archeologia nella provincia di salerno

26

Upload: alfio-giannotti

Post on 13-Mar-2016

241 views

Category:

Documents


9 download

DESCRIPTION

Itinerari alla scoperta dei siti archeoligci della provincia di Salerno

TRANSCRIPT

Page 1: Archeologia nella Provincia di Salerno

AN

NO

VI

• N

. 17

• 2

00

4•

Ê5,

00IT

INE

RA

RI

ALL

A S

CO

PE

RT

A D

ELL

A R

EG

ION

EC

AM

PA

NIA

FE

LIX

Page 2: Archeologia nella Provincia di Salerno

La rilevanza strategica del turismo nel contesto delle dinamiche di sviluppo inprovincia di Salerno è da tempo un dato acquisito sul quale si concentrano leattenzioni dei diversi soggetti che concorrono alla promozione delle risorse delterritorio.La valorizzazione attiva del patrimonio storico-artistico è una delle direttriciprimarie che ben si coniuga con le straordinarie attrattive paesaggistiche edambientali.La Provincia di Salerno ha elaborato intorno a tali presupposti un articolatodisegno teso a recepire le istanze provenienti dal basso, dal variegato tessutodella micro-imprenditoria di settore, puntando a rafforzare una visione di piùampio respiro dell’offerta. La politica di promozione turistica ha consentito diindividuare un terreno nuovo di sperimentazione, in piena consonanza con leforti vocazioni del Salernitano ed anzi esaltandole, nell’ottica dell’apertura aldialogo ed al confronto anche con altre esperienze del bacino del Mediterraneo.Alla luce di tali motivazioni risulta fondamentale definire meglio il pacchetto diofferte in considerazione della varietà dell’habitat territoriale, stimolando ulte-riormente una maggiore capacità di interazione tra l’economia della costa equella delle zone interne, favorendo le sinergie tra risorse ambientali, agricoleed artigianali, vera essenza di un prodotto turistico innovativo. In tale cornice politico-programmatica diventa meno astratto il connubio tracultura, turismo e ambiente: è su questo terreno che il locale si integra da pro-tagonista con il globale, con buone chances di dare vita ad una dimensionerealmente in grado di attivare percorsi di crescita collettiva non effimeri etransitori.

Angelo VillaniPresidente della Provincia di Salerno

Page 3: Archeologia nella Provincia di Salerno

Editore, direttore editoriale e artisticoMariano Grieco

Coordinamento scientificoTeobaldo Fortunato

Direttore responsabileDario Coviello

Relazioni esterneErsilia Ambrosino

Testi:Teobaldo FortunatoFoto:Alfio GiannottiAltre foto: pag. 19, Leonardo Vitola; pag. 31, AntonioGiordano; pagg. 34/35, Stefano Stompanato;pagg. 36/41, Mariano Grieco

Progetto grafico Altrastampa

Copertina Capaccio, PaestumTempio di CerereFoto: Alfio Giannotti

Si ringraziano, per la gentile collaborazioneofferta in occasione della realizzazione:Giuliana Tocco Sciarelli,Soprintendente Archeologo per le provincedi Salerno Avellino e Beneventogli ispettori della SoprintendenzaAntonella Fiammenghi, Angela Iacoe, MariaAntonietta Iannelli, Adele Lagi, Laura Rota,Giovanna Scaranoed inoltre Giovanna SaccoMatilde RomitoDirettore dei Musei Provinciali SalernitarniMarina CiprianiDirettore del Museo Archeologico di Paestum

CAMPANIA FELIX®

Direzione, redazione,amministrazione e pubblicità:corso V. Emanuele 391 • 80135 Napolitelefax +39.081.5573808 www.campaniafelixonline.it

Periodico registrato presso il Tribunale di Napoli n. 5281 del 18.2.2002R.O.C. iscrizione n. 4394 anno VI, n. 17/2004

Una copia ˚ 5,00

Sped. in a.p. 45% art. 2 comma 20/b legge 662/96Direzione Commerciale Campana

© 2004 ALTRASTAMPA Edizioni s.r.l.via Antonio Tari, 22 • 80138 Napoliwww.altrastampa.comwww.campaniafelixonline.italtrastampa@libero.it

Riproduzione vietata con qualsiasi mezzoCampania Felix è un marchio registrato

Stampa:Print Point s.r.l. Salerno

La piana di PaestumSulle orme di Goethe 4

L’agro Sarnese Nocerino e le ville costiereLungo il Sarno e verso il mare14

Fratte, Pontecagnano, Eboli,Buccino, San Giovanni in FonteSulle tracce della via Popilia

32

VeliaLa città di Parmenide44

S o m m a r i OS o m m a r i O

I SITI

Soprintendenzaper i Beni Archeologicidi Salerno, Avellinoe Beneventotel. 089.5647203/1

ASCEA•Parco Archeologicodi Velia contrada Piano di VeliaAscea Marinaingresso E 2dalle ore 9 ad un’oraprima del tramontoparzialmente accessibile

BUCCINO•Parco ArcheologicoUrbano dell’AnticaVolceie mostra permanentecentro storicovisitabilesu prenotazionetel. 0828.951491ingresso gratuitoparzialmente accessibile

CAPACCIO•Museo Narrantedel Santuariodi Hera ArgivaArea archeologicalocalità Foce SeleMasseria Procurialevia Barizzo 29ingresso gratuito

dal martedì al sabatoore 9/16parzialmente accessibile

•Museo ed AreaArcheologicadi Paestumvia Nazionaleingresso museo E 4ingresso areaarcheologica E 4cumulativo E 6,20museo ore 9/19.30area archeologicadalle ore 9 ad un’oraprima del tramontomuseo accessibilearea archeologicaparzialmente accessibilegiorno di chiusura 1°e 3° lunedì del mese

EBOLI•Museo ArcheologicoNazionale di Ebolie della Media Valledel Selevia San Francesco(Castello SanFrancesco)ingresso gratuitodal martedì al sabatoore 9/14parzialmente accessibile

MINORI•Antiquariume villa monumentaleromana

Capo Di Piazza, 28ingresso gratuitodalle ore 9ad un’ora primadel tramontoparzialmente accessibile

NOCERA SUPERIORE•Area Archeologicanecropoli monumentaleromanalocalità Pizzonevisitabile suprenotazionetel. 081.932052ingresso gratuitoparzialmente accessibile

•Area Archeologicae teatro romanolocalità Paretivisitabilesu prenotazionetel. 081.932052ingresso gratuitoparzialmente accessibile

•Battistero paleocristiano(La Rotonda)località Santa MariaMaggiorevisitabilesu prenotazionetel. 081.5169269feriali 9/13-16/18ingresso gratuito

PONTECAGNANO•Area Archeologica

via Cavalleggeriinfo: Direzione MuseiProvincialitel. 089.225578ingresso gratuito

SALERNO•Area ArcheologicaEtrusco-Sanniticalocalità Fratteinfo: Direzione MuseiProvincialitel. 089.225578

SARNO•Teatro Romanolocalità Focevia Beniamino Pastore visitabilesu prenotazionetel 081.941451ingresso gratuitoparzialmente accessibile

SCAFATI•Area Archeologicadi Villa Pretevisitabilesu prenotazionetel 081.932052ingresso gratuitoparzialmente accessibile

•Battisterodi San Giovanniin Fonteinfo: Certosa di Padulatel. 0975.77745

Numero specialeSiti archeologici della

Provincia di Salerno

Page 4: Archeologia nella Provincia di Salerno

Ancor oggi, giungendo in corriera,in treno o in auto (certo, la modadei viaggi a piedi di tanti intellet-tuali non solo inglesi è superata!),nella distesa pestana, la visionedei tre colossi templari, la Basilica,l’Athenaion (c.d. tempio di Cerere),e l’esastilo, ascritto a Nettuno, nonè dissimile dall’impressione avutada Johann Wolfgang Goethe, il 23marzo del 1767. Puntualmente, ilcelebre poeta teutonico annotònel Tagesbuch “i nostri occhi eattraverso di essi, tutta la nostrasensibilità si sono così abituati aun genere più delicato di architet-tura che questa moltitudine ditozze colonne coniche sembraoffensiva se non addirittura spa-ventosa… solo camminando fra eintorno… si può entrare in sintoniacon esse e vivere le emozioni chel’architettura desiderava suscita-re”. Eppure, al pari di JohannJoachim Winckelmann, in quellelande nel 1758, aveva sfidato lepaludi malariche, pullulanti di

fastidiosi insetti. Dal Medioevo,acque ristagnanti, malsane infe-stavano l’area, tanto da far ritene-re a lungo veritiera la leggenda,secondo cui l’antica città diPoseidonia - siamo all’epoca del-l’entusiastico risorgere di Ercolanoe Pompei - obliata dalla culturaeuropea, fosse stata riscoperta, nelsecolo dei Lumi, grazie ai rilievi delconte Felice Gazola, ufficiale delleartiglierie napoletane, determi-nandone dunque fortuna ed epo-pea: un’ulteriore tappa, più a suddi Napoli, alla scoperta delle bel-lezze italiche. La ricerca sul camponell’ultimo secolo, appena trascor-so, ha notevolmente ampliato leconoscenze sulle vicende e ledinamiche della fondazione diPoseidonia, a sud del Sele, da partedei Sibariti, intorno al 600 a.C. edha chiarito che la presenza antro-pica nella zona, risale al PaleoliticoSuperiore. Ne sono testimonianze imanufatti di selce, recuperati neipressi della Basilica. Prima dell’ar-

rivo dei coloni greci, già preesiste-va un nucleo abitativo, nel corsodel VII secolo a.C. che si serviva diceramiche identiche, per forma efunzione, a quelle usate nella vici-na Picentia (attuale Ponteca-gnano) dove è stato istituito unparco archeologico sull’area del-l’antico abitato. Dal racconto delgeografo greco Strabone diAmasea, sappiamo che il nomedella colonia deriva da un tempioeretto, in onore di Poseidon, daicoloni provenienti da Sibari (posi-zionato, secondo taluni archeolo-gi, nei pressi dell’attuale comunedi Agropoli), nei cui dintorni ave-vano costruito un primo avampo-sto militare. Successivamente,presero possesso dell’intera pianu-ra del fiume Sele. Sulla spondaorientale, sorse il santuario dedi-cato alla dea della fecondità, HeraArgiva, edificato, secondo GaioPlinio Cecilio Secondo detto ilVecchio, dal mitico Giasone, eroeindiscusso degli Argonauti, nella

Frottage da:Tischbein e Joli.

Pagina successiva.Capaccio,Paestum,

AreaArcheologica,

Tempio diCerere.

