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Avv. Luigi Maria Sanguineti Il diritto civile ragionato 100 lezioni ragionate per agevolare la preparazione agli esami/concorsi Sesta edizione

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  • Avv. Luigi Maria Sanguineti

    Il diritto civile

    ragionato

    100 lezioni ragionate per agevolare

    la preparazione agli esami/concorsi

    Sesta edizione

  • Indice

    Prefazione Pag. 7

    Libro primo: Interesse dello Stato che nessun bene

    costituente la ricchezza nazionale resti inutilizzato. » 9

    1 – L’interesse dello Stato allo sfruttamento ottimale dei beni » 11

    2 – La gestione degli affari altrui » 14

    3 – Cenni sulla dichiarazione di assenza e di morte presunta » 21

    4 – Perché il legislatore tutela il possesso » 32

    5 - La tutela giudiziaria : la “azione” di reintegrazione e la “azione” di manutenzione

    6 – Usucapione » 49

    7-La prescrizione estintiva

    8 – Iura in re aliena » 58

    9 –L’onere della prova nell’azione di rivendicazione » 64

    10 – In facultativis non datur praescriptio » 67

    11 – La prova nell’ambito dell’azione di regolamento di confini » 68

    12 – Le servitù prediali » 69

    13 – Comunione » 74

    14 – (Continuazione) Condominio di edifici » 84

    Libro secondo: Dei vari tipi di obbligazione » 87

    1 – Debiti pecuniari e principio nominalista.

    Debiti di valore e di valuta » 89

    2 – Obbligazioni in solido » 95

    3 – Obbligazioni divisibili e indivisibili » 102

  • 4 – Novazione oggettiva » 108

    5 – Delegazione » 117

    6 – Cessione di crediti » 121

    7 – Accollo » 126

    8 – Cessione del contratto » 130

    9 – Contratto a favore di terzi » 134

    10 – Pagamento su surrogazione » 138

    Libro terzo: Dei contratti - Del risarcimento da fatto illecito - Dell'arricchimento

    senza giusta causa.

    Sezione prima : Interesse dello Stato a che i beni costituenti la ricchezza nazionale

    vengano al massimo valorizzati.

    1 – La funzione sociale del contratto » 14

    2- Vizi del consenso e incapacità delle parti : premessa.

    3 - Obbligo di informare la controparte degli errori in cui sta per cadere

    4 - L'errore-vizio del contratto. Individuazione della parte che ha diritto che il

    contratto abbia il contenuto da lei voluto

    5 - ( Continua ) Condizione per l'efficacia del contratto viziato da errore : la non

    riconoscibilità dell'errore

    6 - ( Continua ) Quando il legislatore ritiene “essenziale” un errore

    7 -Rettificazione – Convalida del contratto

    8 . L'interpretazione del contratto » 171

    9 – La tutela del patrimonio dell’incapace. Premessa » 178

    10 – L’incapacità naturale » 181

    11– La nullità del contratto » 183

    12 – Possibili cause della nullità di un contratto: illiceità,

    della causa, dello oggetto » 186

    13 – E' nullo il contratto quando la sua esecuzione determina

    inevitabilmente l'inadempimento di un'obbligazione ? I diritti reali . » 195

    14 – La condizione » 201

    15 – La risoluzione del contratto per eccessiva onerosità » 209

    16 – Dell’impossibilità sopravvenuta » 217

    17 – La diligenza nell’adempimento … » 221

  • 18 – I rimedi dati contro l’inadempimento » 226

    Sezione seconda :Interesse dello Stato che i beni costituenti la ricchezza nazionale

    siano gestiti dalle persone più oneste ( ancorché meno capaci )

    19- La rescissione del contratto per “lesione”o perché concluso

    in stato di pericolo

    20– Annullamento del contratto quando il consenso é stato carpito

    con dolo

    21- Annullamento del contratto quando il consenso é stato estorto

    con violenza

    Sezione terza : Interesse dello Stato che eventuali perdite di beni costituenti la

    ricchezza nazionale siano ripianate gravando sul patrimonio di chi l'ha provocate

    o di chi, in relazione ad esse, si é arricchito.

    22 - I principi che reggono il risarcimento da fatto illecito

    23 – Cenni sui vari tipi di responsabilità da fatto illecito.

    24 - Arricchimento senza giusta causa

    Libro quarto ; Diritto di famiglia

    Sezione prima: La fonte dei diritti e degli obblighi tra i coniugi:

    il matrimonio.Le condizioni per la sua celebrazione, la sua nullità. » 245

    Lezione I: Premessa: perché il Legislatore tutela l’istituto famigliare » 245

    Lezione II: Le condizioni per poter contrarre matrimonio.

    La nullità di questo » 251

    Lezione III: L’annullamento del matrimonio:

    come il Legislatore cerca di evitarlo » 257

    Lezione IV: Breve commento agli articoli che prevedono

    la nullità del matrimonio » 261

    Sezione seconda: Dei diritti e dei doveri che nascono dal matrimonio » 284

    Lezione V: Gli obblighi, alla fedeltà, all’assistenza, alla collaborazione,

    alla coabitazione » 284

    Lezione VI. L’obbligo di contribuzione » 296

    Sezione terza: Disposizioni generali sui regimi patrimoniali –

    Il regime della separazione dei beni. » 304

  • Lezione VII: Disposizioni generali » 304

    Lezione VIII: Il regime della separazione dei beni » 312

    Sezione quarta: La comunione legale Pag. 322

    Lezione IX: L’oggetto della comunione legale » 322

    Lezione X: L’amministrazione della comunione » 345

    Lezione XI: Le obbligazioni » 359

    Lezione XII: Lo scioglimento della della comunione » 368

    Lezione XIII: La divisione » 378

    Sezione quinta: Comunione convenzionale dei beni – Fondo patrimoniale » 384

    Lezione XIV: La comunione convenzionale dei beni » 384

    Lezione XV: Il fondo patrimoniale » 390

    Sezione sesta: Rapporti tra genitori e figli. » 395

    Lezione XVI: Rapporti tra genitori e figli – Premessa » 395

    Lezione XVII: L’individuazione del genitore biologico » 401

    Lezione XVIII: Diritti e obblighi reciproci dei genitori e dei figli » 414

    Lezione XIX: L’adozione » 432

    Sezione settima: Separazione e divorzio » 438

    Lezione XX: Cause giustificative e iter della separazione e del divorzio » 438

    Lezione XXI: Diritti e doveri dei coniugi dopo la separazione, in

    mancanza di figli » 451

    Lezione XXII: La separazione in presenza di figli » 462

    Lezione XXIII: Il divorzio » 470

    Lezione XXIV: I patti tra coniugi » 479

    Sezione ottava: Le alternative al matrimonio » 484

    Lezione XXV: Le Unioni civili » 484

    Lezione XXVI: La convivenza » 487

    Libro quinto: Diritto ereditario » 491

    Lezione I: I criteri per la scelta degli eredi » 493

    Lezione II: Accettazione e rinuncia dell’eredità » 501

    Lezione III: Eredità giacente. Poteri di vigilanza e

  • di amministrazione del chiamato all’eredità » 517

    Lezione IV: Diritto del chiamato all’inventario. Accettazione coatta.

    Accettazione con beneficio di inventario » 525

    Lezione V: Della separazione dei beni del defunto » 540

    Lezione VI: Petitio hereditatis » 548

    Lezione VII: Rappresentazione – Accrescimento – Sostituzione » 556

    Lezione VIII: Revocabilità della dichiarazione testamentaria –

    I patti successori » 569

    Lezione IX: I legittimari – L’azione di reintegra della quota loro

    riservata. Pag. 573

    Lezione X: Limiti alla volontà testamentaria – Condizioni –

    Termini – Oneri » 581

    Lezione XI: Capacità di disporre per testamento. Forma di questo » 592

    Lezione XII: La divisione e il suo presupposto: la comunione ereditaria » 598

    Lezione XIII: La divisione (continuazione): L’attribuzione, alle

    quote, dei beni ereditari » 601

    Lezione XIV: La divisione (continuazione): Le “imputazioni”,

    i “prelevamenti” » 605

    Libro sesto: Miscellanea: Donazione – Tutela diritti » 609

    Titolo I: La donazione e le obbligazioni naturali » 611

    Lezione I: La donazione » 611

    Lezione II: Le obbligazioni naturali … » 616

    Titolo II: La tutela dei diritti » 621

    Lezione III: Espropriazione ed esecuzione in forma specifica » 621

    Lezione IV: Tutela e autotutela dei diritti … » 624

    Lezione V: Potere del debitore di disporre liberamente del suo

    patrimonio » 626

    Lezione VI: Par condicio creditorum … » 627

    Lezione VII: L’ipoteca … » 628

    Lezione VIII: Il pegno » 632

    lezione IX: I privilegi » 635

    Lezione X: Dell’azione surrogatoria e revocatoria: premessa » 638

    Lezione XI: L’azione surrogatoria » 639

  • Lezione XII: L’azione revocatoria … » 641

    Lezione XIII: Divieto del patto commissorio » 645

    Lezione XIV: L’inammissibilità di limiti alla responsabilità

    patrimoniale del debitore … » 64

    Libro settimo: Domande e risposte -“Distanze” e parti comuni in un condominio

    spiegate con disegni » 651

    Titolo I- Le domande che un esaminatore potrebbe proporre, le risposte che si

    attende.

    1 – Domande e risposte in materia di responsabilità extracontrattuale.

    2 – Domande e risposte sul possesso.

    3- Domande e risposte su : contratto preliminare, contratto fiduciario, simulazione di

    contratto.

    4- Domande e risposte su : diverse forme pubblicità, in particolare pubblicità

    mediante trascrizione nei Registri immobiliari.

    5- Domande e risposte su “i vizi del consenso”.

    6-Domande e risposte su : garanzia per vizi ed evizione

    7- Domande e risposte su : capacità di agire

    8- Domande e risposte su : incapacità derivante da minore età e su emancipazione.

    9.- Domande e risposte su: I diritti della personalità.

    10 – Domande e risposte su : Rappresentanza

    11- Domande e risposte su : obbligazioni solidali

    12 – Domande e risposte su : adempimento delle obbligazioni

    Titolo 1I: Commento ai disegni sulle “distanze” » 653

    Titolo III: Commento ai disegni sulle parti comuni in un condominio » 662

    Appendice : I disegni a cui fanno riferimento i titoli II e III del

    Libro settimo

  • Prefazione alla quinta edizione

    Il libro, che con le presenti righe offro alla lettura, deriva, si può dire al ottanta per

    cento, dal compattamento di alcuni miei altri precedenti libri, che sono stati

    pubblicati in un arco di tempo che va dal 2011 al 2014, ma che io, in questa quinta

    edizione, ho cercato di aggiornare tenendo conto delle modifiche intervenute in sede

    legislativa fino ad oggi.

