apparato circolatorio o cardiovascolare · l’apparato linfatico è solo centripeto, cioè...

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APPARATO CIRCOLATORIO O CARDIOVASCOLARE Il termine “vascolare” non è completo, perché si tratta di un apparato in cui c’è un sistema di tubi chiusi all’esterno in cui circolano dei fluidi rappresentati sia dal sangue sia dalla linfa e una pompa centrale: il cuore. Il sistema si è evoluto per trasportare sostanze energetiche in tutti quegli organismi la cui mole somatica impedisce che la diffusione dall’esterno raggiunga tutte le cellule. L’essenziale funzione dell’apparato cardiovascolare è quella di trasporto di molteplici sostanze. Elenco funzionale: acqua: il sangue è formato per la maggior parte di acqua, fondamentale per la vita; ioni; sostanza energetiche: glucosio e altri tipi di esosi, pentosi, amminoacidi...; ma anche cataboliti ossigeno: contenuto nell’aria ambiente viene trasferito tramite i polmoni ai globuli rossi che circolano nel sangue. Questo sangue circolando si porta negli organi che hanno bisogno di ossigeno (le cellule possono sopravvivere solo ed esclusivamente se c’è dell’ossigeno, alcune muoiono dopo pochi minuti, altre possono durare ore); anidride carbonica messaggi ormonali; cellule del sangue. Le cellule circolanti del sangue sono tante. Non vengono trasferite le piastrine o i globuli rossi: sono i globuli bianchi che vengono trasferiti ad esempio verso i tessuti che sono sede di infiammazione. Ad esempio in seguito ad un taglio è necessario che ci sia l’infiammazione per la rigenerazione la cute (la presenza di un numero limitato di neutrofili è benefica); se la ferita però si infetta, a livello del taglio sono presenti batteri. Vengono trasferite quindi le cellule immunocompetenti. Patogeni. Con questo temine si intende tutta la classe dei potenziali aggressori dell’organismo umano (batteri, virus, prioni, funghi...). Sostanze tossiche. Proteine di batteri (tossina botulinica) o altri organismi (veleno insetti o serpenti) Ad esempio le medicine sono potenzialmente tossiche: ad una dose stabilita possono essere benefiche, ma a dosi doppie o triple (che non sono molto lontane da quella terapeutica), possono diventare sostanze tossiche. Calore. Questo è evidente quando fa caldo e quando fa freddo. Quando fa caldo la cute è molto irrorata; questo serve a trasferire calore alla superficie della cute che deve essere poi disperso per irraggiamento. Se poi si stratifica il sudore, la sua evaporazione (dovuta al calore sottostante) allontana calore. Viceversa avviene quando fa freddo, quando per conservare in

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APPARATO CIRCOLATORIO O CARDIOVASCOLARE 

Il termine “vascolare” non è completo, perché si tratta di un apparato in cui c’è un sistema di tubi 

chiusi all’esterno in cui circolano dei fluidi rappresentati sia dal sangue sia dalla linfa e una pompa 

centrale: il cuore. Il sistema si è evoluto per trasportare sostanze energetiche in tutti quegli orga‐

nismi la cui mole somatica impedisce che la diffusione dall’esterno raggiunga tutte le cellule. 

L’essenziale  funzione dell’apparato  cardio‐vascolare è quella di  trasporto di molteplici  sostanze. 

Elenco funzionale: 

‐ acqua: il sangue è formato per la maggior parte di acqua, fondamentale per la vita; 

‐ ioni; 

‐ sostanza energetiche: glucosio e altri tipi di esosi, pentosi, amminoacidi...; ma anche cataboliti 

‐ ossigeno: contenuto nell’aria ambiente viene  trasferito  tramite  i polmoni ai globuli rossi che 

circolano nel sangue. Questo sangue circolando si porta negli organi che hanno bisogno di os‐

sigeno  (le  cellule  possono  sopravvivere  solo  ed  esclusivamente  se  c’è  dell’ossigeno,  alcune 

muoiono dopo pochi minuti, altre possono durare ore); anidride carbonica 

‐ messaggi ormonali; 

‐ cellule del sangue. Le cellule circolanti del sangue sono tante. Non vengono trasferite  le pia‐

strine o  i globuli rossi: sono  i globuli bianchi che vengono trasferiti ad esempio verso  i tessuti 

che  sono  sede di  infiammazione. Ad esempio  in  seguito ad un  taglio è necessario  che  ci  sia 

l’infiammazione per  la rigenerazione  la cute (la presenza di un numero  limitato di neutrofili è 

benefica); se la ferita però si infetta, a livello del taglio sono presenti batteri. Vengono trasferi‐

te quindi le cellule immunocompetenti. 

‐ Patogeni. Con questo temine si intende tutta la classe dei potenziali aggressori dell’organismo 

umano (batteri, virus, prioni, funghi...). 

‐ Sostanze  tossiche. Proteine di batteri  (tossina botulinica) o  altri organismi  (veleno  insetti o 

serpenti) Ad esempio le medicine sono potenzialmente tossiche: ad una dose stabilita possono 

essere benefiche, ma a dosi doppie o triple (che non sono molto  lontane da quella terapeuti‐

ca), possono diventare sostanze tossiche. 

‐ Calore. Questo è evidente quando fa caldo e quando fa freddo. Quando fa caldo la cute è mol‐

to  irrorata; questo  serve a  trasferire calore alla  superficie della cute che deve essere poi di‐

sperso per  irraggiamento. Se poi si stratifica  il sudore,  la sua evaporazione  (dovuta al calore 

sottostante) allontana calore. Viceversa avviene quando  fa  freddo, quando per conservare  in 

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vita gli organi nobili  (cuore, cervello e reni) è necessario conservare calore, che viene quindi 

sottratto alle cellule della cute. Quando fa freddo quindi la cute è la parte più fredda perché ri‐

ceve meno sangue per un certo periodo (i tessuti non muoiono) e così il sangue rimane caldo 

perché circola all’interno. 

