agenzia di tutela della salute della provincia di …...di distacco dei lavoratori nell’ambito...
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PREMESSA
Il 16 settembre 2014 è stato sottoscritto e successivamente rinnovato un protocollo d’intesa tra ASL di Bergamo (ora ATS),
Direzione Territoriale del Lavoro (ora ITL), INAIL Direzione Territoriale di Bergamo, Università degli Studi di Bergamo,
CPTA di Bergamo, Scuola Edile di Bergamo, Ordine Architetti Pianificatori Paesaggisti e Conservatori della Provincia di
Bergamo, Ordine Ingegneri della Provincia di Bergamo, Collegio dei Geometri e dei Geometri Laureati della Provincia di
Bergamo, Collegio dei Periti Industriali e Periti Industriali Laureati della Provincia di Bergamo.
Lo scopo del protocollo è di avviare e consolidare un rapporto di collaborazione finalizzato a promuovere e coordinare un
programma pluriennale di azioni comuni in tema di prevenzione e miglioramento delle condizioni di salute e sicurezza nel
settore dell’edilizia, mediante l’istituzione di un Tavolo di coordinamento multidisciplinare integrato.
Il presente documento contiene un approfondimento sul tema del lavoro all’estero in edilizia e una raccolta ed elaborazione
da parte dei componenti del Tavolo di coordinamento, rappresentativo della parti firmatarie del protocollo d’intesa, dei
quesiti più ricorrenti in materia.
Le risposte ai quesiti in esso riportate sono basate sull'esperienza dei componenti del Tavolo di coordinamento. Le
indicazioni interpretative fornite in ogni caso non potranno costituire giurisprudenza. Pareri ufficiali vanno richiesti
direttamente agli Enti che, in relazione alla natura del quesito, hanno competenza in materia.
Il presente documento è stato realizzato dai componenti del Tavolo di coordinamento sicurezza della Provincia di Bergamo
che hanno piena responsabilità delle opinioni espresse nella pubblicazione e si riservano ogni modifica ed integrazione
successiva. E’ consentita la riproduzione parziale o totale a scopo didattico o divulgativo, con citazione degli fonte. E’
vietato espressamente ogni uso improprio, in particolare la manomissione o l’alterazione di testi od immagini in esso
contenuti ed ogni utilizzo ad uso commerciale.
Pubblicato il 14 maggio 2018
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INDICE
INTRODUZIONE ____________________________________________________________ 4
LAVORARE ALL’ESTERO: UN’OPPORTUNITA’ DA COGLIERE, VINCENDO LA SFIDA
DELLA SICUREZZA __________________________________________________________________ 4
QUADRO D’INSIEME ________________________________________________________________________ 5
RISCHI ED IMPLICAZIONI DEL LAVORO ALL’ESTERO __________________________________________ 5
DOMANDE E RISPOSTE TEMATICHE ________________________________________________________ 20
LA VALUTAZIONE DEI RISCHI _______________________________________________________________ 20
LA FORMAZIONE ___________________________________________________________________________ 24
LE ATTREZZATURE _________________________________________________________________________ 27
LA SORVEGLIANZA SANITARIA _____________________________________________________________ 28
IL RUOLO DELL’RLS/T ______________________________________________________________________ 29
LAVORATORI IN DISTACCO ED ISCRIZIONI ALLA CASSA EDILE ________________________________ 30
LAVORO ALL’ESTERO ED ASSICURAZIONE INAIL _____________________________________________ 34
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INTRODUZIONE.
Lavorare all’estero: un’opportunità da cogliere, vincendo la sfida della sicurezza.
Nell’ultimo decennio di globalizzazione dei mercati è cresciuto anche in Italia il commercio estero. Secondo i dati
dell’Annuario Istat-Ice del 2017, l’Italia ha registrato una crescita del valore in euro delle merci esportate (+1,2%) e una
riduzione di quelle importate (-1,3%). Queste dinamiche hanno determinato un ampliamento dell’avanzo commerciale (9,7
miliardi in più rispetto al 2015) che ha raggiunto i 51,5 miliardi di euro, il surplus più elevato del decennio 2007-2016.
Tra le esportazioni è rilevante la crescita di quelle legate ai servizi, con un incremento del 2,8%.
Per quanto riguarda nello specifico il settore delle costruzioni, nel 2016 si è rilevato una crescita dell’attività svolta
all’estero del 17,8%, il valore più alto negli ultimi dieci anni. Il trend positivo è in atto dal 2004: dai 3 miliardi di fatturato
estero ottenuto in quell’anno dalle imprese italiane di costruzione si è giunti nel 2016 a superare quota 14 miliardi (+355%).
Nel 2015 i cantieri all’estero hanno portato ricavi per 10,99 miliardi di euro, +14,5% sul 2014, contro i +10,2%, +8,6% e
+11,1% dei tre anni precedenti. I risultati positivi sono accompagnati per la prima volta anche da una leggera crescita del
fatturato nel mercato nazionale, pari al +2,6%. Un dato che però non riduce la forbice che si è venuta a creare negli ultimi
anni: l’attività svolta all’estero dalle grandi imprese del settore è ormai nettamente preponderante, rappresentando circa
il 73% del fatturato totale.
In questi anni siamo passati da un’internazionalizzazione elitaria ad una diffusa che coinvolge anche le piccole e medie
imprese che hanno visto elevare esponenzialmente l’incidenza dell’estero sul loro fatturato: dall’8,3% del 2004 al 41,9% di
fine 2014.
Con l’incremento delle attività negli anni è cresciuto anche il numero dei dipendenti inviati in missione in altri Paesi: la
mobilità internazionale è un fenomeno consolidato in tutte le grandi aziende italiane.
Le imprese si sono progressivamente attrezzate per poter affrontare in modo adeguato le sfide dei nuovi mercati, ma sono
ancora numerosi i dubbi e le incertezze interpretative in merito agli adempimenti in materia prevenzionistica dei lavoratori
distaccati.
Per questo motivo il Tavolo Sicurezza della Provincia di Bergamo ha concentrato la propria attenzione sulle questioni in
materia di salute e sicurezza sul lavoro per le imprese che operano all’estero, cercando di offrire a coloro che si
confrontano con queste tematiche, come liberi professionisti o all’interno delle imprese, una panoramica legislativa
completa, degli spunti metodologici e operativi utili per affrontare al meglio il fenomeno e accrescere la cultura della
sicurezza sul lavoro. Ne trarranno giovamento in particolare le piccole imprese che vogliono confrontarsi con queste
opportunità di sviluppo e che si stanno creando il know-how interno necessario per garantire la piena rispondenza
normativa.
Questo vuol dire porre adeguata attenzione anche agli adempimenti delle imprese straniere che vengono a lavorare in
Italia, altra faccia dello stesso mercato globale in cui l’internazionalizzazione offre opportunità di sviluppo commerciale
che non devono andare a scapito della tutela dell’integrità psicofisica dei lavoratori.
La scelta di approfondire le tematiche relative al lavoro all’estero per il Tavolo Sicurezza della Provincia di Bergamo si
inserisce in questo contesto e vuole fornire uno strumento utile ai professionisti e alle imprese per raggiungere l’obiettivo
comune di garantire la salute e la sicurezza di tutti coloro che operano nel settore edile.
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Quadro d’insieme.
Rischi e implicazioni del lavoro all’estero
A cura della Prof.ssa Aggr. Elena Signorini – Università degli Studi di Bergamo, Dipartimento di Giurisprudenza
In questo saggio introduttivo vengono analizzati i principi normativi cui attenersi nella valutazione dei rischi legati ad
attività lavorative svolte all’estero, con particolare attenzione ai temi della safety e della security del personale che si trova
in missione in zone con un elevato rischio paese. La panoramica complessiva sul quadro normativo, frutto dell’analisi
integrata tra norme nazionali e direttive comunitarie, viene poi dettagliata in focus di approfondimento su singoli rischi e
sugli obblighi in capo alle figure coinvolte nel processo organizzativo, e in particolare al datore di lavoro. Rispetto ai
rischi legati ad attività criminosa di terzi (rischio attentati) il datore di lavoro deve quindi effettuare una valutazione che
non può ridursi all’analisi della situazione interna al luogo di lavoro, ma deve estendersi anche ai rischi esogeni. Il datore
di lavoro è infatti tenuto a considerare la possibilità (e la prevedibilità) di pericoli, criminali e non, frutto dei contesti nei
quali i propri lavoratori si trovano ad operare.
GIURISPRUDENZA, FONTI E RAPPORTI TRA FONTI
I confini di operatività della materia si pongono tra le previsioni contenute, da un lato, nel codice civile all’art. 2087 con
riguardo al quale la giurisprudenza è intervenuta a più riprese per parametrare la nozione di occasione di lavoro, e,
dall’altro, nel Testo Unico della sicurezza nei luoghi di lavoro ove dal combinato disposto degli artt. 2, lett. q), 15, comma
1, lett. a) e 28, comma 1, emerge l’ambito dei rischi valutabili.
Cassazione n. 9913 del 2016 ribadisce che per “occasione di lavoro” si debbano intendere tutte le condizioni
(socioeconomiche, ambientali...) in cui viene ad espletarsi l'attività lavorativa e nelle quali è implicito che il lavoratore
possa subire un danno, senza che questo debba provenire necessariamente dall'apparato produttivo o dipendere da soggetti
terzi, fatti o situazioni proprie del lavoratore: in quest'ultimo caso vi è però il limite del c.d. “rischio elettivo”, causato cioè
da una scelta volontaria e personale del lavoratore.
In quest’alveo si pone il quesito se i datori di lavoro sono tenuti a verificare ed ad occuparsi altresì dei rischi derivanti e
discendenti da eventuali condotte criminose poste in essere da terzi in contesti produttivi noti come zone pericolose per
l’incolumità delle persone che vi stanziano a qualsiasi titolo.
FOCUS: elenco fonti da cui trarre importanti informazioni
Direttive comunitarie/europee (tra cui la n. 89/391/CE in materia di salute e sicurezza, la n. 96/71/CE in materia
di distacco dei lavoratori nell’ambito delle prestazioni di servizio (60) e recentemente la n. 2014/67/CE relativa
all’applicazione della direttiva del 1996 recante la modifica del Reg. UE n. 1024/2012 relativo alla cooperazione
amministrativa attraverso il sistema di informazione del mercato interno, c.d. “regolamento IMI”);
- Reg. UE n. 593 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 17 giugno 2008 sulla legge applicabile alle
obbligazioni contrattuali, (c.d. “regolamento Roma I”);
- norme generali del diritto penale1;
1 Una particolare attenzione va posta a talune condotte poste in essere dalle parti.
In particolare va segnalato che, con riguardo ai reati di omicidio e lesioni colpose realizzati con violazione della normativa antinfortunistica di cui agli
artt. 589 e 590 c.p., è possibile (ex art. 6 c.p.) considerare commesso nel territorio italiano un evento infortunistico accaduto all’estero. Ciò avviene
allorquando il reato derivi causalmente da una azione od omissione tenuta in tutto o in parte nel territorio dello stato. Questo può conseguire ad una
valutazione dei rischi incompleta, o di una omessa o inadeguata formazione in materia di sicurezza, o nel caso di protocollo di sorveglianza sanitaria
incompleto o errato, o di omessa fornitura di idonei dispositivi di protezione individuale. Sul punto Cass. penale 17 ottobre 2014, n. 43480 in tema di
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- tutele inderogabili in materia di salute e sicurezza sul lavoro (D. Lgs. n. 81/2008).
- norme generali contenute nel codice civile;
- norme generali contenute nella Costituzione.
I RISCHI GLOBALI E LA VALUTAZIONE NEL LAVORO ALL’ESTERO: IL RISCHIO PAESE
Eventuale responsabilità del datore di lavoro
- per decesso o infortunio del prestatore in conseguenza di un’attività criminosa di terzi o di un attacco terroristico
sul posto di lavoro o, comunque, in occasione di lavoro2
Rischio geopolitico
- si ricade nell’ambito dell’applicazione dell’obbligo di tutela delle condizioni di lavoro e valutazione di tutti i rischi
per la salute e la sicurezza dei lavoratori di cui all’art. 2087 c.c. - nel contesto attuale vi è un ampliarsi della varietà dei rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori
3.
Infortuni lavorativi (rischi safety)
Infortuni estranei all’ambiente di lavoro in senso stretto (rischi security)
la gestione della sicurezza del lavoro è correlata a quella relativa all’incidenza di
specifici fattori di rischi di carattere geopolitico4
Cosa accade in caso di omessa valutazione del rischio geopolitico?
Tale comportamento può integrare il reato contravvenzionale di cui all’art. 28 del D.lgs. n.81 del 2008;
Responsabilità a cascata:
D.d.L
Dirigente e/o preposto possibile concorrente responsabilità del dirigente e/o del preposto ai fini della sicurezza
5
RSPP
responsabilità professionale, nell’ipotesi di erronea o mancata valutazione del rischio geopolitico dando vita ad una
corresponsabilità (quanto all’emersione di concrete condotte omissive) riguardanti eventuali reati di sangue6 di cui
sia vittima il lavoratore, con conseguenti risvolti anche in tema di risarcimento del danno7.
infortunio mortale e sequestro probatorio del mezzo: omicidio colposo commesso all'estero, in www.olympusuniurb.it ; L. Fantini la tutela della salute
e sicurezza nel lavoro all’estero, in www.puntosicuro.it 2 Sul tema dei rischi globali nella percezione delle imprese v. World Economic Forum, The Global Risks Report 2017, in
http://www3.weforum.org/docs/GRR17_Report_web.pdf; Schembari, Attentati terroristici tra sicurezza sul lavoro ed ordine pubblico: Tutela e
sicurezza del lavoro, 2016, 2. 3 F. Bacchini, Attività criminosa di terzi e attentati terroristici: valutazione e gestione dei rischi security, Lav. Giur 2016, il cui percorso logico è stato
ampliamente seguito e ripercorso in questo scritto sul tema, R. Nunin, Rischio geopolitico ed attività di ricerca: alcune osservazioni in materia di
valutazione, prevenzione e responsabilità, in DSL, 2016, 2, p. 56 con ampia bibliografia; M. Giovannone - F. Catalfamo, Rassegna ragionata di
giurisprudenza in materia di Danni cagionati al lavoratore dalla attività criminosa di terzi (cosiddetti rischi di security)”, in Rassegne del Bollettino
ADAPT, @ 2013 Labour Lawyers; U. Saccone, Governare il rischio. Un modello di security risk management, Ariccia (RM), 2014). 4 Morello, Alle origini della tutela degli infortuni sul lavoro, DSL, 2016.
