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Appendice iconografica al volume Il Novecento: il secolo del bambino? a cura di Mario Gecchele, Simonetta Polenghi e Paola Dal Toso Figura 1. Gustav Klimt (1862-1918), Le tre età della donna (particolare). Le due figure vivono in una dimensione serena e nei loro volti si riconosce una specie di estasi e di tranquillità. L’atteggiamento della madre e della figlia, con gli occhi chiusi, sembra indicare che per loro c’è ancora speranza, c’è ancora la possibilità di sognare e di fantasticare. Il dipinto risale ai primi del XX secolo, precisamente al 1905 (Galleria d’arte moderna e contemporanea, Roma).

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Appendice iconografi ca al volumeIl Novecento: il secolo del bambino?

a cura di Mario Gecchele, Simonetta Polenghi e Paola Dal Toso

Figura 1. Gustav Klimt (1862-1918), Le tre età della donna (p articolare). Le due fi gure vivono in una dimensione serena e nei loro volti si riconosce una specie di estasi e di tranquillità. L’atteggiamento della madre e della fi glia, con gli occhi chiusi, sembra indicare che per loro c’è ancora speranza, c’è ancora la possibilità di sognare e di fantasticare. Il dipinto risale ai primi del XX secolo, precisamente al 1905 (Galleria d’arte moderna e contemporanea, Roma).

Figura 3. Maria Montessori (1870-1952), medico e pedagogista, fonda nel 1907 la Casa dei bambini a Roma. «Io cominciai la mia opera come un contadino che avesse messo a parte una buona semenza di grano e al quale fosse stato off erto un campo di terra feconda per seminarvi liberamente. Ma non fu così. Appena mossi le zolle di quella ter-ra io vidi oro invece di grano» (6 gennaio 1907).

Figura 2. John Dewey (1859-1952), fi losofo e pedagogista statunitense, nel 1896 fonda la Scuola-laboratorio dell’Università di Chi-cago, uno dei primi esempi di scuola nuo-va. «La scuola è un’istituzione per cui deve riprodurre in maniera ridotta e semplice le idee e i fatti della società più ampia». Impa-rare facendo è un principio che guida la scuo-la, nella convinzione che l’esperienza, quan-do parta dall’interesse dell’alunno e abbia i caratteri della continuità e dell’interazione, sia educativa.

Figura 4. Maria Montessori celebrata nella co-pertina di Time, il 3 febbraio 1930. La sua fama oltrepassò l’Italia e l’Europa. Riteneva all’inizio del Novecento, come Rousseau 150 anni pri-ma, che il bambino era ancora uno sconosciuto, era «l’incognita nella equazione della vita» e che «il primo compito dell’educazione è agitare la vita, ma lasciandola libera perché si sviluppi»; il bambino infatti all’adulto chiede: «Aiutami a fare da solo».

Figura 5. Ellen Key (1849-1926), scrittrice sve-dese, ebbe molta infl uenza in Europa per le sue idee sull’educazione dell’infanzia, soprattutto col suo libro Il secolo dei fanciulli, tradotto in italiano nel 1906. Il volume si apre con una ci-tazione di Nietzsche ed è dedicato «ai genitori che sperano di educare l’uomo nuovo». Inten-de risvegliare «quella coscienza che farà dei no-stri fi gli, dalla loro nascita, cura e educazione, il perno di ogni dovere sociale», mentre invece «fi n dall’asilo pensiamo ai soldati che i nostri bimbi dovranno essere un giorno». Coglie il dilemma che caratterizzava la donna moderna, posta di fronte al dilemma della cura dei fi gli e del lavoro fuori casa, e aff erma che la libera-zione femminile non potrà risolversi nell’imi-tazione del comportamento maschile ma nella realizzazione delle propria soggettività.

Figura 6. Il lavoro minorile ha accompagnato parte del XX secolo, nonostante la presenza di una legislazione contraria, diversa da Paese a Paese, e le dichiarazioni universali sui diritti dei bambini. Forme di sfruttamento minorile sono presenti anche oggi pur se in forme diverse, soprattutto verso i minori provenienti da territori in guerra o in grande povertà.

Figura 7. Diverse organizzazioni si occupavano di far emigrare temporaneamente o per sempre, die-tro contratto, minori in altri Paesi per particolari lavori: vendere giornali, sigarette, fazzoletti, ma anche pulire camini, lavorare nelle vetrerie e nelle miniere di zolfo erano occupazioni che non solo avevano ripercussione sul fi sico dei bambini, ma anche sullo sviluppo psicologico, e segnavano in modo negativo il loro futuro.

Figura 8. Nel Novecento, soprattutto nella prima metà, è continuato il fenomeno dell’abbando-no di bambini nati fuori del matrimonio o a causa di un’estrema povertà. Qui si vede l’Ospedale degli Innocenti di Firenze. Solo nella seconda metà del secolo il fenomeno si è attenuato, fi no quasi a scomparire. Sono aumentati tuttavia i minori non accompagnati, e quindi bisognosi di aiuto, fra le popolazioni che emigrano per sfuggire alle guerre e dalle conseguenti miserie.

