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ECM 33 Giugno 2015 FORMAZIONE A DISTANZA 32 Antibiotici topici nel trattamento delle parodontiti e delle periimplantiti

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Page 1: 32 Giugno 2015 FORMAZIONE A DISTANZA · 2019. 6. 3. · e periimplantite modulo 3 pag. 11 terapia non chirurgica: approcci in full mouth con terapia antibiotica sistemica modulo 4

ECM33 Giugno 2015 FORMAZIONE A DISTANZA32

Antibiotici topicinel trattamento delle parodontiti

e delle periimplantiti

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Antibiotici topici nel trattamento delle parodontiti e delle periimplantiti

ECM33numero 32 - anno VIII - giugno 2015Autorizzazione Tribunale di Milano N° 70 del 29 gennaio 2008 ROC N° 23531 (6/05/2013)

© Edra Spa 2015Pubblicazione protetta a norma di legge dall’Ufficio pro-prietà letteraria, artistica e scientifica della Presidenza del Consiglio dei Ministri, dedicata all’aggiornamento profes-sionale. La pubblicazione o ristampa di articoli o immagini della rivista deve essere autorizzata per iscritto dall’editore.

EditoreEdra SpaVia Spadolini, 720141 Milano - ItaliaTelefono +39 02 88184.1Telefax +39 02 88184.301www.lswr.it

Direttore ResponsabileGiorgio Albonetti

Progetto graficoT&T Studio sas Milano

StampaRoto 3 Industria Grafica S.p.ACastano Primo (MI)

indiceModulo 1 pag. 3

DIAGNOSI E CLASSIFICAZIONE DELLE MALATTIE PARODONTALI

Modulo 2 pag. 7

DEFINIZIONE E CRITERI DIAGNOSTICI DI MUCOSITE E PERIIMPLANTITE

Modulo 3 pag. 11

TERAPIA NON CHIRURGICA: APPROCCI IN FULL MOUTH CON TERAPIA ANTIBIOTICA SISTEMICA

Modulo 4 pag. 15

PRESIDI TOPICI A SUPPORTO DELLA TERAPIA NON CHIRURGICA

Modulo 5 pag. 19

L’UTILIZZO TOPICO DELLE TETRACICLINE IN CARRIER CONTROLLED-RELEASE: L’INNOVAZIONE DI OGGI

Presentazione del corso TitoloAntibiotici topici nel trattamento delle parodontiti e delle periimplantiti

Responsabile scientifico, Docente, TutorDott.ssa Magda MensiOdontoiatra - Ricercatore dell’Università di Brescia - Clinica Odontoiatrica - Dirigente Medico di I livello - Reparto di Chirurgia Orale e Parodontologia U.O. Odontostomatologia - Spedali Civili di Brescia

DestinatariIl corso è destinato agli odontoiatri ed igienisti dentali.

Razionale del corsoObiettivo del corso è ripercorrere, attraverso l’analisi della letteratura, la storia dei presidi topici come coadiuvanti nel trattamento delle parodontiti e delle periimplantiti con particolare riferimento agli antibiotici topici. Le forme severe di parodontite e di periimplantite vengono spesso trattate con il supporto della terapia antibiotica sistemica con diverse problematiche: non specificità, resistenze batteriche, effetti collaterali, poca compliance, interazioni, bassa concentrazione dell’an-tibiotico in situ. Per questi motivi la ricerca si è diretta verso lo studio di antibiotici selettivi, ad alta concentrazione e topici. Le difficoltà maggiori erano la breve permanenza nel sito, la consistenza e le caratteristiche del carrier. La nuova tecnologia ha creato quindi carriers che permettono di ottenere gel antibiotici slow release. Nel corso dei 5 moduli, partendo da una corretta diagnosi, analizzeremo caratteristiche e indicazioni dei diversi antibiotici topici.

ECM FADIl superamento del test finale consentirà di ottenere 5 crediti formativi.

Durata del corsoIl tempo necessario per completare il percorso formativo è di 5 ore.Il corso è attivo dall’8 giugno 2015 al 7 giugno 2016.

Come iscriversi e partecipare al corsoDopo aver letto il materiale didattico contenuto nella presente rivista, collegarsi all’indirizzo internet:

http://fad-parodonto-2015.ecm33.it

Registrarsi alla comunità Medikey o digitare le proprie credenziali Medikey. Si accederà ai conte-nuti didattici on line dei 5 moduli formativi da visionare prima della compilazione del questionario ECM finale utile al conseguimento dei crediti ECM.

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modulo 1Antibiotici topici nel trattamento delle parodontiti e delle periimplantiti

Una corretta diagnosi parodontale è la premessa fondamentale per stabilire un altret-tanto corretto percorso terapeutico, le opzioni a disposizione, le possibili complicanze, la durata, i costi biologici ed economici che comporterà e la prognosi del paziente. La fase diagnostica non può essere affrontata in modo sbrigativo, ma deve essere un percorso che impegni l’attenzione e la competenza del professioni-sta nonché tutto il tempo necessario alla sua costruzione.

Anamnesi

Armitage, ricercatore e autore di importanti pubblicazioni, ci ricorda che la diagnosi è una sorta di “etichetta” che il clinico appone alla condizione parodontale del paziente e che deriva non solo dalla raccolta di segni clinici e radiografici, ma anche dalla loro sintesi con i dati anamnestici. È necessario indagare lo stato di salute del paziente sia dal punto di vista sistemico sia dal punto di vista strettamente odontoiatrico, nonché rilevare eventuali fattori di rischio parodontale. I dati possono essere forniti direttamente dal paziente oppure richiesti al medico curante con il quale il clinico non deve dimenticarsi di interagire.Indagare lo stato di salute generale ci permette di identificare condizioni che possono influen-zare l’evoluzione della malattia parodontale e l’efficacia della terapia, oltre a suggerirci la ne-cessità di particolari precauzioni. Le condizioni sistemiche che maggiormente influenzano lo stato di salute parodontale sono:• diabete, con particolare attenzione ai livelli

di glicemia ed emoglobina glicata: evidenze scientifiche dimostrano una correlazione tra l’avanzamento di questa malattia e il deterio-ramento del parodonto, nonché una minor risposta alla terapia causale;

• condizioni di immunodepressione/immuno-compromissione genetiche (istiocitosi, agra-nulocitosi ecc.) o acquisite (HIV, trapianti, leucemie ecc.): la gravità della malattia paro-dontale in questi casi è maggiore;

• terapia anti-ipertensiva e delle cardiopatie: farmaci utilizzati (calcio-antagonisti, beta-bloccanti ecc.) possono causare ipertrofia gengivale e risposte infiammatorie esacerbate;

• terapia anticonvulsivante: farmaci come ci-closporina presentano tra gli effetti collaterali ipertrofia gengivale;

• terapia con bifosfonati: vengono utilizzati in caso di osteoporosi o carcinomi alla mam-mella, alla prostata, al polmone e al rene con metastasi ossee. Un possibile effetto collaterale è l’osteonecrosi dei mascellari, che può essere innescata dalla malattia pa-rodontale ma anche dalla terapia chirurgica e non. Il rischio aumenta se il farmaco viene somministrato per via endovenosa;

• allergie e intolleranze: un’elevata suscet-tibilità alla malattia parodontale spesso è accompagnata da un aumentato rischio di sviluppare altre condizioni reattive (es. intol-leranze alimentari, fotosensibilità, dermatiti da contatto ecc.);

• gravidanza/terapie ormonali: fluttuazioni del livello degli ormoni possono influenzare la salute parodontale.

Le informazioni che vengono raccolte con un in-teresse specificamente parodontale riguardano:• fumo: aggrava la malattia parodontale e ridu-

ce la risposta alla terapia anche del 30%, con un effetto dose-dipendente. Questo dipende dalla capacità delle sostanze contenute di selezionare determinate specie batteriche (es. P. gingivalis, T. denticola, T. forsythia) e di alterare l’attività dei neutrofili e l’azione vasocostrittiva della nicotina che spesso maschera il reale grado di infiammazione;

• stile di vita: l’alimentazione, l’attività fisica e il grado di stress possono influenzare conside-revolmente i livelli infiammatori. Inoltre pazienti stressati possono mostrare scarsa cura della propria salute e igiene inadeguato;

• familiarità: fattori genetici ed epigenetici in-fluenzano lo sviluppo della malattia paro-dontale. Sono ancora in corso di studio i polimorfismi dei geni codificanti per proteine della cascata infiammatoria che costituireb-bero un fattore di rischio;

• abitudini di igiene orale domiciliare e frequen-za di igiene orale professionale: l’approccio del clinico sarà differente in base al grado di istruzione e motivazione del paziente;

• pregresse terapie ortodontiche: lo sposta-mento delle radici degli elementi dentali in un paziente non parodontalmente suscettibile

parole chiave

in pillole

Diagnosi e classificazione delle malattie parodontali

Obiettivi del modulo:descrivere le fasi fondamentali del percorso

diagnostico della malattia parodontale e la classificazione delle sue manifestazioni

attualmente in uso.

Diagnosi

Anamnesi

Segni e sintomi

Esame clinico e radiografico

Classificazione delle malattie parodontali

ÂÂ La diagnosi parodontale si costruisce con l’attenta raccolta di dati anamnestici, clinici e radiografici.

ÂÂ L’anamnesi indaga lo stato di salute generale, le terapie in atto, le abitudini e la storia odontoiatrica, nonché eventuali sintomi.

ÂÂ L’esame clinico mira alla raccolta dei seguenti segni: profondità di sondaggio, recessione, sanguinamento al sondaggio, indice di placca, mobilità, forcazioni, quantità di gengiva cheratinizzata, essudato/fistole. L’esame è completato da uno status radiografico e da fotografie.

ÂÂ L’American Academy of Periodontology nel 1999 ha classificato le seguenti forme di malattia parodontale: gengivite, parodontite cronica, parodontite aggressiva generalizzata o localizzata, ascesso parodontale, lesioni endo-parodontali, parodontiti come manifestazione di malattia sistemica e gengivite/parodontite ulcero-necrotica.

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modulo 1Antibiotici topici nel trattamento delle parodontiti e delle periimplantiti

può indurre deiscenze o fenestrazioni nella teca ossea alveolare e recessioni gengivali, soprattutto in un biotipo gengivale sottile. Nel paziente con malattia parodontale non diagnosticata o in fase iniziale invece può accelerarne l’evoluzione;

• pregresse terapie implantari: un paziente su-scettibile per la malattia parodontale sarà su-scettibile anche per la malattia perimplantare.

Può essere d’aiuto conoscere la storia odontoia-trica complessiva del paziente, a quante e quali terapie è già stato sottoposto e con quali risultati. Non dimentichiamo che questo primo colloquio è fondamentale per instaurare un buon rapporto di fiducia e collaborazione col paziente, premes-sa necessaria per il successo della terapia che verrà messa in atto.

Segni e sintomi

I sintomi locali correlati alla malattia parodontale che spesso vengono riferiti durante il colloquio iniziale sono:• rossore, gonfiore e dolore gengivale;• sanguinamento spontaneo o durante lo spaz-

zolamento;• alitosi;• mobilità dentale;• sensazione di dente “più alto”;• spostamento degli elementi (vestibolarizza-

zione, rotazione, mesializzazione) con aper-tura di diastemi ed embreasure.

In condizioni acute gravi (es. ascessi parodontali) possono accompagnarsi anche sintomi sistemici come febbre, malessere, astenia e linfoadeno-patie laterocervicali. Non sempre la situazione è così chiara. Un paziente con malattia parodon-tale in esordio spesso non presenta sintomi ed è questa la fase in cui si auspica che il clinico ponga la diagnosi a scopo preventivo. È quindi necessario basarsi su segni clinici e radiografici che non ci si deve mai dimenticare di raccogliere, anche in un paziente apparentemente sano.

