articolo lean manufacturing in italia
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articolo n. 2 2016
IL LEAN MANUFACTURING NEL SETTORE MANIFATTURIERO
ITALIANO
Maurizio Bevilacqua, Filippo Emanuele Ciarapica, Ilaria DeSanctis
Dipartimento di Ingegneria Industriale e Scienze Matematiche Università Politecnica delle Marche
INTRODUZIONE
Negli ultimi anni molti paesi del sud Europa si trovano a fronteggiare la cosiddetta "crescita anemica": una lenta crescita della forza lavoro e della produttività totale e un basso tasso di innovazione. In particolare, dal 2008, l'economia italiana ha registrato due recessioni consecutive, caratterizzate da una riduzione delle esportazioni tra il 2008 e il 2009, e un calo della domanda interna a partire dal 2011, che ha colpito le piccole e medie imprese in modo maggiore rispetto alle grandi imprese. Queste circostanze economiche hanno reso più difficile per le piccole e medie imprese ottenere finanziamenti dalle banche, o da altri fornitori di credito. Di conseguenza, il numero di PMI nell'economia nazionale è diminuito del 5% dal 2008 al 2013, e in particolare per le piccole imprese si è avuto un maggior calo pari al 15%. Al contempo negli ultimi dieci anni, un notevole interesse è stato dimostrato da parte di ricercatori e professionisti riguardo il concetto di "produzione snella”o “Lean Manifacturing” (Womack et al., 1990). Per riuscire ad essere competitive le aziende manifatturiere italiane devono cercare infatti, di migliorare i loro processi, sistemi e tecnologie in modo da essere dinamiche e flessibili al tempo stesso, e soddisfare i cambiamenti in atto nel mercato. Lo studio, presentato in questo articolo, è stato svolto con lo scopo di raggiungere due obiettivi principali. Il primo obiettivo è quello di fornire una panoramica sull’implementazione delle pratiche Lean in Italia. In particolare si è cercato di vedere come le aziende che presentano alte performance nell’implementare la Lean manufacturing (High Lean Performers) stiano affrontando l’attuale scenario economico rispetto ai cosiddetti “Low Lean performers”, cioè aziende che attualmente non stanno applicando la Lean production o si trovano in fase embrionale di applicazione. Il secondo obiettivo è quello di esaminare le caratteristiche delle aziende in termini di prodotto e di processo nel contesto dei diversi livelli di implementazione di produzione snella. IL METODO
Il livello di implementazione delle pratiche lean nelle aziende manifatturiere italiane è stato valutato tenendo conto delle 4 macro-‐categorie riportate in figura 1. Questa distinzione tiene in
considerazione l’importanza, nei progetti di tipo “Lean”, non soltanto della produzione ma anche delle risorse umane, dei fornitori e della qualità.
Figura 1. I 4 aspetti considerati per valutare l’implementazione delle pratiche Lean
Al fine di avere una descrizione completa di ogni macro-‐categoria, ad ognuna di esse sono state associate dalle 3 alle 5 domande, come riportato in figura 2. L’attendibilità del modello è stata valutata attraverso analisi statistiche fattoriali. Validato il modello, è stata effettuata una clusterizzazione sul campione. Questa analisi è stata possibile consentendo alle aziende di rispondere alle domande attraverso una scala likert che va da 1 a 7: 1) Mai sentita nominare, 2) Idea di implementazione, 3) Appena iniziata la fase di Start-‐up, 4) Fase di Start-‐up in stato avanzato, 5) In uso in alcun dipartimento da meno di un anno, 6) In uso in alcun dipartimento da più di un anno, 7) In uso nell’intero sistema. L’analisi dei dati ha consentito di classificare le aziende in tre categorie: “high” “medium” e “low Lean performers”.
Figura 2. Domande associate ad ogni macrocategoria per valutare l’implementazione della lean manufacturing.
IL CAMPIONE INTERESSATO
Il data set utilizzato in questo studio è composto da 254 aziende italiane, appartenenti a tutti i settori industriali. Le aziende prescelte sono state individuate facendo riferimento al database dell’Istat e, in particolare, andando a considerare tutte le aziende manifatturiere (settore C) con fatturato annuo di almeno 5 Milioni di Euro. I questionari sono stati distribuiti On-‐line e manualmente. Per la distribuzione on-‐line sono state inizialmente contattate le aziende tramite numero telefonico presente nel database AIDA, ottenendo il contatto del responsabile di produzione al quale è stato spiegato l’intento del questionario. E’ stato quindi inviato il questionario tramite e-‐mail all’indirizzo rispettivo, sollecitando i destinatari ad una risposta celere. Circa il 10,5% della aziende considerate nello studio hanno risposto.