Figura 9. «Santino» a ricordo della prima comu-nione, inizio Novecento. Fino a qualche anno fa, a ricordo di questo sacramento, era usanza diff u-sa stampare un foglietto, detto «santino», con il nome e la data della celebrazione. Conteneva tal-volta la foto o un generico bambino o bambina in posizione devozionale. I primi «santini», molto elaborati e riccamente rifi niti, sono ormai oggetto raro e prezioso per collezionisti.

Figura 10. Copertina di un numero del Giornalino della domenica. Nata nel 1906 con l’intento di «dare tutte le domeniche al suo giovine pubblico una lettura che sia istruttiva senza stancarne l’attenzione; che sia educatrice senza esser noiosa», la rivista vuole educare e divertire i lettori dai sette ai quindici anni della «buona ed operosa borghesia dell’epoca». «Educare con im-magini e parole» è un progetto che ha la sua punta di forza nella copertina di alta qualità e dai disegni accattivanti, tratteg-giati da abili disegnatori dell’epoca. La di-rezione venne affi data inizialmente a Luigi Bertelli (Vamba).

Figura 11. Robert Baden-Powell fonda nel 1907 il movimento dei boy scout, con il fi ne ultimo della formazione fi sica, morale e spirituale della gioventù: «Lo scopo più importante della for-mazione scout: educare. Non istruire, si badi bene, educare; cioè spingere il ragazzo ad apprendere da sé, di sua spontanea volon-tà; ciò che gli serve per formarsi una propria personalità». Pur con diverse sfumature, lo scoutismo ha le basi comuni in tutto il mondo. Fondato sull’ask the boys, e sull’«imparare facendo» attraverso attività all’aria aperta e in piccoli gruppi, oggi conta circa quaranta milioni di iscritti. «Sforzati sempre di vedere ciò che splende dietro le nuvole più nere», «cercate di lasciare questo mondo un po’ migliore di quanto non l’avete trovato»: sono due messaggi ottimistici del Capo.

Figura 12. I Pionieri, l’organizzazione della gioventù comunista, in una foto di propaganda del 1960. «Il pioniere è amico di tutti gli altri bambini del mon-do». Come nei Paesi a regime dittatoriale dell’Occi-dente, in particolare in Italia e in Germania, anche nei Paesi comunisti la gioventù era inquadrata in organizzazioni per «formarla» ai fi ni stabiliti dal re-gime stesso. L’organizzazione dei Pionieri, sorta dap-prima in Russia, si estese nel secondo dopoguerra nei vari Paesi satelliti dell’Urss.

Figura 13. Esaltazione dell’amore di Stalin ver-so i piccoli. Orfani, poveri o ladri, oppure fi gli della nomenklatura caduti in disgrazia, furono milioni i piccoli «nemici del popolo», deportati, rinchiusi negli orfanotrofi , spesso derubati della propria identità nel comunismo sovietico. «Sia-mo scalzi, nudi, aff amati e pieni di pidocchi»; «A colazione ci danno un pezzetto di pane, cipolla e sale. A pranzo una barbabietola lessa con del cavolo, e alla cena non dobbiamo neanche pen-sare, perché non c’è»: sono stralci di lettere di bambini «rinchiusi» spedite a Nadežda Krupska-ja, moglie di Lenin.

Figura 14. Un’illustrazione tratta da un testo di scuola che con pochi, ma essenziali tratti, fa chiaramente capire gli ideali educativi del fasci-smo: il fanciullo studia per diventare un soldato. Un ritornello famoso del tempo recitava: «Libro e moschetto, fascista perfetto» (O. Quercia Tan-zarella, Il libro della II classe, La Libreria dello Stato, Roma anno XII, p. 143).

Figura 15. Inquadrare i «cittadini» fi n da pic-coli in organizzazioni paramilitari, sottraendoli all’infl usso tradizionale della Chiesa, fu uno dei maggiori intenti sociali del fascismo. I bambi-ni e le bambine intruppati fi n dagli otto anni nell’Opera Nazionale Balilla dal 1926, con tan-to di giuramento di dare la propria vita per il duce e la causa fascista, marciavano orgogliosi, prefi gurando un impegno più diretto da grandi; la loro vita era «rubata» per un fi ne patriottico, in cui erano invitati ad aver fede: «credere, ob-bedire e combattere» era la loro laica trinità.

Figura 16. Il saluto romano dalla culla. La conoscenza più approfondita del periodo infantile e della sua importanza per la formazione, raggiunta da molte scienze a inizio Novecento, ha spinto i vari regimi a intromettersi nella vita dei cittadini fi n dai primi anni di vita: fi n dalla culla si poteva fare il saluto romano, fra una ninna nanna e un’al-tra. Così almeno si ricava da un libro unico di Stato per la prima classe del 1937 (M. Zanetti, Libro della prima classe, Libreria dello Stato, Roma 1937, p. 24).

