boileau-narcejac - le vittime (ita libro)

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BOILEAU-NARCEJAC LE VITTIME (Les Victimes, 1964) Personaggi principali PIERRE BRUUN lui CLAIRE JALLU lei REN JALLU l'altro MANOU l'altra BLCHE ingegnere 1 Come mi venne il sospetto che Manou mi avesse ingannato? Soltanto un'ora prima pensavo a lei con tristezza, perch eravamo separati da migliaia di chilometri, perch non sapevo se si sarebbe decisa a raggiungerci, perch gli innamorati sono sempre tristi quando iniziano a porsi delle domande. Ma non era ancora vero dolore. Soffrivo come al solito, come a Parigi, n pi n meno. Non so chi ha inventato la storia delle frecce di Cupido, ma non c' nulla di pi vero. Soltanto non una verit piacevole. una verit atroce. Da due settimane, minuto dopo minuto, ora dopo ora, provavo al cuore la fitta lancinante della separazione. Tuttavia Manou mi amava. Avrei dovuto essere felice. E in effetti lo ero, quando era con me. Ma quando aprivo le braccia per lasciarla partire, il supplizio ricominciava, a volte cos insopportabile che mi mancava il respiro, come un moribondo. E cominciavo ad aspettare. In ufficio, in strada, a tavola, al telefono, la aspettavo. Manou! Ero come un cane senza padrone. Pensavo, consumando ogni ora, consumandomi contro ogni ora: "Questa la felicit. Non proverai mai pi un sentimento cos forte. Soffri, vecchio mio. Sforzati". Percorrevo a lunghi passi la mia stanza. Non prendevo pi l'autobus. Avevo sempre bisogno di camminare. L'amore tutto qui: camminate irrequiete senza sosta. Le mie dita erano chiazzate di tabacco. Entravo in un bar e bevevo grandi bicchieri di acqua minerale che mi raggelavano senza dissetarmi. Penso che tutti gli uomini abbiano conosciuto questa sete. Ma Manou non era una donna come tutte le altre. Ed ecco che il dubbio si abbatt su di me, come una manganellata improvvisa. Ricordo ancora il punto preciso. Avevamo appena lasciato la

strada, quella che in quel Paese si chiama una strada, per imboccare la pista che conduceva alla diga. Jaii era al volante. Accanto a lui, Jallu sonnecchiava a capo chino. La sua nuca sotto il casco coloniale pareva ora quella di un vecchio, incavata, con una ragnatela di rughe e qualche capello grigio sparso qua e l. Attorno a noi, la montagna. Ma non la nostra montagna con la sua ridicola finzione di nudit. La montagna delle origini, di un'epoca in cui gli uomini ancora non c'erano. Roccia bruta, a perdita d'occhio, cotta dal sole, screpolata dal gelo, conciata come una pelle, orribilmente insensibile e assente. Una massa enorme che colmava l'orizzonte, le cui vette non celavano che altre vette, e quelle altre ancora fino all'infinito. Non un'ombra. Il sole a picco. E sempre un'aquila, immobile nel cielo terso, come fosse ogni volta la stessa. "Mi ha ingannato." La frase si form da sola dentro di me, come se qualcuno mi avesse parlato. Ma Jaii era ancora aggrappato al volante della Land-Rover e Jallu si era affondato contro la portiera, folgorato dal sonno. Non ebbi nemmeno il tempo di organizzare una qualche difesa. La certezza mi aveva gi avvelenato il sangue. Certo che mi aveva ingannato. Sin dall'inizio. Non mi aveva tradito con un altro. No. Era molto pi grave, anche se non riuscivo ancora a formulare chiaramente l'accusa. Non era nemmeno un'accusa. Semplicemente ora la mia angoscia si era fatta pi acuta, pi tagliente. Mi trafiggeva come un colpo di sciabola, e io mi chinavo in avanti, gli occhi chiusi, le braccia serrate contro i fianchi, come se cercassi di tamponarne la ferita. Manou! Parla! Dimmi qualcosa! Non possibile! Gli occhiali da sole mi scivolarono in grembo. Me li infilai di nuovo, e mi protesi ancora a ricevere in volto l'aria rovente. Troppo tardi! Ormai avrei dovuto convivere con quel dolore, fare i conti con lui, in una lotta fatta d'inganni e sotterfugi, che mi avrebbe visto alla fine sconfitto. La jeep ci scrollava come dei sacchi di farina. Il lago comparve a monte della diga, azzurro intorno alle rive, color mercurio al centro. Da noi, l'acqua fa nascere piante e uccelli. In maggio, persino un lago di montagna fa la sua toilette, si orna di fiori e di foglie, trattiene una nube. Qui, l'acqua un elemento, un materiale, una massa che si anima soltanto alla cascata della diga. Qui ritrova la sua grazia, la sua luce e la sua voce mentre precipita in un bacino di roccia. Ma subito il cielo la beve, ed una valle pietrosa che digrada verso un arido altipiano. Jallu si raddrizz. In un batter d'occhio, ritorn a essere il padrone, men-

tre riprendeva a guardare la diga. La sua diga. Non pensava a Manou, lui. Eppure lei era sua moglie. Ma la diga era lui stesso. Era la sua febbre, la sua ambizione, la sua ragion d'essere imprigionata in una colata di cemento. Ora la contemplava come Dio Padre, giudicandola buona. Se mi avesse letto nel pensiero mi avrebbe disprezzato. Detestava i sognatori, i cacciatori di stelle. Quando diceva di qualcuno: " un dilettante" aveva pronunciato l'estrema condanna, lo aveva cancellato. Guardava la sua diga senza amicizia, senza gioia, senza fierezza; quei sentimenti non sono che dei fronzoli. Ma era in cuor suo felice di aver saputo opporre alla spinta dell'acqua la resistenza intelligente della pietra abilmente disposta. E i suoi occhi grigi (lo vedevo di profilo alla mia destra) seguivano soddisfatti la curva netta della costruzione. Quel muro che sgorgava dal lago come un molo e si arrotondava ardito da una riva all'altra, non pi largo in centro del camminamento di ronda che lo coronava, aveva la purezza astratta di un teorema. Era fatto di cifre, pi che di cemento. Jallu non stava contemplando una diga, verificava il risultato di un'equazione. Lo odiavo e avevo paura di lui. Avevamo abbordato i primi tornanti, e ora scendevamo verso la centrale elettrica. Vista dalla valle, la diga era una porta scintillante e prodigiosa, che sigillava la gola. C'era da soffocare a osservare lo scontro titanico tra la pietra e l'acqua, a misurare stupefatti la profondit del bacino di raccolta. In basso, la centrale elettrica sembrava minuscola. I tralicci dell'alta tensione si perdevano a vista d'occhio, verso l'orizzonte vuoto e desolato. Nient'altro esisteva in quel luogo che quel gigantesco muraglione. Era l'unico a vivere, perch viveva alla sua maniera, esprimendosi con la sua curva, come una cattedrale con le sue arcate. La cascata fumava. Il suo rumore assordante copriva il motore della jeep. Eravamo arrivati. Erano quindici giorni che abitavo l, accanto a Jallu. Parigi era come una vita precedente, un sogno, un altrove che non riuscivo pi a collocare. Persino Manou non era che un'immagine corrosa dall'assenza. Quando ero solo, cercavo di riafferrarla, di restituirle i colori della vita. Ci riuscivo ancora. Sentivo i passi di Manou, la vedevo in piedi accanto alla finestra, che osservava la strada. Quando uscivo dalla mia stanza, non sapevo pi dove mi trovavo. Il frastuono della cascata mi restituiva alla realt. Uscivo sulla terrazza, e gli spruzzi d'acqua erano un pulviscolo gelido sulle mie guance. Ero a sessanta chilometri da Kabul e di Manou non mi restava che quella fitta fin troppo familiare che mi faceva camminare con una mano sul costato, come un malato. Ero malato di Manou. Quando la segretaria mi aveva annunciato la sua visita, le avevo rispo-

sto: "Le dica di attendere". E mi ero immerso di nuovo nella corrispondenza. Erano passati... mio Dio, soltanto quattro mesi. L'otto gennaio. Le dieci del mattino. Una mattinata grigia, appiccicata alle finestre come carta sporca. Svolgevo il mio lavoro abituale, e intorno a me continuava la vita di tutti i giorni. I profani immaginano che una casa editrice sia una sorta di Parnaso, lontano dalla banalit dell'esistenza quotidiana, un crocevia del destino attraversato da esseri eccezionali. A volte vero. Manou ne la prova. Comunque, lavoravo da un anno nello stesso ufficio, con il sottofondo degli stessi rumori: lo scatto secco dell'ascensore, il crepitio delle macchine per scrivere, la voce deformata del direttore letterario nell'interfono: "Pu venire un momento, signor Brulin...". Finora non avevo conosciuto che la piccola schiavit di un lavoro noioso. Dirigevo una nuova collana, Est/Ovest, che tardava ad affermarsi. Leggevo dei manoscritti insipidi, che respingevo annoiato. Quel mattino, Manou attendeva il mio verdetto, il cuore in tumulto, mentre finivo una sigaretta. Non avevo provato nulla, non un presentimento. Ma il suo manoscritto mi era sembrato non privo di interesse. Finalmente qualcuno che conosceva un po' l'Oriente! Le avevo chiesto di passare nel mio ufficio. S, avevo osato farla aspettare, la mia adorata Manou! Poi era entrata. Una giovane donna bruna, alta, graziosa. Una giovane donna come tante altre. Mi aveva interessato, non di pi. Si era seduta sull'orlo della poltrona con molta naturalezza, ma le sue mani tremavano. Mi pare che avesse una pelliccia, non so di che animale, non sono cose a cui bado. Aveva i capelli raccolti in una crocchia, il volto dal colore delicato di un confetto. I suoi occhi mi guardavano aperti e franchi, occhi scuri e luminosi, dallo sguardo un po' triste. Il destro era leggermente pi piccolo del sinistro, forse per l'emozione. Assaporavo quel momento come uno sciocco. Ero il padrone del suo destino. Con una sola parola potevo cambiare l'espressione di quegli occhi. Dio, com'era confusa! Ho letto il suo manoscritto, signora. Non mi corresse, era dunque sposata. Mi ha fatto un'ottima impressione... I suoi occhi non mi abbandonavano pi. Batt le ciglia una volta, e subito le si bagnarono di lacrime. Ma la gioia divorava il suo pianto. Mi guardava incredula, stupefatta. vero proseguii. Ha scritto un'opera notevole. Ebbe un sospiro che rassomigliava a un singhiozzo e io m'innamorai. Quella scena mi ripassa incessantemente davanti agli occhi come un film,

e io studio Manou in una sequela infinita di primi piani. No, in quel momento Manou non era che felicit. Anche lei mi ha amato da allora, me l'ha detto pi tardi. La mia vita sta tutta in quel secondo, nei nostri occhi che non volevano pi lasciarsi. Mosse le labbra e compresi che mi stava ringraziando. Si figuri. Non deve ringraziarmi. Non riuscivo pi a star fermo. Le offrii una sigaretta, feci il giro della scrivania per avvicinarmi a lei. veramente stata a Bombay? S, mi ero appena sposata. stato quel viaggio a darmi l'idea. Parlava a bassa voce, con aria colpevole, e spiava tutti i miei movimenti con una specie di timore, come se io potessi da un momento all'altro cambiare idea e strapparle la speranza che le avevo appena regalato. il mio primo libro. Le faccio tutti i miei complimenti. Non voglio dire che sia tutto perfetto. Qualche dettaglio da rivedere, qualche particolare da limare. Agli esordi inevitabile. Ho visto che si firma Emmanuelle. Secondo me un errore, non sta scrivendo per una rivista di moda... Sta sognando, vecchio mio. Nostalgia di casa? Blche! Ancora lui. Non potevo restar solo un momento che subito veniva fuori pieno di storie, di pettegolezzi, di segreti ridicoli. Una diga come una petroliera, va avanti anche senza il nostro intervento. Devi soltanto tener d'occhio qualche manometro, e le ore non passano mai per l'equipaggio. Non c' altro da fare che frugare la vita dei propri compagni. In quello Blche era un asso. Mi girava intorno perch fiutava qualcosa di allettante da scoprire e divulgare. Non c'era modo di evitarlo. La parte abitabile della centrale elettrica non era pi grande di un quadrato ufficiali. Ci ritrovavamo tutti insieme fatalmente alla mensa, al bar, nella sala da fumo. Tutti! Non eravamo poi tanti, una quindicina di ingegneri e di tecnici. Il personale indigeno stava nelle baracche sulla riva destra. Blche era il solo francese. Sovrintendeva ai sistemi di sicurezza. Gli ingegneri erano tedeschi e i tecnici inglesi e olandesi. Per la maggior parte erano taciturni e diffidenti. In servizio tutti parlavano inglese, ma ognuno ritornava alla sua lingua durante le pause. "La nostra piccola Europa" la chiamava scherzando Blche. Mi trascin verso il bar. Ha una faccia... Ha litigato con Lui? "Lui" era Jallu. Blche non lo chiamava mai per nome. Diceva: il boss, il