Esame clinico e radiografico

Per riconoscere i segni di malattia è importante saper riconoscere un parodonto sano (Figura 1). All’osservazione il margine gengivale è fe-stonato, con papille integre, di colore roseo e aspetto tonico. Toccando i tessuti essi sono sodi e resilienti, al sondaggio non permettono la penetrazione dello strumento per più di 2-3 mm, non sanguinano e non presentano essudato purulento. Sono assenti recessioni, mobilità e fistole. Anatomicamente parlando

questi segni indicano un attacco epiteliale e un attacco connettivale sani, i quali si estendono per circa 1 mm ciascuno e, presi complessi-vamente, costituiscono l’ampiezza biologica. Questa, nel paziente sano, va rigorosamente rispettata durante le manovre di sondaggio o terapeutiche.Alterazioni di queste caratteristiche indicano la presenza di malattia e vanno attentamente registrate nella cartella parodontale. La sua compilazione necessita di almeno mezz’ora e prevede il rilevamento dei seguenti dati:• elementi presenti/mancanti: è utile indagare

il motivo per cui certi elementi sono stati estratti/persi;

• profondità di sondaggio: distanza tra il margine gengivale e il fondo della tasca, indica quali sono i siti colpiti da maggior perdita di attacco e a cui si deve porre particolare attenzione in fase terapeutica. Da sola non indica la gravità della malattia, dato che si assume come punto di riferimento il margine gengivale, il quale può avere posizione variabile, rendendo necessa-rio considerare globalmente anche successivi parametri (es. è ben diverso rilevare 4 mm di sondaggio in una gengiva ipertrofica dal rilevare la stessa misura in concomitanza di perdita di attacco clinico);

• perdita di attacco: distanza tra la giunzione amelo-cementizia e il fondo della tasca, indice dell’apicalizzazione dell’ampiezza bio-logica. Il rilevamento può essere difficoltoso in caso di distruzione della giunzione amelo-cementizia per processi cariosi o manovre di igiene scorrette;

• recessione: distanza tra la giunzione amelo-cementizia e il margine gengivale, indice

dell’apicalizzazione di quest’ultimo. Ne con-seguono problematiche estetiche e di sen-sibilità;

• sanguinamento al sondaggio: sanguinamen-to che inizia nei 10-15 secondi successivi alla manovra, indica infiammazione in atto e potenziale progressione della malattia;

• indice di placca: rapporto tra siti positivi al rilevamento della placca e siti indagati, sug-gerisce lo standard e l’efficacia delle manovre di igiene del paziente;

• mobilità: indice di perdita di supporto;• forcazioni: indice di perdita ossea orizzontale;• quantità di gengiva cheratinizzata: è impor-

tante perché permette al paziente di eseguire manovre di igiene orale efficaci;

• essudato/fistole: indicano la presenza di un sito in fase acuta.

In una cartella parodontale classica questi para-metri vengono registrati in sei siti per elemento, tre vestibolari e tre linguali/palatali. La corretta manovra di sondaggio non prevede di “strisciare” la sonda lungo la superficie degli elementi, come spesso si fa erroneamente, bensì di attuare la cosiddetta “passeggiata” parodontale, con piccoli movimenti corono-apicali all’interno del solco cercando non solo di rilevarne la profondità ma, mediante la variazione dell’inclinazione dello strumento, anche di percepire eventuali depositi di tartaro e irregolarità/anomalie radicolari.L’importanza del sondaggio in ogni paziente che ci si accinge a prendere in cura si rivela in quei casi in cui l’aspetto dei tessuti gengivali appare normale, ma nasconde difetti profondi, come accade spesso in pazienti con difetti infraossei (Figura 2).

Figura 1 Parodonto sano.

base del solco

attaccoconnettivale1 - 1,5 mm

attaccoepiteliale1 - 1,2 mm

solco1 - 3 mm

giunzioneamelo-cementizia

cresta ossea

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modulo 1Antibiotici topici nel trattamento delle parodontiti e delle periimplantiti

Al completamento della prima visita parodon-tale concorre anche la raccolta di uno status radiografico, allo scopo di evidenziare riassorbi-menti ossei verticali e orizzontali, e di fotografie (del sorriso, della zona da canino a canino, occlusali e laterali sia vestibolari sia palatali). Sono di fondamentale importanza la corretta raccolta e archiviazione dei dati (Figura 3) allo scopo di stabilire un baseline con cui confron-tare i risultati ottenuti in seguito con le terapie non chirurgiche e chirurgiche, ma anche per instaurare un dialogo con il paziente di modo che comprenda la sua patologia, il razionale del percorso compiuto e l’importanza della sua prosecuzione. Ricordiamo che tutti i dati raccolti devono essere a completa disposizione del paziente. In casi particolari possono essere effettuati test microbiologici e/o immunologici (es. forme refrattarie alla terapia) a scopo di completare la diagnosi.

Classificazione delle malattie parodontali

Sulla base dell’analisi dei dati raccolti il clinico può a questo punto formulare una precisa diagnosi e classificare lo stato parodontale del paziente. La classificazione delle malattie parodontali di riferimento è quella stilata dalla American Academy of Periodontology nel 1999 (Tabella 1).

GengiviteLa forma più diffusa è quella placca-indotta. Si tratta di un’infiammazione dei tessuti gengivali senza perdita di attacco clinico né riassorbi-

mento osseo. Il tipico aspetto festonato della gengiva è alterato, così come la consistenza; si presentano eritema, edema e sanguinamen-to su stimolazione. Alla rimozione dell’agente eziologico consegue una restituito ad integrum dei tessuti. Altre gengiviti comprendono forme mediate da reazioni allergiche/tossiche, lichen, herpes, candida, traumi meccanici e farmaci.

Parodontite cronicaViene solitamente diagnosticata in pazien-ti adulti (ma può colpire anche bambini e adolescenti) con una scarsa igiene orale. La progressione è lenta, con possibili episodi di aggravamento. Si rilevano diffusi depositi di placca e/o tartaro ed evidente infiammazione gengivale con appiattimento delle papille e sanguinamento al sondaggio. Sono presenti recessioni. Le tasche parodontali non sono particolarmente profonde, raggiungendo un massimo di 6 mm. I difetti associati sono prevalentemente sovraossei orizzontali. Difetti verticali sono inusuali e appena accennati (3-4 mm). Non si rileva aggregazione familiare. Il pattern microbiologico è variabile. La paro-dontite cronica viene distinta in localizzata e generalizzata: la prima coinvolge meno del 30% dei siti, la seconda supera questa percentuale.

Parodontite aggressiva localizzataViene diagnosticata soprattutto in pazienti in età pre-adolescenziale in occasione di esami radiografici. Si notano difetti infraossei inter-prossimali profondi associati ad almeno due elementi tra primi molari e incisivi. Se i difetti vengono rilevati in almeno tre denti oltre a que-sti non si parla più di forma localizzata bensì di parodontite aggressiva generalizzata. Il batterio principalmente implicato nella patogenesi è A. actinomycetemcomitans. Una caratteristica

Figura 2 Aspetto dei tessuti gengivali in presenza di difetti infraossei.

perditad’attacco6+1 mm

profonditàdi sondaggio9 mm

solco

1 mm

Figura 3 Esempio di raccolta completa dei dati al termine di una prima visita parodontale.

18 0 0 0 0 0 0

18 17 16 15 14 13 12 11 21 22 23 24 25 26 27 28

RT

RT

17 0 0 0 7 4 10

16 0 0 0 10 4 6

15 0 0 0 4 2 3

14 0 0 0 4 1 3

13 0 0 0 3 1 6

12 0 0 0 2 4 7

11 0 0 0 6 2 4

21 0 0 0 3 2 6

22 0 0 0 4 1 4

23 0 0 0 3 1 3

24 0 0 0 3 2 3

25 0 0 0 3 1 3

26 0 0 0 3 2 4

27 0 0 0 3 3 3

28 0 0 0 10 0 0

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modulo 1Antibiotici topici nel trattamento delle parodontiti e delle periimplantiti

immunologica che distingue questi pazienti da quelli con condizione generalizzata è una forte risposta anticorpale nei confronti dei patogeni.

Parodontite aggressiva generalizzataÈ una condizione severa caratterizzata da una risposta infi ammatoria anomala nei confronti di un microbiota aggressivo prevalentemente anaerobio stretto (A. actinomycetemcomitans, P. gingivalis). L’esordio avviene prima dei 30 anni e può rapidamente portare a edentuli-smo. Studi immunologici rivelano una scarsa risposta anticorpale nei confronti degli agenti patogeni, nonché alterazioni dei geni e dei livelli di diverse citochine (es. metalloproteasi 8, 9, 13 e 14, mieloperossidasi, interleuchine, TNF ecc.) e alterazioni nel comportamento dei leucociti. È frequente l’aggregazione familiare. Il paziente spesso ha un aspetto clinico che maschera la reale gravità della situazione. I depositi di placca/tartaro sono scarsi o assenti, la gengiva è apparentemente sana, dai margini in posizione fi siologica a causa della presenza di difetti ossei che, se pur molto gravi, sono prevalentemente infraossei, con conservazio-ne di picchi interprossimali che sostengono il tessuto molle (condizione accentuata nei biotipi spessi). Il sondaggio è solitamente >6 mm (può raggiungere anche i 15 mm), accompagnato da sanguinamento profuso e coinvolgimento delle forche. Si rileva un’importante mobilità degli elementi.

Ascesso parodontaleÈ un’infezione purulenta localizzata caratteriz-zata da rossore, gonfi ore, sanguinamento, es-

sudato e dolore spontaneo o alla masticazione del sito colpito. La mobilità è aumentata a causa della lassità del legamento infi ammato e l’ede-ma dello stesso causa precontatti, così che il paziente riferisce di sentire il dente “più alto”. Il sito presenta un sondaggio molto profondo (anche 15 mm) ma l’elemento permane vitale, il che ci permette di distinguerlo da un ascesso di origine endodontica. È spesso presente una fi stola a livello marginale. Può essere correlato a malattia parodontale (è favorito dalla presenza di tasche profonde o coinvolgimento di forcazioni) o avere altre cause (es. corpo estraneo).

Lesioni endo-parodontaliLa compromissione è sia parodontale sia endodontica e spesso è difficoltoso (se non impossibile) stabilire da quale componente abbiano avuto origine. L’elemento colpito è non vitale o devitalizzato, presenta profondità di sondaggio e fistola marginale. Una fistologra-fia ci permette di evidenziare il collegamento presente tra la tasca parodontale e l’apice dell’elemento colpito.

Parodontiti come manifestazione di malattie sistemicheLa compromissione parodontale si presenta in pazienti affetti dalle malattie e sindromi pre-cedentemente elencate, da indagare in fase anamnestica. La collaborazione con i medici curanti è fondamentale, in quanto il controllo della patologia permette di migliorare la con-dizione parodontale così come l’eliminazione di infezioni a livello orale aiuta il controllo della malattia sistemica.

Gengivite/parodontite ulcero-necroticaCondizione grave e dolorosa per il paziente, il quale si presenta con evidenti ulcerazioni gen-givali, pseudomembrane, necrosi delle papille interdentali e/o del margine gengivale, alitosi e a volte sintomi sistemici. Nel caso di gengivite non vi sono perdita di attacco clinico né riassor-bimento osseo, evidenti, al contrario, nella pa-rodontite. In questo caso gli elementi interessati sono soprattutto quelli diatorici che, pur avendo difetti molto profondi, permangono vitali. I pa-zienti spesso riferiscono fattori scatenanti come periodi di particolare stress, oppure sono affetti da condizioni compromettenti il sistema immu-nitario (es. HIV/AIDS). La causa sta nell’invasione del parodonto da parte di patogeni aggressivi, frequentemente antibiotico-resistenti.

