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  • 7/22/2019 Appunti Analisi II - Lancelotti.pdf

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    Analisi II

    Appunti Prof. Sergio LancelottiA.A. 2011-2012

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    INDICE

    Cap1 Richiami Funzioni in pi variabili pag.1

    Cap2 Integrali multipli pag.11

    Cap3 Integrali curvilinei pag.63

    Cap4 Integrali di superficie pag.81

    Cap5 Campi conservativi pag.113

    Cap6 Serie numeriche pag.133

    Cap7 Successioni di funzioni pag.167

    CAp8 Serie di funzioni pag.177

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    Capitolo 1

    Brevi richiami di topologia e

    calcolo differenziale in piu

    variabili

    Premessa fondamentale

    Siano A e B due insiemi. Con la scrittura f : A B si intende una funzione che associaad ogni elemento di A uno e un solo elemento di B. Quindi A e il dominio di f e B

    e il codominio di f. Talvolta il dominio si indica con il simbolo dom (f). Quindi se

    f : A B e una funzione, allora dom (f) = A.

    1 Brevi richiami di topologia di Rn

    Nel seguito considereremo n

    N, n

    1. Denotiamo con Rn il prodotto cartesiano di R

    per se stesso n volte, cioe

    Rn = R R n volte

    =

    (x1, x2, . . . , xn) : x1, x2, . . . , xn R

    .

    E uno spazio vettoriale su R di dimensione n. Per ogni i = 1, . . . , n denotiamo con ei

    il vettore di Rn avente la componente i-esima uguale a 1 e tutte le altre nulle. E detto

    il vettore i-esimo della base canonica di Rn. La base (e1, . . . , en) e detta base

    canonica di Rn. Se v = (v1, . . . , vn) Rn, allora si ha che

    v = (v1, . . . , vn) = (v1, 0, . . . , 0) + + (0, . . . , 0, vn) == v1 (1, 0, . . . , 0)

    e1

    + + vn (0, . . . , 0, 1) en

    = v1e1 + + vnen.

    In Rn sono definiti un prodotto scalare

    x = (x1, . . . , xn), y = (y1, . . . , yn) : xy = (x1, . . . , xn)(y1, . . . , yn) = x1y1+ +xnyn,

    1

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    2 S. Lancelotti, Appunti di Analisi Matematica II

    e una norma, detta anche modulo,

    x = (x1, . . . , xn) : x =

    x x =

    x21 + + x2n.

    Introduciamo alcuni concetti di topologia dello spazio Rn.

    (1.1) Definizione Siano x0 Rn e r > 0.Si chiama intorno (sferico) aperto di centro x0 e raggio r (o anche palla

    aperta di centro x0 e raggio r) linsieme

    Br (x0) =

    x Rn : x x0 < r

    .

    Questo intorno contiene tutti e soli i punti di Rn aventi distanza da x0 minore di

    r.

    Si chiama intorno (sferico) chiuso di centro x0 e raggio r (o anche pallachiusa di centro x0 e raggio r) linsieme

    Br (x0) =

    x Rn : x x0 r

    .

    Per n = 1 si ha che

    Br (x0) = {x R : |x x0| < r} = (x0 r, x0 + r),

    Br (x0) = {x R : |x x0| r} = [x0 r, x0 + r].

    Per n = 2 si ha che

    Br (x0, y0) =

    (x, y) R2 : (x, y) (x0, y0) < r

    =

    =

    (x, y) R2 : (x x0)2 + (y y0)2 < r2

    che e linsieme dei punti interni alla circonferenza di centro (x0, y0) e raggio r, mentre

    Br (x0, y0) =

    (x, y) R2 : (x, y) (x0, y0) r ==

    (x, y) R2 : (x x0)2 + (y y0)2 r2

    che e linsieme dei punti della circonferenza di centro (x0, y0) e raggio r e di quelli interni

    ad essa.

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    1 Brevi richiami di topologia diRn 3

    O x

    y

    y0

    x0

    r

    Br (x0, y0)

    Per n = 3 si ha che

    Br (x0, y0, z0) =

    (x,y,z) R3 : (x,y,z) (x0, y0, z0) < r

    =

    =

    (x,y,z) R3 : (x x0)2 + (y y0)2 + (z z0)2 < r2

    che e linsieme dei punti interni alla sfera di centro (x0, y0, z0) e raggio r, mentre

    Br (x0, y0, z0) =

    (x,y,z) R3 : (x,y,z) (x0, y0, z0) r

    =

    =

    (x,y,z) R3 : (x x0)2 + (y y0)2 + (z z0)2 r2

    che e linsieme dei punti della sfera di centro (x0, y0, z0) e raggio r e di quelli interni ad

    essa.

    O

    z

    y

    x

    y0

    z0

    x0

    Br (x0, y0, z0)

    r

    Se n 2 non si introducono le nozioni di intorno destro e sinistro e non siintroducono le nozioni di intorno di + e .

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    4 S. Lancelotti, Appunti di Analisi Matematica II

    (1.2) Definizione Siano Rn e x0 Rn.Diciamo che x0 e un punto interno ad se esiste r > 0 tale che Br (x0) .In particolare x0 . Si chiama parte interna di linsieme dei punti internidi . Si denota con int().

    Diciamo che x0 e un punto isolato per se esiste r > 0 tale che Br (x0) ={x0}. In particolare x0 .Diciamo che x0 e un punto di accumulazione per se per ogni r > 0 si ha che

    Br (x0)

    \ {x0} = ,

    cioe se ogni intorno di x0 contiene punti di diversi da x0. In tal caso non e detto

    che x0 appartenga ad .

    Diciamo che x0 e un punto di frontiera per se per ogni r > 0 si ha che

    Br (x0) = e C Br (x0) = , dove C e il complementare di . In tal casonon e detto che x0 appartenga ad .

    Si chiama frontiera di (talvolta detta anche bordo di ) linsieme dei punti

    di frontiera di . Si denota con Fr(A) oppure . Evidentemente = C.Si chiama chiusura di linsieme = .

    Il termine punti di frontiera sembra indicare quei punti che separano un insieme

    da un altro, che in questo caso e il complementare. In molte situazioni in effetti si tratta

    proprio di punti che delineano un confine fra i due insiemi.

    x

    y

    O

    Esistono pero casi particolari ai quali mal si applica la dicitura di punti di sepa-

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    1 Brevi richiami di topologia diRn 5

    razione. Nel caso dellinsieme

    =

    (x, y) R2 : x, y Q

    ,

    si ha che il suo complementare e

    C() = (x, y) R2 : x y Qmentre il bordo e = R2 che contiene sia che C().

    (1.3) Definizione Sia Rn.Diciamo che e aperto se ogni punto di e interno ad , cioe se int() = .

    Diciamo che e chiuso se C e aperto.Diciamo che e limitato se esiste r > 0 tale che Br (0).Diciamo che e compatto se e chiuso e limitato.

    Per convenzione e Rn sono contemporaneamente aperti e chiusi.Si osserva che e chiuso se e solo se . Ne segue che e aperto se e solo se

    = . Inoltre se e chiuso, allora = .Richiamiamo alcune semplici proprieta degli insiemi aperti e chiusi.

    (1.4) Proposizione Valgono i seguenti fatti:

    a) lunione di insiemi aperti e un insieme aperto;

    b) lintersezione di un numero finito di insiemi aperti e un insieme aperto;

    c) lunione di un numero finito di insiemi chiusi e un insieme chiuso;

    d) lintersezione di insiemi chiusi e un insieme chiuso.

    (1.5) Proposizione Siano Rn non vuoto, f :

    R una funzione continua

    e A R. Allora valgono i seguenti fatti:

    a) se A e aperto, allora f1(A) e aperto;

    b) se A e chiuso, allora f1(A) e chiuso.

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    6 S. Lancelotti, Appunti di Analisi Matematica II

    Si rammenta che f1(A) e la preimmagine (o controimmagine) di A tramite f

    definita da

    f1(A) = {x : f(x) A}.

    (1.6) Esempio

    1) Linsieme =

    (x, y) R2 : x2 + y2 = 1 e chiuso.Infatti, posto A = {1} e f(x, y) = x2 + y2, si ha che = f1(A). Poiche A echiuso e f e continua, per la Proposizione (1.5) si ha che e chiuso. Inoltre si

    osserva che int() = e = .

    2) Linsieme =

    (x, y) R2 : 2x2 + 3y2 < 4

    e aperto.

    Infatti, posto A = (, 4) e f(x, y) = 2x2 + 3y2, si ha che = f1(A). Poiche Ae aperto e f e continua, per la Proposizione (1.5) si ha che e aperto.

    3) Linsieme =

    (x, y) R2 : 2 x2 + y2 3

    e chiuso.

    Infatti, posto A = [2, +), B = (, 3] e f(x, y) = x2 + y2, si ha che =f1(A)f1(B). Poiche A e B sono chiusi e f e continua, per le Prop osizioni (1.4)e (1.5) si ha che e chiuso.

    4) Linsieme =

    (x,y,z) R3 : 1 < x2 + y2 + z2 < 4

    e aperto.

    Infatti, posto A = (1, +), B = (, 4) e f(x , y , z) = x2 + y2 + z2, si ha che =f1(A)

    f1(B). Poiche A e B sono aperti e f e continua, per le Proposizioni (1.4)

    e (1.5) si ha che e aperto.

    5) Linsieme =

    (x, y) R2 : 1 x2 + y2 < 4

    non e ne aperto ne chiuso.

    La dimostrazione viene lasciata per esercizio.

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    2 Brevi richiami di calcolo differenziale in piu variabili 7

    2 Brevi richiami di calcolo differenziale in piu variabili

    Nel seguito n e m indicano numeri naturali maggiori o uguali a 1.

    (2.1) Definizione Siano Rn aperto non vuoto, x0 , v Rn e f : Rm

    una funzione.Diciamo che f e derivabile in x0 rispetto a v se esiste in R

    m il limite

    limt0

    f(x0 + tv) f(x0)t

    ,

    che in tal caso si denota con il simbolo fv

    (x0) ed e detto derivata direzionale

    di f in x0 rispetto a v.

    In particolare se v = ei, i-esimo vettore della base canonica di Rn, allora questa

    derivata e anche detta derivata parziale di f rispetto a xi in x0 e si denota

    con il simbolof

    xi (x0).

    Si osserva che il limite

    limt0

    f(x0 + tv) f(x0)t

    e nella sola variabile reale t. Quindi e il limite di una funzione in una variabile, piu

    precisamente fissati x0 e v e il limite della funzione

    t f(x0+tv)f(x0)t

    .

    (2.2) Definizione Siano Rn aperto non vuoto, x0

    e f :

    Rm una

    funzione.

    Diciamo che f e differenziabile in x0 se esiste una funzione lineare (e continua)

    L : Rn Rm tale che

    limxx0

    f(x) f(x0) L(x x0)x x0 = 0.

    In tal caso denotiamo questa funzione L con il simbolo df(x0) (oppure dfx0) che e

    detto differenziale di f in x0.

    Si osserva che il limite

    limxx0

    f(x) f(x0) L(x x0)x x0

    e nella variabile x di Rn, quindi e un limite di una funzione di n variabili.

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    8 S. Lancelotti, Appunti di Analisi Matematica II

    (2.3) Proposizione Siano Rn aperto non vuoto, x0 e f : Rm unafunzione. Allora valgono i seguenti fatti:

    1) se f e differenziabile in x0, allora f e continua in x0;

    2) se f e differenziabile in x0, allora per ogni v Rn

    si ha che f e derivabile inx0 rispetto a v e vale la seguente uguaglianza

    f

    v(x0) = df(x0)(v).

    In particolare se v = ei, i-esimo vettore della base canonica diRn, si ha che

    f

    xi(x0) = df(x0)(ei).

