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9.0. CARATTERI DELLA STORIA STORICA DELLA FILOSOFIA 9.1. Prime considerazioni. Da quest'ultima parte dovrebbe emergere la figura di Gouhier, teo-rico della storiografia,1 attraverso l'evidenziazione dei più appari-scenti fondamenti che costituiscono la "storia storica" della filosofia, tenendo ben presente il suo rifiuto a parlare di teoria o di metodo sto-riografico, limitandosi egli a raggruppare più ipotesi di lavoro senza minimamente occuparsi, a suo dire, dell'istituzione di un metodo uni-co valido per ogni ricerca. Le sue, dice Gouhier, sono solo delle "ipotesi, nate dal lavoro stesso"2, volendo con ciò escludere dalla sua opera ogni teoria precostituita e desiderando altresì presentare come pura descrizione i pensieri così come erano nella mente del filosofo; le sue analisi per lui sono "un insieme di improvvisazioni empiri-che"3, prive di una teoria storiografica che si applicano alla realtà da analizzare. Non è questa la sede per dimostrare se Gouhier sia o no filosofo, né se la teoria gouhieriana si sia formata "a priori" o "a po-steriori" rispetto al suo lavoro di storiografo militante; con il presente lavoro si vogliono solo enucleare alcuni punti fondamentali per la comprensione di che cosa sia, per Gouhier, la ricerca storiografica, attraverso l'evidenziazione di quei caratteri che, secondo lui, rendono storica una ricerca storiografica. Lo stesso Gouhier, parlando del suo lavoro, afferma: "è inutile dire che le nostre affermazioni sono dei condizionali semplificati. Noi offriamo un reticolato di ipotesi attra-verso le quali noi vorremmo mostrare non ciò che abbiamo fatto, ma ciò che bisognerebbe fare"4; ed è per rimanere aderenti al suo pensie-

                                                                                                               1 H. Gouhier, La philosophie et ses publics, in Philosophie et méthode, cit., p. 74:

"Cette esquisse, reconnaissons-le, ne présente pas, à proprement parler, une méthode et à plus forte raison la méthode de l'histoire de la philosophie, mais plutôt un point de vue sur la réalité historique et, si l'on veut, une méthode d'ap-proche de cette réalité".

2 H. Gouhier, Pour une histoire historique de la philosophie, cit., p. 135. 3 Ibidem. 4 H. Gouhier, Digression sur la philosophie à propos de la philosophie chrétienne,

cit., p. 45.

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ro che si cercherà di far risaltare quel reticolato partendo dal nodo fondamentale che tiene uniti quegli intrecci: l'autonomia del settore storiografico da quello filosofico. 9.2. Gouhier tra ipotesi e teoria 9.2.1. L'historien e le philosophe. Negli scritti di Gouhier non compare mai in saggi appositi il tema dell'interpretazione come teoria ermeneutica, preferendo l'autore in-tervenire in modo indiretto, tramite cenni che sembrano non far parte di una teoria storiografica ormai compiuta. Lo stesso Paul Ricoeur, sottolineando questo fatto nel Convegno dedicato al tema "Ermeneu-tica e Tradizione", avente come oggetto la discussione sull'ermeneu-tica,5 si sente rispondere da Gouhier6 che, come era accaduto in altri momenti, neppure in quel Convegno egli intendeva cimentarsi diret-tamente nel dibattito ermeneutico preferendo sottintendere piuttosto che esplicitare. La spiegazione di questo modo di essere di Gouhier                                                                                                                5 Dal dibattito seguito alla presentazione dell'articolo di H. Gouhier, Tradition et

dévéloppement à l'époque du modernisme, in Ermeneutica e tradizione, Archivio di filosofia, Padova 1963, pp. 75-99, si ricava che Ricoeur, sottolineando il fatto che Gouhier in quella sede aveva preferito presentare il modernismo di fronte al-la tradizione, piuttosto che presentare alla discussione i modelli di comprensione della storia, specifica che gli sembra di aver avuto l'impressione che la sua erme-neutica fosse presentata più per via indiretta che per via diretta;infatti dice Ri-coeur: "Il y a une question que je voudrais vous poser par rappport au titre de no-tre colloque qui est Tradition et hermeneutique. En vous entendant j'ai eu l'im-pression qu'aucun des modèles de compréhension de l'histoire où portait le débat ne passe par le problème herméneutique. Alors, quelle difficulté cela nous fait-il pour la recherche? J'ai eu l'impression que c'était tout de même Loisy (Loisy era stato l'argomento centrale dell'esposizione di Gouhier) qui avait fait la connexion entre le problème du travail herméneutique...; et que tout le débat que vous nous avez proposé est par là herméneutique. Est-ce que je me trompe?".

6 H. Gouhier, Tradition et dévéloppement à l'époque du modernisme, cit., p. 102; nella risposta Gouhier incomincia dicendo: "J'ai detaché de mon étude tout ce qui concernait l'idée de tradition, et en particulier l'effort pour renouveler l'idée de tradition de l'intérieur par l'idée d'évolution ou de développement. Le problème de l'herméneutique se trouve donc sous-entendu. On s'approche du problème de l'herméneutique en montrant l'idée que les auteurs se sont faite de l'histoire". In pratica, Gouhier ha preferito seguire la via che porta alla esposizione del pensiero di un autore piuttosto che riferire il proprio modo di intendere l'ermeneutica.

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è forse dovuta al fatto che la stessa teoria ermeneutica, ai suoi occhi, corre il pericolo di organizzarsi, prima o poi, in una specie di siste-ma, rischiando di far leggere la storia da un punto di vista non pro-priamente storico, ma critico se non proprio filosofico.7 Il motivo di questo suo defilarsi di fronte alla trattazione del tema ermeneutico, può forse trovare una sua collocazione all'interno del dualismo esi-stente tra l'opera del filosofo della storia della filosofia e l'opera dello storico della storia della filosofia. L'intenzione con cui l'oggetto sto-riografico viene studiato dai due è diversa: il filosofo guarda al pas-sato per trovarvi un senso,8 per cercarvi quelle norme perenni che rendono leggibile il fluire della storia, escludendo dalla loro realtà storica quei filosofi che vengono, poi, inseriti in una nuova costru-zione teoretica; lo storiografo, invece, dimentico di sé, si rivolge al passato spinto dall'intento di ricostruire il pensiero dei filosofi, per inserirlo poi in un'anima che ha vissuto in un contesto storico e in un ambiente culturale.9 Ne consegue che dibattere intorno alle teorie ermeneutiche, o, addirittura, formularne una, è operazione più confa-cente all'attività del filosofo che a quella dello storiografo e, siccome Gouhier ama ritenersi un "artigiano" e non un filosofo della storia,10 si può presupporre che il suo rifiuto a prendere parte al dibattito er-meneutico dipenda proprio dal timore di cadere nella teoresi.11

                                                                                                               7 Per quanto riguarda il rischio di una lettura "critica" o "filosofica" della storia si

veda l'analisi della storiografia di Bréhier e di Gilson, riportata nel presente vo-lume e precisamente nell'articolo La storia critica della filosofia in Bréhier e in Gilson.