‐ Grazie alla grande pressione arteriosa vi è pure una funzione meccanica di mantenimento del 

turgore dei tessuti che contrasta  la gravità e per quanto concerne  la cute, rende più bello  il 

corpo umano 

Questo apparato è formato da due sezioni: 

APPARATO VASCOLARE SANGUIFERO in cui tutti i vasi contengono SANGUE; è formato da: 

 

1. CUORE, l’organo propulsore, che imprime una forza sotto forma di pressione al sangue, che 

quindi così può circolare; il corpo umano è molto grande rispetto ad altri organismi (celen‐

terati, vermi...) quindi è necessario che tutte le cellule siano fornite, ma ci sarebbero delle 

barriere  troppo grandi alla diffusione dei nutrienti e dell’ossigeno dai polmoni alla punta 

del piede ad esempio (la distanza di diffusione attraverso le barriere cellulari dell’ossigeno 

è all’incirca di 40 μm). Pertanto si è sviluppato questo sistema in cui delle zone forniscono i 

nutrienti, altre zone forniscono  l’ossigeno,  il sangue poi raccoglie queste sostanze e  le di‐

stribuisce più o meno equamente a tutti gli organi. Per fare ciò è necessaria una pompa, il 

cuore. In realtà il cuore è formato da due pompe poste in parallelo. Ha: 

‐ quattro cavità; 

‐ una parete che  riveste  tutte e quattro  le cavità, che è  sempre  la  stessa. Dall’esterno 

all’interno è formata da: pericardio, miocardio ed endocardio. 

 

2. VASI SANGUIFERI. Vengono distinti in tre grandi settori con funzione diversa: ‐ arterie: sistema di tubi in cui il sangue viaggia in direzione centrifuga, cioè si allontana 

dal cuore; 

‐ vene: vasi in cui il sangue viaggia in direzione centripeta, cioè ritorna al cuore dopo a‐

ver circolato negli organi; 

‐ capillari: sistema di vasi a parete sottile presenti  in vicinanza delle cellule dei  tessuti; 

sono  la porzione più  importante  in cui avvengono gli  scambi  tra  liquidi extracellulari, 

quindi linfa, e liquidi endovascolari, essenzialmente plasma. 

 

APPARATO VASCOLARE LINFATICO, in cui è contenuta la LINFA, un ultrafiltrato del plasma che 

ha un sistema proprio di raccolta. La linfa torna nuovamente nel sangue tramite alcuni collet‐

tori che sboccano nelle vene alla base del collo.  

Nell’apparato vascolare linfatico esistono: 

 

1. CAPILLARI LINFATICI; 

2. DOTTI LINFATICI; 

3. DOTTI COLLETTORI. 

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L’apparato linfatico è solo centripeto, cioè raccoglie la linfa dai tessuti, la quota della linfa che 

non è stata raccolta dalle venule post‐capillari.  In questa maniera  i  liquidi non si accumulano 

nei tessuti. Quando i linfatici non funzionano per un blocco, un tumore o altro, si accumula li‐

quido soprattutto nelle parti declivi  (ad esempio gli anziani spesso hanno  le caviglie e  i piedi 

gonfi a causa di un accumulo di linfa perché non funziona più il sistema di drenaggio sia venoso 

sia  linfatico oppure nella elefantiasi ove alcuni parassiti Wuchereria bancrofti e Brugia malayi o‐

struiscono i linfatici –filariosi) 

 

Il sistema cardiocircolatorio è stato uno dei primi ad essere studiato. È fondamentale per lo studio 

della medicina. William Harvey  a Cambridge  aveva  già descritto nel  1628 questo  apparato  così 

come si conosce oggi. 

Egli  l’aveva  studiato  iniettando delle  sostanze  resinose nel  sistema vascolare, e  studiando poi  il 

calco dall’interno dei vasi sanguigni. Aveva già capito che il cuore è una pompa motrice (e non la 

sede dell’anima) muscolare che spingeva il sangue allontanandolo e poi avvicinandolo come forza 

aspirante tramite le vene. 

Nei disegni il colore delle arterie nel circolo sistemico è rosso, perché il sangue che in esse circola è 

di un rosso rutilante. Il sangue che di solito esce dalle ferite non è di colore rosso rutilante, perché 

si tratta di sangue che ha già perso l’ossigeno, ossia deossigenato, ed è pertanto di un colore ros‐

so‐bluastro, marroncino.  

Il sangue ossigenato  invece è nettamente rosso, perché  il  legame dell’ossigeno all’emoglobina fa 

cambiare  lo stato del ferro e questo fa virare  lo spettro di assorbimento dell’emoglobina verso  il 

rosso –lunghezza d’onda oltre 500nm. 

 

Il cuore si divide in cuore destro e cuore sinistro. È costituito da quattro camere cardiache. 

Il cuore è una pompa accoppiata, ma in realtà è il motore di due circoli distinti: 

‐ la CIRCOLAZIONE SISTEMICA (grande circolo) che irrora tutti gli organi dell’organismo; 

‐ la CIRCOLAZIONE POLMONARE (piccolo circolo) che irrora solo il polmone. 

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Le funzioni dei due circoli sono complementari ed essi si riuniscono (essendo posti uno di seguito 

all’altro) a livello del cuore. 

Il circolo polmonare  inizia dal ventricolo destro tramite un tronco arterioso che si chiama tronco 

comune dell’arteria polmonare che è breve e che poi si divide nelle due arterie polmonari di de‐

stra e di sinistra che irrorano il polmone. Il sangue che circola nell’arteria polmonare è povero di 

ossigeno e va al polmone per ossigenarsi: c’è una rete di arterie che si ramificano ripetutamente e 

alla fine c’è una rete di capillari che avvolgono gli alveoli polmonari. La parete degli alveoli dei ca‐

pillari è sottile e  l’ossigeno può passare da dentro  l’aria alveolare, attraverso  le barriere,  fino al 

sangue, a livello del quale viene disciolto raggiungendo il globulo rosso. Il globulo rosso si arricchi‐

sce così di ossigeno e cede l’anidride carbonica. 

Questa rete di capillari si versa in una rete di vene, che poi tornano verso il cuore. Il sangue ossi‐

genato attraverso queste vene torna all’atrio sinistro del cuore, passa nel ventricolo sinistro e qui 

comincia la grande circolazione. Dal ventricolo sinistro nasce l’arteria aorta, l’arteria maggiore 

dell’organismo umano che distribuisce, tramite numerosi rami, il sangue ricco di ossigeno a tutti gli 

organi, compreso il polmone (arterie bronchiali). Si crea poi una rete di capillari a livello degli or‐

gani, che viene drenata (il sangue viene ricatturato) dalle vene: una sottodiaframmatica, la vena 

cava inferiore e una sopradiaframmatica, la vena cava superiore. Si torna quindi nuovamente 

all’atrio destro. Dal ventricolo destro origina poi il circolo polmonare. 