    Quindi se v = v1e1 + + vnen, si ha che

    df(x0)(v) = df(x0)(v1e1 + + vnen) = v1df(x0)(e1) + + vndf(x0)(en) =

    = v1f

    x1(x0) + + vn f

    xn(x0).

    In particolare se m = 1, allora

    df(x0)(v) = f(x0) v;

    3) se la funzione f ammette tutte le derivate parziali fxi

    per ogni i = 1, . . . , n in

    e se queste le derivate parziali sono continue inx0, allora f e differenziabile

    in x0.

    (2.4) Osservazione Poiche il differenziale di f : Rm in x0 Rn e unaapplicazione lineare, ad essa e associata, rispetto alle basi canoniche di Rn e Rm, una

    matrice m n, detta matrice Jacobiana, denotata talvolta con il simbolo Jf(x0). Piuprecisamente, se f = (f1, . . . , f m), allora

    Jf(

    x0) =

    f1x1

    (x0) f1xn (x0).

    ..

    .

    . .

    .

    ..fmx1

    (x0) fmxn (x0) .

    Evidentemente si ha che per ogni v = (v1, . . . , vn) Rn

    df(x0)(v) = Jf(x0)v =

    f1x1

    (x0) f1xn (x0)...

    . . ....

    fmx1

    (x0) fmxn (x0)

    v1...

    vn

    .

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    2 Brevi richiami di calcolo differenziale in piu variabili 9

    Se f e una funzione reale, cioe se m = 1, allora denotate con (dx1, . . . , d xn) le applicazioni

    lineari da Rn in R tali che

    dxi(ej) =

    1 se i = j

    0 se i = j,dove ej e il j-esimo vettore della base canonica di R

    n, si ha che

    df(x0) =f

    x1(x0) dx1 + + f

    xn(x0) dxn =

    ni=1

    f

    xi(x0) dxi.(2.5)

    (2.6) Osservazione Se I R e un intervallo aperto, x0 I e f : I Rm e derivabilein x0, allora f e differenziabile in x0 con df(x0)(x) = f(x0)x per ogni x R.

    In particolare f(x0) = df(x0)(1).

    Differenziale della funzione compostaSe f e g sono due funzioni rispettivamente differenziabili in x0 e in f(x0), allora la

    funzione composta g f e differenziabile in x0 con

    x : d(g f)(x0)(x) = dg(f(x0))(df(x0)(x)).

    In termini matriciali si ha che Jgf(x0) = Jg(f(x0)) Jf(x0).

    Derivata parziale della funzione composta

    Se f e g sono due funzioni rispettivamente differenziabili in x0 e in f(x0), allora la

    derivata parziale i-esima della funzione composta g f in x0 e data da(g f)

    xi(x0) = d(g f)(x0)(ei) = dg(f(x0))(df(x0)(ei)) = dg(f(x0))

    f

    xi(x0)

    .

    In particolare se g e una funzione reale, cioe ad esempio si ha Rnf Rm g R, allora

    per (2.5) si ha che

    dg(y0) =m

    j=1

    g

    yj(y0) dyj

    e quindi, denotate con (f1, . . . , f m) le componenti di f, si ha che

    (g f)xi

    (x0) = dg(f(x0))

    f

    xi(x0)

    =

    mj=1

    g

    yj(f(x0)) dyj

    f

    xi(x0)

    =

    =m

    j=1

    g

    yj(f(x0)) dyj

    f1

    xi(x0), . . . ,

    fm

    xi(x0)

    =

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    10 S. Lancelotti, Appunti di Analisi Matematica II

    =m

    j=1

    g

    yj(f(x0)) dyj

    f1

    xi(x0) e1 + + fm

    xi(x0) em

    =fjxi

    (x0)

    =m

    j=1

    g

    yj(f(x0))

    fj

    xi(x0).

    Casi particolari

    a) Se si ha Rnf

    R

    g

    R, allora

    (g f)xi

    (x0) = g(f(x0))

    f

    xi(x0).

    b) Se si ha Rf Rm g R, allora

    (g f)(x0) =m

    j=1

    g

    yj(f(x0)) f

    j(x0) = g(f(x0)) f(x0).

    (2.7) Definizione Siano Rn aperto non vuoto e f : Rm una funzione.Diciamo che f e di classe C0 in se f e continua in .

    Diciamo che f e di classe C1 in se f ammette tutte le derivate parziali fxi

    in

    e sono continue in .

    Diciamo che f e di classe C2 in se f ammette tutte le derivate parziali seconde

    2fxixj

    in e sono continue in .

    Se k N con k 2, diciamo che f e di classe Ck in se f ammette tutte lederivate parziali k-esime

    kf

    xi xj k variabili

    in e sono continue in .

    Diciamo che f e di classe C in se f e di classe Ck in per ogni k

    N.

    (2.8) Lemma (di Schwarz) Siano Rn aperto non vuoto e f : Rm

    una funzione di classe C2.

    Allora per ogni i, j = 1, . . . , n e per ogni x si ha che2f

    xixj(x) =

    2f

    xjxi(x).

    (2.9) Teorema (di Weierstrass) Siano Rn compatto non vuoto e f : R una funzione continua.

    Allora f ammette massimo e minimo in .

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    Capitolo 2

    Calcolo degli integrali multipli

    1 Breve introduzione teorica

    Per integrale multiplo si intende lintegrale di una funzione reale di n 2 variabili suun sottoinsieme di Rn. La nozione di integrale multiplo e una naturale estensione di

    quella dellintegrale definito di una funzione reale di una variabile reale. Quindi gode, ad

    esempio, delle medesime proprieta di linearita e di monotonia. La differenza sostanziale

    consiste nel fatto che, mentre in una variabile si calcola lintegrale di una funzione limi-

    tata prevalentemente su un intervallo limitato, nel caso dellintegrale multiplo si calcola

    lintegrale di una funzione limitata su un sottoinsieme limitato di Rn che puo essere

    molto vario.

    Lanalogo nel piano R2 di un intervallo limitato sulla retta reale e un rettangolo,

    mentre nello spazio R3 e un parallelepipedo. Pero in R2 e in R3 puo essere utile,

    oppure e necessario, calcolare gli integrali anche su insiemi che non sono rettangoli o

    parallelepipedi rispettivamente. Ad esempio su triangoli, trapezi, cerchi, ellissi ecc. in

    R2 e piramidi, prismi, sfere, ellissoidi, tronchi di cono, ecc. in R3.

    Per questo motivo la teoria dellintegrazione multipla, pur essendo una naturale es-

    tensione di quella in una variabile, presenta delle complicazioni e delle difficolta maggiori

    rispetto al caso unidimensionale. Infatti, dovendo prevedere la possibilita di integrare le

    funzioni su insiemi per cos dire non necessariamente dritti (come potrebbero essere

    definiti gli intervalli, i rettangoli e i parallelepipedi), deve forzatamente avere una base

    teorica che permetta di discernere gli insiemi buoni su cui integrare, da quelli non

    buoni. Questa base e costituita dalla cosidetta teoria della misura, che introduce e

    studia le proprieta degli insiemi misurabili (quelli buoni) che, sostanzialmente, sono

    quelli a cui e possibile associare una misura, che nel piano comunemente chiamiamo area

    e nello spazio volume.

    11

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    12 S. Lancelotti, Appunti di Analisi Matematica II

    Esistono varie teorie dellintegrazione multipla, ciascuna basata appunto su una

    certa teoria della misura. Le piu note sono lintegrazione secondo Riemann (basata

    sulla teoria della misura di Peano-Jordan) e lintegrazione secondo Lebesgue (basata

    sullomonima teoria della misura).

    In questa breve introduzione non vedremo la definizione di integrale di Riemann

    ma ci accontenteremo di avere unidea intuitiva del suo significato e di alcune sue ap-

    plicazioni; studieremo inoltre le proprieta principali e infine vedremo come si calcolano

    gli integrali di funzioni di due variabili (detti integrali doppi) e di tre variabili (detti

    integrali tripli). Per una esposizione piu dettagliata e rigorosa dellintegrale di Riemann

    in piu variabili si rimanda allAppendice B.

    Nel seguito considereremo n N, n 1.

    Notazione Sia

    Rn limitato non vuoto. In questa sede diremo che e misura-

    bile1se e possibile associare a una misura, che per n = 2 e proprio larea di inteso

    come sottoinsieme del piano, mentre per n = 3 e il classico volume di inteso come

    sottoinsieme dello spazio. Denotiamo la misura di con mn() o piu semplicemente,

    quando non vi sia ambiguita, con m(), e la chiamiamo misura n-dimensionale di

    (o piu semplicemente misura di ). Evidentemente m() [0, +).Talvolta si parla di volume n-dimensionale di . In particolare, per n = 2 la

    misura m() e detta area di , mentre per n = 3 la misura m() e detta volume di

    .

    Per convenzione si pone m() = 0.

    (1.1) Osservazione Valgono i seguenti fatti:

    1) se Rk e misurabile, con 1 k < n, allora mn() = 0. In particolare larea eil volume di un sottoinsieme misurabile della retta reale sono zero, il volume di un

    sottoinsieme misurabile del piano e zero;

    2) se Rn e il sostegno di una curva parametrica regolare2, allora mn() = 0 per

    ognin

    2;3) se R3 e il grafico di una funzione continua di due variabili3, allora m3() = 0;1Per la definizione rigorosa di insieme misurabile e di misura di Peano-Jordan vedi Appendice B.2Vedi capitolo Integrali curvilinei.3Vale piu in generale se R3 e il sostegno di una calotta regolare (vedi capitolo Integrali di

    superficie).

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    1 Breve introduzione teorica 13

    4) se Rn e un aperto limitato, allora , la frontiera di , ha misura n-dimensionale nulla;

    5) se A, B Rn sono misurabili, allora

    m(A B) = m(A) + m(B) m(A B).

    Quindi se m(A B) = 0, allora m(A B) = m(A) + m(B).In particolare se A e un aperto limitato, allora A A = , da cui segue che lamisura di A = A A, chiusura di A, e

    m(A) = m(A) + m(A) = m(A).

    (1.2) Definizione Sia Rn misurabile. Diciamo che e trascurabile (inRn) se m() = 0.

    Vale la seguente proprieta, che non dimostriamo.

    (1.3) Teorema Sia Rn limitato non vuoto.Allora e misurabile se e solo se e trascurabile.

    (1.4) Esempio Un esempio di insieme non misurabile nel piano e

    =

    {(x, y)

    [0, 1]

    [0, 1] : x, y

    Q

    }.

    Infatti, in tal caso = [0, 1] [0, 1] e quindi m() = 1 = 0.

    Introduciamo ora il concetto di integrale multiplo di una funzione reale. Nel seguito

    con il termine integrabile intenderemo integrabile secondo Riemann.

    Per questioni di semplicita espositiva tratteremo solo il caso di funzioni continue e

    limitate, anche se la nozione di integrale multiplo si pu o introdurre per una classe di

    funzioni piu ampia, detta delle funzioni integrabili.

    Notazione Siano Rn

    misurabile e f : R una funzione continua e limitata.Lintegrale (multiplo) di Riemann di f su e il numero reale denotato con uno

    dei seguenti simboli

    f,

    f(x) dx,

    f(x1, , xn) dx1 . . . d xn,n volte

    f(x1, . . . , xn) dx1 dxn.

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    14 S. Lancelotti, Appunti di Analisi Matematica II

    Se n = 2 si usa talvolta scrivere

    f(x, y) dxdy. (Integrale doppio)

    Se n = 3 si usa talvolta scrivere

    f(x , y , z) dx dy dz. (Integrale triplo)Linsieme e detto dominio di integrazione.