8 H. Gouhier, Vision rétrospective et intention historique, in La filosofia della sto-ria della filosofia, Archivio di filosofia, Roma 1954, p. 185: "La philosophie de l'histoire dit le sens de l'histoire et, puisqu'elle sait où va l'histoire, elle peut mon-trer aux vivants la direction de leur action".

9 Ivi., p. 179: "L'historien essaie de se faire le contemporain des hommes dont il ra-conte les aventures ou dont il expose les idées; il s'efforce d'oublier ce qu'il sait et qu'ils ne savaient pas au moment où le récit les met en scène".

10 H. Gouhier, Pour une histoire historique de la philosophie, cit., p. 135: "Une partie de mon oeuvre relève de l'artisanat historique".

11 Ibidem; in effetti Gouhier mira a sottolineare come le sue "hypotèses de travail" siano "nées du travail lui-même" e non da una teoria; anzi "si elles ont l'air, aujourd'hui, de s'organiser en espèce de système, c'est un effet du raccourci rétro-spectif qui rationalise après coup une suite d'improvisations empiriquement ac-cordées à la nature de chaque philosophie étudiée".

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Gouhier prende le distanze dal filosofo perché costui, quando tratta della storia della filosofia, non fa operazione storica, ma, mentre cer-ca di definire la filosofia, mentre dà la definizione, necessariamente nel suo pensiero possiede già una concezione filosofica, la sua filoso-fia;12 in secondo luogo quando guarda alla storia della filosofia la il-lumina con "categorie giudicanti", tramutandola, così, in una parti-colare filosofia della storia della filosofia come è accaduto, ad esem-pio, a Bergson che ha costituito una "filosofia bergsoniana della sto-ria della filosofia".13 Lo storico, al contrario, a cui non si richiede né "de juger", né "de démontrer", restringendo la sua visione all'ambito prettamente de-scrittivo può avvicinarsi alla storia della filosofia libero da ogni pre-supposto categoriale e scevro di ogni volontà teoretica.14 Seguendo queste premesse, lo storico eviterà di chiedersi, primo, la definizione di filosofia, secondo, dove vada la storia della filosofia.15 Non è compito dello storico scomodare una qualsiasi filosofia per dare una definizione della filosofia stessa,16 oppure chiedersi se la storia abbia un senso;17 queste domande lo costringerebbero ad abbandonare il proprio ambito facendogli assumere, invece, la veste di filosofo. Oc-corre, dunque, evitare di "travestire il filosofo da storiografo o di tra-

                                                                                                               12 H. Gouhier, La philosophie et son histoire, cit., p. 5: "Il appartient à chaque phi-

losophie de dire ce qu'il entend par philosophie: la définition même de la philo-sophie engage déjà une philosophie".

13 H. Gouhier, Le bergsonisme et l'histoire de la philosophie, cit., p. 386; ed anche in H. Gouhier, Note sur le progrès et la philosophie, in Etudes sur l'histoire de la philosophie en hommage à Martial Gueroult, Paris 1964, p. 111.

14 H. Gouhier, Vision rétrospective et intention historique, cit., p. 185: "Le temps des historiens est un cadre empirique, commode, sans signification rationnelle, toujours susceptible de remaniements".

15 Ivi: "L'historien ne sait pas où va l'histoire, ni même si elle va quelque part". 16 H. Gouhier, La philosophie et son histoire, cit., p. 5: "L'histoire nous apprend

donc quelles définitions les philosophes ont données de la philosophie: elle ne saurait en tirer la définition de la philosophie".

17 H. Gouhier, Quelques présupposés critiques d'une théologie de l'histoire, in La teologia della storia, Ermeneutica e Escatologia, Roma 1971, p. 23: "L'hy-pothèse d'un sens de l'histoire est non moins clair que l'historien ne saurait re-connaître le sens de l'histoire, n'ayant, d'ailleurs, aucun moyen de savoir si l'hi-stoire a un sens".

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sformare la storia della filosofia in filosofia della storia";18 è necessa-rio, al contrario, che lo storiografo resti all'interno del suo campo. 9.2.2. Storiografo e definizione di filosofia. Si diceva che non è compito dello storiografo procedere ad una funzione definitoria. Se si volesse ricercare il motivo di questa asten-sione si potrebbe dire che o è per una questione metodologica, e cioè per incapacità della storiografia di dar definizioni, o per una questio-ne ontologica, cioè per inesistenza di una definizione unitaria. Gouhier esclude che dipenda da incapacità metodologica in quanto vorrebbe dire che lo storiografo della filosofia non è in grado di dare la definizione della filosofia perché la storia non è capace di operare una sintesi in funzione di una definizione unica di filosofia; allo sto-riografo gouhieriano è richiesto di raccontare le definizioni che i filo-sofi hanno dato di lei19 o, tutt'al più, mostrare le limitazioni che ogni definizione ha comportato20 e non di analizzare se la storia sia in gra-do di operare una sintesi. Anche per quanto concerne la questione ontologica, se esista o meno la definizione unitaria, Gouhier afferma che tale problema non riguarda lo storiografo il quale non può avven-turarsi in quel settore, pena una auto-esclusione dal campo storiogra-fico. Non si chiede, infatti, allo storico di dire che cosa sia la filoso-fia, né di giudicare se un pensiero sia ancora vivente o sia già morto; gli si chiede "di risuscitare ciò che è stato vivo",21 gli si chiedono del-le descrizioni. E' per scelta di campo: la definizione non è materia della sua ricerca.

                                                                                                               18 H. Gouhier, La philosophie et son histoire, cit., p. 5. 19 Ibidem: "L'histoire nous apprend donc quelles définitions les philosophes ont

données de la philosophie". 20 H. Gouhier, Pour une histoire historique de la philosophie, cit., p. 136: "L'idée

de la philosophie selon Descartes la limite à la zône du réel exprimable en chaînes de raisons: allons-nous alors exclure Pascal de l'histoire de la philoso-phie? Il faudrait, du même coup, en exclure Voltaire adversaire de Pascal, Maine de Biran lecteur de Pascal".