    Da qui la diversità di stile che caratterizza le diverse parti del libro: alcune sono

    dialogate, altre, no; alcune sono fornite di note, altre, no.

    La mia ambizione era di fare un’Opera che facilitasse, con una esposizione

    semplice e chiara, la comprensione dell’ardua materia civilistica. Mi sarebbe piaciuto

    a tal fine intercalare nel discorso anche disegni (e addirittura filmini: scandalo!!!). Di

    questa idea il lettore troverà nella parte VII un principio di attuazione, limitato alle

    “distanze” e alle parti comuni di un edificio condominiale; avevo anche raccolto

    disegni e fotografie per illustrare, come si costruisce un contratto per atto pubblico,

    come si fa una ricerca ai registri immobiliari, come si presenta una “visura”, un

    certificato catastale, una “mappa”, ma poi, preso da stanchezza, ho lasciato perdere.

    La mia speranza é che uno Studioso, non conformista e dotato di spirito

  • innovatore, accetti di sobbarcarsi il compito di ultimare l’Opera lasciata da me

    incompiuta. Se tale Studioso esiste, mi contatti (la mia email é:

    [email protected]). La mia intenzione sarebbe di fare un passo indietro e di

    lasciare il volenteroso libero di completare l’Opera come meglio crede; e,

    naturalmente, di accettarlo come coautore e di dividere con lui gli utili.

  • LIBRO I

    Interesse dello Stato che nessun bene

    costituente la ricchezza nazionale resti inutilizzato

  • I. L’interesse dello Stato allo sfruttamento ottimale dei beni.

    Doc. Lo Stato, qualsiasi Stato, sia rosso, verde o nero, ha interesse che mercati e

    negozi siano ben riforniti dei beni, di cui la popolazione desidera fruire e godere.

    Quindi ha interesse che i campi non siano lasciati incolti e ferme non siano lasciate le

    macchine delle fabbriche.

    Questo perché l’aumento della ricchezza nazionale é per uno Stato un aumento di

    potenza (aumentando la ricchezza, aumenta il prelievo fiscale e quindi i soldi e quindi

    i mezzi con cui lo Stato può attuare i suoi scopi); e, a parte questo, una popolazione

    soddisfatta é, per uno Stato, una forza e una sicurezza (le pance piene non fanno

    rivoluzioni).

    E allora il problema: a chi affidare la gestione dei beni costituenti gli strumenti per

    aumentare la ricchezza nazionale?

    Questo problema, é noto, viene dal nostro stato risolto con l’articolo 42 della

    Costituzione, che recita:

    “La proprietà privata é pubblica o privata. I beni economici appartengono allo Stato,

    ad enti o a privati.

    La proprietà privata é riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi

    di acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di

    renderla accessibile a tutti”.

    I modi con cui i beni vengono distribuiti tra i vari soggetti, di cui parla il primo

    comma dell’art.42 or ora citato, sono detti dall’articolo 922 del Codice civile, che

    recita:

    “Modi di acquisto (della proprietà) – La proprietà si acquista per occupazione (923

    ss.), per invenzione (927 ss.), per accessione (934 ss.), per specificazione (940), per

    unione e commistione (934 ss., 939), per usucapione (1158 ss), per effetto di contratti

    (1321 ss., 1376 ss.) per successione a causa di morte (456 ss,470 ss), e negli altri

    modi stabiliti dalla legge (1153 ss)”.

    (I numeri che seguono ai vari “modi di acquisto” si riferiscono agli articoli del codice

    civile che li disciplinano e sono stati da noi messi per permettere allo studioso una

    prima ambientazione nella sistematica del codice).

    E’ noto che lo Stato dà al soggetto, a cui ha attribuito in proprietà un bene, l’esclusivo

    godimento del bene stesso, contando così che egli da ciò sia pungolato a disporre di

    questo bene per renderlo al massimo grado produttivo e godibile.

    Questa esclusività, che il Legislatore riserva al proprietario nel godimento e nella

    disposizione del bene, risulta evidenziata nell’articolo 832 del C.C., che così

    definisce il contenuto del diritto di proprietà: “ Il proprietario ha diritto di godere e

  • disporre delle cose in modo pieno ed esclusivo, entro i limiti e con l’osservanza degli

    obblighi stabiliti dall’ordinamento giuridico”.

    Disc. Sì, ma qual’é il perché di questa esclusività nel potere di disposizione di un

    bene?

    Doc. Il perché é che due poteri assoluti di disposizione su una stessa cosa si

    bloccherebbero e paralizzerebbero a vicenda: Tizio vuole coltivare il campo a grano,

    Caio lo vuole coltivare a segala: il campo rimane incolto.

    Disc. Però il legislatore pone dei limiti ai poteri del proprietario.

    Doc. Sì, non é che il diritto di proprietà é quello che dà al suo titolare tutti i possibili e

    immaginabili poteri sulla res; no, esso é semplicemente quel diritto che dà al suo

    titolare il massimo di poteri su una res, che il legislatore ritiene di conferire a una

    persona. Il diritto di proprietà é semplicemente tra gli iura in re (i vari tipi di diritti di

    disposizione e godimento di una cosa che, come ci riserviamo di vedere meglio in

    seguito, lo Stato ritiene possibili) quello che conferisce al suo titolare i maggiori

    poteri.

    Disc. Ma i limiti che il legislatore pone ai poteri del proprietario da che cosa sono

    dettati.

    Doc. Possono essere dettati dalle più varie considerazioni (alla volontà del legislatore,

    almeno alla volontà del legislatore costituzionale, non si possono mettere restrizioni).

    Ma qui riteniamo opportuno far notare che la massima parte di tali limiti sono posti

    nell’interesse della stessa classe dei proprietari. Mi spiego meglio con un esempio: il

    legislatore fa obbligo al proprietario Tizio di permettere l’accesso nel suo fondo al

    vicino, Caio, che ne abbia necessità per riparare un muro (vedi meglio l’art. 843), e

    questo é senz’altro un limite posto a Tizio nel godimento del bene; però é un limite

    che giova anche a Tizio, dato che anche questi può trovarsi, per compiere delle

    riparazioni al suo fondo, nella necessità di accedere in quello del vicino.

    Disc. Tu hai detto che il legislatore conferisce a una persona, a Tizio, la libera

    disponibilità di un bene (meglio, la più libera disponibilità compatibile con l’interesse

    pubblico), nella speranza che questi renda al massimo produttivo un bene; ma se

  • questa speranza é mal riposta, se Tizio per nulla si occupa del bene, per nulla lo rende

    produttivo?

    Doc. A questa domanda Ti risponde l’articolo 838, che recita: “ (…..) quando il

    proprietario abbandona la conservazione, la coltivazione o l’esercizio di beni che

    interessano la produzione nazionale, in modo da nuocere gravemente alle esigenze

    della produzione stessa, può farsi luogo all’espropriazione dei beni da parte

    dell’autorità amministrativa, premesso il pagamento di una giusta indennità”.

    Disc. Il Legislatore ci va cauto prima di ordinare la espropriazione dei beni che il

    proprietario non si cura di gestire; io sarei più drastico: “Tu, proprietario di un

    terreno, non lo coltivi? Te ne esproprio”.

    Doc. E facendo così....faresti il danno dell’economia nazionale, dato che é fisiologico

    che chi possiede un patrimonio sia costretto a trascurare la gestione di un bene che lo

    compone: Tizio ha due campi: il campo A e il campo B; ma non ha i soldi per gestire

    convenientemente tutti e due i campi (o non ha braccia tanto forti da coltivare tutti e

    due campi): ha bisogno che la coltivazione del campo A gli renda tanto da poter

    investire, col suo reddito, anche nella coltivazione del campo B (o che il figlio ancora

    bambino cresca tanto da aiutarlo nella coltivazione del campo B). Se tu non gli dai

    tempo e respiro, qualsiasi mastro Don Gesualdo, che come una bestia lavora per

    accumulare un patrimonio, sarebbe da ciò disincentivato dal pericolo di essere

    espropriato di uno o più beni da lui così faticosamente acquisiti, solo che si trovasse

    in temporanea difficoltà di gestirli.

  • II. La gestione di affari altrui.

    (Attenzione, le note sono in calce al paragrafo)

    Abbiamo visto nella precedente lezione che il Legislatore attribuisce al proprietario di

    un bene il potere esclusivo di disporne: solo tu, Tizio, proprietario della casa A con

    annesso terreno circostante, puoi decidere, se coltivare questo, se riparare il tetto di

    quella, se pitturarne le facciate in rosso o in giallo.

    E qui possiamo aggiungere che, nel secondo comma di un altro importante articolo

    del codice, l’articolo 1372, il legislatore stabilisce che “il contratto non produce

    effetto rispetto ai terzi (….)”.

    Cosicché si può affermare l’esistenza nel nostro Ordinamento di un principio che

    vieta l’ingerenza negli affari altrui. E la ragion d’essere di tale principio noi già la

    abbiamo, sia pure marginalmente, detta: evitare una paralisi nella gestione dei beni

    costituenti la ricchezza nazionale - paralisi che, nata dai possibili conflitti nella

    gestione, di coloro che vi fossero contemporaneamente ammessi, finirebbe per

    diminuire, di tali beni, l’ottimale sfruttamento e godimento.

    Però ci sono dei casi in cui l’ingerenza di un terzo nella gestione di un affare altrui,

    giova, anziché nuocere, all’economia nazionale: esempio classico: la casa di Tizio

    brucia, e Tizio si trova nell’interno dell’Africa a cacciare tigri ed elefanti: vogliamo

    dire a Caio, che generosamente sarebbe disposto a combattere contro il fuoco, “Stop,

    non puoi il violare il sacro principio che solo il proprietario può gestire le sue cose; e

    se lo violi, guai a te, rischi di incorrere addirittura nei rigori della legge penale (ad

    esempio, rischi di incorrere nei rigori dell’articolo 635 Cod. Pen. sul

    danneggiamento, se sfondi una porta per impossessarti di un attrezzo o se calpesti le

    aiuole dei fiori) e naturalmente, se provochi danni, li devi risarcire”?

    Disc. No, di certo: si cercherà invece di incoraggiare Caio a intervenire.

    Prima di tutto assicurandolo che non incorrerà in nessuna responsabilità penale e

    civile anche qualora non esistessero gli estremi dello stato di necessità (art. 54

    Cod.Pen) (1): “Tranquillo, Caio, vai pure a spegnere l’incendio, perché così facendo

    eserciti un “diritto” che la legge ti dà, ciò che ti esenta, per l’articolo 51 C.P. (2),

    dalle sanzioni penali previste dal reato di danneggiamento e, per la mancanza del

    requisito della “ingiustizia” del danno, dall’obbligo di risarcimento previsto dall’Art.

