abbiamo proposto agli iscritti di...

18
Siamo a dicembre e come ogni anno pubbli- chiamo il Notiziario del Collegio. Sta arri- vando la fine del 2013 un anno che è stato complicato e faticoso un po’ per tutti. Difficile scrivere un articolo d’apertura del nostro giornale senza cadere nella critica, appropriata ma poco costruttiva, nel pessi- mismo, che comunque non aiuta, o in un retorico ottimismo che invita a guardare il bicchiere mezzo pieno, quando comunque il bicchiere resta mezzo vuoto. Come è ormai prassi da diversi anni, scriven- do l’articolo di apertura del Notiziario del Collegio colgo l’occasione per invitare i soci a una riflessione sulla nostra associazione e su quello che rappresenta per chi ne condi- vide gli intenti. Nelle pagine seguenti è riportato un reso- conto delle iniziative realizzate durante l’anno. Tra le più riuscite voglio ricordare il viaggio a Marsiglia (preceduto da una bella “lezione” di Sergio Boidi dal titolo “Le Corbusier et la Mediterranée”) e il concorso di idee per “Un orto in città”, che ha visto la partecipazione di architetti e ingegneri “under 35” provenienti da tutta Italia. L’organizzazione del concorso e il successivo allestimento del progetto vincente nei Giardini delle Serre della Villa Reale di Monza ha costituito un importante momen- to di coesione per tanti soci del Collegio. Inoltre, ha rinforzato il nostro rapporto con la Scuola di Agraria del Parco di Monza, che ha collaborato con noi a questa iniziativa e successivamente ci ha ospitato in occasione del “Cocktail d’estate” presso la propria sede, la Cascina Frutteto. Altre iniziative si sono invece dovute cancel- lare per mancanza di adesioni. Dispiace, ad esempio, che, per mancanza di un numero sufficiente di partecipanti, non si sia potuta effettuare la visita guidata alla Villa Olmo di Como della mostra “La città nuova – oltre sant’Elia”. Dopo la visita era previsto un itinerario in città nei luoghi più signifi- cativi dell’architettura razionalista, fino alla Pinacoteca Civica, dove sono conservati i disegni di Sant’Elia. Tuttavia, si può ben capire che tra i motivi della scarsa partecipazione c’è da mettere in conto il difficile periodo che stiamo attra- versando, che obbliga a relegare in secondo piano le cose meno impellenti rispetto ai problemi lavorativi a cui occorre prestare quotidianamente attenzione. Non per que- sto dobbiamo però sottovalutare l’importan- za degli appuntamenti del Collegio, dato che la cultura e l’aggiornamento sono parti integranti della nostra qualità professionale, la cui mancanza finirebbe per assecondare ancor più il generale scadimento di livello. Per quanto possibile, il Consiglio del Collegio cerca dunque di lanciare un mes- saggio di ottimismo: facciamo rete, cerchia- mo di portare avanti delle proposte utili alla società. Come quella lanciata dalla nostra Commissione Urbanistica che, in sinergia con altri professionisti monzesi, intende organizzare nei prossimi mesi dei “tavoli di lavoro” coinvolgenti la città per risvegliare l’attenzione sui problemi del nostro territo- rio, sulla situazione urbanistica monzese e, non ultimo, sulla Villa Reale, che si conti- nua a non capire come verrà utilizzata. Riguardo alla Villa Reale, sappiamo che il restauro è iniziato da tempo e che le deci- sioni in merito sono state prese. Tutto pro- cede come previsto o voluto, ma la città non è informata di nulla. Intervenendo nel merito, cercheremo quindi di risvegliare l’in- teresse e tenere alta l’attenzione su quanto sta accadendo, proponendoci, in definitiva, di esercitare una forma di controllo indiretto sulle attività in corso. Forse, in questo modo si riuscirà a influire, almeno in parte, sulle finalità e destinazioni d’uso di uno dei più importanti monumenti monzesi. Nel recente convegno tenutosi al MADE-Expo il 5 ottobre 2013, organizzato dal Collegio degli Ingegneri e Architetti di Milano sulle ”Possibili iniziative dei Collegi/Associazioni degli Ingegneri e Architetti a supporto dei rispettivi Ordini per la crescita del Paese”, l’idea centrale emersa è che i collegi e le associazioni di architetti e ingegneri posso- no e devono mettere a disposizione il pro- prio radicamento territoriale e i propri mezzi di informazione per incidere sull’efficienza- efficacia della macchina statale, dove sem- bra persistere una certa inefficienza pubbli- ca. Se possibile, vediamo di contribuire a migliorare lo stato delle cose. Al convegno abbiamo partecipato condivi- dendo l’idea che in un momento difficile per la nostra società il Collegio di Monza degli Architetti e Ingegneri può diventare un punto di riferimento, di aggregazione e di stimolo per la città. Chiara Ongaro Presidente I saluti di Jacopo Gardella Sono molto grato al Collegio degli Architetti ed Ingegneri di Monza per la serata di presentazione del libro dell’arch. Sergio Boidi. Sono dispiaciuto di non poter essere con Voi, ma invio i miei più cordiali auguri per il successo di questo e di altre Vostre ini- ziative. L’autore del libro su Ignazio Gardella cono- sceva bene il personaggio di cui scrive e Vi darà un quadro obiettivo e sincero della figura da lui illustrata. Ha certamente aiu- tato per la reciproca conoscenza dei due architetti, il maestro e l’allievo, la circo- stanza che entrambi hanno un comune legame con la città di Alessandria. La copertina del libro mostra infatti la fac- ciata del Dispensario Tubercolare, l’opera di Alessandria con cui l’architetto, allora gio- vane, si era fatto notare dalla critica più avanzata. L’iniziativa del Vostro Collegio ha il merito di portare nei centri minori e nelle città di provincia argomenti di Storia e di Arte Contemporanea, non sempre sufficiente- mente divulgati. So che gli ascoltatori pre- senti alla Vostra riunione saranno attenti e interessati, come ho già potuto constatare altre volte, quando il pubblico residente fuori dalle grandi città si è rivelato meno distratto, più partecipe, più aperto alla discussione ed al dibattito. Con questa felice certezza invio cordiali saluti. Milano, 17 Ottobre 2013 Arch. Jacopo Gardella § Ignazio Gardella architetto della leggerezza Fin dall’inizio c’è stato per l’architettura di Ignazio Gardella un problema di identifica- zione. Già Pagano, che ne fu amico ed esti- matore, aveva sentito il bisogno di artico- lare il giudizio intorno alle prime opere, che a un’impostazione chiaramente moder- na affiancavano elementi espunti dall’este- tica razionalista. Come il grigliato in mat- toni del Dispensario antitubercolare di Alessandria, fonte all’epoca di numerose discussioni intorno al suo relativismo con- trastante con lo spirito dell’avanguardia. Il problema si presentò anche in seguito, ad esempio nei CIAM (Congressi internazionali EDITORIALE PRIMA PAGINA pag.2 Gardella Memoria e Testimonianza, a cura di Sergio Boidi, Action Group Editore, settembre 2013.

Upload: lamthuy

Post on 08-Feb-2019

213 views

Category:

Documents


0 download

TRANSCRIPT

Page 1: abbiamo proposto agli iscritti di collaborarearching-monza.it/wp-content/uploads/2014/05/NOTIZIARIO-OK1.pdf · di idee per “Un orto in città”, ... conto il difficile perio do

Siamo a dicembre e come ogni anno pubbli-chiamo il Notiziario del Collegio. Sta arri-vando la fine del 2013 un anno che è statocomplicato e faticoso un po’ per tutti.Difficile scrivere un articolo d’apertura delnostro giornale senza cadere nella critica,appropriata ma poco costruttiva, nel pessi-mismo, che comunque non aiuta, o in unretorico ottimismo che invita a guardare ilbicchiere mezzo pieno, quando comunque ilbicchiere resta mezzo vuoto. Come è ormai prassi da diversi anni, scriven-do l’articolo di apertura del Notiziario delCollegio colgo l’occasione per invitare i socia una riflessione sulla nostra associazione esu quello che rappresenta per chi ne condi-vide gli intenti. Nelle pagine seguenti è riportato un reso-conto delle iniziative realizzate durantel’anno. Tra le più riuscite voglio ricordare ilviaggio a Marsiglia (preceduto da una bella“lezione” di Sergio Boidi dal titolo “LeCorbusier et la Mediterranée”) e il concorsodi idee per “Un orto in città”, che ha vistola partecipazione di architetti e ingegneri“under 35” provenienti da tutta Italia.L’organizzazione del concorso e il successivoallestimento del progetto vincente neiGiardini delle Serre della Villa Reale diMonza ha costituito un importante momen-to di coesione per tanti soci del Collegio.Inoltre, ha rinforzato il nostro rapporto conla Scuola di Agraria del Parco di Monza, cheha collaborato con noi a questa iniziativa esuccessivamente ci ha ospitato in occasionedel “Cocktail d’estate” presso la propriasede, la Cascina Frutteto. Altre iniziative si sono invece dovute cancel-lare per mancanza di adesioni. Dispiace, adesempio, che, per mancanza di un numerosufficiente di partecipanti, non si sia potutaeffettuare la visita guidata alla Villa Olmodi Como della mostra “La città nuova –oltre sant’Elia”. Dopo la visita era previstoun itinerario in città nei luoghi più signifi-cativi dell’architettura razionalista, fino allaPinacoteca Civica, dove sono conservati idisegni di Sant’Elia.Tuttavia, si può ben capire che tra i motividella scarsa partecipazione c’è da mettere inconto il difficile periodo che stiamo attra-versando, che obbliga a relegare in secondopiano le cose meno impellenti rispetto aiproblemi lavorativi a cui occorre prestarequotidianamente attenzione. Non per que-sto dobbiamo però sottovalutare l’importan-za degli appuntamenti del Collegio, datoche la cultura e l’aggiornamento sono partiintegranti della nostra qualità professionale,la cui mancanza finirebbe per assecondareancor più il generale scadimento di livello.Per quanto possibile, il Consiglio del

Collegio cerca dunque di lanciare un mes-saggio di ottimismo: facciamo rete, cerchia-mo di portare avanti delle proposte utili allasocietà. Come quella lanciata dalla nostraCommissione Urbanistica che, in sinergiacon altri professionisti monzesi, intendeorganizzare nei prossimi mesi dei “tavoli dilavoro” coinvolgenti la città per risvegliarel’attenzione sui problemi del nostro territo-rio, sulla situazione urbanistica monzese e,non ultimo, sulla Villa Reale, che si conti-nua a non capire come verrà utilizzata. Riguardo alla Villa Reale, sappiamo che ilrestauro è iniziato da tempo e che le deci-sioni in merito sono state prese. Tutto pro-cede come previsto o voluto, ma la cittànon è informata di nulla. Intervenendo nelmerito, cercheremo quindi di risvegliare l’in-teresse e tenere alta l’attenzione su quantosta accadendo, proponendoci, in definitiva,di esercitare una forma di controllo indirettosulle attività in corso. Forse, in questomodo si riuscirà a influire, almeno in parte,sulle finalità e destinazioni d’uso di uno deipiù importanti monumenti monzesi. Nel recente convegno tenutosi al MADE-Expoil 5 ottobre 2013, organizzato dal Collegiodegli Ingegneri e Architetti di Milano sulle”Possibili iniziative dei Collegi/Associazionidegli Ingegneri e Architetti a supporto deirispettivi Ordini per la crescita del Paese”,l’idea centrale emersa è che i collegi e leassociazioni di architetti e ingegneri posso-no e devono mettere a disposizione il pro-prio radicamento territoriale e i propri mezzidi informazione per incidere sull’efficienza-efficacia della macchina statale, dove sem-bra persistere una certa inefficienza pubbli-ca. Se possibile, vediamo di contribuire amigliorare lo stato delle cose.Al convegno abbiamo partecipato condivi-dendo l’idea che in un momento difficile perla nostra società il Collegio di Monza degliArchitetti e Ingegneri può diventare unpunto di riferimento, di aggregazione e distimolo per la città.

Chiara Ongaro Presidente

I saluti di Jacopo Gardella

Sono molto grato al Collegio degliArchitetti ed Ingegneri di Monza per laserata di presentazione del libro dell’arch.Sergio Boidi.Sono dispiaciuto di non poter essere conVoi, ma invio i miei più cordiali auguri peril successo di questo e di altre Vostre ini-ziative.L’autore del libro su Ignazio Gardella cono-sceva bene il personaggio di cui scrive e Vi

darà un quadro obiettivo e sincero dellafigura da lui illustrata. Ha certamente aiu-tato per la reciproca conoscenza dei duearchitetti, il maestro e l’allievo, la circo-stanza che entrambi hanno un comunelegame con la città di Alessandria.La copertina del libro mostra infatti la fac-ciata del Dispensario Tubercolare, l’opera diAlessandria con cui l’architetto, allora gio-vane, si era fatto notare dalla critica piùavanzata.L’iniziativa del Vostro Collegio ha il meritodi portare nei centri minori e nelle città diprovincia argomenti di Storia e di ArteContemporanea, non sempre sufficiente-mente divulgati. So che gli ascoltatori pre-senti alla Vostra riunione saranno attenti einteressati, come ho già potuto constatarealtre volte, quando il pubblico residentefuori dalle grandi città si è rivelato menodistratto, più partecipe, più aperto alladiscussione ed al dibattito.Con questa felice certezza invio cordialisaluti.Milano, 17 Ottobre 2013

Arch. Jacopo Gardella

§

Ignazio Gardella architettodella leggerezza

Fin dall’inizio c’è stato per l’architettura diIgnazio Gardella un problema di identifica-zione. Già Pagano, che ne fu amico ed esti-matore, aveva sentito il bisogno di artico-lare il giudizio intorno alle prime opere,che a un’impostazione chiaramente moder-na affiancavano elementi espunti dall’este-tica razionalista. Come il grigliato in mat-toni del Dispensario antitubercolare diAlessandria, fonte all’epoca di numerosediscussioni intorno al suo relativismo con-trastante con lo spirito dell’avanguardia. Ilproblema si presentò anche in seguito, adesempio nei CIAM (Congressi internazionali

EDITORIALE

PRIMA PAGINA

pag.2

Gardella Memoria e Testimonianza,a cura di Sergio Boidi,

Action Group Editore, settembre 2013.