Conclusioni

Armitage ricorda che una diagnosi specifi ca è estremamente importante dal punto di vista del ricercatore che deve mirare a comparare i dati e ottenere evidenze scientifi che il più precise e rigorose possibile, ma può avere un peso ridotto per il clinico in quei casi in cui la terapia da mettere in atto non varia (es. che la paro-dontite aggressiva diagnosticata a un paziente sia defi nita come localizzata o generalizzata non modifi ca il protocollo non chirurgico a cui verrà sottoposto). Lo scopo primario del clinico sarà quindi quello di capire qual è la terapia più indi-cata per la situazione che si trova ad affrontare.

Tabella 1. Classifi cazione delle malattie parodontali dell’American Academy of Periodontology (1999)

Gengivite

Parodontite cronica (localizzata o generalizzata)

Parodontite aggressiva localizzata

Parodontite aggressive generalizzata

Ascesso parodontale

Lesione endo-parodontale

Parodontite come manifestazione di malattia sistemica

Gengivite e parodontite ulcero-necrotica

PER APPROFONDIRE

• Armitage GC. Periodontal diagnoses and

classi� cation of periodontal diseases. Periodontol

2000 2004;34:9-21.

• Armitage GC. The complete periodontal

examination. Periodontol 2000 2004;34:22-33.

• Genco RJ, Borgnakke W. Risk factors for

periodontal disease. Periodontol 2000

2013;62(1):59-94.

• Parameters of care. J Periodontol 2000;71

(Suppl.).

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Antibiotici topici nel trattamento delle parodontiti e delle periimplantitimodulo 2

La capacità di formulare una corretta diagnosi delle complicanze biologiche periimplantari in-dotte da placca è di fondamentale importanza se si tiene conto del fatto che la terapia implantare è sempre più richiesta e diffusa. Il paziente sottoposto a questo tipo di trattamento entra necessariamente in un percorso di follow-up e mantenimento fondamentale per il successo e la durata della riabilitazione.

Anatomia periimplantare

Per la comprensione dell’eziologia delle com-plicanze biologiche periimplantari è necessaria una premessa sull’architettura dei tessuti che circondano un impianto, essendo diversa da quella dei tessuti attorno a un elemento naturale (Figura 1).La radice del dente è circondata dal legamento parodontale e i tessuti molli risultano ben adesi tramite gli attacchi epiteliale e connettivale. Le fibre di quest’ultimo si inseriscono perpen-dicolarmente alla superficie del dente. Nel connettivo circostante sono presenti inoltre fibre transettali, alveolo-gengivali e circolari che costituiscono un sigillo perimetrale efficace con-tro la penetrazione batterica. Attorno all’impianto la situazione è differente: si formano un epitelio

barriera le cui cellule aderiscono all’impianto tra-mite emidesmosomi e un attacco connettivale che però, mancando il cemento in cui le fibre possano inserirsi, è parallelo alla superficie im-plantare. L’epitelio barriera e il tessuto connettivo definiscono l’ampiezza biologica periimplantare. Per le sue caratteristiche è meno efficace contro l’avanzamento dei patogeni. Inoltre gli impianti si trovano in anchilosi funzionale con l’osso alveolare e la mancanza della componente va-scolare del legamento priva la zona dell’apporto di cellule e molecole necessarie alla risposta immunitaria.Studi istologici dimostrano che, durante la risposta infiammatoria, attorno a un elemento dentario l’epitelio del solco/tasca è integro e l’osso viene sempre isolato dal fronte di infiam-mazione da una capsula connettiva di reazione che si oppone alla penetrazione dei batteri e crea resistenza al sondaggio. Nell’impianto l’a-lone infiammatorio ha una maggior estensione apicale e, mancando totalmente la reazione connettivale, raggiunge la componente ossea. Inoltre la parte più profonda del solco/tasca manca della componente epiteliale, mettendo il biofilm direttamente a contatto con il connettivo infiammato. Al sondaggio, lo strumento attraver-sa il tessuto connettivo ulcerato senza trovare resistenza e raggiunge la cresta alveolare. I tessuti periimplantari quindi sono costituzio-nalmente più delicati ed è necessario impedire la proliferazione dei patogeni per mantenerne lo stato di salute.

Diagnosi delle complicanze biologiche

Così come è necessaria la conoscenza dell’a-spetto di un parodonto sano, lo è anche quella della morfologia di tessuti periimplantari sani. Le caratteristiche sono le stesse: essi si presen-tano rosa, tonici, le papille sono mantenute, al sondaggio si rileva un solco di massimo 3 mm e il sanguinamento è assente. Anatomicamente questo significa che l’attacco connettivale e quello epiteliale sono presenti e sani. Ricordia-mo che, sondando un tessuto periimplantare sano, si rileva l’estensione apicale della barriera epiteliale. La manovra eseguita con una forza di 0,2-0,25 N non provoca alcun danno ai tes-

Figura 1 Anatomia parodontale e periimplantare.

parole chiave

in pillole

Definizione e criteri diagnostici di mucosite e periimplantite

Obiettivi del modulo:descrivere le caratteristiche anatomiche

dei tessuti periimplantari, le complicanze biologiche placca-indotte e la loro diagnosi,

con un accenno ai dati epidemiologici e alla prevenzione.

Anatomia periimplantare

Mucosite e periimplantite

Successo, sopravvivenza e fallimento

Incidenza e prevalenza

Prevenzione

ÂÂ I tessuti periimplantari differiscono anatomicamente da quelli dentali sia in stato di salute sia durante la risposta infiammatoria.

ÂÂ Le complicanze biologiche placca-indotte che possono insorgere sono la mucosite e la periimplantite. Queste possono portare al fallimento implantare. Gli step diagnostici fondamentali sono il sondaggio e l’esame radiografico.

ÂÂ L’incidenza e la prevalenza riportate in letteratura spesso differiscono da quanto si osserva nella pratica quotidiana, rendendo necessaria un’analisi critica degli studi riportati.

ÂÂ La prevenzione è una tappa fondamentale che inizia in fase di posizionamento dell’impianto e prosegue con uno stretto follow-up post-operatorio.

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Antibiotici topici nel trattamento delle parodontiti e delle periimplantitimodulo 2

suti ed eventuali rotture dell’epitelio giunzionale guariscono velocemente. Possono essere uti-lizzate sonde in acciaio che non danneggiano la superficie implantare. Ricordiamo che il sondaggio è fondamentale e insostituibile per costruire la diagnosi e va quindi sempre eseguito insieme all’esame radiogra-fico. È consigliato eseguire una radiografia al momento della protesizzazione definitiva e poi annualmente, salvo complicanze. Le informazio-ni raccolte costituiscono i parametri di confronto per tutto il seguente follow-up.Le complicanze biologiche a cui possono anda-re incontro gli impianti sono due: mucosite e pe-riimplantite. Costituiscono due fasi di uno stes-so processo di risposta all’attacco batterico. La dimostrazione dell’eziologia batterica sta nella

correlazione positiva tra presenza di placca e l’instaurarsi di queste due condizioni e nel fatto che particolari microflore si associano allo stato di salute e altre a quello di malattia, esattamente come nella malattia parodontale. L’insorgere di queste complicanze può essere agevolato da fattori diversi dalla placca batterica, quali: il tipo di impianto (materiale, proprietà di superficie e design), protesizzazione inadeguata, materiale estraneo (es. cemento in eccesso), il tipo di paziente (malattie sistemiche, parodontopatie pregresse o in atto) e il sito trattato (volume e densità ossea, qualità dei tessuti molli).La mucosite è definita come un’infiammazione reversibile dei tessuti periimplantari, con un sondaggio che si presenta aumentato e ac-compagnato da sanguinamento ma in assenza

di perdita di osso di supporto. Questo deve arrivare alla prima spira coronale dell’impianto, come da posizionamento iniziale. È accettato un rimodellamento osseo di massimo 1,5 mm nel primo anno dopo la cementazione o l’av-vitamento del lavoro protesico, considerato fisiologico (fase adattativa).La periimplantite (Figura 2) è definita come infiammazione dei tessuti, presenza di sangui-namento o essudato e perdita di più di due 2 mm di osso di supporto a un anno dal baseline, definito come il momento della protesizzazione definitiva dell’impianto. Il difetto si presenta in radiografia con il tipico aspetto a “scodella”, a volte invece assume forma di cuneo lungo la fixture. Se in stato avanzato, è presente anche mobilità.L’esame radiografico presenta alcuni limiti: la bidimensionalità e la sovrapposizione delle strutture evidenziate. Ciò rende impossibile conoscere lo sviluppo tridimensionale dei difetti ossei (Figura 3) e, nonostante la specificità per quanto riguarda i versanti mesiali e distali, non permette di visualizzare la cresta alveolare linguale/palatale e vestibolare (quest’ultimo è il versante più suscettibile alla perdita ossea). Teniamo conto del fatto che spesso non è giustificabile ricorrere a esami di secondo livello (TC cone-beam), quindi il clinico dev’essere in grado di sintetizzare i dati radiografici con quelli raccolti tramite sondaggio per “visualiz-zare” il difetto osseo (questo vale anche per la diagnosi parodontale). Ricordiamo, sulla base di quanto accennato nella sezione preceden-te, che sondando i tessuti infiammati finiamo apicalmente alla barriera epiteliale e, in base al grado di infiammazione, possiamo raggiungere il livello osseo. A complicare la fase diagnosti-ca contribuisce anche il fatto che certi tipi di impianti (es. platform switching), di abutment e di sovrastrutture protesiche possono costituire un ostacolo al corretto inserimento della son-da parodontale, cioè parallelo all’asse lungo della fixture. Un corretto sondaggio in questi casi è effettuabile solo previa rimozione della sovrastruttura protesica, cosa che non sempre è possibile fare, soprattutto in caso di protesi cementata in cui si mette a rischio l’integrità del lavoro stesso.Una precisazione è necessaria per quanto riguarda impianti con abutment lunghi: in que-sti casi si possono rilevare sondaggi profondi dovuti all’anatomia dell’impianto, anche di 7 mm, che costituiscono un ambiente anaerobio ideale per patogeni difficilmente eradicabili, con rischio di sviluppare infiammazione cronica o acuta, attivazione degli osteoclasti e conse-guente riassorbimento osseo. La presenza di abbondante sanguinamento ed essudato purulento è possibile sia in caso di mucosite sia

Figura 2 Aspetto clinico della periimplantite.

Figura 3 Sviluppo tridimensionale dei difetti ossei periimplantari.

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di periimplantite: ciò che permette di distinguere le due condizioni è esclusivamente la perdita ossea rispetto al baseline. Queste complicanze, se non controllate e risolte, possono portare al fallimento della ria-bilitazione implantare.

Successo, sopravvivenza e fallimento implantare

In base all’esame obiettivo e radiografico, il cli-nico può classificare la situazione degli impianti esaminati in una delle seguenti categorie: suc-cesso, sopravvivenza o fallimento (Figura 4):1. per successo implantare si intende la per-

manenza degli impianti nel cavo orale senza alcuna complicanza e senza necessità di trattamento se non il mantenimento e i richia-mi di profilassi. Una corretta osteointegra-zione ne è la premessa necessaria. I criteri per definire il successo implantare, oltre che clinici, comprendono anche l’efficacia della funzione masticatoria ristabilita, l’assenza di dolore e la soddisfazione del paziente. Il successo dev’essere l’obiettivo primario per l’odontoiatra;

2. quando si parla di sopravvivenza degli im-pianti si intende la possibilità di permanenza nel cavo orale degli stessi ma in presenza di complicanze che possono essere quelle biologiche esposte precedentemente oppu-re di tipo estetico, strutturale o funzionale. Chiaramente questi impianti possono costi-tuire una fonte di disagio per il paziente e un problema per l’odontoiatra;

3. il fallimento non è nient’altro che l’inac-cettabilità della permanenza nel cavo orale dell’impianto. Viene distinto in primario, cioè

causato nel momento stesso del suo posi-zionamento, o secondario, quindi dovuto a fattori insorti successivamente. La periim-plantite è causa di fallimento secondario. Questo, oltre che biologico, può essere anche meccanico (es. fratture), iatrogeno (es. malposizione), estetico/fonetico.

