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13/11/2015 Cassazione Penale, Sez. 4 , 26 ottobre 2015, n. 43013 Infortunio sul lavoro: è responsabile il datore di lavoro? Carenza motivazionale e reato estin… http://olympus.uniurb.it/index.php?view=article&catid=17%3Acassazionepenale&id=14232%3A20151027150549&tmpl=component&print=1&layout=d… 1/5 Cassazione Penale, Sez. 4 , 26 ottobre 2015, n. 43013 ‐ Infortunio sul lavoro: è responsabile il datore di lavoro? Carenza motivazionale e reato estinto per prescrizione Cassazione Penale, Sez. 4 , 26 ottobre 2015, n. 43013 ‐ Infortunio sul lavoro: è responsabile il datore di lavoro? Carenza motivazionale e reato estinto per prescrizione Dispositivo di Protezione Individuale Lavoratore e Comportamento Abnorme Rischio da Interferenza Presidente: ROMIS VINCENZO Relatore: PEZZELLA VINCENZO Data Udienza: 08/10/2015 Fatto 1. La Corte di Appello di Milano, pronunciando nei confronti dell'odierno ricorrente B.C., con sentenza del 19,1.2015 confermava la sentenza con cui il Tribunale di Milano, in composizione monocratica, il 17.12.2013 lo aveva condannato, all'esito di giudizio ordinario, alla pena di mesi uno di reclusione per il reato di cui: • all'art. 40 cpv, 590 comma 1, 2 e 3 c.p. perché LM.C.I., in qualità di artigiano della propria impresa individuale e incaricato di effettuare e realizzare lavori di smontaggio in forza di contratto d’opera stipulato con l’impresa committente E. Design s.a.s., B.C., in qualità di titolare dell'omonima impresa individuale, incaricata di effettuare e realizzare lavori di allestimento in virtù di contratto d’opera stipulato con l’impresa committente E. Design s.a.s. e datore di lavoro della persona offesa V.E., D.A., in qualità di amministratore della suddetta società E. Design s.a.s., committente dei lavori di smontaggio e allestimento stand all'interno del polo fieristico di Rho‐Pero, cagionavano con colpa e per violazione degli obblighi di protezione che ineriscono alle rispettive posizioni di garanzia a V.E., lavoratore dipendente della ditta B.C. lesioni personali consistite in "frattura traumatica di C 1 in sede anteriore sinistra coinvolgente il condilo anteriore articolare di questo lato ed un dubbio focolaio contusivo in sede temporale destra da cui derivava un'incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni per un periodo complessivo di 156 giorni. Con colpa consistita in imprudenza, negligenza e imperizia e nella violazione delle seguenti disposizioni specifiche in materia di sicurezza ed igiene sul lavoro: B.C., nella qualità sopra indicata, per non aver provveduto a fornire dettagliate informazioni sui rischi specifici esistenti nell'ambiente di lavoro e per non aver coordinato gli interventi di prevenzione e di protezione dei rischi su cui erano esposti i lavoratori anche ed fine di eliminare i rischi dovuti alle interferenze reciproche tra i lavori delle diverse imprese coinvolte nell'esecuzione dell’opera complessiva ﴾in violazione dell'art. 7 comma lett. h﴿ e comma 2 D.lgs 626/1994﴿ oltre che per non aver sorvegliato sull'utilizzo dei dispositivi di protezione individuale del proprio lavoratore infortunato che non indossava il necessario D.P.I. ﴾caschetto protettivo﴿ ﴾in violazione dell'art. 4 lett f﴿ del medesimo Decreto legislativo﴿; Fatto aggravato perché trattasi di lesioni personali gravi e perché commesso in violazione delle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro sopra specificate. In Rho‐Pero ﴾MI﴿ l'11 febbraio 2008 Martedì 27 Ottobre 2015 14:43

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13/11/2015 Cassazione Penale, Sez. 4 , 26 ottobre 2015, n. 43013 ­ Infortunio sul lavoro: è responsabile il datore di lavoro? Carenza motivazionale e reato estin…

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Cassazione Penale, Sez. 4 , 26 ottobre 2015, n. 43013 ‐ Infortunio sullavoro: è responsabile il datore di lavoro? Carenza motivazionale ereato estinto per prescrizione

Cassazione Penale, Sez. 4 , 26 ottobre 2015, n. 43013 ‐ Infortunio sul lavoro: è responsabile ildatore di lavoro? Carenza motivazionale e reato estinto per prescrizione

