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Sentire urgere dentro di sé le esigenze di verità, di bellezza, di giustizia, di amore, sentire ribollire, vibrare in ogni fibra del nostro essere è inevitabile, tranne che uno sia una pietra. Prenderle sul serio è una decisione. Dalle conseguenze imprevedibili. (J. Carrón) Scuola Secondaria di primo grado “DON CARLO COSTAMAGNA” – Busto Arsizio (VA) “SACRO CUORE” – Gallarate (VA) 3 3 3 3 7 luglio 7 luglio 7 luglio 7 luglio 2016 2016 2016 2016

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Sentire urgere dentro di sé le esigenze di verità, di bellezza, di giustizia,

di amore, sentire ribollire, vibrare in ogni fibra del nostro essere è

inevitabile, tranne che uno sia una pietra.

Prenderle sul serio è una decisione. Dalle conseguenze imprevedibili.

(J. Carrón)

Scuola Secondaria di primo grado

“DON CARLO COSTAMAGNA” – Busto Arsizio (VA) “SACRO CUORE” – Gallarate (VA)

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Primo giorno

“LE DALIE ROSSE, DUE ROSE”

Sophie Scholl

"Adesso di nuovo mi rallegro per gli ultimi raggi di sole. Sono piena di stupore per l'inaudita bellezza di tutto ciò che non è stato l'uomo a creare: le dalie rosse vicino al bianco ingresso del giardino; gli abeti alti e seri e le tremanti betulle coperte d'oro, con i loro tronchi, ora lucenti nel contrasto in mezzo a quel fogliame color verde e ruggine; il sole dorato, che esalta ancor di più la luminosa forza cromatica di ogni cosa, invece di soffocare - come fa il rovente sole d'estate - tutto ciò che vorrebbe ancora muoversi. Tutto è così sorprendentemente bello che ancora non so quale sentimento il mio cuore senza parole dovrebbe manifestare di fronte a questo spettacolo. Perchè il mio cuore non è ancora pronto per la pura gioia: si stupisce e si accontenta di uno stupore incantato. E non è anche un bel mistero e, qualora non se ne conosce il motivo, quasi qualcosa che incute timore, il fatto che tutto sia così bello (nonostante le cose terribili che accadono)? Nella mia semplice gioia davanti a tutto ciò che è bello si é introdotto con forza qualcosa di grande e sconosciuto, cioè il presentimento del Creatore, che le innocenti creature con la loro bellezza lodano.

Sul mio comodino ci sono due rose. Lungo la foglia e lungo gli steli, che sono immersi nell’acqua, si sono allineate due minuscole perline. Come è bello e puro questo spettacolo! Che fresco senso di serenità e di pace irradia! Che esista una cosa del genere; che il bosco continui a crescere così, semplicemente, e così il grano e i fiori; che idrogeno e ossigeno siano uniti per formare queste meravigliose e tiepide gocce di pioggia estiva: a volte prendo coscienza di ciò in modo così potente, che ne sono completamente invasa e non mi rimane lo spazio neanche per un singolo pensiero. Tutto questo esiste, nonostante l’uomo, in mezzo a tutto il Creato, si comporti in modo

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talmente disumano che non si può nemmeno definire animale. Anche solo il fatto che tutto ciò esista è già una grande Grazia”.

“LA BELLEZZA, VIA VERSO DIO”

Benedetto XVI

Voi sapete bene che l’esperienza del bello autentico, non effimero, né superficiale, non è qualcosa di secondario nella ricerca del senso e della felicità, perché tale esperienza non allontana dalla realtà, ma, al contrario, porta ad un confronto serrato con il vissuto quotidiano, per liberarlo dall’oscurità e trasfigurarlo, renderlo luminoso, bello.

La funzione essenziale della vera bellezza consiste nel comunicare all’uomo una salutare “scossa”, che lo fa uscire da se stesso, lo strappa alla rassegnazione, all’accomodamento del quotidiano, lo fa anche soffrire, come un dardo che lo ferisce, ma proprio in questo modo lo “risveglia” aprendogli nuovamente gli occhi del cuore e della mente, mettendogli le ali, sospingendolo verso l’alto.

“L’umanità può vivere senza la scienza, può vivere senza pane, ma solo senza la bellezza non potrebbe più vivere, perché non ci sarebbe più niente da fare al mondo. Tutto il segreto è qui: la bellezza salverà il mondo” (F. Dostoevskij). La bellezza colpisce, ma proprio perché richiama l’uomo al suo destino ultimo, lo rimette in marcia, lo riempie di una nuova speranza, gli dona il coraggio di vivere fino in fondo il dono unico dell’esistenza.