  • 2043”.(3)

    In secondo luogo, riconoscendogli un rimborso e un risarcimento per le spese e i

    danni da lui nell’occasione subiti.

    Doc. Bravissimo, ma meno bravo del legislatore il quale si fa carico non solo di

    escludere una responsabilità penale o civile del “gestore” (tale la veste giuridica che

    verrebbe a rivestire il Caio del tuo esempio) in base agli articoli da te con tanta

    encomiabile precisione citati, non solo si fa carico (nell’articolo 2031, che subito

    andremo a leggere) di tenere indenne il gestore dalle spese, ma, pensando al caso che

    il “gestore” abbia stipulato dei contratti per ben gestire l’affare dello “interessato” o

    “gerito” come si preferisca chiamarlo, insomma di Tizio, fa obbligo a questi di

    adempiere le obbligazioni che Caio con il contratto ha assunte.

    Disc. Ma perché mai il gestore dovrebbe trovarsi nella necessità di stipulare dei

    contratti?

    Doc. Ma perché i casi in cui é necessaria l’ingerenza di Caio (nell’interesse di Tizio)

    possono essere i più vari e alcuni di essi possono ben richiedere la stipula di un

    contratto da parte del gestore. Pensa al caso in cui, nell’assenza di Tizio, occorra

    stipulare un contratto di appalto per riparare un tetto o un muro che minacciano di

    crollare, pensa al caso in cui Caio trova Tizio, esamine in mezzo alla strada (caso di

    c.d. “soccorso spontaneo”), per cui occorra noleggiare un’auto per trasportarlo

    all’ospedale, pensa al caso in cui Caio trova la figlioletta di Tizio piangente sotto la

    pioggia e in cerca di un riparo, per cui occorra farla ospitare in un albergo, pensa al

    caso in cui Caio per evitare un incidente con l’auto di Tizio sia costretto a una

    manovra di emergenza, che porta allo sfascio della sua auto, così che Caio deve

    stipulare un contratto con un carrozziere a che la rimetta a posto.

    Disc. Ho capito, ma per chiarirmi meglio le idee vorrei leggermi la disposizione di

    legge, che tali obblighi, al gerito, impone: qual’è?

    Doc. E’ il primo comma dell’articolo 2031, che recita:

    “(Obblighi dell’interessato) – Qualora la gestione sia stata utilmente iniziata,

    l’interessato deve adempiere le obbligazioni che il gestore ha assunto in nome di lui,

    deve tenere indenne il gestore di quelle assunte dal medesimo in nome proprio e

    rimborsargli tutte le spese necessarie o utili (….)”.

  • Disc. Però mi pare di capire, in base all’incipit dell’articolo da te riportato, che, se il

    Caio del nostro esempio non riuscisse a spegnare l’incendio, non verrebbe rimborsato

    di nessuna spesa.

    Doc. No, hai capito male. A che il gestore abbia diritto al rimborso delle spese ecc.

    basta l’utiliter coeptum, cioé che al momento in cui gli atti gestori furono compiuti

    essi apparissero utili: Caio ha cercato di spegnere l’incendio, ma non c’é riuscito:

    poco importa, ha diritto al rimborso delle spese, se c’erano buone probabilità che

    l’opera di spegnimento desse buon risultato.

    Disc. Dunque Caio che, visto il tetto di Tizio che fa piovere in casa, incarica una ditta

    di ripararlo, ha diritto di essere rimborsato di quanto, a tale ditta, pagato. Ma se Caio,

    non ha dato l’appalto, ma, volendo fare economia, ha provveduto di persona alle

    riparazioni? Non avrà diritto oltre al rimborso delle spese (per calce e piastrelle ecc.),

    anche a vedersi pagate le ore spese per fare le riparazioni?

    Doc. La logica vorrebbe una risposta positiva alla tua domanda, ma secondo alcuni

    Studiosi ne impone invece una negativa la necessità di evitare il pericolo delle così

    dette “spese imposte”: Tizio fa il muratore e si trova disoccupato, se vede la facciata

    della casa di Tizio che avrebbe bisogno di una bella imbiancatura, sarebbe

    probabilmente tentato di mettersi, lui, a darle il bianco, qualora sapesse che la sua

    fatica troverebbe una renumerazione, ma ci penserebbe due volte, qualora non avesse

    a sperare altro che il rimborso delle spese.

    Disc. Certo, tenere conto dell’esigenza di evitare le “spese imposte” é cosa

    fondamentale nella disciplina della “gestione di affari altrui”: ogni persona deve

    essere libera nella scelta delle spese da fare e tu ne hai ben spiegato il perché nella

    precedente lezione. E certo tale esigenza trova una sua tutela nel limite posto alla

    liceità della gestione dal requisito dell’utiliter coeptum e, come or ora tu mi hai

    spiegato, dall’esclusione di un compenso al gestore. Però una tutela insufficiente; che

    non impedirebbe, per esempio, a Caio, a cui dispiace vedere maltenuta la facciata

    della casa del vicino Tizio (anche per ragioni economiche: la vicinanza di una casa

    brutta svalorizza anche una casa bella) di dare l’appalto di rifare tale facciata a una

    ditta e poi....di presentare il conto a Tizio.

    Doc. E’ così; ed effettivamente ulteriori limiti vanno apposti alla gestione di affari

    altrui, - limiti ricavabili, con una interpretazione sistematica, basata soprattutto sul

  • primo comma dell’articolo 2028 e sul secondo comma dell’articolo 2031 del Codice

    Civile, ma anche sull’articolo 54 Cod. Pen., 48 Cod.Civ., 54 Cod.Civ.

    E io ritengo che, a conclusione di tale lavorio interpretativo, si possa dire che

    presupposti di una valida gestione d’affari altrui sono i seguenti:

    I - Primo presupposto: il difetto di un divieto, esplicito o implicito, dello

    “interessato”. Tale presupposto si argomenta dal secondo comma dell’articolo 2031,

    che recita: “Questa disposizione (idest, la disposizione contenuta nel primo comma

    dell’articolo, che dà diritto al gestore di ottenere un rimborso spese ecc.) non si

    applica agli atti di gestione eseguiti contro il divieto dell’interessato, eccetto che tale

    divieto sia contrario alla legge, all’ordine pubblico o al buon costume”. E’ vero che la

    disposizione or ora riportata si limita, presa alla lettera, solamente ad escludere il

    diritto al rimborso delle spese, ma essa va chiaramente interpretata in senso estensivo,

    nel senso cioé che escluda tout court il “diritto” di gestire un affare altrui contro il

    divieto dell’interessato (con la conseguenza che Caio, il quale, contro il divieto del

    dominus Sempronio di potare gli alberi del suo giardino, in questo entra lo stesso, non

    solo non avrà diritto a un rimborso delle spese incontrate nella potatura, ma sarà

    responsabile dei reati e degli illeciti civili che, per eseguire la potatura, fosse venuto a

    commettere (si pensi al reato di violazione di domicilio – art, 614 C.P – per essere

    entrato nelle “appartenenze” di un luogo di privata dimora, così com’è considerato un

    giardino).

    II- Secondo presupposto: la c.d. absentia domini, intesa però in senso lato, come

    impossibilità dell’interessato a gestire l’affare (metti perché malato o all’estero).

    Questo presupposto si argomenta dal primo comma dell’articolo 2028, che recita:

    “Chi, senza esservi obbligato, assume scientemente la gestione di un affare altrui, é

    tenuto a continuarla e a condurla a termine finché l’interessato non sia in grado di

    provvedervi da se stesso”.

    III -Terzo presupposto: la “attualità” della gestione, nel senso che questa, se

    procrastinata, potrebbe non risultare più utile. In altre parole, fino a che si può sperare

    che la cessazione della absentia dell’interessato avvenga in tempo per permettergli di

    decidere, lui direttamente, sull’opportunità di gestire l’affare, la gestione del terzo é

    inammissibile. Questo presupposto si argomenta (sia pure facendo un po’ di violenza

    alla logica) dal primo comma dell’articolo 51, che recita: “Non é punibile chi ha

    commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di difendere un diritto

    proprio od altrui contro il pericolo attuale di un’offesa ingiusta (…)”.

    IV- Quarto presupposto: la gestione deve apparire utile. Questo presupposto, come

    abbiamo già avuto occasione di vedere, risulta dall’incipit del primo comma art.

    2031.

  • V – Quinto presupposto: la gestione deve mirare solo alla conservazione del

    patrimonio (o, naturalmente, della vita dell’interessato o di un suo parente verso cui

    questi ha un obbligo di assistenza: sua moglie, suo figlio). Caio non ha diritto a

    provvedere nella absentia di Tizio a costruire nel giardino di questi una piscina

    (ancorché l’esistenza di una piscina possa valorizzare il giardino e quindi possa

    considerarsi come utile), ma ha, questo sì, diritto a riparare il tetto (della villa di

    Tizio) che rischia di andare in rovina. Questo presupposto si ricava dalla parte finale

    dell’articolo 48 C.C., che, in caso di “scomparsa” di una persona (e, bada, il caso

    della scomparsa di una persona é, rispetto ai casi previsti dall’art. 2028, un caso più

    grave e che di per sé autorizzerebbe una più forte ingerenza nei suoi affari), dà, sì,

    all’autorità giudiziaria il potere di adottare provvedimenti nell’interesse dello

    scomparso, ma solo se “necessari alla conservazione del patrimonio dello

    scomparso”.

    Va da sé che, essendo vietate le gestioni non miranti alla conservazione del

    patrimonio dello “scomparso”, sono con ciò stesso vietati gli atti di alienazione dei

    suoi beni (atti che vengono autorizzati, ma con particolari cautele, solo nel caso di

    uno “scomparso” di cui sia dichiarata la “assenza” - vedi meglio l’art. 49 e l’art. 54).

    VI- Sesto presupposto: la scientia aliena negotia gerendi, la consapevolezza cioé di

    stare gerendo un affare altrui e nell’interesse altrui (se Caio si mette a riparare il tetto

    della casa sapendo che questa é la casa, non sua, ma di Tizio, però fa questo solo

    perché, preso possesso (abusivo) della casa, vuole dormirci senza che vi piova dentro,

    non si rientra nell’ipotesi che sto facendo). Questo presupposto (della scientia aliena

    negotia gerendi) si ricava dall’incipit dell’articolo 2028, e dà la giustificazione di

    due, diciamo così, vantaggi che il legislatore concede al “gestore”: il vantaggio di

    essere rimborsato delle spese (vedi meglio, il primo comma art.2031) anche nel caso

    che la gestione iniziata utilmente, alla fine non si riveli utile e il vantaggio di vedere

    “moderato il risarcimento dei danni” (vedi il secondo comma dell’art. 2030)

    conseguenti a un difetto di quella diligenza che, come detto prima, il dominus negotii

    avrebbe avuto diritto di pretendere da un suo mandatario.

