nasce è sempre diverso da sé. Anche per la trasmissionedella fede è così. Non appartiene all’ordine della riproduzione odella clonazione. È sempre dell’ordine dell’avvento. In questa pasto-rale si parte dal principio che l’essere umano è “capace di Dio”. Nondobbiamo produrre in lui questa capacità. Non abbiamo nemmenoil potere di comunicare la fede. Non si fabbricano nuovi cristianicome si fabbricano pagnotte o pneumatici Michelin. La fede di unnuovo credente sarà sempre una sorpresa e non il frutto dei nostrisforzi. Il risultato di un’impresa. Certo, la fede non si trasmettesenza di noi. Ciononostante, non abbiamo il potere di comunicarla.Il nostro compito è di vegliare sulle condizioni che la rendono pos-sibile, comprensibile, praticabile e desiderabile. La pastorale lavorasulle condizioni. Il resto è questione di grazia e libertà»155.

d) L’irradiazione Il risultato di questa progressiva configurazione a Cristo consistenella capacità di irradiare la luce interiore ricevuta in dono. Come il

Page 68: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

156 ELISABETTA DELLA TRINITÀ, O mio Dio, Trinità che adoro, in Opere, Paoline, Cinisello Balsamo(Mi) 1993, p. 777.157 GIOVANNI PAOLO II, Redemptoris missio, 26.

443

Figlio è «irradiazione della gloria e impronta della sostanza divina»(Eb 1,3) così il battezzato è un “illuminato” chiamato a far risplen-dere nel mondo la luce di Cristo. La beata Elisabetta della Trinitàesprime in modo incomparabile l’invocazione che ogni cristianodovrebbe rivolgere al Signore: «Ti chiedo di “rivestirmi di te”, diidentificare la mia anima a tutti i movimenti della tua anima, disommergermi, di invadermi, di sostituirti a me, affinché la mia vitanon sia che un’irradiazione della tua»156.Per questo, se è vero che si evangelizza in molti modi, è altrettantovero che, come ricordava Giovanni Paolo II, «prima ancora di esse-re azione, la missione è testimonianza e irradiazione»157. La missio-ne avviene certamente per la proclamazione del Vangelo in unaforma pubblica (cfr Mc 1,14-15) o privata (cfr Gv 4; Lc 24). Si espri-me anche nella modalità di una convocazione (cfr Mt 22,9) o di unalievitazione cioè in un modo meno appariscente, più lento e nasco-sto, come «il lievito che una donna ha preso e impastato con tremisure di farina perché tutta si fermenti» (Mt 13,33). Di certo, però,essa deve sempre caratterizzarsi come irradiazione: come la lampadasul candeliere o la città sul monte «perché vedano le vostre operebuone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli» (Mt 5,16), o«come una lampada che arde e risplende», alla cui luce ci si rallegra(cfr Gv 5,35). Si evangelizza con una condotta irreprensibile tra ipagani, perché «al vedere le vostre buone opere giungano a glorifi-care Dio nel giorno del giudizio» (1 Pt 2,12).Questa irradiazione ha una forza di attrazione che agisce per conta-gio, come una lampada si accende da un’altra lampada e un sorrisogenera un altro sorriso. Può avvenire da persona a persona, da grup-po a gruppo, da gruppo a persone singole che sono contagiate dallafede gioiosa di una comunità. In tal modo, «anche se alcuni si rifiu-tano di credere alla Parola» possono «senza bisogno di parole esse-re conquistati considerando la vostra condotta» (1 Pt 3,1-2).

CENTRO DI ORIENTAMENTO PASTORALE

Page 69: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

158 Cfr ibidem, 33.159 ID., Catechesi tradendae, 19.

444

Giovanni Paolo II, nella Redemptoris missio sottolinea che, all’internodell’unica missione della Chiesa, vi sono diverse attività secondo lecircostanze in cui essa si svolge. Vi è l’attività missionaria, propria-mente detta, che si rivolge ai popoli e ai contesti socio-culturali incui Cristo non è ancora conosciuto. Esiste una situazione “inter-media”, dove interi gruppi di battezzati hanno perduto il senso vivodella fede. In questi casi c’è bisogno di una nuova evangelizzazioneo ri-evangelizzazione. Vi è, infine, la testimonianza del Vangelo irra-diata da comunità cristiane già ferventi158.In concreto questi diversi modi di realizzare la missione non si distin-guono sempre adeguatamente e spesso si integrano a vicenda, crean-do così un potenziale di comunicazione del Vangelo che difficilmen-te può essere sintetizzato in un’unica esperienza o un’unica azione.Per questo l’azione pastorale e, in particolare, la catechesi devono«sforzarsi non soltanto di nutrire e di insegnare la fede, ma di susci-tarla incessantemente con l’aiuto della grazia, di aprire i cuori, di con-vertire, di preparare un’adesione globale a Gesù Cristo per coloro che(anche se già esteriormente membri e magari da tempo della comu-nità cristiana) sono ancora alle soglie della fede»159.

6.3. La duplice forma di mistagogia

Queste tappe del cammino mistagogico indicano alcuni aspetti qua-lificanti l’educazione cristiana: il primato dell’iniziativa libera e gra-tuita della grazia divina; la scansione di un itinerario dinamico eprogressivo di conversione e di maturazione della fede; la necessitàdi un accompagnamento che duri l’intero arco della vita perché idoni ricevuti possano fruttificare e giungere alla piena maturazione.L’educazione si qualifica, dunque, come accoglimento del mistero edisponibilità a lasciarsi interpellare da esso operando un confrontosincero con le dinamiche più profonde dell’animo umano. A secon-da che si consideri il mistero in senso teologico o antropologico sisviluppa una differente azione mistagogica: una di tipo liturgico-sacramentale, secondo un senso più specifico del termine codificato

Page 70: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

160 Per una storia del pensiero pedagogico cristiano vedi AA.VV., Nuove questioni di storia dellapedagogia, vol. I, La Scuola, Brescia 1977; H.-I. MARROU, Storia dell’educazione nell’antichità,Studium, Roma 1978; C. XODO, Cultura e pedagogia nel monachesimo alto medioevale, LaScuola, Brescia 1980; AA.VV., La pedagogia cristiana nel Novecento tra critica e progetto, LaScuola, Brescia 1999; AA.VV., L’educazione cristiana alle soglie del nuovo millennio, La Scuola,Brescia 2000; AA.VV., Educazione cristiana e trasformazioni religiose, La Scuola, Brescia 2003.Per un riferimento alla realtà italiana vedi G. CHIOSSO, Profilo storico della pedagogia cristianain Italia (XIX e XX secolo), La Scuola, Brescia 2001.161 Cfr E. MAZZA, La portata teologica del termine “mistero”, “Rivista Liturgica”, 3, 1987, pp.321-338; K. RAHNER, Sul concetto di mistero nella teologia cattolica, in ID., Saggi teologici, Paoline,Roma 1965, pp. 391-465.162 Catechismo della Chiesa Cattolica, 1115.

445

dalla prassi patristica e messo in auge dal Concilio Vaticano II;un’altra di tipo esistenziale-vitale, intesa secondo un senso più ampioin riferimento alla stessa dinamica della vita quotidiana e al conse-guente accompagnamento psicologico e spirituale che si avvaleanche del contributo delle scienze umane. Queste due forme dimistagogia manifestano due esigenze: la prima sottolinea il prima-to e la centralità della liturgia nella vita del cristiano; la secondarichiama lo sviluppo dell’azione liturgica in una molteplicità dicammini spirituali e in una serie diversificata di percorsi e di pro-poste educative che tengono conto dei soggetti e dei cambiamentidi sensibilità che avvengono lungo il corso della storia160.

a) La mistagogia come esperienza liturgico-sacramentale del misteroL’esperienza liturgico-sacramentale fa appello al mistero nella suavalenza storico-salvifica, manifestata compiutamente e pienamentenel mistero di Cristo ed espressa, nel tempo, attraverso l’azioneliturgica e sacramentale della Chiesa161. «I misteri della vita diCristo costituiscono i fondamenti di ciò che, ora, Cristo dispensanei sacramenti mediante i ministri della sua Chiesa perché “ciò cheera visibile nel nostro Signore è passato nei suoi misteri”»162.J. Daniélou propone una definizione articolata e sintetica di questaprospettiva quando afferma che «la fede cristiana ha un solo ogget-to, il mistero di Cristo morto e risorto. Ma questo unico mistero

CENTRO DI ORIENTAMENTO PASTORALE

Page 71: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

163 J. DANIÉLOU, Le symbolisme des rites baptismaux, “Dieu vivant”, 1, 1845, p. 17.164 R. BORNERT, Les commentaires byzantins de la Divine liturgie du VIe au XVe siècle, Archives del’Orient chrétien 9, Paris 1966, p. 29.165 G. BOSELLI, La mistagogia per entrare nel mistero, in CENTRO DI AZIONE LITURGICA (a cura di),Liturgia epifania del mistero, cit., p. 97.

446

sussiste in differenti modi: è prefigurato nell’Antico Testamento, èstoricamente compiuto nella vita terrena di Cristo, è contenuto inmistero nei sacramenti, è misticamente vissuto nelle anime, èsocialmente compiuto nella Chiesa, è consumato escatologicamen-te nel regno dei cieli. Così il cristiano ha tra le mani molti registri,un simbolismo multidimensionale, per esprimere quest’unica real-tà. L’intera cultura cristiana consiste nel tenere strette le connessio-ni che esistono tra Bibbia e liturgia, vangelo ed escatologia, mistici-smo e liturgia. L’applicazione di questo metodo alla Scrittura èchiamato esegesi; applicato alla liturgia è chiamato mistagogia. Sitratta di leggere nei riti il mistero di Cristo, e di contemplare al disotto dei simboli la realtà invisibile»163.In questa prima accezione, mistagogia significa sia il «compimentodi un’azione sacra e in particolare la celebrazione dei sacramenti del-l’iniziazione» sia la «spiegazione orale o scritta del mistero nascostonella Scrittura e celebrato nella liturgia»164. Celebrando i divini miste-ri, la liturgia inizia ai misteri. In questo senso la liturgia si qualificacome azione teologale cioè come azione di Dio (opus Dei). Al tempo stesso, la mistagogia è conoscenza del mistero contenutonelle Scritture e nella liturgia. «Come le Scritture nascondono sottola scorza della graphé, della scrittura un senso spirituale, così laliturgia nasconde sotto la scorza dell’érgon, dell’azione, del gesto,del rito un senso spirituale. Il rito è per la liturgia ciò che la letteraè per le Scritture. Per questo la liturgia, al pari delle Scritture, richie-de un’intelligenza spirituale, una penetrazione in profondità (...).Pertanto la conoscenza a cui la liturgia introduce non è meramen-te intellettuale, celebrale, ma è una “conoscenza integrale”, è un’e-sperienza che investe tutte le facoltà conoscitive dell’uomo. Nellaliturgia si conosce ascoltando, si conosce dicendo, si conosce veden-do, odorando, toccando»165.

Page 72: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

166 A questa forma si può ricollegare la proposta mistagogica di K. Rahner secondo il quale«colui che chiamiamo Dio è già da sempre là come offerta infinita, come amore silente,come futuro assoluto e che anzi è già da sempre accolto ovunque un uomo ha infrantocon la fedeltà alla propria coscienza le mura carcerarie del proprio egoismo» (K. RAHNER,Sulla teologia del culto divino, in ID., Sollecitudine per la Chiesa, Nuovi Saggi VIII, Paoline, Roma1982, pp. 271-283, qui 281-282). Sul pensiero rahneriano vedi P. M. ZULEHNER, Pastoralemistagogica, in ID., Ci previeni con la grazia. A colloquio con Karl Rahner per una teologia dellapastorale, Città Nuova, Roma 1987, pp. 41-120. W. Kasper ritiene che la prospettiva mista-gogica sia il punto di partenza dell’evangelizzazione. «La nuova evangelizzazione – egliafferma – deve partire di qui. La sua prima preoccupazione deve essere quella che KarlRahner ha chiamato mistagogia e considerato l’idea guida della pastorale. Mistagogiasignifica accompagnamento a scoprire il mistero già presente in ogni esperienza di vita,per cercare Dio, che si aggiunge per così dire dall’esterno e come completamento allanostra vita, ma è già presente in essa, pur restando sempre colui che deve venire. Si trattaquindi di introdurre a un’interiorità e alla percezione di “qualcosa” che è meraviglioso,venerando e santo, che è in definitiva incomprensibile e inesprimibile in e “dietro” tuttociò che si può comprendere ed esprimere, che quindi è trascendente nel cuore della vita»(W. KASPER, Tornare al primo annuncio, “Il Regno-Documenti”, 54, 2009. n. 11, pp. 336-343,qui p. 340).167 «Nella cura pastorale si conoscano sufficientemente e si faccia uso non soltanto deiprincipi della teologia, ma anche delle scoperte delle scienze profane, in primo luogo dellapsicologia e della sociologia, cosicché anche i fedeli siano condotti a una più pura e piùmatura vita di fede» (Gaudium et spes, 62). In linea con questa indicazione conciliare, va sor-gendo nella Chiesa una riflessione che, appellandosi all’insegnamento dei Padri dellaChiesa e dei santi, affronta il tema delle “malattie spirituali”. Per questo vedi L. J. GONZÁLEZ,Terapia spirituale. Guarigione umana e spirituale delle malattie dell’anima, LEV, Roma 2000; J.-C.LARCHET, Terapia delle malattie spirituali. Un’introduzione alla tradizione ascetica della Chiesa orto-dossa, San Paolo, Cinisello Balsamo (Mi) 2003. Allo stesso tempo si va sviluppando unaricerca interdisciplinare tra liturgia e psicologia. Per questo vedi A. N. TERRIN (a cura di),Liturgia e terapia. La sacramentalità a servizio dell’uomo nella sua interezza, Messaggero, Padova1994; A. N. TERRIN (a cura di), Liturgia e incarnazione, Messaggero, Padova 1997; G. SOVER-NIGO, Rito e persona. Simbolismo e celebrazione liturgica: aspetti psicologici, Messaggero, Padova1998; ASSOCIAZIONE PROFESSORI DI LITURGIA, Liturgia e scienze umane, CLV-Edizioni Liturgiche,Roma 2002.

447

b) La mistagogia come esperienza esistenziale-vitale del misteroA questa forma classica di mistagogia si affianca l’altra, quella cheabbiamo chiamato esistenziale-vitale166. Essa è orientata a percepi-re la presenza di Dio nella vita quotidiana contribuendo così a unaformazione integrale della persona attraverso un’interazione tra i datiantropologici e i contributi che possono venire dalle scienze uma-ne, in primo luogo dalla psicologia167.

CENTRO DI ORIENTAMENTO PASTORALE

Page 73: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

168 T. CANTELMI-P. LASELVA-S. PALUZZI, Psicologia e teologia in dialogo. Aspetti tematici per la pastora-le odierna, San Paolo, Cinisello Balsamo (Mi) 2004, pp. 15-16.

448

Sempre più frequentemente, il termine “mistero” viene usato inantropologia, pur se con accezioni diversificate. Vi è chi se ne serveper indicare una pluralità di realtà (mistero dell’io, dell’amore, dellasessualità) facendone quasi un contenitore buono per ogni evenien-za; vi è chi lo usa in riferimento all’inconscio per significare che vi èuna parte della realtà profonda dell’uomo destinata a rimanereoscura e impenetrabile; vi è chi lo identifica con quella zona non bendefinita della psiche umana ove la dimensione spirituale si apre altrascendente; vi è infine chi coltiva la vecchia idea che mistero siaqualcosa di inaccessibile per le nostre limitate facoltà mentali. Insostanza, mistero viene inteso in un’accezione plurale: come qualco-sa di indefinito, un enigma, l’inconscio, l’apertura al trascendente.Queste differenti interpretazioni originano una pluralità di visioniantropologiche non tutte armonizzabili con la visione cristiana del-l’uomo. E pur se si deve riconoscere che «molte antropologie dimatrice non cristiana costituiscono un valido aiuto per la crescitanella dimensione naturale di sviluppo umano» nondimeno si deveriaffermare che «una formazione orientata da un’autotrascendenzateocentrica rimane un’antropologia appropriata alla chiamata cri-stiana»168.Sulla scia della riflessione di Franco Imoda si può ritenere chemistero non si riferisca solo a un aspetto dell’apparato psichico, main primo luogo indichi la stessa realtà intima dell’io, ciò che locostituisce come persona, rilevabile nelle stesse operazioni psichi-che. Mistero richiama l’apertura dell’io a un orizzonte trascenden-te-religioso che gli fornisce il senso ultimo di sé e del reale. Con que-sto si intende dire che l’essere umano non solo è aperto al mistero, è miste-ro in se stesso. In altri termini l’uomo è mistero già a livello di rileva-mento psicologico poiché la sua stessa struttura personale è quali-ficabile come mistero. In questo senso, mistero non indica solo l’inconoscibile o la suadimensione religiosa, ma richiama tutto ciò che definisce la perso-na umana. L’io come mistero è anche quello che comunemente sidefinisce come “l’io psicologico”, ma che non può essere ridotto

Page 74: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

169 Cfr A. CENCINI, Psicologia e mistero: un rapporto inedito e fecondo, cit., pp. 231-235.170 F. IMODA, Sviluppo umano, psicologia e mistero, cit., p. 484. In questa prospettiva, un meto-do sul quale oggi si insiste è quello narrativo-autobiografico. Pio Zuppa ritiene che, seapplicato «alla vita cristiana, l’approccio narrativo-autobiografico ci offre strumenti e per-corsi concreti per mettere in atto quell’importante (ma tanto disattesa) funzione mista-gogica che, da sempre, la Chiesa è chiamata a realizzare, sia pure con modalità e in formediverse, per accompagnare nella fede i cristiani di tutti i tempi. In questo senso – senzaescludere altre funzioni – si tratta di una metodologia orientata a consolidare e rafforza-re il credere, proprio perché, in linea con le precedenti implicanze autoformative, insostanza favorisce l’apprendere dalla vita, e in particolare dalla propria esperienza di vita»(P. ZUPPA, Comunità che [si] raccontano. Autobiografia e formazione ecclesiale: verso un “nuovo”orientamento teorico/pratico in teologia pastorale/scienze della formazione ecclesiale, in P. ZUPPA-S.RAMIREZ, [a cura di], Autobiografia e formazione ecclesiale, Atti del Seminario di Studi, Fasano,12 marzo 2005, in collaborazione con l’Associazione Italiana Catechesi e Libera Universitàdi Anghiari, Vivere In, Roma 2006, pp. 63-87, qui pp. 83-84). Dello stesso autore vedianche Raccontarsi. Narrazione e autobiografia come formazione: tra andragogia e mistagogia, inAICa, Catechesi e formazione. Verso quale formazione a servizio della fede?, a cura di S. Calabrese,LDC, Leumann (To) 2004, pp. 139-148; Raccontarsi per raccontare: perché. Verso “nuovi” oriz-zonti per la formazione ecclesiale/1, “Catechesi”, 77, 2007-2008, n. 4, pp. 26-41; Raccontarsi perraccontare: la prospettiva autobiografica, “Catechesi, 77, 2007-2008, n. 5, pp. 56-69.

449

solo alla dimensione psicologica. Si tratta sempre dello stesso io,inteso però in modo più ampio fino a comprendere la dimensionereligiosa e l’apertura al trascendente169. Si dà, pertanto, una espe-rienza esistenziale-vitale del mistero e, sotto questo profilo, «lapedagogia può e deve essere considerata come “mistagogia” o intro-duzione, educazione e formazione al mistero»170.A differenza della forma liturgico-sacramentale, questa secondamodalità di accompagnamento mistagogico consiste nel tenereinsieme le polarità contrapposte del mondo psichico e spirituale,facendole interagire tra loro. Il luogo educativo è la vita stessa nelpieno dispiegarsi di tutte le sue funzioni e non solo rappresentatada situazioni particolari riferibili esclusivamente ad alcune età dellosviluppo. Il punto di forza di questa esperienza del mistero consistenel dare senso alle polarità dell’esistenza sciogliendo le molteplicicontraddizioni di cui essa è costellata o, quanto meno, ponendolein dialogo tra loro e con il centro stesso della persona. I parametrifondamentali dello sviluppo sono l’alterità, la temporalità e l’evo-

CENTRO DI ORIENTAMENTO PASTORALE

Page 75: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

171 R. GUARDINI, Formazione liturgica, cit. p. 130.172 T. CANTELMI.- P. LASELVA - S. PALUZZI, Psicologia e teologia in dialogo, cit., p. 140.

450

lutività, fattori che possono diventare elementi di crescita attraver-so precise condizioni di sviluppo.

c) La distinzione e la complementarietà tra le due forme di mistagogiaQueste due forme di mistagogia si rapportano tra loro secondo ilprincipio dell’unità nella distinzione. Esse implicano un’esperienzadel mistero diversa, ma complementare. La prima, infatti, si riferi-sce all’aspetto oggettivo, cristologico-ecclesiale del mistero, mentrela seconda riguarda la dimensione soggettiva, psicologico-spiritua-le della persona. A tal proposito Romano Guardini così scrive: «Laliturgia rigorosa è quella forma del comportamento religioso nelquale l’oggettivo si manifesta nel modo più intenso. A esso si con-trappone, come polo opposto, l’altra forma che viene retta da unaproporzione massima d’atteggiamento soggettivo: l’immersionenel religioso personale, l’espressione della propria esperienza vissu-ta, peculiari attitudini, bisogni e destini. Tra le due forme vi è unaserie continua di passaggi: il grande numero di esercizi religiosi edevozioni popolari formate da una lunga tradizione»171. La loro azione, pertanto, non va confusa. Bisogna distinguere lafunzione e l’apporto specifico che ognuna di esse può dare in vistadella crescita della persona, senza pretendere di «dare soluzioni spiri-tuali a disturbi di natura psicologica e, viceversa, di dare soluzioni psicolo-giche a problemi di natura spirituale»172. Le due prospettive, tuttavia,non corrono su binari paralleli, ma interagiscono tra loro perché ilmistero è uno, pur se si manifesta in modi differenti, e perchéentrambe hanno come fine la crescita umana e cristiana della per-sona. Anche da un punto di vista metodologico, esse sono correlate l’unacon l’altra perché entrambe, a livelli diversi, si propongono di rea-lizzare l’unità della persona attraverso la corrispondenza tra ortodossia,ortoprassi e ortopatia. Ortodossia, in senso stretto, vuol dire rispettodella verità, come credenza o dogma. In senso lato, indica il corret-to funzionamento del conoscere umano come funzione di oggetti-vità e di trascendenza. Ciò può venire applicato anche ai criteri psi-

Page 76: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

173 F. IMODA, Sviluppo umano, psicologia e mistero, cit., p. 455.174 «Il valore della liturgia non risiede innanzitutto nell’intensità soggettiva del legameche crea tra i partecipanti, e neppure nel sentimento di fervore che provoca, ma in undono per noi che precede ogni sensibilità (…). La liturgia cristiana è quel “culto ragione-vole” di cui parla l’apostolo Paolo (cfr Rm 12,1) che coinvolge in modo unificato tutte lenostre facoltà stabilendo una comunione tra i fedeli, nella misura in cui ciascuno perso-nalmente partecipa con tutto il suo essere al dono unico che gli è fatto» (M. GITTON,Iniziazione alla liturgia romana, Qiqajon, Magnano [Bi] 2008, pp. 13-14).

451

cologici, alle leggi di funzionamento e di sviluppo, senza il rispettodei quali la funzione cognitiva tende a diventare un ostacolo allosviluppo e all’attuazione delle potenzialità del soggetto. L’ortoprassisi riferisce alla corretta attuazione dei valori di riferimento comeelementi regolativi delle scelte, delle decisioni e delle azioni. L’orto-patia è il corretto funzionamento dell’area affettiva. Il pathos costi-tuisce un irrinunciabile legame tra il bios, inteso come senso vitale,il corporeo, e il logos, la componente cognitiva e razionale. Il pienosviluppo della persona «richiede dunque – oltre a certe disposizio-ni “all’ortodossia”, intesa come rispetto del vero, e “all’ortoprassi”,intesa come rispetto del bene da attuare – anche disposizioni“all’ortopatia”, intesa come corretto modo di sentire, di vivere l’af-fetto. Ed è nel corso dello sviluppo che queste disposizioni, questemediazioni hanno preso corpo come eventuale ostacolo o comeespressione di mistero»173. In questa relazione prendo in esame solo la prima forma di mista-gogia, rimandando ad altra occasione l’esame della seconda.

7. La mistagogia come esperienza liturgico-sacramentaledel mistero

Va innanzitutto sottolineato che nella vita cristiana il primato spettaalla liturgia perché essa è la via oggettiva che introduce nel mistero e,per mezzo degli elementi sensibili, fa accedere alla vita di Cristo risor-to174. La liturgia è la porta di accesso al mistero, anzi è epifania del

CENTRO DI ORIENTAMENTO PASTORALE

Page 77: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

175 J. CORBON, Liturgia alla sorgente, Qiqajon, Magnano (Bi) 2003, p. 52.176 CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia, 49. Su que-sto aspetto vedi F. TRUDU, L’evento liturgico come luogo di evangelizzazione. Una verifica negliorientamenti pastorali della CEI, “Teologica & Historica”, 16, 2007, pp. 157-186, in partico-lare pp. 159-163. A proposito del valore pedagogico della liturgia, Giovanni Modugno cosìscrive: «La liturgia è un meraviglioso monumento di sapienza pedagogica, mediante ilquale l’insegnamento di religione è reso vivo, intuitivo e fattivo, giacché il gesto, la paro-la, il simbolo sono strumenti magistrali ed infallibili per fare apprendere e rivivere le prin-cipali verità della religione. Se la verità dell’insegnamento è una grammatica della grandelingua della vita, la verità della liturgia è la stessa lingua, ma parlata e vissuta; e se una lin-gua imparata sulla grammatica si può dimenticare, una lingua vissuta, cantata, impre-gnata della totalità dei sentimenti della vita, resta indelebilmente nello spirito» (G.MODUGNO, Religione e vita, cit., p. 228).

452

mistero. «Ecco – scrive J. Corbon – che cos’è la liturgia: questa poten-za inaudita del fiume di vita nell’umanità di Cristo risorto. In essatutte le promesse del Padre trovano compimento (cfr At 13,32). Daallora, la comunione della santa Trinità si diffonde incessantementenel nostro mondo e inonda il nostro tempo con la sua pienezza.Ormai l’economia della salvezza è diventata liturgia»175.

7.1. La dimensione rivelativa ed educativa della liturgia

Sotto questo profilo, la liturgia può realmente considerarsi come il«luogo educativo e rivelativo» del mistero176. Essa è la pienezza dellavita divina che si diffonde nel tempo e progressivamente trasformae trasfigura la vita dell’uomo. L’intreccio tra le due dimensioni(rivelativa ed educativa) costituisce la vera ricchezza della liturgia eil contributo specifico che essa offre alla formazione cristiana. La liturgia è e-ducazione in quanto è ri-velazione. Rivelando il miste-ro, essa educa al mistero cioè introduce sempre più nella vita divi-na, modellando la vita del cristiano secondo la forma di Cristo. Asua volta, educando, la liturgia svela le molteplici dimensioni delmistero, aiuta a comprendere l’inesauribile sovrabbondanza dell’a-more di Cristo e introduce nella verità della vita. Ri-velare non è solo svelare, ma è anche velare. La liturgia, infatti, illu-mina secondo la limitata possibilità umana di vedere il mistero.Così tutto si rimette continuamente in moto. L’intelligenza è invi-tata a comprendere in modo sempre nuovo e la volontà è stimolata

Page 78: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

177 R. GUARDINI, Lo spirito della liturgia. I santi segni, Morcelliana, Brescia 200510, p. 110. CosìGiovanni Modugno commenta questa espressione: «La liturgia, come osservava ilGuardini, non ha rapporti immediati con la vita reale di ogni giorno, con quella vita cioèche si svolge nelle officine, nei campi sportivi; ma resta nell’ambito solenne e semprealquanto appartato dal mondo, che è proprio del Santuario. Sfugge perciò a molti cheappunto per la sua profonda calma, per la sua mirabile placidità, per il suo abbandonarsiall’adorazione della gloria di Dio, per il suo richiamo al raccoglimento interiore, la litur-gia rappresenta un salutare rimedio per guarire l’uomo moderno dalla febbre, che lo divo-ra sia nell’estenuante e affannoso lavoro sia nello snervante svago, che spesso è un’altraforma di fatica e di dissipazione. Ma non basta. La liturgia, in quanto fa rivivere i principifondamentali della religione, in quanto richiama la creatura all’adempimento dei doveriverso il Creatore e dona la santità e la pace soprannaturale, è anche la migliore prepara-zione alla vita quotidiana, perché infatti, quando sarà il momento dell’azione, il fedeledeve saper conformare i suoi atti ai sentimenti che gli sono stati suscitati nel tempio, dallaliturgia» (G. MODUGNO, Religione e vita, cit., p. 229).

453

ad aderire senza la pretesa di esaurire la ricchezza del mistero. Laliturgia è una fonte che disseta tutti e non si esaurisce, rimanendosempre disponibile per chi desidera penetrare l’ineffabilità delmistero. Il primato, però, spetta alla dimensione rivelativa, all’essere sull’a-gire, al Logos più che all’ethos. Rivelando, la liturgia ristabilisce il pri-mato della verità sulla libertà e, in tal modo, mantiene l’accordo con leleggi immutabili della vita. «Nella liturgia – scrive RomanoGuardini – il Lógos ha la preminenza, che gli spetta, sulla volontà. Diqui la sua mirabile placidità, la sua calma profonda. Di qui s’inten-de com’essa sembri totalmente evolversi in contemplazione, adora-zione, esaltazione della verità divina. Di qui la sua apparente indif-ferenza alle piccole miserie quotidiane. Di qui la sua scarsa preoc-cupazione di “educare” immediatamente e di insegnare la virtù. Laliturgia ha in sé qualcosa che fa pensare alle stelle, al loro corso eter-namente uguale, alle loro leggi inviolabili, al loro profondo silen-zio, all’ampiezza infinita in cui si trovano. Sembra, però, soltantoche la liturgia si preoccupi così poco delle azioni e delle aspirazioni,e della condizione morale degli uomini. Poiché in realtà essa saassai bene provvedervi: chi infatti vive realmente in essa, si assicurala verità, la santità, la pace nell’intimo dell’essere»177.

CENTRO DI ORIENTAMENTO PASTORALE

Page 79: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

178 F. LAMBIASI, Introduzione. Le sfide odierne dell’educazione, in P. TRIANI-N. VALENTINI (a cura di),L’arte di educare nella fede, cit., pp. 9-21, qui p. 11.179 Su questo aspetto vedi A. CENCINI, Il respiro della vita. La grazia della formazione permanen-te, San Paolo, Cinisello Balsamo, (Mi) 2002, pp. 34-37.

454

Non si sottolineerà mai abbastanza l’importanza di questa qualitàdella liturgia e del valore che essa riveste nel nostro tempo domina-to dal primato della libertà sulla verità e dalla conseguente fram-mentazione tra sentimento e ragione. Un’immagine emblematicadi questo squilibrio è possibile riscontrarla nella cultura giovanilenella quale viene esaltata «la notte come spazio del mistero, dell’av-ventura del possibile, contrapposta al giorno come spazio delmondo adulto. Emerge però anche una accesa sete di senso (più cheuna attiva ricerca della verità) e il bisogno di una religione di con-solazione più che di responsabilità. Sta di fatto che la sensibilitàspirituale e la disponibilità a lasciarsi educare (la docilitas) apparenettamente più alta rispetto alle generazioni precedenti»178.Considerando questo dato culturale non si può fare a meno di rile-vare il suo sbilanciamento su alcuni valori a discapito di altri: lanotte contrapposta al giorno, la ricerca di senso rispetto alla ricer-ca della verità, la voglia di essere consolati piuttosto che di essererichiamati alla responsabilità, la disponibilità ad accogliere i sugge-rimenti e a lasciarsi orientare nel cammino formativo senza accet-tare il rischio di mettersi in discussione e di assumere in proprio lafatica della crescita e dello sviluppo personale. In questa situazione, la liturgia si presenta come una vera palestradi vita perché è capace di far interagire e di integrare valori con-trapposti, ristabilendo tra loro un ordine gerarchico. Essa conosceil valore della notte, ma rinvia continuamente all’azione vissuta inpieno giorno; comprende l’urgenza di offrire un senso alla vita, mariafferma anche la necessità di non smettere di cercare la verità; nondisdegna di qualificarsi per la sua dimensione consolatoria, ma rin-via il singolo e la comunità a sentirsi personalmente responsabili diquanto avviene nel mondo; apprezza la virtù della docilitas, ma chie-de anche che si integri con la docilibitas, ossia con il coinvolgimentoattivo nel processo educativo, con un atteggiamento di gratitudineverso la propria storia e di fiducia verso gli altri e con la libertà inte-riore di lasciarsi istruire da ogni frammento di verità e di bellezzache si incontra nella relazione con gli altri179.

Page 80: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

180 M. GREY, Dalle “fondamenta scosse” ad una diversa integrità. La spiritualità come risposta allaframmentazione, “Concilium”, 42, 2006, 2, pp. 272-283, qui p. 280. La stessa Grey spiega ilsenso della cultura contemporanea come “Notte oscura”: «La Notte oscura include unlivello molto più profondo di alienazione e di disperazione. È una oscurità nata dallamancanza di nutrimento nella liturgia, nella vita di preghiera e nella dottrina […]. È la sof-ferenza di simboli distorti e rituali senza vita […]. È ridurre i misteri del Cristo a qualcosache non ha relazione con il vivere umano e il loro controllo da parte di una élite clericale[…]; è il non avere una forma di preghiera che si colleghi con l’esperienza della propria vita;è avere la vita dello spirito soffocata e abortita […]. La totale oscurità della notte, l’espe-rienza di essere resi muti e inarticolati – non nel silenzio della contemplazione amorosa,bensì perché il linguaggio che serve non è ancora nato – scende con scioccante immedia-tezza» (M. GREY, Redeeming the Dream. Feminism, Redemption and Christian Tradition, SPCK,London 1991, pp. 75-77). 181 Cfr SAN TOMMASO D’AQUINO, Summa Th., III, q. 73, a 3c; Presbyterorum ordinis, 5.

455

Si tratta, ancora una volta, – afferma Mary Grey – di fare appello a«una spiritualità mistica. È stato Karl Rahner a dire che, se ci dovevaessere, un cristiano sarebbe un mistico o non sarebbe stato affatto.Il significato di questo misticismo è la contemplazione dei misteri,i misteri di Dio e questo è il cuore della liturgia. Ma la liturgia èespressione di una più ampia realtà: la sacramentalità è l’esperien-za di una vita tutta intera permeata dalla grazia, anche nel dolore enella violenza. L’obiettivo della relazione mistica con Dio è larestaurazione della totalità, o dell’unione, dove c’è frammentazionee disgregazione, una situazione a volte chiamata “Notte oscu-ra”»180.

