momenti della provincia di salerno

26

Upload: alfio-giannotti

Post on 06-Mar-2016

226 views

Category:

Documents


4 download

DESCRIPTION

itinerari alla scoperta dell'arte e dei monumenti della provincia di Salerno

TRANSCRIPT

Page 1: Momenti della provincia di Salerno

AN

NO

VII

• N

. 21

• 2

00

5•

Ê5,

00IT

INE

RA

RI

ALL

A S

CO

PE

RT

A D

ELL

A R

EG

ION

EC

AM

PA

NIA

FE

LIX

Page 2: Momenti della provincia di Salerno

Nel circuito investimenti-nuova occupazione l’ambito dei beni culturali rappre-senta una delle componenti essenziali nelle dinamiche di sviluppo delMezzogiorno. La Provincia di Salerno ha attuato una politica di intervento sulterritorio nel settore del patrimonio culturale ed ambientale finalizzata ancheal conseguimento di positivi riflessi sull’economia turistica. Coordinamento delle strategie di intervento e modalità di reperimento dellerisorse: sono queste due priorità alle quali l’azione dell’Ente è costantementeispirata. In tale contesto la Provincia non ha trascurato - ed intende continuare ferma-mente sulla strada intrapresa - di dare impulso ad iniziative di alto profilo cul-turale in grado di valorizzare siti ed emergenze presenti sul territorio di propriacompetenza, anche proseguendo nel filone di attività promozionale e culturalein Italia e all’estero.I giacimenti culturali, artistici ed architettonici, oltre che ambientali, rappre-sentano la reale ricchezza del Sud. Partire dal territorio, inteso anche nella sua valenza di patrimonio immateriale,significa assecondarne le originarie vocazioni, incrementare i segmenti produt-tivi peculiari, puntare sugli attrattori culturali, sulla risorsa-ambiente, sul turi-smo rurale, sull’artigianato, sull’enogastronomia, sulle tradizioni popolari, con-correndo così ad una necessaria ricostruzione delle identità locali a partire dallequali rafforzare le politiche per un reale rilancio del turismo europeo.

Angelo VillaniPresidente della Provincia di Salerno

Page 3: Momenti della provincia di Salerno

Editore, direttore editoriale e artisticoMariano Grieco

Coordinamento scientificoTeobaldo Fortunato

Direttore responsabileDario Coviello

Relazioni esterneErsilia Ambrosino

Testo:Teobaldo Fortunato

Foto:Alfio Giannottie Archivio Altrastampa

Progetto grafico Altrastampa

Copertina Villa Ayala a ValvaFoto: Alfio Giannotti

Si ringraziano per la preziosa collaborazione:

Matilde Romito, direttore

dei Musei Provinciali di Salerno

Don Natale Gentile, responsabile Ufficio

Beni Culturali della Diocesi di Nocera-Sarno

Giuseppe Zampino, soprintendente

BAAPSAD di Salerno e Avellino

Diocesi di Amalfi e Cava de’ TirreniGruppo Archeologico SalernitanoSovrano Militare Ordine di Malta

CAMPANIA FELIX®

Direzione, redazione,amministrazione e pubblicità:telefax +39.081.5573808 www.campaniafelixonline.it

Periodico registrato presso il Tribunale di Napoli n. 5281 del 18.2.2002R.O.C. iscrizione n. 4394 anno VII, n. 21/2005

Una copia Ê 5,00

Sped. in a.p. 45% art. 2 comma 20/b legge 662/96Direzione Commerciale Campana

© 2005 ALTRASTAMPA Edizioni s.r.l.84026 Postiglione (SA)cell. 338.7133797www.altrastampa.comwww.campaniafelixonline.italtrastampa@libero.it

Riproduzione vietata con qualsiasi mezzoCampania Felix è un marchio registrato

Stampa:Print Point s.r.l. Salerno

Itinerario monumentalenella provincia di Salerno

Tesori della memoria

Numero specialeItinerario monumentale

nella Provincia di Salerno

• I SITINumeri telefoniciricavati dalla Guida MonaciAnnuariodella Regione Campania

• Castello di ArechiSalerno089.661111

• San Pietro a CorteSalerno089.661111

• Duomo di San Matteo

Salerno089.661111

• Badia BenedettinaCava de’ Tirreni089.682111

• Chiesa di San Giovanniin ToroRavello089.857122

• Duomo di SanPantaleoneRavello089.857122

• Villa RufoloRavello089.857122

• Villa CimbroneRavello089.857122

• Duomo di Sant’AndreaAmalfi089.8736211

• Villa GuarigliaRaito-Vietri sul Mare089.763811

• Villa AyalaValva0828.796075

• Casino RealePersano-Serre0828.974900

• Certosa di San LorenzoPadula0975.77002

• Provincia di Salerno089.614111

S o m m a r i OS o m m a r i OSalerno • Castello di Arechi 4Salerno • San Pietro a Corte 8Salerno • Duomo di San Matteo 11Cava de’ Tirreni • Badia Benedettina 15Agro Sarnese-Nocerino • Angelo e Francesco Solimena 20Ravello • Chiesa di San Giovanni in Toro 24Ravello • Duomo di San Pantaleone 25Ravello • Villa Rufolo e Villa Cimbrone 27Amalfi • Duomo di Sant’Andrea 31Raito • Villa Guariglia 33Valva • Villa Ayala 38Persano • Casino Reale Borbonico 40Padula • Certosa di San Lorenzo 43

Page 4: Momenti della provincia di Salerno

fecero un avamposto di controllotra il mare e le retrovie verso losnodo di Nuceria. Le indaginiarcheologiche condotte da PaoloPeduto, hanno portato alla lucetutte le fasi architettoniche suc-cessive fino al XVIII secolo, epocadel definitivo abbandono. La feliceposizione e le vicende storichecollegate ad esso, sin dal Medioe-vo, hanno caratterizzato l’immagi-ne stessa della città sottostante.Boccaccio, nella novella I della IVGiornata del Decameron, dedicata

Fino alle soglie dei tempi moderni,quando la lingua latina ha conser-vato quell’aura di ufficialità e disacra reverenza, tante opere uma-ne, erette ad imperitura memoria,hanno recato in epigrafe l’indica-zione austera di MonumentumHoc... quasi un sigillo atto a pre-servarne memoria e dignità. Oggi,le maglie dell’immensa rete che inqualche modo racchiude il patri-monio culturale di un paese, sisono notevolmente allargate. Purtuttavia vi sono manufatti, operearchitettoniche ed artistiche cheentrano di prepotenza nella co-scienza collettiva e si storicizzano,per consegnarsi al presente.Tracciare dunque, un percorsoall’interno del patrimonio monu-mentale di una provincia intera,come quella salernitana, presentarischi notevoli e impone necessa-riamente scelte anche opinabili. Lestrade possibili da percorrere sonosempre varie: storiche, seguendoun percorso diacronico, tematichein ogni caso specifiche e tropposettoriali o letterarie, seguendo gliabusati diari del Grand Tour. E setentassimo di percorrerle tutteaddentrandoci in una sorta di labi-rinto visto dall’alto, a volo d’uccel-lo? I rischi? Consensi negati o par-ziali! Se di continuo siamo obbli-gati a scelte, perché dunque nonseguire, da semplici, i “grandi at-trattori” dell’immaginario, anchepoco elitario ma di sicuro impattoarchitettonico, paesaggistico, arti-stico, emozionale, per scoprireluoghi, manufatti, opere d’arte cheper il loro potere evocativo posso-no sicuramente considerarsi mo-numentali.E dall’alto di un castello ci muove-remo, attraverso vie di terra, nel-l’immenso territorio dell’anticoprincipato dell’Opulenta Salernum. Eretto o meglio abbarbicato sullacima del colle Bonadies, sui presu-mibili resti di un castrum o di unsemplice punto d’avvistamentod’età repubblicana citato da TitoLivio e da Strabone, il castellodetto di Arechi, a Salerno, deve ilsuo impianto originario a mae-stranze bizantine che all’epocadello scontro tra Teia e Narsete, ne

Il Castellodi Arechi.

