2003-mazzeo-sant'andrea di conza (avellino) il centro storico

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CARATTERI DEL CENTRO STORICO DI SANT’ANDREA DI CONZA (AVELLINO) Giuseppe Mazzeo SOMMARIO CAPITOLO 1 RELAZIONE STORICO-TECNICA CAPITOLO 2 DOCUMENTAZIONE BIBLIOGRAFICA, ICONOGRAFICA E CARTOGRAFICA CAPITOLO 3 DOCUMENTAZIONE FOTOGRAFICA

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The historic centre of Sant'Andrea di Conza, in province of Avellino (Italy) is beautiful and unknown, one of the most important of the Irpinia, in the Campania Region. The earthquake of 1980 had not destroyed the urban structureof the village. Street, widenings and buildings retains the atmosphere of the past.

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Sommario

Caratteri del Centro Storico di Sant’Andrea di Conza –settembre 2003 1

CARATTERI DEL CENTRO STORICO DI

SANT’ANDREA DI CONZA

(AVELLINO)

Giuseppe Mazzeo

SOMMARIO CAPITOLO 1 RELAZIONE STORICO-TECNICA CAPITOLO 2 DOCUMENTAZIONE BIBLIOGRAFICA, ICONOGRAFICA E CARTOGRAFICA CAPITOLO 3 DOCUMENTAZIONE FOTOGRAFICA

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CAP. 1 - Relazione storico-tecnica

CAPITOLO 1 RELAZIONE STORICO-TECNICA 1.1 Principali dati relativi al Comune di Sant’Andrea di Conza Superficie territoriale (kmq) 6,44 Densità (ab./kmq) 317 Densità media nella provincia di Avellino (ab./kmq) 157 Centri presenti 1 Altri nuclei 0 Popolazione residente al Censimento 1991 2.042 Popolazione residente nel centro 1.955 Popolazione residente in case sparse 47 Popolazione residente al 1997 1.990 Popolazione residente al 1998 1.951 Popolazione residente al Censimento 2001 (risultati provvisori) 1.930 Popolazione residente al 2002 1.900 Altitudine minima (m) 420 Altitudine massima (m) 854 1.2 Le origini del centro1 L’atto di nascita di S.Andrea di Conza nel sec. XII al tempo dei Normanni è storicamente documentato. Nel febbraio del 1161 il Conte Gionata di Conza con munifico gesto donò alla Chiesa di S.Maria dell’Episcopato di Conza la Chiesa di S. Andrea con l’annesso Casale e territorio. L’Arcivescovo vi stabilì la sede e vi costruì un palazzo, l’episcopio, che fin dall’origine ebbe forma di fortezza-castello, munito di torri e protetto dalla conformazione naturale del luogo. L’Università di S.Andrea da quel momento fu regolata, anche sul piano civile, giuridico e amministrativo oltre che religioso, dagli Arcivescovi-feudatari fino alla soppressione della feudalità. Nei secoli successivi gli Arcivescovi costruirono a S. Andrea anche il monumentale Seminario Metropolitano con l’annessa procattedrale “S.Michele”. Le trascrizioni più antiche del documento di donazione si hanno nel Castellano, autore dell’inedita Cronista Conzana, nell’Ughelli e nel Lupoli. Il Castellano e il Lupoli dichiarano di riportare il documento direttamente dall’originale dell’Archivio diocesano, andato purtroppo perduto. Vito Acocella attesta di averlo trascritto dalla copia conservata nell’Archivio di Stato di Napoli, anch’essa perduta con l’incendio, che nell’ultimo conflitto mondiale distrusse tutto il complesso delle pergamene antiche. Sull’autenticità dell’atto di donazione e del relativo documento gli studiosi oggi sono tutti concordi. Se qualche perplessità fu espressa in passato, la critica moderna, sulla scia del Di Meo, è intervenuta a fugare ogni ombra di dubbio. Per ricostruire l’origine remota di S. Andrea bisogna risalire all’alto Medioevo, diversi secoli prima della suddetta data. Personalmente ho compiuto ricerche e studi per individuare l’arco cronologico dell’insediamento abitativo originario, seguendo un filone storiografico, d’indiscusso valore critico, che da Paolo Diacono, il famoso storico 1 Malanga M., (1993).

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CAP. 1 - Relazione storico-tecnica

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dei Longobardi, giunge fino al nostro F. Scandone. Il Castellano, nella Cronista Conzana, scrive: “La terra di S.Andrea ... anticamente era del Contato (leggi Contea, n.d.r.) di Conza posta dentro il territorio di essa, edificata come credo da cittadini conzani in occasione d’agricoltura, o per dir meglio in villa seu casale di Conza, che mi persuado fosse stata consistente in un poco rianetto di alcuni pochi cittadini in un luogo, nel quale vi era, conforme hoggidì si dice la Chiesa di S.Andrea...”. Il nucleo di agricoltori, riuniti intorno all’antica Chiesa di S.Andrea, ha tutto il sapore dell’evento protostorico, che il Castellano registra, dichiarando di recepirlo dalla viva fonte della tradizione locale. Secondo i dati della mia ricerca, questo evento va collocato nelle vicende storiche della dominazione longobarda in Italia. Occupata l’Italia del nord e parte del centro, i Longobardi iniziarono la penetrazione nel sud. L’una dopo l’altra, le fortezze principali caddero nelle loro mani, tra il VI ed il VII secolo: Spoleto, Benevento, Salerno. Nel 625 anche Conza dovette soccombere e i Longobardi, riconoscendo il valore strategico dell’antico capoluogo di una colonia romana, la elessero capitale di un gastaldato insediandovi gli “arimanni”. Le nostre terre, ancora una volta teatro di dure battaglie, subirono le tristi conseguenze delle devastazioni, dei saccheggi e dello spopolamento. I Longobardi iniziarono il processo di ripopolamento delle terre ed è a questo punto che s’inserisce il particolare storico che interessa l’origine di S. Andrea. Si tratta dell’insediamento dei Bulgari, registrato nel capitolo V della Historia Langobardorum di P. Diacono. Lo storico molisano D’Amico ha pubblicato due pregevoli monografie sulla trasmigrazione dei Bulgari in Italia, alle dipendenze dei Longobardi ed ha approfondito il loro stanziamento nelle nostre terre, applicando rigorosamente le prove che gli provengono dalle varie scienze ausiliarie della storia: la diplomatica, la toponomastica, la filologia, l’antropologia, l’etnografia. Nel contesto di una ricerca puntuale e minuziosa emerge, tra i criteri fondamentali per l’individuazione dei luoghi popolati dai Bulgari, l’origine antica della devozione a S.Andrea Apostolo, che i Bulgari diffusero nei centri del loro insediamento. Il D’Amico osserva che i Longobardi occupavano con i propri notabili, gli “arimanni”, le città e i borghi maggiori, nel nostro caso Conza, mentre ai capi dei dipendenti Bulgari, gli “aldioni”, assegnavano i “vichi” e i “casali”. Tra questi ultimi il D’Amico cita espressamente il “Casale di S. Andrea di Conza”. La devozione a S.Andrea Apostolo si rivela, pertanto, quel profondo amalgama delle remote origini storiche, che, unico patrimonio religioso e spirituale in tempi di triste desolazione, garantì alla comunità santandreana il sostegno e la forza per configurare una propria identità, distinta dalla metropoli. L’atto di donazione del conte Gionata di Conza nel 1161 non fece altro che ratificare questa identità culturale-religiosa anche a livello civile, giuridico, amministrativo. Il toponimo, S. Andrea di Conza, con una sorta di concentrazione semantica e storiografica, trasmette e custodisce fedelmente i due momenti fondamentali dell’origine: la genesi dalla metropoli e la devozione a S. Andrea Apostolo.