 

Dispositivo di Protezione Individuale

Lavoratore e Comportamento Abnorme

Rischio da Interferenza

Presidente: ROMIS VINCENZO Relatore: PEZZELLA VINCENZO Data Udienza: 08/10/2015

 

Fatto

 

1. La Corte di Appello di Milano, pronunciando nei confronti dell'odierno ricorrente B.C., con sentenza del19,1.2015 confermava la sentenza con cui il Tribunale di Milano, in composizione monocratica, il17.12.2013 lo aveva condannato, all'esito di giudizio ordinario, alla pena di mesi uno di reclusione per ilreato di cui:• all'art. 40 cpv, 590 comma 1, 2 e 3 c.p. perché LM.C.I., in qualità di artigiano della propria impresaindividuale e incaricato di effettuare e realizzare lavori di smontaggio in forza di contratto d’operastipulato con l’impresa committente E. Design s.a.s., B.C., in qualità di titolare dell'omonima impresaindividuale, incaricata di effettuare e realizzare lavori di allestimento in virtù di contratto d’opera stipulatocon l’impresa committente E. Design s.a.s. e datore di lavoro della persona offesa V.E., D.A., in qualità diamministratore della suddetta società E. Design s.a.s., committente dei lavori di smontaggio eallestimento stand all'interno del polo fieristico di Rho‐Pero, cagionavano con colpa e per violazionedegli obblighi di protezione che ineriscono alle rispettive posizioni di garanzia a V.E., lavoratoredipendente della ditta B.C. lesioni personali consistite in "frattura traumatica di C 1 in sede anterioresinistra coinvolgente il condilo anteriore articolare di questo lato ed un dubbio focolaio contusivo in sedetemporale destra da cui derivava un'incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni per un periodocomplessivo di 156 giorni. Con colpa consistita in imprudenza, negligenza e imperizia e nella violazionedelle seguenti disposizioni specifiche in materia di sicurezza ed igiene sul lavoro: B.C., nella qualità sopraindicata, per non aver provveduto a fornire dettagliate informazioni sui rischi specifici esistentinell'ambiente di lavoro e per non aver coordinato gli interventi di prevenzione e di protezione dei rischisu cui erano esposti i lavoratori anche ed fine di eliminare i rischi dovuti alle interferenze reciproche tra ilavori delle diverse imprese coinvolte nell'esecuzione dell’opera complessiva ﴾in violazione dell'art. 7comma lett. h﴿ e comma 2 D.lgs 626/1994﴿ oltre che per non aver sorvegliato sull'utilizzo dei dispositivi diprotezione individuale del proprio lavoratore infortunato che non indossava il necessario D.P.I. ﴾caschettoprotettivo﴿ ﴾in violazione dell'art. 4 lett f﴿ del medesimo Decreto legislativo﴿;Fatto aggravato perché trattasi di lesioni personali gravi e perché commesso in violazione delle normesulla prevenzione degli infortuni sul lavoro sopra specificate. In Rho‐Pero ﴾MI﴿ l'11 febbraio 2008

Martedì 27 Ottobre 2015 14:43

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13/11/2015 Cassazione Penale, Sez. 4 , 26 ottobre 2015, n. 43013 ­ Infortunio sul lavoro: è responsabile il datore di lavoro? Carenza motivazionale e reato estin…