Incidenza e prevalenza

Durante l’Estepona Consensus Meeting on Peri-implantitis del 2012 è stata riportata un’in-cidenza di insuccessi implantari del 5%, quindi un tasso di successo del 95%. Questo dato però si scontra con l’evidenza clinica che la maggior parte dei professionisti si trova ad af-frontare quotidianamente. Il motivo sta nel fatto che gli individui scelti come campione negli studi disponibili in letteratura costituiscono una popolazione estremamente ristretta e selezio-nata (es. assenza di patologie sistemiche, non fumatori ecc.) con condizioni ossee e tissutali ideali, elevata compliance ed elevati standard di igiene. Questi vengono trattati da operatori estremamente esperti per essere poi sottoposti a stretto follow-up. È evidente che queste con-dizioni difficilmente si realizzano nella pratica clinica quotidiana, dove spesso ci si trova di fronte a performance sub-ottimali o fattori di rischio legati al paziente. La conferma viene da Esposito, ricercatore ed esperto di periimplantiti, il quale mostra dati di prevalenza decisamente diversi: in una percentuale tra il 28% e il 56% dei pazienti si evidenzia una complicanza biologica, in parti-colare nei 5-10 anni dopo il posizionamento, per un totale che spazia tra il 12-43% degli impianti posizionati. Nonostante queste per-

centuali siano decisamente meno ottimistiche, la prevalenza nella pratica quotidiana potrebbe addirittura superarle, sempre per i motivi esposti in precedenza.Per poter trarre indicazioni realmente utili alla pratica quotidiana dai dati di letteratura è bene leggere sempre con senso critico al fine di appurare:• quali sono i criteri di inclusione/esclusione

dei pazienti: se sono troppo selettivi, non rispecchiano la popolazione reale;

• quale tipo di impianti è stato utilizzato: ruvidità di superficie con diverso grado di ritentività per la placca, transmucosi lunghi ecc.;

• quali sono i criteri di definizione di mucosite/periimplantite assunti: devono essere spe-cificati e precisi e le due condizioni devono essere distinte, avendo necessità di tratta-menti differenti;

• se si considera la sopravvivenza o il suc-cesso implantare e tramite quali outcome vengono definiti: il professionista dovrebbe sempre puntare al successo della terapia;

• qual è il periodo di follow-up considerato: lassi di tempo troppo brevi non sono utili in quanto queste patologie possono necessi-tare anche di anni per svilupparsi.

Solo in questo modo è possibile comprendere perché le percentuali di incidenza e prevalenza riportate sono molto variabili e trarre conclusioni clinicamente utili. È interessante ricordare che studi epidemiologici dimostrano che la mucosite evolve in periimplantite più precocemente di quanto la gengivite si trasformi in periodontite, a dimostrazione della maggior delicatezza dei tessuti periimplantari.

Prevenzione

La prevenzione delle complicanze biologiche inizia molto precocemente, in fase di posizio-namento dell’impianto. L’operazione va eseguita secondo criteri biologici e parodontali: la fixture va inserita in osso sano e vascolarizzato, che la circondi radialmente con almeno 2 mm di spes-sore in tutte le direzioni per garantire apporto sanguigno alle spire che si devono osteointe-grare. Se ciò non avviene si avrà il contatto tra il titanio e una corticale avascolarizzata che andrà incontro a necrosi, provocando recessioni se il biotipo tissutale è sottile o tasche su pazienti con biotipi spessi. Importante è anche la gestione del tessuto molle per creare condizioni favorevoli al man-tenimento se queste non sono già esistenti. Il clinico dev’essere in grado di gestire lem-bi spostati palatalmente o vestibolarmente in modo da ottenere tessuto cheratinizzato

Figura 4 Successo, sopravvivenza e fallimento implantare.

Successo Sopravvivenza Fallimento

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Antibiotici topici nel trattamento delle parodontiti e delle periimplantiti modulo 2

attorno all’impianto, in particolar modo in zone estetiche, essendo questo un sigillo migliore a garanzia del mantenimento dello stesso dopo la protesizzazione nonché un fattore che agevola le manovre di igiene orale.Anche la fase di progettazione protesica rive-ste una certa importanza: la morfologia delle corone protesiche deve presentare un corretto profi lo d’emergenza che renda le strutture deter-gibili (oltre che sondabili) e, per quanto riguarda riabilitazioni effettuate con overdenture, è ne-cessaria la presenza di spazi che permettano un’adeguata detersione con scovolino o fi lo.A protesizzazione avvenuta, ricordiamo al pa-ziente che una relazione di causa-effetto lega la presenza di placca batterica e lo sviluppo di complicanze biologiche, rendendo quindi ne-cessario il follow-up con un rigido programma di supporto e profi lassi, nonché di istruzione e motivazione all’igiene orale domiciliare.

PER APPROFONDIRE

• Esposito M, Grusovin MG, Worthington HV.

Interventions for replacing missing teeth: treatment

of peri-implantitis (Review). The Cochrane Library

2012.

• Esposito M, Grusovin MG, Worthington HV.

Interventions for replacing missing teeth:

maintaining and recovering soft tissue health

around dental implants (Review). The Cochrane

Library 2010.

• Esposito M, Hirsch JM, Lekholm U, 

Thomsen P. Biological factors contributing to

failures of osseointegrated oral implants. (I).

Success criteria andepidemiology. Eur J Oral

Sci 1998;106(3):721-64.

• Etter TH, Håkanson I, Lang NP, et al. Healing

after standardized clinical probing of the

perlimplant soft tissue seal: a histomorphometric

study in dogs. Clin Oral Implants Res 2002;13(6):

571-80.

• Lang N, Berglundh T, Mombelli, A. Periimplant

diseases: where are we now? Consensus

of the Seventh European Workshop on

Periodontology. J Clin Periodontol 2011;38

(Suppl 11):178-81.

• Mombelli A, Lang NP. The diagnosis and treatment

of peri-implantitis. Periodontol 2000 1998;17:63-76.

• Statements from the Estepona Consensus

Meeting on Peri-implantitis, February 2–4, 2012.

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Antibiotici topici nel trattamento delle parodontiti e delle periimplantitimodulo 3

Il paziente parodontale, una volta conclusa la fase diagnostica, entra in un percorso terapeuti-co la cui fase iniziale fondamentale e imprescin-dibile è la terapia causale non chirurgica. Non potendo modificare la suscettibilità individuale alla malattia (se non per fattori quali il fumo e malattie sistemiche), lo scopo del clinico è quel-lo di agire sulla flora batterica dal punto di vista sia quantitativo sia qualitativo. I due obiettivi principali della terapia causale sono:1. la riduzione e/o eliminazione dei microrgani-

smi patogeni tramite il debridement sopra-gengivale e lo scaling and root planing (SRP), cioè detartrasi sottogengivale e levigatura radicolare;

2. il ristabilimento di corretti parametri biome-trici e quindi di un ambiente favorevole a un microbiota aerobio meno patogeno. Questo significa eliminare le tasche profonde.

Lo scopo del debridement sopragengivale e dello SRP è l’eliminazione di tartaro e biofilm nel rispetto dei tessuti dentali e parodontali. La rimozione completa è quasi impossibile da otte-nere, perciò si cerca di raggiungere un livello di biofilm che permetta l’equilibrio tra batteri residui e risposta dell’ospite (critical mass). Lo SRP al giorno d’oggi viene eseguito quasi esclusiva-mente con strumenti piezoelettrici per evitare di danneggiare sia il cemento radicolare sia la dentina eventualmente esposta. Ricordiamo che il concetto di asportazione intenzionale del cemento radicolare “infetto” è considerato superato grazie a studi che hanno dimostrato la presenza di endotossine batteriche solo sulla superficie dello stesso e non in profondità. Un at-teggiamento conservativo previene l’insorgenza degli effetti collaterali tipici di una strumentazione manuale troppo aggressiva: l’apertura dei tubuli dentinali con ipersensibilità postoperatoria e una maggior ritentivitá di placca a causa dell’irruvi-dimento delle superfici. Ulteriore vantaggio non trascurabile degli strumenti meccanici è il tempo di lavoro estremamente ridotto, pur mantenendo le stesse performance. Device ancor più delicati sono quelli che permettono di veicolare polveri abrasive, le quali disgregano il biofilm nel rispetto degli attacchi epiteliale e connettivale, dei tessuti molli del versante interno del solco/tasca e dei tessuti duri del dente.L’instaurarsi di un environment favorevole si

ottiene grazie a una terapia non chirurgica ef-ficace che, tramite la contrazione tissutale e la rigenerazione di attacco clinico post-operatorie, permetta di ottenere la chiusura delle tasche. Gli outcome sono osservabili dal punto di vista sia clinico (diminuzione della profondità di son-daggio, assenza di sanguinamento/essudato, minor mobilità ecc.) sia microbiologico, con uno shift della popolazione batterica verso specie aerobie/anaerobie facoltative o aerobie (Actinomyces sp., Capnocytophaga sp., Strep-tococcus mitis, Veilonella parvula ecc.). I risultati clinici vengono registrati in seduta di rivaluta-zione, programmata dalle 4 alle 6 settimane dopo la terapia a seconda della gravità della condizione iniziale. In questa sede vengono nuovamente raccolti tutti i parametri parodontali e vengono confrontati con quelli ottenuti dalla prima visita. La rivalutazione non dovrebbe mai essere fatta prima delle 4 settimane per lasciare ai tessuti il necessario tempo di guarigione e stabilizzazione, pena la sottostima dei risultati.La terapia non chirurgica ha chiaramente dei li-miti dipendenti dall’anatomia dentale e dei difetti ossei, complicati da detergere completamente a cielo coperto. A volte essa è sufficiente per ottenere gli obiettivi prefissati, altre permango-no difetti non mantenibili, quindi il clinico deve considerare criticamente il proprio operato al momento della rivalutazione. Se la fase non chirurgica non è stata efficace o si ha fallito nell’istruire e motivare il paziente, questo verrà sottoposto a una seconda fase della stessa terapia. Quando invece viene appurata la buo-na esecuzione della prima seduta entro i suoi limiti inevitabili e la compliance del paziente è elevata, si può passare alla terapia chirurgica resettiva o rigenerativa per correggere i difetti residui (Figura 1).L’efficacia della terapia parodontale non chirurgi-ca iniziale è ampiamente dimostrata in letteratu-ra, sia per quanto riguarda parodontiti croniche sia aggressive. È stato persino ipotizzato che questo tipo di terapia sia in grado di causare un “effetto vaccino” (reazione di Schwartzman) gra-zie al quale la risposta immunitaria dell’ospite, nei giorni successivi, affronti più efficacemente lo stimolo batterico. Nel tempo sono stati for-mulati e analizzati diversi protocolli con il fine di individuare quello più adatto a ogni situazione clinica che può presentarsi al clinico.

parole chiave

in pillole

Terapia non chirurgica: approcci in full mouth con terapia antibiotica sistemica

Obiettivi del modulo:visualizzare il percorso di terapia del paziente

parodontale, ripercorrere lo sviluppo dei protocolli di terapia non chirurgica e

comprendere l’utilità della terapia antibiotica sistemica associata.

Terapia parodontale non chirurgica

Terapia a quadranti

Protocolli di terapia full mouth

Clorexidina

Antibiotici sistemici

ÂÂ La terapia dei pazienti parodontali inizia sempre con una fase non chirurgica di debridement sopragengivale e scaling and root planing. L’obiettivo è l’eliminazione del microbiota patogeno e delle nicchie che esso abita.

ÂÂ Nel tempo sono stati sviluppati diversi protocolli di terapia non chirurgica con diverse tempistiche (one stage, full mouth) e in associazione o meno ad agenti farmacologici (clorexidina, antibiotici sistemici).