5 Pascucci, La figura complessa del datore di lavoro per la sicurezza nelle università tra vecchio e nuovo diritto in DSL 2016, 1, p.3
6 A. Biassotti, Allerta terrorismo, nuova sfida per gli RSPP, 2015, in https://www.insic.it/Salute-e-sicurezza/Notizie/Su-AmbienteSicurezza-sul-
lavoro in cui l’A. evidenzia la necessità di predisporre sistemi preventivi formando e preparando preventivamente il personale riguardo le possibili
modalità di gestione di un eventuale attacco, ciò al fine di identificare la minaccia attivando le più idonee procedure di reazione.
7
Interpello 2016, n. 11 Ministero del lavoro
- l’obbligo di valutazione dei rischi da parte datoriale si estende anche “ai potenziali e peculiari rischi ambientali
legati alle caratteristiche del Paese in cui la prestazione lavorativa dovrà esser svolta quali, ad esempio i rischi
generici aggravati legati alla situazione geopolitica del paese (guerre civili, attentati …) ed alle condizioni
sanitarie del contesto geografico di riferimento non considerati astrattamente, ma che abbiano la ragionevole e concreta possibilità di manifestarsi in correlazione all’attività lavorativa svolta”.
- il rischio espositivo per un lavoratore ha assunto un’estensione tale che non trova soddisfazione nelle misure usuali
approntate dai datori di lavoro per soddisfare e tutelare l’integrità fisiopsichica dei dipendenti. L’impianto pensato
per preservare dai rischi derivanti da attività criminosa di terzi appare insufficiente a causa anche della maggior
frequenza oltre estensione di aree e settori produttivi scelti come scenari (economico – ambientali) per tali episodi
criminosi. Tutti i settori sono coinvolti, da quello bancario, a quello postale o dove vi sia trasporto, custodia e
maneggio di denaro, a comparti quale quello aeroportuale, stazioni, trasporto urbano ed extraurbano, settori
turistico alberghiero, dello spettacolo ma anche in settori quali quello edile, delle costruzioni, della fornitura idrica,
della raccolta di rifiuti urbani, del trasporto di merci pericolose. Nessun settore è immune.
L’eventuale scelta del datore di lavoro per un regime di sicurezza più restrittivo dovrà esser tale da garantire che le misure
adottate risultino pertinenti, obiettive, non discriminatorie e proporzionate al rischio preso in considerazione8 e inoltre che
non conducano a compressioni ingiustificate od eccessive del diritto alla privacy o dei diritti fondamentali dell’individuo.
Fronteggiare in modo efficace situazioni di pericolo o emergenza per la sicurezza dei lavoratori all’estero significa operare
in ambito internazionale a tutti i livelli, da quello normativo a quello più strettamente operativo.
In tale contesto l’impresa deve attuare tutte le regole cautelari suggerite dal rischio effettivo o potenziale cui il proprio
prestatore può esser sottoposto, senza limitarsi al semplice rispetto delle disposizioni vigenti.
L’impresa deve pertanto:
- ricercare ogni e qualsiasi principio, nominato (perché stigmatizzato in una norma) o innominato che sia, che
consenta di attuare quel rispetto dei valori fondamentali della dignità e salute del lavoratore
- tenere conto anche di quelle situazioni pericolose che, pur non appartenendo alle categorie tipiche dei rischi propri
aziendali, vi rientrano perché potenzialmente lesive dell’integrità psicofisica del lavoratore, pur discendendo
dall’ordine pubblico e dalla criminalità.
Il datore ai sensi dell’art. 2087 c.c. è tenuto a predisporre tutte le misure, mezzi ed accorgimenti tecnici idonei ad
scongiurare il verificarsi di eventi pregiudizievoli9 e non può prescindere pertanto dai rischi doverosamente valutabili.
DILEMMA:
SE il datore sia tenuto anche ad occuparsi di quei rischi che discendono da eventuali condotte criminose poste in essere
da terzi (es. attentanti terroristici) in contesti e settori produttivi e realtà notoriamente pericolose per l’incolumità fisica dei
soggetti coinvolti nell’attività lavorativa10
.
7 R. Nunin, Rischio geopolitico ed attività di ricerca: alcune osservazioni in materia di valutazione, prevenzione e responsabilità, in DSL, 2016, 2, p. 63;
sul comportamento omissivo del RSPP sebbene non in un caso analogo v. Corte di Cassazione, n. 11492 del 24/01/2013; Trib. Ravenna, cit.; 8 Tale precisazione nasce dalla previsione dell’art. 6 del Regolamento (CE) n. 300/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio dell’11 marzo 2008, che
istituisce norme comuni per la sicurezza dell’aviazione civile e che abroga il Regolamento (CE) n. 2320/2002 e stabilisce che gli Stati membri possano
introdurre misure di sicurezza più restrittive rispetto a quelle previste e fornite dalla normativa comunitaria e che ciò dovrà avvenire sulla base di una
corretta e precisa valutazione dei rischi e nel pieno rispetto del diritto comunitario.
9 P. Albi, Adempimento dell’obbligo di sicurezza e tutela della persona. Art. 2087 cc., in Il Codice Civile, Commentario, fondato da P. Schlesinger e
diretto da F. D. Busnelli, Milano, 2008. 10
F. Bacchini, Attività criminosa di terzi e attentati terroristici: valutazione e gestione dei cc.dd. rischi security, in Lav. Giur. 2016, n. 6, p. 546 ss. con
ampia bibliografia cui si rinvia; L. Celestino, Infortuni sul lavoro: responsabilità civile e penale, Milano, 1989, p. 119.
8
L’identificazione delle misure deve avvenire tra l’altro sulla base della particolarità del lavoro che ricomprende tutti quegli
elementi che connotano una determinata attività, in maniera diretta o indiretta, concorrendo a costituirne la specifica
pericolosità.
Questo estende l’angolo di visuale del datore di lavoro che dovrà attrezzarsi per identificare la reale natura dei rischi cui i
lavoratori possono incorrere elaborando risposte appropriate e non generiche.
Gli articoli 15 e 29 del D.lgs. n. 81 del 2008 confermano la lettura estensiva ed elastica della previsione ed invitano il DdL
ad operarsi per una programmazione della prevenzione portata “sino agli ultimi confini tracciati dalla particolarità del
lavoro, dall’esperienza e dalla tecnica”
La giurisprudenza (Cassazione n. 7405/2015) riguardo la responsabilità del datore di lavoro per dolo di terzi riconduce
l’obbligo prevenzionistico dell’attività criminosa di terzi all’eliminazione o al contenimento del rischio lavorativo, nei casi
in cui la prevedibilità del verificarsi di episodi di aggressione sia insita nella tipologia di attività esercitata ovvero nelle
plurime reiterazioni degli stessi in un determinato luogo e periodo di tempo. La pronunzia si inserisce nell’orientamento
costante di legittimità secondo cui:
- gli obblighi fissati ( art. 2087 c.c. ) a carico dell'imprenditore in tema di tutela delle condizioni di lavoro, non si
riferiscono soltanto alle attrezzature, ai macchinari e ai servizi che il datore di lavoro fornisce o deve fornire, ma si
estendono anche all'ambiente di lavoro, in relazione al quale le misure e le cautele da adottarsi devono prevenire sia
i rischi insiti in quell'ambiente sia i rischi derivanti dall'azione di fattori ad esso esterni e inerenti al luogo in cui tale
ambiente si trova.
Pertanto spetta allo stesso imprenditore valutare se l’attività della sua azienda presenti rischi extra-lavorativi di
fronte al cui prevedibile verificarsi insorga il suo obbligo di prevenzione11
12
.
Il datore deve quindi adoperarsi per scongiurare eventi quali l’aggressione criminale ad opera di terzi, che, sebbene non
direttamente legati al processo produttivo, in alcuni contesti caratterizzati da particolari condizioni ambientali e socio-
economiche, si manifestano con significativa frequenza di reiterazione in un determinato arco temporale o, comunque, con
concreta possibilità di accadimento13
.
MODALITÀ CONTRATTUALI E SORVEGLIANZA SANITARIA
Le modalità contrattuali con le quali un lavoratore è inviato presso un’altra sede di lavoro a svolgere le proprie mansioni
possono tradursi rispettivamente:
1. nel distacco estero con contratto estero: in questo caso il lavoratore rimane alle dirette dipendenze della società di
provenienza (home company). Questa situazione si verifica allorquando il dipendente è assegnato presso filiali estere della
Società di appartenenza o in distacco presso Società controllate;
2. nel distacco estero con aspettativa estera: in questa ipotesi il lavoratore viene assunto direttamente dalla Società estera
(normalmente una consociata) presso la quale è chiamato a prestare servizio in via esclusiva. Ove si ricorra in questa ipotesi
l’originario rapporto di lavoro è sospeso per tutta la durata dell’assegnazione attraverso un apposito accordo (aspettativa
estero) tra dipendente e Società di provenienza (Home Company).
11
Al riguardo le considerazioni di M.T. Spadafora, Prime considerazioni sull’attuazione delle direttive comunitarie in tema di sicurezza e salute dei
lavoratori, in Dir. Lav., 1995, I, p. 83. 12
Con riferimento ad una rapina presso un istituto bancario e o postale v. Cass. 13 aprile 2015, n. 7405, nonché Cass. Civ. 11 aprile 2013 n. 8855. 13
Cass. 3 settembre 1997, n. 8422, in Oss.giur.lav., 1998, I, P. 106.
9
3. nel trasferimento all’estero: in tal caso il trasferimento, disciplinato dall’art. 2103 c.c. comporta il mutamento
definitivo del luogo di lavoro originariamente indicato nel contratto e prevede la stipula di un contratto estero destinato a
regolare l’intero rapporto.
I rapporti possono pertanto essere con carattere di transnazionalità originaria o acquisita.
In tutte le ipotesi indicate la copertura offerta dall’art. 2087 c.c. si estende nei confronti del connazionale che svolge attività
lavorativa fuori dai confini statali ricadendo la responsabilità sul datore italiano che deve garantirgli idonee misure di
protezione dall’art. 2087 c.c.. Il soggetto italiano, quantunque operante all’estero resta assicurato contro gli infortuni e le
malattie professionali in Italia.
Ove si rimanga nell’ambito UE il sistema di reciprocità tra i regimi giuridici consente di garantire livelli essenziali di
tutela equivalenti a quelli italiani (Dir. 97/71/CE e Dir. 89/391/CE), diverso è la situazione ove l’attività lavorativa si
svolga fuori dall’UE.
Per i rapporti di lavoro destinati ad esser eseguiti in paesi extra Ue intervengono le Convenzioni Internazionali in tema
di sicurezza sociale che disciplinano la materia assicurativa degli infortuni e malattie professionali14
.
Nei casi in cui il rapporto si svolga in paesi extra UE con un basso livello di protezione e le parti abbiano optato per
l’applicazione della lex loci laboris o, nel silenzio delle stesse, in applicazione dei criteri legali suppletivi, tale normativa
dovrà esser integrata con i principi che impongono livelli di tutela idonei a garantire la sicurezza dei dipendenti alla luce di
parametri che non potranno non coincidere con quelli utilizzati dal diritto interno e dalle fonti internazionali15
.
In ordine alla tutela previdenziale contro gli infortuni e le malattie professionali ed alle ricadute sulla sorveglianza
sanitaria dei lavoratori all’estero, si precisa che:
• nei contratti a transnazionalità originaria “le parti scelgono la normativa da applicare, comunque nel rispetto di standard
minimi di tutela della salute dei lavoratori”;
• per il lavoro in Paesi extracomunitari è richiesta inoltre un’autorizzazione del Ministero del Lavoro vincolata alla garanzia
di condizioni minime di tutela;
• i lavoratori distaccati in Paesi dell’UE devono ricevere la stessa tutela garantita da leggi, regolamenti, contratti collettivi o
arbitrati ai lavoratori residenti”;
• la sorveglianza sanitaria dei lavoratori assunti o trasferiti all’estero è effettuata da medici del lavoro attivi nel Paese
ospitante”;
• i lavoratori in trasferta sono sottoposti a sorveglianza sanitaria dal medico competente italiano. Il sopralluogo all’estero
potrebbe essere effettuato dal medico competenze mediante sistemi audiovisivi elettronici, riservando la visita diretta a casi
particolari”.
OBBLIGHI PRELIMINARI DEL DATORE DI LAVORO
Imprescindibile per la tutela assicurativa obbligatoria del lavoratore all’estero è
- la pianificazione e la realizzazione di una corretta valutazione dei rischi,
basata sull’esame scrupoloso di quelli ambientali o di contesto (c.d. “rischi generici aggravati”) riguardanti le
particolarità climatiche, le condizioni sanitarie, le caratteristiche culturali, politiche e sociali della comunità, le
guerre, i conflitti, la criminalità nonché l’adeguatezza delle strutture di supporto per l’emergenza e il primo
soccorso.
In caso di invio di lavoratori in zone ad alta concentrazione di gruppi criminali, il datore di lavoro è tenuto a
predisporre ed immaginare alcune misure minime di sicurezza per il contenimento del rischio ambientale
proprio dall’area geografica nella quale è espletata l’attività lavorativa
14
Inail, Infortuni sul lavoro e malattie professionali. La tutela dei lavoratori negli accordi e convenzioni internazionali di sicurezza sociale con paesi
extracomunitari, 2014 con riguardo specifico a Le convenzioni internazionali per la sicurezza dei lavoratori distaccati, in www.puntosicuro.it 15
Cfr. i casi dei infortuni nel corso sequestri di lavoratori italiani all’estero v. Cass. 22 marzo 2002, 4129; S. Ferrua, La tutela della salute e della
sicurezza di lavoratori all’estero, cit.; Cass. 22 marzo 2002, n. 4129; infortuni subiti da lavoratori italiani all’estero sequestrati da parte di guerriglieri
vedi, più risalenti, Trib. Parma, 28 febbraio 1996, in Giust. civ., 1996, I, 2121 con nota di M. Franco; Trib. Parma 22 dicembre 1998, in Lav. Giur. 1999,
547 con nota di P. Banzola, Appalto di lavori all’estero: eventi dannosi sul luogo di lavoro e risarcimento del danno).