    Come nel caso unidimensionale, se f 0 su , allora

    f(x) dx rappresenta

    il volume in Rn+1, cioe la misura (n + 1)-dimensionale, del trapezoide di f, ossia

    dellinsieme

    Tf =

    (x1, , xn, xn+1) Rn+1 : x = (x1, , xn) , 0 xn+1 f(x)

    .

    Per esempio, per n = 2, allora Tf =(x , y , z) R3 : (x, y) , 0 z f(x, y)

    .

    e

    f(x, y) dxdy e il classico

    volume del solido Tf.

    x

    y

    z

    Gf

    Tf

    Tf

    Mediante lintegrale di Riemann si possono quindi riottenere le aree delle classiche

    figure geometriche del piano e i volumi di quelle dello spazio.

    Esistono anche altre possibili interpretazioni dellintegrale multiplo, oltre a quella

    geometrica, e dipendono chiaramente dalla natura della funzione f. Se per esempio f e

    la distribuzione di carica elettrica in , allora

    f fornisce la carica totale su ; se f

    e la distribuzione della densita di massa in , allora f fornisce la massa totale di (vedi pag. 44).(1.5) Osservazione Se Rn e misurabile e f(x) = 1 per ogni x , alloralintegrale di f su e proprio la misura n-dimensionale di , cioe

    f(x) dx =

    1 dx = mn().

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    1 Breve introduzione teorica 15

    Infatti, se per semplicita consideriamo il caso n = 2, allora essendo f(x) = 1 per ogni

    x , si ha che il trapezoide Tf di f e un cilindro con generatrici parallelle allasse zavente per basi e la proiezione ortogonale di sul piano z = 1.

    Quindi il volume (in R3) di Tf e

    1 dx = m3(Tf) = m2().

    x

    y

    z

    Gf

    Tf

    Tf

    1

    Elenchiamo ora alcune delle proprieta principali dellintegrale multiplo, utili anche

    nelle applicazioni.

    (1.6) Proposizione Siano Rn misurabile, f, g : R continue e limitatee R. Allora valgono i seguenti fatti:

    a)

    (f + g) =

    f +

    g; (Additivita)

    b)

    f =

    f; (Omegeneita)

    c) se f

    g su , allora f g; (Monotonia)

    d)

    f

    |f|.

    E ben noto che queste quattro proprieta valgono anche per lintegrale unidimen-

    sionale.

    (1.7) Proposizione Siano Rn misurabile e f : R continua e limitata.Allora valgono i seguenti fatti:

    a) se e trascurabile, allora

    f = 0;

    b) se = A B con A e B misurabili e A B trascurabile, allora

    f =

    AB

    f =

    A

    f +

    B

    f;

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    16 S. Lancelotti, Appunti di Analisi Matematica II

    c) se A e misurabile e f 0 su , alloraA

    f

    f.

    La proprieta b) e detta Additivita rispetto al dominio, mentre c) e detta Monotonia

    rispetto al dominio. Valgono anche nel caso unidimensionale. In tal caso sono le ben

    note

    c [a, b] :ba

    f(x) dx =

    ca

    f(x) dx +

    bc

    f(x) dx, Additivita rispetto al dominio

    e

    f 0 = c [a, b] :ca

    f(x) dx ba

    f(x) dx. Monotonia rispetto allintervallo

    (1.8) Osservazione La proprieta a) stabilisce che gli insiemi trascurabili, cioe dimisura nulla, possono essere a tutti gli effetti del calcolo trascurati, quindi

    non considerati. Infatti, il loro contributo nellintegrale multiplo e nullo. In particolare

    si ha che se R2 e ad esempio un segmento o piu in generale una linea del piano, allora

    f = 0. Analogamente se R3 e contenuto in un piano, oppure e una superficie,

    allora

    f = 0.

    Per le proprieta a) e b), se Rn e la chiusura di un aperto non vuoto, alloraessendo = int() e trascurabile, si ha che

    f =int()

    f =int()

    f +

    f =0

    =int()

    f.

    Inoltre, sempre per le proprieta a) e b), se f, g : R sono continue e limitate e esisteA trascurabile tale che f(x) = g(x) per ogni x \ A, allora

    f =

    g.

    Infatti,

    f = \A f + A f=0

    = \A f =f(x) = g(x)x \A

    \A g = \A g + A g=0

    = g.Quindi nel calcolo di un integrale multiplo possiamo tranquillamente non considerare gli

    insiemi trascurabili.

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    1.1 Calcolo degli integrali doppi 17

    1.1 Calcolo degli integrali doppi

    (1.9) Definizione Sia R2.Diciamo che e un insieme y-semplice (o verticalmente convesso) se e della

    forma

    =

    (x, y) R2 : a x b, (x) y (x)

    ,

    dove , : [a, b] R sono due funzioni continue.Diciamo che e un insieme x-semplice (o orizzontalmente convesso) se e

    della forma

    =

    (x, y) R2 : c y d, (y) x (y)

    ,

    dove , : [c, d] R sono due funzioni continue.

    Osserviamo che questi insiemi sono misurabili.

    x

    y

    O a b

    y = (x)

    y = (x)

    Figura 2.1: Insieme y-semplice.

    x

    y

    O

    c

    d

    x

    =

    (y)

    x

    =

    (y)

    Figura 2.2: Insieme x-semplice.

    Ci sono insiemi del piano che sono sia x-semplici che y sempici. Ad esempio un

    quadrato, un rettangolo, o un trapezio con le basi parallele ad uno dei due assi cartesiani

    o anche piu semplicemente un triangolo.

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    18 S. Lancelotti, Appunti di Analisi Matematica II

    Graficamente si osserva che e y-semplice

    se per ogni x0 sullasse delle ascisse compre-

    so nellintervallo ottenuto proiettando sul-

    lasse x, si ha che lintersezione fra e la ret-

    ta verticale x = x0 e un segmento. Poiche un

    segmento e un insieme convesso, e giustifica-

    ta la denominazione verticalmente convesso

    per .

    x

    y

    O a bx0

    y = (x)

    y = (x)

    Figura 2.3: Insieme y-semplice.

    Similmente, graficamente si osserva che e

    x-semplice se per ogni y0 sullasse delle or-

    dinate compreso nellintervallo ottenuto pro-

    iettando sullasse y, si ha che lintersezione

    fra e la retta orizzontale y = y0 e un seg-

    mento. Poiche un segmento e un insieme

    convesso, e giustificata la denominazione

    orizzontalmente convesso per .

    x

    y

    O

    c

    d

    y0

    x

    =

    (y)

    x

    =

    (y)

    Figura 2.4: Insieme x-semplice.

    (1.10) Teorema (di integrazione su insiemi x-semplici o y-semplici) Siano

    R2 linsieme y-semplice

    =

    (x, y) R2 : a x b, (x) y (x)

    ,

    dove , : [a, b] R sono funzioni continue, e f : R una funzione continua4.Allora si ha che

    f(x, y) dxdy = b

    a (x)

    (x)

    f(x, y) dy dx.Se R2 e linsieme x-semplice

    =

    (x, y) R2 : c y d, (y) x (y)

    ,

    dove, : [c, d] R sono funzioni continue, e f : R e una funzione continua3,allora si ha che

    f(x, y) dxdy =

    dc

    (y)(y)

    f(x, y) dx

    dy.

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    1.1 Calcolo degli integrali doppi 19

    Il teorema precedente, noto anche come teorema di riduzione per gli integrali doppi,

    stabilisce che lintegrale doppio di una funzione reale continua e limitata di due variabili si

    puo determinare calcolando in cascata due integrali definiti in una variabile. Osserviamo

    che nella formula relativa agli insiemi y-semplici

    f(x, y) dxdy = b

    a (x)

    (x) f(x, y) dy dx,prima si calcola

    (x)(x)

    f(x, y) dy che e un integrale definito di una funzione nella sola

    variabile y (x va considerata come un parametro) fra gli estremi (x) e (x). Questo

    integrale produce una funzione F(x) della sola variabile x che va poi integrata fra a e b.

    In modo del tutto analogo, ma a variabili scambiate, si procede nel caso della formula

    relativa agli insiemi x-semplici.

    (1.11) Osservazione Siano

    R2 un rettangolo con lati paralleli agli assi x e

    y, cioe e della forma = [a, b] [c, d], e f : R una funzione della formaf(x, y) = f1(x)f2(y), con f1 : [a, b] R e f2 : [c, d] R continue4.

    Allora si ha che

    f(x, y) dxdy =

    ba

    f1(x) dx

    dc

    f2(y) dy

    .

    Dimostrazione. Per esercizio.

    (1.12) Esempio Calcoliamo lintegrale

    (x + y) dxdy, dove

    =

    (x, y) R2 : 0 y

    2

    2, y x

    1 y2

    .

    Linsieme e x-semplice. Quindi si ha che

    (x + y) dxdy =

    22

    0

    1y2y

    (x + y) dx

    dy =

    = 2

    2

    012 x2 + xy

    1

    y2

    ydy =

    2

    2

    012 1 y2 + y1 y2 32 y2 dy =

    =

    22

    0

    1

    2 2y2 + y

    1 y2

    dy =

    1

    2y 2

    3y3 1

    3

    1 y2

    32

    22

    0=

    1

    3.

    3Per il Teorema di Weierstrass risulta che e compatto e che f e limitata.4Per il Teorema di Weierstrass sono anche limitate.

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    20 S. Lancelotti, Appunti di Analisi Matematica II

    x

    y

    O 1

    2

    2

    2

    2

    x =

    1 y2x=

    y

    Figura 2.5: Linsieme .

    Osserviamo che e anche y-semplice. Infatti,

    = (x, y) R2 : 0 x 1, (x) y (x) ,

    dove (x) = 0 e (x) =

    x se 0 x 0

    =

    (x, y) R2 : x2 + y2 < R2

    ,

    allora passando in coordinate polari nel piano centrate nellorigine, si ha che

    :

    x = cos

    y = sin , 0, 0 2, |det J(, )| = .

    Allora

    (x, y) x2 + y2 < R2 2 < R2 0 < R, 0 2.

    Quindi = (), dove

    =

    (, ) R2 : 0 < R, 0 2

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    24 S. Lancelotti, Appunti di Analisi Matematica II

    x

    y

    O R

    R

    O

    R

    2

    che e un rettangolo con lati paralleli agli assi coordinati.

    Anche linsieme dellEsempio (1.12) presenta una simmetria radiale. Infatti,

    e un settore circolare del cerchio di centro lorigine e raggio 1. Per esercizio

    trasformarlo in coordinate polari.

    2) Coordinate ellittiche. Siano a, b > 0 e (x0, y0) R2. La funzione che esprimele coordinate ellittiche centrate in (x0, y0), associate ad a e b, dei punti del piano

    e : [0, +) [0, 2] R2 definita da

    (, ) = (x0 + a cos , y0 + b sin ).

    In particolare se (x0, y0) = (0, 0) si ha (, ) = (a cos ,b sin ). In ogni caso la

    matrice Jacobiana di e

    J(, ) =

    a cos a sin b sin b cos

    .

    Quindi il modulo del determinante della matrice Jacobiana di e

    | det J(, )| =ab cos2 + ab sin2 = ab.

    Come nel caso precedente, osserviamo che per = 0 la funzione non e iniettiva,

    e quindi biiettiva, e inoltre che det J(, ) = 0. Poiche {0} [0, 2] e un insiemetrascurabile in R2, per lOsservazione (1.16) possiamo comunque utilizzare questo

    cambiamento di variabile nel calcolo di un integrale doppio. Inoltre (, 0) =

    (, 2) per ogni 0. Poiche anche linsieme [0, +) {2} e trascurabile inR2, anche questo fatto non influisce sullutilizzo di questo cambiamento di variabile

    nel calcolo di un integrale doppio.