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1.3 Altri cenni storici Sorto nell’XI secolo (alcune fonti tra l’VIII-IX sec.), è ubicato nell’alta valle dell’Ofanto lungo la via Appia (SS 7) ed è situato tra il Monte Calvo e la Cresta Cesina sotto il costone roccioso della Serra la Serpa. Il centro di Sant’Andrea di Conza è stato, nel Medio Evo, strettamente legato al vicino centro di Conza della Campania, essendo stato fondato da alcuni abitanti del contado conzano, forse a seguito di uno dei terremoti che colpirono Conza e che costrinse moti abitanti ad abbandonarla, i quali hanno edificato le prime costruzioni ed una chiesetta dedicata all’Apostolo Andrea che ha dato il nome a tutto il casale. La contea di Conza nell’XI-XII secolo, in particolare sotto i Normanni, è stata una delle più estese comprendendo tutta l’alta valle dell’Ofanto che del Sele ed anche parte della valle del Calore (come il Gastaldato di Montella); pertanto anche l’Archidiocesi di Conza è sempre stata molto importante e potente. Nel XII (1161) il conte normanno Gionata di Balvano offre a Santa Maria dell’episcopio di Conza la chiesa di Sant’Andrea situata tra il territorio della città di Conza e il castello di Pescopagano. Scopo di tale donazione è di assicurare agli arcivescovi un feudo con il “potere civile misto e criminale”e di costituire le rendite per il vitto “dei chierici al servizio della chiesa di Conza”. Da allora e sino alla soppressione della feudalità (fine XVIII sec.) il casale di Sant’Andrea è stato sotto il dominio della Mensa Arcivescovile di Conza. Non tutti gli arcivescovi hanno accettato nei secoli successivi anche il potere temporale, cosicché il paese è stato assoggettato a varie signorie. Probabilmente nel XIII secolo è stato realizzata nella parte alta del borgo una costruzione fortificata (nucleo originario dell’Episcopio) che ha poi subito numerose ristrutturazioni in varie epoche. Fu feudo dei Poncelly, dei Del Balzo, dei Gesualdo. In quest’epoca (fine XV secolo) vi vivevano 55 famiglie per un totale di circa 300 abitanti. Dal XVI secolo (in particolare nel 1536 e nel 1560) gli arcivescovi hanno riaffermato la giurisdizione civile trasferendo la loro sede da Conza nel castello che è diventato così, Episcopio. In questo periodo sono stati arcivescovi Girolamo Muzzarelli, Ercole Rangone, Fabrizio Campana, Gaetano Caracciolo e Francesco Nicolai. Il XVI e il XVII secolo hanno caratterizzato l’impianto urbanistico del centro, a seguito di una crescita rilevante. L’impianto attuale è lo stesso derivato da quelle trasformazioni, caratterizzate da diversi tipi edilizi, dalla cinta muraria intorno al centro nella quale si aprivano ampie pote di cui una ancora visibile (Arco della Terra). Nel centro vennero costruiti un palazzo vescovile ed una cattedrale, così come in tutti i centri che facevano parte del vescovato. Nel centro funzionava anche un Seminario. In questi due secoli è accertato anche un notevole incremento della popolazione: nel 1669 gli abitanti erano 1200 e nel 1732 erano cresciuti fino a 1350. Un vescovo in particolare, Michele Angelo Lupoli, legò il suo nome al restauro del Seminario e del Palazzo Vescovile, e una bella lapide ne ricorda l’opera. Alla fine del XVIII secolo l’arcivescovo Ignazio Andrea Sambiase ha rinunciato alla giurisdizione baronale del feudo che è stato incorporato al Regio Demanio con Dispaccio del novembre 1791 e con sentenza definitiva del 1808. Nel febbraio 1799, alla instaurazione della Repubblica Partenopea Sant’Andrea venne inserito nel cantone di Pescopagano inserito nel dipartimento dell’Ofanto con capitale Foggia. Con la costituzione dell’Unità d’Italia (1860) Sant’Andrea come altri centri dell’Alta

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Irpinia e dell’area del Vulture, ha visto vari episodi di brigantaggio e di rivolte contadine. Il centro di Sant’Andrea di Conza porta impresso nella sua struttura la presenza secolare della Chiesa. Nella parte monumentale che chiude a monte il centro antico sono presenti, infatti, il Seminario con la Chiesa di San Michele, il Palazzo Vescovile, attuale sede comunale, e la rovine di un convento, a formare una piccola cittadella religiosa, unica nella sua complessità tra i centri dell’Alta Irpinia. 1.4 Caratteri del territorio Il centro di Sant’Andrea di Conza è situato in provincia di Avellino ad 80 chilometri verso est dal capoluogo. Il suo territorio è a diretto contatto con le province di Potenza e di Salerno e si collega con il resto dell’Irpinia tramite il confine con Conza della Campania. Territorialmente il centro è molto piccolo, estendendosi per soli 6,44 kmq, ed è di tipo collinare con variazioni altimetriche tra il punto più basso e quello più alto che raggiunge i 440 metri (da 420 a 880 metri s.l.m., a monte del centro) con il centro abitato stesso posto a 665 metri. Il centro abitato è attraversato dalla S.S. n. 7; a valle è servito dalla strada a scorrimento veloce Ofantina e dalla ferrovia Avellino – Rocchetta S.Antonio, con scalo a Conza o a Calitri. La vegetazione è caratterizzata da seminativi e da boschi cedui. L’area geografica nel quale il centro si situa è individuata come Alta Irpinia. È un’area gravitante amministrativamente sul centro di Sant’Angelo dei Lombardi e che, ultimamente, ha visto crescere i due centri di Lioni e di Calitri. L’Alta Irpinia ha subìto nel 1980 un violento terremoto che ha distrutto interi centri abitati ed ha spazzato via un tessuto urbano e sociale spesso arcaico ed arretrato. In seguito a questo evento si sono innescati meccanismi nuovi come la ricostruzione post-terremoto ed il processo di industrializzazione che, lungi dall’essere terminati, hanno determinato numerosi cambiamenti nella situazione economica e sociale dell’area. All’interno di questa area il centro di Sant’Andrea si pone con caratteristiche tali da renderlo un caso unico: danni non disastrosi alle strutture abitative e sociali e nulli agli abitanti, un tessuto produttivo basato sull’artigianato e sul commercio, un’alta incidenza del terziario nel complesso del mondo produttivo e, in prospettiva, il recupero di un ruolo produttivo industriale autoctono, la rivitalizzazione del centro storico in chiave residenziale, di attrazzature e turistico, la valorizzazione culturale del centro. Questo quadro viene ad essere confermato esaminando le caratteristiche proprie del centro il quale, storicamente, ha sempre presentato una diversità notevole di valori dominanti rispetto ai centri vicini. Mentre in questi prevalevano valori ed attività legate al mondo rurale e contadino, Sant’Andrea, mancando di territorio agrario sufficiente, sviluppava valori ed attività orientate in direzione urbana con la presenza di attività artigianali specializzate nella lavorazione della pietra, del legno e del ferro, e di attività legate alla presenza del Seminario e di altre istituzioni religiose. Questo ruolo, d’altro canto, ha raggiunto livelli ben più elevati di quanto pensabile in rapporto alla grandezza del centro. Infatti, come scrive il prof. Renato Cristiano nella relazione al P.R.G. “nel passato, tanto la maggiore segregazione geografica di tale ‘area interna’, quanto la strategica collocazione di Sant’Andrea rispetto alle principali linee

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di comunicazione verso l’esterno, ponevano il centro su un livello di elevata qualificazione, come testimoniano eloquentemente i principali monumenti architettonici che spiccano nel suo tessuto urbano”. In prospettiva, invece, lo spostamento a valle delle attività e la nascita estensiva di industrie e servizi in tutta la zona, riducono il peso complessivo del centro di Sant’Andrea di Conza e lo sfavoriscono se viene a mancare una politica di rilancio funzionale ed economico. 1.5 Caratteri del centro urbano Il Comune di Sant’Andrea di Conza presenta, dal punto di vista insediativo, caratteri di accentuata concentrazione degli abitanti nel nucleo urbano. Non presenta altri nuclei e non ha fenomeni rilevanti di residenti in case sparse sul territorio. Questo è dovuto, probabilmente, alla dimensione estremamente ridotta del territorio comunale e al tipo di attività prevalente della popolazione (terziario e artigianato) che non conferisce all’agricoltura la stessa importanza che essa possiede nei centri vicini. Dalla valle dell’Ofanto il centro si presenta compatto e allungato sul fianco della collina, in posizione dominante, ma senza asperità. Esso, infatti, sfrutta la parte meno acclive della collina e non si spinge nelle zone meno favorevoli all’insediamento. La cittadella ecclesiale, ovvero la parte monumentale del centro, posta nella parte più alta e con il resto del paese ai suoi piedi, non si discosta da un modello urbano classico che si rifà all’acropoli greca. Nel centro si possono individuare due percorsi privilegiati: quello antico nord-sud che collega la parte monumentale con la valle dell’Ofanto e quello che ha contraddistinto lo sviluppo moderno del centro, in direzione est-ovest, lungo la S. S. 7 Appia. Questo sviluppo si è per fortuna realizzato senza stravolgere il centro storico e senza provocare la perdita della compattezza del centro urbano. 1.6 Il terremoto del 1980 e le successive azioni di recupero Il sisma del 1980 ha colpito il centro di Sant’Andrea di Conza in maniera diversa da quanto avvenuto nei centri che la circondano. Pur essendo uno dei comuni più prossimi all’epicentro del sisma i danni agli edifici residenziali e non si sono manifestati nella quasi totalità sotto forma di cedimenti strutturali localizzati piuttosto che sotto forma di crolli totali. Ciò ha reso necessario impostare il recupero del centro sulla base di azioni di manutenzione straordinaria e di consolidamento strutturale piuttosto che di demolizione e ricostruzione di singoli edifici o di ambiti urbani, anche se per i casi più complessi si è reso necessario agire con azioni di tal genere. La mancanza di crolli generalizzati ha consentito la conservazione del tessuto del centro storico caratterizzato dalle vie strette e tortuose e dall’arroccamento intorno al polo monumentale dell’Episcopio e del Seminario. Tale tessuto rappresenta uno dei più caratteristici dell’Alta Irpinia. L’intervento di recupero attuato all’indomani del terremoto consente una prima valutazione degli effetti determinati dalla ricostruzione. La quasi totalità degli edifici posizionati nelle zone 1 e 2 del centro abitato, così come delimitato dal Piano di Recupero, risulta riparato o ricostruito. Si può sostenere che tale piano, adottato il 27 giugno 1982 con delibera n. 64, e successivamente modificato in