21 H. Gouhier, La philosophie et son histoire, cit., p. 5.

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Se lo storiografo non può dare una definizione di filosofia, non co-noscendo egli l'ambito entro cui si può muovere, cade forse anche la possibilità di fare storiografia filosofica? Gouhier sembra consapevo-le dell'esistenza di questa insinuazione e, nel desiderio di salvare la storiografia, introduce nel lavoro storiografico "l'intenzione" di ciò che vuol dire filosofia. Per filosofia si può intendere la filosofia uni-ca a cui i vari filosofi si sono avvicinati senza mai coglierla nella sua "essenza",22 oppure la si può intendere non come una "essenza", ma come una "esistenza da descrivere";23 nel primo caso il compito dello storiografo è simile a quello del filosofo e la sua storia racconta l'iti-nerario che ogni pensatore ha compiuto verso "il" sapere; nel secon-do caso il compito dello storiografo è quello di raccogliere le espe-rienze illustranti le condizioni di esistenza della filosofia.24 9.2.3. La storia ha un senso? Una seconda domanda resta ancora aperta, se cioè la storia abbia un senso. Lo storico della filosofia deve guardarsi dal ricercare le linee che evidenzino un processo storico perché non è suo compito ricercare categorie che possano informare o aver informato la storia: se ciò ac-cadesse, lo storico subordinerebbe la storia ad una norma valutante cercando nei fatti dei nessi come il progresso, l'avvento, la storia to-tale, l'evoluzione del pensiero.25                                                                                                                22 H. Gouhier, L'histoire et sa philosophie, cit., p. 145: "Ce qui survit à Platon et à

Descartes, n'est-ce pas l'essentiel du platonisme et du cartésianisme? Ce qui, dans les paroles de Platon et dans les paroles de Descartes, traverse les temps sans perdre son pouvoir d'appel, n'est-ce point un platonisme intemporel et un carté-sianisme intemporel? Le platonisme sans Platon, le cartésianisme sans Descartes, n'est-ce pas une essence?".

23 Ivi, p. 150: "D'admirables travaux ont montré et montreront encore que, vues sous un certain jour, les philosophies sont des essences. En suivant la direction inverse, l'histoire des visions du monde prend ces mêmes philosophies là où elles eurent le mouvement, la vie et l'existence".

24 Ivi, p. 5: "La perspective change si nous considérons la philosophie non comme une essence à définir mais comme une existence à décrire: l'histoire devient alors un recueil d'expériences illustrant les conditions d'existence de la philosophie".

25 H. Gouhier, Quelques présupposés critiques d'une théologie de l'histoire, cit.; a

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Certamente nel fare storiografia lo storiografo si trova di fronte ad una pluralità di filosofie che mostrano "che l'universo non appare identico a tutti gli uomini; più essi pensano, più le visioni originali del mondo si moltiplicano".26 Nel descrivere questa pluralità, lo sto-riografo più che parlar per bocca propria, deve lasciar parlare la sto-ria, abbandonando, in tal modo, qualsiasi categoria prestabilita. Solo accettando questa premessa la teoreticità della storia della filosofia che ne uscirà potrà essere intesa più come metodologia problematica che come risposta conclusiva e concludente: solo in questo modo il lavoro dello storiografo non sarà confuso con quello del filosofo. Di fronte alla domanda: "che cos'è che trasforma la realtà al punto da esigere continuamente delle edizioni corrette?",27 lo storico dovrà la-sciare parlare la storia; sarà essa a trovare le sorgenti che animano il pensiero filosofico e a dirgli che sono "i progressi dello spirito scien-tifico e le ispirazioni del genio religioso" ad animare ogni filosofia.28 Non sarà allora lo storiografo a dare un'interpretazione filosofica, ma sarà la storia stessa che parlerà e che confermerà che "l'universo ri-messo a nuovo dalla scienza, l'uomo risuscitato dalla fede sono le due sorgenti non filosofiche continuamente ricreatrici del pensiero filoso-fico".29                                                                                                                                                                                                                                                                

p. 23 troviamo: "l'histoire ne peut être ici que totale"; a p. 24: "il s'agit d'événe-ments qui sont des avènements"; a p. 25: "son histoire ne peut être qu'un progrès".

26 H. Gouhier, Digression sur la philosophie à propos de la philosophie chrétienne, cit., p. 13.

27 Ibidem. 28 H Ibidem; anche in H. Gouhier, Pour une histoire historique de la philosophie,

cit., pp. 142-143: "Très tôt j'ai cru pouvoir reconnaître deux causes de ces chan-gements: les progrès de l'esprit scientifique qui ne cesse de donner des éditions nouvelles du grand livre du monde, les impulsions ou inspirations du génie reli-gieux qui introduisent dans l'esprit un principe de dépassement jouant dans le monde intérieur le rôle de premier moteur".

29 H. Gouhier, Pour une histoire historique de la philosophie, cit., p. 143; ricor-diamo che la stessa espressione era già stata riportata in H. Gouhier, La philoso-phie et son histoire, cit., p. 18, ma i termini “non philosophiques” in questo vo-lume non appaiono. L'inserimento o meno dei termini in questione può essere spiegata dagli scopi diversi con cui Gouhier ha scritto i due articoli; in La philo-sohie et son histoire, lo scopo del nostro autore era quello di mettere in risalto le fonti dalle quali nascevano le due filosofie, quindi tali sorgenti erano filosofiche, cioè inseribili all'interno di una storia della filosofia; in Pour une histoire histori-que de la philosophie, il suo discorso era fatto in funzione della fondazione di

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La discriminante nel rapporto storiografia-filosofia della storia sta allora nel lasciar parlare la storia o nel far parlare una teoria che ana-lizza la storia. Nel primo caso si incontra un filosofo che vien fatto parlare secondo il suo preciso modo di vedere la realtà; nel secondo si incontra, invece, un filosofo che si fa parlare alla luce di una teoria precostituita. Il tema, allora, dello storiografo che chiede e della sto-ria che gli risponde, sembra escludere ogni intervento categoriale del-lo "historien". Esiste proprio una divaricazione di itinerario tra historien e philo-sophe: il primo ha come impegno quello di attenersi all'ambito pura-mente descrittivo, il secondo può addentrarsi in quello argomentati-vo; il primo descrive il reale, il secondo argomenta attorno all'essere. Allo storiografo non è chiesto di trovare una storia del progresso dello spirito umano, che diventerebbe più o meno una filosofia che accomoda la storia ad una categoria predeterminata; gli è richiesto, invece, di precisare la situazione della filosofia di un momento stori-co, dimentico di se stesso, della sua epoca, quasi contemporaneo di quel periodo che sta analizzando.30 Ecco perché Gouhier non è mai entrato direttamente a dibattere in-torno alle varie teorie storiografiche; forse non ha mai inteso presen-tare una sua teoria storiografica per non essere scambiato per teoreta. I sui scritti sembrano attestare proprio questa ipotesi.31 Il timore, forse, di entrare in un settore in cui facilmente si lascia la prospettiva                                                                                                                                                                                                                                                                

una "storia storica" della filosofia, e per far ciò aveva bisogno di evidenziare co-me queste due fonti non siano categorie filosofiche di uno storiografo, ma siano categorie storiche, trovate dalla storia e da lei esternate allo storiografo, diventa-to, così, un semplice trasmettitore, un semplice portavoce di una notizia non filo-sofica, ma storica.

