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Il presente Rapporto è stato realizzato dalla Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Palermo in collaborazione con l’Istituto G. Tagliacarte di Roma

Si ringraziano: Banca d’Italia di PalermoBanca Nuova di Palermo

Gruppo di lavoro Camera di Commercio

Vincenzo Genco Segretario Generale f.f.

Maria Gerbino Dirigente Area n.2 “Promozione settori economici”

Clara Di PalermoResponsabile comunicazione esterna

Gruppo di lavoro Istituto G. Tagliacarne

Alessandro RinaldiDirigente Responsabile Area studi e Ricerche

Paolo CorteseResponsabile Analisi economiche e politiche di sviluppo territoriale

Riccardo AchilliRicercatore

Stefania VaccaRicercatrice

Stefano SparaccaCollaboratore

Michele FrateElaborazione dati

Cristian Mastrofrancesco Elaborazione dati

Progetto graficograficamente di Giuseppe Nisi

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PREMESSALa presente edizione dell’Osservatorio Economico della provincia di

Palermo presenta importanti innovazioni. La crisi finanziaria e la recessione hanno imposto nuovi

obiettivi, metodologia e disegno della ricerca. In particolare, l’impegno in favore di una qualità delle informazioni presenti nel

Rapporto passa attraverso le raccomandazioni fornite dalla Commissione europea sulle statistiche nazionali e comunitarie, riguardanti l’indipendenza professionale, la riservatezza

scientifica, l’imparzialità, la solidità metodologica, adeguate procedure statistiche, pertinenza delle informazioni,

accuratezza e attendibilità, tempestività e puntualità, coerenza e comparabilità e chiarezza.

Il Rapporto è suddiviso in tre sezioni, la prima di valutazione di impatto della crisi, la seconda di analisi macroeconomica

territoriale/strutturale e la terza di analisi dei settori produttivi e della relativa congiuntura. A corredo dell’analisi, inoltre, è stata realizzata

una appendice statistica.Per realizzare tali attività, è stata condotta una indagine presso un

campione rappresentativo di aziende (500), volta a definire le dinamiche congiunturali delle imprese palermitane nel 2009 e le

previsioni per il 2010. A differenza delle edizioni precedenti, saranno riportate le stime quantitative delle variazioni del volume di affari,

della produzione, dell’occupazione e degli investimenti.Nell’ambito dell’indagine, è stato realizzato un approfondimento sull’impatto della crisi in provincia, con particolare riferimento ai

fattori imprenditoriali e territoriali maggiormente interessati da tale fenomeno.

Sarà possibile osservare, poi, come la crisi abbia contribuito, insieme all’applicazione di Basilea 2, alla restrizione creditizia e, di

conseguenza, al rallentamento dell’intero sistema economico.Nel Rapporto verranno prese in considerazione le politiche per riattivare il circuito economico locale, anche attraverso misure

sistemiche e strutturali.

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IndicePremessa......................................................................................4

INTRODUZIONE....................................................................................7I Lo scenario economico dopo la crisi finanziaria...........................7II La situazione economica di Palermo.........................................12III L’impatto della crisi in provincia di Palermo.............................19IV La dinamica congiunturale del 2009 e le previsioni per il 2010.....................................................................................................22V Il credito ed fattori territoriali di sviluppo..................................24

SEZIONE 1GLI EFFETTI DELLA RECESSIONE INTERNAZIONALE IN PROVINCIA DI PALERMO................................................................28

1.1 GLI EFFETTI DIRETTI ED INDIRETTI DELLA CRISI.............................291.1.1 Ruolo e tendenze del clima di fiducia delle imprese palermitane..................................................................................291.1.2 Gli effetti della recessione sulle imprese............................321.1.3 Gli assetti finanziari ed il credito.........................................341.1.4 Gli impatti occupazionali della recessione..........................371.1.5 Le strategie e gli interventi per fronteggiare la crisi...........39

SEZIONE 2 L’ANALISI MACROECONOMICA......................................................42

2.1 – LA CREAZIONE DI RICCHEZZA.....................................................432.1.1 Il Prodotto Interno Lordo provinciale...................................432.1.2 Il valore aggiunto settoriale................................................45Quadro A - Il sistema economico integrato dei beni culturali.......46

2.2 – LA DISTRIBUZIONE DELLA RICCHEZZA.........................................492.2.1 La dinamica demografica....................................................492.2.2 Il Pil pro capite....................................................................52Quadro B – Benchmarking: le principali aree portuali mediterranee.....................................................................................................532.2.3 Il patrimonio delle famiglie..................................................552.2.4 L’indebitamento delle famiglie............................................562.2.5 I consumi delle famiglie......................................................59

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2.2.6 La qualità della vita.............................................................612.3 – LA DINAMICA IMPRENDITORIALE................................................64

2.3.1 Gli effetti della crisi sul sistema imprenditoriale.................642.3.2 La natura giuridica delle imprese........................................66

2.4 – IL COMMERCIO ESTERO.............................................................712.4.1 Le dinamiche congiunturali al terzo trimestre 2009...........712.4.2 Il posizionamento strutturale del commercio estero...........732.4.3 Il grado di internazionalizzazione........................................76

2.5 – IL MERCATO DEL LAVORO..........................................................782.5.1 Il quadro nazionale..............................................................78Quadro C - L’impatto della crisi sul mercato del lavoro...............812.5.2 I principali indicatori provinciali..........................................832.5.3 Gli andamenti occupazionali nel 2009................................852.5.4 L’occupazione per genere...................................................872.5.5 La distribuzione settoriale dell’occupazione.......................88

2.6 – IL CREDITO...............................................................................892.6.1 La rischiosità del credito durante la crisi.............................892.6.2 L’operatività del sistema bancario......................................902.6.3 La dotazione bancaria sul territorio....................................94

2.7 – LA SITUAZIONE INFRASTRUTTURALE...........................................972.7.1 L’articolazione delle infrastrutture......................................97

SEZIONE 3 I SETTORI ECONOMICI...................................................................100

3.1 – L’AGRICOLTURA......................................................................1013.2 – IL MANIFATTURIERO................................................................1033.3 – LE COSTRUZIONI.....................................................................1093.4 – I SERVIZI................................................................................1113.5 – L’ARTIGIANATO......................................................................119INTRODUZIONE APPENDICE STATICA......................................................3

SEZIONE 1GLI EFFETTI DELLA RECESSIONE INTERNAZIONALE IN PROVINCIA DI PALERMO..................................................................9

1.1 GLI EFFETTI DIRETTI ED INDIRETTI DELLA CRISI.............................10SEZIONE 2

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L’ANALISI MACROECONOMICA......................................................142.1 – LA CREAZIONE DI RICCHEZZA.....................................................152.2 – LA DISTRIBUZIONE DELLA RICCHEZZA.........................................162.3 – LA DINAMICA IMPRENDITORIALE................................................252.4 – IL COMMERCIO ESTERO.............................................................282.5 – IL MERCATO DEL LAVORO..........................................................332.6 – IL CREDITO...............................................................................38

SEZIONE 3I SETTORI ECONOMICI.....................................................................53

3.1 – L’AGRICOLTURA........................................................................543.2 – IL MANIFATTURIERO..................................................................543.3 – LE COSTRUZIONI.......................................................................563.4 – I SERVIZI..................................................................................563.5 –

L’ARTIGIANATO……………………………………………………………...61

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Introduzione

1. Lo scenario economico dopo la crisi finanziaria

Nella seconda metà del 2008, la crisi innescatasi nei mercati finanziari degli Stati Uniti, ha iniziato ad esplicare i propri effetti sull’economia reale, mettendo a dura prova il sistema economico e produttivo di numerosi Paesi.Nel 2009 l’economia occidentale, dopo anni di crescita, risulta in significativa flessione, soprattutto a causa delle perdite osservate nella prima parte dell’anno. Il secondo semestre manifesta, infatti, una dinamica di ordinativi e produzione più stabile. In ogni caso, il commercio economico mondiale, nel 2009 perde circa il 15%, per poi risvegliarsi, secondo le previsioni, nel 2010.Sono, dunque, le economie avanzate, in particolare europee, a soffrire maggiormente le difficoltà legate alla crisi economica, anche a causa del fatto che in questi paesi, la dinamica dei consumi interni è debole.Al pari delle altre economie, quella italiana ha scontato nel 2009 gli effetti della crisi internazionale evidenziando un quadro piuttosto difficile. La fase di contrazione del Prodotto Interno Lordo (PIL), intrapresa a partire già dal secondo trimestre del 2008 (-0,4%), si è accentuata proprio sul finire dell’anno (-2,9% nell’ultimo trimestre), alla vigilia della marcata accelerazione del ritmo di decrescita registrata nel primo trimestre del 2009 (-6,0%). Un deterioramento che ha esaurito la sua spinta nel secondo trimestre del 2009, quando il PIL si è contratto in termini tendenziali quasi della stessa aliquota percentuale segnata in quello precedente (-5,9%). Nel terzo trimestre si è poi registrato una ulteriore, e più importante, attenuazione delle dinamiche negative (-4,6%), che in termini congiunturali si traduce in una crescita del Pil (+0,6%), la prima variazione positiva dal momento in cui è iniziata la fase recessiva.

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Trattandosi di una crisi che ha paralizzato gran parte del sistema produttivo mondiale, è evidente come il settore industriale, maggiormente internazionalizzato, sia risultato quello più colpito. Performance rese negative soprattutto in conseguenza del marcato calo della domanda estera, riflesso in due consecutive riduzioni tendenziali delle esportazioni di beni e servizi, nel primo e nel secondo trimestre del 2009 di oltre 20 punti percentuali (-21,9% nel primo e -23,1% nel secondo). La produzione nazionale non è stata supportata, d’altra parte, dai consumi interni privati che hanno raggiunto una flessione di quasi tre punti percentuali nel primo trimestre dell’anno corrente. In un contesto di incertezza sul futuro, le imprese hanno poi ridotto notevolmente il processo di accumulazione. Gli investimenti si sono, infatti, ridotti in misura significativa, toccando il proprio minimo nel secondo trimestre del 2009 (-16,9% rispetto al trimestre corrispondente). Si tratta di una politica di investimento attendista, riscontrabile anche dal lato del credito, come dimostra il fatto che, tra il 2008 ed il 2009, si è considerevolmente ridotto il tasso di crescita degli impieghi bancari relativi alle imprese.I dati relativi al terzo trimestre mostrano, tuttavia, come l’economia italiana abbia imboccato la strada della ripresa. Per tutte le variabili macroeconomiche in esame si registra, infatti, un attenuamento del trend negativo (in termini tendenziali: Pil -4,6%; esportazioni -18,3%, consumi interni -1,7%, investimenti -13,8%; in termini congiunturali: Pil +0,6%; esportazioni +2,5%, consumi interni +0,4%, investimenti +0,3%). Sulla scia di un miglioramento del clima di fiducia delle imprese manifatturiere, nel mese di maggio ha ripreso a crescere anche la produzione industriale, che sta gradualmente tornando ai livelli pre-crisi. Nel terzo trimestre la ricchezza prodotta dal settore industriale ha, infatti, segnato una variazione positiva (+3%). Si registra un’inversione di tendenza anche per il terziario, percorso già

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iniziato nel trimestre precedente, mentre per l’agricoltura e le costruzioni persiste la fase di discesa. A gravare sul settore è, in particolare, sia il rallentamento del mercato immobiliare che la diminuzione degli appalti per opere pubbliche.Quanto appena detto evidenzia come il sistema economico italiano, seppur debolmente, abbia iniziato a reagire. Più in generale, anche la comunità economica mondiale, nonostante il crack delle piazze asiatiche -Dubai World- di fine novembre abbia lasciato gli operatori finanziari con il fiato sospeso, è concorde nell’affermare che “il peggio è passato”. In ogni caso, sebbene tale ottimismo sia giustificato da timidi segnali di ripresa, a livello internazionale, degli ordinativi e della produzione, è doveroso tener conto del fatto che rimangono, comunque, numerose “questioni sul tappeto”.A destare preoccupazione è, soprattutto, il mercato del lavoro, le cui condizioni sembrano destinate a deteriorarsi nei prossimi mesi (a causa dell’andamento della Cassa Integrazione), con le conseguenti tensioni sociali e gli effetti sul dinamismo italiano che ne deriverebbero. Si tratta, infatti, di una variabile su cui l’andamento del ciclo economico tende a riflettersi con qualche ritardo. A differenza delle precedenti crisi, inoltre, in quella attuale, le perdite di posti di lavoro nell’industria non verranno sostituite dal dinamismo del settore terziario.Altro fattore ostativo piuttosto rilevante della crisi è stato quello creditizio, sia con riferimento alle rigidità sistemiche che al costo del denaro praticato ad imprese e famiglie. Attualmente i tassi di sconto Fed e Bce ed i tassi di interesse interbancari sono ai minimi storici, mentre i tassi di interesse praticati alle imprese risultano ancora elevati. Dopo l’estate, infatti, crescono le critiche verso l’Accordo di Basilea 2 che, basando il rating sulla salute di bilancio dell’impresa, è giudicato eccessivamente prociclico e quindi reo di aver favorito le dinamiche recessive. In ogni caso, le previsioni realizzate in autunno sembrano meno severe di quelle

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realizzate prima dell’estate. Nel 2009 l’Italia perderà circa 5 punti percentuali di PIL, mentre il 2010 potrebbe essere l’anno della ripresa (+0,2%/+1,2%). Chiaramente, il modesto dinamismo del sistema Italia non deve essere attribuito esclusivamente alla congiuntura negativa, quanto piuttosto alle difficoltà ed ai noti ritardi e squilibri strutturali che influenzano le modalità di reazione del nostro Paese agli shock esogeni.

Graf. 1 – Andamento del PIL nel Mondo e nei principali sistemi economici (2007 – 2008; previsioni 2009 – 2010; In %)

-6,0

-4,0

-2,0

0,0

2,0

4,0

6,0

2007 2008 2009 2010

Germania Spagna Francia ItaliaArea euro Regno Unito Stati Uniti GiapponeEconomie avanzate Mondo

  2007 2008 2009 2010Germania 2,5 1,2 -5,3 0,3Spagna 3,6 0,9 -3,8 -0,7Francia 2,3 0,3 -2,4 0,9ITALIA 1,6 -1,0 -5,1 0,2Area euro 2,7 0,7 -4,2 0,3Regno Unito 2,6 0,7 -4,4 0,9Stati Uniti 2,1 0,4 -2,7 1,5Giappone 2,3 -0,7 -5,4 1,7Economie avanzate 2,7 0,6 -3,4 1,3MONDO 5,2 3,0 -1,1 3,1Fonte: FMI, World Economic Outlook, October 2009

Tab. 1 – Quadro macroeconomico per l'Italia (variazioni percentuali; 2008 consuntivo, 2009 e 2010 previsioni)

2008 2009 2010PIL -1,0 -4,7 0,6Importazioni di beni e servizi -4,5 -15,3 1,5Esportazioni di beni e servizi -3,7 -20,2 1,7Consumi delle famiglie residenti -0,9 -1,7 0,6Consumi delle AA.PP. 0,6 1,3 0,3Investimenti fissi lordi -2,9 -12,1 0,7Occupati (Ula) -0,1 -2,7 -0,6Tasso di disoccupazione 6,7 7,6 8,6

Fonte: elaborazioni su dati ISAE, Nota mensile ottobre 2009

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Graf. 2 – Conto economico delle risorse e degli impieghi in Italia (2008–2009; variazioni trimestrali tendenziali In %)

-18,0-16,0-14,0-12,0-10,0-8,0-6,0-4,0-2,00,02,0

I trim 08 II trim 08 III trim 08 IV trim 08 I trim 09 II trim 09 III trim 09-25,0

-20,0

-15,0

-10,0

-5,0

0,0

5,0

PIL ConsumiInvestimenti Importazioni (scala destra)Esportazioni (scala destra)

Fonte: elaborazioni su dati ISTAT

Graf. 3 – Andamento dei tassi di sconto FED e BCE (2007 – 2009)

5,25

4,754,50

4,254,00

3,503,25

2,502,25

1,75

1,25

0,50

3,754,00

4,25

3,75 3,75

3,25

2,50

2,00

1,501,25

1,00

5,25

2,25

1,25

0,50 0,50 0,50 0,50

4,004,00

4,004,00

4,00

4,004,004,00

0,0

1,0

2,0

3,0

4,0

5,0

6,0

Marzo, 2007Giugno, 2007Settembre, 2007Novembre, 2007Dicembre, 2007Gennaio, 2008Febbraio, 2008Marzo, 2008Marzo, 2008Aprile,2008Luglio, 20087 Ottobre, 200829 Ottobre, 2008Novembre, 2008Dicembre, 2008Gennaio, 2009Marzo, 2009Aprile, 2009Maggio, 2009

FED BCE

Fonte: FED, BCE

L’indice del clima di fiducia ISAE:luglio 2008/novembre 2009L’Istituto di Studi e Analisi Economica (ISAE) realizza mensilmente inchieste congiunturali sulla base di interviste a campioni di imprese di vari settori (manifatturiero ed estrattivo, costruzioni, commercio al minuto, servizi) e presso un campione di consumatori, a livello nazionale. Il clima di fiducia è un indicatore sintetico complessivo di ciascuna inchiesta elaborato sulla base delle domande ritenute maggiormente idonee per valutare l’ottimismo/pessimismo delle imprese dei differenti settori in esame e dei consumatori. Sulla base di esso, è possibile trarre delle indicazioni sul loro stato di fiducia circa le condizioni economiche correnti e sulle loro aspettative di breve termine. Da una valutazione complessiva degli indici mensili a disposizione per il periodo luglio 2008/agosto 2009 si ricava una impressione generale di lieve miglioramento del clima di fiducia dopo i picchi negativi conseguenti all’esplosione della crisi economica internazionale, sebbene con delle differenze, in particolare tra settori, che meritano di essere analizzate.L’indice del clima di fiducia del settore manifatturiero risulta caratterizzato da un trend crescente in atto

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dal marzo 2009, mese che rappresenta il punto di svolta dopo la caduta costante dell’indice iniziata nel luglio 2008; tale andamento rappresenta una prima indicazione di maggiore fiducia in una possibile ripresa, anche se il livello dell’indice rimane ancora al di sotto del livello precedente all’esplosione della crisi. Anche l’indice del settore dei servizi sembra proporre la stessa tendenza di quello del settore manifatturiero, con una crescita dal II trimestre 2009 e con un recupero rispetto al luglio 2008. Una conferma di questi primi segnali di lieve progresso può essere rinvenuta nel clima di fiducia dei consumatori, con il relativo indice che dopo aver toccato un proprio minimo nel luglio 2008 è anch’esso ripreso a salire fino a raggiungere livelli superiori a quelli precedenti la crisi.Contrariamente, nel caso del settore delle costruzioni è evidente come dopo il crollo della fiducia dell’agosto 2008, conseguenza della crisi e di un rallentamento ciclico seguito ad un quinquennio di forte espansione, l’indice pur mostrando dei timidi segnali di miglioramento rimanga costantemente a livelli inferiori a quelli pre-crisi, segnalando uno stato di pessimismo ed incertezza. Un andamento piuttosto simile nella fiducia degli imprenditori si rinviene anche nel settore del commercio, anche se con una tendenza lievemente più marcata al rialzo.In definitiva, come accennato precedentemente, l’analisi congiunta dei diversi indici sul clima di fiducia elaborati dall’ISAE consente di evidenziare qualche prima indicazione di cauto ottimismo tra imprese e famiglie italiane, sebbene si sia ancora piuttosto distanti da un completo recupero dagli effetti negativi della crisi sullo stato di fiducia nell’economia nel suo complesso.

Quadro 1 – Andamento mensile dell’indice del clima di fiducia dei consumatori (luglio 2008/novembre 2009; dati destagionalizzati, base 2000 = 100)

75,0

80,0

85,0

90,0

95,0

100,0

lug-08 ago-08 set-08 ott-08 nov-08 dic-08 gen-09 feb-09 mar-09 apr-09 mag-09 giu-09 lug-09 ago-09 set-09 ott-09 nov-09Fonte: ISAE

II La situazione economica di Palermo

La recessione economica in atto, dopo aver abbandonato la sfera puramente finanziaria, è entrata da quasi un anno nel comparto reale dei sistemi economici di tutto il mondo e, a tutti i livelli territoriali, riconfigura, in modo profondo e per molti versi ancora inesplorato, i rapporti economici ed i modelli competitivi adottati dai sistemi economici.Attualmente, Palermo, come il resto delle economie territoriali del mondo, è alle prese con

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Aspetti strutturali e congiunturali della crisi

la difficile sfida di traghettare il proprio sistema produttivo fuori dalla recessione, minimizzandone le perdite ed i conseguenti impatti sociali. Al contempo, emerge l’esigenza di attrezzare le imprese operanti nel territorio con quei fattori di competitività strutturale, atti a cogliere le opportunità della ripresa economica, quando essa si manifesterà. Per questi motivi, l’Osservatorio Economico di Palermo quest’anno focalizza la propria attenzione sull’impatto della recessione sull’economia locale e sul modo con il quale le imprese provinciali stanno reagendo, con un’ottica che però non è meramente congiunturale, ma anche strutturale, perché i fattori dell’assetto socio-economico locale determinano, da un lato, caratteristiche, intensità e durata degli effetti della recessione e, dall’altro, influenzano la capacità reattiva del sistema produttivo locale e la velocità della sua fuoriuscita dalla depressione del ciclo.