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alcun sue parti, ha prodotto nel complesso risultati positivi, anche se risente di una certa limitatezza nelle previsioni d’intervento, imputabili allo stato di emergenza nel quale esso è stato adottato. Scriveva nella relazione di accompagnamento al Piano il prof. Renato Cristiano:

In definitiva si è prescelta, in contrapposizione ad astratte e dannose azioni “radicali”, una operatività incentivata dalle possibilità di miglioramento residenziale offerti dalla tipologia d’intervento: operatività modesta ma sicura e che proceda senza abdicazioni nei confronti della sicurezza, né nei confronti della salvaguardia ambientale. È in sostanza ispirata ad un richiamo indispensabile alla responsabilità locale. La definizione delle unità minime d’intervento (assunte solo in prima istanza corrispondenti alle particelle catastali) con i relativi riflessi sulle possibilità di adeguamento sismico delle strutture statiche e sulla riorganizzazione funzionale degli alloggi e, in taluni casi, la stessa scelta, in una gamma di potenziali interventi, di quello più confacente alle esigenze dell’operatore (fino a giungere anche alla ristrutturazione urbanistica), costituiscono esemplificazioni rilevanti e significative del richiamo alla responsabilità locale. L’intreccio o la tessitura fitta e quasi inestricabile, in uno alla estrema parcellizzazione della proprietà, non consentiva del resto altra soluzione, pena, come detto, l’astrattezza e l’inattuabilità dell’intervento. L’obiettivo del recupero del patrimonio edilizio degradato si è fondato su un preciso intendo programmatico: quello di assicurare all’operazione una logica interna e di favorire, nel contempo, una decisa e globale azione, principalmente di adeguamento edilizio, ma anche, in misura non marginale, di ristrutturazione urbanistica. Infatti, se risulta evidente l’attenzione e la particolare tensione verso la riattivazione della zona urbana che allo stato mostra segni molto preoccupanti di abbandono e di conseguente irreversibile degrado –principalmente per lo svuotamento di abitanti e di attività determinatesi a seguito del sisma– si è inteso anche superare, attraverso un’azione generalizzata (anche se altrettanto puntuale), una contestualità di interventi e di ricostruzione e di adeguamento nel resto del territorio insediato del paese. La definizione progettuale dell’intervento pubblico, data la delicatezza del contesto ambientale e la necessità del pieno controllo formale dei risultati, non attiene tanto l’ambito urbanistico, quanto quello architettonico.”

Risulta quindi evidente che se da un lato lo “strumento” Piano di recupero si è dimostrato un elemento efficace per la ricostruzione totale del centro storico, per la sua dimostrata snellezza operativa, d’altro canto ha mostrato i propri limiti, in particolare: − nel mancato controllo formale degli interventi attuati; − nel mancato controllo sull’uso dei materiali. Si è verificato, in sostanza, che la mancanza di una progettazione-previsione di tipo “planovolumetrico” ha generato in molti casi degli stravolgimenti tipologici-volumetrici degli edifici riattati, la cui sola giustificazione è da ricercarsi nella necessità di occasionali progettazioni di tipo speculativo, svincolate da un chiaro e coerente disegno di Piano. Il mancato controllo dell’uso dei materiali ha d’altro canto prodotto uno stravolgimento ambientale nel centro storico, dove alla sostituzione indiscriminata di elementi architettonici e decorativi, si è aggiunto l’uso di materiali estranei dal dubbio impatto ambientale. Se queste sono le “critiche” al vecchio Piano di Recupero bisogna comunque sottolineare che lo stesso ha contribuito in maniera positiva, con interventi di

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ristrutturazione urbanistica, alla ridefinizione di una serie di spazi pubblici e ad un ridisegno complessivo del centro storico. Si ritiene che in questo caso il disegno previsto dal vecchio Piano di Recupero vada completato e potenziato, specialmente in quelle aree del Centro Storico che sono in uno stato d’abbandono o in quelle zone dove sono in corso opere iniziate e non ancora concluse. 1.7 La Variante al Piano Regolatore Generale del 2003 e il Centro Storico Il 7 luglio 2003 il Consiglio Comunale di Sant’Andrea di Conza ha adottato la Variante al Piano Regolatore Generale. Tale Variante interessa tutto il territorio del Comune e detta nuove regole per il Centro Storico. Il Centro Storico di Sant’Andrea di Conza ha mantenuto pregevoli caratteri di integrità nel tessuto, nelle volumetrie e nella conformazione complessiva. Esso è un elemento di grande ricchezza culturale che va tutelato e valorizzato, anche alla luce dei danni che tali strutture hanno subìto in altri centri dell’Alta Irpinia colpiti dal terremoto del 1980 e che lo rende una testimonianza da preservare quale memoria storica del territorio. La qualità ambientale del centro abitato passa attraverso una azione che coinvolge sia l’ente pubblico che i cittadini. Essa è da realizzare attraverso una azione di manutenzione continua del verde (pubblico e privato), delle strade, delle opere pubbliche, dei beni immobili appartenenti ai privati e attraverso l’uso di materiali e di procedure di maggiore durevolezza e qualità complessiva. È ipotizzabile l’uso di strumenti quali l’incremento degli indici urbanistici in presenza di progetti di edilizia residenziale che adottino innovazioni dal punto di vista della bio-architettura e del contenimento energetico. A distanza di 19 anni dal terremoto, nonostante la ricostruzione sia quasi terminata, continua la fuga dal centro storico dei suoi abitanti e delle poche attività commerciali esistenti, il tutto all’interno di un contesto urbano dotato di uno stock di edilizia residenziale largamente superiore al numero delle famiglie residenti, che continuamente emigrano in altre aree urbane del paese. Al di la delle questioni dei rapporti e delle scelte sociali, è necessario fare anche delle valutazioni di carattere economico. Il sottoutilizzo del patrimonio abitativo nel centro storico e il continuo abbandono induce ad una serie di considerazioni e di scelte operative finalizzate all’attivazione di strumenti atti alla sua rivitalizzazione ed alla sua salvaguardia. Di seguito sono riportati gli elementi cardine che guideranno l’azione sul Centro Storico Nuova perimetrazione I confini della Zona A vanno estesi in modo da comprendere il corso Battisti fino a piazza Pallante, il corso d’Annunzio fino a piazza Aldo Moro e via San Marco fino alla Croce. L’uso dei materiali All’interno della Zona A deve essere consentito solo ed esclusivamente l’uso di materiali tradizionali e locali, in modo da attuare, nel corso dei prossimi anni una lenta e graduale sostituzione dei materiali non confacenti. Bisogna inoltre demandare ad un Piano del Colore la scelta degli interventi sulle facciate, in modo da attuare interventi coerenti in tutta la zona A riducendo l’area di discrezionalità nella loro scelta, cosa che spesso ha prodotto e produce fenomeni di incoerenza ambientale molto grave.