30 H. Gouhier, Les exigences philosophiques du temps présent, cit., p. 56: "Non pas à une histoire des progrès de l'esprit humain qui est toujours plus ou moins une philosophie trouvant sa justification dans une histoire accomodée à cet effet; non pas dans une histoire qui juge les systèmes au nom d'un système inavoué; mais dans une histoire qui serait un effort pour préciser la situation actuelle de la phi-losophie".

31 Se ci riferiamo alla bibliografia riportata in Appendice, è ben visibile come le opere di carattere più propriamente teorico, che abbiamo tenute separate da quel-le di storiografia militante, occupino un ambito decisamente minore delle altre e l'unico articolo in cui Gouhier accetti di affrontare un discorso intorno alla sua posizione sia quello intitolato Pour une histoire historique de la philosophie, il quale sembra essere stato scritto proprio in difesa di questo assunto.

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storica per assumere quella sistematica, lo ha tenuto lontano dall'am-bito argomentativo e lo ha fatto propendere per una aderenza al puro piano della descrittività storica. 9.3.1. La phénoménologie de l'esprit métaphysique. L'atteggiamento teoretico - speculativo non è dello storico, si dice-va, ma del filosofo. Qual è, allora, il corretto atteggiamento dello storiografo?: la descrizione, la phénoménologie de l'esprit métaphy-sique.32 Con questa affermazione entriamo direttamente nella pro-posta di Gouhier, potendovi distinguere la phénoménologie come metodo e l'esprit métaphysique come oggetto. Seguendo la prima, lo storiografo è invitato a fermarsi alla lettura del dato per descrivere ciò che esso mostra; seguendo il secondo, lo storiografo ritrova l'og-getto della sua ricerca, cioè i "faits spirituels". Che cosa sono e come si manifestano questi "faits spirituels", que-sto "esprit métaphysique" di ogni filosofo? Sarebbe riduttivo considerarli come sistemi ormai codificati che spieghino la nascita, l'evoluzione, i rapporti con altri sistemi prece-denti o successivi; questa può essere l'opera di un professore che me-dia la storia della filosofia per degli allievi. Gli "esprits métaphysi-ques", manifestazioni che coinvolgono la razionalità filosofica, sono principalmente dei pensieri che nascono da una spiritualità che vive i problemi in prima persona, partecipando emotivamente con tutto il suo essere. E' l'uomo-coinvolto-nel-mondo quell'esprit métaphysique che inte-ressa a Gouhier, non tanto il sistema filosofico già codificato;33 il fi-                                                                                                                32 H. Gouhier, Digression sur la philosophie à propos de la philosophie chrétienne,

cit., p. 44. 33 H. Gouhier, Essais sur Descartes, Paris 1937, pp. 5-6: "Prendre l'intelligence

comme une vie et suivre cette vie dans ses créations ou ses transpositions, tel est le sens de cette invitation à une nouvelle lecture de Descartes... sa vision du monde était plus étendue que son système et il est naturel de la connaître avant le système qu'elle précède, déborde et soutient. C'est cette présence continue d'un univers dans une âme que j'esaie de rendre familière, arrêtant volontier le lecteur devant les images qui donnent au style de Descartes une transparence si trom-peuse et un accent d'une savoureuse humanité".

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losofo che interessa alla phénoménologie, poi, è l'uomo mentre pen-sa, è l'uomo mentre vive. Il metodo di tale storiografia potrebbe es-sere "réflechir en compagnie de..."34 ed i suoi punti chiave potrebbero essere: attenzione per l'uso della parola e per il pubblico al quale essa è rivolta, analisi delle fonti, attenzione al linguaggio, al "milieu" e al rapporto tra subcosciente storico e risposta personale. 9.3.2.0. Réflechir en compagnie de.... 9.3.2.1. Parola e pubblico. I filosofi hanno parlato e, ciò facendo, hanno usato la parola per esprimere dei pensieri che rivolgevano a qualcuno. Lo storiografo, non potendo oggi porre loro delle domande, si deve rifare alle parole con le quali essi hanno esplicitato i loro pensieri.35 Da questa affermazione, di una ovvietà disarmante, nascono due questioni metodologiche: in primo luogo lo storiografo si deve chie-dere se quelle parole che incontra nel suo studio sono state scritte da colui che le ha pronunciate oppure sono state riportate da altra perso-na,36 in secondo luogo egli deve sapere a quale pubblico quelle paro-le erano state rivolte.37                                                                                                                34 François Evain, Etre et personne chez Antonio Rosmini, Paris 1981, Avant-

propos de Henri Gouhier; alla p. V: "La métaphysique de Rosmini a été explorée pour elle-même, avec l'esprit critique qu'implique la méthode historique: ...se préparer à réfléchir sur la nature de la personne en compagnie de Rosmini".

35 H. Gouhier, La pensée métaphysique de Descartes, Paris 1962, p. 12: "La parole engage donc le philosophe dans son temps...; par la parole, il est condamné à penser là où il trouve des interlocuteurs". Delle affermazioni simili le riscontria-mo anche in H. Gouhier, La philosophie et ses publics, cit., p. 61: "Les philoso-phes que nous trouvons dans l'histoire de la philosophie sont des hommes qui ont parlé; fût-il génial, le philosophe muet n'existe pas en tant que philosophe; il est, par définition, philosophe inconnu". Inoltre in H. Gouhier, Pour une histoire hi-storique de la philosophie, cit., p. 140 troviamo scritto: "Car toute philosophie est discours et elle n'est conservée dans l'histoire de la philosophie que sous la forme d'un discours écrit".

36 H. Gouhier, Pour une histoire historique de la philosophie, cit., p. 140: "Or un discours écrit s'adresse à quelqu'un et, s'il est philosophique, c'est avec l'intention de faire penser le lecteur à l'unison du philosophe".

37 H. Gouhier, La philosophie et ses publics, cit., p. 63: "Or tout texte a été écrit

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La prima domanda, che gli storiografi tutti si pongono di fronte al pensiero di Socrate, non può essere considerata di poco conto neppu-re quando si tratta di filosofi moderni; essa costituisce il primo pro-blema attuale che uno storico della filosofia si deve porre per poter separare ciò che è dell'autore da ciò che non lo è:38 questo è il primo modo per rimanere aderenti al dato. La seconda attenzione, invece, cioè quella di considerare per quale pubblico l'opera era stata scritta, non è sempre presente nella ricerca storiografica; eppure ogni testo è stato scritto per essere letto,39 per cui la "phénoménologie de l'esprit métaphysique", che voglia analiz-zare correttamente il dato, dovrà considerare bene questo lettore che esisteva già nella mente di chi ha stilato quello scritto. Considerando che le categorie di lettori, cui un filosofo si rivolge, possono essere principalmente due, quella degli specialisti e quella della gente comune,40 il problema è sapere se lo scritto è rivolto all'una o all'altra, oppure se è rivolto ad entrambe. A volte gli autori ci danno già un orientamento: in Cartesio, ad esempio, c'è l'uso della lingua latina quando il filosofo ha intenzione di rivolgersi agli specialisti, del francese quando vuole esporre la sua filosofia ad entrambi contemporaneamente.41 Questa prima attenzione è necessario faccia parte di una corretta storiografia filosofica e lo storiografo non la può dimenticare.42 Nel-

                                                                                                                                                                                                                                                               pour être lu comme toute parole a été prononcée pour être entendue: l'écriture et la parole s'adressent toujours à quelqu'un".