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La crescita strutturale dell’economia: nel 2008 Pil

-3,2%

Crescita del Pil e crescita reale dell’economia

Una uscita dalla crisi che, per Palermo, potrebbe

essere complessa

L’economia palermitana, già prima della crisi, proviene da un periodo di crescita particolarmente debole, poiché già dal 2006 l’andamento del PIL provinciale si è collocato al di sotto della media regionale e di quella nazionale, evidenziando prima una sostanziale stagnazione e poi, già a partire dal 2008, una flessione del Pil provinciale del -3,2% (Sicilia -1,2%; Italia -1%) che anticipa la crisi economica generale. L’evidente rallentamento, e poi l’inversione, della crescita economica locale, dipende in primo luogo da fattori strutturali di debolezza negli assetti competitivi del territorio.Il risultato potrebbe essere una durata della recessione che si protrae, con una crescita del Pil locale flebile anche quando il ciclo economico nazionale invertirà rotta. Rispetto a quest’ultima prospettiva, e con riferimento all’economia italiana nel suo insieme, i vari modelli previsionali ad oggi elaborati non indicano univocamente il momento in cui l’economia italiana uscirà dalla crisi. Tuttavia, è sempre più chiaro agli economisti1 che la misurazione della capacità di fuoriuscita dalla crisi basata sul solo Pil sia estremamente fuorviante. Per esempio, nonostante la flessione del Pil prevista per il 2009, l’Italia è ancora l’8° Paese al mondo in termini di ricchezza netta complessiva pro capite, un aggregato che tiene conto anche della dotazione patrimoniale delle famiglie (tale risultato, peraltro, è stato favorito da una distribuzione della ricchezza fra i vari strati della società molto più equa rispetto agli altri grandi Paesi occidentali, come dimostra il fatto che, in termini di ricchezza mediana per adulto, l’Italia è seconda soltanto al Giappone). Naturalmente, quando dal livello nazionale si passa a quello territoriale, la provincia di Palermo risulta caratterizzata da numerosi fattori di bassa competitività e di inerzia, in linea, peraltro, con le caratteristiche tipiche del Mezzogiorno. Si tratta di fattori che aggravano l’intensità della recessione, e ne allungano la durata,

1 Stiglitz J. E., Sen A., Fitoussi J. P., 2009, Report by the Commission on the Measurement of Economici Performance and Social Progress, UE.

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I fattori che condizionano l’assetto economico

palermitano

compromettendo gli assetti di bilancio di molte imprese locali, con possibili conseguenze anche sulla sfera sociale. Si tratta, infatti, di una realtà economica e sociale caratterizzata da problemi strutturali, spesso anche di lunga durata, che indeboliscono il dinamismo e la competitività del territorio e dei suoi operatori economici. In particolare, i seguenti fattori strutturali pongono interrogativi seri sulla tenuta del territorio: • un modello di specializzazione produttiva dove l’incidenza dei settori a più alto contenuto di innovazione scientifico-tecnologica è moderato; tali settori sono quelli che, almeno al netto dell’attuale fase recessiva, hanno mostrato la maggiore propensione a crescere sui mercati globali e l’economia palermitana sembra esserne poco dotata. A fronte della carente diffusione di tali settori, il sistema produtivo palermitano mostra una incidenza dei servizi molto ampia (valore aggiunto Palermo: 84,5%; Italia 70,5%), che è il frutto di un processo di terziarizzazione molto avanzato, favorito anche dalla presenza di uno dei poli urbani più grandi del Mezzogiorno. Tuttavia, il processo di terziarizzazione dell’economia palermitana non si è svolto attraverso meccanismi virtuosi, allineati ad un fenomeno di abbandono di cicli produttivi a basso valore aggiunto (come ad esempio le attività agricole e quelle manifatturiere a minor livello qualitativo e di innovazione) per abbracciare attività immateriali ad elevata redditività sui mercati (quali i cosiddetti “servizi avanzati”: ICT, informatica, R&S, attività finanziarie, ecc.). Infatti, al netto del peso tradizionalmente assunto dai servizi pubblici, connesso al ruolo di capitale regionale, la terziarizzazione dell’economia palermitana è passata per il tramite di attività di servizio alla persona a basso valore aggiunto, mentre il peso dei servizi avanzati è pari al 31% del totale del valore aggiunto dei servizi, a fronte di una media del 39% a livello nazionale. Nell’ambito dei servizi, un ruolo non secondario, poi, è quello del

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Credito, patrimonioe ricchezza delle famiglie

Un mercato del lavoro difficile anche prima

turismo, con particolare riferimento alle risorse naturali/marittime ed alla filiera dei beni culturali che interessa e valorizza anche produzioni manifatturiere per una incidenza sul totale del valore aggiunto pari al 20%; • il tessuto produttivo palermitano è costituito prevalentemente da ditte individuali (III trim. 2009: Palermo 74,2%; Italia 63,3%) mentre la presenza delle imprese più capitalizzate e strutturate, anche in termini di modelli di governance ed articolazione organizzativa interna, ovvero le società di capitali, è ancora poco marcata (10,6%, Italia 17%). Un simile assetto imprenditoriale rischia di essere esposto alla recessione, in quanto le imprese più piccole, meno patrimonializzate, hanno una strutturale difficoltà di accesso al credito, non potendo fornire garanzie patrimoniali particolarmente elevate. Inoltre, sovente tali imprese si collocano nelle posizioni finali delle filiere cui appartengono, quindi anche del ciclo delle committenze e dei relativi pagamenti, subiscono le restrizioni di mercato accusate a monte dai committenti. Tali fattori, nel 2009, hanno comportato cessazioni di imprese nel commercio e nell’agricoltura; • in ragione dell’andamento dinamico di crescita dell’indebitamento di famiglie e piccole imprese nei confronti delle banche nel biennio 2007-2008, il livello di esposizione debitoria delle famiglie e delle piccole imprese è rapidamente cresciuto (i dati relativi al I semestre 2009 evidenziano, tuttavia, una crescita più contenuta), e ciò può porre delle preoccupazioni, in prospettiva, sulla tenuta di un sistema economico che cresce poco, che non crea molti posti di lavoro aggiuntivi, ma in cui si accumula il debito a carico di famiglie ed imprese. Infatti, il valore del rapporto fra credito alle famiglie consumatrici pro capite e Pil pro capite, che rappresenta la ricchezza media di cui gli individui dispongono per ripagare i loro debiti è, per Palermo, pari al 107,6% della media regionale ed al 113% di quella nazionale. Anche se il rapporto fra debito e patrimonio è

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della crisi

Gli elementi che favoriranno la ripresa

Un nucleo di imprese traina l’economia

leggermente inferiore alla media nazionale (risultando pari al 95% della stessa), il divario in termini di rapporto fra debito e reddito crea alcune tensioni, inasprendo il “credit crunch” tipico dell’attuale recessione, anche in ragione di un grado di rischiosità del credito che, in provincia, ha ripreso a crescere nel 2009. Un eventuale ulteriore restringimento del credito a famiglie ed imprese (il 43% degli intervistati conferma che l’accesso al credito è peggiorato) si rifletterà sui consumi e sugli investimenti, aggravando gli effetti della recessione; • in ragione del suo modello di specializzazione produttiva e dei suoi assetti patrimoniali, dimensionali e finanziari, il sistema produttivo palermitano sta perdendo competitività sui mercati internazionali, un fenomeno avviatosi ben prima che l’attuale recessione fosse anche solo lontanamente prevedibile. La progressiva perdita di competitività internazionale dell’economia palermitana negli ultimi cinque anni costituisce uno dei fattori principali del rallentamento del suo ciclo di crescita, ed è evidenziata dal degrado della propensione all’export (ogni 100 euro prodotti solo 1,9 derivano dalle esportazioni; in Italia 22,8). In questo scenario, i primi nove mesi del 2009 segnano un brusco calo delle merci esportate, con particolare riferimento ai mezzi di trasporto, soprattutto per quanto riguarda le navi ed imbarcazioni; • un mercato del lavoro fragile e connotato da indicatori poco favorevoli già prima dell’innesco della crisi attuale; fra il 2004 ed il 2008, gli occupati crescono soltanto del 2,1%, a fronte di un 2,9% a livello regionale e del 4,5% a livello medio nazionale. Anche la riduzione dello stock di disoccupati, condiviso con il resto dell’economia italiana, e connesso ai grandi cambiamenti che i meccanismi del mercato del lavoro hanno subito negli ultimi 10-12 anni, appare inferiore ad altre province siciliane, attestandosi al 17,1% nel 2008 (Italia 6,7%), ma cela sacche di disoccupazione nascosta e di disoccupati scoraggiati, che non cercano più attivamente lavoro. In tale

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Demografia e ricchezza

contesto, a Palermo, nel corso del 2009, il ricorso alla CIG cresce significativamente, sospinto dalle dinamiche nell’industria e nel commercio. Ciò è un indizio circa il fatto che il tessuto imprenditoriale palermitano stia pagando un prezzo pesante alla recessione. Inoltre, si deve comunque tener conto del fatto che la debolezza strutturale del mercato del lavoro palermitano, insieme all’esplosione della CIG nel 2008 e nel 2009, sono altrettanti indizi del fatto che il tessuto produttivo provinciale, e la relativa base occupazionale, stanno subendo gli effetti della crisi in forme e con intensità che potrebbero rivelarsi di complessa gestione.

Ponendoci sotto una diversa lente di osservazione, va detto che vi sono elementi favorevoli di vitalità, che devono essere colti ed opportunamente valorizzati, perché vanno in controtendenza rispetto alla recessione. Tali elementi possono così sintetizzarsi: • l’efficace reazione strategica delle imprese intervistate, che non intendono soltanto difendersi dagli effetti della recessione, ma vogliono anche investire sul miglioramento della propria competitività strutturale, agendo sulle leve della qualità, della ricerca di nicchie di mercato ad alto valore aggiunto, specializzando la propria offerta su tali nicchie dell’innovazione tecnologica. Ciò evidenzia la presenza di una classe imprenditoriale matura e dinamica, in grado, perlomeno culturalmente, di promuovere processi di cambiamento significativi, utili ad uscire rafforzati dalla difficile congiuntura attuale (che poi il sistema complessivo, dalle banche alla PA, alla ricerca e alla formazione, devono assecondare e favorire);

• un altro evidente indicatore di reattività del sistema imprenditoriale provinciale è rappresentato dal fatto che, a fronte della contrazione dell’export, dovuta in larga misura alla congiuntura negativa a livello internazionale, vi è uno sforzo di riposizionamento, da parte delle PMI locali, verso mercati

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“nuovi” (in particolare, i mercati del Nord Africa, i mercati emergenti di Messico e Brasile, ma anche alcuni mercati europei “ricchi”, e precedentemente inesplorati, come quello svedese) al fine di trovare spazi commerciali che compensino quelli che si chiudono sui mercati “tradizionali” di sbocco; • alcuni aspetti strutturali del sistema creditizio locale evidenziano, nonostante un alto livello di rischiosità del credito, un sostanziale equilibrio che garantisce la stabilità del sistema bancario locale e, quindi, l’operatività, anche in questa fase particolarmente restrittiva. Infatti, la crescita del valore dei depositi bancari è stata piuttosto alta (+34,2% fra il 2002 ed il 2008), secondo solamente alla media nazionale (+40%). Inoltre, Palermo risulta essere un mercato creditizio dominato dai gruppi bancari più grandi, a detrimento delle banche piccole e locali, la cui capacità di raccolta è inferiore alla media nazionale. Tale assetto del mercato creditizio provinciale è ovviamente un riflesso dell’elevato grado di urbanizzazione della popolazione e delle attività economiche nella provincia, che tende ad attrarre gli operatori bancari di più grandi dimensioni, e che ha pregi e difetti. Da un lato, le imprese bancarie più grandi, in teoria, hanno maggiori disponibilità finanziarie da riversare a supporto dello sviluppo economico, ma dall’altro le imprese bancarie più piccole, che fanno della conoscenza e della relazione personale fra banca e cliente il loro punto di forza maggiore, tendono ad essere spiazzate. Nel 2009, tuttavia, si registra una crescita del livello delle sofferenze sugli impieghi (+2,2%); • nonostante la debole crescita degli ultimi anni, la ricchezza media, in termini patrimoniali, delle famiglie palermitane, è ancora piuttosto elevata. Infatti, con un valore medio di 300.000 euro per famiglia, Palermo è la seconda provincia della Sicilia, dopo Trapani, per dotazione patrimoniale. La famiglia media palermitana ha uno stock patrimoniale pari a poco più del 78% della famiglia media italiana, il che, nel panorama complessivo della Sicilia e del

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Mezzogiorno, può essere considerato un valore soddisfacente. Ciò, tuttavia, si rifletterà sulla tenuta dei livelli dei consumi sul mercato locale, anche in virtù di una generale flessione dei redditi; • a fronte della ripresa dei flussi migratori, connessa con la difficile situazione del mercato del lavoro locale, la popolazione palermitana è ancora relativamente giovane, se paragonata con il resto della Sicilia e con la media nazionale, come dimostrano i valori relativi alla percentuale di giovani con meno di 15 anni ed all’indice di vecchiaia. Peraltro, anche nell’ambito della popolazione in età da lavoro, Palermo esibisce una quota di “lavoratori giovani” (15-39 anni) relativamente più elevata rispetto ai “lavoratori anziani” (40-64 anni), come indica il valore basso dell’indice di struttura. Pertanto, una popolazione giovane, sia in assoluto che con riferimento al mercato del lavoro, costituisce un vantaggio competitivo tipico di Palermo, e del tutto favorevole, sia in confronto con le altre province siciliane, che con il Paese nel suo insieme. Una forza lavoro costituita prevalentemente da giovani, infatti, consente di avere lavoratori creativi e potenzialmente ad elevata produttività, a tutto vantaggio delle prospettive di crescita futura dell’economia locale.

Tab. 2 – Pil per abitante nelle province siciliane, in Sicilia ed in Italia, a prezzi correnti (2003-2008; N.I., Italia = 100)

  2003 2004 2005 2006 2007 2008Trapani 72,1 63,0 65,0 66,8 63,7 60,3Palermo 64,1 65,7 65,9 64,8 65,7 67,1Messina 71,4 66,4 70,0 70,5 69,2 66,9Agrigento 59,3 53,1 54,0 53,7 51,9 56,3Caltanissetta 64,7 60,6 64,5 64,7 64,0 66,1Enna 60,1 56,8 58,2 59,6 58,2 59,0Catania 66,4 64,5 65,2 64,9 64,5 66,7Ragusa 72,9 72,7 71,8 71,7 71,7 76,1Siracusa 82,8 74,3 77,2 79,0 77,7 71,0Sicilia 67,7 64,7 66,0 66,1 65,4 66,0ITALIA 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0Fonte: Istituto G. Tagliacarne

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Graf. 4 – Variazione annua del Pil a Palermo, in Sicilia ed in Italia, a prezzi costanti (2002-2008; valori In %)

-3,2

2,4

-0,4

0,1

1,11,4 1,5

-1,2

0,3

1,2

-0,1 -0,1

2,2

0,2

-1,0

1,62,01,5

0,70,5

0,0

-4,0

-3,0

-2,0

-1,0

0,0

1,0

2,0

3,0

-4,0

-3,0

-2,0

-1,0

0,0

1,0

2,0

3,0

Palermo SICILIA ITALIA

Fonte: Istituto G. Tagliacarne

Tab. 3 – Incidenza del valore aggiunto a prezzi correnti (In %) per settore di attività economica

a Palermo ed in Italia (2007)  Palermo ITALIA

Agricoltura 1,9 2,1Manifatturiero 8,7 21,4Costruzioni 4,9 6,1Servizi 84,5 70,5Totale economia 100,0 100,0Fonte: Istituto G. Tagliacarne

Tab. 4 – Indebitamento delle famiglie in provincia di Palermo, in Sicilia ed in Italia(variazione %; 2008/2007; I sem. 2009/2008)

2008/2007 I sem. 2009/2008Palermo 6,3 2,8Sicilia 4,1 1,9ITALIA 1,0 3,1Fonte: Istituto Tagliacarne su dati Banca d’Italia

Tab. 5 – Distribuzione del patrimonio delle famiglie in provincia di Palermo, in Sicilia e in Italia

(In %; 2007)

 Attività reali Attività finanziarie Totale

generale

Abitazioni

Terreni

Totale

Depositi

Val. mobiliari

Riserve

Totale

Palermo 71,8 1,3 73,0 10,1 9,5 7,4 27,0 100,0Sicilia 70,2 2,1 72,3 10,3 9,8 7,6 27,7 100,0ITALIA 59,5 2,6 62,1 9,8 20,9 7,3 37,9 100,0Fonte: Elaborazione Istituto G. Tagliacarne su dati Istat

Tab. 6 – Tassi di disoccupazione in provincia di Palermo, in Sicilia e in Italia (2008)Maschi Femmine Totale

Palermo 15,6 19,8 17,1Sicilia 11,9 17,3 13,8ITALIA 5,5 8,5 6,7

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Fonte: Istat

III L’impatto della crisi in provincia di Palermo

Gli effetti della crisi: consumi, investimenti

e credito

I primi effetti della ripresa inizieranno a farsi sentire nel 2010

Con riferimento agli effetti della crisi, ad oggi, emerge che la recessione agisce sull’economia locale tramite diversi canali, fra i quali le aspettative di imprenditori e consumatori, che influenzano la propensione ad investire ed a consumare, e quindi l’andamento della domanda aggregata e del valore aggiunto locale. A ciò occorre aggiungere che il rapporto fra banche ed imprese si fa più difficile, compromettendo l’accesso al credito da parte di un numero crescente di PMI, proprio nel momento in cui la recessione induce un degrado del cash flow e delle condizioni di liquidità delle imprese, depauperandole dalle risorse finanziarie necessarie.Sotto il profilo del clima di fiducia, le imprese palermitane intervistate ritengono che la recessione avrà un impatto non dissimile da quello che complessivamente avrà sulla regione nel suo insieme, evidenziando come l’economia locale abbia un ruolo determinante nella definizione delle traiettorie economiche siciliane e come l’intero contesto isolano sia interessato da un rallentamento della crescita.Pertanto, al netto del settore turistico, che sembra in grado di evidenziare una tenuta migliore degli altri comparti, nonostante alcune annate turistiche non proprio positive, vi è una percezione, relativamente diffusa, che indica un quadro economico deteriorato.In linea generale, tale clima di fiducia deriva soprattutto dalla considerazione che le imprese palermitane soffrono di una fragilità finanziaria. Infatti, per la maggior parte degli intervistati il mancato investimento dipende da difficoltà di liquidità sopravvenute, che ostacolano l’utilizzo dei mezzi propri per coprire gli investimenti ed, al tempo stesso, rendono più difficile l’ottenimento di credito bancario, nella misura in cui il degrado degli assetti di bilancio rende più rischioso il prestito bancario, scoraggiando i flussi tra banche e imprese. A giudizio delle imprese locali, inoltre, la crisi avrà

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La reazione degli imprenditori: le leve

utilizzate per fronteggiare la crisi

un impatto soprattutto sui consumi delle famiglie e, quindi, sui livelli di domanda finale sul mercato, con riflessi sui fatturati delle imprese per lo più del commercio (chiusi 216 negozi nel 2009); inoltre, numerose imprese sono in difficoltà nei contributi previdenziali, alimentando il circolo vizioso. Il calo dei consumi sarà ovviamente amplificato dalla contrazione nei livelli occupazionali, che sembra essere particolarmente serio per le imprese del commercio (44,1% di rispondenti ha segnalato un possibile calo di addetti). Per circa un terzo del campione, poi, vi sarà anche una riduzione del livello di investimento, con conseguenze negative, in termini di competitività aziendale, nel medio periodo. Il 27% delle imprese scarica gli effetti della crisi finanziaria a monte, ritardando i pagamenti dovuti ai propri fornitori, propagando di fatto gli effetti della recessione lungo l’intera filiera produttiva di appartenenza, e generalizzandola potenzialmente all’intero sistema produttivo. Un ulteriore 13% è costretto a ritardare i pagamenti ai lavoratori, contribuendo così alla contrazione dei consumi finali, in una spirale perversa che, dal rallentamento della domanda, finisce per creare ulteriori problemi alle imprese offerenti. Come affermato anche dall’OCSE, la recessione lascia i propri effetti sull’occupazione, soprattutto nel 2009, ed in settori produttivi specifici come, in particolare, le costruzioni, nonostante il tentativo della maggior parte delle imprese di difendere la propria base occupazionale e conservare le competenze acquisite del proprio capitale umano. Di fronte a tale situazione, la reazione degli imprenditori è positiva, nella misura in cui il tentativo prevalente è quello di reagire, andando a cercare quelle nicchie di mercato ad elevato valore aggiunto, tramite un miglioramento qualitativo dei prodotti/servizi offerti. In altri termini, le imprese stanno cercando di orientare la propria offerta verso segmenti di mercato ad alto potere di acquisto, tale da pagare un “premium price”. Nonostante questa coraggiosa strategia di attacco,

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volta a migliorare la competitività strutturale, e malgrado lo sforzo di minimizzare l’impatto occupazionale e sociale della recessione, lo sforzo delle imprese palermitane potrebbe non essere sufficiente a garantire una consistente inversione di tendenza del ciclo, anche perché le condizioni strutturali in cui versa l’assetto socio-economico provinciale, alla vigilia della crisi, evidenziano diversi aspetti di fragilità.