grande capo, il nonno o lo stronzo. Hassan ci serv un whisky, come al solito. Sin dalla fine della prima settimana, avevo preso delle piccole abitudini, delle preferenze per un posto a tavola o una poltrona sulla terrazza. I giorni si ripetevano immutabili. Era forse il frastuono continuo, ossessionante della cascata? Il tempo qui non una misura ma un elemento solido, una materia spessa e vischiosa. In realt aspettavo Manou; un giorno o l'altro sarebbe venuta. Anche Jallu l'aspettava. per questo che mi ero messo a bere, cercando di pensare ad altro. Ma ritornavo sempre a quel problema: chi era Manou? Che cosa aveva voluto nascondermi? Scusi. Ho mal di testa. il calore rispose Blche. Non ha ancora visto nulla, in agosto ammazza gli uccelli in pieno volo. Presi il bicchiere e mi sedetti accanto alla finestra, da dove potevo vedere la cascata fino al graticcio. I flutti bianchi e scintillanti mi affascinavano, e mi aiutarono a rientrare in quel sogno a occhi aperti in cui Manou era ancora accanto a me. L'avevo invitata a pranzo in un ristorantino del boulevard SaintGermain. Adoravo la sua luce soffusa, i paioli di rame alle pareti, i tavolini stretti, i vetri fum. Dovevamo chinarci in avanti per parlare, e ogni frase significava molto di pi di quel che apparisse. Si era tolta i guanti e la pelliccia. Era magra e sottile nel suo tailleur nero con la camicetta molto scollata. Ero affascinato dalla grazia del suo piccolo seno e dalla dolcezza del suo viso. Ascoltavo le sue prime confidenze con una tale attenzione febbrile che congedai seccamente il matre che era venuto a prendere le ordinazioni. Pi tardi! Non avevamo fame, non quel genere di fame. Aveva la vivacit e la franchezza di una ragazzina, mentre mi raccontava i suoi errori, i capitoli venti volte riscritti, e non mi stancavo di guardare quegli occhi in cui covava il fuoco di una tenerezza che ancora ignoravo. Sembrava volermi aprire tutta la sua vita, tuttavia dovetti interrogarla. vedova? No. Perch? C' un piccolo segno bianco, al suo anulare. Come se una volta lei avesse portato la vera. Abbass gli occhi sul dito che le stavo carezzando dolcemente. Non il caso che mi risponda. Non mi riguarda. Sono sposata sussurr ma sono anni che non porto pi la vera. Il matre ci osservava da lontano. Senza dubbio comprese che avevamo raggiunto un momento di una particolare importanza, e che ci occorreva

ora un attimo di tregua, di silenzio, perch si avvicin sorridente, complice. Non ricordo cosa ordinammo. Ma le sue parole, ogni sua frase, le posso sentire e le sentir sino alla fine di questa vita che ora non ha pi senso. Mi raccont che il primo anno del suo matrimonio aveva viaggiato a lungo. stato a causa del lavoro di mio marito. Ma non volle precisarmi la natura di quel lavoro, n mi rivel il suo nome, la sua et, il suo indirizzo. Il manoscritto che ci aveva inviato portava quest'unica indicazione: EMMANUELLE, CASELLA POSTALE 71/17 PARIGI. Non le feci alcuna domanda, tanto ero sicuro che ci saremmo rivisti. Non badai alla sua reticenza. Ero abbacinato. A volte la mia mano si posava sulla sua, e lei sorrideva, riconoscente. proprio sicuro che lo pubblicheranno? Certamente, tra qualche giorno le mander una lettera di conferma, con il contratto. Sono pazza di gioia. Se sapesse... Stamattina morivo di paura, e poi... E poi ci siamo incontrati. Emmanuelle e Pierre. Posso chiamarla Pierre? Mi farebbe piacere. Levai il bicchiere in un brindisi. Lei mi imit, i nostri sguardi ancora una volta si unirono. Grazie... Pierre. Non sorrideva pi. Qualcuno aveva aperto la porta e il frastuono della cascata spazz via le nostre voci. Il whisky era ancora intatto. Non mi ero nemmeno tolto gli occhiali da sole. Mi girai a guardare l'orologio elettrico. Jallu mi fece un cenno. Era ora di pranzo. Lo seguii in sala mensa. Sembra stanco, signor Brulin. Un po'. Fatico parecchio ad acclimatarmi. Ero furioso di essere stato sorpreso, ma forse esistevo per Jallu? Senza dubbio ancor meno degli uomini che pranzavano in silenzio a tavoli separati: gli inglesi, i tedeschi, gli olandesi, e Blche che era costretto a mangiare da solo. Facevano finta di non occuparsi di noi, ma non perdevano nessuno dei nostri movimenti. Jallu per loro era il nemico. E io che cos'ero? Rollam, il domestico afghano, serv le portate: pernice con riso e cavoli, ananas sciroppato. Serviva tutto insieme, per ordine di Jallu che detestava aspettare. Tuttavia lei gi stato in Oriente? continu Jallu.

S, ma in Turchia, in Israele, una volta a Ceylon... Un Oriente piacevole in confronto a questa regione. Chiaramente non mi ascoltava. Lo osservavo di sottecchi. Sapevo che aveva quarant'anni, ma era impossibile dargli un'et. Con i capelli a spazzola, i solchi profondi delle rughe, le guance smunte, sembrava un missionario. Aveva lo sguardo di un navigatore del passato, occhi vacui che guardavano lontano, verso l'orizzonte, a volte febbrili, sempre carichi d'ansia. Blche mi aveva spiegato il perch. Da quando in Portogallo una delle sue dighe era crollata, erano sorte delle voci, delle maldicenze. Blche era addirittura convinto che tutte le dighe costruite secondo le teorie di Jallu avrebbero presto ceduto una dopo l'altra, come un castello di carte. Con un gessetto mi aveva tracciato uno schizzo sul tavolo della terrazza. "Il punto debole del suo muro a conchiglia, vede, non dov' sottile. Anzi, in questo caso dovremmo rendere omaggio al Vecchio, pur sempre qualcuno. Ma la spinta laterale eccessiva. Basta che il terreno si smuova un pelo, e tutto va a farsi fottere. E il terreno si smuove comunque, a dispetto di tutte le iniezioni di cemento che ci possiamo mettere. Un terremoto lontano, un assestamento delle falde sotterranee... Sa cosa voglio dire, roba cos" a questo punto Blche aveva percosso pesantemente il pavimento col piede. "Non dico di no, dureranno quindici anni, vent'anni... Ma tra cinquant'anni, eh? Ne so qualcosa, perch tocca a me controllare la solidit di queste opere. Le conosco come le mie tasche. Bene, scommetto quel che vuole che avremo delle sorprese. Quando ne ha fatta una a Bombay, c'ero anch'io. l che abbiamo iniziato a scontrarci. L'anno scorso hanno dovuto risistemare la riva destra, hanno trivellato fino a trecento metri... Doveva vedere che lavoro! Certo cos si abbattono i costi, si va pi in fretta. Nei Paesi poveri questo conta qualcosa. Ma al suo posto avrei gli incubi!" Jallu mangiava in fretta. Non riuscivo mai a tenergli dietro, ero sempre in ritardo e mi irritava molto quando mi diceva con finta tolleranza: Non il caso che si affretti. Lei non deve correre, signor Brulin. Io invece... E con questo voleva dire senza dubbio che in fondo non ero che un turista, un perdigiorno, forse persino un importuno. S, lo odiavo, istintivamente, tuttavia non ero geloso. Non riuscivo a immaginarlo come suo marito. Non li avevo mai visti insieme. E soprattutto sapevo che tra di loro non c'era pi alcuna intimit, e per me quella era una rivincita. S, adesso posso riconoscerlo, subivo il suo ascendente come tutti gli altri. Ma allora mi sarei fatto uccidere piuttosto di confessarlo. Non capivo niente del suo

lavoro e lui non capiva niente del mio. Ritenevo che la partita fosse chiusa, pari e patta. Per questo mi irritava di non riuscire a sostenere il suo sguardo. Avrei voluto disobbedirgli una buona volta. Ne avevo il diritto, non ero il suo servo. Ma quando mi diceva: "Conto su di lei, questo pomeriggio, signor Brulin" chinavo il capo troppo rapidamente, mio malgrado. Se mi avesse adulato, forse avrei potuto rispettarlo. Ma teneva le distanze. Per lui non ero che una specie di segretario-interprete, capace ma trascurabile. Cos, durante i nostri viaggi giornalieri a Kabul, mi costringevo a pensare a Manou con tutte le mie forze, quasi disperatamente, per vendicarmi di lui e segretamente umiliarlo. Ma non umiliavo che me stesso. Tuttavia quel giorno i modi di Jallu mi lasciavano indifferente. Il mio problema era Manou. Da un'ora, lentamente, il sospetto aveva preso corpo, fino a diventare opprimente: Manou si era servita di me. Ma questo non significava niente. A quale scopo si era servita di me? Per fare pubblicare il suo libro? Assurdo. E allora? L'avevo rivista il giorno dopo. Avevamo lavorato insieme nel mio ufficio, poi l'avevo invitata a casa mia. Aveva accettato con la consueta naturalezza. Il mio tono le aveva fatto capire che desideravo realmente lavorare con lei e per lei, senza il minimo sottinteso equivoco. Abitavo nell'alloggio che avevo ereditato da mio padre, in rue d'Alsia. Dopo la sua morte avevo ristrutturato il salone e la biblioteca, e l'aspetto era ora abbastanza gradevole pur rimanendo un po' austero a causa dei libri. Invadevano tutto l'appartamento e Manou ne fu molto impressionata. Lei uno studioso! No protestai. Doveva conoscere mio padre, lui s che era un vero studioso. Parlava un'infinit di lingue. Vede, le sue opere occupano tre scaffali, su quella parete. Ero ancora bambino che gi m'insegnava il persiano. La compiango rispose. A quell'et mia madre m'insegnava il nome dei fiori e degli uccelli. La verit che non so niente. Forse la deludo... Era una frase che ritornava sovente sulle sue labbra. Manou era fiera, di una fierezza ombrosa che ci caus numerose discussioni. Ma quel momento non era ancora venuto. Ci cercavamo con emozione e tutto in noi era gioia. Non dimenticher mai quei primi incontri di lavoro... Mi chiedo perch rimuovere quelle ceneri! Mentre spiegavo a Manou i suoi errori, vedevo che il suo volto s'illuminava. "S, capisco" esclamava congiungendo le mani come se le avessi offerto un regalo troppo costoso che non aveva il coraggio di accettare. Mi comprendeva al volo, e le correzioni che

proponeva erano sempre acute. Aveva molto pi talento di quel che credesse. Ero costretto a interrompere quel duro lavoro per ricordarle che avevamo anche diritto a una tazza di t. Allora insisteva per prepararlo lei stessa; s'impadroniva d'autorit della cucina, lasciandomi sul divano. Non la contrastavo, mi bastava guardarla. Ogni giorno indossava un vestito nuovo, ma lo portava senza ostentazione e quasi senza civetteria. I suoi gioielli erano semplici, orecchini intonati all'abito e un pesante braccialetto d'oro che si toglieva per lavorare e che le aveva segnato il polso con una leggera quadrettatura. Viene dall'Oriente? le chiesi una volta. S, l'ho comprato a Bombay. Ma cambi rapidamente il soggetto della conversazione, interrogandomi sulla mia infanzia, sui miei genitori. Con la tazzina in mano, percorreva gli scaffali della biblioteca, leggendo qualche titolo, palpando con sensualit inconsapevole gli oggettini che ricordavano i viaggi di mio padre. Una sera le regalai un minuscolo budda d'avorio che non aveva mai cessato di ammirare, e per poco non si mise a piangere. Oh, Pierre ripeteva che meraviglia! troppo gentile. Fu pi forte di lei, improvvisamente mi si strinse al collo, con un gesto impulsivo da ragazzina felice, e mi baci dolcemente sulle tempie. L'attrassi verso di me. Subito si liber. No disse no, Pierre. Rimise il budda sullo scaffale. Lo accetti insistetti. La prego. Avevo gi paura di perderla. Ebbi in quel momento la lancinante intuizione che sarebbe sempre stata per me un animaletto selvatico che non si avvicina se non ha la sicurezza di una finestra aperta dietro di s. Se ne and immediatamente, impedendomi di accompagnarla. Ma l'indomani fu... Stavo per scrivere la mia amante. No. Fu la mia sposa. Le chiesi di divorziare. Se potessi, Pierre rispose seguendo col dito il disegno delle mie labbra. Signor Brulin, al telefono. Era Aman, il centralinista indigeno. Jallu si alz. Dev'essere per me. Corremmo insieme all'apparecchio. Jallu prese la cornetta. Aveva il volto delle brutte giornate, gli occhi grigi senza espressione. Pronto! Jallu... Ah, sei tu Claire?