    Disc. Quindi non é vero che il gestore, come prima tu hai detto, è esentato dal

    risarcimento dei danni, da lui provocati durante la sua gestione.

    Doc. Effettivamente avrei dovuto chiarire. Bisogna distinguere: il gestore é esente dal

    risarcimento di quei danni che qualsiasi mandatario, ancorché diligente, avrebbe

    causato nel contesto della gestione dell’affare (Caio per arrivare prima dove si é

    sviluppato l’incendio, calpesta un’aiuola di fiori). Mentre é tenuto al risarcimento dei

  • danni, che un diligente mandatario non avrebbe causato (Caio nel potare un ramo che

    minaccia di cadere, calpesta per distrazione i fiori). In questo secondo caso, però, il

    giudice può “moderare” l’ammontare del risarcimento da lui dovuto.

    Disc. Dalla citazione del primo comma dell’articolo 2028, che tu prima hai fatta,

    sembrerebbe doversi dedurre che dalla gestione di affari altrui derivano, non solo

    diritti, ma anche obblighi.

    Doc. E’ così. Dalla “gestione” deriva, non solo, come abbiamo or ora visto, un

    obbligo di eseguirla con la stessa diligenza che si richiede a un mandatario, ma anche

    l’obbligo “di condurla a termine finché l’interessato non sia in grado di provvedervi

    da se stesso”.

    Disc. Ma perché vincolare, chi ha iniziato a compiere una buona azione... a

    continuarla (chi mai penserebbe di obbligare Tizio, che ha dato l’elemosina di dieci, a

    continuare a dare. ..l’elemosina di dieci? ).

    Doc. Ma perché certe volte una buona azione, se non continuata, rischia di

    trasformarsi in una....cattiva azione. Io vedo Sempronio sanguinante sull’asfalto e mi

    fermo per dargli assistenza: Caio, un altro utente, della strada che, se avesse visto

    Sempronio bisognoso di assistenza si sarebbe fermato, vedendolo assistito tira dritto.

    Di conseguenza se a un certo punto io, guardo l’orologio, vedo che faccio tardi a un

    appuntamento e ….. pianto in asso il povero Sempronio, si può ben dire che io,

    assumendo in un primo momento l’assistenza di questo, ho fatto, non il suo

    vantaggio, ma il suo danno. Un danno che dovrò risarcire. Vi é inoltre da considerare

    che Caio, che subentrasse a Tizio che ha iniziata la gestione, per bene svolgere questa

    dovrebbe sapere cose che solo Tizio sa (ad esempio, l’esatto contenuto del contratto

    di appalto da lui stipulato). Anche questo non é un buon motivo per escludere....la

    staffetta nel corso della gestione? per far quindi obbligo, a chi l’ha iniziata, di

    continuarla?

    Disc. Torniamo un poco indietro. Tu prima hai detto che, presupposto di una lecita

    gestione, é il difetto di una prohibitio domini; ma, dall’ultima parte del secondo

    comma art.2031, risulta che, all’esistenza di tale presupposto, é prevista

    un’eccezione.

    Doc. Sì, e l’eccezione prevista è data dai casi in cui la prohibitio é contraria “alla

  • legge, all’ordine pubblico o al buon costume” (comma 2 art. 2031).

    Si rientra in tale eccezione, ad esempio, nel caso che il proprietario di un muro, che

    minaccia di crollare sulla pubblica via, fa divieto di ripararlo (col rischio che il muro

    crolli e uccida dei passanti); sempre in tale eccezione si rientra, nel caso che un padre

    snaturato, non solo lasci il figlioletto privo del necessario per vivere, ma faccia anche

    divieto a terzi di alimentarlo e soccorrerlo.

    La ragione dell’eccezione de qua é intuitiva: il legislatore lascia decidere al dominus

    negotii l’opportunità di compiere, o no, un atto di gestione, perché parte del

    presupposto che, la decisione di chi é il più interessato alla migliore gestione di un

    affare, sia anche quella che più corrisponde all’interesse pubblico. Ma tale

    presupposto si dimostra fallace in tutti i casi, in cui il dominus negotii non vuole

    compiere un atto, che lui, il legislatore, ha ritenuto conforme all’interesse pubblico

    (tanto da fare obbligo di compierlo). Ecco perché in un tale caso il legislatore fa una

    deroga al principio dell’illiceità degli atti gestori compiuti contro la volontà del

    dominus.

    Disc. Un altro passo indietro. Abbiamo visto quali sono i presupposti per la liceità

    della gestione; e quindi per avere il diritto: a un rimborso delle spese che questa

    comporta, a una esclusione del risarcimento dei danni causati senza colpa (ancorché

    tali danni non si sarebbero verificati, se la gestione non fosse avvenuta), a una

    riduzione del risarcimento nel caso di danni causati con colpa. E tra tali presupposti

    tu hai indicato la scientia aliena negotii gerendi. Ma allora, Caio che ha riparato il

    tetto della casa di Tizio, credendo che fosse la propria casa (metti, perché egli

    credeva che la vecchia zia fosse morta senza fare testamento, lasciandolo così erede

    legittimo, mentre invece lo aveva fatto, diseredandolo a favore di Tizio) o Sempronio

    che, sì, in mala fede ha preso possesso della casa, però compiendovi delle riparazioni

    e addirittura dei miglioramenti, non possono pretendere nessun rimorso delle spese

    fatte?

    Doc. Sì, anche nei casi da te citati - casi che rientrano nella c.d “gestione impropria”o

    “anomala” - il gestore (anomalo) potrebbe aver diritto a un indennizzo, ma in base a

    presupposti diversi da quelli prima da noi considerati. Vedremo ciò trattando

    dell’istituto dello “arricchimento senza giusta causa”. Però va sottolineato già da

    adesso, che il gestore anomalo non avrà diritto a un rimborso delle spese fatte per la

    gestione, se questa, non si é conclusa utilmente (quindi non sarà per lui sufficiente

    dimostrare lo utiliter coeptum per vantare un diritto a tale rimborso) e non avrà

    comunque diritto a quella “moderazione” dell’ammontare del risarcimento prevista

  • dal secondo comma art.2030.

    Disc. Quale la ragione di tale diversità di disciplina?

    Doc. Evidentemente il legislatore, disciplinando l’istituto della negotiorum gestio ha

    avuto in mente il caso di colui che, in grado di intervenire per gestire l’affare altrui,

    non ha nessun interesse (egoistico) a tale intervento (come invece sarebbe il caso del

    vicino, che interviene a spegnere l’incendio sviluppatosi nel fondo del vicino, per

    impedire che il fuoco si propaghi anche al suo fondo), ma a tale intervento può essere

    sollecitato solo da un sentimento di altruismo; e, quindi, cerca di creare un incentivo

    alla “buona azione” eliminando quei timori (timore di non essere rimborsato delle

    spese in caso di gestione fallita, timore di dover risarcire i danni) che potrebbero

    costituire, al compimento di tale buona azione, altrettante remore. Giustamente, però

    il legislatore non ha ritenuto di creare degli incentivi alla gestione, per chi ad essa

    sarebbe comunque mosso da motivi egoistici.

    Disc. Ma quello che tu chiami “gestore anomalo” dovrà risarcire i danni compiuti

    durante la gestione?

    Doc. Se ritiene di gestire un affare proprio (é il caso di Tizio che si crede erede ab

    intestato, mentre in realtà erede é stato nominato Sempronio), no: ognuno delle sue

    cose é padrone di fare quel che vuole, anche di distruggerle a martellate. Potrebbe

    però discutersi se egli sia tenuto a un obbligo di risarcimento nei casi in cui riteneva,

    sì, di gestire un affare proprio, ma per ignoranza colpevole. Mutatis mutandis merita

    la stessa risposta il caso del gestore anomalo che, dopo aver iniziata una gestione, non

    la porta a termine, causando così dei danni.

    Disc. Da quanto hai detto consegue che, chi causa dei danni gestendo un affare altrui

    sapendo che é altrui (ma agendo nel proprio interesse esclusivo) é tenuto al loro

    risarcimento. Ma é tenuto a tale risarcimento, anche chi gestisce un affare altrui,

    sapendo che é altrui, ma anche nel proprio interesse (sto pensando la caso del vicino

    che interviene per impedire che il fuoco si propaghi al suo fondo)? A me tale

    soluzione sembrerebbe ingiusta e penso che si debba evitarla applicando l’art. 2045

    sullo stato di necessità.

    Doc. D’accordo con te sull’iniquità di tale soluzione, ma non sull’applicabilità

    dell’articolo 2045 (mancando, per l’applicazione di tale articolo, l’estremo del

  • “danno grave alla persona). Penso, però, che nella maggioranza dei casi si potrebbe

    giungere a escludere l’obbligo del risarcimento, applicando l’art. 2044 sulla

    “legittima difesa”; dato che l’esenzione da responsabilità deve ritenersi, a mio parere,

    non solo quando si causi un danno all’altrui cosa per difendere la propria o l’altrui

    persona, ma, come si argomenta facilmente dall’art. 52 C.P., anche quando si rechi un

    danno all’altrui cosa per impedire un danno alla propria o altrui cosa, e anche se tale

    danno deriva, non da un comportamento doloso del terzo danneggiato, ma anche da

    un suo comportamento dovuto a semplice colpa – colpa certamente ravvisabile, salvo

    la prova del fortuito di cui all’art.2051, in caso di omessa custodia di una res

    connessa a una abesntia domini.

    Note

    (1) Art. 54 Cod. Pen.: “ Non é punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla

    necessità di salvare sé od altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona (….).

    (2)Art. 51 C.P.: L’esercizio di un diritto o l’adempimento id un dovere imposto da una norma

    giuridica o da un ordine legittimo della pubblica Autorità, esclude la punibilità”

    (3) Art. 2043 Cod Civ.: “ Qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno

    ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno”.

  • 3 – Cenni sulla dichiarazione di assenza e di morte presunta.

    Doc. Abbiamo visto come il Legislatore cerca di favorire la gestione di affari altrui

    (durante la absentia domini); e ne abbiamo visto anche il perché: perché vuole

    impedire che ciò che costituisce la ricchezza dello Stato (in primis, certo, la vita e la

    salute dei cittadini, ma anche i beni mobili e immobili nel Paese disponibili) resti

    improduttivo o addirittura si deteriori o perisca.