Diag. 1 – Diagramma raffigurante il circuito vizioso derivante dalla crisi in provincia di Palermo (In %)

Fonte: Osservatorio Economico Palermo

Graf. 5 – Principali conseguenze negative per l’azienda dell’attuale crisi economica e finanziaria (In %)

8,69,0

12,613,4

36,049,4

Altre conseguenzeMaggiore fragilità dal punto di vista organizzativo

Maggior ricorso all’indebitamento bancario Riduzione degli ordini ai fornitori

Minore competitività sui prodotti/servizi offertiCompressione dei margini

Maggiori difficoltà a incassare pagamenti da clientiMinore liquidità

Riduzione degli ordini da parte dalla clientela

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Consumi delle

famiglie 68,8%

Occupazione 36,2%

Riduzione degli ordini

49,4%Investimenti

33%

Minore liquidità

36%

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*Trattandosi di domanda a risposta multipla il totale delle risposte può essere superiore a 100.Fonte: Osservatorio Economico Palermo

Graf. 6 – Impatto che la crisi economica ha avuto/avrà sui seguenti aspetti della vita

socio-economicia (In %)

4,65,8

17,432,433,0

36,268,8

AltroEsportazioni

Consumi dei turistiFallimenti/cessazioni di imprese

Investimenti delle impreseLivelli occupazionali

Consumi delle famiglie

*Trattandosi di domanda a risposta multipla il totale delle risposte può essere superiore a 100.Fonte: Osservatorio Economico PalermoIV La dinamica congiunturale del 2009 e le previsioni per il 2010

La flessione dell’attività nel 2009

Passando ad analizzare le performance congiunturali delle imprese della provincia di Palermo, dall’analisi dei dati relativi alle variazioni quantitative del fatturato per il 2009 si evince un calo del -17,2% per l’economia palermitana nel suo complesso. Tra i macrosettori, il settore delle costruzioni registra la peggiore variazione (-21,3%), a conferma delle dinamiche già in atto nel 2008 sia a livello locale che a livello nazionale. Variazioni negative del fatturato si riscontrano anche nel manifatturiero (-19,6%), settore chiaramente esposto in ampia misura agli andamenti del ciclo economico. Tra i vari comparti dell’industria, maggiori difficoltà in merito all’andamento del fatturato si riscontrano nell’industria tessile (-26,5%) e nei comparti del legno-mobilio (-24,1%), dei mezzi di trasporto (-25,6%), nelle attività estrattive (-22,7%) e legate a carta-editoria (-21,7%). Nei restanti comparti, si evidenziano comunque dati negativi superiori al 10%, a confermare le difficoltà dell’intero settore. Anche il settore dell’agricoltura ed il settore dei servizi presentano dei risultati negativi, ma l’intensità del peggioramento rispetto al 2008 è di misura inferiore rispetto agli altri settori. L’agricoltura regista infatti una variazione del fatturato del -14,8%, mentre il settore dei servizi una diminuzione dell’11,1% che è interessante analizzare alla luce dei comparti che

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Gli investimenti testimoniano un

atteggiamento all’insegna della

caparbietà

L’inversione di tendenza nel 2010

lo costituiscono, soprattutto in relazione alla loro importanza per l’intera economia palermitana. Il commercio (-18,3%), il turismo (-15,2%) ed il terziario avanzato (-17,1%) sono i comparti il cui volume d’affari risente maggiormente della riduzione dei consumi, mentre sembrano reggere in modo migliore l’urto della crisi i trasporti (-10,9%) e gli altri servizi (-7,8%) che registrano le performance migliori tra tutti i settori dell’economia.A fronte di un quadro certamente non favorevole, la dinamica degli investimenti nel 2009 testimonia un atteggiamento non arrendevole e passivo. Il risultato del +9,2% per la provincia di Palermo risulta influenzato dalla dinamica sostenuta del settore dei servizi (14,6%), con risultati interessanti per i trasporti (19,5%), per il turismo (14,7%) e per gli altri servizi (14,2%). In generale, comunque, la dinamica degli investimenti sembra suggerire una vitalità nella gran parte dei settori nel portare avanti processi di ristrutturazione produttiva per far fronte alle esigenze congiunturali.Analizzando le indicazioni degli imprenditori per il 2010, emerge un quadro incerto ma in miglioramento (volume di affari -1,9%). Tuttavia, emergono performance differenti tra settori. Da un lato infatti l’agricoltura e l’industria evidenziano una moderata inversione di tendenza (+3,7% e +0,6% rispettivamente), mentre nei servizi (-5,9%) e nelle costruzioni (-13,8%) si registrano ancora valori negativi anche se minori in valore assoluto rispetto al 2009, segno di un iniziale miglioramento. In molti comparti dell’industria si rilevano ampi progressi nelle performance, con una stima largamente positiva per la chimica-farmaceutica (+28%), mentre dovrebbe continuare il momento negativo per il comparto del legno-mobilio sebbene con impatti più attenuati (-8,5%). Tra i servizi, il commercio ed il turismo sperimenteranio una sostanziale stabilità. Per quanto concerne gli investimenti, solo le imprese dell’agricoltura, delle costruzioni e del turismo ne stimano una flessione; positiva la dinamica negli altri settori.

Tab. 7 – Variazioni quantitative del fatturato e degli investimenti nei settori

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dell’economia di Palermo (2009 – previsioni 2010; In %)

2009 2010

FatturatoInvestime

nti FatturatoInvestim

entiAgricoltura -14,8 10,4 3,7 -14,7Alimentari, tabacco -12,3 1,9 1,4 20,0Tessili, vestiario, abbigliamento -26,5 0,0 1,0 10,0Pelli, cuoio, calzature -17,2 -10,0 4,0 20,0Legno, mobilio -24,1 0,0 -8,5 8,5Metallurgiche, meccaniche -15,9 16,5 2,4 4,2Mezzi di trasporto -25,6 -11,3 5,7 3,3Estrattive, materiali da costruzione -22,7 25,0 -3,3 0,0Chimica, farmaceutica -17,0 - 28,0 -Carta, editoria -21,7 10,0 -2,8 15,0Altre manifatturiere -21,4 6,7 9,2 2,5Totale Industria -19,6 6,3 0,6 9,9Costruzioni -21,3 1,3 -13,8 -16,1Commercio -18,3 7,3 -0,3 7,1Turismo -15,2 14,7 0,1 -20,8Trasporti -10,9 19,5 -5,7 20,0Terziario avanzato -17,1 0,0 -7,1 6,7Altri servizi -7,8 14,2 -5,3 4,2Totale Servizi -11,1 14,6 -5,9 10,4Totale Palermo -17,2 9,2 -1,9 -0,7Fonte: Osservatorio Economico Palermo

V Il credito ed fattori territoriali di sviluppo

Gli aspetti del credit crunch

Il rischio usura

Nell’ambito di una contrazione delle attività operative delle imprese osservate attraverso la dinamica del volume di affari, il deterioramento del rapporto con le banche è uno degli aspetti peculiari della presente recessione. Sotto questo profilo, le imprese del campione che hanno richiesto finanziamenti bancari durante quest’ultimo periodo riscontrano, generalmente, maggiori difficoltà di accesso, dovute ad una restrizione del comportamento delle banche in fase di istruttoria, in linea peraltro con il resto dell’economia nazionale. In particolare, le imprese avvertono una maggiore rigidità in sede di richiesta di garanzie reali a fronte della domanda di affidamento. E’ una conseguenza tipica di una minore propensione al rischio da parte degli istituti di credito, soprattutto perché il peggioramento dei bilanci di molte imprese richiedenti rende oggettivamente più rischioso il credito. Peraltro, anche in materia di garanzie reali, l’introduzione di Basilea 2 ha reso molto più complessa la fase di

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accettabilità delle garanzie offerte dalle imprese richiedenti credito.Per altro verso, circa un terzo del campione segnala come il costo del denaro sia cresciuto, come effetto della maggiore rischiosità dell’erogazione di credito in questa fase. Tuttavia, al costo del danaro in crescita si aggiunge anche una lievitazione degli oneri accessori per commissioni. A fronte di tali difficoltà di accesso al credito, il 30,2% del campione cerca di attivare fonti di finanziamento alternative alle banche; purtroppo in tale segmento di imprese vi potrebbe anche essere una quota di operatori che incorrono all’usura.

Tab. 8 – Conseguenze della crisi sui rapporti banche - imprese della provincia di Palermo (In %)

Irrigidimento dei criteri di accesso al creditoSi 43,0No 19,8Non ha richiesto finanziamenti 34,4Ns/nr 2,8Totale 100,0

Cause dell’irrigidimentoAdeguatezza credito concesso rispetto alla richiesta 21,4Flessibilità della durata del finanziamento 7,9Richiesta di garanzie 42,8Costo del denaro 32,1Costo delle commissioni 17,7Durata dell’istruttoria 7,4Riduzione temporale del debito 7,0Trasparenza della valutazione della banca 9,8Severità nei criteri di approvazione del fido 29,8Altri aspetti 11,2Totale 100,0Fonte: Osservatorio Economico Palermo

Tab. 9 – Tassi effettivi di interesse per rischi a revoca* per localizzazione della clientela in provincia di Palermo, in Sicilia ed in Italia (In %; I sem. 2009)

Famiglie consumatrici ImpresePalermo 7,3 7,2Sicilia 8,1 7,9ITALIA 5,8 6,9Differenza Palermo/Italia 1,5 0,4*Operazioni a revoca: Categoria di censimento della Centrale dei Rischi nella quale confluiscono le aperture di credito in conto corrente (es. fidi).Fonte: Banca d'Italia

L’obiettivo della politica

In conclusione, quindi, una politica economica a favore del territorio, deve valorizzare i punti di forza ed attenuare gli effetti delle fragilità strutturali del modello produttivo palermitano e del suo mercato creditizio e del lavoro.

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Le direttrici principali di una politica pubblica a sostegno delle imprese

palermitane

A nostro avviso, il sistema produttivo palermitano ha necessità di intraprendere un nuovo corso economico. Un ciclo di rinnovamento e sviluppo in cui, soprattutto attraverso le buone pratiche della Pubblica Amministrazione, si dia il via ad un processo di catalizzazione di investimenti produttivi e si sostituisca progressivamente l’economia della sussistenza.

Si tratta di un obiettivo ambizioso, ma non più procrastinabile a causa delle situazioni di crisi che si inseriscono in un contesto già difficile e svantaggiato.

A giudizio degli imprenditori, emergono due tipi di interventi necessari; quelli volti al superamento delle difficoltà contestuali e quelle di natura più squisitamente strutturale. Tra le prime troviamo:

un sostegno diretto alla liquidità aziendale, mediante incentivi al capitale circolante, oppure incentivi in conto interesse mirati ad abbattere il costo del credito;

uno sblocco dei pagamenti delle forniture effettuate alla PA;

un intervento pubblico mirato a sbloccare il razionamento del credito, mediante interventi di garanzia pubblica, o un potenziamento dei Confidi;

la semplificazione delle procedure amministrative di tipo concessorio o autorizzatorio di competenza delle PA, che si traducono in costi aggiuntivi per le imprese, ed in una dilatazione dei tempi necessari ad implementare progetti di investimento e di sviluppo aziendale, fino al limite in cui tali progetti divengano obsoleti.

Tra gli interventi tesi al miglioramento strutturale dell’economia, gli imprenditori palermitani sottlineano l’esigenza di: interventi pubblici di sostegno ai redditi

ed alla domanda, per ridurre la

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contrazione dei consumi che ha colpito i fatturati;

un miglioramento dei servizi reali ad alto valore aggiunto disponibili sul territorio finalizzato ad elevare ulteriormente la qualità delle produzioni locali, anche in un’ottica di potenziamento della capacità imprenditoriale di raggiungere segmenti di mercato ad elevata capacità di spesa. Particolare interesse viene conferita a servizi di assistenza alla R&S ed all’innovazione tecnologica.

Ragionando, infine, sui fattori territoriali di crescita e nel contesto di una necessaria evoluzione del modello di sviluppo, sembra opportuno puntare al miglioramento della capacità competitiva del territorio, attraverso un sistema di infrastrutture economiche e sociali maggiormente finalizzato ad inserire il sistema produttivo locale nel contesto internazionale ed alla riduzione delle diseconomie esterne alle imprese. Oltre ad alimentare la capacità competitiva strutturale, la spesa in infrastrutture potrebbe costituire un valido supporto per le imprese palermitante anche in un momento come questo, caratterizzato da minore liquidità e irrigidimento del credito. In particolare, la provincia appare carente nelle dotazioni di infrastrutture ferroviarie.

Tab. 10 - Indici di dotazione infrastrutturale nelle province siciliane ed in Italia in numero indice (2007)

 Rete stradale

Rete ferrovia

ria

Porti (e

bacini d’uten

za)

Aeroporti (e bacini

d’utenza)

Impianti energeti

co- ambient

ali

Reti per la telefo

nia

Reti servi

zi vari

Strutture

culturali

ricreative

Strutture per

l'istruzione

Strutture

sanitarie

TOTALE

TOTALE

SENZA PORTI

Trapani 123,8 20,4 455,7 185,0 63,8 104,3 67,1 49,9 76,1 51,2 120,6 83,4Palermo 85,5 55,2 100,1 173,2 62,1 126,5 81,7 57,2 123,4 131,6 102,1 102,3Messina 155,9 106,5 136,8 0,0 65,3 97,2 79,4 60,4 102,1 123,3 93,9 89,1Agrigento 50,2 61,0 66,8 52,0 53,9 89,3 47,6 29,4 76,3 34,5 57,0 55,9Caltanissetta 74,5 76,3 128,8 0,0 51,7 88,1 50,3 22,0 62,3 59,5 62,3 54,9Enna 105,0 68,8 0,0 0,0 34,0 47,6 31,5 21,3 69,1 48,7 43,1 47,9Catania 63,6 53,4 188,7 147,9 78,5 146,5 89,9 66,6 126,9 143,9 113,4 105,1Ragusa 44,0 17,3 49,3 0,0 55,1 106,1 69,3 36,6 88,2 69,3 53,8 54,3Siracusa 49,8 66,8 335,4 0,0 106,8 106,1 63,0 32,0 84,2 60,6 91,5 64,4ITALIA 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0Fonte: Elaborazioni Istituto Tagliacarne

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Gli effetti della recessione internazionale in provincia di Palermo

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1.1 GLI EFFETTI DIRETTI ED INDIRETTI DELLA CRISI

1.1.1 Ruolo e tendenze del clima di fiducia delle imprese palermitane

Il clima di fiducia influenza il trend

economico

L’analisi degli effetti della recessione internazionale sull’economia reale palermitana non può prescindere da una indagine di campo ad un campione di imprese locali. Gli effetti di questa recessione, infatti, si giocano sostanzialmente sulle aspettative e sul clima di fiducia degli operatori, anzi in un certo qual modo, è proprio il clima di fiducia che amplifica gli effetti “oggettivi” della recessione, rendendola più seria e più duratura. Il clima di fiducia, riferito alle dinamiche dei mercati finali di sbocco e dei mercati creditizi sui quali le imprese si approvvigionano delle necessarie risorse finanziarie, condiziona la propensione ad investire, ma anche la programmazione e la gestione dei costi operativi dell’impresa, ivi compresi quelli del lavoro. In altri termini, le previsioni di vendita e le proiezioni che l’impresa è in grado di esprimere circa le sue condizioni finanziarie nel prossimo futuro, condizionano le decisioni di ampliamento o riduzione della base occupazionale aziendale.Si è ritenuto, quindi, opportuno intervistare direttamente un campione statisticamente rappresentativo degli operatori, per comprendere come si stiano attrezzando per rispondere alla contrazione dei propri mercati di riferimento ed al degrado degli assetti finanziari e di liquidità aziendale, ovvero due fra le componenti più rilevanti dell’attuale ciclo recessivo. Nello specifico dell’indagine, la maggior parte degli imprenditori intervistati ritiene che la recessione avrà un impatto, su Palermo, non dissimile da quello che complessivamente avrà sulla regione nel suo insieme, confermando come la provincia abbia, anche nella percezione degli intervistati, un ruolo-guida nel determinare i risultati economici dell’intera Isola (non potrebbe essere altrimenti, visto il peso economico e demografico che la provincia di Palermo ha nel contesto

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Un clima di fiducia delle imprese non favorevole

circa l’intensità della crisi

La fragilità degli assetti finanziari delle imprese

sembra essere il problema più grave

siciliano). Va, tuttavia, evidenziato che un imprenditore su quattro ritiene che la crisi colpirà Palermo in misura peggiore rispetto al resto dell’Isola, a fronte di un 9,4% di intervistati più ottimisti.Pertanto, vi è una percezione relativamente diffusa di una particolare serietà della crisi in provincia che deriva, probabilmente, anche da un andamento della crescita economica, negli anni precedenti, non è brillante. Peraltro tale previsione proviene soprattutto dai settori produttivi più immediatamente interessati dalla recessione: le costruzioni, influenzate negativamente dal calo dei valori sul mercato immobiliare, ed il commercio, che risente della flessione dei consumi, indotta dal peggioramento delle prospettive occupazionali e reddituali di molte famiglie. Viceversa, le imprese turistiche sembrano meno pessimiste, malgrado due annate, come il 2007 ed il 2008, non molto favorevoli.In effetti, dai dati di tipo congiunturale dell’indagine, si evince che le imprese turistiche palermitane scontano un 2009 ancora negativo, con il 55% degli intervistati che prevede un calo del fatturato, ma una inversione di tendenza nel 2010, quando per il 26,7% vi sarà un aumento del volume di affari, e soltanto il 18,3% subirà un ulteriore calo dei flussi. Tale previsione è leggermente migliore rispetto al totale del campione, in cui il 24% degli intervistati prevede un aumento di fatturato nel 2010, ed ancora il 21% prevede un calo. Il sistema turistico palermitano sembra, quindi, in grado di manifestare segnali di vivacità, grazie anche ad una propensione all’investimento che, per il 2009, è più alta della media (28,3% di imprese investitrici contro il 25,8% totale) il che, stante la natura “labor intensive” del turismo, è una buona notizia anche sul versante occupazionale. Infatti, il 75-77% delle imprese turistiche intervistate riuscirà a mantenere stabili i propri livelli occupazionali nel 2009-2010.In linea generale, il maggiore pessimismo deriva soprattutto dalla considerazione che le imprese palermitane soffrono di una particolare fragilità

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Il turismo evidenzia un clima di aspettative

migliore rispetto agli altri settori

finanziaria, che è il portato anche di anni di debole crescita prima della crisi vera e propria, e tale condizione i fragilità è più evidente fra le imprese del commercio, dei servizi e del turismo (settore in cui si tocca una percentuale di rispondenti pari al 58,3%).Viceversa, per il segmento, minoritario, di imprese con aspettative più ottimistiche circa l’impatto della crisi, tale attegiamento è motivato principalmente da una maggiore solidità finanziaria (ovviamente non nei settori dove si avverte una maggiore fragilità) e da una certa tenuta dei livelli della domanda, specie nel comparto del commercio (66,7% dei rispondenti). E’ però significativo il fatto che la tenuta dei livelli di domanda viene segnalata solo dalle imprese del commercio al dettaglio e non dai grossisti. Poiché questi ultimi lavorano con orizzonti temporali più lunghi rispetto agli esercizi al dettaglio, è probabile che tale tenuta dei livelli di consumo sia soltanto provvisoria e tenderà ad evidenziare un declino nel prosieguo della recessione (è da tenere a mente il fatto che, secondo tutti i centri studi, l’impatto più rilevante dal punto di vista occupazionale della recessione e, quindi, la sua influenza negativa sui consumi, si avrà soltanto a partire dall’autunno del 2009. Vi è, comunque, una minoranza di imprese del commercio al dettaglio che ha la capacità di difendere i propri livelli di domanda, mentre la parte più rilevante, già oggi, sconta una flessione dei consumi, che tenderà presumibilmente a peggiorare nel prossimo futuro.In generale, le imprese palermitane ritengono che i primi effetti della ripresa inizieranno a farsi sentire nel 2010, anche se una quota non indifferente di intervistati, pari al 33,6% del totale, è più pessimista, e sconta una ripresa molto più lenta, che potrebbe attivarsi soltanto nel 2011. In particolare, le quote più significative di previsioni pessimistiche si concentrano nel settore dell’agricoltura, in quello delle costruzioni e nei servizi non turistici e non commerciali. La ripresa potrebbe, quindi, arrivare prima per il turismo (nel quale il 50% degli intervistati

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prevede una ripresa nel 2010, ed un ulteriore 8,3% addirittura negli ultimi mesi del 2009) e per il manifatturiero (nel quale il 46% circa delle imprese sconta una ripresa nel 2010, e l’8,3% già a fine 2009). Il comparto turistico evidenzia, quandi, ancora una volta, aspettative migliori, rispetto al resto dell’economia locale, circa la durata e gli effetti della crisi.