Page 2: abbiamo proposto agli iscritti di collaborarearching-monza.it/wp-content/uploads/2014/05/NOTIZIARIO-OK1.pdf · di idee per “Un orto in città”, ... conto il difficile perio do

di architettura moderna) con la Casa alleZattere di Venezia, che contribuì alla rottu-ra tra l’architettura italiana e il movimentointernazionale, definita da Reyner Banham“la ritirata dell ’Italia dal MovimentoModerno”.Non è dunque un caso che Argan abbiadedicato a Gardella l’unica monografia dalui scritta su un architetto contemporaneo(Argan, 1959), per approfondire determina-ti aspetti non in linea con le principalicorrenti architettoniche del momento,quella del Bauhaus, rigorista, e quella di LeCorbusier, tacciato di “razionalismo calvini-sta” nel Manifesto degli architetti nove-centisti del 1934. Nel caso di Gardella nonsi era però in presenza di un’enunciazionestilistica definita (Gardella stesso ricono-sceva, al termine della sua vita, la man-canza di uno stile personale); si trattavapiuttosto di una partecipazione incompletaal programma moderno, contrassegnata daun’adesione empirica alle diverse situazioninelle quali l’architetto andava a operare.Nel dopoguerra, storici militanti comeSiegfried Giedion continuavano a pensare ilMovimento Moderno in termini di unitànella diversità. Su un altro versante BrunoZevi preconizzava l’avvento dell’architettu-ra organica. Il saggio di Argan si calava inquesto contesto individuando in Gardella ipresupposti di “una relazione dialetticaancora possibile tra quei due estremi”. Mase da un lato era necessario chiarire i lati“piuttosto insoliti” della sua architettura,dall’altro era evidente che l’architetturaitaliana – quella di Gardella, Albini, Rogerse altri – aveva intrapreso strade inedite.Argan sviluppò quindi un’importante rifles-sione sulla tecnica e sul metodo diGardella, individuando i punti fermi del suoparadigma progettuale.Una caratteristica del linguaggio gardellia-no era quella di non scaturire da considera-zioni aprioristiche, ma di formarsi gradual-mente all’interno del processo compositivo.La forma era quindi definita per approssi-mazione, al contrario dei funzionalisti, chela derivavano dalla funzione. “Io credo chenon esista a priori una soluzione ottimale– diceva Gardella – ma che la miglior solu-zione si possa trovare solamente conti-nuando a fare scelte dopo scelte”. E andavacontrocorrente ritenendo la forma uno deirequisiti – il principale, ma non l’unico –da soddisfare al pari di tutti gli altri nelpiano di lavoro progettuale. Dal punto divista metodologico, Gardella partiva da unaprima idea, “senza la quale non c’è mate-riale su cui lavorare”, e la modificavaincessantemente come si fa con un risulta-to provvisorio. “Quando incomincio un pro-getto non so mai bene dove vado a finire”,aggiungeva con la consapevolezza che allafine il risultato poteva essere molto diver-so da quello immaginato all’inizio (i varistudi per il Dispensario lo dimostrano). In

questa prospettiva Gardella collocava purequello che riteneva dovesse essere l’impe-gno morale dell’architetto, fermamenteconvinto che un prodotto di qualità sca-dente “è sempre un inganno per lasocietà”. Vent’anni dopo il libro di Argan,Alberto Samonà riprendeva il discorso criti-co su Gardella, individuando nella sua con-dizione professionale la chiave di letturache meglio ne definiva il ruolo all’internodi una stagione ricca di risorse intellettualiper l’architettura italiana (Samonà, 1981).Per comprendere l’atteggiamento antidog-matico di Gardella bisogna inoltre tenerconto della sua formazione di ingegnere,che precede quella di architetto. La distin-zione sembra superflua se giudicata aposteriori, invece è indicativa di un atteg-giamento mentale che avrà risvolti signifi-cativi. La scelta di iscriversi alla facoltà diingegneria – scelta vissuta con sofferenzadal padre Arnaldo, architetto – è stataspiegata da Gardella come espressione di“ribellismo giovanile”. Ma più del datoautobiografico conta il fatto che in questomodo egli dimostrava di aver colto istinti-vamente un aspetto non secondario dellospirito dell’avanguardia, quello che neglistessi anni spingeva Le Corbusier a esaltarela figura dell’ingegnere contro quella del-l’architetto ancora legato allo storicismo.Oltretutto, l’essere ingegnere consentiva aGardella di liberarsi del mito della tecnica,che soggiogava invece molti architettiusciti dalle scuole di architettura. Allostesso modo, non subiva il fascino dellamacchina come rigeneratrice del mondo,anzi nutriva un certo scetticismo nei suoiconfronti. Al contrario, coltivava un since-ro interesse per l’ambiente e la tradizione,riferimenti espunti dalla koinè razionalista.Significativo il grigliato di mattoni nelfronte del Dispensario e, in misura forsemaggiore, quello dell’Altare di Varinella, dicui costituisce la matrice ontologica. Piùtardi, con la Mensa Olivetti di Ivrea,Gardella arriverà a progettare un edificioprivo di facciata e interamente assorbitonel contesto. Tra i contemporanei, soloRalph Erskine ha raggiunto risultati similiin ambito scandinavo. Col passare deltempo Gardella recupera anche il rapportocon la storia, intesa in senso non accade-mico ma come logos, facendone il terminedi riferimento ideale della sua ultima fase,che presenta un capolavoro senile come laFacoltà di Architettura di Genova. Anche latradizione diventerà qualcosa di partecipa-to in maniera più diretta negli interventiresidenziali di Arenzano e nella sala delTeatro Carlo Felice di Genova, realizzatoinsieme ad Aldo Rossi, dove il richiamo allapiazza si trasforma in una citazione palesedell’ambiente ligure.Molto è stato scritto su questi argomenti,meno invece su altri aspetti tuttaviaimportanti, come il “carattere” dell’archi-

tettura, un principio richiamato costante-mente da Gardella anche nella sua lungaesperienza didattica presso la facoltà diarchitettura di Venezia. Ogni edificio, dice-va, deve possedere un carattere che lo rap-presenti all’interno di un determinatoluogo. Ma questo carattere non può essereprecostituito, trattandosi di una variabiledipendente dalle condizioni che contorna-no il rapporto tra progettista e sito. Daquesto punto di vista il corpus architecto-nicum gardelliano può apparire come uninsieme eclettico fatto di tante soluzionidiverse. Più che di eclettismo si dovrebbeperò parlare di duttilità di un approccioesente da compromessi mimetici, teso aprivilegiare il lavoro di scavo nella formaper arrivare a operare con un numero ridot-to di elementi. Questa capacità di fissarein pochi tratti il carattere di un’architettu-ra Gardella la ricavava da Mies van derRohe, del quale riconobbe l’influenzadichiarandosi debitore del Padiglione diBarcellona nel riordino della Villa Borletti aMilano, (Monestiroli, 1997). Non si trattacomunque di imitazione, bensì dell’introie-zione di una lezione appresa e richiamataattraverso la memoria involontaria. Neglianni della maturità Gardella ritornerà suquesto concetto, teorizzando che la culturaproduce i suoi effetti migliori quando èstata “dimenticata”, quando cioè si è fissa-ta nella coscienza.Ma la peculiarità più segreta e feconda del-l’architettura di Gardella è, secondo me, laleggerezza. Per spiegarla, bisogna ricorreread altre fonti: ad esempio, alle Lezioniamericane di Italo Calvino, dove la legge-rezza è “qualcosa che si crea nella scrittu-ra, con i mezzi linguistici che sono quellidel poeta, indipendentemente dalla dottri-na del filosofo che il poeta dichiara divoler seguire” (Calvino, 1988). In effetti,la leggerezza è in Gardella un dato calligra-fico che procede di pari passo con la sensi-bilità per la qualità dei materiali (vetroce-mento, clinker, mattone, intonaco rosa) edelle forme modellate sotto la luce (la fac-ciata flessa della Casa per impiegati dellaBorsalino). Si tratta di un’istanza poeticache supera la questione dello stile peraffermare con discrezione l’idea di un bellodifficile e raffinato. Tutto questo è già pre-sente nell’accostamento delle diverse tex-tures del Dispensario e, soprattutto, inquel grigliato di mattoni che si situa aiprimordi del Razionalismo come applicazio-ne inedita del concetto di trasparenza: qui,infatti, la leggerezza coinvolge anche l’a-ria, creando un’osmosi tra esterno e inter-no così diversa dall’effetto prodotto dallepareti vitree di tanti edifici moderni. Piùancora, a Varinella il grigliato è il filtrodello scambio simbiotico tra manufattoedilizio ed ambiente naturale. Molteplicisono le assonanze tra queste prime opere el’Empirismo Nordico di Alvar Aalto, che

Notiziario del Collegio di Monza degli Architetti e Ingegneri • dicembre 2013 pag.3

Page 3: abbiamo proposto agli iscritti di collaborarearching-monza.it/wp-content/uploads/2014/05/NOTIZIARIO-OK1.pdf · di idee per “Un orto in città”, ... conto il difficile perio do

Gardella incontra nel 1938, scoprendo unaforte comunanza di intenti. E come la dif-ferenza dei corrimano nella scala dellaBiblioteca di Vijpuri (grossi e di legno daun lato, sottili e di ferro dall’altro) è spie-gata da Aalto per “raccontare l’esperienzadel salire e dello scendere”, allo stessomodo nell’Altare il dialogo tra architettura,alberi, fiume e pietre (cavate sul posto emesse in opera nei muri portanti secondola prassi costruttiva locale) diventa qualco-sa di più di un riferimento alla culturapopolare: diventa un modo particolare diraccontare la partecipazione quasi domesti-ca della gente alla memoria dei caduti.La leggerezza pervade tutta l’opera diGardella in modo ogni volta diverso. Latroviamo nel traliccio aereo del progetto diTorre per la piazza del Duomo a Milano enel suo precedente reale, a scala ridotta,del campanile della chiesa del SanatorioBorsalino. È presente nello scatto verticaledel pilastro a T della Taglieria del Pelo enella dinamica ascensionale dei balconidella Casa alle Zattere. Traspare dallemodanature “in punta di matita” degliarchi dell’Agorà di Alessandria, nel prota-gonismo della ringhiera del condominio divia Marchiondi, nel coronamento classicodella Mensa Olivetti. La leggerezza snelli-sce le pareti della Casa Borsalino edell’Ospedale infantile di Alessandria conserramenti a tutta altezza, scompone ilmuro della Facoltà di architettura in unasequenza di pilastri allungati che ricordanoi barbacani genovesi, determina l’aggettodell’ultimo piano dell’Alfa Romeo di Arese eriduce l’impatto al suolo dello stesso edifi-cio sospendendolo su un vassoio pensile. Èla leggerezza a suggerire l’inversione deipesi visivi in quella metonimia del PalazzoDucale veneziano che è il Palazzodell’Agricoltura alla Fiera Campionaria diMilano. Ed è sempre la leggerezza a ispira-re il cleristorio della chiesa di Cesate e iltaglio orizzontale del muro di Sant’Enrico aBolgiano. Ancora la leggerezza rendeimmateriale l’interno del PAC (Padiglioned’Arte Contemporanea) di Milano, confe-rendogli una luminosità lieve e opalescen-te. Così, nelle sue varie articolazioni laleggerezza si caratterizza come attributodell’eleganza, una componente tipica delmodo di pensare di Gardella.

Sergio Boidi

Salviamo Villa Mirabellino

Martedi 12 novembre presso la Salettadella Villa Reale di Monza è stata lanciataufficialmente la campagna “salviamo Villa

Mirabellino”, alla quale hanno aderito 17associazioni monzesi tra le quali ilCollegio. L’obiettivo che ci si è dati conaltre associazioni di Monza e del territorio,è il salvataggio di “Villa Mirabellino”dopo che, nel mese di ottobre, si è appresoche la Villa, proprietà del Demanio, faparte del gruppo di immobili pubblici cheil Governo ha deciso di dismettere perrecuperare risorse per la “Cassa depositi eprestiti” che serviranno a realizzare opera-zioni di valorizzazione e trasformazione dialtri beni attualmente in mano a Regioni,Province e Comuni.Tutti noi sappiamo che in questo particola-re periodo mancano fondi allo Stato e chea volte ci sono dei beni demaniali “inutili”che possono essere alienati, ma in questocaso riteniamo che la situazione sia bendiversa. “Villa Mirabellino” è un edificio diimportante valore architettonico e storicoed è inserito nel complesso “Parco diMonza, Villa e giardini”: per tutto questonon è accettabile che sia considerata unbene “alienabile”. Pertanto, abbiamo deciso di entrare a farparte del Comitato che si è costituito persalvaguardare “Villa Mirabellino”. Insiemesi cercherà di dialogare con le Istituzionisia a carattere locale (il Consorzio delParco e il Comune), che a livello nazionale(i Ministeri) per tutelare questo bene e perevitarne un uso privatistico. Vogliamo col-laborare con le istituzioni per cercare ditrovare una soluzione che, senza escluderea priori l’intervento di un privato per sal-vare questo immobile, possa comunquegarantire in ogni caso un suo uso pubblico.“Villa Mirabellino“ è in uno stato di abban-dono, ma non per questo l’unica alternati-va al degrado è la sua alienazione. Ci sonoproposte migliori di questa soluzione estre-ma. Per il suo recupero si potrebbero coin-volgere fondazioni anche straniere, aziendeprivate che hanno nei loro bilanci dellequote destinate a scopi sociali, senza tra-lasciare la possibilità di ricorrere a Fondieuropei, che comunque per essere destinatihanno bisogno della presentazione di unprogetto ben preciso.Ci sono diverse proposte di utilizzo a cuipensiamo quando diciamo che questo benenon va alienato. Sono progetti e iniziativeche sosterremo perché validi, in quantorispettano il discorso unitario che vede nelParco, con la Villa Reale e i Giardini ununico monumento, che non va assoluta-mente lottizzato.