4

Tesori della memoriaItinerario monumentale nella provincia di Salerno

testo: Teobaldo Fortunatofoto: Alfio Giannotti

e archivio Altrastampa

Page 5: Momenti della provincia di Salerno

tetro aspetto rievoca le focosescene guerriere di cui deve esserestato testimone nei bei tempi pas-sati, quando cavalieri e nobili, eaudaci crociati combattevano traqueste montagne, seminandomorte tra i feroci Saraceni. Questocastello fu eretto da Arechi, oAregisa, come è comunementechiamato, per fortificare la cittàcontro Carlomagno, quando questila attaccò nell’a.D. 787”. Ed ineffetti, a parte le tracce di fre-quentazione anteriore all’epocabizantina, è indubbio che il circui-to murario fu totalmente rinnova-to da Arechi II, il principe longo-bardo che ridiede un nuovo e piùnotevole assetto urbanistico edifensivo a Salerno. Infatti, ilcastello costituiva il punto termi-nale settentrionale di un sistematriangolare di difesa, la cui confi-gurazione a lungo comparve siasui coni monetali longobardi chenelle incisioni settecentesche rela-

alla possenza d’amore, ambientala funesta storia d’amore traGuiscardo e Gismunda, figlia diTancredi, principe di Salerno, nelcastello avito: “Tancredi, prenze diSalerno, uccide l’amante dellafigluola e mandale il cuore in unacoppa d’oro; la quale, messasopr’esso acqua avvelenata, quellasi bee e così muore”.E Francesco Petrarca? Nell’Itinerarium Syriacum, soffer-mandosi sulla capitale dei principilongobardi, ricorda che ospitò persecoli la Scuola Medica Salerni-tana, erede legittima della scuola

eleatica, in virtù del clima mite edella salubrità dei luoghi.In piena epoca rinascimentale,Thomas Hoby, a Salerno tra il 1547ed il 1564, appunterà nel diario diviaggio “Salerno è posta sul fiancodi una collina presso il mare inmodo piacevolissimo. Nella città visono giardini e luoghi ben espostiin grande quantità e vi si coltivauna grande abbondanza e varietàdi frutta: arance, limoni, melagra-ne, cedri, meloni, fichi, e tante altredi ogni sorta e anche viti che dannodiversi tipi di vini veramente squi-siti e preziosi. C’era qui una famo-

sa scuola, ma negli ultimi tempiessa è stata trasferita a Napoli,non senza gran dispiacere da partedel principe, Ferrante di Sanseve-rino che si diletta molto ad intrat-tenere stranieri di ogni paese. Inalto, sulla roccia sopra la città, vi èun bel castello dove vive il principeed esso gode di aria salubre e distraordinari panorami tanto versoil mare quanto verso le colline cir-costanti dove non cresce quasialtro che rosmarino”. Nel 1824,una viaggiatrice d’eccezione, ladyBlessington scrisse che le rovine diun antico castello coronano lacima di una rocciosa ed erta mon-tagna piramidale... mentre l’anoni-ma inglese autrice de “La Cavaovvero dei miei ricordi deiNapoletani” annotò, alcuni decen-ni dopo “Le rovine del castello deiSanseverino si ergono sulla città, ilsuo muro, come un braccio protet-tivo, si estende lontano lungo illato della montagna; il suo attuale

Il Castellodi Arechi.

6

Page 6: Momenti della provincia di Salerno

9

leggenda secondo cui durante loscavo per le fondazioni fosserostati rinvenuti il tempio e l’aureastatua del dio Priapo. Distrutto l’i-dolo pagano, Arechi, utilizzandoneil prezioso metallo, fece erigere lasua cappella privata, adornandoladi fastosi decori. Nel 1976, duran-te i lavori di consolidamento degliambienti, ora ipogei, un tempo inquota con le strade circostanti,vennero alla luce i resti di un edi-ficio termale di età flavio-traianeaposto ai margini del centro urbanod’età imperiale, su cui si era inne-stato, nel corso del V secolo d.C.un complesso cristiano. Del resto, Salernum tardo anticaera una città ancora attiva, primadell’arrivo dei Longobardi. Lo scavoha restituito epigrafi relative aisecoli V, VI e VII che recano nomi-na romani, bizantini, goti: Albulo,Theodenanda, Verulo, Socrates. L’ambiente originario era un frigi-

tive alla città di Salerno. Dell’impianto primitivo del turritocastello è ancora individuabile, neiblocchi squadrati di tufo grigio,qualche traccia della turris maior,edificata verso la metà del VIsecolo dai Bizantini. Arechi II foca-lizzò la sua attenzione soprattuttonell’erezione delle mura difensivedi cinta. I Normanni invece lesopraelevarono ulteriormente, dalmomento che nel 1100 macchinebelliche più efficienti e moderneresero necessario un riassetto dioffesa e di difesa. Il castello subìun ampliamento a meridione: fucostruito un loggiato di cui riman-gono piloni inglobati nelle mura-ture del XVI secolo. Il maniero,grazie alla sua posizione non fumai preso militarmente.Durante l’assedio di Roberto ilGuiscardo nel 1077, la resa avven-ne per fame.Interessante risulta la costruzionead opera dei Normanni della torredenominata La Bastiglia, a norddella sommità del monte. Si trattain verità, come affermano MatildeRomito, direttrice dei MuseiProvinciali di Salerno ed il medie-vista Paolo Peduto, di una torresemaforica “... Dalla sua posizioneera possibile segnalare al castello imovimenti da quest’ultimi nondirettamente visibili”. Federico II diSvevia non si occupò in manieradeterminante del complesso, men-tre in epoca angioina ed aragone-se, sia i documenti d’archivio chele evidenze archeologiche testi-moniano rifacimenti e restauri.Intorno all’anno 1299 sono da col-locare le ultime fasi angioine; ivani posti al lato destro dell’in-gresso appartengono all’evomoderno allorquando il luogodivenuto residenza saltuaria deiprincipi Sanseverino, aveva persoquasi del tutto la funzione origi-naria e le cannoniere edificate,come avvertono gli autori deisaggi di scavo condotti in loco,“sono opere rabberciate allameglio, utili più a incutere timoreche a praticare reali offese”. Il lun-gimirante principe longobardoArechi II, nella seconda metàdell’VIII secolo, verosimilmente trail 758 ed il 787, edificò in città unfastoso palazzo a ridosso dellemura verso il mare di cui è rima-sta, nonostante gli iterati restaurie le superfetazioni architettoni-che, la magnifica cappella palatinaconsacrata ai Santi Pietro e Paolo,nota come San Pietro a Corte. NelX secolo, si era già persa la cogni-zione del palatium, tanto chel’Anonimo Salernitano riporta la

In questa pagina.In alto:

San Pietroa Corte,interno.In basso:

lacerto diopus sectile

pavimentale.Pagina seguente.

In alto:San Pietro

a Corte,Madonna

con Bambinoe Santa.In basso:

San Pietroa Corte,interno.

8

Page 7: Momenti della provincia di Salerno

11

Altro grandioso monumento, sim-bolo della città di Salerno è ilDuomo, voluto dal normannoRoberto il Guiscardo, intorno al1080, forse per celebrare ed inqualche modo legittimare la vitto-ria sul Ducato longobardo. La con-sacrazione della cattedrale avven-ne nel 1084 (nonostante il cantie-re si protrasse per oltre cento anni)con l’intervento diretto di papaGregorio VII; fu dedicata all’apo-stolo Matteo, le cui spoglie eranostate rinvenute nel medesimoanno. Il papa era giunto a Salernoscortato dai Normanni che lo ave-vano tratto in salvo a Roma dalleminacce dell’imperatore Enrico IVche insediò nel 1083, l’antipapaClemente III, sul soglio pontificio.Pertanto è possibile affermare chela fortuna artistica del Duomosalernitano è intimamente colle-gata al prestigio della sua sedeepiscopale, nonostante il conteRuggero II, ultimo erede degliAltavilla, nel 1127, avesse negato aSalerno il privilegio di capitale delDucato di Puglia e Calabria, tra-sferendone la sede a Palermo.Oggi, l’edificio è giunto a noiappesantito da quegli stilemi for-mali tardo barocchi che l’arcive-scovo metropolita BonaventuraPoerio aveva conferito, dopo il ter-ribile terremoto del 1688. Tuttavia,gli oculati restauri nel corso delNovecento, hanno consentito lalettura del primitivo impiantobasilicale a tre navate con colonnedi spoglio ed antistante quadripor-tico. Questi elementi struttividichiarano una precisa adesione amodelli paleocristiani e rivelanouna chiara similitudine con laBasilica di San Benedetto dell’Ab-bazia di Montecassino. Del resto, ilcommittente di Montecassino, l’a-bate Desiderio I ebbe frequenta-zioni continue con la corte delDucato salernitano, se non altroper i legami parentali con la sposalongobarda di Roberto il Guiscar-do. Già dal 1077, animatore delcomplesso basilicale salernitano ful’arcivescovo Alfano I, amico econfratello di Desiderio. È possibi-le che sia stato Alfano il commit-tente della cattedra, impreziositadai braccioli dalle protomi leonine,ottenute riadattando più antichimarmi. Forse si devono a lui i coevimosaici dell’arco absidale, di cuisono giunti a noi esigui brandellirelativi all’angelo, all’aquila ed albue, simboli degli evangelisti Mat-teo, Giovanni e Luca. L’accesso alla cattedrale è dato dadue portali di marmo, i cui archi-travi provengono da materiale di

spoglio della Salernum romana.Entrambi i portali romanici sonocontraddistinti rispettivamente dafelini: sulla porta esterna, i leonisono intenti a brandire due qua-drupedi, mentre sulla Porta delParadiso che immette nella chiesafungono da guardiani.Quest’ultima porta conserva leante bronzee originarie fuse aBisanzio e donate da Landolfo eGuisana Butrumile nel 1085. Ilquadriportico, aggiunto durante la

prima metà del XII secolo è scan-dito da un doppio loggiato, otte-nuto con l’impiego di ventottocolonne provenienti da Poseidonia.Una successiva stagione decorati-va del Duomo, si ebbe con l’eleva-zione del campanile, all’epoca del-l’episcopato di Guglielmo daRavenna, nella seconda metà delXII secolo. Il poderoso parallelepi-pedo risulta snellito oltre che dalleallungate bifore, dal contrastocromatico tra il travertino usato

