bellezza, stupore e comunità

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Il turismo Conviviale Bellezza, Stupore e Comunità © don Gionatan De Marco

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Page 1: Bellezza, Stupore e Comunità

Il turismo Conviviale Bellezza, Stupore e Comunità

© don Gionatan De Marco

Page 2: Bellezza, Stupore e Comunità

Premessa

• Turismo: participio presente del verbo vivere

• SOS: Porte tagliate della Bellezza! • Ogni cosa e ogni volto: impronta

del passato, fotografia del futuro • Dio è in tutti, o come presenza o

come nostalgia

© don Gionatan De Marco

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Il turismo conviviale è…

Il turismo conviviale è la possibilità concreta offerta ad un ospite e ad una Comunità cristiana che si fa ospitale di vivere un’esperienza evocativa e generativa attraverso la narrazione dialogica della Bellezza che susciti la consapevolezza di uno stupore capace di trasfigurare l’oggi di ognuno, chiamato a diventare Locus Lucis, dove l’homo viator si sente accolto e riconosciuto, dove si tessono relazioni capaci di offrire calore, dove il patrimonio di cultura sa stupire e le persone abbiano qualcosa da raccontare.

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Una Comunità trasforma un territorio e delle esperienze in Locus Lucis quando offre un’esperienza straordinaria e speciale, quanto più personalizzata possibile e animata da una grande capacità di narrazione, per alimentare la vita e la speranza di chi incontra, promuovendo lo sviluppo della persona nella sua totalità. E questo partendo dall’esperienza essenziale dello stupore. Solo lo stupore, infatti, può aprire la strada al desiderio. Solo il desiderio, poi, può portare a scelte compromettenti di vita piena. Solo le scelte compromettenti sulle pagine reali del mondo, infine, possono far gustare la gioia vera dell’essere umani e cristiani.

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La prima virtù del turismo conviviale è l’essere un turismo di comunità. La comunità cristiana diventa protagonista, attraverso le coordinate della valorizzazione, dell’ospitalità, dell’accessibilità universale, della creatività e dell’annuncio, di esperienze in cui lo sguardo di membra vive si allena a riconoscere e contemplare la Bellezza di cui ci si scopre custodi, non gelosi ma responsabili nella missione. Questo, ad intra, significa concretizzare un’esperienza di pastorale integrata e, ad extra, attivare processi per buone pratiche di comunione di progetti tra comunità ecclesiale e comunità civile, per una strategia coordinata e integrata di valorizzazione del patrimonio culturale materiale e immateriale di matrice ecclesiale, in cui l’ospite potrà godere dell’autenticità dei luoghi, della genuinità dei rapporti umani, della specificità della cultura e delle tradizioni custodite e raccontate dalla Comunità ospitante. Qui, la Comunità idea, organizza e gestisce le esperienze in modo partecipativo, sinergico e responsabile attraverso esperienze che permettono all’ospite dei vivere qualcosa di vero e alla Comunità ospitante di ritrovare e consolidare la propria identità a partire dall’immenso patrimonio di Bellezza che custodisce.

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La seconda virtù del turismo conviviale è l’essere un turismo narrativo. E per la comunità cristiana non è semplicemente questione di storytelling, ma di una narrazione che tiene in connessione tre elementi: la narrazione con le sue dinamiche, il narrare la propria storia, la narrazione di Dio che viene a visitare la nostra esistenza. La narrazione non è semplicemente un modello, ma la modalità quotidiana che ognuno di noi utilizza per apprendere e comunicare tutto ciò che riempie la vita. Narrare vuol dire raccontare storie a tre storie: quella del Signore Gesù, che il patrimonio culturale materiale e immateriale porta insita, quella di chi racconta e quella di chi accoglie la narrazione e la fa propria. E questo per suscitare vita e speranza, per dare la possibilità all’ospite di tornare alla sua ferialità con la bisaccia piena di Bellezza. Egli, infatti, dall’esperienza del turismo conviviale porterà con sé per sempre una spugna imbevuta di sole: la brillantezza della terra, il calore delle relazioni, la luminosità delle tradizioni. Porterà con sé per sempre un pezzo tostato di mare: il sapore della saggezza degli anziani, la purezza dei sogni dei ragazzi, il ristoro della mensa in famiglia. Porterà con sé una bottiglietta piena di vento: la forza di una terra orgogliosa, la freschezza di possibilità che germogliano, il volano di mani che mai si arrendono.