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2. Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso per Cassazione, personalmente, B.C., deducendo imotivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall'alt.173, comma 1, disp. att., cod. proc. pen.:a. L'assenza di nesso causale tra la condotta ﴾diligente﴿ del datore di lavoro e l'infortunio del dipendente.Erronea applicazione della legge penale e delle norme in tema di infortuni sul lavoro.b. Carenza e manifesta illogicità della sentenzaLa Corte d'Appello di Milano, confermando quanto statuito in primo grado, ha condannato B.C. perché lostesso, in qualità di datore di lavoro di V.E., non osservando quanto previsto e disciplinato dal d.lgs626/1994, non avrebbe impedito che si verificasse l'infortunio del dipendente.V.E., nello specifico, si era infortunato al termine della giornata lavorativa, alle ore 17:30, poiché, mentrestava radunando gli attrezzi per tornare a casa, si era lasciato convincere da tal LM.C.I. ﴾lavoratoreautonomo che operava nel medesimo cantiere﴿ ad aiutarlo a rimuovere dei pannelli del peso di oltre 30kg.Si evidenzia che, dall'istruttoria dibattimentale sia emerso come il LM.C.I. abbia deciso in tal frangente dicompiere le operazioni di smontaggio di un pannello senza rispettare la procedura che gli era stataappositamente illustrata dalla ditta E., di cui era collaboratore esterno, e che il V.E., chiamato dallo stessoLM.C.I. per aiutarlo, fosse "transitato impropriamente sotto il pannello in fase di smontaggio venendocolpito dallo stesso" ﴾cfr. sentenza di primo grado, pag.3﴿.Dalla ricostruzione dei fatti operata dal giudice di primo grado, e fatta propria dai giudici dell'appello,emergerebbe altresì che "sia ii V.E. che il LM.C.I. erano stati compiutamente informati delle procedureoperative, avevano seguito un corso di formazione specifico organizzato dall'azienda e avevano ricevutoun manuale operativo. Le corrette modalità operative, quindi, erano patrimonio conoscitivo di entrambi ilavoratori i quali, forse eccessivamente sicuri delle proprie capacità maturate in oltre tre anni disvolgimento della medesima attività lavorativa, hanno ritenuto di poter compiere la movimentazione delpannello con le modalità prescritte".Si ritiene in ricorso che la Corte d'Appello, così come in precedenza il Tribunale di Milano, abbiaerroneamente interpretato la normativa in materia di sicurezza sul lavoro e il dettato penale poiché dallecircostanze di fatto, così come individuate attraverso l'istruttoria e sopra sinteticamente riportate, sievincerebbe chiaramente come l'infortunio subito da V.E. sia integralmente ascrivibile alla responsabilitàdi LM.C.I., lavoratore autonomo che operava nel medesimo cantiere e alla condotta imprudente eimprevedibile dello stesso V.E., sufficienti a costituire autonomo nesso causale con l'evento dannoso.Sarebbe evidente l'assenza di qualsivoglia responsabilità in capo a B.C. nella causazione del sinistro: egli,in qualità di datore di lavoro, si era premurato che il suo dipendente seguisse i corsi di formazione,organizzati dal committente, relativi alle modalità di smontaggio dei pannelli e lo aveva altresì munito ditutti i presidi di protezione individuale previsti dalla Legge.I giudici di secondo grado, tuttavia, facendo proprie le argomentazioni di quello di primo grado, hannoritenuto che il B.C. avesse violato l'art 7 comma 2 del D.lgs 626/1994 ﴾obbligo di cooperazioneall'attuazione delle misure di prevenzione e protezione﴿ e l'art.4 della medesima fonte normativa﴾sorveglianza sull'utilizzo dei dispositivi di protezione individuale﴿ basandosi unicamente sul fatto che eglinon fosse presente in cantiere il giorno dell'infortunio e i giorni precedenti.Ma tale considerazione non è affatto sufficiente per dimostrare che la condotta del B.C. fosse negligente.Difatti, viene ricordato che, secondo giurisprudenza costante, l'obbligo del datore di lavoro "va inteso nelsenso che i soggetti tenuti debbono assicurare, più che la presenza fisica che non è in sé necessariamenteidonea a garantire la sicurezza, dei lavoratori, la gestione oculata dei luoghi di lavoro, mediante lapredisposizione di tutte le misure imposte normativamente ﴾informazione, formazione, attrezzatureidonee e presidi di sicurezza﴿, nonché di ogni altra misura idonea, per comune regola di prudenza ediligenza, a garantire la sicurezza nei luoghi di lavoro” ﴾sez. 4 n. 1238/2005﴿.Nel caso di specie, ad avviso del ricorrente, sarebbe appurato che il B.C. non solo avesse fornito al V.E.tutte le attrezzature e i presidi di sicurezza necessari, ma avesse altresì provveduto a far seguire al propriodipendente un corso di formazione specifico, grazie al quale costui era perfettamente a conoscenza della

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13/11/2015 Cassazione Penale, Sez. 4 , 26 ottobre 2015, n. 43013 ­ Infortunio sul lavoro: è responsabile il datore di lavoro? Carenza motivazionale e reato estin…