10
- analogamente ciò dovrà esser fatto nei casi di conclamate epidemie, di conflitti bellici aperti, di eventi atmosferici
in corso o previsti, giudicando, in ogni caso, opportuno fornire al lavoratore tutte le conoscenze necessarie per
valutare il pericolo ed eventualmente rinunciare a quella specifica prestazione
- Per configurare la responsabilità penale e civile del datore in materia di infortuni e malattie professionali, non
occorre che vi sia stata la violazione di specifiche norme dettate per la prevenzione degli infortuni, essendo
sufficiente che l’evento dannoso si sia verificato a causa della omessa adozione delle misure ed accorgimenti che
l’art. 2087 c.c. impone all’imprenditore ai fini delle più efficace tutela dell’integrità fisica del lavoratore
- così impostata la giurisprudenza è pervenuta a riconoscere l’esistenza di un nesso causale tra evento terroristico e
lavoro (infortunio a seguito di un attentato terroristico kamikaze occorso mentre viaggiava su un’auto aziendale
all’esterno del cantiere cui era addetto Trib. Ravenna, 23 ottobre 2014)
Si desume quindi che la consapevolezza della rischiosità del luogo e la necessità di immaginare e predisporre misure per
contenere tali rischi richieda che le misure cautelari siano rinforzate rispettando le previsioni dell’art. 2087 c.c. che si ispira
alla massima protezione tecnologicamente possibile.
In tale circostanze ed in taluni luoghi il lavoro diviene una delle condizioni o uno degli antecedenti causali dell’evento
lesivo seppur commesso da terzi (ex art. 42, co. 2, c.p.).
L’aver predisposto alcune misure di prevenzione (tipicamente di “security”, come la scorta con convogli militari a cura
della gendarmeria), a fronte di un rischio prevedibile che impone un rafforzamento delle misure prevenzionistiche, non
esonera da responsabilità il datore di lavoro (Trib. Ravenna 23 ottobre 2014).
DILEMMA:
SE gli atti criminosi di terzi, siano esse rapine, sequestri o attentati terroristici, possano rappresentare, anche in via
residuale delle ipotesi di caso fortuito o forza maggiore o siano sempre inidonei a configurare il nesso causale che
ha cagionato il danno confermando, così, l’inosservanza dell’obbligo di sicurezza ex art. 2087 c.c.?
- per invocare la causa soggettiva di esclusione della responsabilità per caso fortuito o forza maggiore è necessaria
l’assenza di colpa (o dolo) ovverosia la circostanza che l’agente non abbia voluto l’evento, né lo abbia causato per
negligenza o imprudenza.
- il caso fortuito o la forza maggiore si verificano “quando nessun rimprovero, neppure di semplice leggerezza, può
essere mosso all’autore del fatto”.
- il caso fortuito consiste in un evento imprevisto ed imprevedibile: per produrre l’effetto esimente occorre che la
condotta posta in essere dall’agente non sia negligente, imprudente o contraria a norme giuridiche.
- se l’evento è prevedibile con una condotta professionalmente diligente, pur non prescritta dalla legge, non può
parlarsi di caso fortuito potendo riscontrare una condotta colposa dell’agente rispetto ad un obbligo che doveva
ottemperare
Obblighi datoriali
apprestare ogni misura di sicurezza e salute alla luce dell’evoluzione esperienziale, tecnica e scientifica
tanto
in relazione ai rischi creati direttamente dal proprio processo produttivo
quanto
con riferimento a quelli discendenti dalla pericolosità del teatro sociale politico, economico ed ambientale
nel quale la propria attività si esplica.
11
- la forza maggiore è un evento di origina naturale od umana imprevedibile, e se previsto, inevitabile. Non la si può
invocare quanto è l’agente che realizzando una condotta non conforme alla legge o alle regole generali di prudenza
e diligenza.
Tanto premesso …
- nei reati in materia di infortuni sul lavoro, tali esimenti non sono configurabili ogni qual volta la violazione
della regola cautelare abbia avuto efficacia causale sul verificarsi dell’evento. - affinché pertanto l’agente possa essere ritenuto colpevole non basta che egli abbia agito in violazione di una regola
cautelare, ma è necessario che egli non abbia previsto che quella violazione avrebbe avuto come effetto il
verificarsi dell’evento, sicché se la conseguenza dell’azione non è stata prevista perché non era prevedibile
(ipotesi tutt’altro che irragionevole nel caso di attentato terroristico “generico”) non vi può essere
responsabilità per colpa.
Le uniche CONDIZIONI ESIMENTI
riguardano situazioni fortuite
o di forza maggiore non ragionevolmente prevedibili!
ANCORA SULLA VALUTAZIONE DEI RISCHI ESOGENI
L’art 2, comma 1, lett. q), del D.lgs. n. 81/2008 smi definisce la valutazione dei rischi richiamando “tutti i rischi per la
salute e sicurezza dei lavoratori presenti nell’ambito dell’organizzazione in cui essi prestano la propria attività ...”.
La norma combinata con l’art. 28,16
comma 1, si riempie di contenuto ove nel sancire la centralità dell’obbligo di
valutazione riferito a “tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori” porta ad includere nella valutazione anche i
“rischi esogeni”.
16
Già nel 2013 Amnil e Amnil Sicurezza avevano avviato un progetto su “La valutazione dei rischi di security per la valorizzazione professionale del
security manager: una proposta normativa”.16
Il progetto era finalizzato a presentare una proposta di integrazione della normativa vigente attraverso
l’inclusione dei cc.dd. rischi security all’interno dei “rischi particolari” di cui all’art. 28 del D.Lgs. n. 81/2008 che preveda, per le realtà produttive
(pubbliche o private), esposte a minacce di natura terroristica, criminale o politica, l’obbligo di valutare il rischio security e, strumentalmente, assegnare
compiti di valutazione, gestione e controllo dello stesso a figure qualificate e dotate di adeguate competenze tecniche, quali i Security Manager.
Rischi esogeni
- sono correlati indirettamente all’attività del datore di lavoro,
- non si originano a causa ed all’interno dell’attività lavorativa,
- hanno una matrice esterna al processo produttivo, tuttavia rilevante per chi vi si espone.
Vi sono tre categorie di rischi esogeni:
1. la prima è costituita dall’esposizione ai pericoli non direttamente collegati all’operato dell’uomo, cioè
quelli che si riferiscono a cause naturali: rischio sismico, rischio alluvione;
2. la seconda comprende l’esposizione ai pericoli di tipo “ambientale”, riferiti a situazioni dipendenti
dall’agire umano, quali le produzioni a rischio di incidente rilevante per la collettività dei cittadini e non
solo dei prestatori ivi operanti;
3. la terza comprende l’esposizione all’azione criminale da parte di soggetti terzi rispetto alle parti del
rapporto di lavoro (es rapine, sequestri atti di terrorismo, ma, più in generale, tutte le attività criminose che
causano l’evento lesivo).
12
Per eliminare o ridurre quest’ultimo tipo di rischi esterni si possono ipotizzare specifiche misure di prevenzione e
protezione.
Tali misure possono esser rappresentate rispettivamente da:
le c.d. misure tecniche (porte blindate, vetri antiproiettile e antisfondamento, metal detector, sistemi di
videosorveglianza collegati con le forze dell’ordine, guardie particolari giurate armate, predisposizione di
“panic room”, auto blindate (in paesi “Hot Spot”);
le misure procedurali (verifica dell’identità dei lavoratori esterni (imprese appaltatrici e lavoratori autonomi),
pianificazione della lotta antincendio, primo soccorso, emergenza ed evacuazione, appositamente calibrati per
fare fronte ad azioni criminali come rapine e attentati terroristici a convogli armati e piano di protezione e
rimpatrio da paesi stranieri a rischio);
le misure organizzative (informazione, formazione e addestramento specifici aventi ad oggetto regole
comportamentali e autodifesa, negoziazione con i sequestratori, conoscenza geopolitica e sociale dei territori).
13
FOCUS: METODOLOGIE DI INTERVENTO E STRUMENTI
- fornire un’attività di informazione al soggetto riguardo la prevedibilità di cd. rischi esogeni
- informare il soggetto sulla ragionevole e concreta possibilità che determinati rischi possano verificarsi17
- acquisire informazioni sulla lista dei paesi a rischio (elaborate dal Ministero degli affari esteri, sulle
indicazioni offerte dall’UE e dai rapporti sulle situazioni geopolitiche elaborate dai diversi paesi sia ad
opera di organizzazioni internazionali, sia ad opera di ONG con solida reputazione nazionale e
sovranazionale)
I rischi di security aziendale maturano in contesti diversi da quelli in cui sino a qualche tempo fa si poteva presumere il loro
tipico manifestarsi (aggressioni servizi bancari, postali, trasporto valori …)
Sono sempre più frequenti ipotesi di rischi in aeroporti, stazioni urbani o extra urbani, settore turistico-alberghiero,
spettacolo, forniture idriche (acquedotti) raccolta rifiuti, trasporti merci …, ma anche quelli che si manifestano nei settori
dell’istruzione, dei luoghi di culto, della cura ed assistenza della persona (ospedali).
Queste circostanze si affiancano a quelle ravvisabili negli ambiti cantieristici di tipo edile ed impiantistico nei quali
imprese italiane operano in paesi esteri caratterizzati dalla presenza di organizzazioni estremistiche di lotta armata e
criminalità diffusa.
LAVORO ALL’ESTERO: NUOVI RISCHI, NUOVE RESPONSABILITA’18
Globalizzazione e zone Hot Spot
Recenti episodi di terrorismo hanno innalzato il livello d’attenzione sui rapporti lavorativi in zone Hot Spot con riguardo
alle quali la tutela e la sicurezza implica un’attenzione particolare ai diversi momenti che connotano il rapporto destinato a
svolgersi all’estero (assunzione; trasferta/missione, trasferimento; distacco internazionale).
- gli obblighi fissati dall’art. 2087 c.c. a carico dell'imprenditore in tema di tutela delle condizioni di lavoro, non si
riferiscono soltanto alle attrezzature, ai macchinari e ai servizi che il datore di lavoro fornisce o deve fornire, ma si
estendono anche all'ambiente di lavoro, in relazione al quale le misure e le cautele da adottarsi devono prevenire
sia i rischi insiti in quell'ambiente sia i rischi derivanti dall'azione di fattori ad esso esterni e inerenti al luogo in cui
tale ambiente si trova.
- Pertanto spetta allo stesso imprenditore valutare se l’attività della sua azienda presenti rischi extra-lavorativi di
fronte al cui prevedibile verificarsi insorga il suo obbligo di prevenzione.
- in considerazione della magnitudo degli eventi ipotizzabili e della specificità degli obiettivi di atti terroristici, il
concetto di “lavoratore” stabilito dal D.lgs. 81/08 s.m.i. è molto spesso applicato in maniera estensiva a tutti i
soggetti presenti, a qualunque titolo, sul luogo di lavoro (fornitori, appaltatori, visitatori, pubblico esterno, ecc.).
Ciò comporta una ricaduta estremamente rilevante, in termini di responsabilità, per il datore di lavoro che abbia
omesso di adottare tutte le precauzioni necessarie a tutelare la sicurezza di tutte le persone presenti, a qualunque
titolo, negli ambienti di propria pertinenza.
17
Nunin cit. 18
S. Ferrua, La tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori italiani all’estero, in Tut. Sic. Lav., 2013, I, p. 88
14
RISCHIO TERRORISMO 19
Come già detto i drammatici eventi degli ultimi anni hanno acceso l’attenzione sul problema del rischio terrorismo,
sollecitando il DdL ad una applicazione dinamica del D.lgs. n.81 del 2008 da revisionare in caso “siano scoperte
violazioni significative delle norme relative alla prevenzione degli infortuni e all’igiene sul lavoro, ovvero in
occasione di mutamenti nell’organizzazione e nell’attività in relazione al progresso scientifico e tecnologico”
(D.lgs. 81/08 art.30 comma 4).
La necessità di valutare questo rischio nel documento di valutazione dei rischi è oramai un obbligo giuridico,
imprescindibile per quelle organizzazioni che si trovano ad inviare i propri lavoratori in zone particolarmente
sensibili.
L’intento del legislatore coadiuvato dalla giurisprudenza è quello di elaborare e garantire un sistema di protocolli (o
procedure) che consenta all’organismo di Vigilanza di verificare la loro efficace attuazione per preservare l’azienda
dall’eventuale responsabilità amministrativa a fronte della commissione dei reati sopra citati.
La particolare attenzione per il tema è confermato dalle recenti interpretazioni giurisprudenziali riguardanti atti di
natura terroristica subiti da lavoratori di società italiane operanti in Algeria (sentenza del Tribunale di Ravenna
del 23/10/2014) e in Libia (richiesta di rinvio a giudizio della Procura di Roma di febbraio 2017).
Da evidenziare la pronunzia della Suprema Corte del 7 novembre 2005 n. 21479 secondo la quale il lavoratore
può astenersi dalla propria mansione senza incorrere nel licenziamento per giusta causa qualora si trovi ad operare
in un contesto minaccioso per la propria sicurezza.
Nello specifico i giudici enunciano che “L’ipotesi del sopravvenuto venir meno in modo totale o parziale della
prestazione lavorativa tale da giustificare il licenziamento per giusta causa o per giustificato motivo ai sensi
dell’art. 3 Legge 604/1996 non è ravvisabile se il mancato o non completo adempimento del lavoratore trova
giustificazione nella mancata adozione da parte di datore di lavoro delle misure di sicurezza che, pur in mancanza
di norme specifiche, il datore è tenuto ad osservare a tutela dell’integrità fisica e psichica del prestatore di lavoro e
se quest’ultimo prima dell’inadempimento secondo gli obblighi di correttezza informa il datore di lavoro circa le
misure necessarie da adottare a tutela dell’integrità fisica e psichica del lavoratore, sempre che tale necessità sia
evidente o, comunque, accertabile o accertata”.
Il documento di valutazione dei rischi (DVR) predisposto dal datore di lavoro deve pertanto contemplare, in
particolari scenari, una specifica ed approfondita valutazione di tale tipologia di minaccia.
Il terrorismo è divenuto un importante fattore di rischio anche in un contesto lavorativo, in particolare per quelle
organizzazioni che operano in scenari critici da un punto di vista socio-politico e comunque ove esista la possibilità di
un’esposizione diretta o indiretta a minacce di natura criminosa.
Il datore di lavoro è quindi tenuto a considerare ed analizzare tale fattore all’interno del proprio Documento di Valutazione
dei Rischi (DVR).
Tale necessità è divenuto un vero e proprio “obbligo giuridico” come ribadito da recenti sentenze di vari tribunali italiani in
applicazione della normativa in tema di sicurezza sul lavoro (D.lgs. 81/08) e di responsabilità giuridica delle organizzazioni
(D.lgs. 231/01).
L’impatto di un evento terroristico o criminoso (potenziale o avvenuto) produce sul lavoratore effetti sia a livello fisico
(pregiudizio della propria incolumità) sia psicologico (pregiudizio del proprio stato emotivo).