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La terza virtù del turismo conviviale è l’essere un turismo di esperienziale. Non più un luogo da vedere, ma soprattutto un luogo da vivere, per scoprirne il carattere, le particolarità che lo rendono diverso, unico, riconoscendone il paesaggio culturale dove incontrare persone con le quali condividere un’esperienza, andando a scavare nelle vita quotidiana e nelle tradizioni. Trasformare i territori in luoghi di esperienza della Bellezza è la grande scommessa, culturale prima che turistica, che il turismo conviviale vuole realizzare insieme con tutti gli attori disponibili a creare una rete virtuosa con cui intraprendere il cammino lento del divenire un capolavoro, custodendo tutto il bello che si è ereditato, facendo entrare l’ospite nella stessa storia che la Comunità ospitante racconta e generando possibilità nuove di valorizzazione dell’enorme eredità culturale che si è ricevuto. E valorizzare significherà rendere quel luogo capace di solleticare nell’ospite lo stupore come porta essenziale per un’esperienza significativa per la vita e per la speranza. valorizzare significherà saper proporre percorsi capaci di dare anima all’esperienza, tessendo relazioni evocative e generative.

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La quarta virtù del turismo conviviale è l’essere un turismo generativo. L’esperienza del turismo conviviale non si ferma ad essere evocativa, capace di fare memoria di un passato da ospitare, ma vuole essere soprattutto generativa, capace – cioè – di trasformare la memoria in speranza, in un futuro che si fa possibilità presente di prendere in braccio la vita e portarla su strade inedite di pienezza e di gioia. E i sogni vengono riattivati, i desideri vengono riaccesi, i valori ridiventano motore di una vita che vuole essere buona e bella. Si tratta di generare nuova vitalità e nuove prospettive nell’ospite. Ma si tratta, anche, di generare buone pratiche per rispondere ai bisogni di futuro e di sviluppo della Comunità ospitante. E, in tal senso, un ruolo fondamentale potrà assumerlo il turismo conviviale, nella misura in cui sarà pensato, proposto e vissuto come attuazione integrata di tre azioni: custodire, guarire e valorizzare.

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Creare luoghi di esperienze di vita e di senso:

il «caso» del giardino! © don Gionatan De Marco

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• Un giardino senza effetti speciali • Nessuno ha puntato un fascio

luminoso per farlo emergere dalla notte dell’insignificanza, ma dalla profondità del giardino è esplosa la luce!

• Questo è stato possibile perché quel giardino Qualcuno ha scelto di abitarlo e, dal di dentro, lo ha reso un vero e proprio laboratorio di possibilità, attivando processi esplosivi di esperienza della bellezza, fino ad allora rimasta compressa!

• tutto ormai indossava il vestito dello stupore: la visita privata divenne visita animata da Qualcuno che conosceva il suo nome!

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Questione di Bellezza

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• La Bellezza è libera e liberante… e può utilizzare come strumento per parlare alla vita degli uomini e delle donne di ogni tempo la bellezza delle pietre o di opere d’arte

• La Bellezza è libera e liberante… e può utilizzare come strumento per parlare alla vita degli uomini e delle donne di ogni tempo anche la bellezza delle esperienze

• La Bellezza è libera e liberante… e può utilizzare come strumento per parlare alla vita degli uomini e delle donne di ogni tempo, in modo particolare, la bellezza dei volti

• Il percorso naturalmente ha uno zenit, un punto fermo di incontro con il Tu della Bellezza! Davanti all’epifania del Bello, occorre deporre ricchezza, saggezza e zelo e riempire la bisaccia di gratitudine semplice, di umiltà profonda e di lode gioiosa. E la Bellezza fa fermare a riflettere, osservare, per scoprire che la Bellezza è in ogni persona e in ogni cosa, basta saperla vedere.

NON ESISTE TURISMO RELIGIOSO

SENZA IL SENSO DEL MISTERO © don Gionatan De Marco

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Annunciare Cristo significa mostrare che credere in Lui e seguirlo non è solamente una cosa vera e giusta, ma anche bella, capace di colmare la vita di un nuovo splendore e di una gioia profonda, anche in mezzo alle prove. In questa prospettiva, tutte le espressioni di autentica bellezza possono essere riconosciute come un sentiero che aiuta ad incontrarsi con il Signore Gesù. Non si tratta di fomentare un relativismo estetico, che possa oscurare il legame inseparabile tra verità, bontà e bellezza, ma di recuperare la stima della bellezza per poter giungere al cuore umano e far risplendere in esso la verità e la bontà del Risorto. Se, come afferma sant’Agostino, noi non amiamo se non ciò che è bello, il Figlio fatto uomo, rivelazione della infinita bellezza, è sommamente amabile, e ci attrae a sé con legami di amore.

