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152 - Avventure nel mondo 1 | 2019 Testo e foto del coordinatore Giovanni Paolo Solaini Jambo, Siamo partiti il primo giorno carichi di zaini, stress, preoccupazioni; siamo tornati stanchi, sporchi, cambiati, felici. L’infinito del Serengeti negli occhi, la forza Masai nei muscoli, l’habari gani nell’anima, l’hakuna matata nella mente. Un po’ di quegli sguardi intensi, di quei colori, di quelle forme ci appartengono, ora, e ci accompagneranno sempre. Bahati nzuri, Giovanni Paolo Viaggio affascinante, intenso, unico. Connubio perfetto tra esplorazione della natura più selvaggia, astrazione dalla realtà quotidiana, immersione in forme, colori, paesaggi, cieli, sguardi, sorrisi che rimangono indelebili nei ricordi; e completo relax su bianchissime spiagge circondate da acque di mille colori. Formula molto equilibrata tra la prima parte in Tanzania, impegnativa (sveglia presto, montaggio e smontaggio tende quotidiano, lunghi percorsi su strade dissestate), che richiede forti capacità di adattamento (docce spesso fredde, servizi fatiscenti), ma che regala allo stesso tempo emozioni indimenticabili, in tutta la loro intensità; e la seconda a Zanzibar, che scorre velocissima, metabolizzando le esperienze uniche vissute in Tanzania, in angoli di paradiso incontaminato. Dopo aver superato i controlli ci prepariamo per prendere l’ultimo volo, Dar es Salaam-Kilimanjaro, e qualcuno ne approfitta per comprare una SIM locale (circa 15 USD per 2 GB senza chiamate; Da un Tanzanzibar discovery RACCONTI DI VIAGGIO | Tanzanzibar http://www.viaggiavventurenelmondo.it/viaggi/9415 JAMBO BWANA

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152 - Avventure nel mondo 1 | 2019

RACCONTI DI VIAGGIO | Iran

Testo e foto del coordinatore Giovanni Paolo Solaini

Jambo,Siamo partiti il primo giorno carichi di zaini, stress, preoccupazioni; siamo tornati stanchi, sporchi, cambiati, felici. L’infinito del Serengeti negli occhi, la forza Masai nei muscoli, l’habari gani nell’anima, l’hakuna matata nella mente. Un po’ di quegli sguardi intensi, di quei colori, di quelle forme ci appartengono, ora, e ci accompagneranno sempre.Bahati nzuri, Giovanni Paolo

Viaggio affascinante, intenso, unico. Connubio perfetto tra esplorazione della natura più selvaggia, astrazione dalla realtà quotidiana, immersione in forme, colori, paesaggi, cieli, sguardi, sorrisi che rimangono indelebili nei ricordi; e completo relax su bianchissime spiagge circondate da acque di mille colori.Formula molto equilibrata tra la prima parte in Tanzania, impegnativa (sveglia presto, montaggio e smontaggio tende quotidiano, lunghi percorsi su strade dissestate), che richiede forti capacità

di adattamento (docce spesso fredde, servizi fatiscenti), ma che regala allo stesso tempo emozioni indimenticabili, in tutta la loro intensità; e la seconda a Zanzibar, che scorre velocissima, metabolizzando le esperienze uniche vissute in Tanzania, in angoli di paradiso incontaminato.

Dopo aver superato i controlli ci prepariamo per prendere l’ultimo volo, Dar es Salaam-Kilimanjaro, e qualcuno ne approfitta per comprare una SIM locale (circa 15 USD per 2 GB senza chiamate;

Da un Tanzanzibar discovery

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JAMBO BWANA

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Avventure nel mondo 1 | 2019 - 153

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25 USD con chiamate non internazionali). Atteriamo puntuali alle 12.00 e all’uscita dell’aeroporto incontriamo l’autista della Parks Adventure, che ci attende con un pullimno. In circa 2h raggiungiamo il Mc Ellys Hotel ad Arusha. Prima di partire avevo concordato di pernottare al Tourist Inn, ma pare che la Parks Adventure abbia avuto qualche problema con la prenotazione e ci hanno dovuto dirottare al Mc Ellys, di simile qualità. Appena arrivati, incontro Frank della Parks Adventure, con cui ci eravamo scambiati diverse mail prima della partenza. Dopo alcuni convenevoli e il check-in per tutti i partecipanti, raccolgo insieme al cassiere la prima cassa comune del viaggio e la cassa trasporti, che ci serviranno per saldare il conto con la Parks Advenure. Prima del saldo, discutiamo tutti i punti con l’addetto della Parks Adventure e ripassiamo il programma. I conti sono esattamente quelli concordati pre-partenza.Successivamente incontriamo il cuoco, Mcharo. Con lui si apre una negoziazione sull’importo della spesa/ pax/ giorno: mi propone 20 USD, chiudo a 13 USD/ pax compresa acqua (circa 2l/ pax/ giorno) e mi faccio promettere la preparazione di alcuni piatti tipici (ugali, banana fritta, ...).Sono ormai le 17 e siamo pronti per andare a mangiare, quando un partecipante si rende conto di aver perso il passaporto. Mando il gruppo all’ottimo Kahn’s barbecue insieme al cuoco (non è infatti raccomandabile aggirarsi da soli, conviene sempre essere accompagnati da qualcuno di locale) e rimango in hotel con il partecipante e la sorella per risolvere il problema. Fortunatamente riusciamo a risolvere la questione nell’arco di un paio d’ore (e numerose telefonate): il passaporto gli era caduto nel pullmino e l’autista ce lo ha riportato in hotel (gli abbiamo lasciato 20 USD come mancia). Finalmente raggiungiamo gli altri e ci uniamo a loro per la cena: menù fisso a 8 USD, bevande escluse. Carne mista alla brace, chapati, riso e verdure in abbondanza. Concludiamo la serata in hotel e assaggiamo la prima birra locale, la Kilimanjaro. Andiamo a letto presto dopo una giornata e mezzo di voli e spostamenti impegnativi. La notte è più fredda di quanto ci aspettassimo, intorno ai 13-15 gradi, ma l’hotel ci fornisce le coperte necessarie.