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Sarà comunque compito del presente Piano introdurre delle limitazioni e regolare preventivamente l’uso dei colori, in attesa del definitivo Piano del Colore. Gli interventi ammissibili Il Piano dovrà prevedere solo operazioni di adeguamento tecnologico delle residenze e dovrà indicare i casi nei quali è ammesso il cambio di destinazione d’uso. Vanno anche considerati alcuni interventi di allineamento prospettico su alcune quinte urbane. Obiettivo degli interventi è creare le condizioni che portino alla riscoperta dell’area, quale momento di riappropriazione culturale e di affermazione della propria identità storica-collettiva, materializzata nella struttura urbana del nostro Centro Storico. All’interno del Centro Storico, vanno quindi previsti interventi miranti all’inserimento di attività non inquinanti, quale piccole botteghe artigianali e commerciali, tali da innescare processi di rivitalizzazione, viste anche le enormi potenzialità turistiche che questo possiede. Per tale operazione vanno predisposti strumenti normativi di Piano che consentono l’attivazione di tale processo. Interventi di ristrutturazione urbanistica Il disegno degli interventi di ristrutturazione urbanistica del P.R. in atto va senz’altro completato e potenziato. Bisogna comunque integrarlo con operazioni di ristrutturazione urbanistica del tutto nuove e con altre operazioni miranti al ripristino di talune “situazioni” che con interventi poco accorti hanno stravolto alcune aree in Zona A. Per esempio, vanno riproposte le storiche scalinate in pietra locale di Via Roma, dell’Arco della Terra e di altre zone del Comune, con mirati interventi di arredo urbano. Lo stesso intervento attuato nel giardino dell’Episcopio merita qualche riflessione! Bisogna quindi attuare una serie di scelte e di operazioni di ricucitura tra Centro Storico e l’area urbana venutasi a costruire negli ultimi 30 anni. Gli orti urbani Al di là dei giudizi che si possono dare su alcuni interventi di ristrutturazione urbanistica realizzati, il centro storico di Sant’Andrea era caratterizzato dalla presenza al suo interno di “orti urbani” e di aree verdi che ne caratterizzavano fortemente la propria originalità. Le zone del Centro Storico che ancora mantengono tale caratteristiche sono oramai bel poche, per cui una azione di salvaguardia va rivolta verso queste aree (ad esempio, quelle alle spalle di via Seminario Vecchio, gli orti urbani di via Garibaldi e di via De Sanctis che ancora conservano il tipico rapporto “gotico” tra lotto urbano-orto, come si evince dalla lettura delle mappe catastali). A nostro giudizio, infatti, non è pensabile che il “recupero” si fermi solamente alle quinte urbane che ne delimitano l’intorno, ignorando ciò che c’è all’esterno. Il recupero va inteso come salvaguardia delle preesistenze, quale testimonianza storica da conservare, attraverso interventi di ricomposizione di quegli elementi che ne caratterizzano la specificità. La zona monumentale Il complesso Episcopio-Seminario-Convento costituisce l’area monumentale di Sant’Andrea. Gli interventi realizzati nel corso degli anni hanno portato al ripristino strutturale e funzionale del Seminario e dell’Episcopio e all’inserimento nel giardino di quest’ultimo di una struttura teatrale all’aperto. La ristrutturazione definitiva della Chiesa di San Michele, la sistemazione del campo dei Seminaristi ed un intervento di recupero del complesso Conventuale e dell’annessa Chiesa di Santa Maria della Consolazione risultano preminenti, visto la stato di totale abbandono e di disfacimento strutturale in atto da decenni. Tale operazione va integrata e completata con la realizzazione della zona a Parco

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Urbano dell’area della Fonte, all’interno di un disegno complessivo che mira ad innescare processi di rilancio economico per l’intero paese. Il percorso dei mulini La notevole presenza d’acqua nel territorio di Sant’Andrea ha reso possibile, nel corso dei secoli passati, la realizzazione di numerosi mulini, all’interno e all’esterno del centro abitato, situati lungo un percorso “d’acqua”, che partiva dall’area della Fonte e attraversava il centro urbano fino al mulino della Forma. Su tale percorso venivano alimentati sei mulini e le fontane pubbliche, compresa la Cascata dell’Episcopio. Ancora oggi è possibile ammirare i resti del Mulino della Fonte e quello della Forma con la loro tipologia ad acquedotto pensile ad arcate che realizza il salto dell’acqua capace di generare una forza motrice per far ruotare la macina posta ai piedi del salto. Tracce di altri due mulini sono ancora visibili vicino al fiume Arso. Anche in questo caso, come nei due precedenti, si propone il loro recupero quali esempi di “archeologia pre-industriale”, all’interno di un progetto di rivitalizzazione turistica del nostro Comune. 1.8 Le indicazioni per la Zona A e per l’area monumentale Zona A I confini della zona A, relativa alla parte del centro urbano più antica, vanno ridisegnati in modo da comprendere il corso Cesare Battisti fino a piazza Pallante e il corso D’Annunzio fino a piazzale Aldo Moro. In essa va inserita anche via S.Marco fino alla Croce. Dalla precedente delimitazione va esclusa l’area prospiciente via Monacacchio. All’interno della zona A le prescrizioni di piano devono consentire un controllo stretto delle trasformazioni possibili, ammettendo solo quelle necessarie all’adeguamento tecnologico delle residenze e delle altre destinazioni d’uso e imponendo, in caso di opere di manutenzione, l’uso di materiali tradizionali rispetto al complesso urbano. Tali materiali (legno, pietra, mattone, intonaco, ...) potranno essere utilizzati in combinazione con materiali moderni allo scopo di incrementarne le prestazioni, purché esternamente sia visibile il materiale tradizionale. Si pensi, ad esempio, alle serrande, tradizionalmente in legno, e alla diffusione dell’alluminio; tali materiali possono essere usati in combinazione purché esternamente sia visibile il legno. L’uso di tali materiali composti rappresenta anche una sfida all’artigianato santandreano. Particolare cura andrà posta nella realizzazione e nella gestione degli spazi pubblici, la cui conformazione e i cui materiali devono contribuire alla qualità complessiva dell’intorno urbano. La zona A sarà una zone satura dal punto di vista della residua capacità insediativa, ad esclusione di specifici episodi che comporteranno un incremento della capacità stessa allo scopo di uniformare la linea architettonica del centro. Il Centro Culturale Monastero Il recupero edilizio, mediante restauro e ristrutturazione edilizia, dell’area conventuale rappresenta il principale elemento di rilancio culturale che la Variante intende offrire alla cittadinanza di Sant’Andrea. La struttura, una volta realizzata, potrà rappresentare il quarto polo culturale del centro, accanto all’Episcopio, alla Fornace e al Seminario, permettendo la costruzione di una rete di spazi nei quali impostare una seria politica culturale impostata su due filoni principali: la riscoperta dell’artigianato e delle tradizioni santandreane da attuare mediante mostre temporanee e permanenti e

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CAP. 1 - Relazione storico-tecnica

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attività di formazione che precludano alla rinascita delle attività produttive; la proposizione di attività culturali primarie nel panorama nazionale ed internazionale, allo scopo di inserire il centro nel circuito culturale. “Tradizione e innovazione” potrebbe quindi essere lo slogan della rete degli spazi urbani dedicati alla cultura. 1.9 Tradizione ed innovazione: commercio, artigianato, turismo La presenza di una forte struttura artigianale e commerciale può rappresentare un elemento su cui basare il rilancio e la rivitalizzazione del Centro Storico e del Comune. A questo proposito la presente Variante al PRG lancia l’idea della costituzione di un consorzio tra le strutture commerciali di Sant’Andrea. Tale consorzio potrebbe dotarsi di un logo (ad esempio, “PASSEGGIANDO PER NEGOZI A SANT’ANDREA”) da utilizzare per pubblicizzare sia i singoli esercizi commerciali che il comune nel suo complesso, inteso come una sorta di “centro commerciale urbano”. Tale logo, appoggiato anche dall’Amministrazione Comunale potrebbe valorizzare la particolare situazione di Sant’Andrea che presenta una discreta concentrazione di esercizi commerciali, differenziati anche rispetto alla gamma merceologica in vendita, situati in una struttura urbana che si è mantenuta generalmente integra e che costituisce un luogo piacevole di incontro. Del consorzio dovrebbero far parte esercizi commerciali, esercizi di che svolgono attività di ristoro ed artigiani. Questi ultimi in particolare, potrebbero avere un ruolo rilevante per la qualificazione del logo e per una più generale rivitalizzazione del centro storico del Paese. Spostatesi all’esterno del centro abitato le attività artigianali potrebbero tornarvi aprendo atelier e strutture espositive e di vendita disseminate nel centro abitato, in modo da reinserire in esso la presenza forte di questo settore. Tale azione potrebbe anche spingere la nascita di piccole attività artigianali di qualità localizzate direttamente nel centro abitato il cui sviluppo potrebbe essere favorito anche dalla rete degli spazi culturali che si dovrà costruire attorno al futuro Centro Culturale da insediare nell’area conventuale. Il consorzio potrebbe agire in maniera mirata per pubblicizzare la struttura commerciale del paese e per spingere verso Sant’Andrea nuove fette di potenziali clienti. A questo scopo esso potrebbe patrocinare iniziative autonome in determinati periodi dell’anno (settimane di sconti, settimane dedicate a determinati prodotti, …) e potrebbe sponsorizzare altre iniziative che si svolgono a Sant’Andrea come, ad esempio, l’Estate Culturale, i Sabati della Medicina, le Feste Padronali e di quartiere, dando, infine, un supporto alla Pro Loco per l’organizzazione di iniziative culturali di richiamo, quali mostre, spettacoli, rappresentazioni. Allo stesso scopo il PRG ipotizza, tra le destinazioni d’uso insediabili nel Centro Storico, anche quella turistica, attuabile tramite la nascita di bed&breakfast.