19
R. Dominici, G. Vitiello, V. Iavarone, C. Todaro, La valutazione del rischio terrorismo in applicazione del D.lgs. 81/08, 2017, in
https://www.safetysecuritymagazine.com/articoli/la-valutazione-del-rischio-terrorismo-applicazione-del-d-lgs-8108/#_ftnref1
15
È obbligo del datore di lavoro attuare le necessarie attività al fine di valutare
esaurientemente la minaccia predisponendo ed implementando un apposito
piano per mitigare tali rischi e gestire l’eventuale crisi (qualora l’evento sia
inevitabile), ponendo particolare enfasi alla tutela fisica e psicologica dei
lavoratori coinvolti.
Le attività valutative dovrebbero quindi esser tradotte in linee guida di
carattere generale ed integrate nel documento di valutazione dei rischi.
Nella stesura di tale documento è come detto fondamentale la
collaborazione con tutti i soggetti coinvolti pertanto importante è il
confronto tra il responsabile per la sicurezza (RSPP), con il medico
competente in ordine anche ai rischi di tipo sanitario che possono esser
importanti da affrontare, con i rappresentanti per la sicurezza e con le
figure dirigenziali individuate nel sistema di prevenzione disegnato dal
legislatore.
Questa attività sarà in grado di dare i propri frutti solo ove, in sede di
progettazione dell’attività all’estero, vi sia un momento specifico dedicato
alla formazione informazione dei soggetti coinvolti.
Indicazioni metodologiche e operative sulla sorveglianza sanitaria dei
lavoratori destinati all’estero
I lavoratori destinati ad operare fuori dai confini nazionali debbono altresì
acquisire tutta una serie di indicazioni metodologiche ed operative legate alle problematiche di profilassi vaccinale, ai disturbi del viaggio, alle
patologie capaci di controindicare l’idoneità al lavoro all’estero.
Al riguardo, ove il soggetto debba raggiungere al sede di lavoro in aereo,
merita evidenziare talune circostanze di rischio legate all’ambiente
aeroportuale.
Rischi nel settore aeroportuale:
- la security deve considerarsi – alla luce dell’Annesso 17 ICAO 4 –
come «protezione contro gli atti di interferenza illecita contro
l’aviazione [...] realizzata per mezzo di una combinazione di misure e risorse umane e materiali»,
- la safety deve intendersi come sinonimo di prevenzione del rischio di incidenti o inconvenienti tecnici, dovuti a
cause indipendenti da una precisa volontà dell’agente. Le definizioni di safety ricavabile dai documenti ICAO
contengono il riferimento al concetto di acceptable risk, ossia di rischio che viene mantenuto o riportato ad un
livello tale da essere tollerato dalla collettività.
La sicurezza aerea si persegue agendo contestualmente su tre componenti fondamentali, uomo-macchina-ambiente.
L’ambiente è inteso come lo spazio naturale, ma anche come l’insieme delle strutture aeroportuali (terminal, piste, piazzali,
torri di controllo, segnaletica, radar e altri impianti, ecc.) e delle procedure applicabili.
La sicurezza dell’aeroporto globalmente inteso, ivi incluse le infrastrutture che vi insistono, è da considerarsi quindi un
elemento determinante al fine di proteggere le persone e i beni coinvolti nel trasporto aereo20
.
20
Sul tema della F. Pellegrino, Le competenze del gestore aeroportuale nel quadro della safety e della security dell’aviazione civile, in S. Busti, E.
Signorini, G. R. Simoncini, L’impresa Aeroportuale a dieci anni dalla riforma del codice della navigazione: stato dell’arte, 2015, Giappichelli, Torino, p.
63 ss.
NEL SETTORE AEROPORTUALE
La navigazione aerea si può
definire, come un’attività, di
per sé lecita nella quale vi è
insito un concetto di rischio,
che può dipendere
-da fatti illeciti (atti di
interferenza illecita)
-da comportamenti leciti
e/o da accadimenti naturali.
Ove il livello di rischio,
derivante da qualsiasi
causa, superi la soglia di
accettabilità, è necessario
un intervento per porre in
essere misure preventive
adeguate
16
PREVENZIONE DEI RISCHI PROFESSIONALI DEI VIAGGI E DELLE MISSIONI ALL'ESTERO
I rischi per la salute provocati da viaggi o missioni internazionali all’estero dipendono:
- dallo stato di salute del dipendente e del paese in cui viaggia,
- dalle condizioni di lavoro che non presentano ovunque sicurezza ad un livello identico a quello richiesto nei paesi
sviluppati.
Tipologie di rischio:
- rischi biologici
- rischi fisici
- rischi psicologici derivanti dall'isolamento psichico legato alla distanza da casa e dal consueto ambiente di lavoro.
Questi rischi interessano sempre più impiegati, dirigenti, tecnici che accompagnano lo sviluppo di attività commerciali o
industriali di società all'estero.
I dipendenti all'estero debbono essere formati ed informati delle situazioni di pericolo biologico, fisico o psicologico nelle
quali potranno incorrere.
È fondamentale preparare il soggetto a sviluppare un atteggiamento e una particolare vigilanza nei confronti dei pericoli
specifici che può incontrare.
Principali rischi professionali legati ai viaggi
I soggiorni all'estero possono essere di diversa natura, a seconda della durata, della modalità di viaggio e del tipo di paese in
questione:
- Soggiorni brevi di pochi giorni o più, missioni di poche settimane o pochi mesi.
- Un viaggio aereo o stradale.
La destinazione può essere:
- un paese sviluppato con condizioni di salute e di lavoro identiche a quelle dell’Italia, o un paese molto meno sviluppato.
- un paese in zona climatica temperata o tropicale, equatoriale, ...
I rischi non sono affatto gli stessi in questi diversi casi, il breve soggiorno in un paese sviluppato genera quasi solo rischi
legati al viaggio, mentre il lungo soggiorno in un paese in via di sviluppo può comportare rischi rilevanti per la salute e
sicurezza sul lavoro.
Rischi dei viaggi su strada Elementi di rischio sono riscontrabili nella modalità di guida del soggetto (rispetto degli orari, stanchezza, vigilanza …),
nella presenza di ingorghi stradali che generano situazioni stressanti e incidenti stradali (che sono responsabili di circa un
quarto degli incidenti mortali sul lavoro e questa è la principale causa di morte sul lavoro!) .
Il rischio della strada ha origini multifattoriali, legate all'ambiente (stato delle rotte, lavori, tempo, ...), al veicolo
(adattamento, equipaggiamento, manutenzione, ...), all'organizzazione (programma, uso del telefono al volante, ...) e
ovviamente all'autista (rispetto delle regole, stanchezza, vigilanza ...)
Rischi dei viaggi tramite aereo
I rischi per la salute legati ai viaggi aerei, soprattutto se lunghi, sono molti. Si va dai viaggi che provocano ai soggetti
difficoltà psicologiche, stress ed ansia, a quelli che provocano rischi specifici legati alle modalità di trasporto aereo:
cinetosi, infezioni alle orecchie, flebiti, disturbi circolatori per le sedute prolungate, disidratazione per l’aria condizionata
che possono portare alla trombosi venosa.
17
Rischi legati ai Paesi in via di sviluppo
Vi sono dei rischi associati alla vita nei paesi in via di sviluppo: tra questi merita particolare attenzione il rischio biologico.
Per i soggiorni nei paesi tropicali o equatoriali, occorre infatti tener conto degli aspetti climatici, dei cambiamenti di
igrometria, della temperatura e dell'umidità.
A causa dell’inquinamento atmosferico nelle principali città dei paesi in via di sviluppo vi può esser la predisposizione alle
infezioni otorinolaringoiatriche o allergie respiratorie.
Analogamente anche il sole e le temperature elevate tropicali o equatoriali esercitano effetti particolarmente incisivi sulla
salute: oltre agli effetti nocivi dell'esposizione ai raggi ultravioletti in testa a breve termine scottatura (scottature), possono
svilupparsi patologie oculari dolorose (fotocheratite, fotocongiuntivite, oftalmia) e a lungo termine la possibilità di cancro
della pelle e cataratta.
Gli effetti dannosi del calore (insolazione, disidratazione) causano disagio, mal di testa, crampi muscolari e aumentano il
rischio di incidenti dovuti a stanchezza, sudorazione, diminuzione della vigilanza.
I principali problemi di salute riguardano le zanzare e altri insetti o animali velenosi, la qualità della dieta, lo stato dell'acqua
e le condizioni generali di igiene.
Il lavoratore in queste circostanze è esposto anche a varie malattie infettive, le più comuni sono la malaria trasmessa da
punture di zanzara, la diarrea, l'ingestione di cibo o bevande contaminati e malattie sessualmente trasmesse (epatite B, C,
sifilide, AIDS ...) che hanno un'alta prevalenza in molti paesi africani, nel sud-est asiatico e in America Latina.
Le punture di zanzare possono spesso portare alla malaria o alla chikungunya o alla dengue, con sintomi influenzali. La
diarrea (turista, multifattoriale, batterica il più delle volte, ma anche virale o parassitaria) è un problema di salute molto
comune in paesi con scarsa igiene o cibo e bevande scarsamente controllate.
Altro rischio è quello legato alla comparsa di allergie a prodotti locali.
La prevenzione del rischio biologico viene soddisfatta rispettando specifiche precauzioni prima dell’inizio del viaggio e
durante il periodo di lavoro all’estero. Determinante sarà naturalmente il rispetto delle profilassi antimalariche.
18
BUONE PRASSI OPERATIVE
L'insicurezza può essere collegata ad attività professionali (viaggi locali, fabbriche, cantieri, ecc.) o attività private. Il
personale all'estero, che lavora in luoghi molto diversi dalla propria abitazione o dal luogo di lavoro abituale, è soggetto a
un forte vincolo psicologico, che non è privo di conseguenze sulla vigilanza di fronte ai pericoli, di natura professionale
o privata. Questi soggetti si trovano in una situazione lavorativa che non conoscono, divengono quindi più vulnerabili e per
la mancanza di informazioni possono essere esposti a vincoli fisici che possono causare incidenti.
In questi lavoratori muta la percezione del rischio, portando ad atteggiamento volti a sopravvalutare situazioni pericolose
derivanti ad esempio dall’uso di mezzi di trasporto obsoleti, da una rete stradale mal gestita, da costumi diversi e dalla
criminalità locale.
I lavoratori all’estero sono altresì assoggettati a potenziali rischi specifici di natura sociale o politica (abbigliamento,
fotografia, consumo di alcool, comportamento sessuale, libertà di espressione ...) che impongono un comportamento che
non è sempre rispettato per assenza di maturità professionale.
Sotto il profilo psicologico il lavoratore all'estero risente della distanza e dell'isolamento. Si sviluppano patologie con
sintomi di insorgenza improvvisa quali: ansia, epilessia, scompensi cardiaci, diabete, vertigini, rabbia dei denti ...
Il rischio maggiore è rappresentato dall’isolamento psichico percepito dal dipendente all'estero che può portare a
comportamenti rischiosi non temperati né dal gruppo di lavoro né dalla vicinanza familiare. L’eccesso di cibo, di alcol, di
sostanze psicotrope o anche di energy drink, oltre ad altri comportamenti individuali inappropriati, rappresentano fattori di
rischio per la salute del personale all'estero.
Anche l’ambiente stressante spesso genera conseguenze patologiche, che vanno dai disturbi comportamentali alle
somatizzazioni. Sovente vi è sofferenza mentale a causa di motivi privati, tanto più che le lunghe assenze da casa hanno
ripercussioni familiari. Una condizione continua di stress può tradursi in un aumento della frequenza cardiaca, della
pressione sanguigna, del cortisolo con conseguenze psicosomatiche ed inevitabili danni fisici (disturbi gastrointestinali,
ormonali e cardiovascolari ...), psicologici (stanchezza e irritabilità cronica, attacchi d'ansia, ...) e comportamentali (disturbi
alimentari, comportamenti a rischio, etc.).
Anche il carico e il ritmo di lavoro provocano rischi per la salute del lavoratore
Una vita di viaggi che trascorre tra flessibilità degli orari, partenze improvvise, esecuzione di più attività, la fatica del lavoro
straordinario, etc. genera certamente stress.
Nei casi di viaggi è importante il riposo compensativo, di cui godere immediatamente (nessun rapporto cumulativo);
questo deve essere fornito anche in caso di deviazione significativa e prevedere un tempo di recupero sufficiente a gestire e
adattarsi al jet lag possibile.
Tra due attività impegnative dovrebbe esserci una graduale ripresa nel normale ritmo di lavoro e il divieto di viaggi aerei
troppo vicini tra loro (per esempio, nella stessa settimana). Per i viaggi su strada, la preparazione del percorso deve
includere le pause e tenere conto della stanchezza, della guida notturna, dei possibili problemi di traffico, etc.
I veicoli su strada devono avere tutti i sistemi di assistenza elettronici e dispositivi di sicurezza: ABS, controllo di trazione,
il limitatore e il cruise control, un sistema di ausilio alla navigazione, pneumatici da neve per la guida invernale nelle zone
montane. Inoltre, bisogna verificare che questi veicoli siano stati controllati e mantenuti durante le ispezioni periodiche e
siano in buone condizioni (freni, luci, pneumatici, sospensioni ...).
Rischi professionali del lavoratore all’estero
Le misure di prevenzione dei rischi professionali per i viaggi internazionali risiedono in un'organizzazione precisa di tutti
gli aspetti legati alla missione del lavoratore: viaggio, prenotazioni, gestione delle emergenze, messa a disposizione di
veicoli ben attrezzati e mantenuti, formazione adeguata per dare al lavoratore piena consapevolezza del rischio paese di
destinazione, vaccinazione, un adeguato controllo medico, mezzi di protezione specifici. Mezzi di monitoraggio mediante
comandi a distanza (DATI), per rilevare quanto prima il verificarsi di un incidente, permettono l’individuazione precoce del
verificarsi di un incidente o di un infortunio per i lavoratori solitari in movimento, consentendo così un intervento rapido. È
necessario pianificare per tempo i viaggi da realizzare nel corso di una missione e assicurarsi che i lavoratori abbiano
adeguata assistenza sia durante la missione che al rimpatrio. In alcune zone si dovrebbe evitare di trovarsi isolati, ma essere,
almeno in coppia, con un autista locale e trovarsi nelle condizioni di poter sempre informare terzi del dislocamento.
Come abbiamo già detto in precedenza, la trascrizione di questo inventario di attività avviene nel Documento di
Valutazione dei Rischi, lo strumento principale per dare evidenza dello sviluppo di questo piano di prevenzione corrispondente ai rischi identificati, compresi gli aspetti psico-sociali.
19
Al fine di aggiornare il DVR è fondamentale acquisire informazioni sulla situazione politica e sociale del paese di
destinazione, ad esempio partendo dal sito web del Ministero degli Affari Esteri, per ottenere informazioni affidabili e
tempestive circa l'insicurezza cronica e/o i conflitti nell’area geografica di destinazione.