Day 3 – 06 agosto ’18La prima mattina africana ci accoglie con inaspettati nebbia e freddo. Do appuntamento al gruppo alle 9.30 avendo già fatto colazione, mentre io e un paio di partecipanti (compresa una ragazza intollerante a latte e uova) ci troviamo alle 8 per andare con il cuoco Mcharo a fare la spesa al mercato di Arusha. Questa spesa coprirà gran parte dei futuri pasti. L’esperienza del mercato è suggestiva, e stare dietro a Mcharo risulta spesso ostico: capire i prezzi è difficile e lui si muove rapido e disinvolto tra le caotiche bancarelle addossate l’una all’altra. Per velocizzare la cosa, ci fa accompagnare da un suo amico, che ci guida quando lo perdiamo.Tornati in hotel ci ricongiungiamo al gruppo, che nel frattempo si è attivato per finire di comprare le SIM locali, e incontriamo i tre autisti: Simba, Lohay, e William. Fin da subito, si dimostrano molto simpatici e disponibili. In seguito si riveleranno non solo ottimi

autisti, ma anche eccellenti compagni di viaggio e preparate guide.Dopo aver lasciato in hotel le sacche con gli indumenti necessari solo per Zanzibar (che riprenderemo l’ultimo giorno in Tanzania, prima di prendere il volo per Zanzibar), ci dividiamo nelle 3 jeep (tutte con tetto sollevabile; due da 6 posti, una da 8 posti, compreso autista) e partiamo intorno alle 12 –ci stiamo già abituando alla lentezza dei tempi africani e al fatto che gli oraridifficilmente vengono rispettati; ogni operazione richiede generalemnte più tempo del previsto.

Riguardo i bagagli: è importante, ancora in Italia, preparare tutti i partecipanti al fatto che minimizzare il volume del bagaglio è fondamentale. Lo spazio nelle jeep è infatti limitato e caricare i bagagli sopra il tetto delle jeep non permette di poterlo alzare.Dopo circa 1h arriviamo all’ingresso del Tarangire National Park (NP), mangiamo il nostro primo lunch box (scatola di plastica con un panino, un uovo sodo, un pacchetto di biscotti, un succo di frutta) e ci prepariamo per il primo game drive. La ragazza con intolleranze è costretta a mangiare crackers e poco altro in quanto, contrariamente a quanto avevamo stabilito con il cuoco, non le è stata preparata una box ad hoc. Consiglio: repetita iuvant, per cui non fatevi problemi a ripetere diverse volte lo stesso concetto ad autisti e cuoco, in modo che effettivamente soddisfino le vostre richieste. A volte è capitato che non accadesse anche nonostante diversi solleciti. Fortunatamente si è trattato di episodi circoscritti e secondari. Dopo aver pagato l’ingresso al parco , emozionatissimi (per quasi tutti è la prima esperienza in un safari) entriamo e avvistiamo fin da subito numerosi animali. Per primi vediamo un gruppo di stanchi gnu, poi babbuini che non si fanno il minimo problema ad attraversare la strada con le jeep in movimento. E’ poi il momento di un gruppetto di elefanti, alcuni placidamente stesi al sole, altri lentamente in movimento alla ricerca di cibo. Dopo poco, avvistiamo diverse giraffe solitarie, in tutta la loro imponenza e maestosità. Siamo tutti entusiasti di questo primo game drive, in cui abbiamo modo di vedere, tra gli altri, anche numerose zebre e diverse specie di uccelli.Dopo circa 3h usciamo dal parco e ci dirigiamo nella vicina Mto Wa Mbu, dove montiamo le tende nel giardino del Wild Fig Campsite, un ottimo lodge con piscina (che alcuni di noi sfruttano) che ci mette a disposizione anche due camere per bagagli e docce (calde). Montiamo le tende piuttosto rapidamente

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RACCONTI DI VIAGGIO | Tanzanzibar

nonostante si tratti della prima volta per la maggior parte dei partecipanti. Consumiamo l’ottimo pasto preparato da Mcharo nel patio del campeggio e, dopo un paio di birre (acquistate precedentemente con l’aiuto del cuoco), andiamo tutti a dormire, stanchi ma molto felici e soddisfatti della prima giornata africana.

Day 4 – 07 agosto ’18Sveglia alle 6.30 e partenza puntuali alle 8, dopo una rigenerante colazione a base di pancake, nutella, marmellata, toast e frittata preparata da Mcharo. La prima tappa è il parco presso il lago Manyara (330 kmq, di cui 230 di lago), tra i principali in Tanzania per biodiversità (380+ tipi di uccelli, oltre ad elefanti, bufali, sebre, giraffe, leoni, babuini, ippopotami, facoceri, ...). Appena entrati nel parco (inizialmente molto lussurreggiante in termini di flora, contrariamente al precedente Tarangire, piuttosto spoglio e popolato principalmente da baobab e acacie) avvistiamo una grande quantità di babbuini sul ciglio della strada e arrampicati sugli alberi, e ci fermiamo per diverse foto di rito. A colpirci, in particolare, è una mamma che allatta il piccolo. Avvistiamo diversi altri animali (principalmente uccelli) prima di giungere al lago e fermarci presso una pozza da cui emergono alcuni ippopotami. I movimenti sono spesso impercettibili, e difficilmente riusciamo a scorgere animali fuori dall’acqua. E’ comunque molto interessante.