Troppo spesso, però, la bellezza che viene propagandata è illusoria e menzognera, superficiale ed abbagliante fino allo stordimento e, invece di far uscire gli uomini da sé e aprirli ad orizzonti di vera libertà attirandoli verso l’alto, li imprigiona in se stessi e li rende ancor più schiavi, privi di speranza e di gioia. Si tratta di una seducente ed ipocrita bellezza, che ridesta la brama, la volontà di potere, di possesso, di sopraffazione sull’altro e che si trasforma, ben presto, nel suo contrario, assumendo i volti dell’oscenità, della trasgressione e della provocazione fine a se stessa.

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L’autentica bellezza, invece schiude il cuore umano alla nostalgia, al desiderio profondo di conoscere, amare, andare verso l’Altro, verso l’Oltre da sé.

La via della bellezza ci conduce a cogliere il Tutto nel frammento, l’Infinto nel finito, Dio nella storia dell’umanità. Simone Weil scriveva a questo proposito: “In tutto quello che suscita in noi il sentimento puro ed autentico del bello, c’è realmente la presenza di Dio. C’è quasi una specie d’incarnazione di Dio nel mondo, di cui la bellezza è il segno. Il bello è la prova sperimentale che l’incarnazione è possibile. Per questo ogni arte di prim’ordine è, per sua essenza, religiosa”. Lo scrittore Herman Hesse, ancoro più sinteticamente diceva: “Arte significa: dentro ad ogni cosa mostrare Dio”.

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Secondo giorno

“HO BISOGNO DI ARIA, DI SPAZIO, DI ORIZZONTI” Andrea Marvelli Ho bisogno di aria, di spazio, di orizzonti sconfinati, di cieli luminosi e stellati, di mari e di oceani immensi. E’ un anelito verso nuove visioni, nuovi paesi, nuovi mondi, un desiderio di velocità e di rapidità. Invidio gli sciatori che a cento chilometri all’ora scendono per i pendii nevosi, i bob che abbordano curve a velocità pazzesche, gli scalatori che ascendono verso le vette faticosamente, ma con un pensiero nel cuore: spaziare di più, avvicinarsi di più a Dio. Penso all’opera dei missionari, specie di quelli che vivono tra le nevi, alle loro sante fatiche, tra venti gelati, temperature impossibili; e vorrei essere con loro, imitarli. Penso alle tante chiese che occorrerebbe costruire ed a tutte provvedere; penso alle grandi necessità dei poveri e a tutti dare sollievo; mi inoltro nel pensiero infinito di Dio, come un povero cieco desideroso di luce. (Andrea Marvelli – 1918/1946)

Beatificato da Giovanni Paolo II. Era un ragazzo normale, bello,

intelligente, laureato in ingegneria, attivo, molto amante dello sport.

Lo vogliono santificare perché durante la Seconda Guerra Mondiale si

è dato da fare per salvare il maggior numero di persone possibile,

rischiando sempre la sua vita per loro.

“MESSAGGIO AI GIOVANI” BENEDETTO XVI

“Se penso ai miei anni di allora: semplicemente non volevamo perderci nella normalità della vita borghese. Volevamo ciò che è grande, nuovo. Volevamo trovare la vita stessa nella sua vastità e bellezza. Certamente, ciò dipendeva anche dalla nostra situazione. Durante la dittatura nazionalsocialista e nella guerra noi siamo stati, per così dire, “rinchiusi” dal potere dominante. Quindi, volevamo uscire all’aperto per entrare nell’ampiezza delle possibilità dell’essere

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uomo. Ho avuto ben presto la consapevolezza che il Signore mi voleva sacerdote. . Ma poi, dopo la guerra quando in seminario e all’università ero in cammino verso questa meta, ho dovuto riconquistare questa certezza. Ho dovuto chiedermi: è questa veramente la mia strada? E’ veramente questa la volontà del Signore per me? Sarò capace di rimanere fedele a Lui e di essere totalmente disponibile per Lui, al Suo servizio? Una tale decisione deve anche essere sofferta. Non può essere diversamente. Ma poi è sorta la certezza: è bene così! Sì, il Signore mi vuole, pertanto mi darà anche la forza. Nell’ascoltarlo, nell’andare insieme con Lui divento veramente me stesso”.