4

Sulle orme di GoetheLa piana di Paestum

Sulle orme di GoetheLa piana di Paestum

Page 5: Archeologia nella Provincia di Salerno

conquista del vello d’oro. Se allo stato attuale, non è possi-bile più identificare il tempiomonumentale, è giunta sino a noila cospicua decorazione architet-tonica, costituita da circa 70metope in arenaria che facevanoparte di uno o più edifici sacri.Databili tra il 570 ed il 550 a.C.,sono esposte nel Museo Archeo-logico di Paestum. Per la lorovalenza artistica ed il grandeimpatto emozionale rappresenta-no tuttora un fondamentaleapporto per la piena conoscenzadella cultura figurativa dei Grecid’Occidente. I temi iconograficiaffrontati spaziano dalle leggendeevinte dall’Iliade e dall’Odissea,episodi legati alle gesta di Eracle,la Centauromachia, la Silenoma-chia. Anche se le varie ipotesi diricostruzione dell’intero impiantofigurativo sono lontane da unasoluzione che possa considerarsiesaustiva, la recentissima aperturadel Museo Narrante del Santuariodi Hera Argiva alla Foce del Seleha fornito le diverse chiavi di let-tura del santuario, in un modotutto nuovo, essenzialmentedidattico. Dedicato a Paola Zan-cani Montuoro e Umberto ZanottiBianco, i due tenaci scopritori delgrande complesso, il museo fungeda raccordo ideale per la piena e

fruibile restituzione sensoriale diun sito archeologico di cui riman-gono pochissimi elementi visivi. Alsuo interno i racconti seguono unpercorso attraverso ricostruzionitridimensionali, filmati, effettispeciali che guidano i visitatori,facendogli rivivere le palpitantiesperienze della scoperta archeo-logica, gli eventi che l’hanno con-trassegnata. Dal silenzio riemergo-no le voci accorate delle pie donneche invocano la presenza delladea, nello stesso tempo giovane-vergine e donna matura-sposa diZeus. È possibile udire il lamentodi un centauro morente, le gridaesaltanti degli eroi, effigiati persempre nella pietra; assistere atto-niti ed impotenti al drammaticosuicidio di Aiace, al supplizio diSisifo, senza scampo né tregua oall’uccisione di Alcioneo per manodi Eracle. Vediamo Hera-Giunoneconfluire e fondersi nella Madon-na del Granato di Capaccio, in unparallelismo figurativo e sincreticoche affascina per l’arcano e rinno-vato mistero di una sacralità maiinterrotta.Si intuisce pertanto che il grandesantuario, quale importantissimoluogo di culto ebbe dal momentodella sua fondazione, un notevolepeso politico e religioso all’internodel centro antico di Poseidonia. Fu

però, il VI sec. a.C., il periododeterminante per la città, in quan-to a tale epoca risale “…lo svilup-po urbanistico con il tracciato dellestrade, la definizione della grandeagorà, la costruzione delle case”(E. Greco), l’edificazione dei gran-diosi edifici templari d’ordine dori-co (di recente il tempio di Atena èstato sottoposto al restauro diprotezione della pietra, grazie aifondi F.I.O., e del gioco del Lotto,come ci informa la dottoressaMarina Cipriani, direttrice degliscavi e del Museo Archeologico diPaestum). Verso la fine del V seco-lo, i Poseidonati subirono l’occu-pazione da parte dei Lucani chediedero un’ulteriore svolta politicae sociale alla città. A questo perio-do si data la serie di magnifichetombe dipinte finora rinvenute,eccezion fatta per la stupefacenteTomba del Tuffatore, inquadrabilecronologicamente alcuni decenniprima, tra il 480/470 a.C.Quest’ultima, sin dal 1968, epocadella scoperta, ha acceso un viva-ce dibattito, non ancora del tuttoesaurito, in merito al valore quali-tativo della pittura ed alla letturaesegetica delle scene ivi rappre-sentate. Gli esperti d’arte classicala ritennero un eccezionale esem-pio, in cui individuare la bellezzasparita della pittura greca del V

Capaccio,Paestum,

AreaArcheologica,

Tempiocosiddetto di

Nettuno.Pagina successiva.

In alto:Tempio di

Cerere, interno.In basso:

anfiteatro,balteo e cavea.

6

Page 6: Archeologia nella Provincia di Salerno

9

Ancora problematica è l’esattainterpretazione del famosissimo“tuffo” raffigurato sulla copertura.Indubbiamente, la coincidenzadella scoperta con i giochi olimpi-ci proprio nel medesimo anno,contribuì ad alimentare, da partedei mass media, la suggestiva ipo-tesi che il giovane nudo ed imber-be stesse per compiere, lanciando-si da un improbabile trampolino,un’ardita impresa sportiva. Forse,considerando il valore di tutto ilcontesto in cui il gesto si colloca,ha avuto ragione l’illustre storicodell’arte antica, Giovanni Becatti,quando ha ribadito che il pilone dacui il “tuffatore” si lancia, non èaltro che la colonna d’Ercole, con-fine estremo del mondo noto, cir-condato dal fiume Oceano, oltrecui vi è il regno del silenzio, inac-cessibile per gli umani, durante lavita. Pertanto, in quest’ottica,bisogna considerare tutto il ciclofigurativo della tomba: solo così siriuscirà a coglierne il fascino e lasuggestione profonda, ogni qual-volta si rivedono le scene sulle suelastre dipinte. All’interno del Mu-seo Archeologico di Paestum, vi èun’intera sezione dedicata appun-to a circa trecento lastre dipinte,afferenti ad un’ottantina di tombe,rinvenute, nel corso degli anni, sianelle necropoli pestane che negliinsediamenti vicini.Il museo, posizionato entro la cittàantica, è stato riallestito secondoil principio enunciato dalla dotto-ressa Giuliana Tocco Sciarelli,Soprintendente Archeologo diSalerno, per cui esso “…diventacosì il luogo ideale della comunica-zione, vale a dire la narrazionedella storia dell’uomo così come èpossibile ricostruirla attraverso isegni della cultura materiale”. Perlunghi decenni, dalle prime pione-ristiche esplorazioni degli inizi delXIX sec., ha gravato sulle lastredipinte - preziosi documenti ico-nografici antichi -, il peso e la vici-nanza degli “affreschi pompeiani”.Per molti versi, le eleganti sceneconservate nelle domus vesuvianemeglio rispondevano al gusto diun’epoca non troppo remota.Soltanto all’indomani del secondoconflitto mondiale, si è cominciatoad esplorare sistematicamente equindi a preservare tutte le testi-monianze funerarie pestane chehanno riaperto il dibattito intornoal reale rapporto tra la pitturagreca, e quella etrusca, che èancora lungi dalla conclusione. Èpur vero che la comune ereditàvisiva occidentale risulta troppospesso genericamente ancorata adun giudizio analitico, fondato suparametri stilistici che la criticad’arte ha da tempo superati.

Capaccio,Paestum.In alto: Museo Narrantedi Hera Argiva,sala dellestatuette votive.In basso:AreaArcheologica, resti del TempioItalico.

sec. Gli etruscologi, al contrario,hanno a lungo sostenuto la tesi diuna derivazione da modelli pittori-ci etruschi precedenti, confron-tandola con l’analoga scena,all’interno della Tomba della Cac-cia e della Pesca di Tarquinia.Bisogna convenire con l’archeolo-ga Angela Pontrandolfo, quandoafferma che “senza dubbio laTomba del Tuffatore intriga lospettatore con la forza suggestivadelle sue immagini, il cui significa-to, in apparenza evidente ma insostanza ambiguamente sfuggen-te, continua a essere oggetto diinterpretazioni diverse“.Sostanzialmente, per le sue pittu-re, si allontana dall’omogeneitàdello schema iconografico di tuttele altre tombe lucane individuatefino ad oggi. Su tutte le quattropareti che costituiscono la cassafuneraria, è raffigurata la scena diun banchetto, una sorta di simpo-sio platonico, con ben dieci convi-tati, accoppiati o isolati sulle kli-nai, i letti su cui assaporano i pia-ceri del vino, dell’ars amandi, delcanto, accompagnato dal suonodelle lire e si trastullano, giocandoa kottabos, ovvero lanciando vino,dalle coppe, verso un bersaglio fisso.

Capaccio,Paestum.

In alto:Museo Narrantedi Hera Argiva,

metoparaffigurante

l’uccisione diAlcioneo per

mano di Eracle.Al centro:

ricostruzione diun antico telaio

nella saladell’edificio

quadrato.In basso:

resti del Tempiodi Hera Argiva.

8

Page 7: Archeologia nella Provincia di Salerno

conto figurato della tomba diSpinazzo, sottolinea il ruoloimportante avuto dal personaggio,a noi ignoto, nella società posei-donate. Anche dopo il suo passag-gio terreno, egli ha meritato, nel-l’aldilà, “onori e trionfi degni deimembri della sua stirpe e pertanto,da morto, con altrettanti onori puòandare ad occupare il posto che glicompete tra gli avi rappresentatidal vecchio, il pater familias che loaccoglie tendendogli la mano neltipico gesto di fides”. In questouniverso, per molteplici aspettitipicamente maschile - almenodalla documentazione pittorica -dopo la metà del IV sec., alledonne lucane sono riservati onori,rappresentati dai bona domestica,le attività tipiche della sfera fem-minile. La tomba 10, rinvenutanella necropoli della localitàLaghetto, tra le altre, ci restituiscel’immagine di una matrona, sedu-ta ed intenta nel lanificium, conaccanto la devota ancella, stante,che le porge il canestro della lana.La vivacità cromatica e la sempli-ce spontaneità del gesto, pur serispondono a precise tipologiefigurative, prestabilite e talora rei-terate, hanno la capacità di confe-rire al quotidiano, quella serenadimensione del tempo che tra-

Capaccio,Paestum, MuseoArcheologico.In alto:tomba diAndriuolo, lastrasud, Nike subiga e cavaliere.Al centro:tomba delTuffatore, lastraovest, flautistae corteo.In basso:tomba 10,localitàLaghetto,lastra ovest,particolare.

Come si fa a rimanere insensibili difronte alla freschezza compositiva- non ingenuità! - del racconto,palesemente esplicito, del ritualefunerario e del conseguente viag-gio verso l’oltretomba, enucleatotante volte ed in maniera maiidentica, sulle lastre pestane?Emblematica è la tomba 47, data-bile verso la metà del IV sec. a.C.,proveniente dalla necropoli diAndriuolo, ubicata a ridosso dellemura di Poseidonia. Nel piccolotimpano triangolare della lastraest, scrive ancora la Pontrandolfo,in un esemplare saggio dedicatoalle tombe pestane, vediamo laminuta defunta, nel momento incui si accinge “…a salire sullabarca infernale guidata da ungenio alato. Questa figura ibrida,che mescola i tratti del Carontegreco e della Vanth etrusca appar-tiene al pantheon locale e assumela funzione di nocchiero degliInferi. La composizione non haconfronti, pur essendo costruitaattorno ad uno schema canonico,quello della nave resa di profilonella sua metà di poppa e con lascala di accesso disegnata pro-spetticamente”. Verso la fine del IVsec., diminuisce in maniera consi-derevole il numero delle tombedipinte, sotto la spinta di nuove

istanze e tensioni politico-territo-riali che investono in toto ilmondo italiota, per cui, soprattut-to nella necropoli di Spinazzo, lepitture testimoniano mutati riferi-menti a modelli culturali ed icono-grafici diversificati. I personaggisono raffigurati a grandezza natu-rale: esemplificativa è una tombaa camera, recuperata a Tarantodalla Guardia di Finanza, ma pro-veniente dall’area pestana. Sullaparete centrale vi è “…un perso-naggio anziano con barba e capellibianchi, stante di tre quarti a sini-stra mentre stringe con la destra lamano di un giovane uomo che gli è

di fronte. Quest’ultimo è seguito daun giovanetto che regge sulla spal-la sinistra una lancia con trofeo etiene con la destra le redini di uncavallo dipinto sulla parete latera-le, dove è raffigurato un secondodestriero, carico di una soma su cuitroneggia un piccolo cagnolino dallungo pelo bianco e dal musoappuntito”. Un secondo corteocopre l’opposta lastra laterale: quiviene immortalato il ritorno di uncavaliere verso una matrona capi-te velato, seguita da una fanciullahydrophora, ossia recante sullatesta un’hydria di bronzo, il vasoricolmo di acqua. Il complesso rac-

Capaccio,Paestum,

MuseoArcheologico.

In alto:tomba a

camera, localitàSpinazzo,

scena diincontro. In basso:

tomba delTuffatore, lastra

di copertura.

