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DISPENSA LA POLITICA REGIONALE EUROPEA1
Sommario
I. Introduzione
II. Alcune date fondamentali
III. Perché?
IV. Come?
V. Quali tappe?
VI. Per fare cosa?
VII. Quali risultati?
VIII. E domani?
1 Dispensa elaborata sulla base delle informazioni e dei dati ufficiali forniti dall’Unione Europea con riferimento alla tematica della politica regionale europea (http://europa.eu.int/comm/regional_policy/index_it.htm)
I. Introduzione
La politica regionale si ispira ad un principio di solidarietà. In quest’ottica, oltre
un terzo del bilancio dell’Unione europea è destinato a ridurre le disparità di
sviluppo fra le regioni e i divari economici fra i cittadini. Attraverso questa politica
l’Unione intende contribuire a riassorbire il ritardo delle regioni più svantaggiate,
nonché a favorire la riconversione delle zone industriali in crisi, la diversificazione
economica delle campagne penalizzate dal declino delle attività agricole e la
riqualificazione dei quartieri cittadini in stato di abbandono e degrado. Tali
interventi mirano principalmente a creare occupazione. In sintesi, si tratta di
rafforzare la «coesione» economica, sociale e territoriale dell’Unione.
II. Alcune date fondamentali
1957
Gli Stati firmatari del trattato di Roma fanno riferimento, nel preambolo,
all’esigenza «di rafforzare l’unità delle loro economie e di garantirne lo sviluppo
armonioso riducendo il divario fra le diverse regioni e il ritardo di quelle più
svantaggiate».
1958
Vengono istituiti due fondi settoriali: il Fondo sociale europeo (FSE) e il Fondo
europeo agricolo di orientamento e di garanzia (FEAOG).
1975
Nasce il Fondo europeo per lo sviluppo regionale (FESR), con lo scopo di
ridistribuire alle regioni povere una parte dei contributi degli Stati membri.
1986
L’Atto Unico europeo getta le basi di un’effettiva politica di coesione destinata a
controbilanciare i vincoli del mercato unico nei paesi del sud dell’Europa e nelle
altre regioni meno prospere.
1989-1993
Il Consiglio europeo di Bruxelles (febbraio 1988) modifica il meccanismo dei fondi
di solidarietà, denominati «fondi strutturali», dotandoli di un bilancio di 68
miliardi di ECU (prezzi del 1997).
1992
Nel trattato che istituisce l’Unione europea, entrato in vigore nel 1993, la coesione
figura tra gli obiettivi fondamentali dell’UE, accanto all’Unione economica e
monetaria e al mercato unico. Viene creato il Fondo di coesione a sostegno dei
progetti per l’ambiente e i trasporti negli Stati membri più poveri.
1994-1999
Il Consiglio europeo di Edimburgo (dicembre 1992) decide di destinare alla
politica di coesione circa 200 miliardi di ECU (prezzi del 1997), ossia un terzo del
bilancio comunitario. I fondi strutturali sono integrati da un nuovo Strumento
finanziario di orientamento della pesca (SFOP). Il Consiglio europeo di Berlino
(marzo 1999) riforma i fondi strutturali e modifica in parte il meccanismo di
funzionamento del Fondo di coesione. Questi fondi fruiranno di oltre 30 miliardi
di euro l’anno, per un totale di 213 miliardi di euro, nell’arco di sette anni (2000-
2006). Lo Strumento per le politiche strutturali di pre-adesione (ISPA) e il
Programma speciale di adesione per l’agricoltura e lo sviluppo rurale (Sapard)
completano il programma Phare, operativo dal 1989, per lo sviluppo economico e
sociale e la tutela dell’ambiente nei paesi candidati dell’Europa centrale e
orientale.
2000-2001
Il Consiglio europeo di Lisbona (marzo 2000) adotta una strategia focalizzata
sull’occupazione che mira a fare dell’Unione «l’economia basata sulla conoscenza
più competitiva e dinamica al mondo entro il 2010». Il Consiglio di Göteborg
(giugno 2001) integra questa strategia articolandola con lo sviluppo sostenibile.
2002
In occasione del Consiglio europeo di Copenaghen (dicembre 2002) viene
raggiunto un accordo sulle condizioni di adesione di dieci nuovi Stati membri
dell’Unione.