I risultati mostrano che la maggior parte delle aziende del data set hanno una dimensione media (40,46%) o piccola (35,55%). Questo dato era prevedibile in quanto il sistema di imprese Italiano è caratterizzato soprattutto da piccole e medie imprese. Il dato relativo alle grandi imprese (23,99%) è stato ottenuto in gran parte grazie alle risposte provenienti da aziende del Nord Italia.
I RISULTATI
Ciò che è emerso dalla classificazione è riportato in figura 3, ed indica che gli “High lean performers” rappresentano il 37.8% (96 aziende), i “Medium lean performers” il 31.9% (81 aziende), ed i “Low lean performers” 30.3% (77 aziende).
Figura 3. Suddivisione del campione in cluster.
Gli “High Lean performers” (HLPs), mostrano maggiore attenzione alle pratiche Lean (Valori medi: Fornitori = 5.30, Forza Lavoro =5.10, Qualità=4.86, Efficienza produzione =4.86) rispetto ai “Medium Lean performers” (MLPs) (Valori medi: Fornitori= 4.03, Forza Lavoro=4.53, Qualità =3.76, Efficienza produzione=3.61) e ai “Low Lean performers” (LLPs) che in media risultano avere solo un idea di implementazione delle pratiche.
Al fine di valutare le caratteristiche di ogni cluster, si riporta in figura 4 il numero di dipendenti ed il fatturato medio di ogni gruppo. Il numero di dipendenti e il fatturato varia da 1 a 3, dove ad 1 è associato un numero di dipendenti inferiore a 5 e un fatturato minore di 10 milioni euro e al 3 un numero di dipendenti maggiore di 249 e con un fatturato superiore ai 50 milioni euro.
Figura 4. Numero di dipendenti e fatturato per ogni cluster Ciò che emerge dalla figura 4 è che aziende con maggior numero di dipendenti e maggior fatturato risultano essere quelle che prestano maggior attenzione alle pratiche Lean. Interviste dirette ai responsabili di produzione delle aziende hanno consentito di constatare come le aziende medio/piccole vedono nei progetti “Lean” un notevole costo iniziale da sostenere in termini di tempo, personale e denaro. Data la scarsa disponibilità di risorse, non vedono quindi l’applicazione delle pratiche Lean come un’esigenza primaria. Inoltre la recessione economica italiana ha colpito le piccole aziende in maniera maggiore rispetto alle grandi, rendendo ancora più difficile ottenere possibili finanziamenti e investimenti in programmi e attività di miglioramento continuo. Ulteriori considerazioni vanno fatte sul comportamento dei 3 cluster riguardo l’implementazione delle Lean best practices relative a fornitori , qualità, risorse umane ed efficienza di produzione (figura 5).
Riguardo alle pratiche adottate con i fornitori, la variabile F4 (“instaurare relazioni di lungo termine con i fornitori”), sembra essere una criticità per tutti e 3 i cluster. Ridurre il numero dei supplier (F3) sembra essere un aspetto critico maggiormente per i medium e low Lean performers. Mentre il coinvolgimento dei fornitori e quindi la condivisione delle informazioni con questi (F1), al momento risulta essere l’unica pratica che I LLPs hanno in fase iniziale di start-‐up.
Per quanto concerne le pratiche riguardanti la qualità, Q2 (“certificazione di qualità dei fornitori”) sembra essere la pratica di maggior criticità per i 3 cluster. Con “certificazione di qualità” si sono intese non solo le certificazioni ISO ma anche qualsiasi sistema che migliori la qualità del processo e del prodotto, come ad esempio il modello di eccellenza della fondazione europea del quality management, TQM e altri. Negli ultimi anni diversi studi (Ismyrlis et al., 2015) difatti, hanno dimostrato come vi sia una notevole discrepanza fra la necessità di applicare “quality management system” e gli effettivi risultati ottenuti. Questa discrepanza, in un caso di studio in Grecia è stata motivata dalla scarsità di risorse umane ed economiche investite e da uno scarso training effettuato nelle fasi iniziali di implementazione. Riguardo l’uso strategico di pratiche che migliorino la produzione, sebbene sia maggiore negli HLPs, si può notare come nessuna delle pratiche sia stata implementata da più di un anno. I LLPs, sembrano essere ancora molto indietro sul fronte del miglioramento dell’efficienza, eccezion fatta per la pratica PE4, indicativa di una produzione livellata, che sembra essere in fase di start-‐up anche nei LLPs. Infine, i MLPs e gli HLPs sembrano prestare notevole attenzione alla componente umana. In particolare avere operatori multiskilled (FL2), cioè capaci di compiere più mansioni, è la pratica sulla quale i MLPs e gli HLPs puntano maggiormente. Infatti, operatori multiskilled, non solo riescono a ricoprire diversi ruoli, ma allo stesso tempo riescono ad avere maggiore visibilità sull’intero del processo.