Ebbi una fitta alla bocca dello stomaco. Arretrai. Mi scusi dissi. Dallo spiraglio della porta, non potevo distogliere lo sguardo dalla schiena di Jallu, e immaginavo Claire nella villa di Neuilly, nel salotto dai mobili ricoperti come fantasmi, parlare al telefono con voce annoiata, reticente, stanca, con quell'aria che aveva gli ultimi giorni, prima della mia partenza. No rispondeva Jallu. Non ho ricevuto niente... Arriver certo con la prossima posta... Quando vuoi... Temevo che non durasse a lungo, povera donna. Capisci, la leucemia, alla sua et... Per non stancarti troppo... Qui tutto bene... S, le trattative vanno a rilento, normale, ma siamo sulla strada buona. Caricavo coscienziosamente la pipa come se, assorbito dalle mie preoccupazioni, non mi accorgessi nemmeno di poter essere indiscreto. S, ho dei buoni collaboratori... Grazie, sei gentile, ma non ci serve nulla... Aspetta, gli chiedo... Jallu si gir e mi chiam. Feci dapprima finta di non aver sentito, poi mi avvicinai senza fretta, continuando a caricare la pipa. Signor Brulin, mia moglie mi chiede se ha bisogno di qualcosa. Per poco non rischiai di tradirmi. La gioia mi colp come un pugno allo stomaco. Arrossii, e fu come se sanguinassi. Dovevo rispondere una cosa qualunque, senza riflettere. Una stilografica. La mia non funziona pi. Non riuscii nemmeno a ringraziare. Non ascoltavo pi. Mi amava ancora, e l'avrei presto rivista. Se non aveva preso l'aereo con noi a Orly era proprio per la ragione che mi aveva detto suo marito, la vecchia zia malata di leucemia, e non perch all'ultimo momento si fosse rifiutata di accompagnarmi. Il mio timore era stato senza fondamento... Non sapevo cosa pensare. Le mie mani tremavano, dovetti rinunciare ad accendere la pipa. Salii in camera, misi in moto il ventilatore e mi gettai sullo stretto lettino da campo, un letto da caserma o da collegio che sapeva ancora di vernice. Manou! Come avevo potuto credere che non avesse voluto partire? Non stavo forse per rovinare tutto, isolando nei miei ricordi qualche parola, un silenzio, un atteggiamento, che, uniti arbitrariamente, potevano suggerire l'idea di un tradimento del tutto immaginario? Perch sempre quella mania di voler interpretare gli altri, di voler tradurre il loro comportamento? "Tu vuoi sempre capire" mi rimproverava a volte Manou, quando con una ma-

no le sollevavo il volto per studiarla nel profondo del suo animo, mormorando: "Chi sei?". Quella domanda continuava ad assillarmi. Certo, era puerile chiederselo, ma in Manou c'era un mistero che andava al di l del semplice mistero dell'animo femminile. Come esprimerlo? Quando Manou se ne andava, richiudendo la porta, non ero pi sicuro di nulla. Manou diventava un'idea, un'astrazione. Le prime tre settimane non sapevo nemmeno come si chiamasse n dove vivesse. In realt la sua casa non l'ho vista che una volta. Manou si dava a me senza aprirsi. N io la interrogavo. Ero troppo preso, troppo meravigliato. Solo la sua presenza m'importava. Che lei fosse tra le mie braccia, quella era per me la verit assoluta. Le sue amicizie, il suo passato, i suoi amori non m'interessavano. Manou era mia e mia soltanto. Io l'avevo inventata, io l'avevo rivelata e soltanto questo contava. Quando arrivavamo al tragico momento del distacco, solitamente mi turbava, dicendo: "Adesso passo dalla vita alla morte." S, aveva ragione, mille volte ragione. Senza di lei la vita non era vita, ma una semplice esistenza scandita dalle lancette dell'orologio in cui la minima azione diventava un peso insopportabile. La corve del lavoro, la corve del tempo libero, e la corve del ristorante e la corve del riposo. Un'esistenza fatta di attese e di ricordi. Ma anche di angoscia, perch ogni nuovo arrivederci mi sembr ben presto un addio, perch tutto nei nostri incontri era precario e periclitante, perch un giorno forse Manou non sarebbe tornata, e allora per lei come per me sarebbe cominciata la morte nella vita, un'eternit priva di amore. Non mi era mai capitato nulla del genere. Prima di Manou avevo avuto delle avventure, a volte felici, a volte malinconiche, ma sempre prive di intensit. Fu Manou che m'insegn l'inquietudine e il tormento. Arrivava, come dalla nebbia nel suo lungo mantello di pelliccia, e anche il suo viso era lungo, pallido e quasi dolente a causa degli occhi troppo scuri, del trucco troppo levigato che le faceva una maschera delicata come una conchiglia. Sembrava provenire dall'inverno, dall'assenza, da un paese ignoto abitato soltanto da vedove. La nostra frenesia serviva a difenderci da un segreto timore. Sapevamo di non potere mai considerare il futuro. E ogni pomeriggio alle sei, Manou scompariva. Mi fu sempre impossibile trattenerla pi a lungo. Provai una volta, una volta sola. La vidi cos addolorata, cos agitata, cos implorante che l'aiutai io stesso a rivestirsi e a fuggire da me. Gli amanti adorano la notte. Noi invece non avevamo che frammenti di mattinata, brandelli di pomeriggio. Spesso mi telefonava. Sapeva perfettamente come passavo il mio tempo e dove raggiungermi quando voleva, mentre io, se avessi avuto un incidente,

se fossi stato in pericolo di vita, non sarei nemmeno riuscito ad avvertirla. Sarei stato meno infelice se avessimo fissato in anticipo l'ora del prossimo appuntamento. Ma quando le chiedevo: Allora, ci vediamo domani? Lei sorrideva tristemente, mi metteva un dito sulle labbra: Ti telefono io. Promesso. E mi lasciava nell'incertezza e nella disperazione. A volte mi gettavo sul letto in cui mi aveva reso cos felice, cercando il suo profumo; gli occhi mi si riempivano di lacrime sotto le palpebre serrate. Quanto avrei dovuto aspettare quella telefonata? E nel frattempo bisognava cenare, dormire, lavarsi, radersi, andare in ufficio... Mi avrebbe chiamato in ufficio? Forse no. E poi il telefono squillava, il trillo mi si conficcava nella carne. Pronto! Sei tu? La sentivo respirare dentro di me, cos vicina e tuttavia incorporea come un'anima. Mi indicava l'ora dell'appuntamento in fretta, a bassa voce, come se la spiassero, e non mancava mai di aggiungere dopo una breve pausa: "Ti amo". Ed era cos bello sentire quelle parole, che la distanza rendeva minuscole come miniature, ma che conservavano miracolosamente il calore, la vita, la fuggevole realt di Manou, e lasciavano sulle mie tempie, dove mi aveva baciato la prima volta, l'invisibile impronta delle sue labbra. Erano quelli i momenti in cui le scrivevo. Le scrivevo delle sciocchezze, parole d'amore senza importanza, per essere gi con lei. Prendevo il primo pezzo di carta, i fogli intestati della casa editrice, l'orribile carta da lettere dei caff, magari una fattura, e mi liberavo delle parole che mi riempivano la testa e il cuore, frizzanti e inebrianti come il vino. Le frasi sgorgavano in una schiuma effervescente, tanto che la mia mano non riusciva a scrivere cos velocemente. Se entrava qualcuno, di scatto nascondevo il foglio come uno scolaretto preso in fallo. Indirizzavo i miei vaniloqui alla sua casella postale, poich non sapevo dove abitava, poich non conoscevo nemmeno il suo numero di telefono. Del resto, quando me lo diede, mi viet tassativamente di usarlo, talmente temeva un'imprudenza da parte mia. Conducevamo una vita pazzesca. Non uscivamo mai di casa, Manou temeva sempre di essere riconosciuta. Mi obbligava a chiudere la porta a chiave, spiava la strada dall'angolo della finestra. Ma il mio vecchio appartamento le piaceva terribilmente e il suo gusto non aveva tardato a trasformarlo. Avevamo modificato ridendo la posizione di tutti i mobili, e quelle stanze in cui errava un tempo l'ombra austera di mio padre erano ora diventate un "interno" come diceva Manou; su sua indicazione acquistai dei

tappeti, dei soprammobili, delle lampade, molte lampade perch non si sentiva felice che a tende tirate. A volte illuminavamo completamente l'alloggio, a volte cercavamo la penombra propizia alle carezze. Oppure, per calmare il desiderio di una vita in comune, organizzavamo degli spuntini, anche se entrambi avevamo mangiato da poco. Vedi provavo a dirle come sarebbe bello... Smettila, Pierre. Non facciamoci del male. Per un momento i nostri sguardi si evitavano. Quella finzione di felicit mi pareva cos crudele che un giorno non riuscii a controllarmi. Ma allora divorzia, Manou... Che cosa t'impedisce di divorziare? Bada a quello che dici, Pierre mi rispose. Fu la nostra prima lite. Per la prima volta intuivo che Manou non era soltanto la donna tenera, sensibile, raffinata che amavo. C'era anche un'altra Manou, violenta, ostinata, che in ogni istante poteva divenire mia nemica. Mi guardai bene dall'insistere. Manou mi abbracci, mi mordicchi un orecchio... Quando ci separammo, ci eravamo riconciliati. Il giorno dopo le regalai un cofanetto di sigarette americane lunghe e sottili, che erano le sue preferite. Ero sempre affascinato dal modo in cui manifestava la sua gioia. Restava senza fiato, congiungeva lentamente le mani. Bisognava dirle: Prendi... per te! E lei mormorava, soffocata dall'emozione: Pierre... Marito mio! Ma anche questo era un gioco. Come i suoi progetti. Con un'incoscienza che mi torturava, parlava spesso del nostro futuro: Se avr successo, se diventer ricca, sai cosa vorrei fare? Potremmo andarcene tutt'e due dalla Francia. Faremmo dei viaggi... Senti, Londra ti piacerebbe? In quei momenti si dimenticava di non voler divorziare. Fumava una sigaretta con gli occhi socchiusi, le gambe ripiegate sul divano, e forse scriveva gi il suo secondo libro, sola nel suo sogno. Mentre la guardavo trattenevo il respiro per non spezzare l'incanto. Londra, la sera, che meraviglia! Cammineremmo accanto sotto lo stesso ombrello. Saremmo liberi, nessuno ci conoscerebbe. Andremmo insieme a teatro... Attraverso il fumo della sigaretta vedeva cadere la pioggia di Londra. Intorno a noi, un silenzio da mettersi a urlare. Restavo immobile, addolorato ma gi pronto a credere. E se provavo a dire: Davvero, Manou? Lei si arrovesciava sulla schiena, cercava la mia mano: Vieni, vieni Pierre! La cascata scrosciava lontana dietro le mura della fortezza. Il ventilatore ronzava come uno sciame di maggiolini. Gli altri vivevano, almeno. Molti