Graf. 1 – Intensità della crisi nell’economia palermitana rispetto al contesto regionale

nei prossimi 6 mesi (In %)

24,8

9,4

57,2 8,6Più che in Sicilia

Meno che in Sicilia

Allo stesso modo rispettoal contesto regionaleNon sa/non risponde

Fonte: Osservatorio Economico Palermo

Graf. 2 – Periodo in cui le imprese prevedono che si potranno riscontrare i primi segnali

di ripresa economica (In %)

8,6

42,2

33,6

15,6

Entro il 2009 Nel 2010 Nel 2011 Ns/nr

Fonte: Osservatorio Economico Palermo1.1.2 Gli effetti della recessione sulle imprese

Il clima di fiducia delle imprese, sopra analizzato, ha rilevanza per determinare alcuni aspetti strategici dei comportamenti che il tessuto imprenditoriale palermitano adotterà nei mesi a venire, in particolare sul versante della propensione ad investire, sulla gestione dei costi e, di riflesso, anche sulle scelte riferite alla base occupazionale. Ma la crisi ha anche effetti diretti

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Calo della domanda, crisi di liquidità e credit crunch

rischiano di ingessare anche le aziende sane

Cicli congiunturali, clima di fiducia e propensione

a far progetti per il futuro

sugli assetti aziendali, in qualche modo di tipo “oggettivo”, cioè non mediati dalle aspettative psicologiche degli imprenditori. In termini generali, a giudizio delle imprese intervistate la crisi avrà un impatto soprattutto sui consumi delle famiglie e, quindi, sui livelli di domanda finale sul mercato, con riflessi negativi sul fatturato (68,8% degli intervistati, con concentrazioni particolarmente elevate fra le imprese del commercio –79,4% e fra quelle turistiche –70%). Il calo dei consumi sarà ovviamente amplificato dalla contrazione nei livelli occupazionali che sembra essere particolarmente seria per i settori del commercio (44,1% di rispondenti ha segnalato un possibile calo di addetti) e degli altri servizi (45,2%). Per circa un terzo del campione, vi sarà anche una riduzione del livello di investimento. Infine, più del 32% dei rispondenti ha segnalato il rischio più grande, ovvero la possibile chiusura/fallimento di imprese. Tale rischio sembra particolarmente presente per le imprese del commercio (38,2%), per quelle agricole (35%) e per quelle edili (34,8%). Tali settori sono, quindi, particolarmente esposti al momento congiunturale che stiamo attraversando e andranno monitorati con particolare attenzione. Se, a giudizio delle imprese, la crisi passerà soprattutto per il tramite di una riduzione della domanda, l’effetto principale che avrà sugli assetti interni sarà quello di contrarre il portafoglio ordini (49,4% degli intervistati, soprattutto concentrati nel manifatturiero e nel turismo), ma anche di creare una contrazione nei livelli di liquidità aziendale, esponendo, quindi, le imprese a situazioni di possibile crisi da cash flow negativo, un rischio paventato soprattutto dal settore turistico (40% degli intervistati), da quello manifatturiero (39,3%) e da quello delle costruzioni (37%). Ovviamente la riduzione del fatturato e quella della liquidità sono correlate, ma sulla questione del capitale circolante influiscono anche altre variabili, quali la gestione dei costi, e la tempistica dei pagamenti dovuti dai clienti e dai debitori dell’azienda, e può interessare anche imprese sane e competitive

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che si trovano, però, a non poter più onorare i pagamenti correnti, rischiando il fallimento. Occorre evidenziare, tuttavia, che soltanto il 9% delle imprese intervistate abbia segnalato una perdita strutturale di competitività; per cui, il rischio di carenza di liquidità può rappresentare un problema di breve - medio periodo. Certamente, è doveroso alimentare il circuito economico locale immettendo risorse economiche; in tale contesto, anche il cliente Pubblica Amministrazione deve fare di tutto per sboloccare il più rapidamente possibile i pagamenti ai propri fornitori, al fine di non contribuire a questo rischio crescente di crisi da carenza di liquidità.

Graf. 3 – Impatto che la crisi economica ha avuto/avrà sui fattori economici della provincia

(In %)

4,65,8

17,432,433,0

36,268,8

AltroEsportazioni

Consumi dei turistiFallimenti/cessazioni di imprese

Investimenti delle impreseLivelli occupazionali

Consumi delle famiglie

*Trattandosi di domanda a risposta multipla il totale delle risposte può essere superiore a 100.Fonte: Osservatorio Economico Palermo

Graf. 4 – Principali conseguenze negative per l’azienda dell’attuale crisi economica e finanziaria (In %)

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22,64,4

5,4

8,69,0

12,613,4

36,049,4

Altre conseguenzeMaggiore fragilità dal punto di vista organizzativo

Maggior ricorso all’indebitamento bancario Riduzione degli ordini ai fornitori

Minore competitività sui prodotti/servizi offertiCompressione dei margini

Maggiori difficoltà a incassare pagamenti da clientiMinore liquidità

Riduzione degli ordini da parte dalla clientela

*Trattandosi di domanda a risposta multipla il totale delle risposte può essere superiore a 100.Fonte: Osservatorio Economico Palermo1.1.3 Gli assetti finanziari ed il credito

La restrizione del credito significa:

- maggiori garanzie reali-incremento del costo

del denaro -istruttorie più rigide

Una delle conseguenze principali della prima fase della recessione, ovvero quella finaziaria, è stata quella di ridurre il credito bancario alle imprese, parallelamente ad un degrado degli assetti finanziari di queste, il tutto aggravato dagli automatisimi pro ciclici tipici delle regole di Basilea 2. Si può anzi affermare che il mercato del credito sia stato il principale anello di congiunzione fra comparto finanziario e reale della crisi. Con riferimento a questo aspetto, le imprese palermitane che hanno richiesto finanziamenti bancari durante quest’ultimo periodo riscontrano, generalmete, maggiori difficoltà di accesso, dovute ad una restrizione del comportamento delle banche in fase di istruttoria, in linea peraltro con il resto dell’economia nazionale. Il 34% circa dei rispondenti non ha nemmeno richiesto finanzamenti bancari, scoraggiato dalla crisi. Solo una impresa su cinque riscontra un qualche miglioramento nel suo rapporto con la banca, specie nel manifatturiero, nelle costruzioni, nei servizi e nel turismo. In particolare, le imprese, nel 43% circa dei casi, avvertono una maggiore rigidità in sede di richiesta di garanzie reali a fronte della domanda di affidamento. E’ una conseguenza tipica di una minore propensione al rischio da parte degli istituti di credito, che tendono a massimizzare la loro copertura, anche, in parte, in ragione della

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Le maggiori difficoltà di accesso al credito

spingono verso canali finanziari alternativi

Il rischio di canali paralleli del credito

lunga storia di elevate incidenze delle sofferenze sugli impieghi totali tipica di Palermo, ma soprattutto perché il peggioramento dei bilanci di molte imprese richiedenti rende oggettivamente più rischioso il credito. Peraltro, anche in materia di garanzie reali, l’introduzione di Basilea 2 ha reso molto più complessa la fase di accettabilità delle garanzie offerte dalle imprese richiedenti credito, poiché il regolamento in questione fissa parametri molto rigidi alle tipologie di strumenti patrimoniali e finanziari che possono essere offerti come garanzie reali.Per altro verso, circa un terzo del campione segnala come il costo del denaro sia cresciuto, ed anche questo è un effetto della maggiore rischiosità dell’erogazione di credito in questa fase, poiché, come è noto, i tassi di interesse incorporano anche un premio per il rischio di prestare danaro. Tuttavia, al costo del danaro in crescita si aggiunge, per poco meno di una impresa su cinque, anche una lievitazione degli oneri accessori per commissioni, il che è meno comprensibile e giustificabile, se non dal fatto che il livello di concorrenza fra le banche italiane non è ancora sufficientemente alto. Più in generale, il 30% circa degli intervistati segnala una maggiore rigidità e severità delle istruttorie bancarie, il che, nel migliore dei casi, si traduce in una dilatazione, spesso non sopportabile, dei tempi di concessione del credito, con il rischio che il progetto di investimento sottostante, nel frattempo, diventi obsoleto dal punto di vista competitivo. Tra l’altro, malgrado i notevoli progressi ottenuti in questo campo, grazie anche all’impegno profuso dall’Autorità di Vigilanza, il livello di trasparenza dei criteri di istruttoria non è ancora pienamente soddisfacente, poiché risulta oscuro al 10% dei rispondenti, concentrati soprattutto nel settore dei servizi. L’adeguatezza dell’entità del credito concesso, se l’istruttoria va a buon fine, è invece un problema meno sentito, se non nel settore delle costruzioni. Non vi è quindi, se non in casi relativamente episodici, una contrazione della quantità di credito erogato, quanto piuttosto una maggiore

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Una diffusa difficoltà ad effettuare operazioni

di ricapitalizzazione

difficoltà nelle decisioni bancarie di erogare il credito richiesto, in ragione dei criteri istruttori più severi, delle maggiori garanzie reali richieste, ecc. A fronte di tali difficoltà di accesso al credito, diviene interessante analizzare come le imprese palermitane si stiano attrezzando per reagire. Il 30,2% cerca di attivare fonti di finanziamento alternative alle banche, ad esempio rivolgendosi ad agenzie finanziarie (che però sono in genere controllate dalle banche stesse), oppure cercando di ottenere incentivi pubblici agli investimenti. Purtroppo in questo 30% vi è anche una quota di imprese che ricorrono all’usura, un canale di finanziamento della disperazione, che alimenta la criminalità organizzata, e sottopone l’impresa stessa a tassi di interesse molto più alti di quelli di mercato, ed a rischi, anche molto concreti, di sicurezza. Circa il 27% delle imprese scarica gli effetti della crisi finanziaria a monte, ritardando i pagamenti dovuti ai propri fornitori, propagando di fatto gli effetti della recessione lungo l’intera filiera produttiva di appartenenza, e generalizzandola potenzialmente all’intero sistema produttivo. Un ulteriore 13% è costretto a ritardare i pagamenti ai lavoratori, contribuendo così alla contrazione dei consumi finali, in una spirale perversa che, dal rallentamento della domanda, finisce per creare ulteriori problemi alle imprese offerenti. Chi può, infine, ricorre ai margini di scoperto di conto corrente che la propria banca gli consente di operare. Il rapporto sempre più difficile fra banche ed imprese è solo un tassello di un più generale deterioramento degli assetti finanziari delle imprese stesse. Anche se un miglioramento diffuso delle aspettative fa sì che circa il 78% degli intervistati preveda che, nei prossimi 8 mesi, la propria liquidità migliori, o quantomeno rimanga inalterata, specie nei settori produttivi che stanno affrontando meglio la crisi, come il turismo, ed anche se la maggioranza degli intervistati ritiene che la propria esposizione debitoria migliorerà, o comunque non peggiorerà ulteriormente, più del 75% degli

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intervistati non effettuerà, a breve, alcuna operazione di ricapitalizzazione dell’impresa, benché il tessuto produttivo palermitano sia costituito da una ampia fascia di imprese di piccole dimensioni e sottocapitalizzate che richiederebbero, in realtà, una intensa attività di patrimonializzazione e irrobustimento del capitale proprio. In effetti, l’ostacolo principale in tal senso sembra essere il costo di tali operazioni che eccede le disponibilità finanziarie dell’imprenditore e dei suoi soci, intaccate anche dalla crisi stessa. A ciò si aggiunge la volontà di non modificare gli assetti di potere interni all’impresa, che è tipica di modelli di governance aziendali di tipo familiare, intimamente connessi ad un modello produttivo basato sulle piccole dimensioni e sull’ampia diffusione di forme artigianali o semi-artigianali di imprenditorialità. Il timore di modificare gli assetti di controllo dell’impresa è un fattore in larga misura culturale, che non soltanto ostacola l’apporto di mezzi finanziari freschi di cui le imprese avrebbero bisogno per investire in miglioramento della propria competitività, ma limita anche l’acquisizione di risorse umane ad elevata qualificazione, da inserire in ruoli manageriali o direttivi all’interno dell’impresa. E chiaramente, senza capitale umano qualificato, le imprese non si sviluppano.

Graf. 5 – Conseguenze della crisi sull’accesso al credito delle imprese palermitane (In %)

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43,0

19,8

34,4

2,8

Maggiori difficoltà

Minori difficoltà

Non ha richiestofinanziamentiNon sa/non risponde

Fonte: Osservatorio Economico PalermoGraf. 6 – Aspetti dell’accesso al credito che sono peggiorati in seguito alla crisi

economica e finanziaria (In %)

11,22,8

7,0

7,47,9

9,817,7

21,429,8

32,1

Altri aspettiNessun aspetto

Riduzione temporale del debitoDurata dell’istruttoria

Flessibilità della durata del finanziamentoTrasparenza della valutazione della banca

Costo delle commissioniAdeguatezza credito concesso rispetto alla richiesta

Severità nei criteri di approvazione del fidoCosto del denaro

Richiesta di garanzie

*Trattandosi di domanda a risposta multipla il totale delle risposte può essere superiore a 100.Fonte: Osservatorio Economico Palermo

Graf. 7 – Decisioni delle imprese in merito alle proprie operazioni di ricapitalizzazione

nei prossimi 8 mesi (In %)

14,675,2

2,67,6

Si

No

Operaz. già effettuatanell’ultimo annoNon sa/non risponde

Fonte: Osservatorio Economico Palermo

1.1.4 Gli impatti occupazionali della recessione

In linea con aspettative di fuoriuscita dalla recessione che, come si è visto, tendono ad essere pessimistiche ed a scontare un recupero

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Le difficoltà della recessione verranno

assorbite dal mercato del lavoro

molto lento e graduale, sia per il 2009 che per il 2010, la quota di imprese che prevede una riduzione della propria base occupazionale è ampiamente superiore rispetto a chi prevede di fare nuove assunzioni.Tuttavia, nei due anni in questione, si rileva un evidente sforzo di difesa dei livelli occupazionali aziendali, nonostante gli effetti della crisi sui conti economici. Infatti, specie nel turismo, nel commercio, nel manifatturiero e nei servizi in generale la percentuale di imprese che tendono a mantenere stabile l’occupazione interna è molto elevato. Evidentemente, tali imprese sono conscie dell’importanza di difendere il capitale umano interno, sia per motivi sociali, che anche per ragioni meramente economiche: sarebbe poi costoso, quando ariverà la ripresa, assumere e dover formare ex novo nuovo personale, in sostituzione di quello espulso dai cicli produttivi, già dotato di un livello di “skills” specificamente adattato alle caratteristiche dell’impresa in cui opera. Inoltre, figure professionali di particolare qualificazione potrebbero risultare difficili da reperire sul mercato del lavoro, quando sarà in atto la ripresa. Minore sembra, invece, essere la resistenza delle imprese edili, in cui la percentuale di rispondenti che hanno ridotto la propria occupazione nel 2009 è pari al 46% circa, e sarà affiancata da un 22% di riduzioni nel corso del 2010. In tale settore, infatti, è molto diffuso l’utilizzo di manodopera occasionale, a basso livello di qualifica professionale, quindi facile da sostituire, e che può rapidamente essere espulsa, quando l’impresa non ha sufficienti livelli di commesse da espletare (va, infatti, evidenziato che le imprese di costruzione palermitane intervistate hanno subito, nel 56,5% dei casi, una riduzione del portafoglio ordini già nel 2009, e il 26,1% prevede di subirlo nel 2010). Inoltre, il settore edile è stato particolarmente colpito dalla esplosione della bolla speculativa che ha dato origine alla presente recessione, come del resto in tutto il mondo. Nel complesso dell’economia palermitana, il 2010 sarà foriero di un certo alleviamento del declino occupazionale in atto. Seppur anche nel prossimo anno la percentuale di imprese che prevedono riduzioni di organici resterà relativamente consistente,

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questa sarà inferiore a quanto registrato nel corso del 2009, mentre crescerà la quota di chi riuscirà a stabilizzare i livelli occupazionali. Per una crescita significativa delle imprese che, invece, prevedono di ampliare gli organici e, quindi, per un primo significativo riassorbimento dell’incremento della disoccupazione che si sarà nel frattempo verificato, occorrerà aspettare almeno il 2011, in linea con la previsione di un fuoriuscita molto lenta dalla crisi.