38 Ivi, cit., p. 61: "C'est un problème de savoir dans quelle mesure il faut prendre à la lettre le texte"; e poi, a p. 63: "en histoire de la philosophie, il n'y a qu'une seu-le critique, la critique des textes".

39 H. Gouhier, Pour une histoire historique de la philosophie, cit., p. 140: "Or un discours écrit s'adresse à quelqu'un".

40 Ibidem: "Le philosophe se trouve toujours devant deux publics...: disons, en gros, celui des honnêtes gens et celui des spécialistes".

41 H. Gouhier, La pensée métaphysique de Descartes, cit., p. 76: "Descartes a écrit en français et en latin, selon le public auquel il s'adresse"; e più avanti, a p. 77: "Descartes a deux types d'interlocuteurs: celui qui n'a jamais eu l'occasion de donner son adhésion à une philosophie e celui qui l'a donné à une mauvaise".

42 Ivi, p. 83: "Il y a donc une histoire des rapports de Descartes avec les divers pub-lics auxquels il désirait communiquer sa philosophie. Pareille histoire est impor-tante, car ce serait à travers elle que l'on pourrait essayer de discerner une évolu-tion de la pensée de Descartes".

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la mente del filosofo, mentre scrive, c'è già la volontà di comunicare quel suo pensiero ad un altro; egli, non scrive per sé, ma per un pub-blico già presente nella sua mente;43 il filosofo, nell'atto in cui princi-pia a scrivere, ha già presente il soggetto a cui vuol comunicare il suo pensiero; la comunicazione, quindi, che normalmente sembra avveni-re in un tempo successivo a quello della produzione scritta, è invece da considerarsi contemporanea all'elaborazione del pensiero filosofi-co; è necessario ammettere allora un'unità inscindibile tra pensiero e forma esterna attraverso la quale viene posto; quest'ultima informa quello e quello richiama questa. Testimone privilegiato della unità inscindibile di pensiero e parola sembra essere, ancora una volta, Cartesio,44 che ha usato generi mol-to diversi in base al pubblico cui era indirizzato il suo pensiero: "il discorso", "la meditazione", "l'esposizione more geometrico, il ma-nuale a livello di libro del maestro, la lettera", "il dialogo".45 In tutti questi generi il fantasma dell'altro, a cui il pensiero era indirizzato, animava il mezzo espressivo a seconda che questo altro fosse futuro discepolo, avversario, uomo qualunque.46

                                                                                                               43 Ivi, p. 90: "Mais quand Descartes regarde ses lecteurs... il doit trouver les mots

qui rendent l'évidence éclatante pour leur entendement comme elle l'est pour le sien: alors il pense le crayon à la main". Anche in H. Gouhier, Pour une histoire historique de la philosophie, cit., p. 140: "Dès qu'une philosophie devient écriture ou même parole intérieure, elle est hanté par un fantôme, celui de l'autre".

44 H. Gouhier, La philosophie et ses publics, cit., p. 65: "Descartes est un témoin privilégié".

45 Ibidem, p. 65: "De là la recherche du genre littéraire le mieux approprié à la communication avec cet autre". Anche in H. Gouhier, Pour une histoire histori-que de la philosophie, cit., p. 140: "Quand Descartes veut être lu de l'honnête homme, celui-ci fût-il une femme, il écrit en français...; quand il s'adresse aux Docteurs en Sorbonne, il écrit en latin...; quand, déçu par les gens de l'Ecole, il revient aux gens du monde, il fait traduire ses oeuvres latines".

46 H. Gouhier, Pour une histoire historique de la philosophie, cit., p. 140: "De là chez certains philosophes des variations qui n'expriment pas des changements ou une évolution dans la pensée, mais la diversité des publics visés"; e più oltre: "le choix des moyens d'expression est toujours guidé par les immages que le philos-ophe se fait du lecteur à convaincre, de l'adversaire à persuader, du non-philosophe à convertir à la philosophie".

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9.3.2.2. Fonti e novità. Ma un itinerario storiografico che voglia réflechir en compagnie de... deve tener conto anche del "milieu" culturale47 che ha ispirato il pensiero del filosofo e perciò, per rimanere aderente al dato, non sa-ranno necessarie allo storiografo le "sources"48 che hanno influenzato il pensatore. E queste dovranno essere correttamente interpretate at-traverso un consapevole fondamento: che "tale studio non ha come scopo quello di scomporre una filosofia in brani presi a prestito, ma di cogliere l'originalità del filosofo nel momento in cui si serve" di esse,49 mentre le fa proprie e le rivive in prima persona; saranno mes-se a nudo, in tal modo, le novità che il filosofo con la sua indagine ha apportato. Partendo dal presupposto che "in un sistema si riconosce ciò che è nuovo quando si è a conoscenza di ciò che non lo è", condizione ne-cessaria e basilare per una corretta analisi delle sources è la prepara-zione culturale dello storiografo,50 che dovrà essere tale da consentir-gli di cogliere e correttamente interpretare "i prolungamenti dottrina-li" presenti nel suo pensatore. "Lo studio delle fonti ha la funzione di creare i contrasti che danno risalto all'originalità dell'autore studia-

                                                                                                               47 Ivi, p. 141: "L'univers mental de chaqun de nous, en effet, est un univers à cinq

dimensions: les trois de l'espace, le temps des horloges et du calendrier, la cin-quième étant la culture par laquelle je participe à ce monde que chaque civilisa-tion ajoute à la nature, par laquelle mon être historique se trouve existen-tiellement lié à de multiples histoires, familiales, locales, nationales, économiques, artistiques, religieuses, philosophiques aussi".

48Ibidem, p. 141: "L'étude des sources appartient à l'exploration de ce monde cul-turel d'où jaillissent souvenirs et réminiscences dans la pensée du philosophe".

49 H. Gouhier, La philosophie et ses publics, cit., p. 69; troviamo anche in H. Gouhier, Pour une histoire historique de la philosophie, cit., p. 142: "mais si len-te et si pesante que soit souvent cette recherche, sa fin est évidemment de faire apparaître l'originalité du philosophe".