avevano portato la famiglia a Kabul. Molti erano senza problemi e forse senza desideri. Guadagnavano del denaro, si costruivano giorno per giorno un futuro da piccoli risparmiatori di cui non parlavano mai. E il mio futuro? Non avevo futuro, come un uomo che ha perso la sua ombra. Manou mi aveva sottratto il futuro. Ed ecco che tornava nella mia mente, era lei la fonte del mio dolore. Manou, quando smetteva di sognare, mi poneva delle domande precise. Si pu guadagnare molto con un libro? E se viene tradotto in altre lingue? E se ne faranno un film? Non osavo dirle che doveva essere paziente, che le occorreva ancora consolidare il suo talento. Le mie risposte evasive la irritavano, come se il suo successo non dipendesse che da me. Non che mi rimproverasse: semplicemente diventava distratta, sembrava perdersi in calcoli, valutare non so che cosa. Viveva allora in un mondo dal quale ero escluso, il che mi faceva soffrire terribilmente. Quali erano i suoi progetti in quei momenti in cui mi confinava in un presente alquanto incerto? Ma non erano che ombre, e le braccia di Manou attorno al mio collo le ricacciavano facilmente. Tuttavia... Tuttavia la mia tristezza cominciava a prendere corpo. Ma non riuscivo ancora a esplicitarla. Impiegai molto tempo prima di capire che Manou non mi idolatrava. Quella parola mi venne in mente proprio quel giorno, mentre, le braccia incrociate sotto la nuca, nella mia cella di cemento, prigioniero della diga, cercavo di evadere nel passato. No, Manou non mi idolatrava. Non mi anteponeva al resto del mondo, mentre lei per me era il mondo, la natura, Dio e le sue stelle. E quella parola illumin la tenebra in cui mi trovavo. Per esempio, l'impazienza di Manou quando le dicevo che il suo contratto non era ancora pronto... Non hai fiducia in me? le ripetevo. L'affare sicuro. Ma la Casa ha le sue tradizioni. Non bisogna far fretta al Grande Capo. Manou mi ascoltava fissando un punto al di l delle mie spalle. Odiavo quello sguardo perso, che mi cancellava dalla stanza. Hai bisogno di denaro? Glielo avevo chiesto timidamente. Manou si sarebbe sicuramente irritata. Ma, senza osare confessarlo nemmeno a me stesso, cercavo in fondo una di quelle liti salutari che stanano il verme del sospetto e permettono di schiacciarlo definitivamente. Manou non rispose. Sapevo di aver colpito nel segno, e non potei pi controllarmi: Hai bisogno di denaro? Tu? E volevo dire: tu che sei ricca, molto pi ricca di me, che sei abituata a un lusso che io sono incapace di darti. Ero offensivo. Ma lei non si offese.

Al contrario, torn a includermi nel suo sguardo, che si era fatto spento come se fosse miope. S disse. Tu capisci tutto. Non c' nessuno al mondo come te. Non ci voleva altro per farmi perdere il senso della misura. Aveva bisogno di me! Ero pazzo di gioia. Vuoi che ti dia un anticipo io stesso? molto semplice, Manou. Lo sai, non hai che da parlare. Le feci un assegno. Lo prese. Presto te lo restituir, Pierre. Subito comprese di avermi ferito e cerc di rimediare. Ti spiegher... Fidati di me, caro... Se sapessi che vita difficile... Troppo tardi. Quella frase era stata cos gelida, mi respingeva. Naturalmente dopo le inventai mille giustificazioni. Mi ricordo di averle scritto una lettera interminabile, chiedendole scusa per la mia suscettibilit. Ero sincero, mi sentivo in colpa. Per tre giorni Manou non diede segno di vita. Il terzo giorno ero alla deriva. E poi il telefono suon. Manou ritorn da me. Ero folle di gioia, non notai nemmeno che aveva dimenticato di scusarsi, e quando me ne accorsi, scacciai quel pensiero con una violenza che mi stup. Come se Manou avesse avuto bisogno di scusarsi! Era gi cos sfortunata, con un marito che la sorvegliava, le controllava le spese... Mi raccontavo dettagliatamente la vita di Manou come la immaginavo, e il mio amore aument ancora d'intensit. Del resto fa parte del mio lavoro inventare delle storie. Ma quel marito, al quale di solito non volevo pensare, a poco a poco si frappose tra lei e me. Dal momento che era il responsabile della strana condotta di Manou, decisi di assumere delle informazioni su di lui. Cominciai con l'interrogare Manou, balbettando per l'imbarazzo. Lei cedette subito, e io compresi, o piuttosto credetti di comprendere, che la mia riservatezza era stata maldestra e che Manou preferiva piuttosto un atteggiamento pi franco, anche se scortese. In un improvviso accesso di fiducia, mi disse tutto, a cominciare dal suo nome. Da tempo si era stancata di Jallu. Per lui non esisteva che il suo lavoro. Guadagnava molto, tuttavia viveva nel timore perpetuo di un futuro meno fortunato. Ma... Tutti i tuoi vestiti? I tuoi gioielli? Facevano parte della facciata, della posizione sociale. Jallu era potente e doveva dimostrarlo. Sua moglie era un oggetto di lusso da mostrare con segreto compiacimento. Ma verificava anche la minima spesa, passava i conti al setaccio, era lui stesso a trattare con i fornitori, teneva d'occhio severamente la cameriera, una ragazzina di quindici anni che aveva fatto ve-

nire dall'Alvernia perch costava meno. Manou aveva cos poco denaro con s che era spesso costretta a prendere la metropolitana. Capisci, Pierre? S, credevo di capire ed ero felice per aver indovinato cos esattamente la verit. Tornai di nuovo alla carica. Mi chiedo perch resti ancora con lui. Impossibile strapparle una spiegazione. Di colpo, era il muro completo. Iniziava a guardare l'ora, aveva fretta di andarsene. Dopo, passavo delle ore a farmi delle domande. Che cosa la tratteneva accanto a quell'uomo? Soffriva come me, ne ero sicuro. Ma avremmo potuto cercare insieme una soluzione. E mi resi conto che in fondo non mi aveva detto nulla. Cercai il nome di Jallu nel Who's Who. Jallu Ren. Ingegnere. Nato a Paimpol il 25 marzo 1918. Sposato il 16 febbraio 1957 a Claire Lamy. Studi: Liceo di Rennes, Scuola Centrale. Costruttore e inventore delle prime dighe a pareti sottili: Santarelli, Sango, Pandharpur. Cavaliere della Legion d'Onore. Abitazione: 31 bis, rue de la Ferme, Neuilly-surSeine. Troppo poco. Provai a chiedere a qualcuno. "Ren Jallu? Aspetta, mi ricorda qualcosa." Ma nessuno sapeva chi era Jallu. Finalmente un giorno un inglese che ci aveva presentato un manoscritto notevole sul carbone bianco, mi diede qualche informazione pi precisa: Jallu? Certo che lo conosco. Ha lavorato per delle societ americane. Pare che creda di essere un Le Corbusier. Un ingegnere dell'EDF mi parl di lui, una sera a un cocktail, Ha avuto il suo momento. Ma la sua tecnica in Europa non ha sfondato. Sarebbe troppo lungo entrare nei dettagli. Sa, c' una moda nel cemento armato come nei vestiti. Adesso vanno di moda le dighe pesanti in cemento precompresso. Non so se Jallu sia un retrogrado o un precursore. E aggiunse ridendo: In ogni caso un genio, pu starne certo! Le mie ipotesi avevano bisogno di qualche ritocco: no, Manou (non potevo chiamarla altrimenti) non era infelice, anzi lo ammirava. Lo amava ancora. Ricominciai a torturarmi. Attribuivo a Manou degli scrupoli, dei rimorsi, a volte persino un certo cinismo. Certo che mi desiderava come amante; si annoiava, cercava distrazioni, e io per lei ero l'evasione ideale dalla routine quotidiana. Ma prima di tutto teneva alla sua posizione. Chi

ero io ai suoi occhi? Uno scrittore mancato, un funzionario di basso rango, che non aveva neanche il potere di accelerare l'iter del suo contratto. Non ero ancora arrivato a provare rancore nei suoi confronti, ma i nostri silenzi non avevano pi lo stesso sapore. Ognuno di nascosto studiava l'altro, a parole giuravamo reciprocamente di essere sinceri, di dirci tutto, e in realt cominciavamo a mentirci, o almeno a tacere i nostri tormenti. E ciascuno di noi non trovava pi nell'altro di che spegnere la sua sete. Mi alzai da letto per andare a bere. Erano le tre del pomeriggio. Avrei dovuto rimettermi al lavoro, preparare per Jallu un riassunto degli incontri che avevamo avuto nei giorni precedenti con il rappresentante del re. Mi accorgo di non aver spiegato chiaramente quali erano i miei compiti alla diga. Facevo l'interprete. L'astuto Jallu aveva compreso che la sua impresa avrebbe ottenuto pi facilmente l'appalto della costruzione di una nuova diga a Landahar se lui avesse potuto trattare direttamente con i ministri interessati. Le societ concorrenti avevano imposto l'inglese; grazie a me Jallu svolgeva le sue trattative in afghano, e questo lo aveva sicuramente favorito. Ormai era praticamente sicuro di ottenere l'appalto. Ciononostante io non dipendevo da Jallu, ma dal mio editore, che mi aveva "prestato" all'ingegnere per un periodo di tre mesi, durante il quale avrei dovuto scrivere un libro sull'Afghanistan. Cos mi sentivo pi libero, potevo andare dove volevo, e Jallu era obbligato a considerarmi un invitato, e non un dipendente. Tutte le sere gli consegnavo un rapporto sugli incontri della mattinata, un lavoro leggero che avrei potuto sbrigare in un'ora, ma che curavo con estrema pignoleria per far sentire a Jallu che aveva bisogno di me. Invece il mio libro andava a rilento. Mi annoiavo troppo. E poi la presenza invadente e ossessionante di Jallu mi inaridiva. Quel che avevo gi sofferto a causa sua! Ogni brandello di confidenza che ottenevo da Manou mi costringeva a chiudere gli occhi, a trattenere il respiro. Spesso erano cose che non avrei mai voluto "sapere. Per esempio, aveva scritto il suo libro sotto pseudonimo perch non voleva che i personaggi venissero identificati, in quanto lui era Jallu, e lei era Manou. Allora, dopo che se ne era andata, io correvo a rileggere il manoscritto, sezionandone amaramente ogni passaggio. S, un tempo aveva amato Jallu, come ora amava me. Ma veramente allo stesso modo? Arrivavo al punto di soppesare ogni parola. C'erano delle descrizioni che mi ferivano, dei dettagli che letteralmente mi annientavano. Quando ritornavo alla realt, dopo un lungo istante di sconvolgimento che mi lasciava privo di forze, provavo a ripetere a me stesso, percor-

rendo a lunghi passi la biblioteca: "Tutto questo ormai finito da tempo, non conta pi. Per lei ormai solamente un estraneo". Provavo a immaginarmelo, gli inventavo mille fisionomie. E Jallu non era che quell'uomo secco e taciturno, con il quale ora dividevo gran parte delle mie giornate e che mi sembrava totalmente incapace di amare. Ci lo rendeva ancora pi inquietante. Osservavo le sue labbra, la sua fronte, il suo naso, le sue mani, le sue rughe... Ogni parte del suo corpo era un cifrario di cui solo Manou conosceva la chiave. Non ce l'avevo con lui, ma con lei. A Parigi ero riuscito a ritardare la firma del contratto di pubblicazione. Quell'uomo mi affascinava, ma il libro mi disgustava. Intuivo sin troppo chiaramente quali immagini d'amore avesse contemplato Manou nel profondo del suo animo, per poter poi trovare le frasi migliori, le pi efficaci ed espressive. In quel momento aveva tradito inconsciamente l'uomo che pi tardi avrebbe amato, e che ancora non conosceva. Cos incominciai a odiarla. L'acqua dell'otre di pelle di capra era calda, e sapeva di asfalto. Era ridicolo pensare che dietro quel muro c'erano milioni di tonnellate d'acqua, e noi usavamo ancora gli otri come i nomadi del deserto. Ma la diga era una fabbrica, non un hotel di lusso. Uscii sulla terrazza. Vi trovai Jallu e Blche. Compresi immediatamente che era avvenuta una nuova lite. Blche era rosso in viso e il casco gli aveva lasciato un segno bianco, come una banda attorno alla fronte e alle tempie. So benissimo quel che devo fare! gridava. Far rapporto! Jallu era di spalle. Era apparentemente tranquillo, ma le mani, dietro la schiena, appallottolavano nervosamente una lettera dalla inconfondibile carta azzurra. La carta da lettere di Manou. Se ci sono stati degli errori continuava Blche io non ne sono responsabile. Se ne vada! rispose Jallu. La lettera non era pi che una pallina di carta. Blche tacque di colpo. La sua bocca tremava. Mi cerc con lo sguardo. Blche aveva paura. Internamente stava cedendo. Se ne vada ripet con calma Jallu. E Blche di colpo cedette. Pesava venti chili pi di Jallu ed era un tipo muscoloso. Ma i suoi occhi non riuscivano a continuare la lotta. Se ne and scuotendo le spalle, poi torn a voltarsi minaccioso: Sentir ancora parlare di me.