ÂÂ In caso di parodontiti severe e progressive si è dimostrata efficace l’associazione della terapia strumentale effettuata in un arco di tempo ristretto (one/two/four stage full mouth instrumentation) con una terapia antibiotica sistemica (amoxicillina + metronidazolo).

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Antibiotici topici nel trattamento delle parodontiti e delle periimplantiti modulo 3

Protocolli di terapia parodontale non chirurgica

Il punto di partenza è stato la terapia a quadranti, quadrant scaling & root planing (Q-SRP), ela-borata dalla scuola svedese di Wenneström. Secondo il protocollo proposto, il paziente viene sottoposto a una sessione di SRP con cadenza settimanale, strumentando un quadrante per volta. Il vantaggio principale sta nella possibilità di rivedere il paziente settimanalmente, poten-dolo motivare e istruire all’igiene domiciliare e selezionando di volta in volta i presidi più adatti. Inoltre le sedute brevi risultano essere meno stancanti per il paziente e per l’operatore. Ciò che venne contestato a questo protocollo fu, dato il lungo lasso di tempo su cui si sviluppa la terapia, la possibilità che avvenga la traslo-cazione batterica o cross-contamination, cioè la colonizzazione dei siti trattati da parte di patogeni annidati in siti ancora non sottoposti a terapia. La conseguenza è un minor successo del trattamento.Quyrinen nel 1995, per ovviare al problema della traslocazione, propone un protocollo di one stage full mouth disinfection (OSFMD). Alla decontaminazione, eseguita in un’unica seduta di più ore, egli associa la disinfezione

del cavo orale tramite l’utilizzo di clorexidina gluconato (CHX). Il suo scopo è quello di eradicare i microorganismi patogeni anaerobi stretti in brevissimo tempo non solo da tutti i siti parodontali, ma anche da tutti gli habitat dove potrebbero annidarsi per poi ricolonizzare le tasche deterse (mucose, lingue, cripte e pilastri tonsillari, saliva ecc.). Perciò la clorexidina viene usata ad alte dosi e in varie formulazioni nell’in-tero cavo orale e in alcune zone dell’orofaringe, secondo questi step:• spazzolamento del dorso della lingua con

CHX 1% per un minuto;• sciacquo con CHX 0,2% di un minuto per

due volte;• spray di CHX 0,2% sulle tonsille per 4 volte;• irrigazione sottogengivale con gel di CHX 1%

per 3 volte, da ripetere dopo 8 giorni.

A questi seguono sciacqui domiciliari con CHX 0,2% due volte al giorno per due settimane. In una successiva modifi ca la posologia consigliata è di due volte al giorno per due mesi in associa-zione allo spray tonsillare.L’effi cacia di questo protocollo è stata dimostra-ta in letteratura con ottimi risultati dal punto di vista sia clinico sia microbiologico. Quirynen, riprendendo criticamente i propri lavori, ha però portato alla luce il fatto che la clorexidina non

è il fattore fondamentale che rende il nuovo protocollo effi cace. Un approccio in un’unica seduta porta a risultati clinici e microbiologici superiori rispetto al Q-SRP, indipendentemente dall’utilizzo dell’agente farmacologico. Inoltre la clorexidina presenta effetti collaterali importanti quali disgeusia, pigmentazione di denti e dorso della lingua, bruciore ed eliminazione del micro-biota commensale favorevole.Tenendo conto di ciò, Quirynen ha introdotto un nuovo protocollo, quello della full mouth instrumentation (FMI), una decontaminazione dell’intero cavo orale in un’unica seduta senza l’utilizzo della clorexidina se non per lo sciac-quo iniziale effettuato per abbassare la carica batterica e rendere meno pericoloso l’aerosol che si produce durante la strumentazione. La clorexidina verrà utilizzata dal paziente solo nel-le due settimane post-trattamento. Un uso più consistente può essere consigliato in pazienti poco complianti o con handicap fisici/mentali per ovviare a un’igiene domiciliare non ottimale.In letteratura non si rilevano differenze per quanto riguarda il comfort del paziente tra il protocollo FMI e lo Q-SRP, essendo entrambi eseguiti sotto anestesia. Inoltre l’incidenza di dolore o gonfi ore è simile. Gli svantaggi che si riscontrano sono la necessità di uno sforzo fi si-co e mentale maggiore in chi esegue la terapia

Figura 1 Percorso del paziente parodontale.

Prima visita

Terapia di mantenimento

Terapia chirurgica

Terapia non chirurgica

Obiettivi non raggiunti

Obiettivi raggiunti

Q-SRP

+ istruzione e motivazionead ogni seduta

FMIone/two/four stage

+ istruzione e motivazione

Richiami ogni 7-10 gg

+ istruzione, motivazione,e adattamento presidi

Rivalutazione 4-6 settimane

• Cartella parodontale• Foto

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Antibiotici topici nel trattamento delle parodontiti e delle periimplantitimodulo 3

e nel fatto che si debba concentrare in un’unica seduta tutta la motivazione e l’istruzione. È bene in questi casi che il paziente venga rivisto in brevi appuntamenti settimanali di follow-up con l’igienista, la quale dovrà valutare l’indice di plac-ca e consigliare i presidi domiciliari più adatti. In questo modo il paziente viene accompagnato alla seduta di rivalutazione.Sono state successivamente proposte modifi-che nelle tempistiche della terapia. Kinane nel 2004 ha proposto di suddividere la terapia in due sessioni distribuite in 24-48 ore (two stage FMD), ed Eren nel 2002 in quattro sessioni da effettuarsi in quattro giorni (four stage FMD). Non sono state rilevate differenze statistica-mente significative tra queste tre modalità, il clinico può quindi scegliere quella più adatta al paziente e alle proprie attitudini. Si tenga conto del fatto che i reali vantaggi di una decontami-nazione completa nel più breve tempo possibile si possono osservare soprattutto nei pazienti con parodontiti severe e progressive, mentre numerosi studi hanno fallito nel dimostrarne una reale superiorità in caso di parodontite cronica.

Antibiotici sistemici nella terapia parodontale

In caso di parodontite grave e generalizzata, Van Vinkelhoff nel 1989 e poi Herrera nel 2002 hanno proposto di associare alla terapia non chirurgica l’utilizzo di antibiotici sistemici in mo-do da potenziarne l’efficacia. Il razionale della somministrazione della terapia sistemica sta nel fatto che alcuni patogeni parodontali (A. Acti-nomycetemcomitans, P. Gingivalis) si annidano non solo nel biofilm che viene disgregato con la strumentazione meccanica, ma anche nel connettivo subepiteliale, raggiungibili solo da un agente farmacologico. Lo scopo è quindi quello di supplire a questo limite della terapia strumentale.Gli antibiotici comunemente utilizzati in asso-ciazione e conosciuti come cocktail di Van Vinkelhoff sono l’amoxicillina e il metronidazolo. Essi vengono somministrati empiricamente. Il metronidazolo veniva utilizzato principalmen-te in ginecologia, ma negli anni Settanta si

è notato che portava beneficio alle pazienti affette da malattia parodontale. Test su pato-geni parodontali hanno dimostrato un’elevata efficacia contro gli anaerobi stretti ma un’azione blanda nei confronti di batteri aerobi-anaerobi facoltativi, tra cui l’A. actinomycetemcomitans, responsabile delle forme più aggressive. Da qui nasce la necessità dell’associazione di amoxicillina, antibiotico ad ampio spettro che agisce in sinergia col precedente contro l’A. actinomycetemcomitans.Secondo Herrera, in pazienti con tasche molto profonde o malattia attivamente progressiva la terapia antibiotica affiancata a quella meccani-ca porta a benefici clinicamente rilevanti con riduzione della necessità di chirurgia. È stato osservato che i risultati migliori si ottengono proprio per le tasche in partenza più profonde quindi più difficili da strumentare adeguata-mente. Questo è stato ampiamente dimostrato anche da ricercatori italiani come Aimetti, che nei suoi studi propone l’associazione di OSFMI e terapia antibiotica sistemica come prima fase di trattamento dei pazienti con parodontiti

Figura 2 Aspetto clinico prima e dopo FMI + terapia antibiotica sistemica in un paziente con parodontite aggressiva.

18 0 0 0 0 0 0

pre post

pre

post

pre

post

RT

RT

17 1 0 0 10 0 11

16 0 0 0 0 10 11

15 0 0 1 10 0 1

14 0 0 0 11 0 11

13 0 0 0 8 0 10

12 0 0 0 10 0 7

11 0 0 0 8 0 10

21 0 0 0 0 0 5

22 0 0 0 0 1 8

23 0 0 0 3 0 8

24 0 0 0 10 0 0

25 0 0 0 0 0 0

26 0 0 0 10 0 0

27 0 0 4 0 0 5

28 0 0 0 0 0 0

18 0 0 0 3 0 4

RT

RT

17 0 0 0 5 4 5

16 0 0 0 4 1 5

15 0 0 0 5 3 3

14 0 0 0 4 1 5

13 0 0 0 4 1 2

12 0 0 0 3 1 2

11 0 0 0 2 1 3

21 0 0 0 2 1 2

22 0 0 0 2 1 3

23 0 0 0 0 2 3

24 0 0 0 3 2 3

25 0 0 0 4 2 3

26 0 0 0 3 3 3

27 0 0 4 3 3 3

28 0 0 0 4 3 3

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Antibiotici topici nel trattamento delle parodontiti e delle periimplantiti modulo 3

severe con risultati clinici nettamente superiori rispetto alla sola OSFMI.L’utilizzo degli antibiotici sistemici pone un limite temporale al clinico: la terapia manuale dev’essere completata entro la fi ne della terapia antibiotica (1 settimana). Questo perché il biofi lm disgregato è molto più sensibile all’azione degli antibiotici con conseguente potenziamento dell’effetto.La terapia antibiotica sistemica non va sommi-nistrata indiscriminatamente, ma solo a quella categoria di pazienti maggiormente a rischio di progressione della malattia:• parodontiti aggressive generalizzate, croni-

che severe generalizzate, a insorgenza pre-coce o in pazienti con malattie sistemiche;

• profili microbiologici aggressivi (elevate quantità di A. actinomycetemcomitans e P. gingivalis);

• presenza di numerosi siti non trattati o, alla rivalutazione a 6 mesi, siti residui con tasche molto profonde, sanguinamento e/o essudato.

Gli step fondamentali della gestione del paziente con parodontite severa quindi sono:• screening e valutazione iniziale: prima di

prescrivere la terapia è necessario valutare la condizione parodontale e sistemica del paziente ed eventuali allergie ad antibiotici;

• istruzione e motivazione all’igiene orale domi-ciliare ed eliminazione del fumo. La complian-ce è un fattore fondamentale per il successo della terapia;

• FMI sotto anestesia con strumenti piezoelet-trici e/o polveri abrasive e strumenti manuali dove necessario. È accettabile l’irrigazione con CHX. La terapia manuale deve conclu-dersi entro una settimana;

• inizio contestualmente alla seduta di SRP del-la terapia antibiotica con la seguente posolo-

gia: 500 mg di amoxicillina e 250/500 mg di metronidazolo tre volte al giorno per 7 giorni;

• sciacqui con CHX 0,2%/0,12% due volte al giorno per due settimane post-trattamento come mantenimento;

• controlli settimanali con l’igienista;• rivalutazione a 4-6 settimane;• rivalutazione a 6 mesi, per valutare gli effetti

a lungo termine della terapia.

Quello che si ottiene è un drastico abbassamen-to della carica microbica orale, con eradicazione dei patogeni parodontali aggressivi e, alla riva-

lutazione, contrazione tissutale, tonifi cazione dei tessuti, sanguinamento minimo o assente, riduzione della profondità di sondaggio e sta-bilizzazione degli elementi. Il paziente riferisce assenza di sanguinamento durante le manovre domiciliari, assenza di alitosi e maggior confort in masticazione (Figura 2). Il mantenimento dell’igiene orale sia professionale sia domiciliare e l’istruzione di questo tipo di pazienti dev’esse-re costante, pena il ristabilirsi di un microbiota patogeno nel giro di 4/6 settimane e la recidiva della malattia.