10

Page 8: Archeologia nella Provincia di Salerno

13

niera radicale i segni politici delpassato greco poseidonate, chenella fase lucana erano statirisparmiati o addirittura si era con-tinuato ad adoperare”. L’esempiopiù eclatante è costituito dalcenotafio eroico del fondatoredella colonia, l’ecista appunto,innalzato intorno alla fine del VIsec. a.C. e seppellito dai nuovipadroni romani, senza danneg-giarlo, in modo da cancellare persempre la memoria sacra e politi-ca più alta dell’antica città greca.Intorno al 90 a.C., Paestum otten-ne la municipalità. Le trasforma-zioni urbanistiche ed architettoni-che di tutta l’area del foro mostra-no il rinnovato benessere del pic-colo centro. Permane il ricordodella munificenza privata persinodi una donna, la ricchissima Mi-neia, moglie di Caio Cocceio Flac-co, esponente del partito di Cesa-re. Ad essa infatti, vanno attribuitii rifacimenti della Basilica, del c.d.Tempio Italico e forse del Tempiodella Mens Bona ovvero il Tempiodella Pace, adiacente il foro.L’evento fu storicizzato con l’emis-sione di monete recanti al drittouna divinità femminile, al rovescioil Tempio della Mens Bona con lalegenda Mineia Marci filia.Altri edifici sorsero in piena epocaimperiale: ad esempio, le PiccoleTerme, nell’area del SantuarioMeridionale e l’Anfiteatro.Quest’ultimo, di poco anteriore, fu

ingrandito sotto il regno dei Flavi,dotandolo di un anello esterno conuna serie di archi su poderosi pila-stri in laterizi. Attualmente la vistaè fortemente compromessa da unastrada moderna che, attraversan-dolo, ne copre buona parte dellasuperficie.Ma l’idea più completa della cittàimperiale è data dai materiali pro-posti nelle nuove sale espositivedella sezione romana inauguratada pochi anni, al primo piano delmuseo archeologico.Apre la pars romana l’emblematicastatua bronzea del sileno Marsia,eretta nel Foro dai coloni latini,prevalentemente liberti ed exschiavi, a testimonianza dellaottenuta libertà.Suggestivo è l’allestimento dinumerosi ritratti in marmi pregia-ti. È possibile riconoscere l’imma-gine ufficiale dell’imperatoreTiberio, di Livia, nelle vesti dellaPax Augusta, capite velato sovra-stato da una corona di olivo. Dalsantuario extraurbano di SantaVenera, proviene un gruppo di sta-tue di piccole dimensioni, risalentialla metà del I sec. a.C.: un Hermesseduto, un’Afrodite Anadiomeneoltre ad un’Artemide-Hekate.Interessante è la statua di untogato ed ancora una testa-ritrat-to femminile, caratterizzata dallatipica altissima acconciatura aboccoli, databili entrambe all’etàdi Vespasiano, allorquando Pae-

stum, nel 71 d.C. accolse, per vole-re dell’imperatore, una colonia diveterani della flotta di CapoMiseno. Furono loro assegnate siala cittadinanza romana che leterre incolte del territorio circo-stante.A quest’epoca, risalgono le epigra-fi inerenti l’ascesa dei veterani allemassime cariche politiche dellacolonia. Significativo ed emblema-tico è il caso dei Tullii Ciceronesche, dietro un nomen così presti-gioso, palesavano una presuntaquanto poco credibile discendenzadal famoso oratore latino. Il per-corso espositivo, iniziato al pianterreno, seguendo un preciso esignificativo iter diacronico e dia-topico, si conclude, per il momen-to, con le ultime testimonianze deltardo antico che attestano anchea Paestum, la lacerante crisi del-l’impero romano. È indubbio che laparte preponderante è costituitada eccezionali corredi di repertigreci e d’ambito lucano nonchédalle strabilianti sequenze dellemetope dell’Heraion.Prossimamente, nel museo trove-ranno posto, grazie ai fondi P.O.R.Grandi Attrattori, anche repertipreistorici e protostorici, databilitra il IV ed il III millennio. Sarannola prima sezione dell’itinerariomuseale di indubbio valore peruna più approfondita comprensio-ne della città antica, patrimoniodell’umanità.

Capaccio,Paestum, MuseoArcheologico,ritrattodell’imperatoreTiberio e di Livianelle vesti di PaxAugusta.

scendendo l’imponderabile vanitàdel tutto, lascia i viaggiatori d’ungiorno e d’ogni latitudine, disar-mati e sorpresi.In epoca romana, è probabile chefurono i nuovi padroni a mutarle ilnome in Paistom, poi Paestum.Alleata di Roma, nelle guerre con-tro Pirro, ottiene una colonia lati-na nel 273 a.C. e da allora iniziaquel processo di trasformazioneurbana che è ancora evidentenegli scenografici monumenti chegravitano intorno al foro romano.Intorno al I sec. a.C. le sontuosedomus, adorne di pavimenti musi-vi, ad occidente dell’area pubblica,all’interno del parco archeologico,costituiscono la testimonianzadella ripresa economica e sociale.In tempi recenti, abbandonata latesi secondo cui, un terzo dellacittà, nella parte ad oriente dellaRegia Strada delle Calabrie, (l’at-tuale ss. 18), fosse stato edificatoin ambito romano, “...si è costatatoche i Romani hanno recepito lasostanza dell’impianto regolaregreco risalente ad epoca arcaica”.In questo settore, l’indaginearcheologica moderna ha postol’attenzione. È stato ridefinito ilquadro urbanistico e strutturaledella colonia latina che per troppotempo era stato offuscato dallagrandiosità architettonica ed ico-nografica della polis magno greca.È emerso pertanto che i Romaniprovvidero a “…cancellare in ma-

Capaccio,Paestum,

MuseoArcheologico.

In alto:sezione romana.

In basso:testa-ritratto

di etàflavio-traianea.

12

Page 9: Archeologia nella Provincia di Salerno

15

ne, relativa ai quattruorviri edili,Marcus Antonius Marci filius eCaius Cornelius Caii filius Fuscus,rinvenuti in loco, testimoniano l’e-sistenza di un ponte sul fiume chesegnava in quel punto il limite dipertinenza dei territori nocerini epompeiani.Le due pietre indicano, rispettiva-mente la distanza di sette migliada Nuceria, e la ricostruzione delponte a spese degli ediles. Lungola Nuceria-Pompeios, la grandearteria viaria, oggi ricalcata inparte dalla statale 18, furono edi-ficati non solo imponenti monu-menti funerari ma anche numero-sissime domus extraurbane, spessoa scopo produttivo, appunto leville rustiche. “Nel 1992, nei pressidi Via Torino, nel fondo di proprietàPrete, nel corso di normali control-li in occasione di sbancamenti percivili abitazioni, sono venute allaluce le strutture di una villa rusticaromana seppellita dall’eruzione del79 d.C. Già nel 1932 era stata iden-tificata e nel 1934 in piccola parteesplorata da Matteo Della Corte”.Così Marisa de’ Spagnolis, in unponderoso volume pubblicato direcente (cfr. la recensione in Cam-pania Felix, n. 8, anno V), riporta lanotizia della scoperta della villa.Un sigillo di bronzo ha restituito ilnome dell’ultimo proprietario, N.Popidio Narcisso Maiore.Ciò che colpisce un perseveranteturista che voglia tentare la nonagevole visita al complesso, è lasua estensione: ben ventiquattro

Scafati,Villa Prete.In alto:particolaredel vano 13.In basso:vano 13,particolaredella stufa.

Un possibile itinerario archeologi-co, nel caos urbanistico delle terresolcate dal fiume Sarno, potrebbeavere inizio all’interno del tessutoabitativo del comune di Scafatidove la moderna indagine esplora-tiva ha riportato alla luce conside-revoli evidenze strutturali, poste inantico ai limiti dei territori diPompei e di Nuceria Alfaterna. Gli smisurati cantieri di scavo diErcolano e Pompei, aperti nellaprima metà del Settecento, trameraviglia ed entusiasmi collettivi,hanno, agli occhi dei più, fattoritenere a lungo che in una macroarea vesuviana più ampia, non vifosse, fino al fatidico anno 79 d.C.,nient’altro che valesse la penariportare in luce.Eppure, oggi siamo lontani daitempi dei soprintendenti borboniciche annotavano, in maniera zelan-te, nei diari di scavo, “vasi e fab-briche di niun valore”!Il Novecento ha reso giustizia agliinnumerevoli ritrovamenti adoriente ed occidente di Pompei,contribuendo, in tal modo a defi-nire, talora nei dettagli, la riparti-zione del territorio e gli insedia-menti collegati dalle grandi stradeche li attraversavano. Nel casospecifico di Scafati, le campagnedi scavo condotte negli ultimianni, hanno finalmente acclaratoche nell’antichità ricadeva nelsuburbio orientale di Pompei. Il fiume Sarno costituiva inoltre unvero confine naturale. Due cippi,uno miliario e l’altro con iscrizio-

Scafati,Villa Prete.

In alto:in primo pianodolii interrati.

In basso:vano 15,

particolaredi struttura

circolare.

14

Lungo il Sarno e verso il mareL’agro Sarnese Nocerino e le ville costiere

Lungo il Sarno e verso il mareL’agro Sarnese Nocerino e le ville costiere

Page 10: Archeologia nella Provincia di Salerno

17

giati sulla nuda terra battuta.Entrambi avevano ancora al colloun anellino di ferro ed un campa-nello di bronzo. Uniche presenze divita rimaste nella villa, senza pos-sibilità alcuna di scampo e di fuga.La corda impedì loro la salvezzadall’immane tragedia che si stavaconsumando. In quel nefasto giorno d’agosto diduemila anni fa, anche dalla casadi Popidio Narcisso, forse riusciro-no tutti a fuggire, trovando, cipiace pensare, riparo verso Nu-ceria, più lontana dal Vesuvio maospitale e sicura. Nessuno ebbeprobabilmente il tempo necessarioper liberare i fedeli amici domesti-ci, che pur avranno avuto unnome, compagni di avventure egiorni più lieti. Rimasti sepoltisotto le tegole del tetto crollato,come altri simili in altrettante villevesuviane, a Boscoreale e Stabiaad esempio, testimoniano tuttorail valore e la vicinanza agli umanidall’alba del mondo.Villa Prete, naturalmente non è lasola realtà archeologica presente aScafati, ma forse è l’unica fruibilee visitabile nel contesto delletante emergenze antiche sul suoterritorio.Prima di dirigerci verso NoceraSuperiore, dove nell’antichitàfurono innalzate le mura diNuceria Alfaterna, è d’obbligo unadeviazione a Sarno, per una sostapresso il teatro ellenistico-romano

di Foce. Nei primissimi anniSessanta del XX secolo, nel corsodi “traumatici sbancamenti edifi-catori” venne scoperto un teatro,piccolo gioiello dell’architetturaellenistica, nell’ager nucerinus. Loscavo rese subito evidente lasovrapposizione tra l’edificio ed uncentro di culto anteriore, inqua-drabile cronologicamente tra iltardo IV sec. ed il III a.C.Il teatrino, in effetti, rappresentauno dei monumenti del grandecomplesso architettonico-religiosodi cui faceva parte. Per assettotipologico e scala dimensionaletrova riscontro nelle analogherisoluzioni di Pietrabbondante inMolise e nel teatro piccolo diPompei. È possibile datarlo, allaluce di evidenti adeguamenti fun-zionali, alla fine del II secolo a.C.Realizzato sul pendio degradante edolce della collina - consuetudinecostruttiva degli edifici scenici ditradizione greca - colpisce per l’al-ternanza cromatica dei materialidi cui è costituito: il calcare diSarno, dalla tipica sfumatura gial-lo ambrata, alternato al tufo grigiodagli intensi riflessi di un blu bril-late degli eleganti sedili dell’imacavea, ovvero la parte bassa dellegradinate riservate al pubblico. Glielementi che lo caratterizzano,sono i tre ordini di sedili dellaproedria, quella zona cioè doveprendevano posto i cittadini piùillustri. Costituiti da un unico

blocco di pietra, con la spallierache funge da balteo alla fila supe-riore, si concludono lateralmente,a destra e a sinistra, in raffinatis-simi braccioli a guisa di zampaleonina, nei due ordini inferiori, edi sfingi, nell’ultimo filare. Lasumma cavea, la porzione più ele-vata dei gradini, destinata al sem-plice pubblico, è distinta da unafascia di delimitazione, detta dia-zoma. Delle gradinate superioririmane l’impronta nell’emiciclo diterra del pendio su cui furonocostruite. Oggi il declivio è rico-perto da un verdissimo prato, spe-cialmente nelle giornate primave-rili, assolate ed ancora carichedelle abbondanti piogge di marzo.I confronti stilistici con la vicinis-sima Pompei fanno ipotizzare lapresenza di Telamoni, mitici semi-dei dalle umane sembianze, lungogli analemmata, ovvero i muri didelimitazione della cavea con leparodoi, corridoi di accesso trion-fale ai posti d’onore. L’orchestra haun raggio di 6 metri circa e nonconserva alcuna traccia di pavi-mentazione, al contrario del gran-dioso teatro della vicina Nuceria,adorno di preziosi marmi policromiafricani ed orientali.La scena si presenta molto com-plessa invece, chiusa alle dueestremità da due corpi trapezoida-li, i parasceni obliqui. Conservauna scaenae frons rettilinea, su cuisi innestavano cinque porte, tom-