Figura 5. Comportamento dei 3 cluster relativamente all’implementazione delle best practices lean.
In questo contesto si è voluto valutare come ognuno dei 3 gruppi ha reagito negli ultimi 3 anni alla crisi economica. In particolare, si è valutato per ogni gruppo come sono variati i margini di profitto, il numero di dipendenti, i costi di produzione e gli investimenti in ricerca e sviluppo. I risultati sono riportati nella tabella 1. Considerando la variazione di dipendenti, tutti e tre i gruppi hanno un valore medio che varia fra 2 e 3 (con 2 = -‐20% -‐ 0% e 3 = Stabile). Questo risultato è rappresentativo della crisi economica degli ultimi 3 anni. Considerando la variazione dei margini di profitto è possibile notare come gli HLPs abbiano avuto un abbassamento inferiore rispetto ai MLPs e ai LLPs. Infatti i LLPs, in media hanno avuto un abbassamento dei margini di profitto pari al 1.68, che sta ad indicare un abbassamento che varia fra lo 0% e valori superiori al -‐20% . I LLPs risultano essere anche quelli che hanno sofferto maggiormente per gli elevati costi di produzione negli ultimi 3 anni. Infine, considerando gli investimenti in ricerca e sviluppo, effettuati negli ultimi 3 anni, in media gli HLPs risultano avere un punteggio pari a 3,25 dove 3 rappresenta il 10% del fatturato annuo e 4 un valore fra il 10 e il 20%. In sintesi, dal nostro studio emerge che le aziende classificate come High Lean performers sono anche quelle che hanno risentito meno della crisi negli ultimi 3 anni.
Aspetto analizzato 𝑳𝑳𝑷𝟏 𝑴𝑳𝑷𝟐 𝑯𝑳𝑷𝟑
Variazione margini di profitto* 1.68 1.95 2.98
Variazione numero dipendenti* 2.68 2.83 2.78
Variazione costi di produzione* 2.80 2.82 1.78
Investimenti in ricerca e sviluppo ** 3.99 2.99 1.50
Tabella 11. Paragone fra i cluster 𝟏LLP= Low lean performers; 𝟐MLP=Medium lean Performers; 𝟑HLP=High lean performers La differenza fra le medie ha un livello di significatività <0.1. * 1= < -‐20% ; 2= fra -‐20% e 0%; 3= stabile; 4= fra 0% e 20%; 5= > 20%. ** 1= 0% ; 2= fra 0% e 5%; 3= fra 5 e 10%; 4= fra 10 e 20%; 5= > 20%. Al fine di avere una descrizione completa dei tre cluster, sono state valutate anche le diversità nella domanda, nel sistema produttivo e nell’attenzione che essi pongono al cliente. Dalla tabella 2 emerge come i HLPs riescono ad assicurare una notevole efficienza nei tempi (puntualità consegna prodotti e lead time). Inoltre dalla stessa tabella emerge come tutti e tre i gruppi abbiano elevate variabilità nei lotti di produzione, nei prodotti finiti e nella personalizzazione dei prodotti. Questo sta ad indicare che i 3 cluster hanno necessità di assicurare “agilità” al mercato. L’agilità è intesa come l’abilità di fornire rapidamente prodotti in accordo con le richieste del mercato, quindi essere capaci di seguire il trend del mercato (Gligor, 2014). Tuttavia è sorprendente notare come i LLPs, e quindi tutte le piccole imprese che sono maggiormente rappresentative per questo gruppo, siano in grado di assicurare una maggior personalizzazione dei prodotti, a discapito di velocità e costi. Anche l’attenzione al cliente è per lo più equamente distribuita. Anzi, le LLP riescono a garantire tempi di evasione a un reclamo inferiore rispetto ai HLP.