Chiara Ongaro

Rilanciando l'invito dello scorso anno,

abbiamo proposto agli iscritti di collaborareattivamente alla stesura del nostro annualeNotiziario, invitandoli con una mail:

‘’Il lavoro di noi professionisti architetti eingegneri è diventato spesso insostenibile acausa della congiuntura economica generalecui si aggiunge la situazione di stallo cheormai da anni attanaglia l'urbanistica mon-zese; rivendicando le potenzialità e l'entu-siasmo che il nostro lavoro può offrire allasocietà, vorremmo condividere con Voi,esperienze, difficoltà, e proposte. Per questoci sarà gradito ricevere i vostri articoli,anche brevi riflessioni, su questo tema, nel-l'auspicio di dimostrarci tutti attivi e vigilidi fronte a questa grave realtà.’’

Pubblichiamo qui di seguito i contributiricevuti, ringraziando chi ha voluto contri-buire alla creazione di un dibattito che spe-riamo possa essere costruttivo e aperto alleidee di tutti.

§

E ci mancava pure la crisi...

Riscontro volentieri la disponibilità con-cessa dal Collegio, e produco un personalecontributo per l’editoriale di quest’anno.

E, per prima cosa, ho rintracciato e rilettoquanto nelle passate edizioni 2008 e 2009affermavo a proposito della situazioneurbanistica della nostra Città. Erano anni in cui si tentava di approvare laprima variante generale al Piano diGoverno del Territorio del 2007, adottata eriadottata in ogni salsa, ma mai portata acompimento.Per la comune memoria riscrivo il prologodi allora: “Con una punta di orgoglio, macon tanta delusione, possiamo affermare diaverla azzeccata quando, nell’editorialedello scorso anno – leggi 2008 – lamenta-vamo la sostanziale situazione di stasi chel’urbanistica monzese sta attraversando.Ecco, non è cambiato niente!”Oggi più che mai risulta evidente che nonè una questione di capacità politica di unao dell’altra parte, o meglio non è incapa-cità solo di una parte a raggiungerel’obiettivo di una sana e necessaria revisio-ne del P.G.T. E che la revisione sia indero-gabile non lo dico io: la ispirano nuovenorme regolamentari, l’intervenuta pianifi-cazione sovracomunale da recepire obbliga-toriamente, lo hanno dimostrato gliAmministratori comunali succedutisi nelmomento in cui hanno posto come primoobiettivo di mandato quello della revisionedello Strumento, “stoppando” e revocandoquanto precedentemente prodotto da altri.Ora, che una Amministrazione appena inse-diata (specie se rappresentante una diversa

ATTUALITÀ

CONTRIBUTI DEI LETTORI

pag.4

Page 4: abbiamo proposto agli iscritti di collaborarearching-monza.it/wp-content/uploads/2014/05/NOTIZIARIO-OK1.pdf · di idee per “Un orto in città”, ... conto il difficile perio do

Notiziario del Collegio di Monza degli Architetti e Ingegneri • dicembre 2013 pag.5

compagine politica) persegua l’obiettivo diutilizzare lo Strumento per raggiungereobiettivi di governo pare sacrosanto, edanzi perfettamente aderente ai principiispiratori della Legge Regionale 12/2005(istitutiva dei P.G.T.). Ma che nessuna delleamministrazioni passate, nonché quellaattualmente al governo della Città, abbianocapito che la rapidità di assunzione discelte e definizione di indirizzi è fonda-mentale per arrivare ad adottare e poiapprovare una variante urbanistica in 5anni, pare incredibile. Ed anzi, pare ormaiprassi consolidata quella di, una voltavinte le elezioni, procedere con tanta etale calma da arrivare ad adottare/tentaredi approvare la variante durante l’ultimoanno di mandato, con maggioranze diConsiglio ormai instabili e nuova campagnaelettorale in corso: una realtà ormai com-provata.Nei giorni scorsi è stato pubblicato l’avviodel procedimento per la variante al Pianodelle Regole ed al Piano dei Servizi delvigente P.G.T., mentre pare che la revisioneal Documento di Piano sarà attuata peraltra strada. Ma cosa è stato fatto neiprimi 16 mesi di governo da parte dellaattuale amministrazione? Se (come azzardoa dire) non potremo considerare l’anno2016 come idoneo ad approvare definitiva-mente un così importante documento digestione del territorio, si riuscirà a percor-rere tutte le tappe politico/amministrativenecessarie/obbligatorie per giungere alladefinizione della variante ai tre documentistrategici del P.G.T. entro il 2015? Ho seridubbi, e per la prima volta mi piacerebbeessere smentito dai fatti.Nutro istintiva simpatia personale e fonda-ta stima professionale per Chi oggi inComune a Monza si accinge a gestire lesorti della pianificazione urbanistica.Tuttavia in 16 mesi non ho letto di ideestravolgenti, non ho percepito impulsivigorosi per porre rimedio non solo allelungaggini burocratiche che attanaglianoogni procedimento amministrativo, matanto meno per arginare la crisi del settoreche inesorabilmente tende a vanificaremolte scelte pianificatorie che coinvolgonograndi proprietà legate a promotori privati,aree strategiche per il riuso del costruitodismesso e/o per la realizzazione di operepubbliche e servizi.Non ho visto atti intermedi approdare inConsiglio Comunale, modifiche regolamen-tari, approvazione del Regolamento Edilizio(ricordo che il famoso “Recens 21” ancor-ché confezionato non è mai stato approva-to), non incentivi finalizzati a far decollarela pianificazione attuativa (dove è finito ilpiano di inquadramento dei Piani Integratidi Intervento di cui tanto si è parlato nel2012?).Esistono meccanismi e procedure utili arisvegliare almeno le attenzioni dei grandi

promotori immobiliari monzesi, ne abbiamoconosciuto qualche esempio attraverso lacostruzione di alcuni Piani in Comuni atti-gui al nostro.

La crisi è devastante, il comparto edileparalizzato, e le casse comunali ne pati-scono il contraccolpo causato dai mancatiintroiti per oneri di urbanizzazione. È vero,governare oggi (a qualsiasi livello istitu-zionale) è esercizio di civismo estremo,bisogna darne atto: senza danaro sembria-mo tutti meno capaci. Esiste però un patri-monio di contributi mai utilizzato: ilCollegio, ad esempio, ha prodotto a favoredel Comune suggerimenti, pareri, documen-ti di sintesi sul P.G.T. vigente e sulle mol-teplici proposte di variante, ha propostol’affinamento delle Norme Tecniche diAttuazione basato sulla prima applicazionedel P.G.T. del 2007, ha proposto moltepliciintegrazioni al Recens 21 (poi realmenterecepite dal progettista nella versione fina-le), tutte procedure di novazione dellostrumento perfettamente legittimabiliattraverso un semplice atto deliberativoconsiliare. Ha anche gestito un felice espe-rimento di concorso di progettazione priva-ta a favore della selezione dei migliori ser-vizi pubblici di contropartita (riuso di areedismesse), ha organizzato conferenze,gestito eventi sui temi legati al territoriosotto l’aspetto anche storico, monumentalee paesaggistico, e tanto altro.Il risultato recente è stato quello di otte-nere l’impegno da parte del Sindaco edell’Assessore al Territorio finalizzato allaistituzione di un tavolo di lavoro perma-nente con la nostra e con le altreAssociazioni presenti: sarebbe la primavolta, sarebbe una gran bella cosa!

Fabrizio Bonafede

§

Favorire la qualità delletrasformazioniLa priorità espressa dall’amministrazionecomunale di Monza, relativa al recuperodelle aree dismesse costituisce una sceltaimportante per la nostra città.Porre un freno al consumo di suolo è unatto di responsabilità civica, per preservarele aree libere ed indirizzare lo sviluppo sul-l’esistente da riqualificare, dove c’è tantoda fare. Questo orientamento costituisce la miglio-re premessa per interventi a favore dei cit-tadini, della qualità del loro abitare, delloro lavoro e del loro tempo libero: perchéinseriti nel tessuto vivo della città esisten-te, perché restituiranno aree verdi e servi-zi, perché daranno valore ambientale adaree oggi degradate, perché contribuiranno

ad un innalzamento della qualità della vitaper parti intere di città.Vengono individuate 20 aree dismesse stra-tegiche quali prioritarie: ciò non basta, ilprincipio è salvo se si andrà oltre interes-sando anche tutte le aree dismesse diminori dimensioni attraverso proceduremolto più snelle ed agevolate per favorireil loro recupero in tempi brevi; sono que-ste, infatti, le situazioni più appetibili inquanto meglio dimensionate ad investi-menti di piccola-media entità.Viene individuato il Programma Integratod’Intervento quale strumento attuativo conle diversificate potenzialità che sottinten-de: la collaborazione pubblico-privato, lapolifunzionalità e l’integrazione al conte-sto urbano aprendo lo sguardo oltre il lottointeressato con ricadute positive sull’interoquartiere o su scelte strategiche per l’inte-ra città.Sappiamo come le sofferenze maggiori, aMonza, risiedano nella carenza di alloggi acosto moderato, di investimenti nellamobilità dolce e pulita, di spazi urbaniadeguati per socializzazione e servizidecentrati e come ad ogni localizzazionecompeta la risposta a differenti esigenzeurbane.L’attenzione deve quindi essere fissata suqueste emergenze alle quali dare una rispo-sta dignitosa.Una opportunità, quindi, di enorme impor-tanza, che richiede processi partecipativiben organizzati e pianificati per aprire alleaspettative dei cittadini.Credo che il Collegio possa avere un ruoloimportante, in questo senso, di stimoloalla conoscenza, al confronto ed al dibatti-to, con possibili iniziative nelle seguentidirezioni:- supporto all’attivazione di processi parte-cipativi diffusi perché i cittadini possanoessere informati, comprendere le trasfor-mazioni proposte, esprimere le loro aspet-tative;

Page 5: abbiamo proposto agli iscritti di collaborarearching-monza.it/wp-content/uploads/2014/05/NOTIZIARIO-OK1.pdf · di idee per “Un orto in città”, ... conto il difficile perio do

pag.6

- promuovere procedure concorsuali pubbli-co-privato perché i progettisti possanocimentarsi, offrendo pluralità di soluzioni,alla ricerca della scelta migliore;- proporre modalità attuative semplificateaffinché il processo virtuoso di recuperodal degrado si possa estendere, con proce-dure semplificate e snelle, ai casi minoripiù diffusi.Si darebbe una ulteriore prova che lasocietà civile professionale è vitale edattrezzata perché le opportunità di trasfor-mazione urbana, che costituiscono degliunici irripetibili, possano essere non solocompendi immobiliari da valorizzare maparte viva di una rinascita della nostrasocietà.

Michele Faglia

§

L’elefante e il topolino

Un noto commentatore di cose politicheitaliane ha recentemente descritto la deri-va in atto da anni in Italia come una svol-ta verso un vero e proprio “dispotismoburocratico”. Credo che mai come ora taledefinizione risulti aderente alla realtà deifatti. Siamo oramai abituati da troppotempo ad ascoltare da più parti lamenteleper l’inefficienza dello Stato, per le lun-gaggini burocratiche, per le incomprensibi-li o inattuabili leggi e i complicati regola-menti e norme che riempiono di adempi-menti, verifiche, controverifiche, condizio-ni, sanzioni, incentivi e disincentivi ognitipo di pratica necessaria per avviare ogestire una qualsiasi attività. Al coro deitradizionali critici dello Stato burocratico,dagli industriali agli artigiani fino ai com-mercianti, ora si uniscono senza remoraanche molte voci della politica dei partitifino, per certi versi sorprendentemente,anche ai sindacati. È questo il quadro sufficientemente condi-viso, e caratterizzato da molte evidenzeoggettive, che completa la descrizione diun momento storico in cui le relazionisocio-economiche trovano crescenti osta-coli nel loro dispiegarsi in uno Stato che,invece di costituire garanzia del rispetto diregole condivise e promuovere la prospe-rità e lo sviluppo attraverso la libera ini-ziativa dei cittadini, sembra giocare ilruolo innaturale e controproducente dicensore e demotivatore.In questa realtà la professione di architet-to o ingegnere libero professionista soffrein maniera particolare perché strettamenteinterrelata e dipendente dall’attività dellaburocrazia. Ma non basta. Infatti l’intrecciotra gestione amministrativa locale e buro-crazia amplifica, molto spesso, le disfun-