CONCLUSIONI
Rispetto ai rischi legati ad attività criminosa di terzi (rischio attentati) il datore di lavoro deve valutare i rischi in
un’ottica che come si è visto non può ridursi alla situazione interna al luogo di lavoro, ma deve estendersi anche a
quella esterna. Il datore di lavoro è infatti tenuto a considerare la possibilità (e la prevedibilità) di pericoli
“criminali” frutto dei contesti nei quali i propri lavoratori si trovano ad operare.
Se l’obbligo di valutazione del “rischio sequestri e attentati” è pacificamente confermato anche dalla
giurisprudenza, qualora il datore operi all’estero egli non se ne può esimere, in particolare se i propri lavoratori
sono destinati in paesi notoriamente sensibili a tali eventi.
In capo al datore pare debba configurarsi la necessità di una ponderata valutazione sull’effettiva rilevanza
infortunistica del fatto delittuoso.
In un recente saggio21
alla domanda se l’obbligo di valutare il rischio attentati criminali e prendere, ex art. 2087
c.c., le necessarie precauzioni, sorga sempre e comunque in capo al datore, oppure discenda solo dalla concreta
probabilità che l’attività lavorativa esponga al pericolo e dall’effettiva prevedibilità che questo causi danni ai
lavoratori, è stato risposto che:
“l’obbligo di valutare ogni rischio per la salute e la sicurezza non può riguardare, tout court, ogni possibile fattore di pericolo esogeno, vale a dire di matrice esterna rispetto all’attività aziendale in senso proprio, al quale
astrattamente e vagamente potrebbero esporsi i lavoratori, bensì solo quelli che abbiano la ragionevole e
concreta probabilità, per frequenza e peculiarità settoriale, di manifestarsi all’interno di una specifica attività lavorativa”.
21
F. Bacchini, Attività criminosa di terzi e attentati terroristici: valutazione e gestione dei rischi security, Lav. Giur 2016, il cui percorso
logico è stato ampliamente seguito e ripercorso in questo primo scritto sul tema.
20
DOMANDE E RISPOSTE TEMATICHE SUL LAVORO
ALL’ESTERO
1. LA VALUTAZIONE DEI RISCHI
Pur operando all’estero deve essere tenuto aggiornato il documento di valutazione dei rischi?
Il datore di lavoro è garante della salute e sicurezza dei propri lavoratori anche all’estero e quindi, oltre a tener aggiornato il
DVR, deve attuare le misure generali di tutela come previsto dall’art.15 del D.lgs. 81/08 s.m.i., tenendo conto del noto
principio della “massima sicurezza tecnologicamente possibile”, applicabile in materia di salute e sicurezza alla prevenzione
degli infortuni e delle malattie professionali.
Lo stesso DdL sarà eventualmente soggetto alle norme di prevenzione previste dall'ordinamento del Paese ove l’impresa sta
operando.
L’infortunio del lavoratore di un’azienda italiana avvenuto all’estero può comportare responsabilità per il datore di
lavoro?
Dal punto di vista penalistico le regole di riferimento per rispondere a tale quesito si rinvengono nei primi articoli del
Codice penale. In particolare l’articolo 6 del c.p. dispone che:
“il reato si considera commesso nel territorio dello Stato, cioè in Italia, quando l'azione o l'omissione che lo costituisce è
ivi avvenuta in tutto o in parte, ovvero si è verificato l'evento che è la conseguenza dell'azione o dell'omissione”;
Prendendo quindi in considerazione i reati con evento infortunistico (lesioni o omicidio con violazione della normativa
antinfortunistica, artt. 590 e 589 c.p.), ciò significa che si considera commesso nel territorio dello Stato non soltanto il reato
di omicidio colposo o lesioni personali quando il lavoratore si infortuna nello Stato italiano, ma anche, in caso di evento
all'estero, il reato che derivi causalmente da una azione o omissione che è avvenuta in tutto o in parte nel territorio
dello Stato (si pensi, ad esempio, ad una incompleta valutazione dei rischi o, ancora, ad una omessa formazione).
Il datore di lavoro italiano che appalta lavori ad una ditta straniera in Italia, deve valutarne l’idoneità tecnico
professionale secondo quanto previsto dalla normativa italiana?
SINTESI. Al fine di garantire standard di tutela uguali o analoghi sull’intero territorio nazionale, nei confronti delle
aziende comunitarie che distaccano i propri lavoratori in Italia, il D. Lgs. 81/08 s.m.i. trova integrale applicazione, ivi
compreso l’art.90 co.9 afferente la verifica dei requisiti tecnico professionali.
APPROFONDIMENTO. Si riporta parzialmente il contenuto della circolare n. 1/2017 dell’INL. Ai sensi dell’art. 4,
comma 1, del D.lgs 136/2016 trovano in ogni caso applicazione nei confronti dei lavoratori distaccati, durante il periodo di
distacco, le medesime condizioni di lavoro previste dalle disposizioni normative e dai contratti collettivi di cui all'art. 51,
D.Lgs. n. 81/2015 per i lavoratori che effettuano prestazioni lavorative subordinate analoghe nel luogo in cui si svolge il
distacco (c.d. livelli minimi di condizioni di lavoro e occupazione). Nello specifico, come già chiarito dal Ministero del
lavoro con circ. n. 14/2015, laddove l'attività lavorativa sia svolta in Italia, quest'ultima risulta disciplinata dalle
disposizioni di legge, dalle indicazioni amministrative e dalle clausole della contrattazione collettiva italiane, con
riferimento a:
- periodi massimi di lavoro e minimi di riposo;
21
- durata minima delle ferie annuali retribuite;
- tariffe minime salariali, comprese le tariffe maggiorate per lavoro straordinario;
- salute, sicurezza e igiene sui luoghi di lavoro;
- non discriminazione tra uomo e donna;
- condizioni di cessione temporanea di lavoratori da parte delle agenzie di somministrazione.
Si ritengono utili ad ogni buon fine alcune precisazioni.
Secondo la Corte di Cassazione anche nei riguardi di una impresa non italiana “la posizione di garanzia del datore di lavoro
in merito alla scelta dell’impresa appaltatrice trova la sua ragion d'essere nella finalità di evitare che, attraverso la stipula di
un contratto di appalto, vengano affidate all'appaltatore lavorazioni o mansioni che il singolo lavoratore non sia in grado di
svolgere, con incremento del rischio per la sua sicurezza. (…) Si può, dunque, desumere dalla norma in esame una precisa
regola di diligenza e prudenza che il committente dei lavori dati in appalto è tenuto a seguire e, in particolare, l'obbligo di
accertarsi che la persona alla quale affida l'incarico sia, non solo munita dei titoli di idoneità prescritti dalla legge, come si
evince dal riferimento, comunque non esclusivo, al certificato della Camera di Commercio, ma anche (soprattutto) della
capacità tecnica e professionale proporzionata al tipo di attività che deve esserle commissionata e alle concrete
modalità di espletamento della stessa”.
Ai sensi del citato articolo, la verifica deve essere svolta anche attraverso la richiesta della documentazione di cui all’All.
XVII dello stesso decreto.
Il D.Lgs. 17/07/2016 n.136 ha recentemente previsto dei nuovi obblighi per le imprese comunitarie che inviano propri
lavoratori, per un periodo limitato, a svolgere la propria attività in Italia come avviene, tipicamente, nell’ambito di un
regime di appalto. Si parla, in tal caso, di “distacco transnazionale” e i lavoratori interessati vengono definiti “lavoratori
distaccati”.
Ai sensi dell’art. 10 del decreto, l'impresa che distacca lavoratori in Italia ha l'obbligo di comunicare il distacco al
Ministero del lavoro e delle politiche sociali entro le ore ventiquattro del giorno antecedente l'inizio del distacco e di
comunicare tutte le successive modificazioni entro cinque giorni.
Inoltre, durante il periodo del distacco e fino a due anni dalla sua cessazione, l'impresa distaccante ha l'obbligo di:
a) conservare, predisponendone copia in lingua italiana, il contratto di lavoro o altro documento contenente le
informazioni di cui agli articoli 1 e 2 del Decreto legislativo 26 maggio 1997, n. 152, i prospetti paga, i prospetti che
indicano l'inizio, la fine e la durata dell'orario di lavoro giornaliero, la documentazione comprovante il pagamento
delle retribuzioni o i documenti equivalenti, la comunicazione pubblica di instaurazione del rapporto di lavoro o
documentazione equivalente e il certificato relativo alla legislazione di sicurezza sociale applicabile;
b) designare un referente, elettivamente domiciliato in Italia, incaricato di inviare e ricevere atti e documenti. In difetto,
la sede dell'impresa distaccante si considera il luogo dove ha sede legale o risiede il destinatario della prestazione di servizi.
L'impresa che distacca lavoratori ai sensi del presente decreto ha inoltre l'obbligo di designare, per tutto il periodo del
distacco, un referente con poteri di rappresentanza per tenere i rapporti con le parti sociali interessate a promuovere la
negoziazione collettiva di secondo livello, con obbligo di rendersi disponibile in caso di richiesta motivata delle parti
sociali.
Quali documenti devo considerare per verificare l’idoneità tecnico-professionale di un’impresa estera? Ad esempio:
per quanto riguarda l’iscrizione alla camera di commercio, industria ed artigianato con oggetto sociale inerente alla
tipologia dell’appalto, cosa devo/posso richiedere all’azienda? L’eventuale documento deve essere redatto in
italiano?
Per quanto riguarda il documento di valutazione dei rischi, cosa devo/posso richiedere all’azienda? L’eventuale
documento deve essere redatto in lingua italiana?
per quanto riguarda la verifica della regolarità contributiva, cosa devo/posso richiedere all’azienda? L’eventuale
documento deve essere redatto in italiano? Sono sufficienti autodichiarazioni?
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Come abbiamo già richiamato nelle precedenti risposte, al fine di garantire standard di tutela uguali o analoghi sull’intero
territorio nazionale, nei confronti delle aziende comunitarie che distaccano i propri lavoratori in Italia, il D.Lgs. 81/08 s.m.i.
trova integrale applicazione.
In alcuni casi tuttavia corre l’obbligo di individuare dei documenti equivalenti a quelli previsti dal Testo Unico al fine di
consentire ad entrambe le parti il rispetto degli obblighi normativi. In particolare:
a) l’impresa straniera che opera temporaneamente in Italia non ha l’obbligo di iscrizione alla camera di commercio,
industria ed artigianato. È opportuno richiedere un documento equivalente che attesti l’iscrizione analoga nel paese
d’origine. Nel caso detta iscrizione non fosse prevista ovvero fosse incompleta o non esplicitato l’oggetto sociale
dell’impresa, consigliamo di richiedere un’autocertificazione sulla competenza specifica dell’impresa per
l’acquisizione dei lavori oggetto d’appalto.
b) devono essere rispettati tutti gli adempimenti previsti dal D.Lgs. 81/08 s.m.i., ivi compreso il documento di
valutazione dei rischi e il piano operativo di sicurezza che devono essere redatti in lingua italiana.
c) le imprese comunitarie che operano temporaneamente in Italia potrebbero non essere in possesso di DURC. In
alternativa, esse sono tenute ad esibire il mod. A1 attestante l’iscrizione delle stesse al sistema di sicurezza sociale nel
Paese d’origine. In mancanza di detta attestazione, le aziende straniere dovranno necessariamente iscriversi agli Enti
previdenziali e assicurativi italiani e dovranno fare richiesta del DURC.
d) le imprese extracomunitarie ai sensi dell’art.27 del D.Lgs. 286/98 devono ottenere dall’Ufficio territoriale del Governo
(U.T.G.) c/o la Prefettura le autorizzazioni al lavoro, i visti di ingresso e i permessi di soggiorno dei lavoratori stranieri
per lavoro subordinato.
e) le imprese extracomunitarie provenienti da paesi convenzionati con l’Italia sono tenute ad esibire il mod. E101
attestante l’iscrizione della stessa al sistema di sicurezza sociale nel Paese d’origine o, in alternativa, ad esibire il
DURC a seguito dell’iscrizione agli Enti previdenziali e assicurativi italiani. Per le imprese extracomunitarie
provenienti da Paesi non convenzionati ricorre l’obbligo di iscrizione agli Enti previdenziali e assicurativi italiani e di
richiesta del DURC.
In generale, le autodichiarazioni valgono solo per gli atti in possesso delle Pubbliche Amministrazioni italiane. In
particolare, non si può ricorrere alle stesse se si riferiscono ad adempimenti richiesti da normativa speciale, quale è il
D.Lgs. 81/08 s.m.i. e ove sia possibile produrre dei documenti equivalenti, come evidenziato ai punti precedenti.
L’impresa estera è tenuta a redigere il POS? In tal caso deve essere scritto in italiano? Il POS dell’impresa estera
deve prevedere tutti i contenuti richiesti dall’Allegato XV del D.Lgs. 81/2008 e s.m.i. ? Ad esempio, risultato
obbligatori:
il nominativo dell’RSPP?
Il nominativo del Medico Competente?
Il nominativo del RSL/RLST?
I nominativi degli addetti al primo soccorso ed alla gestione delle emergenze?
Ancora una volta richiamiamo il principio che al fine di garantire standard di tutela uguali o analoghi sull’intero territorio
nazionale, nei confronti delle aziende comunitarie che distaccano i propri lavoratori in Italia, il D. Lgs. 81/08 s.m.i. trova
integrale applicazione. Inoltre, tutti i documenti previsti dal predetto decreto devono essere redatti (o tradotti) in
italiano, in quanto richiesti da normativa italiana.
Un’impresa estera che lavora in Italia deve ottemperare agli obblighi previsti dalla legislazione italiana?
Si, per il principio di territorialità e nelle more di eventuali accordi tra gli Stati.
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Il datore di lavoro dell’impresa italiana che sta operando all’estero e che appalta lavori ad una ditta locale, deve
valutarne l’idoneità tecnico professionale secondo quanto previsto dalla normativa italiana?
Sì. Le stesse considerazioni svolte nella risposta alla precedente domanda valgono per questo caso e comunque lo stesso
datore di lavoro sarà soggetto alle norme di prevenzione previste dall'ordinamento del Paese ove l’impresa sta operando.
È corretto richiedere che almeno i preposti dell’impresa estera parlino la lingua italiana?
Sì. Per una corretta veicolazione delle informazioni è opportuno che almeno i preposti dell’impresa estera parlino la lingua
italiana. In alternativa, si rammenta ad ogni buon fine che l’art. 10 del D.Lgs. 136/2016 prevede la designazione di un
referente sul territorio italiano in grado di parlare la lingua italiana.
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2. LA FORMAZIONE
Ci sono obblighi formativi comuni a tutti i Paesi UE?