Duomodi Salerno,portico.

darium ovvero il vano con la vascaper i bagni in acqua fredda, realiz-zato in laterizio ed opus mixtum.Delle ricche decorazioni della cap-pella arechiana, gli scavi hannorestituito unicamente frammentidei pavimenti e delle pareti chetuttavia ne testimoniano la gran-diosità ricordata dalle fonti lette-rarie coeve. Sectilia in marmi poli-cromi, alternati lungo le pareti alastre di porfido rosso e verde,vetro ed oro ci danno solo una pal-lida idea dello sfavillio emanato.Se non è più possibile ricostruirneil complesso ordito decorativoparietale che interessava l’abside,le parti restanti dell’intera cappel-la erano verosimilmente affresca-te. Come sottolinea Alessandro DiMuro, in uno specifico saggio rela-tivo alle decorazioni della CappellaPalatina, “il gioco dei riflessi deimarmi, degli ori e dei vetri colorati,coronato dall’epigrafe in lettere dibronzo che correva lungo tuttal’aula... doveva conferire all’internodella cappella palatina una spazia-lità dilatata, quasi irreale, sospesatra cielo e terra”. Interessanti sonoi dipinti sul pilastro arechiano chepresentano una teoria di santi inposizione statica, accanto allaMadonna in trono con il Bambino.Se la risoluzione stilistica si pre-senta alquanto modesta per ilmassiccio utilizzo dell’ocra, delrosso, del marrone, del bianco chel’avvicinano ad analoghe scelteiconografiche d’ambito campanoriferibili al XII secolo, tuttavia l’in-sieme delle altre figure conferisco-no una certa ieraticità ed unaspetto devozionale alla composi-zione. Altri frustuli pittorici ador-nano l’intero complesso, ma la loroframmentarietà ne rende talorailleggibile i cicli di appartenenza.Forse risale ai primi decenni delXVI secolo, la Madonna con ilBambino e Santi entro la cappelladi Sant’Anna, annessa ed affianca-ta al complesso palatino. In queltempo, l’ambiente divenne “aulaadibita a pubbliche funzioni, quali,per esempio, le cerimonie per ilconferimento delle lauree dellaScuola Medica Salernitana” (T.Mancini). Nel 1573, nell’ambito diun intervento radicale sull’edificio,viene costruito un piano interme-dio tra il solaio e gli ambienti sot-toposti. Pertanto a seguito dell’in-terro e del conseguente abbando-no, gli affreschi risultano per sem-pre obliterati. I rifacimenti tardorinascimentali sono testimoniatialtresì dalla pala d’altare commis-sionata dall’abate Decio Carac-ciolo, ora conservata nel Museo

Diocesano Salernitano. Altre trasformazioni sostanzialisono rintracciabili nel Settecento:viene eretta la Cappella diSant’Anna impreziosita da affre-schi di cui rimangono poche trac-ce attribuibili al pittore beneven-tano Filippo Pennino, attivo anchenell’Agro Nocerino Sarnese, adesempio nel chiostro del Conventofrancescano di Santa Maria degliAngeli a Nocera Superiore. Il sof-fitto ligneo con la gloria della

Vergine approntato per la Chiesadi San Pietro a Corte rappresentaun notevole esempio di quello sce-nografico gusto teatrale che con-nota tanta produzione baroccaitaliana e che iscrive a pieno tito-lo il Pennino, tra i più felici pittoridello scenario artistico campanodel XVIII secolo. San Pietro a Corteha ormai perso a quel tempo ilfascino ed il misticismo che l’ave-va contraddistinta nei secoli pre-cedenti.

San Pietroa Corte,

San Giacomo.

10

Page 8: Momenti della provincia di Salerno

affresco nel 1300; alle pareti sonoconservati affreschi di AngeloSolimena. Notevoli sono i dueamboni intarsiati ed il candelabroper il cero pasquale, anch’esso inmarmi policromi del 1180, il pavi-mento musivo del coro, preceden-te di qualche decennio ed il coroligneo inquadrabile verso la finedel XVI secolo. I due pulpiti furonocommissionati dall’arcivescovoRomualdo II Guarna e dal vicecan-celliere del regno Matteo d’Ajello.Le cappelle laterali evidenzianoinvece, i rifacimenti d’età barocca:contengono tele degli artisti napo-letani Francesco Solimena e diFrancesco De Mura. Interessante èla statua della Vergine con ilBambino databile al XIV secolo.Superbo rimane, nella navata sini-stra, il monumento funerario, l’ul-tima dimora della regina Marghe-rita di Durazzo (1348-1412), sposae vedova di Carlo III, “una delle piùaccanite combattenti che la storiadel Meridione ricordi”, secondo l’a-cuta definizione che lo storico del-l’arte, Roberto Middione dà dellapotente regina (Campania Felix, n.5 anno IV, ottobre 2004).

nella parte inferiore ed i mattonidell’elevato, secondo uno schemagià utilizzato in analoghe chiesebenedettine: a Sant’Angelo inFormis, in provincia di Caserta, adesempio. Il vano cilindrico termi-nale, sopra l’attico, è adornato daarchi innestati su colonnine, sor-montate da stelle a sei puntemutuate da ambiti musulmani,

quali il califfato di Cordova e con-fluite successivamente in ambien-ti normanni. Al suo interno, lachiesa, scandita da due colonnati,è divisa in tre navate. Le immaginidi San Matteo ed alcuni profeti,occupano la lunetta dell’absidecentrale, Cristo ed i Santi Fortu-nato e Giovanni sono effigiatiinvece sulla navata sinistra.

L’abside, denominata Cappella diGregorio VII, in quanto vi è ilsepolcro del papa, evidenzia ilcatino ornato di mosaici del XIIIsecolo di ispirazione bizantina.Nell’abside mediana vi sono i restidella cattedra episcopale (sec. XI),mentre nel catino dell’abside disinistra, vi è un mosaico con ilBattesimo di Gesù, completato ad

In alto:Duomo

di Salerno,ambone sinistro.

In basso:ambone sinistro,particolare della

decorazionemusiva.

12

In alto:Duomodi Salerno,cripta.In basso:Duomodi Salerno,interno.

Page 9: Momenti della provincia di Salerno

Il grandioso sepolcro rappresental’opera tardiva di Antonio Baboc-cio da Piperno, in collaborazionecon un altro scultore, Alessio diVico. Nel primo decennio del XVsecolo, il Baboccio aveva già fir-mato (1407) i portali del Duomo diMessina. “Piuttosto imponente,con marcate tracce della policro-mia originaria - cosa rarissima amantenersi fino ad oggi - discreta-mente conservato, presenta unsarcofago sostenuto da quattropersonaggi allegorici - Prudentia,Regalità, Fede, Fortezza - e da unpilastrino centrale; sulla lastrafrontale, a rilievo, si scorge unafigura femminile regale in tronotra le ancelle. Più su si impianta lacella funeraria, con le cortine deitendaggi tenute dischiuse da dueangeli e la stessa figura femminile,cui è dedicato il monumento, dis-tesa già nell’atto della morte, inabiti da terziaria francescana” (R.Middione). Ma prima di lasciare ilDuomo salernitano, non si può cherimanere estasiati di fronte allesmembrate formelle eburnee delMuseo Diocesano di Salerno, oggifinalmente riaperto al pubblico. Lesessantasette formelle originarie,cronologicamente inquadrabilinell’ultimo ventennio dell’XI seco-lo, facevano parte forse di unantependium, ovvero un paramen-to applicato alla parte anterioredell’altare. Ripercorrono alcunescene tratte dall’Antico e dalNuovo Testamento, con dichiaratafunzione catechetica. Funzione delresto, assunta anche dal meravi-glioso exultet, custodito nelMuseo Diocesano. Datato verso lametà del XIII secolo, ha assoltofino al 1917, anno dell’arbitrariosmembramento, alla sua originariamansione, esposto dal pulpito peralcuni giorni dopo la Pasqua.Raggiunge oggi una lunghezzacomplessiva di 8 metri suddivisitra 11 brani e 18 scene miniateentro cornici geometriche, forseda un alluminatore operante vero-similmente presso lo scriptoriumdella Badia di Cava de’ Tirreni. Ed èesattamente al cenobio benedetti-no della Santissima Trinità checontinua la nostra escursione, allaricerca delle grandi realtà monu-mentali presenti sul territorio diquesta vasta e ricca provincia. Raggiungibile dal centro in pochiminuti, nel Medioevo si presentavamolto appartato e lontano dallasottostante cittadina, e snodo ditraffici e mercanzie. Queste leparole di Henry Swinburne (1780ca.) “... È situata in una piccolavalle tra i boschi all’ombra di un

In questa pagina.In alto:Museo Diocesanodi Salerno,tavoletteeburnee.In basso:Museo Diocesanodi Salerno,exultet.Pagina precedente.Monumentofunebre diMargheritadi Durazzo.