    Senonché chi pur, in via di massima, sarebbe intenzionato ad attivarsi per compiere

    atti gestori a favore di una persona, trova precise remore a farlo (“Sì, se io dovrò

    sostenere delle spese, l’interessato avrà l’obbligo di rimborsarmele, ma egli adempirà

    veramente a questo obbligo? meglio che sia un altro ad attivarsi”) e dei precisi limiti

    (egli, certo. può “assumere delle obbligazioni” “in nome” dell’interessato –

    obbligazioni che questi é vincolato, dal primo comma dell’art. 2031, ad adempiere, -

    ma non é facile trovare un terzo, che accetti di mettere la sua firma a un contratto, la

    cui efficacia per l’assente potrebbe essere resa dubbia da cavilli e discussioni; certo, il

    gestore può compiere degli atti conservativi di questo o quel bene, che gli risulta in

    pericolo, però non può compiere atti di alienazione – eppure la salvaguardia del

    valore di un patrimonio richiederebbe che un bene fosse venduto, quando la sua

    esistenza si rivelasse un peso morto o quando potesse essere scambiato con soldi o un

    altro bene, che fossero di maggior valore).

    La consapevolezza di tali remore e di tali limiti, spinge il legislatore a intervenire con

    più decisione nei casi in cui la absentia domini diventa chiaramente patologica (il

    dominus negotii non é più solo “assente”, non é più solo impossibilitato a intervenire

    per la gestione di questo o quel suo bene, ma é “scomparso”, cioé si tratta di una

    persona che, come recita l’incipit dell’articolo 48, “ non é più comparsa nel luogo del

    suo ultimo domicilio e dell’ultima residenza e non se ne hanno più notizie”); e a

  • intervenire concedendo sempre più ampi poteri gestori, quanto maggiore é il tempo

    che é passato dalla scomparsa del dominus.

    All’inizio gli interventi hanno carattere settoriale: qualcuno (di solito un famigliare)

    segnala con un ricorso la necessità di questo o di quello atto gestorio al tribunale e

    questi nomina un “curatore” a che (con le spalle coperte dalla decisione del tribunale

    e sicuro di non rimetterci le spese), tale atto gestorio, compia.

    Però alla reale salvaguardia di un patrimonio non bastano interventi settoriali (che

    permettono di riparare il tetto della casa di via Roma, ma che si dimenticano di

    riscuotere quanto dovuto dagli inquilini di via Garibaldi o si dimenticano di seminare

    il campo della valle del Chianti): occorre che vi sia chi gestisca tutto il patrimonio o

    almeno tutto un settore del patrimonio – pungolato a una buona gestione dalla

    speranza di farne suoi i frutti, e, col passare di un certo numero di anni, di diventare

    proprietario dei beni stessi.

    In considerazione di ciò il legislatore “trascorsi due anni dal giorno in cui risale

    l’ultima notizia” dello scomparso, ne dichiara l’assenza e immette,“ nel possesso

    temporaneo dei beni” di questi, i presumili eredi (vedi meglio gli artt. 49, 50).

    Disc. E che dà in concreto agli “immessi” la dichiarazione di assenza?

    Doc. Dà “l’amministrazione dei beni dell’assente, la rappresentanza di lui in giudizio

    e il godimento delle rendite” (godimento totale o parziale a seconda della

    “prossimità” nel grado successorio dell’immesso - vedi meglio l’art.52 e ss).

    Disc. Certo però i limiti, di cui ancora soffre la gestione, non ne possono non limitare

    la efficacia.

    Doc. E proprio in considerazione di ciò, il legislatore dà al Tribunale il potere di

    dichiarare la morte presunta dell’assente “ quando sono trascorsi dieci anni dal giorno

    a cui risale l’ultima notizia” (vedi meglio l’art. 58).

    Disc. E che comporta tale dichiarazione?

    Doc. Comporta che “ coloro che ottennero l’immissione nel possesso temporaneo dei

    beni dell’assente (…) possono disporne liberamente ” (e che “il coniuge può

    contrarre nuovo matrimonio” - vedi meglio gli artt.63 e 65).

  • 4. Perché il legislatore tutela il possesso.

    ( Si suggerisce allo studioso di integrare il presente e i seguenti capitoli sul possesso

    con quanto detto nel cap.1 Tit.I Libro VII : “Domande e risposte sul possesso” ).

    Lo studioso troverà in questo e nel seguente capitolo l'esposizione frazionata in

    “noterelle”. Ciò é dovuto al fatto che questa parte del libro l'ho scritta per poi

    pubblicarla su face-book ( su cui, com'é noto, non é opportuno pubblicare scritti

    troppo ampi )

    Prima noterella-

    Tizio stanco di rompersi la schiena dando di vanga sul campo, un bel giorno, senza

    neanche chiudere la porta, se ne va a cercar fortuna in città. Renzi , bravo lavoratore

    disoccupato, vede la casa disabitata, il campo incolto, ha bisogno di pane e di

    companatico, e decide : “Prendo la vanga, che Tizio ha lasciata inutilizzata, e mi

    metto io a coltivare il campo, ricavandone del buon grano da vendere al mercato”.

    Domanda : farebbe bene , o no, lo Stato a incoraggiare Renzi nella decisione che ha

    presa ?

    Risposta ovvia : certo che sì : la società ha bisogno che i mercati siano ricchi e ben

    forniti a che la gente, sazia, faccia funzionare fabbriche e uffici. Quindi lo Stato non

    può permettersi che un campo, così come del resto nessun altro bene, resti

    inutilizzato.

    E vari sono i modi con cui lo Stato può incoraggiare il bravo Renzi a utilizzare il

    campo lasciato in abbandono : in primo luogo, può proteggerlo contro chi vorrebbe

  • di questo spogliarlo o molestarlo nella sua utilizzazione ( confronta gli artt. 1168

    ss.sulle così dette “azioni possessorie”, naturalmente, ci intratterremo in seguito

    diffusamente ); in secondo luogo, può dargli la speranza che, se continuerà nel

    possesso del campo, ne potrebbe venire col tempo proprietario ( confronta gli artt.

    1158 ss. sull'usucapione – anche su questa ci intratterremo a dire diffusamente in

    seguito ); in terzo luogo, può rassicurarlo che, anche se il proprietario tornerà a farsi

    vivo e riotterrà il possesso del campo, egli ( idest, Renzi ), se ne avesse tratto dei

    “frutti”, se li potrebbe tenere, se avesse fatto spese per riparazioni, se le vedrebbe

    rimborsate e se avesse fatti dei miglioramenti, avrebbe diritto di avere, per essi

    un'indennità ( confronta, ponendo attenzione ai punti in cui il nostro diritto positivo si

    discosta parzialmente da quanto ora detto, gli artt. 1148 ss).

    Seconda noterella

    Ma a tutti quelli che entrano nel campo, lasciato abbandonato dal proprietario, per

    goderne e in qualche modo utilizzarlo ( metti, coltivandolo o semplicemente

    cogliendovi frutta e legna o ancor più semplicemente.... giocandoci al pallone), lo

    Stato concede i benefici e le tutele di cui si é parlato nella precedente “noterella” ?

    Certamente, no : tali tutele e tali benefici li darà solo a chi vede animato da un serio

    proposito ( di utilizzare il campo ).

    L'ideale sarebbe che lo Stato, una volta che sa che un bene é in stato di abbandono,

    facesse un bel concorso e, tra i vari concorrenti, scegliesse, per attribuirgli il potere

    di utilizzare tale bene, quello che desse più garanzie di, tale potere, effettivamente

    esercitare.

    Chiaro che però si tratta di un ideale irrealizzabile. Per questo il legislatore non può

    che limitarsi a dare ai suoi magistrati dei criteri sul come individuare, tra le varie

    persone che potrebbero pretendere i poteri e le tutele di cui si é parlato, quella che più

    li merita ( li merita perché? perché dà più affidamento di utilizzare, nell'interesse, sì,

    suo, ma anche della società, il bene in stato di abbandono ).

    Il nostro legislatore fa ciò nell'articolo 1148 – articolo questo che, direttamente, ci

    dice solo che cosa si deve intendere per “possesso” e quindi chi deve intendersi per

    “possessore” di un bene, ma che, indirettamente, ci dà la chiave per sapere quel che a

    noi giuristi soprattutto interessa, cioé chi é la persona a cui si riferiscono le varie

    norme del codice, che attribuiscono questo o quel potere, questa o quella tutela al

    “possessore” o a chi é “nel possesso” di un bene. E così, ad esempio, se vogliamo

    sapere a chi si riferisce l'articolo 1150, quando recita : “ Il possessore, anche se di

  • mala fede, ha diritto al rimborso delle spese fatte per le riparazioni ecc.eec”, é all'art.

    1140 che dobbiamo ricorrere.

    Ma che dice questo così importante articolo 1140? Ecco quel che dice : “Il possesso é

    il potere sulla cosa che si manifesta in un'attività corrispondente all'esercizio della

    proprietà o di altro diritto reale. - Si può possedere direttamente o per mezzo di altra

    persona, che ha la detenzione della cosa”.

    Terza noterella-

    Diciamolo pure, l'articolo 1140 é un po' un....abacadabra. Certe cose che dice non si

    capiscono : ad esempio, perché definire il possesso come un “potere sulla cosa”.

    Evidentemente con ciò il legislatore si riferisce , non a un potere giuridico, ma a un

    potere di fatto; se nonché per uno Stato non esistono dei “poteri di fatto” ( cioé dei

    poteri da lui non concessi) ma solo dei fatti ( da prendere in considerazione per

    concedere certi poteri giuridici ).

    Tuttavia una paziente lettura dell'articolo ci permette di cavare, dalle nebbie che lo

    avvolgono, alcune conclusioni abbastanza certe sulle condizioni che debbono

    sussistere perché il nostro Renzi , entrato così volenterosamente a dar di zappa nel

    campo da Tizio abbandonato, se ne possa considerare possessore ( e quindi possa

    godere dei diritti e delle tutele che, al possessore, il legislatore concede ) .

    Primo, egli deve poter disporre ( naturalmente, non giuridicamente ma )

    materialmente della cosa senza dipendere dalla autorizzazione o dal consenso di

    chicchessia : nel campo egli deve poter entrare quando gli pare e piace. La

    condizione della libera disponibilità del bene é importante perché implicitamente

    rimanda ad un'altra condizione , quella a cui gli antichi giureconsulti alludevano

    parlando di possessio corpore : Renzi deve “detenere” il bene, nel senso etimologico,

    di tenere il bene in modo che altri non glielo possano sottrarre; quindi Renzi non può

    starsene in un ufficio in città ( anche se ha in tasca le chiavi necessarie per entrare

    liberamente nel campo ) preoccupandosi solo di pagare le imposte dovute per il

    campo o anche di andarvi di tanto in tanto per controllare che non vada in rovina : no,

    il legislatore vuole che Renzi utilizzi il campo e perciò vuole che stia sul campo

    corpore . Il legislatore non dice ciò claris verbis, ma l'interprete può dedurlo dal

    contenuto del capoverso dell'articolo. Che dice questo capoverso? Ricordiamolo :

    dice che “si può possedere direttamente o a mezzo di altra persona che ha la

    detenzione della cosa”.