SINTESI. La formazione rappresenta un fondamentale strumento di prevenzione nell’ambito della strategie europea per
la salute e la sicurezza sul lavoro. Nelle direttive UE si evidenzia come il DdL debba cercare di sfruttare al meglio questo
strumento nell’interesse proprio e dei lavoratori.
APPROFONDIMENTO. In particolare, per i lavoratori che si recano all’estero in trasferta, essa rappresenta uno degli
strumenti più importanti che l’azienda può utilizzare per innalzare il livello di tutela dei lavoratori, rendendoli consapevoli
dei rischi specifici legati al territorio di destinazione, al luogo di lavoro e all’attività da svolgere. Secondo la Direttiva
quadro europea 89/391 attuata negli Stati membri, tutti i datori di lavoro devono fornire una formazione in materia di
salute e sicurezza per i dipendenti e i lavoratori designati per svolgere funzioni di salute e sicurezza, in modo che ciascuno
disponga delle conoscenze necessarie al proprio ruolo. Gli Stati membri hanno quindi identificato specifiche esigenze
nazionali di formazione, sulla base di questa normativa, per tutte le figure coinvolte nell’attività di sicurezza e salute sul
lavoro (OSH).
I corsi sono validi in tutti i Paesi UE?
SINTESI. Le qualifiche professionali OSH acquisite in uno Stato membro non sono di solito riconosciute in un altro.
APPROFONDIMENTO. È in corso un processo di omologazione e riconoscimento di corsi di laurea universitari tra Stati
membri, ma ciò non riguarda i diplomi e i certificati professionali di OSH e non i certificati e i diplomi professionali. E’
quindi necessario analizzare caso per caso la formazione di cui si è in possesso e le richieste normative del Paese in cui si
opera.
In merito alla validità all’estero della formazione effettuata in Italia bisogna quindi conoscere la normativa specifica (solo
nei paesi della UE le normative sono affini a quelle vigenti in Italia) e gli eventuali riconoscimenti tra Stati (es. esempio la
Svizzera non riconosce i corsi italiani di abilitazione all’utilizzo di gru a torre, ma riconosce quelli tedeschi in quanto
sovrapponibili a quelli erogati dal SUVA).
Cosa devo valutare, in termini di formazione, se vado a lavorare all’estero?
SINTESI. Al momento dell’acquisizione di un contratto il cliente trasmette in genere un “pacchetto normativo” che
comprende anche le leggi in materia di salute e sicurezza. L’azienda potrà cosi verificare se è presente una carenza di
formazione nelle proprie figure, oppure se è presente al contrario una carenza normativa nel Paese in cui si va ad operare.
APPROFONDIMENTO. Una volta verificato se le normative applicabili in materia di formazione siano
meno/maggiormente restrittive rispetto a quelle italiane, in base al principio della maggior tutela possibile e in piena
ottemperanza all’art. 2087 del C.C. il DdL dovrebbe applicare sempre le norme più restrittive, quelle cioè atte a garantire la
massima sicurezza possibile per il lavoratore.
Una volta verificati gli obblighi formativi richiesti dal Paese di destinazione e quelli indicati nel contratto, è opportuno
anche ricordare che è determinante per il Datore di lavoro avere una visione ‘evolutiva’ dei rischi a cui i lavoratori sono
esposti, specie in una situazione mutevole e per sua natura non ripetibile come un cantiere. Risulta pertanto determinante il
fatto che venga instaurato un efficace processo comunicativo che consenta al DdL di aggiornare costantemente non solo la
valutazione dei rischi, ma anche (e di conseguenza) la formazione/informazione, secondo le necessità che emergono durante
lo svolgimento dell’attività lavorativa all’estero.
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Tale formazione, per essere ritenuta valida, deve essere effettuata con attenzione alla lingua veicolare e alla comprensione
da parte dei lavoratori interessati. E’ inoltre consigliabile che sia opportunamente registrata e archiviata.
Devo fare un corso di lingua ai miei dipendenti o basta che lavorino con il mio capocantiere?
SINTESI. La conoscenza della lingua italiana non viene richiesta come obbligo per lavorare in Italia. Allo steso modo non
è necessario conoscere la lingua parlata in un dato Stato estero, se si è stati adeguatamente formati sui rischi delle
mansioni da svolgere e se è stata verificata una capacità comunicativa condivisa tra i soggetti che operano e si espongono
a rischi.
APPROFONDIMENTO. Bisogna analizzare caso per caso al fine di gestire le attività svolte nel cantiere nel migliore dei
modi possibile. Va valutata caso per caso la necessità di avere dei referenti in loco con cui rapportarsi, giovandosi se nel
caso di interpreti, soprattutto per gestire le situazioni di particolare criticità e le interferenze con lavoratori di altre imprese o
altre nazionalità.
Al di là degli obblighi formativi, la questione riguarda più nel complesso l’organizzazione della squadra di lavoro e quindi
non coinvolge solo il Capocantiere, ma anche altre figure, ad esempio gli addetti alla gestione delle emergenze. Vanno loro
fornite le informazioni elementari necessarie per allertare o riconoscere le comunicazioni di allarme e per comunicare con il
sistema dell’emergenza presente nel luogo in cui operano. Questi aspetti devono essere considerati nella valutazione dei
rischi.
Gli addetti al primo soccorso e all’attività di prevenzione incendi devono in genere essere nelle condizioni di esprimersi ad
un livello base (standard QCER – livello A) o superiore.
Potrebbe essere necessario fornire prima della partenza una formazione aggiuntiva al lavoratore in trasferta
(temporaneamente/occasionalmente all’estero) o al trasfertista (stabilmente operante all’estero) in merito alle condizioni
generali del Paese in cui andrà a lavorare quali: clima, condizioni igieniche, alimentazione, fattori sociali e culturali,
normative e regole vigenti compresi i costumi locali, soprattutto per quanto attiene a comportamenti vietati o socialmente
disapprovati.
Se la formazione non è adeguata e va aggiornata o integrata, è opportuno precisare che non è sufficiente una mera
traduzione del materiale formativo, ma è opportuna la presenza di un docente in possesso dei requisiti previsti dalla norma
italiana, in grado di capire e parlare la nostra lingua, oppure prevedere l’assistenza di un mediatore linguistico.
La conoscenza della lingua può essere o meno un requisito contrattuale, ma al di là delle richieste è necessario valutare le
conseguenze che assume per la sicurezza delle attività svolte e prevedere procedure gestionali in grado di sopperire ad
eventuali deficit.
Come devo comportarmi se c’è un apprendista (professionalizzante) nella squadra che va in trasferta all’estero?
SINTESI. Il Ministero del Lavoro è intervenuto (Nota 48 del 2008 e Interpello n.9/2008) fornendo precisazioni utili a
questo tipo di richiesta, sebbene riferite a normative dell’apprendistato ora abrogate. In entrambi i documenti il Ministero
non esclude la possibilità che l’apprendista possa effettuare trasferte.
APPROFONDIMENTO. Nell’Interpello n.9 del 2008 viene inoltre precisato che “in merito alla presenza costante del
tutore durante lo svolgimento dell’attività lavorativa dell’apprendista, dall’analisi della normativa vigente non si desume
alcun obbligo di affiancamento continuativo, come si ricava indirettamente dalla previsione secondo cui il tutor può seguire
26
fino a 5 apprendisti”. Naturalmente tale formulazione di principio richiede di essere contestualizzata nel luogo dove si
svolge la trasferta, nelle attività svolte dall’apprendista rispetto al piano formativo, nella composizione della squadra di
lavoro, etc. cosicché si può ritenere che qualora la trasferta non abbia rapporto particolare con la formazione prevista, non
sia necessaria la presenza dal tutor. Diversamente, qualora la trasferta preveda attività che rientrano nella formazione on the
job prevista dal piano formativo, allora la presenza del tutor sarà da ritenersi necessaria, anche se non in forma continuativa.
Se serve un tutor e quello designato non può essere presente, come posso fare?
SINTESI. E’ possibile nominare un altro tutor che accompagnerà l’apprendista e proseguirà nella formazione on the job
durante la trasferta.
APPROFONDIMENTO. Tale nomina può essere effettuata compilando un apposito modulo (link al modello di variazione
del tutore aziendale). Per quanto il corso di formazione per tutor non sia obbligatorio è preferibile che la risorsa sia
adeguatamente preparata al fine di proseguire con coerenza nel percorso formativo previsto dalla natura del rapporto di
lavoro.
La formazione dei lavoratori effettuata all’estero è valida anche in Italia?
SINTESI. In linea di principio, vengono accettati (totalmente o parzialmente) i corsi di formazione fatti all’estero se sono
sovrapponibili per durata, contenuti, argomenti, metodologia didattica, ecc., a quelli previsti dalla normativa italiana. Va
fornita documentazione attestante quanto sopra.
APPROFONDIMENTO. Il riconoscimento delle qualifiche nel campo di artigianato, industria e commercio, tra cui anche
le attività connesse all’edilizia (Classe 40 Allegato IV del 2005/36/CE) viene effettuato in conformità alle disposizioni della
Direttiva europea sul riconoscimento reciproco delle qualifiche professionali, cioè la Direttiva 36/CE del 7 settembre
2005. In questo caso l’esperienza professionale, in particolare come lavoratore autonomo/libero professionista e lo
svolgimento di attività formative rappresentano un bagaglio professionale da ritenersi valido in tutti gli Stati membri. La
direttiva 2005/36/CE sul riconoscimento delle qualifiche professionali ha ripreso tutta la normativa comunitaria esistente
diretta a garantire il diritto di stabilimento per i professionisti degli Stati membri ed ha esteso, innovandola, la disciplina
relativa alla prestazione temporanea di servizi già prevista per alcune professioni.
In Italia questa Direttiva è stata recepita con il D.Lgs 6 novembre 2007, n. 206 .
Per quanto riguarda i prestatori stranieri operanti in Italia ci sono certificazioni internazionali ritenute valide anche nel
nostro Paese. Il D.lgs 6 Novembre 2007, n. 206 stabilisce che In caso di differenze sostanziali tra le qualifiche professionali
del prestatore e la formazione richiesta dalle norme nazionali, nella misura in cui tale differenza sia tale da nuocere alla
pubblica sicurezza o alla sanità pubblica, il prestatore può colmare tali differenze attraverso il superamento di una specifica
prova attitudinale, con oneri a carico dell'interessato secondo quanto previsto dall'articolo 25. La prestazione di servizi deve
poter essere effettuata entro il mese successivo alla decisione adottata in applicazione del comma 3.
La documentazione che attesta l’avvenuta formazione deve essere tradotta in italiano?
Sì. E’ vero che da un punto di vista formale non ci sono indicazioni di norma a riguardo, ma è fondamentale mettere tutte le
figure coinvolte nel processo di prevenzione nelle condizioni migliori per valutare la conformità della documentazione
presentata, quindi essa deve essere disponibile nella lingua veicolare del Nostro Paese.
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3. LE ATTREZZATURE
A cura dell’Ing. Angelo Romanelli – Direttore Unità Operativa Territoriale Certificazione Verifica e Ricerca - Inail
Bergamo
L’autore ha la piena responsabilità delle opinioni espresse nella presente pubblicazione, che non impegnano l’Inail e non
vanno intese come posizioni ufficiali dell’Istituto.
In occasione di lavori all’estero è possibile portarsi al seguito le proprie attrezzature ?
L’impresa può portare e utilizzare le proprie attrezzature di lavoro all’estero purché siano conformi alle disposizioni di cui
al Titolo III del D.lgs.81/08 s.m.i. e comunque nel rispetto della legislazione dello Stato ospitante (principio di territorialità
).
Si deve comunicare il trasferimento delle macchine all’estero?
Sia per attrezzature non comprese nell’allegato VII che quelle comprese in tale allegato (es. gru a torre), non deve essere
effettuata nessuna comunicazione.
Se per le attrezzature trasferite all’estero è prevista dalla normativa italiana una verifica periodica, questa alla
scadenza:
- deve essere comunque effettuata?
- se sì, può essere effettuata da personale locale o deve necessariamente essere svolta da un soggetto italiano?
Nel caso delle attrezzature comprese nell’allegato VII (es. gru a torre) e soggette a verifiche periodiche, dovendo queste
essere effettuate da soggetto abilitato, ma essendo le stesse attrezzature utilizzate al di fuori dello Stato Italiano, non si
ritiene siano soggette a queste specifiche verifiche nel periodo di permanenza in territorio estero. Le verifiche periodiche,
previste dalla legislazione italiana, possono infatti essere condotte esclusivamente sul territorio nazionale; pertanto, laddove
dovesse sopravvenire la scadenza della periodicità per un’attrezzatura di lavoro utilizzata all’estero, sarà cura del datore di
lavoro regolarizzare la situazione non appena la stessa rientri nel territorio nazionale. Per quanto attiene, invece, le
procedure in essere in altri Stati, sarà cura del DdL informarsi per garantirne il rispetto.
Queste attrezzature dovranno comunque essere mantenute in buono stato di efficienza anche per quanto attiene alla
sicurezza, secondo un idoneo piano di controllo e manutenzione a carico del datore di lavoro.
Per le attrezzature non comprese nell’allegato VII valgono le considerazioni in ordine al mantenimento delle stesse in
buono stato di efficienza, anche per quanto attiene alla sicurezza, secondo un idoneo piano di controllo e manutenzione.
Le attrezzature di aziende estere devono comunque entrare a far parte della Banca Dati Inail? Devono quindi essere
assoggettate alle verifiche periodiche previste per le macchine delle aziende italiane?
Nello specifico per quanto attiene il regime di verifica periodica questo deve ritenersi applicabile a tutte le attrezzature da
lavoro rientranti in allegato VII del D.lgs. 81/08 s.m.i. nel momento in cui vengono utilizzate in territorio italiano. Per
queste attrezzature dovrà quindi essere effettuata comunicazione di messa in servizio all’unità operativa Inail competente
territorialmente e poi presentata, in base alle periodicità prescritte, richiesta di prima verifica periodica.
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4. LA SORVEGLIANZA SANITARIA
Il Medico Competente come può ottemperare all’obbligo di sopralluogo dei luoghi di lavoro per i cantieri all’estero?