In entrambe le circolazioni le arterie hanno alcune caratteristiche. 

In entrambe  le circolazioni  le arterie aumentano di numero allontanandosi dal cuore  (mediante 

l’emissione di collaterali) mentre il loro calibro progressivamente decrementa. 

Una arteria quando termina,  invece di emettere collaterali, si biforca con un angolo di circa 60° 

(p.es. le arterie iliache per l’aorta) in due arterie figlie terminali di pari calibro tra loro (circa il 76% 

del calibro di origine). Mentre le arterie collaterali sono arterie emesse all’incirca ad angolo retto 

(con calibro inferiore al 50% dell’origine). 

Durante il suo percorso e la suddivisione nelle varie arterie, il diametro delle arterie figlie, collate‐

rali emesse,  si  riduce progressivamente. Questo  significa che  il  sangue viene distribuito a  tutti  i 

tessuti. Si assiste ad un decremento della velocità di flusso da aorta alle sue collaterali e terminali 

La sezione trasversa dell’aorta ha una data area (considerando ad esempio che il diametro di una 

persona di 70 kg è di circa 30‐32 mm, si può calcolare circa 7 cm2). Se noi facciamo  la somma di 

tutte  le  aree  delle  arterie  che  vengono  emesse,  il  risultato  è  un’area  ben  più  grande  di  quella 

dell’aorta al massimo del suo calibro, quindi la sezione trasversa totale ideale aumenta progressi‐

vamente  fino alle venule post‐capillari, poi decrementa di nuovo quando  le vene  convergono a 

formare vene di calibro progressivamente maggiore ma in numero minoe rispetto alle vene paren‐

tali dalle quali originano. 

Questo incremento dell’area totale e quindi la distribuzione del sangue nei vari organi, fa diminui‐

re la pressione: vicino al cuore la pressione del sangue è alta. Se si fora l’aorta in vicinanza del cuo‐

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re, il sangue fuoriesce ad altissima pressione, quindi ad alta velocità e quindi il dissanguamento è 

rapido (un colpo d’arma da fuoco sull’aorta è mortale entro pochi secondi, a livello dell’arteria fe‐

morale risulta mortale  in alcuni minuti, mentre a  livello di una vena può non essere  letale, se si 

comprime la ferita in quanto si perde lentamente sangue e la compressione facilita la formazione 

del coagulo). 

Sia la velocità che la pressione diminuiscono man mano che ci si allontana dal cuore. Inoltre si assi‐

ste ad una diminuzione dello spessore della parete. 

La parete di arterie, vene e capillari, è formata da cellule e quindi da tessuti interposti. Lo spessore 

della parete è massimo dove le forze sono notevoli, cioè dove la pressione è alta, e va via via de‐

crementando, fino a diventare molto esile, anche per motivi funzionali. Nei capillari e nelle venule 

post‐capillari la parete sottilissima e talvolta discontinua ha la funzione di favorire gli scambi di li‐

quidi e cellule . 

 

Dimensioni vasali 

Alcuni dati quantitativi medi (non saranno chiesti all’esame): in una persona adulta sana di circa 70 

kg l’aorta ha 17 mm di raggio e 1,1 mm di spessore, quindi all’incirca 1/15 del lume globale del va‐

so è occupato dallo spessore della parete. Nelle arterie di medio calibro invece il rapporto scende 

a 1/5, mentre nelle arteriole è 1/2. Quindi man mano che  il calibro diminuisce,  la parete assume 

una maggiore importanza sul calibro esterno del vaso, anche se in termini assoluti lo spessore del‐

la parete diminuisce (da 1 mm a 10 μm). Le due misure non si comportano però alla stessa manie‐

ra:  la parete deve essere completa e spessa finche  la pressione è alta > di 15 mmHg, poi diventa 

sottilissima o discontinua. 

I vasi sono moltissimi. Le arterie  iniziano, nel circolo sistemico, con un grosso vaso che si chiama 

aorta. Questa emette altre arterie collaterali che a loro volta si dividono in altre arterie con calibro 

progressivamente decrescente. In periferia cioè nei tessuti che compongono i vari organi, ci sono 

all’incirca 4 milioni di arteriole, 16 milioni di capillari sanguiferi. Questi dati non sono frutto di con‐

te vere e proprie, ma sono stati effettuati dei calcoli: sono stati presi alcuni organi a campione, è 

stato misurato il numero di capillari e poi sono state eseguite delle moltiplicazioni sul volume che 

quell’organo occupa. Il numero di capillari che irrorano le cellule è molto grande perché deve sor‐

passare quella distanza di diffusione e consumo del gas nobile O2 che si deve avvicinare a tutti  i 

tessuti, perché se non arriva abbastanza O2  per un tempo superiore al massimo grado di resisten‐

za di quel tessuto all’anossia, il tessuto muore.  

Questo concetto è molto importante in patologia, infatti 1/3 delle patologie umane sono legate a 

questo meccanismo: se si chiude un vaso, il tessuto a valle dell’ostruzione muore.  

La densità dei capillari in un tessuto è quindi perciò variabile, dipendendo dal consumo di O2 delle 

sue cellule, più sono avide di O2 più densa sarà la rete capillare (p.es. miocardio max distanza tra 

capillari 25 μm; SNC 40 μm; muscolo scheletrico 80 μm; cute 100 μm). Nell’organismo umano ci 

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sono circa 4 milioni di venule post‐capillari che convergono formando vene di calibro crescente, il 

cui numero però è decrescente. Ad esempio da 100 capillari vengono drenati da 10 venule, queste 

convergono in una sola vena che esce dall’organo e giunge a livello di un’altra vena di calibro mag‐

giore che torna al cuore. Alla fine, quindi, il sangue di ritorno del circolo sistemico va a finire in due 

vene: la vena cava superiore, che drena tutti gli organi sopradiaframmatici (ad eccezione del cuo‐

re) e la vena cava inferiore, che raccoglie sangue refluo che ha perso ossigeno e si è arricchito di 

anidride carbonica e di sostanze di scarto dei metabolismi cellulari dagli organi sottodiaframmatici. 