Aspetto analizzato 𝑯𝑳𝑷𝟏 𝑴𝑳𝑷𝟐 𝑳𝑳𝑷𝟑
DOMANDA Differenti prodotti finite gestiti*** 2.91 2.96 3.25
Personalizzazione dei prodotti** 5.38 4.45 5.1
SISTEMA DI PRODUZIONE
Variazione dei lotti di produzione** 3.69 4.39 4.46
Lead Time* 1,99 1,84 2,13
Puntualità di consegna dei prodotti** 3,17 3,36 4.05
ATTENZIONE AL CLIENTE
Prodotti finite oggetti di reclami** 1.8 1.84 2,2
Velocità nell’evasione di un reclamo* 3.95 3.77 3.1
Tabella 2. Confronto fra cluster riguardo la domanda, il sistema di produzione e l’attenzione al cliente. !HLP = High lean performers!;MLP=Medium lean Performers; 𝟑LLP= Low lean performers. La differenza fra le medie ha un livello di significatività <0.05. * 1 = < 1 giorno; 2= fra 1 gg e una settimana; 3 =fra 1 sett. e 2 sett.; 4= fra 2 sett e un mese; 5 > 1 mese. ** 1= 0% ; 2= fra 0% e 5%; 3= fra 5 e 10%; 4= fra 10 e 20%; 5= > 20%. *** 1= fra 1 e 10 ; 2= fra 11 e 100; 3= fra 101 e 1.000; 4= fra 1.000 e 10.000; 5= > 10.000.
CONCLUSIONI
Questo studio, attraverso una clusterizzazione del campione in High, Medium e Low Lean performers, cerca di chiarire e di validare statisticamente il livello di implementazione delle pratiche Lean nelle aziende manifatturiere italiane. In un periodo di difficoltà economica, l'attuazione di sistemi Lean sembra essere la risposta giusta per aumentare la competitività aziendale. Purtroppo le pratiche Lean non sempre sono uno strumento immediato e facile da applicare. Un’implementazione funzionale e corretta deve coinvolgere i processi interni all’azienda, le risorse umane, la qualità e i fornitori. Investire tempo e denaro per convincere queste 4 sfere ad interagire fra loro e a pensare secondo una filosofia snella, comporta notevoli sforzi. Un’applicazione sinergica delle pratiche snelle sembra però fornire un contributo sostanziale per gestire in modo efficiente la domanda di prodotti, i sistemi di produzione e l’attenzione al cliente. I risultati ottenuti ci permettono di concludere che una corretta applicazione delle pratiche Lean nelle aziende manifatturiere può aiutarle a sopravvivere nel contesto attuale. Negli ultimi 3 anni, i “High Lean performers” hanno sofferto meno la crisi economica: hanno una leggera diminuzione dei costi di produzione, un andamento stabile dei margini di profitto e una diminuzione minore del tasso di occupazione rispetto al LLPs. Va evidenziato come i LLPs, pur applicando pratiche gestionali più semplici, che non richiedono particolari investimenti, mostrano un notevole interesse nell’implementazione di filosofie Lean in azienda. I LLPs, che comprendono principalmente le piccole imprese, hanno maggiori difficoltà nell'applicazione delle pratiche snelle, probabilmente a causa di limitate risorse economiche e umane.
Inoltre, a causa dei continui cambiamenti del mercato, l'agilità risulta essere un prerequisito fondamentale per battere i propri competitor. L’agilità è stata definita, in senso economico, come la possibilità di regolare i sistemi di produzione alle nuove situazioni senza dover sostenere significativi costi aggiuntivi. In questo contesto, i LLPs risultano essere più flessibili nella produzione rispetto agli HLPs ma a discapito di un aumento dei costi di produzione negli ultimi tre anni. Possiamo affermare che le piccole imprese, che caratterizzano soprattutto il cluster LLPs, sono apparentemente in grado di cambiare i loro sistemi di produzione e sanno meglio adattarsi alle mutevoli condizioni di mercato a discapito però, di una produzione efficiente. Bibliografia
-‐ Gligor, D.M., Esmarkb, C.L., Holcombca, M. C., 2014. Performance outcomes of supply chain agility: When should you be agile?. Journal of Operations Management, 33–34, 71–82.
-‐ Ismyrlis, V., Moschidis, O., Tsiotras, G., 2015. Critical success factors examined in ISO 9001:2008-‐certified Greek companies using multidimensional statistics. International Journal of Quality & Reliability Management, 32(2), 114 – 131.
-‐ Womack, J.P., Jones, D.T., Roos, D., 1990. The Machine That Changed the World. Harper Perennial, New York.