Figura 17. Balilla sulla copertina di un quaderno. Per diventare quello che gli altri decidono che si deve diventare è necessaria un’obbedienza cieca e asso-luta. In una società gerarchica e mili-tarizzata, come quella del Ventennio, e non solo, la più semplice ed effi cace modalità per plasmare il cittadino-sud-dito a diventare soldato pronto a dare la vita è l’obbedienza, inculcata fi n dal-la nascita. Una modalità presente da secoli nell’educazione, anche se in for-ma diversa. D’altra parte, se «il Duce ha sempre ragione», come recitavano scritte sui muri d’Italia, al suddito non resta che obbedire (O. Quercia Tanza-rella, Il libro della II classe, La Libreria di Stato, Roma anno XII, p. 11).

Figura 18. Gioventù hitleriana. «Nella Germania nazista l’idea del sacrifi cio di sé, del morire per Hitler, ha assunto proporzioni che ad un estraneo potrebbero sembrare perversione mor-bosa. E contro quelli che si oppongono a Hitler un odio profondo viene istigato nei cuori della gioventù tedesca»: così scrive l’americano Gregor Ziemer in un noto libro del 1944, Educazione alla morte (Constable and Co., London).

Figura 19. Spagna, guerra civile 1936-1939: bambini e anziani che si scaldano nel freddo della guerra a Madrid. Il problema delle migliaia di bambini spagnoli «rubati» dal tempo di Franco fi no agli anni Novanta del XX secolo, perché fi gli di genitori politicamente pericolosi, e ven-duti ad altre famiglie è esploso in questi ultimi anni ed è argomento di indagini e di rifl essioni.

Figura 20. La fame, l’abbandono, la povertà, l’insicurezza, il sospetto, la mancanza di prospettive, la crudeltà sono sempre compagni e conseguenza di ogni confl itto.

Figura 21. Una fotografi a sorridente di Anna Frank, la ragazza ebrea che col suo diario scritto durante la seconda guerra mondiale ad Amsterdam ha testimoniato le ansie e le paure di una adolescente e ha commosso generazioni di persone.

Figura 22. La paura e il terrore appaiono sul volto di questo bambino ebreo durante un rastrel-lamento nel ghetto di Varsavia. Quello compiuto contro il popolo ebraico è stato un olocausto, che ha decimato il popolo presente in vari territori europei da secoli.

Figura 23. Le guerre e la povertà han-no costretto all’emigrazione milioni di persone nel corso del XX secolo. Molte volte alla donna è toccato il duro compito di occuparsi da sola dei piccoli e degli anziani.

Figura 24. In questa foto degli anni Ses-santa, alcuni ragazzi attorno a Il Vitto-rioso che, insieme con Il Giornalino, può essere considerato il laboratorio del fu-metto italiano.

Figura 25. La bambola Angelicchia della Sebino, creata da Angelina Ventura nel 1955, la sorellina del più famoso Pinocchio, testimonia l’interesse verso le fanciulle nel se-condo dopoguerra.

Figura 26. Il ragazzo selvaggio nel fi lm omonimo del 1970, diretto e interpretato dal regista francese François Truff aut, sulla famosa memoria del medico parigino Jean Itard. Un fi lm che testimonia l’amore del regista per l’infanzia e la sua disapprovazione dei metodi educativi tradizionali.

Figura 27. Una famiglia composta da mamma, papà e due fi gli. È seduta su un ramo di un albero, quindi «sospesa». Nel corso del secolo anche il concetto e la realtà della famiglia «tradizionale» hanno subito cambiamenti e trasformazioni. Calo delle nascite, famiglie ricomposte, diverse modalità di sentirsi famiglia in una società «liquida» e insi-cura, hanno portato a considerare la famiglia un sostantivo da declinarsi al plurale.

Figura 28. Pedagogia della famiglia: Alexander ascolta la nonna che legge ad alta voce, appoggiandosi al suo grembo (Fanny e Alexander, I. Bergman, 1982).

Figura 29. Nel dicembre 1991, la rivista statunitense Newsweek nomina l’asilo «Dia-na» di Reggio Emilia come la più avanzata istituzione per la prima infanzia nel mon-do. «La piazza principale si sviluppa intorno a una piazza interna, cuore della scuola, su cui si aff acciano le tre sezioni, l’atelier centrale e due piccoli giardini» (Loris Mala-guzzi, 1920-1994). Nel 1994 viene fondato il Centro internazionale per la difesa e lo sviluppo dei diritti e delle potenzialità dei bambini (Reggio Children).

Figura 30. La foto straziante di un piccolo bam-bino, morto sulle spiagge che avrebbero potuto essere la sua salvezza, dopo un tentativo di fuga dalle zone di guerra del Medio Oriente. Una foto, emblema delle conseguenze di ogni confl itto, che comporta anche lo spostamento forzato di milioni di persone innocenti.

Figura 31. Gino Severini, Maternità, 1916 (Museo dell’Accademia Etrusca, Cortona). Nel pieno della prima guerra mondiale l’artista sceglie di raffi gura-re una maternità: una giovane donna borghese che nutre il proprio bambino. Naturalezza e semplici-tà emanano dalla composizione, che mostra una donna pensierosa e china sul fi glio.