Il minatore di Frontale Davide Van De Sfroos Non ho incontrato gente ma solo fari accesi Non crescon girasoli qui dove il mondo è spento Son nato su a Frontale in alta Valtellina Son sceso da ragazzo in tasca alla montagna Ed ho imparato i segni e i sogni della roccia Ci ho mescolato i miei, l'ho frantumata tutta. PICA! PICA! Ho visto i continenti e gli ho toccato il fondo E ho quasi perforato l'intero mappamondo La vita a volte è un ponte o una ferrovia La mia se ci ripenso è stata galleria. Sfidare tutti i giorni la strega silicosi La foto di una donna tampona le ferite Ma per la nostalgia... non c'è la dinamite. PICA! PICA! Adesso sto appoggiato al salice piangente Eppure lui lo sa, da lui non voglio niente Non voglio le sue lacrime non voglio le sue foglie Son qui per la sua ombra che sposerà la mia. Voglio guardare il sole me lo son meritato Prima di ritornare dove son sempre stato, Fin quando tornerò dove son sempre stato. PICA! PICA!

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Terzo giorno

“IL TESORO DI MIRIA”

La lezione di inglese è appena terminata, ma Miria non ha copiato sul quaderno neanche una parola delle tante scritte alla lavagna. Sono due anni che frequenta il Meeting Point di Kampala, da quando ha scoperto di avere l’Hiv ed è andata lì per farsi curare. Oltre alle terapie, in quel posto ha imparato a scrivere in acholi e anche a parlare un po’ d’inglese. Oggi, però, la testa è da un’altra parte. E mentre le altre donne iniziano a disporsi in cerchio per cantare e ballare, Miria prende la sua sacca e si incammina nei viottoli fangosi dello slum di Kireka. Non se la sente più di rimanere, vuole andare a casa e vedere se riesce a trovare una soluzione al pasticcio che ha combinato. Mesi prima, aveva chiesto di poter prelevare dei soldi dal village savings, un fondo gestito direttamente da piccoli gruppi di donne del Meeting Point: mettono insieme i loro risparmi alla fine del mese per poi concedersi la possibilità di prestiti con piccoli interessi. Miria con quei soldi aveva cominciato a comprare e rivendere carbone nei villaggi vicini. Ma poi le cose non sono andate bene e non è più stata in grado di restituire la somma. La tesoriera del gruppo, Geraldine, per settimane le ha fatto presente che era in ritardo con la scadenza. Non sono pochi scellini. Miria sente crescere l’ansia mentre i pensieri vanno tutti in una sola direzione: «Al Meeting Point io non ci posso più tornare». Passano i mesi, né le infermiere né i volontari la vedono più. Non è la prima volta che qualcuno, non riuscendo a restituire i soldi, scappa. Poi un giorno se la trovano lì. È l’ora delle visite mediche, tutte le donne sono in coda davanti all’ambulatorio, ma Miria resta in disparte, non si avvicina. Ha la pelle piena di escoriazioni ed è dimagrita. Non sa bene perché è tornata, ma sa che è qualcosa di più forte della vergogna che sente. Anche quando le amiche la riconoscono e cominciano a mormorare tra loro, Miria rimane ferma lì. In un attimo, la discussione tra le donne si accende. In molte non vogliono riaccoglierla, perché «non dobbiamo essere ingenue», perché «prima deve rendersi conto di cosa ha fatto», perché «almeno si impegni a restituire la somma». Mentre le voci si accavallano, una di loro, Tina, le ferma e chiede: «Ma se Miria non impara qui tra noi l’uso