L’aorta ha diametro di 30‐32 mm una sezione di 7 cm2. Le arteriole possono avere 10 μm di diame‐

tro e  l’area totale di sezione è aumentata di 200 volte, quindi  la pressione è calata molto. Ad e‐

sempio se quando il sangue viene eiettato (gettato con forza) nell’aorta ha una pressione di spinta 

di 120 mmHg; a livello delle arteriole questa pressione è già calata di molto, essendo 8‐12 mmHg, 

perché la sezione globale è aumentata. 

Il letto capillare e quello venulare, che sono i settori in cui avvengono gli scambi di fluidi e di gas, è 

di 4000 volte aumentato rispetto a 7 cm2, infatti a livello delle venule post‐capillari, la pressione è 

bassissima, di 4‐5 mmHg, e si abbassa ulteriormente nelle vene: nella vena cava inferiore è pari a 0 

mmHg e  il sangue progredisce grazie alla forza aspirante del cuore  in diastole atriale e alla forza 

aspirante della inspirazione, ossia l’ingresso dell’aria nei polmoni. 

Le arterie e  le vene aumentano di dimensione durante  lo sviluppo, essendo costituite da cellule 

che possono duplicarsi, rilasciare sostanze e quindi incrementare lo spessore, la lunghezza e il cali‐

bro del vaso. Non esistono nell’organismo umano organi  immutabili.  Il  tasso di questo  ricambio 

però è molto variabile, ad esempio nell’encefalo  il  tasso di  ricambio dei neuroni è molto basso, 

eppure esiste, a differenza della cute e dell’intestino in cui è molto più alto. 

In  particolare  le  arterie  subiscono  uno  slargamento  durante  l’invecchiamento,  pertanto 

l’ecografista che deve misurare  il calibro dell’aorta deve avere una tabella per gli  individui di un 

determinato sesso e in base alle diverse età.  

Se durante  l’invecchiamento  le arterie subiscono uno slargamento, perché  la pressione aumenta 

(una buona percentuale di anziani risulta ipertesa)? Questo dipende da un’altra componente, ossia 

che la parete delle arterie si indurisce. In seguito all’indurimento della parete, alcune arterie, inve‐

ce di  allargarsi durante  la  sistole,  rimangono  scleroticamente dello  stesso diametro  e questo  è 

causa di ipertensione poiché la parete è irrigidita per questo difetto di elasticità. 

C’è  una  diretta  proporzionalità  tra  il  calibro  dei  vasi  maggiori  e  le  dimensioni  somatiche 

dell’animale, ad esempio nel topo l’aorta ha il suo massimo spessore di 2 mm, nella balena invece 

ha un diametro di 35 cm. 

Dinamica della circolazione 

Un gruppo di globuli rossi al tempo zero sono nel ventricolo sinistro. Dopo un secondo hanno sor‐

passato  le valvole aortiche e si trovano nell’aorta. Compiono quindi  il viaggio nell’aorta, arrivano 

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all’arteria  iliaca, prendono  la  femorale e poi  finiscono ad  irrorare  la capsula articolare del ginoc‐

chio. 

Ciò che spinge questi globuli rossi così  lontano è  il cuore, che è  l’organo propulsore. È essenzial‐

mente un muscolo, perché  la parete,  in particolare quella del ventricolo sinistro è per  la maggior 

parte miocardica, quindi costituita da cellule muscolari striate cardiache.  

Per  il 98% è  il muscolo cardiaco che assicura  il movimento del cuore. Un altro motivo per cui  il 

sangue si sposta è che le arterie e le vene hanno una parete rivestita (come tonaca intermedia) di 

cellule muscolari  lisce. Queste cellule con  la  loro contrazione possono garantire  in piccola quota 

l’ulteriore movimento del sangue. Specialmente per le vene però questo può essere insufficiente, 

perché in questi vasi la pressione è bassa. Ciò che aiuta il sangue a progredire nelle vene, soprat‐

tutto in quelle vene che sono al di sotto del cuore e sul cui sangue grava una forza di gravità mag‐

giore che spinge verso il basso e non aiuta il ritorno venoso, è la contrazione dei muscoli scheletri‐

ci. Poiché le vene passano tra i vari muscoli e legamenti, questa contrazione “schiaccia” il sangue 

nelle vene. Questo perché  le vene sono dotate di valvole e quindi, quella quota di sangue che è 

stata portata più in alto, non può refluire in basso perché la valvola si chiude grazie al sangue che 

riempie le sue tasche, il sangue rimane intrappolato in un segmento più alto. Pian piano, in questo 

modo, il sangue ritorna al cuore. 

Il cuore non è sempre contratto, altrimenti non ci sarebbe movimento: si contrae, spinge il sangue 

e questo  implica  lo svuotamento della cavità ventricolare, a questo punto si rilassa,  la cavità au‐

menta di nuovo di dimensioni e  il sangue atriale rifluisce dentro  la cavità riempiendola. Il sangue 

fluisce nell’aorta  solo quando c’è  la contrazione, quindi  il  flusso è discontinuo. Però alle cellule 

non è sufficiente un flusso di sangue discontinuo, pertanto questo deve essere trasformato in un 

flusso continuo, laminare, ordinato e senza turbolenze. Questo avviene grazie alla presenza di ar‐

terie elastiche, che sono  le arterie prossimali che nascono dal cuore (ad esempio aorta, carotidi, 

iliache). La parete di queste arterie si slarga al passaggio della massa di sangue. In diastole, la forza 

immagazzinata  come  allargamento  delle  fibre  elastiche  viene  restituita  alla  massa  sanguigna, 

quindi il flusso del sangue diviene un po’ meno discontinuo.  

Tant’è vero che all’arteria radiale ancora si sente un polso discontinuo del (che sarebbe la fluttua‐

zione del sangue). Il flusso diviene inizialmente meno discontinuo e infine laminare, a livello delle 

arteriole: i globuli rossi vicini alla parete del vaso, all’endotelio, sono molto lenti, mentre il flusso è 

più rapido al centro del vaso; dove è presente più attrito  il flusso rallenta, dove ce n’è di più au‐

menta in quanto il sangue è molto viscoso. La viscosità è un’importante proprietà del sangue che 

rende il lavoro del cuore molto impegnativo. 