Rientriamo al campeggio per pranzare, gavette alla mano, e partire leggermente in ritardo per il bike tour organizzato con Alex Goodluck, una simpatica guida locale che potete contattare direttamente al +255 782 851 262. Per 20 USD/ pax abbiamo visto una fittissima piantagione di banane (compresa la banana rossa), visitato una casa locale la cui famiglia

si è improvvisata in un divertente balletto che ci ha coinvolto e divertito, assaggiato birra e vino appena appena prodotti, visitato una tribù di artisti del legno (e comprato alcune creazioni) ed un laboratorio di dipinti. Alex ci comunica più volte che i proventi del tour andranno a beneficio dell’intera comunità, e che quindi possiamo scattare tutte le foto che vogliamo. Finito il tour, ci riaccompagna al campeggio, dove smontiamo rapidamente le tende per partire alla volta dell’Eyasi Campsite: decisamente più spartano del primo, ma fa a tutti un’ ottima impressione in quanto l’aspetto wild era fortemente ricercato da tutto il gruppo. Montiamo le tende al crepuscolo su un terriccio polveroso. Il camping è immerso nel niente; accanto a noi solo terra, acacie e l’infinito africano. Doccia tiepida per tutti, poi cena (con applausi per Mcharo, che ci cucina un’ottimo spaghetto ad un non meglio specificato ragù) seduti sul telone acquistato al mercato di Arusha il primo giorno. Finita la cena, ciraccogliamo intorno al fuoco di un altro gruppo e continuiamo a conoscerci meglio. A farci da cornice, la prima volta celeste che ci lascia a bocca aperta. Riconosciamo via Lattea e costellazioni.

Day 5 – 08 agosto ’18Sveglia alle 5, il tempo di qualche biscotto e partiamo per visitare due tribù. La prima, gli Hazdabe (o Tindiga), è una popolazione di cacciatori che si mostra fin da subito molto cordiale. Ci raccogliamo attorno ad un fuoco già acceso e iniziamo a capirne usi e costumi. Diamo sfogo agli obbiettivi delle nostre macchine fotografiche, mentre gli Hazdabe (rigorosamente tutti maschi) preparano archi e frecce. Rimaniamo colpiti dal loro modo di parlare e dalla caratteristica “lingua click”(consonanti prodotte facendo schioccare la lingua contro il palato), che cercano di insegnarci. Appena pronti, ci fanno cenno di seguirli. Partiamo così all’inseguimento di 3 cacciatori di età diverse (uno è poco più che adolescente), a loro volta all’inseguimento di prede di piccola dimensione (prevalentemente scoiattoli e uccellini). Sono armati solo di arco e frecce (di diversi tipi, a seconda della preda che hanno di fronte) e in un paio d’ore riescono ad uccidere almeno 4 uccellini, che ci mostrano fieramente. Finita la caccia ci mostrano come accendere un fuoco con la tecnica dell’asticella sfregata: semplicità e rapidità con cui il fuoco viene appiccato lascia tutti a bocca aperta. A colpirci è anche il sapore dell’uccellino appena cotto (letteralmente, gettandone il corpo tra le fiamme), sorprendentemente buono

Concludiamo la mattinata tornando al punto di partenza, dove troviamo diverse donne e alcuni bambini. All’improvviso, iniziano una divertente danza che mano a mano ci coinvolge tutti, anche coloro che inizialmente si limitavano a filmare la scena. Dulcis in fundo, i 3 cacciatori ci mettono alla prova con archi e frecce: proviamo sulla nostra pelle quanto sia ardua l’impresa del centrare un bersaglio. Anche gli autisti si uniscono alla sfida, sfoggiando inaspettate doti balistiche. Nel complesso, tutte le attività, sebbene un po’ turistiche e “pre-confezionate”, sono state apprezzate molto da tutto il gruppo, che è rimasto entusiasta soprattutto del balletto e dall’accensione del fuoco. La prima parte della caccia è stata forse un po’ lunga.Si è fatto tardi: torniamo al camping, facciamo un brunch e, dopo aver smontato le tende ed averle caricate sulle jeep, partiamo alla volta del lago Eyasi. Lungo la strada, su richiesta ci fermiamo ad una scuola locale. Parliamo, giochiamo, balliamo e cantiamo con i bambini. Doniamo alcuni pastelli e palloncini (con il senno di poi, meglio non portarli perchè potrebbero essere pericolosi se non si capisce come utilizzarli). Ognuno lascia un’offerta a propria discrezione (in totale raccogliamo 345 USD). Lasciamo i bambini commossi, con sentimenti contrastanti; nessuno parla, nelle jeep, per la prima parte del viaggio che ci conduce alla seconda tribù. Inevitabile porsi domande e confrontare la nostra realtà con la loro. Quegli sguardi, così intensi, così troppo adulti per l’età che hanno, accompagneranno molti dei dialoghi nei giorni successivi.

Lasciata la scuola raggiungiamo il lago Eyasi: un’infinita distesa di acqua marroncina incorniciata in un paesaggio spettacolare. Purtroppo avvisitiamo un solo fenicottero (bianco, peraltro), ma siamo comunque tutti molto felici di essere circondati da tanta naturale bellezza.

Scattiamo numerose foto e ripartiamo diretti alla tribù dei Taturu, noti artigiani principalmente di metalli. Arrivati, assistiamo alla fabbricazione di un monile di ferro a nostra scelta e le donne del posto ci mostrano come viene lavorato il grano per renderlo farina: le ragazze del nostro gruppo vengono invitate a provare la tecnica, che si rivela più faticosa del previsto. Apprendiamo che sono proprio i Taturu a rifornire gli Hazdabe delle punte per le frecce.

Tarangire National Park

Bike Tour con Alex Goodluck

Lago Manyara

Scuola Locale

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Dopo una lunga giornata, arriviamo infine a Karatu, piccola città povera poco raccomandabile durante le ore notturne. Come da accordi, ci dirigiamo al Sundown Campsite, dove avevo prenotato, tramite la Parks Adventure, 8 bungalow. Avevamo infatti deciso con il gruppo, prima di partire dall’Italia, di spezzare il ritmo delle tende e approfittare di una doccia calda e una sistemazione più comoda. Con grande sorpresa, appena arrivati, ci viene comunicato dal gestore del camping che non ci sono più bungalow. Mostro mail (fortunatamente stampate) che provano inconfutabilmente gli accordi presi. Purtroppo però i bungalow sono già stati assegnati ad altri e sembra non esserci alternativa alle tende (previo pagamento della differenza con i bungalow pagati anticipatamente alla Parks Adventure). Ribadisco che non si tratta di un problema di soldi, ma di scelta: il gruppo vuole i bungalow come concordato. La vicenda va avanti per un po’, con il capo degli autisti, Simba, che ci propone un’alternativa decisamente non all’altezza del prezzo pagato. Nonostante mi venga detto che si tratta dell’unica alternativa disponibile, cerchiamo su tripadvisor e ne troviamo una poco distante che sembra molto valida. Coadiuvati da Lohay (autista estremamente professionale ed onesto) che conosceva il proprietario del Ngorongoro Campiste, riusciamo a prenotare per tutto il gruppo, nonostante Simba non sembri particolarmente felice della nostra scelta. Il camping, infatti costa 45 USD/ pax/ notte a fronte dei 25 USD pagati preventivamente alla Parks Adventure. Parlo quindi direttamente con Mr Don al telefono, che dopo essersi scusato un paio di volte per il disguido (che ha causato un paio d’ore di attesa all’intero gruppo), accetta di pagare la differenza. Alloggiamo quindi in camere di alto livello nella struttura molto bella. L’ottima cena preparata da Mcharo corona la giornata: si merita gli applausi di tutti.