50 Ibidem, p. 69: "On reconnaît dans un système ce qui est neuf quand on sait ce qui ne l'est pas"; poi in H. Gouhier, L'histoire et sa philosophie, cit., p. 109: "Chaque situation historique est un complexe de données relevant de diverses histoires: histoire des sciences, histoire des religions, histoire de la philosophie, histoire lit-téraire, histoire des arts, histoire économique, autant de points de vue sur une ré-alité dont l'unité exige la convergence. La spécialisation des histoires est une nécessité scientifique et un mythe pédagogique: le mythe pédagogique ne saurait interdire de limiter les dégâts de la nécessité scientifique".

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to. Ma nelle creazioni dello spirito il nuovo e l'antico non si collega-no secondo un ordine determinato: siamo nel campo delle trasforma-zioni, l'antico diventa nuovo e l'analisi storica deve recuperarlo con la sua impronta originale".51 E siccome il filosofo "non parla per ripe-tere ciò che gli altri filosofi hanno detto, ma se parla è per la convin-zione di aver qualcosa di inedito da comunicare",52 lo storiografo do-vrà provocare dei contrasti tra il pensiero del suo autore e le "sour-ces" a cui costui si rifaceva con l'intento di evidenziarne l'originalità. Non sono i pezzi firmati dai filosofi precedenti e giustapposti quelli che possono far identificare la filosofia di un autore;53 allo storiogra-fo, ad esempio, non interesserà la filosofia che passa di mano in ma-no da Sant'Agostino a Cartesio o a Malebranche, ma l'originalità di Malebranche mentre tratta temi di Sant'Agostino o di Cartesio; e sarà proprio la conoscenza di questa originalità a far comprendere allo storiografo "chi fu esattamente... e ciò che disse"54 realmente il filo-sofo in questione. 9.3.2.3. Linguaggio e milieu, subcosciente storico e risposta perso-

nale. Una ulteriore attenzione che lo storiografo, teso a restare aderente al dato, deve tener desta, riguarda la scelta del vocabolario compiuta dal filosofo, non nel senso che l'analisi filologica debba entrare ne-cessariamente nell'interesse dello storiografo, ma che quel linguaggio mutuato da un ambiente è stato successivamente personalizzato dal filosofo attraverso un'opera di interiorizzazione. Quel linguaggio,

                                                                                                               51 H. Gouhier, Filosofia e religione in J.J.Rousseau, Bari 1977, tad. it. Maria Garin,

p. VIII. Lo stesso concetto viene espresso in H. Gouhier, La philosophie et ses publics, cit., p. 69: "l'étude des sources a donc pour fin de provoquer les contra-stes qui font ressortir l'originalité du philosophe étudié".

52 H. Gouhier, La philosophie et ses publics, cit., p. 69. 53 H. Gouhier, L'histoire et sa philosophie, cit., p. 108: "Les idées d'un homme

prennent forme en se détachant, non réellement mais par un effet de perspective, sur un fond: chercher les composantes de ce fond ne signifie en aucune façon que le spinozisme est leur résultante".

54 H. Gouhier, La philosophie et son histoire, cit., p. 124.

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dunque, va interpretato attraverso le sue due componenti: il senso che assume nel momento in cui viene inserito nel "milieu" storicamente circostanziato del pensatore e il senso di cui costui lo ha caricato. Andare al di là dei tecnicismi, verso la comprensione della ricchezza del pensiero, ricercando quei significati nuovi di cui il filosofo ha ca-ricato i vecchi termini, senza fermarsi però al loro significato lettera-le, coglierne il pensiero nascente "nonostante" il linguaggio,55 questa è un'altra strada del percorso metodologico gouhieriano. Come è illusoria la convinzione che nel solo linguaggio sia ogget-tivato tutto il mondo del pensatore, altrettanto illusoria è la presun-zione di spiegare il pensiero di un autore solo attraverso l'uso che la cultura del tempo ha fatto di quel lessico. E' vero sì che il filosofo vive in un "milieu" dal quale mutua il suo vocabolario, ma una di-stinzione è d'obbligo all'interno di questo "milieu": esso può essere considerato come "spazio storico-geografico" o come "spazio interio-re";56 per il primo il filosofo si trova condizionato, per il secondo è li-bero di attuare le sue scelte. Ogni studio di storia della filosofia, nel considerare il "milieu" di un filosofo, non potendo escludere nessuno di questi due significati, deve fare i conti con una bipolarità: se da una parte la condizionalità storica rende il filosofare finito, in quanto esso si radica in un sempre diverso ambiente, dall'altra la personale e irrepetibile apertura del filosofo ai problemi del mondo rende tale fi-losofare aperto, grazie alla "creatività", nascente dalla dimensione del profondo del filosofo.57

                                                                                                               55 Il termine nonostante che abbiamo usato, implica la condanna entro cui il filoso-

fo è costretto, condanna che lo stesso Gouhier sottolinea in La philosophie et ses publics, cit., p. 66: "Par la parole, le philosophe est introduit et il est maintenu dans un milieu ou dans des milieux culturels historiquement déterminés; par la parole, il est condamné à penser là où il trouve des interlocuteurs et là où des in-terlocuteurs pourront vouloir le trouver".

56 H. Gouhier, La philosophie et ses publics, cit., pp. 67-68: "On voudrait simple-ment insister ici sur l'équivoque qu'entretient l'image du milieu: en un sens, je suis dans un certain milieu; en un autre, ce même milieu est mon milieu parce qu'il est en moi".

57 Ivi, p. 74: "Tout texte philosophique a deux contextes, la philosophie dont il est une pièce indétachable et le milieu culturel où l'écriture a fait de lui une chose hi-storique; la lecture dans le second contexte ne peut qu'être intimement unie à la lecture dans le premier, mais il est clair que le lecteur doit changer de lunettes quand il passe de l'une à l'autre".

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Il linguaggio nasce alla confluenza di questi due "milieu"58 per cui se da un lato c'è un filosofo libero di filosofare, dall'altro c'è un am-biente che gli offre una situazione preformata; la scelta linguistica è sempre "libertà in situazione", come è libertà in situazione la scelta dei contenuti. Dalle "sources", intese in questo modo, lo storiografo si renderà conto come nella storia della filosofia i sistemi non si ignorino, anzi ci sia sempre un avant e un après e che il "poi", anche se non metterà mai in ridicolo il "prima", tuttavia non potrà mai essere la stessa cosa del "prima".59 Il filosofo, trovandosi in un mondo nel quale i problemi si sono già presentati e sono già stati risolti in vario modo, porta dentro di sé, co-scientemente o inconsciamente, questo "prima" come fosse una spe-cie di "subcosciente storico"60 e, accettando o rifiutando le risoluzioni di quei problemi, viene condotto da questo "subcosciente storico" a formulare una sua risposta. Siccome tale risposta si inserisce in una idea, implicita od esplicita, di storia della filosofia,61 per comprendere appieno tale risposta occorre che lo storiografo presupponga che il fi-losofo situi in questa il suo pensiero stesso. La chiave di lettura, per restare aderente al dato, consiste allora nel mettersi in cammino col filosofo62 per "s'y installer", come diceva Bergson, e comprendere ciò che quello voleva comunicare; nello spazio interiore del filosofo stesso andare a misurare le distanze che superano o avvicinano i fatti, attraverso dispositivi sempre diversi;63 ciò vuol dire, per esempio, che quando si affronta lo studio del pensiero di Bergson, "sarebbe conve-niente cominciare ad esporlo a partire dall'ultimo capitolo de L'évolu-tion créatrice, in cui il suo concetto di évolutionisme vrai si trova si-                                                                                                                58 Ivi, p. 68: "Toute étude historique d'un philosophe pris dans son milieu trouve

donc sa philosophie à la convergence de deux informations sur le milieu con-sidéré comme extérieur et vu de l'intérieur".