Paginaprecedente.Scafati,Villa Prete.In alto:stalla con i restidi animalidomestici.In basso:vano 15, cucina,particolare convaso fittile entrouna nicchia.In questa pagina.Sarno,località Foce,teatro ellenisticoromano, vedutagenerale dellasumma cavea.

ambienti ripartiti su 652 mq alpiano terra e 56 mq al piano supe-riore. Lo schema architettonicoseguito risulta estremamente pre-ciso: di forma rettangolare, mapratico e funzionale, vicino, pertipologia, alla celeberrima Villadella Pisanella di Boscoreale.In comune avevano la stessa voca-zione: lo sfruttamento agricolo deiterreni di pertinenza, finalizzatoalla produzione di vino. Fu edificata nel corso del I sec.a.C., verosimilmente seguendo uniniziale progetto, ultimato all’epo-ca della grande commercializza-zione dei vini pompeiani e sorren-tini, dopo i rivolgimenti sillani,quando tutta l’area vesuviana fu dinuovo al centro di grandi trafficicommerciali. I bolli sulle tegole dicopertura forniscono sicuri ele-menti di datazione in quanto reca-no impresso il marchio di fabbricadi Lucius Eumachius e LuciusSaginius Prodamus, personagginoti ed attestati a Pompei, tra lafine della repubblica romana e laprima età augustea. La disposizio-ne degli ambienti, nonostante latecnica architettonica sia spessoimperfetta ed approssimativa, sipresenta tuttavia organica e razio-nale. La pars abitativa ha subito rifaci-menti durante il primo impero. Aquest’ultimo periodo, risale ilmosaico riferibile al III stile pom-peiano del triclinio, la creazionedel vano n. 5 e del laconicum, rica-vato nell’atrio comunicante diret-tamente con la cucina. Qui, fuinstallato anche il forno in funzio-ne probabilmente del limitrofobalneum, ossia la piccola termaprivata della casa. L’acqua calda viaffluiva attraverso lo spessoredella parete ed era raccolta, in unlabrum murato, il contenitore interracotta dove l’acqua venivaprofumata versandovi essenzearomatiche, contenute in unvasetto vitreo, l’aryballos, poggia-to sopra. L’ambiente termale,riscaldato da una stufa, è ridottoal solo calidarium, al cui internotroviamo la vasca di ridottedimensioni, sufficiente appena peruna persona. La disposizione delvano, a ridosso della cucina seguein pieno i dettami di Vitruvio, chenel De Architectura, ribadisce ilconcetto della necessità dei bagniin una villa rustica, per fare inmodo che gli schiavi possanolavarsi nei giorni di festa. Secondol’erudito, abluzioni troppo fre-quenti rendono debole e fiacco ilcorpo. Quanto lontane tali prescri-zioni dai moderni concetti di igie-ne personale! Va ricordato che unsecolo prima del grande architettoromano, Catone il Censore aveva

definito la servitù, instrumentumvocalis, considerando la voce,quale unico elemento di differen-ziazione dall’instrumentum mu-tum, cioè un comune utensile...Gli ambienti di maggior interessesono sicuramente il triclinio, il tor-cularium (vano per la premituradelle uve), la grandiosa cella vina-ria, il laconicum e la stalla. Nelprimo, vero centro della villa, lepareti erano rivestite di intonacorosa, senza tracce di affreschi. Ilpavimento, in cocciopesto, conser-va una serie di quaranta quadratidi mosaico, delimitati da tesserebianche con al centro una rosettabianca o nera. Il motivo decorativomolto raro in antico è attestato aPompei nella Casa dell’Argenteriaed in una villa romana aSant’Antonio Abate.Il torcular è invece l’ambiente piùgrande di tutto l’edificio ed è indiretto rapporto con la cella vina-ria. Rinvenuto completamentesigillato dai lapilli e dalla ceneredell’eruzione pliniana del 79 d.C., èl’unico vano in cui né clandestini,né forse i suoi abitanti feceroritorno, all’indomani del tremendocataclisma, per recuperare suppel-lettili ed oggetti preziosi. Dotato diun soppalco, conserva tutti i baci-ni di premitura e gli attrezzi adessi connessi, al contrario dellacella, da cui furono asportati i doliiovvero i grandi contenitori fittiliatti a contenere il vino che costi-tuiva il bene più importante dellavilla.Dalle impronte ancora evidentidell’interro, si evince che vi fosse-ro alloggiati sessantuno dolii,divelti, usando strumenti metallici.Molto interessanti sono gli incassidi pali lignei posti nel cortile persostenere stuoie o qualche altromateriale che ombreggiasse igrandi vasi nelle giornate partico-larmente calde, nonostante fosse-ro dotati di opercula, i grandicoperchi. Il laconicum, in strettorapporto con gli ambienti termali,è di ridotte dimensioni e conservasul lato orientale, due pilastrini dieguale larghezza che sostenevanouna panchina lignea; una nicchianel muro, consentiva alle personesedute sulla panca, di poggiarecomodamente le braccia, durantela sudatio. L’ampia corte con ilpozzo centrale fungeva da raccor-do tra il blocco più propriamenteabitativo della villa e la parterustica. L’ambiente più impressio-nante dell’intero complesso è lastalla. Collocata nell’angolo sudorientale della struttura, in ade-renza alla cucina, è stata rinvenu-ta come il torcular, interrata dallapillo che ha restituito gli schele-tri di un cavallo e di un cane, ada-

Page 11: Archeologia nella Provincia di Salerno

19

strina, Tivoli, Gabii. Nel 1990approfondite campagne di indagi-ne archeologica, hanno permessodi individuare, nella zona a monte,a poca distanza dal teatro, un edi-ficio pubblico, collegato al santua-rio, con un criptoportico cui siaccedeva attraverso un ingressodai cardini in bronzo e che conser-va quattro rocchi di colonne equi-distanti.La scoperta di una favissa, sorta digrande buca sacra, al centro del-l’ambiente, ricolma di frammentidi terrecotte architettoniche deco-rate da delfini affrontati ed ele-menti fitomorfi, oltre a pesi datelaio; tali elementi appartengonoad una fase dell’impianto prece-dente che avvalora considerevol-

mente la tesi della sacralità ditutto il contesto territoriale, alme-no fino alla fine dell’età repubbli-cana. Fu allora che sopravvenuti erepentini rivolgimenti politici edeconomici stravolsero l’interaarea, interessata successivamenteda modifiche sostanziali. Si passòda una organica funzione pubblicaad un modesto utilizzo rustico,documentato da una piccolamacina, da ampie tracce di brucia-to su improvvisati piani di cottura,nei vani modesti ricavati dalladivisione dei grandi ambienti inangusti tuguri. Le eleganti statuine votive femmi-nili e gli altri ex voto fittili, rinve-nuti nell’area, caricano di arcanisignificati il luogo che vedeva nel

teatro e nelle acque lustrali dellasorgente, un momento di comu-nione con la divinità.Qualche anno fa, a poca distanzadal luogo sacro, in località Garitta,è stata recuperata una tomba acassa dalle lastre di tufo dipinte diincomparabile bellezza, sia per lavivacità della cromìa che per l’im-mediatezza compositiva.Definita del Guerriero, in consi-derazione del tema iconograficoraffigurato, è stata datata al IVsec. a.C. dall’archeologa LauraRota che l’ha portata alla luce.Da Sarno a Nocera Superiore; daun piccolo teatro ad un altro didimensioni maggiori: quello sco-perto tra le località di Pareti e diPucciano. Edificato nel II a.C. rap-

Sarno,località Garitta,tomba delGuerriero,lastre dipinte.

pagnate, forse in piena epocaimperiale.Sotto il regno di Augusto, vi fu unatrasformazione radicale: si ampliòaggiungendo un proscenio inmuratura con al centro un’iscrizio-ne oggi mutila della parte superio-re. L’epigrafe ci attesta unicamen-te che qualcuno… D S P F C I “desua pecunia faciendum curavit ite-rum”, …fece ricostruire a sue spesel’edificio.A ridosso dello spazio scenico perle rappresentazioni, rimane unagrande area porticata, la porticuspost scaenam, luogo d’incontrodegli astanti, una sorta di foyerante litteram, dove passeggiare ediscutere, prima e dopo gli spetta-coli, dall’alba al tramonto, secondorituali antichissimi.Il famigerato terremoto avvenutonelle None di Febbraio dell’anno62 d.C., di cui Seneca ricorda iguasti prodotti ad Ercolano e aNocera, lo danneggiò. L’eruzionedello “sterminator Vesevo” del 79d.C. innescò il graduale ed irrever-sibile processo di utilizzo semprepiù sporadico dell’edificio che tut-tavia sopravvisse fino al III d.C.Oltre al teatro, del santuario face-va parte anche un tempio, nonancora individuato e forse daricercare alle sue spalle, conside-rando che il complesso architetto-nico si atteneva a schemi struttivisacri ben noti in ambito ellenisti-co-romano, ad esempio a Pale-

Sarno,località Foce.

In alto:teatro ellenistico

romano,ima cavea e

proscenio inprimo piano.

In basso:bracciolo a

guisa di zampadi sfinge.

18

Page 12: Archeologia nella Provincia di Salerno

21

cui “parte superiore è a forma didisco stilizzazione della testaumana”. L’iscrizione Numisia/AF,su una di esse, ovvero Numisiafiglia di Aulo, indica l’appartenen-za del sepolcro alla omonima gens,attestata a Nuceria Alfaterna, adErcolano e a Pompei, tra la finedell’età repubblicana e l’età augu-stea. Un’iscrizione coeva, docu-mentata ad Ercolano, ricorda P.Numisius, l’architetto che proget-tò, almeno nella fase iniziale, ilteatro romano di Ercolano.Accanto al primo, un secondo edi-ficio a podio, sopra un grandiosobasamento pseudo quadrangolare,in blocchi di tufo e calcare, hanella parte superiore una vera epropria tholos, una struttura cioècircolare dotata di cupola termi-nale. Due ante sporgenti sull’asseviario, sorreggevano leoni acco-vacciati e mansueti, a protezioneeterna dei trapassati. La strutturatrova un puntuale confrontoarchitettonico ad Ostia, con il

mausoleo di Porta Marina databileintorno al 25 a.C.Era forse della gens Cornelia: nefornisce l’indicazione un cippofunerario entro il recinto delmonumento che ha tramandato ilnome di una ignota CorneliaAnthis, liberta di Gnea. Il monu-mento indicato quale terzo, è col-locato sul lato meridionale dellastrada a cui si raccorda mediantedue simmetriche scalinate diaccesso, divise da piccole panchi-ne. È sicuramente il più ricco disuggestione. Databile alla metàdel I sec. a.C., sulla parete frontalereca, inglobate, due epigrafimetriche in latino e in greco. Laprincipale è la lamentazione inprima persona del proprietario delsepolcro: Quinto Lutazio Varo, undiciassettenne di nobile stirpe,morto nuotando, o come recita l’e-pigrafe, rapito dalle Naiadi, terri-bili divinità fluviali che lo strappa-rono ad un futuro radioso, egli, piùbello di un dio.