7.2. Le principali caratteristiche della mistagogia liturgica

La mistagogia propone all’uomo del nostro tempo di uscire da que-sta “Notte oscura”, offrendo quello di cui egli ha un disperato biso-gno: ritrovare un centro. Essa celebra il mistero pasquale di Cristocome centro della vita e vertice della storia della salvezza. Accaduto“una volta per tutte”, l’avvenimento pasquale si realizza “ognivolta” nella celebrazione eucaristica181 e così la dialettica tra l’epha-pax e l’hosakis, tra “una volta” e “ogni volta”, esprime la dinamicaessenziale dell’azione educativa promossa della liturgia.

CENTRO DI ORIENTAMENTO PASTORALE

Page 81: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

182 Il Triduum paschale «è come raccolto, anticipato e concentrato per sempre nel donoeucaristico. In questo dono Gesù Cristo consegnava alla Chiesa l’attualizzazione perennedel mistero pasquale. Con esso istituiva una misteriosa “contemporaneità” tra il Triduume lo scorrere di tutti i secoli» (GIOVANNI PAOLO II, Ecclesia de Eucharistia, 5).183 G. BOSELLI, La mistagogia per entrare nel mistero, cit., pp. 90-91.

456

a) Cristo, vero mistagogo e pedagogo La sua principale caratteristica è legata alla presenza reale di Cristonel mysterium eucharisticum182. Nel sacramento dell’eucaristia, ilCristo glorificato si rende contemporaneo ad ogni uomo ed esercita lafunzione di mistagogo del mistero di Dio. «Porre come primo puntola comprensione della mistagogia come azione eminentemente cri-stologica significa anzitutto affermare che solo il mistero può sve-lare pienamente il mistero; il mistero si rivela da sé. E affermarequesto significa riconoscere una verità essenziale dell’esperienza difede ebraico-cristiana: l’uomo conosce il Nome di Dio perché è Dioche ha gratuitamente rivelato il suo Nome all’uomo. Sì, la rivela-zione del mistero di Dio è un atto di Dio stesso»183. Viene ancora una volta ribadita l’idea che, nell’azione liturgica esoprattutto nella celebrazione eucaristica, è Cristo, con la forza delsuo Spirito, a esercitare la funzione di pedagogo. Nel sacramento eglisi rende presente alla comunità dei suoi discepoli, si prende perso-nalmente cura di loro, li rincuora e li incoraggia con la sua presen-za, li illumina con la sua parola, li nutre con il suo corpo e il suosangue, li sostiene nelle prove della vita e a tutti indica la meta ulti-ma del pellegrinaggio terreno. I cristiani sono così chiamati a cam-minare sulle orme che egli ha lasciato e a intessere una profondarelazione con lui, che è maestro e modello di vita.

b) La trasformazione dell’ioSeguendo questo divino pedagogo il credente realizza una progres-siva e profonda trasformazione del suo essere. L’educazione cristia-na non è informazione, ma trasformazione, non è un riferirsi a degliideali e a dei valori che devono orientare la vita, ma è un incontro conuna Persona che trasforma la vita. Benedetto XVI al Convegno diVerona riprendendo la formula paolina di Gal 3,28 ha sottolineatoche l’incontro sacramentale con Cristo cambia «la mia identitàessenziale, tramite il battesimo, e io continuo ad esistere soltanto in

Page 82: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

184 BENEDETTO XVI, Discorso all’Assemblea del Convegno, in CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA,Testimoni di Gesù risorto speranza del mondo, cit., p. 51. 185 Cfr F. SANTORO, La comunità, condizione della fede, Jaca Book, Milano 1977; V. ORLANDO–M.PACUCCI, La Chiesa come comunità educante. La qualità educativa della comunità cristiana, EDB,Bologna 2008.186 C.M. MARTINI, Dio educa il suo popolo, cit., p. 413.

457

questo cambiamento. Il mio proprio io mi viene tolto e viene inse-rito in un nuovo soggetto più grande, nel quale il mio io c’è dinuovo, ma trasformato, purificato, “aperto” mediante l’inserimen-to nell’altro, nel quale acquista il suo nuovo spazio di esistenza (…).“Io, ma non più io”: è questa la formula dell’esistenza cristiana fon-data sul battesimo, la formula della risurrezione dentro al tempo, laformula della “novità” cristiana chiamata a trasformare il mon-do»184.

c) Il radicamento nella comunità L’incontro con Cristo si radica in una esperienza di comunione e di vitacomunitaria. La comunità cristiana, infatti, è condizione della fede185.Questa affermazione va intesa in un duplice senso. Innanzitutto nel senso che la comunità è il luogo in cui avviene l’e-ducazione. Come la generazione fisica necessita di un grembomaterno affinché il germe di vita possa crescere così l’educazioneha bisogno di un ambiente vitale perché l’esperienza di fede possagiungere a maturazione. Vi è però un altro significato. E cioè che lastessa comunità cresce attraverso l’opera educativa nel senso che,celebrando l’eucaristia, viene essa stessa continuamente edificatadalla grazia. e, generando nuovi membri alla vita divina, progredi-sce nella conoscenza della fede e nell’esperienza del mistero. «Di-cendo che Dio educa il suo popolo – afferma il cardinale Martini –si vuol dire che Dio è educatore di ciascuno di noi, di ogni uomo edonna che vengono in questo mondo, ma sempre nel quadro di uncammino di popolo, di una comunità di credenti; Dio educa unpopolo nel suo insieme, con attenzione privilegiata per il camminodi ciascuno»186.

CENTRO DI ORIENTAMENTO PASTORALE

Page 83: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

187 CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Testimoni di Gesù risorto, speranza del mondo, cit., p. 37.188 V. ORLANDO, L’universo giovanile in mondo che cambia, “Note di pastorale giovanile” , 2003,n. 3, p. 29.

458

Non basta, tuttavia, la sinassi liturgica per costruire la comunità,occorre anche programmare incontri comunitari che consentanouna comunione effettiva e affettiva. Contro ogni forma di individuali-smo e di inserimento parziale nella vita della Chiesa, occorre sotto-lineare che la comunità è luogo di appartenenza, contesto relazio-nale a cui ci si affeziona, ambiente di vita nel quale si esprime lapropria responsabilità personale. La celebrazione eucaristica èpunto di arrivo e punto di partenza di un itinerario di fede che puòcrescere attraverso le relazioni interpersonali. Per questo occorreincontrarsi, conoscersi, stimarsi, incoraggiarsi, programmare l’azio-ne pastorale, verificare insieme il cammino compiuto. «In un con-testo sociale frammentato e disperso, la comunità cristiana avvertecome proprio compito anche quello di contribuire a generare stilidi incontro e di comunicazione. Lo fa anzitutto al proprio interno,attraverso relazioni interpersonali attente a ogni persona. Impegna-ta a non sacrificare la qualità del rapporto personale all’efficienzadei programmi, la comunità ecclesiale considera una testimonian-za all’amore di Dio il promuovere relazioni mature, capaci di ascol-to e di reciprocità»187.Soprattutto occorre creare occasioni di dialogo e di condivisionetra le generazioni perché tutti, giovani e adulti, siano aiutati a pro-gredire nell’esperienza della fede. «La disponibilità degli adulti acondividere con i giovani l’apprendistato dell’esistenza (anche gliadulti hanno bisogno di imparare a essere nella società attuale) e lapromozione di un “benessere educativo” nel territorio sono dueprospettive che possono facilitare a giovani e adulti un modonuovo di vivere una cittadinanza partecipe e responsabile, e dareefficacia all’impegno di costruzione della loro specifica identità»188.

d) L’ “ordo temporis”Il cammino di fede personale e comunitario è scandito dal ritmo deltempo liturgico. La liturgia «riscatta» (Ef 5,16) e mette ordine neltempo stabilendo una relazione profonda tra il tempo che scorre

Page 84: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

189 F. CASSINGENA-TRÉVEDY, La bellezza della liturgia, Qiqajon, Magnano (Bi) 2003, pp. 77-78.

459

(kronos) e il tempo che dura (kairos). Essa «ordina il tempo, lo orga-nizza, lo suddivide, lo riempie di significato. La liturgia richiede ilnostro tempo, anzi verrebbe quasi da dire che se lo prende tutto: inrealtà essa lo restituisce a colui che ne è l’unico. La liturgia ci occu-pa – cioè occupa il nostro tempo – con Cristo. La liturgia è il tempocompletamente ricolmato da Cristo, dalle sue “imperscrutabili ric-chezze” (Ef 3,8), dal suo mistero “multiforme” (polypoíkilos, cfr Ef3,10). Infatti noi non ci possiamo occupare di tutto il mistero diCristo in una volta sola e ci vuole del tempo per esaminarlo in tuttii suoi aspetti: è appunto questo l’intento pedagogico del ciclo litur-gico che dispiega in successione davanti a noi le diverse tappe del-l’economia della salvezza. Ricolmato del mistero di Cristo (…) iltempo assume per noi un orientamento: è portatore del Mistero eci porta verso di esso»189.Il tempo, nella configurazione che assume nell’anno liturgico, è“dono e mistero”; un dono con una sua intrinseca valenza formati-va perché mettendo la persona in relazione con il mistero sostienela crescita personale in sintonia con l’età spirituale e non solo conquella anagrafica. In ogni età della vita, i frammenti di tempo pos-sono essere abitati dal mistero pasquale di Cristo e modellati secon-do la sua inesauribile ricchezza e, senza perdere la loro dimensionedi caducità e di precarietà, sono proiettati nell’orizzonte dell’eterni-tà. Trasfigurato secondo i ritmi e i tempi liturgici, il tempo diventail luogo per vivere una esperienza di eternità: non fuori o al di là deltempo, non in opposizione o nonostante il tempo, ma precisamen-te mentre si è immersi nel tempo.In questa prospettiva, si comprende il valore educativo dei tempi fissi.La liturgia dà senso al tempo perché lo ritualizza e lo santifica, ren-dendolo pieno della presenza di Dio. E così la sequenza temporalenon è più scandita dallo scorrere anonimo dei giorni, l’uno cherotola sull’altro, ma è riempita di sacro, della bellezza del volto diCristo «il più bello tra i figli dell’uomo» (Sal 45,3), che con la sua

CENTRO DI ORIENTAMENTO PASTORALE

Page 85: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

190 Cfr M. SALVATI, La teologia del tempo e il valore dei giorni fissi, in Quaderni della Segreteria dellaCEI, AA. VV., Il giorno del risorto. Vita per le Chiese e pace per il mondo, 9, 2005, n. 2, pp. 25-36.191 «La ripresa è la realtà della vita, è la serietà della vita» anche se «soltanto nell’eternitàpossiamo attenderci la sola vera ripresa» (S. KIERKEGAARD, Timore e tremore, Comunità,Milano 19734, pp. 159 e 251). 192 P. MIQUEL, La liturgia un’opera d’arte. L’“opera di Dio” celebrata dal suo popolo, Qiqajon,Magnano (Bi) 2008, pp. 130-131.

460

presenza affranca la successione dei giorni dalla loro insignificanzae stabilisce tempi fissi per l’incontro tra il fragile mistero dell’uomoe il mistero assoluto del Dio vivente190.

e) La ripetizioneLa liturgia è il tempo della festa tra l’uomo e Dio; una festa regolatadalla legge della ripetizione o della ripresa191. Infatti «non c’è una festacelebrata una volta per tutte. Appartiene alla natura della festa il ripe-tersi nel tempo a intervalli regolari. Ma la tonalità della festa è ogni voltadifferente: i testi letti, i gesti posti sono carichi di un senso permanente(il ne varietur) e, nel contempo, variabile dovuto alle circostanze stori-che»192. La festa liturgica attraverso la ripetizione del rito e la ripresentazio-ne sacramentale del mistero consente all’uomo di attingere, di volta involta, all’inesauribile e sovrabbondante ricchezza del mistero. La necessità della ripetizione è connessa non solo alla sproporzioneche esiste tra l’infinita maestà e santità di Dio e la piccolezza del-l’uomo, ma anche alla struttura psicologica dell’animo umano.L’uomo apprende per gradi, perché la sua capacità di comprendereavviene in parte per via intuitiva e in parte per via discorsiva. Perquesto egli ha bisogno di tempo per assimilare quanto è entrato afar parte della sua esperienza. Il ricordo, la memoria e la ripetizionedi quanto già vissuto sono indispensabili per una comprensionepiù piena degli eventi e delle persone incontrate. Le esperienze profondamente umane chiedono che non si dilegui-no nell’attimo, ma siano riprese attraverso la loro ripresentazionenel tempo e nello spazio. Questo criterio vale ancora di più quandosi tratta del rapporto tra uomo e Dio. Se non basta ascoltare unasinfonia una sola volta, ma si ha bisogno di riascoltarla più volteper comprendere e scoprire la sua bellezza, quanto più si ha biso-gno di ritornare a frequentare il mistero assoluto di Dio per poteresperire qualcosa della sua infinita grandezza.

Page 86: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

193 M.-D. CHENU, Anthropologie et liturgie, “La Maison Dieu”, 12, 1947, p. 54.194 «Il simbolo non ci si presenta più allora come un che di appiccicato alle cose, e neppu-re come qualcosa di sognato, per loro tramite, in chissà quale mundus imaginalis. Il Cristoriconcilia Platone ed Aristotele, gli orientali e gli occidentali. Il simbolo è la cosa stessanella sua densità trasparente. Nella storia, esso prima annuncia e poi esprime l’unione inCristo delle due nature, senza separazione e senza confusione, là dove la luce della naturadivina compenetra la natura creata, come è stato sottolineato dalla cristologia alessandri-na e dal V Concilio ecumenico. Irraggiamento energetico che trasfigura l’umano e ilcosmico e, per ciò stesso, ne garantisce la verità: l’uomo e il mondo, infatti, non sono vera-mente se stessi, non trovano la loro bellezza autentica se non attraverso questa partecipa-zione cristica alla bellezza di Dio. Il simbolo cristiano indica quindi lo scambio delle vite,la pericoresi deificante che si realizza in Cristo, il soffio dello Spirito nel cuore della divi-no-umanità» (O. CLÉMENT, I Visionari. Saggio sul superamento del nichilismo, Jaca Book, Milano1987, pp. 215-216).

461

Per questo la liturgia fa uso di un linguaggio simbolico, attraversoil quale stabilisce «una congiunzione del mistero (sovra-razionale) edel simbolo (infra-razionale), due potenze dell’essere umano così dif-ficili da regolare»193. Il simbolo rinvia sempre al mistero e crea unarelazione con ciò che non è direttamente accessibile, collegando laparte visibile con quella che rimane nascosta. Il simbolo “evoca” ilmistero, rende possibile accostarsi ad esso senza togliere il suoaspetto misterioso, “convoca” il soggetto nel luogo in cui il misteroappare e lo pone davanti alla sua manifestazione194. La distanza che esiste tra il segno e il contenuto simbolico determinalo spazio per la ripetizione dei gesti e delle parole. La ripetizione, per-tanto, non è una semplice ripetitività delle cose o un ritorno sulmedesimo, ma rappresenta la possibilità di approdare alla ricchezzatotale nascosta nel simbolo. Non si tratta di una semplice variazionesul tema, ma di un accedere in modo sempre più profondo nellaconoscenza del contenuto simbolico. Non è una “tattica”, ma un’esi-genza dell’animo umano, un autentico bisogno del cuore dell’uomo. La ripetizione liturgica è «il luogo della intensificazione. Attraversoun identico segno cresce l’intesa e il simbolo si offre sempre piùnella sua sconfinata valenza. E nasce la vera novità e, quindi, il verostupore che sono quelli interiori: l’abisso chiama l’abisso. La ridon-danza del simbolo genera la ridondanza della ripetizione. Siamo

CENTRO DI ORIENTAMENTO PASTORALE

Page 87: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

195 G. MAZZANTI, I sacramenti simbolo e teologia 1. Introduzione generale, EDB, Bologna 1997, p. 89. 196 D. SCARAMUZZI, Etica e teologia, cit., p. 69.

462

nel regno della “esuberanza” del simbolo e della sua esperienza.Possiamo dire che anche il simbolo è come il lievito che fermentatutta l’esistenza dell’uomo e la sua realtà personale»195.

f) La responsorialitàAttratto e interpellato dal mistero di Dio, l’uomo è chiamato a cor-rispondervi. E poiché il Dio della rivelazione cristiana non è“muto”, ma è Verbo, Logos, Parola, Amore che si dona, necessaria-mente l’uomo è posto di fronte alla responsabilità di ascoltare l’in-cessante richiamo che viene dall’Eterno, rispondendo in modo ade-guato alla Voce che lo interpella. Certo, la risposta è implicita nellachiamata divina perché solo il mistero rende l’uomo capace di rice-vere il mistero. Tuttavia spetta all’uomo l’onere di non lasciarecadere nel vuoto i continui appelli che vengono dall’esterno e dal-l’interno della sua coscienza e la responsabilità a non disperdere,ma a far fruttificare, per quanto dipende da lui, i doni ricevuti. La liturgia immette il cristiano nella dialettica tra traditio e redditio,tra il dono ricevuto e la responsabilità di accoglierlo e di trasmet-terlo ad altri. In tal modo, essa non solo esprime la natura della rive-lazione e della celebrazione, ma svela anche la struttura responsorialedell’uomo. «Responsorialità è tensione all’altro, attenzione all’altro,capacità di corrispondere all’altro: l’esperienza è appunto aperturaal riconoscimento dell’alterità. Senza riferimento ad altro (se per-sonale o storico o naturale o assoluto, qui non interessa diretta-mente) non si dà alcun experire»196. Attraverso la mediazione del-l’altro, l’uomo è inserito in una storia, in una tradizione dalla qualericeve in dono la vita, la fede e ogni altro elargizione naturale esoprannaturale. A questa tradizione egli deve mantenersi fedele,accogliendola come dono immeritato, impegnandosi a riconsegna-re ogni cosa nella stessa forma con la quale l’ha ricevuta, abbellitadalla sua abilità creativa. La responsorialità, cioè il nesso tra traditio e redditio, tra dono e respon-sabilità, tra accoglienza e trasmissione, consente al cristiano dirimanere fedele al dato rivelato non come un “atto statico”, ma in

Page 88: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

463

un continuo dinamismo tra tradizione e attualizzazione del donoricevuto. Soprattutto, nel nostro contesto culturale, consente diindividuare un criterio oggettivo di riferimento etico che sia capacedi porre in atto un serrato confronto con alcune posizioni radicalidi negazione dell’etica, sia in riferimento alle varie versioni deter-ministiche di stampo marxista e freudiano, sia in relazione a quelleteorizzazioni etiche secondo cui ogni azione è determinata dall’in-teresse del soggetto e dall’economia dell’utile e del guadagno, sia,infine, in confronto al riduzionismo esperienziale operato dall’em-pirismo e del relativismo etico.

g) Il rendimento di grazie Il punto culminane di tutta l’azione liturgica e dell’intera vita dellaChiesa è l’eucaristia, sacramento dei sacramenti e cuore della vitacristiana. Da essa tutto promana e ad essa tutto ritorna. L’eucaristiaè tutto il mistero di Dio e tutto il mistero dell’uomo e della crea-zione. Essa trasforma la vita in un grande rendimento di grazie. Perquesto l’apostolo Paolo nella Prima Lettera ai Tessalonicesi scrive: «Inogni cosa fate eucaristia» (1 Ts 5,18). Rendere grazie non indica il semplice atteggiamento di ringrazia-mento e di riconoscenza, ma, secondo il suo significato etimologi-co, implica un atteggiamento confessante. Il verbo latino gratias agererichiama il corrispettivo greco eucharisteîn. Questo termine, a suavolta, traduce il verbo ebraico jadah che significa “confessare lafedeltà di Dio” e, insieme, “confessare le infedeltà dell’uomo”: dueconfessioni distinte, ma che si implicano vicendevolmente. La duplice valenza del verbo confessare svela la profondità teologica dellapreghiera liturgica. Essa è riconoscimento della grandezza dell’operache Dio ha compiuto e continua a compiere nella storia. La creazione,la redenzione e la santificazione del mondo e dell’uomo sono le grandimeraviglie di Dio (magnalia Dei). Di fronte ad esse, l’uomo non può faraltro che riconoscere la sua indegnità e confessare la magnificenza delladivina misericordia. Confessare cioè rendere grazie non è soltanto unatto di buona educazione, ma è attestazione della necessità della graziadivina e della continua attesa di redenzione da parte dell’uomo.

CENTRO DI ORIENTAMENTO PASTORALE

Page 89: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

197 G. PIANA, Liberiamo la vita!, “Presbyteri”, 43, 2009, n. 1, p. 16.198 Gravissimum educationis, 4.

464

In questo senso, il rendimento di grazie, da una parte, esprime l’in-capacità, anzi l’impossibilità per l’uomo di dare con le sue forze unsenso alla sua vita e, dall’altra, vuol dire elevare una supplica eun’invocazione al Signore perché sia lui a dare significato all’esi-stenza. La vita non è una proprietà personale di cui si può disporresecondo la propria volontà e i propri desideri, ma è un dono divino,splendido e fragile nello stesso tempo, del quale occorre renderecontinuamente grazie al Signore e a tutti coloro che l’hanno resopossibile con il loro amore. «L’accoglienza della vita è frutto di que-sti atteggiamenti: lo stupore per la presenza di esistenze diverse,dotata ciascuna di un nome e di un volto proprio, di una propriaidentità irripetibile e di un proprio destino, sollecita un senso diprofondo rispetto, persino di venerazione. La sacralità della vita – sedi ‘sacralità’ si può parlare – sta tutta qui: ogni vita è un frammen-to della storia del mondo che deve essere custodito; è un germoglioche va aiutato a crescere e sul quale non si deve esercitare alcunaforma di dominio»197.

7.3. Il metodo e i mezzi propri

Il documento conciliare Gravissimum educationis non sottolinea sol-tanto il significato e il valore della mistagogia, ma richiama anche imezzi necessari per attuarla. «Nell’assolvere il suo compito educati-vo – si legge nel documento – la Chiesa utilizza tutti i mezzi idonei,ma si preoccupa soprattutto di quelli che sono i mezzi suoi propri.Primo tra questi è l’istruzione catechetica che dà luce e forza allafede, nutre la vita secondo lo spirito di Cristo, porta a parteciparein maniera consapevole e attiva al mistero liturgico, ed è stimoloall’azione apostolica»198.

a) La catechesi mistagogicaIl primo mezzo proprio è, dunque, la catechesi mistagogica. Essa con-siste nel mantenere l’unità tra la lex orandi, la lex credendi e la lexvivendi. Questo adagio che, con tutta probabilità, si deve attribuire

Page 90: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

199 Cfr PIO XII, Mediator Dei, 3, Enchiridion delle encicliche VI, EDB, Bologna 1995, pp. 478-479, n. 475; CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Ordinamento generale del Messale romano, 2;GIOVANNI PAOLO II, Vicesimus quintus annus, 3,10, Enchiridion Vaticanum, XI, EDB, Bologna1991, pp. 992-993, n. 1581.200 Cfr F. G. BRAMBILLA, Nella lex orandi la lex credendi della Chiesa, in CENTRO DI AZIONE LITUR-GICA, Liturgia epifania del mistero, cit., pp. 71-88.201 Dei Verbum, 8.

465

a Prospero d’Aquitania, segretario del papa Leone Magno, vienesempre più spesso ripetuto, anche se talvolta anche documenti uffi-ciali operano un capovolgimento del rapporto tra liturgia e teolo-gia199. All’origine esso intendeva dire che la liturgia veicola il datodella fede nella misura in cui essa è fondata sulla Scrittura ed è uni-versalmente celebrata. Nella sua sinteticità, l’espressione contiene un triplice significato(dottrinale, spirituale, ecclesiale) che è opportuno evidenziare200. Inprimo luogo, esso mette in evidenza che la liturgia è regola e normadella fede, perché in essa si trova espresso «ciò che la Chiesa crede eciò che la Chiesa spera»201. Nella preghiera rituale e, soprattutto neisacramenti, si alimenta e si esprime il contenuto della fede e sicostruisce l’atto della fede. In secondo luogo, questa formula sottolinea che la fede non è soloun atto (actus), ma anche un’attitudine persistente della libertà(habitus), un incessante rinnovamento di atti, un “atteggiamentocostante” dell’esistenza. La liturgia, pertanto, segna non solo l’attodella fede, ma l’intera vita del credente e l’infinita serie di emozioni,di linguaggi e di atteggiamenti che la costellano. In terzo luogo, l’adagio sottolinea che l’intreccio tra atto di fede eatteggiamento di fede è reso possibile in un contesto vitale: lacomunità cristiana. La preghiera liturgica è l’ambiente in cui il cri-stiano viene educato alla vita della Chiesa, perché impari a pensarela fede e a viverla cum Ecclesia e in Ecclesia. La catechesi mistagogicapromuovendo l’unità tra la fede celebrata, professata e vissuta,ossia tra l’atto di fede, l’attitudine alla fede e il contesto ecclesiale,risulta essere il mezzo più appropriato per promuovere un’educa-

CENTRO DI ORIENTAMENTO PASTORALE

Page 91: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

202 BENEDETTO XVI, Sacramentum caritatis, 64.

466

zione che disponga i fedeli a vivere personalmente il mistero diCristo. Il n. 64 di Sacramentum caritatis richiama sinteticamente i tre ele-menti principali di cui la catechesi mistagogica è composta: «a) Sitratta innanzitutto della interpretazione dei riti alla luce degli eventi sal-vifici, in conformità con la tradizione viva della Chiesa. In effetti, lacelebrazione dell’Eucaristia, nella sua infinita ricchezza, contienecontinui riferimenti alla storia della salvezza. In Cristo crocifisso erisorto ci è dato di celebrare davvero il centro ricapitolatore di tuttala realtà (cfr Ef 1,10). Fin dall’inizio la comunità cristiana ha lettogli avvenimenti della vita di Gesù, ed in particolare del mistero pa-squale, in relazione a tutto il percorso veterotestamentario. b) Lacatechesi mistagogica si dovrà preoccupare, inoltre, di introdurre alsenso dei segni contenuti nei riti. Questo compito è particolarmenteurgente in un’epoca fortemente tecnicizzata come l’attuale, in cuic’è il rischio di perdere la capacità percettiva in relazione ai segni eai simboli. Più che informare, la catechesi mistagogica dovrà risve-gliare ed educare la sensibilità dei fedeli per il linguaggio dei segnie dei gesti che, uniti alla parola, costituiscono il rito. c) Infine, lacatechesi mistagogica deve preoccuparsi di mostrare il significato deiriti in relazione alla vita cristiana in tutte le sue dimensioni, di lavoroe di impegno, di pensieri e di affetti, di attività e di riposo. È partedell’itinerario mistagogico porre in evidenza il nesso dei mistericelebrati nel rito con la responsabilità missionaria dei fedeli. In talsenso, l’esito maturo della mistagogia è la consapevolezza che lapropria esistenza viene progressivamente trasformata dai santiMisteri celebrati. Scopo di tutta l’educazione cristiana, del resto, èdi formare il fedele, come “uomo nuovo”, ad una fede adulta, che lorenda capace di testimoniare nel proprio ambiente la speranza cri-stiana da cui è animato»202.

c) L’omelia Il secondo mezzo proprio dell’educazione cristiana è l’omelia. IlConcilio Vaticano II, riprendendo la tradizione più genuina dellaChiesa, ha sottolineato che, più di ogni altra forma di predicazione,

Page 92: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

203 Sacrosanctum Concilium, 35.204 Ordinamento Generale del Messale Romano, 29; cfr Sacrosanctum Concilium, 7, 33, 52.205 Cfr Ordinamento Generale del Messale Romano, 41-42.206 CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Il Rinnovamento della Catechesi, 29.207 Su questo aspetto vedi M. MAGRASSI, L’omelia prolungamento della Parola, introduzione almistero, in ID., Vivere la Parola, La Scala, Noci 1980, pp. 135-160; M. PATERNOSTER, Come direcon parole umane la parola di Dio. Riflessioni ed indicazioni liturgico-pastorali sull’omelia, LAS,Roma 2007; C. BISCONTIN, Predicare bene, Messaggero, Padova 2008.

467

l’omelia è «annuncio delle mirabili opere di Dio nella storia dellasalvezza, ossia nel mistero di Cristo (...) sempre presente ed operan-te in noi, soprattutto nelle celebrazioni liturgiche»203. Essa è «partedell’azione liturgica»204 e seguendo lo svolgimento dell’anno litur-gico, muove dai testi biblici e liturgici della Messa per introdurre ifedeli nel mistero celebrato e guidarli a tradurlo e testimoniarlonella vita205.Forse nessun documento meglio del Rinnovamento della Catechesiriassume i compiti dell’omelia. Questa «è parte integrante dell’a-zione liturgica, di cui assume i movimenti e le caratteristiche. Conl’omelia, il ministro competente annuncia, spiega e loda il misterocristiano che si celebra, perché i fedeli lo accolgano intimamentenella loro vita e a loro volta si dispongano a testimoniarlo nelmondo. L’omelia deriva i suoi temi e i suoi motivi soprattutto dallasacra Scrittura e dai testi liturgici della Messa o del sacramento chesi celebra. Nel corso dell’anno liturgico, l’omelia illustra i misteridella fede e le norme della vita cristiana, riferendoli sempre alla pa-squa di Cristo; essa tiene in debito conto l’azione liturgica che si stasvolgendo e assume una accentuata tonalità cherigmatica, dottri-nale, morale o apologetica, secondo le particolari esigenze dei fede-li presenti. La fede e la speranza di chi si fa ministro della paroladevono trasparire nel momento dell’omelia, di modo che chi ascol-ta possa cogliere la perenne attualità del mistero della salvezza,voglia assumerlo come norma di vita e perseveri in una convinzio-ne operosa»206.Le funzioni dell’omelia sono molteplici207. Esse si possono ricon-

CENTRO DI ORIENTAMENTO PASTORALE

Page 93: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

208 Cfr P. A. FLORENSKIJ, Il valore magico della Parola, Medusa, Milano 2001. 209 CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Testimoni di Gesù risorto, speranza del mondo, cit., p. 36.

468

durre a quattro fondamentali: la funzione apostolica ossia l’annunciokerigmatico che risveglia la fede; la funzione catechetica o didascalicache consiste nel considerare l’intera storia della salvezza; la funzioneprofetica o parenetica che orienta le scelte di vita alla luce della Parola;la funzione sacerdotale o mistagogica che consiste nel prendere permano e condurre all’incontro con Cristo presente nel mistero cele-brato.L’omelia si fonda sulla forza dell’oralità. È noto che già Platoneaveva tessuto l’elogio della parola per la sua forza persuasiva e perla sua capacità di mettere in relazione il maestro e il discepolo sulle“questioni di maggior valore” che non si possono affidare allo scrit-to, pena il travisamento del loro significato. Anche nella nostrasocietà dell’immagine, la parola mantiene il suo valore magico208.Essa suscita l’ascolto e consente di tessere relazioni profonde, per-ché portatrice non solo di un contenuto noetico, ma di una caricaaffettiva ed emotiva che nessun altro mezzo di comunicazione ècapace di riprodurre con la stessa intensità. La parola provoca leemozioni, risveglia i sentimenti, rianima i ricordi, dà nuovo vigorealle passioni, stimola la volontà, arricchisce la mente.A questa forza intrinseca della parola, l’omelia aggiunge la forzadivina impressa nel rito. Per questo, se ben preparata e vissutasecondo le norme prescritte, essa sarà capace di stimolare l’intelli-genza, scuotere la volontà, dare forza ai sentimenti, risvegliare lafede, indurre alla conversione del cuore, sollecitare un profondorinnovamento della vita.

7.4. I principali guadagni educativi

Quanto fin qui è stato detto ha fatto emergere l’importanza dellamistagogia. In questo ultimo paragrafo intendo ulteriormente met-tere in rilievo i guadagni che derivano da questa metodologia dellafede per la sua capacità di «cogliere in maniera efficace le domandeprofonde delle persone: soprattutto quella di unità, accentuatadalla frammentazione del contesto culturale»209.

Page 94: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

210 Cfr R. TONELLI-J.M. GARCIA (a cura di), Giovani e tempo. Tra crisi, nostalgie e speranza, LAS,Roma 2000.211 Cfr G. DELEUZE–F. GUATTARI, Rizoma, Pratiche, Parma-Lucca 1977.212 A. HESCHEL, Il Sabato, Rusconi, Milano 1987, p. 148.

469

a) In riferimento alla personaUn primo guadagno si riferisce all’aiuto che la mistagogia offre allapersona perché ritrovi la sua unità sempre più minacciata da trop-pi fenomeni disgreganti. E questo sotto diversi aspetti.Innanzitutto, nella direzione di una corretta percezione del tempo.Oggi, il tempo è esperito in una molteplicità di forme210. Spesso èvissuto come merce da consumare, attimo da godere, vuoto insi-gnificante. La successione è appiattita sul presente, sulla funziona-lità del momento, vissuto senza alcun legame con il passato e senzaprospettive di un futuro. Tutto è raccolto nel qui e ora, in un sem-plice gioco di emozioni, secondo quella visione antropologica neo-radicale che paragona la condizione esistenziale dell’uomo al rizo-ma, a un vegetale senza radici e senza fusto211. Nella liturgia, invece, il tempo si mostra come lo splendore di Dio,il riflesso della Gloria divina sulle creature. «È nella dimensione deltempo che l’uomo incontra Dio e diventa cosciente che ogni istan-te è un atto di creazione, un Inizio che schiude nuove vie per le rea-lizzazioni ultime. Il tempo è la presenza di Dio nello spazio, ed è neltempo che noi possiamo sentire l’unità di tutti gli esseri (…).Assistere all’eterna meraviglia della creazione del mondo, significasentire in ciò che è dato la presenza del Donatore, significa com-prendere che la sorgente del tempo è l’eternità; che il segreto del-l’essere è l’eterno che è nel tempo»212.Cristo è l’eterno che si è fatto tempo e che ha proiettato il temponell’eternità, riscattandolo dalla sua caducità e dalla sua fragileinconsistenza. Celebrare il suo mistero significa vivere la salvezzanel e del tempo, in una sintesi armonica tra la commemorazionedelle cose passate (signum rememorativum passionis), la dimostrazionedelle presenti (signum demonstrativum gratiae), l’annunzio delle futu-re (signum prognosticum gloriae).

CENTRO DI ORIENTAMENTO PASTORALE

Page 95: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

213 V. ORLANDO, L’universo giovanile in mondo che cambia, cit., p. 23.214 BENEDETTO XVI, Discorso all’assemblea del Convegno, cit., p. 57.