59 Ivi, p. 103. 60 Ivi, p. 69. 61 Ivi, p. 70. 62 H. Gouhier, Pour une histoire historique de la philosophie, cit., p. 142: "Il faut

donc se mettre en marche avec...". 63 H. Gouhier, L'histoire et sa philosophie, cit., p. 115: "Il n'y a pas, en histoire, de

passe-partout. L'historien invente pour chaque invention les dispositifs qui la présenteront sous le meilleur jour".

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tuato e definito all'interno di una storia bergsoniana della filosofia";64 in questo modo si potrebbe poi situare il suo pensiero all'interno di una ben precisa storia della filosofia che non si confonderebbe con nessun'altra storia; e lo stesso si potrebbe fare con ogni autore. Solo quando "lo storico cercherà di comprendere Hegel, situandolo all'in-terno della visione hegeliana della storia della filosofia e non cerche-rà di comprendere Cartesio all'interno di una visione hegeliana della storia",65 solo procedendo in questo modo egli farà opera di storiogra-fia storica. In questa prospettiva, allora, Gouhier scoraggia lo storiografo a si-tuare un filosofo all'interno di una concezione di storia della filosofia che non sia la sua e lo invita, invece, ad essere attento alla concezio-ne che della storia ogni filosofo si è fatto.66 9.3.3. L'oggetto. La phénoménologie come metodo è, dunque, aderenza al dato va-riamente interpretato per cogliere non solo il filosofo, ma l'uomo che sta dietro il testo. Non è, quindi, né l'analisi del sistema di un filoso-fo, il cui testo non è parte isolabile, né la ricerca del "milieu" cultura-le che ha reso storico il testo stesso. Ciò che preme a Gouhier nell'approccio storiografico è la considerazione di entrambi, ricer-cando al di là di quelli, il filosofo che ha incarnato il suo pensiero in un certo ambiente.67 "Cercare il cartesianesimo nel pensiero di Car-tesio o il criticismo nel pensiero di Kant è troppo spesso coglier qual-che formula svuotata della sua sostanza e trasmetterla sotto forma di

                                                                                                               64 H. Gouhier, La philosophie et ses publics, cit., p. 71. 65 Ibidem. 66 Ivi, p. 73: "C'est dans l'espace intérieur de chaque philosophe que son historien

mesure les distances qui séparent ou rapprochent les faits relevant des diverses histoires".

67 H Ivi, p. 72: "Celui-ci n'oppose pas extérieur et intérieur mais il est une invitation à considérer l'extérieur intériorisé. C'est-à-dire qu'il faut bien faire porter la re-cherche sur l'extérieur pour étudier le phénomène de réfraction qu'est l'intériori-sation".

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'slogans' scolastici".68 Cercare il sistema è estrapolare un dato dalla vivezza di un pensiero in movimento; l'esprit métaphysique, ossia la spiritualità del filosofo è ben al di là di quel sistema. L'approfondi-mento del "pensiero religioso di Cartesio", dell'"esperienza religiosa di Malebranche", delle "conversioni di Maine de Biran", della "reli-gione di J.J.Rousseau", ecco a che cosa mira la phénoménologie: essa si rivolge alla spiritualità di un filosofo mentre avanza e non al siste-ma di verità da lui affermate ed oggettivate. La religiosità, che è l'oggetto delle ricerche storiografiche gouhieriane, non è però con-fondibile o riconducibile ad una fede religiosa, come potrebbero sug-gerire, a tutta prima, i titoli delle opere di Gouhier. Sono i "faits spi-rituels", quei fatti spirituali che il genio religioso porta nell'universo interiore dell'io, quei fatti spirituali che hanno inciso nelle scelte ope-rate dall'uomo-filosofo, che interessano a Gouhier. Ma la storia della filosofia di Gouhier si può chiamare storia della filosofia o non è più corretto, invece, chiamare questa particolare sto-ria una storia delle filosofie o meglio dei filosofi;69 oppure non è ad-dirittura meglio parlare di analisi di singole visioni del mondo?70 Queste visioni che i filosofi hanno espresso attraverso i loro pensie-ri consegnandole ai libri, sono ciò che lo storiografo cerca di ripre-sentare in tutta la loro vivezza. Ma in questo modo più che di storia si potrebbe parlare di monografie nelle quali vengono privilegiate le vicende spirituali degli autori e non la linea ininterrotta del prodursi di un pensiero umano; nel far ciò l'intento storicizzante è più rivolto all'analisi di come il milieu culturale, sociale, religioso, politico sia entrato nella spiritualità di un filosofo, che non all'inserimento di un pensiero particolare in un "milieu". La storia della filosofia così concepita, grazie alle imprevedibili e profonde intuizioni che i filoso-fi portano nelle loro analisi, è un processo aperto, imprevisto ed im-

                                                                                                               68 H. Gouhier, La philosophie et son histoire, cit., p. 129. 69 Dice Gouhier in un intervento fatto in occasione del Convegno di Bruxelles del

1972 che è riportato in AA.VV. Philosophie et méthode, cit., a p. 46: "Je me rends tout à fait compte que mes travaux concernent l'histoire des philosophes, non l'histoire de la philosophie; je ne crois pas les avoir jamais qualifiés d'histoire de la philosophie, autrement que dans des formules banales de conver-sations".