Francesco, Evangelii gaudium, 167

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Emergenza stupore

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Lo stupore… Perché educare allo stupore? Oggi la sovra-stimolazione si sostituisce al motore interiore e annulla la propensione allo stupore, alla creatività, all’immaginazione. Dopo una fugace sensazione di euforia, oggi ci si annoia e tutto diventa malinconia. E si arriva adolescenti avendo visto e ottenuto tutto… e non aspira più nulla! Cos’è lo stupore? Non è un attimo, ma è ciò che fermenta un’esperienza (cfr. l’esperienza dei Magi e dei Discepoli di Emmaus) Lo stupore è il luogo originario di quel qualcosa che per noi accade, che ci incontra, ci sopraggiunge, ci sconvolge e ci trasforma. Lo stupore non è un’esperienza eccezionale, ma un’esperienza comune che si riempie di eccezionalità e si fa ripresa (rimanda a sé, alla propria vita) e domanda (perché io?) E lo stupore è la circostanza in cui il vedere è costretto a diventare un guardare. Nello stupore il qualcosa che accade interpella il soggetto che guarda, ma non attirandolo a sé, ma rinviandolo a sé, costringendolo a porsi l’interrogativo fondamentale: perché mai io vivo qui e ora? © don Gionatan De Marco

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Turismo Conviviale è solleticare lo stupore

Creare esperienze wow

Individuare elementi wow

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Turismo narrativo

La narrazione come metodo

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Narrare non è ripetere una storia, ma narrare è… Un atto generativo Un atto relazionale (non in contatto, ma in

comunione) Un atto evocativo-simbolico (importanza dei

sensi…) Un dialogo tra 3 storie: lavorare con le parole per

far scoprire a ciascuno un messaggio-per-sé… per passare dallo stupore al desiderio!

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ATTENZIONE all’ermeneutica

dell’inespresso!

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Il cammino verso questa bellezza interiore di cui siamo destinati a gioire, però, passa dalla nostra verità. E la nostra verità non è sempre piacevole. Vi incontriamo l’insondabilità della nostra anima, l’aggressività, i sentimenti di vendetta, la depressione, la disperazione, l’oscurità interiore e la malvagità. Spiritualità, però, non significa lottare contro il buio, bensì attraversarlo per arrivare in fondo all’anima, in cui la bellezza di Dio risplende nell’immagine unica e irripetibile che Dio si è fatto di noi.

A. Grun, Bellezza, Queriniana, Brescia 2015, p. 144

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Turismo conviviale

L’accompagnamento come processo

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La fase dell’accoglienza/1 Obiettivo: creare un rapporto relazionale autentico

L’ATTENZIONE si manifesta attraverso un quadro ambientale accogliente, la presentazione da parte dell’animatore, una postura fisica che rispetti le giuste distanze, l’espressione facciale appropriata, l’osservazione attenta, l’ASCOLTO ATTIVO. L’ascolto è una delle «carezze» più efficaci che l’animatore possa donare all’ospite… per questo domanda di centrarsi sull’altro, dimenticando se stesso con il proprio variegato ed esigente mondo sostanziato di bisogni, desideri e stati emotivi. Senza un apprendimento disciplinato è difficile raggiungere una capacità di ascolto attivo, che colga non solo i contenuti ma anche le emozioni espresse dall’ospite.

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La fase dell’accoglienza/2 Obiettivo: creare un rapporto relazionale autentico

L’EMPATIA è la capacità di comprendere ciò che l’ospite sta vivendo e di comunicargli anche tale comprensione. L’atteggiamento empatico comporta, in primo luogo, la capacità di mettersi dal punto di vista dell’ospite. In secondo luogo, l’empatia comporta che si eviti di cadere nell’atteggiamento di simpatia, che consiste nel fare propri i sentimenti dell’ospite, imbrigliandosi nelle sue dinamiche. L’animatore empatico comprende il vissuto dell’ospite come se fosse suo, mantenendo una distanza affettiva. La pratica dell’empatia è possibile solo se l’animatore accetta di essere vulnerabile, cioè suscettibile di venire ferito dal vissuto dell’ospite. La risposta empatica è parte essenziale della comprensione del vissuto dell’ospite: non si sofferma a giudicare, non opera interpretazioni, non investiga, non offre soluzioni, ma rimanda all’ospite i concetti e le emozioni che ha espresso, per una consapevolezza maggiore del vissuto da parte dell’ospite (= feedback fenomenologico).