Day 6 – 09 agosto ’18Ci troviamo con i partecipanti alle 9.45 avendo già fatto colazione per partire alla volta di Ngorongoro. Io, invece, ho appuntamento con Mcharo alle 8:

dobbiamo rimpinguare la spesa dopo aver cambiato i dollari necessari in scellini. Acquistiamo beni primari necessari per le giornate successive in cui sarà difficile approvvigionarsi, dato che ci troveremo in luoghi remoti e difficilmente raggiungibili. Ne approfittiamo per comprare anche uno scatolone di birra per la serata.Ci dirigiamo velocemente a Ngorongoro e non troviamo coda al gate. Una breve sosta prima di entrare e siamo già emozionatissimi. Raggiungiamo il Simba Campsite, ottima posizione e servizi puliti (anche se doccia fredda); il prato facilita un rapido montaggio delle tende (ormai siamo tutti esperti). Il grande albero al centro del camping e i diversi uccelli che circolano liberamente nelle vicinanze lo rendono alquanto suggestivo. Sappiamo che il camping non è recintato, ma la cosa non ci preoccupa. La discesa al cratere è emozionante quasi quanto la vista dal punto panoramico, che ci lascia senza fiato: la più vasta caldera ininterrotta al mondo, 20 km di diametro, si apre davanti ai nostri occhi. Pensare che quello spettacolo naturale , a 2300 metri di altitudine, sia l’habitat di oltre 30k grandi mammiferi che vi risiedono tutto l’anno, rende il tutto ancora più spettacolare ed intrigante. Durante la discesa, come riportato da alcuni partecipanti, pare davvero di scendere lungo una valle incantata, al cui centro dimora, imperioso, il lago Magadi, caratterizzato da acque basse che lo rendono ideale per fenicotteri e gru coronate, che avvistiamo in lontananza. Vediamo in successione zebre, struzzi, gnu, antilopi e gli immancabili babbuini. A colpirci non è solo l’incredibile varietà di animali e il fatto di avvistarli spesso in gruppi misti, ma anche la cornice del cratere che ci circonda a 360 gradi e che forma, insieme al cielo, scorci unici. Continuiamo ad avvistare e fotografare giraffe, diversi tipi di uccelli, facoceri, sciacalli e tante zebre. Ad un certo punto avvistiamo un leone maschio, fieramente seduto in mezzo alle sterpaglie. Scattano jeep e macchine fotografiche. Giusto il tempo di alcuni scatti, e ci rendiamo conto che dalla parte opposta 4 leonesse e 2 leoni maschi stanno risalendo un rigagnolo d’acqua. Si soffermano a guardare verso le jeep: noi rimaniamo immobili a scrutarli, senza fiato. Sulla via del ritorno scorgiamo alcuni ippopotami presso una piccola laguna. Ci godiamo un tramonto unico mentre risaliamo il cratere e torniamo al camping.Passiamo una gelida notte (circa 3-5 gradi) tra il riparo della cucina e un grande fuoco imbastito dai driver di un truck di un gruppo di una ventina di spagnoli in tour tra Tanzania e Kenia. Ci offrono l’ormai noto Konyagi (cognac locale) e parlando spaziamo dalla difficoltà nel prendere la patente in Tanzania alla differenza di stile di vita tra l’hakuna-matata way che abbiamo imparato a conoscere e lo stress delle nostre giornate lavorative. L’infinita volta celeste sopra di noi, che ammiriamo lungamente, ci ispira enormemente, e andiamo a dormire felici, oltre che affumicati dal potente fuoco. Poco prima di tornare in tenda avvistiamo una iena e il driver con cui stavamo parlando ci informa: occhi gialli nella notte possono essere pericolosi in quanto appartengono a carnivori; occhi rossi ad erbivori.

Day 7 – 10 agosto ’18Ci svegliamo alle 5.30 e smontiamo rapidamente le tende. Facciamo colazione e partiamo immediatamente alla volta del Serengeti. Come concordato la sera precedente con gli autisti, ci fermiamo a visitare un villaggio masai (50 USD/ jeep). Il capo tribù, riscossa la cifra pattuita, raduna la tribù che inscena un balletto piuttosto studiato. Successivamente, uomini e donne vengono divisi e tra uomini facciamo una gara di salto. Ci dividiamo poi in gruppetti di 4 persone, ad ognuno dei quali è affidata una guida. Visitiamo in sequenze diverse: una casa masai, di cui colpisce il minuscolo ingresso difficilmente intuibile data l’altezza media della popolazione; una scuola, presso cui rimaniamo solo alcuni minuti, giusto il tempo di notare una grande “tip box” esposta in primissimo piano; uno spazio espositivo pieno di monili, braccialetti e statuette, che ritroveremo simili a Stone Town. La visita risulta tuttavia piacevole e ci insegna molto sui Masai, su loro stile di vita, le loro tradizioni e la loro recente apertura verso il resto del Paese, testimoniata per esempio dall’inviare i bambini nelle scuole (relativamente) vicine.