Page 10: Momenti della provincia di Salerno

dimora con un più confortevolemonastero. Il ritrovamento di una statua difaunetto, in un ambiente dellagrotta, in cui sono tuttora conser-vati resti mortali di Alferio, sottouno sfarzoso altare, lasciano rite-nere che il sito fosse già frequen-tato in età romana. Non lungi, loscenografico ponte a doppia arca-ta in laterizio, definito “del diavo-lo” testimonia che l’area fosse abi-tata già in età repubblicana.Conferma ulteriore è il ritrova-mento nell’ultimo secolo di villerustiche in più frazioni vicinioriall’abbazia. Sant’Alferio, di originelongobarda, era un gentiluomodella corte di Guaimario III, princi-pe di Salerno che con esenzioni edelargizioni per l’erigendo mona-

vasto dirupo e di alte cime sullequali c’è un piccolo villaggio conmura chiamato Corpo di Cava”.L’imponente facciata del conventoe della chiesa d’impianto barocco,occultano alla vista l’originariochiostrino della Badia da cui sidipartono gli ambienti più fascino-si di tutto il complesso monastico.È qui che incombe l’alta rupe sottocui le esili linee architettonicheripartiscono quello spazio delimi-tato e raccolto dove è possibileritrovare le vestigia dell’anticoimpianto. Alferio Pappacarbone,successore dell’abate Pietro I, nel1012, secondo la tradizione scelsedi condurvi vita da eremita nellagrotta Arsicia. Prestissimo, la suavita in odore di santità attirò moltidiscepoli che affiancarono la sua

In questa pagina.In alto:Cava de’ Tirreni,Badia Benedettina,sala capitolare.In basso:il cimiterolongobardo.Pagina precedente.Cava de’ Tirreni,Badia Benedettina, esterno e interno.

Page 11: Momenti della provincia di Salerno

19

museo sono conservate ecceziona-li opere d’arte, dagli importantissi-mi codici miniati al busto argenteodi Santa Felicita, datato intorno al1480. Verso la fine del XV secolo, ilmonastero vide la restaurazionedell’Ordine Benedettino con unaconseguente rinascita culturale eduna rinnovata organizzazione eco-nomica. Fu fondata la biblioteca.Dopo la metà del XVIII secolo, l’a-bate Giulio De Palma, incaricò l’ar-chitetto Giovanni del Gaizo diridare una nuova impronta a partedel monastero e alla facciata dellachiesa. Tuttavia, la sobrietà delgusto tardo barocco, già incline alrigore neoclassicista, non eclissa-no del tutto le linee originarie del-l’intero complesso. Furono verso lafine del Settecento, riarredatialcuni ambienti tra cui l’apparta-mento dell’abate, arricchito dimobili di gusto ancora rococò e daun soffitto sfondato da finte quin-te architettoniche. Qualche tempodopo, l’interno della sala diploma-tica dell’archivio mostra lineedecorative tipiche del ritorno al-l’antico: nella volta trionfanogrottesche allusive alle ritrovatecittà vesuviane. Va segnalata inol-tre la Sala del Capitolo, riattatanel 1761 nell’antica sacrestia cuisono afferenti gli affreschi del XVIIsecolo. Lungo le pareti furonosistemati i cinquecenteschi stalli

lignei intarsiati. Ma ricco di fasci-no è il pavimento maiolicato postosuccessivamente, essendo la suasede originaria il convento napole-tano di Sant’Andrea delle Dame.Nel 1857, la chiesa fu ridecoratada Vincenzo Morani che eseguìuna Deposizione, nel transettosinistro. Indubbiamente, il cenobionel corso degli ultimi due secoli haperso quel potere spirituale e tem-porale che lo aveva contraddistin-to, assegnandogli un ruolo a lungonon trascurabile nelle vicende sto-

riche del Meridione d’Italia. Giànel 1821, Richard Keppel Craven, aproposito dell’importanza dell’ar-chivio, annotava “... Oggi i suoitesori consistono in poche copie dimanoscritti originali che in granparte trattano la storia del Regno,e sono di un valore inestimabile.Nessun altro paese possedeva tantidocumenti di questo genere quan-to il Regno di Napoli; e nonostantei suoi archivi siano stati saccheg-giati dagli invasori, e più di unavolta sottoposti alla furia dei

In alto:Cava de’ Tirreni,Badia Benedettina,biblioteca.In basso:sala del museo.

stero, favorì l’incremento demo-grafico nei villaggi circostanti. Lacostruzione dell’abbazia intitolataalla Santissima Trinità è documen-tata da un diploma di GuaimarioIII del 1025 ove si menziona l’esi-stenza di una inclita grypta in cuiAlferio aveva edificato una chiesaa novo fundamine. “Ora, se guar-diamo alle testimonianze architet-toniche, assai problematica apparela ricostruzione... dell’aspetto deiprimi edifici che dovettero occupa-re quel luogo. Una singolare e viva-cissima stratificazione di strutture,determinata in gran parte dallastessa situazione naturale, forte-mente acclive, si è manifestata nelcorso dei secoli, sicché spesso - nelsuccedersi di ampliamenti, nuovesostruzioni, consolidamenti erestauri antichi e moderni - si sonoalternate le quote primitive e sisono determinate tali compenetra-zioni murarie da rendere quantomeno arduo il riconoscimento dellediverse fasi struttive” (G. Pane).Nel 1092, papa Urbano II consacròla nuova chiesa che aveva sostitui-to quella primigenia di Alferio.Rimane del tempo, un paliotto dimarmo in una cappella; al contra-rio, la chiesa fu ridisegnata nelSettecento, ma si conserva ancoraun ambone del XII secolo: leonistilofori reggono colonne tortiliilluminate dalle tessere policrome.Al di sopra, gli archi e la cassasono rivestiti da intarsi musivi. Neisecoli, la Badia ha ospitato muni-fici donatori: regnanti ed abati,grandi personalità e regine comeSibilla, la seconda moglie diRuggero II. Perita a Salerno nel1150, fu sepolta nell’abbazia cave-se in un cenotafio musivo. Piùinteressanti sono invece alcunirelitti struttivi del convento: ilcimitero longobardo ed il piccolochiostro. Risalente al XIII secolo,quest’ultimo è circondato dacolonne binate che sorreggonoarchi su alti piedritti, d’influenzaaraba. Intorno, frammenti lapidei esarcofagi romani tardo antichirendono l’atmosfera rarefatta epacata. Anche nel cosiddetto cimi-tero longobardo, utilizzato dall’XIal XIII secolo, posto sotto il chio-strino e la chiesa, il tempo assumeuna dimensione diversa.Interessante si presenta anchel’arco trilobato del XIV secolo per-tinente alla sepoltura del tesorieredi re Roberto, Costanzo Punzo,morto nel 1338. Notevoli rilievimarmorei sono da riferire a Tino diCamaino, attivo presso la corteangioina. Nel complesso, come nell’annesso

In alto:Cava de’ Tirreni,

Badia Benedettina,interno,

volta affrescata.In basso:

chiostrino.