470

Un secondo guadagno si riferisce all’integrazione tra la sensibilità, l’in-telligenza e la volontà. La scissione tra queste dimensioni fondamen-tali della persona pone una grave questione educativa. «Nella sensi-bilità giovanile attuale prevale l’affettivo, il relazionale, la socialitàristretta, l’immaginario: il primato viene dato all’emozione e allarelazione. La loro cultura rispecchia un modo di essere e di vivere. Ilragionamento non è lineare, causale (…) avviene a partire da un’im-magine, da una vibrazione, da un’impressione, da una sollecitazio-ne dei sensi»213.Questa situazione culturale richiede un’attenta considerazione daparte dell’educatore perché il suo compito principale consiste nel-l’aiutare l’educando a integrare le dimensioni fondamentali dellasua persona. «Occorre preoccuparsi della formazione della suaintelligenza, – afferma Benedetto XVI – senza trascurare quelle dellasua libertà e capacità di amare. E per questo è necessario il ricorsoanche all’aiuto della Grazia. Solo in questo modo si potrà contra-stare efficacemente quel rischio per le sorti della famiglia umanache è costituito dallo squilibrio tra la crescita tanto rapida delnostro potere tecnico e la crescita ben più faticosa delle nostrerisorse morali. Un’educazione vera ha bisogno di risvegliare ilcoraggio delle decisioni definitive, che oggi vengono considerate unvincolo che mortifica la nostra libertà, ma in realtà sono indispen-sabili per crescere e raggiungere qualcosa di grande nella vita, inparticolare per far maturare l’amore in tutta la sua bellezza: quindiper dare consistenza e significato alla stessa libertà»214.Il contributo che viene dalla liturgia all’integrazione delle dimen-sioni costitutive della persona è di notevole portata dal momentoche «non c’è nulla di autenticamente umano – pensieri ed affetti,parole ed opere – che non trovi nel sacramento dell’eucaristia laforma adeguata per essere vissuto in pienezza. Qui emerge tutto ilvalore antropologico della novità radicale portata da Cristo conl’eucaristia: il culto a Dio nell’esistenza umana non è relegabile adun momento particolare e privato, ma per natura sua tende a per-vadere ogni aspetto della realtà dell’individuo. Il culto gradito a Dio

Page 96: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

215 ID., Sacramentum caritatis, 71.216 «La percezione della vita come “mistero da accogliere” è possibile soltanto laddove l’ac-costamento ad essa avviene nel segno di un modello di razionalità ‘simbolica’ nella qualela differenza è pienamente assunta – il simbolo è per definizione costituito dalla messa incomune del diverso, persino del contrario – e dove la spinta è tuttavia ad andare ‘oltre’ nonnella ricerca di una sintesi logico-formale, ma di una apertura permanente al non-ancora,a ciò che non può mai essere compiutamente definito. Il simbolo non tende infatti adimostrare, ma a mostrare; fa uso di un linguaggio allusivo, evocativo, che descrive la real-tà senza pretendere di circoscriverla; un linguaggio che rinvia, in una parola, a ciò che nonpuò mai essere perfettamente razionalizzato né dominato, perché sfugge per definizionea ogni classificazione come a ogni esercizio del potere» (G. PIANA, Liberiamo la vita!,“Presbyteri”, 43, 2009, n. 1, p. 15).217 Cfr R. GUARDINI, La funzione della sensibilità nella conoscenza liturgica, in ID., Scritti filosofici,vol. II, Fabbri Editori, Milano 1964, pp. 137-190; G. BONACCORSO, La sensibilità umana e lacelebrazione liturgica, “La Rivista del clero italiano”, 78, 1997, nn. 7-8, pp. 488-498.

471

diviene così un nuovo modo di vivere tutte le circostanze dell’esi-stenza in cui ogni particolare viene esaltato, in quanto vissuto den-tro il rapporto con Cristo e come offerta a Dio»215. La strategia della celebrazione sacramentale è quella di attivare tuttii sensi, interni ed esterni, di esaltare il ruolo della facoltà intelletti-va che deve cimentarsi con il mistero e di risvegliare il compito dellavolontà e del desiderio nella ricerca del bene e nell’aspirazione allafelicità. Con i suoi riti, la sua capacità evocativa, il suo linguaggiosimbolico la liturgia parla al cuore e alla mente216 e se viene vissutacon una actuosa participatio, non solo non mortifica l’uomo, ma esal-ta la sua dimensione corporale e spirituale, perché per mezzo deglielementi sensibili lo mette in contatto con la vita di Cristo risorto. La mistagogia è un’azione appoggiata su una pedagogia sensoriale217

dal momento che ricorre a gesti, oggetti, suoni, immagini, colori.Tutto questo costituisce un legame prezioso con il mistero divinoproprio grazie alla dimensione corporea. Lungi, però, dall’essere latraduzione simbolica di una realtà che possediamo, la mistagogia,attraverso i segni liturgici, intende far cogliere qualcosa dell’imper-scrutabile ricchezza del mistero di Cristo, che precede e supera ogniconoscenza. I segni liturgici non sono enigmi indecifrabili, maparole che, illuminate dalla Parola, dischiudono la intelligenza alla

CENTRO DI ORIENTAMENTO PASTORALE

Page 97: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

218 BENEDETTO XVI, Sacramentum caritatis, 70.

472

sovrabbondanza di senso del mistero e quasi propongono unagrammatica e una sapienza della vita, che, nella nostra società con-temporanea, caratterizzata dalla frenesia del movimento e del cam-biamento, rischiano di essere dimenticate e di andare perdute. Laliturgia evoca la bellezza del riunirsi, dello stare insieme, del dialo-gare con l’altro in un reciproco esercizio di ascolto; invita a scopri-re la fecondità del silenzio; richiama la forza liberante dell’adora-zione; propone la potenza liberatrice della comune invocazione;allarga i confini del desiderio e della speranza; fa esplodere il cuorein un canto di gioia per la percezione del Totalmente Altro.La liturgia, però, non è legata solo all’evolversi soggettivo dei senti-menti, ma è relazionata agli avvenimenti esterni: al lavoro, allesituazioni economiche e sociali, alla sofferenza, alla malattia e allamorte. Essa raccoglie ogni frammento di vita e lo mette in relazio-ne con il mistero di Cristo.Un terzo fattore educativo promosso dall’azione mistagogica è laproposta di una vita bella, buona e beata. Il sacramento contiene in séun’etica, uno stile, un comportamento virtuoso, «un dinamismoche ne fa principio di vita nuova in noi e forma dell’esistenza cri-stiana. Comunicando al Corpo e al Sangue di Gesù Cristo, infatti,veniamo resi partecipi della vita divina in modo sempre più adultoe consapevole. Vale anche qui quanto sant’Agostino, nelle sueConfessioni, dice del Logos eterno, cibo dell’anima: mettendo in rilie-vo il carattere paradossale di questo cibo, il santo Dottore immagi-na di sentirsi dire: “Sono il cibo dei grandi: cresci e mi mangerai. Enon io sarò assimilato a te come cibo della tua carne, ma tu saraiassimilato a me”. Infatti non è l’alimento eucaristico che si trasfor-ma in noi, ma siamo noi che veniamo da esso misteriosamente cam-biati. Cristo ci nutre unendoci a sé; “ci attira dentro di sé”»218.Anche sotto il profilo della proposta etica e dell’esercizio delle virtùsi deve constatare che, nel nostro tempo, serpeggia un senso dismarrimento e di incertezza. Tra i diversi aspetti problematici, unomi sembra particolarmente attuale: la dicotomia tra la proclama-zione di un’etica solidarista sul piano sociale e la rivendicazione diun’etica radicale sul piano personale. Siamo di fronte a un uomo

Page 98: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

219 M. PACUCCI, Dizionario dell’educazione, EDB, Bologna 2005, pp. 442-443.

473

che sul versante etico assomiglia a un “Giano bifronte”: solidale e,insieme, radicale; individualista sul piano delle scelte personali esolidarista circa i comportamenti sociali. Si richiede pertanto un cambiamento di parametri e un riferimen-to etico valido per la vita personale e la convivenza civile. Soprat-tutto occorre superare l’attuale desertificazione delle virtù attraver-so la riproposizione di una «prospettiva pe dagogica, che è l’unicacapace di ri partire dalle esigenze fondamentali dei giovani e di indi-care atteggiamenti e valori che ricadano nell’ambito delle loro con-crete possibilità. È importante che i ragazzi si rendano conto chenessuno vuole imporre loro nulla. La virtù nasce da un’invocazioneinteriore, che pian piano evolve in disponibilità personale: ognunoè chiamato innanzitutto a costruire le qualità che avverte come piùconsone alla propria sensibilità e al contesto storico in cui è inseri-to. Dopo questo primo passo, è ovviamente necessario accettare ilcon fronto con gli altri, non soltanto per chiarire la validità di ciòche si cerca di costruire, ma anche per arricchire il proprio patri-monio valoriale. Le vere virtù sono un po’ come le ciliegie: una tiral’altra, nella tensione alla progressiva armonizzazione delle di versecomponenti della personalità. Non guasta, infine, la capacità di an -dare un po’ controcorrente. Alcune virtù rischiano di passare dimoda perché troppo esigenti o dissonanti con i tempi; altre hannosuccesso semplicemente perché trovano dei te stimonial nel mondodello sport o dello spettacolo. I giovani devono impa rare a diffida-re di questa tentazione sociale di quotare anche la morale. La veri-tà, la giustizia, il bene non sono esperienze da mettere all’asta»219.

b) In riferimento alla comunità parrocchiale La prospettiva mistagogica rivela la sua attualità anche in riferi-mento alla comunità parrocchiale, sempre più soffocata da unamolteplicità di iniziative che spesso fanno smarrire l’unità dell’in-dirizzo pastorale. La generosità dell’impegno, in non pochi casi, ha

CENTRO DI ORIENTAMENTO PASTORALE

Page 99: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

220 Sulla domenica vedi AA.VV., Domenica il signore dei giorni, Ecumenica, Bari 1980; E.BIANCHI, Vivere la domenica, Rizzoli, Milano 2005; F. CACUCCI., La domenica, Pasqua settimana-le. Per un cammino mistagogico nell’anno liturgico, Ciclo/A, LEV, Città del Vaticano 2004;CENTRO DI ORIENTAMENTO PASTORALE, La domenica novità e provocazione per la cultura contempora-nea, EDB, Bologna 2003; M. MAGRASSI - T. RADCLIFFE, L’anima della domenica, EDB, Bologna,2005; S. PALESE (a cura di), Il giorno del Signore. Prospettive bibliche e patristiche, Vivere In, Roma2005; P. TARCHI- C. MAZZA, La domenica e i giorni dell’uomo, San Paolo, Cinisello Balsamo (Mi)2005; U. NERI, Il giorno del Signore, EDB, Bologna 1994; SERVIZIO NAZIONALE PER IL PROGETTO CUL-TURALE, Il tempo della festa. Dieci voci per riscoprire la domenica, San Paolo, Cinisello Balsamo(Mi) 2005. Circa l’anno liturgico vedi D. BARSOTTI, Il mistero cristiano nell’anno liturgico, SanPaolo, Cinisello Balsamo (Mi) 20062; F. CACUCCI, Cristo meta del nostro cammino. L’anno litur-gico come itinerario di fede, in AA.VV., Cristo ieri, oggi e sempre. L’Anno liturgico e la sua spirituali-tà, Ecumenica, Bari 1979, pp. 85-114; A. CENCINI, Il respiro della vita, cit., pp. 157-245.221 CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Col dono della carità dentro la storia, 14. Sul valore pedago-gico dell’anno liturgico vedi il capitolo intitolato L’anno liturgico e la vita dell’educando inGIOVANNI MODUGNO, Religione e vita, cit., pp. 233-253. 222 IGNAZIO DI ANTIOCHIA, Epistola ai Magnesiani, 9, 1.

474

un effetto contrario alle aspettative, perché favorisce la frammenta-zione tra le diverse esperienze pastorali e asseconda una certa auto-referenzialità dei soggetti che le propongono.A onor del vero, si deve anche registrare la crescita del desiderio di

convergere su temi comuni per uscire dalla settorialità e avviarsiverso una pastorale sempre più “integrata”. Ed è in questa linea chesi muove la pastorale mistagogica. Essa intende aiutare la comuni-tà cristiana a superare la frammentazione pastorale attraverso unariconversione all’essenziale, una semplificazione progettuale, unaprogrammazione più convergente su obiettivi comuni. Questo saràpossibile se la domenica e l’anno liturgico costituiranno l’asse portante delprogetto pastorale220. «Come Dio, nel suo rivelarsi, incontra l’uomonel tempo, così l’educazione alla fede lo introduce passo dopopasso alla pienezza del mistero e si fa itinerario. Il primo itinerarioda valorizzare è quello comune a tutto il popolo di Dio, l’anno litur-gico, scandito dalla domenica, giorno del Signore e giorno dellaChiesa, della Parola, dell’eucaristia, della carità»221. L’imperativo fondamentale del cristiano è di vivere secondo la dome-nica222. Con questa espressione, sant’Ignazio di Antiochia intende-va mettere in luce il nesso tra l’eucaristia e la vita quotidiana.Questa deve assumere una forma eucaristica e rendere visibile, nellescelte concrete della vita, la grazia che si è attinta dal sacramento. Inaltri termini significa, «vivere nella consapevolezza della liberazio-

Page 100: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

223 BENEDETTO XVI, Sacramentum caritatis, 72-73.224 «Riconoscere l’originale valore della vocazione laicale significa, all’interno di prassi dicorresponsabilità, rendere i laici protagonisti di un discernimento attento e coraggioso,capace di valutazioni e di iniziativa nella realtà secolare, impegno non meno rilevante diquello rivolto all’azione più strettamente pastorale» (CONFERENZA EPISCOPALE PUGLIESE,Testimoni di Gesù risorto, speranza del mondo, cit., 40).225 F. CACUCCI, La Mistagogia, cit., p. 94.

475

ne portata da Cristo e svolgere la propria esistenza come offerta dise stessi a Dio, perché la sua vittoria si manifesti pienamente a tuttigli uomini attraverso una condotta intimamente rinnovata (…). Untale giorno, pertanto, si manifesta come festa primordiale, nellaquale ogni fedele, nell’ambiente in cui vive, può farsi annunziatoree custode del senso del tempo. Da questo giorno, in effetti, scaturi-sce il senso cristiano dell’esistenza ed un nuovo modo di vivere iltempo, le relazioni, il lavoro, la vita e la morte»223.Un secondo aspetto riguarda il metodo pastorale. Di solito, ci si ispira alcriterio del vedere-giudicare-agire. La prospettiva mistagogica, invece,propone un altro criterio che si può riassumere con questi verbi: cele-brare - discernere – testimoniare. A ben vedere, questa metodologia riflet-te la descrizione dell’esperienza cristiana proposta dall’Apo-calisse. Ilpunto di partenza è la celebrazione del mistero di Cristo nel giorno alui consacrato. L’eucaristica domenicale è il cuore pulsante della vitacristiana, il momento più alto dell’educazione alla fede, il contestoidoneo per apprendere i criteri di fede secondo i quali orientare lescelte concrete della vita. Lasciandosi illuminare dalla Parola procla-mata nella liturgia, la comunità cristiana e i fedeli laici, in modo par-ticolare, acquistano progressivamente la capacità di discernere e divalutare gli avvenimenti della storia alla luce del vangelo224. «Il discer-nimento comunitario è vitale per il singolo fedele e per l’intera comu-nità. (…). Compito della comunità cristiana è discernere paziente-mente e attentamente come l’opera dello Spirito vivifica e costruiscela Chiesa nel mondo. Per suo tramite, la comunità cristiana potràessere attenta a cogliere le sfide e le continue sollecitazioni, che pro-vengono dalla storia, e a sapervi rispondere alla luce del vangelo»225.

CENTRO DI ORIENTAMENTO PASTORALE

Page 101: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

226 Sul concetto di testimonianza in senso biblico e filosofico vedi I. DE LA POTTERIE, Lanotion de témoignage dans s. Jean, “Sacra Pagina” II, Paris 1959, pp. 192-208; D. MOLLAT,Giovanni, maestro spirituale, Borla, Roma 1980; N. COTUGNO, La testimonianza della vita delpopolo di Dio, segno di rivelazione, alla luce del Concilio Vaticano II, in R. FISICHELLA (a cura di),Gesù rivelatore, Piemme, Casale Monferrato 1988, pp. 227-240; E. CASTELLI (a cura di), Latestimonianza, Istituto Italiano di Studi Filosofici, Roma 1972, pp. 35-61.227 BENEDETTO XVI, Discorso all’Assemblea del Convegno, in CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA,Testimoni di Gesù risorto speranza del mondo, cit., pp. 53-54. 228 C. CAFFARRA, Famiglia ed educazione, Incontro con i genitori dei cresimati di Bologna, 28marzo 2004, in www. cafarra.it.

476

Partendo dal primato della celebrazione ed esercitandosi in un con-tinuo discernimento comunitario, il singolo cristiano e l’interacomunità si proiettano in una testimonianza di vita. Questa nonconsiste in una semplice narrazione dei fatti, ma diventa piuttostolinguaggio performativo che, per sua stessa natura, richiede al testi-mone di arrivare fino alle estreme conseguenze; fino al dono dellapropria vita per attestare la verità di ciò che testimonia226.Il testimone è colui che comunica quanto è stato oggetto della suaesperienza. Egli è chiamato a rendere presente davanti al mondo ilmistero di Cristo con una varietà di forme attraverso le quali deve«emergere soprattutto quel grande “sì” che in Gesù Cristo Dio hadetto all’uomo e alla sua vita, all’amore umano, alla nostra libertà ealla nostra intelligenza; come, pertanto, la fede nel Dio dal voltoumano porti la gioia nel mondo. Il cristianesimo è infatti aperto atutto ciò che di giusto, vero e puro vi è nelle culture e nelle civiltà, aciò che allieta, consola e fortifica la nostra esistenza»227.

c) In riferimento al compito educativo della famiglia e della scuolaUn ultimo aspetto da prendere in considerazione riguarda il com-pito educativo della famiglia e della scuola. Non è questo il luogoper richiamare le molteplici difficoltà in cui esse si dibattono.Preme soprattutto sottolineare che, il più delle volte, l’abdicazione«alla loro missione educativa non nasce dalla mancanza di convin-zione del dover educare. Nasce dallo scoraggiamento: educare èdiventato impossibile. Trattasi di un sentimento di sconfitta di fron-te a forze ritenute invincibili e con le quali è meglio “venire a patti”(per es. i mass media). Dobbiamo liberare completamente il nostrocuore da questo senso di impotenza: esso non ha fondamento»228.

Page 102: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

229 Cfr A. PANZETTA, La famiglia icona del mistero. L’illuminazione reciproca tra la realtà familiare eil mistero di Dio, Quaderni della Rivista di Scienza Religiose dell’Istituto Teologico Pugliese(Molfetta), vol. VII, Vivere In, Roma 2005.

477

L’educazione sembra oggi impossibile, perché ancora prima è stataresa impensabile. Negata la possibilità di poter trovare il significatodella realtà, nel senso che non è possibile pronunciare nessun giu-dizio veritativo, diventa impossibile anche l’educazione. Come è giàstato detto precedentemente, uno dei tratti distintivi della postmo-dernità è il congedo da ogni fondamento e, al limite, dall’idea stes-sa di persona, di umanesimo, di educazione. Non deve perciò mera-vigliare se la dissoluzione del giudizio veritativo sulla realtà e laconseguente difficoltà dell’esercizio della libertà generino un sensodi stanchezza spirituale e di tristezza del cuore.In realtà, il desiderio di verità, di bontà, di bellezza, è presente nelcuore di ogni persona e attesta che è ragionevole e proporzionato albene dell’uomo cercare di dare vita a una proposta educativa capa-ce di indirizzare l’intelligenza e la libertà “verso l’oltre”. La stessapossibilità di costruire nella famiglia, nella scuola e nella societàqualcosa di comune in un contesto multiculturale e pluralisticoverrebbe vanificato se ciascuno rimane imprigionato nel relativi-smo e mette in dubbio il fondamentale legame tra verità e libertà.Spetta innanzitutto alla famiglia creare la giusta atmosfera educa-tiva. Nonostante le sue molteplici ferite, essa rimane il primo sog-getto educativo nel quale la persona umana viene costruita nellesue fondamenta, tanto che, anche se volesse, non potrebbe maiabdicare alla sua missione educativa, poiché il suo compito è inso-stituibile e il suo diritto è inalienabile.La famiglia è icona del mistero e per questo è l’ambiente educativo piùappropriato per la proposta valoriale e la trasmissione della fede229.Essa è il luogo della presenza del mistero già nella sua costituzionenaturale. L’amore e la relazione tra l’uomo e la donna sono valorisanciti dalla volontà creatrice di Dio ed inscritti come elementicostitutivi della loro realtà personale. La grazia sacramentale sug-

CENTRO DI ORIENTAMENTO PASTORALE

Page 103: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

230 Cfr «L’anima dell’educazione può essere solo una speranza affidabile» (BENEDETTO XVI,Lettera alla diocesi e alla città di Roma sul compito urgente dell’educazione). Vedi anche G.CATALFAMO, Fondamenti di una pedagogia della speranza, La Scuola, Brescia 1986; P. FREIRE, Lapedagogia della speranza, EGA, Torino 2008. 231 BENEDETTO XVI, Lettera alla diocesi e alla città di Roma sul compito urgente dell’educazione. «Afondamento di tutto però deve esserci la fiducia. Persino ciò che non è bene deve essereinserito in essa. Altrimenti, le cose semplicemente non vanno» (R. GUARDINI, L’educazione,in ID., Etica, cit., p. 899).

478

gella il patto coniugale, lo rende immagine del rapporto tra Cristoe la Chiesa conferendo ai coniugi il carisma dell’educazione, ossia unaspeciale capacità di essere la prima scuola di vita, di preghiera e diintroduzione all’esperienza della fede. Questa missione costitutivadella famiglia, però, potrà realizzarsi se saranno rispettate alcunecondizioni. Innanzitutto, si richiede che i genitori vivano la grazia sacramenta-le ricevuta con la celebrazione del loro matrimonio. Per loro si deveapplicare lo stesso principio che vale per ogni cristiano: la graziasacramentale fonda e sostiene la specifica vocazione di ogni cre-dente in Cristo. Ad essa bisogna rimanere fedeli, perché l’amoreconiugale diventi la “dimora” nella quale la persona viene educata:quello che è l’utero della donna per il concepimento fisico e ilprimo formarsi del bambino è l’amore coniugale per l’educazionecristiana. La seconda condizione è che i coniugi mantengano unrapporto sereno col futuro, si protendano all’avvenire con sguardofiducioso, vivano l’apertura alla speranza230. Non si può educare, semanca un orizzonte di valori da indicare e da promuovere.Vi è, però, un aspetto più profondo legato alla capacità dei genitoridi aprirsi al riconoscimento e alla ricerca della verità. Ciò che bloc-ca la trasmissione dei valori tra le generazioni non è tanto l’incoe-renza pratica, la contraddizione tra il pensare e l’agire, retaggiodella fragilità umana, ma la sfiducia nelle possibilità di aderire allaverità. Come giustamente afferma Benedetto XVI, «alla radice dellacrisi dell’educazione c’è infatti una crisi di fiducia nella vita»231. Inquesta situazione diventa difficile educare perché si percepisce chela vita è fondata sul nulla, sul vuoto, sull’assenza di significato, cheessa è in contraddizione con se stessa e che tutto sia fondato sullamenzogna. Educare non consiste solo nel dovere di mostrare una

Page 104: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

232 Cfr G. MILAN, Disagio giovanile e strategie educative, Città Nuova, Roma 2001; F. CAMBI-M.G. DELL’ORFANELLO–S. LANDI (a cura di), Il disagio giovanile nella scuola del terzo millennio.Proposte e intervento, Armando, Roma 2008.233 «Professionista della scuola e riconosciuto idoneo dalla Chiesa, il docente di religionesi trova sul crinale di rapporti che esigono continua ricerca di sintesi e di unità. Egli èuomo della sintesi innanzitutto sul piano della mediazione culturale, propria del suo ser-

479

coerenza tra la parola e la vita, ma soprattutto nel far percepire chela vita è un bene assoluto e incommensurabile.Si tratta di un compito arduo che oggi la famiglia da sola non puòreggere, per questo occorre stabilire un patto educativo, una siner-gia tra la famiglia e la comunità cristiana. Se, infatti, la famiglia silimiterà a una pratica religiosa puramente rituale e se la Chiesa nonsi preoccuperà di accompagnare i genitori nella loro missione, l’o-pera educativa delle nuove generazioni risulterà molto difficile. Daqui l’urgenza che la famiglia diventi una vera “chiesa domestica” ela comunità cristiana metta in atto un serio accompagnamentomistagogico che coinvolga l’intero nucleo familiare. Ugualmente importante è il ruolo educativo della scuola. Certo,anche in essa, come nella famiglia, si avverte un forte senso di di-sagio232. La sua vocazione ad essere una palestra di vita non è venu-ta meno, pur se in questi anni si è offuscata la sua capacità educa-tiva. Ad essa spetta di pensare e di progettare l’educazione secondo unnuovo modello non più ripiegato su apprendimenti formali di let-tura (l’arte di imparare ad imparare), ma aperto a ricercare il pro-prium ontologico della persona, a procedere secondo una trasmis-sione ricca di memoria, a fondare un ethos civico colmo di significa-ti. Se, infatti, per educazione si intende un progetto totale di vitacomprendente le forme culturali, i mezzi e il metodo adatti perattuarlo lungo il corso dell’esistenza, la prima preoccupazione nondeve essere quella di fornire delle conoscenze, ma quella di orienta-re al senso della vita, all’accoglienza delle domande fondamentalipresenti nel cuore dell’uomo, alla scoperta della vita come mistero.In questo senso un ruolo strategico riveste l’insegnante di religione,nella sua qualità di uomo della sintesi233. Spetta a lui richiamare il

CENTRO DI ORIENTAMENTO PASTORALE

Page 105: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

vizio educativo. Egli deve favorire la sintesi tra fede e cultura, tra vangelo e storia, tra i biso-gni degli alunni e le loro aspirazioni profonde. Il suo insegnamento esige, pertanto, unacontinua capacità di verificare e di armonizzare i diversi e complementari piani: teologico,culturale, pedagogico, didattico. L’opera educativa del docente di religione tende infatti afar acquisire ai giovani la capacità di accogliere criticamente i messaggi religiosi, morali eculturali che la realtà offre, aiutandoli a coglierne il senso per la vita. Egli è chiamato a faresintesi anche sul piano del rapporto con gli alunni. L’IRC si rivolge a tutti coloro cheintendono avvalersene, senza alcuna limitazione o preclusione a priori. Ciò comporta cheil docente di religione debba saper favorire un dialogo e un confronto aperti e costruttivitra gli alunni e con gli alunni, per promuovere, nel rispetto della coscienza di ciascuno, laricerca e l’apertura al senso religioso; e nello stesso tempo che egli sappia proporre queipunti di riferimento che permettono agli alunni una comprensione unitaria e sintetica deicontenuti e dei valori della religione cattolica, in vista di scelte libere e responsabili. Infineil docente di religione è chiamato a un lavoro di sintesi sul piano del rapporto tra la comu-nità ecclesiale e la comunità scolastica: promuoverà dentro la scuola progetti educativirispettosi della integrale formazione dell’uomo; si rivolgerà anche agli altri docenti e ope-ratori scolastici, alle famiglie e agli alunni; sarà cosciente che per molti dei suoi alunnil’IRC si completa nell’esperienza catechistica e si confronta con essa (Conferenza Episco-pale Italiana, Insegnare religione cattolica, oggi, 23). 234 Cfr V. BORTOLIN, La religiosità come mistero, “Studia Patavina”, 55, 2008, pp. 573-617.235 Cfr M. P. MANELLO, Tratti di spiritualità mistagogica, cristocentrica e mariana del catechista e del-l’insegnante di religione, “Rivista di Scienze dell’Educazione”, 41, 2003, n. 3, pp. 464-479.

480

valore di una razionalità aperta al mistero234 quale fondamentalecondizione per elaborare una progettualità educativa finalizzata adapprendere il “mestiere di uomo”, superando quella forma di razio-nalità debole e rinunciataria, generatrice di un’etica individualisti-ca. Per questo si richiede che egli viva una spiritualità mistagogicae cristocentrica235.Sotto questo profilo, è interessante notare la posizione assunta daNorberto Bobbio, in un suo articolo che è quasi il suo testamentospirituale, nel quale egli scrive: «Io non sono un uomo di fede, sonoun uomo di ragione e diffido di tutte le fedi, però, distinguo la reli-gione dalla religiosità. Religiosità significa per me, semplicementeavere il senso dei propri limiti, sapere che la ragione dell’uomo è unpiccolo lumicino, che illumina uno spazio infimo rispetto allagrandiosità, all’immensità dell’universo. L’unica cosa di cui sonosicuro (…) è semmai che io vivo il senso del mistero, che evidentemen-te è comune tanto all’uomo di ragione che all’uomo di fede. Con ladifferenza che l’uomo di fede riempie questo mistero con rivelazio-ni e verità che vengono dall’alto, e di cui non riesco a convincermi.

Page 106: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

236 N. BOBBIO, Religione e religiosità, “Micromega”, 2, 2000, p. 7.237 L’educazione «è il punto in cui si decide se amiamo abbastanza il mondo per assumer-ne la responsabilità, e in più per salvarlo da quella che sarebbe una rovina inevitabile senzaquesto rinnovamento e senza questo arrivo di giovani e di nuovi venuti» (H. ARENDT, Lacrise de l’éducation, in La crise de la culture, Gallimard, Paris 1972, pp. 251-252.

481

Resta però fondamentale questo profondo senso del mistero, che cicirconda, e che è ciò che io chiamo senso di religiosità»236. La prospettiva indicata da Norberto Bobbio necessita di qualcheprecisazione circa il concetto di fede e di religione. Essa, tuttavia,suggerisce di partire dal senso del mistero come dato fondamentalesul quale tutti, credenti e non credenti, possono convergere e ritro-varsi e, su questa base, costruire un progetto educativo che diaragioni di vita e di speranza e sia segno d’amore all’uomo e al suofuturo237; un progetto educativo nel quale le domande fondamen-tali non sia eluse, il primato della verità sia riaffermato, la relazionetra verità e libertà sia mantenuta e la vita umana sia valutata nel suoessenziale radicamento nel mistero.

CENTRO DI ORIENTAMENTO PASTORALE

Page 107: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

Giuseppe Micunco

Un educatore-testimone: Giovanni Modugno

1. Testimone e maestro di umanesimo integrale:Modugno, Montini e Maritain

È diventata giustamente celebre l’affermazione di Paolo VI «Ilnostro tempo ha più bisogno di testimoni che di maestri» (Evangeliinuntiandi, 41). Giovanni Modugno è stato sia un testimone che unmaestro, maestro perché testimone, e testimone, fondamentalmen-te, di un umanesimo integrale, negli anni difficili dell’Italia giolit-tiana, delle due guerre mondiali, del fascismo, della nascita dellaRepubblica e della nuova Costituzione.Un umanesimo integrale, che «non è altro che un Cristianesimointegrale» (P. Viotto1), che Maritain definiva «Umanesimo dell’In-carnazione»2, in cui «la religione – scrive Modugno in una letteradel 1947, in cui non a caso fa diretto riferimento a Jacques Maritain– diventi vita in tutti i settori, e specialmente nel campo sociale, civi-le, internazionale»3. Con il filosofo francese Modugno è stato in corrispondenza.Abbiamo una sua lettera autografa a Maritain (del settembre 1936)che attesta uno scambio di libri e di riflessioni, proprio sul ‘Cristia-nesimo integrale’, una lettera che bene attesta peraltro un recipro-co rapporto di stima e di affetto4.Qualche mese prima (novembre 1935) Modugno aveva pubblicatoReligione e vita, il suo capolavoro pedagogico, si può dire il suo‘manifesto’, in cui chiara appare la convergenza col filosofo france-

1 J. MARITAIN, Umanesimo integrale, trad. it. Borla, Torino 1962, Presentazione di Piero Viotto,p. 10.2 J. MARITAIN, Le docteur angélique, Desclée De Brouwer, Paris 1930, p. 28.3 G. MODUGNO, La missione educativa. Corrispondenza 1903-1956 (a cura di D. Saracino), Stiloeditrice, Bari 2009, p. 252.4 Lettera di G. Modugno a J. Maritain del 3 settembre 1936, riportata in D. SARACINO, GiovanniModugno. Politica, cultura e spiritualità in un cercatore di Cristo, Stilo editrice, Bari 2006, p. 139.

482

Page 108: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

se. Della validità di questo testo si era ben reso conto un altro esti-matore di Maritain, Giovan Battista Montini (che di Maritain avevagià tradotto, nel 1928, per la Morcelliana I tre riformatori), il quale inuna lettera a don Tedeschi, un collaboratore dell’Editrice La Scuoladi Brescia, si rammaricava del fatto che del libro di ModugnoReligione e vita fosse stata data solo una breve nota sull’OsservatoreRomano: «A mia insaputa, ieri, l’“Osservatore” ha pubblicato unanoticina sul libro del Modugno. Meritava assai di più. Spero di farriparlare il giornale di quest’opera che anch’io trovo bellissima»5.Montini, già nella Segreteria di Stato dal 1924, aveva da poco(1933) lasciato l’incarico di Assistente nazionale della FUCI, e avevaanche lui guardato al pensiero di Maritain per formare coscienzecapaci di forte testimonianza cristiana in un tempo dominato daltotalitarismo fascista; aveva per questo apprezzato anche il libro diGiovanni Modugno. Se a queste due testimonianze, di Maritain e diMontini, aggiungiamo il rapporto con il pedagogista tedescoWilhelm Förster, a cui ha fatto già riferimento mons. Angiuli nellasua relazione, e su cui non mi soffermo, comprendiamo di aver ache fare con un intellettuale di statura europea.

Giovanni Modugno è stato inscindibilmente insieme maestro etestimone. In lui l’opera educativa era anche impegno politico, poli-tico in senso lato, per l’uomo, per tutto l’uomo, per l’umana socie-tà, per la comunità cristiana. Né vi fu mai alcuna sua attività, scel-ta di vita, atto, che non fosse al tempo stesso educativo nel sensopiù alto del termine. Entrava in gioco anche, e quanto, la sua vitaprivata. Per rimanere a Religione e vita, quest’opera non è solo il frut-to di un ripensamento scientifico teorico, e nemmeno soltantopolitico, nel senso di un progetto educativo per arginare i guastipedagogici del fascismo, ma è anche una risposta a gravi interroga-tivi esistenziali personali che il Professore si era posti all’indomanidella perdita, a soli ventuno anni, dell’unica figlia Pinuccia, una

5 G.B. MONTINI, Lettera a don Tedeschi del 21 dicembre 1935, riportata in SARACINO, cit. p. 68.

483

CENTRO DI ORIENTAMENTO PASTORALE

Page 109: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

ragazza straordinaria per doti umane e cristiane, per il suo impegnonell’A.C., per sensibilità culturale: ne è rimasta splendida testimo-nianza nel diario pubblicato dai suoi genitori col titolo Ascesa, un’o-pera anche questa, non a caso, di alto valore pedagogico, oltre cheumano e cristiano; nella citata lettera a Maritain Modugno si erascusato del ritardo nella risposta, proprio perché attendeva la pub-blicazione di Ascesa che intendeva inviargli. Attesta la moglie di Giovanni, Maria Spinelli: «Per rispondere a questedomande, Giovanni non si chiuse in se stesso, ma iniziò fervido il col-loquio con l’Invisibile e l’Onnipotente: intensificò le sue meditazioni,avvicinò i grandi autori che hanno studiato i massimi problemi del-l’esistenza, riprese con mirabile calma ed efficacia le sue lezioninell’Istituto Magistrale; e a un anno dalla scomparsa della figliuola,presentò a ‘La Scuola Editrice’ il manoscritto di Religione e vita. In que-sto libro, che chiamerei ‘il libro della fiducia in Dio’, Giovanni esponela ferma convinzione che la vera vita è quella che comincia dopo la vitaterrena, perché l’anima è immortale»6. Anche la vita privata diventaoccasione di insegnamento educativo, e di quale insegnamento.