Terminata la visita partiamo verso il Serengeti. Ancora una volta siamo fortunati e non troviamo code all’ingresso del parco. Capiamo subito l’etimologia (Serengeti significa letteralmente “pianura sconfinata”): davanti a noi si presentano praterie che paiono infinite, interrotte solo da sporadiche acacie ad ombrello (ci viene detto che ne esistono di 47 tipi), e numerosi animali. Avvistiamo principalmente elefanti, bufali e giraffe, ma anche ippopotami, giraffe, impala e gli immancabili gnu. Coronato dal tramonto, lo spettacolo è ancora più vivo e unico. Pensiamo a questo mentre ci dirigiamo al Seronera Public Campsite. Arrivati al campeggio, montiamo

RACCONTI DI VIAGGIO | Tanzanzibar

Taturu

Ngorongoro

Villaggio Masai presso Ngorongoro

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le tende, facciamo una doccia fredda e dopo cena beviamo alcune birre prima di addormentarci, cullati da insoliti rumori e da una strana sensazione di sicurezza, nonostante il camping non sia recintato e abbiamo avvistato una ventina di babbuini aggirarsi vicino alle docce poco prima.

Day 8 – 11 agosto ’18Ci svegliamo alle 7 e alle 8 siamo operativi: ci aspetta il game drive al Seronera, la parte principale e più suggestiva del Serengeti. Le aspettative non vengono deluse: avvistiamo elefanti, zebre, gnu, gazzelle, facoceri, struzzi, diversi tipi di uccelli, enormi bufali, solitarie giraffe. Fiero ed elegante, in posa su una roccia, è poi la volta di un magnifico ghepardo, che ci delizia per alcuni minuti: riusciamo a vederlo estremamente da vicino in diverse posizioni, mentre scruta l’orizzonte in cerca di una preda. Rimaniamo affascinati dal suo portamento, finchè sparisce dal nostro campo visivo in mezzo alla savana. Le emozioni non finiscono qui: poco dopo avvistiamo 4 magnifici leoni, a cui riusciamo ad avvicinarci moltissimo. La nostra presenza non li infastidisce, rimangono seduti, in tutta la loro maestosità, mentre ne riprendiamo ogni angolatura con le nostre macchine fotografiche.Dopo un’intera giornata immersi in un’Africa da documentario, raggiungiamo il Lobo Public Campsite. Pochi metri prima di arrivare notiamo un gigantesco bufalo sul ciglio della strada: l’autista ci suggerisce di stare molto attenti perchè in quella zona ce ne sono diversi. Prestiamo particolare attenzione quando ci avventuriamo, poco più tardi, nei dintroni del camping per raccogliere la legna necessaria per un fuoco la sera. Il camping gode di una posizione magnifica, ma è molto selvaggio e le facilities sono decisamente spartane (una sola doccia fredda; nel bagno maschile non è presente il lavandino).

La magnifica vista e sensazione di libertà totale hanno la meglio sul gruppo, che si sente più che compensato per l’inevitabile adattabilità a cui è sottoposto. La sera, fredda e ventosa, come ormai di consueto da diversi giorni, ci raduniamo intorno al fuoco accesso con l’aiuto di Mcharo, e ci attardiamo a parlare e a fissare il cielo, incantati.

Day 9 – 12 agosto ’18Ci svegliamo alle 6, rapida colazione e alle 6.30 siamo già sulle jeep. Sappiamo che raggiungere il Mara River, al confine con il Kenia, richiederà alcune ore, e che la levataccia dovrebbe consentirci di intercettare la migrazione degli gnu. Partiamo entusiasti. Il tragitto per raggiungere il Mara River si rivela, per la particolarità del paesaggio e copiosità di animali, praticamente un game drive. Durante il percorso avvistiamo migliaia di gnu in branchi. Non di rado attraversano anche le strette strade sterrate che percorriamo. Accanto a loro numerose zebre, ma anche tante giraffe (stavolta in gruppo) ed elefanti (memorabile la scena di un piccolo a cui la madre insegna ad attarversare un ponte).Dopo un paio d’ore arriviamo al fiume, poco profondo data la stagione secca. Proviamo alcuni spot, ma non c’è traccia degli gnu. Ci appostiamo dietro alcune acacie in un punto che ci viene detto essere strategico. Dopo poco, vediamo avvicinarsi, sul lato opposto, un centinaio di gnu, che sembrano però titubanti e non attraversano il fiume. Dopo un po’ ci rendiamo conto del motivo: un enorme coccodrillo, più simile ad un enorme sasso ai nostri inesperti occhi, scruta la riva, pronto ad attaccare. Vedendoli andare via, rimaniamo un po’ contrariati. Attendiamo ancora un’ora ma non avvistiamo altri gnu. Ci allontaniamo di poco e pranziamo con la consueta lunch box preparata la sera prima da Mcharo. Torniamo alla nostra postazione, ma per mezz’ora non avvistiamo niente. Ad un certo punto le jeep ripartono velocemente: gli autisti si sono accorti che poco più in là diversi gnu hanno guadato il fiume. Siamo molto delusi quando ci rendiamo conto di esserci persi uno spettacolo unico, e ed è già quasi ora di tornare al campeggio (ci separano circa 3h di viaggio). Sulla via del ritorno, avviene l’insperato ed inaspettato: centinaia di gnu si preparano ad attraversare il fiume, e stavolta lo fanno per davvero, senza indugi. La scena dura una buona mezz’ora durante la quale abbiamo modo e tempo di sbizzarrirci con le macchine fotografiche.Torniamo al Lobo Public Campsite poche ore più tardi, soddisfatti, felici ed appagati. E’ già buio: una doccia fredda al volo e siamo pronti per una rigenerante cena, consumata nella modesta cucina della struttura (fuori fa troppo freddo e tira troppo vento). Dopo cena incrociamo altri due gruppi di ANM, con cui ci intratteniamo fino a circa mezzanotte, in compagnia di alcune birre, strategicamente prenotate la sera precedente.