La seconda invece dal medesimotono, è l’accorato compianto fune-bre del padre per la perdita delfiglio. Il commovente lamento, inambedue le lingue, esorta il vian-dante alla sosta, alla riflessionesull’infausta sua sorte; forse, inultima analisi, alla considerazioneamara dell’eterna vanità della vitaumana. Sulla platea, intorno almonumento, furono collocatetrenta columelle e la stele funera-ria di una giovinetta, tutte dellagens Lutazia, spesso dai cognomi-na greci quali Sosicen, Agathemer,Hermes, Eros… Si segnala la columella indicatacome dodicesima, in quanto raffi-gura un busto con una testa daicaratteri fisionomici maschilidecisamente marcati. Risale certa-mente alla fase finale di utilizza-zione del monumento al cui inter-no si accede mediante una picco-lissima apertura, quasi nascostaalla vista di ospiti indesiderati cheavrebbero potuto destare il sonno

NoceraSuperiore,località Pizzone,necropolimonumentale,monumentofunerario dellagens Lutatia.

presenta il più grandioso esempio,sia per dimensioni che per posizio-ne scenografica, tra quelli docu-mentati in Campania. Fu erettonella parte più alta del centroantico, a ridosso della cortinainterna delle mura meridionali,alle pendici del monte Albino.Nella sua fase originaria era largo76 metri, raggiunse in piena etàaugustea i 96 metri, a seguito del-l’ampliamento della cavea peradattarlo a nuove esigenze tecni-che di rappresentazione. A bocca-scena, rimangono tre nicchionientro cui erano collocate statuecolossali di personaggi di rangoimperiale. È ancora evidente partedel pavimento dell’orchestra, for-mata da tessere di marmi policro-mi, dal pavonazzetto al nerod’Africa, al giallo di Numidia, testi-monianze sicure della grande ric-chezza di materiali impiegati nellacostruzione del monumento. L’edificio subì i danni del violentoterremoto del 62 d.C., ricordato daSeneca; negli anni immediata-mente successivi al cataclisma furestaurato e sopravvisse, come delresto la città stessa, alla terrifi-cante eruzione pliniana del 79 d.C.Si trattò con molta probabilità,dell’ultima sistemazione dell’im-pianto ludico, poiché dopo il IVd.C., fu letteralmente spoliato deisuoi materiali più preziosi. Non piùin uso, seguì la sorte comune atanti edifici del mondo greco-

romano; non riconvertiti o adatta-ti alle mutate esigenze della socie-tà medioevale, funsero da cave perstrutture più nuove e diverse ofurono travolti irrimediabilmentedal tempo e dal corso naturaledegli eventi.Dal teatro l’escursione prosegue,percorrendo la strada statale 18 indirezione di Cava de’ Tirreni, sta-volta alla scoperta di una necropo-li monumentale. Cinque anni diesplorazione meticolosa su un’a-rea archeologicamente ignota, adoriente della cinta muraria diNuceria Alfaterna, hanno portatol’archeologa Marisa de’ Spagnolis,a ridisegnare uno scenario nuovodella società nocerina dell’epocatardo repubblicana. La grandenecropoli prende il nome dal topo-nimo Pizzone, sul lato destro deltorrente Cavaiola. Difficilmente siriesce ad immaginare che vi siaun’oasi archeologica, stretta inuna morsa tra enormi capannonidalle ciminiere sbuffanti, protettadalla collinetta artificiale su cui lanatura ha ripreso il suo regno. Unastrada a triplice carreggiata egrandiosi monumenti funerari suentrambi i lati lasciano per qual-che momento senza parole. Non èpossibile credere che oltre il fasti-dio, il frastuono dei macchinari diproduzione continua ed i miasmidel torrente vicino, passeri e merlinidifichino ancora sui virgulti e suirovi novelli. Sette metri di terreno

alluvionale, al di sotto del pianoattuale di campagna, hanno rico-perto una via cava, ossia una stra-da incassata, larga mediamente 10metri, realizzata rimuovendo ilterreno già in epoca romana.Lungo i due lati, svettano cinquegrandi mausolei funerari su setteevidenziati finora. Dietro di essinumerosissime deposizioni suc-cessive: tombe in anfora, a cassa, abauletto, alla cappuccina, inqua-drabili cronologicamente dal I sec.a.C. fino al IV d.C., epoca dell’ab-bandono dell’area, secondo i datiraccolti durante la prima campa-gna di scavo archeologico. Imonumenti, sin dalla loro origina-ria edificazione, furono progettatiin modo da essere disposti inmaniera scenografica, su due dif-ferenti livelli.Il primo monumento è del tipo atumulo. Eretto su un podio circo-lare, è costruito in opus incertumdi calcare locale, rivestito all’e-sterno di intonaci a finte crustaemarmoree. L’accesso si apre lungoil muro di terrazzamento, diretta-mente sulla strada e consente dientrare, dopo un breve corridoio inascesa, all’interno della piccolacamera funeraria. Rotonda, comeil monumento sovrastante, ha ottonicchie realizzate nelle pareti peralloggiarvi le urne cinerarie. Unaltro tratto di corridoio, simmetri-co al primo, termina con due colu-melle, ossia segnacoli funerari, la

NoceraSuperiore,

località Pareti, teatro ellenistico

romano,veduta.

20

Page 13: Archeologia nella Provincia di Salerno

23

nare ad Efeso e in una notte sceseal mare e fece in tempo ad imbar-carsi su una nave che stava sal-pando...” (lib. V, cap. X).Conclusa la visita a Pizzone, èd’obbligo una sosta ad un monu-mento paleocristiano: il Battisterodi Santa Maria Maggiore. È al tra-monto, nei pomeriggi di primave-ra, che la sua cupola taglia il cor-done che la lega al tamburo sotto-stante, sopra gli archivolti, ecomincia a librarsi in aria. Le quin-dici coppie di colonne d’alabastroegiziano, di breccia d’Aleppo, dimarmo cipollino, s’illuminano,inondate dalla luce entrata conprepotenza da ogni finestra, dal-l’abside e da piccole fessure, neltessuto connettivo e nell’ordito delpossente muro perimetrale, primache il crepuscolo ne allunghi leombre. Edificato nei pressi di ciòche rimaneva in piedi del foro diNuceria, verso la metà del VI sec.d.C., su progetto di un ignotoarchitetto bizantino, rappresental’ultimo, forse estremo tentativo dirivitalizzare intorno ad esso, unacittà che a lungo era stata allaribalta sulla scena politica dell’im-pero romano. In epoca tardo anti-ca, il grande centro dell’AgerNucerinus fu travolto però da unrovinoso tracollo economico esociale, fatale per tante città diprovincia. Il Battistero, tramanda-to a noi con il nome popolare deLa Rotonda, fu costruito su ungrandioso complesso architettoni-

NoceraSuperiore,località Pizzone,necropolimonumentale.In alto:monumentofunerario apodio dellagens Numisia,corridoiointerno.In basso:columelle.

eterno del fanciullo, o piuttostoviolarne la sacralità. È questo unfenomeno comune e diffuso inogni tempo e in ogni latitudine.Non sempre l’ipotetica o reale pre-senza di un sontuoso corredo negiustifica il saccheggio. Infatti,talvolta le ragioni, nell’antichitàerano più profonde: eventi diguerra, damnatio memoriae,volontà di sopraffazione totale dinuovi padroni, o semplice riutiliz-zazione di un’area, in altra epoca,per altre genti. A Nuceria, già notadalle fonti letterarie, furono am-bientate le peripezie di Abrocome,l’infelice amante di Anzia, eroinad’un romanzo di Senofonte Efesio,uno scrittore greco, vissuto tra il IIed il III sec. d.C. Il giovane durantela tenace ricerca di Anzia, rapita aTaranto, “...partito dalla Siciliaapprodò a Nuceria. Sebbene, per lamancanza del più stretto necessa-rio non sapesse cosa fare, si miseper prima cosa alla ricerca diAnzia, perché questa per lui era laragione della vita… Poiché le suericerche erano del tutto vane (laragazza era infatti a Taranto, pres-so il padrone del bordello), si occu-pò quale salariato presso alcunilavoranti di pietre. Siccome il suocorpo non era abituato a sottopor-si a fatiche intense e gravi, il lavo-ro gli riuscì penoso…” (lib. V, cap.VIII). “...Questi, in un primo tempo,a Nuceria continuò il suo lavoro,ma alla fine non reggendo più allafatica, decise di imbarcarsi e di tor-

NoceraSuperiore,

località Pizzone,necropoli

monumentale.In alto:

monumentofunerario a

podio della gensCornelia. In basso:

monumentofunerario

numero 1,particolare delle

colonne.

22

Page 14: Archeologia nella Provincia di Salerno

25

co romano d’età imperiale. Di que-sto restano mosaici pavimentalipolicromi ed avanzi di muri, deli-mitanti ambienti che ne taglianoaltri, più antichi, della fine dellarepubblica, sullo scorcio del I sec.a.C.L’impianto del monumento cheevidenzia forti analogie con SantaCostanza a Roma, ruota intorno adun grande cilindro alto 3 metri.Campeggia al centro una vascabattesimale ottagonale, seconda,per ordine di grandezza, in Italia, aquella di San Giovanni in Laterano.Capitelli, fusti di colonne, elemen-ti architettonici e decorativi inglo-bati internamente, mensole, corni-ci, epigrafi funerarie, onorarie ecelebrative, provengono, asportatein antico, da edifici augustei,adrianei o posteriori, già abbando-nati ed in disuso nell’età dell’im-peratore Giustiniano, allorquandoprobabilmente s’aprì il cantiere delmonumento. Durante il Medioevo,l’edificio subì modifiche radicali:lo spostamento dell’ingresso e del-l’abside, per motivi tuttora nonchiariti, l’asportazione di tre delleotto colonnine collocate sullavasca. Due di esse sono state direcente individuate una all’esternodel campanile (disegnato nel XVIIIsecolo da Francesco Solimena)della cattedrale di Nocera Infe-riore, mentre l’altra nell’ampiacorte interna della Caserma To-fano, splendido edificio d’epocaborbonica. La prima era stata

NoceraSuperiore,località SantaMaria Maggiore,Battisteropaleocristiano.Paginaprecedente.Interno.In questa pagina.In alto: interno.In basso: abside,particolare delpavimentomusivo.