2004
Il 18 febbraio, la Commissione europea presenta le sue proposte di riforma della
politica di coesione per il periodo 2007-2013: « Un nuovo partenariato per la
coesione: convergenza, competitività, cooperazione». Il 1o maggio entrano a far
parte dell’Unione europea la Repubblica ceca, Cipro, l’Estonia, la Lettonia, la
Lituania, Malta, la Polonia, la Repubblica Slovacca, la Slovenia e l’Ungheria.
III. Perché?
L’Unione europea è una delle aree economiche più ricche del mondo. Dal 1°
maggio 2004, data di ingresso di dieci nuovi paesi, essa può vantare un mercato
interno e un potenziale umano di oltre 450 milioni di cittadini. Tuttavia, il suo
dinamismo è frenato complessivamente dall’esistenza di disparità economiche e
sociali sia fra gli Stati membri, sia fra le regioni. L’Europa a Venticinque, con le
sue 254 regioni, registra disparità due volte maggiori rispetto all’Europa dei
Quindici.
Disparità L’obiettivo n. 1 dei fondi strutturali (recupero economico delle regioni più
svantaggiate) riguarda la quasi totalità dei territori dei nuovi Stati, nonché il 98 %
circa della popolazione, due terzi della quale vivono in regioni con un PIL pro
capite inferiore al 50 % della media dei Venticinque. Dal punto di vista
occupazionale, i tassi di disoccupazione (dati del 2002) variano notevolmente
all’interno dei Venticinque: 2 % nel Tirolo (Austria), 3,3 % a Cipro, 29 % nell’isola
francese della Riunione, 26,3 % nella regione di Lubsko (Polonia). Escludendo le
zone più svantaggiate, molte regioni e città si trovano in una situazione
intermedia, con zone caratterizzate da gravi difficoltà a livello economico e sociale.
In sintesi, di fronte alle sfi de della globalizzazione, gli europei non possiedono le
stesse opportunità, poiché queste dipendono dal luogo in cui essi vivono: regioni
ricche o in ritardo di sviluppo, zone dinamiche o in crisi, centri urbani o
campagne, zone periferiche e isolate o poli economici centrali dell’Unione.
Solidarietà
L’occupazione, la formazione, la competitività delle imprese o gli investimenti in
infrastrutture, società dell’informazione, ricerca e qualità ambientale sono di
competenza delle autorità e degli attori economici dei singoli Stati membri e
regioni. Ma non solo.
Il principio di solidarietà europea fi gura già nel preambolo del trattato
sull’Unione europea. Quest’ultimo precisa che l’azione della Comunità è mirata a
rafforzare la coesione economica e sociale e, in particolare, a ridurre i divari
esistenti fra i livelli di sviluppo delle diverse regioni. Per tale motivo, gli Stati
membri sono attori di una politica regionale europea cofinanziata da fondi
europei, ossia i fondi strutturali e il Fondo di coesione, che danno concretezza
alla solidarietà comunitaria.
IV. Come?
Oltre un terzo del bilancio dell’Unione è destinato allo sviluppo regionale e alla
coesione economica e sociale e viene erogato nell’ambito di vari fondi europei.
Le risorse disponibili
Nel periodo 2000-2006 l’Unione dei Quindici fruirà di una dotazione complessiva
di 213 miliardi di euro a titolo degli strumenti strutturali. Inoltre, nel quadro
dell’adeguamento delle prospettive finanziarie dell’Unione europea, a questo
importo si aggiungeranno un contributo di 22 miliardi di euro previsto nell’ambito
degli aiuti di pre-adesione, nonché 22 miliardi di euro a carico degli interventi
strutturali a favore dei nuovi Stati membri per il periodo 2004-2006. Questa
dotazione complessiva di circa 257 miliardi di euro rappresenta
approssimativamente il 37 % del bilancio comunitario previsto sino al 2006. La
maggior parte di queste risorse viene concessa nel quadro dei programmi
pluriennali di sviluppo, gestiti congiuntamente dai servizi della Commissione,
dagli Stati membri e dalle regioni. Gli aiuti europei non sostituiscono quelli
nazionali ma li integrano.