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La fase dell’accoglienza/3 Obiettivo: creare un rapporto relazionale autentico

L’atteggiamento della considerazione positiva e dell’assertività declinato in: ACCETTAZIONE INCONDIZIONATA dell’ospite in quanto persona con valore e

dignità; RISPETTO E STIMA per le sue eventuali idee diverse dalle proprie; FIDUCIA, dimostrandogli di credere in lui, nelle sue risorse e capacità di poter

affrontare e risolvere gli eventuali problemi esistenziali che rende manifesti; CALORE UMANO, veicolato in modo verbale e non, mediante il tono di voce, la

mimica del volto, i gesti…

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La fase della narrazione/1 Obiettivo: accompagnare a cercare un senso Gli elementi wow e la loro narrazione: L’animatore accompagna l’ospite ad

ascoltare gli elementi wow con le emozioni che prova nel guardarli;

L’animatore narra l’elemento wow unendo le 3 storie: la storia della salvezza, la propria storia, la storia dell’ospite (sarà fondamentale per quest’ultima l’osservazione e la relazione empatica);

L’animatore attiva un confronto con l’ospite, partendo dalle emozioni provate e accompagnandolo a rileggere il proprio vissuto cercando le risorse necessarie per rendere la vita bella e speranzosa.

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La fase della narrazione/2 Obiettivo: accompagnare a cercare un senso

Alcune cose importanti riguardo all’atteggiamento dell’animatore… Autenticità. È la capacità

dell’animatore di essere se stesso nella relazione con l’ospite. Tale atteggiamento implica una coerenza tra ciò che l’animatore prova e ciò che comunica all’ospite.

Concretezza. L’animatore aiuta l’ospite ad esprimere in modo chiaro, specifico e personale le esperienze e i sentimenti e a centrarsi sempre più su se stesso.

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La fase dell’esodo L’ospite esce dall’esperienza wow portando con sé le risorse per guardare con stupore la sua vita, riconoscendone i bisogni più veri perché possa riscoprirla abitata dalla bellezza, vestendola di gratitudine, gustando la gioia di divenite artigiano di speranza per sé e per il mondo.

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Verso un’economia

sovversiva della

Bellezza

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Vogliamo continuare il cammino lento del divenire un capolavoro,

custodendo tutto il Bello che abbiamo ereditato e generando possibilità nuove di valorizzazione, educando a non cercare solo il profitto, consapevoli

del fatto che il profitto più lo cerchi, meno lo trovi. Il profitto è importante, ma sarà un risultato, un indicatore di salute e di buon funzionamento del nostro

processo generativo di buone prassi di valorizzazione, non un fine. E questo sarà possibile quando si attiveranno prassi di economia dove non si pensa

solo a sé, ma si pensa anche agli altri, a tutti i soggetti con i quali si interagisce.

L’economia sovversiva della Bellezza è intrinsecamente etica, non per i

vantaggi di immagine che questo atteggiarsi porta con sé, ma perché l’agire per il bene comune fa parte dei suoi valori.

L’economia sovversiva della Bellezza non rinuncia certo alla produzione di

valore, ma lo fa attraverso il processo senza fare dell’obiettivo un’ossessione, diventando un’economia armonica, che si muove in armonia

nelle relazioni interne ed esterne che ne originano i risultati.

La sfida è quella di fare dell’economia sovversiva della Bellezza un

laboratorio di futuro, liberato dalle grinfie dell’homo oeconomicus, per farlo abbracciare dall’homo donator, che racconta il bisogno di alimentare un’etica

dell’empatia, che consiste nel fondare la tutela del proprio benessere e della propria felicità su un equilibrio tra interesse per sé e interesse per gli altri.

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Finalità ultima di tutto questo processo culturale ed educativo che il modello del turismo conviviale vuole attivare all’interno di Comunità cristiane ospitanti è accompagnare l’ospite a riscoprire il suo volto più umano, cioè la sua capacità di muoversi, di far avanzare la vita, di nascere e rinascere ogni giorno. E questo grazie ad un’attrazione e ad una passione che la Bellezza e la sua narrazione attiva nella mente e nel cuore di ciascuno e che, se accompagnato, può portare a scoprire che la vita felice non è statica, ma estatica! La vita è un uscire, un andare oltre. Non avanza per divieti o per obblighi, ma per attrazione. Avanza per una passione, e la passione nasce da una Bellezza, almeno intravista e la Bellezza è profezia di gioia! E il turismo è, oggi, uno di quei terreni buoni su cui poter gettare il seme del Vangelo. Con una consapevolezza: il turismo conviviale è uno dei modi possibili per rendere possibile la mistica della fraternità e – attraverso i suoi tre elementi essenziali: Bellezza, stupore e comunità – guarire l’atrofia dei sensi attraverso un nuovo modello di spiritualità.

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Grazie © don Gionatan De Marco