Tab. 1 – Andamento dell’occupazione – previsioni per il 2010  Agricolt

uraManifatturi

ereCostruzi

oniTurismo

Commercio

Servizi

Totale

Maggiore 5,0 8,3 4,3 8,3 12,7 8,3 8,6Minore 17,5 10,1 21,7 10,0 6,9 11,9 11,4Uguale 70,0 75,0 56,5 75,0 76,5 76,2 73,4Ns/nr 7,5 6,5 17,4 6,7 3,9 3,6 6,6

Fonte: Osservatorio Economico Palermo

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1.1.5 Le strategie e gli interventi per fronteggiare la crisi

Una interessante quota di imprese mira

a migliorare la propria competitività strutturale

Il quadro della crisi è, quindi, composto da aspettative di graduale recupero, da un restringimento del mercato del credito che colpisce gli assetti competitivi aziendali, e da un calo dell’occupazione, il cui recupero sarà piuttosto lento. Occorre, dunque, comprendere quali strategie stanno mettendo in atto le imprese palermitane, nel breve periodo, per difendersi dagli effetti più duri della crisi.A livello micro, cioè di singola impresa, la reazione è assolutamente virtuosa e positiva. La maggior parte degli intervistati cercherà di fare fronte al calo della domanda andando a cercare quelle nicchie di mercato che ancora resistono alla crisi e che possono ancora godere di un potere di acquisto tale da pagare un “premium price” per chi riesce ad offire la qualità voluta da tali consumatori, particolarmente esigenti. Infatti, il 20% del campione risponderà alla crisi con un miglioramento della qualità dei propri prodotti o servizi, specie nel turismo (30% di imprese) che, non a caso, è il settore che sembra resistere meglio alla recessione, proprio perché si orienta su segmenti di clientela ad alto valore aggiunto e nel manifatturiero (22,6%). Parallelamente alla ricerca di un migliore qualità, per aggredire nicchie di mercato non toccate dalla recessione, il 17% degli intervistati intende adottare nuove strategie commerciali, perché non si può vendere qualità se questa non è accompagnata da opportune strategie promozionali e di marketing, volte a far conoscere ai consumatori questa migliore qaulità del prodotto. Ancora una volta, il settore turistico è il più dinamico rispetto a tale obiettivo di rilancio commerciale e promozionale, insieme al commercio (rispettivamente, 26,7% e 25,5% degli intervistati dei due settori). Infine, l’8% del campione cercherà nuovi mercati di sbocco, e non solamente nuove nicchie in mercati già presidiati, con un 3,2%, in particolare, che tenterà di aprirsi la strada su nuovi mercati di esportazione, e ciò averrà sorpattutto fra le imprese agricole(7,5%)

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Occorrono interventi volti alla fluidificazione del

rapporto con le banche

ed edili (6,5%). Il resto degli intervistati, invece, adotta strategie di tipo “difensivo”, non volte ad aggredire meglio i mercati, quanto piuttosto a sopravvivere tagliando sui costi operativi, al fine di riequilibrare la funzione finanziaria ed il cash flow. Infatti, il 16% degli intervistati taglierà il costo del lavoro, tramite esuberi di personale (soprattutto nelle costruzioni, come si è visto, dove tale percentuale toccherà il 28% del campione), il 12% razionalizzerà i costi delle forniture di materie prime o semilavorati, oppure agirà sull’efficienza economica del ciclo produttivo, al fine di ridurre sprechi e conseguenti oneri, un 12,2%, infine, accetterà una compressione dei propri margini di guadagno, non riuscendo evidentemente ad agire efficacemente dal lato dei costi, pur di difendere la propria quota di mercato. Per quanto attiene le aspettative nei confronti della politica economica, prevalgno le proeccupazioni legate alle condizioni finanziarie e di liquidità, per cui diversi intervistati chiedono che si operi direttamente a sostegno della liquidità aziendale, mediante incentivi al capitale circolante, oppure incentivi in conto interesse mirati ad abbattere il costo del credito o, ancora, uno sblocco dei pagamenti delle forniture alla PA, che ovviamente interessa soprattutto quei settori, come le costruzioni che lavorano prevalentemente con sogetti pubblici. Un altro filone di richieste è mirato a sbloccare il razionamento del credito, mediante interventi di garanzia pubblica, o un potenziamento dei Confidi. Infine, il 9% dei richiedenti si concentra su interventi pubblici di sostegno ai redditi ed alla domanda, per ridurre la contrazione dei consumi che ha duramente colpito i fatturati delle imprese. Tale richiesta riguarda soprattutto le imprese turistiche, poiché il calo dei consumi colpisce proprio quelle voci di spesa non ritenute essenziali dalle famiglie. Va anche evidenziato come l’8% deglii ntervistati richieda uno snellimento e semplificazione delle procedure amministrative di tipo concessorio o autorizzatorio di competenza delle PA, che si traducono in costi

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aggiuntivi per le imprese, ed in una dilatazione dei tempi necessari ad implementare progetti di investimento e di sviluppo aziendale. Si tratta, a differenza degli interventi di cui sopra, di una misura non congiunturale, ma strutturale, che mira ad una maggiore competitività del territorio.

Graf. 8 – Leve sul quale le imprese sono intervenute per contrastare gli effetti della crisi (In %)

3,64,8

7,811,812,2

15,816,8

AltroRicerca nuovi mercati di sbocco esteri

Riqualificazione delle risorse umaneIrrobustimento dell’organizzazione aziendale

Ricerca nuovi mercati di sbocco interni Ampliamento gamma prodotti offerti

Razionalizzazione dei costi di approvvig. e di produz.Riduzione margini

Riduzione del personaleAdozione di nuove strategie commerciali

Aumento della qualità dei prodotti/servizi

*Trattandosi di domanda a risposta multipla il totale delle risposte può essere superiore a 100.Fonte: Osservatorio Economico Palermo

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Graf. 9 – Interventi di politica economica prioritari per rilanciare la competitività delle imprese (In %)

1,4

1,61,8

2,02,2

2,8

3,43,4

4,6

7,0

Creazione di un polo intermodaleMiglioramento sistema formaz. professionale degli addetti

Maggiore sostegno pubblico ai processi di internazionalizzazioneRiforma dei consorzi industriali

Miglioramento delle reti telematiche ed informatiche

Potenz. infrastrutture/utilities interne alle aree industrialiPotenziamento infrastrutture portuali/aeroportuali

Incentivaz. alla crescita dimens./associazionismo con altre imprese

Potenziamento infrastrutture di colleg. viarie/ferrov.Maggiore sostegno pubblico ai processi di R&S

Incentivi all’acquisizione di sistemi di qualità

Rimborso accelerato dei debiti della PA nei confronti delle impreseIncentivi in c/interesse per ridurre il costo del denaro

Snellimento delle procedure amministrative cui l’impresa è sottoposta

Creaz. fondo pubb. di garanzia per facilitare il cred. banc./potenz. confidiInterventi a sostegno della domanda per consumi

Incentivazione a sostegno dei livelli di liquidità dell’impresa

*Trattandosi di domanda a risposta multipla il totale delle risposte può essere superiore a 100.Fonte: Osservatorio Economico Palermo

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L’analisi Macroeconomica

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2.1 – LA CREAZIONE DI RICCHEZZA

2.1.1 Il Prodotto Interno Lordo provinciale

L’andamento del prodotto interno lordo dal 2003

al 2008

Una inversione del ciclo verificatasi anche

in ragione di un livello insufficiente della

produttività

Come è noto, l’andamento del prodotto interno lordo misura la capacità di crescita economica del territorio, in termini di creazione di ricchezza netta. Il sistema economico palermitano rappresenta il 25% circa del PIL regionale siciliano, ed il suo peso tende a crescere negli anni (nel 2003 era del 23%). Si tratta, quindi, di un sistema economico di importanza cruciale per l’intera Sicilia, ma anche per il Mezzogiorno (poiché la provincia di Palermo produce circa il 6% della ricchezza netta dell’intero Meridione). Da questo punto di vista, non può che preoccupare il fatto che, negli anni più recenti, la crescita economica palermitana sia stata particolarmente debole, poiché già dal 2006 questa si è attestata al di sotto della media regionale e di quella nazionale, evidenziando prima una sostanziale stagnazione, per poi entrare, a partire dal 2008, in fase recessiva.In altri termini, la crescita economica del palermitano, in questi ultimi anni, si sta rivelando più fragile anche rispetto al resto della Sicilia e del Sud; si tratta di una debolezza che rischia di tradursi in una maggiore serietà degli effetti della crisi economica sul sistema economico locale, ed in prospettive di ripresa più lente rispetto al resto del Paese. L’approfondimento delle cause strutturali di tale fragilità economica costituisce uno degli oggetti principali della presente edizione dell’Osservatorio. Fra l’altro, il rallentamento della crescita economica provinciale è un dato piuttosto recente, posto che nel periodo 2003-2005 il Pil palermitano aveva evidenziato, sovente, una capacità di crescita anche superiore rispetto alla media nazionale, tanto che il tasso medio annuo di crescita del Pil provinciale, misurato sull’intero arco di tempo 2003-2008, è ancora piuttosto brillante (+3%), malgrado il rallentamento netto negli anni più recenti. Il biennio 2005-2006, dunque, sembra essere

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stato il periodo in cui il ciclo economico locale ha accusato un punto di svolta in negativo, e Palermo ha cessato di essere una locomotiva della crescita siciliana e meridionale.Alla radice di tale rallentamento, che si è trasformato in una “recessione anticipata” di qualche mese rispetto al ciclo generale avviatosi a fine 2008, vi è un livello della produttività del lavoro insufficiente che, ovviamente, pesa negativamente sulla competitività delle imprese locali e, quindi, sul loro potenziale di crescita. Seppur cresciuta, tra il 2001 ed il 2006, in misura superiore rispetto al resto della regione e del Paese (16,5%, a fronte del 13,8% regionale e del 12,8% nazionale), la produttività del lavoro palermitana rimane, a fine 2006, su livelli inferiori alla media, essendo pari al 93,3% del valore complessivo dell’Italia. Seria risulta essere la situazione dei servizi (92,2% della produttività del terziario nazionale, con punte negative particolarmente acute nel comparto del commercio, alberghi e pubblici esercizi e dei servizi reali ed immobiliari), evidenziando come il processo di terziarizzazione dell’economia palermitana sia stato basato su attività a modesta competitività e, quindi, non abbia contribuito ad un incremento del potenziale di crescita, come invece avvenuto in altri sistemi economici che si sono terziarizzati.

Tab. 1 – Prodotto interno lordo a prezzi correnti nelle province siciliane, in Sicilia, nel Mezzogiorno ed in Italia (2003-2008; valori in milioni di euro)  2003 2004 2005 2006 2007 2008

Trapani 7.144,1 6.483,6 6.842,1 7.258,1 7.165,6 6.907,2Palermo 18.388,4 19.431,7 19.819,1 20.105,2 21.104,2 21.943,5Messina 10.913,2 10.444,1 11.158,5 11.542,8 11.692,0 11.501,2Agrigento 6.235,5 5.786,1 5.980,3 6.126,6 6.113,9 6.732,3Caltanissetta 4.108,0 3.988,9 4.298,1 4.426,4 4.514,6 4.731,1Enna 2.450,1 2.370,7 2.463,2 2.591,9 2.613,0 2.689,0Catania 16.362,1 16.462,9 16.986,7 17.475,4 18.026,7 18.985,5Ragusa 5.082,0 5.305,9 5.356,1 5.533,3 5.755,7 6.262,6Siracusa 7.615,6 7.053,3 7.454,1 7.878,9 8.040,0 7.501,5Sicilia 78.299,0 77.327,3 80.358,1 82.938,6 85.025,8 87.253,9Mezzogiorno 328.518,0 332.776,2 341.498,9 352.869,0 363.083,4 370.827,1

ITALIA1.333.981

,01.389.263

,51.421.800

,61.473.948

,61.535.540

,41.570.745

,3Fonte: Istituto G. Tagliacarne

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Graf. 1 – Variazione annua del Pil a Palermo, in Sicilia ed in Italia, a prezzi costanti (2002-2008; valori In %)

2,4

-0,4

0,1

1,11,4 1,5

-1,2

0,3

1,2

-0,1 -0,1

0,2

-1,0

1,62,01,5

0,70,5

0,0

-4,0

-3,0

-2,0

-1,0

0,0

1,0

2,0

3,0

Fonte: Istituto G. Tagliacarne2.1.2 Il valore aggiunto settoriale

Una terziarizzazione basata su settori a modesta

capacità di crescita

Un primo fattore strutturale di debolezza dell’economia palermitana può rinvenirsi dall’analisi della composizione settoriale del suo sistema produttivo. Palermo ha compiuto, in misura più rapida e più intensa, rispetto al resto del Paese, un’evoluzione per certi versi fisiologica in direzione delle attività terziarie e di servizio. Infatti, tra il 2003 ed il 2007, il valore aggiunto del terziario è cresciuto a ritmi superiori rispetto alla media regionale e nazionale (con tassi del 3,2% per Palermo, del 3% per la Sicilia e del 2,8% a livello nazionale). Oggi, quindi, con più dell’84% del valore aggiunto che deriva dal terziario, Palermo può definirsi una economia largamente terziarizzata. Tuttavia, il processo di terziarizzazione dell’economia palermitana non si è svolto attraverso meccanismi virtuosi, ovvero allineati ad un fenomeno generale, tipico di tutte le economie post-industriali, di abbandono di cicli produttivi a basso valore aggiunto (come ad esempio le attività agricole e quelle manifatturiere a minor livello qualitativo e di innovazione) per abbracciare attività immateriali ad elevata redditività sui mercati (quali i cosiddetti “servizi avanzati”: ICT, informatica, R&S, attività finanziarie, ecc.). Infatti, al netto del peso tradizionalmente assunto dai servizi

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pubblici, connesso al ruolo di capitale regionale, la terziarizzazione dell’economia palermitana è passata per il tramite di attività di servizi alla persona a basso valore aggiunto, mentre, secondo i dati 2006, il peso dei servizi avanzati è pari al 31% del totale del valore aggiunto del terziario, a fronte di una media del 39% a livello nazionale. Pertanto, il processo di terziarizzazione, che in altre parti del Paese e dell’Europa ha portato a nuove fasi di crescita (almeno prima della crisi finanziaria di fine 2008), ha indebolito l’economia palermitana, poiché si è tradotto, da un lato, nella crisi dei tradizionali assi portanti dell’industria locale (la crisi del polo di Carini, che ha colpito insediamenti industriali come la Keller, la Effedi, la Tecnopali e l’Imesi, nonché la perdurante incertezza sul futuro dello stabilimento di Termini Imerese –nella componente automotive ed in quella della cantieristica navale-, già più volte colpito da pesanti ristrutturazioni produttive ed occupazionali) e dall’altro in una terziarizzazione “povera”, a basso valore aggiunto, con scarse prospettive di espansione sui mercati, specie di quelli non meramente localistici, a bassa produttività.

Tab. 2 – Valore aggiunto per settore di attività economica nelle province siciliane, in Sicilia,

nel Mezzogiorno ed in Italia (2007; In %)

  Agricoltura

IndustriaServizi

Totale economi

aManifatturie

roCostruzio

niTotale Industr

iaTrapani 2,8 9,5 7,6 17,1 80,1 100,0Palermo 1,9 8,7 4,9 13,6 84,5 100,0Messina 2,5 9,9 7,3 17,1 80,3 100,0Agrigento 5,8 7,6 6,2 13,8 80,5 100,0Caltanissetta 4,8 21,3 6,5 27,8 67,5 100,0Enna 7,6 8,0 7,6 15,6 76,8 100,0Catania 2,7 10,8 5,8 16,7 80,7 100,0Ragusa 11,2 9,6 8,5 18,1 70,7 100,0Siracusa 6,6 19,5 5,4 25,0 68,5 100,0Sicilia 3,9 10,9 6,2 17,1 79,0 100,0Mezzogiorno 3,5 13,8 7,1 20,9 75,7 100,0ITALIA 2,1 21,4 6,1 27,5 70,5 100,0Fonte: Istituto G. Tagliacarne

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Graf. 2 – Variazione media annua del valore aggiunto a Palermo, in Sicilia ed in Italia (2007/2003)Agricoltura Manifatturiero Costruzioni Servizi Totale economia

-5,9

-2,5

-1,4

0,01,4

2,7

-0,4

0,4

3,2 3,0 2,8 2,5 2,4 2,8

Agricoltura Manifatturiero Costruzioni Servizi Totale economiaFonte: Istituto G. Tagliacarne

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Quadro A

Il sistema economico integrato dei beni culturali

Il patrimonio culturale rappresenta un importante fattore strategico su cui puntare per stimolare lo sviluppo economico di un territorio, a maggior ragione in una provincia quale Palermo che si contraddistingue per le straordinarie ed innumerevoli ricchezze. Un aspetto che spesso viene sottovalutato, a questo proposito, è che il patrimonio culturale non ha delle ripercussioni positive solo sull’indotto turistico, ma alimenta anche altri importanti segmenti del tessuto produttivo. Nel caso specifico di Palermo, il settore culturale ha, in effetti, un ruolo di tutto rispetto nell’economia locale, peso che, tuttavia, sembra stia andando gradualmente diminuendo nel tempo, in controtendenza, peraltro, con il trend nazionale. Risultano utili in tal senso i dati circa la consistenza ed il peso che il settore culturale, o meglio le attività economiche coinvolte nel “processo produttivo” attivato dal patrimonio culturale, ha sull’economia italiana, anche a livello provinciale, nonché le rispettive dinamiche di medio periodo.Al 2006, ultimo dato aggiornato disponibile, le imprese che rientrano nel sistema economico integrato dei beni culturali (le attività interessate ai temi della valorizzazione dei beni culturali sono state raggruppate in cinque settori: beni e attività culturali; industria culturale, quindi editoria, audiovisivi, ecc.; enogastronomia e produzioni tipiche, produzioni di natura industriale ed artigiana; architettura ed edilizia di riqualificazione) costituiscono il 20,3% del tessuto produttivo locale, quindi una quota piuttosto consistente, persino leggermente superiore alla media nazionale (20%). Per quanto riguarda Palermo, si tratta per la stragrande maggioranza di imprese operative nell’ambito dell’architettura ed edilizia di riqualificazione (50,7%) e dell’enogastronomia e produzioni tipiche (20%), queste ultime, in particolare, con un peso maggiore che nel contesto nazionale nel suo complesso, mentre il settore delle produzioni di natura industriale ed artigiana e quello dei beni culturali in senso stretto hanno un peso più contenuto (del 13,1% il primo e del 4,1% il secondo). La rilevanza che il settore culturale ha nella realtà economica palermitana emerge, d’altra parte, dalla posizione che la provincia di Palermo occupa nella graduatoria nazionale per numerosità di imprese nel settore in esame, è la 17-esima delle 103 province italiane, per arrivare ad occupare addirittura la decima posizione nell’ambito dell’enogastronomia e delle produzioni tipiche. Tale settore trasversale ha, peraltro, un ruolo significativo nella provincia di Palermo sia per le opportunità di lavoro che offre (vi opera il 14,3% degli occupati interni; Italia: 15,4%) che per il contributo che dà alla formazione della ricchezza locale (contribuisce per l’11,5% sul valore aggiunto complessivamente prodotto in provincia; Italia 12,7%). Da notare, tuttavia, come il peso che queste imprese hanno sull’economia palermitana stia gradualmente riducendosi nel tempo (valore aggiunto: dal 12,1% del 2001 all’11,5% del 2006; occupati: dal 14,6% del 2001 al 14,3% del 2006), contrariamente a quanto avviene mediamente nel contesto nazionale (valore aggiunto: dal 12,3% del 2001 al 12,7% del 2006; occupati: dal 14,3% del 2001 al 15,4% del 2006). Peraltro, ancorché le dinamiche di medio periodo sperimentate dal settore culturale della provincia (2001-2006) siano positive (valore aggiunto +12,9%; occupati: +1,6%), risultano comunque essere ben al di sotto di quelle sperimentate nel Paese (valore aggiunto +21,5%; occupati: +14,4%). Ciò che emerge da quanto appena detto, è pertanto la necessità da parte della provincia di intervenire a favore di un rilancio del settore culturale e, quindi, di una maggiore valorizzazione del patrimonio culturale.

Tab. 3 – Posizione della provincia di Palermo nella graduatoria nazionale per numerosità imprenditoriale al 2006, e variazione percentuale del valore aggiunto e degli occupati nel periodo 2006/2001,in riferimento ai settori del sistema economico integrato dei beni culturali

  Numerosità di impreseBeni e attività culturaliIndustria culturale (editoria, audiovis., ecc.)Enogastronomia, produzioni tipicheProduzioni di natura industriale e artigianaArchitettura ed Edilizia di riqualificazioneTotale settore culturale PalermoTotale settore culturale ITALIAFonte: Istituto G. Tagliacarne

Graf. 3 – Composizione settoriale del valore aggiunto collegabile alle attività economiche connesse

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31,6

10,5

0,0

5,0

10,0

15,0

20,0

25,0

30,0

35,0

Beni e attivitàculturali

Industria culturale(editoria, audioisivi,

multimediale)

Enogastronomia,produzioni tipiche

Produzioni di naturaindustriale e

artigiana

Archittetura ededilizia di

riqualificazionePalermo Italia

Fonte: Istituto G. Tagliacarne

Tale informazione statistica è stata prodotta in occasione dell’avvio di un progetto dell’Unioncamere, promosso dal Ministero per i beni e le attività culturali, e realizzato dall’Istituto G. Tagliacarne, volto alla quantificazione e qualificazione del sistema economico integrato dei beni culturali nell’economia italiana. Per sistema economico integrato dei beni culturali si intende, in particolare, quel nucleo di imprese “per i beni e le attività culturali, Unioncamere e Istituto G. Tagliacarne, Il sistema economico integrato dei beni culturali

2.2 – LA DISTRIBUZIONE DELLA RICCHEZZA

2.2.1 La dinamica demografica

Un bacino di grandi potenzialità che però deve

evitare depauperamenti dovuti alla ripresa di

fenomeni migratori

Congiuntamente alla dotazione di risorse economiche, di infrastrutture e di attività, la popolazione (ossia le risorse umane) rappresenta uno dei principali fattori che contribuiscono a delineare il profilo di un territorio, date le molteplici ricadute in termini economici associate alle dinamiche demografiche. In generale, il grado di attrattività di un territorio può essere misurato anche per il tramite della capacità di accrescere la sua popolazione mediante flussi migratori in ingresso (recentemente, Svimez ha utilizzato proprio tale parametro per misurare l’attrattività dei sistemi locali del lavoro meridionali, cfr. Rapporto Svimez 2009) mentre le dinamiche naturali della popolazione (natalità, mortalità, fecondità, ecc.) sono spesso strettamente associate al grado di sviluppo socio-economico complessivo (cfr. l’Human Development Index elaborato dall’United Nations Development Programme).