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dei soldi, cosa è una famiglia, cosa vuol dire appartenere, dove potrà mai impararlo?». Poi si alza e le va incontro. Senza troppi convenevoli, la invita a restare. È pomeriggio tardi quando le donne fanno ritorno alle loro case. Tina e Geraldine fanno la strada insieme, ma prima di salutarsi Geraldine le chiede: «Perché hai voluto accoglierla? Potevamo prenderci un po’ di tempo per capire, per vedere come fare...». Tina le afferra il braccio e dice: «Io oggi non volevo perdermi lo spettacolo della sua faccia quando si sarebbe accorta di poter ricominciare tutto. Di nuovo». UN PALPITO DEL CUORE DI DIO Domenica 23 settembre 2001, Papa Giovanni Paolo II ha incontrato i giovani all’università Eurasia, nella capitale Astana, in Kazakistan Conosco i giovani e so che essi vanno alle questioni di fondo. Probabilmente la prima domanda che voi desiderereste pormi è questa: "Chi sono io secondo te, Papa Giovanni Paolo II, secondo il Vangelo che tu annunci? Qual è il senso della mia vita? Qual è il mio destino?". La mia risposta, cari giovani, è semplice, ma di enorme portata: Ecco, tu sei un pensiero di Dio, tu sei un palpito del cuore di Dio. Affermare questo è come dire che tu hai un valore in certo senso infinito, che tu conti per Dio nella tua irripetibile individualità. [...] Siate consapevoli del valore unico che ciascuno di voi possiede e sappiate accettarvi nelle rispettive convinzioni, pur cercando assieme la verità piena. Il vostro Paese ha sperimentato la violenza mortificante dell'ideologia comunista. Che non succeda a voi di essere ora preda della violenza non meno distruttrice del "nulla". Quale vuoto asfissiante, se nella vita non v'è nulla che conti, se non si crede a nulla! Il nulla è la negazione dell'infinito, che la vostra steppa sconfinata evoca con forza, di quell'Infinito a cui aspira in modo irresistibile il cuore dell'uomo. Mi hanno detto che nella vostra bellissima lingua, il kazako, "Ti amo" si dice: "Mien siené jaksè korejmen", espressione che si può tradurre: "Io ti guardo bene, ho su di te uno sguardo buono". L'amore dell'uomo, ma ancora prima l'amore stesso di Dio verso l'uomo e verso il creato nasce da uno sguardo buono, uno sguardo che fa vedere il bene. Un tale sguardo permette di cogliere tutto il positivo che c'è nella realtà e conduce a considerare, al di là di un approccio superficiale, la bellezza e la ricchezza di ogni essere umano che ci si fa incontro.

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Il Pescatore Fabrizio de André All'ombra dell'ultimo sole s'era assopito un pescatore e aveva un solco lungo il viso come una specie di sorriso Venne alla spiaggia un assassino due occhi grandi da bambino due occhi enormi di paura eran gli specchi di un'avventura E chiese al vecchio "Dammi il pane, ho poco tempo e troppa fame" e chiese al vecchio "Dammi il vino, ho sete e sono un assassino" Gli occhi dischiuse il vecchi al giorno non si guardò neppure intorno ma versò il vino, spezzò il pane per chi diceva ho sete, ho fame E fu il calore d'un momento poi via di nuovo verso il vento davanti agli occhi ancora il sole dietro le spalle un pescatore Dietro le spalle un pescatore e la memoria è già dolore è già il rimpianto di un aprile giocato all'ombra di un cortile Vennero in sella due gendarmi vennero in sella con le armi chiesero al vecchio se lì vicino fosse passato un assassino Ma all'ombra dell'ultimo sole s'era assopito un pescatore e aveva un solco lungo il viso come una specie di sorriso.

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Quarto giorno

IL COMPLEANNO DI MOHAMED

«Buongiorno, vuole donare qualcosa per chi ha bisogno? È il giorno della Colletta alimentare». Mentre tallona la signora fino alle porte del supermercato, periferia sud di Milano, Tommaso lo vede, lì appoggiato al muro. Infagottato in un giaccone sdrucito e un po’ sporco. Gli sguardi per pochi attimi si incrociano, poi Tommaso ricomincia a distribuire sacchetti e volantini. Ma quello sguardo se lo sente addosso, finché a metà mattina si avvicina. «Ciao, tieni», e gli allunga alcune monete. Il viso dell’uomo si illumina: «Grazie, grazie». «Come ti chiami?». «Mohamed». «Di dove sei?». «Sono scappato dal Marocco. Vivo al dormitorio, quel casermone laggiù». «Cosa fai tutto il giorno?». Sorride stancamente. «Nulla. Non ho documenti, non ho lavoro, vengo qui e chiedo le monete del carrello. Non è un granché la mia vita. Pensa, fra pochi giorni è il mio compleanno. Meglio dimenticarlo. Ma non voglio rubarti tempo, torna a lavorare. Ciao». E si incammina. Tommaso va al banchetto, riempie un sacchetto e lo raggiunge. «Aspetta, questo è per te». «Per me?». «Sì, sono cose da mangiare che rischiano di scadere. A volte qualcuno si sbaglia. Tienile tu». «No, non è giusto». «Prendile». «Ti ringrazio. Questa sera torno a salutarti». «Ci conto». Tommaso sta chiudendo gli ultimi scatoloni, quando se lo vede davanti. «Ciao. Come è andata la raccolta?». «Bene. E tu cosa hai fatto?». Non risponde, si guarda intorno. «Posso dare una mano?». «Aiutaci a caricare». Quando l’ultimo scatolone è sul camion, Tommaso si avvicina a Mohamed: «Grazie». «Ma di cosa? Non ho mai visto dei ragazzi darsi da fare per gli altri in questo modo». «Senti, mi piacerebbe rivederti. Come faccio a rintracciarti?». «Questo è il mio cellulare. Ma non ti preoccupare...». «Ok, ci sentiamo». Un paio di giorni dopo, Tommaso lo chiama: «Ciao, sono Tommaso, il ragazzo del super. Ricordi?». «Certo!». «Domani passo a salutarti. Quando hai detto che è il tuo compleanno?». «Non te l’ho detto. È l’8 dicembre». «Ti festeggiamo portandoti a cena». «No, te lo ripeto. È un giorno da dimenticare per me». «Non ti preoccupare, a domani». Otto dicembre. Mohamed infila il carrello e prende la moneta. Alle spalle, una voce. «Ciao, Mohamed». Si volta: «Tommaso, ancora qui?». «Ti presento i miei amici: Andrea, Angelo e Pietro. Andiamo con loro a festeggiare». «A festeggiare cosa?». «Dài, il tuo compleanno». «Ti