Imbecille mormor Jallu restando immobile. Attese che Blche fosse scomparso nel corridoio che portava agli alternatori, mentre le sue mani continuavano a triturare la lettera con delle brusche scosse che sembravano degli spasmi. Poi avanz verso la balaustra e mi not. Ah, ha sentito, signor Brulin. Le chiedo scusa, ma quell'idiota mi ha fatto perdere le staffe. Gli offrii una sigaretta. Parve accorgersi allora di tenere fra le dita un informe brandello di carta e s'incup. Il suo volto era macchiato di chiazze biancastre e le labbra erano grigie. Domani se ne andr disse. Le sue dita cercavano macchinalmente di svolgere la pallottola di carta. Poi rinunci e la gett nel vuoto. Non ho neanche avuto il tempo di leggere la lettera di mia moglie. Un rapporto! Un rapporto! Mi chinai in avanti, appoggiandomi alla balaustra. La lettera che era arrivata con la posta delle due, la lettera di Manou, era stata risucchiata dalla cascata. Chiss come Manou chiamava suo marito? "Caro Ren? Mio caro? Marito mio?..." L'acqua ribolliva nel bacino, depositando sulle rocce una sorta di saliva fremente alla quale la brezza strappava un rosario di minuscole bollicine. "Ti abbraccio? Ti amo?" Jallu si era infilato la sigaretta tra i denti. Le mani gli si aprivano e gli si chiudevano in un movimento automatico. La invidio mi disse all'improvviso. Lei viaggia per puro piacere, senza problemi, senza preoccupazioni. Io invece ho sul mio capo tutto questo! Tutto questo era il muro vertiginoso che si elevava alle nostre spalle fino al cielo rovente. Riusc a controllarsi e mi disse seccamente: L'incidente chiuso. L'aspetto alle cinque, signor Brulin. A Parigi Manou preparava i bagagli. 2 Lavorai poco pi di un'ora con Jallu nell'ufficio che l'ingegnere capo della centrale elettrica gli aveva prestato. Avremmo dovuto abitare a Kabul, ma Jallu aveva preferito essere ospitato alla diga. L si sentiva a casa sua. Di solito sul lavoro era preciso, rapido, leggermente ironico e sprezzante. Ma quel giorno mi ascoltava appena, disegnava distrattamente sul notes.

Stava pensando a Manou che tra qualche giorno avrebbe rivisto? Non interruppi i suoi sogni. Anch'io pensavo a Manou. Ora, con grande ritardo, cominciavo a capire che lei mi amava, malgrado qualcosa che non aveva avuto il coraggio di dirmi. Manou aveva un segreto. Infatti, dopo tre mesi di un amore folle, aveva lentamente manovrato perch io mi staccassi da lei. Intanto le sue visite si erano fatte sempre pi brevi. Di poco certamente, ma abbastanza per allarmarmi. Una sera vidi nello specchio che mentre mi abbracciava guardava l'ora preoccupata. Non fu mai cos tenera come in quel momento, era il suo modo di spegnere il rimorso. Quando se ne fu andata le scrissi una lunga lettera... Manou, se disgraziatamente tu non mi amassi pi, me lo diresti, vero? Ricorda che abbiamo promesso di essere sempre sinceri a qualunque costo. Colpiscimi una sola volta. In amore non ammetto l'eutanasia... Mi rispose il giorno dopo con quella sua carta da lettere azzurra che sapeva di verbena: Sciocco, sai bene che sono tua. Ma non tormentarmi, per favore. Sarebbe il modo per perdermi. Ti amo. Non dimenticher mai quella lettera telegrafica che dosava sapientemente l'amore e la minaccia. Ma perch la minaccia? Per giorni rimuginai quest'interrogativo, poich Manou per una settimana non diede segno di vita. Voleva senza dubbio rintuzzare il mio orgoglio. Ma non riuscivo a esserne irritato, amavo troppo Manou. Ma avevo l'impressione di aver capito, voleva sottomettermi, assicurarsi della mia docilit, forse non in maniera cosciente e sistematica, ma certo con sottigliezza e perseveranza. Qual era il suo scopo? Iniziai a studiarla, e questo segn una svolta nella nostra storia. All'inizio Manou era stata il mio amore, la mia vita, un secondo me stesso. Ora la esaminavo come il personaggio di un romanzo. Studiavo la sua orbita, la sua forza di gravit. Alla fine riconobbi che era una donna come tutte le altre. Dopodich non esitai pi a interrogarla, affettando un certo distacco come se avesse perduto il suo potere di farmi soffrire. Per esempio le dicevo, fingendo di scherzare: In fondo tu ami tuo marito. Ti prego, Pierre. Cosa ci sarebbe di strano? L'hai sposato perch l'ammiravi e sono sicu-

ro che lo ammiri ancora. naturale, Manou. Lo capisco benissimo, sai... Mi chinavo su di lei cercando di sorprendere una sfumatura di assenso che mi avrebbe annientato. Ma lei si girava di scatto, o chiudeva gli occhi. No, Pierre. Non posso spiegarti. Cerca di capirmi. Non lo amo e non lo ammiro affatto, ma se lo lasciassi sarebbe come un verdetto di condanna. I suoi nemici ne sarebbero fin troppo felici. Se sapessi come la sua posizione delicata, come viene continuamente bersagliato di critiche... Era una risposta che mi sembrava troppo bella per essere vera. Un mese prima avrei creduto a Manou e la sua delicatezza mi avrebbe entusiasmato. Adesso non cercavo che i suoi moventi occulti, senza dubbio meno edificanti. Manou era una bestiolina istintiva, combattuta tra la fierezza e la ricerca ossessiva della felicit. Perch non lasciava Jallu? Jallu si alz e and alla finestra. Gli piaceva parlare girando le spalle al suo interlocutore. Per oggi tutto disse. Raccolsi le penne e le mie carte. Ha parlato spesso con Blche, signor Brulin? Abbastanza... Le ha detto cosa pensa della diga? Veramente... Andiamo, andiamo, non cerchi di glissare. Blche le avr detto che la diga condannata, come tutte le altre. la sua idea fissa... Qual la sua opinione, signor Brulin? Mi scusi, ma non sono abbastanza competente per... Allora la pensa come lui. Ma s, quell'uomo mi ha fatto dei danni incredibili. E dire che... Bene, non la trattengo, signor Brulin. Infil i pugni nelle tasche. Era rosso di collera. Usc senza far rumore. Il giorno non era ancora finito, ma gi la valle era coperta dall'ombra della diga. Ero libero fino all'indomani. Libero di torturarmi accusando Manou, accusando me stesso, rimuginando mille tormenti forse immaginari. M'incamminai per la strada tutta curve che portava in riva al lago. Tutte quelle discussioni con Manou, e Dio sa quante ce n'erano state, erano rimaste impresse nella mia memoria. Mi ricordavo persino le intonazioni, le sue esitazioni, le sue reticenze. Quando le dicevo: Dove stiamo andando, Manou? Lei mi rispondeva: Sii paziente, Pierre. Certo che sono paziente. E il fatto di essere paziente cambia forse qual-

cosa? Perch cerchi sempre di farmi male? Manou, non essere ingiusta. Al contrario, vorrei invece renderti felice. E se non osavo dirglielo di persona, le scrivevo: Capisco che tu non voglia lasciare tuo marito che sicuramente non accetterebbe il divorzio. Ma forse esiste un altro metodo per risolvere il nostro problema. Purtroppo non esisteva. Avevo un bel tornare a ripensarci, non riuscivo a trovare una soluzione. Se Manou avesse parlato a suo marito della sua attivit di scrittrice, avrebbe potuto fare dei viaggi con il pretesto di cercare del materiale per i suoi romanzi. Saremmo partiti insieme, per tre mesi, per sei mesi. Sarebbe bastato per salvarci. Ma dal momento che non voleva parlarne con Jallu, era inutile insistere. Allora qual era la soluzione? Se non trovavo un sistema, sentivo che il nostro amore era condannato. Ero talmente infelice che avrei accettato qualunque proposta. Cos, quando intravidi una soluzione non mi chiesi se era ragionevole, o realizzabile, oppure assurda. L'accettai immediatamente e subito la proposi a Manou. Dovevo aver assunto un'aria un po' troppo solenne, perch Manou cominci a burlarsi di me. Aspetta, caro, so che stai per dire una sciocchezza... Ti piaciuto il mio t? Quel giorno aveva provato a fare un t alla menta, ed era delizioso. Tutto quello che faceva era delizioso. E dal momento che adorava i complimenti non mancavo mai di fargliene. Ma non vedevo l'ora di spiegarle la mia idea. Mi ami, non vero Manou? Lei sbuff e io continuai di cattivo umore: Ma no, Manou, te lo giuro. molto importante. Se non mi ami non il caso che continui. Allora, mi ami? Davvero? Bene, d'altro canto non puoi lasciare tuo marito, siamo d'accordo. Posai la tazza perch avevo bisogno di affrontare le difficolt gesticolando come un avvocato. Manou mi guardava incuriosita, gli occhi scintillanti di tenera ironia. Allora non c' che una soluzione, Manou. Una sola. Uccidere mio marito esclam lei ridendo. Vedendomi sconcertato e furioso aggiunse: Scusami, Pierre. Ho voglia

di ridere oggi. Non mi capita spesso... Scusami... mi sta passando. M'inginocchiai accanto a lei, ritirai la sua tazzina e le accesi una sigaretta. Ascoltami, Manou. una cosa seria. La soluzione che ho immaginato... Mi lasci parlare? La soluzione che tu scompaia. Manou non riusciva a capire. molto semplice. Immagina di essere vittima di un incidente, non so quale, non ci ho ancora pensato... Ti sto semplicemente esponendo l'idea nelle sue linee generali... Tu scompari. Tuo marito crede che tu sia morta. Fuggiamo all'estero e... E non abbiamo pi problemi. Manou non aveva pi voglia di ridere. Mi carezz la testa e mormor: Pierre, piccolo mio, tu sei pazzo! Non condannarmi troppo in fretta. Andiamo, Pierre, non sta in piedi! Vieni vicino a me. Mi accomodai sul divano, deciso a insistere anche se la mia idea era completamente irrealizzabile. Non volevo pi cedere. Ammetto che di primo acchito la mia proposta possa sembrare bizzarra. Anche di secondo acchito. Come vuoi che io faccia a scomparire? Proponi qualcosa di concreto, di solido. Ero battuto, perch non avevo previsto niente, non avevo preparato nulla. Tutti i giorni delle persone scompaiono... Specialmente durante le vacanze. In mare, sui fiumi, in montagna... Ma tutti li cercano... E prima o poi ritrovano i loro corpi. Una sparizione come quella di cui sto parlando dovrebbe essere preparata accuratamente. il nostro lavoro inventare degli intrighi. La mia risposta era carica di amarezza. Manou mi carezz una guancia. Ora cominciava a rendersi conto che non era un gioco, che mi ero attaccato a quel progetto insensato perch ero allo stremo, ma ci lasciammo trascinare dalla discussione. Ammettiamo che sia vero. Sotto quale nome potrei vivere all'estero? Ti procurer dei documenti falsi. facile averli, se paghi il giusto prezzo. Non ci sono problemi. Io non possiedo nulla di mio. Lavorer. Far il traduttore, il professore... Potrei trovare un posto nel Vietnam, ho degli appoggi in quel Paese. E se incontriamo qualcuno che mi conosce?