I fondi strutturali
Esistono quattro fondi strutturali, ciascuno dei quali incentrato su uno specifico
settore di intervento. Il Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) finanzia le
infrastrutture, gli investimenti produttivi che creano occupazione, i progetti di
sviluppo locale e gli interventi a favore delle piccole e medie imprese. Il Fondo
sociale europeo (FSE) favorisce l’inserimento professionale dei disoccupati e delle
categorie svantaggiate, in particolare sostenendo azioni di formazione e sistemi di
sostegno all’assunzione. Lo Strumento fi nanziario di orientamento della pesca
(SFOP) ha come obiettivo l’ammodernamento degli impianti del settore. La sezione
orientamento del Fondo europeo agricolo di orientamento e di garanzia (FEAOG-
orientamento) finanzia misure di sviluppo in ambito rurale e fornisce aiuti agli
agricoltori, soprattutto nelle regioni arretrate. Accanto ai fondi strutturali esistono
altri Strumenti finanziari, tra cui il Fondo di coesione.
Gli obiettivi prioritari
Per potenziare l’impatto e ottimizzare i risultati, nel periodo 2000-2006 il 94 % dei
fondi strutturali sarà concentrato su tre obiettivi:
obiettivo n. 1: promuovere il recupero delle regioni arretrate;
obiettivo n. 2: sostenere la riconversione economica e sociale delle zone che
presentano difficoltà strutturali, siano esse industriali, rurali, urbane o
dipendenti dal settore della pesca;
obiettivo n. 3: ammodernare i sistemi di formazione e promuovere l’occupazione.
Questo obiettivo interessa l’intero territorio dell’Unione europea, ad eccezione
delle regioni che rientrano nell’obiettivo n. 1, nelle quali questo tipo di misure è
già contemplato nei programmi di recupero territoriale.
Le iniziative comunitarie e le azioni innovative
L’Unione europea ha predisposto quattro iniziative comunitarie al fine di
individuare soluzioni a problemi comuni riscontrabili in molti o in tutti gli Stati
membri e le regioni dell’Unione. Interreg III sostiene la cooperazione
transfrontaliera, interregionale e transnazionale; URBAN II promuove strategie
innovative nelle città e nei quartieri urbani; Leader + finanzia azioni di sviluppo
rurale; EQUAL mira a combattere la discriminazione sul mercato del lavoro. Le
iniziative comunitarie assorbono il 5,35 % della dotazione complessiva dei fondi
strutturali. È inoltre previsto un finanziamento destinato ai programmi di azioni
innovative, veri e propri laboratori di idee per le regioni svantaggiate.
Il Fondo di coesione
Il Fondo di coesione è un fondo speciale destinato ad aiutare gli Stati membri
meno ricchi: i dieci nuovi Stati membri, nonché la Grecia, il Portogallo, la Spagna
e, fi no alla fi ne del 2003, l’Irlanda. Sono ammissibili al Fondo i paesi con un
prodotto nazionale lordo (PNL) inferiore al 90 % della media dell’Unione. Il Fondo
di coesione interviene sull’intero territorio nazionale non già per cofinanziare
programmi, ma grandi progetti nei settori dell’ambiente e delle reti transeuropee
di trasporto, onde evitare che il costo di tali opere sia di intralcio agli sforzi
finanziari compiuti da questi paesi per soddisfare i requisiti dell’unione
economica e monetaria. Il Fondo di coesione aiuta inoltre i paesi beneficiari ad
adeguarsi alla normativa europea in questi settori. Per il periodo 2004-2006, un
terzo della dotazione del Fondo di coesione è riservato ai nuovi Stati membri.
Gli aiuti di pre-adesione
Per la prima volta nella storia del suo progressivo processo di allargamento,
l’Unione europea ha previsto aiuti di pre-adesione per i dieci paesi dell’Europa
centrale e orientale (PECO), otto dei quali sono diventati membri nel 2004
(Repubblica ceca, Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia, Repubblica Slovacca,
Slovenia e Ungheria). Oggi, questi aiuti continuano ad essere attuati in Bulgaria e
Romania.
Il bilancio dei fondi strutturali e le regole fondamentali
1. Il bilancio dei fondi strutturali e le regole fondamentali per il loro impiego
vengono decisi dal Consiglio europeo, ossia da tutti gli Stati membri dell’Unione,
in base a una proposta della Commissione concertata con il Parlamento europeo.