Day 10 – 13 agosto ’18Ci svegliamo intorno alle 8, consapevoli che ci aspetteranno almeno 4/5h delle ormai consuete strade sterrate prima di raggiungere un luogo che ci è stato descritto come magnifico: il lago di Natron. Facciamo colazione, e in tempi ormai molto rapidi smontiamo le tende.Intorno alle 12:30 ci fermiamo a Wasso, piccola cittadina tra la polvere, e mangiamo il lunch box. Ripartiamo dopo circa un’ora. Il viaggio è lungo, ma risulta piacevole, sia per la compagnia sia per il paesaggio che vediamo fuori dai finestrini (durante il tragitto, stavolta, non possiamo alzare il tetto e sporgerci, in quanto è occupato dai borsoni). Mano a mano che ci avviciniamo al lago di Natron il paesaggio diventa più arido, secco, quasi desertico. L’imponente e quasi mistico Doinyo Lengai rimane sullo sfondo, ad incorniciare un paesaggio unico, molto diverso da tutti quelli visti in precedenza. Ci fermiamo in uno spettacolare punto panoramico (lago di Natron da una parte, Ol Doinyo Lengai dall’altra), dove scattiamo numerose foto e compriamo alcuni braccialetti e monili da donne e bambini Masai, che circondano letteralmente le nostre jeep appena arriviamo. Abbiamo poco tempo per raggiungere il camping Natron Campsite, ottimo per posizione (domina la valle sottostante, si vede distintamente il vulcano) e strutture (numerose docce calde e bagni). Piantiamo rapidamente le tende riparati dal vento (quasi assente, qui) e su una superficie erbosa, molto più comoda rispetto ai terricci cui ci eravamo abituati ne giorni precedenti. Nel frattempo ci raggiungono le due guide Masai che ci accompagneranno nell’avventuroso trekking alle gole, bellissima esperienza per tutti i partecipanti.

Partiamo dal camping verso le 16:30, al limite per riuscire a completare il trekking con la luce. Il percorso è piuttosto semplice, anche se alcuni punti richiedono maggiore attenzione; siamo comunque sempre supportati dalle due guide, che ci aiutano nei passaggi più impegnativi e per guadare il torrente che scorre tra le due sponde. Tutti i partecipanti indossano scarpe anfibie o hanno a portata di mano scarpe da scoglio, che si rivelano fondamentali. Dopo circa un’ora arriviamo alle cascate e facciamo un rinfrescante e rigenerante bagno: un sollievo dopo tanti giorni tra la polvere! Rimaniamo circa mezz’ora, poi è tempo di tornare indietro prima che faccia buio. Poco prima di giungere al camping ci affiancano numerosi bambini che cercano di venderci alcuni braccialetti.Dopo le docce (e tanto Jungle/ Autan!) siamo pronti per cenare sull’ormai consueto telone azzurro, che

RACCONTI DI VIAGGIO | Tanzanzibar

Serengeti

Seronera

Migrazione degli Gnu presso Mara River

Ol Doinyo Lengai & Lago di Natron

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disponiamo tra le tende. E’ un giorno speciale: Giorgia, una ragazza del gruppo, compie 31 anni. Mi ero accordato da giorni con Mcharo per acquistare le candeline e per preparare una torta. Approvato all’unanimità decidiamo anche di concederci una cena a base di ugali e barbecue di agnello (concordata alcuni giorni prima; abbiamo dovuto aggiungere 50 USD). In cucina, la preparazione della torta è commovente: si vede che raramente cuoco e autisti hanno usato le candeline, e faticano a montarle. Diamo loro una mano e usciamo a festeggiare Giorgia con canti, balli, l’immancabile Konyagi (diluito con succo di frutta per i meno temerari) e tantissima energia (nonostante la stanchezza).E’ poi il momento del discorso dei driver e del cuoco, e del nostro nei loro conftonti: si tratta della nostra ultima sera insieme. Realizziamo che lo slogan della Parks Adventure “Come as a visitor leave as a Friend” è più che uno slogan: ci sentiamo molto vicini a tutti i driver (a Simba, il capo degli autisti, simpaticissimo ed estroverso, sempre pronto alla battuta – spesso in italiano- e ad un brindisi; a Lohay, per la sua professionalità, preparazione ed integrità –è stata una guida preziosa; a William, detto Willy, con il suo sorriso contagioso e la spensieratezza con cui affrontava ogni cosa) e al cuoco Mcharo, indispensabile durante tutti i safari. Ci addormentiamo sotto il cielo stellato, sognando e ricordando tutto quello che abbiamo passato negli ultimi giorni, durante un viaggio incredibilmente intenso.

Day 11 – 14 agosto ’18Sveglia alle 5: non abbiamo minimamente intenzione di perderci l’alba al lago di Natron, che si rivela spettacolare, assolutamente allineata alle aspettative. Scattiamo numerose foto ai fenicotteri rosa, all’alba tra vulcano e lago, alle guide Masai che ci accompagnano, a noi.Torniamo poi al campeggio, facciamo colazione, smontiamo le tende e partiamo alla volta di Arusha, distante diverse ore di jeep. Torniamo all’hotel in cui avevamo soggiornato la prima sera: recuperiamo le borse che avevamo lasciato con i vestiti destinati a Zanzibar, compiliamo il modulo di soddisfazione della Parks Adventure, diamo mance a driver e cuoco (100 USD/ testa), li salutiamo per l’ultima e partiamo, in pullmino, per il JRO Kilimanjaro airport, distante circa 1h dal centro città. Partiamo con un lieve ritardo alle 19:40, e dopo 1h atterriamo a Zanzibar, a Stone Town.

All’arrivo ognuno cambia parte dei i propri USD in scellini (può convenire, specialmente per le spese extra, come bevute o snack in spiaggia) e preleva in caso di necessità –ho informato tutti i partecipanti delle spese che affronteremo durante il nostro soggiorno a Zanzibar. Appena atterrati vediamo immediatamente l’autista che ci ha inviato Iddi, secondo gli accordi presi. Dopo una breve presentazione andiamo insieme in pullmino all’hotel, il Safari Lodge, piuttosto pulito ed accogliente. Incontro velocemente Iddi, che fin da subito si dimostra non solo molto affidabile, ma anche disponibile nel venire incontro alle nostre esigenze (concordiamo di saldare il conto pattuito dall’Italia l’ultimo giorno prima di partire, in modo da avere la massima flessibilità nel decidere a quali escursioni tra quelle discusse il gruppo deciderà di partecipare). Ci dicono che i ristoranti stanno per chiudere, per cui ci affrettiamo a raggiungere il Forodhani Gardens, che offre spiedini e kebab in pieno stile street food a prezzi ragionevoli. L’atmosfera è carina, la qualità del cibo media. Data l’ora e la zona, decidiamo di farci accompagnare da una delle guardie dell’hotel, che si intrattiene con noi durante la cena. Raggiungiamo poi in hotel i pochi partecipanti che hanno deciso di sacrificare il cibo per qualche ora in più di sonno.