Ammetti che sarebbe una coincidenza sbalorditiva. Ma non potremo pi tornare in Francia. Ci tieni cos tanto, in realt? Erano parole inutili, per conservare per un istante l'illusione di un possibile accordo. Ma sapevo benissimo che Manou era contraria, e che l'avevo profondamente ferita chiedendole di sacrificare il suo nome, la sua identit, offrendole uno squallido futuro, un esilio in capo al mondo in compagnia di un piccolo funzionario. Avevo voglia di piangere. La mia buona volont mi aveva fatto perdere Manou. Era la prova che non avremmo mai potuto convivere. Manou aveva ragione: non ero che un bambino. Non tormentarti cos disse Manou. Anch'io sto cercando un sistema. Puntellandosi con il gomito, avvicin il suo volto al mio, cos vicino che mi sembrava il volto di un'altra. Non rinuncer mai a te, Pierre, capisci? Mai, qualunque cosa accada! Poi ripet: Qualunque cosa accada in tono dolente, e adagi il capo sulla mia spalla. Non parlammo pi del mio progetto. Avevo di nuovo fiducia in lei. E lei in me. Per qualche tempo ritorn la felicit dei primi giorni... Avevo accelerato il passo, immerso nei miei ricordi. Mi fermai tutto sudato accanto alla garitta che sorvegliava l'ingresso della strada della montagna. Due soldati dagli abiti logori fumavano una sigaretta, passandosela a intervalli regolari. Un terzo, all'interno del posto di guardia, cucinava un piatto dall'odore nauseabondo. Alle loro spalle cominciava subito il deserto, le colline rosse che circondavano il lago scuro. La riva, alla mia sinistra, scendeva ripida fino all'acqua immobile. Una profondit di pi di cento metri! Se Manou avesse visto quel lago non avrebbe pi pensato che era impossibile scomparire senza lasciare traccia... Ma no, quel piano era ridicolo. E poi Manou non voleva lasciare la Francia, l'avevo subito capito, e ne ebbi ben presto un'altra prova. Mi aveva telefonato in ufficio per un nuovo appuntamento, ed era cos agitata che temetti le fosse successo qualcosa. Qualcosa di brutto, Manou? Pi di quello che credi... Ti spiegher. Dimmelo subito. Bene... Mio marito deve andare in Afghanistan e vuole che io l'accompagni.

Riattacc e io passai ancora una volta una mattinata orrenda. Mi raggiunse a casa mia. Avevo comprato dei dolci e del pollo freddo ma non avevamo voglia di mangiare. Non avevo mai visto Manou cos angosciata. Non pu di certo obbligarti dissi. E poi mi chiedo come ti troveresti in quel Paese... L'Afghanistan a casa del diavolo. Presi l'atlante, ma lei non volle guardare. Si era intestardita e pareva pronta a prendersela con me. Non sapevo come calmarla. Forse cambier idea... azzardai. Lui? Non lo conosci. Se vuole che vada anch'io, perch... No, non posso dirtelo, mio povero Pierre. Dimmelo, te ne prego. No, non insistere. Non voglio immischiarti nelle nostre storie. Tu sei pulito. Cosa significa? Non mi disse altro, neanche nei giorni successivi. Tuttavia ritornai alla carica, rischiando di nuovo di ferirla. Perch non doveva dirmelo? Le giurai che nulla poteva farmi del male, mentre il suo silenzio al contrario mi offendeva. Come poteva esserci nella sua esistenza una zona proibita in cui non avevo il diritto di penetrare? In quel momento non potevo crederlo. Avevo solo il vago sospetto che mi avesse mentito dicendomi di non essere pi innamorata di suo marito. Forse era obbligata a cedere ai suoi capricci per calmare la sua gelosia. M'incamminai su quella falsa pista e Manou mi incoraggi. Parlando di zona proibita, sentivo di aver sfiorato la verit. Ma quale verit? Che cosa mi nascondeva Manou? Ma allora i miei dubbi non erano cos chiari. Per me una sola domanda aveva importanza: Manou sarebbe partita? Se se ne andava, ci avrebbe dimostrato che suo marito aveva ancora del potere su di lei. Manou sosteneva che non sarebbe partita, ma in un modo cos poco convincente che vivevo ormai in un delirio continuo. Dovevano partire alla fine di aprile, diciamo dopo tre settimane, e io cominciai a immaginare dei progetti, uno pi irrealizzabile dell'altro. In realt non avevo alcun sistema per trattenere Manou. E non tardai a capire che a mia insaputa stava gi facendo i preparativi per il viaggio. A volte arrivava in ritardo, e sosteneva, distogliendo lo sguardo, che la metropolitana aveva tardato. Sapevo che era stata in un grande magazzino. Un giorno le sfugg: Povero caro, quando io... Finii la frase per lei: Quando io non ci sar... Volevi dire cos? Non essere maligno, Pierre. Per lei ero maligno quando riuscivo a vederci chiaro. Non mi ero mai

sentito cos male. Avevo sofferto i dolori dell'attesa, della gelosia, del dubbio, della disperazione, ma non avevo mai avuto paura. E ora una specie di terrore mi rodeva quando immaginavo Manou separata da me da migliaia di chilometri di distanza. No, non avrei potuto resistere. Se lei se ne andava, anch'io dovevo partire. Quell'idea crebbe in me come un tumore. Cominciai a informarmi dettagliatamente sull'Afghanistan. Sarebbe stata per me l'occasione di perfezionare il mio persiano. Manou mi disse che Jallu conosceva soltanto l'inglese e il tedesco. Questo favoriva il mio piano. Andai immediatamente a parlarne al mio direttore. Sei mesi di congedo? Era molto. E per quale motivo? Inventavo le mie ragioni sul momento: volevo scrivere un romanzo, un'idea nuova alla quale pensavo da tempo. Ma avevo sempre esitato, perch l'Afghanistan in capo al mondo. Cosa? L'Afghanistan? S, un Paese in pieno sviluppo, ricco di faide e di intrighi politici. Un Paese meno sfruttato di molti altri, tuttavia. Praticamente ignorato dal grande pubblico, l'ambiente ideale per un'azione romanzesca... Ormai ero lanciato, ricamavo con tutta la mia abilit oratoria. Il mio direttore mi ascoltava sorridendo, senza lasciarsi del tutto ingannare. Non volevo intraprendere un simile viaggio a spese della casa editrice, ma sapevo che un'importante societ costruttrice avrebbe mandato a Kabul un esperto, l'ingegner Jallu, e che quell'esperto non aveva un interprete qualificato. Bastava insomma che mi raccomandassero a Jallu, al quale avrei fatto un vero piacere se lo avessi accompagnato. Non potevano rifiutarmelo. La casa editrice aveva gi sovvenzionato due o tre viaggiatori e... Bene, bene disse il mio capo. Non le prometto niente, ma tenter. Se tutto si sistema, le potremmo dare quattro mesi. La sera stessa avevo la risposta di Jallu. Mi aspettava il giorno dopo alle undici nel suo ufficio. Ero talmente eccitato che per la prima volta dissi a Manou che non potevo incontrarmi con lei. Intu immediatamente che era successo qualcosa d'insolito. Pierre... Pronto? Pierre, stai bene? Benissimo, te lo assicuro. Devo soltanto finire un lavoro urgente e poi il padrone ha convocato tutti i capi servizio. La riunione finir molto tardi. Mi sembri contento, Pierre. O sbaglio? Contento? No, non particolarmente. Allora, domani? Prima di sera?

Certamente. Arrivederci, cara Manou. La notte era calata all'improvviso, immensa e ostile, le stelle aride come ciottoli. Mi sedetti su una roccia ancora rovente. Jallu mi aveva ricevuto tra una telefonata e l'altra. Giusto il tempo di esaminarmi e di dirmi: "D'accordo. Discuter i dettagli con il mio segretario". Un istante pi tardi mi chiedevo ancora se era proprio vero quello che era successo. Ero andato al colloquio nello stato d'animo di un candidato poco sicuro di s e che si aspetta di dover sostenere un duro assalto. Invece Jallu era stato distratto, stremato dal troppo lavoro. sempre cos? No mi rispose il segretario. Ma in questo momento non so che cos'abbia. Credo che quel viaggio gli abbia dato un sacco di problemi. E mi spieg a sua volta che Jallu aveva molti nemici, che tutti gli mettevano dei bastoni tra le ruote e che se falliva questo nuovo affare sarebbe finito come ingegnere in un'impresa di secondo piano. Sarebbe la sua morte concluse. Rivedevo gli occhi grigi e affaticati che mi avevano fissato. Anche il segretario sembrava stremato. E se fallisce? No, dicevo cos per dire, naturalmente. Lui non pu fallire. Ciononostante immaginiamo che avvenga. Allora sarebbe completamente rovinato. O forse peggio... Non posso entrare nei dettagli, perch lei non del mestiere, ma deve capire che gli interessi in gioco sono molto complessi. Il signor Jallu non pu pi fare il minimo errore. Al primo incidente salta. E in questo caso... Il segretario fece un ampio cenno che voleva sottintendere che tutto sarebbe stato spazzato via, la ricchezza, l'onore, la vita... Manou... Non esageriamo si affrett ad aggiungere. Non siamo a questo punto. Ma lei potr aiutarlo pi di quello che possa pensare. Dal momento che sta scrivendo un libro, perch non parla di un uomo come il signor Jallu? Perch non racconta la storia di una diga? appassionante, sa. Come una battaglia, perch una battaglia. Ma la gente non lo sa. Il signor Jallu solo. Lei non immagina quanto. Via... Proprio cos. Ma c' lei ad aiutarlo, no? E la signora Jallu. Il segretario mi offr una sigaretta e il suo accendino.

Partirete tra una decina di giorni continu. Mi occuper io di tutti i dettagli. Non si preoccupi. Venga a parlarmi la prossima settimana. Sar sullo stesso aereo dei signori Jallu? Naturalmente. La mia domanda dovette sembrargli sciocca ma la sua risposta mi riemp di gioia. Corsi ad avvertire il mio direttore. Non ricordo bene cosa feci aspettando Manou. Non vero. Comprai un volume sulle dighe. Era pieno di formule, di equazioni, di schemi, e mi abbandonai all'impressione deliziosa di essere travolto dagli avvenimenti. Ero in partenza! In viaggio con Manou! Non volevo pi pensare a Jallu. E continuavo a ripetermi che non era poi cos temibile e che avevo avuto torto a preoccuparmi cos tanto per quel colloquio. Un uomo braccato, ecco quello che era. Avrebbe fallito l'affare, sarebbe stato spazzato via e mi avrebbe lasciato Manou. Comprai dei fiori, molti fiori. Non riuscivo pi a connettere le idee e impiegai un'ora a vestirmi. Manou comprese immediatamente. L'abbracciai. Non sei seccata? Rispondi, Manou... Ho fatto bene, non vero? Non potevo agire in altro modo; rifletti! Tu laggi e io qui, non era possibile! Ero gi all'arringa della difesa. Ancora una volta ero colpevole. Ancora una volta le chiedevo scusa per averla troppo amata. Ascoltava le mie spiegazioni con gli occhi socchiusi, il volto teso, il corpo irrigidito in un atteggiamento di rifiuto. Avevo un bel dimostrarle che il mio piano era perfetto e non comportava alcun rischio. Scuoteva il capo come se avesse deciso alla fine di rompere. Ormai non era pi il viaggio a essere messo in questione, ma il nostro amore. Non volevo ferirti. Dovevo agire in fretta, prendere subito una decisione. Pensavo che saresti stata d'accordo... Non potevo chiederti il permesso d'incontrare tuo marito. Ma come puoi immaginarci tutti e tre insieme, ogni giorno, per settimane e settimane! Ah! Non avevo guardato tanto lontano! La lasciai e mi infilai le mani in tasca perch lei non vedesse che tremavano. Il suo dito guantato mi sfior una guancia. Povero Pierre, non pensi mai a nulla. No, ti prego, non arrabbiarti. Soltanto, rifletti. Cosa diverrei io tra voi due? E tu che faccia farai quando ti augureremo la buona notte? E lui che capisce tutto, persino i silenzi, soprattutto i silenzi, credi che accetter? Allora cosa proponi?