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procedura adeguata per la rimozione dei pannelli.Sarebbe, altresì, emerso che l'amministratore della società committente, D.A., fosse presentequotidianamente in cantiere, al fine di coordinare i lavori tra i collaboratori esterni alla propria azienda esarebbe evidente come la presenza di tale soggetto rendesse superflua e del tutto ultronea la contestualepresenza di B.C., considerato che due coordinatori in un cantiere di soli 5 operatori avrebbero potutocreare più confusione che effettivi positivi. Tanto che costui era stato prosciolto in primo grado.Il ricorrente deduce altresì essere stato provato documentalmente che il D.A. non avesse propridipendenti in cantiere ma che, oltre a lui, ci fossero unicamente il LM.C.I. e quattro operai della ditta"B.C."; la circostanza che egli fosse presente ogni giorno, allo scopo di coordinare i lavori, pur non avendodipendenti operativi, unitamente al fatto che tutti i lavoratori esterni avessero seguito un corsoorganizzato dallo stesso D.A., sarebbe perciò indice inequivocabile che ci fosse una delega implicita dalB.C. e dagli altri "esterni" al D.A. e che spettasse a costui assicurare la correttezza delle predisposizioni atutela della sicurezza nel cantiere.Da tutto quanto sopra argomentato, emergerebbe inconfutabilmente secondo il ricorrente ilcomportamento diligente di B.C., avendo lo stesso messo in atto tutte le precauzioni possibili al fine diprevenire ed evitare l'evento dannoso.L'infortunio non potrebbe pertanto certamente essere ritenuto conseguenza della condotta negligentedel datore di lavoro ma unicamente effetto dell'imprudenza di LM.C.I.  in quanto egli, in assolutocontrasto con la procedura prevista, aveva deciso di rimuovere autonomamente un pannello di 30 kg adun'altezza di circa due metri, per di più dopo il termine dell'orario lavorativo, quando gli altri operaistavano già radunando gli attrezzi per poi recarsi a casa.Anche se B.C. avesse messo in atto tutte le cautele concepibili e quand'anche fosse stato presente incantiere ‐si sostiene in ricorso‐ non avrebbe potuto prevedere ed evitare un comportamento tantoabnorme nella sua imprudenza.All'avventatezza del LM.C.I. si sarebbe affiancata poi l'assoluta imprudenza di V.E. che, in contrasto con leregole di accortezza più comuni e basilari, decideva ﴾per motivi non accertati﴿ di transitare, dopo lospirare del termine dell'orario di lavoro, sotto l'area dove stava operando il LM.C.I., per giunta senza ilpresidio protettivo.I comportamenti del LM.C.I. e del V.E., in definitiva, sarebbero sufficienti, di per sé, a costituire autonomonesso causale e ad interrompere ogni correlazione tra la condotta del datore di lavoro e l'eventodannoso.Richiamata cospicua giurisprudenza di questa Corte di legittimità in materia, il ricorrente deduce come ilgenerico dovere di diligenza a carico del datore di lavoro, impostogli dal d.lgs 626/1994, non puòassolutamente trasformarsi in responsabilità oggettiva: B.C. non poteva assolutamente prevedere cheLM.C.I. decidesse di spostare autonomamente i pannelli, in assoluto contrasto con le direttiveimpartitegli, per giunta fuori daH'orario di lavoro, così come era imprevedibile che un operaio espertocome V.E. decidesse di transitare senza casco sotto l'area di lavoro. Peraltro, si ricorda in ricorso comeV.E. fosse anche stato nominato rappresentante dei lavoratori per la sicurezza territoriale ﴾RLST, al 1.2﴿presso l'azienda in cui era occupato e, in virtù di tale qualifica, avesse particolare contezza degli obblighie dei doveri di diligenza richiesti agli operai. Il ricorrente ritiene pertanto che, in difformità di quanto ritenuto in diritto dalla Corte d'Appello di Milano,che: 1﴿ B.C. non abbia violato alcuna regola cautelare in materia di lavoro; 2﴿ l'evento dannoso nonpotesse essere assolutamente né previsto né evitato da parte di B.C.; 3﴿ non sussista alcun nessoeziologico tra la condotta di B.C. e l'infortunio subito dal suo dipendente.Di conseguenza, per tutto quanto sopra espresso e argomentato, si ritiene che la sentenza della Corted'Appello di Milano debba essere annullata, ai sensi dell'alt. 606 co. 1 lettera b﴿ ed e﴿ per erroneaapplicazione della legge penale ﴾e in particolare degli artt. 40 e 41 c.p.﴿ e della normativa richiamata inmateria di lavoro, nonché per insufficienza e illogicità della motivazione. Con rinvio, se ritenuto, ad altrasezione di Corte d'Appello.