Page 12: Momenti della provincia di Salerno

21

alcune che in vario modo rendonoancora vivo il legame di entrambigli artisti con queste terre. Si puòpartire dalla drammatica Pietà diAngelo Solimena, che farà presto

ritorno nella Congrega dellaChiesa di San Bartolomeo aNocera Superiore. Il corpo esanimedi Cristo, in primissimo piano,lascia gli astanti sgomenti, mentre

il morbido manto di Maria si stem-pera nel volto straziato.A Sant’Egidio del Monte Albino,un’altra opera, la Madonna delleAnime Purganti, siglata da Angelo

Vandali, quello che ne resta èugualmente interessante”. Nellesale duecentesche del museohanno trovato collocazione dipintidi Andrea da Salerno, LucaGiordano e Francesco De Mura,affiancati da preziosissimi codiciminiati, reperti romani e arredisacri d’argento, testimoni d’unacomunità monastica che non-ostante stia lentamente assotti-gliandosi, tuttavia rimane salda-mente ancorata ai principi ispira-tori dell’ora et labora, quella rego-la benedettina che nei tempinostri sembra d’altro mondo e d’e-poche altre.Ripercorrendo a ritroso, la stradache tanti intellettuali del GrandTour hanno attraversato per sog-giornare nella città de La Cava,giungendo a Nocera de’ Pagani,ultima stazione ferroviaria delMezzogiorno fino alla metà delXIX secolo, ci si rende conto che“l’Agro Nocerino non è periferia diuna capitale, e non è neppure isolao enclave autonoma, ma parteintegrante e integrata del territoriodell’Italia Meridionale” (M. DeCunzo). Qui, nel collasso urbanistico degliultimi decenni, resistono alcune

realtà monumentali di grandeimpatto, diversificate per epoche econnotazioni specifiche che ren-dono difficile la scelta o il percor-so da privilegiare. E se invece diappuntare la nostra attenzione suconventi o chiese o edifici monu-mentali dei singoli comuni in cuida oltre cento anni, si è frantuma-to l’antico territorio di NuceriaAlfaterna, tentassimo di trovareun denominatore che per moltiversi li leghi tra loro? Un legantepotrebbe essere costituito dallepersonalità e dalla produzioneartistica, talora sinergica, dei dueSolimena, il padre Angelo, Fran-cesco il figlio. Entrambi, a cavallotra il XVII ed il XVIII secolo, rinno-varono quel processo culturale cheda sempre aveva collegato l’Agroalle grandi realtà della Campania.Forse l’occasione fu offerta dalmatrimonio “nocerino” di Angelo -originario di Canale di Serino - conMarta Grisignano, celebrato nel1655 e dalla nascita del primoge-nito Francesco, il futuro “AbateCiccio”, osannato pittore presso lecorti europee, ritenuto dal DeDominici, “il Principe di tutti iPittori viventi”. Dunque, qualedelle opere ammirare, in cui sia

possibile ritrovare le mani dientrambi gli artisti, se non l’affre-sco del Paradiso e incoronazionedella Vergine nella cupola del-l’Arciconfraternita del Rosario,annessa alla cattedrale nocerina?“Il dipinto, che si colloca fra leopere più avanzate e aggiornatedel barocco a Napoli” (A. Braca) èdatabile tra il 1677 ed il 1680.Evidenzia una luminosità ed unaforza evocativa che rendono irrile-vante la ricerca della mano delpadre o del figlio nel turbinio difigure che affollano i registri pit-torici verso il culmine dell’interarappresentazione. “Se il risultatodella cupola di Nocera lascia qual-che margine di incertezza in meri-to alla collaborazione tra Angelo eFrancesco Solimena, un momentodi sicuro rapporto di cooperazioneè costituito, in una fase più avan-zata, dalla realizzazione dei trequadri principali del soffitto cas-settonato del Duomo di Sarno” (M.A. Pavone). Ma, la presenza deiSolimena nell’Agro è testimoniatadalle tele che ancora è possibileammirare nei luoghi di culto diogni comune della Valle del Sarno.Se è troppo dispersivo ricercarletutte, è possibile però segnalarne

In questa pagina.Nocera inferiore,Arciconfraternita

del Rosario,Paradiso

e incoronazionedella Vergine,

affresco diAngelo e

FrancescoSolimena.

Pagina successiva.Nocera

Superiore,Chiesa di SanBartolomeo,

Angelo Solimena,Pietà.

20

Page 13: Momenti della provincia di Salerno

Solimena e datata al 1671, non-ostante lacune pittoriche e purtradendo echi dell’omonimo dipin-to di Massimo Stanzione, conser-vato nella Chiesa del Purgatorio adArco di Napoli, denuncia quell’af-flato umano che risolleva i corpinudi per condurli alla salvezza. Poco più lontano, ad Angri, nellaChiesa di San Giovanni Battista,l’Estasi di Santa Rosa da Lima,“anticipa temi che saranno svilup-pati nelle due opere di NoceraInferiore assai vicine a questa telanel tempo, la pala del Convento diSanta Chiara del 1680, finora ine-dita, e l’Incoronazione di Sant’An-na del 1681 per la Chiesa delmonastero di Sant’Anna” (D. Sini-galliesi).Dalle terre pianeggianti della Valledel Sarno, risaliamo lungo la dor-sale del Monte Albino, incombentee verdissima barriera naturale,verso Rebellum (Ravello) alla ri-

In questa pagina.In alto:Angri, Chiesadi San Giovanni,Angelo Solimena,Estasi di Santa Rosada Lima.In basso:Sarno, Duomo,Angelo Solimena,San Michele Arcangelo.Pagina precedente.Sant’Egidio delMonte Albino,Chiesa di SantaMaria in Armillis,Angelo Solimena,Madonnadelle Anime Purganti.

Page 14: Momenti della provincia di Salerno

25

l’ambone è adornato da mosaicipolicromi con la raffigurazione diGiona e la pistrice e formelle tur-chesi in maiolica persiana adornati scuri. Le volte delle trenavate sono arricchite da affreschidel XIV secolo, coevi ad altri nellacripta. Poco distante, sul palcosce-nico della piazza principale è ilDuomo. Per poterne tracciare lelinee principali, lasciamoci incan-tare dalle parole di Carl Justi, unodei più famosi storici dell’artetedeschi del XIX secolo che fu aRavello nel 1867. “Cavalcammofin su a Ravello per vedere la catte-drale. Nel secolo scorso è statarestaurata in uno stile posticcio;ma del XIII secolo sono sopravvis-suti due amboni: meta del nostropellegrinaggio. Quattro leoniavanzano sostenendo sulle spallesinuose colonne che a loro voltasostengono l’alta balaustrata delpulpito dei Vangeli e delle Epistole.Tutto in marmo bianco, intrecciaticon labirintici legamenti di mosai-ci colorati, stanno singoli meda-glioni con figure simboliche, ilgallo, il leone. Le linee coloraterisplendenti sul marmo nero, l’ario-sità e la leggerezza e la sospensio-ne dell’insieme ricorda il gustoarabo e fa un’impressione incante-vole”. La cattedrale, edificata nell’XIsecolo era dedicata in origineall’Assunta, successivamente a

In questa pagina.In alto:Ravello, Duomodi San Pantaleone,interno.Al centro:esterno con ilcampanile.In basso:facciata.Pagina precedente.In alto:Chiesa di SanGiovanni in Toro,ambone.A destra:affresco votivo.In basso:interno.

cerca di monumentali evidenzeche hanno scandito il tempo esuperato, a differenza di altre, tur-bolente vicende storiche. A gui-darci stavolta, sono le parole dellascrittrice inglese d’epoca vittoria-na, Julia Kavanagh, a Ravello, neglianni ’50 dell’Ottocento “... La pas-seggiata terminò su un altro ter-razzo dove un altro panorama piùabbagliante e più bello del prece-dente, ci apparve davanti agliocchi”. L’autrice, dopo aver visitatopalazzo d’Afflitto, entra in un altromonumento significativo, la Chie-sa di San Giovanni del Toro “... Lagraziosa chiesetta dalla portaverde. Vi entrammo: era un luogobianco, silenzioso, con squisitecolonne di marmo, alcune dellequali così bianche e pure come loerano state il giorno che avevanolasciato la mano del marmista”.Ebbene, a distanza di oltre unsecolo, l’impressione rimane im-mutata: la chiesa, una delle piùinteressanti del paese arroccatosulla sommità del monte tra lenuvole, fu edificata nel XII secolo.Il piccolo protiro originario di cuisono evidenti poche tracce, fudemolito nel 1715, durante lavoridi rifacimento. Il campanile dallereminiscenze arabo-sicule, a sini-stra chiude la facciata scandita datre portali sormontati da altret-tante lunette ad ogiva. All’interno,che culmina nelle tre altissimeabsidi e nella cupola decorate daarchi intrecciati, si conserva lostupendo pergamo, eseguito daAlfano da Termoli, su commissionedella famiglia Bovio, nel 1200.Supportato da quattro colonnine,

24

Page 15: Momenti della provincia di Salerno

27

grazie alle tessere musive. Untempo, l’arco di ingresso allarampa del pulpito denominato delVangelo o Rufolo, era coronato dalcandido busto, ora nel museoentro la cattedrale, di Sigilgaita,sposa di Niccolò Rufolo. Il pulpitoè opera di Niccolò di Bartolomeoda Foggia: fu realizzato nel 1272,su commissione della potentefamiglia ravellese. Lo confermanoun’epigrafe e i due eleganti profilimaschili, ai lati della porta del pul-pito. Nell’annesso museo sonostati sistemati tutti gli oggettiliturgici che nel corso dei secolihanno arricchito il cospicuo patri-monio del Duomo: busti d’argento,reliquari, sarcofagi di marmo e losmembrato ciborio di Matteo diNarni, del 1279. Ornato da marmie mosaici, in origine era collocatoal centro del transetto; fu asporta-to a causa del terremoto del 1773.Se per tutto l’Ottocento, come silegge in tanti diari di viaggio, gliasinai, risalendo da Amalfi, si fer-mavano in piazza, di fronte alDuomo, una visita d’obbligo era acasa dell’inglese Francis NevileReid che da tempo si era stabilitoa Villa Rufolo. Franz Loeher, alloradirettore dell’Archivio di Stato aMonaco di Baviera, annotò “Nellavilla Ruffolo, sui ruderi delle torri edelle muraglie, si riconosconoancora le fini ghirlande di pietranella leggiadra trabeazione concolonnine accoppiate ad ogni spe-cie di archi acuti e intrecciati... Machi avrebbe potuto descrivere, amatita o a penna, questi luoghicosì profondamente lugubri, eppu-re tanto pittoreschi! Dovunque sirivolga lo sguardo spuntano torridistrutte, portali in rovina e fine-stre murate, antichità classica,gotica, normanna, araba: in brevesi tratta della più strana cumula-zione di stili immaginabile, chevista in questa sublime altitudinelontana dal mondo umano lascia

In alto, a sinistra:Ravello, Duomodi San Pantaleone,porta bronzea.A destra:sacello conle reliquiedi San Pantaleone.Al centro:busto di Sigilgaitanel museo.In basso:sale del museo.