I fondi strutturali sono ripartiti per paese e per obiettivo prioritario. Le zone che
possono beneficiarne vengono stabilite, d’intesa con i vari paesi, dalla
Commissione che propone orientamenti tematici comuni.
2. A seguito di tali decisioni, ogni Stato o regione elabora e sintetizza in un piano
le proprie proposte a favore di zone in difficoltà o di ceti deboli, tenendo conto
degli orientamenti tematici della Commissione. All’elaborazione di questo piano
partecipano le parti economiche e sociali, nonché altri enti riconosciuti.
3. Una volta definiti, i piani vengono presentati alla Commissione europea.
4. Ogni Stato ne discute quindi i contenuti con quest’ultima, definendo l’entità
delle risorse nazionali e comunitarie da destinare alla loro realizzazione.
5. Quando le parti hanno raggiunto un accordo complessivo, la Commissione
adotta i piani e i conseguenti programmi, versando agli Stati un anticipo per
consentire l’avvio dei programmi.
6. I dettagli dei programmi (denominati «complementi di programmazione») sono
decisi in modo autonomo dalle autorità nazionali o regionali. Questi documenti
non vengono negoziati con la Commissione, che ne viene comunque informata.
Essi consentono alle rispettive autorità di dare avvio
ai progetti in base a modalità proprie (bandi di gara per la presentazione di
progetti, la costruzione di infrastrutture ecc.). A questo punto inizia la fase
operativa.
7. L’autorità preposta alla gestione di un programma seleziona i progetti più
consoni in funzione delle finalità di quest’ultimo e informa i candidati della
propria scelta.
8. Le organizzazioni prescelte possono allora avviare il progetto, che deve essere
obbligatoriamente ultimato entro il termine definito nel programma, poiché la
cadenza degli aiuti europei è fissata sin dall’inizio.
9. Le autorità di gestione, assistite dal comitato di sorveglianza, nell’ambito del
quale sono rappresentati i vari partner (operatori economici, sociali e ambientali),
seguono regolarmente lo stato di avanzamento dei programmi. Le stesse autorità
ne informano la Commissione europea, fornendo la prova (attraverso la
certificazione delle spese) che il denaro è stato utilizzato nel migliore dei modi.
La Commissione verifica i sistemi di controllo messi in atto e versa man mano i
contributi previsti. Essa analizza l’andamento degli indicatori di sorveglianza e gli
studi di valutazione e promuove scambi tematici, comunicando inoltre alle
autorità responsabili dei programmi le nuove priorità comunitarie che possono
avere un’incidenza sullo sviluppo regionale.
I progetti del Fondo di coesione e dell’ISPA
Diversamente dai fondi strutturali, il Fondo di coesione e l’ISPA non partecipano
al fi nanziamento di programmi, bensì al fi nanziamento di progetti, o fasi di
progetti, ben definiti sin dall’inizio, che gli Stati presentano alla Commissione
affidandone poi la gestione alle autorità nazionali competenti, sotto la
supervisione di un comitato di sorveglianza.
V. Per fare cosa?
Ma in concreto, come vengono utilizzate le risorse che l’Unione europea e gli Stati
membri destinano allo sviluppo delle regioni? È possibile delineare un quadro
generale facendo riferimento al documento con cui la Commissione ha presentato
i propri orientamenti tematici comuni per il periodo 2000-2006. Alla luce di tali
linee guida, e di concerto con la Commissione, le autorità nazionali e regionali
definiscono le proprie priorità, selezionando una serie di progetti concreti. Questi
ultimi sono estremamente eterogenei e variano in funzione delle condizioni
economiche, sociali e territoriali di ogni regione, le quali determinano le forme di
intervento dei fondi strutturali. Gli orientamenti della Commissione sono
strutturati in base ai tre assi di intervento illustrati qui di seguito.
Accrescere la competitività regionale
L’intervento dei fondi strutturali tende ad accrescere la competitività delle regioni
fornendo un sostegno alle imprese affinché sviluppino le loro attività, creino
occupazione e incrementino la produttività.
Aumentare e migliorare l’occupazione
La creazione di posti di lavoro è diventata la principale preoccupazione dal punto
di vista sociale. Per tale motivo l’Unione europea ha predisposto una strategia
europea per l’occupazione, al fine di condurre in questo ambito un’azione
concertata su tutto il territorio europeo.