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Una popolazione fortemente urbanizzata

e concentrata territorialmente

In riferimento al fattore demografico, la provincia di Palermo, in un contesto nazionale di generale declino, mette a segno, negli ultimi anni, una costante crescita, sia pur in misura nettamente inferiore rispetto alla media regionale. Infatti, il tasso medio di crescita, nel periodo considerato (2003-2007), è pari all’1,1%, a fronte del 2,3% medio regionale. A questo proposito va rimarcato, però, come la crescita demografica di Palermo sia alimentata quasi esclusivamente dalla componente naturale, mentre il flusso migratorio negativo, in una regione che ha invece avuto andamenti complessivamente positivi nel periodo in esame, evidenzia come la progressiva erosione delle occasioni lavorative abbia inciso sulle decisioni dei residenti. Nell’ultimo rapporto sull’economia del Mezzogiorno, Svimez evidenzia come i flussi di trasferimento di residenza verso il Centro Nord, al 2006, siano diretti, da Palermo, prevalentemente verso regioni come l’Emilia Romagna, il Piemonte, la Lombardia, la Toscana ed il Veneto, mentre la capacità attrattiva di Palermo nei confronti di altre aree della Sicilia (segnatamente nei confronti di Catania, Caltanissetta e Messina) non compensa le perdite demografiche per emigrazione verso il Nord dell’Italia. Sulla vivacità del saldo naturale, gioca anche il fatto che la popolazione palermitana è relativamente giovane, se paragonata con il resto della Sicilia e con la media nazionale, come dimostrano i valori relativi alla percentuale di giovani con meno di 15 anni ed all’indice di vecchiaia. Peraltro, anche nell’ambito della popolazione in età da lavoro, Palermo esibisce una quota di “lavoratori giovani” (15-39 anni) relativamente più elevata rispetto ai “lavoratori anziani” (40-64 anni), come indica il valore basso dell’indice di struttura. Pertanto, una popolazione giovane, sia in assoluto che con riferimento al mercato del lavoro, costituisce un vantaggio competitivo tipico di Palermo, e del tutto favorevole, sia in confronto con le altre province siciliane, che con il Paese nel suo insieme. Una forza lavoro costituita prevalentemente da giovani, infatti, consente di avere lavoratori

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creativi e potenzialmente ad elevata produttività, a tutto vantaggio delle prospettive di crescita futura dell’economia locale. Tuttavia, tale vantaggio competitivo si assottiglia a causa dei rilevanti fenomeni migratori, che colpiscono, ovviamente, soprattutto i lavoratori giovani, e che sono il frutto di una incapacità del sistema economico di produrre posti di lavoro in quantità e qualità sufficienti a rispondere all’offerta di lavoro. Ciò, in prospettiva, non potrà che far flettere anche la curva di crescita dovuta alla componente naturale, se gli attuali trend dovessero proseguire. Con riferimento alla struttura della popolazione, Palermo presenta le caratteristiche tipiche di un’area ad elevato grado di urbanizzazione. La densità demografica, molto elevata, denota infatti la presenza di un’area urbana densamente popolata, mentre la percentuale di abitanti residenti in comuni di dimensione demografica uguale o superiore ai 20.000 abitanti è il riflesso di una popolazione che tende a concentrarsi nel polo urbano del capoluogo e sulla costa, e che, nell’entroterra, tende invece a rarefarsi. Ciò è il riflesso della distribuzione delle attività economiche, che privilegia la città capoluogo (che concentra il 53% circa dell’intera popolazione provinciale) e, almeno in passato, le aree costiere dei due poli industriali di Carini e Termini Imerese. Lo sviluppo e la rete urbana sono, pertanto, caratterizzati da un evidente squilibrio tra il capoluogo e il resto della provincia: Palermo, infatti, possiede un hinterland fatto di piccoli centri che la circondano e che ad essa fanno riferimento per qualunque tipo di servizio. Cefalù e Bagheria rappresentano invece il riferimento, in termini di servizi, per i comuni della fascia costiera, e Termini Imerese per l’area orientale della provincia. I comuni dell’area più interna della provincia, più piccoli demograficamente, si trovano invece in una posizione relativamente meno favorevole, in termini di accesso ai servizi stessi. Relativamente modesta risulta, inoltre, la percentuale di stranieri regolarmente residenti sul totale della popolazione, nella misura in cui i poli

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regionali di attrazione principali risultano essere Catania e Caltanissetta.

Tab. 1 – Popolazione residente per età in provincia di Palermo, in Sicilia ed in Italia (2007; valori assoluti)

Valori Assoluti  0 - 14 15 - 64 65 e oltre Totale

Trapani 66.733 283.457 85.784 435.974Palermo 200.901 825.131 217.353 1.243.385Messina 89.280 432.393 132.359 654.032Agrigento 71.365 296.282 87.903 455.550Caltanissetta 45.336 177.156 50.078 272.570Enna 26.820 111.781 35.122 173.723Catania 177.446 723.425 181.044 1.081.915Ragusa 49.337 205.628 56.805 311.770Siracusa 59.715 269.873 71.176 400.764Sicilia 786.933 3.325.126 917.624 5.029.683ITALIA 8.367.043 39.306.261 11.945.986 59.619.290Fonte: Istituto Tagliacarne su dati Istat      

Tab. 2 – Principali indicatori della struttura demografica nelle province siciliane,in Sicilia ed in Italia (2007)

 Dipendenz

aDipendenz

aDipendenz

a Indice di Indice di Indice di

 struttural

e(1) giovanile(2) degli anziani(3) vecchiaia(4) struttur

a(5)ricambi

o(6)

Trapani 53,8 23,5 30,3 128,5 97,2 93,2Palermo 50,7 24,3 26,3 108,2 92,8 79,8Messina 51,3 20,6 30,6 148,3 101,4 92,4Agrigento 53,8 24,1 29,7 123,2 93,0 82,5Caltanissetta 53,9 25,6 28,3 110,5 92,3 77,3Enna 55,4 24,0 31,4 131,0 96,6 79,5Catania 49,6 24,5 25,0 102,0 91,9 76,0Ragusa 51,6 24,0 27,6 115,1 92,0 84,1Siracusa 48,5 22,1 26,4 119,2 95,1 95,9Sicilia 51,3 23,7 27,6 116,6 94,3 83,1ITALIA 51,7 21,3 30,4 142,8 107,1 114,8(1) rapporto % tra popolazione in età non attiva (0-14 anni e 65 anni e più) e la popolazione in età attiva (15-64)(2) rapporto % tra la popolazione di età 0-14 anni e più e la popolazione in età attiva (15-64)(3) rapporto % tra la popolazione di età 65 anni e più e la popolazione in età attiva (15-64)(4) rapporto % tra la popolazione di 65 anni e più e la popolazione di 0-14 anni(5) Indica il grado di invecchiamento della popolazione attiva ed è dato dal rapporto tra la popolazione compresa tra 40 e 64 anni e la popolazione compresa tra 15 e 39 anni.(6) È dato dal rapporto tra coloro che stanno per uscire dalla popolazione in età lavorativa (60-64 anni) e coloro che vi stanno per entrare (15-19).Fonte: Istituto Tagliacarne su dati Istat

Tab. 3 – Popolazione residente nelle province siciliane, in Sicilia ed in Italia, suddivisa per numero di famiglie, componenti per famiglia, ampiezza dei comuni,

densità abitativa e % stranieri residenti (2007; v. ass. ed In %)

  n° famiglie

n° compon. perfamig

lia

Densità

abitativa

Pop<20.000ab.

Pop>=20.000ab.

% Stranieri residenti

Trapani 165.010 2,6 177,22 28,9 71,1 1,1Palermo 461.485 2,7 249,06 28,1 71,9 0,9Messina 271.178 2,4 201,41 51,4 48,6 1,2

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Agrigento 171.159 2,7 149,76 49,2 50,8 0,7Caltanissetta 105.773 2,6 128,30 31,4 68,6 2,0Enna 68.164 2,5 67,81 71,8 28,2 1,5Catania 422.978 2,5 304,58 32,8 67,2 3,9Ragusa 118.929 2,6 193,16 21,6 78,4 1,4Siracusa 152.986 2,6 190,04 24,5 75,4 1,5

Sicilia1.937.66

2 2,6 195,69 35,1 64,9 1,6

ITALIA23.907.4

10 2,5 197,85 47,2 52,75 5,0Fonte: Istituto Tagliacarne

2.2.2 Il Pil pro capite

L’andamento del Pil pro capite è favorito anche

dalla dinamica demografica

Si riduce il gap strutturale di ricchezza media

prodotta.....

...anche se permangono oltre 30 punti percentuali

di gap con la media nazionale

Il rapporto fra Pil ed abitanti costituisce una prima, seppur generica, indicazione del livello di ricchezza media disponibile sul territorio, per quanto debba essere integrata da una analisi più approfondita dei meccanismi redistributivi esistenti. Se si analizza l’andamento complessivo del Pil pro capite palermitano sull’intero periodo 2003-2008, si nota una evidente crescita media, più robusta sia rispetto alla Sicilia ed al Mezzogiorno, che all’Italia. Tale andamento del tasso medio annuo di crescita del Pil pro capite è ovviamente stato favorito da una crescita della popolazione molto più lenta rispetto alla media nazionale (la popolazione palermitana, tra il 2003 ed il 2008, è cresciuta dello 0,5%, quella nazionale del 4%, quella siciliana dell’1,2%). Da ricordare, infatti, che a partire dal 2006, la crescita economica palermitana ha rallentato, attestandosi su un trend più basso rispetto al resto della Sicilia e del Paese. Di fatto, quindi, la dinamica del Pil pro capite palermitano è stata influenzata anche da effetti che nulla hanno a che vedere con la crescita della ricchezza effettivamente disponibile. E’ da notare che, malgrado l’incremento relativamente rapido di tale indicatore, il gap in valore assoluto che separa il Pil pro capite palermitano da quello nazionale rimane pressoché costante (8.300 euro nel 2003, 8.600 nel 2008), evidenziando come non vi sia stato cun significativo fenomeno di recupero, in termini di ricchezza disponibile in valore assoluto, nei confronti delle aree più ricche del Paese. Discorso diverso riguarda, invece, il recupero in termini relativi, poiché la crescita media annua del Pil pro capite relativamente rapida in provincia di Palermo ha fatto sì che tale indice passasse dal 64% al 67% del valore nazionale nel periodo.

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Viceversa, il recupero si è registrato sia in termini assoluti che relativi nei confronti del resto della Sicilia e del Mezzogiorno. Infatti, nel 2003 il Pil per abitante palermitano esibiva un valore inferiore alla media regionale, ma già dal 2004 si verifica un ribaltamento della situazione. Rispetto al Mezzogiorno, la distanza nei valori del Pil pro capite si riduce, da circa 1.100 euro nel 2003, a poco più di 150 euro nel 2008. Tutto ciò ha fatto sì che, nella graduatoria delle 103 province italiane per valore del Pil pro capite, Palermo abbia recuperato ben 8 posizioni rispetto al 2003, collocandosi al secondo posto fra le province siciliane, dietro alla sola Ragusa. Va, tuttavia, ricordato, ancora una volta, che tali andamenti derivano anche da una crescita demografica più lenta nella provincia. Infatti, stante la sostanziale recessione in cui è entrato il ciclo macroeconomico palermitano nel 2007-2008, che, come si ricorderà, è stata più forte rispetto a quanto registrato a livello di regione e di intera economia nazionale, l’aumento del PIL pro capite attribuibile ad effettivi fenomeni di accumulazione di nuova ricchezza netta può riferirsi solamente agli anni che vanno dal 2003 al 2006.

Tab. 4 – Pil per abitante nelle province siciliane, in Sicilia, nel Mezzogiorno ed in Italia, a prezzi correnti (2003-2008; N.I., Italia = 100)

  2003 2004 2005 2006 2007 2008Trapani 72,1 63,0 65,0 66,8 63,7 60,3Palermo 64,1 65,7 65,9 64,8 65,7 67,1Messina 71,4 66,4 70,0 70,5 69,2 66,9Agrigento 59,3 53,1 54,0 53,7 51,9 56,3Caltanissetta 64,7 60,6 64,5 64,7 64,0 66,1Enna 60,1 56,8 58,2 59,6 58,2 59,0Catania 66,4 64,5 65,2 64,9 64,5 66,7Ragusa 72,9 72,7 71,8 71,7 71,7 76,1Siracusa 82,8 74,3 77,2 79,0 77,7 71,0Sicilia 67,7 64,7 66,0 66,1 65,4 66,0Mezzogiorno 68,8 67,3 67,8 68,0 67,5 67,7ITALIA 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0Fonte: Istituto G. Tagliacarne

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Tab. 5 – Pil pro capite nell'anno 2008 e variazioni rispetto al 2003 nelle province siciliane,

in Sicilia ed in ItaliaPosizione

in graduator

ia nazionale

Pro capite €

Numero Indice

(Italia=100)

Diff. pos. rispetto al 2003

Variazione %

2008 / 2003

Trapani 98 15.853,7 60,3 -18 -5,2Palermo 87 17.643,6 67,1 8 18,8Messina 88 17.584,6 66,9 -3 6,2Agrigento 103 14.790,8 56,3 -1 7,6Caltanissetta 90 17.376,8 66,1 4 15,9Enna 101 15.494,3 59,0 -1 11,2Catania 89 17.527,6 66,7 0 13,8Ragusa 73 20.008,3 76,1 5 18,3Siracusa 80 18.661,7 71,0 -10 -2,7Sicilia - 17.337,8 66,0 - 10,4ITALIA - 26.278,6 100,0 - 13,4Fonte: elaborazioni Istituto Tagliacarne

Quadro B Benchmarking: le principali aree portuali mediterranee

L’analisi del Pil pro capite permette di avere delle indicazioni, sebbene di carattere molto generale, circa la ricchezza media disponibile sul territorio. In quanto segue, la situazione della provincia di Palermo è messa a confronto con quella delle altre principali province portuali mediterranee utilizzando dati a livello NUTS3.Analizzando i dati per il periodo 2001-2006 e ponendo il Pil pro capite dell’Unione Europea a 27 pari a 100, si può notare come per il Pil pro capite della provincia di Palermo, insieme a quello di Napoli, si registri un valore inferiore a quello di tutte le province considerate. La realtà della provincia palermitana risulta, quindi, piuttosto distante in termini di ricchezza media disponibile rispetto alle province portuali più avanzate, tra cui spiccano Trieste, Venezia, Genova e Barcellona (nell’analisi si dovrebbe tuttavia tener conto anche delle dinamiche demografiche che hanno ovviamente un loro impatto sulla variabile in esame). Facendo riferimento in particolare al dato del 2006, ultimo disponibile al momento a livello NUTS 3, il Pil pro capite di Palermo risulta di circa il 30% inferiore alla media europea, un dato vicino a quello di Bari e Napoli. L’indice più alto si riscontra per le province di Trieste (127,5) e Venezia (125) ma anche Barcellona, Atene e Genova evidenziano dei risultati superiori alla media europea. Ciò che emerge in modo chiaro è quindi la necessità per le economie delle province portuali del Mezzogiorno (sebbene Cagliari presenti delle performance molto più vicine al dato europeo) di politiche adatte ad innescare un processo di convergenza verso i livelli di prosperità delle province portuali più avanzate.

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Tab. 6 – Pil per abitante a Palermo e nelle principali province portuali mediterranee a prezzi correnti (2001-2006; N.I., con EU27=100)

Pil per abitante (N.I.)  2001 2002 2003 2004 2005 2006Barcellona 102.0 102.4 106.8 107.9 110.2 111.4Valencia 81.3 82.9 85.5 85.6 85.8 87.3Marsiglia 96.0 92.7 93.7 94.4 93.8 94.5Atene 86.9 92.7 100.5 106.0 107.1 111.0Genova 120.2 115.6 118.8 117.6 113.3 110.6Venezia 126.8 125.9 129.5 130.1 126.7 125.0Trieste 129.3 127.3 130.0 129.6 128.0 127.5Napoli 71.7 71.7 72.0 71.8 69.3 67.8Bari 83.8 82.0 81.2 79.2 75.6 75.0Palermo 70.7 72.2 73.4 73.1 72.9 71.6Cagliari 101.5 97.1 100.5 101.9 97.3 95.8Lisbona 89.4 89.8 90.3 89.8 88.4 86.9EU27 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0

Fonte: elaborazioni Istituto G. Tagliacarne su dati Eurostat

Graf. 1 – Pil per abitante a Palermo e nelle principali province portuali mediterranee (NI EU27=100)

100.0111.4

87.394.5

111.0 110.6

125.0 127.5

67.875.0 71.6

95.886.9

0.0

20.0

40.0

60.0

80.0

100.0

120.0

140.0

EU27BarcellonaValenciaMarsiglia

AteneGenovaVeneziaTrieste Napoli BariPalermoCagliariLisbona

Fonte: elaborazioni Istituto G. Tagliacarne su dati Eurostat

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2.2.3 Il patrimonio delle famiglie

La composizione del patrimonio delle famiglie denota un atteggiamento

poco vocato al rischio

Accanto ai flussi di reddito, un elemento fondamentale per valutare la ricchezza effettiva delle famiglie è dato dal valore del loro stock patrimoniale. A tal proposito, con un valore medio di 300.000 euro per famiglia, che non ha subito significative variazioni tra il 2004 ed il 2007, Palermo è la seconda provincia della Sicilia, dopo Trapani, per dotazione patrimoniale. Mediamente, la famiglia palermitana possiede uno stock patrimoniale pari a poco più del 78% della famiglia italiana, il che, nel panorama complessivo della Sicilia e del Mezzogiorno, può essere considerato un valore relativamente soddisfacente. Gioca in tal senso il valore degli immobili, poiché il prezzo medio dei beni immobiliari è relativamente elevato nella città capoluogo, risentendo ovviamente di un effetto tipico di ogni grande area urbana sul prezzo della casa, e poiché più del 71% del patrimonio delle famiglie palermitane è costituito dal valore dell’abitazione, una percentuale, questa, notevolmente superiore sia alla media del Mezzogiorno che, soprattutto, a quella nazionale (che non raggiunge il 60%). Più in generale, lo stock patrimoniale delle famiglie di Palermo appare concentrato prevalentemente su attività reali (immobili e terreni) mentre la quota di risparmio orientata verso le attività finanziarie rappresenta una percentuale minima (non superiore al 27%), una quota nettamente inferiore alla media della regione, del Mezzogiorno e dell’Italia. In particolare, le attività più rischiose, ovvero i valori mobiliari, costituiscono appena il 9,5% del patrimonio delle famiglie provinciali, ancora una volta un valore di gran lunga inferiore rispetto al resto della regione, del Sud e del Paese. Un simile assetto patrimoniale, da un lato, è il riflesso di una mentalità piuttosto conservatrice, avversa al rischio (si preferisce investire nel mattone e nei terreni, piuttosto che avventurarsi sui mercati finanziari). D’altro lato, però, potrebbe rivelarsi importante nell’attuale fase di crisi, nella misura in cui le famiglie palermitane, proprio grazie a tale composizione del patrimonio, sono relativamente meno esposte, in media, sui mercati finanziari, alle prese con una caduta dei valori delle attività mobiliari.

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Tale considerazione, tuttavia, va in qualche modo ridimensionata, poiché in questa fase di recessione, anche il valore del patrimonio immobiliare ha subito una flessione che, secondo gli operatori del settore, ad aprile 2009 può quantificarsi attorno al 15%, e che presumibilmente si aggraverà nel corso dei prossimi mesi. Pertanto, la protezione offerta dal modello patrimoniale caratteristico della famiglie locali va, almeno in parte, relativizzata alla luce della perdita di valore degli immobili e dei terreni.

Tab. 7 – Valore del patrimonio delle famiglie nelle province siciliane, in Sicilia, nel Mezzogiorno ed in Italia (2007; In %)

Attività reali Attività finanziarie TOTALE

Abitazioni

Terreni

Totale Depositi

Val.mob.