zioni tipiche di processi decisionali già“storicamente” (nella realtà italiana)orientati più al controllo e all’indirizzo chealla supervisione e alla facilitazione (intesanon come “laissez-faire” ma come “fiduciacostruttiva”).I problemi di fondo, sempre irrisolti, vannopeggiorando e tendono a produrre effettinegativi sempre più pesanti. Il quadro dicrisi economica acuisce gli effetti di talesituazione e non si intravvedono segnali diinversione di tendenza. Ogni iniziativa disemplificazione normativa, che a paroletutti sembrano condividere ed indicarecome una priorità, risulta nei fatti ineffica-ce o, addirittura e paradossalmente, con-troproducente. Infatti, passando da unlivello burocratico-amministrativo superio-re ad uno inferiore, spesso si misura undecadimento sostanziale di effettivi conte-nuti semplificatori ed un incremento difattori regolatori, di eccezioni, di specifi-cazioni. Se la norma deve tutelare l’interes-se collettivo essa non può però tradursisistematicamente in freno alla sburocratiz-zazione e all’iniziativa in suo nome.Il sistema di tutele deve sempre trovare unintelligente equilibrio con le istanze di svi-luppo e le necessità di garantire la libertàd’intrapresa. Il principio di precauzionenon può valere a senso unico, nel senso difreno preventivo. La pratica più sensata edeconomicamente e socialmente vantaggio-sa è quella della valutazione costi-beneficiin un quadro di garanzie e competenzenote, condivise e valutabili in maniera tra-sparente.Alla base non può che esserci sempre ilconfronto e la competizione tra idee,modelli istituzionali, sistemi di norme eforme di cooperazione. Perché, per esem-pio, non guardare oltre confine e trarreispirazione anche da esperienze positivenote e collaudate? Si scoprirebbe forse chel’investimento fatto per formare una cate-goria di professionisti ed operatori del set-tore delle costruzioni e trasformazioni delterritorio è generalmente valorizzato etrattato come risorsa, al pari di ciò di cuiessa si occupa professionalmente.La situazione italiana vede invece il preva-lere di una masochistica tendenza alla sva-lutazione, alla complicazione, alla eccessi-va attribuzione di responsabilità impropriealla nostra categoria, senza che alcunoponga questioni di ordine economico e diopportunità, se non di ordine etico. Insomma, lasciando a ciascuno di noi ilcompito di completare, se vuole, l’elencodelle disfunzioni e delle assurdità che lamacchina burocratico-amministrativa con-tinua incessantemente a sfornare in diabo-lica quantità, si potrebbe concludere lan-ciando ancora l’invito, o meglio l’appello,alle istituzioni e alla collettività a nondisperdere un patrimonio comune costitui-to dal sapere e dalle esperienze che una

intera categoria di cittadini professionistiha contribuito ad accumulare e che, pervocazione, mette a disposizione, nell’inte-resse di tutti. Senza dimenticare che anche noi, tecnicidel settore, dovremmo finalmente riusciread elevare il livello del dibattito culturalesu questi temi, evitando anacronistichedivisioni e distinguo che risultano deleteriper l’immagine che vorremmo dare di noistessi.Che il topolino-cittadino-professionistanon sia schiacciato, irrimediabilmente, dal-l’elefante-Stato burocratico…

Duccio Maria Battistoni

§

Urbanistica, Giro di boa.La 12/2005 un fallimento?Vedremo la nuova?

PGT di Monza. Confesso che, passando iltempo, avrei preferito che l’Amministra-zione a Monza mantenesse in funzione ilDocumento di Piano del PGT vigente, comeconsentito dalla normativa, anche perchéin tutti i documenti (come in quello per iPII) ci si richiama allo stesso come valoredi indirizzo. Ciò non avrebbe impedito che,come dettano le stesse Norme del PGT inessere, si definissero criteri e indirizzi digestione del tutto, sia in riferimento ai PIIche ai Piani attuativi e in particolare inriferimento al consumo di suolo. Insomma,in una situazione economica difficile biso-gna dare certezza generale e meno casualevolta per volta, facilitare anche gli inter-venti medio piccoli e non solo le grandiaree. Meglio una Città con un Piano generale diriferimento che governata da atti parzialivolta per volta con maggior incertezza delDiritto nel rapporto pubblico e privatoe nelle disparità che ne possono consegui-re oltre i tempi e incertezze dellaNegoziazione.L’altra sera tenevo con una collega del Poliesperta di paesaggio (arch. Fulvia Premoli)un dibattito a Inverigo che ha adottato ilproprio PGT e, per la parte urbanistica, hoportato anche alcuni dati su quanto èemerso sino ad ora dalla redazione dei PGTin quasi tutta la Lombardia. Una operazione complessa in atto ormai daparecchi anni dopo l’approvazione dellalegge 12/2005 e che ritengo non abbiaportato grandi frutti perché, come molti dinoi dissero, non bastano le intenzioni, mabisogna che le leggi e le norme siano“certe” e contengano esplicitamente gliobiettivi che rappresentano un patto civilecon gli abitanti per la gestione del territo-

Page 6: abbiamo proposto agli iscritti di collaborarearching-monza.it/wp-content/uploads/2014/05/NOTIZIARIO-OK1.pdf · di idee per “Un orto in città”, ... conto il difficile perio do

Notiziario del Collegio di Monza degli Architetti e Ingegneri • dicembre 2013 pag.7

rio e per la sua pianificazione. Dire se dopo anni sono stati raggiuntiobiettivi significativi di trasformazione nelcontrollo, tutela e valorizzazione del terri-torio è difficile, ma sicuramente affermareche i frutti sono stati del tutto modesti eanzi in alcuni casi peggiorativi della piani-ficazione prima in essere, è sotto gli occhidi tutti, anche per la qualità paesaggistica.Dire che la nuova strumentazione chedoveva organizzare con priorità risorsepubbliche e private per una migliore qua-lità de territorio, funzionale e paesaggisti-ca, abbia significato importanti trasforma-zioni della dotazione dei servizi di mobi-lità, del verde, di servizi essenziali e diedilizia sociale, per le destinazioni agrico-le, sarebbe una bugia.La cosa grave è che mentre il PianoTerritoriale Regionale ha dettato e indicatointeressanti obiettivi e sintesi di dati voltialla qualità del territorio, la risposta deiComuni e spesso anche delle Province (coni Piani Territoriali di Coordinamento) èstata del tutto modesta. Anzi ha fattofinta di non capire le intenzioni della leggee dello stesso Piano Territoriale. Infatti raramente si applica la correttametodologia dettata dalla legge: prima siindividuano esigenze, obiettivi e finalitàpubbliche per il Piano dei Servizi e lagestione degli stessi (compresi i costi), poisi usa il Documento di Piano e il Pianodelle Regole per ricercare unitamente allapartecipazione di risorse economiche pri-vate, il raggiungimento di tali obiettivi.In realtà molto si è tradotto in una rico-piatura dei Piani Regolatori vigenti e rico-noscimenti estesi di diritti veri e presunti,con assenza di reali capacità e normativedi programmazione e con una visione per iservizi articolata sulla dimensione di sin-gole operazioni immobiliari e non di pro-spettiva per gli insediamenti nel loro com-plesso.Il caso che sembra incredibile è lo slogandel “consumo di suolo”. Slogan perchéguardando i Piani, tutti ne fanno un obiet-tivo, ma in realtà in generale è un ingannogiocato su raggiri e dizioni normative equi-voche, su aree di trasformazione sovradi-mensionate come improprie aree dismesseo sottoutilizzate, indici differenziati soloai fini di consumare più suolo e poi sivedrà nella negoziazione di attuazione,premialità e incentivi eccessivi, aree diservizio improprie, dimensionamenti deltutto articolati ad arte con dati non omo-genei tra abitanti teorici e reali, assenza dicoraggio per la riqualificazione del paesag-gio oltre che urbanistico. Insomma un belcampionario negativo (che coinvolge anchepiani che si dicono a sviluppo zero) se èvero, come ho riportato l’altra sera, che ungruppo di studio ha valutato che le nuoveprevisioni dopo i PGT, in Lombardia assom-meranno a circa 10.000.000 (dieci milio-

ni!) di abitanti “teorici” in più di quelliattuali. Il raddoppio insomma. Da non cre-dere come il vero problema, quello di unabuona Pianificazione e Programmazioneterritoriale, si riempia solo di slogan e nondi contenuti reali, dalla non cementifica-zione al consumo zero; invece, anche nellanostra realtà complessa e in evoluzioneterritoriale, mal costruita, sono necessarie“buone politiche di programmazione” dataanche la scarsità delle risorse, non certo latutela di brutti insediamenti malfunzionan-ti e da spreco (senza nemmeno capire afondo che il reale risparmio energetico èsoprattutto sul funzionamento degli inse-diamenti).La cosa poi equivoca è che si confonde laprogrammazione con la certezza di indivi-duazioni delle previsioni così che, differen-temente che nel PGT di Monza (competiti-vità, programmazione delle quantitàannuali con bandi, priorità alle areedismesse, valore e aiuti alle aree agricole,sostenibilità), le previsioni sono del tuttosimili ai PRG precedenti e rigide e forieredi diritti consolidati, altro che aree “nonconformate”. Meno male che almeno sull’e-nergia prevalgono le norme di legge.L’attesa durante l’elaborazione dei PGT èstata usata per abusare dei Piani attuatividei PRG e di PII generalizzati. Inoltre gliobiettivi, di fronte ad una crisi economicanon semplice, continuano a privilegiare laresidenzialità a soli fini fininanziari e nondi economia reale. Un altro caso evidente èil PTCP della Provincia di Monza e Brianzache brilla per l’assenza di contenuto diprogrammazione territoriale e che se non siprotestava e si stava attenti rischiava dasubito un grande consumo di suolo agrico-lo (come nel caso della Cascinazza: il peri-colo c’è ancora anche se minore, dopo gliemendamenti).La Regione sembra si sia rimboccata lemaniche per mettere mano alla revisionedella Legge e vi sono pertanto rischi, comea Monza, di non avere in funzione il Pianovigente e rifare un Piano che potrebbeessere vetusto alla nascita in ragione dellanuova legge.Rimango sempre stupito dalla lentezzadelle forze sociali ed economiche nel direla loro e formulare proposte. Qualchetempo fa avevo proposto di organizzare unComitato Tecnico-scientifico per dare uncontributo “estern” alle politiche territo-riali. La proposta cadde nel vuoto e forsepeggio.Credo invece vada portata avanti anche inragione delle difficoltà economiche nonsolo di settore che viviamo ed i pericoli diaccettare ancora una volta il principio inci-vile che in assenza di regole sia meglio losviluppo del territorio. È palese il caso delPTCP che stava passando indenne sotto ilnaso di molti con grandi consumi di suolo,comprese le nostre aree agricole a Monza,

poi corretto grazie alla partecipazioneesterna, compresa quella di tante associa-zioni.

Alfredo Viganò

Soggiorno nell’Unitéd’Habitation - Brevi riflessioni

Questa volta la meta del viaggio organizza-to dal nostro Collegio è stata Marsiglia,città nominata “Capitale europea della cul-tura 2013”. Per celebrare questa investiturala città si è data molto da fare incaricandoprestigiosi architetti per erigere nuovi edi-fici che segnassero in modo significativo ilvolto della città. La meta pertanto è statascelta per soddisfare il giusto interesseprofessionale che molti dei nostri socihanno verso l’architettura contemporanea.Ma la scelta di Marsiglia è stata fattaanche per poter visitare la celebre Unitéd’Habitation, progettata da Le Corbusiernegli anni 1947-1952, avendo deciso ditrascorrere il nostro soggiorno proprio nel-l’albergo che è stato ricavato in una partedell’edificio. L’entusiasmo e la curiosità si sono manife-state subito al nostro arrivo all’albergo,ricavato al 4° e 5° piano dell ’Unitéd’Habitation. Eravamo tutti molto impa-zienti di prendere possesso della propriacamera per poter vedere concretamente dalvero una Unité d’Habitation capire comesono state ricavate le stanze all’interno deisingoli appartamenti e soprattutto poterlevivere. Avendo io una stanza singola, a dire ilvero, quando sono entrato mi sono sentito

un po’ imbarazzato perché la stanza si svi-luppa in lunghezza con una larghezza dicirca 1,80 m e mi sentivo un po’ “stretto”.In effetti c’era tutto quello che normal-mente ci si aspetta in una stanza d’alber-go, ma rigorosamente in linea: balcone,tavolinetto con televisione, letto, armadio,lavandino, doccia e porta d’ingresso. Ilw.c. rimaneva fuori, in condivisione con la

VISITE E VIAGGI

Page 7: abbiamo proposto agli iscritti di collaborarearching-monza.it/wp-content/uploads/2014/05/NOTIZIARIO-OK1.pdf · di idee per “Un orto in città”, ... conto il difficile perio do

stanza accanto, ricavato nel vano d’in-gresso alle due stanze. Il tutto studiato inmaniera razionale e minimale. Mi è sembra-ta una soluzione che poteva andare benenegli anni cinquanta, ma non adatta per inostri giorni. La soluzione adottata per lestanze doppie invece, ne ho potuta visitareuna adiacente alla mia, seppur sempre inuno stile minimalista, mi è sembrata piùsoddisfacente in quanto gli spazi eranomeno monastici delle camere singole e piùvivibili rispetto agli standard a cui siamoormai abituati. Nel complesso una sistema-zione modesta, ma confortevole e sicura-mente una buona occasione per sperimen-tare la costruzione.In compenso la visita dell’intero complessosi è dimostrata decisamente interessante,ha permesso di capire a fondo la raziona-lità che ha dettato la progettazione dell’e-dificio e l’indubbia innovazione abitativache all’epoca della sua realizzazione hasegnalato all’attenzione dell’Europa postbellica un nuovo modo di concepire le abi-tazioni non di lusso. Qui vi ritroviamotutte le caratteristiche della progettazionedi L. C. come i pilotis, la facciata libera, lapianta libera, la terrazza sul tetto per recu-perare lo spazio perduto sotto l’edificio ele finestre a nastro. In particolare poi èstata interessante la visita di un alloggiotipo, tutt’oggi in uso, le cui dimensioni,come del resto ogni parte dell’edificio,sono state determinate sulla base delfamoso “Modulor”: Soggiorno in duplex,cucina, completamente attrezzata secondobisogni e funzioni, camera da letto princi-pale prolungata da stanza di servizio ebagno esclusivo, camere da letto per bam-bini con lavandino e collegate con pannelliscorrevoli. Interessante anche la visita allagrande terrazza di copertura attrezzata conun asilo, piscinetta, angolo per i giochi deibambini e sulla quale è possibile fare atti-vità sportiva. Al 7° e 8° piano troviamo lastrada interna con i vari negozi, in uncerto senso antesignana dei centri com-merciali, che ben fa capire come questoedificio fosse all’avanguardia nel tempodella sua realizzazione e quale riguardoabbia posto Le Corbusier nella sua proget-tazione. Certamente una soluzione innova-

tiva per quei tempi che riunisce la visionedi L.C. per la vita in comune con le esigen-ze e la realtà della Francia del dopoguerra.Vivendo, seppur brevemente, all’internodell’edificio ben si comprende come que-sto, al tempo della sua realizzazione, fosseall’avanguardia nelle soluzioni abitative,per la cura posta nello studio dei dettagli,per lo sfruttamento degli spazi e per larazionalità del lay out degli appartamenti,e meglio si apprezza l’apporto innovativoche questo grande architetto ha dato all’e-dilizia moderna. Così come nella realizza-zione di piani urbanistici, i progetti di L.C.si rivelano avanti, rispetto al corso deitempi, di almeno trent’anni.