San Pantaleone, trucidato, secon-do la leggenda a Nicomedia nel-l’anno 290 d.C. Medico e dunquemartire è molto venerato dagliabitanti del luogo; ad egli è intito-lata una cappella annessa alDuomo, dove si conserva la reli-quia del sangue. Dopo oltre untrentennio di restauri filologici, acura della Soprintendenza aiBAAPSAD di Salerno, l’edificio hariacquistato parzialmente l’aspet-to originario, dal momento che èstato liberato dalle superfetazioniarchitettoniche che ne avevanocompromesso la leggibilità. Alfonso Sarno, in un recente arti-colo, ribadisce che il monumentosi caratterizza per “... il forteimpatto, sin dalle porte d’accesso.Opera di Barisano da Trani, autoreanche di quelle di Trani e diMonreale, si suddivide in una seriedi pannelli dove le raffigurazioni diCristo, della Vergine e dei Santi sicompletano con altre di carattereprofano, in cui si susseguono arcie-ri, guerrieri, disegni floreali, stem-mi araldici. Donatore fu, nel 1179,Sergio Muscettola, marito dellanobile ravellese Sigilgaita Pironti,raffigurato inginocchiato dinanzi aSan Nicola di Bari”. Come in moltecattedrali, lungo la navata media-na, precisamente a destra, vi è unmagnifico pergamo, sorretto dacolonnine tortili, tutto scintillante

In alto:Ravello, Duomo

di San Pantaleone,pergamo.Al centro:

particolaredella decorazione

musiva.In basso:ambone.

26

Page 16: Momenti della provincia di Salerno

29

un’ impressione indelebile: a primavista del tutto fiabesca mentre ilsuo sfondo è colmo di profonda tri-stezza”. E Villa Cimbrone? Anche stavoltasono le parole di un altro teutoni-co del XIX secolo, lo storiografoFerdinand Gregorovius, a guidarcinella “... casa di campagna... laquale sorge fra le rose e gli olean-dri, su di un altipiano da dove losguardo spazia nel mare”. Untempo appartenuta ai Fusco, fuacquistata nel 1904 da ErnestWilliam Beckett che farà della villae del meraviglioso parco unapastiche architettonica e d’arteche ben riflette la temperie cultu-rale di quello snobismo tuttoanglosassone. Erminia Pellecchia,

In questa paginae in quella precedente.Ravello, Villa Rufolo.

28

Page 17: Momenti della provincia di Salerno

31

con fine arguzia sottolinea: “Neldelirio di Lord Grimthorpe tutto sigiustifica”. Resta comunque lagrande fascinazione delle atmo-sfere che fanno della villa, ora deiVuillemier, realmente una delleresidenze più speciali al mondo ”Sigode di là la vista dell’ampiezza delmare, delle coste delle Calabrie conle cime dei loro monti coperte dineve, dell’imponente punta diConca e del Capo d’Orso, pressoMaggiori; tutte vedute severe chebisogna ammirare e tacere, anzi-ché provarsi a farne la descrizione”.Allo stesso modo, scendendo verso“il mare magico”, e poi, risalendodalla piazzetta la regale scalinatad’accesso al Duomo d’Amalfi, biso-

gna guardarsi intorno ed ammira-re quest’altro monumento che è ilsimbolo stesso della sua città. Lastruttura originaria, nota oggi conil nome di Cappella del Crocifisso,si data al IX secolo, mentre lanuova, unita a quella più anticamediante un colonnato, fu edifica-ta verso la fine dell’XI e rifatta nel1203, assumendo forme arabo-normanne di Sicilia; era il tempoin cui il cardinale Pietro Capuanotraslò da Costantinopoli, le reli-quie di Andrea, il Santo cui fudedicato il Duomo. Successivi rifa-cimenti sono del Settecento, lafacciata fu ridisegnata ed impre-ziosita dai mosaici, dopo il 1861,anno in cui era crollata. Il timpano

In questa paginae in quellasuccessiva.

Villa Cimbrone,belvedere

e particolaridel giardino.

Page 18: Momenti della provincia di Salerno

33

cento. Recinto da un portico sucolonne binate, che sorreggonoarchi acuti altissimi ed intrecciati,il chiostro fu eretto tra il 1266 edil 1268 per volere dell’arcivescovoFilippo Augustariccio, quale luogodi sepoltura per la nobiltà cittadi-na di sangue e d’ingegno. A partela suggestione delle tre navateinterne, è molto interessante lacripta, dove sono custodite le reli-quie di Sant’Andrea e statue disanti, opere di Michelangelo Nac-cherino e di Pietro Bernini.

Da Amalfi, attraverso i tornantidella statale 163 sostiamo a Raitoper godere “di un piccolo gioiello diarchitettura e natura” (M. Ro-mito): Villa Guariglia. La nobileresidenza per volontà testamenta-ria del proprietario, l’Ambasciatored’Italia e dell’Ordine di Malta,Raffaele Guariglia, fu annessa alpatrimonio dell’AmministrazioneProvinciale di Salerno nel 1970. È sede del Centro di Studi Saler-nitani intitolato all’eminente per-sonalità diplomatica.

fu arricchito dal Cristo in trono trala simbologia degli Evangelisti,opera musiva disegnata da Dome-nico Morelli. Gli influssi musulma-ni sono riscontrabili anche nelcampanile che, nonostante siastato eretto tra il 1180 ed il 1276,preserva i tutta la sua imponenza,le linee originarie, connotate dabifore, trifore e le torricelle adarchi intrecciati del coronamentosuperiore. L’atrio che immette nelChiostro del Paradiso, conservaframmenti di affreschi del Tre-

In questa pagina.In alto:

Amalfi, Duomo,interno. In basso:

il Chiostrodel Paradiso.

Pagina seguente.In alto:

colonnato sullafacciata.In basso:

busto di santo.

32

Page 19: Momenti della provincia di Salerno

L’archeologa Matilde Romito, hadedicato al complesso della villauna serie di studi monografici checi aiutano a delinearne le lineeportanti. “L’aspetto attuale è ilrisultato dell’ultima e definitivasistemazione negli anni Trentadopo le trasformazioni che gra-dualmente, nel corso dell’Ot-tocento, mutarono l’originariacasa colonica nell’attuale corpostrutturale della villa e a seguitodell’annessione di altri terreni cir-costanti, acquistati nel 1929 dalpadre dell’ambasciatore”. La villa èparte di un grande complesso checomprende la Cappella di San Vito,documentata già nel 1087, giardi-

In alto e in basso:particolaridel giardino.

In alto:Raito, Villa

Guariglia,facciata.In basso:

vedutadal giardino.

Page 20: Momenti della provincia di Salerno

37

ni e terreni coltivati, degradantiverso il mare, la torretta Belvedereche costituisce il nucleo principaledel Museo della Ceramica Vietrese.La struttura abitativa nel comples-so, consta di trentasei sale suddi-vise su due piani. Gli arredi sonorimasti inalterati, così come liaveva lasciati l’ambasciatore Gua-riglia. Le stanze che negli anniTrenta costituirono l’oasi di pacecui ritornava il padrone di casa,sempre impegnato in missionidiplomatiche, nella seconda metàdel 1944, ospitarono VittorioEmanuele III e la regina Elena diSavoia. Pertanto, la casa “da tran-quilla residenza estiva dell’amba-sciatore, fu proiettata sulla scena

In questa pagina.In alto:

Raito, VillaGuariglia,

vedutadelle sale.

In basso:la cucina.

Pagina successiva.In alto:

particolare diuna sala.In basso,

a sinistra:la biblioteca.

A destra:ceramicavietrese.