PER APPROFONDIRE

• Aimetti M, Romano F, Guzzi N, Carnevale G.

Full-mouth disinfection and systemic antimicrobial

therapy in generalized aggressive periodontitis:

a randomized, placebo-controlled trial. J Clin

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Antibiotici topici nel trattamento delle parodontiti e delle periimplantiti

La terapia non chirurgica mediante scaling & ro-ot planing (SRP), nonostante l’indubbia efficacia come fase iniziale di qualsiasi percorso terapico parodontale, presenta dei limiti:• la suscettibilità individuale: esistono pazienti

sensibili allo SRP così come pazienti poco rispondenti nei quali otteniamo risultati cli-nici inferiori e recidiva. I motivi sono ancora poco chiari. Una terapia paziente-specifica sarebbe auspicabile ma ancora oggi non è completamente attuabile;

• l’impossibilità di una completa rimozione del tartaro e del biofilm: esistono inevitabili limiti anatomici (es. tasche molto profonde, ele-menti pluriradicolati, anatomie radicolari com-plesse ecc.), dell’operatore che lavora a cielo coperto e dello strumentario a disposizione;

• l’impossibilità di una completa rimozione dei patogeni: le nicchie dove si annidano non si trovano soltanto attorno ai tessuti duri ma anche all’interno dei tessuti molli (connettivo sub-epiteliale).

Se, insieme a questo, si considera la possibilità di arrecare danni cumulativi per mezzo di ripetute sedute di SRP, comprendiamo come possa rive-larsi utile l’utilizzo di antimicrobici per cercare di ovviare ai limiti della strumentazione meccanica.

Confronto tra antibiotici sistemici e topici

Nel modulo precedente abbiamo discusso l’utilità degli antibiotici sistemici in pazienti con specifiche condizioni parodontali, che qui ri-cordiamo:• parodontiti aggressive generalizzate o croni-

che severe generalizzate;• parodontiti progressive resistenti alla terapia;• parodontiti severe o moderate in pazienti con

malattie sistemiche o immunocompromessi;• ascessi parodontali con tendenza alla dif-

fusione;• gengivite/parodontite ulceronecrotica acuta.

Accanto ai vantaggi precedentemente illu-strati, questa terapia presenta anche alcuni svantaggi:• se il clinico non vuole somministrare empi-

ricamente la combinazione di amoxicillina e

modulo 4

metronidazolo, dovrebbe sottoporre il pa-ziente a test microbiologici e antibiogramma per verificare l’effettiva sensibilità dei batteri a questi antibiotici. Esiste l’evidenza di una diffusa resistenza batterica nei confronti dell’amoxicillina. Questo vale soprattutto per le periimplantiti, poiché in molti casi il classico cocktail di Van Winkelhoff riduce i sintomi locali ma non risolve la patologia. Purtroppo, non sempre è possibile eseguire questi test;

• il target della terapia è una ristretta parte dell’organismo in confronto alla diffusione sistemica del farmaco;

• gli effetti collaterali possono indurre il paziente a interrompere la terapia. Questa deve durare almeno 7 giorni, in alcuni casi gravi anche 15. Un’interruzione espone al rischio di non ottenere i risultati auspicati e di sviluppare resistenze batteriche;

• la compliance del paziente è necessaria ma non è verificabile.

È importante quindi che il clinico valuti attenta-mente il rapporto rischi/benefici della sommini-strazione di una terapia antibiotica sistemica. La difficoltà decisionale insorge quando ci si trova davanti a condizioni acute e/o recidivanti allo SRP ma estremamente localizzate, che quindi non giustifichino una somministrazione sistemica di farmaco. È questo il caso di ascessi parodontali in pazienti non affetti da malattia parodontale o di pazienti che presentano alcuni siti non rispondenti alla terapia, che permangono attivi, sanguinanti e con profondità di sondaggio residua ≥5 mm. Ricordiamo che le tasche profonde costitu-iscono un fattore prognostico negativo per la perdita di ulteriore attacco e quindi ne-cessiterebbero di terapia chirurgica. L’arma a disposizione del clinico a questo punto può diventare la somministrazione topica di agenti antimicrobici con lo scopo di incentivare la risoluzione della situazione patologica in mo-do estremamente sito-specifico e tentare di ridurre la necessità della chirurgia. Precisiamo che voler trattare con antibiotici topici anche i casi generalizzati è sconsigliabile, in quanto estremamente dispendioso in termini econo-mici e di tempo. Un’ulteriore indicazione sono i casi di periimplantite: sono in atto studi mirati

parole chiave

in pillole

Presidi topici a supporto della terapia non chirurgica

Obiettivi del modulo:illustrare le differenze tra la terapia antibiotica

topica e sistemica con un accenno alle caratteristiche fondamentali delle molecole

e dei carrier indagati in letteratura.

Terapia antibiotica topica

Delivery systems

Tetracicline

Metronidazolo

Clorexidina

ÂÂ Il trattamento di condizioni acute localizzate o siti recidivanti post-SRP può essere coadiuvato dall’applicazione di antibiotici topici. Questi mostrano alta efficienza sito-specifica ed elevata tollerabilità e sicurezza.

ÂÂ Sono importanti sia la molecola selezionata sia il carrier. Il rilascio di dosi minime antimicrobiche deve prolungarsi per il tempo necessario a un’azione efficace nei confronti del biofilm.

ÂÂ Sono state indagate diverse molecole in svariate formulazioni. Le più efficaci e attualmente utilizzabili sembrano essere le tetracicline (in particolare doxiciclina iclato) in formulazioni gel controlled-release.

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Antibiotici topici nel trattamento delle parodontiti e delle periimplantitimodulo 4

a dimostrare che l’utilizzo di questi presidi può portare vantaggi anche nel trattamento non chirurgico di questa condizione e i risultati sono positivi. I vantaggi derivanti dall’utilizzo di antibiotico topico sono:• elevata efficienza, data dall’alta concentrazio-

ne nel sito e dal fatto che i livelli minimi efficaci vengono raggiunti velocemente, senza biso-gno di attendere la distribuzione sistemica del principio attivo;

• elevate tollerabilità e sicurezza. Studi dimo-strano che la diffusione sistemica è insigni-ficante, con conseguente minor rischio di sviluppare effetti collaterali;

• assenza di resistenza batterica indotta;• la compliance del paziente non è fondamen-

tale (Tabella 1).

Negli ultimi decenni sono stati condotti molti studi su diverse molecole in svariate formula-zioni, con lo scopo di individuare l’antibiotico topico ideale, che dovrebbe rivelarsi efficace nei confronti dei patogeni parodontali e rag-giungere la concentrazione minima efficace nell’environment sottogengivale per il periodo necessario ad agire significativamente. Un’ul-teriore buona caratteristica sarebbe la sostan-tività, cioè la capacità di depositarsi in tessuti duri e molli per poi essere rilasciato in forma attiva nel tempo. Sottolineiamo che le molecole indagate non devono necessariamente essere quelle utilizzate nella terapia sistemica, poiché anche antibiotici inefficaci quando somministrati sistemicamente potrebbero rivelarsi efficaci

grazie alle alte concentrazioni raggiunte con l’applicazione topica. Il lavoro di ricerca si è concentrato non solo sulla molecola più adatta, ma anche sul carrier, cioè il mezzo con il quale portare tale molecola nei siti di interesse, in modo da ottenere formulazioni clinicamente, ergonomicamente ed economicamente van-taggiose per l’odontoiatra.Sussiste ancora una notevole difficoltà nello stabilire un algoritmo decisionale che possa guidare il clinico nella selezione dei pazienti candidabili a questo tipo di trattamento, nella scelta del presidio più adatto e nello stabilire

un protocollo di utilizzo. Il motivo sta nel fatto che gli studi condotti finora presentano disegni diversi, con criteri di selezione del campione variabili, e indagano svariate molecole in ancora più svariate formulazioni (Tabella 2).

Gli antibiotici topici in letteratura

I primi lavori sono stati fatti sulla tetraciclina. Negli anni ’80 Goodson ne proponeva l’uti-lizzo sottoforma di piccoli tubi di acetato che liberavano grandi quantità di principio attivo

Tabella 1. Confronto tra antibiotici sistemici e topici

Antibiotici sistemici Antibiotici topici

Indicazioni Parodontiti gravi e generalizzate Malattie sistemiche

Siti recidivanti, lesioni acute localizzate e periimplantiti

Target Siti multipli, intero cavo orale Sito d’interesse

Diffusione sistemica Presente Trascurabile

Diffusione nel sito Lenta Ordine dei pg/ml

Rapida Ordine dei mg/ml

Effetti collaterali Possibili (gastrointestinali, genitourinari, reazioni da ipersensibilità ecc.)

Alta tollerabilità e sicurezza

Resistenze batteriche Possibili spesso già presenti

Assenti

Compliance Fondamentale Non fondamentale

Tabella 2. Presidi topici in letteratura

Agente attivo Delivery device Effetto Disponibilità Rilascio

Clorexidina Chip riassorbibile

Antisettico _ Controlled-release

Clorexidina dicloridrato 1% e digluconato 2,5%

Gel xantano riassorbibile

Antisettico – Controlled-release

Metronidazolo benzoato 25% Gel gliceril monoleato e olio di sesamo

riassorbibile

Antibiotico Non più disponibile Slow-release (24/36 ore)

Tetraciclina HCI 25% Fibre non riassorbibili

Antibiotico Non più disponibile Controlled-release (10 giorni)

Doxiciclina iclato 8,5% Polvere/liquido riassorbibile

Antibiotico Disponibile in USA Controlled-release

Minociclina Microsfere riassorbibile

Antibiotico – Controlled-release

Doxiciclina iclato 14% Gel riassorbibile

Antibiotico Disponibile in Italia da settembre 2014

Controlled-release (12 giorni)

Piperacillina Gel resine acriliche riassorbibile

Antibiotico – –

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Antibiotici topici nel trattamento delle parodontiti e delle periimplantitimodulo 4

ma il cui effetto si esauriva nel giro di poche ore (massimo 4-6 ore). Successivamente sono state elaborate fibre di un co-polimero non riassorbibile inerte di etilene contenenti idro-cloridrato di tetraciclina al 25%; questa formu-lazione è la più indagata in letteratura. Le fibre venivano posizionate nella tasca e bloccate con un sottile strato di adesivo cianacrilato per essere poi rimosse dopo 7-12 giorni. Il rilascio, di circa 1000 mg/l, risultava lento e controllato per tutto il periodo di inserzione. È stata dimostrata la sostantività della molecola con deposizione sulla superficie radicolare e penetrazione nei tessuti molli, fino a raggiun-gere le ghiandole salivari. La concentrazione raggiunta nel siero invece si è rivelata irrilevante. Gli effetti clinici positivi sui parametri parodontali derivanti dall’associazione di questi antimicro-bici allo SRP si sono rivelati significativamente superiori rispetto al solo protocollo di terapia meccanica. Gli svantaggi nell’utilizzo delle fibre consistevano nella difficoltà nel maneggiarle, con conseguente necessità di tempi lunghi per l’applicazione in siti multipli (sono stati calcolati 8,2 minuti per sito!), nel fatto che il clinico non poteva effettivamente sapere se avesse inserito la fibra fino al fondo della tasca e nel fatto che dovessero essere rimosse dopo 10 giorni, non essendo riassorbibili. Le difficoltà organizzative quindi erano evidenti. Le fibre oggi non sono più disponibili sul mercato.Van Steenberghe nel 1994 concentrò il proprio lavoro sull’utilizzo di una particolare tetraciclina, minociclina, al 2% sottoforma di unguento o al 10% in microsfere. I risultati si sono rivelati discordanti. Alcuni studi hanno dimostrato la sua sostantività ed effetti significativamente positivi con riduzione dei patogeni parodontali, riduzione della profondità di sondaggio e del sanguinamento in pazienti con parodontite moderata o severa. Altri non hanno ottenuto miglioramenti su parametri come l’indice gengi-vale o il guadagno di attacco clinico. Un lavoro di Jones nel 1994 ha mostrato una riduzione della popolazione di P. gingivalis ma non degli altri patogeni parodontali.Il reale passo avanti di questi studi è stato però l’inizio della ricerca del carrier ideale, puntando sulle formulazioni in gel, oggi le più utilizzate grazie al favorevole profilo farmacocinetico che permettono di ottenere. I vantaggi di questi delivery system sono:• viscosità ideale per un agevole inserimento

nelle tasche e permanenza in loco del pro-dotto, che non deve essere “lavato” via dal fluido crevicolare;

• dinamica biochimica che permette il lento rilascio di dosi minime efficaci del principio attivo con un contemporaneo riassorbimento del carrier. Sono stati sviluppati carrier che

permettono uno slow o sustained-release, cioè il rilascio entro le 24 ore, e un controlled-release, cioè il rilascio controllato per più giorni.