Page 15: Archeologia nella Provincia di Salerno

27

un’ampia sala ipogea (la Terra-santa) ed un affresco, su una pare-te del giardino retrostante ilBattistero, con la raffigurazione diuno scheletro con falce e clessidratra le falangi. Esposto oggi alleintemperie, il pannello volevaessere un imperituro mementomori d’epoca barocca e dal vagosapore contadino o forse testimo-niava, nella presumibile sala mor-tuaria dell’Ospedale, che, oltre albattesimo, atto primo della vita edel neofita, anche il trapassocostituiva una tappa inderogabiledell’uomo e del cristiano in untempo di pestilenze e di traversiecollettive. Sul muro di conteni-mento esterno, sul sagrato anti-stante, la caduta accidentale diintonaco ha messo in luce traccedi decorazioni ad affresco, dai

colori molto vividi, con motividecorativi a transenna, al di sottodi un drappeggio più scuro. Forsesi tratta della parte sottostante diuna parete interamente affrescata,collegata alle cappelle radiali delBattistero o verosimilmente agliambienti del più vasto complessoarchitettonico di Santa MariaMaggiore. Poco sappiamo daidocumenti e dalle epigrafi lapidee,parche e scarne, delle funzioni edelle cerimonie celebrate nellaRotonda, nel corso del secondomillennio. Restano i laconici ac-cenni nei Voyages en Italie degliintellettuali stranieri che tra ilSettecento ed il secolo successivolo visitarono, mediandone inEuropa iconografia e notizie,annotate nei loro diari del GrandTour, dall’abate di Saint Non ad

riutilizzata in funzione di paracar-ro, l’altra funge ancora da decora-zione terminale di un monumentoai caduti. Entrando nella Rotonda, neldeambulatorio a sinistra, vi sonodue piccole edicole, trasversali almuro esterno, decorate da affre-schi con scene neotestamentarie,databili al tardo Trecento: riecheg-giano i modi ed il taglio pittoricodi artisti d’ambito giottesco. Glistorici dell’arte hanno di recenteproposto il nome di Robertod’Oderisio o un pittore della suacerchia, scartando così la vecchiatesi che identificava nell’ignotomaestro, il senese Andrea Vanni,erede anch’egli della lezione diGiotto, negli ultimi anni del XIVsec. La lettura completa del ciclopittorico è stata in parte alterata

da pesanti interventi di restauro,effettuati nei secoli scorsi, che nehanno attenuato la primitiva fre-schezza compositiva. La Madonnain trono con il Bambino ed il CristoPantocrator sono tuttavia carichidel fascino di una pittura attarda-ta, talora ingenua, ma di sicura ecoinvolgente presa emotiva.Anche la Strage degli Innocenti,conserva le medesime caratteristi-che ambientata com’è fuori dallemura di un castello turrito con piedonne affacciate ad entrambi ilati, costernate e sgomente; oancora la Natività, dai toni caldi epacati, altamente evocativi. Cilascia altrettanto stupiti la pallidaimmagine - quasi una sinopia - diuna Madonna con Bambino, entrola nicchia a destra della porta d’in-gresso.

Carico di suggestione è il rilevopolicromo della Madonna di SantaMaria Maggiore dai bellissimiocchi vitrei, in alto a sinistra,guardando l’altare, databile al XVsec. I recenti lavori di sistemazionee di consolidamento hanno evi-denziato le molteplici trasforma-zioni subite dal monumento;hanno consentito, inoltre, di indi-viduare le cappelle laterali dedica-te a San Nicola e all’Annunziata,addossate alla struttura portantetra il Cinquecento ed il Seicento.Furono eliminate nei secoli suc-cessivi, tant’è che ancor oggi LaRotonda si distingue per la suasimmetrica volumetria. È in ognicaso, parte integrante di un piùvasto complesso che ingloba unacappella oratorio e l’antico Ospe-dale di Santa Caterina di cui resta

NoceraSuperiore,

località SantaMaria

Maggiore,Battistero

paleocristiano,cappella radiale.In questa pagina.

Affresco dellaNatività,

particolare.Pagina successiva.

In alto:Cristo

Pantocrator.In basso:

Memento mori.

26

Page 16: Archeologia nella Provincia di Salerno

29

che è possibile visitare bisognaannoverare la sontuosa residenzaestiva di Minori, situata nellastretta valle del Reginna Minor.Se le recenti indagini archeologi-che non hanno consentito di iden-tificare né il proprietario originarioné la probabile provenienza daNeapolis, Nuceria o Salernum, cihanno permesso invece di ascrive-

re l’imponente complesso comeafferente al territorio costiero dipertinenza nocerina.Posizionata al livello del mare, lacostruzione offriva un indubbioeffetto scenografico, soprattuttoal piano inferiore preceduto da unportico che racchiude il viridarium,un vero e proprio giardino internocon al centro una vasca.

L’ambiente più ricco di fascino esuggestione è l’enorme triclinio-ninfeo, fulcro architettonico delladimora, intorno a cui si sviluppal’intero pianterreno.La ricca decorazione musiva delpavimento, grandiosa ed allusiva,con una scena venatoria ed un’al-tra di tiaso marino all’ingresso, èuno scoperto segno del rangosociale degli abitanti. Il corteomarino si differenzia dalla para-tassi figurativa della scena di cac-cia che vede allineate le fiere; lafigura di un cacciatore con cani alguinzaglio conferisce una certaprofondità di campo all’insieme.Mostri degli abissi recano in grop-pa o affiancano Nereidi adorne delvelo gonfiato dal vento in modo daconferire alla raffigurazione l’ideadi spazialità e di moto repentino,tra cavallucci marini, pesci e delfi-ni. La presenza di un apparato ico-nografico parietale complesso edarticolato e dei letti triclinari inmuratura denota al contempo unatrasformazione della villa, un usoed una frequentazione ininterrottialmeno fino al VII sec. d.C.L’estensione originaria doveva

Pagina successiva.Minori, villamarittima.In alto:triclinio-ninfeo,pavimentomusivo con tiasomarino.In basso,a sinistra: particolaredi Nereide.A destra:particolare didecorazionea fresco.Pagina 31.Positano,villa marittima.In alto: affrescoIII stilepompeiano.In basso:aquila su globo.

Henry Swinburne, o Paul de Mus-set. Va sottolineato però che, inalcuni casi, il loro giudizio funegativo o quanto meno poco feli-ce. In realtà, rimasero abbastanzadelusi dallo stato d’abbandono incui l’edificio versava negli ultimidecenni del secolo XVIII e la primametà dell’Ottocento, e, sia purammirati dalla sua antichità,avanzarono riserve sul suo valoreartistico, poiché lontano dai cano-ni classici di quella architetturagreca, armonica nelle linee e rigo-rosa nelle proporzioni, che in pienatemperie neoclassica stava rivi-vendo una nuova e più duraturastagione.Anche Luigi Vanvitelli, nell’apriledel 1758, effettuò un sopralluogoal Battistero, ma per uno scopoche oggi definiremmo scellerato:si stava pensando di smontare lecolonne per riutilizzarle nell’edifi-cando Palazzo Reale di Caserta. Ilpericolo fu scampato a causa dellaloro precarietà. Nel terzo decenniodell’Ottocento, Crawford TaitRamage annotò, in maniera dis-tratta e superficiale, nel suoViaggio nel Regno delle due Sicilie,che il monumento “…s’innalzasulle rovine d’un tempio romanoche ricorda in miniatura ilPantheon di Roma“ e che si posso-no vedere, all’interno, delle bellis-sime colonne di marmo striato.Negli anni tra il 1803 e il 1805, acausa di un terremoto e di unaeruzione, il Battistero fu chiusodefinitivamente, scivolando neldeclino e nella desolazione del-l’abbandono, senza più voce e sto-ria memorabile. Una pia visita diFerdinando II di Borbone nel 1856,inaugurò l’inizio di restauri siste-matici e di tentativi di ripristino,protratti fino ai primi decenni delNovecento. Nel 1944 vi fu il crollodella parte terminale della cupola,sotto i proietti piroclastici delVesuvio. Il danno, presto riparato,fu lieve, al confronto dell’incuria,cui si è posto rimedio negli ultimianni, con una sapiente riletturacomplessiva, per consegnarloall’attonita emozione del nostrotempo. Un ultimo sguardo va alLapidarium, attiguo alla Rotonda,inaugurato di recente grazieall’impegno di vari Enti edIstituzioni.Hanno trovato una degna colloca-zione i frustuli di colonne, i fram-menti di iscrizioni, i riccioli di capi-telli, sospesi da tiranti metallici opoggiati su banchi speculari d’ac-ciaio, citazione e rimando poeticoalla trasparenza dell’acqua lustrale.Si riparte dalla Valle, risalendo ilmassiccio dei monti Lattari attra-verso il valico di Chiunzi, l’antica,l’unica strada fino ai tempi moder-

ni, per raggiungere le villae mariti-mae d’età imperiale, sulla costad’Amalfi. A Polvica, un piccoloborgo al centro di Tramonti, èstata riportata alla luce una fatto-ria databile intorno alla secondametà del I sec. a.C. forse impianta-ta su una precedente strutturasannitica o ellenistica. Era dotatadi impianto termale e di ambienti

colonnati, nonché di celle vinarie oolearie che documentano una eco-nomia essenzialmente agricola,basata soprattutto sulla viticoltu-ra.Ricostruita tra il II-III sec. d.C.rimase in uso fino al VI. Fu allorache sulla parte abbandonata fuimpiantata una chiesa con il cimi-tero annesso. Tra le ville marittime

Minori,villa marittima.

In alto:viridarium con

piscina.In basso:

portico delviridarium.

Pagina successiva.In basso:

triclinio-ninfeocon letti

triclinari.

28

Page 17: Archeologia nella Provincia di Salerno

essere ben più ampia di quantofino ad ora sia stato recuperato.Del piano superiore restano pochielementi: una sala riscaldata,frammenti di mosaici riconduci-bili a pavimenti.Rifacimenti posteriori hannomutato la destinazione degliambienti sovrastanti.Oggi alcuni vani ospitano un pic-colo Antiquarium. Anfore da tra-sporto e da stivaggio, testinemarmoree, piccoli arpioni dibronzo, piatti di ceramica raffina-ta, coperchi e tegami da fuocosono gli ultimi relitti di una resi-denza patrizia, dove a lungo forsel’esercizio del negotium ha cedu-to il passo agli agi del piacere edell’ozio.Altre ville si incontrano nelle ansedella costiera: ad Amalfi, un tricli-nio-ninfeo estivo rinfrescato edanimato da giochi d’acqua è ador-nato da letti triclinari, ai lati diuna mensa circolare.L’amena residenza occupava forsel’intera insenatura ed era in corsodi completamento in epoca giulio-claudia, quando sopraggiunsero iproietti piroclastici del Vesuvioche ne decretarono l’abbandono.Lucerne ed anfore, oggetti legatialla sfera femminile, specchi d’ar-gento ed unguentari vitrei sonoriemersi intatti da quel medesimolapillo che ancora bollente, collas-sò il monte sopra Positano, travol-gendo un’altra villa sontuosa. Il

recentissimo scavo, condotto dal-l’archeologa Maria AntoniettaIannelli, tra l’altro inedito e nonultimato, ha restituito, in unambiente sotto la cattedrale, unconsiderevole apparato figurativodella fase finale del III stile pom-peiano.Pochi dei pur numerosi turisti d’ungiorno o d’una stagione, protettidai variopinti ombrelloni, persi nelritmo della vacanza, riescono adimmaginare che oltre il buio ed ilsilenzio della cripta e forse sotto lasabbia rovente si celino restiumani carbonizzati.Muoviamo, contrari alle correnticui sfuggì Ulisse, verso l’apprododi Marina di Vietri, prima di inol-trarci alla ricerca di altre mete piùa sud di Salerno.Un ambiente termale, databile allaprima età imperiale, è stato inte-grato all’interno di un locale pub-blico, sulla riva a ponente delfiume Bonea.Fu presto trasformato in frigida-rium occludendo il passaggio del-l’aria calda ed utilizzato qualevasca per i bagni.Di grande suggestione, era parte diun impianto più vasto forse perti-nente ad un’ulteriore villa maritti-ma, di cui non rimangono più trac-ce, o di un edificio pubblico legatoal ruolo portuale che Vietri haavuto dall’antichità fino ai giorninostri.