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avevo detto che...». «Siamo venuti apposta». «Va bene. Ma prima devo passare dal dormitorio. Solo pochi minuti». Di minuti ne passano più di quaranta, prima che l’uomo torni. Ma appena lo vedono, i ragazzi capiscono: è sbarbato, lavato, si è anche cambiato i vestiti. In macchina, Tommaso gli dice: «Ho pensato di presentarti ad alcuni amici più grandi che come caritativa aiutano a trovare lavoro a chi ne ha bisogno e quindi..». Mohamed lo interrompe: «Perché lo fai?». «Sono cristiano. Per me la caritativa è un gesto semplice dove si impara ad amare l’altro aiutandolo nel suo bisogno. Come ha fatto Gesù». Mohamed vuol capire: «Allora tu vai in chiesa? Preghi?». «Sì. Ho incontrato CL tempo fa...». Al pub, Mohamed racconta di sé, degli studi, della sua religione. Il discorso va sulla pena di morte. Il marocchino è categorico: «Sono a favore. In alcuni casi è necessaria, credetemi». I ragazzi non ci stanno. Pietro: «No, per ogni uomo c’è la possibilità del perdono, di essere amato. E quindi di poter ricominciare». Fuori dal locale, gli consegnano un pacchetto. «Tanti auguri, Mohamed!». Lui li guarda allibito: «Per me?». Lo scarta: un paio di guanti. «Io non so come ringraziarvi. Siete degli amici». Li abbraccia a uno a uno. Nel viaggio verso il dormitorio, Pietro gli dice. «Allora ci rivediamo presto. Tanto sappiamo dove trovarti!». E Mohamed, ridendo: «Sapete una cosa: non sono più a favore della pena capitale!». A casa, Tommaso sul cellulare trova questo sms: «Sei arrivato? Mohamed». «Sì. Tutto a posto. Ti è piaciuto il tuo compleanno?». «Questo non lo dimenticherò mai!». DAGLI ATTI DEGLI APOSTOLI (2, 42-48) Erano assidui nell'ascoltare l'insegnamento degli apostoli e nell'unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere. Un senso di timore era in tutti e prodigi e segni avvenivano per opera degli apostoli. Tutti coloro che erano diventati credenti stavano insieme e tenevano ogni cosa in comune; chi aveva proprietà e sostanze le vendeva e ne faceva parte a tutti, secondo il bisogno di ciascuno. Ogni giorno tutti insieme frequentavano il tempio e spezzavano il pane a casa prendendo i pasti con letizia e semplicità di cuore, lodando Dio e godendo la simpatia di tutto il popolo. Intanto il Signore ogni giorno aggiungeva alla comunità quelli che erano salvati.

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WALK MATES Cousins

I was walking down in the square I got a feeling that made shiver my back I saw your eyes, I started breathing the air Cause I got lost in my own track We won’t leave our life undone I know we’ll be walk mates , walk mates, walkmates till home

Through the wood and the rain Searching for some kind of liberty Against the power that drills my brain Try to write on me like on a sheet With you I’ll never be alone Because we are walk mates, walk mates till home

We will learn how to start through a deep vortex of fears Keep searching that point that makes everything clear two stretched shadows leave the dawn hands in hands, walk mates, walk mates till home

Traduzione Camminavo nella piazza Quando ho sentito un brivido lungo la schiena Ho visto i tuoi occhi ed ho iniziato a respirare Perché mi ero perso sulla mia strada Con te non lascerò la mia vita incompiuta Perché siamo compagni di cammino fino a casa