La norma non chiarisce questo aspetto, ma prendendo spunto da quanto riportato dall’art.104, comma 2 del D.lgs 81/08
che asserisce: “Nei cantieri la cui durata presunta dei lavori è inferiore ai 200 giorni lavorativi, e ove sia prevista la
sorveglianza sanitaria di cui all’articolo 41, la visita del medico competente agli ambienti di lavoro in cantieri aventi
caratteristiche analoghe a quelli già visitati dallo stesso medico competente e gestiti dalle stesse imprese, è sostituita o
integrata,a giudizio del medico competente, con l’esame di piani di sicurezza relativi ai cantieri in cui svolgono la loro
attività i lavoratori soggetti alla sua sorveglianza. Il medico competente visita almeno una volta all’anno l’ambiente di
lavoro in cui svolgono la loro attività i lavoratori soggetti alla sua sorveglianza”, si ritiene utile dare le seguenti ragionevoli
indicazioni:
- Il MC, tramite il POS, redatto prima della partenza dei lavoratori all’estero, conosce i rischi connessi all’attività che si
andrà a svolgere e, in funzione di ciò, effettua la Sorveglianza Sanitaria.
- Ritenendo difficilmente attuabile un sopralluogo del MC nel cantiere all’estero, come indicato nell’art. sopra citato, si può
ipotizzare che la verifica della persistenza dei rischi identificati nel POS o l’eventuale accertamento di rischi aggiuntivi,
possa avvenire tramite sistemi audiovisivi elettronici, così come indicato in una relazione del 2012 del Dipartimento di
Medicina Interna e Medicina Pubblica dell’Università di Bari (Punto Sicuro anno 14- nr.2894 del 2012), e riservando la
visita in cantiere, a casi particolari.
- L’attività di verifica tramite audiovisivi, deve avvenire una volta all’anno in analogia a quanto previsto dall’art. 104,
comma 2.
Per il lavoro all’estero deve essere nominato un altro medico competente?
No. L’unico medico titolato a stabilire quale sorveglianza sanitaria attuare per la tutela della salute del lavoratore è il
medico nominato dal datore di lavoro (art.18, comma1, lett. a) del D.lgs. 81/08 s.m.i..
La sorveglianza sanitaria è stabilita sulla base della valutazione dei rischi effettuata secondo le modalità previste dall’art
28, comma 1 del D.lgs. 81/08 e cioè “deve riguardare tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, ivi compresi
quelli riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari”.
Sarà il medico competente a definire la necessità e il tipo di approfondimenti e misure di tutela necessarie, tenendo conto
dei rischi valutati e del Regolamento Sanitario Internazionale (in vigore dal 15.06.2007)
Il lavoratore che deve essere sottoposto a visita periodica a cadenza annuale secondo il programma sanitario e non
può rientrare in Italia, può posticipare la visita?
La periodicità della visita medica per controllare lo stato di salute dei lavoratori ed esprimere il giudizio di idoneità alla
mansione specifica qualora non prevista dalla relativa normativa, è stabilita, di norma, in una volta l’anno. Tale periodicità
può assumere cadenza diversa, stabilita dal medico competente in funzione della valutazione del rischio (art. 41, comma 2,
lett. b) del D.lgs 81/08).
Pertanto se il medico competente, sulla base della valutazione dei rischi, ha stabilito che la visita periodica abbia cadenza
annuale il datore di lavoro deve provvedere a inviare i lavoratori alla visita medica entro la scadenza prevista dal
programma di sorveglianza sanitaria (art. 18, comma 1, lett.g) del D.lgs 81/08), fatte salve dimostrabili “cause di forza
maggiore”.
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5. IL RUOLO DELL’RLS/T
Il ruolo dell’RLS è previsto anche negli altri Paesi dell’Unione?
SINTESI. L’orientamento dell’Unione Europea e in particolare la Direttiva Quadro Europea 89/391, volta a promuovere
il miglioramento delle condizioni di sicurezza e di salute negli ambienti di lavoro, ha richiesto, tra le azioni da attuare,
quale misura di tutela per la gestione della prevenzione, la partecipazione attiva dei lavoratori e del loro
rappresentante per la sicurezza (RLS) alla valutazione dei rischi.
APPROFONDIMENTO. L’RLS/T ha il compito di tutelare i lavoratori, garantendone il coinvolgimento e la
consapevolezza riguardo alla gestione e al miglioramento delle condizioni di salute e sicurezza sul posto di lavoro.
L’impegno è quello di individuare un sistema di gestione della sicurezza che non sia messo a punto solo dal datore di lavoro
o dal RSPP, ma che coinvolga il Rappresentante dei Lavoratori per mettere in atto una politica efficace di prevenzione dei
rischi sul posto di lavoro. La figura del Rappresentante dei Lavoratori diviene quindi il soggetto cardine per il
raggiungimento di elevati standard di sicurezza, sempre che se ne accentui il ruolo propositivo e partecipativo.
A riguardo un interessante documento realizzato dalla Federazione Europea dei Lavoratori Edili e del Legno
(FETBB) propone una panoramica sugli RLS in alcuni Paesi dell’Unione Europea.
L’RLS/T deve visitare il cantiere attivo all’estero?
È importante che l’RLS/T venga coinvolto nelle valutazioni anche di quelle situazioni che prevedono lavori all’estero.
Pur non essendone obbligatoria la presenza in cantiere il RSL/T ha la facoltà di accedere ai luoghi di lavoro e “....deve
disporre del tempo necessario allo svolgimento dell’incarico senza perdita di retribuzione, nonché dei mezzi e degli spazi
necessari per l’esercizio delle funzioni e delle facoltà riconosciutegli...”. Questo può rappresentare un costo per l’impresa
nel caso in cui per l’esercizio della propria attività egli ritenga opportuno visitare uno o più cantieri posti all’estero.
Al di là di queste considerazioni, è però importante definire che anche se la presenza in cantiere del RLS/T non è
obbligatoria, è obbligatoria la consultazione di questa figura, con particolare riferimento ai rischi propri del Paese in cui si
svolge l’attività lavorativa.
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6. LAVORATORI IN DISTACCO ED ISCRIZIONE ALLA CASSA EDILE
Cosa si intende per lavoratore distaccato?
SINTESI. Si intende per lavoratore distaccato “il lavoratore abitualmente occupato in un altro Stato membro che, per un
periodo limitato, predeterminato o predeterminabile con riferimento ad un evento futuro e certo, svolge il proprio lavoro in
Italia”.
APPROFONDIMENTO. Si applica alle imprese stabilite in un altro Stato membro che, nell’ambito di una prestazione di
servizi, distaccano in Italia uno o più lavoratori in favore di un’altra impresa, anche appartenente allo stesso gruppo, o di
un’altra unità produttiva o di un altro destinatario, a condizione che durante il periodo di distacco, continui a esistere un
rapporto
di lavoro con il lavoratore distaccato. Si applica anche alle Agenzie di somministrazione di lavoro stabilite in un altro Stato
membro che distaccano lavoratori presso un’impresa utilizzatrice avente la propria sede o un’unità produttiva in Italia.
La locuzione “prestazione di servizi” presuppone l’espletamento di attività lavorative di carattere temporaneo in favore di
un destinatario situato sul territorio italiano, che può individuarsi in un’impresa distaccataria appartenente al medesimo
gruppo, in una unità produttiva, filiale, sede operativa della azienda straniera distaccante ovvero di un soggetto committente.
La normativa contempla tre diverse ipotesi di distacco temporaneo di lavoratori:
- da parte di un’azienda avente sede in un diverso Stato membro presso una propria filiale situata in Italia;
- da parte di un’azienda avente sede in un diverso Stato membro presso un’azienda italiana appartenente al medesimo
gruppo di impresa (c.d. distacco infragruppo);
- nell’ambito di un contratto di natura commerciale (appalto di opera o di servizi, trasporto ecc.), stipulato con un
committente (impresa o altro destinatario) avente sede legale o operativa nel territorio italiano.
Quando il distacco transnazionale può ritenersi regolare?
In presenza delle seguenti condizioni:
1. la legittimità del distacco, per la quale occorrono le seguenti caratteristiche:
- che l’impresa distaccante svolga un’effettiva attività imprenditoriale sul territorio del suo stato e che non sia stata costituita
all’esclusivo scopo di assoggettare alle normative dell’altro paese i contratti di lavoro del personale da distaccare;
- che il distacco riguardi personale già abitualmente occupato nel territorio estero, che viene distaccato per un periodo
limitato.
2. la concreta applicazione al rapporto di lavoro tra l’impresa distaccante ed il lavoratore distaccato delle condizioni di
trattamento economico e normativo non inferiori a quelle previste dalle disposizioni normative e dalla contrattazione collettiva nazionale, applicabile ai lavoratori italiani.
L’autenticità del distacco deve essere verificata dagli organi di vigilanza.
Nelle ipotesi in cui il distacco in favore di un’impresa stabilita in Italia non risulti autentico, il lavoratore è considerato a
tutti gli effetti alle dipendenze del soggetto che ne ha utilizzato la prestazione; il distaccante ed il soggetto che ha utilizzato
la prestazione dei lavoratori distaccati sono puniti con sanzioni amministrative pecuniarie, nei casi in cui il distacco non
autentico riguardi i minori, il distaccante e il soggetto che ha utilizzato la prestazione sono anche puniti con la pena
dell’arresto fino a diciotto mesi.
Come si devono comportare con l’iscrizione in Cassa edile le imprese straniere che lavorano in Italia?
SINTESI. Le imprese edili comunitarie dovranno necessariamente provvedere all’iscrizione del personale distaccato in Italia presso la Cassa Edile della provincia ove ha sede il cantiere, laddove, nel paese di origine, non siano previste tutele
analoghe a quelle assicurate dalle Casse Edili italiane.
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La parità di trattamento si ritiene sempre soddisfatta nei confronti di lavoratori distaccati in Italia da imprese comunitarie
con sede in Germania, Francia ed Austria – e viceversa - sulla base delle apposite convenzioni firmate nel 2008 con le
Casse Edili nazionali di tali Paesi (la SOKA-BAU tedesca, l’UCF francese e la BUAK austriaca); tali convenzioni
prevedono appunto la reciproca possibilità dell’esonero dell’impresa dall’iscrizione presso la Cassa Edile del Paese ospitante ed il mantenimento dei versamenti contributivi presso la Cassa di provenienza.
Recentemente, in data 04 Aprile 2017, è stata altresì stipulata convenzione per il reciproco riconoscimento dei versamenti e
per il reciproco esonero dei datori di lavoro con sede nella Repubblica Italiana e nella Repubblica di San Marino dagli obblighi di versamento alle Casse Edili dell’una e dell’altra nazione in caso di distacco di lavoratori nell’altro Stato.
Fatta salva l’esistenza di condizioni analoghe in altre nazioni ed anche la possibilità di stipulare convenzioni con altri Enti,
al momento queste sono le uniche deroghe al principio generale della obbligatorietà di iscrizione alle Casse Edili italiane. Si rileva inoltre come, poiché le imprese provenienti da Paesi dell’Unione Europea mantengono l’iscrizione agli Istituti
pubblici previdenziali e assicurativi del Paese di provenienza, non sia possibile l’attivazione delle procedure per il rilascio del DURC, la Cassa Edile - su richiesta - rilascerà una certificazione di regolarità contributiva previa verifica idonea
documentazione relativa al distacco.
APPROFONDIMENTO. Le imprese con sede in un altro Paese sono obbligate ad applicare, ai lavoratori impegnati in
cantieri ubicati in Italia, condizioni economiche equivalenti a quelle previste dalla contrattazione collettiva di settore, ivi
compresi i trattamenti retributivi erogati dalla Cassa Edile.
Nello specifico, se l’attività lavorativa è svolta in Italia si applicano, durante il periodo del distacco, le norme italiane (fonti
del diritto e contratti collettivi di lavoro) che disciplinano le seguenti materie:
_ periodi massimi di lavoro e periodi minimi di riposo;
_ durata minima delle ferie annuali retribuite;
_ trattamenti retributivi minimi (stabilite dai C.C.N.L.), compresi quelli maggiorati per lavoro straordinario;
_ condizioni di cessione temporanea dei lavoratori, in particolare la cessione temporanea di lavoratori da parte di imprese di
lavoro temporaneo;
_ sicurezza, salute e igiene sui luoghi di lavoro;
_ provvedimenti di tutela riguardo alle condizioni di lavoro e di occupazione di gestanti o puerpere, bambini e giovani;
_ parità di trattamento fra uomo e donna nonché altre disposizioni in materia di non discriminazione.
Obblighi dell’impresa:
• effettuare la dichiarazione preventiva di distacco del personale impiegato in Italia entro le ore 24 del giorno antecedente
all'inizio del distacco stesso e comunicare tutte le successive modificazioni entro 5 giorni dal verificarsi dell'evento, secondo
le modalità definite nell'apposito Decreto Ministeriale del 27 ottobre 2016 e nei relativi allegati;
• conservare, predisponendone copia cartacea o elettronica in lingua italiana, la documentazione in materia di lavoro
(contratto di lavoro o altro documento contenente le informazioni di cui agli artt. 1 e 2, D. Lgs. n.152/1997), i prospetti
paga, i prospetti indicanti l'inizio, la fine e la durata dell'orario di lavoro giornaliero, la documentazione comprovante il
pagamento delle retribuzioni o altro atto equivalente, nonché il certificato relativo alla legislazione di sicurezza sociale
applicabile (modello A1) e la comunicazione/registrazione pubblica di instaurazione del rapporto di lavoro (per tutto il
periodo del distacco e fino a due anni dalla sua cessazione);
• designare un referente elettivamente domiciliato in Italia incaricato di inviare e ricevere atti e documenti. In
mancanza, la sede dell'impresa distaccante si considera il luogo dove ha sede legale o risiede il destinatario della prestazione
di servizi (per tutto il periodo del distacco e fino a due anni dalla sua cessazione);
• designare una persona, non necessariamente coincidente con quella di cui sopra, che agisca in qualità di
rappresentante legale, al fine di mettere in contatto le parti sociali interessate con il prestatore di servizi per una eventuale
negoziazione collettiva; tale persona di contatto non ha l'obbligo di essere presente nel luogo di svolgimento dell'attività
lavorativa in distacco, ma deve rendersi disponibile in caso di richiesta motivata (per tutto il periodo del distacco e fino a
due anni dalla sua cessazione).
Come si devono comportare le imprese italiane che mandano i propri lavoratori all’estero?
SINTESI. Le imprese italiane che distaccano manodopera in uno Stato membro, devono adeguarsi alla normativa in vigore nello stesso.
Possono restare iscritte alla Cassa Edile italiana le imprese che distaccano operai in una nazione della Comunità Europea
convenzionata con la CNCE; le nazioni convenzionate sono Austria, Francia, Germania e la Repubblica di San Marino. In questo caso, l'impresa deve inviare alla propria Cassa Edile il modulo di esonero e l'elenco dei lavoratori distaccati. La
Cassa Edile li inoltrerà alla CNCE, che li inoltrerà a sua volta all'ente competente della nazione convenzionata.