Le forze che governano il flusso sanguigno sono essenzialmente due:  

la pressione idrostatica (il peso della massa liquida grava per forza di gravità) che è minima al 

cuoio capelluto e massima alla pianta dei piedi; 

la pressione idrodinamica, che è quella garantita dalla contrazione del cuore. 

C’è un bilanciamento tra queste due pressioni. 

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I 3/4 del volume del sangue, in posizione ortostatica (in piedi, diversa dalla clinostatica che rappre‐

senta la posizione sdraiata), si trova nelle vene, in particolare in quelle che hanno calibro inferiore 

ad 1 mm. Tutta questa massa di sangue deve poter tornare al cuore per garantire la circolazione, 

pertanto è importante che le vene siano dotate di muscolatura liscia, ma molte delle vene declivi si 

trovano vicino a fasci muscolari che schiacciano la parete delle vene e quindi assicurano una pro‐

gressione del sangue, favorita anche dalla presenza delle valvole. Le valvole sono simili a delle por‐

te che si aprono solo in una direzione. 

 

Anastomosi 

Molto spesso nel sistema vascolare ci sono delle anastomosi, cioè dei sistemi in cui due arterie vi‐

cine collaterali si  inosculano, cioè entrano una nell’altra e portano  il sangue da due punti diversi 

verso lo stesso tessuto. Questo è un meccanismo che garantisce l’apporto di sangue nel caso do‐

vesse ostruirsi o rallentare il flusso in una delle due arterie, in quanto c’è comunque l’altra che vi‐

caria la funzione che è andata perduta o ridotta. 

Esempio: l’arteria gastrica breve di destra si inoscula con l’arteria gastrica di sinistra ed entrambe 

irrorano la piccola curvatura dello stomaco. Questa è una anastomosi termino‐terminale. 

Nell’anastomosi trasversa  invece  il singolo vaso va al  tessuto che deve  irrorare, ma ad un certo 

punto del suo decorso si trova un vaso che collega le due branche di ciascun lato. 

Esempio: nella circolazione dell’encefalo, l’arteria cerebrale anteriore di destra e quella di sinistra 

sono unite da un breve tratto anastomotico che si chiama arteria comunicante anteriore. Anche 

qui  lo  scopo è  garantire una  vascolarizzazione  sicura dell’organo, essendo  l’encefalo un organo 

nobile molto importante. L’encefalo possiede anche altre anastomosi, p.es. le arterie comunicanti 

posteriori.   

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Rapporti dei vasi sanguigni 

Questo è uno studio che dobbiamo  fare  individualmente  individuando  i rapporti dei vasi e osser‐

vandoli sull’atlante. 

In generale  le arterie sono più profonde delle vene.  In genere decorrono  insieme, un’arteria può 

avere una o due vene satelliti che la proteggono dagli insulti esterni (cute, sottocute, fasce, even‐

tuali muscoli, dalla superficie alla profondità dove si trovano i vasi). Le vene sono più superficiali, 

ossia più vicine al sottocute e quindi alla cute, pertanto più aggredibili. 

Vi sono alcune eccezioni, di alcune arterie che sono superficiali, sottocutanee: 

l’arteria temporale superficiale (a livello della tempia); 

l’arteria occipitale; 

l’arteria epigastrica. 

Le arterie, pulsando, se passano vicino ad un osso lasciano un’impronta. Questa è una cosa abba‐

stanza interessante e la si può notare bene sulla prima costa (art succlavia), con le arterie menin‐

gee che stanno al di sotto della calotta cranica. Queste arterie lasciano un’impronta scavandosi un 

letto dentro l’osso. La stessa cosa vale per l’aorta, specie per l’aorta slargata dell’anziano che lascia 

un’impronta su tutti i corpi vertebrali sui quali passa; questo potrebbe essere anche un segno ra‐

diologico, infatti, vedendo i corpi vertebrali di sinistra deformati un radiologo dovrebbe pensare ad 

un  grosso  aneurisma  dell’aorta  discendente.  Il  tessuto  osseo  quindi,  sentendo  la  pulsazione 

dell’arteria, vede un’attivazione degli osteoclasti, che contemporaneamente  inibiscono gli osteo‐

blasti, e si ha una leggera escavazione dell’osso. Proprio come le gocce di acqua che cadono su una 

roccia e la corrodono nel tempo scavandosi una fossetta. 

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Di solito  insieme all’arteria ci sono una o due vene satelliti che si chiamano così proprio perché 

viaggiano insieme all’arteria (ad esempio l’arteria vertebrale ha due vene vertebrali che decorrono 

nel canale formato dai fori trasversali delle vertebre). 

Il fascio vascolo nervoso si definisce come un’arteria, le sue vene satelliti ed eventualmente il ner‐

vo che viaggia  insieme ad esse, racchiusi  in una guaina fibrosa che  li protegge dai movimenti dei 

muscoli circostanti. E’ una struttura che si porta verso un organo per vascolarizzarlo o innervarlo; 

gli organi pieni possono avere un ilo, cioè una porta dell’organo, un punto dal quale entrano le ar‐

terie e i nervi effettori (informazioni motorie o eccitosecretrici) dell’organo ed escono vene e nervi 

che portano un’informazione sensitiva dall’organo (es. acidità dello stomaco, contenuto glucidico 

dell’ultimo pasto, ecc…) della quale non siamo coscienti. Le arterie e le vene decorrono accoppiate 

anche per il  meccanismo di risparmio di calore o di scambio di calore. E’ chiaro che il sangue delle 

arterie è più  caldo di quello delle  vene perché quello delle  arterie ha  viaggiato  solo  all’interno 

dell’organismo,  quello  delle  vene  ha  invece  irrorato  la  cute,  viaggiando  sulla  superficie 

dell’organismo e quindi si è raffreddato, non ha ceduto solo ossigeno e nutrienti, ma anche il calo‐

re, rendendo l’organo caldo cioè a 37°C, temperatura ideale per la cinetica delle reazioni enzimati‐

che del metabolismo. Se fa molto caldo le arterie cederanno molto più calore alle vene, così, cor‐

tocircuitando il sistema, si avrà molto meno caldo come sensazione complessiva. 