Paolo Ronconi

§

Viaggio di studiodal 23 al 26 maggio 2013 Marsiglia e Costa Azzurra

Il viaggio è iniziato sotto i migliori auspi-ci: dal pullman abbiamo potuto ammirarele Alpi innevate, la giornata stupenda pro-metteva bene, la comitiva era gradevole eaffiatata.La prima tappa è stata Bordighera allaFondazione Pompeo Mariani.Siamo stati accompagnati dal proprietariodella villa in cui abitò Pompeo Mariani, checi ha raccontato che la proprietà venneacquistata dal pittore nel 1909 e dopo l’ac-quisizione fu dato incarico agli architettiRodolfo Winter e Luigi Broggi per procede-re all’ampliamento della villa stessa, chedivenne così una struttura di circa 600 mq.L’artista volle uno studio di grandi dimen-sioni che venne denominato “Specola”,non solo per dipingervi ma anche per ospi-tare le sue innumerevoli collezioni d’arte(tappeti, porcellane maioliche, abiti anti-chi, armi ecc,); e molti ospiti tra cui laRegina Margherita di Savoia e i Rothschild,per fare qualche nome. Dopo settant’annidalla morte dell’artista, l’Atelier si è rico-stituito, attraverso fotografie dell’epoca eil recupero di buona parte dei materiali

sparsi per la casa. L’integrale restauro,durato due anni, all’interno e all’esterno,ha riportato la villa agli antichi splendori.Nel pomeriggio abbiamo proseguito perCap Martin per visitare il Cabanon che LeCorbusier progettò e costruì per le suevacanze nel 1952: all’apparenza è uncapanno senza fasto, che costituisce peròun esempio singolare di microarchitettura,denso di significati. Il Cabanon nasconde un pregevole eserci-zio di architettura di Le Corbusier, cheintese assegnare solo all’interno il primariovalore architettonico. Rivelando una riccacomposizione, logica e armoniosa, di solu-zioni significative, la costruzione insegnain primo luogo che il problema dell’abita-zione implica lo studio di scelte di qualità,piuttosto che di attenzioni sbalorditive orappresentative. È sufficiente già questoapproccio a ricordare che il fattore primariodell’architettura costruita – monumentale ominimale che sia – è colui che la abita etrasferisce nelle cose il suo fervore umano.Trasferimento a Nizza all’Hotel Westminsterper la notte; serata iniziata con una pas-seggiata attraverso la città, iniziata sullaPromenade des Anglais, simbolo della cittàborghese del XIX secolo e cena in uno deinumerosi ristoranti all’aperto.Il viaggio è proseguito la mattina dopo,attraversando il panorama della CostaAzzurra e facendo tappa al Museo Maeght.Posato sulla sommità di una collina, pro-spiciente il borgo medioevale di Saint Paulde Vence è uno straordinario Museo pensa-to da Sert che contiene una delle collezionid’arte del XX secolo più importanted’Europa, con opere di Bonnard, Braque,Calder Chagall, Giacometti ecc.Il clima particolarmente propizio dellazona, le abbondanti pinete, e i meravigliosiscorci su Cap d’Antibes e sulle Alpi vengo-no inclusi nel progetto come riferimentivisivi. Sert collabora attivamente con glistessi artisti nei disegni degli spazi e deglielementi (muri, specchi d’acqua e terrazzi)che dovevano costituire il supporto fisico eil contesto delle loro opere, molte dellequali erano state create appositamente perquesto luogo. Siamo rimasti tutti incantan-ti da tanta armonia.Poco distante, a Biot, abbiamo visitato ilMuseo Nazionale Fernand Leger, ricchissimodi opere. Inaugurato nel 1960, poco tempodopo la morte del pittore, il Museo con ilpensiero generoso dell’artista, intendedefinirsi come un luogo di studi e di ricer-ca sulle opere che conserva ma anche sullealtre forme di espressione (musica, cinemae danza).Pranzo e trasferimento nel pomeriggio aMarsiglia presso L’Unité d’Habitation doveabbiamo trascorso due notti.Serata per la cena al porto, dopo la visitaguidata per un primo approccio al nucleostorico della città, rappresentato dal quar-

pag.8

Page 8: abbiamo proposto agli iscritti di collaborarearching-monza.it/wp-content/uploads/2014/05/NOTIZIARIO-OK1.pdf · di idee per “Un orto in città”, ... conto il difficile perio do

tiere Panier e visita al Vieux Port, di recen-te completamente ristrutturato conmasterplan e progettazione di Foster ePartners e del paesaggista francese MicheDesvigne.La mattina dopo è stata dedicata ai nume-rosi spazi culturali e architetture rinnovateo costruite in occasione della manifesta-zione del 2013, come il Mucem di RudyRicciotti (foto pag. precedente), la stazio-ne ferroviaria rinnovata dal progetto diZaha Hadid, la riconversione dell’area deiDocks, il rinnovamento dell’area ex indu-striale Quai d’Arenc.Abbiamo visitato ampiamente con unaguida il Centre Regional de laMéditerranée. L’area J4 con superficie com-plessiva di 20.000 mq è compresa fra laCattedrale de la Major e il forte Saint Jean,all’ingresso del vecchio porto. Si tratta diun’area dell’antico Demanio PubblicoMarittimo che per lungo tempo è statooccupato dalle attività del porto, fra cuigli Hangar J4, il Sanatorio, la StazioneMarittima, molte delle quali permanevanoin stato di dismissione e abbandono finoagli inizi dell’anno 2000. A partire dal2009 i lavori definitivi sono cominciati conla costruzione del parcheggio sotterraneo edella parte interrata della VilleMéditerranée dell’arch. Stefano Boeri, pro-seguendo nel 2011 con il riassetto dellospazio pubblico dell’Esplanade e dellaDarsena.I progetti sono ormai in fase di completa-mento, con il ritorno dell’acqua del Fort S.Jean e nella nuova darsena che separa ilMucem dalla Villa Méditerranée.La Ville Méditerranée dell’arch. StefanoBoeri, è un edificio polivalente di 7000mq, destinato ad ospitare attività di ricer-ca e spazi di documentazione sulMediterraneo. Al suo interno una grandesala congressi, un centro espositivo, unamediateca, oltre che servizi ricettivi e resi-denze-foresterie per ricercatori ed artisti,completano lo schema funzionale.L’edificio a forma di C ospiterà al suo inter-no il mare: l’acqua del golfo di Marsigliapenetra infatti tra i due piani orizzontalidell’edificio, quello della sala congressi equello della sala espositiva, creando unavera e propria piazza d’acqua. Una piazzacapace di ospitare un gran numero diimbarcazioni, allestimenti e performancetemporanee o semplicemente di servire dapiscina.Gli spazi espositivi si trovano all’internodel volume a sbalzo di 36 mt sospeso a 14metri di altezza sul livello del mare, illumi-nato da finestre laterali, lucernari e dapavimenti vetrati. Il centro congressi, di2500 mq si trova invece, sott’acqua, ove ilcontatto con il mare è reso possibile graziea degli oblò, che al momento della nostravisita non erano ancora aperti.Partenza in mattinata da Marsiglia lungo la

spettacolare Corniche litoranea della città;proseguimento verso Cassis e lungo la viadelle crete, attraverso lo splendido panora-ma dei calanques affacciati sul mare versola Ciotat dove abbiamo fatto tappa per ilpranzo.Trasferimento nel primo pomeriggio aHyeres per una visita di un gioiello dell’ar-chitettura dell’arte del secolo scorso: laVilla Noailles di R. Mallet-Stevens, ora tra-sformata in un Museo di architettura foto-grafica e design contemporanei.In orario come previsto siamo tornati aMonza in serata.

Teresa Casiraghi

§

Benessere dell’uomo,salvaguardia dell’ambiente.

Nella mattinata di martedì 29 ottobre scor-so ci siamo recati presso Habitat Lab, ilcentro di innovazione e formazione diSaint Gobain a Corsico, all'interno dell'areaindustriale di Saint-Gobain Abrasivi S.p.A.Si tratta di uno spazio esistente che l’a-zienda ha voluto ristrutturare ed in parteampliare trasformandolo secondo i criteridi sostenibilità e alta prestazione energeti-ca; l’edifico infatti, sviluppato su unasuperficie di 1200 mq, ha ottenuto la cer-tificazione Leed Platinum, che rappresentail più alto riconoscimento secondo il siste-ma di certificazione statunitense, con ilpiù alto punteggio ottenuto da un edificioin Italia.Questa sede è uno spazio multifunzionale adisposizione della clientela, dei professio-nisti, dei venditori e degli installatori; vi sisvolgono infatti conferenze, seminari diformazione, corsi specifici per posatori einstallatori dei vari componenti e materia-li, secondo la strada intrapresa già da alcu-ne aziende del settore edile, dell’autopro-mozione attraverso spazi laboratorio apertial pubblico specializzato. Rappresenta una occasione interessante diapprofondimento e di studio verso l’attualeproduzione e la ricerca. L’edificio è statocostruito e ristrutturato naturalmente conparticolare attenzione sia all’efficienza del-l’involucro che degli impianti, durantetutte le stagioni dell’anno, oltreché conparticolare attenzione allo studio dell’acu-stica, come prevede il sistema di certifica-zione, nonché la sua destinazione d’uso. Interessante il sistema auto-oscurante peri vetri delle grandi aperture in facciata,che assumono una velatura gradatamentescura in base alla quantità di luce inciden-te, un sistema ancora dai costi molto ele-vati, ma che sicuramente troverebbe gran-

de apprezzamento in tutti i settori. I ‘vetrielettrocromici’ così funzionanti, garanti-scono il comfort visivo in qualsiasi condi-zione climatica e massimizzano l’apporto diluce naturale all’interno dei locali. Habitat Lab è anche in classe energeticaA+ secondo il sistema Cened RegioneLombardia ed è stato realizzato con le piùinnovative soluzioni delle aziende delGruppo operanti nel settore delle costru-zioni, capaci di garantire alti livelli dirisparmio energetico, l'abbattimento delleemissioni inquinanti e il massimo comfortabitativo. È un edificio a consumo quasizero, grazie anche all’impianto fotovoltaicoper la generazione in loco di energianecessaria al suo funzionamento, monito-rata continuamente, insieme ad altri para-metri, da un sistema domotico interfaccia-to con l’utente finale attraverso un pannel-lo informativo digitale posizionato nellasala principale. Nella sala espositiva si possono poi vederevarie soluzioni progettuali proposte dalletante aziende che fanno parte del Gruppo(tra cui Isover, Saint Gobain Glass, Weber,ecc); la sala conferenze ospita gli incontricon particolare attenzione all’aspetto acu-stico; la sala corsi è un ampio spazio perprovare le tecniche di posa dei materiali. Le tecnologie a disposizione delle aziendesono state applicate con grande impegno erisultati ottimi nel centro formativo diCorsico, che rappresenta uno dei sette inItalia; dal punto di vista generale, sarebbestata efficace una mano in grado di unifor-mare il progetto in una veste anche piùincentrata sull’aspetto architettonico com-plessivo, soprattutto negli spazi interni.