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APPROFONDIMENTO. La procedura da attuare in caso di distacco nei Paesi convenzionati è la seguente:
- l’impresa compila una modulistica specifica predisposta dalla Commissione Nazionale delle Casse Edili (CNCE) e
disponibile presso le singole Casse Edili, dove vengono comunicati i dati specifici dell’intervento da eseguire all’estero;
- viene allegato l’elenco nominativo degli operai dipendenti da inviare in distacco;
- la modulistica deve essere sottoscritta, per conferma dei dati lavoratori, dalla Cassa Edile italiana dove l’impresa risulta
iscritta e successivamente inviata alla C.N.C.E., che provvede a trasmetterla all’Ente corrispondente del paese interessato;
- l’azienda dovrà conservare la copia della documentazione, a prova dell’avvenuta procedura di denuncia del distacco;
- i lavoratori rimangono iscritti alla Cassa Edile di provenienza per tutta la durata del distacco;
- eventuali proroghe del periodo di distacco inizialmente segnalato devono essere comunicate con la stessa procedura (da
gestire come nuovo distacco, non prolungamento di quello iniziale).
All’interno dell’UE esiste, come noto, il principio di libera circolazione del lavoro e dei lavoratori. A seguito, inoltre, di
particolari accordi sottoscritti tra alcune nazioni e la stessa Unione europea, detto principio si applica anche a:
Islanda, Norvegia, Liechtenstein e Svizzera. Onde evitare l’insorgere di conflitti di legge, i regolamenti Europei stabiliscono
che al lavoratore si debba applicare una sola legislazione, e precisamente quella del Paese di occupazione (territorialità).
Per le imprese italiane che distaccano manodopera in uno Stato extra UE, occorre distinguere fra Paesi extra-UE con i quali
esiste una convenzione e Paesi extra-UE privi di convenzione.
Per i primi è necessario fare sempre riferimento alla convenzione in vigore. Gli schemi convenzionali richiamano (nella
stragrande maggioranza dei casi) il modello OCSE.
Per i Paesi extra-UE non convenzionati, non esistendo una regolamentazione a carattere sovranazionale, la tutela è
praticamente inesistente e occorre una dettagliata analisi della normativa locale e dei connessi rischi lavorativi, Paese per
Paese. Dal 24 settembre 2015, non è più richiesta l'autorizzazione preventiva ministeriale per l'impiego all'estero di
personale da parte delle aziende, a seguito dell'entrata in vigore del Decreto Legislativo 14 settembre 2015, n.151.
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RIEPILOGO DEL QUADRO NORMATIVO DI RIFERIMENTO:
• Direttiva 96/71/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 16/12/1996;
• Decreto Legislativo n. 72 del 25/02/2000 (abrogato dal D.Lgs. 136/2016);
• Interpello del Ministero del Lavoro n. 24 del 03/09/2007;
• Comunicazione CNCE n. 358 del 03/07/2008: Trasmissione convenzioni Casse Edili straniere;
• CNCE del 04/08/2008: iscrizione imprese straniere;
• Interpello del Ministero del Lavoro n. 6 del 06/02/2009;
• Circolare INPS n. 83 del 01/07/2010;
• Interpello del Ministero del Lavoro n. 33 del 12/10/2010;
• Vademecum ad uso degli ispettori del lavoro e delle imprese: “Il distacco dei lavoratori nell’Unione Europea” –
Novembre 2010;
• Verbale di intesa sul distacco temporaneo in Italia di lavoratori edili dipendenti da imprese straniere
comunitarie del 07/11/2012 tra ANCE Lombardia e FeNEAL-UIL Lombardia, FILCA-CISL Lombardia e
FILLEACGIL Lombardia;
• Direttiva 2014/67/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 15/05/2014;
• Circolare Ministero del Lavoro n. 14 del 09/04/2015;
• Decreto Legislativo n. 136 del 17/07/2016;
• Circolare Ministero del Lavoro e Ispettorato Nazionale del Lavoro, n. 3 del 22/12/2016;
• Circolare Ispettorato Nazionale del Lavoro, n. 1 del 09/01/2017;
• Comunicazione CNCE n. 616 del 05/04/2017: Convenzione Cassa Edile San Marino;
• Nota Ispettorato Nazionale del Lavoro del 05/06/2017.
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7. LAVORO ALL’ESTERO ED ASSICURAZIONE INAIL
A cura di dr. Marco Caruso – Responsabile processo Aziende Direzione Territoriale Inail di Bergamo
L’autore ha la piena responsabilità delle opinioni espresse nella presente pubblicazione, che non impegnano l’Inail e non
vanno intese come posizioni ufficiali dell’Istituto.
In caso di lavoratori inviati all’estero, quali sono gli obblighi nei confronti dell’INAIL?
SINTESI. Le ipotesi sono diverse in quanto Il lavoratore può essere inviato:
1) in Stati membri dell’Unione Europea e in Stati ai quali si applica la normativa comunitaria. L’istituto del distacco è previsto e disciplinato dai Regolamenti comunitari e per i lavoratori "temporaneamente distaccati" non
è dovuto alcun supplemento di premio all'INAIL in quanto rientrano nell'assicurazione ordinaria già operante in
Italia; 2) in Stati extracomunitari con i quali sono state stipulate convenzioni di sicurezza sociale. Qualora la convenzione
contempli l’istituto del distacco, troverà applicazione la legislazione italiana in materia di sicurezza sociale e, quindi, il lavoratore continuerà a essere assicurato in Italia. In caso contrario, il criterio generale più
frequentemente adottato dalle singole convenzioni è quello secondo il quale il cittadino di uno dei due Stati
contraenti che si trova a prestare attività nell’altro Stato contraente è soggetto alla legge previdenziale di quest’ultimo per i principi di reciprocità di trattamento e di territorialità;
3) in Stati extracomunitari con i quali non sono state stipulate convenzioni di sicurezza sociale. Fermo restando il
principio di territorialità che prevede l’applicazione della legislazione del luogo dove viene effettivamente svolto il lavoro, in assenza dell’istituto del distacco, se il lavoratore viene inviato in trasferta (mutamento temporaneo del
luogo di esecuzione della prestazione, nell'interesse e su disposizione unilaterale del datore di lavoro, con previsione certa di rientro nella sede di lavoro di provenienza), rimane assoggettato integralmente alla
legislazione italiana. Il lavoratore trasferito o assunto per essere impiegato all’estero in Paesi extraeuropei non
convenzionati, invece, deve essere obbligatoriamente assicurato presso l’Inail secondo le modalità di cui alla Legge 398/1987 che ha convertito il D.lgs 317/1987 al fine di ricevere la medesima tutela previdenziale prevista
per i lavoratori di nazionalità italiana impiegati nello stesso settore con analoghe mansioni.
ADEMPIMENTI
Il datore di lavoro è tenuto ad effettuare la comunicazione all’Inail della trasferta/distacco mediante apposita
denuncia di variazione (art. 12, comma 3, D.P.R. n. 1124/65) solo ove il lavoratore si trovi ad essere esposto a
rischi diversi da quelli per i quali è già assicurato presso l’Istituto.
In caso di distacco in Stati membri dell’Unione Europea e n Stati ai quali si applica la normativa comunitaria è
consigliabile che il distaccato porti con sé anche il PD DA1, e cioè il Documento portabile (PD) corrispondente all’ex
formulario E123 e rilasciato dall’Inail che dà diritto alla copertura sanitaria in caso di infortunio sul lavoro o di
malattia professionale. Il modello PD DA1, a differenza del modello PD A1 rilasciato dall’INPS, non è obbligatorio.
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APPROFONDIMENTO.
In materia di previdenza e di assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali la regola
generale è costituita dal principio di territorialità che prevede l’applicazione della legislazione del luogo dove viene
effettivamente svolto il lavoro. I Regolamenti comunitari e le convenzioni internazionali stipulate dall’Italia con alcuni
Paesi non appartenenti all'Unione Europea contemplano, però, alcune eccezioni a questa regola, fra cui il distacco.
Con il distacco la persona che esercita un’attività subordinata o autonoma in uno Stato membro viene temporaneamente
inviata in un altro Stato membro per svolgere la stessa attività.
Altre modalità di invio all’estero del lavoratore sono:
1) la trasferta: è il mutamento temporaneo del luogo di esecuzione della prestazione, nell'interesse e su disposizione unilaterale del datore di lavoro, con previsione certa di rientro nella sede di lavoro di provenienza. In questo caso, a prescindere dall’esistenza o meno di convenzioni stipulate con Stati extraeuropei, il lavoratore rimane sempre assoggettato integralmente alla legislazione italiana;
2) il trasferimento: è il mutamento definitivo del luogo della prestazione lavorativa, con la firma di un contratto estero che regola l'intero rapporto, e può comportare anche il mutamento della residenza o del domicilio per il quale si applica la Legge 398/1987.
Il lavoratore, dipendente o autonomo, può recarsi all’estero per motivi di lavoro:
1) in Stati membri dell’Unione Europea (Austria, Belgio, Bulgaria, Cipro, Croazia, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Italia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Olanda, Polonia, Portogallo, Regno Unito, Repubblica Ceca, Romania, Slovacchia, Slovenia, Spagna, Svezia, Ungheria) e in Stati ai quali si applica la normativa comunitaria (Liechtenstein, Norvegia, Islanda, Svizzera).
In questa prima ipotesi, troverà applicazione l’istituto del distacco (in ambito comunitario la trasferta corrisponde
al distacco). Il periodo di distacco svolto in un altro Stato non deve superare i 24 mesi e la persona distaccata non
deve essere inviata in sostituzione di un'altra. Durante il periodo di distacco, per i lavoratori "temporaneamente
distaccati" non è dovuto alcun supplemento di premio all'INAIL in quanto rientrano nell'assicurazione ordinaria già
operante in Italia.
Superato il periodo di distacco, si applica la normativa dello Stato in cui viene svolta l'attività lavorativa (principio
della territorialità), e quindi il lavoratore deve essere assicurato ai sensi della legislazione di quello Stato.
Il lavoratore comunitario distaccato in uno Stato membro dovrà portare sempre con sé il certificato PD A1,
attestante l’esonero contributivo estero. Il PD A1 è rilasciato dall’Inps e corrisponde all’ex formulario E101.
E’ consigliabile, altresì, che il distaccato porti con sé anche il PD DA1, e cioè il Documento portabile (PD)
corrispondente all’ex formulario E123 e rilasciato dall’Inail che dà diritto alla copertura sanitaria in caso di
infortunio sul lavoro o di malattia professionale. Il modello PD DA1 non è obbligatorio;
2) in Stati extracomunitari con i quali sono state stipulate convenzioni di sicurezza sociale, e precisamente:
Argentina, Australia (Stato del Victoria) Brasile Canada (provincia dell’Ontario; provincia del Quebec) Capoverde Isole del Canale (Jersey, Guersney, Aldernay, Herm, Jetou) Ex Jugoslavia (Repubbliche di Bosnia Erzegovina, Macedonia, Serbia e Vojvodina, Montenegro, Kosovo) Principato di Monaco San Marino Santa Sede
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Tunisia Turchia Uruguay Venezuela
La tutela previdenziale ed assicurativa dei lavoratori operanti in Paesi che hanno stipulato con l’Italia convenzioni
bilaterali in materia di sicurezza sociale è regolata, appunto, da tali convenzioni. Il criterio generale più
frequentemente adottato dalle singole convenzioni è quello secondo il quale il cittadino di uno dei due Stati
contraenti che si trova a prestare attività nell’altro Stato contraente è soggetto alla legge previdenziale di
quest’ultimo per i principi di reciprocità di trattamento e di territorialità.
Anche la gran parte di queste convenzioni, però, contempla l’eccezione del distacco, periodo durante il quale
troverà applicazione la legislazione italiana in materia di sicurezza sociale e il lavoratore continuerà a essere
assicurato in Italia. Ogni convenzione ha proprie specificità circa le assicurazioni sociali previste, i formulari da
utilizzare e la regolamentazione del distacco. Al termine del distacco il lavoratore è soggetto al regime assicurativo
del Paese nel quale continua a lavorare;
3) in Stati extracomunitari con i quali sono state stipulate convenzioni di sicurezza sociale cosiddette “parziali:
Tali convenzioni non riguardano tutte le forme di tutela previdenziale (prestazioni di invalidità, di vecchiaia, ai
superstiti, in caso di morte, in caso di disoccupazione, in caso di infortuni sul lavoro e malattie professionali, in caso
di malattia. in caso di maternità, per i familiari) e per questo vengono dette “parziali”.
L’applicazione della legge italiana in caso di convenzioni parziali segue le regole di seguito indicate :
• per le assicurazioni comprese nella convenzione si applica la disciplina italiana comune per cui i contributi e i
premi vanno versati sulla retribuzione effettiva, e non su quella convenzionale di cui all'art. 4 del D.L. n. 317/1987;
• per le assicurazioni non comprese nella convenzione si applica il D.L. n. 317 del 1987 sia con riferimento alla
retribuzione ("convenzionale") da assoggettare a contribuzione previdenziale e premio assicurativo che con
riferimento alle agevolazioni contributive da esso previste.
• i contributi relativi alle prestazioni che nella convenzione vengono previste a carico del Paese dove il lavoratore
è stato distaccato devono essere versati in quel Paese;
4) in Stati extracomunitari con i quali non sono state stipulate convenzioni di sicurezza sociale: I lavoratori trasferiti o assunti per essere impiegati all’estero in Paesi extraeuropei non convenzionati devono
essere obbligatoriamente assicurati presso l’Inail, come sancito dalla Legge 398/1987, al fine di ricevere la
medesima tutela previdenziale prevista per i lavoratori di nazionalità italiana impiegati nello stesso settore con
analoghe mansioni.
Ai fini del versamento contributivo, il datore di lavoro deve aprire una posizione separata sia all'Inps che all'Inail. I
contributi per le assicurazioni, dovuti ai sensi della Legge 398/1987, vengono calcolati sulla base di retribuzioni
convenzionali.
Qualora anche nello Stato estero tale assicurazione sia obbligatoria e il datore di lavoro dimostri di aver
ottemperato a tali obblighi, il valore dei premi è ridotto in misura corrispondente.
Come già detto, per quanto riguarda i lavoratori inviati in trasferta all'estero, i rapporti sono regolati dalla
legislazione italiana.
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Il datore di lavoro è tenuto ad effettuare la comunicazione all’Inail della trasferta/distacco mediante apposita
denuncia di variazione (art. 12, comma 3, D.P.R. n. 1124/65) solo ove il lavoratore si trovi ad essere esposto a
rischi diversi da quelli per i quali è già assicurato presso l’Istituto.
Per ulteriori approfondimenti si manda al portale Inail al seguente link:
https://www.inail.it/cs/internet/attivita/assicurazione/lavoro-all_estero.html