In una sezione trasversa di un fascio vascolo nervoso del collo è possibile vedere una guaina, per‐

ché il fascio si trova sotto il muscolo sternocleidomastoideo (la cui contrazione fa ruotare il capo). 

La più superficiale del fascio è la vena, in posizione mediale si trova l’arteria, posto interiormente 

si trova il nervo vago. Tutti e tre stanno insieme in una guaina fibrosa perché si trovano interposti 

tra i muscoli.   

 

Circolazione sanguigna  

L’aorta si divide in varie parti; una porzione ascendente fuoriesce direttamente dal ventricolo sini‐

stro si porta dapprima verso l’alto, in avanti, poi devia dopo pochi centimetri cambiando comple‐

tamente direzione e portandosi quindi indietro, in basso e a sinistra. Si crea una sorta di manico di 

ombrello, porzione chiamata arco aortico. Sulla  superficie convessa di questo arco  si  trovano  le 

emergenze di grossi vasi arteriosi che passeranno al collo per  l’irrorazione degli organi del collo, 

Trachea 

Esofago 

Disco intervertebrale 

Midollo spinale 

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ma  anche  degli  organi  del  cranio  (splan‐

cnocranio e neurocranio),  sia per  la  com‐

ponente ossea e muscolare, ma anche per 

il  contenuto  in organi.  In più  si dipartono 

anche  le coronarie, arterie nutritizie per  il 

cuore  stesso.  Quindi,  aorta  ascendente, 

arco aortico, aorta discendente che si por‐

ta sulla linea mediana un po’ spostata a si‐

nistra direttamente verso il basso. Dal me‐

diastino  superiore  a  quello  inferiore,  poi 

attraversa  il  diaframma  e  va  all’addome 

(sempre  poggiata  alle  vertebre).  La  parte 

discendente  al  di  sopra  del  diaframma  si 

chiama toracica, perché sta nella cavità to‐

racica, al di sotto del diaframma si chiama 

addominale perché si trova nella porzione 

addominale  (niente di più  facile!). Ovviamente  il calibro decresce perché già  sono  state emesse 

numerose collaterali. L’aorta nasce dal ventricolo sinistro e da origine a tanti rami che irrorano vari 

organi, gli scambi avvengono a  livello del  letto capillare, poi  il sangue  ritorna attraverso  le vene 

che si  inosculano, cioè convergono  l’una nell’altra, per  formare  le vene cave. Le vene cave sono 

due: superiore ed inferiore. Il sangue che ha vascolarizzato  il miocardio,  invece, non finisce nelle 

vene cave, il cuore, infatti, è l’unico organo che ha uno sbocco venoso diverso: il sangue deossige‐

nato viene riversato direttamente nell’atrio destro attraverso il seno coronarico.  

Il piccolo circolo nasce dal ventricolo destro come un tronco comune dell’arteria polmonare che si 

divide dopo un breve percorso di pochi centimetri in due rami attigui, emessi a 90°, uno va a de‐

stra al polmone destro,  l’atro a  sinistra al polmone  sinistro.  Il  sangue ossigenatosi nel polmone 

viene raccolto da vene polmonari. Queste vene tornano all’atrio sinistro; il sangue ossigenato, ros‐

so, torna a sinistra tramite quattro vene (due dal polmone di destra, due dal polmone di sinistra). 

Per questo non è corretto dire che il sangue arterioso è sempre il sangue ossigenato e quello ve‐

noso  deossigenato,  poichè  nel  piccolo  circolo,  infatti,  la  situazione  è  esattamente  opposta. 

L’omologia vale solo nella circolazione sistemica. 

L’inspirazione, cioè  l’ingresso di aria nei polmoni,  in 

prossimità degli alveoli polmonari, serve per genera‐

re  un  gradiente  positivo  di  ossigeno,  che  ne 

tirà il passaggio nei globuli rossi; l’aria diventerà po‐

vera  di  ossigeno  e  verrà  espirata  per  poi  essere 

reimmessa. Quindi,  l’apparato  respiratorio e quello 

cardiovascolare  sono  strettamente  connessi  per 

questa funzione, ma anche per altre. Per respirazio‐

ne polmonare si intende proprio questo passaggio di 

gas. I gas sono due: l’anidride carbonica e l’ossigeno 

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e viaggiano  in direzione opposta. Gli alveoli polmonari, sacchetti pieni d’aria, hanno una parete 

sottilissima e all’esterno sono circondati da capillari sanguiferi pieni di globuli rossi che si devono 

arricchire di ossigeno e rilasciare l’anidride carbonica.  

CLASSIFICAZIONE DEI VASI  

I vasi di  scambio  sono essenzialmente quelli a parete  sottile e  sono  i capillari e  le venule post‐

capillari. Si  intende ovviamente uno scambio di  fluidi; sono  trattenute all’interno della parete  le 

cellule, ma possono fuoriuscire i liquidi con i gas disciolti e con le sostanze nutritive, milioni di vol‐

te più piccole della cellula. All’interno di arteriole pre‐capillari non passano fluidi, ma può passare 

l’ossigeno (almeno nel loro ultimo tratto, vicino al capillare). A livello di queste sezioni dell’albero 

vascolare si hanno gli scambi respiratori (le arteriole pre‐capillari sono quelle che direttamente poi 

rilasciano il sangue nel letto capillare, le venule post‐capillari, invece, lo recuperano). La porzione 

che è maggiormente responsabile degli scambi è proprio quella delle venule post‐capillari. Non si 

parla più di scambi di gas, che sono già avvenuti a livello dei capillari nel corso di centinaia di µm 

della  loro  lunghezza, ma scambi di  liquidi, che devono esser richiamati nelle venule, nel  lume del 

letto vascolare, altrimenti si accumulano formando un’imbibizione che prende  il nome di edema. 

Le venule post‐capillari sono anche il settore dove sono più facili i transiti delle cellule del sangue (i 

neutrofili, i monociti, ecc..) e dove ritroviamo maggiormente i siti di infiammazione. 

Ci sono vari tipi di capillari a seconda di come è costituita la loro parete. Ci sono capillari fenestrati 

e continui e sono esattamente l’uno il contrario dell’altro. Nei primi ci sono scambi facili grazie alla 

presenza di finestre, in quelli continui gli scambi avvengono comunque, ma sono più difficili. Poi ci 

sono  i sinusoidi, capillari con  lume variabile e neanche  sottile  (30‐40 µm, quando  invece quello 

degli altri capillari è di 5‐7 µm, addirittura inferiore al diametro delle cellule che viaggiano nel san‐

gue che quindi, per passare attraverso questi capillari, devono deformarsi).  