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    1.1 Calcolo degli integrali doppi 25

    Questo cambiamento di variabile viene usato per integrare su un ellisse. Per

    esempio se e lellisse di centro lorigine e semiassi a e b

    =

    (x, y) R2 : x

    2

    a2+

    y2

    b2< 1

    ,

    allora passando in coordinate ellittiche nel piano centrate nellorigine, si ha che

    :

    x = a cos

    y = b sin , 0, 0 2, |det J(, )| = ab.

    Allora

    (x, y) x2

    a2+

    y2

    b2< 1 2 < 1 0 < 1, 0 2.

    Quindi = (), dove

    = (, ) R2 : 0

    < 1, 0

    2

    che e un rettangolo con lati paralleli agli assi coordinati.

    x

    y

    O a

    b

    x2

    a2+ y

    2

    b2= 1

    O

    1

    2

    (1.17) Esempio Calcoliamo lintegrale

    xy

    x2 + y2dxdy, dove

    = (x, y) R2 : 1 < x2 + y2 < 4, x > 0, y > 0 .Linsieme e sia x-semplice che y-semplice. Osserviamo che presenta una

    simmetria radiale. Passiamo in coordinate polari nel piano. Poniamo quindi

    :

    x = cos

    y = sin , 0, 0 2, |det J(, )| = .

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    26 S. Lancelotti, Appunti di Analisi Matematica II

    x

    y

    O 1 2

    1

    2

    x2 + y2 = 1

    x2 + y2 = 4

    Figura 2.7: Linsieme .

    O 1 2

    2

    Figura 2.8: Linsieme .

    Allora

    (x, y)

    1 < x2 + y2 < 4

    x > 0

    y > 0

    1 < 2 < 4

    cos > 0

    sin > 0

    1 < < 2

    0 < < 2 .

    Quindi si ha che = (), dove

    =

    (, ) R2 : 1 < < 2, 0 < < 2

    .

    Ne segue che

    xy

    x2 + y2dxdy =

    2 cos sin

    2dd =

    cos sin dd =

    essendo un rettangolo con lati paralleli agli assi e e la funzione integranda prodotto

    di una funzione di e di una funzione di si ottiene

    =

    21

    d

    2

    0cos sin d

    =

    1

    2221

    1

    2sin2

    2

    0=

    3

    4.

    (1.18) Osservazione Siano R2 misurabile e f : R continua e limitata. Se e f presentano una simmetria rispetto ad uno stesso asse cartesiano, x o y, allora

    lintegrale di f su si puo calcolare in un modo talvolta piu semplice. Ricordiamo

    innanzi tutto che:

    e simmetrico rispetto allasse x se (x, y) anche (x, y) ; e simmetrico rispetto allasse y se (x, y) anche (x, y) .

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    1.1 Calcolo degli integrali doppi 27

    x

    y

    O

    (x0, y0)

    (x0,y0)

    Figura 2.9: Insieme simmetrico rispettoallasse x.

    x

    y

    O

    (x0, y0)(x0,y0)

    Figura 2.10: Insieme simmetrico rispettoallasse y.

    Si hanno i seguenti quattro casi:

    1)

    simmetrico rispetto allasse x e

    (x, y) si ha f(x, y) = f(x, y)=

    f(x, y) dxdy = 2

    f(x, y) dxdy,

    dove = {(x, y) : y 0}, (oppure y 0);

    2)

    simmetrico rispetto allasse x e

    (x, y) si ha f(x, y) = f(x, y) =

    f(x, y) dxdy = 0;

    3)

    simmetrico rispetto allasse y e

    (x, y)

    si ha f(

    x, y) = f(x, y)

    =

    f(x, y) dxdy = 2

    f(x, y) dxdy,

    dove = {(x, y) : x 0}, (oppure x 0);

    4)

    simmetrico rispetto allasse y e

    (x, y) si ha f(x, y) = f(x, y) =

    f(x, y) dxdy = 0.

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    28 S. Lancelotti, Appunti di Analisi Matematica II

    1.2 Calcolo degli integrali tripli

    Per gli integrali tripli esistono formule di riduzione simili a quelle degli integrali doppi.

    Lidea di fondo e di ricondurre il calcolo di un integrale triplo a quello in cascata di un

    integrale doppio e uno definito in una variabile. A seconda che si calcoli prima lintegrale

    in una variabile o quello doppio, si hanno le formule di integrazione per fili paralleli ad

    un asse o per strati paralleli ad un piano.

    Integrazione per fili paralleli ad un asse

    Asse z. Sia R3 linsieme

    =

    (x , y , z) R3 : (x, y) D, (x, y) z (x, y)

    ,

    dove D

    R2 e compatto (chiuso e limitato) e , : D

    R sono due funzioni

    continue, e sia f : R una funzione continua5.

    x

    y

    z

    D

    z = (x, y)

    z = (x, y)

    D

    z = (x, y)

    z = (x, y)

    D

    Allora si ha che

    f(x , y , z) dx dy dz =

    D

    (x,y)(x,y)

    f(x , y , z) dz

    dxdy.

    Formula diintegrazione per

    fili paralleliallasse z

    5Per il Teorema di Weierstrass risulta che e compatto e che f e limitata.

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    1.2 Calcolo degli integrali tripli 29

    Quindi lintegrale triplo di una funzione continua e limitata di tre variabili si puo

    determinare calcolando in cascata prima un integrale definito in una variabile e

    poi un integrale doppio nelle due variabili rimanenti. Nella formula precedente,

    prima si calcola(x,y)(x,y)

    f(x , y , z) dz che e un integrale definito di una funzione

    nella sola variabile z (x e y vanno considerate come parametri) fra gli estremi

    (x, y) e (x, y). Questo integrale produce una funzione F(x, y) nelle variabili x e

    y che va poi integrata sullinsieme D R2. Questo integrale doppio si calcola conle tecniche viste precedentemente.

    Come evidenziato in Fig. 2.11,

    fissato un punto (x0, y0) D,

    lintersezione fra e la rettapassante per questo punto pa-

    rallela allasse z e un segmen-

    to (nella figura e tratteggiato).

    E cos giustificata la denomi-

    nazione di integrazione per fili

    paralleli allasse z per questo

    metodo di integrazione.x

    y

    z

    D

    z = (x, y)

    z = (x, y)

    D

    z = (x, y)

    z = (x, y)

    D

    (x0, y0)

    Figura 2.11: Integrazione per fili paralleli allasse z.

    Similmente si introducono le formule di integrazioni per fili paralleli agli altri assi.

    Asse y. Sia R3 linsieme

    =

    (x , y , z) R3 : (x, z) D, (x, z) y (x, z)

    ,

    dove D R2 e compatto e , : D R sono due funzioni continue, e siaf : R una funzione continua.Allora si ha che

    f(x , y , z) dx dy dz =

    D

    (x,z)(x,z)

    f(x , y , z) dy

    dxdz.

    Formula diintegrazione per

    fili paralleliallasse y

  • 7/22/2019 Appunti Analisi II - Lancelotti.pdf

    32/230

    30 S. Lancelotti, Appunti di Analisi Matematica II

    Asse x. Sia R3 linsieme

    =

    (x , y , z) R3 : (y, z) D, (y, z) x (y, z)

    ,

    dove D R2 e compatto e , : D R sono due funzioni continue, e siaf : R una funzione continua.Allora si ha che

    f(x , y , z) dx dy dz =

    D

    (y,z)(y,z)

    f(x , y , z) dx

    dy dz.

    Formula diintegrazione per

    fili paralleliallasse x

    Integrazione per strati paralleli ad un piano

    Premettiamo la seguente

    (1.19) Definizione Siano R3 limitato e z0 R. Poniamo

    z0 =

    (x, y) R2 : (x , y , z0)

    .

    Osserviamo che z0 e la proiezione ortogonale sul piano xy dellintersezione fra e

    il piano z = z0. Se questa intersezione e linsieme vuoto, allora anche z0 = .

    x

    y

    z

    z0

    z0

    z0

    In modo del tutto analogo, se x0, y0 R si introducono gli insiemi

    x0 =

    (y, z) R2 : (x0, y , z)

    , y0 =

    (x, z) R2 : (x, y0, z)

    .

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    33/230

    1.2 Calcolo degli integrali tripli 31

    Formule di integrazione per strati paralleli ad un piano

    Piano xy. Siano R3 linsieme

    =

    (x , y , z) R3 : a z b, (x, y) z

    ,

    dove z = (x, y) R2 : (x , y , z) , e f : R una funzione continua elimitata. Supponiamo che z sia misurabile in R

    2 per ogni z [a, b]. Allora si hache

    f(x , y , z) dx dy dz =

    ba

    z

    f(x , y , z) dxdy

    dz.

    Formula diintegrazione per

    strati parallelial piano xy

    Quindi lintegrale triplo di una funzione continua e limitata di tre variabili si

    puo determinare calcolando in cascata prima un integrale doppio e poi un inte-grale definito. Nella formula precedente, prima si calcola

    z

    f(x , y , z) dxdy che e

    un integrale doppio di una funzione nelle variabili x e y (z va considerata come

    parametro) sullinsieme z R2. Questo integrale doppio si calcola con le tec-niche viste precedentemente e produce una funzione F(z) nella variabile z che va

    poi integrata fra gli estremi a e b.

    Come evidenziato in Fig. 2.12,

    fissato un punto z0 [a, b],lintersezione fra e il piano

    z = z0 e una sezione non vuota

    di giacente su un piano par-

    allelo al piano xy. E cos gius-

    tificata la denominazione di in-

    tegrazione per strati paralleli al

    piano xy per questo metodo di

    integrazione.x

    y

    z

    z0

    b

    a

    z0

    b

    a

    Figura 2.12: Integrazione per strati paralleli al piano xy.

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    32 S. Lancelotti, Appunti di Analisi Matematica II

    Similmente si introducono le formule di integrazioni per strati paralleli agli altri

    piani.

    Piano xz. Siano R3 linsieme

    = (x , y , z) R3 : a

    y

    b, (x, z)

    y ,

    dove y =

    (x, z) R2 : (x , y , z)

    , e f : R una funzione continua elimitata. Supponiamo che y sia misurabile in R

    2 per ogni y [a, b]. Allora si hache

    f(x , y , z) dx dy dz =

    ba

    y

    f(x , y , z) dxdz

    dy.

    Formula diintegrazione per

    strati parallelial piano xz

    Piano yz. Siano R3 linsieme

    =

    (x , y , z) R3 : a x b, (y, z) x

    ,

    dove x =

    (y, z) R2 : (x , y , z)

    , e f : R una funzione continua elimitata. Supponiamo che x sia misurabile in R

    2 per ogni x [a, b]. Allora si hache

    f(x , y , z) dx dy dz = b

    a x f(x , y , z) dy dz dx.Formula di

    integrazione per

    strati parallelial piano yz

    (1.20) Osservazione Siano R3 un parallelepipedo con spigoli paralleli agli assix, y e z, cioe e della forma = [a, b] [c, d] [h, k], e f : R una funzione dellaforma f(x , y , z) = f1(x)f2(y)f3(z), con f1 : [a, b] R, f2 : [c, d] R e f3 : [h, k] Rcontinue6.

    Allora si ha che

    f(x , y , z) dx dy dz = ba

    f1(x) dxdc

    f2(y) dykh

    f3(z) dz .Dimostrazione. Per esercizio.

    6Per il Teorema di Weierstrass le funzioni sono anche limitate.

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    35/230

    1.2 Calcolo degli integrali tripli 33

    (1.21) Esempio Calcoliamo lintegrale

    x2 + y2

    z dx d y dz, dove

    =

    (x , y , z) R3 : x2 + y2 + z2 1, z 0

    .