36

Page 21: Momenti della provincia di Salerno

internazionale come sede dellaCommissione alleata di controllo”.Tra gli incarichi ufficiali ricopertidal barone, nel 1947, vi fu anchequello in Spagna, di rappresentan-te del Sovrano Ordine di Malta. Edè appunto in una delle proprietàdel Cavalleresco Ordine, a Valva, intutt’altro scenario, ci spostiamo.La prestigiosa residenza dei mar-chesi d’Ayala-Valva è situata allependici dell’incombente MonteMarzano.L’edificazione risale alla secondametà del XVIII secolo, ad opera diGiuseppe Maria Valva, ultimo mar-chese dell’antico casato e soprin-tendente di tutte le strade ed iponti del Regno di Napoli, all’epo-ca di Ferdinando IV di Borbone. Ilnucleo principale della dimora èimmerso in un parco di circa 17ettari, dalla pianta irregolare, ma icui viali intersecandosi, immetto-no alla villa. Subito dopo aver var-cato il cancello, lo scenario mutaall’improvviso: sul lato destro, unordinato giardino all’italiana fa dacornice ideale al primo grupposcultoreo. Ad accogliere è lasignora della Caccia, Diana cheprecede ed annuncia le allegoriedelle Quattro Stagioni. Posta inposizione frontale è la CoffeeHouse, dei primi decenni dell’Otto-

In questa pagina.In alto:

Valva, Villa Ayala,teatrino

di Verzura.Al centro:giardino

all’italianae facciatadella villa.

In basso:un angolo del

giardino.Pagina seguente.

Un angolo delgiardino.

Pagina 40.La statua di Ebe

nel giardino.Pagina 41.

Persano, vialedi accesso

al Casino Reale.

38

Page 22: Momenti della provincia di Salerno

cento. Procedendo lungo il viale insalita, il giardino lascia il posto albosco. Tra gli alberi e le siepi piùdiradate, fanno capolino figure dipietra, ninfe dei boschi e perso-naggi del pantheon classico.Viali di platani, lecci, castagni,abeti, cedri, magnolie e lauri epungitopi si fondono e sprigiona-no, nella stagione autunnale, quelprofumo acre ed intenso che ine-bria l’olfatto. A Valva è tutta una “maraviglia”repentina: dal giardino ovale conle statue delle Arti Liberali, dispo-ste ad emiciclo, dinanzi all’accessoprincipale del castello, alle panchemarmoree e alle divinità grecoromane che sembrano oziare inquesto paesaggio arcadico dove iltempo, in apparenza è dolcementesospeso. Tuttavia, il lento fluire èdenunciato dall’edera invadenteed intrigante. Si insinua ovunque,tra le crepe e le ferite dell’edificioche dopo decenni d’oblio non haancora ripreso a vivere. Sul fiancodel castello, la torre - parte dellastruttura originaria - è invasadalla vegetazione spontanea e sel-vaggia. Se l’immagine è altamenteromantica, come del resto il parcointero, la sensazione che si avver-te, non rinfranca l’animo. Più inalto, nel teatrino di Verzura, ibusti, trafugati e fortunatamenteritrovati, sono stati ricollocati alloro posto; giudici severi denun-ciano insopportabili ritardi negliopportuni restauri. Altri sentiericonducono alle grotte popolatedai pipistrelli, loro naturali abitan-ti e dal dio Vulcano. Più in basso,ci si imbatte in un antro piùampio. Avanzi di muri romanitestimoniano antiche frequenta-zioni. Una piccola immagine dellaMadonna di Lourdes, posta pochidecenni fa dai Cavalieri di Malta, èil segno del nuovo. Le presenzemitiche e profane del bosco nonconoscono sincretismi di sortaalcuna: appartengono ad un’Arca-dia vagheggiata ed inquietante.Quell’Arcadia effimera e perdutache incantò l’aristocrazia e iregnanti d’Europa, a metà delSecolo dei Lumi. Il giovane Carlo IIIdi Borbone non sfuggì alle mode,né alle suggestioni: ospite di pas-saggio, nel 1735, nella tenuta delduca de’ Rossi a Persano, s’inna-morò di quei luoghi incontaminati.Dopo alcuni anni, nel 1758 permu-tò il feudo di Casal di Principe conquello di Persano cui si aggiunseroPostiglione e Controne, di proprie-tà del duca Garofalo. Si formò intal modo, il Real Sito di Persanoche tra alterne fortune, rimase

Page 23: Momenti della provincia di Salerno

43

germente aggettanti. Vanvitelli mutò parzialmente ilprogetto originario di Piana, oc-cludendo alcune finestre delletorri e le arcate del primo piano. APersano, fu impiantato inoltre,l’allevamento delle Reali Razze dicavalli, orgoglio e vanto della casaregnante. Delle stagioni felici edelle battute di caccia, negli ultimi

decenni del Settecento, restanoincisioni ed eloquenti dipinti,commissionati da Ferdinando IV,tra cui due siglati da Jacob PhilippHackert, datati al 1782. Pochissimianni dopo, la Rivoluzione segnòuna battuta d’arresto: con laRestaurazione, tanti siti reali disvago e delizie furono amministra-ti in modo più oculato. Anche a

Persano, le cose mutarono; lecacce e la presenza di cortei realisaranno più diradate e meno sfar-zose, fino a che con l’avvento deiSavoia, la crisi fu irreversibile. La nostra escursione volge al ter-mine: l’ultima tappa, all’interno diuna provincia così vasta e varia ericca di monumenti è la Certosa diSan Lorenzo a Padula, nel Vallo diDiano. Fu edificata per volere delconte di Marsico e signore delVallo di Diano, Tommaso Sanse-verino, a partire dal 1306. Le moti-vazioni di una tale scelta nonfurono unicamente di caratteredevozionale o legate alla comuneascendenza francese sia della casad’Angiò che dell’ordine religioso,bensì ragioni di opportunità e diprestigio. A monte vi era la neces-sità di bonificare quei luoghi infe-stati dalle paludi; spesso i grandiorganismi ecclesiastici medievalisi occupavano di tale compito.Dunque, alla base della protezioneda parte dei principi Sanseverinodell’ordine monastico, vi furonouna serie di validi motivi pratici edin ultima istanza, diplomatici.Dell’originario complesso architet-tonico, gli elementi superstiti sonopochi: le volte a crociera ed il por-tone ligneo della chiesa del 1374.Dalla metà del Cinquecento, laCertosa subì interventi radicali sianelle dimensioni che nella struttu-ra. Si iniziò la realizzazione delchiostro grande e dello scaloneellittico. L’edificazione del refetto-rio e le decorazioni a stucco dimolteplici ambienti, nel corso delSettecento costituirono gli ultimiinterventi significativi. L’impiantogenerale della Certosa di Padulasegue i medesimi stilemi architet-tonici individuabili in tutti gli altricenobi, in quanto sono mutuatidalla rigorosa applicazione della

In alto:il Casino Realedi Persano,raffiguratosu di un piattodel Serviziodell’Oca.In basso:Philipp Hackert,Vedutadella tenutadi Persano.

attivo fino alla caduta deiBorbone. Il progetto di amplia-mento e di ristrutturazione delvecchio casino dei de’ Rossi, fuaffidato all’ingegnere militarespagnolo Juan Domingo Piana chegià nel 1752 sovrintendeva ailavori. Due anni dopo, egli stessodisegnò gli stucchi per le stanzedestinate al re. È probabile che

qualche imperizia esecutiva siastata all’origine dell’intervento diLuigi Vanvitelli, in corso d’opera.Le linee strutturali e portanti sot-tolineano, negli elementi architet-tonici austeri e spartani, il caratte-re militaresco che il progettista eprobabilmente il committente vol-lero conferire all’edificio. Sullafacciata, s’alternano, al primo

piano, finestre coronate da timpa-ni triangolari e curvi. Il punto diraccordo è nel grande portale dipietra centrale e nelle due garitteterminali che chiudono l’augustadimora. Più vivace, nonostante l’e-strema sobrietà, è il cortile internocon le quattro torrette poste agliangoli. Le finestre e gli archi sonodisegnate da semplici cornici leg-

In alto:Persano, cortile

del Casino Reale.In basso, a sinistra:

Pietro Fabris,Ferdinando IV

a caccia di cinghiali

nella tenutadi Persano.

A destra:la scala di accesso.