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CAP. 2 - Documentazione bibliografica, iconografica e cartografica

CAPITOLO 2 DOCUMENTAZIONE BIBLIOGRAFICA, ICONOGRAFICA E CARTOGRAFICA 2.1 Bibliografia AA.VV., (1978), Pro-cattedrale San Michele - S.Andrea di Conza, Calitri. =, (1978), “Sant’Andrea: un’estate diversa”, Il Mattino, 27 agosto. = (p.s.), (1989), “Sant’Andrea di Conza - Se il Comune scommette sulla cultura”, Itinerario, dicembre, p. 116. Acocella V., (1927), Storia di Conza, Benevento. Acocella V., (1951), Storia di Calitri, Napoli. Amministrazione Comunale di Sant’Andrea di Conza, (1980), L’Episcopio e le iniziative culturali, Quaderni della Biblioteca Comunale “Francesco Pallante”, Avellino. Basile F., (2002), “Il Campanile di San Michele”, Il seminario, anno VI, n. 4, p. 7. Bellino M., Mazzeo G., (2003), Veriante al Piano Regolatore Generale di Sant’Andrea di Conza, dattiloscritto. Cassese D., (1993), La cascata dell’Episcopio tra storia, scritti e speranze, il crogiolo - supplemento a “Politica Irpina”, agosto 1993.

Il palazzo arcivescovile, denominato episcopio perché residenza episcopale, già fortilizio a difesa degli abitanti del feudo di Sant’Andrea dagli inizi del 1300, fu sede di numerosi arcivescovi sin dalla metà del 1500. A seguito dei numerosi terremoti verificatisi, soprattutto di quelli disastrosi del 31 luglio 1561, dell’8 settembre 1694, del 20 marzo 1731 e del 16 dicembre 1857, gli arcivescovi hanno provveduto a far restaurare il palazzo feudale di Sant’Andrea, adattandolo meglio per la loro residenza. Luigi Limongelli nel suo “Pulcinella di Paese”, ha voluto ricordare l’arcivescovo Salvatore Nappi il quale portò a compimento, nel 1897, i lavori di restauro al palazzo arcivescovile. “Monsignor Nappi - Arcivescovo di Conza e Amministratore Perpetuo di Campagna d’Eboli - incuteva nella cittadinanza il più largo e il più profondo rispetto”. “L’Arcivescovo però amava l’arte e aveva larghissime vedute” “Egli volle anche un giardino - certo non come quello Vaticano, accanto, alla cupola di Michelangelo ed alle altre grandiosità del Bramente e del Sangallo - e nel giardino una cascata d’acqua azzurra avviata in un letto di pietra viva a scalini, limitati da due sponde con mascheroni e ornati di disegni egiziani”. “I lavori di scalpello continuavano a ritmo accelerato, gli operai erano - tra maestri e discepoli - numerosi. Un largo angolo del giardino era totalmente stipato di sassi squadrati, di sassi in lavorazione, di sassi abbozzati. Dirigeva i lavori il famoso Michelangelo d’Angola - il re degli scalpellini locali - che io ricordo ancora” (1842-

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CAP. 2 - Documentazione bibliografica, iconografica e cartografica

Caratteri del Centro Storico di Sant’Andrea di Conza –settembre 2003 13

1925). Il comune di Sant’Andrea di Conza, con atto di compravendita in data 10 giugno 1976, acquistò, dalla Curia Arcivescovile, l’antica residenza arcivescovile e l’annesso giardino. Il terremoto del 23 novembre 1980 ha distrutto l’opera costruita prima con molto amore e poi abbandonata. Le Amministrazioni comunali, alternatesi dal 1980 ad oggi, hanno provveduto a ricostruire il castello-palazzo arcivescovile con l’annesso teatro e a rendere ancor più splendido il giardino attiguo. (…)

Chiusano G. (1983), La cronista con zana, da un manoscritto di D.A. Castellano del 1689-91, Calitri. Cignarella R., (2001), “Sant’Andrea di Conza: quale futuro?”, il Seminario, anno V, n. 3, pp. 1-2. Cinquegrani A., Pennarola R., (1989), “Paese mio”, La Voce della Campania, novembre, pp. 6-11. Comunità Montana Alta Irpinia, (1993), Itinerario nella storia nella memoria, CRESM Campania, Lioni. Consiglio Nazionale delle Ricerche, (1981), Ricostruire … dove, come?, CNR, Progetto finalizzato geodinamica. CRESM, Studio di Progettazione Grafica Canale, (….), Progetto “Comunicare l’Ambiente” - Verde Irpinia, CRESM, Lioni. Cuozzo E., (1979), “I feudatari dell’Alta Irpinia nel Catalogus baronum: i Balvano”, Civiltà Altirpina, anno IV, fasc. 4, luglio - agosto (?). D’Angelis L., (2002), “La pro-cattedrale di San Michele - ripresi i lavori di restauro”, il Seminario, anno VI, n. 1, pp. 1-2. De Rosa V., (1987), “Sant’Andrea di Conza - Restauro d’autore a San Domenico”, Il Mattino, 29 marzo, p. 27. Gargano G., (1977), Ricerche storiche su Conza antica, Edizione dell’Amministrazione comunale di Conza. Iannicelli M., De Liseo R., (1989), “S.Andrea: ricordi e leggende - Li cunti antichi”, il crogiolo - supplemento a Politica Irpina, n. 1, maggio, p. 3. Lamanna P., (2001), “Centoquaranta anni fa i briganti di Crocco occupavano S.Andrea”, il Seminario, anno V, n. 3, p. 4. Laviano F.P., (1926), La vecchia Conza e il castello di Pescopagano, Trani.

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CAP. 2 - Documentazione bibliografica, iconografica e cartografica

Caratteri del Centro Storico di Sant’Andrea di Conza –settembre 2003 14

Lo Sasso M., (1997), “Il recupero della ex-fornace di laterizi a S.Andrea di Conza”, Costruire in laterizio, n. 56, pp. 104-109. Malanga M., (1989), “Al tempo dei Longobardi - Le origini remote di S.Andrea di Conza”, il crogiolo, aprile, p. 3. Malanga M., (1989), “L’Alta Irpinia e l’Alta Valle dell’Ofanto dalla preistoria alla storia”, il crogiolo - supplemento a Politica Irpina, n. 2, giugno, p. 3. Malanga M., (1993), “Un paese, un’origine: Sant’Andrea di Conza”, Altirpinia, 15 marzo 1993, p. 3. Martino G., (2002), “L’Amministrazione municipale nell’800”, Il seminario, anno VI, n. 4, p. 3. Mazzeo G. (a cura di), (2003), Vocazioni territoriali e sviluppo turistico in Campania, DIPIST, Università di Napoli Federico II, Elio de Rosa Editore, Napoli. Monnier M., (1965), Notizie storiche documentate sul brigantaggio nelle province napoletane dai tempi di Fra Diavolo sino ai giorni nostri (1862), Arturo Berisio Editore, Napoli.