    Osserviamo che e la semisfera di centro lorigine e raggio 1 appoggiata sul piano xy

    dalla parte delle z positive.

    x y

    z

    Figura 2.13: Linsieme .

    Si ha che

    =

    (x , y , z) R3 : 0 z

    1 x2 y2, x2 + y2 1

    .

    Quindi, posto D = (x, y) R2 : x2 + y2 1, risulta che e della forma adatta perintegrare per fili paralleli allasse z. Integrando per fili paralleli allasse z, si ha che

    x2 + y2

    z dx dy dz =

    D

    1x2y20

    x2 + y2

    z dz

    dxdy =

    =

    D

    1

    2

    x2 + y2

    z21x2y20

    dxdy =1

    2

    D

    x2 + y2

    1 x2 y2

    dxdy.

    Poiche D e linsieme dei punti interni alla circonferenza di equazione x2 + y2 = 1 e

    di quelli della circonferenza, passiamo in coordinate polari nel piano xy. Poniamo quindi

    :

    x = cos

    y = sin , 0, 0 2, |det J(, )| = .

    Allora

    (x, y) D x2 + y2 1

    0 10 2.

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    34 S. Lancelotti, Appunti di Analisi Matematica II

    x

    y

    O 1

    1

    D

    Figura 2.14: Linsieme D.

    O

    D

    1

    2

    Figura 2.15: Linsieme D.

    Quindi si ha che D = (D), dove

    D =

    (, ) R2 : 0 1, 0 2

    .

    Ne segue che

    x2 + y2

    z dx d y dz =

    1

    2

    D

    x2 + y2

    1 x2 y2

    dxdy =

    =1

    2

    D

    3 5

    dd =

    essendo D un rettangolo con lati paralleli agli assi e e la funzione integranda prodotto

    di una funzione di e di una funzione di , si ottiene

    =1

    2

    10

    3 5

    d

    20

    d

    =

    1

    44 1

    6610

    =

    12.

    Si puo procedere anche integrando per strati paralleli ad un piano. Infatti, osser-

    viamo che

    =

    (x , y , z) R3 : x2 + y2 1 z2, 0 z 1

    .

    Quindi, per ogni z [0, 1] posto z = (x, y) R2 : x2 + y2 1 z2, risulta che edella forma adatta per integrare per strati paralleli al piano xy.

    Integrando per strati paralleli al piano xy, si ha che

    x2 + y2

    z d x d y d z =

    10

    z

    x2 + y2

    z d x d y

    dz.

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    1.2 Calcolo degli integrali tripli 35

    x

    y

    O

    1 z

    2

    1 z2

    z

    Figura 2.16: Linsieme z.

    O

    z

    1 z2

    2

    Figura 2.17: Linsieme z.

    Poiche per ogni z [0, 1] linsieme z e costituito dai punti interni alla circonferenzadi equazione x2+y2 = 1z2 e da quelli della stessa circonferenza, passiamo in coordinatepolari nel piano xy. Poniamo quindi

    :

    x = cos

    y = sin , 0, 0 2, |det J(, )| = .

    Allora

    (x, y) z x2 + y2 1 z2

    0 1 z20 2.

    Quindi si ha che z = (z), dove

    z =

    (, ) R2 : 0

    1 z2, 0 2

    .

    Ne segue che

    x2 + y2

    z dx dy dz =

    10

    z

    x2 + y2

    zdxdy

    dz =

    =

    10

    z

    3 z d d

    dz =

    essendo z un rettangolo con lati paralleli agli assi e e la funzione integranda prodotto

    di una funzione di e di una funzione di , si ottiene

    =

    10

    z

    1z20

    3 d

    20

    d

    dz = 2

    10

    z

    1

    441z20

    dz =

    =

    2

    10

    z

    1 z22

    dz =

    2

    1

    6

    1 z2

    310

    =

    12.

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    36 S. Lancelotti, Appunti di Analisi Matematica II

    (1.22) Teorema (del cambiamento di variabile negli integrali tripli)

    Siano , R3 aperti limitati non vuoti, f : R una funzione continua elimitata e : una funzione tale che:

    i) e biiettiva;

    ii) e di classe C1 con det J(u,v,w) = 0 per ogni (u,v,w) .

    Allora

    f(x , y , z) dx dy dz =

    f((u , v , w))| det J(u , v , w)| du dv dw.

    Formula del cambiamento di variabile negli integrali tripli

    (1.23) Osservazione Come nel caso bidimensionale, la funzione e quella che pro-duce il cambiamento di variabili, da (u,v,w) a (x , y , z) ed e anche detta del cambia-

    mento di coordinate. Valgono le stesse considerazioni fatte nellOsservazione (1.14) a

    proposito dellanalogia fra questa formula e quella del caso unidimensionale. In tal

    caso si pone formalmente (x , y , z) = (u,v,w) e nellintegrale di sinistra si sostitui-

    sce (x , y , z) con (u , v , w), il dominio con tale che () = e dx dy dz con

    | det J(u,v,w)| du dv dw. Si rammenta di NON dimenticare il modulo del determi-nante Jacobiano di . Come gia osservato nel caso bidimensionale, il cambiamento di

    variabile negli integrali multipli e utile molto spesso non tanto per modificare la funzionequanto per modificare e quindi semplificare il dominio di integrazione. Evidentemente,

    come sottolineato nellOsservazione (1.20) il caso piu semplice nello spazio e quello del

    parallelepipedo con spigoli paralleli agli assi cartesiani.

    (1.24) Osservazione Come nel caso bidimensionale, anche la formula del cambia-

    mento di variabile negli integrali tripli continua a valere anche se non e biiettiva,

    oppure se det J = 0, su un sottoinsieme di misura nulla di . Infatti, come sotto-

    lineato nellOsservazione (1.8), gli insiemi di misura nulla non danno alcun contributo

    nellintegrale.

    Cambiamenti di coordinate notevoli nello spazio

    1) Coordinate polari o sferiche. Sia (x0, y0, z0) R3. La funzione che esprime lecoordinate polari (o sferiche) centrate in (x0, y0, z0) dei punti dello spazio, con la

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    1.2 Calcolo degli integrali tripli 37

    colatitudine misurata dallasse z, e : [0, +) [0, ] [0, 2] R3 definita da

    (,,) = (x0 + sin cos , y0 + sin sin , z0 + cos ).

    In particolare se (x0, y0, z0) = (0, 0, 0) si ha

    (,,) = ( sin cos , sin sin , cos ).

    O

    z

    y

    x

    P(xP, yP, zP)

    Q(xP, yP, 0)

    yP

    zP

    xP

    : colatitudine

    : longitudine

    In ogni caso la matrice Jacobiana di e

    J(,,) =

    sin cos cos cos sin sin sin sin cos sin sin cos

    cos sin 0

    .

    Quindi il modulo del determinante della matrice Jacobiana di e

    | det J(,,)| =cos 2 sin cos cos2 + 2 sin cos sin2 ++ sin

    sin2 cos2 + sin2 sin2

    ==2 sin cos2 + 2 sin3 =

    =2 sin cos2 + sin2 = 2 sin .

    Osserviamo che per = 0 la funzione non e iniettiva, e quindi biiettiva. Inoltre

    det J(,,) = 0 = 0 oppure = 0, . Poiche {0} [0, ] [0, 2],[0, +) {0} [0, 2] e [0, +) {2} [0, 2] sono tre insiemi trascurabili inR3, per lOsservazione (1.16) possiamo comunque utilizzare questo cambiamento di

    variabile nel calcolo di un integrale triplo. Inoltre (,, 0) = (,, 2) per ogni

    0 e [0, ]. Poiche anche linsieme [0, +) [0, ] {2} e trascurabile inR3, anche questo fatto non influisce sullutilizzo di questo cambiamento di variabile

    nel calcolo di un integrale triplo.

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    38 S. Lancelotti, Appunti di Analisi Matematica II

    Questo cambiamento di variabile viene usato per integrare su insiemi che presen-

    tano una simmetria radiale rispetto ad un punto. Per esempio se e la sfera di

    centro lorigine e raggio R > 0

    =

    (x , y , z) R3 : x2 + y2 + z2 < R2

    ,

    allora passando in coordinate polari nello spazio centrate nellorigine, si ha che

    :

    x = sin cos

    y = sin sin ,

    z = cos

    0, 0 , 0 2, |det J(,,)| = 2 sin .

    Allora

    (x , y , z) x2 + y2 + z2 < R2 2 < R2

    0 < R0 0

    2.

    Quindi = (), dove

    =

    (,,) R3 : 0 < R, 0 , 0 2

    che e un parallelepipedo con spigoli paralleli agli assi coordinati.

    x y

    z

    R

    R

    2

    In modo del tutto analogo si introducono le coordinate polari (o sferiche) con la

    colatitudine misurata dallasse x o dallasse y.

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    1.2 Calcolo degli integrali tripli 39

    2) Coordinate cilindriche. Sia (x0, y0, z0) R3. La funzione che esprime le co-ordinate cilindriche centrate in (x0, y0, z0), con asse parallelo allasse z, dei punti

    dello spazio e : [0, +) [0, 2] R R3 definita da

    (,,z) = (x0 + cos , y0 + sin , z).

    In particolare se (x0, y0, z0) = (0, 0, 0) si ha

    (,,z) = ( cos , sin , z).

    O

    z

    y

    x

    P(xP, yP, zP)

    Q(xP, yP, 0)

    yP

    zP

    xP

    In ogni caso la matrice Jacobiana di e

    J(,,z) = cos sin 0sin cos 0

    0 0 1

    .Quindi il modulo del determinante della matrice Jacobiana di e

    | det J(,,z)| = cos2 + sin2 = .

    Anche in questo caso si osserva che per certi valori di e risulta che non e

    biiettiva. Come nei casi precedenti, questo fatto non pregiudica la possibilia di

    utilizzare questo cambiamento di variabile negli integrali tripli.

    Questo cambiamento di variabile viene usato per integrare su cilindri, coni, paraboloi-

    di. Per esempio se e il cilindro circolare retto con asse coincidente con lasse z e

    raggio R compreso fra i piani z = a e z = b, con a < b,

    =

    (x , y , z) R3 : x2 + y2 < R2, a < z < b

    ,

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    40 S. Lancelotti, Appunti di Analisi Matematica II

    allora passando in coordinate cilindriche centrate nellorigine con asse parallelo

    allasse z, si ha che

    :

    x = cos

    y = sin ,

    z = z,

    0, 0 2, z R, |det J(,,z)| = .

    Allora

    (x , y , z) x2+y2 < R2, a < z < b

    0 2 < R2a < z < b

    0 < R0 2a < z < b.

    Quindi = (), dove

    =

    (,,z) R3 : 0 < R, 0 2, a < z < b

    che e un parallelepipedo con spigoli paralleli agli assi coordinati.

    x y

    z

    b

    a

    b

    a

    z

    R

    b

    a

    R

    b

    a

    In modo del tutto analogo si introducono le coordinate cilindriche con asse parallelo

    allasse x o allasse y.

    (1.25) Osservazione Integrare una funzione utilizzando il cambiamento di variabili in

    coordinate cilindriche con asse parallelo ad uno degli assi cartesiani equivale a integrare

    per fili paralleli a quellasse e poi passare in coordinate polari nel piano ortogonale a

    quellasse.

    (1.26) Esempio Calcoliamo lintegrale

    x2

    x2 + z2dx dy dz, dove

    =

    (x , y , z) R3 : 1 < x2 + y2 + z2 < 2, x2 y2 + z2 < 0, y > 0

    .

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    1.2 Calcolo degli integrali tripli 41

    xy

    z

    Figura 2.18: Linsieme .

    Figura 2.19: Linsieme .