    Quindi il legislatore riconosce il possesso anche a chi, dopo averla conseguita, ha

    ceduto ad altri la libera disponibilità del bene – metti, Renzi ha affittato il campo a

  • Bianchi - purché la persona a cui e' stata ceduta tale libera disponibilità del bene (

    nell'esempio, il Bianchi) “detenga” la cosa. Ma, ecco il punto, se il Legislatore é

    disposto a riconoscere come possessore Renzi solo se la persona da lui immessa nel

    fondo “detenga” questo, significa che la “detenzione”del bene, la possessio corpore,

    per Lui é un requisito ineliminabile del possesso e che Egli ( idest, il legislatore ),

    qualora il nostro Renzi non avesse immesso nel campo altri, non sarebbe disposto a

    riconoscerlo “possessore” , nel caso non lo “detenesse”.

    Abbiamo visto come il legislatore é disposto a riconoscere la qualità di possessore (

    con tutte le tutele e i vantaggi relativi ) anche a chi, come il Renzi, avendo immesso

    altri ( il Bianchi ) nella “detenzione” - idest nella libera disponibilità del bene -, con

    ciò stesso, tale libera disponibilità del bene, ha persa ( e infatti il Renzi non può più

    entrare nel fondo una volta che vi ha immesso il Bianchi senza chiedere di questi

    l'autorizzazione ). Ciò significa che per il legislatore si può possedere animo. Però

    attenzione, per il legislatore , sì può possedere animo, ma non solo animo : il nostro

    Renzi, se vuole godere dei vantaggi e delle tutele che il legislatore riserva al

    possessore, non può starsene in un ufficio cittadino “pensando al campo come un

    bene in suo possesso” e basta: in tal caso sognerebbe, si illuderebbe: egli o detiene

    direttamente il bene o, se ne trasmette la detenzione ad altri (al Bianchi), deve

    riservarsi il potere di controllare che tale detenzione effettivamente sussista , per

    intervenire nel caso cessi ( nel caso, Bianchi, stanco di zappare se ne vada a vivere in

    città lasciando il campo in stato di abbandono ); perché é questo che in definitiva

    giustifica la concessione a Renzi, che non detiene ( e quindi non utilizza ) il campo, la

    stessa tutela che gli verrebbe concessa se detenesse ( il campo ) : il fatto che egli (

    idest, il Renzi), pur immettendo il Bianchi nella detenzione, si é riservato il potere di

    controllare ( e quindi presumibilmente controlla ) che il campo non resti inutilizzato.

    E invero quel che allo Stato interessa é che il campo non cada in stato di abbandono e

    già, il semplice interessamento di Renzi a che ciò non avvenga, giustifica ai suoi

    occhi la di lui tutela,

    Quarta noterella.

    Abbiamo visto nella precedente noterella la prima condizione necessaria a che a una

    persona, al Renzi, il protagonista dei nostri esempi, venga riconosciuta la qualità di

    possessore: la possessio corpore ( o quella che si potrebbe chiamare una “quasi

    possessio corpore” e con questo termine ci riferiamo all'ipotesi di Renzi che dà in

    affitto a Bianchi il campo in cui si era immesso – ma , per semplicità di esposizione,

    in prosieguo ci dimenticheremo di tale ipotesi e ci riferiremo solo al caso di una

    detenzione diretta : Renzi non dà in affitto il campo, ma lo coltiva direttamente ).

  • Tanto premesso, passiamo a dire della seconda condizione necessaria a che a una

    persona, al nostro Renzi, venga riconosciuta la qualità di possessore.

    Seconda condizione. Renzi non solo deve avere la disponibilità materiale del campo,

    non solo deve detenerlo, deve anche utilizzarlo : da che risulta ciò ? Risulta dal primo

    comma dell'articolo 1140, l'articolo che stiamo cercando di interpretare : per tale

    comma é possessore chi compie sul bene detenuto le “attività corrispondenti

    all'esercizio della proprietà o di altro diritto reale” .

    Ma perché il legislatore riconosce i poteri e le tutele riservate al possessore solo a chi

    compie un'attività corrispondente a quella che può compiere il proprietario,

    l'usufruttuario, il titolare di una servitù (…..) e non a chi compie un'attività

    corrispondente ad esempio a quella che può compiere un affittuario? Ecco la risposta

    che sembra più logica : perché il legislatore non vuole riconoscere , gli importanti

    diritti e tutele che riconosce al possessore, se non a chi ha un programma di ampio

    respiro nella utilizzazione del fondo.

    Ma da che cosa risulterà questo programma di ampio respiro del detentore? Dalle

    attività dirette all'utilizzazione del bene ? Ciò potrà avvenire, ma solo in casi

    rarissimi, dato che gli atti con cui l'affittuario utilizza un fondo, solo in casi

    eccezionali si distinguono da quelli con cui il proprietario lo utilizza ( per tali casi

    eccezionali si può pensare al taglio di un albero di alto fusto, taglio che non é

    consentito all'affittuario ). Il programma di ampio respiro in parola, piuttosto risulterà

    dalle opere fatte dal detentore del bene per salvaguardare la sua detenzione (

    pensiamo alla recinzione del campo con filo spinato...) o da spese che si giustificano

    solo con una sua intenzione di una lunga permanenza nel campo ( riparazione del

    tetto, semina del campo, acquisto di una mucca...).

    Terza condizione : le opere, da cui risulta il programma di ampio respiro

    nell'utilizzazione del bene, debbono “essere manifeste”, cioé quivis de populo deve

    poterne avere conoscenza semplicemente guardando il bene ( senza necessità di

    consultare registri pubblici....).

    Questa condizione noi la riportiamo perché effettivamente risulta dal'articolo ; ma a

    nostro modesto parere é ….un fuor d'opera. Infatti si giustifica solo per alcune tutele

    e diritti concessi dal legislatore : la tutela data dall'azione di reintegra, l'usucapione.

    Mentre non ha ragione di essere per altre tutele e diritti : i diritti del possessore al

    rimborso da parte del proprietario di alcune spese, l'azione di manutenzione. In

    particolare la legittimazione a questa ultima “azione” ( il non essere cioé, chi agisce,

    un semplice detentore, ma aver egli il possesso corrispondente a un diritto reale ) si

  • potranno (e dovranno ) dimostrare semplicemente con la produzione del titolo che

    giustifica il possesso.

    In subiecta materia si é soliti dire che il possesso é costituito da due elementi la

    possessio corpore e l' animus possidendi. Sul primo concetto ci siamo già soffermati.

    Che dire del secondo ?é un concetto utile ? Secondo noi é un concetto ( non da

    sopravalutare ma ) utile: ad esempio per spiegare quando il possessore che ha

    immesso un terzo nella detenzione continua a essere considerato possessore; e anche

    per spiegare la rilevanza che ha il programma – il che vale a dire l'intenzione del

    detentore - di procedere a una utilizzazione di ampio respiro del bene.

    Quinta noterella -

    Abbiamo detto che il Legislatore concede dei poteri e delle tutele al possessore. Ora

    dobbiamo aggiungere che li concede per gradi.

    Una volta che Renzi ha acquisita la detenzione del campo, lo possiede corpore ( il

    che non significa che egli debba stare tutte le 24 ore di un giorno o tutti i sette giorni

    della settimana nel campo, basta che non lo perda d'occhio - come il viaggiatore in

    treno, che può anche lasciare il suo posto, ma mettendoci capello cioé stando attento

    che altri non lo occupi ); una volta che ha svolto attività sul campo che dimostrano

    che egli vuole utilizzarlo a 360 gradi; una volta cioé che, sia con la detenzione del

    campo sia con l'ampiezza della attività da lui nel campo svolta, ha dimostrato di non

    essere un barbone che entra nel campo solo per prendervi la legna o la frutta e

    magari anche per dormirci, ma pensando di andarsene dopo pochi giorni o anche

    dopo pochi mesi ; allora il legislatore comincia a tutelare Renzi : come ? Impedendo

    ad altri di ostacolarlo nella utilizzazione del campo ( dove “utilizzazione del campo”

    = apprensione delle utilità che il campo può dare – con ciò volendoci noi riferire sia

    alle utilità che Renzi potrà offrire in un domani sul mercato per riceverne dei soldi ,

    come le mele e il grano che dal campo può ricavare, sia alle utilità che egli

    direttamente può godere, come il dormire in un buon letto nella casa annessa al

    campo ).

    Il legislatore impedirà anche quei comportamenti che impediscono una utilizzazione

    parziale del campo ? impedirà, ad esempio, a un pastore di far pascolare le sue greggi

    in quella parte del campo in cui l'erba cresce particolarmente verde , impedendo però

    così a Renzi di seminarvi ? Certo, che sì : il legislatore punta al massimo : vuole

    incoraggiare Renzi a coltivare tutto il campo e non solo una sua parte.

    Nasceranno in Renzi dal suo possesso del campo anche dei diritti verso il suo vicino ?

    Certo: nasceranno quei diritti il cui esercizio non ostacola la produttività del campo

  • del vicino : Renzi, se gli vola il capello nel campo del vicino potrà andare a

    riprenderselo ( art. 843 ), se il vicino fa noiose immissioni di fumo potrà vietargliele (

    art. 844 ), se il vicino non si preoccupa di evitare che dal suo campo derivino danni a

    quello da lui ( idest, da Renzi ) occupato ( si pensi al muro di Caio che minaccia di

    franare, all'albero di Caio che minaccia di cadere ), egli ( idest, sempre Renzi ) potrà

    tutelare il suo bene con l'esercizio delle c.d. azioni nunciatorie, azione di danno

    temuto e di nuova opera ( artt. 1171, 1172 ).

    Sesta noterella -

    Potrà Renzi, il possessore del campo, impedire - oltre alle attività del vicino Caio

    indicate nella precedente “noterella” - anche quelle attività del vicino che sono,sì,

    dei “pesi” per il suo fondo ( idest, per il fondo di Renzi ), ma rappresentano utilità per

    il fondo del vicino ( perché permettono al suo possessore di prendere l'acqua

    necessaria per le sue bestie, di portare al mercato le mele e il grano da lui raccolti …)

    ? Bisogna distinguere. Non lo potrà fino a che, il suo perseverare nel possesso

    almeno per un tempo apprezzabile ( un anno ), non avrà dimostrata la serietà dei suoi

    propositi nell'utilizzazione del fondo. E non lo potrà per i seguenti due buoni motivi:

    Primo motivo: perché non si comprenderebbe la ragione per cui il legislatore

    dovrebbe negare al vicino Di Renzi, Caio quel che ha concesso a Renzi : quando

    Tizio ( il proprietario del fondo ) se ne é andato a godere le delizie della città, é come

    se avesse lasciata una tavola imbandita alla discrezione di chiunque avesse fame :

    Renzi si é servito prendendo il più ( gli spaghetti e il pollo arrosto ) e va bene, ma

    perché impedire a Caio, il suo vicino, di prendere la frutta e il dessert?