Attraverso i boschi e la pioggia Cercando un certo tipo di libertà Contro il potere che perfora il mio cervello Cercando di scrivere su di me come su un foglio Con te non sarò mai da solo Perché siamo compagni di cammino fino a casa

Impareremo come iniziare Attraverso profondi vortici di paura Continuando a cercare quel punto Che rende tutto quando chiaro L'alba lascia due ombre allungate Mano nella mano compagni di cammino fino a casa

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Quinto giorno

UN SEGRETO NELL’AULA «I ragazzi non sono vasi da riempire, ma fuochi da accendere». Giovanni si gira per guardare chi ha ripetuto la massima di Plutarco appesa sulle scale di Portofranco, il centro di aiuto allo studio per i ragazzi delle superiori. È una mamma venuta al colloquio per il figlio. La signora aggiunge: «Speriamo che sia così anche per il mio Andrea». «Davvero, dopo tante delusioni...». «Questa è l’ultima spiaggia, poi non so più cosa fare». Sono i commenti un po’ rassegnati degli altri genitori. Giovanni sorride, quante volte ha sentito quelle frasi e poi... Sta per iniziare a spiegare, quando una mamma, brasiliana, legge ad alta voce la frase sotto la foto appesa alla parete: «Poi a settant’anni è arrivata la pensione e credevo di aver finito. Che sciocco! Adesso ho uno stuolo di ricercatori: i ragazzi aspettano da me molto più della scienza, della chimica e della biochimica: vogliono sapere il significato, il perché di tutto». Sono le parole di Benedetto, che ha fatto il volontario lì per dieci anni ed è morto l’anno prima. Intanto arrivano i professori, gli universitari, gli altri volontari. «Francesco, come è andato l’esame?», «Alla grande, Giovanni: 30». «Maria, i tuoi figli tutto bene?». «Anno di maturità...». «Allora, quest’anno provi l’ebbrezza di essere dall’altra parte». Uno dei genitori del colloquio commenta: «Ma lei li conosce tutti!». È vero. Inizia la spiegazione. Giovanni racconta come è nato quel posto: i primi dieci insegnanti, quindici anni fa, e i cinquecento volontari di oggi, i 1800 studenti aiutati... «Tanti ragazzi arrivano delusi, scettici, ma si riprendono perché vedono di fronte a loro persone appassionate». I genitori sembrano soddisfatti. La voce di prima, con l’accento brasiliano, dice: «Questo per me è un vero regalo. Non pensavo che a Milano ci fosse un posto così. Ravviva il cuore ai figli e a noi». Qualcuno la guarda un po’ stranito. Loro sono lì per i ragazzi, non per sé. «Bene, adesso se volete seguirmi facciamo un giro nelle aule. Così potete vedere di persona». Visita, altre domande... Poi i saluti. I genitori se ne vanno. Giovanni entra nel suo ufficio. Quando esce, mezz’ora dopo, la mamma brasiliana è ancora lì. È in corridoio, ferma a leggere i cartelloni. Giovanni non la interrompe.

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Passano tre ore, gli capita di entrare nell’aula di matematica. E la ritrova seduta su una panchina. Si avvicina: «Buonasera, come mai ancora qui?». «È un’aula così bella. E che serietà questi volontari. È un sacco di tempo che aiutano i nostri figli senza controllare l’ora. Guardano i fogli, ma soprattutto li guardano in faccia. Uno, poco fa, per incoraggiare un ragazzo gli ha messo una mano sulla spalla; un altro si è messo a fare un disegno sul foglio per far capire meglio quello che stava spiegando...». Pausa. «Quest’aula trasuda di passione. È una bella cosa, quello che succede qua. Rimane un segreto il perché fate tutto questo, ma per me è un regalo. Ora, però, devo andare. Grazie». Giovanni la guarda scendere le scale, a fianco di quei volontari che aveva osservato stupita per ore. «Un segreto», pensa: «Qualcosa da scoprire. Anche per me...». ULISSE (U. Saba) Nella mia giovinezza ho navigato lungo le coste dalmate. Isolotti a fior d’onda emergevano, ove raro un uccello sostava intento a prede, coperti d’alghe, scivolosi, al sole belli come smeraldi. Quando l’alta marea e la notte li annullava, vele sottovento sbandavano più al largo, per fuggirne l’insidia. Oggi il mio regno è quella terra di nessuno. Il porto accende ad altri i suoi lumi; me al largo sospinge ancora il non domato spirito, e della vita il doloroso amore.