2. La vita di Giovanni Modugno

Nasce a Bitonto il 21 febbraio 1880 da famiglia agiata e religiosa: hauno zio prete e una zia monaca. A quindici anni (1895) lascia la scuola (la IV ginnasiale) perchéscontento dei contenuti culturali e dei metodi educativi. Studia daautodidatta e consegue privatamente la maturità classica presso ilRegio Liceo di Bari. Intanto costituisce con altri coetanei un gruppo politico-culturale,la Pleiade, con prevalenti interessi filosofici, soprattutto Platone(filosofia e politica). Segue con interesse attivo il movimento socialista da poco sorto aBitonto: si impegna per contadini e operai, scrive articoli; prende ledistanze dalla Chiesa istituzione, perché troppo legata ai padroni,

6 M. SPINELLI MODUGNO, Giovanni Modugno. “Io cerco l’eterno”, Editoriale Universitaria, Bari1967, p. 142.

484

Page 110: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

ai proprietari terrieri, all’intelligentia politica, che non esitava a ricor-rere anche a mazzieri prezzolati. Si iscrive all’Università di Napoli (1900), dove si laurea dapprima inScienze naturali (1905), quindi in Filosofia (1911), in una lineacoerente, ma che non tutti riescono a capire, di ricerca del bello, dellasapienza, di umanesimo, di amore per la verità al servizio dell’uomo. Tornato a Bitonto si dedica alla scuola, in provincia di Bari, poi a Baristessa, dove si trasferisce con la famiglia (si è intanto sposato e ha unafiglia): insegnerà filosofia e pedagogia presso l’Istituto magistrale diBari fino alla pensione (1947), con passione, profondamente convin-to della grandezza della sua missione di educatore, rinunciandoanche a prestigiosi incarichi accademici, amministrativi e politici. Ha continuato sia negli anni dell’Università, che dopo essere torna-to a casa, nel suo impegno politico: è candidato alle elezioni ammi-nistrative (1913), sostiene soprattutto la candidatura del socialistaamico molfettese, Gaetano Salvemini (1919). Comprende che non è fatto per la politica attiva, ma per educare allapolitica. Socialista e laico, ma in realtà sempre profondamente cri-stiano nell’animo, negli ideali di giustizia e di rispetto della dignitàumana, ritorna pienamente, alla fine degli anni venti (1929), alla fedecristiana, alla vita sacramentale e alla Chiesa cattolica. Continueràsenza soluzione di continuità la sua battaglia politica ed educativa,negli anni difficili del primo dopoguerra, del fascismo, della secondaguerra mondiale, della nascita della repubblica. Scrive moltissimo, soprattutto sulla scuola e per la scuola, in con-tatto e corrispondenza con grandi intellettuali e politici del suotempo (Tommaso Fiore, Lombardo-Radice, Giustino Fortunato...),anche fuori d’Italia (Förster, Maritain...), con realtà del mondo cat-tolico, nazionale (l’Azione Cattolica di Armida Barelli, di CarloCarretto, il giornale “Adesso” di don Primo Mazzolari, l’opera didon Sturzo...) e locale (l’Arcivescovo di Bari mons. Mimmi7, ilSeminario regionale di Molfetta, la San Vincenzo...).

7 Sulla collaborazione di Modugno con l’attività catechistica promossa in diocesi di Bari

485

CENTRO DI ORIENTAMENTO PASTORALE

Page 111: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

La serenità della vita familiare è gravemente turbata, nel 1934,come si è già detto, dalla prematura morte, a soli ventuno anni,della diletta figlia Pinuccia.La sua casa a Bari, in via Cardassi, diventa un ‘cenacolo’, meta di unininterrotto pellegrinaggio, di giovani soprattutto, che voglionoincontrare il maestro di vita, cercare insieme con lui la luce dellaverità. Giovanni Modugno muore, a Bari, nel marzo del 1957, lasciandotra gli amici e nella comunità cristiana una larga e indiscussa famadi santità. La sua causa di beatificazione, avviata dalla Chiesa diBari-Bitonto, è già all’esame della Congregazione romana per lecause dei santi. La Chiesa di Puglia lo ha proposto tra i testimoni disantità laicale al Convegno ecclesiale di Verona.Per una biografia completa e articolata rimando al testo curato dalprof. Saracino8.

3. La ‘missione educativa’: una straordinaria coerenzadi tutta la vita

a. Le lotte giovanili: lontano dalla Chiesa, socialista, ma non anticristiano

La cosa che più colpisce in Giovanni Modugno è una straordinariacoerenza durata tutta la vita, da ragazzo fino agli ultimi anni. Siaquando era socialista e lontano dalla Chiesa (ma non da Cristo), siaquando è ritornato alla fede e alla comunità cristiana, non ha maismesso di lottare per i valori ideali di verità e di giustizia, ha sempretenuto fede a quella che è stata giustamente chiamata la sua ‘mis-sione educativa’. Una missione che in Modugno si manifesta moltoprecocemente. Ancora bambino – la testimonianza è della moglieMaria Spinelli9 – prova un senso di simpatia e fratellanza per la

dall’Arcivescovo Marcello Mimmi, cfr V. ANGIULI, La catechesi nella Diocesi di Bari. Dagli inizidell’800 al Vaticano II (1823-1962), Edipuglia, Bari 1997.8 D. SARACINO, Giovanni Modugno. Politica, cultura e spiritualità in un cercatore di Cristo, StiloEditrice, Bari 2006.9 M. SPINELLI, Appunti per una biografia, in Pedagogia e vita di G. Modugno, a cura di MatteoPerrini, La Scuola, Brescia 1961.

486

Page 112: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

gente umile, i contadini, gli operai, i pescatori. Le battaglie elettora-li, i congressi e i dibattiti lo incuriosivano a tal punto che a dodicianni assisté al I congresso dei socialisti bitontini. Prende parte al suoprimo corteo per la festa del 1° maggio. Scrive Biancastella Antoni-no: «Era una vera missione educativa quella che il giovane Modu-gno, propagandista del nuovo verbo socialista, intraprese, ma loscopo era profondamente politico, in quanto mirava non solo allaemancipazione delle classi diseredate, ma anche alla liberazione daipregiudizi antisocialisti che la propaganda clericale aveva radicatonegli strati popolari»10. Anticlericale, ma non antireligiosa o anticri-stiana, anzi. Interessantissimo sotto questo aspetto è un articoloche, diciottenne, Modugno scrive su un giornaletto di Bitonto11, incui fa la lezione a un prete, un giovane quaresimalista, che se l’èpresa con i socialisti, e gli cita il Vangelo e i Padri della Chiesa:

«Sentiamo il dovere di mettere in guardia i nostri lavora-tori verso le prediche del quaresimalista, un giovanottoche, passi pure per tutte le scempiaggini che mette fuorisenza sale né pepe intorno alle scienze moderne, di cuitutti quegli ascoltatori non intendono nulla, ma ha purela goffa pretenzione di voler combattere il socialismo; emagari lo facesse con argomenti seri, ma con una igno-ranza e una malafede uniche, ripetendo a quei buonilavoratori quanto malamente ha imparato in seminario eappreso da qualche giornalucolo clericale, mette fuori talie tante fandonie, tali e tante villanie, abusando del luogoove si trova, da avere tutta la figura di un ciarlatano dipiazza, il quale è contento di sconclusionare e di andaredi palo in frasca, pur di tener sospesa l’attenzione degliuditori fino all’ultimo, allorquando con un certo modu-lamento di voce dirà: “Acquistate quindi la mia merce”. E come il ciarlatano che, mentre vuol parlare di medicina è

10 B. ANTONINO, Giovanni Modugno. Attività e scritti politici 1895-1920, Bitonto 1981, p. 19.11 Si tratta di un giornale fondato nel 1897 dai socialisti di Bitonto, “La Vigilia. Difesa set-timanale dei lavoratori”; con questo articolo ( “La Vigilia”, anno II, n. 9, Bari 6.3.1898)Modugno fece il suo debutto giornalistico, e che debutto...!

487

CENTRO DI ORIENTAMENTO PASTORALE

Page 113: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

proprio quella che ha dimenticato di studiare, così ilnostro pretonzolo, volendo parlare di religione pare chela vera religione di Cristo non ha mai pensato a studiare.Infatti il detto predicatore non ricorda che fu Cristo il piùgrande proclamatore della fratellanza e della uguaglian-za, e che giudicava cosa ingiusta e dannosa l’esistenza delricco, che vive oziosamente alle spalle del povero lavora-tore, da sentenziare: “Essere più facile che un cammelloentri per la cruna di un ago che il ricco in paradiso”?Ignora forse il dotto quaresimalista San Paolo “Chi nonlavora non mangia” e San Clemente “Dio ha creato tuttele cose perché il profitto fosse comune a tutti; la naturaha creato dunque il diritto di comunità, ed è l’usurpazio-ne che ha creato il diritto di proprietà”. E San GregorioMagno: “La terra è comune a tutti gli uomini: invano sicredono innocenti coloro che si appropriano delle coseche Dio ha reso comuni”. E Pelagio Monaco: “Quando sivorrà comprendere che i più sono nella miseria perchéalcuni posseggono il superfluo? Basta l’esistenza di unpiccolo numero di ricchi per creare una moltitudine dipoveri”. E potremmo citare ancora identiche affermazio-ni di S. Agostino, S. Giovanni Crisostomo, di S. Girolamofino a Leone XIII che disse: “Tutti i beni della natura,tutti i tesori della grazia appartengono in comune e indi-stintamente a tutto il genere umano”. Non sono queste, oillustre predicatore, affermazioni, se ci permette l’anacroni-smo, addirittura socialiste? E se a voi non sono note,abbiamo noi il diritto e il dovere di chiamarvi mistifica-tore? […]. Intendano dunque una buona volta i miseri esfruttati lavoratori che non solamente è falso che il socia-lismo vuole distruggere la Religione, essendo questa unaffare privato, ma la Religione è a favore delle nostre idee,quando però si consideri la vera Religione di Cristo nonmistificata da chi se ne fa arma per mantenere il popolonell’abbrutimento e nel servaggio».

Sarà utile e interessante notare come tali riferimenti alla dottrinasociale, in realtà evangelica, dei Padri, si ritrovi nelle parole delConcilio, con qualche espressione che avrebbe fatto particolarmen-te piacere a Modugno e che non trovo granché ripresa nella ordina-ria predicazione: «A tutti gli uomini spetta il diritto di avere unaparte di beni sufficienti a sé e alla propria famiglia. Così pensavano

488

Page 114: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

i Padri e i dottori della Chiesa, i quali hanno insegnato che gliuomini hanno l’obbligo di aiutare i poveri e non solo con il lorosuperfluo. Colui che si trova in estremo bisogno ha diritto di pro-curarsi il necessario dalle ricchezze altrui»12. In questa sede è impor-tante notare come, diciottenne, Giovanni Modugno, più ancora chedi fare politica, sia preoccupato di educare, di fare la lezione, e nonsolo al malcapitato ‘pretonzolo’.

b. La riflessione matura: nella Chiesa, ma con gli ideali di sempre

Con il suo ritorno alla Chiesa cattolica Modugno continua in que-sta coerenza educativa: «Noi volevamo – scrive – come semprevogliamo e vorremmo, il trionfo della giustizia e dell’amore tra gliuomini; ma per lunghi anni, purtroppo!, non avevamo compresoche la giustizia e l’amore non sono possibili senza la luce di Cristo.Eravamo cercatori di Cristo e non ce ne accorgevamo»13.Sono gli anni difficili del fascismo, della difficoltà di parlare aper-tamente. Modugno, che si sente in piena sintonia con il Magisterodel Papa14, scrive a don Tedeschi (aprile 1937), che sente il bisogno

12 Il Concilio (Gaudium et spes 69) cita, tra gli altri, anche sant’Agostino e san GregorioMagno, citati da Modugno; Paolo VI, nella Populorum progressio, n. 23 (1967), partendoproprio dal n. 69 della Gaudium et spes, cita anche il De Nabuthae historia (12, 53; P.L. 14, 747)di sant’Ambrogio: «Non è del tuo avere, che tu fai dono al povero; tu non fai che render-gli ciò che gli appartiene. Quel che è dato in comune per l’uso di tutti è quel che tu usur-pi. La terra è data a tutti e non solamente ai ricchi». Sul testo, mi permetto di rimandarea G. MICUNCO, La terra è di Dio, “Invigilata lucernis”, 20, 1998, pp. 179-189. Sull’ultima affer-mazione, il Concilio (cit., nota 11) precisa in nota: «Vale in questo caso l’antico principio:“in extrema necessitate omnia sunt communicanda”. D’altra parte, in ciò che concernel’estensione e le modalità secondo le quali questo principio si applica nel testo, oltre gliautori moderni “probati”, cfr S. Tommaso, Summa Theol. II-II, q. 66, a. 7. È chiaro che, peruna esatta applicazione di questo principio si devono adempiere tutte le condizioni oral-mente richieste». 13 Riportato in D. SARACINO, cit. p. 3; cfr MODUGNO, Appunti, cit., p. 178.14 Modugno (lett. 33) si riferisce alle Encicliche di Pio XI Divini Redemptoris e Mit brennenderSorge, con cui il papa condannava ateismo e razzismo; il testo in G. MODUGNO, La missione edu-cativa. Corrispondenza 1903-1956 (a cura di D. Saracino), Stilo Editrice, Bari 2009, p. 114.

489

CENTRO DI ORIENTAMENTO PASTORALE

Page 115: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

di occuparsi «di certi argomenti attualissimi», «Ma so che debbo –scrive – prima assolvere il compito da lei assegnatomi di preparareil testo di religione, e prego Iddio di assolverlo non solo bene, maanche presto». Nel contesto culturale neopagano del fascismo e delnazismo, il compito più importante che Modugno ritiene di dover-si assumere, oltre a continuare nell’insegnamento, è quello di scri-ver libri per la scuola, per gli insegnanti (la necessità di ‘educare glieducatori’), e per i ragazzi, di religione, di lettura, per le classi ele-mentari e medie, per arginare, alla luce del vangelo, che egli ritienee definisce il “vero antidoto”, una cultura radicalmente anticristia-na: punti di riferimento sono l’umanesimo integrale di Maritain, ilpersonalismo di Mounier, la ‘scienza della vita’ di Förster; il meto-do è quello ‘preventivo’ di san Giovanni Bosco. Degli elementi pagani e anticristiani della cultura fascista, di ognicultura totalitarista, molti ‘sinceri’ cattolici non si accorgono,preoccupati solo di un superficiale moralismo. Aveva conosciutoanni prima «uno tra i più sinceri, colti e fervidi professori cattolici»,scrive all’amico Chizzolini (6 dicembre 1938)15:

«Avendolo riveduto dopo vari anni, ho notato un fattooltremodo sintomatico e doloroso, di cui egli – questo èil punto più grave – non si rende conto neppure lontana-mente. Egli è assiduo nelle pratiche religiose, irreprensi-bile, anzi edificante nella sua vita di padre e di marito; madi fronte a certi argomenti importantissimi – in cui ilcontrasto tra nazionalismo imperialista da una parte econcezione cristiano-cattolica della vita dall’altra è evi-dente – la sua coscienza si è come oscurata e nel dare, sudati argomenti, giudizi indiscutibilmente nicciani, nons’accorge di pensare come un profano che ha addiritturadimenticato il Vangelo».

E ancora:

«Mentre la sua coscienza nazionale (che risente assai dellaconcezione tedesca nettamente condannata dalla Chiesa)ha straordinaria sensibilità pronta a reagire al minimoeccitamento, la coscienza cattolica invece è stranamenteinsensibile anche se si tratta di questioni davvero supre-

15 MODUGNO, La missione, cit., lett. n. 44, p. 131.

490

Page 116: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

me, che mirano direttamente al centro della vita cattoli-ca. S’è verificata in lui una specie di daltonismo che men-tre gli fa scorgere (grazie a Dio) con prontezza ogni piùlieve violazione del 6° e del 9° Comandamento, lo rendeaddirittura cieco di fronte alle violazioni del quinto e delprimo (giacché sdrucciola, senza rendersene conto, nell’i-dolatria) e dei due massimi Comandamenti di Cristo».

Modugno mantiene integra la sua coerenza umana e cristiana dipensiero e di vita anche dopo la fine del secondo conflitto mondia-le, negli anni della ricostruzione; mi ha raccontato un amico prete,che lo ha conosciuto ‘sfollato’ negli anni della guerra, cheModugno ebbe a dirgli: «Ora incominciano i guai», quelli, eviden-temente, prima di tutto per la comunità cristiana; come eranocominciati dopo le persecuzioni con l’avvento della pace costanti-niana... Modugno (che segue e condivide le posizioni di don Sturzo,di don Mazzolari, di Maritain) vede gravissimo il pericolo di unaconfusione tra azione politica e azione cattolica. Leggiamo in unasua lettera all’amico Isnardi del febbraio del 194716:

«Non sempre i cattolici (clero e laicato) sono all’altezzadella situazione! E non si accorgono di danneggiare laChiesa e di fare il giuoco dei malevoli. Ecco qualche esem-pio, colto dal vero: Un sacerdote difende il Papa con que-sta predica: ci han tolto il duce, e abbiam lasciato correre;ci han tolto il re, e abbiam lasciato correre; ora vorrebbe-ro toglierci anche il Papa; ma… (il Papa sullo stesso pianodel “Duce” e del Re, che han condotto l’Italia alla perdi-zione!...). E che dire di maestre suore, che alle bambinehanno detto parole severe, e talora ingiuriose, contro igenitori cattolici, perché fautori della Repubblica; e dicattolici, difensori convinti dei qualunquisti, dei liberali,e avversari dei socialisti molto più per ragioni economi-che che non per ragioni etico-religiose? Che dire di sacer-doti, che anche sull’Altare e nella Confessione, han fatto

16 MODUGNO, La missione, cit., lett. 206, p. 240.

491

CENTRO DI ORIENTAMENTO PASTORALE

Page 117: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

propaganda monarchica? Più volte, di fronte a questifatali errori, io ho detto che temevo una ripresa anticleri-cale; e ora che questa si è scatenata, io credo più che maiche con tatto, con prudenza, con spirito cristiano, dob-biamo cercare di aprire gli occhi dei cattolici, i quali con-tinuano a tenerli chiusi, pur dopo i fatali errori del ven-tennale filofascismo».

c. I ‘capelli bianchi’, ma ancora un sogno…

È sempre lo stesso Modugno degli anni giovanili: gli stessi ideali, lastessa chiarezza di vedute, a cui il Vangelo, la frequenza dei sacra-menti, il magistero del papa, hanno aggiunto una luce e una forzain più. Continua ad occuparsi di politica, ma sempre da educatore.Il passare degli anni e l’aggravarsi dello stato di salute (suo e dellamoglie) non lo cambiano; continua a scrivere e a lottare, per unascuola diversa, per una società e una comunità cristiana diverse.Scrive all’amico Rainaldi (23 gennaio 1950)17:

«Come ti accennai nell’ultima mia, desideravo parlarti ditante cose che mi fanno soffrire perché rivelano il dolo-roso contrasto fra il Vangelo e la vita quotidiana, e volevodirti che sono d’accordo con Maritain, quando affermache gli errori del comunismo sono da considerarsi, alme-no in parte, come la reazione dei poveri all’egoismo deiricchi. [...] Ora ho trovato una maniera spiccia per dirtiquello che volevo scriverti. Me ne ha dato l’occasione unnumero di un giornaletto (“Adesso”), nel quale ho lettocon vivo interesse due articoli (uno, del sindaco socialistadi Milano e l’altro, di don Mazzolari) su argomenti, chemi stanno a cuore come ci stavano a cuore il 1913. Te lomando perché, leggendo i due articoli, avrai un’idea diquello che ti avrei scritto: ossia, se i socialisti sinceri e icattolici sinceri si sforzassero di applicare il Vangelo nellasoluzione dei più gravi problemi della crisi contempora-nea, sarebbe possibile evitare una terza catastrofe mon-diale. Ci vorrebbero ovunque uomini di buona volontà, diassoluta sincerità, di ferrea coerenza!».

17 MODUGNO, La missione, cit., lett. 161, p. 324.

492

Page 118: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

Lascia ammirati la coerenza di Modugno con se stesso: dagli annigiovanili, dalle battaglie socialiste, anche dopo il ritorno nellacomunità cristiana, anche ora che è in pensione, vecchio e malato,gli ideali di lotta per la giustizia sono sempre gli stessi: e cattolici esocialisti possono lottare insieme perché la passione è la stessa: mai cattolici devono essere sinceramente cristiani del Vangelo, e isocialisti dei socialisti sinceri. Il mondo sembra non cambiare, maModugno non si rassegna:

«A proposito, sai che Förster ha ora ottant’anni e non èancora tornato in Germania? Temo che morrà in esilio!Quanta tristezza! Ma non riesco a rassegnarmi all’ideache, dopo due tragiche esperienze, non si debbano faretutti gli sforzi possibili per risolvere senza nuovi conflittigl’ideali della giustizia sociale, della libertà e della pace, aiquali restiamo fedeli nella vecchiaia, come fummo nellanostra giovinezza!».

Sempre con la voglia di lavorare, anzi addirittura di ‘sognare’, anchequando ha «i capelli bianchi» (a Isnardi, 10 maggio 1946)18:

«Chiarire questi tragici malintesi a me pare uno dei com-piti più importanti dell’ora presente. Riusciremo? Lovoglia Dio! Pur essendo tanto stanco, non so rinunziare alavorare per questo mio sogno, che mi fa sentir giovanemalgrado dei miei capelli bianchi!».

Modugno si rende conto del fatto che di fronte a tante aspettative,a tanto lavoro, a tante speranze, i risultati sembrano essere scarsi: equesto non può non ingenerare qualche tristezza. Ma, non tantoperché potrebbe sembrare di aver faticato invano, ma perché sisarebbero voluti maggiori frutti di ‘conversione’. Cristianamente,evangelicamente, Modugno sa che i discepoli del Vangelo sono«servi inutili», come dice Gesù, che ciò che conta è aver combattu-to la «bella battaglia», come dice l’apostolo Paolo. Modugno sa che

18 MODUGNO, La missione, cit., lett. 88, p. 209.

493

CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Page 119: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

il Signore non guarderà ai risultati ottenuti, non guarderà aglieffetti concreti, guarderà al cuore, perciò può scrivere al dilettodiscepolo Matteo Perrini (31 maggio 1949): «Meno male che ilSignore ci giudica dai nostri sforzi e dalle nostre intenzioni!».

4. «Sono troppo educatore per fare della politica»

Da quanto abbiamo considerato risulta chiaro come in GiovanniModugno sia impossibile separare il testimone dall’educatore Ha cer-tamente ragione Vincenzo Robles a dire che Modugno non fu unpolitico. «E questo semplicemente perché per Modugno la politicanon poteva essere ‘l’arte del possibile’, ‘l’arte della mediazione’, oppu-re, peggio, l’arte del sapere, al momento opportuno, non vedere, nonsentire, non parlare! E difatti nel 1919 aveva scritto: “…io mi trovo adisagio, non mi sento uomo di parte, sono troppo educatore per faredella politica”. La politica – dice ancora Robles – per Modugno è statoil tentativo di fornire alla sua città e ai suoi concittadini la possibili-tà di difendersi da ogni forma di tirannide»19.Al termine di uno dei tanti comizi da lui tenuti nel 1919, quandoancora militava nel partito socialista, ma andava sempre più renden-dosi conto che l’«ambiente per me più adatto era la scuola», raccon-ta: «Mentre uscivo, un contadino mi si avvicinò, mi baciò […] dicen-do: “Non ci abbandonate!”. […] No - volevo rispondere – io sento ilbisogno di non abbandonarvi, perché i miei alunni non mi bastano.Ma io, così come son fatto, posso essere non il vostro condottiero, mail vostro educatore»20. È la chiara consapevolezza di una vocazione,della ‘missione educativa’, a cui si era sentito da sempre ‘chiamato’.

5. Il “rischio del vivere”: una coerenza eroica

La scelta educativa non ha significato, peraltro, un tirarsi indietrodai rischi della politica, dai sacrifici che le battaglie sociali e politi-

19 V. ROBLES, Giovanni Modugno, relazione tenuta a Bari all’assemblea diocesana del 17 apri-le 2007.20 M. SPINELLI MODUGNO, Appunti, cit., p. 146.

494

Page 120: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

che richiedono, perché Giovanni Modugno ha messo in gioco inve-ce tutta la sua vita, e quella della sua famiglia. Quando era impe-gnato ancora direttamente in politica, era stato minacciato dimorte. Attesta la moglie Maria Spinelli: «Non riporto qui analitica-mente gli ignobili ricatti con cui alcuni tentarono di espugnare lanobile fortezza del cuore di Giovanni, richiamandolo… al pensierodella vecchia madre, della bambina e della moglie, verso le qualinon poteva dimenticare le gravi responsabilità; non le trascrivo,perché il solo rammentarle mi sconvolge». E Modugno aveva cosìreagito: «Non mi atterrisce l’idea del mio sacrificio che sarebbecerto un sacrificio fecondo, convinto che la mia uccisione sarebbel’ultima che si commetterebbe nel Collegio, ove mai più si osereb-bero rinnovare simili metodi elettorali».Ma non si tratta solo di entusiasmi giovanili (peraltro nel 1913,Modugno aveva 33 anni, lavoro, moglie e figlia…). La convinzioneche si debba dare la vita per i grandi ideali Modugno la ribadisce inuna biografia, che stava preparando ed è rimasta inedita, su TeresioOlivelli, il “cristiano ribelle per amore”, ucciso in carcere dai fascistiil 12 gennaio 1945 per i suoi ideali politici di giustizia e di libertà.Modugno, in apertura, riportava queste parole di Platone annotatein un quaderno di citazioni di Olivelli: «Male avvisi se credi che unuomo debba riflettere al rischio del vivere o del morire, quando sitratti di fare anche il più piccolo bene». Modugno così commenta-va: «Per compiere infatti il suo dovere, Olivelli si sente pronto adaffrontare la morte che non teme, anche perché la morte è per luiquello che è per ogni cristiano convinto: l’inizio di una nuovavita»21. Ed è interessante che il modello proposto sia un giovane…Giovanni Modugno la vita l’ha data davvero per i fratelli: l’ha dataper la verità e la giustizia, l’ha data per Cristo e per il Vangelo. Il suodiscepolo prediletto, Matteo Perrini, si è ben reso conto del fattoche la gravità delle condizioni di salute del suo ‘padrino’ (era statosuo padrino di cresima, e padre di vita) era dovuta all’essersi il suo

21 M. SPINELLI MODUGNO, Appunti, cit., p. 122.

495

CENTRO DI ORIENTAMENTO PASTORALE

Page 121: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

maestro speso totalmente, senza riserve, eroicamente, al servizio deifratelli, grandi e piccoli; egli non esita a chiamare (25 settembre1950)22 quello di Modugno e della moglie un ‘martirio della carità’:

«Le notizie, però, che mi date nell’ultima lettera mi addo-lorano assai: nella condizione di salute in cui siete Voi e lamia Madrina, certe faccende non si dovrebbero propriosbrigare, ma il Signore credo che abbia chiamato i geni-tori di Pinuccia al “Martirio della Carità” e nella SuaVolontà è la nostra pace».

Lo invita, se possibile, a risparmiarsi (14 maggio 1951)23:

«Siate buono con voi stesso e con la Signora: da 70 annisiete buono solo per gli altri».

Matteo ha visto bene: tutta la vita, Giovanni Modugno l’ha spesaper gli altri, e l’ha spesa in una ‘bontà’ evangelica. Anche questo hacompreso il suo discepolo prediletto, che in una sapiente e ricono-scente sintesi attesta:

«La mia gratitudine e il mio affetto non vi verranno maimeno; voi mi avete mostrato il volto di Gesù».

È, in realtà, il volto amabile e misericordioso di Gesù quello cheModugno ha mostrato in tanti anni di passione per il sapere, diattenzione ai poveri, ai contadini, agli operai, soprattutto ai ragaz-zi e ai giovani, e poi anche a tanti amici, che hanno potuto goderedella sua affabilità, della sua bontà paterna, che rendeva ‘vicina’ labontà del Padre celeste.

Due ultime rapide notazioni conclusive mi sembra importante faresu questo educatore e testimone della nostra terra: la prima sullacontemplazione del bello, la seconda sul dono della grazia.

22 MODUGNO, La missione, cit., lett. 172, p. 339.23 MODUGNO, La missione, cit., lett. 182, p. 349.

496

Page 122: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

6. La contemplazione del bello. La “bella battaglia”

In una notte di Natale, mentre era a Napoli per gli studi universita-ri, così Giovanni Modugno scriveva a un suo intimo amico: «Sononel mio studio, solo, eppure in compagnia delle persone più care...Quanta nostalgia, quanta amarezza e insieme quanta dolcezza!Tanto vicini eppure tanto lontani24. Sia pace agli uomini di buonavolontà! Non lo sentiamo tutti questo canto risuonare nel nostrocuore?... E che meraviglioso cielo stellato! Non so se sia più bello losplendore delle stelle o quello del gran Libro25, che è aperto sulloscrittoio: come tutto parla della dolcezza della pace e dell’eternitàdella vita»26.Sono parole che rivelano, prima di tutto, la sua capacità di ammi-razione, di intuizione, di contemplazione: egli è capace di stupirsisempre, a qualsiasi età e in qualsiasi momento e luogo, del bello edel buono che c’è intorno a noi, di saper intuire, leggere dentro que-sta bellezza e questa bontà, di contemplare in tutto, nelle cose enelle persone, la presenza e l’azione di Dio. Sono quelle facoltà cheil Vaticano II (Gaudium et spes 59) ha indicato come imprescindibiliper una cultura vera, integrale. Perché sono quelle che permettonola “sintesi”: «Oggi - dice il Concilio - vi è più difficoltà di un temponel ridurre a sintesi le varie discipline del sapere e le arti. Mentreinfatti aumenta il volume e la diversità degli elementi che costitui-scono la cultura, diminuisce nello stesso tempo la capacità per i sin-goli uomini di percepirli e di armonizzarli organicamente, cosicchél’immagine dell’uomo universale diviene sempre più evanescente.Tuttavia, ogni uomo ha il dovere di tener fermo il concetto dellapersona umana integrale, in cui eccellono i valori dell’intelligenza,della volontà, della coscienza e della fraternità - potrebbero essere

24 “Lontani di idee”: così precisa la moglie, Maria Spinelli, nel riportarci lo scritto, nondatato, del marito (in MARIA SPINELLI MODUGNO, Giovanni Modugno, cit., p. 51).25 Modugno lo scrive con la L maiuscola: è il libro della parola di Dio.26 Riportata in G. MICUNCO, La bella battaglia. Santità e laicità in Giovanni Modugno (1880-1957), Stilo Editrice, p. 29.

497

CENTRO DI ORIENTAMENTO PASTORALE

Page 123: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

27 MICUNCO, La bella battaglia, cit. p. 34.

parole di Giovanni Modugno -, che sono tutti fondati in DioCreatore e sono stati mirabilmente sanati ed elevati in Cristo»(Gaudium et spes 61). La cultura di oggi, troppo specialistica, fa spes-so perdere la visione d’insieme, fa perdere di vista la bellezza delmondo, la fondamentale bontà dell’uomo, la grandezza di Dio. Labellezza del mondo. Direi che è stato il punto di partenza di tutte letensioni positive di Modugno. Contempla il bello e si sente incitato a fare il bene. È la contempla-zione del bello, più ancora che la lettura dei libri, a spingerlo insi-stentemente a fare qualcosa di buono e di utile, di grande. È una ten-sione che gli viene da Dio stesso: Lui che ha visto che “era buono (ebello)“ tutto ciò che aveva creato, perché l’uomo, coronamento dellasua opera se ne innamorasse e lavorasse per il suo progetto d’amore.Una santa inquietudine... In un mondo così bello, che è armonia epace, non ci possono, non ci devono essere ingiustizie, soprusi,sopraffazioni... vede quindi fin dalla giovinezza il suo impegno distudio e di lavoro come ‘missione’. A un giovane maestro suo amicoscrive (ed è come se già scrivesse il programma della sua vita):«Cerca soprattutto d’innamorarti della Scuola (questo è il consigliomigliore che posso darti); ama i tuoi bimbi; abbi per loro le cure diun padre; pensa che in tutto il villaggio tu hai l’ufficio più bello epiù delicato; ricordati che la parola missione non è solo una trovataretorica, come alcuni vogliono sostenere! No! Se nella nostra vitanon avessimo sacri doveri da compiere; se ognuno di noi non aves-se una missione (la ripeto volentieri la calunniata parola), se dovessi-mo essere tutti dei mestieranti, oh!, sta’ sicuro che saremmo dei di-sgraziati e che non varrebbe la pena di vivere! Amala con entusia-smo la Scuola! Verrà il tempo in cui penserai al presente come altempo più bello e più utile della vita!»27. Sempre il bello. Il “bell’uf-ficio”, i “sacri doveri”, la “missione”: sono “la buona battaglia” (e ilgreco dice la “bella battaglia”) di cui parla l’apostolo Paolo (2 Tm 4,7). E questo a poco più di vent’anni. Una missione presuppone sem-pre un mittente: Modugno si sente ‘mandato’ dalla bellezza checontempla nel creato e nell’uomo, e che lo spinge, negli studi scien-tifici, poi in quelli filosofici, nell’impegno per la giustizia, poi per la

498

Page 124: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

scuola e per la formazione, ad annunciare Colui che di quella bel-lezza è l’autore.

7. Il dono della grazia

La santità più e prima ancora che nel fare cose grandi, consiste neldire ‘sì’ al Signore, alla sua grazia, che opera nell’uomo cose grandi, setrova una totale, radicale, eroica conformazione alla volontà divina, aldono di Dio. In una lettera (del maggio 1947, all’amico Chizzolini)28,Modugno aveva espresso la necessità di «umilmente ma fervidamen-te richiamare tutti a veder chiaro, a fare un esame di coscienza(“Cattolici, siamo cristiani?”), a recitare il mea culpa, ad essere eroica-mente, evangelicamente coerenti, affinché (il mio chiodo!) la religio-ne diventi vita in tutti i settori». La coerenza cristiana, se vuole essereveramente evangelica, non può che essere ‘eroica’: richiede un sì tota-le. Così è stato per Maria, così è stato ed è per tutti i santi. Giovanni Modugno ha detto questo ‘sì’ totale e incondizionato alSignore, alla sua grazia, anche quando non sapeva con chiarezza cheda lui veniva l’invito, la spinta, l’impulso ad amare il bello, il buono, ilvero, per amore dei fratelli. Modugno stesso ha poi compreso chequanto per natura era portato a fare era già secondo la grazia di Dio eche questa grazia lo perfezionava. Ha scritto, e ne dobbiamo far teso-ro (anche perché è teologia acquisita), in Religione e vita: «Nella prassieducativa bisogna tener presente in primo luogo che la grazia nondistrugge la natura, ma la eleva e la perfeziona, e quindi la suppone; ein secondo luogo, che il compito della Chiesa non consiste solo nel-l’avvicinare il divino all’umano, bensì anche nell’elevare l’umano aldivino, ossia nell’educare il volere dell’uomo a Cristo e alla grazia, e inquesta grazia confermarlo sempre meglio. La Chiesa è custode nonsolo della Rivelazione, ma anche dell’integrità umana»29.