Day 12 – 15 agosto ’18Ci svegliamo di buon’ora e alle 8.30, dopo una sostanziosa colazione, incontriamo Mohammed davanti all’hotel. Parla italiano perfettamente e sarà la nostra per il tour delle 3 isole, escursione in barca per vedere, nell’arco di una giornata (circa dalle 9 alle 15:30), 3 tra le più suggestive isole della costa a largo di Stone Town, distanti circa 30 minuti di barca l’una dall’altra. Il porticciolo dista una decina di minuti a piedi dall’hotel: appena arrivati noleggiamo maschere e pinne (3 USD, o 2 USD solo maschere o solo pinne), poi ci imbarchiamo in due barche da 8/9 persone l’una. La prima isola che visitiamo è Prison Island, dall’aspetto un po’ turistico (è presente anche un lussuoso resort con piscina), ma comunque piacevole. Circondata da un mare azzurro, presenta al centro una prigione (oggi bar) che non è mai stata utilizzata. Poco distante si trova un allevamento di tartarughe giganti delle Seychelles, dall’origine incerta e controversa. Vederne così tante nello stesso posto, potersi avvicinare e poterle toccare è stata una bella esperienza, anche se dal sapore un po’ turistico. Abbiamo avuto modo di vedere anche la più anziana (200 anni; l’età è facilmente riconoscibile, in quanto è pitturata sul dorso) e numerosi cuccioli, alcuni appena nati. Dopo un breve (e piuttosto insoddisfacente) snorkeling presso Bawe, seconda isola su cui non è possibile attraccare, raggiungiamo Nakupenda, una spledida lingua di sabbia bianchissima circondata da un mare cristallino. Mentre Mohammed e i marinai montano una suggestiva tenda (4 robusti bastoni e telo bianco per riparare dal sole), scattiamo foto, visitiamo le allegre bancarelle, facciamo bagni e camminiamo sulla lunga la distesa di sabbia. Poco dopo è pronto il pranzo: riso speziato, verdure e un prelibato polpo costtuiscono il piatto principale. Non mancano poi frutta e dolce in abbondanza. Tutti vorrebbero restare

ancora ad ammirare il fenomeno della marea che a poco a poco ha mangiato la maggior parte della spiaggia, quando, verso le 15:30, dobbiamo ripartire.Sulla via del ritorno concordiamo con Mohammed un fuori programma: gli proponiamo di farci da guida nelle strette e caratteristiche vie di Stone Town. Accetta e per 30 USD ci fa da Cicerone, mostrandoci i principali siti storici (Palazzo del Sultano, casa di Freddie Mercury, cattedrale di San Giuseppe), e accompagnandoci tra i negozietti che popolano le affollate stradine. Rimaniamo affascinati dall’architettura di una città che rappresenta un crocevia culturale tra Arabia, Persia, India, ed Europa, e comprendiamo come mai sia stata dichiarata patrimonio dell’umanità dall’UNESCO.Sono ormai le 18 quando rientriamo in hotel, prepariamo i bagagli e ripartiamo alla volta di Jambiani. Arriviamo sulla costa orientale con il buio, ma subito ci rendiamo conto che il Visitors Inn è un resort di qualità (piscina sul mare, camere grandi con bagni enormi; doccia calda; ristorante e facilities di tutto rispetto). Prima di arrivare, prenotiamo il Kim’s Restaurant, localino molto accogliente e dall’atmosfera familiare che ci propone un ottimo menù a base di pesce al prezzo fisso di 13 USD/ testa bevande escluse (N.B. occorre prenotare il prima possibile, meglio 1/2 giorni in anticipo, per assicurarsi le portate di pesce; il locale ha pochissimi coperti; organizza trasporto gratuito da e per il Visitors Inn). Lo preferiamo al buffet che ci viene proposto all’arrivo in hotel, che ci era stato sconsigliato. Torniamo in hotel dove ci aspetta un dala-dala, prenotato per raggiungere una festa che ci avevano consigliato all’hotel. La festa è carina, amicizziamo anche con dei locali e alcuni Masai (veri o sedicenti tali, il mistero rimane), brindiamo al ferragosto, a noi, alla Tanzania, all’hakuna matata. Torniamo in hotel verso le 3.30, consapevoli della sveglia la mattina successiva alle 8, per partire alle 9 in direzione Kendwa, 2h più a nord.

Day 13 – 16 agosto ’18Ci svegliamo secondo il programma, facciamo un’abbondante e ottima colazione a base di Spanish omelette e partiamo, caricando i bagagli sul pullmino che ci accompagnerà per tutta la giornata. Oggi è il giorno del Safari Blue, escursione in barca che faremo prima di arrivare a Kendwa. Lungo la strada carichiamo la guida, Ali, e dopo poco arriviamo ad una minuscola spiaggetta dove ci aspetta un dhow, tipica barca a vela locale, che ci ospiterà tutti e 16 per le successive ore. Partiamo verso le 10