Diritto

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13/11/2015 Cassazione Penale, Sez. 4 , 26 ottobre 2015, n. 43013 ­ Infortunio sul lavoro: è responsabile il datore di lavoro? Carenza motivazionale e reato estin…

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1.1 motivi sopra illustrati non sono manifestamente infondati e, pertanto, non sussistendo inammissibilitàdel proposto ricorso ed essendosi validamente incardinato il grado di giudizio, questa Corte di legittimitànon può che prendere atto che il reato per il quale il B.C. è stato condannato in primo e secondo grado èad oggi prescritto.2. In particolare, non manifestamente infondato appare il profilo di doglianza con cui si deduce viziomotivazionale laddove la motivazione della sentenza impugnata non appare congrua nello spiegareperché, a fronte di un lavoratore che indubitabilmente era stato destinatario di adeguata formazione, alpunto di essere responsabile per la sicurezza anche dei suoi compagni di lavoro, i comportamenti delLM.C.I. e del V.E. non siano stati ritenuti sufficienti, di per sé, a costituire autonomo nesso causale e adinterrompere ogni correlazione tra la condotta del datore di lavoro e l'evento dannoso.E' noto, infatti, che secondo la costante giurisprudenza di questa Corte di legittimità vi è esclusione dellaresponsabilità del datore di lavoro nel caso il lavoratore ponga in essere condotte atipiche, abnormi oesorbitanti le sue funzioni.Questa Corte di legittimità, infatti, ha in più occasioni affermato che la responsabilità dell'imprenditoredeve essere esclusa allorché l'infortunio si sia verificato a causa di una condotta del lavoratore inopinabileed esorbitante dal procedimento di lavoro cui è addetto, oppure a causa di inosservanza di precisedisposizioni antinfortunistiche. Ai sensi dell'art. 41 cpv., il nesso eziologico può essere interrotto da unacausa sopravvenuta che si presenti come atipica, estranea alle normali e prevedibili linee di sviluppo dellaserie causale attribuibile all'agente e costituisca, quindi, un fattore eccezionale" ﴾così, tra le altre, lapronuncia di questa sez. 4 n. 37738/2013﴿. E, ancora, in conformità si è affermato, come ricorda ilricorrente, che la titolarità di una posizione di garanzia non comporta, in presenza del verificarsidell'evento, un automatico addebito di responsabilità colposa a carico del garante, imponendo ilprincipio di colpevolezza la verifica in concreto sia della sussistenza della violazione ‐ da parte delgarante ‐ di una regola cautelare ﴾generica o specifica﴿, sia della prevedibilità ed evitabilità dell'eventodannoso che la regola cautelare violata mirava a prevenire ﴾cosiddetta concretizzazione del rischio﴿, siadella sussistenza del nesso causale tra la condotta ascrivibile al garante e l'evento dannoso ﴾sez. 4, n.43966 del 06/11/2009, rv. 245526﴿; e tanto, sul presupposto che, in tema di reati colposi, l'addebitosoggettivo dell'evento richiede non soltanto che l'evento dannoso sia prevedibile, ma altresì che lo stessosia evitabile dall'agente con l'adozione delle regole cautelari idonee a tal fine ﴾cosiddettocomportamento alternativo lecito﴿, non potendo essere soggettivamente ascritto per colpa un eventoche, con valutazione ex ante, non avrebbe potuto comunque essere evitato ﴾sez. 4, Sentenza n. 16761 del11/03/2010, Rv. 247017﴿.3. I fatti, invero sono incontestati.In data 11 febbraio 2008 LM.C.I. e V.E. stavano operando all'Interno del cantiere ubicato presso il PoloFieristico Rho‐Pero per lo smontaggio dei pannelli dello stand della società E. Design, che avevaincaricato la ditta del B.C. e l'artigiano LM.C.I. di procedere allo smontaggio dell'allestimento. Inparticolare, il LM.C.I. stava procedendo alla rimozione di un pannello di rivestimento posizionato soprauna porta utilizzando un trabattello, avvalendosi su sua richiesta dell'ausilio di V.E., dipendente della B.C.e, mentre effettuava la manovra di rimozione dei pannello, del peso di oltre 30 chilogrammi, questo,sfuggitogli dalla mani, precipitava a terra colpendo il V.E. che in quel momento stava transitando propriosotto l'area di lavoro.Il giudice di primo grado riteneva che tanto il LM.C.I. ﴾anch'egli condannato con la stessa sentenza﴿ che ilB.C. avevano serbato una condotta gravemente negligente rispetto all'attività lavorativa loro affidata dallaE., sia con riferimento alla posizione di ditta individuale del LM.C.I., che quale datore di lavoro del V.E. perciò che concerneva il B.C.. Si riteneva, infatti, essere emerso dall'istruttoria dibattimentale che entrambinon avevano cooperato all'attuazione delle misure di protezione e prevenzione dai rischi cui sono espostii lavoratori, informandosi reciprocamente anche al fine di eliminare rischi dovuti alle interferenze tra ilavori delle diverse imprese coinvolte nell'esecuzione dell'opera complessiva, come prescritto dall'art. 7comma 2 del d.lvo n.626/94. La stessa dinamica dell'infortunio veniva ritenuto confermare l'assunto accusatorio poiché, come