Cristina Molteni

§

Pedemontana: un’occasionedi sviluppo

Pedemontana: non una semplice autostradache interessa un territorio con 4 milioni diabitanti che esprime il 10% del Pil nazio-nale, non solo il nuovo sistema di tangen-ziali di Varese e Como o gli oltre 70 km diopere stradali connesse a queste nuovearterie che trasferiranno una media di oltre60.000 veicoli al giorno decongestionandola rete stradale esistente.Soprattutto un’opportunità di sviluppo inun momento critico per moltissime azien-de.A partire dalle società che progettano ecostruiscono tali opere, una sfida ingegne-ristica che vede la soluzione di tante pro-blematiche legate alla difficoltà di operarein una delle aree più densamente costruited’Europa, cercando di trovare un equilibrio

Notiziario del Collegio di Monza degli Architetti e Ingegneri • dicembre 2013 pag.9

Page 9: abbiamo proposto agli iscritti di collaborarearching-monza.it/wp-content/uploads/2014/05/NOTIZIARIO-OK1.pdf · di idee per “Un orto in città”, ... conto il difficile perio do

tra le necessità tecniche del tracciato,quelle urbanistiche e quelle ambientali (lamaggior parte del tracciato si situerà sottoil piano campagna, in trincea o galleria).In particolare affiancato al progetto del-l’autostrada c’è quello della cosiddetta“greenway”, un percorso che unirà i parchiregionali e quelli comunali prossimi al trac-ciato stradale: un’autostrada ciclabile verdedi oltre 90 km che porterà dall’area berga-masca a quella di Malpensa.Sono passati quasi 30 anni da quando si ècostituita la Società PedemontanaLombarda SpA (ma questi purtroppo sono itempi nel nostro Paese perché un progettodi queste dimensioni possa prendere vita –e verrebbe da dire non solo di questedimensioni) e vedere assieme ad altri col-leghi del Collegio (visita organizzata daOrdine Ingegneri Monza e Brianza) le operein fase di completamento presso il cantieredi Fagnano Olona (Va) ci ha fatto sperareche nonostante tutto, quando certe forzeriescono ad attivarsi, anche in questoPaese sono possibili grandi cose. Si perchéovviamente accanto a chi è entusiasta diquesta e di altre opere infrastrutturali c’èchi pensa che i soldi andrebbero spesimeglio. Non si sa in cosa, o forse non si sache l’alternativa è il niente. Basta vederela fine del progetto del Ponte sullo Strettodi Messina. Anni di studi, vengono firmati idecreti per l’inizio dell’opera e al solitocambio del vento politico tutto viene fer-mato (da notare che i decreti di attuazionesono stati firmati da chi poi ha rinnegatol’opera, ma anche questa non è unanovità). E chi ingenuamente ha pensatoche i soldi destinati a quell’opera sarebbe-ro finiti in acquedotti, ferrovie e quant’al-tro….li aspetterà per i secoli futuri.Questo non significa il dover dire sempre sìa tutto ovviamente, ma forse l’uso delbuon senso dovrebbe essere insegnatonelle scuole (se potesse essere insegnato).E assieme a quello un po’ di coraggio, diottimismo e di ambizione a puntare a tra-guardi importanti non guasterebbero.L’Italia ha potenzialità e risorse enormi,ma è solo col lavoro, con infrastruttureserie ed intelligenti e con persone dispostea non mettere davanti solo il proprio tor-naconto ma il bene della collettività che sipuò pensare di dare un futuro migliore alPaese.

Giuseppe Cusmano

“Gli aperitivi a tema”

Prosegue il ciclo degli aperitivi a tema, gliappuntamenti ormai consueti che quest’an-

no si sono svolti presso la “Casa dell’archi-tetto” in via Pennati 19 a Monza. La nuova sede che abbiamo scelto per inostri incontri si trova nel centro storicoed è un edificio che si è trasformato varievolte nel corso del 900 prima di rinascerecome luogo di convivialità, scambio diidee, trasmissione di esperienze, diverti-mento e cultura. Già cappellificio, cantinadi vini e magazzino, l’ex stabile industrialesi sviluppa su tre livelli: una suggestivacantina con volte a botte ideale perdegustazioni enogastronomiche, un lumi-noso piano terra dove si svolgono le confe-renze, ed un primo piano con tre camere daletto.Anche per i prossimi appuntamenti conti-nueremo a mantenere questa sede, ospitidell’arch. Simona Villa, nostra socia, che haristrutturato e gestisce con passione que-sta struttura. Per i prossimi mesi abbiamo in programmanuovi appuntamenti tra i quali un incontrocon un restauratore che ci parlerà del suolavoro e delle tecniche da adottare perrecuperare e conservare gli affreschi nelcorso di opere di ristrutturazione e unincontro dedicato all’arch. cinese WangShu, premio Pritzcher 2012. Inoltre ci saràanche una serata dedicata all’Expò diMilano del 1906. Di seguito trovate un breve elenco diquanto è stato proposto nell’ultimo anno evi ricordo che, se avete degli argomentiinteressanti, siete invitati a contattare laSegreteria del Collegio in modo da poterliapprofondire insieme nelle future serate.

31 gennaio 2013“Londra” a cura di Sergio Boidi - Casa del-l’architetto - via Pennati 19, Monza.

21 febbraio 2013“La domotica: un nuovo stile di vita” acura di Roland Stockner - Casa dell’archi-tetto - via Pennati 19, Monza.

23 aprile 2013“Le architetture fatte di segni e memoria“a cura di Nicolò Quirico con SimonaBartalena - Casa dell’architetto - viaPennati 19, Monza.

20 maggio 2013“Le Corbusier et La Méditerranée” a cura diSergio Boidi - Casa dell’architetto - viaPennati 19, Monza.

14 ottobre 2013“Gardella - Memoria e testimonianza” acura di Sergio Boidi - Casa dell’architetto -via Pennati 19, Monza.

§

Londra come ci appare:impressioni sulla serata a temaorganizzata dal Collegio degliarchitetti e ingegneri diMonza.

Il Collegio degli architetti e ingegneri diMonza ha organizzato nel mese di ottobre2012 un viaggio di studio a Londra permeglio conoscere l’evoluzione architettoni-ca di questa interessante città.

Ad illustrare ai Soci che non hanno potutopartecipare alla visita la città di Londra haprovveduto il Prof. Arch. Sergio Boididocente del Politecnico di Milano con unaesposizione chiara ed avvincente, la seratadel 31 gennaio u.s. presso la Casadell’Architetto in via Pennati 19 a Monza,ospiti dall’Arch. Simona Villa. La Casa del-l’architetto, nel centro storico della città, èuno spazio razionale ma nel contempoaccogliente composto da una parte dedica-ta a Bed & Breakfast e da una zona alle-stita per accogliere conferenze e eventi. Èstata una serata veramente interessanteche l’oratore ha corredato con un succeder-si di slide che hanno attratto l’attenzionedei presenti.Tutti conoscono Londra come la città attra-versata dal Tamigi, la città della Torre, delponte e della Cattedrale di Saint Paul, unacittà, come il carattere del popolo inglese,legata alle tradizioni.La città, divisa in due dal Tamigi, ha sullariva sinistra il nucleo più antico, mentresulla riva destra si è sviluppata per lungotempo la parte commerciale, caratterizzatadai “docks” e abitata dalla popolazioneoperaia necessaria al suo funzionamento.Un solo ponte strettamente sorvegliato, ilTower Bridge, costruito nell’800, ha colle-gato le due rive per lungo tempo: poi ilprogresso, nuovi ponti e nuovi assettiurbanistici. Intorno agli anni 50 del Novecento l’atti-vità nella zona dei docks di Londra, posticome si è detto sulla riva destra delTamigi, si è interrotta a causa dell’impossi-bilità per le nuove grandi navi mercantilidi risalire il fiume fino al cuore della capi-tale. Con la fine delle attività portuali, l’a-rea industriale ha cominciato lentamentea trasformarsi con operazioni intelligenti direcupero che hanno dato vita a nuovi quar-tieri, tuttora in divenire.Tutto infatti è in mutamento costante aLondra e nel corso della serata sono statianalizzati alcuni dei suoi nuovi edifici, cer-cando di vederne sia i pregi che i difetti.Ecco le mie impressioni: Parliamo del caso di “One New Change”:costruito a ridosso della Cattedrale di SaintPaul è un edificio commerciale progettatoda Jean Nouvell, oggetto di commentianche non favorevoli, soprattutto perchéper la sua costruzione si è scelto di rinun-

APPUNTAMENTI

pag.10

Page 10: abbiamo proposto agli iscritti di collaborarearching-monza.it/wp-content/uploads/2014/05/NOTIZIARIO-OK1.pdf · di idee per “Un orto in città”, ... conto il difficile perio do

ciare all’area verde davanti alla Chiesa cheera un punto notevole per la città e perl’edificio religioso: è stata una scelta giu-sta? Le idee degli architetti sono sempreinnovative, magari anche troppo e spessoaccade che il progetto sembra pensato perun luogo indefinito mentre poi viene rea-lizzato in un contesto ben preciso. Allorapossono sorgere difficoltà… Altre volte le nuove architetture comunquesi integrano e possono persino diventaresimbolo della città, come è successo conThe Swiss Re Tower, il grattacielo più“curioso” della citta, quello soprannomina-to “il cetriolo”, opera dell’arch. NormanFoster. Si tratta veramente di una grandeopera non solo di architettura ma anche diingegneria, con importanti e sofisticatesoluzioni tecnologiche.Sulla sponda destra del Tamigi, dove eranoun tempo i magazzini, gli uffici e gli opifi-ci necessari alle navi di quello che era ilporto di Londra, si è avuta una razionaletrasformazione dell’esistente e sono staticostruiti nuovi edifici modernissimi.Costruzioni più o meno azzeccate come peresempio The City Hall di Norman Foster cheassomiglia molto ad un cannoncino di sfo-glia piegato da un lato. Oppure l’importan-te intervento di Herzog e De Mouron per ilrecupero di un ex centrale elettrica oggigalleria d’arte: la famosa Tate Modern. L’architettura minore, con il recupero e latrasformazione di vecchi edifici industrialiin complessi abitativi od uffici e negoziottenuto con l’impiego di estrose soluzioniarchitettoniche supplementari ed integrati-ve, ha proposto tante belle soluzioni carat-terizzate spesso da colori vivaci: un assie-me che dà un tono di vita a qualcosa cheera grigio ed amorfo.Per concludere torniamo sulla riva sinistradel Tamigi dove è in costruzione il gratta-cielo progettato da Renzo Piano “TheShard” che si staglia come un cristallo sulcielo grigio londinese.Un grattacielo dalla forma di prisma a oggiancora incompiuto per ragioni tecniche….Quando sarà finito? Presto ci auguriamo!Così è Londra: un assieme di vecchi stili edi novità architettoniche che convivononel riuscito tentativo di rinnovamento e dicontinua trasformazione di una capitale dasempre centro culturale di importanzamondiale.

Felice Camesasca

§

Le architetture fatte di segnie memoria - Nicolò QuiricoPalazzi di Parole 23/4/13

Un pubblico molto attento e interessato haseguito la presentazione dei Palazzi di

Parole di Nicolò Quirico, condotta dall’arti-sta stesso e dalla sottoscritta, ad aprilepresso la Casa dell'Architetto a Monza. Ilprogetto, in effetti, pareva tagliato sumisura per un pubblico specializzato qualequello del Collegio Architetti e Ingegneridi Monza: le opere di Nicolò coniuganoarchitettura, fotografia e letteratura, inter-pretando la città, le sue strade, i suoi scor-ci, la sua quotidiana esistenza da un nuovopunto di vista, originale e suggestivo. Le immagini dei palazzi manipolati dall’ar-tista hanno sollevato curiosità, domande,riflessioni. Per l’occasione Quirico avevaintrodotto nella sequenza anche alcuninoti palazzi monzesi, fedele alla consuetu-dine di introdurre nel progetto edifici deiluoghi che lo ospitano.

“Le città come i sogni sono costruite didesideri e di paure”, scriveva Italo Calvinonel suo celeberrimo “Le città invisibili”. Èquasi inevitabile: davanti ai Palazzi diparole di Nicolò Quirico il pensiero corre altesto di Calvino, alle città che, sempre dipiù, vanno somigliandosi l’una all’altra eche pure, però, se sapute ascoltare, posso-no dare risposte alle nostre domande. Ed èproprio sulla voce della città che si con-

centra questo suggestivo progetto diNicolò Quirico. Come gli angeli di WimWenders osserviamo la città da un punto divista inconsueto, raggiungiamo il suo ven-tre e ascoltiamo la sua voce, o meglio: lesue mille voci. Una babele di voci eteroge-nee, suoni, parole, melodie e rumori… sus-surri, grida, pensieri, ricordi. Vita, insom-ma, poiché la città è, innanzi tutto, nelbene e nel male, un luogo vitale e dinami-co, in continuo mutamento. Della città Nicolò Quirico sa rubare l’anima,soffermandosi, quasi casualmente, suimolti edifici che la compongono: palazzi diepoche diverse, stili diversi, pensati permodi di vita diversi, messi tra loro in rela-zione, talvolta quasi uniformati, dallatrama inquieta e nervosa del tessuto urba-no. Dai luoghi storici ai palazzi più insigni-ficanti, lo sguardo dell’artista scorre qua elà per le strade delle città che gli sonovicine, che in un certo senso più gli appar-tengono, professionalmente e culturalmen-te. Il suo non è uno sguardo interessatoalla qualità architettonica o all’importanzastorica dell’edificio, né tanto meno badaalla sua estetica. La sua attenzione è tuttarivolta alla vita che in quei luoghi è passa-ta, passa e passerà in futuro. Alle cento,mille storie che si sono svolte dentro queimuri. Quelli di Nicolò sono palazzi fatti dauomini, abitati da uomini che crescono incittà popolate da uomini. Forse per questoa far sentire più forte la loro voce sonoquei palazzi che a un primo, superficialesguardo, sembrano tutti uguali, monoliti-che presenze senza vita e senza pregi este-tici, freddi oggetti immobili privi di virtù.Mettiamo da parte, per un attimo, il sape-re; dimentichiamo il loro ruolo nella storiadell’architettura, lasciamo stare le ragioni,le ricerche e le sperimentazioni formali chetalvolta si nascondono dietro a questi edi-fici. Trattiamoli, per un attimo, come lipercepisce lo sguardo del passante, dell’uo-mo qualunque, schiacciato dalla loroincombenza e dalla loro disarmante unifor-mità, alienato dalle loro forme geometrichee poco inclini al dialogo. Poco importa che

Notiziario del Collegio di Monza degli Architetti e Ingegneri • dicembre 2013 pag.11