    Linsieme e la parte dello spazio compresa fra le sfere di equazione x2+y2+z2 = 1

    e x2 + y2 + z2 = 2 e il semicono y =

    x2 + z2.

    Passiamo in coordinate sferiche in cui la colatitudine e misurata rispetto allasse y.

    Poniamo quindi

    : x = sin cos

    y=

    cos

    z = sin sin ,

    0

    ,0

    ,0

    2

    ,|det

    J(

    ,,)| =

    2

    sin.

    Si ha che

    (x , y , z)

    1 < 2 < 2

    sin2 cos2 < 0cos > 0

    1 < 0, z0 R.

    Il volume di e dato dam() = 2

    S

    ydydz.

    Passando in coordinate polari nel piano yz si ha

    :

    y = y0 + cos

    z = z0 + sin , 0, 0 2, |det J(, )| = .

    Allora

    (y, z) S (yy0)2+(zz0)2 R2 2 R2 0 R, 0 2.

    Quindi S = (S), dove

    S =

    (, ) R2 : 0 R, 0 2

    .

    che e un rettangolo con lati paralleli agli assi coordinati. Ne segue che

    m() = 2

    S

    y d y d z = 2

    S

    (y0 + cos ) dd =

    = 2 2

    0 R

    0 y0 + 2 cos d d = 2

    2y0R2.

    (1.32) Osservazione Siano f : [a, b] R continua,

    S =

    (y, z) R2 : a z b, 0 y f(z)

    e R3 ottenuto dalla rotazione completa di S attorno allasse z.

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    1.3 Massa, baricentro, momento dinerzia 47

    y

    z

    O

    a

    b

    S

    y

    =

    f(z)

    S

    Allora il volume di e dato da

    m() =

    ba

    [f(z)]2 dz.

    Infatti, essendo S un insieme y-semplice7, da (1.31) si ha che

    m() = 2

    S

    y d y d z = 2

    ba

    f(z)0

    y dy

    dz = 2

    ba

    1

    2y2f(z)0

    dz =

    ba

    [f(z)]2 dz.

    (1.33) Osservazione Abbiamo visto che se S e contenuto nel semipiano yz con y 0e e ottenuto dalla rotazione completa di S attorno allasse z si ha che

    m3() = 2S

    ydydz.

    Moltiplicando e dividendo per larea m2(S) di S, si ottiene

    m3() = 2 m2(S)1

    m2(S)

    S

    y d y d z yB

    = 2 yBm2(S),

    dove B e il baricentro di S. La formula

    m3() = 2 yBm2(S)

    e nota come I Teorema di Guldino.

    7Si osservi che in tal caso y e lasse cartesiano orizzontale, e quindi e orizzontalmente convesso.

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    48 S. Lancelotti, Appunti di Analisi Matematica II

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    Appendice A

    Momento dinerzia

    (1.1) Definizione Consideriamo un punto dotato di massa m (ovvero una massa

    puntiforme) che ruota con velocita angolare intorno ad un asse a posto a distanza

    d.

    Il momento dinerzia di questa massa puntiforme rispetto allasse a e il

    numero reale

    I = m d2.

    Il momento dinerzia di una massa puntiforme e legato al momento angolare. Infatti,

    supponiamo per semplicita che lasse a passi per lorigine O. Se denotiamo con r il

    vettore posizione della massa puntiforme rispetto allorigine O e con v il vettore velocita

    del punto, si ha che

    v = r

    ed e tangente alla traiettoria. Il momento angolare e

    L = m r v.

    La componente di L lungo lasse a e

    La = m d2 = I ,

    dove

    = || e il modulo della velocita angolare.

    49

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    50 S. Lancelotti, Appunti di Analisi Matematica II

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    Appendice B

    Integrale di Riemann

    Per integrale multiplo si intende lintegrale di una funzione reale di n 2 variabili. Lanozione di integrale multiplo e una naturale estensione di quella dellintegrale definito

    di una funzione reale di una variabile reale. Nel corso di Analisi Matematica I avete

    studiato la teoria dellintegrazione secondo Riemann nella quale viene introdotto lin-tegrale di una funzione limitata su un intervallo limitato. Nel caso di funzioni di piu

    variabili, lestensione naturale di questa situazione e quella di considerare funzioni limi-

    tate su iperrettangoli, ossia su insiemi che sono lestensione dei rettangoli nel piano e dei

    parallelepipedi nello spazio. Mentre in una variabile si calcola lintegrale di una funzione

    limitata prevalentemente su un intervallo limitato, nel caso di funzioni di pi u variabili

    si calcola lintegrale di una funzione limitata su un sottoinsieme limitato di Rn che puo

    essere molto vario e che non e necessariamente un iperrettangolo. La teoria dellinte-

    grazione deve quindi poter discriminare fra gli insiemi buoni su cui integrare e quellinon buoni. E quindi fondamentale possedere una teoria della misura, che introduca

    e studi le proprieta degli insiemi misurabili (quelli buoni) che, sostanzialmente, sono

    quelli a cui e possibile associare una misura, che nel piano comunemente chiamiamo area

    e nello spazio volume. Per questo motivo risulta piu laborioso introdurre il concetto di

    integrale multiplo per una funzione limitata.

    Procediamo nel seguente modo:

    a) introduciamo lintegrale di funzioni limitate su iperrettangoli imitando il procedi-

    mento visto nel caso dellintegrale di Riemann per funzioni di una variabile;

    b) introduciamo poi il concetto di misura di Peano-Jordan di un sottonsieme di Rn e

    quindi quello di insieme misurabile;

    c) introduciamo infine lintegrale di funzioni limitate su un insieme misurabile.

    51

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    52 S. Lancelotti, Appunti di Analisi Matematica II

    Nel seguito considereremo n N, n 1.

    1 Integrale di Riemann su un iperrettangolo

    (1.1) Definizione Siano I1, . . . , I n

    R intervalli limitati. Si chiama

    iperrettangolo in Rn linsieme R = I1 In.Per n = 1 si ha lintervallo R = I1.

    Per n = 2 si ha il rettangolo R = I1 I2.Per n = 3 si ha il parallelepipedo (retto o rettangolo) R = I1 I2 I3.

    x

    y

    O

    R

    Figura B.1: Iperrettangolo nel piano R2.

    x

    y

    z

    RR

    Figura B.2: Iperrettangolo nello spazio R3.

    Gli estremi degli intervalli Ij possono essere o non essere inclusi nellintervallo.

    Come vedremo, analogamente a quanto accade per lintegrale in una variabile, cio non

    ha alcuna importanza nella teoria dellintegrazione.

    Osserviamo che se R e un iperrettangolo in Rn, allora R e unione di un numero

    finito di iperrettangoli in Rm con m n 1.

    (1.2) Definizione Per ogni j = 1, . . . , n sia Ij un intervallo limitato di estremi

    aj, bj con aj < bj e R = I1 In un iperrettangolo in Rn.Si chiama misura (n-dimensionale) di R il numero reale

    m(R) = (b1 a1)(b2 a2) (bn an).

    Evidentemente la misura di un iperrettangolo e data dal prodotto delle misure dei

    singoli intervalli il cui prodotto (cartesiano) e liperrettangolo stesso.

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    Appendice B Integrale di Riemann su un iperrettangolo 53

    Per n = 1, essendo R = I1, la sua misura e la lunghezza dellintervallo I1, cioe

    m(R) = b1 a1.Per n = 2, essendo R = I1 I2, la sua misura e larea del rettangolo R, cioe

    m(R) = (b1 a1)(b2 a2).Per n = 3, essendo R = I1

    I2

    I3, la sua misura e il volume del parallelepipedo

    R, cioe m(R) = (b1 a1)(b2 a2)(b3 a3).

    (1.3) Definizione Sia R un iperrettangolo in Rn.

    Si chiama suddivisione di R una famiglia finita {R1, . . . , Rk} di iperrettangolicontenuti in R tali che:

    1) R = R1 Rk;

    2) per ogni i, j = 1, . . . , k con i

    = j lintersezione Ri

    Rj contiene al piu punti

    della frontiera di Ri e Rj .

    xO

    R = R1 Rk

    R1 R2

    Rk

    Figura B.3: Suddivisione di un iperrettangolo nel piano R2.

    (1.4) Definizione Siano R un iperrettangolo in Rn e f : R

    R una funzione.

    Diciamo che f e una funzione a scala se esiste una suddivisione {R1, . . . , Rk} diR tale che f e costante su ciascuno degli iperrettangoli Rj, per j = 1, . . . , k. In tal

    caso diciamo che la suddivisione e adattata a f.

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    54 S. Lancelotti, Appunti di Analisi Matematica II

    x

    y

    z

    R

    f

    R

    f

    Figura B.4: Suddivisione adattata allafunzione a scala.

    x

    y

    z

    R

    f

    R

    f

    Figura B.5: Suddivisione non adattataalla funzione a scala.

    Introduciamo ora il concetto di integrale di una funzione a scala su un iperrettangolo.

    Il significato geometrico e analogo a quello in una variabile. Infatti, se consideriamo in

    Rn+1 il trapezoide di f,

    Tf =

    (x, xn+1) Rn+1 : x R Rn, 0 xn+1 f(x) oppure f(x) xn+1 0

    ,

    cioe la regione delimitata dal grafico di f, dalliperrettangolo R e dagli iperpiani1ortogo-

    nali a Rn (su cui giace R) passanti per R, allora lintegrale di f su R e il volume

    in Rn+1 di questo trapezoide, dove le virgolette stanno ad indicare che le zone di questa

    regione che corrispondono ai valori positivi di f danno un contributo positivo, mentrequelle che corrispondono ai valori negativi di f danno un contributo negativo.

    Evidentemente se f 0, allora si ha effettivamente il volume in Rn+1 di questotrapezoide.

    (1.5) Definizione Siano R un iperrettangolo in Rn, f : R R una funzione ascala e {R1, . . . , Rk} una suddivisione di R adattata a f. Per ogni j = 1, . . . , k siacj il valore assunto da f su Rj .

    Si chiama integrale (multiplo) di f su R il numero reale

    R

    f(x) dx = c1 m(R1) + + ckm(Rk) =kj=1

    cjm(Rj).

    1Un iperpiano e una generalizzazione in Rn

    della nozione di piano dello spazio R3

    .

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    Appendice B Integrale di Riemann su un iperrettangolo 55

    x

    y

    z

    R

    Tf

    R

    Tf

    Figura B.6: Le regioni del trapezoide Tf di f che corrispondono ai valori positivi di fdanno un contributo positivo, mentre quelle che corrispondono ai valori negativi di fdanno un contributo negativo.

    Talvolta lintegrale di f su R si denota con uno dei seguenti simboli:

    R

    f,

    R

    f(x1, . . . , xn) dx1 dxn,n volte

    R

    f(x1, . . . , xn) dx1 dxn.

    Se n = 2 si usa talvolta scrivereR

    f(x, y) dxdy. (Integrale doppio)

    Se n = 3 si usa talvolta scrivere

    Rf(x , y , z) dx dy dz. (Integrale triplo)

    Si dimostra facilmente che questa definizione e ben posta, ossia non dipende dalla

    scelta della suddivisione di R adattata a f.

    Introduciamo ora lintegrale di una funzione limitata, non necessariamente a scala, su un

    iperettangolo R. Siano quindi R un iperrettangolo in Rn e f : R R una funzione limi-tata. Denotiamo con Hf e H

    +f gli insiemi delle funzioni a scala minoranti e maggioranti

    di f rispettivamente, cioe

    Hf ={

    g : R

    R a scala tale che g

    f

    },

    H+f = {g : R R a scala tale che g f} .