Page 18: Archeologia nella Provincia di Salerno

Lasciata alle spalle la CostieraAmalfitana, prima di inoltrarciverso l’interno della provincia, perraggiungere Buccino, una sosta èd’obbligo all’Area ArcheologicaEtrusco Sannitica di Fratte.Rappresenta infatti, un sito di pri-maria importanza storica ed

un’oasi verde di grande impattoambientale. Costituisce, secondola definizione di Matilde Romito,direttore dei Musei ProvincialiSalernitani, ”…la prima tappa di unitinerario culturale che approda, inseconda istanza, al MuseoArcheologico in via San Benedetto

per vedere i reperti rinvenutidurante le varie fasi dell’indaginearcheologica”. Anche se fino adoggi, non si conosce con esattezzaquale sia stato il nome originariodell’insediamento, le campagne discavo iniziate a partire dagli ultimidecenni dell’Ottocento, hanno evi-

Salerno, Fratte, AreaArcheologica Etrusco

Sannitica,veduta diinsieme.

Pagina successiva.In basso:

rilievo con Eracle e illeone Nemeo.

32

Sulle tracce della via PopiliaFratte, Pontecagnano, Eboli, Buccino, San Giovanni in Fonte

Sulle tracce della via PopiliaFratte, Pontecagnano, Eboli, Buccino, San Giovanni in Fonte

Page 19: Archeologia nella Provincia di Salerno

Archeologico di Pontecagnano,situato tra la strada statale 18 el’autostrada Salerno-Reggio Cala-bria. Attualmente, le aree messe inluce non sono vaste, in quanto leesplorazioni sono in corso. Laparte visibile è relativa alla coloniaromana di Picentia, fondata nel268 a.C., deportando esponentidella tribù adriatica dei Picentini,nelle terre tra Salerno ed il Sele. Lacittà si innestò sul precedente abi-tato etrusco-campano che dal IXal IV sec. a.C. non aveva avutosoluzioni di continuità.Nonostante i contrasti con Roma efenomeni naturali abbiano, in va-rie epoche, provocato danni in-genti, Picentia resistette fino altardo antico, quando fu abbando-nata definitivamente.Lungo il nostro itinerario versosud, si incontra il recentissimoMuseo Archeologico di Eboli dovesono esposti ricchi corredi funera-

denziato livelli di frequentazionedall’età Eneolitica, al III sec. a.C.Furono le conquiste romane versole terre meridionali d’Italiaa decretarne lafine repentina,in concomitan-za forse dellafondazione dellacolonia di Salerno, neiprimi decenni del II sec. a.C.Dell’antico centro sono evi-denti ruderi di strutture,un’arteria viaria basolata sucui fu rinvenuto un rilievoarchitettonico fittile con lalotta tra Eracle e il leoneNemeo, di grande effetto plasti-co. Interessanti sono le tombesannitiche di fine IV sec. a.C. Duedelle otto visibili, all’interno dell’a-rea, conservano i letti funebridotati di un cuscino in tufo grigio.Da Fratte, è possibile raggiungerein un tempo breve il vicino Parco

Pontecagnano,Museo Nazionale

dell’Agro Picentino.In alto:

urna a capanna.In basso:

kotyle “del lupocattivo”.

Pagina successiva.In alto, a sinistra:

oinochoe in argento.In basso:

particolare dorato dell’attacco

dell’ansa.In alto, a destra:protome equina,

particolare.

34

Page 20: Archeologia nella Provincia di Salerno

37

mento dell’asse viario interno chenon subì alcuna variazione duran-te tutte le fasi urbanistiche suc-cessive.Nonostante le prime testimonian-ze di cultura materiale siano ascri-vibili all’età del Ferro, è dalla finedell’VIII sec. che la documentazio-ne archeologica è presente sullarocca, nucleo stabile e definitivodella Volcei romana. Tito Livioricorda che la colonia fu dedottaall’epoca della guerra annibalica,nel 209 a.C., anno in cui gli Irpini,i Lucani ed i Volceienti si arreseroal console Quinto Fulvio. Il passag-gio a valle della via Popilia - traitd’union tra Capua a Reggio - ebbeun ruolo di primaria importanza.Lungo il suo percorso, furonoimpiantate alcune ville rustichecorrelate alla centuriazione opera-

ta, forse, all’epoca dei Gracchi.Nell’edilizia urbana si avverte ilprocesso di romanizzazione, testi-moniato ad esempio, da una enor-me platea in opera cementiziadatabile al II sec. a.C. e che siimpone quasi come una quintaarchitettonica su cui poggiavanoedifici sacri. Divenuta municipiumnel I sec. a.C., fu retta da quat-tuorviri ed assegnata alla tribùPomptina. Volcei fu ridisegnatacon un reticolo viario disposto aspina di pesce, ai lati di un asseest-ovest. Un evento tellurico digrande portata, testimoniato daun dato epigrafico (II sec. d.C.),segnò un nuovo riassetto dellacittà riscontrabile nelle nuovecostruzioni che variarono le fun-zioni e l’orientamento delle insu-lae preesistenti. Poco dopo la metà

ri relativi alle necropoli scopertenel territorio ebolitano. Questeultime attestano che l’insedia-mento stabilitosi tra l’VIII ed il IVsec. a.C. ebbe un ruolo cruciale neicontatti e nelle influenze tra cul-ture ed etnie diverse.Finalmente dopo un percorso tra ilverde intenso dei monti Picentinilungo l’antico tracciato della viaPopilia, ci inoltriamo nella valle delTanagro per raggiungere Buccino.Qui, è stato inaugurato, pochianni fa, dopo lunghe ed approfon-dite ricerche, ancora in corso, del-l’archeologa Adele Lagi, l’interes-sante Parco Archeologico Urbanodell’Antica Volcei, comprendentela cinta difensiva in opera isodo-mica di blocchi di calcare locale.L’opera muraria realizzata verso lafine del IV sec., condizionò l’anda-

Buccino, ParcoArcheologico

Urbanodell’Antica

Volcei.In alto:

complessorupestre

di via Egito.In basso:

edificio pubblicodi via Canali,

pavimentomusivo.

Pagina successiva.In alto:

complessorupestre di viaEgito, interno.

In basso:tempio di via

Santo Spirito,particolare

del podiobasamentale.

36

Page 21: Archeologia nella Provincia di Salerno

minore capacità produttiva. Nelcorso del XII sec., ”…con la costru-zione del mastio del castello, siavvia una nuova organizzazionedello spazio urbano con edifici cheimpiantandosi su fondazioni esostruzioni antiche ne conservano,generalmente, gli orientamenti”(A. Lagi). Dopo queste rapide manecessarie premesse, il nostro per-corso, a piedi, inizia da via Egito, indirezione dell’attuale Porta SanMauro, dove è possibile scorgereun tratto della cinta muraria d’etàLucana realizzata, per motivi stra-tegici, tramite due paramentiriempiti da terreno e pietre. Sulcircuito delle mura antiche, siinnesta quello medievale che nericalca il percorso, aggiungendodue torri circolari. Al limite estre-

del secolo, nel 162 BruttiaCrispina, la figlia di un senatored’origine volceiana, sposò LucioCommodo che diventerà impera-tore nel 180. Ulteriori iscrizionicostantiniane relative a documen-ti catastali testimoniano che inpieno IV sec. d.C., Volcei, non-ostante la profonda crisi di tutta lapenisola italiana, controllava unterritorio ad economia agricolaentro cui gravitavano molti inse-diamenti. Tra il V ed il VII sec. sinota invece una contrazione delnucleo cittadino. Le attività siconcentravano intorno al decuma-no ed agli edifici pubblici. In gene-rale è evidente una riutilizzazionedegli ambienti, ridotti e adibiti anuove funzioni. Anche le estesefattorie a valle documentano una

38 39

Buccino, ParcoArcheologico

Urbanodell’Antica Volcei.

In alto:bottegheromane.In basso:

isolato deltempio,

particolaredi una pietrabasamentale.

Pagina successiva.In alto:

area sacra diSanto Stefano,

terrazza inferiore.Al centro:

tratto di muralucane.

In basso: vedutadel castello.

Page 22: Archeologia nella Provincia di Salerno

mo è ubicata Porta Sant’Elia chesembra protetta da una torre, nonpiù visibile in quanto inglobatanelle costruzioni più recenti.Percorrendo via Egito incontriamoun complesso rupestre ed i resti dialtri edifici antichi, individuatisulla scorta di indicazioni fornitedall’erudito Bartolomeo Bardaro.Nel 1589 annotava: ”...Ruine de’terremoti che furono al tempo delnostro papa Callisto”. Qui era col-locato tra l’altro il teatro romano.Un terrazzamento su tre livelli, trail VI e VII sec., divenne, mediantelo scavo di grotte al suo interno,ricovero di uomini ed animali, deltutto simile ai Sassi di Matera. Èmolto probabile che le speloncheabbiano ospitato monaci orientalie bizantini, se teniamo conto dellapresenza documentata dalle fonti,sul medesimo versante della colli-na, della chiesa di Santo Spirito edi San Giovanni d’Egitto. Sul decu-mano sono state individuate strut-ture relative a tabernae, mentre avia Vona alcuni ambienti terraneihanno restituito i pavimenti musi-vi di un monumento pubblico d’e-poca tardo repubblicana. Un impo-nente edificio, strutturato in trenavate e databile tra il I ed il II sec.d.C. con ampie tracce di rifaci-menti posteriori, è visibile in viaCanali. Interessante risulta l’ese-dra dalle pareti rivestite con lastremarmoree, mentre l’aula centraleevidenzia nel mosaico policromodel pavimento, la figura di Eracle

stante, in mezzo ad un prato,munito di leontè (la pelle delleone) e di clava. Il confronto del-l’impianto con uno simile inCalabria, rende plausibile l’ipotesirelativa alla funzione curiale.Sull’area della attuale piazzaAmendola, individuata quale forodi Volcei, la ricerca ha messo inluce ambienti afferenti ad un’insu-la del I sec. d.C. con rifacimentiattestati entro la prima metà delIV. All’età tardo repubblicana sidata invece, il piccolo tempio apodio, in via Santo Spirito di cuirimane in vista il basamento litico,innestato su una cornice forte-mente aggettante.Un’iscrizione del II sec. d.C., verga-ta su un architrave oggi nel chio-stro del convento degli Eremitanidi Sant’Agostino, allude a lavori direstauro nel Caesareum chepotrebbe essere identificato con iltempietto di via Santo Spirito. Sudi esso, si innesta, nel Medioevo,una chiesa con un piano pavimen-tale in cocciopesto, che conserval’impronta di una vasca circolareforse pertinente ad un fonte bat-tesimale per il rito ad immersione.L’area archeologica di Santo Ste-fano è invece situata lungo le pen-dici nord-orientali della collina.Intorno al IV sec. a.C. viene erettoun enorme complesso architetto-nico, distrutto verso la metà delsecolo successivo. Tra le notevolievidenze in vista, interessanterisulta la sala da banchetto sul

Buccino, ParcoArcheologico

Urbanodell’Antica

Volcei.In alto:

area sacra diSanto Stefano,

sala delbanchetto,

mosaico.In basso:

ambre figurate.Pagina successiva.

Corredo dellatomba degli Ori.