Sviluppare in modo equilibrato le zone urbane e rurali
Garantire la complementarità e l’equilibrio fra zone urbane e rurali, tenendo
conto delle problematiche specifiche di queste diverse realtà, è uno dei requisiti
principali per la coesione del territorio europeo.
VI. Quali risultati?
Le recenti relazioni sulla coesione economica e sociale dell’Europa dei Quindici e
vari studi condotti sull’argomento hanno confermato una notevole riduzione dei
divari fra le regioni e, in misura maggiore, fra gli Stati membri. Le analisi hanno
inoltre dimostrato come questa evoluzione sia stata ampiamente favorita da due
principali fattori: il processo di integrazione economica europea e l’azione dei
fondi strutturali e del Fondo di coesione
VII. E domani?
Nel periodo di programmazione 2007-2013, la politica regionale e di coesione
dell’Unione europea dovrà affrontare quattro sfide.
1. Necessità di una maggiore coesione nell’Unione allargata L’allargamento dell’Unione a 25 Stati membri, e successivamente a 27 o più
paesi, rappresenta una sfi da senza precedenti per la competitività e la coesione
interna dell’Unione. L’allargamento comporterà un ampliamento del divario nello
sviluppo economico, uno spostamento geografico del problema delle disparità
verso est e una situazione occupazionale più difficile: le disparità
socioeconomiche raddoppieranno e il PIL medio dell’Unione diminuirà del 12,5 %.
2. Rafforzamento delle priorità dell’Unione
Nel tentativo di migliorare i risultati economici dell’Unione, i Capi di Stato e di
governo dell’UE, riunitisi a Lisbona nel marzo 2000, hanno delineato una
strategia destinata a fare dell’Europa l’economia basata sulla conoscenza più
competitiva e dinamica del mondo entro il 2010. Il Consiglio di Nizza del dicembre
2000 ha tradotto gli obiettivi di Lisbona sulla riduzione della povertà in una
strategia di inclusione sociale coordinata a livello comunitario. Al Consiglio di
Göteborg del giugno 2001, la strategia di Lisbona è stata ampliata, dando nuovo
impulso alla protezione dell’ambiente e alla realizzazione di un modello di
sviluppo più sostenibile.
3. Migliore qualità per promuovere uno sviluppo più equilibrato e sostenibile
Il rafforzamento della competitività regionale attraverso un investimento mirato in
tutta l’Unione e l’offerta di opportunità economiche per aiutare le persone a
realizzare le loro capacità saranno quindi il puntello della crescita potenziale
dell’economia dell’Unione nel suo complesso a beneficio di tutti.
4. Un nuovo partenariato per la coesione
La riforma della politica di coesione dovrebbe anche rappresentare un’opportunità
per migliorare l’efficienza, la trasparenza e la responsabilità politica. Ciò richiede,
innanzi tutto e più che mai, la definizione di un approccio strategico che individui
le priorità della politica di coesione, assicuri il coordinamento con il sistema di
governo economico e sociale e preveda una revisione periodica e trasparente dei
progressi compiuti. Il corollario è rappresentato dalla necessità di rafforzare le
capacità istituzionali a tutti i livelli di governo nell’intera Unione, sulla base dei
principali punti di forza della politica di coesione.
Le priorità per il futuro: convergenza, competitività, cooperazione
Il 18 febbraio 2004, la Commissione europea ha adottato la terza relazione sulla
coesione economica e sociale intitolata «Un nuovo partenariato per la coesione
nell’Unione allargata: convergenza, competitività, cooperazione», nella quale
descrive la propria visione della politica di coesione per il periodo 2007-2013. In
base alla proposta di bilancio presentata dalla Commissione il 10 febbraio 2004,
oltre 336 miliardi di euro saranno destinati alla politica di coesione per il nuovo
periodo di programmazione, con le seguenti priorità:
• Convergenza: sostenere la crescita e la creazione di posti di lavoro negli
Stati membri e nelle regioni meno sviluppate
• Competitività regionale e occupazione: anticipare e stimolare il
cambiamento
• Cooperazione territoriale europea: promuovere uno sviluppo armonico ed
equilibrato del territorio dell’Unione
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