(p. 73) I briganti [di Carmine Crocco] si ritirarono [da Melfi e Lagopesole] saccheggiando ancora Monteverde, Carbonara [Aquilonia] e Calitri. L’arcivescovo di Conza fece loro una magnifica accoglienza a suono di campane e benedisse nel nome di Dio la loro sacra falange. Dopo di che diminuiti e scoraggiati gli uomini di Crocco si aggirarono per qualche tempo sulle rive dell’Ofanto, aggredendo i viaggiatori.

Pallavicini R., (1989), “Irpinia, cattedrali e container”, l’Unità, 1 dicembre, p. 19. Piccininno P.M.L., Pironti A., Bellino A., (2000), Gli stemmi degli arcivescovi di Conza, Edizione a cura del Comune di Sant’Andrea di Conza. Piccioli T., (1977), “Storia del feudo di Conza e del paese di Sant’Andrea”, Storia Illustrata, n. 233, aprile, p. 12. Picone G., (1989), “A Sant’Andrea di Conza la Fondazione dedicata all’attore - Nel nome di Bruno Cirino una città per il teatro”, Il Mattino, 10 novembre. Pisano G. (1990), “A Sant’Andrea di Conza un anfiteatro nel segno di Cirino - L’inaugurazione e un convegno nel cratere!, Il Mattino, 31 marzo, p. 14. Roselli P., (2003), “Il Convento: quale futuro?”, Il seminario, anno VII, n. 1, p. 7. Russoniello M.D., (1978), “Storia del nostro paese attraverso le amministrazioni comunali - I parte”, la fonte, anno II, n. 1-2, gennaio giugno, pp. 21-24. Russoniello P. (a cura di), (1987), Tre documenti per la storia religiosa e civile di S.Andrea di Conza, dattiloscritto. Russoniello P., (a cura di), (1988), Michele Solimene Giurista e Patriota (1795-1864): scritti.

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CAP. 2 - Documentazione bibliografica, iconografica e cartografica

Caratteri del Centro Storico di Sant’Andrea di Conza –settembre 2003 15

Soprintendenza ai B.A.A.A.S. di Salerno e Avellino, Amministrazione Comunale di Sant’Andrea di Conza, (1989), Il recupero del centro storico di Sant’Andrea di Conza, Quaderni di Restauro, Soprintendenza ai B.A.A.A. S. di Salerno e Avellino.

[Premessa - Mario De Cunzo] - Le case di Sant’Andrea di Conza sono state più resistenti rispetto a quelle di altri centri limitrofi, per l’impiego di pietrame squadrato e buone tecniche costruttive, nonostante che Sant’Andrea si trovi in una delle zone maggiormente sismiche d’Italia. Un gruppo di edifici, tuttavia, forse perché composto da unità immobiliari troppo accavallate tra loro, forse per la discontinuità e la frantumazione nel tempo di rifacimenti e riparazioni, ha avuto nel terremoto del 1980 parecchi danni. È un’insula che segue il tortuoso tracciato delle vie, tra S. Domenico e la piazza Umberto I. Gli abitanti di quest’insula per restaurare le proprie case si sono rivolti alla Soprintendenza affidandole la progettazione e l’esecuzione dei lavori. Infatti la legge per la ricostruzione delle zone colpite dal sisma, n. 219/81, ha consentito la “delega” al Comune e ad altri Enti. Per la Soprintendenza è stata un’esperienza molto interessante. Nessuna Soprintendenza in nessuna parte d’Italia ha fatto una cosa del genere. Il risultato è stato buono: le case sono state pronte in tempo relativamente breve, segno che il lavoro svolto insieme tra proprietari, Soprintendenza e Comune è la formula migliore nell’interesse della tutela dei beni culturali. Ora che le case sono restaurate ci si dedica al recupero dell’architettura di più grandi dimensioni, ai “monumenti”, che hanno avuto più danni degli edifici di abitazione. Sono restauri più difficili e complessi per le morfologie atipiche che non consentono formule semplici di intervento. I monumenti sono tanti, chiese, seminario, episcopio, convento; il Provveditorato alle OO.PP., la Curia Diocesana, la Soprintendenza, il Comune fanno ognuno la loro parte. Intanto Sant’Andrea continua, senza averla mai interrotta, nemmeno per il terremoto, a svolgere e sviluppare la propria attività culturale. Il teatro, la musica, i dibattiti sono sempre presenze vivaci, perpetuando una tradizione che qui è antica di secoli. Una tradizione che lega Sant’Andrea non solo al proprio intorno territoriale caratterizzandola con un ruolo preciso ed interessante, ma a tutti i centri anche lontani di intensa elaborazione culturale.

Speranza P., (1989), “S.Andrea: effimero ma di qualità”, Itinerario, agosto, p. 96. Tarullo A., (1995), Un giorno andato, stralci di cronaca e di storia dell’Irpinia, Il Girasole, Calvizzano (NA). Verderosa A., (1996), “Dai silicati dell’argilla al silicio delle tecnologie informatiche e telematiche”, tracce di architettura, anno II, n. 10, ottobre, pp. 6-10. Vitale A., (1986), “Archeologia industriale - La Fornace di Sant’Andrea di Conza”, Ofanto, luglio-dicembre, anno IV, nn. 3-4. Zollo A., (1996), “The Irpinia Earthquake: Evidence for a Complex Normal Faulting”, The Safe City - Proceedings of the Italian - Japanese Symposium on Earthquakes, Eruption and Civil Defence, Napoli - Messina, febbraio, pp. 117-120.

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CAP. 2 - Documentazione bibliografica, iconografica e cartografica

Caratteri del Centro Storico di Sant’Andrea di Conza –settembre 2003 16

La “Terra di S.Andrea” nel 1691, disegno a penna di G.P. Fusco, particolare (da Soprintendenza ai B.A.A.A.S., 1989).

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CAP. 2 - Documentazione bibliografica, iconografica e cartografica

Caratteri del Centro Storico di Sant’Andrea di Conza –settembre 2003 17

IGM - foglio 186 I SE, edizione 1955, scala 1; 25.000.

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CAP. 2 - Documentazione bibliografica, iconografica e cartografica

Caratteri del Centro Storico di Sant’Andrea di Conza –settembre 2003 18

Regione Campania, Cartografia ex Cassa del Mezzogiorno, foglio 451, edizione 1990, scala 1:50.000.

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CAP. 2 - Documentazione bibliografica, iconografica e cartografica

Caratteri del Centro Storico di Sant’Andrea di Conza –settembre 2003 19

Perimetrazione della Zona A nella Variante al PRG del 2003. Cartografia del 1998.

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CAP. 2 - Documentazione bibliografica, iconografica e cartografica

Caratteri del Centro Storico di Sant’Andrea di Conza –settembre 2003 20

Edifici ed elementi di rilievo storico architettonico. 1 Seminario Metropolitano e Chiesa di San Michele 2 Episcopio 3 Convento francescano di S.Maria della Consolazione 4 Chiesa di San Domenico 5 Congrega 6 Fontana di Piazza Umberto I 7 Arco della Terra 8 Casa D’Angola 9 Croce 10 Chiesa di Sant’Antonio 11 Chiesa di Santa Sofia - resti 12 Fornace 13-14 Mulini

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CAP. 3 - Documentazione fotografica

CAPITOLO 3 DOCUMENTAZIONE FOTOGRAFICA Seminario Metropolitano e Chiesa di San Michele2 Il Seminario Metropolitano e la Chiesa di S.Michele appartengono alla Curia Arcivescovile di S. Angelo dei Lombardi-Conza-Nusco-Bisaccia. Il complesso ha un notevole valore storico-artistico per il significato avuto nel passato come centro di formazione spirituale e culturale non solo per i paesi facenti parte dell’antica diocesi di Conza, ma anche per i centri limitrofi sui quali l’Arcivescovo di detta diocesi esercitava il compito di metropolita (la metropolia, da cui l’aggettivo “metropolitano” per il Seminario, sta ad indicare un territorio formato da un insieme di diocesi coordinata dal vescovo della sede episcopale stabilita per questo ruolo dal Romano Pontefice).