Tali caratteristiche variano in base al polimero scelto per creare il gel. Questi nuovi carrier trovano applicazione negli studi più recenti sulle doxicicline, in particolare la doxiciclina iclato, una molecola sintetica somministrata all’8,5% in un polimero biodegradabile riassorbibile controlled-release (idrogel). Questo permette il lento rilascio di quantità di farmaco efficaci per giorni. I risultati nei confronti dei patogeni si sono dimostrati sovrapponibili a quelli dello SRP (Walker 2000) e, come ha dimostrato Garret nel 1999, i risultati clinici sono ottimi. Wennestrom nel 2001 ha dimostrato come, in pazienti con parodontite moderata-severa, una seduta di 45 minuti di SRP associata all’applicazione di questo prodotto garantisca risultati migliori rispetto a un protocollo di SRP a quadranti eseguito in 4 ore. Questo farmaco è disponibile negli USA. Vantaggi ancora maggiori sono stati ottenuti con l’introduzione della formulazione di doxiciclina al 14% in un controlled delivery system di co-polimeri biodegradabili cross-linkati di acido polilattico-poliglicolico. È stato osservato un rilascio di concentrazioni minime efficaci per addirittura 12 giorni. Uno studio di Eickholz del 2002 ha dimostrato risultati clinici e microbiologici rilevanti a 3 e 6 mesi rispetto al gruppo placebo e al gruppo sottoposto al solo SRP. Questa formulazione è disponibile in Italia dal 2014. Un altro antibiotico topico analizzato è stato il metronidazolo benzoato al 25%, sottoforma di gel riassorbibile di gliceril monoleato e olio di sesamo, che però permetteva un rilascio a livelli minimi efficaci solo per 24-36 ore (100 µg/ml per 8 ore e successivamente 1 µg/ml). Philstrom nel 1995 dimostrò che la terapia con questo presidio era efficace tanto quanto lo SRP nell'82% dei casi. Ricordiamo che questo non significa che le due terapie siano sovrapponibili e interscambiabili. Inoltre, per ottenere un’efficacia a lungo termine doveva essere riapplicato attentamente svariate volte. In altri studi (Stelzel 1996, Rudhart 1998) non sono state rilevate differenze statisticamente significative a lungo termine tra la semplice terapia manuale e lo SRP in associazione a questo presidio. Il farmaco non è più disponibile sul mercato.Non dimentichiamo quanto sia importante ana-lizzare i risultati degli studi da un punto di vista non solo statistico ma anche clinico. L’obiettivo è il maggior guadagno di attacco clinico possi-bile, quindi per l’operatore diventano realmente importanti risultati dell’ordine del millimetro,

indipendentemente dal raggiungimento della significatività statistica. Importante è anche capire in quali pazienti sono stati ottenuti risultati positivi e in quali no. Purtroppo pochi studi sono stati disegnati allo scopo di individuare i pazienti nei quali questi presidi potrebbero trovare la massima indicazione.

La scelta dell’antibiotico topico ideale

Per evitare facili confusioni, quando il clinico si accinge a scegliere il presidio da somministra-re deve tener conto di alcune caratteristiche fondamentali:• la dose di principio attivo raggiungibile in

sito. Per esempio, Mombelli e Van Winkelhoff hanno dimostrato che la dose efficace di do-xiciclina contro i patogeni parodontali è circa 0,1-2 µg/ml. Somministrata sistemicamente, raggiunge nel solco una concentrazione dell’ordine dei pg. Si può facilmente com-prendere l’enorme vantaggio della sommi-nistrazione locale tramite carrier adeguato. È bene che la concentrazione raggiunta sia superiore a quella minima inibente indivi-duata in vitro, poiché moltissimi studi hanno dimostrato che i batteri organizzati in un biofilm sono molto più resistenti agli antibiotici rispetto alle colonie in piastra: è necessaria una concentrazione addirittura 50-80 volte più elevata. Da questo si evince anche la necessità di associare sempre una terapia meccanica precedente all’applicazione del farmaco topico;

• la durata nel tempo dei livelli di concentrazio-ne efficaci. È importante che i livelli terapeutici della molecola scelta siano presenti nel sito per 7-10 giorni per poter agire significativa-mente sul microbiota con conseguenti mi-gliori outcome clinici;

• il carrier. È il fattore fondamentale che influen-za la cinetica del farmaco nel sito. Bisogna porre attenzione alla differenza tra slow e controlled release. È importante anche che il carrier sia biodegradabile;

• assenza di effetti avversi locali o sistemici.

Purtroppo, come sottolineato in precedenza, sul mercato italiano vi è una grave restrizione dei prodotti a disposizione. La scelta deve per forza ricadere sulla clorexidina (che però è un antisettico, non un antibiotico) o sulla doxiciclina iclato. La fortuna sta nel fatto che, a quanto si evince dalla letteratura, le tetracicline sembrano dare i risultati migliori nei pazienti parodontali. Non si dimentichi che, essendo farmaci a tutti gli effetti, questi devono essere prescritti esclu-sivamente dall’odontoiatra, indipendentemente

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Antibiotici topici nel trattamento delle parodontiti e delle periimplantiti modulo 4

dal fatto che poi vengano applicati da egli stesso o dall’igienista.

Presidi antisettici

Pur non essendo un antibiotico, la clorexidina esercita un effetto antisettico, cioè impedisce o rallenta lo sviluppo dei microbi. Oltre alle classiche formulazioni inserite nel protocollo di Full Mouth Disinfection, alcuni studi multicentrici hanno valutato l’applicazione di 2,5 mg di clore-xidina tramite chip di gelatina: le concentrazioni veicolate sono risultate elevate, con un effetto quasi antibiotico. Jeffcoat nel 1998 dimostrò risultati superiori nell’associazione di questo presidio al classico SRP in siti con profondità di sondaggio persistentemente superiori ai 5 mm. Il principale svantaggio rilevato è la breve durata degli effetti ottenuti.

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19 ■

Antibiotici topici nel trattamento delle parodontiti e delle periimplantiti

Approfondiamo il discorso riguardante l’uso delle tetracicline topiche in parodontologia, in particolar modo delle formulazioni in delivery systems controlled-release. Queste permettono di veicolare l’antibiotico nei siti di interesse con diverse dinamiche farmacocinetiche a seconda del mix di componenti del carrier.

Le tetracicline

L’efficace azione delle tetracicline nei confronti della malattia parodontale è stata appurata da numerosi studi sin dagli anni ’70 e si attua tramite due meccanismi:1. l’azione batteriostatica nei confronti dei pa-

togeni parodontali. Le tetracicline hanno dimostrato in vitro un ampio spettro che comprende batteri aerobi, aerobi/anaerobi facoltativi e anaerobi stretti. Questo permette loro di essere utilizzate efficacemente in mo-noterapia a differenza di altri antibiotici quali il metronidazolo, attivo solo nei confronti degli anaerobi. Sono in grado di penetrare tessuti molli e duri e posseggono caratteristica di sostantività;

2. l’azione antinfiammatoria con inibizione non solo delle collagenasi (in particolar modo della MMP-8), ma anche di altre metallo-proteasi e dell’interleuchina-1. Inoltre sono in grado di inibire l’attività degli osteocla-sti. Nel complesso, le tetracicline possono contrastare la distruzione tissutale derivante dall’esagerata risposta infiammatoria tipica della malattia parodontale.

In questo modo la molecola va ad agire contem-poraneamente sui due fattori che scatenano e portano avanti la malattia, il trigger batterico da una parte (in sinergia con la terapia meccanica) e la risposta infiammatoria dall’altra. Numerosi studi in vivo hanno dimostrato la loro efficacia in associazione alla terapia chirurgica e non.Un ulteriore aspetto favorevole è che sono molecole ben conosciute e dall’accertata sicu-rezza. Ricordiamo che la sicurezza è aumentata dal fatto che con l’applicazione topica se ne rilevano elevate concentrazioni nel fluido crevi-colare, mentre i livelli nel siero sono trascurabili o addirittura assenti, evitando problematiche legate a possibili effetti avversi.

La concentrazione minima efficace (MIC) del farmaco è un dato la cui conoscenza è di fon-damentale importanza. I patogeni parodontali sono sensibili in media a 0,2-1 µg/ml di tetraci-clina HCl. Questo dato ci viene fornito da studi effettuati in vitro i quali però trascurano fattori che influenzano in modo sostanziale la farmaco-cinetica dell’antibiotico che viene somministrato nell’ambiente parodontale, sottostimandone il reale valore. Il farmaco immesso in una tasca deve contrastare il flusso di fluido crevicolare che tende a diluirlo, deve agire su batteri che sono organizzati e protetti nel biofilm, deve per-manere in un ambiente anaerobio, a basso pH ed elevata concentrazione di enzimi, molecole infiammatorie e prodotti batterici. Si comprende quindi la necessità di una somministrazione in dosi molto superiori alla MIC fornita da studi in vitro anche di 100 volte! È importante sottolineare che il target non sono solo i batteri situati nel lume della tasca, ma anche quelli annidati in tessuti duri e molli, quindi cemento e dentina nonché epitelio giunzionale e con-nettivo subepiteliale. È importante che questa elevata concentrazione permanga in sito per il tempo necessario all’esplicarsi dell’azione farmacologica: ricordiamo che le tetracicline sono batteriostatiche, quindi l’azione non è così immediata, inoltre devono poter penetrare efficacemente biofilm e tessuti. Alla luce di tali considerazioni sull’efficacia della molecola e sul rapporto dose/tempo, si è compresa la necessità di migliorare il mezzo con cui questa veniva somministrata con lo scopo di ottenere caratteristiche di rilascio del farmaco ideali. Il target era un rilascio controllato di concentrazioni molto più elevate della MIC fornita da studi in vitro per più giorni e tramite un carrier possibilmente biodegradabile.

I carrier

Negli anni sono stati sviluppati carrier con diverse cinetiche di rilascio non solo in odon-toiatria, ma in tutti i campi medici con interesse farmacologico. I prodotti sviluppati vengono ti-picamente distinti in slow-release e controlled-release. I primi si trovano sottoforma di com-plessi (sali o resine), sospensioni, emulsioni e tavolette che rilasciano tutto il farmaco entro 24

modulo 5

parole chiave

in pillole

L’utilizzo topico delle tetracicline in carrier controlled-release: l’innovazione di oggi

Obiettivi del modulo:percorrere lo sviluppo delle tetracicline topiche

a uso odontoiatrico sottolineandone le caratteristiche farmacologiche fondamentali.

Tetracicline

Concentrazione minima efficace

Farmacocinetica

Delivery systems

Copolimeri

ÂÂ Le tetracicline hanno dimostrato elevata efficacia nel contrastare la flora batterica patogena parodontale e azione antinfiammatoria.

ÂÂ Nelle formulazioni topiche il carrier prescelto è di fondamentale importanza per la farmacocinetica dell’antibiotico in sito.