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accertato, il LM.C.I. aveva coinvolto il V.E. nell'impropria operazione di rimozione del pannello,consentendogli di transitare nell'area sottostante mentre movimentava il medesimo, con ciò dimostrandograve negligenza e imprudenza atteso che l'unico rischio prevedibile, e contenibile, connesso allaspecifica attività lavorativa, consisteva proprio nella possibilità di caduta del pannello.Quanto al B.C., datore di lavoro del V.E., veniva valorizzata negativamente la sua assenza in cantiere, nonsolo nello specifico momento dell'infortunio, ma neppure nei giorni precedenti, con ciò dimostrandosecondo i giudici del merito, in concreto, l'omesso coordinamento e cooperazione contestatigli.Nemmeno, per le stesse ragioni, si riteneva potesse avere positivamente operato quella funzione divigilanza e controllo rispetto all'adozione da parte del suo dipendente dei dispositivi di protezioneindividuale, che certamente al momento dell'Infortunio il V.E. non utilizzava ﴾era infatti privo delcaschetto protettivo﴿.Ebbene, il B.C. sollevava in appello la questione dell'assenza del nesso causale tra la sua condotta didatore di lavoro e l'infortunio del dipendente.L'infortunio ‐secondo la tesi proposta‐ sarebbe stato, infatti, ascrivibile alla responsabilità del LM.C.I. edalla condotta imprudente ed imprevedibile dello stesso V.E., sufficienti a costituire autonomo nessocausale con l'evento dannoso.Era, infatti, emerso che tutti i soggetti che operavano quel giorno nel cantiere avevano seguito un corsodi formazione e che fossero perfettamente a conoscenza della procedura da rispettare nella rimozionedei pannelli, che prevedeva nello specifico che due operai congiuntamente cooperassero allosmontaggio, nonché l'uso del trabattello. Senonché LM.C.I. aveva deciso di rimuovere autonomamenteun pannello del peso di oltre 30 chilogrammi che, sfuggitogli dalle mani, precipitava a terra colpendo ilV.E., che in quel momento stava proprio transitando sotto l'area di lavoro.La Corte territoriale, in risposta, si dilunga sulla posizione di garanzia del B.C. ﴾che tuttavia non pareessere mai stata messa in discussione﴿, sulla sua mancata presenza in cantiere ﴾anch'essa incontestata﴿,ma fa un riferimento assai generico alla mancata predisposizione di normative antinfortunistiche esull'omissione di ogni attività di coordinamento e di cooperazione all’attuazione delle stesse, così comein relazione alla costante presenza del D.A..Su tale complessiva carenza motivazionale i motivi di ricorso, come si diceva in precedenza, non paionomanifestamente infondati.Deve allora prendersi atto che ‐riscontrata l'assenza di sospensioni della prescrizione ﴾in tal sensoritenendo il Collegio di aderire all'orientamento giurisprudenziale espresso da sez. 1 n. 5950 del21.1.2009, Vigna, rv. 243351, secondo cui nel calcolo del tempo di sospensione della prescrizione, nondeve tenersi conto del termine indicato dal giudice di primo grado per il deposito della sentenza, inquesto caso di 60 gg.﴿, il termine massimo di prescrizione, pari a sette anni e mezzo, risulta decorso il8.2015.S'impone, pertanto, l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata per essersi il reato ascritto alB.C. estinto per intervenuta prescrizione.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché estinto il reato per prescrizione.Così deciso in Roma l'8 ottobre 2015