Ci sono due tessuti privi di vasi sanguiferi: la cornea perché deve essere trasparente e consentire la 

visione, senza che l’immagine sia pulsante e la cartilagine ialina perché le articolazioni sono sotto‐

poste a carichi fortissimi durante i vari movimenti, pressioni che scaricandosi sulla parete del vaso 

lo porterebbero ad esser chiuso per  la maggior parte del  tempo, persino mentre si dorme,  ren‐

dendolo completamente inutile.  

Ci  sono varie classificazioni dei vasi,  seguiremo quella che  tiene conto della composizione della tonaca media, quella più importante, che può essere costituita principalmente da tessuto elastico (vaso elastico)o da tessuto muscolare (vaso muscolare). 

 C’è  un’altra  classificazione  interessante,  ma  meno  utile,  che  distingue  i  vasi  in:                     ‐vasi  di  conduzione,  portano  il  sangue  agli  organi (es.  aorta,  carotidi,  iliache)                                                                              ‐vasi di distribuzione, entrano nell’organo e  lo  irro‐rano(gastriche,  epatica,  lienale)                                                               ‐vasi  di  resistenza,  piccole  arterie  con  parete mu‐scolare  innervata  che  fanno  diminuire  il  calibro  a seconda  della  necessità  (una  piccola  variazione  di diametro  influisce molto sulla pressione e sulla ve‐

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locità di flusso)                                                                                                                                          

‐vasi di scambio, essenzialmente i capillari 

 ‐vasi di contenzione, venule e vene dell’addome e degli arti  inferiori, che contengono molto san‐gue 

Ci sono due sezioni esclusive del cuore, nettamente divise, perché cuore destro e cuore sinistro 

non hanno nessuna finestra di comunicazione (almeno dopo la nascita e almeno per il 91‐92% del‐

la popolazione). Atrio destro e atrio sinistro sono separati da un setto interatriale e ventricolo de‐

stro e sinistro sono separati da un setto  interventricolare, mentre ogni atrio comunica con  il suo 

ventricolo. 

Una o due arterie portano  il sangue dentro  l’organo, poi c’è una  rete capillare dentro  l’organo, 

strettamente a contatto con le cellule del tessuto e dove vengono rilasciate le sostanze nutritive e 

poi ci sono le vene che drenano il sangue dai tessuti. Questo è lo schema generale che si ritrova in 

quasi tutti gli organi. 

Ci sono due eccezioni a questa regola: il glomerulo renale che filtra il sangue e lo impoverisce solo 

di liquidi, non di ossigeno. L’arteria che porta il sangue al glomerulo è un’ arteriola afferente, ma 

quella che fuoriesce non è una vena, ma un’arteriola efferente, perché il sangue è ancora ossige‐

nato e ad alta pressione. In questo caso, c’è una rete di capillari interposta tra due arteriole, non 

tra un’arteriola e una venula post‐capillare. La funzione del glomerulo,  infatti, è solo quella di fil‐

trare il sangue formando la preurina, viene perso meno del 6% di ossigeno durante questo proces‐

so. Un’altra eccezione è quella del fegato, con il circolo portale. C’è nel fegato una doppia circola‐

zione. Mediante l’arteria epatica (ramo secondario dell’aorta) arriva al fegato sangue ricco di ossi‐

geno, ma molto più sangue,  in termini di volume, arriva da un altro vaso che però è una vena, la 

vena porta. Questa vena raccoglie sangue refluo da altri organi (stomaco, milza, colecisti, pancre‐

as,  intestino  tenue e  la maggior parte dell’intestino crasso) che non arriva direttamente all’atrio 

destro, ma deve passare prima per il circolo portale, dal fegato con una seconda rete capillare (si‐

nusoidi epatici). Dai rami  intraepatici della vena porta deriva una specifica rete di sinusoidi nella 

quale scorre sangue misto che deriva sia dall’arteria epatica sia dalla vena porta. Quindi sangue 

ossigenato  e  sangue deossigenato  si mischiano per  vascolarizzare  le  cellule dei  lobuli epatici,  il 

sangue refluo dai sinusoidi è poi condotto in vene epatiche che solitamente in numero di tre ver‐

sano il sangue nell’adiacente vena cava inferiore. Questo comportamento costituisce una eccezio‐

ne perchè la rete di capillari è interposta tra due vene: la vena porta e la vena cava inferiore. Que‐

sto circolo epatico si chiama circolo portale (dalla vena porta). Questo circolo ha dato il nome ad 

un altro circolo portale che è quello che irrora l’adenoipofisi. Ci sono delle vene che stanno intorno 

all’ipotalamo che si portano  in basso,  lungo  il peduncolo  ipofisario, verso  la ghiandola endocrina 

adenoipofisi. Quel sangue, povero di ossigeno, ma ricco di neuromediatori ormonali, si versa nei 

capillari dell’adenoipofisi. 

Parete dei vasi sanguiferi 

Dall’interno  del  vaso,  cioè  dal  lume  bagnato  dal 

sangue,  verso  l’esterno,  si  distinguono  tre  strati: 

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tonaca intima, tonaca media (la più spessa) e tonaca avventizia (la più esterna). Le arterie hanno 

uno spessore di parete che cambia e che decresce dalle arterie di grosso calibro a quelle di piccolo 

calibro.  

Le vene hanno parete relativamente più sottile delle arterie, e non hanno quasi mai una compo‐

nente contrattile nella tonaca media. 

La tonaca intima presenta cellule epiteliali pavimentose semplici: l’endotelio (spesso 2 µm in corri‐

spondenza della porzione che contiene nucleo e organelli e più sottile, circa 0,2 µm nelle altre zo‐

ne). 

Se l’endotelio si rompe scatta immediatamente la coagulazione. Le piastrine iniziano a fermarsi in 

corrispondenza del tratto discontinuo di endotelio e così si forma il trombo (come in tutte le altre 

malattie che presentano trombosi). 