28 MODUGNO, La missione, cit., lett. 112, p. 252.29 G. MODUGNO, Religione e vita, Brescia 19574, p. 7.

499

CENTRO DI ORIENTAMENTO PASTORALE

Page 125: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

E la grazia di Dio viene soprattutto e prima di tutto dai sacramen-ti. Modugno se ne rendeva ben conto, quando, essendo ormai vici-no a quello che lui chiamava il ‘Salto’, il ritorno nella comunità cri-stiana, scriveva: «Chi può pienamente credere a dogmi meraviglio-samente consolatori come quelli dell’Uomo-Dio e dell’Eucaristia hasenza dubbio soddisfatto i bisogni spirituali, che io vorrei soddisfa-re; ma come giungere alla credenza?». Modugno comprende beneche la fede cristiana non è solo speculazione filosofica e azionemorale – a questo arrivava da solo – ma grazia che viene dall’alto, daDio fatto uomo e dell’Eucaristia. È anche per questo che, approdato, grazie a tanti amici (e non soloil Casotti, ma anche illustri colleghi, mons. De Palma di Bari e AnnaDe Renzio di Bitonto, anch’essi vissuti e deceduti in fama di santi-tà) alla fede piena, si sofferma a lungo sull’importanza dei sacra-menti e della liturgia: vi dedica lunghi capitoli in Religione e vita, per-ché i ragazzi e i giovani siano introdotti al mistero di Cristo. Scrive:«Chi considera la liturgia come qualcosa di meccanico e d’esterioree va in cerca di nuovi metodi che rendano interessante l’insegna-mento della religione, dimostra di non aver inteso che proprio laliturgia è un meraviglioso monumento di sapienza pedagogica –oggi avremmo detto ‘mistagogica’ -, che l’insegnante deve conve-nientemente saper utilizzare per render vivo, intuitivo e fattivo ilsuo insegnamento» (p. 53). Ma in nota sente il bisogno di avvertire:«Quando si parla della liturgia, si deve intendere la liturgia quale laintende la Chiesa, non quale viene fraintesa da chi non la conosce onon la sa insegnare», parole che si commentano da sole...Lo sguardo di Giovanni Modugno, così aperto sulle persone e sulmondo, andava però sempre oltre, guardava sempre alla meta, aquella santità a cui tutti siamo chiamati, alla vita eterna. La santità,la vita eterna sono una meta, ma sono anche realtà che nella Chiesa,nei sacramenti, nella vita familiare, nell’impegno professionale ecivile, si possono vivere e gustare già su questa terra. Mi sembrabello concludere questa comunicazione sul Servo di Dio GiovanniModugno riportando ancora una testimonianza di Maria Spinelli:«Mi viene in mente un brevissimo dialogo, che avemmo un giorno,durante una passeggiata: non ricordo bene come, si giunse a parla-re di Chiesa, di sacramenti, di Comunione - come tutto sembranaturale, non artificioso... -; certo è che esclamammo quasi insieme:

500

Page 126: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

“Come sono consolanti quelle parole che il sacerdote ripete por-gendo a ciascun fedele l’Ostia: Corpus Domini nostri Iesu Christi custo-diat animam tuam in vitam aeternam! (“Il Corpo del Signore nostroGesù Cristo custodisca la tua anima per la vita eterna”: così primadella riforma liturgica)“; aggiungeva: “Ecco la meta!”. Ma (...) perGiovanni i mezzi per raggiungere la vita eterna dovevano trovarsi inuna volontà di perfezionamento che egli cercava di attuare nellapropria anima e di sollecitare in quella degli altri (...). Perciò riten-ne l’insegnamento una missione, e a qualunque titolo che gli altri cre-dessero di attribuirgli, egli preferiva soltanto quello di ‘Profes-sore’»30. Noi ci auguriamo - e speriamo che non se la prenda - chepresto possa avere quello di ‘Beato’.

30 M. MODUGNO, Appunti, cit., p. 186.

501

CENTRO DI ORIENTAMENTO PASTORALE

Page 127: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

Mimmo Falco

Annuncio celebrazione testimonianza:unità necessaria per educare alla vita cristiana

A partire da una domanda…

I Padri sinodali hanno significativamente affermato che «i fedeli cristianihanno bisogno di una più profonda comprensione delle relazioni tral’Eucaristia e la vita quotidiana. La spiritualità eucaristica non è soltanto par-tecipazione alla Messa e devozione al Santissimo Sacramento. Essa abbracciala vita intera». Questo rilievo riveste per tutti noi oggi particolare significato.Occorre riconoscere che uno degli effetti più gravi della secolarizzazionepoc’anzi menzionata sta nell’aver relegato la fede cristiana ai margini dell’e-sistenza, come se essa fosse inutile per quanto riguarda lo svolgimento con-creto della vita degli uomini. (Sacramentum caritatis, 77)

La preoccupazione del Papa richiama quella dei Padri sinodali enasce dalla consapevolezza di uno scollamento tra la fede celebratae quella vissuta. Questa preoccupazione non è nuova nella Chiesa.Ne è testimonianza il grande Giovanni Crisostomo, vescovo nel IVsecolo, che rimprovera i suoi fedeli: «Sono numerosi coloro che,dopo aver ricevuto il battesimo, vivono in modo più disordinato dicoloro che non lo hanno ancora ricevuto e non fanno perciò vederein alcun modo che sono cristiani. Non è possibile oggi riconoscerelì per lì, nelle assemblee pubbliche e anche all’interno della chiesa, ifedeli da coloro che non lo sono. L’unica cosa che distingue gli unidagli altri è che, quando si sta per celebrare i santi misteri, i fedelirestano nel tempio, mentre gli altri ne sono esclusi. E, invece, nondovrebbe affatto accadere così, in quanto non dal luogo, ma daicostumi e dalla vita bisognerebbe poter distinguere gli uni daglialtri» (Commento al Vangelo di Matteo, 4). Quella descritta dal Criso-stomo appare una situazione a noi molto familiare.Anche la Chiesa italiana da molti anni mantiene viva questa rifles-sione. Negli Orientamenti pastorali per il 2000 i vescovi italiani richia-mavano l’importanza di una fede adulta, «capace di tenere insieme

502

Page 128: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

i vari aspetti della vita facendo unità di tutto in Cristo», per rende-re i cristiani capaci «di vivere nel quotidiano, nel feriale – fatto difamiglia, lavoro, studio, tempo libero – la sequela del Signore, finoa rendere conto della speranza che li abita» (CVMC, 50).È in questo rapporto tra fede e testimonianza, tra celebrazione evita, che emerge il significato e l’importanza della formazione litur-gica. Dobbiamo riconoscere che fino ad ora, tutto lascia pensareche ci siamo preoccupati esclusivamente di una formazione «alla»liturgia, dimenticando che dobbiamo preoccuparci anche di essereformati «dalla» liturgia. Scrive Romano Guardini che la liturgia«non diventa perfetta fino al punto di portare l’uomo che pregafuori dal corpo. Al contrario egli diventa sempre più uomo nelsenso più profondo: il che significa che nell’atto liturgico la sua cor-poreità si “anima sempre di più”, si spiritualizza, si trasfigura; chela sua anima si esprime, si manifesta, si incarna in modo sempre piùcompleto» (R. Guardini, Formazione liturgica, p. 28). Nel suo libroL’intelligenza della liturgia, Paul De Clerck ricorda che «La liturgianon è anzitutto un oggetto da comprendere intellettualmente… mapiuttosto una sorgente, ricca di significati. La prima cosa da farenon consiste nell’analizzarla, ma nel lasciarla parlare e ascoltare,con simpatia» (L’intelligenza della liturgia, p. 21).Cosa significa questo? Significa che non possiamo preoccuparcisemplicemente di preparare ai sacramenti e dimenticando che si èanche formati dai sacramenti. Allo stesso tempo, non possiamopreoccuparci esclusivamente dell’interiorità, convinti che solo que-sta può garantire la dignità e la comprensione necessarie per riceve-re il sacramento. Così facendo dimostriamo di dimenticare che laliturgia passa prima di tutto per il corpo per coinvolgere l’uomointero. A questo proposito può essere utile ricordare quanto sanBenedetto raccomandava ai suoi monaci e sintetizzato nell’espres-sione ormai celebre: Mens concordet voci. Noi avremmo certamenteaffermato il contrario, cioè che la bocca deve esprimere quello chegià si si porta nel cuore. L’affermazione benedettina, invece, ci aiutaa comprendere l’importanza del corpo e a guardare alla liturgia come«azione» che coinvolge e passa per il corpo. Infatti, come ricorda

503

CENTRO DI ORIENTAMENTO PASTORALE

Page 129: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

ancora Guardini: «ciò che opera nell’azione liturgica, che prega, offree agisce non è “l’anima”, non “l’interiorità”, bensì “l’uomo”: è “l’uo-mo intero” che esercita l’attività liturgica» (R. Guardini, op.cit., p. 21). Il Direttorio per la Messa con i fanciulli, tradotto e pubblicato nel 1976dalla Chiesa italiana, è un tentativo di tenere stretto questo rappor-to tra liturgia e corporeità, tra celebrazione ed esperienza umana.Infatti, dopo aver affermato che «la partecipazione alle azioni litur-giche… è un fatto di così grande importanza, che senza esso sareb-be impensabile una vita pienamente cristiana» (nr. 8), il Direttorioinvita catechisti ed educatori a fare in modo che i fanciulli «faccia-no anche, secondo l’età e lo sviluppo raggiunto, l’esperienza con-creta di quei valori umani, che sono sottesi alla celebrazione eucari-stica, quali l’azione comunitaria, il saluto, la capacità di ascoltare,quella di chiedere e accordare il perdono, il ringraziamento, l’espe-rienza di azioni simboliche, il clima di un banchetto tra amici, lacelebrazione festiva» (nr. 9). È superfluo aggiungere che quello cheè detto per i più piccoli può avere valore anche per i più grandi.

La preoccupazione di educare alla liturgia, trascurando anche ilprocedimento inverso, si traduce nella prassi ad una preparazioneai sacramenti che mostra inevitabilmente alcuni “vuoti pastorali”.Facciamo riferimento ad una situazione abbastanza diffusa e che èfacile riconoscere: quale attenzione alle famiglie dal battesimo deibambini fino al tempo della Iniziazione? Cosa succede ai nostriragazzi dal sacramento della cresima fino alla celebrazione delmatrimonio? E quale attenzione alle coppie giovani dal loro matri-monio al battesimo del loro primo figlio?

Si offrono alcune proposte

L’omelia ponga la Parola di Dio proclamata in stretta relazione con la cele-brazione sacramentale e con la vita della comunità, in modo tale che la Paroladi Dio sia realmente sostegno e vita della Chiesa. Si tenga presente, pertanto,lo scopo catechetico ed esortativo dell’omelia. (Sacramentum caritatis, 46)

Pertanto occorre promuovere un’educazione alla fede eucaristica che dispon-ga i fedeli a vivere personalmente quanto viene celebrato. Di fronte all’im-portanza essenziale di questa participatio personale e consapevole, quali pos-

504

Page 130: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

sono essere gli strumenti formativi adeguati? I Padri sinodali all’unanimitàhanno indicato, al riguardo, la strada di una catechesi a carattere mistagogi-co, che porti i fedeli a addentrarsi sempre meglio nei misteri che vengonocelebrati. (Sacramentum caritatis, 64)

Sant’Ignazio di Antiochia esprimeva questa verità qualificando i cristianicome « coloro che sono giunti alla nuova speranza », e li presentava comecoloro che vivono «secondo la domenica» (iuxta dominicam viventes). Questaformula del grande martire antiocheno mette chiaramente in luce il nesso trala realtà eucaristica e l’esistenza cristiana nella sua quotidianità… Pertanto, ladomenica è il giorno in cui il cristiano ritrova quella forma eucaristica dellasua esistenza secondo la quale è chiamato a vivere costantemente. «Viveresecondo la domenica» vuol dire vivere nella consapevolezza della liberazioneportata da Cristo e svolgere la propria esistenza come offerta di se stessi aDio, perché la sua vittoria si manifesti pienamente a tutti gli uomini attra-verso una condotta intimamente rinnovata. (Sacramentum caritatis, 72)… Da questo giorno, in effetti, scaturisce il senso cristiano dell’esistenza edun nuovo modo di vivere il tempo, le relazioni, il lavoro, la vita e la morte.(Sacramentum caritatis, 73)

Può essere interessante sottolineare alcune proposte tra quelleofferte dal documento post sinodale, non solo per l’autorità di chile propone, ma anche perché sono quelle nelle quali ci sembra checonvergono le riflessioni affrontate in questi ultimi anni dallanostra Chiesa, ed emerse in modo particolare nei due convegni uni-tari di Assisi (1992) e di Lecce (2004).

L’omelia- Il Papa attribuisce grande importanza all’omelia perché strumen-to che permette alla Parola di Dio di diventare sostegno e nutri-mento alla vita dei credenti. Sarebbe sufficiente leggere le omelie dialcuni Padri della Chiesa per scoprire non solo la ricchezza che l’o-melia rappresenta, ma soprattutto il modo con cui essi legavanoinsieme la Parola di Dio, la celebrazione e la vita. Così scrivevano ivescovi italiani nel documento Evangelizzazione e sacramenti: «Altraforma insostituibile di evangelizzazione all’interno stesso dellacelebrazione del rito sacramentale è l’omelia. Non la predica mora-leggiante, non il fervorino untuoso e vuoto, non il pezzo più o

505

CENTRO DI ORIENTAMENTO PASTORALE

Page 131: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

meno retorico d’occasione, né tanto meno l’elucubrazione erudita,ma la vera omelia ex textu sacro, come si esprime il Concilio. L’espo-sizione, cioè, semplice e pertinente che cali nell’esistenzialità del-l’assemblea le multiformi ricchezze del mistero di Cristo e del ritosacro in atto» (CEI, Evangelizzazione e sacramenti, 69).

La mistagogia- La mistagogia costituisce un grande patrimonio della Chiesa, manon può restare solo una tradizione a cui fare riferimento nelle nostreriflessioni. Non è possibile pensare che un tale metodo sia semplice-mente da aggiungere a quelli già in atto nella nostra pastorale. Primaancora di essere un metodo, la mistagogia è un modo di pensare lapastorale. Pertanto, essa può certamente essere ripresa nel metodo,ma in una forma nuova che chiede di ripensare la nostra pastorale.Soprattutto, il metodo mistagogico può rivelare la sua ricchezza, masolo se la pastorale non si esaurisce nella preparazione ai sacramenti.

La domenica- L’ultimo convegno unitario svoltosi a Lecce e il congresso eucari-stico celebrato a Bari hanno offerto preziose riflessioni sul senso esul significato della domenica nella vita del credente. Tuttavia, pro-prio in quelle occasioni si chiedeva di mettere in atto indicazionipastorali concrete, che forse si sono smarrite nel tempo. Sul quotidiano “La Stampa” (28 febbraio 2004), in un articolo dalsuggestivo titolo Se si diffonde la religione fai da te, Enzo Bianchi parladi “cristiani a intermittenza”, e spiega: «costoro conducono un’esi-stenza in cui la religione trova collocazione in alcuni momenti forti,non nel ritmo tradizionale di domeniche e feste». Ma se è evidenteuna certa superficialità e scarsità di partecipazione nella celebra-zione, soprattutto nelle città, non possiamo attribuirne la colpasolo ad una società ormai secolarizzata e poco attenta ai valori reli-giosi. Dovremmo chiederci se anche noi abbiamo contribuito a svi-lirne il significato della domenica, svilendo la bellezza e la dignitàdelle nostre celebrazioni e trasformando la domenica delle nostreparrocchie in un “contenitore” nel quale riversare tutte le iniziative,dalle domeniche a tema, agli incontri o alle uscite fuori parrocchia.

506

Page 132: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

Una suggestiva immagine dal Convegno Unitario del 2004(Lecce)

- Da Gerusalemme a Gaza (At 8,26-40)- Da Gerusalemme verso Emmaus (Lc 24,13-35)- Da Gerusalemme a Gerico (Lc 10,25-37)

Il convegno unitario di Lecce tra le altre riflessioni offrì una sugge-stiva immagine biblica che doveva aiutare a comprendere meglio ilrapporto tra annuncio, celebrazione e vita. Attingendo al vangelo diLuca furono proposte alla meditazione tre percorsi: da Gerusa-lemme a Gaza, dove il diacono Filippo ha la possibilità annunciareCristo all’eunuco etiope; da Gerusalemme verso Emmaus, doveCristo si lascia riconoscere nel gesto della frazione del pane; daGerusalemme verso Gerico, dove il Samaritano soccorre un poveroincappato nei briganti. Gerusalemme appare in questo modo uncrocevia, il luogo dal quale e verso il quale le strade convergono.Questa immagine conferma che, per quanto si percorrono stradediverse, c’è un luogo che le accomuna. Cosa rappresenta Gerusa-lemme? Gerusalemme è la città nella quale Cristo porta a compi-mento il Mistero pasquale, la città in cui Gesù muore e risorge. Maessa è anche la città nella quale, nel giorno di Pentecoste, la comu-nità dei discepoli riceve il dono dello Spirito e si dirige per le stradedel mondo. Ma Gerusalemme è prima di tutto una città, luogo nelquale l’uomo abita e vive le sue relazioni. E’ il luogo del lavoro edegli affetti. Il riferimento a Gerusalemme conferma che la pasto-rale, pur percorrendo strade diverse, deve ritrovare la sua unità nelMistero pasquale che annuncia, e nell’esistenza concreta dell’uomoa cui è rivolto questo annuncio. Gerusalemme può quindi diventa-re metafora del Mistero pasquale annunziato, celebrato e vissuto.La stessa celebrazione tiene viva questa metafora, aprendo la cele-brazione con un cammino che porta verso l’altare, e concludendo-lo, dopo la comunione, con un cammino inverso, dall’altare verso lasoglia.

507

CENTRO DI ORIENTAMENTO PASTORALE

Page 133: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

Il servizio pastorale dell’Ufficio liturgico

Un esempio concreto di un lavoro già realizzato, ma prima ancorapensato, coinvolgendo le diverse dimensioni pastorali, può essere ilnuovo Rito del Matrimonio. Infatti, l’Ufficio liturgico lavorò in per-fetta sintonia con l’Ufficio catechistico, la Pastorale familiare e ilServizio per la Pastorale giovanile. Nella presentazione che fu fattaa Grosseto, l’allora segretario generale mons. Betori disse che: «sitratta di un libro liturgico che non si limita e non si esaurisce sol-tanto nella celebrazione, ma offre contenuti e percorsi sia per la pre-parazione al matrimonio sia per la riflessione mistagogica, che èoggi più che mai necessaria per dare solidità umana e spirituale allegiovani coppie di sposi, esposte al rischio della superficialità, dellafragilità e purtroppo sempre più spesso del fallimento». Allo stessotempo, lo stesso segretario commentò il lavoro compiuto dicendoche «Appare sempre più necessario che le diverse competenze disingoli uffici e servizi si pongano in vicendevole ascolto e collabo-razione, per accompagnare le persone nel loro cammino di forma-zione cristiana, nelle varie fasi della loro vita, umana e cristiana».C’è solo da chiedersi: è stato realizzato il libro liturgico, ma comeviene utilizzato?Certamente molto resta da fare, ma non possiamo sottovalutarequelle che comunque già si sta facendo, come dimostra questo stes-so convegno. Tuttavia, al di là delle proposte che si possono offrire,ci sembra necessario tenere viva una domanda, quella stessa fattanel 1996 dai vescovi francesi nella Lettera ai cattolici di Francia: «Nonesiste in effetti il rischio reale che distaccandosi dalla vita liturgicae sacramentale, l’annuncio del messaggio si trasformi in propagan-da, che l’impegno dei cristiani perda il suo sapore proprio e che lapreghiera degeneri in evasione?».Concludere con questa domanda, significa riconoscere che il cam-mino, per quanto già avviato è ancora tutto da percorrere.

508

Page 134: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

509

Francesco Savino*

La parrocchia-santuario Santi Medicitra territorio e religiosità popolare:

una parrocchia «atipica»

Incipit

La parrocchia-santuario Santi Medici insiste su un territorio confi-nante con i territori di altre tre parrocchie. Il quartiere, di configu-razione urbanistica datato a partire dagli anni ’60, quando fu ini-ziata la costruzione del santuario, è ad alta concentrazione ediliziae abitativa. Gli abitanti che si attestano su 6918 unità, come risultadall’ultimo censimento comunale dell’anno 2007, occupano palaz-zi condominiali di grandezza varia e, in piccola parte, case monofa-miliari.Nella zona est sorgono due complessi popolari Gescal e due con-domini realizzati da cooperative «Acli Casa» denominate «LeoneXIII» e «Giovanni XXIII».L’estrazione sociale dei nuclei familiari è prevalentemente di tipomedio.Alcune famiglie godono di una condizione economica molto agia-ta. Di converso si registrano condizioni socio-economiche moltodisagiate riguardanti gruppi familiari che vivono la marginalità etra i quali si sono verificati casi di criminalità talvolta anche moltogravi (casi di lupara bianca ed omicidi).Notevole la presenza di esercizi commerciali che, nell’ultimo decen-

CENTRO DI ORIENTAMENTO PASTORALE

* FRANCESCO SAVINO, parroco e rettore Santuario Santi Medici, Bitonto - presidente Fondazione«Opera Santi Medici Cosma e Damiano - Onlus» .

Page 135: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

nio, ha visto aumentare quelli di ristorazione e di abbigliamento.Negli ultimi anni si è registrata la cessazione di molte piccole aziendededite alla confezione di indumenti (laboratori) dovuta a crisi sistemi-ca dell’economia italiana. Si registra anche la proliferazione di sportel-li bancari. Sul territorio sorge una scuola primaria «Nicola Fornelli»dalla cui direzione didattica dipendono due plessi di scuola per l’in-fanzia uno dei quali è stato completato e reso funzionale nel 2000.Al limite nord-ovest del territorio, al confine con la parrocchiaSanta Caterina, su via della Repubblica, è stato allestito un giardi-no entro il quale sorge la statua di San Pio nell’omonima piazzetta.Si tratta di uno spazio verde attrezzato con i proventi dei devoti alsanto e con contributi del Comune la cui gestione è affidata allabuona volontà di cittadini che ne mantengono il decoro per devo-zione al santo esprimendo un ottimo esempio di sussidiarietà.Mancano altri spazi verdi nel quartiere, fatta eccezione del piccologiardino privato delle case Gescal e del giardino dello stesso santuario.La parrocchia, di cui nel 2003, è stato ricordato il 40° anniversario,deve la sua istituzione al trasferimento delle sacre immagini deiSanti Cosma e Damiano dalla chiesa di San Giorgio (borgo antico)nel santuario edificato a partire dal 1960 per volontà di mons.Aurelio Marena ed elevato a basilica pontifica minore da papaPaolo VI nel 1975.Il culto dei Santi Medici richiama numerosissimi fedeli devoti siada Bitonto sia da località vicine e lontane, anche da fuori del terri-torio nazionale.L’accoglienza dei pellegrini è diventata, nell’ultimo decennio, unacifra distintiva della comunità parrocchiale che ha focalizzatoun’attenzione particolare sulle forme di religiosità popolare nellequali è riconoscibile il bisogno del sacro che va educato, ricono-sciuto, valorizzato, evangelizzato e inculturato perché costituisceuna chiave di accesso al Mistero.Anche la Fondazione, di cui è stato ricordato il 10° anniversario nel2004, è diventata testimonianza di carità della comunità che serve ifratelli nel bisogno, che segue percorsi di ascolto della Parola, cele-bra la liturgia e si impegna concretamente nella diversità dei cari-smi e dei servizi. È la testimonianza della vita-carità della comunitàcome sintesi tra l’annuncio (kerigma-catechesi) e la celebrazione delmistero di Cristo (liturgia).

510

Page 136: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

CENTRO DI ORIENTAMENTO PASTORALE

PRIMA PARTE

La parrocchia-santuario tra l’emergenza educativa in unmondo che cambia e la mistagogia come una sceltapastorale complessiva

a. L’emergenza educativa una sfida che si può vincere.Una puntualizzazione: la sfida della traduzione

La parrocchia è il «luogo e il tempo» dove maggiormente sono evi-denti tutte le conseguenze dell’emergenza educativa.Sostengono Giuseppe Savagnone e Alfio Briguglia nel libro: Il corag-gio di educare: «La Chiesa non riesce più, spesso, a dialogare in pro-fondità con la sensibilità e le categorie mentali delle nuove genera-zioni. Un papa le può conquistare e convocare centinaia di migliaiadi giovani, suscitare il loro entusiasmo, avere i loro applausi. Manon è da simili eventi che una seria educazione può essere realizza-ta. Essi hanno sicuramente una funzione sul piano del coinvolgi-mento emotivo e, a livello mediatico, su quello dell’immagine,entrambi importantissimi nel mondo contemporaneo. Sarebbeperciò un errore sottovalutarli. Ma per educare è necessaria un’ope-ra capillare, durevole nel tempo, che coinvolga tutte le dimensionidella persona e non solo la sua sfera emozionale. È in questo che laChiesa oggi trova delle serie difficoltà. Anche tanti giovani che par-tecipano alle giornate mondiali della gioventù, che si dicono cre-denti e frequentano la messa domenicale, di fatto non si trovano insintonia con molti insegnamenti del magistero ecclesiastico inmateria dogmatica e soprattutto etica. Spesso, in realtà, non cono-scono abbastanza della dottrina cristiana da potersi dire in disac-cordo, ma anche questa diffusa ignoranza e questa superficialitàsono un segno che la tradizione stenta a prolungare il suo cammi-no e che la sua continuità è, in questo momento storico, abbastan-za problematica».

511

Page 137: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

Il punto è che nella nostra epoca, come in tutte quelle che implica-no una forte e rapida trasformazione culturale, la tradizione esige unimponente sforzo di traduzione. L’etimologia di queste due parole,malgrado la loro apparente somiglianza, è diversa: «tradizione»deriva da tradere, che nella lingua latina vuol dire «consegnare»;all’origine del termine «traduzione» sta invece ducere, che vuol direcondurre, unito a trans, che significa «attraverso»: chi traduce fa sìche un certo testo oltrepassi la linea di confine tra due lingue epassi dall’una all’altra. Tuttavia, malgrado questa diversa matricelinguistica, questi due termini sono uniti dal fatto di indicareentrambi un dinamismo, un trasferimento: il primo, con riferimen-to ai soggetti tra i quali questo trasferimento si compie, il secondoal contenuto. La tradizione avviene tra le generazioni solo se c’è, daparte di quella che trasmette, la capacità di tradurre le sue convin-zioni, i suoi valori, le sue esperienze, nel linguaggio di quelle chedeve riceverli. Questa in realtà è una legge che vale per ogni epoca,ma a maggior ragione quando – come nella nostra – per varie circo-stanze i distacchi generazionali sono più netti.Non si tratta, è appena il caso di precisarlo, solo di un problemastrettamente linguistico. La lingua si evolve, ma non tanto da impe-dire di capirne il significato a livello letterale. Il problema è la menta-lità che in essa si esprime. Del resto, anche per tradurre da una linguaad un’altra non ci si può limitare a una semplice sostituzione diparole. Una traduzione strettamente letterale raramente è davverofedele. Perché lo sia, è necessario che non solo i singoli termini, mala struttura sintattica e le stesse categorie mentali che stanno dietrola lingua di partenza vengano in un certo senso abbandonate, affin-ché il contenuto che era espresso attraverso di esse, possa esserloora in quelle della nuova lingua. Ciò può sconcertare chi era affezionato al testo nella formulazioneoriginaria. Ma solo a prezzo di questa specie di «morte» esso puòrivivere nella cultura in cui lo si vuole trasporre. Non solo: in tale«resurrezione» esso rivela, spesso, sfumature imprevedibili, che vierano contenute in potenza, ma che nella lingua originaria non sievidenziavano e che solo nella nuova vengono alla luce. In modotale che alla fine la verità profonda del testo emerge gradualmentenelle diverse traduzioni, ognuna delle quali contribuisce a manife-starne la ricchezza. Così è del Vangelo, che di epoca in epoca, attra-

512

Page 138: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

CENTRO DI ORIENTAMENTO PASTORALE

verso le successive versioni – linguistiche ma anche soprattutto cul-turali –, dall’aramaico delle prime tradizioni orali e delle prime ste-sure parziali, al greco dei testi che sono pervenuti a noi, al latinodella Vulgata, al tedesco, all’inglese, al francese, all’italiano e alle trelingue europee, agli idiomi dell’Africa e dell’Asia, viene assumendorisonanze diverse, pur mantenendo il suo significato di fondo.Senza contare che già nei quattro Vangeli troviamo letture diversedell’unico evento-Gesù. E qualcosa di analogo accade con il mododi pensare la fede, con rituali, con gli stili di vita, che sono espres-sioni di traduzioni diverse, nello spazio e nel tempo della grandetradizione cristiana. Senza la continuità ininterrotta di questo tra-dere dagli uomini e dalle donne di una generazione a quelli dellaseguente – che sempre anche un trans-ducere in forme diverse il mes-saggio evangelico – non saremmo oggi in rado di rapportarci altesto del Nuovo Testamento, o lo faremmo come dei marzianicaduti sulla terra e del tutto estranei a ciò che hanno di fronte.Oggi si tratta di rifare, nelle nuove circostanze storiche e culturali,l’opera che è stata compiuta prima di noi. Il grande fiume della tra-dizione continuerà se saremo capaci di rispondere a questa sfida,attualizzando e rendendo comprensibile ai nostri giovani il deposi-to della rivelazione così come è giunto a noi, carico delle risonanzeche le precedenti traduzioni hanno rivelato. Ciò richiede coraggio,inventiva, capacità di andare oltre le formulazioni a cui ci eravamoabituati a cui siamo affezionati. E richiede una conoscenza pro-fonda della nuova «lingua» in cui si vuole tradurre, quella delnostro tempo, con le sue logiche (che a noi possono sembrare aprima vista incomprensibili), con le sue convinzioni (che a noi pos-sono sembrare ben poco fondate), con i suoi riti (che a noi possonosembrare assurdi e sgradevoli). Ma una traduzione è un esodo: condu-ce in quello che potrebbe sembrare un deserto, e forse lo è, ma costi-tuisce il passaggio obbligato verso una nuova terra promessa.

513

Page 139: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

b. L’emergenza educativa come questione culturale.Nichilismo, naturalismo e relativismo i tre mali da abbattere

Se è vero che mai come in questo contesto socio-culturale in cuiviviamo, sembrano aumentare le difficoltà che si incontrano neltrasmettere alle nuove generazioni i valori base della vita cristiana,difficoltà che non possono essere liquidate come una semplice«frattura fra le generazioni» o con la «forte tendenza a rinunciare alrapporto educativo da parte degli educatori», è fondamentale indi-viduare le radici di questa emergenza che sono più profonde eaffondano in tre grandi mali: relativismo, nichilismo e naturalismo.Mi spiego.L’emergenza educativa in cui ci troviamo rimanda al predominio delrelativismo nella nostra cultura e vita sociale. Parlare di certezze o veritàviene considerato pericoloso e autoritario e così l’educazione diven-ta solo trasmissione di informazioni e di specifiche abilità ma nonoffre più quei fondamenti solidi su cui i giovani possono costruirela loro vita.Il passo verso il nichilismo diventa così automatico. Come non vederlo alla radice degli aspetti più inquietanti della vitadella nostra società e quindi anche della strana stanchezza, del desi-derio di evasione e dello smarrimento morale di molti giovani.E, se non bastasse, si assiste al diffondersi di un naturalismo cheriduce l’uomo ad un elemento della natura, quasi fosse solo il risul-tato dell’evoluzione cosmica e biologica, cancellando la visioneclassica dell’uomo come animale ragionevole, con una proprialibertà di discernimento e di azione.Pertanto le ragioni dell’attuale emergenza educativa sono di ordineculturale. E proprio qui deve concentrarsi l’azione a cui tutti siamo chiamati,anche perché la domanda di educazione è fortemente presente neiragazzi, negli adolescenti e nei giovani. Come rispondere?In primo luogo senza evitare di confrontarsi con queste grandidomande, ricordando che nel rapporto educativo troviamo libertàe disciplina. È stato un errore grande di conseguenze negative quel-lo, compiuto una quarantina di anni fa, di ritenere che la disciplinafosse una forma di autoritarismo nocivo al pieno sviluppo delle

514

Page 140: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

CENTRO DI ORIENTAMENTO PASTORALE

potenzialità della persona. Un errore confermato nel cercare di eli-minare dalla vita dei giovani il dolore e la sofferenza, con il risulta-to di far crescere persone fragili, poco realiste e poco generose.Recuperare, invece, questi aspetti della vita, accanto al senso dellapropria responsabilità diventa un obiettivo centrale del processoeducativo, superando anche l’eccessivo scientismo e recuperandoun umanesimo autentico. Una sfida difficile ma modificare il clima culturale, allargare glispazi della razionalità e liberarsi dalla dittatura del realismo, èun’impresa impegnativa ma non impossibile e nemmeno disperata.

c. La parrocchia: una comunità educante

«Che cosa significa educare? Significa che io do a quest’uomocoraggio verso se stesso, che gli indico i suoi compiti e interpreto ilsuo cammino, che lo aiuto a conquistare la libertà sua propria.Devo dunque mettere in moto una storia umana e personale… Lavita viene destata e accesa solo dalla vita. La più potente forza dieducazione consiste nel fatto che io stesso in prima persona mi pro-tendo in avanti e mi affatico a crescere… Da ultimo, come credentidiciamo: educare significa educare l’altra persona a trovare la suastrada verso Dio: non soltanto far si che abbia le carte in regola peraffermarsi nella vita, bensì che questo “bambino di Dio” cresca finoa raggiungere la maturità di Cristo. L’uomo è per l’uomo la viaverso Dio»1.Con l’espressione comunità educante vogliamo anzitutto cautelar-ci da un rischio incombente. Di fronte alle difficoltà che ci pone lacatechesi oggi, la tentazione più forte è quella di chiederci: «Chedobbiamo fare?», pensando, certo in buona fede, che la soluzionedei problemi verrà «facendo» alcune cose, quasi che le tecniche, i

515

1 R. GUARDINI, Persona e libertà, Morcelliana, Brescia 1987, pp. 222ss.

Page 141: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

sussidi, e le iniziative possano «miracolosamente» far cambiare lasituazione. Su questo non dobbiamo illuderci. «Dall’organizzazio-ne non nasce la vita». Errori di questo tipo sono fonte di fallimen-to e di delusione. Allora su quale strada sicura possiamo incammi-narci?Se «iniziare» alla fede vuol dire introdurre progressivamente a unavita piena di comunità, questo inserimento dovrà avvenire attraver-so degli attori. Non un gruppo di persone qualsiasi, ma una comu-nità di uomini, dei testimoni (il sacerdote, i catechisti, gli animato-ri dell’Azione cattolica ragazzi (ACR), gli scout, gli insegnanti direligione, i responsabili del canto, della liturgia, dello sport) chestanno insieme perché hanno incontrato Cristo e vivono di Lui;sono amici in Cristo; una comunità di persone che intende prende-re sul serio le implicazioni di Atti 2,42 circa la vita di comunione(«Erano assidui nell’ascoltare l’insegnamento degli apostoli e nel-l’unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere»). Unatale comunità, che vive l’«evento» di Gesù Cristo, è nelle condizionidi far nascere un «nuovo evento», perché: «il luogo in cui si vive l’e-vento fa nascere un nuovo evento». Una comunità con queste carat-teristiche è una comunità educante perché comunica in modo per-formativo ai ragazzi la sua umanità «cambiata» dall’evento Cristo.Gli educandi dovranno incontrare non degli individui, neppure deisingoli educatori, ma il loro insieme come espressione di unacomunione vitale che testimoniano autorevolmente ciò che pro-pongono.

c.1. I compiti della comunità educante

Educare è «un prendersi cura» del rapporto di tutta la persona del-l’educando con tutta la realtà. Questo rapporto, sulla scia del rap-porto tra Gesù ed i suoi, si attua in un coinvolgimento di comunio-ne che è sempre, allo stesso tempo, personale e comunitario.Normalmente, e in concreto, la comunità educante dovrà affrontaretutti gli aspetti relativi all’introduzione e all’accompagnamentoall’incontro personale con Cristo nella comunità. Avrà cura che ibambini, i fanciulli e i ragazzi siano sempre visti nel loro camminointegrale, considerando il più possibile tutti gli aspetti della loro esi-stenza: famiglia, scuola, sport e tempo libero, preghiera e liturgia.