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Alba presso Lago di Natron

Vista da Nakupenda

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accompagnati da una leggera pioggia che si dissolve tuttavia dopo meno di mezz’ora, come previsto da Ali. Noleggiamo le maschere (evitiamo le pinne) e dopo circa un’ora di navigazione, circondati da un mare di mille colori, dal verde, al blu, all’azzurro cristallino, raggiungiamo la prima isola, dove non attracchiamo, ma facciamo uno snorkeling che ci ripaga del precedente. Stavolta il fondale è molto bello (coralli, ricci marini) e popolato da tantissimi pesci colorati. Navighiamo poi verso un’altra isola, simile alla Lingua di Sabbia su cui avevamo pranzato il giorno precedente, ma decidiamo di non fermarci a causa del sovraffollamento e perchè vogliamo goderci un po’ di tempo sulla stessa isola, senza dover ripartire dopo poco. Andiamo quindi diretti all’ultima isola, e la scelta si rivela vincente: siamo i primi ad arrivare su un’isola molto grande e suggestiva, che si ridurrà notevolmente quando ripartiremo, causa alta marea. Il pranzo che ci serve Ali è ottimo e ricco di pesce: un’aragosta a testa, calamari e polpo, accompagnati da patate, riso, e tanta frutta per finire. Siamo tutti estasiati. Passiamo il resto dellla giornata fino alle 16 (orario dell’appuntamento per tornare) rilassandoci, vagando tra le bancarelle e visitando l’enorme baobab poco distante dalla spiaggia. Ci arrampichiamo e ne assaggiamo i frutti, è una bella esperienza. Ripartiamo puntuali e in poco più di un’ora di mare piuttosto agitato raggiungiamo la terraferma. Ci cambiamo il costume rapidamente e saliamo sul pullmino, che ci ha aspettato tutto il tempo. Partiamo quindi in direzione Kendwa ultima tappa del nostro soggiorno zanzibariano. Il Sunset si rivela un resort di alto livello: camere grandi, spaziose, bagni belli e dotati di docce calde; giardini curati; peronsale disponibile; servizio di laundry su richiesta; bellissime strutture; ristorante e bar sulla spiaggia; biliardo; lettini, materassini e teli forniti di default. Per la cena facciamo allestire dal ristorante dell’hotel un suggestivo tavolo sulla spiaggia ed ordiniamo alla carta: cibo piuttosto buono, location ottima. Ormai i tempi delle gavette e della polvere sono un lontano ricordo, ancora molto vivo in noi, insieme alle bellissime esperienze vissute. Passiamo la serata sulla spiaggia dell’hotel, a parlare illuminati dalla volta celeste.

Day 14 – 17 agosto ’18Ci sevgliamo con calma (siamo ormai abituati al pole pole locale, letteralmente “tranquillo tranquillo”) , ognuno con il suo ritmo: abbiamo la giornata libera. Tutti vogliono godersi la magnifica spiaggia lunga e bianca di Kendwa, nessuno vuole fare un’escursione l’ultimo giorno completo che passeremo a Zanzibar. La giornata trascorre in pieno relax tra partite a beach volley, schiaccia-7 in acqua, passeggiate, contrattazioni con insoliti Masai commercianti.Pranziamo tutti insieme al Kendwa Rock, il resort accanto al nostro, dove iniziamo a raccogliere informazioni per passare la serata. Ci viene proposta una gita in barca dalle 16 alle 19 per 30 USD/ testa, open bar (negoziato poi a 20 USD), ma la cosa non ci convince. Preferiamo informarci invece su eventuali feste in spiaggia (stranamente assenti). Capiamo che la festa più gettonata è a Nungwi (30 minuti in pullmino circa), presso il locale Istanbul: siamo tutti d’accordo per andare, quindi ci organizziamo per il trasporto. Il resto del pomeriggio trascorre in maniera molto simile alla mattina. Il tramonto sul mare è spettacolare e rimaniamo in spiaggia il più possibile. Poi, doccia e usciamo dal resort per mangiare al Fisherman, ottimo localino di pesce che avevamo prenotato per assicurarci un delizioso menù di pesce. Proviamo poi la banana fritta ricoperta di cioccolato. Tornati in hotel ci aspetta, verso le 23:30 il pullmino che ci porterà all’Istanbul a Nungwi. Passiamo una bellissima serata nel locale all’aperto che si rivela molto carino. In pista molti Masai (o sedicenti tali) si cimentano in balli divertenti.Torniamo stanchi ma felici verso le 4. Alcuni di noi decidono di fare un breve bagno notturno per godersi al massimo l’ultima notte in un luogo incantevole.

Day 15 – 18 agosto ’18Ultima mezza giornata di mare e Zanzibar. Mattina tra relax in spiaggia, sontuose colazioni e pigre camminate. Alle 12 abbiamo appuntamento all’ingresso del resort: è ora di tornare a Stone Town per prendere l’ultimo traghetto della giornata diretto a Dar-es-Salaam. Lungo il tragitto (circa 2h) ci fermiamo all’ufficio di Iddi e saldiamo i conti: ci accorgiamo con sorpresa che ci ha applicato anche un po’ di sconto rispetto alle tariffe concordate

inizlamente. Tornati a Stone Town, andiamo al porto, passiamo i vari controlli, imbarchiamo i bagagli più voluminosi e saliamo su un traghetto moderno e molto pulito. All’arrivo a Dar-es-Salaam incontriamo l’autista che ci conduce allo Sleep Inn, hotel essenziale ma pulito. La stanchezza prevarica sulla fame di un terzo dei partecipanti; gli altri cenano a base di carne al Red Onion, all’interno del centro commerciale City Mall. Il menù concordato soddisfa tutti. Tornati in hotel sono in pochi a rimanere a parlare prima di addormentarsi: tutti sappiamo che alle 3.30 ci aspetta il pullmino che ci porterà all’aeroporto in circa 1h.

Day 16 – 19 agosto ’18Partiamo puntuali alle 3:30 e arriviamo in aeroporto, dove superiamo i controlli e facciamo colazione, prima di partire lasciando definitivamente una terra che ha lasciato in tutti noi un ricordo indelebile. Stanchezza e ricordi hanno la meglio durante i due voli (scalo al Cairo) che ci separano da Roma, ultima tappa del nostro viaggio.Atterrati, intoniamo per l’ultima volta Jambo Bwana, canto di benvenuto che ci ha accompagnati durante tutto il viaggio, e che abbiamo eseguito con tutti, dai driver in Tanzania alle guide a Zanzibar. Stupiti e divertiti, i presenti ci osservano mentre ci salutiamo per l’ultima volta, tra abbracci e promesse di rimanere in contatto e vederci presto. Siamo tutti consapevoli di aver vissuto una grande esperienza, difficilmente spiegabile a terzi che non l’abbiano vissuta, che ci ha uniti davvero, anche cambiati, forse. Anche chi ha preso questo viaggio come una sfida personale mi ha confidato che lo ricorderà per sempre..

Safari Blue, Ultima Isola

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