I lavori di costruzione dell’edificio furono iniziati nel periodo in cui fu Arcivescovo Gaetano Caracciolo (1682-1709). Furono continuati dal successore Francesco Nicolai (1709-1751) e da Giuseppe Nicolai, arcivescovo dal 1731 al 1758, il quale ebbe a cuore in modo particolare la formazione della biblioteca che arricchì di molte opere. Essendosi in seguito, per infiltrazioni di acque della fonte soprastante, sviluppata una frana proprio sul posto ove era edificato il Seminario, l’Arcivescovo Michele Arcangelo Lupoli (1818-1831) dovette far abbattere l’edificio e farne costruire un altro in terreno più solido che fu inaugurato nel 1826 e che corrisponde all’ala principale del complesso attuale. Il Seminario fu successivamente ampliato con un’ala trasversale unita ad angolo retto nella parte sud-orientale dell’edificio. Questa, iniziata da Mons. Gregorio De Luca, arcivescovo dal 1850 al 1878, fu portata a termine nel 1885 dall’arcivescovo Salvatore Nappi (1879-1896). In questo secolo ad opera di Mons. Giulio Tommasi (arcivescovo dal 1922 al 1936) fu 2 Soprintendenza BAAAS Salerno e Avellino, (1989).

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CAP. 3 - Documentazione fotografica

Caratteri del Centro Storico di Sant’Andrea di Conza –settembre 2003 22

ricavata una capiente cappella negli ambienti al piano terreno a destra dell’ingresso principale.

Architettonicamente il Seminario è un edificio compatto con un impianto planimetrico molto regolare. La struttura, in muratura di pietrame, ha i cantonali in pietra squadrata a faccia vista. Le facciate sono semplici con una scansione regolare delle finestre caratterizzate al piano terra da cornici e davanzali aggettanti in pietra. L’elemento decorativo più significativo è il portale in pietra dell’ingresso che si sviluppa in altezza inglobando l’epigrafe dedicatoria di Mons. Lupoli (“MICHAEL ARCHANGELUS LUPOLI ARCHIEPISCOPUS COMPSANUS A FUNDAMENTIS P. A. MDCCCXXVI”) il suo stemma arcivescovile e la sovrastante finestra. Le dimensioni dell’edificio sono notevoli in quanto ha una superficie coperta di circa 1900 mq. e si sviluppa su due livelli, per una altezza di 10 metri con un volume di circa 20000 mc. La chiesa di S. Michele, attigua al Seminario, ha un impianto a navata unica con una volta a botte lunga 13 m. e larga 8.50 m. terminante in un presbiterio a pianta quadrata (8.50 X 8.50 m.) con l’abside semicircolare. La chiesa fu iniziata da Gaetano Caracciolo. Mentre si scavava fu scoperta una grotta simile a quella di S. Michele sul Gargano, che fu ingrandita e rinforzata e che diventò la cripta della chiesa.

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CAP. 3 - Documentazione fotografica

Caratteri del Centro Storico di Sant’Andrea di Conza –settembre 2003 23

L’arcivescovo Caracciolo, per abbellire la chiesa, fece dipingere sei tele dal pittore napoletano Andrea Miglionico, discepolo di Luca Giordano. Successivamente la chiesa ha subito gravi danni a causa soprattutto dei movimenti franosi che interessano la parte alta del centro abitato. Michele Arcangelo Lupoli fu il primo a far eseguire radicali restauri. Essi portarono alla distruzione della cripta soggetta a continue infiltrazioni di acque provenienti dalla vicina sorgente. Gregorio De Luca (famoso per l’ospitalità concessa al brigante Crocco e alla sua banda), viste le precarie condizioni statiche dell’edifìcio, lo demolì e lo fece ricostruire in sito, arricchendolo di preziosi arredi lignei finemente intagliati ed intarsiati, quali il pulpito, il coro e i confessionili, nonché di nuovi altari marmorei. La chiesa fu colpita dal terremoto del 7/6/1910, che procurò gravissimi danni. Fu in seguito restaurata a cura dell’arcivescovo Nicola Piccirilli, che resse la diocesi dal 1904 al 1918. Altri restauri furono eseguiti nel 1936 dall’arcivescovo Giulio Tommasi e negli anni Sessanta dal Genio Civile a seguito soprattutto dei danni riportati nella seconda guerra mondiale. L’edifìcio si presenta attualmente in uno stile neoclassico sia nella facciata esterna, tutta in pietra locale squadrata a due ordini sovrapposti ripartiti da lesene con capitelli compositi e terminante con un frontone triangolare, sia nella decorazione interna ricca di pregevoli stucchi. Al centro della facciata è situato lo stemma marmoreo di Mons. Gregorio De Luca. La copertura del presbiterio è costituita da una imponente cupola decorata a cassettoni. La torre campanaria, situata esternamente nella parte posteriore della chiesa, è a base quadrata con struttura in muratura di pietrame con cantonali in pietra squadrata. Nella parte alta, conclusa da una cupoletta, si ritrova lo stile neoclassico della chiesa con lesene sormontate da capitelli compositi ai quattro angoli.

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CAP. 3 - Documentazione fotografica

Caratteri del Centro Storico di Sant’Andrea di Conza –settembre 2003 24

Il terremoto del 23/11/1980 ha procurato al complesso monumentale del Seminario e della contigua chiesa ingenti danni accentuati dalla particolare situazione idrogeologica del terreno di fondazione. Si sono avuti infatti assestamenti delle fondazioni, crolli parziali, ampie lesioni alle murature, alle volte e agli archi, rottura degli architravi e delle piattabande. I danni più gravi ed estesi si sono avuti nella parte centrale ed al 1° piano del Seminario e nella zona presbiteriale ed absidale della chiesa. Notevole è anche il danno alle finlture ed agli infissi già particolarmente degradati prima del terremoto.

Episcopio3 In considerazione del fatto che a Sant’Andrea gli Arcivescovi hanno avuto sia il potere religioso che civile, il nucleo originario dell’attuale Episcopio è stato edificato probabilmente nel XIII sec. con funzione difensiva. Il castello-palazzo ha subito nel corso dei secoli numerose ristrutturazioni determinate sia dai danni causati dai numerosi terremoti avvenuti, che dalle diversificate esigenze d’uso da parte degli Arcivescovi. In particolare gli interventi principali sono stati nel XVI sec. per opera dell’arcivescovo Girolamo Muzzarelli, nel XVIII sec. dagli arcivescovi Michele Arcangelo Lupoli e Salvatore Nappi e nel XX sec. dall’arcivescovo Nicola Piccirilli. Nel XVIII sec. nella corte (alle spalle del palazzo) è stato realizzato un giardino pensile con una fontana monumentale a cascata in pietra locale di notevole valore artistico e 3 Soprintendenza ai BAAAS di Salerno ed Avellino (1989).

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CAP. 3 - Documentazione fotografica

Caratteri del Centro Storico di Sant’Andrea di Conza –settembre 2003 25

con un belvedere sull’intero paese.

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CAP. 3 - Documentazione fotografica

Caratteri del Centro Storico di Sant’Andrea di Conza –settembre 2003 26

L’Episcopio, che è una massiccia costruzione a C nella quale due ali delimitano una corte chiusa con davanti un muro di cinta, ha un piano seminterrato e due piani fuori terra sul lato che guarda verso il paese, mentre ha un solo livello fuori terra dal lato prospiciente la corte in quanto quest’ultima risulta essere a quota più alta rispetto a quella del Largo Castello.

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CAP. 3 - Documentazione fotografica

Caratteri del Centro Storico di Sant’Andrea di Conza –settembre 2003 27

La costruzione è stata realizzata, a partire dalle fondazioni di circa 1,2 m., in muratura calcarea collegata con malta di calce e sabbia e nella parte in elevazione lo spessore dei muri è di circa 0.90 m. al piano terra e da 0.60 a 0.70 m. al primo piano. Del periodo medievale si sono conservate alcune strutture a piano terra. Le strutture orizzontali erano, prima del terremoto del 23/11/80, in travi di legno (o di ferro laddove erano state eseguite recenti ristrutturazioni) incastrate nella muratura con il tavolato ed il massetto. Al piano seminterrato esistono degli ambienti voltati a crociera, mentre al piano terra ed al primo piano i soffitti sono piani tranne in quei casi dove vi erano delle controsoffittature (ad “incannucciata”) a volta a botte ribassata. Il tetto a padiglione aveva la struttura portante lignea ed il manto di copertura in coppi. I prospetti sono ricchi di numerosi ed interessanti particolari quali i portali, le cornici delle finestre e la caratteristica “romanella” che anticipa la copertura. L’Episcopio ha subito consistenti danni con il terremoto del novembre ‘80 anche per le condizioni di semiabbandono nel quale era rimasto negli ultimi anni: è crollata buona parte della copertura e della muratura portante del primo piano con gli elementi strutturali orizzontali ad essa connessi, mentre l’ala destra era già parzialmente distrutta. Il progetto di restauro, redatto dall’ing. Antonio Morano,che ne ha curato anche la direzione dei lavori, è stato finalizzato a realizzare nell’Episcopio un centro di servizi socio-culturali comprensivo anche della sede comunale. A tal fine si è provveduto ad una riorganizzazione degli ambienti interni, pur nel rispetto dell’antico assetto distributivo. L’ala destra dell’originario complesso è stata riedificata in struttura metallica, in modo da realizzare un organismo indipendente dal nucleo principale, mentre il corpo centrale è stato consolidato. Il muro di cinta è stato parzialmente rifatto sempre con pietre a faccia a vista. Particolare cura è stata posta nella scelta delle rifiniture per le quali si è fatto uso solo di materiali tradizionali (ad esclusione dell’ala destra) ed al restauro e ricollocazione in sito degli elementi architettonici e decorativi in pietra. La sistemazione del giardino ha privilegiato il suo nuovo uso pubblico: sono stati realizzati, oltre ad un teatro all’aperto, dei percorsi pedonali pavimentati in mattoni e pietra, delle aiuole e degli spazi verdi alberati. Nel giardino un ruolo fondamentale è stato mantenuto dalla bellissima fontana monumentale il cui restauro [è stato di recente completato].