516

Page 142: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

CENTRO DI ORIENTAMENTO PASTORALE

c. 2. Molteplicità di forme della comunità educante

La comunità educante può assumere molte forme. Certamente la forma piùimmediata nascerà dalla decisione di non continuare ad agire in modo fram-mentato, ma da quella di tendere all’unità. Un ragazzo deve avvertireche andare al catechismo significa incontrare un gruppo di amicipiccoli e grandi. Se l’unica esperienza è quella di incontrare la clas-se di catechismo e il catechista, il rischio è che si riveli un’esperien-za alla fine irrilevante. Occorre che trovi una comunità cristiana chegli dica «Vieni e vedi». E che egli stesso possa formulare questo invi-to a tutti i suoi compagni. Se la comunità vive l’evento e il ragazzone è coinvolto, allora questo evento lo accompagna in ogni situa-zione. Diceva Romano Guardini: «Nell’orizzonte di un grandeamore tutto diventa un avvenimento nel suo ambito». Questa è lasfida educativa decisiva a cui la nostra Chiesa è chiamata.

c. 3. Gli «attori» della comunità educante

Per utilità pratica distinguiamo qui i vari attori, raccomandandoperò che nessuno si concepisca autonomamente.

Il sacerdote. È chiamato a vivere la comunione con il presbiterio e ilsuo vescovo, diventando un uomo capace di costruire comunione,gettando ponti nella sua comunità fra le persone e le diverse realtàeducative presenti in parrocchia e nel territorio. Importante sarà lasua opera di sostegno dei catechisti, delle famiglie più motivate, deiragazzi e di tutti coloro che formeranno la comunità educante dicui egli è parte integrante come cristiano e guida come sacerdote.Sarà suo compito conoscere e accogliere con disponibilità le indi-cazioni diocesane, condividerle in spirito di comunione ed incar-narle con sapiente creatività nella sua comunità. Il collegamentocon la diocesi viene agevolato dal responsabile del vicariato. Gli èchiesta la disponibilità di studiare alcuni documenti importanti edi parlare con competenza circa l’introduzione e l’accompagna-mento dei ragazzi all’incontro con Cristo nella comunità cristiana.

517

Page 143: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

Un primo compito per il pastore è quello di aiutare i catechisti, leassociazioni, i movimenti, gli animatori e tutti gli altri soggetticomunitari che si interessano di questa fascia di età, a verificare sela loro proposta educativa è in sintonia con le finalità che caratte-rizzano la nascita e la crescita della comunità cristiana: rigenerazio-ne continua dell’appartenenza libera alla Chiesa, educazione allavita e al pensiero di Cristo, al gratuito, all’universalità.

I genitori. Il coinvolgimento dei genitori. Anche qui occorre parti-re con piccoli passi ma senza stancarsi. Occorre innanzitutto chei fedeli laici in famiglia siano oggetto d’evangelizzazione e di edu-cazione della fede dei loro figli. Certamente conosciamo qualchecoppia di sposi in parrocchia particolarmente motivata e sensibi-le che vive la propria vita familiare segnata dall’incontro conCristo. Insieme al parroco e sostenuti dai catechisti possonocominciare, in un rapporto da persona a persona, ad avvicinarealtri genitori e creare anche informalmente le condizioni di un’a-micizia in Cristo che possa lentamente maturare e dar vita ad unapiccola comunità di credenti. Per evitare discorsi astratti e aggan-ciare il vissuto delle persone si possono tenere presenti le dimen-sioni della persona umana così come sono state trattate nelConvegno di Verona (vita affettiva, lavoro e festa, fragilità, tradi-zione, cittadinanza).

I catechisti e gli altri educatori–Il catechista. Al singolo catechista, il cui compito resta essenziale,dovranno affiancarsi una pluralità di figure di educatori: sacerdote,catechisti, genitori e animatori responsabili che, collaborando traloro dallo specifico dell’iniziazione, diano vita ad una comunità edu-cante. Va maggiormente favorita la conoscenza tra i vari educato-ri presenti in parrocchia (sacerdote, catechisti, educatori dei giova-ni, responsabili del canto, dei chierichetti, della liturgia, della carità).– Gli insegnanti. In modo particolare la comunità parrocchiale dovràcercare di conoscere e mettersi in rete con gli educatori credenti checondividono con i ragazzi la loro esperienza scolastica. La scuolaincide moltissimo a livello di mentalità e di stile nella vita dei ragaz-zi. Ci dobbiamo chiedere come far si che quest’ambito della lorovita non rimanga staccato dall’esperienza di fede. Qui entrano in

518

Page 144: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

CENTRO DI ORIENTAMENTO PASTORALE

campo gli insegnanti e i genitori presenti nella scuola pubblica e inquella di ispirazione cristiana.– Gli educatori dello sport. È urgente riprendere il dialogo con gli edu-catori del mondo dello sport perché questa dimensione, fonda-mentale per la crescita del ragazzo, sia vista con simpatia dallacomunità cristiana e non sia separata dell’esperienza di fede.

d. La parrocchia-santuario nella prospettiva mistagogica della pastorale

Premesso che «La tradizione più antica della Chiesa ricorda che ilcammino cristiano, senza trascurare l’intelligenza sistematica deicontenuti della fede, è esperienza che nasce dall’annuncio, si appro-fondisce nella catechesi e trova la sua fonte e il suo culmine nellacelebrazione liturgica. Fede e sacramenti sono due aspetti comple-mentari dell’attività santificatrice della Chiesa. Suscitata dall’an-nuncio della Parola, la fede è nutrita e cresce nell’incontro di graziacon il Signore risorto nei sacramenti. La fede si esprime nel rito e ilrito rafforza e fortifica la fede. Di qui l’esigenza di un itinerariomistagogico da vivere nella comunità e con il suo aiuto che si fondasu tre elementi: l’interpretazione dei riti alla luce degli eventi bibli-ci in conformità con la tradizione della Chiesa; la valorizzazione deisegni sacramentali; il significato dei riti in vista dell’impegno cri-stiano nella vita»2, puntualizziamo non solo che cos’è la mistagogiama qual è il metodo e come tradurla in «prassi pastorale» condivi-sa in parrocchia.Mons. Francesco Cacucci nel suo libro La mistagogia. Una scelta pasto-rale così afferma: «Richiamandosi alla via seguita dal Padri dellaChiesa, il Rito dell’iniziazione cristiana degli adulti ribadisce conforza che la mistagogia tende a un’“esperienza di sacramenti rice-vuti”3 e si realizza in un contesto di vita comunitaria intensa e coin-

519

2 Sinodo dei Vescovi, XI Assemblea Generale Ordinaria, L’eucaristia: fonte e culmine dellavita e della missione della Chiesa. Elenco finale delle proposizioni, proposizione 16.3 «In realtà una più piena e più fruttuosa intelligenza dei misteri si acquisisce con la novi-

Page 145: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

volgente4. Si mette, così, in evidenza il primato della grazia sullo sforzodell’intelligenza5. Questo orientamento provoca le nostre comunitàcristiane a un salto di qualità consistente nel passare da una pasto-rale che prepara ai sacramenti ad una pastorale di progressivo inserimentonel mistero6. Del resto, alle catechesi mistagogiche non partecipava-no solo i neobattezzati, ma tutta la comunità cristiana, che, in que-sto modo, riceveva una formazione permanente ed era aiutata acomprendere e vivere sempre più profondamente il dono ricevuto eravvivato dalla liturgia. È questo anche il senso della preghiera chela comunità innalza al suo Signore: “accresci in noi l’efficacia delmistero pasquale con la forza di questo sacramento di salvezza”7. Ilcristiano è chiamato a un cammino progressivo che può essere cosìtratteggiato: iniziato dai sacramenti, egli si incammina verso la pie-nezza della vita in Cristo, per mezzo dello Spirito santo, fino all’in-contro definitivo con Dio nell’eternità. L’inizio è noto e datato, iltraguardo è altrettanto chiaro; solo il percorso può, a volte, risulta-re incerto e tortuoso. Ecco, allora, la necessità di una mistagogia per-manente, che sostenga il credente nella fedeltà al dono ricevuto.Crisostomo non esita a chiamare “nuovi illuminati” anche coloro

520

tà della catechesi e specialmente con l’esperienza dei sacramenti ricevuti. I neofiti, infatti,sono stati rinnovati interiormente, più intimamente hanno gustato la buona parola diDio, sono entrati in comunione con lo Spirito Santo e hanno scoperto quanto è buono ilSignore. Da questa esperienza, propria del cristiano e consolidata dalla pratica della vita,essi traggono un nuovo senso della fede, della chiesa e del mondo» (Rito dell’iniziazionecristiana degli adulti, 38).4 «La nuova e frequente partecipazione ai sacramenti, se da un lato chiarisce l’intelligenzadelle Sacre Scritture, dall’altro accresce la conoscenza degli uomini e l’esperienza della vitacomunitaria così che, per i neofiti, divengono nello stesso tempo più facili e più utili i rap-porti con gli altri fedeli. Perciò, il tempo della mistagogia ha un’importanza grandissimae consente ai neofiti, aiutati dai padrini, di stabilire più stretti rapporti con i fedeli offren-do loro una rinnovata visione della realtà e un impulso di vita nuova» (Rito dell’iniziazio-ne cristiana degli adulti, 39).5 «C’è una tentazione che da sempre insidia ogni cammino spirituale e la stessa azionepastorale: quella di pensare che i risultati dipendano dalla nostra capacità di fare e di pro-grammare. Certo, Iddio, ci chiede una reale collaborazione alla sua grazia, e dunque ciinvita a investire, nel nostro servizio alla causa del Regno, tutte le nostre risorse di intelli-genza e di operatività. Ma guai a dimenticare che “senza Cristo non possiamo far nulla”(cf. Gv 15,5)» (GIOVANNI PAOLO II, Novo millennio ineunte, 38).6 Cf. Arcidiocesi di Bari-Bitonto, Il libro del Sinodo, Ecumenica, Bari 2002, 7.7 MESSALE ROMANO, Orazione dopo la comunione, VI domenica di Pasqua.

Page 146: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

CENTRO DI ORIENTAMENTO PASTORALE

che hanno ricevuto da anni il Battesimo, perché la vita nuova sca-turita dal sacramento non conosce vecchiaia, se non quella causatadal peccato. Per questo li esorta “a custodire incontaminata la vestenuziale e con essa a venire sempre a queste nozze spirituali”. In defi-nitiva, fare mistagogia vuol dire “scoprire le valenze dei gesti e delle paroledella liturgia, aiutando i fedeli a passare dai segni al mistero e a coinvolgerein esso l’intera loro esistenza”. Il suo metodo consiste nel procedere “dal visi-bile all’invisibile, dal significante a ciò che è significato, dai “sacramenti” ai“misteri”. Pur nella sobrietà dell’espressione, queste affermazioni individua-no i passaggi più importanti del metodo mistagogico».

e. La mistagogia: sintesi tra Parola, celebrazione e vita

Dove, dunque, il cristiano trova il suo punto forza per il suo servi-zio ai fratelli?Proprio nella celebrazione eucaristica, purché questa non scivoli inun devozionismo sterile e disincarnato. Basti qui richiamare Gio-vanni Crisostomo che al riguardo usa parole di fuoco8.È quanto ha ribadito con forza anche il concilio: «La liturgiadomanda che i fedeli esprimano nella vita quanto hanno ricevutomediante la fede»9.

521

8 «Vuoi amare il Corpo di Cristo? Non trascurarlo quando si trova nudo. Non renderglionore qui nel tempio con stoffe di seta, per poi trascurarlo fuori, dove patisce freddo enudità […]. A che serve che la tavola eucaristica sia sovraccaricata di calici d’oro, quandolui muore di fame? Comincia a servire lui affamato, poi con quello che resterà potraiornare anche l’altare». (GIOVANNI CRISOSTOMO, Omelie sul Vangelo di Matteo, 50,3-4). Dalla Vitadi Agostino di Possidio sappiamo che il vescovo di Ippona mai dimenticò «i suoi compagnidi povertà». Possidio narra: «Talvolta, quando mancava danaro alla Chiesa, comunicava alpopolo dei fedeli che egli non aveva di che distribuire ai poveri. Per aiutare prigionieri egran quantità di poveri, fece spezzare e fondere alcuni vasi sacri e distribuì il ricavato a chine aveva bisogno. Non avrei ricordato questo episodio, se non sapessi che esso contrastal’opinione di alcuni uomini che pensano secondo la carne. Del resto anche Ambrogio divenerabile memoria ha detto e scritto che in tali strettezze senz’altro si deve fare così»(POSSIDIO, Vita di Agostino, 24).9 CONCILIO VATICANO II, Sacrosanctum concilium, 10.

Page 147: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

Sostiene ancora mons. Cacucci: «Quante volte, nel cammino trien-nale di preparazione al Congresso eucaristico, soprattutto riflet-tendo sulla domenica come Dies hominis, abbiamo approfondito l’e-sigenza di testimoniare la carità che deriva dal celebrare il sacra-mento dell’amore. Quanto scriveva Giovanni Paolo II nella letteraapostolica sul giorno del Signore indicava con chiarezza una dire-zione che non può essere in alcun modo disattesa10. E nella letterascritta in occasione dell’anno dell’Eucaristia è stato ancora più esi-gente, affermando che «non possiamo illuderci: dall’amore vicen-devole e, in particolare, dalla sollecitudine per chi è nel bisognosaremo riconosciuti come veri discepoli di Cristo (cf. Gv 13,35; Mt25, 31-46). È questo il criterio in base al quale sarà comprovata l’au-tenticità delle nostre celebrazioni eucaristiche»11.Del resto, come dimenticare l’ampio ventaglio di testimonianzeofferte durante il Congresso eucaristico nella giornata dedicata altema: La domenica, giorno della carità. L’Eucaristia, pane di fraternità? Eperché fosse chiaro che la testimonianza della carità non consistesolo nell’andare incontro alle diverse forme di povertà, è stata dedi-cata un’intera giornata al tema: La domenica e la città dell’uomo.L’Eucaristia, sorgente di un mondo nuovo». In questa giornata,Paola Bignardi ha affermato che «l’Eucaristia ci fornisce un cuorenuovo e degli occhi nuovi con cui vagliare le scelte concrete»12. Si è

522

10 «L’Eucaristia è evento e progetto di fraternità. Dalla Messa domenicale parte un’onda dicarità, destinata ad espandersi in tutta la vita dei fedeli, iniziando ad animare il modo stes-so di vivere il resto della domenica. Se essa è giorno di gioia, occorre che il cristiano dicacon i suoi concreti atteggiamenti che non si può essere felici “da soli”. Egli si guarda attor-no, per individuare le persone che possono aver bisogno della sua solidarietà. Può accade-re che nel suo vicinato o nel suo raggio di conoscenze vi siano ammalati, anziani, bambi-ni, immigrati che proprio di domenica avvertono in modo ancora più cocente la loro soli-tudine, le loro necessità, la loro condizione di sofferenza. Certamente l’impegno per loronon può limitarsi ad una sporadica iniziativa domenicale. Ma posto un atteggiamento diimpegno più globale, perché non dare al giorno del Signore un maggior tono di condivi-sione, attivando tutta l’inventiva di cui è capace la carità cristiana? Invitare a tavola con séqualche persona sola, fare visita a degli ammalati, procurare da mangiare a qualche fami-glia bisognosa, dedicare qualche ora a specifiche iniziative di volontariato e di solidarietà,sarebbe certamente un modo per portare nella vita la carità di Cristo attinta alla Mensaeucaristica» (GIOVANNI PAOLO II, Dies Domini, 72).11 GIOVANNI PAOLO II, Mane nobiscum Domine, 28.12 «Un altro esempio è l’impegno per la politica. Ciascuno di noi sogna una classe politicacompetente, capace di risolvere i problemi di tutti i giorni e di migliorare il benessere collet-

Page 148: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

CENTRO DI ORIENTAMENTO PASTORALE

quindi soffermata a parlare del dinamismo dell’Eucaristia, capacedi trasformare i rapporti tra le generazioni, i rapporti tra l’uomo ela donna, la vita delle nostre città, i rapporti con le istituzioni, i rap-porti con le cose e il creato13; per, poi, concludere che «potrannoesserci cristiani veramente eucaristici a servizio della città dell’uo-mo, se ci saranno comunità cristiane così radicate nell’Eucaristia daalimentare il loro amore a servizio della città»14.Pertanto un’autentica pastorale mistagogica tenderà alla sintesi trala via della verità, la via del mistero e la via della responsabilità.

523

tivo. Tuttavia spesso siamo portati a delegare ad essa tutto ciò che attiene alla sfera dei nostriinteressi pubblici, sperando magari che non ci siano troppe interferenze con i nostri egoismiprivati. Per purificare i nostri sogni sulla politica, l’Eucaristia ci ricorda che l’unica strada peril rinnovamento della politica è il metterci in gioco personalmente, dimostrando disponibi-lità a pagare di persona, a farci direttamente responsabili, per la nostra parte, del bene comu-ne. L’Eucaristia dunque ci fornisce un cuore nuovo e degli occhi nuovi con cui vagliare lescelte concrete. Sono il cuore e gli occhi dei poveri e degli ultimi: quelli delle famiglie che hannodifficoltà ad arrivare alla fine del mese; delle donne che in Italia e in tante altre parti delmondo continuano ad essere discriminate da un mondo del lavoro poco rispettoso dellaloro femminilità, soprattutto quando questa si apre alla maternità; dei molti giovani che, pertrovare un lavoro, si trovano di fronte a scelte di dipendenza e di umiliazione o a un distac-co doloroso dai propri cari e dalla propria terra; degli anziani troppo spesso additati comeun peso per la società; dei bambini che vengono “occupati” dagli adulti in tante attività da“status symbol”, quando invece avrebbero bisogno di vivere da bambini, nella libertà delgioco e delle relazioni amicali. Questi poveri ci impegnano a non scoraggiarci di fronte alledifficoltà di costruire un mondo nuovo: e ci insegnano a purificare i nostri sogni!» (PAOLA

BIGNARDI, La domenica e la città dell’uomo. L’Eucaristia, sorgente di un mondo nuovo, relazione tenu-ta durante il XXIV Congresso Eucaristico Nazionale, Bari 24 maggio 2005, in «L’Odegitria.Bollettino dell’Arcidiocesi di Bari-Bitonto» 81 (2005) 3, 386-387).13 «Al cuore delle contraddizioni e delle attese della storia umana sta il mistero di un panee di un calice in cui si riflette e si concentra la croce gloriosa del Signore. Un pane trasfor-mato nel corpo del Signore dall’amore con cui egli ha dato la sua vita per il mondo. Ecome la forza dello Spirito ha trasformato il corpo del crocifisso nel corpo luminoso dellasua gloria; come ha trasformato un umile pezzo di pane nel suo corpo, così può trasfor-mare il mondo nell’amore, secondo i sogni più belli che ogni uomo coltiva nel suo cuore:secondo il sogno di Isaia. Quanti partecipano all’Eucaristia della domenica credono che laforza di quel pane può trasformare la vita, e si sentono coinvolti e partecipi della stessaazione che trasforma il mondo e la città (PAOLA BIGNARDI, Ibidem, 392).14 «Che guardando le nostre comunità ogni persona possa capire il valore dell’affermazionedi Gesù: “io sono in mezzo a voi come colui che serve…”. E che l’Eucaristia della domenicasia la celebrazione della verità che “il servizio è la gioia” (Tagore), è la vita della nostra vita; eche dunque è vero che “senza domenica non possiamo vivere”» (PAOLA BIGNARDI, Ibidem, 403).

Page 149: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

SECONDA PARTE

La parrocchia-santuario «clinica del corpo e clinica dello spiri-to»: la mistagogia per una comunità dalla carità e della carità

a. Come tradurre e valorizzare, in concreto, la mistagogia e il suo metodo?L’incontro settimanale della comunità

Nella nostra parrocchia l’esigenza maturata già da molti anni del-l’osmosi-unità tra la Parola (evangelizzazione, catechesi), la celebra-zione (liturgia) e la vita (carità), ha trovato nella mistagogia unmetodo che viene percepito come aiuto straordinario per realizza-re la sintesi tra le tre dimensioni costitutive della pastorale e quin-di della vita cristiana. È chiaro che non si tratta né di livellare le tre dimensioni (il prima-to della liturgia, «culmine verso cui tende l’azione della Chiesa e, altempo stesso, la fonte da cui promana tutta la sua energia» vienesalvaguardata) né di limitarsi a promuovere incontri “organizzati-vi” tra gli operatori pastorali impegnati nei tre ambiti. Si tratta,altresì, di educarci tutti a quella circolarità tra la Parola che siannuncia, il mistero che si celebra e la testimonianza della vita-cari-tà, sintesi credibile tra fede profonda e il mistero celebrato.L’incontro settimanale della vita della nostra parrocchia, il giovedì, costitui-sce per noi del santuario il momento strutturale che ci fa superare la fram-mentarietà pastorale e la logica gruppettaria. Diventa esperienza essenzialeperché la Parola spiegata e interpretata anche in rapporto alla liturgia delladomenica, si fa verifica e sintesi nelle scelte della vita.Abbiamo acquisito la coscienza che senza questa circolarità vitaletra le tre dimensioni della vita cristiana, la catechesi rischia di sci-volare inevitabilmente nell’indottrinamento, la celebrazione nelritualismo, la testimonianza della carità nell’attivismo. Per questimotivi se all’incontro settimanale della comunità sono tutti invita-ti, non possono assolutamente mancare gli operatori pastorali e chisvolge un servizio all’interno della parrocchia. La loro partecipazio-ne contribuisce non poco a far circolare nella comunità quello stiledi vita, capace di tenere sempre unite Parola-celebrazione-vita, e a

524

Page 150: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

CENTRO DI ORIENTAMENTO PASTORALE

farlo trasparire nelle diverse attività comunitarie. Inoltre, la cele-brazione eucaristica domenicale, in questo modo, non sarà appan-naggio di nessuno, neppure del «gruppo liturgico», ma vedrà ilreale coinvolgimento di tutti. La vita dei diversi gruppi e associa-zioni, le numerose iniziative della comunità confluiscono nellacelebrazione eucaristica domenicale, come nel suo naturale sbocco,e anche a partire da essa, come della sua fonte, per lasciarsi conti-nuamente provocare e rinnovare nelle motivazioni e nell’impegnopastorale concreto. Vissuta così, la celebrazione eucaristica dome-nicale difficilmente può essere ridotta a un’«innocua» parentesi,ma sarà realmente «cuore» non solo della domenica, ma anche del-l’intera vita parrocchiale.

b. La parrocchia-santuario e la domenica,dies Domini e dies hominis

b.1. Se custodiremo la domenica, la domenica custodirà noi

Il dies Dominica, la domenica è centrale nella fede cristiana ed èanche capitale per il futuro della Chiesa.Se non si vive la domenica, non si può vivere la realtà comunitariadella Chiesa che rimarrebbe destinata a diventare un movimento,così come la fede si ridurrebbe a riferimento personale di uomini edonne a Gesù di Nazareth. Enzo Bianchi, priore della Comunitàmonastica di Bose partendo dalla riflessione sull’importanza attri-buita dal popolo di Israele al sabato, sostiene che «l’osservanza delGiorno del Signore» è determinate per sfuggire alla mondanizza-zione e per conservare e trasmettere la fede. Nella nota pastorale della CEI del 1984 Il giorno del Signore al nume-ro 3 si legge: «La celebrazione della domenica è per la chiesa unsegno di fedeltà al suo Signore. …. il popolo cristiano ha circondatodi speciale riverenza e ha vissuto in intima profonda letizia questo

525

Page 151: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

sacro giorno. La chiesa lo ha ricevuto: esso è per lei un dono: puògoderne, ma non può né manipolarlo né cambiarne il ritmo, o ilsenso, o la struttura; esso infatti appartiene a Cristo e al suo miste-ro». I vescovi lo ribadiscono in Comunicare il Vangelo in un mondo che cam-bia: «La comunità cristiana potrà essere una comunità di servi delSignore soltanto se custodirà la centralità della domenica» (n. 47).Allora se custodiremo la domenica, la domenica custodirànoi.….anche nei santuari, parrocchie atipiche, che per grazia e bene-volenza di Dio, registrano la partecipazione di una «moltitudine»di gente, di battezzati, particolarmente di domenica.La domenica è dies hominis, ha cioè una dimensione antropologicaoltre a quella teologica. Dies hominis e dies Domini costituiscono ununicum con il dies Ecclesìae, la dimensione ecclesiologica. Da queste premesse una precisazione metodologica: puntualizzeròl’orizzonte antropologico della domenica senza perdere di vista ladimensione teologica.

b. 2. Come vivere il giorno del Signore: la condivisione e la carità fraterna

Dalla teologia patristica sulla domenica emergono elementi checompongono alcuni «paradigmi» capaci di fornire indicazioni sucome vivere nella condivisione e nella carità.

La condivisione e la carità fraterna. I testi lucani di At 2, 42-47 e 4, 32-35 insistono sulla koinonia e sull’urgenza del radunarsi insieme deicristiani. Enzo Bianchi e Luciano Manicardi in La carità nella Chiesa,affermano che «La koinonia ecclesiale deve tendere all’agape e perquesto si esige dai membri della Chiesa il comportamento comu-nionale del fare le cose insieme, non gli uni senza gli altri, non gliuni contro gli altri, ma gli uni per gli altri, in solidarietà, in unione,in accordo, nella partecipazione reciproca». Nella eucaristia dome-nicale, presentata da Giustino nella I Apologia, risulta momentocostitutivo la raccolta di offerte per i poveri e il soccorso a chiunquesi trovi in situazioni di indigenza e di bisogno: «I facoltosi e quelliche lo desiderano, danno liberamente ciascuno quello che vuole eciò che si raccoglie viene depositato presso colui che presiede.

526

Page 152: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

CENTRO DI ORIENTAMENTO PASTORALE

Questi soccorre gli orfani, le vedove e chi è indigente per malattia oper qualche altra causa, e i carcerati e gli stranieri che si trovanopresso di noi: insomma si prende cura di chiunque sia nel bisogno»(I Apologia LXVII, 6). Il giorno che è epifania della Chiesa, del corpodel Signore, è anche giorno di epifania della carità, che è il vincoloche unisce le membra del corpo e che si manifesta particolarmenteverso le membra più sofferenti, menomate, povere… Per questo ilXVI Canone di Atanasio ordina al vescovo di fare l’elemosina tuttele domeniche, il Liber Graduum – anteriore probabilmente il 350 –ricorda che il cristiano «il primo giorno della settimana fa parte aibisognosi dei frutti della sua fatica nella casa del Signore» (SermoXIII); Giovanni Crisostomo esorta a «onorare il giorno delSignore… soccorrendo con generosa abbondanza i fratelli più pove-ri…» (De eleemosyna homilia III); – testo probabilmente posteriore al398), il canone XIX del Sinodo nestoriano di Jésuyahb I chiede che«si santifichi la domenica con doni ai poveri, con la pacificazionedelle contese, con i giudizi giusti, con la pace, la carità, la miseri-cordia gli uni verso gli altri…». E inoltre si richiede in modo pres-sante che si facciano visite ai malati e ai prigionieri, si accolgano isenza casa, i pellegrini e i viandanti…: insomma più che mai la cari-tà deve manifestarsi concretamente e diventare prassi di condivisionee di giustizia nella liberante certezza che se i cristiani «hanno incomune ciò che non muore, tanto più le cose che periscono»(Didaché IV, 8). La Didascalia Apostolorum rivela che è tale l’onore incui devono essere tenuti i poveri e i pellegrini che tutti nell’assem-blea, vescovo compreso, devono essere pronti a cedere il loro postosedendosi, se occorre, per terra. La stessa Didascalia esclude che leofferte possano essere accettate se provenienti da ricchi e potentiche sfruttano i poveri: «È meglio per voi morire di fame, che accet-tare qualcosa che viene dall’ingiustizia [letteralmente: che accettarealcunché dagli ingiusti] (praestat vos fame perire quam accipere abimprobis)» (IV, 8,2). I doni che, frutto del duro lavoro e della faticadei credenti, vengono raccolti devono servire per opere di liberazio-ne: riscatto di schiavi, di esiliati, di condannati ai lavori forzati nelleminiere o alla lotta con le belve nei circhi…. Tuttavia, è necessario

527

Page 153: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

sottolineare che questa attiva carità verso tutti gli uomini e soprat-tutto i più poveri sgorga dall’interno di una comunità che nell’as-semblea eucaristica domenicale ha fatto l’esperienza fondamentaledi essere amata da Dio e che si struttura al suo interno in base arelazioni e rapporti di agape, di amore fraterno. Il «bacio santo»(phìlema hàghion: Rm 16,16; 1 Cor 16,20; 2 Cor 13,12; 1Ts 5,26) piùvolte raccomandato da Paolo come segno di concordia, carità eunità tra i credenti arriva addirittura, in Tertulliano, a designare lariunione eucaristica: il radunarsi per l’eucarestia è definito come un«ad osculum convenire» (Ad uxorem IV, 3). Carità dunque ad extra, maanzitutto ad intra, tra i cristiani, tra i concreti membri, uomini edonne, di ciascuna comunità locale! Mai dimenticando che laprima, fondamentale e più efficace testimonianza che la comunitàcristiana può dare al mondo è l’amore che la anima e che si mani-festa nel servizio reciproco: Da questo tutti sapranno che siete mieidiscepoli, se avrete amore gli uni per gli altri (Gv 13, 25). E non acaso Gesù ha consegnato agli apostoli questa Parola dopo quellaLavanda dei Piedi che, nel IV Vangelo, rappresenta l’eucarestia nellavita, il sacramento dell’amore estremo con cui Gesù ha amato i suoifacendosi loro servo fino a donare la sua vita (Gv 13,1). È bene ricor-dare che la domenica è giorno di condivisione e carità fraterna per-ché nella riunione eucaristica essa attinge sacramentalmente allafonte divina della carità! La prospettiva biblico-patristica ci obbligaa parlare primariamente di rapporto non chiesa-agape, ma agape-chiesa, non di carità nella chiesa ma di chiesa nella carità in quanto lachiesa è preceduta costitutivamente dall’amore di Dio. La carità, l’a-gape non la si fa, non la si inventa, ma la si riceve e questo è ricor-dato perennemente alla chiesa dalla centralità nella sua vita, del-l’eucarestia, che è il memoriale dell’amore preveniente di Dio mani-festato inviando l’unigenito Figlio nel mondo come vittima diespiazione per i nostri peccati (Gv 4, 9-10). E nella chiesa l’eucarestiaè il luogo generante della prassi cristiana di carità, il luogo che for-gia e accresce la comunione tra i fratelli, il luogo in cui l’ascoltodella Parola e la comunione al Corpo del Signore attualizzano per ilcredente il grande amore che il Padre ci ha dato, amore che ci generarealmente a figli di Dio e ci fa crescere alla statura del Figlio di Dio(cf. 1 Gv 3,1; Gv 1, 12-13; 1Gv 4,7; 5,1 ecc.). Vi è, dunque, nellaScrittura una condizione essenziale e irrinunciabile perché la chiesa

528

Page 154: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

CENTRO DI ORIENTAMENTO PASTORALE

sia davvero ekklesìa toû theoû, Chiesa di Dio, e non semplicementeentità sociologica, gruppo umanitario o ente filantropico e assi-stenziale, e consiste nel fatto che la Chiesa viva della e nell’agape, siala ekklesia ex charitate formata, la chiesa plasmata, strutturata dallacarità prima di essere soggetto di organizzazione di carità. La dome-nica, con la centralità del raduno eucaristico che la contraddistin-gue, ci pone dunque di fronte alle sorgenti della carità cristiana.

c. Il santuario e la fantasia della carità.Il santuario della carità ovvero dell’esercizio dell’amore di Dioda parte della comunità

Al numero 50 della lettera apostolica Novo millennio ineunte il papaGiovanni Paolo II afferma: «Lo scenario della povertà può allargar-si indefinitamente, se aggiungiamo alle vecchie le nuove povertà,che investono spesso anche gli ambienti e le categorie non prive dirisorse economiche, ma esposte alla disperazione del non senso,all’insidia della droga, all’abbandono nell’età avanzata o nellamalattia, all’emarginazione o alla discriminazione sociale. Il cristia-no, che si affaccia su questo scenario, deve imparare a fare il suoatto di fede in Cristo decifrandone l’appello che manda da questomondo della povertà. Si tratta di continuare una tradizione di cari-tà che ha avuto già nei due passati millenni tantissime espressioni,ma che oggi forse richiede ancora maggiore inventiva. È l’ora di una nuova “fantasia della carità”, che si dispieghi nontanto e non solo nell’efficacia dei soccorsi prestati, ma nella capaci-tà di farsi vicini, solidali con chi soffre, così che il gesto di aiuto siasentito non come obolo umiliante, ma come fraterna condivisio-ne». Così il papa!I tanti «vulnerabili» e «vulnerati» che visitano il nostro santuario sisentono «a casa loro», trovano, una comunità in cui è visibile e siriconosce la testimonianza dell’Agape. La carità delle opere segno dell’amore di Dio assicura una forza ine-quivocabile alla carità delle parole.