    Essendo f limitata su R si ha che Hf , H+f = . Poniamo

    Rf = sup

    R

    g : g Hf

    (Integrale inferiore di f su R),

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    56 S. Lancelotti, Appunti di Analisi Matematica II

    R

    f = inf

    R

    g : g H+f

    (Integrale superiore di f su R).

    Essendo f limitata su R si ha che

    R

    f,

    R

    f R e evidentemente

    Rf

    Rf.

    f

    h

    g

    R

    R

    Rn

    Figura B.7: Approssimazione di f con le funzioni a scala g e h, g f h.

    (1.6) Definizione Siano R un iperrettangolo in Rn e f : R R una funzionelimitata.

    Diciamo che f e integrabile (secondo Riemann) su R se Rf = Rf R. Intal caso chiamiamo integrale (multiplo) di Riemann di f su R il comune valoredi questi due integrali e lo denotiamo con le notazioni introdotte precedentemente.

    Si dimostra che se f e continua e limitata su R, allora e integrabile. Esistono anche

    funzioni non integrabili. Ad esempio, posto R = [0, 1] [0, 1], la funzione f : R R

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    Appendice B Misura di Peano-Jordan 57

    definita da

    f(x, y) =

    1 se x Q, y R0 se x Q, y R

    non e integrabile su R. Infatti, se g, h : R

    R sono due funzioni a scala rispettivamente

    minorante e maggiorante di f, allora essendo f(x, y) = 0 per ogni (x, y) R con x Q,si ha che g(x, y) 0 per ogni (x, y) R. Analogamente, essendo f(x, y) = 1 per ogni(x, y) R con x Q, si ha che h(x, y) 1 per ogni (x, y) R. Quindi

    R

    g(x, y) dxdy 0,R

    h(x, y) dxdy 1.

    Ne segue che

    R

    f 0, R

    f 1.

    Quindi

    R

    f 0 per ogni J tale che

    = .

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    1 Brevi richiami sulle curve parametriche 65

    (1.7) Proposizione Siano I, J R due intervalli, : I Rn e : J Rn

    due curve parametriche equivalenti e come nella Definizione (1.6).

    Allora valgono i seguenti fatti:

    a) e hanno lo stesso sostegno;

    b) e semplice se e solo se e semplice;

    c) e derivabile se e solo se e derivabile e in particolare si ha che

    () = (())().

    Inoltre e regolare se e solo se e regolare;

    d) e inducono lo stesso verso di percorrenza sul loro comune sostegno.

    Se e sono equivalenti, in virtu delle proprieta a) e d), si dice anche che e

    sono due parametrizzazioni della stessa curva che inducono su di essa lo stesso verso di

    percorrenza.

    (1.8) Proposizione Siano , , come nella Definizione (1.6) tranne che per

    il segno di e supponiamo che () < 0 per ogni J.

    Allora valgono i seguenti fatti:

    a) e hanno lo stesso sostegno;

    b) e semplice se e solo se e semplice;

    c) e derivabile se e solo se e derivabile e in particolare si ha che

    () = (())().

    Inoltre e regolare se e solo se e regolare;

    d) e inducono versi di percorrenza opposti sul loro comune sostegno.

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    66 S. Lancelotti, Appunti di Analisi Matematica II

    (1.9) Definizione Sia Rn un aperto non vuoto.

    Diciamo che e connesso per archi se per ogni x, y esiste una curva

    parametrica : [a, b] tale che (a) = x e (b) = y.

    Si dimostra che se e connesso per archi, allora fissati x, y con x = y esiste

    sempre una curva parametrica semplice e regolare a tratti : [a, b] tale che (a) = x

    e (b) = y.

    2 Integrale curvilineo di I specie

    (2.1) Definizione Siano Rn aperto non vuoto, f : R una funzione

    continua e : [a, b] una curva parametrica semplice e regolare.

    Si chiama integrale curvilineo (o di prima specie) di f lungo il numero

    reale

    f =

    ba

    f((t))(t) dt,

    dove (t) e la norma (detta anche modulo) del vettore (t) in Rn.

    Talvolta lintegrale curvilineo di f lungo e denotato con il simbolo

    f ds.

    Se f = 1, allora

    f ds = l lunghezza della curva .

    (2.2) Osservazione Per n = 1 otteniamo lintegrale di Riemann di una funzione

    continua. Infatti, se per semplicita supponiamo che [a, b] , allora si ha che (t) = t,

    (t) = 1 e

    f =

    b

    a f((t))

    (t) dt = b

    a f(t) dt.

    (2.3) Esempio Calcolare lintegrale curvilineo della funzione f(x, y) = x lungo la curva

    : [0, 1] R2 definita da (t) =

    t, t2

    .

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    2 Integrale curvilineo di I specie 67

    La funzione f(x, y) = x e definita su

    dom(f) = R2. Quindi il sostegno di :

    [0, 1] R2, (t) =

    t, t2

    , e evidentemente

    contenuto in dom (f).

    x

    y

    O

    1

    1

    La curva e regolare. Infatti, e derivabile con derivata continua (t) = (1, 2t) =

    (0, 0) per ogni t (0, 1). Inoltre per ogni t [0, 1] si ha che

    f((t)) = f

    t, t2

    = t, (t) =

    1 + 4t2.

    Quindi

    f =

    x =

    10 f((t))

    (t) dt = 1

    0 t1 + 4t2 dt =

    1

    12 1 + 4t232

    1

    0 =

    =1

    12

    (1 + 4)

    32 1

    .

    (2.4) Teorema (Indipendenza dellintegrale curvilineo dalla parametriz-

    zazione) Siano Rn aperto non vuoto, f : R una funzione continua

    e : [a, b] e : [c, d] due curve parametriche semplici, regolari ed

    equivalenti.

    Allora

    f =

    f.

    Dimostrazione. Poiche e sono equivalenti, esiste : [c, d] [a, b] biiettiva e di

    classe C1 con () > 0 per ogni [c, d] tale che = . Allora

    f =

    dc

    f(())() d =

    dc

    f((()))(())() d =

    = d

    c f((()))

    (()) |

    ()| d =()>0

    dc f((()))

    (())

    () d =

    posto t = (), da cui dt = () d, ed essendo (c) = a e (d) = b perche e crescente,

    si ottiene

    =

    ba

    f((t))(t) dt =

    f.

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    68 S. Lancelotti, Appunti di Analisi Matematica II

    (2.5) Osservazione Per questo teorema se e sono equivalenti, e quindi in base alla

    Proposizione (1.7) se hanno lo stesso sostegno e inducono su di esso il medesimo verso

    di percorrenza, allora lintegrale curvilineo non cambia. Questa proprieta sussiste anchese e sono tali che esiste : [c, d] [a, b] biiettiva e di classe C1 con () < 0 per

    ogni [c, d] tale che = . In tal caso per la Proposizione (1.8) e hanno lo

    stesso sostegno ma inducono su di esso versi di percorrenza opposti. Infatti, si ha che

    f =

    dc

    f(())() d =

    dc

    f((()))(())() d =

    =

    dc

    f((()))(()) |()| d =()

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    3 Integrale curvilineo di II specie 69

    3 Integrale curvilineo di II specie (o integrale di linea)

    (3.1) Definizione Siano Rn aperto non vuoto, F : Rn un campo

    vettoriale continuo e : [a, b] una curva parametrica semplice e regolare.

    Si chiama integrale curvilineo di seconda specie (o integrale di linea) di

    F lungo il numero reale

    F dP =

    ba

    F((t)) (t) dt,

    dove il simbolo (nellintegrale di destra) indica il prodotto scalare fra i due

    vettori di Rn.

    Talvolta lintegrale curvilineo di seconda specie di F lungo e denotato con il

    simbolo

    F dT.

    Se la curva parametrica

    e chiusa, cioe

    (a

    ) =

    (b

    ), allora lintegrale di linea delcampo vettoriale F lungo e anche detto circuitazione di F lungo e viene

    talvolta denotato con il simbolo

    F dP.

    Il significato fisico di questa nozione e il seguente: lintegrale di F lungo rap-

    presenta il lavoro compiuto dal campo di forze F per trasferire la grandezza fisica in

    oggetto lungo dal punto (a) al punto (b). A patto di sostituire con una curva

    equivalente, possiamo supporre che (t) = 1 per ogni t [a, b] (vedi Proposizione (1.6)

    in Appendice C).

    (a) (b)

    im ()

    direzione di (t)

    F((t))

    v(t) = [F((t)) (t)](t)

    (t)

    La componente del campo di forze F che agisce sul sostegno di nel punto (t) per

    trasferire la grandezza fisica in oggetto dal punto (a) al punto (b) e quella tangente

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    70 S. Lancelotti, Appunti di Analisi Matematica II

    al sostegno stesso nel punto (t). Quindi e la proiezione ortogonale del vettore F((t))

    nella direzione del vettore tangente al sostegno in (t), che e appunto quella del vettore

    (t). Essendo (t) un versore tangente al sostegno in (t), questa proiezione e il vettore

    v(t) = [F((t)) (t)](t).

    Ne segue che la norma di questo vettore e

    v(t) =[F((t)) (t)](t) = |F((t)) (t)| (t)

    =1

    = |F((t)) (t)|.

    A parte il segno, questa funzione coincide con la funzione integranda nellintegrale

    curvilineo.

    (3.2) Osservazione Per n = 1 otteniamo lintegrale di Riemann di una funzione

    continua. Infatti, se per semplicita supponiamo che [a, b] , allora si ha che (t) = t,

    (t) = 1 e

    F dP =

    ba

    F((t)) (t) dt =

    ba

    F(t) dt.

    (3.3) Esempio Calcolare lintegrale di linea del campo vettoriale F(x, y) = y, x2 + y2lungo la curva che parametrizza la circonferenza di centro (0, 0) e raggio 1 a partire

    dal punto (1, 0), inducendo su di essa un verso di percorrenza antiorario.

    Il campo F e continuo. La curva :

    [0, 2] R2 e definita da (t) = (cos t, sin t)

    ed e regolare. Infatti, e derivabile con

    derivata continua

    (t) = ( sin t, cos t) = (0, 0), t (0, 2).

    x

    y

    O 1

    1

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    3 Integrale curvilineo di II specie 71

    Inoltre per ogni t [0, 2] si ha

    F((t)) (t) = F(cos t, sin t) ( sin t, cos t) =

    = (sin t, 1) ( sin t, cos t) = sin2 t + cos t.

    Quindi

    F dP =20

    F((t)) (t) dt =20

    sin2 t + cos t

    dt =

    =

    1

    2(t sin t cos t) + sin t

    20

    = .

    (3.4) Teorema (Dipendenza dellintegrale di linea dal verso indotto

    dalla curva parametrica sul sostegno) Siano Rn aperto non vuoto, F :

    Rn un campo vettoriale continuo e : [a, b] e : [c, d] due curve

    parametriche semplici e regolari.

    Valgono i seguenti fatti:

    i) se e sono equivalenti, allora

    F dP =

    F dP;

    ii) se esiste una funzione : [c, d] [a, b] biiettiva, di classe C1 con () < 0

    per ogni [c, d] tale che = , allora

    F dP = F dP.

    Dimostrazione. Proviamo la proprieta ii). Laltra si dimostra in modo analogo e viene

    lasciata per esercizio.

    Poiche = , allora per ogni [c, d], si ha che

    () = (())().

    Allora

    F dP =dc

    F(()) () d =dc

    F((())) (())() d.

    Poniamo t = (), da cui dt = () d. Essendo biiettiva con () < 0 per ogni

    [c, d], si ha che e decrescente e

    = c = t = (c) = b, = d = t = (d) = a.

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    72 S. Lancelotti, Appunti di Analisi Matematica II

    Quindi

    F dP =

    dc

    F((())) (())() d =

    = ab

    F((t)) (t) dt = ba

    F((t)) (t) dt =

    F dP,

    da cui scende la tesi.