Page 11: abbiamo proposto agli iscritti di collaborarearching-monza.it/wp-content/uploads/2014/05/NOTIZIARIO-OK1.pdf · di idee per “Un orto in città”, ... conto il difficile perio do

siano le innovative ed eleganti forme dellagiustamente celebre Torre Velasca o quelleinutili e banali di un palazzone di perife-ria: essi ci appariranno tutti comemostruosi edifici inanimati, tristi e disar-manti cattedrali di una modernità che nonbada più al progetto urbanistico, al bellopubblico o al luogo vivibile. Lo sguardo diNicolò ha saputo passare oltre la dura scor-za anche di questi palazzi, penetrandonelle loro pareti, superando il cemento e lapietra delle loro facciate, per ascoltare leloro voci. Voci che sono rimaste intrappo-late nei loro muri, che recano in sé latestimonianza di chi, in quei palazzi, vi haabitato per giorni, per mesi, per anni,spesso per una vita. Già da tempo avvezzo a progetti che trava-licano i confini tra le arti e mettono indialogo arti visive e letteratura, Quirico haimmaginato di analizzare i palazzi con unamacchina “ecofotografica”, un ipoteticosistema di indagine diagnostica che utiliz-za ultrasuoni per catturare l’eco degli abi-tanti. Ed ecco che, con uno straordinarioescamotage (le pagine di libri multilinguestampati all’epoca di costruzione del palaz-zo), gli edifici prendono vita, esplodono invibrazioni vitali, liberano suoni, parole,immagini, ricordi… rendendo visibile lavoce della città, la sua anima più profonda. In bilico tra fotografia e pittura, con leloro superfici materiche che animano lastaticità delle immagini, i Palazzi di Paroleoffrono sensazioni visive, sonore, tattili,perfino olfattive, proponendo un punto divista nuovo su panorami a noi talmentefamigliari da darli quasi per scontati. Un progetto che, pur concentrandosi perlo-più su edifici realizzati nei decenni passa-ti, invita anche a un possibile ripensamen-to degli spazi urbani attuali, che apreriflessioni importanti sul ruolo dell’archi-tettura nell’epoca moderna e che pare, atratti, strizzare l’occhio agli architetti eagli urbanisti di oggi, invitandoli a ripen-sare lo spazio cittadino in una dimensionepiù “umana” e accessibile, in costante dia-logo con l’ambiente e i fruitori degli edificiprogettati. Per questo Palazzi di Parole nonvuole essere semplicemente un progetto diarte visiva: intende aprire dibattiti, stimo-lare pensieri, coinvolgere il singolo indivi-duo – e non soltanto l’esperto di settore –,con uno sguardo ampio, critico, intelligen-te, globale sulla realtà che ci circonda.

Simona Bartalena

Nicolò Quirico - Monza, 1966Nicolò Quirico si occupa di comunicazionevisiva ed editoria dal 1985, anno in cui siè diplomato all’Istituto Statale d’Arte diMonza.Dal 1996 al 2004 si occupa dell’organizza-zione del Premio Morlotti-Imbersago e dàinizio alle sue ricerche artistiche, partendo

dall’utilizzo del mezzo fotografico per crea-re installazioni di matrice concettuale. Nenascono raffinati incontri tra immaginazio-ne e memoria, tra storia e fantasia, comela mostra itinerante dedicata al fiume Addae il Bestiario dell’ora blu, pubblicato sullarivista “Il fotografo”. Nel 2009 vince la seconda edizione delPremio nazionale organizzato dallaFondazione Vittorio e Piero Alinari diFirenze “Fotografare il territorio”.Tra le sue recenti esposizioni ricordiamo:2013Complicità sovrapposte, Palazzi di Parole -Spazio Seicentro di Milano.Complicità sovrapposte - Costantini ArtGallery di Milano.Pagine d'architettura - Galleria LaContemporanea di Torino.Premio Confini - Roma, Milano, Genova,Trieste, Mestre.2012Palazzi di Parole - Spazio Natta di Como.Palazzi di Parole - Spazio Heart diVimercate.2010Spiaggia MetàFisica Spazio Polifemo -Fabbrica del Vapore di Milano.BORMIO pietre di carta - Temporary ArtGallery Paola Sosio, mostra itinerante inspazi pubblici e privati �della Lombardia.

§

Da Marsiglia a Cap Martin,l'abitazione secondoLe Corbusier.

Il 20 maggio il prof. Sergio Boidi ha tenu-to una conferenza intitolata" Le Corbusieret La Méditerranée", evento organizzatodal Collegio in preparazione del viaggio inFrancia, a Roquebrune-Cap Martin eMarsiglia svoltosi dal 23 al 26 maggio. Èstata una serata di grande atmosfera doveil prof. Boidi è riuscito a trasmettere, aduna sala gremita, la conoscenza delMaestro dell'Architettura e del pensieroLecorbuseriano, attraverso la presentazione

di alcune opere che tenterò brevemente dirichiamare non prima di una sintetica pre-sentazione di Charles Edouard Jeanneret,dagli anni della formazione scolastica, aiprimi progetti per arrivare ai viaggi studio,un percorso che ha portato alla nascita diuno degli indiscussi maestri dell’architettu-ra moderna.

Charles Edouard Jeanneret è nato a Chauxde Fonds in Svizzera il 6/10/1987 dove siforma come artiste-décorateur, in partico-lare di casse d'orologio da taschino,mostrando la propensione al disegno. Uno dei professori, L'Eplattenier infondeagli allievi il gusto di scoprire nella naturala radice espressiva delle forme artistiche.Scrive Le Corbusier, secondo Petit: “il miomaestro aveva detto: soltanto la natura èl'ispiratrice, la sola verità, il supporto ditutta l'attività umana. Ma non rappresenta-te la natura alla guisa di quei paesaggisti iquali non sanno mostrare che l'aspettoesteriore! Indagate le cause, il perché delleforme, lo sviluppo vitale e di tutto ciò fatela sintesi nelle vostre decorazioni…....”.

pag.12

Page 12: abbiamo proposto agli iscritti di collaborarearching-monza.it/wp-content/uploads/2014/05/NOTIZIARIO-OK1.pdf · di idee per “Un orto in città”, ... conto il difficile perio do

Alla fine del terzo anno, L'Eplattenierpensa di allargare l'insegnamento impartitoa scuola, riunendo una ventina di appren-disti incisori in un corso superiore, chedeve valere anche a rinnovare il mestieredell'arte del costruire, la scultura in pietrae in legno, la fusione dei metalli, la vetre-ria, il mosaico, la tappezzeria. Sarà laricerca spontanea e appassionata di unostile regionale per la decorazione, ispiratoalla natura severa del Giura. Cambierannonel corso della vita di Le Corbusier, i codicistilistici in cui egli credeva, ma questosenso profondo, quasi sacerdotale, dell'u-nità e delle arti, non lo abbandonerà mai eavrà la sua apoteosi nel Campidoglio diChandigarh dove sarà architetto, scultore,autore di smalti per il portone e di tappez-zerie per le sale.Sempre Petit cita Le Corbusier che parla:“un contratto mi legava alla scuola perquattro anni, alla fine del terzo, uno deimiei maestri, memorabile, mi strappa dol-cemente a un destino mediocre (comeincisore). Egli voleva fare di me un archi-tetto, ma io avevo orrore degli architetti edell'architettura”.Nel 1905, all'età di diciotto anni, con l'aiu-to di L'Eplattenier, ottiene la prima com-messa, villa Fallet, in collaborazione conRené Chapallaz, ultimata nel 1907; frutteràa Le Corbusier le risorse economiche per ilsuo primo viaggio.Jeanneret aveva un bisogno disperato dinozioni costruttive su come stesse in piediun edificio; i fratelli Perret a Parigi, eranospecialisti in ingegneria strutturale e spes-so facevano gli esecutivi per edifici proget-tati da altri, così come era capitato di farea René Chapallaz per Jeanneret. I Perretcon la conoscenza del cemento armato,esaltavano la standardizzazione e l'indu-strializzazione delle componenti costrutti-ve e ognuno di questi aspetti si dimostròimportante nei successivi lavori di LeCorbusier. Altrettanto fondamentali per la sua forma-zione professionale sono il viaggio inGermania, con il periodo trascorso nellostudio di Peter Behrens, la cui influenzasarà evidente nelle opere successive, mal-grado Jeanneret sia sempre stato restio adammetterlo; l'interesse per le griglie pro-porzionali, per i tracés régulateurs, comin-cia a nascere proprio nello studio berlinesee il viaggio attraverso i balcani, fino aCostantinopoli, città che superò le sueaspettative e dove spese sette settimane,più di quanto dedicò all'intera Grecia.Per i primi quindici anni di attività profes-sionale continuerà a chiamarsi ChalesEdouard Jeanneret, ed è solo dal 1920(primo numero dell'Esprit Nouveau) cheassumerà il nome di Le Corbusier.

UNITÉ D'HABITATION MARSIGLIAÈ pensata come un villaggio verticale, dove

gli abitanti possono usufruire sul pianoparitetico dei principali servizi comuni,337 alloggi, servizi di varia natura, settestrade interne e quattro impianti elevatori. Al settimo e ottavo piano sono collocatialcuni servizi, dai magazzini alimentari,negozi di vario genere, una lavanderia,studi professionali e atelier, locali di ritro-vo distribuiti lungo due strade interne. Unaparte di questi due livelli a carattere com-merciale è occupata sul lato nord dell'edifi-cio, da una serie di camere di hotel e dapiccoli appartamenti per una o due perso-ne. Al diciassettesimo piano si trovano lascuola materna e il servizio sanitario. Sultetto/terrazza, un giardino per ragazzi e unservizio di custodia per bambini, collegatida una rampa alla scuola materna, unapalestra, una pista di corsa a piedi, unsolarium e un teatro all'aperto.Il principio costitutivo dell'Unité d'habita-tion è legato all'ipotesi fondamentale; sel'alloggio deve essere dotato di tutti irequisiti indispensabili al soddisfacimentodelle esigenze fondamentali della vita quo-tidiana, questi requisiti potranno esserepienamente realizzati solo se l'alloggio èinserito in un quadro sociale e spazialecoerente con tali requisiti.Nonostante la concentrazione di apparta-menti, gli stessi sono adeguatamente iso-lati e protetti da una loggia per l’affacciodelle vedute laterali. Il concetto espresso èquello di sviluppare la vita collettiva nelleparti comuni dell’edificio, preservando nelcontempo la riservatezza all’interno di ogniunità.Le Corbusier ritiene che la dimensione piùappropriata della vita collettiva, sia unordine di grandezza compreso tra le trecen-to e le quattrocento famiglie, cioè da millee duemila persone. Tale dimensione corri-sponde all'unità sociologica del villaggio,ritenuta come la più appropriata allo svi-luppo degli aspetti essenziali della vitasociale.Seguiranno le realizzazioni dell'Unità diNantes-Rezé (1953-55), Berlino, in occa-sione dell'Esposizione Internazionale del1957, quella di Briey-la Foret (1958-61) einfine quella di Firmini ultimata dopo lamorte di Le Courbusier.Il concetto dell'Unité d'habitation è statoripreso nei moderni edifici di tutto ilmondo, con grattacieli che si stanno avvi-cinando ai mille metri di altezza, in cui èpossibile vivere senza dover mai uscire;sembra questa la tendenza dei prossimianni.

LE CABANONNel 1952 decise che gli studi sullo spaziosvolti sino a quel momento potevano por-tare alla soluzione ideale per le sue vacan-ze al mare. Le Corbusier disegnò LeCabanon in quarantacinque minuti, tenen-

do conto del “modulor”, un semplice qua-drato di tronchi d'albero, a pochi metri dalmare. Lo aveva pensato come il più belregalo di compleanno per l'amata moglieYvonne, ma era anche la realizzazione deisuoi sogni di semplicità e solitudine difronte al Mediterraneo. A un uomo invacanza, diceva spesso Le Corbusier, nonserve molto più di un letto, i servizi, untetto e la vista del sole che si riflette sulmare.Ideato, progettato e costruito dallo stessoarchitetto, racchiude le condizioni idealidella progettazione architettonica, quellasintesi della dialettica tra momento pro-gettuale e fruizione.È una sorta di capanno sulla collina roccio-sa che guarda il mare a Roquebrune-Cap-Martin, ha una superficie di ml 3,66 x 3,66e un'altezza di ml 2,26. Un grande esempiodi unità minima di abitazione. L'arredo interno ha qualche similitudinecon la disposizione delle barche, il tavolo,la libreria, i due letti, il guardaroba, illavello e il servizio sono in un angolo dellastanza. All'interno non c'è una cucina, per-ché l 'Architetto si preparava i pastiall'"Etoile de mer", un piccolo caffè accan-to, al quale era collegato da una porta.L'esterno è realizzato con tronchi grezzi inlegno di pino, mentre l'interno è in quer-cia, le pareti sono in compensato, il tavoloè in noce. Ogni elemento è stato prefabbri-cato in Corsica.Un amante della natura dalla quale a trattomolti insegnamenti e ne ha saputo apprez-zare il valore.Quindici anni dopo morì proprio lì, a centometri dalla casa delle vacanze. Charles Edouard Jeanneret, un talento, unprecursore dei tempi, un artista completoche in anni di studio e progetti è divenutoLe Corbusier, il maestro dell'Architettura; ciha lasciato un insegnamento, facciamonetesoro.