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FAVOLA

Claudio Chieffo

Non avere paura piccolo figlio mio, ma è la strada più dura che ti porterà là; lascia dunque il sentiero, prendi i campi e va’ attraversa quel bosco non temere perché c’è Qualcuno con te. C’è Qualcuno con te non ti lascerà mai non avere paura prendi i campi e vai... Quando incontrerai il lupo o la volpe e il leone non restare impaurito e non far confusione son di un altro racconto che finisce male non potranno toccarti non voltarti perché c'è Qualcuno con te. C’è Qualcuno con te non ti lascerà mai non avere paura non voltarti e vai... Non arrenderti al buio che le cose divora ora è notte, ma il giorno verrà ancora. Così, quando sarai a quell’ultimo ponte con il tempo alle spalle e la vita di fronte, una mano più grande ti solleverà abbandonati a quella non temere perché c’è Qualcuno con te. C’è Qualcuno con te, non ti lascerà mai non avere paura non fermarti e vai...

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Conclusione IL SALUTO di Don Julián Carrón - 23 aprile 2011 Sentire urgere dentro di sé le esigenze di felicità, di bellezza, di giustizia, di amore, di verità, sentirle vibrare, ribollire in ogni fibra del nostro essere è inevitabile, tranne che uno sia una pietra. Prenderle sul serio è una decisione, la decisione più grande della vita. Dalle conseguenze imprevedibili. Solo per audaci. Solo per gente viva, libera, capace di volersi veramente bene. Per gente che vuol vivere all’altezza dell’ideale a cui il cuore spinge senza sosta. Trovare compagni al destino così è una grazia. Per questo la Bibbia dice: «Chi trova un amico, trova un tesoro». Mi auguro di trovare tanti amici tra di voi. Che non abbiano paura delle proprie esigenze. Che non abbiano paura di diventare grandi, di essere adulti. Anzi, che non si accontentino di niente di meno. In attesa di incrociarvi in un qualche tornante della strada, vi auguro una Buona Pasqua. Vostro compagno d’avventura MESSAGGIO DI PAPA FRANCESCO PER IL GIUBILEO DEI RAGAZZI: “Crescere misericordiosi come il Padre” Carissimi ragazzi e ragazze, la Chiesa sta vivendo l’Anno Santo della Misericordia, un tempo di grazia, di pace, di conversione e gioia che coinvolge tutti: piccoli e grandi, vicini e lontani. Non ci sono confini o distanze che possano impedire alla misericordia del Padre di raggiungerci e rendersi presente in mezzo a noi. Ormai la Porta Santa è aperta a Roma e in tutte le Diocesi del mondo. Questo tempo prezioso coinvolge anche voi, cari ragazzi e ragazze, e io mi rivolgo a voi per invitarvi a prenderne parte, a diventarne i protagonisti, scoprendovi figli di Dio. Vi vorrei chiamare uno a uno, vi vorrei chiamare per nome, come fa Gesù ogni giorno, perché lo sapete bene che i vostri nomi sono scritti in cielo, sono scolpiti nel cuore del Padre che è il Cuore Misericordioso da cui nasce ogni riconciliazione e ogni dolcezza. Il Giubileo è un intero anno in cui ogni momento viene detto santo affinché diventi tutta santa la nostra esistenza. È un’occasione in cui scopriremo che vivere da fratelli è una grande festa. Il Giubileo è la festa a cui Gesù invita proprio tutti, senza distinzioni e senza escludere nessuno.

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“Crescere misericordiosi come il Padre” è il titolo del vostro Giubileo. Crescere misericordiosi significa imparare a essere coraggiosi nell’amore concreto e disinteressato, significa diventare grandi tanto nel fisico, quanto nell’intimo. La vostra è un’età di incredibili cambiamenti, in cui tutto sembra possibile e impossibile nello stesso tempo. Vi ripeto con tanta forza: «Rimanete saldi nel cammino della fede con la ferma speranza nel Signore. Qui sta il segreto del nostro cammino! Lui ci dà il coraggio di andare controcorrente. Credetemi: questo fa bene al cuore, ma ci vuole il coraggio per andare controcorrente e Lui ci dà questo coraggio! Con Lui possiamo fare cose grandi; ci farà sentire la gioia di essere suoi discepoli, suoi testimoni. Scommettete sui grandi ideali, sulle cose grandi. Noi cristiani non siamo scelti dal Signore per cosine piccole, andate sempre al di là, verso le cose grandi. Giocate la vita per grandi ideali!» (Omelia nella Giornata dei Cresimandi e Cresimati dell’Anno della Fede, 28 aprile 2013). Il Signore benedica ogni vostro passo verso la Porta Santa. Prego per voi lo Spirito Santo, perché vi guidi e vi illumini. La Vergine Maria, che è Madre di tutti, sia per voi, per le vostre famiglie e per tutti coloro che vi aiutano a crescere in bontà e grazia, una vera Porta della Misericordia.