    Secondo motivo : e' vero che il peso imposto da Caio sul fondo di Renzi ne

    diminuisce la produttività, ma chi può escludere che il Renzi – dopo aver impedito a

    Caio di prendere acqua dal suo fondo, di passare con il suo autocarro nel suo fondo

    (….) - poi lasci baracca e burattini, per tornarsene in città ? In tal caso la società

    avrebbe perso il beneficio dato dall'aumento di produttività del fondo di Caio, senza

    avere, in compenso, il beneficio di un aumento di produttività del fondo di Renzi.

    Solo quando Renzì – perseverando nel possesso almeno per un anno – avrà

    dimostrata la serietà dei suoi propositi, solo allora gli si potrà concedere il diritto di

    impedire al vicino la costituzione di servitù sul suo fondo. Ma, metti che Caio abbia

    iniziato il suo possesso di una servitù nell'agosto 2016 e Renzi abbia maturato un

    anno di possesso nel novembre 2017, Renzi potrà impedire a Caio di proseguire nel

    possesso della servitù nel 2017 e negli altri anni futuri ? No : egli potrà solo impedire

    di iniziare il possesso di una servitù a partire dal dicembre 2017 .

  • 5. La tutela giudiziaria del possesso : la “azione” di reintegrazione e la “azione”

    di manutenzione.

    Continuiamo nella nostra esposizione sul “possesso”, sempre frazionandola in

    “noterelle”

    Settima noterella-

    Il legislatore concede al possessore ( nonché al detentore ) il beneficio di una

    particolare “azione”, la “azione di reintegrazione”, che é un po' una sorta di

    scorciatoia, che porta più rapidamente alla sentenza. Non é che il possessore possa

    usare di questa scorciatoia per tutelare ogni e qualsiasi suo interesse ( che venga leso

    ). E infatti non tutte le lesioni agli interessi del possessore richiedono un rapido

    intervento della Giustizia : il vicino immette fastidiose nubi di fumo nel campo

    detenuto da Renzi oppure impedisce a Renzi di raccogliere le mele cadute dal suo

    albero ( idest, dall'albero di Renzi ) nel suo terreno ( idest nel terreno del vicino ) ?

    sarebbe meglio che la sentenza ci fosse già il giorno dopo il fattaccio, ma pazienza se

    arriva dopo un anno ( o due ! ). Metti invece che Pinco Pallino abbia tenuto un

  • comportamento che ha costretto Renzi ad abbandonare il campo o che, se perdura,

    finirà per costringere Renzi ad abbandonare il campo : qui é ben necessario un rapido

    intervento della giustizia : mica si può lasciare Renzi a dormire sotto le stelle !

    Tanto premesso, vediamo cosa dice l'articolo che prevede la azione di reintegrazione ,

    l'articolo 1168.

    Art. 1168 : “ Chi é stato violentemente od occultamente spogliato del possesso può,

    entro l'anno del sofferto spoglio, chiedere contro l'autore di esso la reintegrazione

    del possesso medesimo. - L'azione é altresì concessa a chi ha la detenzione della

    cosa, tranne il caso che l'abbia per ragioni di servizio o di ospitalità. Se lo spoglio é

    clandestino, il termine per chiedere la reintegrazione decorre dal giorno della

    scoperta dello spoglio. - La reintegrazione deve ordinarsi dal giudice sulla semplice

    notorietà del fatto senza dilazione”.

    Di seguito un commento, brevissimo, data la natura della presente opera.

    L'azione é data quando il possessore è “spogliato del possesso” cioé impedito nella

    utilizzazione ( anche nella utilizzazione parziale – e il perché lo abbiamo detto in una

    precedente noterella ) del bene posseduto.

    Lo spoglio ha da essere “violento” o “occulto” ? Assolutamente, no. Che lo spoglio

    debba essere compiuto “vi vel clam” lo insegnavano gli antichi giureconsulti romani,

    che vivevano in una società in cui era sopratutto importante impedire gli atti che

    potevano turbare l'ordine pubblico ( per cui occorreva un rapido intervento della

    Autorità “ne cives ad arma veniant” ) . Nella nostra società, quel che interessa al

    legislatore civile é che non venga frapposto un impedimento alla utilizzazione e alla

    produttività di un bene : le modalità con cui é posto tale impedimento ( se di reale e

    vero impedimento si tratta ) non rilevano : l'impedire il turbamento dell'ordine

    pubblico essendo riservato alle norme del codice penale : tu, Renzi, sei minacciato

    nel tuo fondo da Pinco Pallino ? chiama i carabinieri . Quindi esempi di impedimenti

    giustificanti il ricorso all'azione revocatoria sono, sì, quello di Pinco Pallino che, con

    la pistola in pugno ha estromesso Renzi dal fondo, ma anche quello di Pinco Pallino

    che con molta cortesia, dicendo “buon giorno e buona sera”, ha alzato una tenda in

    mezzo al campo ( posseduto da Renzi ) con la chiara intenzione di restarvi per un

    tempo indeterminato ma prevedibilmente lungo. E infatti, in un tal caso, come farà

    Renzi a dormire tranquillo nel suo letto ( “Non potrebbe quel Tizio venire in casa ad

    aggredirmi?!!” ), come potrà Renzi decidersi a seminare il grano ( “ E se quel Tizio

    domani si sveglia deciso a scavare una piscina dove ho seminato? Inutile che mi

    affatichi domani a gettar la semente”). Chiaro che in una tale situazione Renzi è

  • spogliato dal campo non meno che se questo Pinco Pallino lo avesse scacciato con la

    rivoltella in pugno.

    Ottava noterella –

    L'articolo 1168 ammette all'esercizio dell'azione di reintegra , non solo il possessore,

    ma anche il c.d. “detentore qualificato”. Che deve intendersi per “detentore

    qualificato” ? Per tale deve intendersi chi ha un interesse suo proprio alla detenzione,

    come il locatario, l'affittuario e, anche, il mandatario ; quindi, non é detentore

    qualificato, chi é nella detenzione per ragioni di servizio o per ragioni di ospitalità .

    Ora , perché il detentore qualificato viene ammesso all'esercizio dell'azione di

    reintegrazione contro gli spogli ; mentre, come vedremo, non é ammesso all'esercizio

    dell'azione di manutenzione contro le semplici turbative – cosa per cui, per farle

    cessare é costretto a contare solo sull'intervento di chi lo ha immesso nella detenzione

    ( il locatore...) ? La risposta più logica a tale domanda sembra la seguente : il

    detentore qualificato é ammesso a un diretto esercizio dell'azione di reintegra perché

    lo “spoglio” rappresenta una lesione più grave della “turbativa” e soprattutto una

    lesione che richiede quell'intervento rapido, che non sarebbe possibile se per ottenerlo

    il detentore dovesse subire la lungaggine di richiedere l'interessamento di un terzo ( il

    locatore...).

    L'azione di reintegrazione può essere proposta ( come risulta dal primo comma

    dell'articolo in esame ) solo “entro l'anno del sofferto spoglio”. Ma questo termine,

    se lo spoglio é “clandestino” ( cioé , avviene senza che il possessore ne possa aver

    conoscenza, ancorché sia vigile e controlli con diligenza il suo possesso), viene fatto

    decorrere, dal terzo comma dell'articolo, “dal giorno della scoperta dello spoglio”.

    Ora come può essere che una persona venga spogliata di un bene senza che ne possa

    saper niente ? Può essere : si pensi a Pinco Pallino che ai margini del latifondo

    posseduto da Renzi, si é messo a coltivare un suo orticello.

    Nona noterella-

    Il legislatore concede al possessore ( ma non al detentore ) di tutelare i suoi interessi

    ( meglio, alcuni suoi interessi) tramite una procedura dotata, come quella che

    abbiamo visto nelle noterelle precedenti, di una particolare celerità – a questa

    procedura ci si riferisce tradizionalmente con il nome di “ azione di manutenzione”.

    Vediamo cosa dice l'articolo 1170 che la disciplina.

  • Art. 1170 : “Chi é stato molestato nel possesso di un immobile, di un diritto reale

    sopra un immobile o di una universalità di mobili può, entro l'anno della turbativa,

    chiedere la manutenzione del possesso medesimo. -

    L'azione é data se il possesso dura da oltre un anno, continuo e non interrotto, e non

    é stato acquistato violentemente o clandestinamente. Qualora il possesso sia stato

    acquistato in modo violento o clandestino, l'azione può nondimeno esercitarsi

    decorso un anno dal giorno in cui la violenza o la clandestinità é cessata.-

    Anche colui che ha subito uno spoglio non violento o clandestino può chiedere di

    essere rimesso nel possesso, se ricorrono le condizioni indicate nel comma

    precedente”.

    Due parole di commento.

    Autorevolmente, e secondo noi giustamente, si ritiene che l'azione di manutenzione

    presenti due aspetti : uno, previsto dal primo comma, conservativo, in quanto mira a

    far cessare le “turbative” ( facendo chiudere una veduta non regolamentare, facendo

    demolire un fabbricato costruito in violazione delle distanze legali....) ; l'altro,

    previsto dal terzo comma, recuperatorio, in quanto mira a far riottenere, a chi ne è

    stato privato, il possesso, anche nelle ipotesi in cui non sarebbe più azionabile la

    domanda di reintegra, mancandone i presupposti ( presupposti che, secondo la lettera

    della legge, sono la violenza e la clandestinità dello spoglio, mentre secondo noi sono

    semplicemente una situazione che impedisce la utilizzazione del bene ).

    Circa l'aspetto conservativo dell'azione, va chiarito che questa può essere utilizzata

    solo per far cessare le turbative più gravi, che sono quelle che derivano da un'attività

    corrispondente all'esercizio di una servitù. Le turbative di altro genere ( quelle ad

    esempio generate da delle “immissioni” di fumi, di rumori ecc. ) potranno, sì, essere

    fatte cessare, ma agendo per le vie ordinarie. Ricordiamo, poi, che le turbative che il

    possessore molestato può pretendere di far cessare, sono solo quelle nate dopo che si

    é maturato l'anno del suo possesso.

    E veniamo a dire due parole sull'azione di manutenzione nel suo aspetto

    recuperatorio. Con tutta evidenza essa si rivela utile solo nei casi in cui per recuperare

    il possesso di cui si é stati spogliati non si può esercitare l'azione di reintegra. Ma

    quali sono questi casi ? Sono, a nostro parere, solo quelli in cui uno spoglio, sì, c'é

    stato, ma é stato compiuto senza un vero animus spoliandi. E infatti quando manca

    questo animus la azione di reintegra non si può esercitare.