Prese un garofano e lo mordicchi nervosamente. Che cosa mi avrebbe proposto? Sii paziente, Pierre... Bene, capisco. Presi il telefono. Cosa fai? Annuncio le mie dimissioni. Non ho altra scelta, mi pare. Aspetta! Mi obblig a posare la cornetta, si guard attorno, come per raccogliere tutte le forze contro di me. Ti chiedo un giorno, un giorno soltanto. Ti chiamer domani sera. D'accordo? Mi baci sulle tempie dolcemente, poi la porta si chiuse senza rumore. Volevo inseguirla, chiamarla. Era forse un addio? Non l'avrei pi rivista? Quella tregua non era stata che un trucco per liberarsi, un modo elegante per andarsene evitando i rimproveri, il sarcasmo, le minacce e le lacrime di una rottura? Il nostro amore era morto. E ancora non sapevo cosa sarebbe successo... 3 Feci qualche passo nell'oscurit. Di nuovo quella fitta... Mi sentivo soffocare. Lanciai con tutte le mie forze un sasso nel lago, che si estendeva ai miei piedi. Sentii il tonfo lontano dell'impatto e provai a immaginare il tragitto della pietra, inghiottita da cento metri di acqua scura fino a toccare il fondo della valle allagata. Come sarebbe stato facile simulare un incidente in quel lago! Manou aveva riso quando le avevo proposto di scomparire, ma se avesse visto... Ero uno sciocco a pensare che avrebbe accettato qui quello che a Parigi aveva rifiutato con tanta ostinazione. D'accordo, si era finalmente decisa a venire, ma questo non cambiava nulla. Se avesse mutato opinione mi avrebbe scritto. Bastava che battesse a macchina l'indirizzo, Jallu non controllava la mia posta. E, invece, non una lettera, non un biglietto. Il nulla. La notte. Tuttavia, a Parigi... Avevo aspettato la sua telefonata come un malato attende il risultato di un'analisi. Era veramente una questione di vita o di morte. Ricordo che in ufficio avevo preso un foglio e avevo provato a elencare in una colonna

tutti i miei dubbi e in un'altra tutte le mie speranze. Era una fatica inutile e puerile, poich non riuscivo a raggranellare nulla di palpabile, di oggettivo. Nulla che potesse essere espresso, definito a parole. "Sentivo" che Manou mi nascondeva qualcosa, Avevo "l'impressione" che il suo segreto non fosse piacevole, che lo difendesse con accanimento, temendo il mio disprezzo se ne fossi venuto a conoscenza. Ma quando tentavo di dar corpo a questa fuggevole intuizione mi sembrava invece di allontanarmi dalla verit. Come nei giochi dei bambini, quando i compagni indirizzano beffardi le ricerche maldestre di un oggetto nascosto con "Fuoco" e "Acqua". Quand'ero "Fuoco" e quando "Acqua"? Quando sospettavo Manou di servirsi di me? Tuttavia era sincera quando diceva: "Non rinuncer mai a te, qualunque cosa succeda...". Ma perch quella conclusione cos grave e cos drammatica? Che cosa doveva succedere? Vagavo in una foresta di dubbi, che mi graffiavano quando cercavo di attraversarli. Manou mantenne la promessa. Mi telefon. S, era d'accordo. Avrei accompagnato Jallu, e avremmo tentato. La voce era triste, rotta, come se avesse pianto a lungo. Io invece non riuscivo a parlare per la gioia. Quella sera camminai a lungo per la citt addormentata, sussurrando per gioco che amavo Manou in tutte le lingue e dialetti che conoscevo, dal turco al bengali. Il giorno dopo venne a casa mia, ma, quando volli ringraziarla, mi chiuse la bocca dolcemente con la mano guantata: Zitto! Non parliamo del viaggio, per favore. E allora cominci il periodo pi bizzarro del nostro amore, forse il pi piacevole. Ci incontravamo tutti i giorni verso sera. Avevamo ripreso le vecchie abitudini, e Manou era tornata appassionata come un tempo. Sapevamo di essere giunti a una svolta importante, ma io mi sentivo come un soldato in licenza dal fronte, che conta suo malgrado i giorni che passano e pensa che ogni carezza potrebbe anche essere l'ultima. Ed ero sicuro che anche Manou provava la stessa sensazione. Ci abbracciavamo, sperduti l'uno nell'altra, e i nostri sorrisi avevano qualcosa di forzato, di fittizio. Parlavamo senza interruzione, in una continua finzione d'allegria, consci che un istante di silenzio sarebbe stato insostenibile. Paradossalmente, non eravamo pi "insieme". Pierre mi disse una sera vuoi venire a casa mia? Ma... e tuo marito? Domani sar a Bruxelles per lavoro. Vieni, ti prego. Ma non pensi, Manou, che... Non faccio altro che pensare in questi ultimi tempi m'interruppe. Per

favore, vieni. Mi hai sempre detto che avresti voluto vedere la mia casa, e sar felice di fartela visitare. La cameriera tornata in Alvernia dai suoi, saremo soli. Non insistette, ma io compresi le sue intenzioni e l'abbracciai, cullandola teneramente per dimostrarle la mia gratitudine. Lei che era sempre stata cos prudente, troppo prudente, ora mi concedeva tutto come se all'improvviso avesse preso una decisione estrema. Ma non si abbandon nelle mie braccia. Era tesa, in guardia. Avrebbe potuto lasciarsi andare, svelarmi i suoi pensieri. La guardai. Sorrideva e pareva sorridere pi a se stessa che a me. Cosa esprimeva quel sorriso? Gioia? Trionfo? Si vendicava di Jallu? O era semplicemente felice di aver vinto la sua incertezza? Abito a Neuilly mi disse. All'angolo di rue de la Ferme con rue Saint-James. Vedrai, il giardino circondato da un'inferriata. L'ingresso principale in rue de la Ferme, poi c' una porta secondaria che d su rue Saint-James. Naturalmente tu passerai dal cancello principale. A che ora? Facciamo per le nove. un quartiere tranquillo, non incontrerai nessuno. Ti aspetter, dovrai soltanto battere due colpi col batacchio del cancello. Vuoi venire, vero? Certo che lo volevo! Era da settimane che lo desideravo. L'attesa, il giorno dopo, fu la pi lunga e angosciosa di tutte. Le sigarette mi nauseavano, i libri non riuscivano a trattenere la mia attenzione. Ricevetti per posta il biglietto dell'aereo. Andai alla banca, feci qualche acquisto. Come vivevo prima di conoscerla? Come riuscivo a passare il tempo? La mia esistenza allora era ricca di piccoli momenti piacevoli. Chiacchieravo con gli amici, leggevo dei manoscritti, andavo alle prove generali di qualche spettacolo teatrale. Assaporavo ogni istante, mentre ora ero come un condannato che al mattino sa che la sera terribilmente lontana, e che non servir a niente pensare o non pensare, camminare o restare immobile. L'unica mia attivit era torturarmi, trasformare la mia attesa in una sorta d'inebetito tormento. Se Manou mi invitava ad andare da lei era forse per dirmi che per tutto il viaggio non mi avrebbe pi rivolto la parola. O che avrebbe cercato un sistema per non partire. Oppure... Ormai ero un asso in quel drammatico gioco, e quando finalmente mi diressi a Neuilly la mia gioia si era tramutata in un'ansia carica di diffidenza. Osservai la casa da lontano. Era una villa grande ed elegante, un vero e proprio palazzo, di cui non potevo scorgere che il primo piano con le finestre sbarrate e il tetto a mansarde. L'alto cancello nascondeva ai passanti la vista della casa e

dell'ampio giardino. Pensai che non doveva essere allegro per Manou stare da sola in una villa cos grande... Mi avvicinai al cancello e battei due colpi come convenuto. Manou venne ad aprire. Mi affrettai a entrare, pieno di timore, e la baciai castamente sulle guance. Si era messa per me un abito da sera, il che mi metteva in soggezione. Non ero a casa di Manou ma a casa della signora Jallu. Per un secondo ebbi voglia di fuggire. Mi prese per mano con un gesto grazioso da ragazzina e mi condusse per il lungo viale che portava a una scalinata di quattro o cinque gradini. Il viale era bordato da una fitta siepe di alberi, due muri oscuri che sbarravano la vista a sinistra e a destra. Ti piace vivere qui? le chiesi. Sopravvivo! Strano, non riesco a immaginarti in questo posto. Tutto mi sembrava strano, forse a causa della notte che era caduta all'improvviso, silenziosa. Certo di giorno quel giardino recondito mi sarebbe piaciuto, avrei trovato elegante quella facciata con il suo frontone e i suoi due pilastri, che ora invece mi sembrava pretenziosa e vagamente ostile. Ancora una volta pensai che non sarei dovuto venire. Manou scivol nell'ombra del vestibolo e accese la luce. Chiuse la porta alle mie spalle. Ti piace? Avrei voluto dimostrarle un poco della gioia che lei si aspettava. Ma mi sentivo sempre pi imbarazzato, il mio sorriso fu alquanto stentato. Fammi vedere il museo. Oh, sai, presto fatto. Questo il salone. Accese un lampadario, che illumin delle sagome bianche accovacciate. I mobili erano gi coperti da teloni. Non avevo alcuna voglia di entrare. Manou fece due o tre passi, si guard intorno. Il gioiello che le fermava una spallina lanciava lampi cangianti. Era come se anche lei fosse in visita. Attraversammo in silenzio la casa morta. Gli alti specchi riflettevano le nostre sagome fugaci. Le stanze sapevano gi di chiuso. Era il museo dell'assenza e Manou non era che una delle sue ombre. Manou sussurrai dev'esserci pure una stanza tutta tua... quella che io voglio vedere... Mi precedette sulle scale e al primo piano ricominci a spalancare delle porte sul vuoto. La stanza degli ospiti... La stanza di mio marito... Lo spogliatoio... La mia stanza...