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Il mattino – di A. Mascagni

Al mattino, Signore, al mattino la mia anfora è vuota alla fonte e nell’aria che vibra e traspare so che puoi farmi grande, Signore. E le ore del giorno, al mattino, di Tua gloria son tenera argilla. Uno è l’alveo del mio desiderio: ch’io ti veda, ed è questo il mattino. Al mattino – di Péguy

Dio mio, è come se tutto fosse nuovo, come se tutto cominciasse stamattina, è come se il mondo uscisse dalle vostre mani fresche, come se la creazione uscisse tutta fresca dalle vostre mani, come se la creazione sgorgasse tutta viva dalle vostre mani. Tutto è nuovo, mio Dio, tutto ricomincia, tutto comincia, tutto è aperto. Il mondo è nuovo, il mondo è giovane, il mondo è nuovo. La creazione comincia stamattina.

Salmo 8

Se guardo il tuo cielo, opera delle tue dita,*

la luna e le stelle che tu hai fissate,

che cosa è l’uomo perché te ne ricordi,*

il figlio dell’uomo perché te ne curi? Eppure l’hai fatto poco meno degli angeli,*

di gloria e di onore l’hai coronato:

gli hai dato potere sulle opere delle tue mani,* tutto hai posto sotto ai suoi piedi; tutti i greggi e gli armenti,*

tutte le bestie della campagna;

gli uccelli del cielo e i pesci del mare,* che percorrono le vie del mare.

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O Signore, nostro Dio,*

quanto è grande il tuo nome su tutta la terra.

Preghiera

Com’è facile vivere con te, Signore! Com’è facile credere in te! Quando il mio intelletto confuso si ritira o viene meno, quando gli uomini più intelligenti non vedono al di là di questa sera e non sanno che fare domani, tu mi concedi la chiara certezza che esisti e ti preoccupi perché non vengano sbarrate tutte le vie che portano al bene. Sulla cresta della gloria terrena io mi volto indietro stupito a guardare la strada percorsa dalla disperazione a questo punto donde fu dato a me di comunicare all’umanità un riflesso dei tuoi raggi. Dammi quanto m’è necessario perché continui a rifletterli. E per quello che non riesco a fare, so che tu hai destinato altri a compierlo.

(Aleksandr Solzenicyn)

OGNI MATTINA - Madaleine Delbrel Ogni mattina è una giornata intera che riceviamo dalle Tue mani, o Dio. Tu ci doni una giornata da te stesso preparata per noi. Non vi è nulla di troppo e nulla di “non abbastanza”, nulla di indifferente, nulla di inutile. E’ un capolavoro di giornata che viene a chiederci di essere vissuto.

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Noi spesso la guardiamo come una pagina d’agenda, segnata da una cifra e da un mese. La trattiamo alla leggera, come un foglio di carta. Se potessimo frugare il mondo e vedere questo giorno elaborarsi e nascere dal fondo dei secoli, comprenderemmo il valore di un solo giorno umano.

PREGHIERA DEL MATTINO di A. Men Signore, benedici la mia preghiera. Aiutami a stare alla Tua presenza con l’anima e il corpo, senza distrazione. Insegnami a pregarTi. Rendimi forte nella fede. Fa’ che Ti ami di un amore ardente. Santifica, Signore, tutti i miei pensieri e sentimenti e tutte le mie opere. Insegnami a riconoscere in ogni avvenimento la Tua volontà e dammi la forza di compierla. Chiudi la mia bocca alle parole vuote e cattive e trattieni la mia mano dall’operare il male. Se mi accadesse una disgrazia, dammi la forza di accettarla con fermezza e di offrirla in sacrificio a Te. Fa’ di me, Signore, una fonte di bene per tutti coloro che incontrerò quest’oggi. Accogli la mia preghiera per coloro che non Ti conoscono e liberali dall’incredulitò. Ti ringrazio, Signore, dal profondo dell’anima per tutto quello che mi circonda: per chi è vicino e per chi è lontano, per il cielo e la terra e, soprattutto, per il Tuo amore vivificante. Concedimi, Signore, di ricordarTi e di ringraziarTi per tutto il giorno. Amen