42

Page 24: Momenti della provincia di Salerno

45

su una superficie vastissima; siaccede sia dal cortile esterno doveerano collocati granai, stalle,depositi, lavanderie, cantine, fornied il frantoio, sia dalla parte oppo-sta, dove avevano accesso pochepersone. Qui, è la facciata tardomanierista sul cui portone in pie-tra, nel fastigio si legge “felix coeliporta” e la data 1723, l’anno in cuiforse furono conclusi i lavori. Siaccede al grande chiostro, intornoal portico con la fontana al centroed il loggiato da cui si eleva latorre dell’orologio. Il loggiato èarricchito di affreschi seicenteschicon vedute e scene agresti e buco-liche ricollegabili al pittore napo-letano Domenico Gargiulo. È dalportico che si accede sia allaCappella della Madonna dei Morti

che alla Chiesa di San Lorenzo. Ilportale cinquecentesco incorniciale due ante di accesso, in legno dicedro del Libano, intagliate proba-bilmente da Baboccio da Piperno,con scene del martirio del santo,l’Annunciazione e le scritte “Car-tusiensis Ordinis” e “Ave Mariagratia plena”. La navata unica dellachiesa, racchiude distinte zone peri conversi e per i padri di clausura.Due sono anche i cori: quello deipadri, del 1503 e l’altro dei con-versi, firmato da Giovanni Gallo edatato al 1507. Sui dossali deiventiquattro stalli compaionofigure di santi, martiri, vescovi egli Evangelisti; in basso sono ele-menti architettonici e paesaggi.Trentasei sono invece gli stalli del-l’altro coro con scene dal Nuovo

Testamento. Splendidi sono l’alta-re in scagliola con intarsi inmadreperla ed il ciborio attribuitoallo scultore siculo Jacopo delDuca. La volta conserva le scenedel Vecchio Testamento affrescatedal pittore palermitano MicheleRagolia. Nella chiesa, come intanti altri ambienti del complessocertosino, si notano larghi spazivuoti sulle pareti, laddove untempo erano importanti tele,asportate dopo i saccheggi suc-cessivi alle leggi eversive napoleo-niche. Adiacenti alle cappelle late-rali della chiesa sono sia la Saladel Capitolo che la Cappella delTesoro. La prima, adorna di stucchisettecenteschi, è impreziosita daquattro statue attribuite ad unallievo di Lorenzo Vaccaro, Dome-

regola certosina. Pertanto anchequi, gli ambienti rientrano nellatipologia di “casa alta” e “casabassa”. Appartengono alla prima,gli ambienti destinati alla piùstretta clausura e la residenza deipadri, alla seconda invece, i depo-siti, le stalle, i granai, ossia i vaniconnessi alle attività lavorative. Èevidente che se alla prima riparti-zione afferivano i padri certosini,alla seconda erano collegati i con-versi, quei monaci che non aveva-no scelto la clausura per occupar-si delle attività produttive e delsostentamento dei confratelli. Nel1807, la Certosa fu soppressa ed imonaci furono costretti a lasciar-la. Vi faranno ritorno, dopo l’epo-pea napoleonica; nel 1866, laCertosa fu abbandonata definiti-vamente; fu dichiarata monumen-to nazionale nel 1882. Durante laGrande Guerra fu adibita a campodi concentramento per i prigionie-ri austriaci. Comando della VIIArmata nella Seconda GuerraMondiale e dal 1942 al ’43 dinuovo campo di concentramentoper soldati inglesi. Durante gli ulti-mi episodi bellici del 1944, vi furo-no rinchiusi, stavolta dagli Inglesi,gli Italiani. Dopo gli anni ’60 delNovecento, iniziarono gli opportu-ni lavori di restauro sotto la dire-zione della Soprintendenza aiBAAPSAD di Salerno che conclusinegli anni ’80, hanno ridato allaCertosa, dignità architettonica equell’aspetto che aveva perso datempo. La Certosa si è sviluppata

44

In questa pagina.Padula, Certosadi San Lorenzo,la Saladel Capitolo.Pagina precedente.In alto:Padula, Certosadi San Lorenzo,cortile di ingresso.In basso:la biblioteca.

Page 25: Momenti della provincia di Salerno

nico Lenmico. La Cappella delTesoro, un tempo ricco “contenito-re” della Certosa, oggi apparevuota, trafugati gli ori e le suppel-lettili custodite. Lungo l’asse chedall’ingresso conduce al chiostrogrande è quello cosiddetto deiProcuratori, dominato dalla fonta-na centrale in pietra con un delfi-no ed animali marini. Molto inte-ressante, varcato il portone chesepara le celle dei padri certosinidagli altri ambienti, è l’apparta-mento residenziale del priore.Comprende dieci stanze con altrilocali annessi, una cappella ed ungiardino privato su cui si affacciauna loggia affrescata con paesag-gi marini, opera di Francesco deMartino da Buonabitacolo. Dallaloggia, attraversandola, il prioreaveva la possibilità di controllarele celle dei novizi. Aveva anchel’accesso diretto alla biblioteca,depauperata oggi delle migliaia di

volumi contenuti un tempo e con-fluiti, tra il 1811 ed il 1814, allaBiblioteca Nazionale di Napoli, inquelle delle abbazie di Montever-gine, di Cava de’ Tirreni e nellaCertosa di Serra San Bruno inCalabria. Varcata la soglia dellacella del priore, ci si trova di fron-te ad una delle opere architettoni-che più belle dell’intero comples-so: una scala elicoidale compostadi trentotto gradini monolitici inpietra che aprendosi dolcemente aventaglio, immettono nella salaantistante la biblioteca, dominatadal pavimento maiolicato dellametà del XVIII secolo. Attribuitocome quello della chiesa a Giu-seppe Massa, evidenzia splendidimotivi decorativi esaltati dallecromie gialle ed azzurre. Gli arma-di in noce lungo le pareti, benchésvuotati dei preziosi codici, eranodivisi per discipline, come si leggenei fastosi cartigli: “Historici Pro-

fani, Poetae, Sancti Patres...” Lavolta a padiglione è ricoperta dauna tela con scene allegoriche, ilGiudizio Universale e la Scienza.Datata al 1763, l’opera è firmatada Giovanni Olivieri. Tra le operemonumentali, all’interno dellaCertosa, va segnalato il bellissimochiostro centrale, sicuramente unodei più grandi d’Europa, con i suoi15000 metri quadrati di superficie.I lavori di costruzione, avviati nel1583, andarono avanti per oltreduecento anni. Si sviluppa su duelivelli: in basso, il portico con lecelle dei padri, in alto, la galleriautilizzata per la passeggiata setti-manale, allorquando, interrottamomentaneamente la clausura, ipadri potevano incontrarsi e pre-gare insieme. All’interno del chio-stro è il cimitero nuovo, racchiusoda una balaustra con teschi in pie-tra. Al centro invece, è posta un’e-legante fontana litica del 1640, a

In alto:Padula, Certosadi San Lorenzo,

il chiostro grande.Pagina seguente.

In basso:la cucina.

46

Page 26: Momenti della provincia di Salerno

forma di coppa. In un angolo, ècollocata la cappella che custodi-sce il sarcofago cinquecentescodel fondatore. Fu edificata dopopiù di un secolo dalla morte diTommaso Sanseverino, avvenutanel 1324. Di grande impatto sce-nografico, è il grande scalone ellit-tico che raccorda i due livelli delchiostro: opera di Gaetano Barba,architetto che diresse anche unaparte dei lavori del chiostro, ametà del Settecento, si presentacome un magistrale elementoarchitettonico e plastico, che gra-zie ai sette finestroni aperti sullavalle, sembra fondersi con il pae-saggio circostante. A metà delXVIII secolo, risale anche la tra-sformazione di un antico refetto-rio in grandiosa cucina. Tale ipote-si ha trovato conferma, nella sco-perta di un affresco del Seicentoche rappresenta una Deposizione,

con Cristo contornato dai monacicertosini. La scena non contestua-le ad un simile ambiente, era statafatta ricoprire forse per le mutateesigenze. Interessanti sono altresì itavoli e l’enorme cappa in pietra.Un altro ambiente ricco di sugge-stione è il refettorio rettangolare,edificato nei primi decenni delXVIII secolo. Privato degli stallilignei, su cui nei giorni di festa,sedevano i padri e delle tele con-tenute nelle cornici a stuccosopravvissute, conserva, sullaparete di fondo Le Nozze di Cana,realizzate nel 1749 da Alessiod’Elia. Ci sorprende la ricchezzadei personaggi rappresentati, insontuosi abiti del Settecento chein qualche modo restituiscono unapallida idea delle atmosfere di queltempo in cui la grande Certosarappresentava non solo un luogodi silenzio e di preghiera, ma, al

pari di altri cenobi della coltissimaEuropa, un importantissimo coa-cervo di saperi e di cultura. Termina o ricomincia da qui ilnostro viaggio. Tra scelte suggeriteed altre evocate.L’abbiamo dichiarato in premessache le strade possibili sono quantomai varie. In ogni paese della vastaprovincia, complessi monumentali,pievi montane o di campagna,conservano testimonianze e siriannodano a più articolate storie.Non c’è sempre un tempo perconoscere ogni cosa; talora rela-zioni umane, congiunture fortuno-se, le più disparate o semplice-mente quella curiositas tanto caraagli antichi, ci riportano in luoghigià visitati; rivelano tesori d’arte,particolari sfuggiti in precedenza. Consideriamole così le nostredefaiances o, se volete, le coscien-ti omissioni.

Padula, Certosadi San Lorenzo,

lo scalone.

48