  • Due esempi di una mancanza dell'animus spoliandi nello spoliator . Primo esempio:

    Renzi se ne parte dal fondo posseduto, per un lungo viaggio. Sempronio vede sempre

    le finestre chiuse, nessuna anima viva che entra e esce: pensa che la casa sia

    disabitata, entra e si immette nel possesso ( in nessun modo pensando di stare ledendo

    il possesso altrui ). Secondo esempio : Renzi vende il fondo posseduto a Sempronio,

    che naturalmente si immette nel suo possesso. Il contratto per un qualche vizio viene

    annullato.

    In tali casi Renzi , per rientrare nel possesso, non potrebbe utilizzare l'azione di

    reintegra : infatti Sempronio si é immesso nel possesso della casa in perfetta buona

    fede e senza nessunissimo animus spoliandi. Però, Renzi può recuperare il possesso

    con l'azione di manutenzione

    6 – Usucapione.

    Doc. Lo Stato conferisce a Sempronio, che é nel possesso di un diritto reale di

    godimento, la possibilità di “usucapire” tale diritto, cioé di “acquistare” tale diritto

    “in virtù del possesso continuato” per un certo numero di anni (confronta la formula

    dell’articolo 1158). E abbiamo già visto perché lo Stato fa questo: lo fa perché pensa

    (giustamente! ) che, fino a che penderà su Sempronio la spada di Damocle di quel

    ritorno, del legittimo titolare del diritto, che lo priverebbe del bene posseduto, egli

    non sarà portato a preoccuparsi di conservare e migliorare il bene posseduto (“A che

    prò, io, Sempronio, debbo spendere tempo e denaro per fare questo e quello

    miglioramento, questo e quel atto di conservazione, se del bene così conservato e

    migliorato, non io e i miei figli, ma il proprietario e i suoi figli verranno a godere?”).

  • Non deve stupire, quindi, che lo Stato non dia la possibilità di usucapire a quei titolari

    di diritti reali, come l’ipoteca e il pegno, costituiti solo a garanzia di un credito; e

    infatti va escluso già in partenza che, titolari di diritti su beni al cui godimento non

    hanno interesse, abbiano interesse al loro miglioramento (e non deve trarre in inganno

    il fatto che l’articolo 1153, nel suo comma terzo, preveda l’acquisto mediante il

    possesso di uno di tali diritti, il pegno: e infatti, con tale articolo, il legislatore solo si

    preoccupa di rendere rapido e sicuro l’acquisto di certi diritti, e tra di essi ben può

    stare il diritto di pegno - e non di incentivare la migliore gestione dei beni oggetto di

    tali diritti).

    Disc. - Ma lo Stato ammette l’istituto della usucapione solo perché mosso da un

    interesse alla migliore gestione dei beni?

    Doc. No, egli é a ciò mosso anche dalla necessità di evitare - a chi é costretto a

    rivendicare, davanti a un giudice, la sua titolarità di un “diritto reale” - quella

    probatio diabolica, che diverrebbe la prova di questo suo diritto, se egli non potesse

    giovarsi dell’istituto dell’usucapione.

    Disc. Capisco, potendosene giovare, basterà al rivendicante, per vedere accolta la sua

    rivendica, provare, che egli ha posseduto per un certo numero di anni tal diritto.

    Doc. In ciò, aggiungi, essendo agevolato dalla possibilità, datagli dal’articolo 1146,

    di sommare, al tempo del suo possesso, quello del suo dante causa.

    Disc. Che dice precisamente tale articolo 1146?

    Doc. L’articolo 1146 recita:

    “Successione nel possesso. Accessione nel possesso – Il possesso continua nell’erede

    con effetto dall’apertura della successione.

    Il successore a titolo particolare può unire al proprio possesso quello del suo autore

    per goderne gli effetti”.

    Applicazione del primo comma. Cornelio aveva acquistato in mala fede la proprietà

    del fondo A quattro anni prima di morire: l’erede Sempronio per perfezionare

    l’usucapione dovrà continuare il possesso per 16 anni, in quanto non potrà giovarsi

    dell’abbreviazione del tempo (necessario per usucapire) prevista dall’articolo 1159

    (forse che egli non “continua” il possesso del de cuius? forse che questi non era in

    malafede al momento dell’acquisto del fondo? forse che la malafede nell’acquisto

  • non impedisce di giovarsi dell’articolo 1159 e non fa rientrare la fattispecie

    nell’usucapione ordinaria ventennale prevista dall’articolo 1158? ).

    Applicazione del secondo comma. Sempronio ha acquistato il fondo A da Cornelio.

    Egli ha acquistato in buona fede il fondo, mentre Cornelio era in perfetta mala fede

    quando due anni prima lo aveva acquistato da Lucrezia. In questo caso, Sempronio

    non deve aggiungere necessariamente il suo possesso a quello di Cornelio: può

    scegliere Se sceglierà di aggiungerlo non potrà, secondo l’interpretazione migliore,

    giovarsi del beneficio del termine abbreviato previsto dall’articolo 1159 e sarà

    costretto a perfezionare l’usucapione dopo diciotto anni (forse che il suo dante causa

    non era in malafede al momento di acquistare da Lucrezia? ). Se, invece, sceglierà di

    non aggiungere il suo al possesso di Cornelio, potrà beneficiare del termine

    abbreviato di cui all’art. 1159 e pertanto usucapirà in soli dieci anni.

    Disc. Proprio vero che la vita é un gioco di prestigio! Ma torniamo a quello che mi

    sembra lo scopo primario dell’istituto della usucapione: l’incentivazione a conservare

    e migliorare i beni, che costituiscono la ricchezza nazionale. Mi pare che tale scopo

    dovrebbe indurre il legislatore a ridurre al massimo il tempo necessario per usucapire.

    Doc. Certo che sì; ma senza esagerare, perché se esagerasse (nel ridurre il tempo

    necessario a usucapire), finirebbe per scoraggiare la classe dei proprietari; e Mastro

    don Gesualdo, se avesse a temere che, nell’arco di due o tre anni, solo che le

    circostanze della vita lo costringessero a trascurare un bene, rischierebbe di perderlo,

    non vivrebbe sonni tranquilli e soprattutto non spenderebbe tempo e fatica per

    acquisire dei beni e per conservarli e migliorarli.

    Il fatto é che l’istituto, che stiamo studiando, é come Giano Bifronte: una sua faccia é

    data dalla prescrizione acquisitiva, l’altra da quella estintiva. E se Sempronio in base

    alla prescrizione acquisitiva (alias, usucapione) acquisisce la proprietà sul fondo A,

    Mastro Don Gesualdo, in forza della prescrizione estintiva automaticamente perde la

    proprietà, che aveva sullo stesso fondo A.

    Disc. Ma in base a che principi é disciplinata la prescrizione acquisitiva, l’usucapione

    di cui stiamo parlando.?

    Doc. Dalle stesse disposizioni che regolano la prescrizione estintiva (forse che

    prescrizione estintiva e acquisitiva non sono aspetti diversi dello stesso fenomeno

    giuridico?).

    Ciò risulta dall’art. 1165, che recita:

  • “Applicazione di norme sulla prescrizione – Le disposizioni generali sulla

    prescrizione, quelle relative alle cause di sospensione e d’interruzione e al computo

    dei termini si osservano in quanto applicabili, rispetto all’usucapione”.

    Quindi la usucapione potrà essere interrotta da parte del dominus con una domanda

    giudiziale (vedi meglio l’art. 2943); con l’effetto di dare inizio a un nuovo periodo di

    prescrizione acquisitiva (art. 2945). E sarà sospesa in considerazione dei rapporti che

    intercorrono tra parte usucapente e dominus (art. 2941) o della incapacità

    (interdizione, minore età...) o impossibilità, dovuta al servizio militare, del dominus

    (vedi meglio l’articolo 2942).

    Disc. Ma risulta, dallo stesso articolo 1166 da te riportato, che vi possono essere

    disposizioni dettate per la prescrizione estintiva, che non sono applicabili per quella

    acquisitiva.

    Doc. E in effetti vi sono. Ti cito le più importanti.

    Secondo l’interpretazione più accolta, non sono applicabili in materia di prescrizione

    acquisitiva né la disposizione dell’articolo 2944 né la disposizione di cui al quarto

    comma dell’articolo 2943.

    Ed effettivamente bisogna riconoscere che - mentre il riconoscimento del debito

    svolge un’utile funzione nell’economia, perché evita di costringere il creditore al

    pronto realizzo del suo credito, in una situazione in cui egli e il debitore avrebbero

    interesse a prorogarne il pagamento - invece, il riconoscimento del diritto del

    dominus, fatto dal possessore, se portasse all’interruzione dell’usucapione, non

    farebbe che prorogare una situazione di imperfetto sfruttamento di un bene con danno

    per la società.

    Anche l’inammissibilità di una interruzione realizzata in modo diverso dalla

    proposizione di una domanda giudiziale (metti, realizzata con una diffida a lasciare

    l’immobile, fatta per lettera raccomandata), secondo me merita approvazione. E’ vero

    che, costringere il dominus a proporre una domanda giudiziale per impedire la

    prescrizione del suo diritto, significa costringere, chi ha subito già un torto (quello

    dello spossessamento), a subire un ulteriore torto, quello di esborsi pecuniari anche

    non indifferenti (spese per un avvocato, spese giudiziali...); ma é anche vero, che

    l’interruzione di una usucapione non sembra opportuna, a meno che il dominus

    dimostri con una sua energica azione (com’é quella di proporre una domanda

    giudiziale) che, al bene da cui si é lasciato spossessare, tiene davvero, per cui si ha da

    sperare davvero che, una volta estromesso l’attuale possessore, lui si metta a gestirlo

    e a farlo fruttare.

  • Disc. Queste, da te ora dette, sono le uniche diversità di disciplina tra usucapione e

    prescrizione estintiva?

    Doc. No, ce ne sono altre, risultanti da precisi articoli del codice.

    Disc. Che aspetti a riportare e a fare un breve commento di tali articoli?!

    Doc. Comincio con riportare l’art. 1166.

    Art. 1166: “ Inefficacia delle cause d’impedimento e di sospensione rispetto al terzo

    possessore – Nell’usucapione ventennale non hanno luogo, riguardo al terzo

    possessore di un immobile o di un diritto reale sopra un immobile, né l’impedimento

    derivante da condizione o da termine, né le cause di sospensione indicate dall’art.

    2942.

    L’impedimento derivante da condizione o da termine e le cause di sospensione

    menzionate da detto articolo non sono nemmeno opponibili al terzo possessore nella

    prescrizione per non uso dei diritti reali sui beni da lui posseduti”.

    Sappiamo che in base ai principi (vedi art. 2935) “ La prescrizione comincia a