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CAP. 3 - Documentazione fotografica

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Il Convento dei Francescani riformati S.Maria della Consolazione4 I documenti che parlano dell’antico Convento dei Padri Francescani, situato in S.Andrea di Conza, non sono molti perché con la soppressione governativa avvenuta il 17/2/1861 gli atti dell’archivio sono stati distrutti o dispersi.

Sono stati, tuttavia, trovati documenti risalenti al 25/11/1607 quando si è stabilita la costruzione nella Terra di S. Andrea di un Convento di francescani. Di certo si può affermare che nel luogo dove è sorto il Convento già vi era un edificio di culto e precisamente la Chiesa di S. Maria della Neve. Dall’analisi dello stato di fatto e dalla consultazione di foto e documenti antichi si può fare una descrizione del complesso conventuale.

4 Soprintendenza ai BAAAS di Salerno ed Avellino (1989).

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Il Convento dei Frati Minori con le sue rendite occupava buona parte della zona a monte di S.Andrea. Si affacciava su di una spianata erbosa, a mò di terrazza, e vi si accedeva tramite due sentieri gradonati. Al piano terra c’erano la cucina con i depositi, al primo piano il refettorio e la biblioteca ed al secondo piano c’era il dormitorio dei frati. Il tutto era completato da una Chiesa, da un chiostro, da un orticello retrostante la sacrestia e da un boschetto riservato ai frati per fare la legna. Sotto il pronao della Chiesa c’era il cosiddetto “Calvario”, cioè un insieme di 5 croci lignee che ricordavano la Crocifissione di Gesù che poi è stato trasferito alla periferia del paese dove tuttora si trova. Soprastante il pronao c’era la “Cantoria” con un bellissimo organo andato perduto a cui si accedeva tramite una scala di legno posta all’interno della Chiesa. La Chiesa, dedicata a S. Maria della Consolazione, aveva una sola navata con sei cappelle munite di altari ed alle spalle dell’altare principale, sollevato e separato da una balaustra, vi era un coro ligneo portato, successivamente, alla Chiesa del Purgatorio. In seguito alla soppressione il Convento è passato alla famiglia Quaglietta di Pescopagano che lo ha adattato a proprio piacimento. La Chiesa, invece, era del Municipio di S. Andrea di Conza a cui spettava al manutenzione ordinaria e straordinaria, come attestano i documenti risalenti agli anni 1913-1915. Dopo il 1930 la Chiesa non è più stata utilizzata a fini di culto a causa di molte calamità non solo naturali...

“La sacra pietra di quei santi altari, Le benedette lapidi tombali

Usate furon per coprir le fogne’”... Nel 1951 il Sig. Franco Quaglietta, proprietario per successione della Sig.ra Lucia Quaglietta in Laviano, ha venduto a favore del sig. Francesco Martino ...”Appezzamento di terreno seminativo e pascolo alberato con fabbricati rurali...nonché la restante parte semidiruta dell’ex Monastero...” Il Convento, rimasto disabitato per diversi anni, è stato affittato dal nuovo proprietario ad alcuni contadini del paese, che lo hanno utilizzato come abitazione e depositi agricoli sino al 1980. Dopo il terremoto i ruderi del Convento sono stati acquistati dal Comune di S. Andrea di Conza con l’intenzione di consolidarlo e riutilizzarlo per

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attività ricreativo-culturali (…). Chiesa Madre di San Domenico5

La Chiesa Madre, sita nel centro antico di S.Andrea, si configura come episodio architettonico di notevoli proporzioni rispetto alla volumetria degli edifici circostanti, essendo inserita organicamente tra la fitta rete di stradine ed il Largo denominato “Chiesa Matrice”.

5 Soprintendenza ai BAAAS di Salerno ed Avellino, (1989).

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Probabilmente rimpianto originale della navata centrale risaliva al XIII secolo, mentre le navate laterali furono edificate fra il XVII ed il XVIII secolo. Alla metà del XIX secolo risalgono invece i due Cappelloni dedicati a S. Andrea e a S. Emidio. Nel 1691 il Castellano nella sua Cronista Conzana riferisce che: “... vi è anche la chiesa parrocchiale, che il parroco ha il titolo di arciprete e vi sono sei preti partecipanti, un diacono, un suddiacono, e quindici chierici... Il titolo della parrocchia è S. Domenico: ha due congreghe (del Rosario e dell’Immacolata), tredici benefici ecclesiastici...”. L’Arcivescovo Giuseppe Nicolai nel 1733 ha consacrato l’altare in onore della Vergine Addolorata situato sulla parete della navata laterale destra. Lo stesso Arcivescovo ha dotato la chiesa di preziosi arredi e dell’imponente cantoria per l’organo in legno intagliato e marcato con al centro lo stemma episcopale, collocata in controfacciata ed oggi completamente perduta a causa degli ultimi eventi sismici. Il terremoto del 7 giugno 1910 ha danneggiato in parte il sacro edificio che è stato restaurato per interessamento dell’arciprete Michele Giorgio. A quest’epoca risalivano i medaglioni raffiguranti i dodici apostoli e lo stemma del paese, dipinti da Angelo Metallo e disseminati lungo le pareti della navata maggiore della chiesa.

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La chiesa in pianta appariva come una grossa aula rettangolare ripartita in 3 navate con ai lati i corpi quadrati dei 2 simmetrici cappelloni laterali. Le navate erano scandite da quattro arcate a tutto sesto sorrette da pilastri a pianta rettangolare. L’edificio si concludeva con un’abside rettangolare. I due cappelloni laterali, dedicati ai santi protettori Andrea Apostolo ed Emidio Vescovo e Martire, che determinavano una sorta di transetto, erano coperti da una cupola a base circolare.

Il corpo della navata centrale, con copertura a tetto a doppia falda, era più alto rispetto ai due corpi laterali simmetrici con copertura ad una falda. Il campanile, a pianta quadrata 5x5 m., si compone di tré livelli che si concludono in sommità con un corpo ottagonale in pietra squadrato per un’altezza complessiva di oltre 15 m. dal piano stradale. Esso si propone come un elemento emergente sia in rapporto all’insieme architettonico dell’edificio, sia a quello dell’intorno urbano, rappresentando così un punto di riferimento paesaggistico del nucleo storico di Sant’Andrea di Conza. Il terremoto del 23/11/80 ha causato danni ingenti distruggendo totalmente la navata centrale e quella laterale destra adiacente al campanile e compromettendo gravemente la navata sinistra. Il restauro [ha comportato] il consolidamento, oltre che del

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campanile, anche della navata laterale sinistra e dell’adiacente cappellone inserendole in un nuovo “sistema” compositivo e funzionale; il tutto contenuto entro i limiti del perimetro preesistente. Obiettivo fondamentale del progetto [era] anche la ricollocazione di reperti iconografici e di arredo fisso e mobile di cui l’edificio era particolarmente ricco e che sono stati recuperati nell’immediato dopoterremoto e restaurati dalla Soprintendenza. Arco della Terra

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Casa D’Angola

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Resti della Chiesa di S.Sofia

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Fontana di Piazza Umberto I

Corso Garibaldi - balconata coperta con archi in pietra

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Corso Mazzini - portale

Mulino in via Sant’Antonio