L’endotelio regola  la diffusione: grazie alla presenza dei diaframmi nell’endotelio fenestrato pas‐

sano facilmente molecole e sostanze aldisotto di certe dimensioni, compatibili con quelle del poro 

del diaframma. Se l’endotelio è invece continuo, il sistema di diffusione si affida alle caveole: lembi 

di citoplasma  inglobano  i  fluidi esterni che si trovano nel  lume del vaso e poi vengono rilasciate 

dalla parte opposta,  il versante abluminale, vicino alla membrana basale. Quindi passaggi  tra  le 

cellule o attraverso le cellule. 

Le  cellule  endoteliali  possono  migrare:  nell’arco  di  pochi  minuti,  se  una  cellula  viene  meno, 

un’altra si mobilita per coprire il suo posto. Queste situazioni possono verificarsi, si dicono angio‐

genesi. 

Tra cellule endoteliali sono presenti diverse giunzioni: occludenti  (tipiche dei capillari continui) e 

aderenti. Le giunzioni sono tutte reversibili e soggette a retrazione  immediata (in pochi decimi di 

secondo). 

L’endotelio è anche la sede dove viene prodotto il gas Nitrossido (NO), che poi trova il suo recetto‐

re  sulle cellule muscolari  lisce della  tonaca media o  intima dei vasi e  spinge al  rilassamento dei 

complessi actomiosinici della cellula muscolare liscia. L’endotelio è infatti anche sede di meccano‐

cettori, che secondo  stimoli pressori  (di  stiramento  transmurale) determinano  il  rilascio del NO, 

portando ad un rilassamento della muscolatura liscia del vaso e quindi ad una diminuzione di pres‐

sione. Le cellule endoteliali producono anche un’altra molecola: il b‐FGF (basic Fibroblastic Growth 

Factor) che permette alle cellule del vaso di riprodursi, garantendo  la possibilità di vascolarizzare 

tessuti e zone dell’organismo che, emettendo specifiche sostanze, segnalano una carenza di O2 e 

nutrienti. L’endotelio di un vaso può quindi essere genitore di un altro vaso che prenda la direzio‐

ne necessaria a salvare il tessuto in sofferenza. Questo è il meccanismo anche di crescita dei tumo‐

ri e delle metastasi ed è chiamato neoangiogenesi. 

L’endotelio sintetizza anche le proteine della membrana basale (collagene IV, fibronectina, lamini‐

na, elastina, ecc…) 

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Il glicocalice dell’endotelio presenta delle cariche negative, fondamentali per  impedire  l’adesione 

delle cellule circolanti nel sangue. Per questo quando c’è la rottura dell’endotelio e conseguente‐

mente anche quella del glicocalice abbiamo adesione di piastrine,  le quali presentano  le proprie 

cariche negative che aderiscono alle cariche 

positive  della membrana  basale/interstizio 

subendoteliale. 

Nel  citoplasma  delle  cellule  endoteliali  si 

trovano anche delle  vescicolette  con  corpi 

elettrondensi accoppiati,  i corpi di Weibel‐

Palade:    accumuli  cristallizzati,  dalla  fissa‐

zione del tessuto, che presentano  il fattore 

vW (von Willebrand o fattore VIII) un fatto‐

re protrombotico, che vengono quindi rilasciati quando il vaso è lesionato. 

Ci sono delle eccezioni alla regola che vuole che l’endotelio sia un epitelio pavimentoso semplice, 

stiamo parlando dell’endotelio alto delle venule di alcuni organi linfoidi (HEV); possono essere cu‐

biche o cilindriche, solo in determinate zone dei linfonodi che devono essere attraversare da linfo‐

citi maturi. 

Le cellule che abbracciano  il vaso voluttuosamente si chiamano cellule muscolari  lisce, sono cir‐

conferenzialmente poste intorno al vaso e la loro contrazione ovviamente costringe il vaso facen‐

do aumentare  la pressione. Hanno un controllo attivo per via paracrina o endocrina ad esempio 

l’endotelina o  la vasopressina sono molecole che hanno  il corrispondente  recettore sulle cellule 

muscolari lisce facendole contrarre. Ma queste cellule muscolari sono anche innervate dal sistema 

ortosimpatico e parasimpatico;  il primo  innalza e  il secondo abbassa  la pressione (alla stessa ma‐

niera agiscono sul cuore). Le cellule muscolari lisce producono le molecole della membrana basale, 

ma anche l’elastina e possono formare, in attesa del definitivo strato di endotelio, una tonaca neo‐

intima, in cui si interpongono cellule muscolari lisce tra l’endotelio lesionato. Possono accumulare 

acidi grassi non esterificati  (NEFFA) e man mano che si dispongono sull’endotelio si  formano dei 

cuscinetti che si collegano alle fibre collagene e vanno a restringere il lume del vaso. Le cellule mu‐

scolari lisce possono disporsi longitudinalmente (come nella tonaca intima e nell’avventizia) o cir‐

colarmente  (come nella media), spesso si dispongono anche elicoidalmente. Le cellule muscolari 

lisce servono a creare delle vie preferenziali per il sangue, garantendo l’irrorazione dell’intero or‐

ganismo, anche se di massa cospicua. Accade che  il sangue viene  indirizzato alternativamente ad 

un organo e poi ad un altro. Non  tutti gli organi sopportano questa  ischemia  relativa; gli organi 

nobili (es.cervello) non tollerano queste dinamiche intermittenti. Il meccanismo prevede la chiusu‐

ra degli sfinteri che escludono un letto capillare a valle dall’irrorazione sanguigna e ne favoriscono 

uno che invece era stato ischemico precedentemente. A tal proposito esistono anche degli shunt, 

cioè  delle  deviazioni,  e  dei  cuscinetti  endotelio‐muscolari,  dei  rigonfiamenti  dell’endotelio,  che 

possono far diminuire il flusso anche notevolmente, ma mai occludere completamente il vaso. 

 I grossi vasi presentano dei nervi anche all’interno dell’avventizia e anche gli stessi capillari sono 

innervati (ma non si sa ancora bene quale funzione abbiano). I vasi sanguiferi possono anche favo‐

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rire l’innervazione di un tessuto, cioè il nervo si adagia al vaso sanguifero per giungere all’organo o 

al tessuto sfruttando la medesima via, la stessa impalcatura collagenica periavventiziale.