40

Page 23: Archeologia nella Provincia di Salerno

su un sacello preesistente, da papaMarcello I nel corso del IV sec. Ilfonte battesimale di forma qua-drangolare ha uno sviluppo otta-gonale in elevato su cui in originesi innestava una volta a vela.L’acqua affluisce dalla sorgentealla vasca mediante una aperturaricavata entro una parete bassache conferisce all’ambiente un’au-ra di grande suggestione. Altre dueaperture consentono alle acquelustrali di defluire verso l’esternoin un piccolo canale che racchiude- quasi una sorta di isola felice -tutto il monumento. Frammenti di

affreschi dei secoli XI e XII, orastaccati (per ragioni di sicurezza),hanno resistito sulle pareti,all’ombra di quella vegetazioneselvatica resa florida dall’umiditàcostante del luogo. Concordiamocon la giornalista ErminiaPellecchia: le rovine conservano”…quell’aspetto romantico, pitto-rescamente decadente che incantòi viaggiatori del Grand Tour”. Noinovelli curiosi abbiamo un tempoaltro che a tratti si ferma e cimeraviglia: la captatio dell’arte opiuttosto la fervida coniugazionetra naturale ed umano?

terrazzo superiore, per il pianopavimentale dal ricco mosaico conil motivo centrale della stella a seipunte in opus signinum (cocciope-sto) e quattro delfini angolari. Lapresenza dei letti triclinari avvalo-ra l’ipotesi di una funzione ritualedell’ambiente su cui si impianterà,in seguito, una villa rustica. Sullaterrazza inferiore pozzi e fosseentro un temenos (recinto sacro),unitamente ad altri elementi,fanno ipotizzare che questa partedel santuario potesse in qualchemodo essere legata al culto diMefite, la dea dell’acqua, ”…la

mediatrice tra il cielo, la terra e ilmondo sotterraneo… presente nel-l’area sacra di Buccino come invicini santuari, quale quello diMacchia di Rossano di Vaglio” (A.Lagi). All’interno del muro deltemenos, tra la fine del IV ed iprimi anni del III sec. a.C. fu edifi-cata una tomba a camera che harestituito un corredo ricchissimoper qualità e quantità degli ogget-ti tanto preziosi da farla definiretomba degli Ori: vasi in bronzo ed’argento, orecchini, un braccialee un anello in oro con una cornio-la incisa, ceramica a vernice nera

sovradipinta, nonché oggetti per lacura personale.Riprendendo l’autostrada in dire-zione di Reggio Calabria, una pic-cola pausa al Battistero di SanGiovanni in Fonte, nei pressi dellaCertosa di Padula, consente di rivi-vere l’esperienza dello storicoFlavio Cassiodoro. In una missivaall’imperatore Teodorico, accen-nando alla fonte Leucothea, iden-tificata in seguito con il locus delbattistero, affermò che le acquesorgive erano talmente trasparentida farla apparire vuota. Il com-plesso fu fondato probabilmente

In questa paginae in quellasuccessiva.

Battistero diSan Giovanni in

Fonte.

42

Page 24: Archeologia nella Provincia di Salerno

45

Per buona parte dell’Ottocento, gliesponenti dell’Europa colta ed ari-stocratica, nel loro viaggio roman-tico in Italia, alla ricerca di pae-saggi pittoreschi e di visioni sug-gestive, giunti in Campania, nonproseguivano oltre Paestum.A quel tempo, la Sicilia si raggiun-geva più comodamente via mare,salpando da Napoli. Le motivazio-ni addotte dagli studiosi sonosostanzialmente due: la presenzadelle paludi malariche ed i brigan-ti. Possono essere state queste leuniche ragioni a far scivolare nellenebbie dell’oblio, Elea/Velia, doveaveva soggiornato Cicerone pressol’amico Trebazio o luogo di riposodi Bruto che vi possedeva unavilla? È pur vero che gli unici avan-zi ancora in vista, non altrettantograndiosi, furono riconosciuti solonei primi anni del XIX sec.A metà del Settecento Winckel-mann, si era spinto fino alla pianadi Poseidonia, al contrario dell’a-nonima viaggiatrice inglese cheintorno alla metà del secolo suc-cessivo, immaginerà di vedere,dalle propaggini dei monti di Vietri“le colonne venerande” dei templipestani, rosseggiare al tramonto.La storia e la fama di Elea però,erano ben note alla cultura erudi-ta e classica del vecchio continen-te… I viaggiatori pertanto fino allesoglie di tempi recenti non hannoammirato “...le rovine della città

antica che si presentano comegemme incastonate sui pendii ver-deggianti della collina che, postasul margine settentrionale dell’at-tuale comune di Ascea attrasse, ametà del VI secolo a.C… i Greci cheprovenivano da Focea città del-l’Asia Minore” (G. Tocco). Erodotodi Alicarnasso ci narra di queiFocei che abbandonata la loroterra per sfuggire ai Persiani dopovarie peripezie “…acquistaronouna città della terra Enotria, que-sta che ora si chiama Yele”. Nel Vsec., attivò contatti culturali epolitici con Atene. Era l’epoca incui il filosofo Parmenide, nativo diElea, aveva fondato la celebrescuola filosofica di cui parlano lefonti antiche e che ebbe un pesodeterminante sulla genesi del pen-siero moderno. Elea è citata dailetterati quale stazione di cura:Plinio loda le virtù terapeutiche diun’erba, l’elleboro, che potevaessere raccolta all’ombra dei suoiulivi. Se gli archeologi non concor-dano ancora circa la presenza diuna vera scuola medica eleatica,tuttavia, in loco è ben attestato ilculto ad Asclepio, il dio della me-dicina ed inoltre va sottolineato ilritrovamento di numerose statuecon iscrizioni allusive alla profes-sione medica dei personaggi ri-tratti. Del resto, non bisognadimenticare che, secoli dopo, nelMedioevo, a Salerno, fu fondata la

celeberrima Scuola Medica Saler-nitana, forse retaggio di quella piùantica. La colonia focea, nel corsodella sua storia fu città di primopiano non solo in ambito magnogreco, ma anche mediterraneo.Municipium nell’88 a.C. conservòil diritto di coniare la propriamoneta e di usare la lingua grecadurante le cerimonie ufficiali.Alcune concause naturali ed eco-nomiche quali il lento insabbia-mento del porto e l’arrivo di pro-dotti da altri empori coloniali del-l’esteso impero romano, segnaronol’irreversibile declino di Velia. Afasi alterne, durante il Medioevo,l’insediamento si arroccherà sulpromontorio dell’acropoli, dalmomento che la fertile pianurasottostante, al pari della distesa diPoseidonia, era divenuta paludosae malsana. La nostra escursione può seguirepercorsi diversificati: salire primasulla torre angioina posta sull’a-cropoli e godere lo spettacolo delpaesaggio fruendo di una visionepanoramica del territorio sotto-stante, oppure iniziare da PortaMarina Sud, dove un tempo eral’ingresso della città, dotato dimura fortificate e di una torredifensiva quadrangolare. L’accessoconsentiva alle mercanzie dientrare o uscire dal centro direttiverso il porto, percorrendo via diPorta Marina Sud, un’ampia strada

Ascea, Velia,AreaArcheologica.Paginaprecedente.Veduta dell’areaarcheologica.In questa pagina.In alto, a sinistra:cinta murariaa scacchiera.A destra: torreangioina con inprimo piano ilbasamento deltempio.

La città di ParmenideVelia

La città di ParmenideVelia

Page 25: Archeologia nella Provincia di Salerno

lastricata, dotata di marciapiedi. Asinistra, vi sono abitazioni private;a destra, si fiancheggia un grandeedificio augusteo in cui furonorinvenuti ritratti della famigliaimperiale. In base alle caratteristi-che generali, l’edificio è stato rite-nuto un Caesareum, dove si vene-rava l’imperatore ed era ospitato ilcollegio degli Augustali.Imboccando invece la via delPorto, si cammina lungo un trattodi mura databile al III sec. a.C. perla tecnica definita “a scacchiera”.Interessante è una domus elleni-stica, dagli ambienti strutturatiintorno alla vasca centrale per laraccolta delle acque pluviali.Risalendo via di Porta Rosa siintravedono le terme romanecostruite nel II sec. d.C. Conservano il laconicum, l’am-biente ad alta temperatura, il fri-gidarium con la vasca sulla paretedi fondo ed il pavimento in mosai-co bicromo, campeggiato da delfi-ni e tritoni. Lungo la ripida salitadella strada che “...è una delletante opere pubbliche di notevoleimpegno tecnico ed economicorealizzate in città tra il IV ed il IIIsecolo a.C.“ (G. Greco), sul latodestro, vi è una grande piazza cir-condata in antico da un porticatosu tre lati. Ritenuta per moltotempo, l’agorà del centro greco,presenta sul lato meridionale unafontana monumentale.Quest’ultima si raccorda con tuttoil sistema di canalizzazione e di

Ascea, Velia,Area

Archeologica.In alto:

edificio termale.In basso:

particolaredel mosaicodell’edificio

termale.Pagina successiva.

L’arco diPorta Rosa.

46

Page 26: Archeologia nella Provincia di Salerno

vaschette che raccogliendo l’ac-qua da una sorgente più alta,riforniva tutti quartieri più bassidella città.È molto probabile che il grandiosocomplesso interessasse tutte e trele terrazze del vallone e la centra-lità dell’acqua sia da collegareverosimilmente a funzioni idrote-rapiche, caratteristiche tipiche diun Asklepeion, ovvero una struttu-ra sacra legata ad Asclepio, il diodella medicina nell’Olimpo greco.Lo storico Plutarco ci riferisce cheessendo Lucio Emilio Paolo (il con-quistatore romano della Grecia)affetto da un malanno difficile dadebellare, gli fu consigliato unsoggiorno a Velia. Pare vi abbiatrascorso un lungo periodo di ripo-so in una villa sulle sponde delTirreno.In alto, alla fine della strada, lavista è attratta da un superbo arcodai conci in arenaria, disposti asecco a formare una volta a tuttosesto. È l’arco di Porta Rosa, prece-duto dai “...ruderi di una porta che,nel punto più stretto della gola,chiude il transito tra i due quartie-ri, quello settentrionale a Nord delvalico e quello meridionale, a Sud”(G. Greco). Siamo di fronte ad uncapolavoro di ingegneria, realizza-to nella seconda metà del IV sec.

a.C., grazie ad un ingente sforzoumano e tecnico, sventrando lacollina, e sistemando a terrazza-menti le pareti laterali mediantepoderosi muri di contenimento.La sua funzione, in realtà era dicollegare tra loro i due quartieridella città. Anche la strada sopral’arco funge da raccordo tra l’acro-poli ed i santuari. Nella scarpatameridionale dell’acropoli, si intra-vedono le abitazioni più antiche ditutta l’area. Risalgono alla fine delVI sec. a.C. sia per le caratteristi-che edilizie che per la forma stes-sa delle case dotate di due o trevani in tutto. Verosimilmente furo-no i primi Focei ad edificarle, orga-nizzando sin dalla fondazionedella città, una ripartizione razio-nale del territorio e del promonto-rio su cui impiantarono l’acropoli,il centro propulsore della vita pub-blica e della sacralità. Il teatro chein generale, nel mondo greco eraafferente all’aspetto divino, a Veliasi presenta nella fase del rifaci-mento romano: la cavea a semi-cerchio, dotata di venti gradinatepoggia su un terrapieno e suldeclivio della collina. Poteva ospi-tare circa 2000 spettatori; fu uti-lizzato fino al V sec. d.C.Oltre il teatro, sulla terrazza supe-riore vi è l’area sacra da cui si rag-

giungeva il tempio del quale rima-ne il basamento e parte della cellainserita nella torre medioevale. Ladatazione del complesso oscilla trail V sec. a.C. e l’età ellenistica. Ladivinità cui era dedicato è ancoraignota: l’ipotesi più accreditatarimanda ad Atena la cui effige èpresente anche sulle monete dellacittà.Su quanto rimaneva in piedi deltempio, nel Medioevo si innesta ilcastello, costruito con materialedegli edifici antichi, ormai in dis-uso. Tornando indietro verso il tea-tro, si può costeggiare la cintamuraria fortificata, costruita agliinizi del V sec. a.C.Scandita da torri d’età ellenisticasi raccorda nel Castelluccio, unagrande torre a pianta rettangolare,in posizione arretrata per la difesadelle retrovie.Percorrendo il sentiero di via Velia,accanto al bastione del Castel-luccio, si incontrano altri quartieriabitativi ed un ulteriore edificiotermale d’epoca tardo repubblica-na, attivo fino al IV sec. d.C.; Veliadivenuta modesto centro dellacompagine romana era statatagliata fuori dalle grandi rottemarine e terrestri che avevano giàda tempo destinazioni più esotichee lontane.

Ascea, Velia,Antiquarium

nella cappellapalatina.

48