ÂÂ Le fibre di tetraciclina mantenevano livelli elevati di farmaco in sito per più giorni. Le formulazioni a base di copolimeri oggigiorno disponibili hanno come vantaggi aggiuntivi la biodegradabilità e la facilità di utilizzo.

ÂÂ La doxiciclina iclato 14% ha dimostrato efficacia clinica e microbiologica in siti parodontali acuti e/o recidivanti.

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Antibiotici topici nel trattamento delle parodontiti e delle periimplantitimodulo 5

ore. Esempio tipico in odontoiatria sono stati i tubi da dialisi di acetato sviluppati da Goodson per il rilascio di tetraciclina HCl, i quali esauri-vano la loro riserva di farmaco nel giro di 4/6 ore. Spesso per queste formulazioni il rilascio è influenzato dall’environment in cui vengono inseriti, rendendolo così variabile da paziente a paziente. I secondi, per mezzo di matrici o po-limeri con vari meccanismi di diffusione, sono rilasciati in concentrazioni predeterminate per un periodo di tempo definito (giorni, settimane, anni). Hanno svariati utilizzi medici e sono stati testati per il rilascio di adrenalina, insulina, angiotensina, progesterone, neurolettici ecc. Esistono delivery systems non riassorbibili (come le pompe per l’iniezione di insulina) con lo svantaggio della necessità della loro rimozione, e altri sottoforma di matrici riassor-bibili la cui comodità di utilizzo è decisamente superiore. La riassorbibilità è conferita dal fatto che i carrier sono composti da polimeri biodegradabili, ad esempio polimeri di aci-do polilattico-poliglicolico, polivinilpirrolidone, policaprolactone. Man mano che il carrier si biodegrada, il principio attivo viene rilasciato. Esempi di farmaci a uso odontoiatrico sono la doxiciclina al 14% in idrogel biodegradabile, la doxiciclina all’8,5% in polimero di polivinilpir-rolidone o la tetraciclina in fibre di copolimero etilenvinilacetato. Il rilascio del principio attivo non viene influenzato dall’environment in cui vengono inseriti.

Evoluzione delle tetracicline topiche in odontoiatria

Il primo a creare una formulazione topica di tetraciclina cloridrato fu Goodson negli anni ’70 con il suo reservoire. Il suo utilizzo portava a miglioramento dei parametri microbiologici e biometrici anche se il rilascio si esauriva nel giro di 6 ore. Successivamente lo stesso Go-odson nel ’96 e i gruppi di Tonetti e Drisko nel ’97 iniziarono una serie di studi su una nuova formulazione: le fibre di tetraciclina. Anche in questi studi è stata dimostrata l’efficacia sito-specifica con riduzione della profondità di tasca e guadagno di attacco clinico. Il successo fu dovuto in particolar modo a una farmacocinetica ottimale con livelli di antibioti-co efficaci in sito per un tempo prolungato. È stato calcolato che i livelli raggiunti nel liquido crevicolare fossero di addirittura 1300 µg/ml per 10 giorni di trattamento. Questo device, ormai non più disponibile sul mercato, è stato quello più efficace mai realizzato. Gli svantaggi che lo hanno portato a cadere in disuso sono stati la difficoltà di maneggiamento, il lungo tempo impiegato per l’inserimento delle fibre

nei siti e la necessità di una successiva rimo-zione. Questi sono i motivi che hanno portato alla ricerca di formulazioni più maneggevoli e possibilmente riassorbibili pur mantenendo le stesse performance di rilascio, caratteristiche ottenute tramite l’utilizzo di copolimeri.La prima formulazione immessa sul mercato è stata la doxiciclina iclato all’8,5% in un gel biodegradabile di polilattico e poli-D-L lattico dissolti in un carrier biocompatibile di N-metil-2- pirrolidone (NMP). Le concentrazioni raggiunte in sito si aggiravano attorno ai 1085 µg/ml per poi ridursi fino a meno di 46 µg/ml al decimo giorno dall’applicazione. Fa poi la sua comparsa la doxiciclina iclato al 14% in gel biodegradabile di acido polilattico-poliglicolico, la cui concentrazione arriva a 1300 µg/ml dopo due ore e decresce fino a 70 µg/ml al decimo giorno, dimostrando di permanere a dosi più alte e per più tempo rispetto alla precedente formulazione (Figura 1). È importante sottolineare che la differenza di concentrazione raggiunta tra i due farmaci non è dipendente dalla percentuale di molecola antibiotica ma dalle caratteristiche del carrier. Variando la sua composizione, varia la cinetica di rilascio. Nonostante le concentrazioni rag-giunte siano ancora inferiori a quelle ottenute con le fibre, sono ampiamente superiori al livello necessario a eradicare i patogeni parodontali.

Teniamo conto, per esempio, che per eradicare A. actinomycetemcomitans in vitro bastano 6 µg/ml. Questa è la formulazione attualmente sul mercato. Entrambe le formulazioni, rispetto alle fibre, hanno il vantaggio di essere riassorbibili, es-sendo composte da polimeri biodegradabili, non necessitano di impacchi per restare in sito e causano minor risposta infiammatoria con minor produzione di fluido crevicolare. È da sottolineare anche la capacità di variazione della viscosità dei prodotti a contatto con umidità e calore. Inizialmente è bassa, in modo da permettere una facile applicazione, per poi aumentare rendendo possibile la permanenza in sito. La consistenza finale si oppone al ritor-no elastico dei tessuti dopo l’inserimento e al flusso del fluido crevicolare che normalmente causerebbero l’espulsione del farmaco iniettato nella tasca nel giro di circa 12 minuti.Vantaggi aggiuntivi della formulazione attual-mente disponibile, oltre alle maggiori concen-trazioni ottenute, sono il fatto che una sola applicazione è sufficiente (con la precedente occorreva ripeterla) e che è dotata di una mag-gior viscosità. È stato inoltre dimostrato che la biodegradabilità del carrier è totale, con tempo di riassorbimento di 60/70 giorni, e avviene per idrolisi con formazione di prodotti innocui (acido glicolico, acido lattico) (Tabella 1).

Figura 1 Cinetica della doxiciclina 14% nel GCF (Kim et al 2002).

Dox

icic

lina

(µg/

ml)

Tempo (giorni)

2

1200

1000

800

600

400

200

0543 8 976 10 11 12

MIC per A. actinomycetemcomitans nei bio�lm

Dox

icic

lina

(µg/

ml)

Tempo (ore)0

100 000

10 000

1 000

100

10

142 86 10 12 14 16 18 20 22 24

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Antibiotici topici nel trattamento delle parodontiti e delle periimplantitimodulo 5

Doxiciclina iclato 14%

Riassumendo, la formulazione topica oggi disponibile è composta da doxiciclina iclato 14% e da una matrice biodegradabile a rilascio controllato. Per quanto riguarda la molecola ne sono stati dimostrati l’efficacia batteriostatica data dall’inibizione della sintesi proteica, l’am-pio spettro d’azione contro gram + e gram -,

aerobi e anerobi, la sensibilità dei patogeni parodontali nei suoi confronti, l’effetto antin-fiammatorio e la sicurezza. Per quanto riguarda il delivery system sono stati ottenuti:• il rilascio controllato di dosi efficaci per più

di 10 giorni;• una viscosità ideale che si modifica a con-

tatto con l’ambiente permettendo la perma-nenza in sito;

• una biodegradabilità totale in 60/70 giorni con formazione di prodotti innocui;

• un’azione sito-specifica con rilascio di elevati livelli di farmaco nel fluido crevicolare e bassi livelli in saliva e siero;

• maneggevolezza e velocità di applicazione tramite anche apposito applicatore e car-tuccia con beccuccio flessibile.

Le indicazioni al suo utilizzo comprendono siti acuti, siti con malattia attiva recidivante post-terapia e siti non rispondenti alla terapia. Un’unica applicazione è sufficiente per ottenere l’effetto farmacologico (Figura 2). L’efficacia cli-nica è stata ampiamente dimostrata. In particolar modo sono interessanti gli studi della scuola tedesca di Eickholz pubblicati dal 2002 ad oggi. Questi, tramite uno studio split-mouth, mostrano che applicando la doxiciclina in concomitanza alla terapia meccanica in tasche di 5/6 mm di pazienti con parodontite grave non trattata o recidivante si ottengono a 3 mesi risultati clinici superiori rispetto a quelli ottenuti con il solo SRP,

con diminuzione della profondità di sondaggio e guadagno di attacco clinico. Inoltre l’effetto è prolungato e la superiorità diventa ancora più marcata a 6 mesi. È stata appurata anche la sicurezza del prodotto, con osservazione di rarissimi effetti avversi localizzati (gonfiore, fuoriuscita del gel dalla tasca). L’efficacia non è solo clinica ma anche microbiologica: è stata dimostrata un’importante e duratura riduzione della presenza di A. actinomycetemcomitans, T. forsythia, P. gingivalis e T. denticola sia a 3 sia a 6 mesi. È importante sottolineare che questi studi sono stati disegnati in modo rigoroso, con randomizzazione, controllo con gruppo placebo e, spesso, triplo cieco. Interessante è anche il fatto che il solo veicolo usato come controllo-placebo ha dato luogo a piccoli miglioramenti a 3 mesi dalla terapia. In conclusione, i vantaggi che otteniamo dal punto di vista del piano di trattamento del paziente sono i seguenti:• nel paziente parodontale si ha a disposizione

un’arma aggiuntiva mirata al trattamento del-le tasche che, post-terapia iniziale, perman-gono profonde e attive. Questo permette di diminuire la necessità di terapia chirurgica;

• negli eventi acuti possiamo impostare un’ef-ficace terapia farmacologica sito-specifica che risolva l’infiammazione nel giro di poche ore, permettendo di pianificare succes-sivamente una terapia meccanica meno invasiva.

Figura 2 Applicazione della doxiciclina topica.

Tabella 1. Confronto tra diverse formulazioni di tetracicline

Doxiciclina iclato 14% Doxiciclina iclato 8,5% Fibre di tetraciclina

Carrier Macrogol-DL-lattico/glicolicoPoliglicoli

Poli-DL-latticoN-metil-2-pirrolidone

Etilenvinilacetato

Concentrazione in sito a T0 (µg/ml)1300 1085 1300

Concentrazione in sito a 10 giorni (µg/ml) 70 46 1300

Biodegradabilità Sì Sì No

Viscosità > >> /

Risposta infiammatoria + + +++

Applicazione Singola Multiple Singola + rimozione

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Antibiotici topici nel trattamento delle parodontiti e delle periimplantiti modulo 5

PER APPROFONDIRE

• Demirel K, Baer P, Mc Namara T. Topical application

of doxycycline on periodontally involved root

surface in vitro: comparative analysis

of substantivity on cementum and dentin.

J Periodontol 1991;62(5):312-6.

• Eickholz P, Kim TS, Bürklin T, et al.

Non-surgical periodontal therapy with

adjunctive topical doxycycline: a double blind

randomized controlled multicenter study.

(I) Study design & clinical results.

J Clin Periodontol 2002; 29(2):108-17.

• Kim T, Bürklin T, Schacher B, Ret al. Pharmacokinetic

Pro� le of a locally administered doxycycline gel

in crevicular � uid, blood, and saliva. J Periodontol

2002;73(11)1285-91.

• Ratka-Krüger P, Schacher B, Bürklin T, et al.

Non-surgical periodontal therapy with adjunctive

topical doxycycline: a double-masked, randomized,

controlled multicenter study. II. Microbiological

results. J Clin Periodontol 2005;76(1):66-74.

• Tonetti MS, Lang NP, Cortellini P, et al.

Effects of a single topical doxycycline

administration adjunctive to mechanical

debridement in patients with persistent/recurrent

periodontitis but acceptable oral hygiene

during supportive periodontal therapy.

J Clin Periodontol 2012;39(5):475-82.

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