529

Page 155: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

Il cristiano, dice il teologo protestante Karl Barth, è «colui che cam-mina con la Bibbia in una mano e nell’altra il giornale». Nel san-tuario si fa realtà quella «pastorale simbolica» capace di mettereinsieme la terra e il cielo, Dio e «l’uomo in situazione». Una pasto-rale in cui la «carità dossologica» (l’amore che ci porta a glorificareDio) diviene anche «carità politica» (l’amore che ci porta a servire ifratelli).Carità politica, dice il vescovo defunto don Tonino Bello, da nondelegare al profetismo di pochi ma da esprimere con un impegnocomunitario. È il santuario-comunità della carità.La testimonianza della carità appare chiaramente come emanazio-ne della vita sacramentale della Chiesa. Come conseguenza indero-gabile della identità cristiana. Non come esperienza di singoli indi-vidui, di gruppi particolari, di presbiteri con il «pallino».Afferma Silvano Sirboni nel testo Dal giorno del Signore: uomini nuovi:«La carità non è un optional, né può ridursi semplicemente ad unavirtù individuale, ma è la primaria testimonianza della Chiesa inquanto tale, poiché, come Cristo suo fondatore, anch’essa rende ilculto al Padre soprattutto attraverso il servizio agli uomini. In altritermini, la carità non può essere semplicemente attribuita ad alcu-ne buone persone e alla loro generosità. Deve risultare chiaro che lacarità esprime la natura e la missione di quella chiesa che si radunafraternamente nel giorno del Signore e che si alimenta alla stesamensa della Parola e del Pane di Vita. È questo nuovo concetto dicarità, che è poi antico quanto la testimonianza degli Atti degliApostoli, che deve entrare nella mentalità e nella prassi dellaChiesa. Prassi che si sta già radicando e diffondendo. Infatti non cisono più soltanto le semplici collette per le missioni, ma gemellag-gi con comunità cristiane del terzo mondo. Ci sono ormai stabilistrutture di solidarietà a livello parrocchiale e diocesano. Ora tuttoquesto trova radice e convergenza nel giorno del Signore che non«è», e non deve più essere semplicemente il giorno del precetto, mail giorno in cui la Chiesa rivela la sua identità, il segreto della suaforza, le caratteristiche della sua missione». L’esperienza condivisa in questo santuario dei Santi Medici dedica-to a due santi che espletavano l’arte medica senza farsi pagare – daqui l’attribuzione di anargìri – ha portato a fare di questo santuariola «casa dell’Agape-carità» un contenitore «sempre aperto» di soli-

530

Page 156: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

CENTRO DI ORIENTAMENTO PASTORALE

darietà, un’antenna che capta i bisogni sul territorio, si lascia inter-pellare e interrogare dai bisogni stessi, li discerne e «organizza lasperanza» attraverso opere di carità che siano il «segno che dàsenso» dell’amore di Dio nel qui e ora di questo tempo, di questastoria.

Le opere segno dell’amore di Dio fino ad oggi realizzate sono:ü Mensa per i poveri – dispensa circa 25 mila pasti, anche a domicilio.Risponde alle necessità di poveri, barboni, disoccupati, extra-comu-nitari, anziani soli, gruppi Rom, zingari;– Casa di Accoglienza «Xenìa» – risponde alle necessità di accoglienzadi donne con problematiche psico-sociali, in difficoltà, gestanti emadri con figli a carico;– Centro di ascolto – centro nevralgico di tutte le opere-servizi orga-nizzati dalla Fondazione. Punto di riferimento per ogni richiesta diaiuto, antenna per intercettare i bisogni del territorio, osservatorioper studiare e discernere le vecchie e nuove povertà e per avviare,attraverso il colloquio la relazione d’aiuto con quanti versano nelbisogno, per filtrare le richieste ed orientare verso le risposte giàrealizzate sia all’interno della comunità del santuario sia al di fuori,in altre strutture di soccorso-accoglienza;– Casa Alloggio «Raggio di Sole» – per malati in AIDS conclamata;– Ambulatorio – risponde alle richieste molto frequenti di piccolema necessarie prestazioni ambulatoriali per anziani, stranieri, pove-ri di ogni tipo. Si è aggiunto un servizio di teleassistenza promosso econdiviso con la Fondazione Nazionale «Gigi Ghirotti» di Roma;– Servizio guardaroba-lavanderia-stireria – risponde alle richieste diquanti necessitano di abiti e di un servizio di lavanderia;– Unità di strada «Volti d’Ebano» – piano di intervento come unitàmobile di strada che svolge attività di promozione, emancipazionee di liberazione delle immigrate costrette alla prostituzione;– Centro Sportivo Pastorale – luogo in cui ragazzi, giovani e adulti spe-rimentano progetti educativi secondo la metodologia consolidatadell’«oratorio»;– Hospice Centro di Cure Palliative «Aurelio Marena» – tra l’accanimen-

531

Page 157: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

to terapeutico e l’eutanasia la comunità cristiana sceglie la terzastrada: l’accompagnamento olistico (globale) dell’ammalato nellafase avanzata della malattia. Se non sempre si può guarire sempresi deve «ad-sistere», stare accanto fino alla morte. È la grande que-stione della cura di fine vita.– Premio Nazionale Santi Medici – Formazione e Progettazione – ServizioCivile – l’esercizio della carità richiede sempre più competenza eprofessionalità perché vengano ottimizzate le risorse, create reticon altri che si impegnano nel territorio e perché vengano liberateed educate le buone disponibilità al servizio gratuito in vista dellacostruzione del bene comune. Il premio nazionale Santi Medici siattribuisce a cedenza biennale a giovani neo laureti in medicina echirurgia, farmacia per un lavoro originale di ricerca in una brancadella medicina e delle scienze. Il servizio civile diviene al tempo stes-so percorso e laboratorio di formazione per i giovani per la costru-zione di una società civile a misura della persona umana.

Il nostro santuario diventa così «clinica del corpo e dello spirito», secon-do la felice definizione del compianto arcivescovo di Bari-Bitontopadre Mariano Magrassi, uno slogan che evidenzia l’unità tra l’an-nuncio, la celebrazione e la testimonianza. Solo una «parentesi» perun ulteriore approfondimento.Posso affermare:– «Clinica del Corpo»: 3 parole programmatiche: l’accoglienza, lasolidarietà, la condivisione– «Clinica dello Spirito»: 2 parole programmatiche: lo stupore, lagratuità.Il corpo e lo spirito due facce di una stessa realtà.

Clinica del corpo

L’accoglienza. Far entrare l’altro nella sua diversità nel tempo dellanostra vita e nella vita quindi del nostro santuario senza “se” esenza “ma”, senza logiche e atteggiamenti di giudizio. Il santuario diviene luogo dove si espande il profumo dell’oliocosparso sui piedi di Gesù dalla peccatrice giudicata Gesù la riscat-tò perché aveva «amato molto» (Lc 7, 36-50).

532

Page 158: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

CENTRO DI ORIENTAMENTO PASTORALE

L’incontro con Cristo che libera, che salva, è l’esperienza più bellache gli uomini e le donne che visitano il nostro santuario possonofare attraverso la disponibilità di una comunità accogliente chediventa di per sé educante.

La solidarietà. «Non è un sentimento di vaga compassione o disuperficiale interenimento per i mali di tante persone, vicine o lon-tane. Al contrario, è la determinazione ferma e perseverante diimpegnarsi per il bene comune: ossia per il bene di tutti e di ciascu-no perché tutti siano veramente responsabili di tutti». CosìGiovanni Paolo II nella Sollicitudo rei socialis al n. 38. Pertanto, la soli-darietà non può essere una parentesi, un attaccapanni, né uno slo-gan sbandierato ai quattro venti. Un impegno radicale. È un met-terci nel corpo l’occhio del più povero. Il santuario, allora, diventa così una «scuola di volontariato», che ègeneratore di coscienza critica, è «tempo donato, tempo dell’incon-tro con il limite e con le sofferenze. È il tempo della pazienza e delmutuo aiuto, lo spazio in cui ci si confronta col volto del fratello edella sorella più debole senza difendersi dietro ruoli già previsti»(C. M. Martini, Sto alla porta).

Il santuario assume un ruolo educativo

La condivisione. È andare oltre la solidarietà. È un mettersi in giocoattraverso le opere-segno della carità di Cristo. L’icona della moltiplicazione, meglio della “condivisione dei pani”,mi sembra illuminante (Mc 6, 30-44).Si tratta, in altri termini, di vincere la tentazione dei discepoli:«Questo luogo è solitario ed è ormai tardi, congedali perciò, in mo-do che, andando per le campagne e i villaggi vicini, possano com-prarsi da mangiare». È la tentazione del «congedare», del «non farsi carico», dell’indiffe-renza. Del non riconoscere il bisogno urgente che bussa alle portedella nostra comunità.Siamo chiamati a fare esodo da questa mentalità per raggiungere la

533

Page 159: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

«terra promessa» della proposta di Gesù: «date loro voi stessi damangiare», «fateli sedere» nella consapevolezza che «i cinque pani edue pesci» sono poca cosa dinanzi alla moltitudine da sfamare. Maè proprio qui la provocazione di Gesù che diventa, oggi per noi,«sfida pastorale». Non conta avere molto ma conta molto di piùmettere a disposizione degli altri quello che si ha (forse poco) equello che si è (forse molto). Solo allora accade il «vero miracolo».Sì diviene segno significante.Accade così attraverso la povertà delle nostre persone e delle nostrestrutture la rivelazione oggi, nel qui ed ora, dell’agape di Dio. «Oggi urge l’obbligo che diventiamo generosamente prossimi diogni uomo e rendiamo servizio con i fatti a colui che ci passa accan-to, vecchio da tutti abbandonato o lavoratore straniero disprezzatoo emigrante, o fanciullo nato da un’unione illegittima, che patisceimmediatamente per un peccato da lui non commesso, o affamatoche richiama la nostra coscienza» (Gaudium et spes, 27).Sono ancora più chiare e indubbiamente più provocatorie le paroledi San Giovanni Crisostomo in un’omelia sul vangelo secondoMatteo: «Vuoi onorare il corpo di Cristo? Non trascurarlo quandosi trova nudo. Non onorare il Cristo eucaristico con paramenti diseta, mentre fuori del tempio trascuri quest’altro Cristo che è afflit-to dal freddo e dalla nudità. Colui che ha detto: “questo è il miocorpo” è il medesimo che ha detto: “Voi mi avete visto affamato enon mi avete nutrito” e “quello che avete fatto al più piccolo deimiei fratelli l’avete fatto a me” … A che serve che la tavola eucaristi-ca sia sovraccarica di calici d’oro, quando lui muore di fame?Comincia a saziare lui affamato, poi con quello che resterà potraionorare anche l’altare».Il santuario diviene «casa, scuola e laboratorio di carità» se è al tempostesso «casa visibile dell’Eterno» (Sal 11,4), «riempita dalla nube dellasua presenza» (1 Re 8, 10.13), ricolmo della sua «gloria» (1 Re 8,11).

Clinica dello spirito

Lo stupore. Se la filosofia, il pensiero, nascono dall’incanto e dallostupore, se ciò che attrae è l’inatteso, se l’evento fa apparire il circo-stante come assolutamente nuovo, se nella meraviglia gli occhi si

534

Page 160: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

CENTRO DI ORIENTAMENTO PASTORALE

aprono e se la Bellezza cambierà il mondo, il Santuario non puònon essere lo «spazio della bellezza di Dio», il «tempo dell’incanto».Il papa nella Ecclesia de Eucharéstia al paragrafo 6 parla dello stuporeeucaristico che desidera ridestare. I santi sono gli uomini dello stu-pore. Maria la vergine è la donna bella, in armonia, che stupisce.Impariamo da loro, impariamo dai bambini, dagli artisti e facciamodei santuari i luoghi in cui tutto viene «curato»: dalle strutture,all’arredo, ai paramenti. Tutto deve essere «dignitoso», deve avere ilgusto delle cose buone. La fretta, non dimentichiamolo, è il veroveleno dello stupore. I tanti pellegrini, mendicanti di senso, che visi-tano i nostri santuari, sostano, «vivono la pausa» da noi. Stupiamolicon le nostre liturgie. Lo stupore eucaristico plasma. Aiutiamoli astare davanti al Signore «in pura perdita» (Charles de Foucauld).

La gratuità. «Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date» (Mt10,8).È il primato della grazia. C’è una tentazione che da sempre insidiaogni cammino spirituale e la stessa azione pastorale: quella di pensa-re che i risultati dipendano dalla nostra capacità di fare e di program-mare. Certo, Iddio ci chiede una reale collaborazione alla sua grazia, edunque ci invita ad investire, nel nostro servizio alla causa del regno,tutte le nostre risorse di intelligenza e di operatività. Ma guai a dimen-ticare che «senza Cristo non possiamo fare nulla» (Gv 15,5) (NMI 38).È la priorità della grazia. Il santuario, memoria dell’origine, «tenda»della divina presenza, profezia della patria celeste, luogo per eccel-lenza dove «s’invoca la grazia» diviene tempio di «rendimento digrazie» (Eucarestia) in cui s’incontrano la gratuità e la gratitudine.Siamo chiamati (vocati) ad «osare l’aurora», in questo tempo che civede presenti e che non è solo kronos ma anche kairós, tempo favo-revole per la nostra salvezza. Come comunità dei santuari vogliamo testimoniare che «quandoper noi è notte è giorno per Dio». Impariamo dunque ad essere dentro la storia vivendo la speranza,con il dono della carità, resi uomini veramente nuovi dall’essereconvenuti a celebrare il Giorno del Signore.

535

Page 161: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

TERZA PARTE

Il santuario per una «fede pensata»

Una fede che non «diventa cultura» è fede non «pienamente accolta». Tale convinzione, consegnataci dal servo di Dio Giovanni Paolo IInella Lettera in occasione della fondazione del Pontificio consigliodella cultura del 20 maggio 1982, ci richiama alla scuola del conci-lio Vaticano II e all’impegno proprio di ogni comunità cristianabasato sulla convinzione che, se la nostra fede «non sana il mondo»,rimane morta.Già Papa Paolo VI in Evangelii nuntiandi n. 18 nel 1975 aveva descrit-to un’evangelizzazione che comportava una «trasformazione» del-l’umanità «dal di dentro»: si tratta di quel processo oggi definitoinculturazione che comporta qualcosa di più del cambiamento dal-l’esterno della cultura destinata a ricevere il Vangelo; implica il fattoche il Vangelo sarà in essa pienamente e fermamente radicato solose sarà stato ricevuto, sentito, celebrato e vissuto all’interno del lin-guaggio profondo di una cultura locale15.La frattura tra il Vangelo e la cultura è senza dubbio il drammadella nostra epoca, sosteneva sempre papa Paolo VI al numero 20della Evangelii nuntianti. Ci è chiesta una conversione culturale dellapastorale, per dare spessore di pensiero alla nostra fede e aperturaal confronto e al dialogo, con tutte le componenti vive del territo-rio, per il bene del quale la Chiesa continua ad informare e a comu-nicare. Nell’inedito «areopago moderno», in presenza di un’emer-genza valoriale che precede e, al tempo stesso succede a quella infor-mativa e comunicativa, occorrono nuove competenze, più corag-giose presenze, coerenza e creatività.«Se le culture hanno bisogno di Cristo per raggiungere la loro pie-nezza, in altro senso Cristo ha bisogno delle culture per continuarea completare il dono dell’incarnazione nei diversi contesti della sto-ria»16.

536

15 Cf. M. P. GALLAGHER, Fede e cultura, p. 146.16 IDEM, p. 149.

Page 162: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

CENTRO DI ORIENTAMENTO PASTORALE

L’inculturazione si presenta inevitabilmente conflittuale: occorrericonoscere e liberare le strutture del peccato culturalmente conso-lidate.Per sanare quelle che sono state definite le quattro forme di man-canza culturale di fede e cioè l’anemia religiosa, l’emarginazionesecolare, una spiritualità disincarnata ed una desolazione culturale,presso il Santuario, già da anni si sono organizzati incontri per-corsi con uomini e donne protagonisti dei processi culturali delnostro tempo, impegnati nel nostro territorio e non solo, che han-no fornito elementi di riflessione alla comunità che ha ripensato inmodo critico alla propria fede, scoprendo la ragione come sua amica.

Conclusione aperta

«Un ramo gettato nell’oceano», scrive Pascal, «raggiunge e colpisce,con la sua forza di urto, tutte e singole le gocce dell’oceano».L’esperienza che si vive qui, nel nostro santuario, è solo la semplicetestimonianza di «un’avventura cristiana» affascinante al tempostesso paradossale, perché vissuta da uomini e donne consapevolidei loro limiti, «abitati dalla contraddizione».Di certo però esprime la gioia di essere una comunità di credenti,sedotta dalla bellezza dell’amore di Dio, fatto storia nella carne diCristo e che si prolunga nella presenza dello Spirito Santo, veroprotagonista della storia di ogni comunità cristiana, per un’educa-zione possibile e significante. 537

Page 163: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

538

Conclusioni e prospettive

Domenico Sigalini

Educare il cristiano secondo la misura di Cristo

Sull’emergenza educativa

Non si può oggi affrontare il tema dell’educazione se non si parteda uno sguardo appassionato alla situazione. Lo possiamo fare apartire da una precomprensione: l’atteggiamento suggerito dalConcilio Ecumenico Vaticano II proprio sull’importanza dell’edu-cazione.Sul significato della parola ‘emergenza’ si sono pronunciati quasitutti: pastori, pedagogisti, operatori pastorali, gente comune. Moltidicono che c’è emergenza perché siamo incapaci di educare, osiamo superficiali e accomodanti, o perché chi deve educare non lofa più o lo fa male, perché c’è tanta gente irresponsabile che di-seduca. Può essere vero anche questo, ma non è il nodo cruciale. Frai tanti modi di pensare alla situazione problematica dell’educazio-ne scegliamo di stare dalla parte di una visione positiva. Noi dicia-mo che c’è emergenza perché è aumentata la domanda, perché i gio-vani sono di fronte ad una eccedenza di opportunità, devono gio-care di più la loro libertà e sono messi di fronte abitualmente, nonsolo in alcuni momenti della loro vita, a un numero di scelte mag-giore. Siamo in un mondo più libero e per questo più bisognoso diattrezzarsi per decidere bene. Non siamo in contesti chiusi in cui ilgiovane, il figlio, l’allievo, dipende solo o quasi dalle informazioni,dai modi di pensare, dalle visioni di mondo del padre o del maestro.Ogni persona ha davanti a sé, ancor prima di percepirne il valore,innumerevoli possibilità di comportamento, di valutazione, di sti-moli, di proposte. La Gravissimum educationis, il testo del Concilioche parla esplicitamente di educazione, dice che è più facile oggi e

Page 164: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

CENTRO DI ORIENTAMENTO PASTORALE

539

più urgente educare e che l’incidenza dell’educazione sulla vita èpiù grande. Educare ha un valore aggiunto.Uno dei nodi che la società di oggi presenta all’educazione è nonsolo la sua complessità, ma anche una sorta di delegittimazionedell’autorità. Non esiste processo educativo che non abbia bisognodel contributo di una autorevolezza che è capace di valutare e orien-tare anche dicendo dei no, cioè facendo approfondire e crescere leragioni delle scelte e la loro personalizzazione. Il padre ha il doveredi aiutare il figlio, l’insegnante l’alunno, l’educatore l’educando,anche contro la sua volontà, entro un grande rispetto di una veralibertà. L’autorità soffre di non riconoscimento perché hanno persoautorevolezza le istituzioni che essa rappresenta: la famiglia, lascuola, la comunità cristiana. L’educatore deve poter esercitare lasua responsabilità come soggetto nel processo educativo, non è unsemplice “direttore del traffico”. In periodi di grandi cambiamentisicuramente vanno in crisi le istituzioni e vanno quindi ripensate,ma è ingenuo credere che si possa educare se le istituzioni e gliuomini che le rappresentano non vengono riconosciuti comeimportanti nei processi di scelta che riguardano la vita personale,sociale, culturale e spirituale.La Chiesa ha il dovere di occuparsi dell’educazione perché ha ildovere di occuparsi della vita e educare è una esigenza vitale. Tuttigli uomini in forza della loro dignità umana hanno il diritto inalie-nabile all’educazione. Ogni uomo deve poter portare a pienezza lasua vocazione e ha bisogno non solo di trasmissione di conoscenze,ma di un processo, di una capacità di valutare con retta coscienza,accogliere la verità e rispondere con responsabilità alla sua vocazio-ne. Il processo educativo non è negoziabile.

La vita di fede e i suoi compiti di fronte all’emergenza educativa

La domanda che ora ci facciamo è: la fede in Gesù Cristo morto erisorto, centro della vita e della comunità cristiana come deve dareil suo contributo indispensabile alla emergenza educativa? S’in-

Page 165: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

540

teressa di altro o aiuta l’uomo a fare quelle scelte di libertà che sonoindispensabili per la pienezza della sua vita e per il bene della socie-tà? È autosufficiente, compie un cammino parallelo a tutte le altreistituzioni educative? Come aiuta il giovane a fare le scelte giustenell’aumento vertiginoso delle opportunità, degli stili di vita, nelleimpostazioni del proprio esistere? Tutta la catechesi che si fa nellacomunità cristiana, la preparazione ai sacramenti, le celebrazioniliturgiche, come possono dare risposte a questa emergenza educa-tiva? I momenti formativi caratteristici di una comunità cristianasono paralleli alla vera educazione o ne determinano il cuore e nerinforzano i processi? Possiamo accettare ancora che tutta l’inizia-zione cristiana sia una parentesi da dimenticare nell’esplodere dellagiovinezza e della sete di libertà? O ancora peggio, possiamo accet-tare che la fede sia una dimensione privatistica, intimistica e allafine insignificante per la globalità della vita dell’uomo? Ed infine,l’atto educativo per il quale si lavora tanto nella comunità cristianaha una sua unità che consente di tenere assieme fede, cultura e vitao siamo destinati a vivere di frammentazione e di finzioni a secon-da dei luoghi in cui viviamo e delle attività che compiamo?È in gioco la possibilità del cristiano di stare con dignità nel consessoumano, di essere capace di dare il suo apporto alla comunità umana,di sentirsi uomo fino in fondo mentre è cristiano fino alla santità. Per rispondere a queste domande occorre rifarsi al pilastro deter-minante della vita della chiesa: la centralità del mistero di Cristo,celebrato e vissuto nell’esperienza liturgica, nell’Eucaristia e neisacramenti, doni indispensabili per la vita del cristiano anche nellasua essenziale dimensione di carità.Ci obbliga ad andare a questa centralità e profondità il ConcilioEcumenico Vaticano II, che di fronte a una società che tendeva auna scristianizzazione veloce e a un mondo credente che non foca-lizzava negli elementi essenziali il suo compito evangelizzatoremette davanti a tutti, credenti e non, la figura di Cristo come uomoperfetto, riuscito, esaltato nella sua dignità, nella pienezza delle suerealizzazioni. Riprendere seriamente e con profondità e attuare leindicazioni del Concilio è una scelta senza condizioni che abbiamosempre fatto e che vogliamo continuare a fare.Diventare come Gesù, conformarsi a Lui è il desiderio di ogni cri-stiano e aiutare ad amare come Lui, a vivere come Lui, a crescere

Page 166: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

CENTRO DI ORIENTAMENTO PASTORALE

541

come Lui è il compito educativo. Gesù Cristo è la persona che sicostituisce come ideale cui tutti possono tendere.La comunità cristiana tradirebbe se stessa e impoverirebbe l’umani-tà se si adattasse a educare un uomo che non ponga come determi-nante della sua struttura di personalità la figura di Gesù.

Il percorso educativo globale che aiuta a fare sintesitra vita e Parola, liturgia e testimonianza

Chiamiamo mistagogia, termine forse un po’ ostico e datato, ilcammino di formazione permanente per risvegliare l’esperienza diDio, per favorire la sintesi tra Parola, liturgia e vita e consentire undiscernimento comunitario che aiuti la comunità cristiana a com-prendere le sfide del momento presente e a rispondervi alla luce delmistero di Cristo, creduto, celebrato e vissuto. È ritessere un legamevitale con la tradizione, con quella memoria viva dalla quale scatu-risce la cultura, la sapienza di vita, l’educazione della persona. Èripensare globalmente e profondamente il “senso dell’educazione”,non come richiamo moralistico e astratto, ma per rispondere a uncriterio testimoniale dell’esperienza di fede, attenta ai mutamentisociali e culturali in atto.In pratica vogliamo dire che la Chiesa assolve al suo compito educativo:* se introduce il credente in maniera progressiva e sempre più inti-

ma nella conoscenza e nell’esperienza del mistero di Cristo, altri-menti la centralità di Gesù è solo una affermazione di principio;

* se propone il proprium dell’esperienza mistica cristiana oltre unvago mondo di emozioni religiose. La gente a noi chiede la fede ese chiede i sacramenti soltanto, noi dobbiamo fare scommesse,scavare nelle domande per non offrire solo risposte;

* se aiuta a far sintesi tra fede e vita, tra fede creduta e fede testi-moniata attraverso uno stretto legame con la fede celebrata.Parliamo spesso male delle funzioni religiose, ma sono spesso l’u-nica possibilità di dialogo con la gente e l’unico servizio chediamo per alzare lo sguardo a Dio e ascoltare il vangelo;

Page 167: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

542

1 Gaudium et spes, 59.

* se ricupera tutta l’esperienza liturgica come ponte e anello di con-giunzione tra verità e storia, tra pensiero e azione, come luogogeneratore di vita e cultura, come concezione dell’uomo, comeinterpretazione della storia e dei suoi problemi, della vita moralee delle sue possibilità, superando la frattura tra vangelo e cultura.Quante volte le celebrazioni liturgiche sono state determinantiper la vita e le scelte delle persone, delle famiglie e anche della vitapubblica di una città, della storia di un paese, entro eventi dram-matici. Pensiamo per esempio alla famosa attestazione di perdo-no del figlio ai funerali di Bachelet che ha iniziato a erodere lafalsa sicurezza delle Brigate Rosse, oppure ai funerali delle vittimedel terremoto dell’Abruzzo, ai riti semplici popolari e partecipatidei sacramenti, alla solidarietà che si crea di fronte a una calami-tà nei riti popolari che uniscono la gente credente e non;

* se dà unità all’atto educativo e si pone al servizio della formazio-ne integrale della persona. Non si può soprattutto oggi educare acompartimenti stagni, non ne nasce nessun cristiano, ma soloschegge impazzite di fissazioni e tradizioni.

Tali condizioni non si pongono solo come paletti di ortodossia, masono anche in se stesse orientamenti e definizioni di un progettoeducativo completo, hanno in se stesse forza di programma e intui-zioni di metodo. Sono più presenti di quanto pensiamo nella vitadella comunità cristiana e civile.O lasciamo tutta la vita liturgica, tutta quella pratica religiosa spes-so saltuaria, spesso tradizionale, fuori dalla vita vera – e per molticosì avviene – o con pazienza educativa costruiamo con essa unascolto e accoglienza docile dei doni di Dio e li facciamo diventarele fondamenta di una vita degna di essere vissuta e proposta.In questa prospettiva possiamo rispondere a una scelta del Concilioche è quella di applicarsi ad una educazione che «deve mirare allaperfezione integrale della persona umana, al bene della comunità edi tutta la società umana. Perciò è necessario coltivare lo spirito inmodo che si sviluppino le facoltà dell’ammirazione, dell’intuizione,della contemplazione, e si diventi capaci di formarsi un giudiziopersonale e di coltivare il senso religioso, morale e sociale»1. Questa

Page 168: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

CENTRO DI ORIENTAMENTO PASTORALE

543

è la mistagogia e questi sono tanti buoni motivi per lavorare in que-sta direzione.La posta in gioco è alta, anche perché oggi siamo di fronte a unapratica tradizionale dell’amministrazione dei sacramenti e per unabuona fetta di gente che partecipa all’Eucaristia domenicale noncorrisponde un progetto educativo globale e uno sforzo di passaredal liturgico privatistico al liturgico vitale determinante la vita glo-bale della persona.Le difficoltà sono enormi, ma non si può abbassare il livello dellaproposta, se ne devono cercare graduali passi di approfondimento,di cambiamento di mentalità, di rafforzamento dell’identità.

I soggetti dell’educazione: la comunità, gli adulti e le famiglie

Detto della necessità di educare, è importante mettere al centro isoggetti che rendono possibile questo esercizio spirituale su di séprima che sugli altri.La comunità cristiana è il primo soggetto, il grande responsabiledell’educazione, non da sola, non isolata, non autosufficiente, maaperta e capace di mettersi in gioco, con una esplicita intenzionali-tà. Niente avviene a caso, tutto avviene per dono di Dio e per corre-sponsabilità dell’uomo. È la comunità che sente di aver bisogno diDio che educa il suo popolo, che si lascia educare da Lui, che samettersi in discussione e in stato di conversione continua. Solo cosìpuò sentirsi poi soggetto educante ed essere in grado di porre sem-pre dei segni, che fanno capire che le sta a cuore il servizio ad ogniuomo.Ma siamo in molti a lamentarci che non siamo comunità, che laparrocchia spesso è un’accozzaglia di persone che vengono a chie-dere piuttosto che un popolo affiatato che dona. Già il chiedere èmeglio dell’indifferenza, apre nella vita un varco, una domanda sucui si può inscrivere un percorso di crescita. Il modello di vita e dicomunione trinitaria ci sta sempre davanti come una grande meta,mai adeguatamente raggiunta. L’educazione non è omologazione,

Page 169: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

544

ma sicuramente è frutto di una grande comunione. La parrocchianon è all’anno zero del suo lavoro educativo, anzi molta attività èeducazione dei bambini e dei ragazzi, dei fidanzati e dei giovani. Èuna lotta impari alle forze umane, ma siamo sicuri che Dio ama ilsuo popolo. Dio e la sua vita donata fino all’ultima goccia è il suoprogetto. L’anno liturgico offre un percorso formativo che allalunga influisce ed è più pervasivo di tante attività di gruppuscoli odi battitori liberi.Ma la comunità deve vedere l’ossatura della sua espressione educa-tiva nel mondo adulto. Non sempre gli adulti si lasciano educare.La sindrome di aver imparato tutto blocca tante proposte. Occorresuscitare prima di tutto in loro la domanda di educazione e questoavviene se la comunità dà l’esempio nel mettersi in discussione, indialogo, in stato continuo di conversione e di apertura. L’adulto èper statuto antropologico educatore, è colui che deve offrire ragio-ni di vita e va aiutato a trovare sempre queste ragioni nel vivo direlazioni nuove e significative con la comunità cristiana. Le ragionidi vita non le trovi in internet o nei libri, ma nel tessuto vivo di unacomunità che segue e annuncia Cristo.L’espressione più altamente educativa dell’educazione, come mat-tone di base di ogni costruzione, è la famiglia, che ha direttamenteun mandato educativo inalienabile datole dal creatore, perché è inessa che sgorga la vita e la necessaria educazione di questa, e dallaChiesa nel sacramento del matrimonio, che abilita a una vita piena,come quella che il giovane ricco chiedeva a Gesù. La prima sempli-ce mistagogia avviene lì, la prima sintesi tra fede e vita, tra doman-da e ascolto, tra pensieri e azioni è fatta sulle ginocchia dellamamma, con la mano nella mano del papà, nella tensione positivadi crescita tra fratelli, nella trasmissione di sentimenti tenui, maquotidiani dei nonni. Il senso della preghiera nasce lì. La comunitàdeve sbilanciarsi in questo tempo pastorale dedicato all’educazionedalla parte della famiglia, pur consapevole di tante famiglie fragili,distrutte e invivibili.

Page 170: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

CENTRO DI ORIENTAMENTO PASTORALE

545

Annuncio, celebrazione, testimonianza: un’unità necessaria per educarecristiani maturi

La scelta di questi tre ambiti non è un privilegiare alcuni uffici pasto-rali e dimenticare o sottovalutare gli altri, forse anche quelli più con-creti e più percepiti dalla gente; non è dimenticare i giovani, o il lavo-ro o le missioni, ma mettere in evidenza le forme che devono investireogni pastorale, ogni attenzione formativa. Annuncio, celebrazione etestimonianza sono da declinare in ogni struttura pastorale, in ognisoggetto o condizione del cristiano e non sono esclusiva degli ufficiliturgico o catechistico o della caritas. Non ci confrontiamo con treuffici, ma con tre dimensioni che stanno alla base di un progetto edu-cativo specifico di una comunità cristiana. Che fa la pastorale giova-nile se non si definisce nell’annuncio, nella celebrazione e nella testi-monianza e così la famiglia, il lavoro, le missioni … ? Ciascuno con ilsuo taglio, la sua riscrittura intelligente, mette a disposizione di tuttila sua peculiarità e stana da giovani, famiglie, lavoratori, operatori deimass media tutto quanto di bello possono mettere a disposizione ditutti. È importante però che l’unità progettuale parta da queste tredimensioni.L’unità è possibile, attuabile e, ancor prima di essere codificata in testio programmi che si elaborano assieme, è scritta nella formazione diogni credente che deve assolutamente farsi convertire dall’annuncio,essere attivo nella celebrazione e decidere di mettersi a disposizionenella carità. Se il percorso educativo globale che abbiamo scelto è sin-tesi di queste tre dimensioni non è possibile pensare l’educazione senon in una continua mutua relazione di annuncio, celebrazione etestimonianza, in una logica reticolare, in cui il punto di partenza èlasciato alla vita, alla creatività delle persone, alla complessità deitempi moderni, alla liquidità della nostra società, dentro la quale loSpirito esprime tutta la sua libertà. A noi tocca presidiare e dedicarcialle connessioni tra i diversi punti, garantire il massimo di relazioni edi passaggi. Non è importante oggi un prima e un poi temporale, asso-lutamente standardizzato, ma il processo completo nella sua globali-tà e quindi aperto a tutte le varie impostazioni culturali, che la comu-

Page 171: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

546

nità discerne. Il punto di arrivo è sempre questo conformarsi a Cristo,e geneticamente non temporalmente il primo passo è l’annuncio.La distinzione delle tre dimensioni è necessaria perché ciascunodeve esprimere non solo un suo punto di vista, ma la ricchezza chegli viene consegnata per costruire un’autentica esperienza credente.Annuncio, che già in se stesso non può non contenere l’unità con lacelebrazione e la testimonianza, oggi è soprattutto primo annun-cio, come dimensione normale nella quotidianità dei cammini for-mativi parrocchiali e non. Ogni intervento formativo non deve dareper scontata l’adesione di fede, ma deve continuamente renderlaincandescente, perché così lo esige la nostra vita, la complessità e ilcumulo di distrazioni della nostra società. La celebrazione è farsiconvertire dai sacramenti e non solo prepararsi ai sacramenti, ètenere l’uomo al suo posto e aiutarlo a farsi accogliente di unmondo altro che illumina il suo, che lo aiuta a dare senso al suo pre-sente. È investire del dono di Dio la persona anche nella sua corpo-reità. È presidiare la vita cristiana perché l’annuncio cristiano nonsi trasformi in propaganda, l’impegno di testimonianza non perdail suo vero sapore e la preghiera non degeneri in evasione. È collo-care nella vita un “giorno del Signore”, assoluto, indisponibile, matanto decisivo nel costruire persone mature e nuove e non cristianiad intermittenza. La carità è dono di Dio da accogliere proprio con-testualmente all’uomo da servire, è impostare la vita sulla logica deldono e non dello scambio. Lo scambio misura ogni cosa, personecomprese; il dono le accoglie e dimentica pesi e misure.