Maurizio Benedetti

Concorso di ideeper un orto in città

L’occasione è stata il Festival degli Orti,manifestazione ideata da Terralab 3.0,svoltasi dal 23 maggio al 3 giugno 2013nella cornice delle Serre storiche della VillaReale di Monza.La manifestazione giunta alla sua secondaedizione, dopo la precedente riguardantegli Orti Sensoriali, ha trattato il tema“Coltiviamo la città”, argomento sviluppatocon una serie di iniziative, quali laboratori

CITTÀ - EVENTI - VARIE

Notiziario del Collegio di Monza degli Architetti e Ingegneri • dicembre 2013 pag.13

Page 13: abbiamo proposto agli iscritti di collaborarearching-monza.it/wp-content/uploads/2014/05/NOTIZIARIO-OK1.pdf · di idee per “Un orto in città”, ... conto il difficile perio do

didattici, corsi, incontri, ma che soprattut-to è stato illustrato in una mostra di alle-stimenti vegetali. Architetti, designer, artisti, agronomi,giardinieri, aziende vivaistiche e scuole sisono impegnati e confrontati nel pensare erappresentare l’orto, inserendolo nel conte-sto urbano, riflettendo sulla sua opportu-nità di rigenerazione del paesaggio eragionando sulle differenti funzioni possi-bili, quelle sociali, educative o paesaggi-stiche.Il tema dell’orto si riallaccia a tutta la filo-sofia delle green city, dove la sostenibilitàambientale e l’economia urbana vengonorivisitate secondo un nuovo modello di vitae di consumo. Con l’obiettivo di avvicinare la natura allavita quotidiana della città, utilizzandone lerisorse e coinvolgendo gli abitanti, si creaanche un nuovo tema nell’ambito dellaprogettazione urbana.Nell’intento di affrontare e partecipare a

questi temi di attualità e innovativi, evolendo concorrere anche a sostenere igiovani progettisti, il Collegio ha accoltocon entusiasmo la proposta di indire unconcorso di idee che è stato rivolto adarchitetti, designer, e ingegneri under 35. Oggetto del concorso è stato il progetto diun allestimento vegetale in un lotto delledimensioni massime di 5x5m, avente cometema l’orto urbano, declinato nelle sue dif-ferenti applicazioni contemporanee, pre-stando particolare attenzione al raggiungi-mento di soluzioni sostenibili, innovative ea basso costo. In palio era la realizzazionedel progetto vincitore e l’esposizione ditutte le proposte progettuali ricevute alfine di dare visibilità ai giovani progettisti.Dei 15 progetti pervenuti, la giuria hadeciso di conferire il massimo riconosci-mento al progetto intitolato Orto 4S del-l’arch. Domenico Sasanelli, e di segnalare iprogetti Tangreen: una forma tante combi-nazioni dell’arch. Paola Tassetti e Appendi

l’orto degli architetti Loredana Buonasera,Eleonora Sisinna, Valeriano Boragina.Nei Giardini delle Serre della Villa Reale, ilCollegio grazie al prezioso contributo deiconsiglieri, della Scuola di Agraria delParco di Monza, della floricolturaChiaravalli, della Totem Immobiliare, dellaCereda Legnami, della ScarabelliCostruzioni, di Orto Mio e Sementi Bambinha potuto realizzare l’Orto 4S. Tutti gli altriprogetti, che hanno partecipato al concor-so, sono stati presentati all’aperto, messi adimora su esili supporti verticali, dei ton-dini di ferro infissi nel prato, in una sortadi piccola coltivazione, l’“Orto dei proget-ti”.

Il progetto vincitore:L’Orto 4S - arch. Domenico SasanelliEstratto dalla relazione progettuale.Il progetto di allestimento vegetale metteal centro l’esperienza multisensoriale dello“stare” nell’orto. La struttura progettatapermette di svolgere le funzioni tipichedell’orto, piantumare, innaffiare, raccoglie-re e curare le essenze, ma anche di esaltarei 4 sensi: vista tatto gusto e olfatto (dacui il nome ORTO 4S).La struttura infatti è suddivisa in settori,ognuno dei quali ha il compito di esaltareuno dei 4 sensi.Vista_lo schermo verde: è prevista la pian-tumazione di piccoli alberi da frutto inter-vallati da essenze piantumate in vaso.Tatto_con i piedi per terra: si introducono ipiedi nudi all’interno di vasconi riempiti diterra, posti al di sotto delle sedute.Gusto_i prodotti della terra a portata dimano: sono previste degustazioni di pro-

pag.14

Page 14: abbiamo proposto agli iscritti di collaborarearching-monza.it/wp-content/uploads/2014/05/NOTIZIARIO-OK1.pdf · di idee per “Un orto in città”, ... conto il difficile perio do

Notiziario del Collegio di Monza degli Architetti e Ingegneri • dicembre 2013 pag.15

Page 15: abbiamo proposto agli iscritti di collaborarearching-monza.it/wp-content/uploads/2014/05/NOTIZIARIO-OK1.pdf · di idee per “Un orto in città”, ... conto il difficile perio do

pag.16

Concorso di idee per un orto in città, progetto segnalato: Appendi l’orto degli architetti Loredana Buonasera, Eleonora Sisinna, Valeriano Boragina.

Page 16: abbiamo proposto agli iscritti di collaborarearching-monza.it/wp-content/uploads/2014/05/NOTIZIARIO-OK1.pdf · di idee per “Un orto in città”, ... conto il difficile perio do

Notiziario del Collegio di Monza degli Architetti e Ingegneri • dicembre 2013 pag.17

Concorso di idee per un orto in città, progetto segnalato: Tangreen: una forma tante combinazioni dell’arch. Paola Tassetti.

Page 17: abbiamo proposto agli iscritti di collaborarearching-monza.it/wp-content/uploads/2014/05/NOTIZIARIO-OK1.pdf · di idee per “Un orto in città”, ... conto il difficile perio do

dotti dell’orto posizionati in piatti sullostesso piano delle sedute.Olfatto_con il naso tra gli aromi: alla stes-sa altezza della testa del fruitore è previstala piantumazione di essenze per la produ-zione degli aromi da cucina.L’allestimento è un insieme di elementimodulari che per geometrie differenti equote ricordano lo skyline delle città: l’ortorimanda a un microcosmo urbano, doveriscoprire il valore dell’orto e indagare unnuovo modello di utilizzo dello spazio col-lettivo.L’Orto 4S è composto da due banchi dilavoro, quello più esterno accoglie piccoliortaggi come zucchine, piselli, pomodori,l’altro più vicino alle sedute è invece pen-sato per le piante aromatiche quali basili-co, salvia, menta, origano.Successivamente si trova la panca per lesedute, con sottostanti 4 vasche per gliortaggi a foglia, quali rucola e insalata, etre vasche per la terra.Ci sono poi altri 4 elementi che contengo-no vasi con piante di fragole alternati a

vasche che contengono gli alberi di limo-ne. Il materiale previsto per tutto l’allesti-mento è il legno.

§

Verso un’architettura gentile

Come una derrata alimentare con il propriomarchio di qualità, anche la casa è unamerce speciale, che il mercato, al consuma-tore ecologicamente attento, comincia aoffrire con le dovute certificazioni.Consumo energetico, materiali, impianti ecomfort abitativo devono rientrare in uncalcolo tecno-scientifico e istituzionalizza-to. I cambiamenti climatici in atto ed ildrammatico caso di Fukushima hannosenz’altro aiutato ad aumentare la nostrasensibilità, almeno di tanti.In edilizia in Europa esistono diverse certi-ficazioni, obbligatorie e non, come in

Svizzera. Per ciò che attiene l’involucroedilizio e l’aspetto energetico le più cono-sciute sono la Passivhaus germanica, lanostra confederale Minergie, la statuniten-se LEED, l’ottima Casaclima Bolzanina e viaseguendo le altre.È indubbio, e lo dico a ragion veduta, cheuna Certificazione energetica di questotipo, non obbligatoria nel privato (n.d.r. inSvizzera), permette un controllo costrutti-vo migliore e senz’altro questo a tutto van-taggio della committenza e dell’esperienzadi noi progettisti, non c’è dubbio ribadi-sco.Va infatti considerato che negli ultimi 10anni il tema energetico, almeno per ciòche attiene il territorio Svizzero Italianoma non solo, è diventato preponderantenella costruzione. Sempre di più la forma ela struttura devono confrontarsi con questonuovo input progettuale e a volte con nonpochi grattacapi del team di progetto.La Zürcher Kantonalbank, faro direzionaleper ciò che attiene l’edilizia in Svizzera,nel 2005 presentò uno studio che eviden-ziava come un edificio certificato MINER-GIE diventa redditizio dopo poco più di 7anni mentre una costruzione standardsarebbe stata vantaggiosa solo con unaprobabilità dell’11%.Continuava asserendo che con ogni proba-bilità, cito testualmente, dopo 30 anni ilvalore della costruzione MINERGIE sarebbemaggiore del 12% a quello di un edificioconvenzionale.Non sta certo a me giudicare il migliorapproccio ma penso sia fondante ed utileche il progettista valuti e approfondiscacon attenzione critica e professionale cosaconsigliare alla propria committenza. De facto è possibile certificare un edificio

pag.18

Page 18: abbiamo proposto agli iscritti di collaborarearching-monza.it/wp-content/uploads/2014/05/NOTIZIARIO-OK1.pdf · di idee per “Un orto in città”, ... conto il difficile perio do

residenziale – destinazione d’uso più sensi-bile insieme a ospedali, case per anzianied Asili a mio avviso - in diversi modi edin maniera più o meno bio-compatibile edeco-sostenibile.Con questo intento elaborai, nel prosieguodella mia tesi finale di Diploma federalequale Esperto in bioecologia della costru-zione ramo progetto e con la collaborazio-ne puntuale dei miei partners di AtelierLisa Colombo e Marino Cattaneo, una listadi 10 voci guida che qui di seguito condi-viderò con tutti quelli che vorranno legge-re questo breve contributo sperando di farcosa gradita:l’edificio bioecologico nasce da una parti-colare attenzione per la complessità delcontesto naturale-umano, richiede lungimi-ranza e parsimonia urbanistica, impiegacon semplicità e appropriatezza costruttivamateriali adatti, tiene conto delle esigenzeprimarie e culturali dell'uomo. Essa:1. Rispetta i regolamenti attuali sull’usodell’energia in materia d’isolamento termi-co dell’edificio.2. Usa solo energie rinnovabili per il riscal-damento e la produzione di acqua calda; inalcuni casi la tecnica a gas metano a con-densazione è permessa.3. Non permette immissione di aria negliambienti con sistemi meccanici forzati.4. Accetta l’aspirazione meccanica forzatadell’aria degli ambienti, se non sussistonoproblemi di gas RADON.5. Usa solo materiali da costruzioneCertificati Nature plus o equivalenti nellaqualità e nella riduzione massima delleemissioni dannose alla salute e all’ambien-te.6. Richiede che i muri perimetrali, versol’esterno, siano permeabili al vapore e chesfruttino l’energia solare passiva.7. Vieta l’utilizzo di isolanti termici di ori-gine fossile ad eccezione di quelli chesvolgono una funzione anche impermeabi-lizzante o anti-radon (sottostruttura edili-zia o coperture di tetti piani).8. Non permette l’utilizzo di pavimenti,finestre e porte di origine fossile.9. Vieta l’utilizzo, in ambienti chiusi, diimpregnanti chimici per il legno, di colorie di vernici contenenti solventi e formal-deide.10. Richiede l’utilizzo di solo legname indi-geno o certificato FSC.Un approccio progettuale e analitico quin-di, concludendo, non atto a dominare lanatura, come sosteneva per esempioFrancesco Bacone diversi secoli fa, bensìuna scienza gentile, compassionevole edempatica. Invece di cercare di dominare lanatura, l’intento è quello di imparare da leie dialogare con lei quanto più possibile.Un grande timore reverenziale verso essa ein particolare per la sua complessità delleforme, degli schemi e dei processi naturalie un’alta consapevolezza dell’ingegno della

natura stessa che è di gran lunga superiorea qualsiasi invenzione umana.L’architettura o costruzione bioecologicastudia i flussi del mondo naturale e cercadi incorporarne i principi che ne sono allabase nelle sue progettazioni. Con o senza Certificazione, il progettistae/o il committente “bioecologico” dedicaun’attenzione e una sensibilità particolarealle persone e alle cose negli edifici e ailoro movimenti, applicando la metafora deiprocessi metabolici ad ogni progetto archi-tettonico in essere. Va considerato quindianche il verde, il giardino come parte del-l’edificio, del paese, della città, nel tenta-tivo costante di creare un dialogo equo esostenibile tra essere umano, architetturae natura. Ecco perché la casa come l’esserevivente va vista come un organismo in cuiogni cosa deve fluire, traspirare e respirareliberamente per permettere la buona salu-te.Alla base di questo atteggiamento di stimae rispetto per la natura c’è un orientamen-to filosofico che non considera gli esseriumani separati dal resto del mondo viven-te, ma fondamentalmente inseriti nell’inte-ra comunità vivente della biosfera, e daessa dipendenti.Con o senza Certificazione.

Luca Giordano - Luganoarchitetto autodidatta,

ing. Energy manager dipl. SUP

Notiziario del Collegio di Monza degli Architetti e Ingegneri • dicembre 2013 pag.19

Collegio Architettie Ingegneri di MonzaSede legale:via Padre Reginaldo Giuliani 1020900 Monza Tel. 348 6600686 (lunedì e giov. h 10-12)Fax. 039 33050079 [email protected]

Quote annue di iscrizione:neolaureato € 15,00aderente € 50,00ordinario € 60,00sostenitore € 90,00

Tramite bonifico bancario:Collegio di Monza Architetti e IngegneriBanca Popolare di BergamoFiliale di Monza - Agenzia 71Monza - Piazza Duomo, 5Codice IBAN:IT06S0542820406000000015972

Consiglio direttivo 2013/2014:

Presidente Arch. Chiara Ongaro

Vicepresid. Arch. Sandro Gnetti

Segretario Ing. Paolo Ronconi

Consiglieri Ing. Giuseppe CusmanoArch. Massimiliano FiloramoArch. Alessandra PozziArch. Paolo Monga

Tesoriere Ing. Filippo Caravatti

Collegio dei ProbiviriArch. Carlo BartoliIng. Franco GaianiArch. Gerardo Genghini

Notiziario

Direttore responsabile:Sergio Boidi

Direttore: Cristina Molteni

Redazione: Chiara Ongaro

Art direction: Paolo BartoliReg. Tribunale di Monza n. 1530del 14/7/2001

Stampa: La Tipografia Monzesevia Magenta , 20 - Monza