70 Per questa definizione si vedano i paragrafi 8.5.1.-8.5.2.

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prevedibile, processo nel quale è la spiritualità dei filosofi a dar for-ma a sempre nuovi percorsi ontologici. Una continuità c'è, ma è la continuità dei problemi, non quella delle soluzioni, che sono sempre nuove e personali. La "filosofia perenne" non è l'oggetto della storia storica della filosofia. 9.4. Per situare meglio Gouhier. Qua e là, nei suoi scritti, pur non essendo sua abitudine parlare né di sé né della sua possibile teoria ermeneutica, Gouhier ha inserito, poche per la verità, alcune affermazioni dalle quali è ricavabile un modo di pensare. Nelle prime opere la sua attenzione era costantemente rivolta alla figura del filosofo del quale enucleava il pensiero; lì parlava di ade-renza al dato escludendo ogni intervento dell'ermeneuta. Dopo gli anni '70 questa attenzione, pur sempre riaffermata, cala di tensione e Gouhier esplicita alcune sue preferenze personali, come è successo nel Convegno di Bruxelles del 197271 dove ne ha manifestata una, forse perché pungolato da alcune osservazioni di Gueroult.72 Gouhier afferma di sé: "J'ai certainement laissé transparaître une préférence: je suis plus à mon aise chez Maine de Biran que chez Malebranche, par exemple; je suis incliné personellement vers les auteurs qui ont des itinéraires, qui vont et qui viennent...".73 Questo fatto testimonia ciò che Gouhier ha fatto nel corso degli an-ni, ammettendo ora esplicitamente una certa preferenza per uno stu-dio svolto su filosofi che mostrano un percorso spirituale. Questa af-                                                                                                                71 Si tratta del Convegno tenutosi a Bruxelles tra il 5 e il 6 marzo 1972 per iniziati-

va dell'Institut des Hautes Etudes de Belgique e presieduto da Chaïm Perelman che è stato il curatore di Philosophie et méthode, cit.

72 Martial Gueroult aveva presentato un suo articolo dal titolo La méthode en hi-stoire de la philosophie, in AA.VV. Philosophie et méthode, cit., pp. 17-27, nel quale, tra le altre affermazioni, aveva espresso alcune osservazioni sulla interpre-tazione che Gouhier aveva dato alle filosofie "della realtà" e a quelle della "veri-tà". Forse Gouhier è stato invogliato a precisare la sua posizione proprio da que-sto invito indiretto di Gueroult.

73 AA.VV. Philosophie et méthode, cit., a p. 44.

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fermazione non è, certamente, l'enunciazione di una teoria o di una filosofia, è però già una professione di un certo modo di sentire. E si può escludere che questo modo di sentire abbia influito su alcuni suoi approcci al dato storiografico? Riandando al 1978, quando Gouhier presentò nell'articolo Pour une histoire historique de la philosophie una sintesi di quelle "ipotesi di lavoro" che sarebbero uscite dal suo lavoro di storiografo militante, si trova un secondo passo dal quale traspare una scelta addirittura tra due tipi di filosofia, quella bergso-niana e quella hegeliana. Dice, infatti, Gouhier: "si nous pouvions aller plus loin, on nous verrait évidemment du côté de chez Bergson plutôt que du côté de chez Hegel".74 Ed in questo frangente nessuno lo aveva spinto a prendere posizio-ne; è stato proprio Gouhier a sentire di dover ammettere che la sua storiografia, prendendo le distanze dall'hegelismo, risente, in qualche misura, del bergsonismo. Una tale affermazione equivale ad aver operato, o accorgersi di aver operato, una scelta non più di ordine psicologico, come forse era quella del '72, ma di ordine più propria-mente metodologico se non filosofico,. Continua, infatti, Gouhier precisando: "la creazione continua di impreviste novità che sembrano succedersi nella storia della filosofia ed anche in quella di ogni filo-sofia, esclude dalla nostra prospettiva ogni idea di un senso conosci-bile della storia".75 E "la creazione continua di impreviste novità" sembra essere già di per sé il riconoscimento di un certo modo di leggere la storia contro un altro modo; è già illuminare, con una certa luce, l'oggetto che si appresta a leggere. Venendo poi al 1985 e riportando un passo di una lettera inedita, si trova la conferma dell'affermazione del '78 e cioè: "pour Bergson, oui, sa philosophie a eu une grande influence sur mes vues concernant l'histoire".76 Da queste poche frasi non si può avvalorare l'ipotesi di una teoria storiografica ben delineata e ben strutturata, ma certamente, alla luce di queste affermazioni, si potrebbe rileggere l'opera di Gouhier per cercare di comprendere più a fondo alcune sue prese di posizione, al-                                                                                                                74 H. Gouhier, Pour une histoire historique de la philosophie, cit., p. 143. 75 Ibidem. 76 Da una lettera datata 30 luglio 1985 di proprietà dell'autore del presente scritto.

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Henri Gouhier e la sua storia storica della filosofia

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cuni suoi punti di vista, scoprendo così che quel desiderio di rimane-re aderente al dato, accogliendo in un approccio puramente storico il testo, trasponendo se stessi nel passato senza residui personali, è allo-ra da concepirsi come attitudine scientifica, come dimensione specu-lativa, come abito critico metodologico. Da non passare sotto silen-zio è anche il suo desiderio, forse inconsapevole, di porre la propria ricerca come quella che ha colto, attraverso il più corretto metodo storico, la vera immagine del filosofo, i suoi pensieri, la sua proble-matica, dando l'idea di un inconscio desiderio di teoreticità.77 Scartato l'approccio col passato attraverso una lettura dell'oggi con i canoni esistenziali, tralasciata ogni volontà valutativa della storia, in quanto i problemi dell'essere verrebbero proiettati al di là del piano storico, verso orizzonti metastorici, abbandonata la formulazione esplicita di una teoria ermeneutica, Gouhier ama presentarsi al suo lettore come storiografo militante; e certamente è stato un serio storiografo se si considerano i suoi lavori dai quali affiora una meticolosa attenzione per gli avvenimenti più particolari della vita del filosofo, per le sue vicende personali, per il suo "milieu" culturale, nel pieno rispetto del-la cronologia e nella costante richiesta d'aiuto alle fonti dirette o indi-rette. Non è un collage quello che egli compie, perché "l'intuizione partecipante", con la quale ripercorre le tappe dell'autore, lo fa diven-tare il "suo" autore. Non è neppure una presentazione appiattita da una filosofia preconcetta alla quale Gouhier subordini e giudichi la vivezza di un pensatore: al contrario dalle sue opere risalta la dina-mica spirituale del filosofo e da domande formulate non dallo storio-grafo, ma suggerite dalle opere, dai documenti, dalle testimonianze, dalle fonti. Ma resta una curiosità: il lavoro storiografico dello sto-riografo gouhieriano è una fedele "ricostruzione del passato secondo il passato"(78)?78 Per Gouhier non ci sono dubbi: la sua risposta è decisamente affermativa; su questo "sì" si possono avanzare dei dub-bi.

                                                                                                               77 A questo proposito si veda la critica che Gueroult ha mosso alle "filosofie della

verità" e a quelle "della realtà" in Martial Gueroult, La méthode en histoire de la philosophie, cit., pp. 17-27 e il capitolo 4.4. Alcune considerazioni in margine al-le filosofie della verità e a quelle della realtà in questo volume.

78 H. Gouhier, Vision rétrospective et intention historique, cit., p. 179.