Una comunità cristiana che mentre educa è segno di salvezza per il territorio

La responsabilità educativa non è un insieme di parole o belle frasiper riempirsi la bocca. La comunità cristiana non è fuori del territo-rio, non si ritira su nessun Aventino, ma facendo evangelizzazione fail bene del territorio, delle istituzioni, delle strutture della società. Lafedeltà alla Parola di Dio e alle indicazioni del Concilio ci aiuta adallargare le nostre vedute e a coltivare sogni. La Chiesa non coltivasolo sogni, ma sa concretizzarli con segni2, che accompagnano, sti-

2 Cfr G.M. Bregantini, relazione del 25 giugno 2009.

Page 172: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

CENTRO DI ORIENTAMENTO PASTORALE

547

molano, fanno crescere responsabilità nei confronti della giustizia,della pacifica convivenza e della solidarietà con i più poveri.

Necessità di darsi un progetto educativo

La parola mistagogia sembra troppo interna al mondo ecclesiale,ma nei significati che abbiamo espresso è proprio sbilanciata dallaparte di una coniugazione dell’esperienza credente entro i processiformativi della vita. Spesso, in questi tempi pensiamo che educaresia offrire esperienze coinvolgenti, belle emozioni anche fortemen-te spirituali e celebrative, lectio divinae solide. Invece vediamo sempredi più come occorre accompagnare le persone con un percorso fattodi mete, di strumenti, di passi semplici e collegati, per non crearetalebani o smidollati.L’unità degli interventi educativi esige di avere un progetto, dicostruire sequenze ordinate nel processo secondo una visione globa-le della persona. La mistagogia ha il vantaggio di non farci deviare inpedagogismi che non arrivano mai alla meta, ma di ancorare ogniprogetto all’essenza della vita credente. Le comunità diocesanedanno dei grandi contributi con i progetti pastorali; la Chiesa italia-na lo codifica di decennio in decennio. È importante però scriverequesti contributi entro un progetto che viene sostenuto giorno dopogiorno, per ogni età. Non posso non riferirmi alle grandi capacità diprogettazione formativa che hanno le associazioni ecclesiali. In par-ticolare posso testimoniare la serietà progettuale dell’Azione Cat-tolica, che aiuta tutti a percorrere cammini di formazione con unprogetto formativo globale e soprattutto a preparare educatori conun tirocinio severo di santità e di competenza educativa.La figura di educatore appassionato e solido che abbiamo contem-plato in Giovanni Modugno e l’esperienza della parrocchia santua-rio dei Santi Medici ci dicono che è possibile invocare da Dio santieducatori anche per i nostri giorni e costruire comunità, parrocchiealtamente formative nell’unità tra annuncio, celebrazione e testi-monianza abbondante di carità.

Page 173: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

548

Ripartire dall’educazioneLettera alla parrocchia

Cara parrocchia,siamo una famiglia del tutto normale, abbiamo tre figli, in casaanche i nonni e una zia, che ci aiutano qualche volta a litigare, spes-so a costruire relazioni di maggior tolleranza e comprensione.Oggi sentiamo un po’ di stanchezza soprattutto nella educazionedei figli. Non ci ascoltano, vengono solo a chiedere coccole e mance,a strappare permessi o a nascondere malefatte. Noi siamo credenti,ma i nostri figli se ne vanno a uno a uno dalla Chiesa; l’ultimo haappena fatto la Cresima ed è già in fuga. L’ha preparata bene arro-tolando lenzuola e segando sbarre da almeno tre anni. Noi ce neaccorgevamo, ma non abbiamo potuto fare niente. Ci sembra tuttoineluttabile. Ci sentiamo soli nel contestare le idee strane che ciportano in casa, quando non dobbiamo tendere l’orecchio al lorocellulare, in attività perenne, per carpire le loro idee, i loro sognisballati, almeno così sembra a noi. In questi tempi siamo ancorapiù nervosi perché i soldi non bastano più e viviamo nella paura chea qualcuno venga a mancare il posto di lavoro.Ma tu che fai? Che cosa hai fatto a questi nostri figli da lanciarlicosì lontano? Come mai non gli è rimasto in testa niente di tutti glianni di catechismo che avete fatto? Certo ci preoccupa la loro fede,ma oggi ci assilla la tenuta morale, sociale, umana delle loro vite.Abbiamo perso la voglia di battagliare, di offrire visioni di vitadiverse, di ascoltarli fino in fondo, forse. Vediamo che hanno anco-ra più bisogno di noi perché hanno mille decisioni da prendere esono soli nonostante le nostre prediche o forse perché sono soloprediche. Ci serve una comunità in cui poter incontrare la forza diquel Dio in cui crediamo, ed essere aiutati a tornare all’incande-scenza del nostro amore. Veniamo a messa, ma ci sembra di nonessere in grado di capire quel che ci proponete. Avete un modo perricucire nelle nostre coscienze vita e fede, verità e storia, vangelo ecultura, celebrazioni e gusto della vita?Sappiamo che la nostra fede è troppo povera, rimasta al catechismo

Page 174: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

CENTRO DI ORIENTAMENTO PASTORALE

549

che abbiamo imparato a mozziconi durante gli anni ruggenti dellebattaglie politiche. Abbiamo perso autorevolezza. Ce l’hanno toltasenza accorgerci, come l’hanno tolta alla famiglia, alla scuola, allaChiesa. Abbiamo bisogno di tornare a imparare, ci vergogniamo didirlo, ma ci sembra la cosa più vera. Non è un ritorno a una giovi-nezza che sfuma, ma una voglia di nascere di nuovo, per essere pernoi stessi e per i nostri figli un segno della bontà di Dio e della suadecisione di prenderci in carico sempre e in ogni loculo in cui cipossiamo essere cacciati.Ci aspettiamo di essere aiutati a diventare educatori autorevoli,pazienti e pieni di speranza.

La famiglia che quest’anno a Pasqua hai benedetto velocemente

Page 175: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009
Page 176: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

551

DOCUMENTI E VITA DELLA CHIESA DI BARI-BITONTO

CURIA METROPOLITANA

Cancelleria

1. Sacre ordinazioni

- La sera del 16 maggio 2009, Vigilia della VI Domenica di Pasqua,nella parrocchia santuario di S. Fara in Bari, S. Ecc. rev.ma mons.Angelo Massafra, O.F.M., Arcivescovo di Scutari, durante unaconcelebrazione eucaristica da lui presieduta, con le legittimedimissorie dei Ministri Provinciali e la licenza dell’Arcivescovo diBari-Bitonto, ha ordinato diaconi fra Sabino Perillo, fra Prel Sylae fra Antonello Gravante, O.F.M. Cap..

2. Nomine e decreti singolari

A) S. Ecc. l’Arcivescovo ha nominato, in data:- 1 maggio 2009 (Prot. n. 20/09/D.A.S.-N), don Giuseppe Di Mauro

all’ufficio di cappellano delle Suore della Casa della Carità “SanVincenzo de Paoli” in Palo del Colle;

- 1 maggio 2009 (Prot. n. 22/09/D.A.S.-N.), don Carlo Cinquepalmiall’ufficio di direttore dell’Ufficio Comunicazioni sociali dellaCuria diocesana di Bari-Bitonto, per cinque anni;

- 12 maggio 2009 (Prot. n. 23/09/D.A.S.-N.), don Giovanni Castoroall’ufficio di assistente spirituale della Confraternita del Santis-simo Sacramento in Grumo Appula;

Page 177: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

552

- 19 maggio 2009 (Prot. n. 24/09/D.A.S.-N), don Andrea Favaleall’ufficio di direttore dell’Ufficio Missionario diocesano, per cin-que anni;

- 25 maggio 2009 (Prot. n. 25/09/D.A.S.-N.), don Vito Frascellaall’ufficio di correttore della costituenda Misericordia presso laparrocchia S. Egidio in Bitonto;

- 12 giugno 2009 (Prot. n. 26/09/D.A.S.), don Francesco Lanzollaall’ufficio di canonico del Capitolo Metropolitano Primaziale diBari;

- 25 giugno 2009 (Prot. n. 29/09/D.A.S.-N.), don Antonio Mattiaall’ufficio di presidente del Capitolo Concattedrale di Bitonto, percinque anni;

- 25 giugno 2009 (Prot. n. 30/09/D.A.S.-N.), don FrancescoAcquafredda all’ufficio di canonico penitenziere del CapitoloConcattedrale di Bitonto, per cinque anni.

B) S. Ecc. l’Arcivescovo ha istituito, in data:- 15 giugno 2009 (Prot. n. 28/09/D.A.S.), p. Angelo Arboritanza,C.R.S., vicario parrocchiale della parrocchia S. Nicola in Toritto.

C) S. Ecc. l’Arcivescovo, in data:- 1 maggio 2009 (Prot. n. 21/09/L.A.), ha dato il consenso canonico

per la concessione di indulto di esclaustrazione temporanea a p.Angelo Arboritanza, C.R.S.;

- 15 giugno 2009 (Prot. n. 27/09/D.A.S.) ha rinnovato per altri cin-que anni a don Michele Camastra l’invio in missione come pre-sbitero associato al P.I.M.E. al servizio dell’Arcidiocesi di HongKong.

Page 178: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

553

Teodora, ‘dono di Dio’: davvero un dono di Dio è stata ed è per lanostra Chiesa locale, per la nostra città, per tutti, la beata Elia diSan Clemente, al secolo Teodora Fracasso, carmelitana scalza, bare-se, vissuta solo 26 anni (1901-1927). A tre anni dalla sua beatifica-zione, nel corso di una celebrazione eucaristica presieduta dall’Ar-civescovo Mons. Francesco Cacucci, si è scoperta e benedetta unalapide che fa memoria dello storico evento.Il 18 marzo 2006, ricorda l’iscrizione, dettata dal prof. Aldo Luisidell’Università di Bari, S. Em. il card. José Saraiva Martins, Prefettodella Congregazione per le cause dei santi, dava nella nostra catte-drale solenne lettura del decreto con cui il Santo Padre BenedettoXVI iscriveva suor Elia di San Clemente, in ragione delle sue ‘pre-clare virtù’, nel numero dei beati. è la prima beata della nostraChiesa diocesana e della nostra città di Bari.La celebrazione eucaristica, con lo scoprimento della lapide, si ètenuta in cattedrale il 29 maggio, giorno della memoria liturgicadella beata Elia, una data scelta per legare questa nostra beata, cosìdevota dell’Eucaristia, sì che viene invocata e cantata col titolo di‘Piccola Ostia’, al XXIV Congresso Eucaristico Nazionale svoltosi aBari, e in particolare all’ultimo giorno del Congresso (29 maggio2005), che vide la presenza di Papa Benedetto XVI per la celebrazio-ne eucaristica conclusiva.Nell’omelia l’Arcivescovo ha sottolineato come il dono dello Spiritoabbia colmato di grazia fin da piccola la beata Elia e come l’Euca-ristia sia stata la continua sorgente di questa grazia e ha invitato

Ufficio per le cause dei santi

Una lapide in Cattedraleper la Beata Elia di San Clemente

CURIA METROPOLITANA

DOCUMENTI E VITA DELLA CHIESA DI BARI-BITONTO

Page 179: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

554 In questa chiesa cattedrale dedicata al culto della B.V.M. Assuntail 18 marzo del 2006

durante una solenne celebrazione eucaristica presiedutadall’eccellentissimo Francesco Cacucci

Arcivescovo della diocesi di Bari-BitontoS.Em. Rev.ma José Saraiva MartinsCardinale di Santa Romana Chiesa

Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santiper l’autorevole mandato del sommo Pontefice Benedetto XVIlesse il decreto di beatificazione della venerabile serva di Dio

Elia di San Clemente della famiglia Fracasso,monaca professa dell’Ordine delle Carmelitane scalze

IN HAC CATHEDRALI ECCLESIA B.V.M. ADSVMPTAE CVLTI SACRISQVE DICATAANTE DIEM XV KAL. APR. A.D. MMVI

INTER SOLLEMNE EVCHARISTIAE SACRVM CVI PRAEFUITFRANCISCVS CACVCCI

EXCELLENTISSIMUS BARENSIS – BVTVNTINAE DIOECESIS ARCHIEPISCOPVSEMINENTISSIMVS AC REVERENDISSIMVS DOMINVS

IOSEPH SARAIVA MARTINSSANCTAE ROMANAE ECCLESIAE CARDINALIS

ATQUE DE CONGREGATIONIS CAVSIS SANCTORUM PRAEFECTUSBEATISSIMI BENEDICTI XVI

SVMMI PONTIFICIS IVSSV ATQUE AVCTORITATEVENERABILEM DEI SERVAM A SANCTO CLEMENTE ELIAM DE FRACASSO FAMILIA

SACRAM EX ORDINE MONALIUM DISCALCEATARUMB.M.V. DE MONTE CARMELO VIRGINEM

INTER BEATORUM NVMERVM ESSE DECREVIT

HAEC TABULA AD PERPETUAM REI MEMORIAM POSITASTVT VNIVERSVS CLERVS POPVLVSQUE FIDELIUM MEMORES SINT

PRAECLARARVM VIRTVTVM BEATAE ELIAEQVAE IN COENOBIO VNVM PATREM DEVM AGNOVIT

VNVM SANCTITATIS LOCVM DELEGIT VNAM VERITATIS LVCEM QVAESIVITATQUE IN BREVI VITAE SPATIO DEI CLEMENTIS CARITATEM INVENIT

ET MAXIMA CVM HUMILITATE MISSIONEM SE DEVOVERE PERSECVTA ESTVT DEVS COGNITVS AMATVSQVE IN TOTO ORBE ESSET

BEATAE ELIAE SANCTITATIS PLVRIMA SIGNA NOBIS DATA SVNTET N VITA ET POST EIVS MORTEM

QVAE DEI GRATIA CONTIGIT NATALI DOMINI DIE ANNI MCMXXVIIDVM BEATA VIGINTI SEPTEM ANNOS FELICITER AGEBAT

Page 180: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

CURIA METROPOLITANA

555

tutti a riscoprire nella sua testimonianza di vita, nei suoi meravi-gliosi scritti la bellezza della vocazione cristiana, l’amore per Gesù,il “Giglio delle convalli” (Ct 2, 1), come lo chiamava spesso suorElia, riprendendo una espressione del Cantico dei cantici, il libro dellaScrittura a lei così caro. Ad appena quattro anni la piccola Teodoraaveva sognato un giardino in cui avanzava una donna che mietevagigli con una falce d’oro e aveva infine strappato un piccolo gigliostringendoselo al cuore... Suor Elia spiegava in un suo scritto: «Erail seme della vocazione religiosa che il Giglio delle convalli, per lemani di Maria, aveva gettato nel mio cuore, onde potesse all’ombradella casa paterna germogliare, e poi trapiantarlo nelle amene aiuo-le di questo bel Carmelo» (Scritti, p. 176).La testimonianza della beata può e deve costituire per tutti un invi-to a vivere la vocazione alla santità. La lapide apposta in cattedraleserve a fare memoria di questa testimonianza, non una memoriasolo ufficiale e celebrativa, ma un memoria nel senso liturgico, unamemoria che rende presente a noi oggi la sua carità ardente per Dioe per il prossimo, il suo desiderio di perfezione, il suo profumo disantità. La lapide è stata collocata sul lato sinistro (per chi guardal’altare) del muretto con la cancellata che delimita il presbiterio,vicino, dunque, al luogo della celebrazione del sacrificio eucaristi-co, a ricordare il suo desiderio: «Gesù... un’Ostia accanto a Te esservorrei» (Scritti, p. 446), un desiderio che può essere anche il nostro.

Giuseppe Micunco, Notaio

Questa tavola viene posta a perenne memoriaaffinché tutto il clero e il popolo dei fedeli siano memori

degli eccezionali meriti della beata Eliala quale nel monastero riconobbe Dio come unico padre

scelse un solo luogo di santità ricercò una sola luce di veritàe nella sua breve vita terrena trovò l’amore misericordioso di Dio

Nella più grande umiltà assunse l’impegno di immolarsiaffinché Dio fosse conosciuto e amato in tutto il mondo

A noi sono stati concessi molti segni della santità della beata Eliasia quando era in vita sia dopo la sua morte

che per grazia di Dio avvenne nel giorno del Santo Natale dell’anno 1927,mentre la beata viveva felicemente il suo 26° anno di età.

Page 181: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009
Page 182: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

557

Facendo un bilancio di quello che è stato svolto in quest’annosociale per ciò che riguarda la Caritas Diocesana ritengo che il cam-mino intrapreso possa essere ulteriormente migliorato per il futu-ro.La maggior parte delle iniziative sono state concentrate sulDormitorio per i senza fissa dimora “don Vito Diana”. Inauguratodall’Arcivescovo il 4 ottobre 2008, ha iniziato la sua attività il 10novembre dello stesso anno. Il dormitorio, fortemente voluto pervenire incontro alle esigenze dei senza casa e dei numerosi immi-grati che ruotano intorno alla città di Bari, ha visto transitare oltreduecento persone. La sensibilità delle comunità parrocchiali non èmancata. Oltre ai sessanta volontari che continuano a prestare ilproprio servizio notturno con gli ospiti del dormitorio, in moltihanno reso la loro disponibilità con le raccolte in denaro dei tempidi Avvento e Quaresima. Non sono mancate anche le offerte innatura con prodotti per l’igiene personale e della casa non solo daparte delle parrocchie, ma anche da parte di singoli privati.Il lavoro è solo agli inizi e mi auguro che trovi sempre spazio nelleiniziative di carità a cui le diverse comunità potranno fare riferi-mento.Importanti appuntamenti hanno visto la partecipazione dei giova-ni nei ritiri mensili (terza domenica del mese) a cui hanno parteci-pato parecchi gruppi parrocchiali.

Settore Carità. Ufficio Caritas

Un anno in Caritas

CURIA METROPOLITANA

DOCUMENTI E VITA DELLA CHIESA DI BARI-BITONTO

Page 183: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

558

Il martedì è stato, invece, un momento importante settimanale. Pertutto l’anno ha visto la partecipazione di alcuni volontari per la for-mazione, sotto l’aspetto catechistico. Il tema seguito è stato incen-trato sull’esperienza caritativa paolina, con un confronto con i testibiblici.Ha funzionato anche il “coordinamento carcere”, che ha visto unmomento importante nella celebrazione eucaristica della Domeni-ca delle Palme, presieduta dall’Arcivescovo presso la Casa Circon-dariale di Bari. Ogni terzo lunedì del mese i volontari s’incontranopresso il dormitorio per un momento di formazione e per pro-grammare alcune iniziative a favore di coloro che risiedono negliistituti di Bari.Per quanto riguarda il futuro, si è posta l’attenzione sul Centro “DiMaggio” di Santo Spirito. La casa diverrà un centro di secondaaccoglienza soprattutto per donne e ragazze madri. La Caritas dio-cesana si avvarrà della collaborazione di due suore Domenicane diSan Sisto, che risiederanno nella casa e si preoccuperanno di for-mare anche chi usufruirà della struttura.Non sono mancati gli incontri con le Caritas parrocchiali, soprat-tutto nelle comunità dove l’Arcivescovo ha svolto la visita pastorale.Il lavoro richiede un’intensificazione sulla dimensione mistagogi-ca e si auspica che si crei un itinerario di fede in grado di far rien-trare la carità non come strumento assistenziale, ma parte inte-grante dell’evangelizzazione.

sac. Antonio Rucciadirettore della Caritas diocesana

Page 184: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

559

p. Giulio Doronzo, O.F.M. Cap.*

DOCUMENTI E VITA DELLA CHIESA DI BARI-BITONTO

NELLA PACE DEL SIGNORE

Sabato 30 maggio 2009, nei primi vespri di Pentecoste, all’età diottantatre anni, è passato da questo mondo al cielo p. GiulioDoronzo, della Fraternità Cappuccina di S. Fara.Padre Giulio nasce nella città di Barletta il 29 maggio 1926, dalpapà Domenico e dalla mamma Elisabetta Gissi. Viene battezzatocol nome Carmine il seguente 13 giugno nella parrocchia di S.Giacomo. L’ambiente famigliare è religiosamente impegnato.Favorito dall’ambiente privato e cittadino il piccolo Carmine, ancorgiovinetto, nel 1939, viene ricevuto da padre Agatangelo daTriggiano nel Seminario Serafico di Barletta. Veste l’ambito cap-puccino ad Alessano il 15 agosto 1944. Emette la professione sem-plice ad Alessano il 19 agosto 1945, e quella solenne a Scorrano il22 agosto 1948, nelle mani di padre Angelo di Barletta, durante ilprovincialato di padre Guglielmo da Barletta. Espleta gli studiliceali tra Terlizzi, Francavilla e Scorrano continuando la teologia aBari. Viene ordinato sacerdote il 29 marzo 1952 a Bari S. Fara daMons. Marcello Mimmi. Sciolto lo studio, viene inviato ad Alessanocome vice maestro dei novizi, per poi trascorrere un anno (1945-55)presso l’istituto di Pedagogia retto dall’Ordine dei Frati Minori aGrottaferrata. Ritorna al Alessano per svolgervi l’ufficio di maestro

* Dalla lettera circolare n. 07/2009 del ministro Provinciale fra Francesco Neri, O.F.M.Cap., in occasione del transito al cielo di p. Giulio Doronzo, O.F.M. Cap.

Page 185: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

560

dei novizi. Qui incomincia il suo lungo itinerario di servizio allaProvincia, all’Ordine e alla Chiesa.Il primo ambito di apostolato di padre Giulio è stato quello dellaformazione iniziale. In questo settore è stato, nel tempo, responsa-bile di ogni fase formativa: del postulato a Terlizzi, dello studenta-to a Bari, e specialmente del noviziato ad Alessano, dove ha ricevu-to e accompagnato numerose generazioni di giovani anche di altreProvince. L’altro ambito apostolico, non meno amato, è stato quel-lo degli ammalati. Cappellano all’ospedale di Terlizzi, per la fedeltàall’impegno e la premura verso i sofferenti, si diceva che la Chiesadell’ospedale era diventata la settima parrocchia di Terlizzi.Nella nostra Provincia ha ricevuto varie responsabilità. È stato eco-nomo locale; guardiano ad Alessano, Terlizzi e a Bari S. Fara, fino adiventare ministro provinciale, eletto nel 1979 e riconfermato perun altro triennio nel 1982. Ha retto la Provincia in anni difficili,impegnato il proprio tempo nell’incontro con i frati, adottato conquelli più difficili lo strumento efficace della sua amabilità. A livel-lo nazionale è stato vicepresidente della Conferenza Italiana deiMinistri Provinciali. È stato anche animatore di fraternità dell’Or-dine Francescano Secolare, e ha offerto con generosità il dono dellaconfessione e della direzione spirituale ai laici impegnati nella fami-glia e nel lavoro.Proprio come confessore e padre spirituale, significativa è stata lasua disponibilità verso i sacerdoti e la vita consacrata. A vario tito-lo gli sono stati vicini presbiteri che hanno poi ricevuto il ministe-ro episcopale: mons. Antonio Bello, mons. Benigno Papa, mons.Francisco Chimoio e mons. Giancarlo Bregantini.Nel 1988 è nominato successore di padre Guglielmo da Barlettanella direzione dell’Oasi, gestita dalle Volontarie Francescane delleVocazioni. E finalmente nel 1995 mons. Mariano Magrassi lo nomi-na direttore dell’Ufficio religiosi e religiose dell’Arcidiocesi di Bari-Bitonto. L’anno successivo viene nominato direttore del settoredella Vita consacrata, per poi divenire nello stesso 1996 vicario epi-scopale. L’incarico curiale non lo trasforma in un burocrate, tant’èche padre Giulio non solo si dedica generosamente a visitare lecomunità religiose, particolarmente quelle femminili e quelle clau-strali, ma viene richiesto del ministero sacerdotale dagli stessi col-laboratori della Curia L’incarico di vicariato episcopale gli viene

Page 186: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

NELLA PACE DEL SIGNORE

561

confermato da mons. Francesco Cacucci, e rivestito di tale respon-sabilità padre Giulio ha concluso la sua esistenza terrena.

“Chi è fedele sempre nel poco è fedele nel molto”.P. Giulio è stato artefice di fraternità attraverso l’attenzione alle pic-cole cose. “Il buon Dio abita nei dettagli”, ha detto Aby Warburg, edifatti proprio le piccole cose sono un valido test della nostra fedel-tà ai grandi valori. Ricordiamo il suo amore alla casa, espresso spe-cialmente nei conventi di Alessano e S. Fara, dove, se le pareti potes-sero parlare, direbbero l’attenzione che padre Giulio ha profuso perrendere i nostri luoghi degni della liturgia e adatti alla vita fraterna.L’altro dettaglio era il suo amore per le creature, particolarmente glianimali domestici che orbitano intorno ad ogni convento e ai qualiGiulio provvedeva personalmente al nutrimento.

Così concludeva la sua lettera il Ministro Provinciale p. FrancescoNeri:“Carissimo padre Giulio, fratello e padre, il Signore ti ha chiamatoa sé nei primi vespri della solennità di Pentecoste, mentre tutta laChiesa invocava lo Spirito Santo con le parole della sequenza: “Davirtutis meritum, da salutis exitum, da perenne gaudium: Dona virtù epremio, dona morte santa, dona gioia eterna”. Questa preghiera èstata fatta per te, ed è stata certamente esaudita.Perciò per il dono che tu sei stato per noi, carissimo Giulio, fratelloe padre, vogliamo lodare il Signore:

“Onnipotente, santissimo altissimo e sommo Iddio,ogni bene, sommo bene, tutto il bene che solo sei buono,fa’ che noi ti rendiamo ogni lode, ogni gloria,ogni grazia, ogni onore, ogni benedizione e tutti i beni.Fiat! Fiat! Amen!”

Page 187: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009
Page 188: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

563

DOCUMENTI E VITA DELLA CHIESA DI BARI-BITONTO

DIARIO DELL’ARCIVESCOVO

Maggio 2009

1 - Al mattino, presso la masseria “Odegitria” in CassanoMurge, incontra la comunità parrocchiale della Cattedrale ecelebra la S. Messa.

- Alla sera, nella chiesa di S. Giuseppe Lavoratore in Montursi,frazione di Gioia del Colle, celebra la S. Messa per la festa delTitolare, nel 50° anniversario dell’erezione della chiesa.

2 - Al mattino, in Bitonto, benedice la sede della GalleriaNazionale “Girolamo e Rosaria Devanna”.

- Alla sera, presso la parrocchia S. Maria Annunziata in Cel-lamare, celebra la S. Messa nella festa del patrono S. Ama-tore.

3 - Al mattino, presso la parrocchia S. Maria La Porta in Palodel Colle, celebra la S. Messa per la festa del SS. Crocifisso diAuricarro.

- Alla sera, presso la parrocchia Buon Pastore in Bari, celebrala S. Messa per la festa del Titolare.

5 - Alla sera, presso la parrocchia SS. Rosario in Mola di Bari,interviene alla presentazione del libro “Puer centum anno-rum” dedicato al parroco don Bruno Aloia (1914-2007).

6 - Al mattino, presso l’Oasi S. Maria in Cassano Murge, parte-cipa al Capitolo provinciale elettivo dei Frati Minori Cap-puccini di Puglia celebrando la S. Messa.

- Alla sera, presso il Teatro Traetta in Bitonto, partecipa allapresentazione de “Il Canzoniere” di Francesca Scivittaro, unavoce di Bitonto, promossa dalla parrocchia S. Egidio Abate.

Page 189: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

564

8 - Al mattino, presso il Molo S. Nicola in Bari, celebra la S.Messa e assiste all’imbarco della statua del Santo Patrono.

- Alla sera, presso il Molo S. Nicola, presiede allo sbarco dellastatua.

9 - Alla sera, nella Basilica di S. Nicola, celebra la S. Messa e pre-siede il prelievo della santa manna.

10 - Al mattino, in Rutigliano, celebra la S. Messa per la festapatronale di S. Nicola.

- Alla sera, nella piazza antistante la parrocchia S. MicheleArcangelo in Bitetto, incontra i cresimandi dell’Arcidiocesi.

11 - Alla sera, incontra l’Associazione “San Lazzaro” presso la se-de associativa.

12 - Alla sera, presso il monastero S. Maria delle Vergini in Biton-to, celebra la S. Messa per la professione solenne di una mo-naca benedettina.

13 - Al pomeriggio, presso il Pontificio Seminario Regionale diMolfetta, incontra i seminaristi teologi.

14-17 Visita pastorale alla parrocchia S. Maria Assunta in CassanoMurge.

18 - Al pomeriggio, presso la parrocchia Maria SS. del Carmine inSannicandro di Bari, celebra le esequie di don GiuseppePerna.

19 - Al pomeriggio, in Cattedrale, incontra i cresimandi della par-rocchia S. Maria del Fonte di Bari-Carbonara.

- Alla sera, presso la Casa del clero, presiede la riunione delConsiglio Pastorale diocesano.

20 - Alla sera, presso il santuario della Madonna del Pozzo inCapurso, celebra la S. Messa per la festa dell’incoronazionedella Vergine e l’offerta dell’olio delle comunità di Bitonto.

21-24 Visita pastorale alla parrocchia S. Maria del Carmine inSammichele di Bari.

23 - Al pomeriggio, in Sammichele di Bari, presiede la Veglia dio-cesana in preparazione alla Pentecoste.

25-29 A Roma, partecipa ai lavori dell’Assemblea generale dellaConferenza Episcopale Italiana.

29 - Alla sera, in Cattedrale, celebra la S. Messa nella memorialiturgica della beata Elia di San Clemente, O.C.D. e scopreuna lapide commemorativa della beatificazione.

Page 190: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

DIARIO DELL’ARCIVESCOVO

565

30 - Al mattino, presso la parrocchia S. Maria Maggiore in Gioiadel Colle, celebra la S. Messa per il convegno regionale del-l’ “Associazione Eucaristica Riparatrice”.

- Alla sera, presso la parrocchia S. Paolo Apostolo in Bari, cele-bra la S. Messa e amministra le Cresime.

31 - Al mattino, presso la parrocchia Stella Maris in Bari-Palese,celebra la S. Messa per il 40° anniversario della dedicazionedella chiesa e amministra le Cresime.

- Alla sera, presso la parrocchia S. Maria del Campo e dellaPietà in Bari-Ceglie del Campo, celebra la S. Messa per lafesta di S. Giuseppe Marello, fondatore della Congregazionedegli Oblati di S. Giuseppe.

Giugno 2009

3 - Al mattino, presso la Facoltà Teologica Pugliese, presiede lariunione della Commissione di Alto Patronato.

- Alla sera, presso la parrocchia S. Croce in Bari, presiede l’in-contro conclusivo della visita pastorale al II vicariato.

4 - Al mattino, in Cattedrale, celebra la S. Messa per la festa di S.Filippo Smaldone, fondatore della Congregazione delleSuore Salesiane dei Sacri Cuori.

4-7 - Visita pastorale alla parrocchia Sacro Cuore in Gioia delColle.

8 - Al pomeriggio, presso il monastero S. Giuseppe in Bari, cele-bra la S. Messa per la professione semplice di due monachecarmelitane.

- Alla sera, presso la Casa del clero in Bari, incontra il Comi-tato dei Presidenti della Consulta diocesana delle aggrega-zioni laicali (CDAL).

9 - Alla sera, presso la parrocchia S. Nicola in Bari-Catino, par-tecipa alla proiezione del film “Il cacciatore di aquiloni” e neguida la lettura.

Page 191: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

566

10 - Al mattino, presso l’Oasi S. Maria in Cassano Murge, celebrala S. Messa per le monache Clarisse della Puglia.

11 - Al mattino, presso il Palazzo Marchesale in Turi, presiedel’Assemblea della Conferenza Episcopale Pugliese.

- Alla sera, presso l’Istituto “Santa Maria De Mattias” in Bari-Carbonara, celebra la S. Messa per la fusione delle suoreApostole del Catechismo con le Adoratrici del Sangue diCristo.

12 - Al mattino, presso la parrocchia S. Paolo in Bari, partecipaalla giornata di santificazione sacerdotale.

- Alla sera, presso la parrocchia S. Cataldo in Bari, celebra la S.Messa per la festa di S. Gaspare Bertoni, fondatore dellaCongregazione dei Padri Stimmatini.

13 - Al mattino, nella cripta della Cattedrale, celebra la S. Messaper l’ammissione del parroco, don Franco Lanzolla, tra icanonici del Capitolo Metropolitano Primaziale.

- Alla sera, in Cattedrale, celebra la S. Messa e amministra leCresime per la parrocchia Preziosissimo Sangue in SanRocco in Bari.

14 - Al mattino, presso la parrocchia SS. Sacramento in Bari, cele-bra la S. Messa e amministra le Cresime.

- Alla sera, in Cattedrale celebra la S. Messa nella solennità delSS. Corpo e Sangue di Cristo e presiede la processione euca-ristica sino a Piazza del Ferrarese, dove impartisce la solennebenedizione eucaristica.

15 - Al pomeriggio, presso il santuario di S. Maria delle Grazie inS. Giovanni Rotondo, celebra la S. Messa in preparazionealla visita pastorale del Santo Padre Benedetto XVI.

16 - Alla sera, presso la parrocchia S. Agostino in Modugno, par-tecipa alla presentazione della tela restaurata di S. CarloBorromeo.

18 - Alla sera, presso la parrocchia S. Giuseppe Moscati in S.Lorenzo in Triggiano, celebra la S. Messa nel 10° anniversa-rio dell’erezione canonica della parrocchia.

19 - Al mattino, in Episcopio, presiede la riunione del consigliodi amministrazione della Fondazione S. Nicola.

- Alla sera, presso la parrocchia Sacro Cuore in Mola di Bari,celebra la S. Messa per la festa del Titolare.

Page 192: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009

DIARIO DELL’ARCIVESCOVO

567

21 - Al mattino, a San Giovanni Rotondo, partecipa alla concelebra-zione eucaristica presieduta dal Santo Padre Benedetto XVI.

22 - Al pomeriggio, presso il santuario dei SS. Medici Cosma eDamiano in Bitonto, partecipa all’inaugurazione della 59a

Settimana nazionale di aggiornamento pastorale organizza-ta dal Centro Orientamento Pastorale (COP) sul tema“Comunità cristiana ed educazione. L’emergenza educativa:problema e provocazione”.

- Alla sera, celebra la S. Messa per la Dedicazione della chiesaparrocchiale di S. Pasquale in Bari.

23-25- Partecipa ai lavori del Convegno del COP.27-3/7- In Grecia, partecipa alla settimana formativa dei preti gio-

vani.

Page 193: Bollettino Diocesano Maggio-Giugno 2009