    (3.5) Osservazione Per la Proposizione (1.7) se e sono due curve parametriche

    equivalenti, allora inducono lo stesso verso di percorrenza sul loro comune sostegno.

    Quindi laffermazione i) dice che lintegrale di linea non dipende dalle parametrizzazioni,

    se inducono lo stesso verso sulla curva.

    Nella ii) la funzione ha tutte le proprieta elencate nella Definizione (1.6) di curve

    equivalenti tranne che per il segno della sua derivata. Per la Proposizione (1.8) si ha che

    e inducono versi opposti sul loro comune sostegno. In tal caso lintegrale di linea che

    si ottiene e lopposto.

    Questo fatto e perfettamente in sintonia con linterpretazione fisica dellintegrale di

    linea, quale lavoro compiuto dal campo di forze nel trasferire la grandezza fisica da un

    punto allaltro. Se si invertono punto di partenza e punto di arrivo chiaramente il lavoro

    e opposto.

    In definitiva questo teorema stabilisce che lintegrale di linea dipende solo dal verso

    indotto dalla parametrizzazione sulla curva e non da altro.

    Chiaramente se si p ercorrono due strade diverse, cioe si scelgono due curve che

    non hanno lo stesso sostegno, allora lintegrale puo essere diverso.

    Nel Capitolo sui campi vettoriali conservativi vedremo che lintegrale di linea di

    un campo vettoriale conservativo non dipende dal percorso, ma solo dai punti iniziali e

    finali.

    La nozione di integrale curvilineo di seconda specie (o integrale di linea) di un campo

    vettoriale si puo introdurre anche su una curva regolare a tratti.

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    3 Integrale curvilineo di II specie 73

    (3.6) Definizione Siano Rn aperto non vuoto, F : Rn un campo vet-

    toriale continuo e : [a, b] una curva parametrica regolare a tratti. Conforme-

    mente alla definizione di curva regolare a tratti, siano a = t0 < t1 < < tm = b

    tali che e regolare in ogni intervallo [tk1, tk], per ogni k = 1, . . . , m.

    Si chiama integrale curvilineo di seconda specie (o integrale di linea) diF lungo il numero reale

    F dP =mk=1

    tktk1

    F((t)) (t) dt =

    =

    t1a

    F((t)) (t) dt +

    t2t1

    F((t)) (t) dt + +

    btm1

    F((t)) (t) dt.

    In altri termini lintegrale curvilineo di seconda specie lungo una curva regolare a

    tratti e la somma degli integrali curvilinei lungo i tratti su cui la curva e regolare.

    Le proprieta del Teorema (3.4) sussistono anche per le curve regolari a tratti.

    (3.7) Osservazione Concludiamo questo capitolo osservando che la nozione di in-

    tegrale di linea e un caso particolare di quella di integrale curvilineo di prima specie.

    Infatti, se Rn e un aperto non vuoto, F : Rn e un campo vettoriale continuo e

    : [a, b] e una curva parametrica semplice e regolare, allora considerata la funzione

    f : R definita da f = F T, dove T e il vettore tangente al sostegno di , definito

    come T((t)) = (t)

    (t) , si ha che

    f =

    ba

    f((t))(t) dt =

    ba

    (F T)((t))(t) dt =

    =

    ba

    F((t)) (t)

    (t)(t) dt =

    ba

    F((t)) (t) dt =

    F dP.

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    74 S. Lancelotti, Appunti di Analisi Matematica II

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    Appendice C

    Ascissa curvilinea

    Introduciamo una nozione piu generale di curve equivalenti rispetto a quella introdotta

    a pag. 64.

    Nel seguito considereremo n N, n 1.

    (1.1) Definizione Siano : [a, b] Rn e : [c, d] Rn due curve parametriche.

    Diciamo che e sono equivalenti se esiste una funzione : [c, d] [a, b]

    biiettiva, continua su [c, d] e di classe C1 su (c, d) con () > 0 per ogni (c, d)

    tale che

    = .

    Rispetto alla Definizione (1.6) di pag. 64 la funzione del cambiamento di parametro

    non e di classe C1 su tutto lintervallo [c, d]. Quindi puo non essere derivabile negli

    estremi. Si noti che nelle ipotesi indicate risulta comunque che e strettamente crescente

    su [c, d] e quindi e invertibile. Inoltre per le proprieta della funzione inversa, anche

    1 : [a, b] [c, d] e continua su [a, b] e derivabile su (a, b) con

    t (a, b) :

    1

    (t) =1

    (1(t))

    ed e strettamente crescente su [a, b].

    (1.2) Proposizione Siano : [a, b] Rn e : [c, d] Rn due curve

    parametriche semplici, regolari ed equivalenti nel senso della Definizione (1.1).

    Allora e hanno lo stesso sostegno e inducono su di esso lo stesso verso di

    percorrenza.

    Dimostrazione. Sia : [c, d] [a, b] biiettiva, continua su [c, d] e di classe C1 su (c, d)

    con () > 0 per ogni (c, d) tale che = . Quindi ([c, d]) = ([a, b]) da cui

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    76 S. Lancelotti, Appunti di Analisi Matematica II

    segue che e hanno lo stesso sostegno. Dimostriamo che inducono su di esso lo stesso

    verso di percorrenza.

    Consideriamo t1, t2 [a, b] con t1 < t2. Allora il punto (t) percorre il sostegno di

    fra i punti (t1) e (t2) nel verso da (t1) a (t2).

    (t1)(1)

    (2) =(t2)

    im ()=im ()

    Poiche e biiettiva esistono e sono unici 1, 2 [c, d] tali che t1 = (1) e t2 = (2).

    Essendo strettamente crescente su [c, d] si ha che

    (1) = t1 < t2 = (2) = 1 < 2.

    Ne segue che il punto () percorre il sostegno di fra i punti (1) = ((1)) = (t1)

    e (2) = ((2)) = (t2) nel verso da (1) a (2), come . Quindi e inducono lo

    stesso verso di percorrenza sul loro comune sostegno.

    (1.3) Proposizione Siano : [a, b] Rn e : [c, d] Rn due curve para-

    metriche semplici e regolari e sia : [c, d] [a, b] biiettiva, continua su [c, d] e di

    classe C1 su (c, d) con () < 0 per ogni (c, d) tale che = .

    Allora e hanno lo stesso sostegno e inducono su di esso versi di percorrenza

    opposti.

    Dimostrazione. E analoga alla dimostrazione della proposizione precedente.

    Osserviamo che in questa proposizione la funzione ha tutte le proprieta elencate

    nella Definizione (1.1) tranne che per il segno della sua derivata.

    (1.4) Definizione Sia : [a, b] Rn una curva parametrica regolare. Si chiama

    ascissa curvilinea la funzione s : [a, b] R definita da

    s(t) =

    ta

    () d.

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    Appendice C Ascissa curvilinea 77

    (1.5) Osservazione Se : [a, b] Rn e una curva parametrica semplice e regolare,

    allora s(b) =

    ba

    () d = l e la lunghezza della curva , che come abbiamo visto

    non dipende dalla parametrizzazione (vedi Teorema (2.4) del Capitolo 3). Quindi in tal

    caso lascissa curvilinea e una funzione s : [a, b] [0, l]. Inoltre, per ogni t [a, b] il

    numero reale s(t) e la lunghezza del tratto del sostegno di compreso fra (a) e (t).

    (1.6) Proposizione Sia : [a, b] Rn una curva parametrica semplice e

    regolare.

    Allora valgono i seguenti fatti:

    a) la funzione ascissa curvilinea s : [a, b] [0, l] e di classe C1 con s(t) =

    (t) per ogni t [a, b]. Inoltre s e invertibile;

    b) se e la funzione inversa di s, allora la curva parametrica : [0, l] Rn

    definita da = e equivalente a nel senso della Definizione (1.1) e per

    ogni (0, l) si ha () = 1.

    Dimostrazione.

    a) Poiche e continua su [a, b], per il Teorema fondamentale del calcolo integrale si

    ha che s e derivabile su [a, b] con s(t) = (t) per ogni t [a, b]. Inoltre essendo

    continua su [a, b] con (t) = 0 per ogni t (a, b), si ha che s e di classe C1

    su [a, b] con s(t) = (t) > 0 per ogni t (a, b). Ne segue che s e strettamente

    crescente su [a, b] e quindi s : [a, b] [0, l] e invertibile.

    b) La funzione : [0, l] [a, b] e continua in quanto inversa di una funzione continua

    su un intervallo. Poiche s(t) = (t) > 0 per ogni t (a, b), per il Teorema della

    derivata della funzione inversa, la funzione e derivabile su (0, l) con

    (0, l) : () =

    1

    s(())=

    1

    (())> 0.

    In particolare e di classe C1 su (0, l). Ne segue che e sono equivalenti, nel

    senso della Definizione (1.1). Infine per ogni (0, l) si ha che

    () = (())() = (()) |()| =(())

    (())= 1.

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    78 S. Lancelotti, Appunti di Analisi Matematica II

    Il prossimo risultato costituisce il viceversa delle Proposizioni (1.2) e (1.3).

    (1.7) Proposizione Siano : [a, b] Rn e : [c, d] Rn due curve semplici e

    regolari aventi lo stesso sostegno.

    Allora esiste : [c, d] [a, b] biiettiva, continua su [c, d] e di classe C1 su (c, d)

    tale che

    () = 0 per ogni (c, d) tale che = .Piu precisamente, se e inducono lo stesso verso di percorrenza, allora () > 0

    per ogni (c, d) (e quindi e sono equivalenti nel senso della Definizione (1.1)),

    mentre se e inducono versi di percorrenza opposti, allora () < 0 per ogni

    (c, d).

    Dimostrazione. Poiche e sono semplici e hanno lo stesso sostegno, si ha che

    t [a, b] ! [c, d] : (t) = (), [c, d] !t [a, b] : (t) = ().

    Consideriamo le ascisse curvilinee associate alle curve e , cioe le funzioni s : [a, b] R

    e : [c, d] R definite da

    s(t) =

    ta

    (u) du, () =

    c

    (v) dv.

    Poiche le curve hanno lo stesso sostegno, in virtu dellOsservazione (1.5) si ha che

    s([a, b]) = ([c, d]) e s(b) = (d) = l = l. Inoltre per la proposizione precedente

    le funzioni ascissa curvilinea sono invertibili.

    Consideriamo inizialmente il caso in cui e inducono lo stesso verso di percorrenza

    sul loro comune sostegno. In tal caso si ha che per ogni [c, d] esiste un unico t [a, b]

    tale che s(t) = (), cioe t = s1(()).

    (t)()

    (a) =(c)

    (b) =(d)

    Figura C.1: Curve che inducono lo stesso verso di percorrenza sul sostegno.

    Osserviamo che (t) = (). Infatti, poiche s(t) = (), s(a) = (c) = 0 e s(b) =

    (d) = l = l, si ha che il tratto di curva compreso fra (c) e () misura () (c) =

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    Appendice C Ascissa curvilinea 79

    s(t) s(a) come quello compreso fra (t) e (a). Poiche (a) = (c), ne segue che

    (t) = ().

    Consideriamo la funzione : [c, d] [a, b] definita da

    () = s1(()).

    La funzione e biiettiva, continua su [c, d] e di classe C1 su (c, d) con

    (c, d) : () = (s1)(()) () =()

    s(s1(()))> 0.

    Inoltre per ogni [c, d]

    ( )() =

    s1(())

    = (t) = ().

    Ne segue la tesi e in particolare e sono equivalenti nel senso della Definizione (1.1).

    Consideriamo ora il caso in cui e inducono versi di percorrenza opposti sul loro

    comune sostegno. In tal caso si ha che p