Era l che viveva. Mi fermai per un momento sulla soglia, circondando con un braccio le sue spalle. Il letto, le poltrone, lo scrittoio, il tavolino a tre gambe. Con una sola occhiata avevo preso possesso di tutto. E avevo ritrovato il profumo di Manou, che avrei riconosciuto tra mille perch era il profumo dell'erba, dell'alba, dell'estate. Qui il mio amore mi attendeva intatto. Manou sollev il capo e io mi chinai su di lei. Cercando di trattenere il mio fervore posai le labbra sui suoi occhi, sulla sua bocca. Manou, tesoro le dissi non ci sar nessun'altra dopo di te, lo sai? Sciocco, vieni a sederti. Ma una tenera curiosit mi spingeva da un soprammobile all'altro. Volevo vedere tutto, toccare tutto, respirare tutta l'atmosfera di quella stanza. Passavo dal letto allo scrittoio, esplorando i cassetti, spostando ogni cosa, e Manou mi guardava con un sorriso di giocosa complicit. Quei piccoli tocchi da predone la divertivano, la commuovevano, la turbavano. E questo cos'? Il mio carillon, aprilo... Sollevai il coperchio dello scrigno, e una melodia fievole, appassita, un po' falsa, si alz nel silenzio. La Trota di Schubert. Manou ne canticchi l'aria a bocca chiusa. Ogni tanto si fermava per dare al meccanismo il tempo di eseguire i passaggi pi difficili, poi riprendeva a canticchiare, segnando dolcemente il tempo come se avesse voluto incoraggiare l'invisibile musicista che s'imbrogliava nelle sue note e tentennava sulla sua spinetta. Alla fine sollev un poco la gonna e accenn una riverenza. Il fascino perfetto di quell'istante mi fece applaudire. Manou arross, ma le scintillavano gli occhi. Mi indic lo scrigno. Guarda all'interno. Vi erano conservate le mie lettere nelle loro buste. Estrassi un foglio e lei ne lesse ad alta voce qualche passo, appoggiandosi a me. Scrivi meglio di me osserv poi. Forse perch riesci meglio a mentire. Manou, ti impedisco... Mi abbracci. Dio, ho vissuto quel momento! Quell'istante esistito davvero. E adesso... Cercai la serratura del piccolo scrigno. Non c' mi disse Manou. Allora chiunque potrebbe... Anche tuo marito... Non viene mai qui. Tra le lettere c'era uno spesso quadernetto che Manou mi strapp dalle

mani. Questo no, il mio diario. Ogni sera mi racconto la mia giornata. Tu non puoi capire, sei un uomo. Posso leggere? Soltanto una pagina... No, per favore. Chi ti ha regalato il carillon? Nessuno, era dei miei nonni. Mi avvicinai al caminetto sul quale c'era una fotografia. I miei genitori disse Manou. Un mese prima dell'incidente. per questo che ci tengo cos tanto. L'uomo era alto, bruno, con i baffetti sottili. Il volto di sua moglie, nascosto in parte da un cappello di paglia, pareva sofferente. Non ti assomigliano osservai. La mamma era malata, allora. Le donne nella nostra famiglia non sono molto forti. Sua sorella, la zia Lea, ha un cancro, sta morendo. Imbarazzato, andai alla finestra, una bizzarra finestra ad angoli smussati. Attraverso le persiane potei notare il giardino e il tratto di strada illuminato da un alto lampione, attorno al quale ronzavano gli insetti. Un vialetto fiancheggiato da una spessa siepe si dipartiva dalla casa e conduceva alla porticina della rue Saint-James. Manou mi era venuta accanto. un peccato, non abbiamo tempo di occuparci del giardino. Del resto, con una casa cos, avremmo bisogno di diversi domestici. E mio marito trova gi la cameriera troppo cara. Mi girai verso Manou e le sollevai il volto con una mano: Lascia stare. Per stasera non pensarci. Tra due giorni saremo in Afghanistan, e vorrei che questo viaggio fosse per noi una vera vacanza. Cerc di scuotere il capo per protestare, ma la mia stretta la trattenne. La fissai negli occhi con una certa durezza. Manou, te lo prometto, sar prudente. Tuo marito non si accorger di nulla. Starete tranquilli come se non ci fossi. Voglio soltanto vederti. Tutti i giorni. Avremo un codice, capisci? Quando dirai: "Che caldo!" vorr dire: "Ti amo". una frase che potrai ripetere tutti i giorni. Scoppiai a ridere, eccitato da quell'idea, e Manou, trascinata dalla mia allegria ripet: Che caldo! Ora tocca a te inventare un codice. Bene... Quando dirai: "Ho sete" vorr dire: "Ho voglia di abbracciarti".

Ottimo, Manou. Allora ho sete. Cosa? Ho sete, non capisci? Ho sete. Ho sete. L'abbracciai e lei cerc di liberarsi. No, Pierre... Ti prego... Non qui. Nella sua voce c'era un tale terrore che la lasciai andare immediatamente. Mi aggirai lentamente per la stanza, esasperato e pronto a risponderle con durezza. Tutti quegli oggetti, tutti quei mobili erano un regalo di Jallu. I gioielli nel cofanetto d'avorio sul comodino erano di Jallu. Persino il numero sul telefono bianco era quello di Jallu. Insomma, a parte il mio budda d'avorio sullo scrittoio, tutto apparteneva a Jallu. Persino Manou, soprattutto Manou. Pierre... Non volevo ferirti. Figurati, ci sono abituato! Vedi, ti sei offeso! E non siamo ancora partiti. Allora, cosa farai in Afghanistan? Non dovevo venire qui. Aiutami, Pierre. Ti prego. Mi voltai a guardarla. In quel momento squill il campanello a pianterreno. Tuo marito? No, dev'essere mia cognata. Scivol accanto alla finestra, ma l'alto cancello nascondeva ai nostri occhi il marciapiede. Eravamo immobili, raggelati. Il campanello suon ancora una volta, a piccoli colpi discreti e ben distanziati, come la campanella del parlatorio. lei sussurr Manou. Riconosco il suo modo di suonare. Tuo marito ha una sorella? S, ti pare strano? No, semplicemente non lo sapevo. Devi proprio andare ad aprirle? Sono costretta, venuta da Nizza per salutarci. Se non le apro, telefoner a Ren, e lui si preoccuper, lui sa che di sera io non esco mai. E poi ha sicuramente visto la luce... Mi dispiace, Pierre. Vuoi che me ne vada? Ma come... Vieni. Mi trascin verso le scale, mentre il campanello suonava per la terza volta con maggior forza. Mi condusse in cucina, in fondo all'atrio. Prese due chiavi unite da un anello e appese al muro.

La pi grande apre la porta di rue Saint-James mi spieg a bassa voce. L'altra quella della cucina, non confonderti. Sbrigati, nessuno ti vedr uscire. Tieni le chiavi, io ne ho un altro paio. Non sei offeso? Manou, amore. La strinsi a me come se fossi conscio di perderla. Poi m'infilai furtivamente nel vialetto laterale che conduceva alla porta posteriore. Una volta uscito, me ne andai lentamente verso l'incrocio, come un qualunque passante notturno. Rue de la Ferme era deserta. Mi accostai al cancello, tendendo l'orecchio, ma non udii alcun rumore. Presi un taxi e tornai a casa. Non ricordo cosa feci nei due giorni seguenti. L'attesa della partenza fu lieve, perch ero sovraccarico di impegni. Il segretario di Jallu mi augur buon viaggio. Soprattutto, sia puntuale, non li faccia aspettare. In questo periodo fuori di s! Avrei voluto chiedergli di Manou, ma in ogni caso lei sarebbe stata a Orly come previsto. Ormai niente l'avrebbe trattenuta dal partire. Non le scrissi nemmeno al suo fermoposta. D'altronde era troppo tardi, non sarebbe pi andata all'ufficio postale. Dovevo telefonarle? E perch poi? Soltanto per il piacere di sorprenderla in casa? E se era Jallu a rispondere? Nessun problema, avrei riattaccato fingendo di aver sbagliato numero. E se mi rispondeva lei? Non avevo pi niente da dirle, avevamo gi fissato tutti i dettagli della partenza. Di scrupolo in scrupolo, di esitazione in esitazione, mi decisi infine a chiamarla, mentre il cuore mi batteva all'impazzata. Lasciai che il telefono squillasse otto volte prima di rinunciare. Non c'era nessuno. Meglio cos. Passai la serata al cinema e poi dovetti prendere un sonnifero per addormentarmi. Non volevo pi pensare a quell'impossibile viaggio. Perch Manou aveva ragione. Che cosa sarei diventato accanto a loro due? Jallu mi avrebbe trattato con disinvolta sicumera e io non avrei sopportato di essere umiliato davanti a Manou. Magari avrebbe maltrattato sua moglie e io non avrei avuto la forza di mordere il freno. E se non avesse fatto attenzione a noi due, avrei anche potuto commettere qualche imprudenza. Magari... la lista dei "magari" era infinita. Costeggiavo il lago fumando una sigaretta dopo l'altra. Il freddo cominciava a farsi sentire e le stelle brillavano come da noi in inverno, vicine, aspre, come cocci di vetro. Le difficolt che mi avevano spaventato alla vigilia della partenza, le avrei ritrovate intatte l'indomani, quando Manou sarebbe finalmente arrivata. Inspiegabilmente, ormai non mi facevano pi

paura. Forse perch mi ero abituato a Jallu. Invece, quando un taxi mi condusse a Orly, Jallu mi spaventava ancora. Non avevamo preso il pullman insieme. Non so perch, ma l'incontro mi sembrava meno preoccupante nel frastuono degli aerei in partenza che al buffet del terminal degli Invalides. Arrivai con pi di un'ora di anticipo, e iniziai a passeggiare nervosamente nell'immensa hall tra un berciare di altoparlanti. Ero molto pi agitato di quel che volessi dimostrare anche a me stesso. Quel viaggio mi eccitava, l'Afghanistan mi aveva sempre attirato. Ma soprattutto mi sarei trovato per la prima volta nel mondo esterno con Manou. Finora c'era stato soltanto quel pranzo nel ristorante di boulevard Saint-Germain, all'inizio della nostra relazione. Ma non contava, perch dopo quel breve episodio ci eravamo sempre incontrati di nascosto. Non avevo mai camminato per strada accanto a Manou. Non mi ero mai seduto con lei nel dhors di un caff. Insomma, aspettavo una sconosciuta. Avrei scoperto una donna nuova e quasi ignota, perch non sapevo come si comportava con suo marito, come gli parlava, come lo guardava. Claire Jallu non era la stessa persona di Manou. Scossi le spalle, ecco che romanzavo gi il nostro nuovo incontro. Sarebbe sempre stata Manou dopotutto! Ancora una mezz'ora. Il Boeing per Rio roll lentamente sulla pista, poi prese il volo. Mi rifugiai nel bar per sfuggire a quel frastuono che mi faceva battere i denti. Non dovevano pi tardare. Provavo un senso di angoscia mentre cercavo di scorgere la sagoma di Manou nella folla dei viaggiatori indaffarati. E allora vidi Jallu. Solo. La cosa non mi sorprese. Mi ricordo che dissi fra me: "Era inevitabile!". S, Manou era riuscita a non venire con noi, l'avevo previsto. Jallu mi stava cercando. Mi alzai a fatica. Avevo ancora qualche istante per decidere: potevo tornare a Parigi, rinunciare al viaggio, restare con Manou. E invece andavo a incontrare Jallu. Mi strinse la mano in modo amichevole, e mi diede le spiegazioni che attendevo. La zia di Manou stava morendo e Manou aveva deciso all'ultimo momento di ritardare la partenza. Questione di giorni. Jallu cercava di mostrarsi indifferente, ma dietro la sua maschera c'era indubbiamente della collera e persino della violenza, insieme a qualcos'altro che non riuscivo a individuare. Lo capii in seguito, quando litig con Blche. Jallu a Orly aveva lo stesso aspetto di quando licenzi Blche. Certo tra lui e la moglie doveva esserci stata una violenta scenata. Salimmo sull'aereo e pochi istanti pi tardi Parigi scompariva alle nostre spalle. Lasciavo Manou per un lungo periodo, forse per sempre, perch la malattia

della zia non era che una scusa. Manou non aveva voluto accompagnarci. Ma in quel momento quell'idea non era ancora cos netta e precisa. Era un pensiero che non prese corpo che poco a poco, quando ebbi il tempo di riflettere con calma su tutti quegli avvenimenti. Manou aveva una ragione precisa per non venire. Manou mi aveva ingannato. E invece sarebbe arrivata con il prossimo aereo. Dunque mi ero sbagliato. Ero andato troppo in l con i miei sospetti e le mie paure. Ero un individuo che non voleva conoscere la felicit. Decisi di abbandonare le mie inquietudini. Manou mi amava. Il suo comportamento non era stato n strano n ambiguo. E io ero felice, felice, felice... Ritornai malinconicamente alla diga e mi coricai senza riuscire a prendere sonno. Il giorno dopo fu esattamente identico ai precedenti: colazione, lavoro, pranzo, Kabul, ritorno alla diga, cena... E sempre quel calore inumano che cuoceva le pietre. Jallu era taciturno come al solito. Nemmeno l'arrivo imminente di sua moglie riusciva a distrarlo dalle sue preoccupazioni. Al contrario, io non riuscivo a trattenermi dal seguire Manou con il pensiero. Alle diciotto da Orly... No, bisognava tener conto del fuso orario... Come si sarebbe vestita? Cosa si sarebbe portata in Afghanistan? Mi mettevo a sognare davanti a una carta geografica, pensavo a tutti gli incidenti possibili. Se almeno mi avesse scritto, rivelandomi tutti quei piccoli dettagli che aiutano gli amanti lontani