Riserve

Totale

Trapani 66,6 3,5 70,1 10,3 11,8 7,9 29,9 100,0Palermo 71,8 1,3 73,0 10,1 9,5 7,4 27,0 100,0Messina 68,7 1,7 70,4 10,1 10,8 8,7 29,6 100,0Agrigento 76,0 2,6 78,5 7,9 7,6 6,0 21,5 100,0Caltanissetta 68,0 3,3 71,3 11,7 10,5 6,4 28,7 100,0Enna 63,5 7,9 71,4 10,7 9,4 8,5 28,6 100,0Catania 71,5 1,1 72,6 10,3 9,3 7,8 27,4 100,0Ragusa 64,6 3,4 68,0 12,5 11,0 8,6 32,0 100,0Siracusa 66,0 3,0 69,0 12,0 10,7 8,3 31,0 100,0Sicilia 70,2 2,1 72,3 10,3 9,8 7,6 27,7 100,0Mezzogiorno 66,5 2,9 69,4 11,7 11,0 7,9 30,6 100,0ITALIA 59,1 2,4 61,5 9,5 21,4 7,7 38,5 100,0Fonte: elaborazioni Istituto G. Tagliacarne su dati Istat

Tab. 8 – Graduatoria provinciale secondo il valore medio in euro del patrimonio per famiglia

nel 2007 e differenza con il 2004Posizione graduato

ria

Per famiglia (euro)

Differenza posiz. con il

2004Var. % famiglia

2007/2004Num. ind. (ITA=100)

Trapani 94 237.834 2 0,2 62,1Palermo 71 300.152 0 0,2 78,4Messina 93 238.877 5 0,1 62,4Agrigento 65 321.208 -4 0,3 83,9Caltanissetta 86 269.475 -1 0,3 70,4Enna 102 203.341 2 0,2 53,1Catania 88 254.059 -1 0,2 66,4Ragusa 92 238.892 -6 0,3 62,4Siracusa 96 228.767 1 0,2 59,8ITALIA   382.770 - 0,2 100,0Fonte: elaborazioni Istituto G. Tagliacarne su dati Istat 2.2.4 L’indebitamento delle famiglie

Lo stock patrimoniale delle famiglie, ed il livello dei flussi di reddito, costituiscono il valore

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Una crescita del credito al consumo che compensa

la stagnazione dei redditi reali

Tra il 2007 ed il 2008: il credit crunch colpisce più duramente le piccole

e micro imprese

complessivo delle garanzie che queste possono offrire al sistema bancario a fronte della richiesta di prestiti e mutui. D’altro canto, la crescita, verificatasi a livello nazionale, dell’esposizione delle famiglie nei confronti del sistema bancario, riflette un cambiamento strutturale nel modello dei consumi, che fa sempre più affidamento sul credito per mantenere un tenore di vita costante, in considerazione di una crescita del reddito familiare sempre più stagnante negli ultimi anni. Basti pensare che il credito alle famiglie consumatrici sia cresciuto, nel Paese, ad un tasso medio annuo dell’8,3% fra il 2002 ed il 2007, mentre le retribuzioni contrattuali nominali di dipendenti ed operai sono cresciute, nel medesimo periodo, del 2,6% medio annuo, che si riduce allo 0,5% se si tiene conto del parallelo aumento dell’indice dei prezzi al consumo (fonte dei dati: Istat). Da questo punto di vista, la fotografia della provincia di Palermo, con riferimento alle famiglie consumatrici, è del tutto allineata a quanto si verifica nel resto del Paese: l’incremento dell’8,2% medio annuo del credito al consumo, infatti, è analogo al valore medio nazionale, e non dissimile dal resto della Sicilia. E’, invece, leggermente superiore alla crescita media nazionale il trend del credito alle famiglie produttrici (ovvero alle piccole e micro imprese) cresciuto al tasso medio annuo del 5,1%, a fronte del 4,6% nazionale. Probabilmente anche grazie a provvedimenti di agevolazione pubblica a favore delle PMI (che godono di massimali di aiuto pubblico più alti rispetto alle imprese maggiori), il credito bancario ha avuto un andamento interessante rispetto a tale categoria di imprenditori. Il buon andamento del credito alle imprese minori fa sì che il totale del credito alle famiglie cresca ad un ritmo superiore rispetto alla media nazionale (6,1%, contro il 5,6%), anche se inferiore rispetto al resto della Sicilia.Di converso, il credito erogato a medie e grandi imprese (le cosiddette società e quasi società non finanziarie) è risultato meno dinamico, con una crescita media annua del 4%, a fronte del 5,9% medio nazionale e del 5,8% regionale. Ciò deriva

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L’esposizione debitoria delle famiglie palermitane

è elevata in rapporto al reddito

probabilmente dalla minore presenza di unità produttive di grandi dimensioni sul territorio palermitano, ma anche da fenomeni di crisi che hanno colpito alcuni grandi insediamenti produttivi negli ultimi anni, che ne hanno ridotto i flussi di investimento e quindi il ricorso al credito bancario. Gli effetti del ciclo recessivo sull’erogazione del credito bancario iniziano, tuttavia, ad intravedersi nei dati relativi al 2008. Tra il 2007 ed il 2008, si verifica, infatti, un incremento del credito alle famiglie pari all’1%, ben lontano dal tasso di crescita medio annuo del 6,1% registrato tra il 2002 ed il 2007. Nello stesso periodo, si registra, peraltro, un notevole rallentamento nel contesto regionale (+1,9%, a fronte di un tasso di variazione medio annuo del +6,8% tra il 2002 ed il 2007) e quello nazionale (+4,3%, a fronte di un tasso di variazione medio annuo del +5,6%). Da notare, comunque, come la contrazione sperimentata a livello provinciale sia più sostenuta. Sulla base di quanto appena detto è quindi lecito presupporre che le famiglie e le imprese palermitane stiano subendo fenomeni di credit crunch in misura maggiore che le famiglie e le imprese della Sicilia e del Paese nel loro complesso. Le ragioni di tale rallentamento devono essere ascritte alle caratteristiche dell’attuale fase recessiva: minore domanda di mutui immobiliari, legata al calo del clima di fiducia dei consumatori, ma anche alla flessione del mercato immobiliare, criteri più restrittivi nella concessione di credito. Scendendo più nel dettaglio, è interessante osservare come nel 2008, mentre gli impieghi delle famiglie consumatrici continuano ad aumentare rispetto all’anno precedente (+6,3%), benché ad un tasso di quasi due punti percentuali più basso rispetto a quello medio annuo del periodo 2002-2007 (+8,2%), il credito alle famiglie produttrici diminuisca in modo sostanziale (-16,5%). Si tratta in entrambi i casi di variazioni più vicine alle dinamiche sperimentate in Sicilia (famiglie consumatrici +4,1%; famiglie produttrici -11,7%) che nel Paese (famiglie consumatrici +1%; famiglie produttrici –0,6%).

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L’andamento del credito alle famiglie consumatrici ha però una contropartita in termini di esposizione debitoria. In ragione dell’andamento dell’indebitamento delle famiglie nei confronti delle banche in provincia di Palermo, il livello di esposizione debitoria appare piuttosto alto, e ciò può porre delle preoccupazioni, in prospettiva, sulla tenuta di un sistema economico che cresce poco, che non crea molti posti di lavoro aggiuntivi, ma in cui si accumula il debito a carico di famiglie. Infatti, al 2007, il valore del rapporto fra credito alle famiglie consumatrici pro capite e Pil pro capite, che rappresenta la ricchezza media di cui gli individui dispongono per ripagare i loro debiti è, per Palermo, pari al 107,6% della media regionale ed al 113% di quella nazionale. Anche se il rapporto fra debito e patrimonio è leggermente inferiore alla media nazionale (risultando pari al 95% della stessa) il divario in termini di rapporto fra debito e reddito potrebbe creare alcune tensioni, rendendo più difficile e restrittivo l’accesso al credito da parte delle famiglie consumatrici palermitane, e quindi incidendo negativamente sui consumi, nell’attuale scenario recessivo.

Tab. 9 – Credito alle famiglie nelle province siciliane, in Sicilia ed in Italia (2008-2002; tasso di variazione medio annuo In %)

 

Famiglie produttr

ici

Famiglie consumatric

iSocietà e quasi società

non finanziarieAltri

settoriTOTAL

E

 Tasso di var. medio annuo (2007/2002)

Trapani3,6 7,9 8,9 7,3 7,6

Palermo5,1 8,2 4,0 12,4 6,1

Messina2,9 6,6 6,5 8,6 6,2

Agrigento3,7 7,1 8,8 13,8 7,3

Caltanissetta 4,4 6,3 9,4 18,8 7,3

Enna5,3 6,5 8,5 3,9 6,7

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Catania5,8 9,1 8,6 14,1 8,8

Ragusa6,1 7,3 10,0 7,6 8,2

Siracusa6,3 7,8 -1,8 12,3 2,8

Sicilia4,9 7,9 5,7 11,6 6,8

ITALIA4,6 8,3 5,9 1,6 5,6

 Tasso di variazione (2008/2007)

Trapani-6,1 0,8 8,8 96,5 4,5

Palermo-16,5 6,3 0,5 -9,6 1,0

Messina-11,4 2,6 1,9 -32,1 -1,5

Agrigento-12,6 4,2 1,9 -21,6 -0,1

Caltanissetta -9,5 2,2 1,6 -22,8 -0,4

Enna-12,0 2,6 -5,4 9,3 -2,0

Catania-13,9 3,8 5,0 -9,5 1,7

Ragusa-7,7 8,5 9,3 6,1 5,6

Siracusa-10,1 1,6 20,7 -14,0 7,7

Sicilia-11,7 4,1 5,0 -10,7 1,9

ITALIA-0,6 1,0 6,7 3,0 4,3

Fonte: Istituto Tagliacarne su dati Banca d’Italia

2.2.5 I consumi delle famiglie

Un modello di consumo relativamente evoluto,

Tramite l’analisi dei comportamenti di consumo, è possibile comprendere meglio il tenore di vita delle famiglie palermitane. I dati, al 2007, non scontano ancora gli effetti della recessione attuale e della conseguente restrizione della spesa per consumi, e si

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alimentato anche da una espansione del credito

al consumo

collocano solo all’inizio della fase di marcato rallentamento della crescita economica provinciale che, come mostrano i dati sull’evoluzione del Pil, inizia proprio nel 2007. Le analisi andranno, quindi, interpretate nel senso che gli andamenti della domanda per consumi successivi al 2007 saranno sicuramente peggiori, in relazione all’inasprimento del ciclo economico nazionale ed internazionale. Nel 2007, ultimo anno in cui è possibile esaminare i dati, il modello di consumi della famiglia palermitana media è migliore rispetto alla media regionale ed a quella del Mezzogiorno, nel senso che la spesa familiare media è di circa 600-700 euro più elevata rispetto a quella della famiglia-tipo siciliana o meridionale. Inoltre, la quota di consumi dedicata al segmento non alimentare, che comprende quindi i consumi non primari, non strettamente indispensabili per la sopravvivenza, è più alta sia del valore regionale che di quello meridionale, collocandosi a ridosso della media nazionale (essendo pari all’80,3% a Palermo, al 79,2% in Sicilia, al 78,6% per il Mezzogiorno, ed all’82,5% in Italia). Si tratta, pertanto, di un modello di consumi relativamente evoluto, basato su una quota non indifferente di spese voluttuarie, il che generalmente è indice di un tenore di vita elevato. Peraltro, la crescita della spesa per consumi media per famiglia fra 1996 e 2007 è più rapida rispetto alla Sicilia ed al Mezzogiorno (+3.900 euro circa per Palermo, a fronte di +3.700 per la Sicilia e per il Meridione), anche se nettamente inferiore alla media nazionale (+4.700 euro circa) rispetto alla quale, quindi, si evidenzia l’allargamento di un gap negativo di tenore di vita, comune del resto a tutto il Mezzogiorno, che negli ultimi anni ha subito un notevole allontanamento, in termini di benessere economico, rispetto al Centro-Nord del Paese. Un modello di consumo che, al 2007, appare di qualità, alimentato da una crescita economica che, prima del 2007, può considerarsi soddisfacente, se paragonata con il resto del Sud, ma anche da una dinamica del credito al consumo piuttosto intensa (ciò, però, ha un riflesso negativo in termini di crescente indebitamento, e quindi crescente fragilità finanziaria, delle famiglie palermitane).

Tab. 10 – Composizione della spesa pro capite delle famiglie a prezzi correnti

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nelle province siciliane, in Sicilia, nel Mezzogiorno ed in Italia (2007; In %)

  Alimentari

Vestiario e

calzature

Mobili, articoli/serv.

casaAltri

prodottiTotal

eServiz

iTotale Spesa

Agrigento 23,1 9,4 6,8 16,8 56,1 43,9 100,0Caltanisetta 22,2 8,9 6,7 17,1 54,9 45,1 100,0Catania 21,5 9,0 6,8 16,9 54,2 45,8 100,0Enna 23,3 9,0 6,6 16,6 55,5 44,5 100,0Messina 19,3 8,2 6,9 18,6 53,0 47,0 100,0Palermo 19,7 8,4 7,0 19,8 54,9 45,1 100,0Ragusa 21,2 9,2 6,9 17,9 55,2 44,8 100,0Siracusa 20,4 8,6 7,0 19,4 55,4 44,6 100,0Trapani 20,9 9,0 7,0 17,3 54,2 45,8 100,0Sicilia 23,1 9,4 6,8 16,8 56,1 43,9 100,0Mezzogiorno 21,4 8,8 7,6 18,3 56,2 43,9 100,0ITALIA 17,5 7,8 7,5 18,4 51,2 48,8 100,0Fonte: Istituto G. Tagliacarne

2.2.6 La qualità della vita

Un quadro complessivo della qualità della vita che mostra non pochi margini

di miglioramento

Accanto ai fattori quantitativi (reddito, patrimonio) che valgono a qualificare il tenore di vita, aspetti di carattere qualitativo, inerenti alla qualità della vita, completano il quadro di una analisi complessiva dell’attrattività e della vivibilità del territorio palermitano. La qualità della vita è, infatti, un fattore rilevante per determinare le potenzialità di sviluppo, anche economico, di un territorio, poiché è un attrattore per catturare/mantenere in loco risorse umane, imprenditoriali e culturali di pregio. L’indagine annuale sulla qualità della vita condotta dal Sole 24 Ore prende in considerazione, e misura tramite indicatori statistici, una gamma molto ampia di possibili fattori che concorrono alla qualità della vita in un dato territorio, dal tenore di vita in senso stretto (ricchezza economica e consumi), al clima economico e degli affari, alla sicurezza, alla disponibilità di servizi per il tempo libero, la cultura, ecc. Con riferimento all’indagine del 2008, la posizione in graduatoria della provincia di Palermo, rispetto alle 103 province italiane, denota criticità particolari nel settore “affari e lavoro” (dove Palermo è la penultima provincia italiana) e, in misura minore, nel settore, strettamente collegato con il precedente, del “tenore di vita” (in cui peraltro Palermo, nell’ambito delle province siciliane, precede soltanto

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Sono soprattutto gli aspetti economici che deteriorano

il quadro complessivo

Agrigento ed Enna). Viceversa, nell’ambito delle questioni riferite all’offerta di alcuni servizi tipicamente di rango urbano (servizi ambientali, tempo libero) Palermo, grazie alla presenza di un’area urbana avente le dimensioni ed i bacini di utenza idonei a sostenere tali servizi, è posizionata decisamente meglio. In particolare, nell’ambito “salute, ambiente e servizi”, Palermo si colloca al secondo posto fra le province siciliane, dopo Agrigento. Esaminando i dati in maggior dettaglio, si riscontra che, in termini di qualità della vita, Palermo sconta soprattutto la difficile situazione economica, e occupazionale complessiva. L’elevata numerosità di fallimenti di imprese, i non soddisfacenti indicatori di mercato del lavoro, una ricchezza media per abitante che riflette un tasso di crescita economica non del tutto soddisfacente, specie negli ultimi anni, sono altrettante sfaccettature di una condizione economica e sociale preoccupante, anche in riferimento ad altre aree della Sicilia, e segnatamente all’altra grande area urbana dell’isola, ovvero Catania, che sugli indicatori di carattere economico ed occupazionale si posiziona complessivamente meglio. Fra l’altro, l’elevato costo di alcune voci di consumo, come quelle legate alla casa, e più in generale un costo della vita piuttosto alto, che è la conseguenza della presenza di una grande area urbana quale la città capoluogo (soltanto 21 province italiane hanno un indice generale dei prezzi al consumo più elevato rispetto a Palermo) incide negativamente sul tenore di vita, già compresso dai valori insoddisfacenti del Pil pro capite. La conseguenza è che i consumi delle famiglie si attestano su valori modesti. Tuttavia, nonostante una difficoltà occupazionale evidente, il tessuto costitutivo della collettività sembra reggere bene. Le derive verso fenomeni di microcriminalità, tipiche di situazioni di disagio reddituale ed occupazionale, possono essere considerate tutto sommato relativamente contenute. I valori degli indicatori riferiti ad alcuni reati di elevato allarme sociale, come i furti in casa e la criminalità minorile, collocano Palermo fra le province italiane in

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cui tali fenomeni sono meno gravi. Anche con riferimento ai reati più violenti non si evidenzia una situazione di particolare criticità: il quoziente per 100.000 abitanti riferito agli omicidi volontari ed ai tentativi di omicidio è, infatti, allineato, al 2007, alla media nazionale ed è marcatamente inferiore alla media siciliana. Anche in termini di trend storico, nel periodo 2003-2007, Palermo è fra le province italiane in cui il tasso di criminalità è cresciuto di meno. Tuttavia, la diffusione di altre tipologie di reato, quali le rapine, i furti d’auto o i borseggi e scippi, contribuisce a mantenere ancora relativamente elevato il quoziente complessivo di criminalità nella provincia2. In sintesi, dai dati dell’indagine emerge l’impressione che la qualità della vita di Palermo potrebbe essere migliore di quanto effettivamente sia, se si avviasse un circuito di crescita economica ed occupazionale in grado di riassorbire l’ampio bacino di disagio economico e lavorativo delle famiglie, che in prospettiva sarà reso ancora più grave dalla crisi economica in atto. Peraltro, Palermo gode di alcuni elementi strutturali di vantaggio, che potrebbero facilitare l’avvio di un simile processo di crescita: il capitale umano presente su territorio è di ottima qualità, se si considera che la quota di laureati sulla popolazione colloca Palermo fra le prime 50 province italiane, e che la provincia ha un bacino demografico relativamente giovane. Determinati servizi, grazie al bacino di utenza della città capoluogo, hanno una buona diffusione sul territorio (ci si riferisce in particolare ai servizi sanitari, per l’istruzione, ad alcuni servizi ricreativi e culturali, rispetto ai quali gli indicatori di dotazione segnalano valori superiori anche alla media nazionale) e generano impatti favorevoli sulla qualità della vita, e sulle potenzialità di sviluppo socio economico. Per poter valorizzare tali punti di forza della provincia, occorre, quindi, da un lato lavorare sugli elementi strutturali ancora critici, e mettere a sistema, in un progetto di sviluppo territoriale complessivo ed integrato, i fattori di vantaggio competitivo esistenti.

2 Stiglitz J. E., Sen A., Fitoussi J. P., 2009, Report by the Commission on the Measurement of Economici Performance and Social Progress, UE.

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Tab. 11 – Posizione in graduatoria delle province siciliane secondo i principali indicatori

della qualità della vita (2008)Tenore di

VitaAffari

LavoroServizi e Salute

Ordine Pubblico

Popolazione

Tempo Libero

Trapani 87 98 93 55 96 96Palermo 98 102 81 67 95 80Messina 97 79 85 26 80 74Agrigento 100 97 65 36 99 103Caltanissetta 79 100 88 70 102 102Enna 99 82 89 7 29 93Catania 86 91 91 86 100 76Ragusa 76 78 103 50 50 86Siracusa 75 94 101 54 90 97Fonte: elaborazioni Istituto G.Tagliacarne su dati Sole 24 ore

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2.3 – LA DINAMICA IMPRENDITORIALE

2.3.1 Gli effetti della crisi sul sistema imprenditoriale

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Crisi economica e flessibilità produttiva

La crisi verificatasi sulle piazze finanziarie internazionali desta inevitabilmente preoccupazioni per tutti gli operatori economici, soprattutto per quel che concerne le possibili conseguenze che la fase di rallentamento del ciclo economico può avere sulla porzione più importante dell’economia del nostro Paese, ossia le Piccole e Medie Imprese. Queste ultime rappresentano circa il 99% della struttura produttiva nazionale e sembrano risentire in misura considerevole della crisi del mercato del credito a causa, principalmente, dell’accresciuta difficoltà di accesso al finanziamento bancario. La natura della presente crisi, tuttavia, è tale per cui non tutte le PMI sono colpite in forma omogenea ma, anzi, sembra emergere un gruppo di imprese minori che riesce a resistere, se non in alcuni casi a ritrarre vantaggi dalla recessione. Questo grazie alla flessibilità operativa tipica delle PMI, che consente loro di riadattare la propria produzione rapidamente in funzione delle evoluzioni della domanda, particolarmente accentuate in un periodo di recessione, ed a “scovare” nicchie di mercato ancora non colpite dalla contrazione dei consumi.La crisi economica, infatti, avrà effetti molto diversificati sulle varie categorie dimensionali di imprese. In particolare, le imprese più grandi hanno le maggiori difficoltà di tenuta sui mercati di esportazione, a causa di una maggiore rigidità degli assetti produttivi e di specializzazione di prodotto, ma anche le migliori prospettive di uscire dalla crisi, per una situazione finanziaria e debitoria più favorevole. Le imprese di medie dimensioni, invece, evidenziano una crescita della competitività estera nei settori che, nella classificazione di Pavitt3, si definiscono come “ad alta intensità di scala” (settori a flusso produttivo continuo, come la chimica di base, la siderurgia, ecc.) e “specializzati” (ovvero settori che vendono piccole quantità di prodotto di alta qualità in ristrette nicchie di mercato ad elevato valore aggiunto, come ad esempio l’agroalimentare di qualità). Anche le piccole e micro imprese, generalmente afflitte da condizioni patrimoniali e

3 Stiglitz J. E., Sen A., Fitoussi J. P., 2009, Report by the Commission on the Measurement of Economici Performance and Social Progress, UE.

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Notevole la crescita del numero di imprese nel settore delle utilities, ma sostenuto rallentamento nel manifatturiero e nel

commercio

finanziarie relativamente sfavorevoli, vanno meglio nei due settori sopra specificati, mentre incontrano maggiori problemi nella manifattura tradizionale. Il rapporto fra competitività e dimensione aziendale, dunque, si fa molto più complesso che in passato, poiché interseca elementi quali il settore di appartenenza, la propensione all’innovazione, il grado di flessibilità operativa, le condizioni finanziarie e patrimoniali. Quindi è possibile che vi siano alcune piccole e piccolissime imprese in crescita di competitività, nonostante la recessione globale, ed imprese medie (che nelle precedenti edizioni del rapporto erano quasi sempre il segmento di imprese con i migliori risultati di mercato) in maggiore difficoltà.Con riferimento alla provincia di Palermo, i dati al 2008 sulle dinamiche imprenditoriali evidenziano un incremento, sebbene modesto, del numero di imprese rispetto al 2007, superiore all’aumento mediamente registrato a livello nazionale e, soprattutto, in controtendenza con la variazione negativa sperimentata in Sicilia. Positivo risulta essere l’andamento dell’edilizia e del settore turistico, anche se la crescita delle imprese in questi due settori è meno vivace rispetto alla media nazionale, mentre molto forte risulta essere l’incremento del numero di unità produttive nel comparto della produzione e distribuzione di energia, gas ed acqua, in linea con quanto avviene nel resto del Paese. Viceversa, accanto alla fisiologica riduzione di imprese operanti nel settore agricolo, derivante sia da fattori di carattere amministrativo (revisione degli archivi camerali) che dal declino strutturale che tale settore evidenzia in tutti i sistemi economici avanzati, si registra una contrazione di imprese manifatturiere, anche più rapida rispetto al resto del Paese. Un discorso analogo vale anche per il commercio, dove la diminuzione del numero di imprese è evidente, soprattutto se confrontata con la media nazionale, la quale potrebbe derivare comunque anche da processi fisiologici di ristrutturazione del settore, che privilegiano la GDO a detrimento dei piccoli esercizi specializzati.

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Nei primi mesi del 2009, quindi nel periodo di picco della crisi, si assiste ad un

lieve incremento della numerosità imprenditoriale

Sebbene a ritmi più contenuti, il numero di imprese della provincia di Palermo continua ad aumentare anche nel primo semestre 2009, considerato il periodo di picco della crisi (+0,2% fra dicembre 2008 e giugno 2009), diversamente dal trend nazionale che subisce un’inversione di tendenza, comunque di lieve entità (-0,1%). Si confermano, peraltro, nel complesso, le tendenze settoriali emerse nel 2008. Gli unici settori nel quale si verifica una contrazione della numerosità imprenditoriale sono quello agricolo, quello manifatturiero ed il commercio, mentre tutti gli altri ambiti settoriali sperimentano variazioni positive, in particolare il comparto dell’intermediazione immobiliare, noleggio, informatica e R&S e dell’intermediazione monetaria e finanziaria; rimane, invece, invariato il numero di imprese operanti nell’edilizia.

Tab. 1 – Andamento delle unità locali a Palermo nel primo semestre 2009(valori assoluti ed In %)

Giu-09 Dic-08 Variaz. %

Agricoltura 13.41813.712

-2,1

Pesca 198197

0,5

Estraz. Minerali 135133

1,5

Manifatturiero 10.15010.188

-0,4

Gas acqua 153149

2,7

Costruzioni 10.52210.525

0,0

Commercio 39.87039.953

-0,2

Alberghi e Ristoranti 3.7313.706

0,7

Trasporti 3.2853.258

0,8

Intermediazione Monet. 2.4632.405

2,4

Intermed. immobiliare, noleggio, informatica, R&S 7.525 7.406 1,6

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Istruzione 906898

0,9

Sanità 1.0561.019

3,6

Altri servizi 4.2234.200

0,5

NC 13.58213.280

2,3

Totale 111.217111.029

0,2Fonte: elaborazioni Istituto G. Tagliacarne su dati Infocamere

2.3.2 La natura giuridica delle imprese

Un tessuto produttivo ancora dominato da forme

giuridiche, organizzative e di governance

elementari e da una diffusa sottocapitalizzazione

Una visione interessante delle dinamiche imprenditoriali palermitane riviene anche dall’analisi delle imprese per forma giuridica. Infatti, un tessuto produttivo costituito prevalentemente da ditte individuali (74,8%, in linea con la media regionale e di molto superiore alla media nazionale), rischia di essere particolarmente esposto alla recessione, in quanto le imprese più piccole, meno patrimonializzate, hanno strutturalmente una maggiore difficoltà di accesso al credito (non potendo fornire garanzie patrimoniali particolarmente elevate) e, sovente, si collocano nelle posizioni finali delle filiere cui appartengono, quindi anche del ciclo delle committenze e dei relativi pagamenti. La presenza di imprese più capitalizzate e strutturate, anche in termini di modelli di governance ed articolazione organizzativa interna, ovvero le società di capitali è, d’altra parte, ancora contenuta, come del resto in Sicilia (10,2% del totale, a fronte del 16,5% medio nazionale e del 9,2% della regione).Poiché la crisi attuale si sta riversando sul comparto reale dell’economia, soprattutto, per il tramite di una restrizione del credito e di uno sfasamento nei tempi di incasso e di pagamento, sulle imprese che operano nell’indotto della sub fornitura (generalmente le più piccole dimensionalmente e le più semplici in termini di forma giuridica), un assetto imprenditoriale ancora basato sulla micro dimensione e su forme imprenditoriali sottocapitalizzate rischia di subire in

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misura particolarmente severa gli effetti sopra richiamati della crisi. Va, tuttavia, affermato che, in linea con un processo comune a tutta l’economia nazionale, derivante dalla esigenza fisiologica di avviare forme di crescita ed irrobustimento imprenditoriale, necessarie per sostenere gli investimenti richiesti dal mercato, in una fase storica in cui la globalizzazione induce maggiori pressioni competitive sulle PMI, la quota di ditte individuali in provincia di Palermo si sta progressivamente riducendo, a favore delle forme giuridiche più robuste e capitalizzate. Tuttavia, tale processo di ristrutturazione del tessuto imprenditoriale a Palermo procede ad una velocità che non solo è più lenta rispetto alla media nazionale, ma anche in confronto con quella delle altre province della regione. Infatti, mentre il tasso di variazione medio annuo delle ditte individuali si attesta su valori di sostanziale stagnazione, tale tasso è negativo, sia a scala regionale che nazionale. Corrispondentemente, la crescita del numero di società di capitali è relativamente lenta: in base ai dati dei registri camerali, il tasso medio annuo di incremento di tale categoria di imprese, pari al 5,8%, è infatti inferiore di 0,7 punti percentuali rispetto a quello nazionale, e di 1,2 punti rispetto al saggio di variazione medio annuo siciliano. Quindi, il tessuto imprenditoriale palermitano sta accumulando ritardi nel portare avanti tale necessario processo di rafforzamento organizzativo e patrimoniale, con la conseguenza che il gap competitivo che lo separa dal resto del Paese si allarga. In termini settoriali, la maggiore quota di imprese aventi natura giuridica di società di capitali si concentra nel settore estrattivo (49,2%) ed in quello della distribuzione di energia, acqua e gas (44,3%), a causa dei valori molto alti delle immobilizzazioni materiali tipici delle imprese appartenenti a questi due settori, che richiedono quindi forme giuridiche atte a distribuire fra una pluralità di soci lo sforzo di investimento necessario per creare e mantenere tale livello di capitale fisso. Va detto, peraltro, che in questi settori l’incidenza di società di capitali è comunque molto più bassa di quanto si verifichi a livello nazionale, in cui l’industria estrattiva e le utilities del

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gas, dell’acqua e dell’energia sono costituite, rispettivamente, nel 52,4% e 68,2% dei casi da società di capitali. Se ne ricava, quindi, che la dimensione patrimoniale media delle imprese estrattive e del settore delle utilities, in provincia di Palermo, è nettamente inferiore rispetto alle concorrenti di altre aree del Paese. I settori più tradizionali, come l’agricoltura e la pesca, hanno una incidenza di forme societarie pressoché marginale, in linea con quanto avviene nel contesto nazionale. Va, tuttavia, evidenziato come il manifatturiero palermitano, soltanto nel 10,8% dei casi, sia costituito da Spa o Srl, mentre la media nazionale è pari a più del doppio. Come nel caso dell’industria estrattiva o del settore delle utilities, anche il manifatturiero palermitano appare quindi caratterizzato da diffuse forme di sottocapitalizzazione, oltre che da strutture di governance aziendale più elementari, rispetto alla concorrenza del resto d’Italia..

Tab. 2 – Distribuzione delle imprese attive in provincia di Palermo e tasso di variazione

medio annuo per natura giuridica (2003-2008)

 Società di capitale

Società di persone

Ditte Individuali

Altre forme Totale

Valori (%)2003 7,7 10,9 77,8 3,6 100,02008 10,2 11,0 74,8 4,0 100,0

Tasso di variazione medio annuo2008/2

003 5,8 1,1 0,3 2,6 0,9Fonte: elaborazioni Istituto G. Tagliacarne su dati Infocamere

La capacità di attivare relazioni fra imprese

Il processo di risuttrutturazione del tessuto produttivo palemritano passa anche attraverso una strategia di potenziamento della competitività strutturale dell’economia locale che consente anche, in fasi di recessione, di difendere meglio i livelli produttivi ed occupazionali, è quella di creare una rete territoriale di rapporti e collaborazioni, fra imprese, anche non necessariamente formalizzate, ma in grado di attivare forme cooperative finalizzate alla condivisione costi e rischi su progetti di investimento strategici, senza pregiudicare l‘autonomia decisionale e gestionale dei singoli soggetti (p. es., joint ventures produttive, o per aggredire mercati esteri, o per attivare progetti di

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Un fattore culturale che investe “l’agire

economico”

innovazione o di miglioramento della qualità). Le reti di impresa possono attivare, dunque, e quelle forme di economia di agglomerazione e di circolazione migliore delle conoscenze e delle competenze tipiche dei distretti industriali e dei cluster produttivi. Fare relazioni, però, è una scelta che va anche al di là del mondo delle imprese, perché significa capacità di attivare relazioni di cooperazione con altri soggetti del territorio (PA, Università, sistema della formazione, centri servizi) in grado di fornire economie esterne che potenzino la competitività delle imprese locali. In sostanza, la rete relazionale è un’armatura, attraverso la quale il territorio si difende e potenzia la sua competitività, in uno scenario globale di concorrenza fra regioni nell’attrazione di fattori di sviluppo locale. Dall’indagine emerge che le imprese di Palermo hanno una propensione a fare rete non particolarmente marcata, ma più elevata rispetto a quella media nazionale (Palermo 10,6%; Italia 4,2%). In agricoltura, grazie al fenomeno delle associazioni di produttori, incentivato dalla PAC e reso necessario dal mercato, più di una impresa su cinque partecipa a reti. Di fatto, la maggior parte degli intervistati non ne ercepisce appieno i vantaggi che, per i pochi che hanno scelto di associarsi con altre imprese, risiedono essenzialmente in fattori di carattere commerciale (migliorata possibilità di penetrare mercati nuovi e strategici, condividendo costi e rischi di investimenti di penetrazione commerciale in nuovi mercati con altre imprese, miglioramento dei rapporti di forza con la distribuzione, grazie alla costituzione di gruppi di vendita, condivisione dei costi della logistica, necessari per portare i prodotti sui mercati, facendo economie di scala con altre imprese). Inoltre, circa un intervistato su sei sottolinea la possibilità di attivare piattaforme produttive e di servizio comuni con altre imprese, al fine di ridurre i costi ed attivare economie di scala e di scopo. Per l’11% del campione, infine, fare rete rende più agevole l’attivazione di progetti strategici di R&S ed innovazione, che abbiano una massa critica sufficiente per fornire

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vantaggi effettivi alle imprese. La quota di imprese che partecipa ad una rete lo fa tramite la forma della collaborazione commerciale rispetto ai mercati esteri che è, evidentemente, un punto critico del sistema produttivo palermitano. Mentre per il 30% delle imprese che fanno rete, si attivano forme di collaborazione in fase produttiva (specie le imprese manifatturiere e dei servizi attivano tali forme di collaborazione produttiva). Il frazionamento tipico del sistema produttivo locale fa sì che siano carenti le forme più strutturate e formalizzate di reti, ovvero l’appartenenza proprietaria a gruppi di imprese, mentre le relazioni informali sono più diffuse, poiché comportano il vantaggio di non ledere l’autonomia decisionale e gli assetti di potere interni alle imprese che vi partecipano.

Tab. 3 – Appartenenza delle imprese palermitane a reti di imprese (In %)  Agricoltu

raManifatturi

ereCostruzio

niTurismo

Comm.

Servizi Tot.

Si 22,5 8,3 6,5 10,0 9,8 13,1 10,6

No, ma interessati 7,5 7,1 6,5 10,0 6,9 6,0 7,2No, non interessati 70,0 84,5 87,0 80,0 83,3 81,0 82,

2Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100

,0Fonte: Osservatorio Economico Palermo

Graf. 1 – Natura degli accordi esistenti tra le imprese che fanno parte di una rete di imprese (In %)

20,80,0

1,9

9,49,4

30,2

45,3

Altro

Subfornitore di aziende estereCommittente per subfornitura

Collaborazione distributiva Collaborazione tecnologica

Collaborazione produttiva

Collaborazione commerciale (import/export)

*Trattandosi di domanda a risposta multipla il totale delle risposte può essere superiore a 100.Fonte: Osservatorio Economico Palermo

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2.4 – IL COMMERCIO ESTERO

2.4.1 Le dinamiche congiunturali al terzo trimestre 2009

Forte calo delle esportazioni nel primo

semestre 2009 (-58,2%), dovuto alla contrazione

della cantieristica navale

I dati sul commercio estero “depurati”

dai mezzi di trasporto: esportazioni -26,4%

I primi nove mesi del 2009 costituiscono un periodo particolarmente delicato della fase recessiva, iniziata nell’autunno 2008, che sta colpendo sensibilmente l’economia mondiale. A partire, infatti, dalla primavera hanno iniziato a manifestarsi i primi segnali, sebbene deboli, di una ripresa, che, tuttavia, si preannuncia avrà bisogno di tempi lunghi per riportare l’economia ai livelli precedenti alla crisi.I dati sul commercio estero per la provincia di Palermo in questi primi nove mesi del 2009, mostrano la debolezza in cui versa non solo la domanda interna locale, ma anche, e soprattutto, la domanda estera. Le importazioni, infatti, seppure in calo, mostrano una flessione decisamente più contenuta rispetto a quella sperimentata mediamente dalla Sicilia e dal Paese (Palermo -20,9%; Sicilia -46%; Italia -24,9%), diversamente dalle esportazioni che registrano una caduta decisamente più sostanziale (Palermo -58,5%; Sicilia: -40,8%; Italia -23,1%). È importante, a questo proposito, evidenziare come le dinamiche del commercio estero della provincia di Palermo siano fortemente influenzate dall’andamento del comparto manifatturiero dei mezzi di trasporto, con particolare riferimento alla cantieristica navale. Se si esclude tale comparto, infatti, la flessione dell’import si attesta al -17,1%, mentre quella delle esportazioni al -26,4%.Occorre ancora sottolineare come la battuta d’arresto dell’export è da attribuire al settore dei mezzi di trasporto; il comparto delle navi e imbarcazioni vede diminuire i propri flussi verso l’erstero dell’86,4% (incidenza sul totale esportato: 16,6%), mentre il comparto degli autoveicoli perde in un anno circa il 60% (incidenza: 5%).A controbilanciare la minore importanza che i mezzi di trasporto hanno sull’export complessivo

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La flessione dell’export è da ricondurre, in primis,

alla forte contrazione della domanda del mercato

europeo, mentre cresce notevolmente il peso

del Maghreb

della provincia sono in primo luogo i prodotti alimentari (incidenza 36,9%) ed, a seguire, gli articoli in gomma e plastica (13,5%) e le sostanze ed i prodotti chimici (7,2%).Sebbene con intensità diverse, tutti i settori economici sperimentano un calo rispetto ai primi tre trimestri del 2008, ad eccezione, per quanto riguarda le esportazioni, dei prodotti delle attività di trattamento dei rifiuti e risanamento, e gli aeromobili, ma entrambi con valori molto contenuti.All’origine della caduta delle esportazioni palermitane vi è, soprattutto, il calo della domanda del mercato europeo (-74,9% rispetto ai primi nove mesi del 2008), che è il principale mercato di sbocco della provincia (ad esso è ascrivibile il 36,7% del totale esportato). Da notare, in particolare, la flessione delle merci vendute in Germania (-75,6%), che rappresenta il più importante partner commerciale europeo di Palermo. Più contenuta è, invece, la flessione che interessa altri mercati cruciali quali Francia (-33,3%) e Stati Uniti (-18,4%), mentre l’area del Maghreb (Marocco, Algeria, Tunisia, Libia, Egitto) si contraddistingue per dinamiche positive, in primis Libia (+138,9%) e Marocco (+37,7%). Il peso di tale area sulle esportazioni complessive della provincia è, tuttavia, passato dal 18,8% dei primi tre trimestri del 2008 al 14% dello stesso periodo del 2009. Cresce, inoltre, il flusso di merci esportate verso il Regno Unito (+2,6%), come del resto aumentano i prodotti venduti in Cina (116,8%), mentre subiscono una contrazione le esportazioni verso Giappone (-23,9%) ed India (-34%).Sull’andamento più favorevole delle importazioni, seppure in flessione, incide, invece, soprattutto l’incremento della domanda da parte dell’economia palermitana dei beni prodotti in Germania (+167,3%), Spagna (+9,1%) e Croazia (+6.759,9%), quest’ultimo da ricondurre al comparto dei mezzi di trasporto.

Tab. 1 - Esportazioni ed importazioni della provincia di Palermo (III sem. 2009; valori in euro, In % e variazioni % rispetto al I sem. 2008)

  2009 Variaz. % III sem. 2009/ III sem. 2008

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Import Export Import ExportPalermo 535.709.412 154.717.917 -20,9 -58,5Sicilia 8.058.829.250 4.689.459.814 -46,0 -40,8ITALIA 216.279.920.68

0213.933.690.30

5 -24,9 -23,1Fonte: elaborazioni Istituto G. Tagliacarne su dati Istat

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Tab. 2 - Esportazioni ed importazioni della provincia di Palermo nei settori economici

(III trim. 2009; valori in euro, in % e variazioni % rispetto al III trim. 2008)*

  2009 Incidenza % al III trim 2009

Variaz. % III trim. 2009/

III trim. 2008

  Import Export Import Export Import

Export

Prodotti dell'agricoltura. e pesca

17.365.623

3.077.557 3,2 2,0 -17,5 -57,4

Prod. dell'estraz. di miner. da cave

5.322.810

2.519.434 1,0 1,6 -63,5 -20,7

Prodotti alimentari, bevande e tabacco

79.728.557

57.120.527 14,9 36,9 -20,6 -10,2

Prodotti tessili, abbigl., pelli e accessori

36.511.692

2.798.712 6,8 1,8 -18,9 -59,7

Legno e prodotti in legno; carta e stampa

11.222.397 428.278 2,1 0,3 -29,2 -31,0

Coke e prodotti petroliferi raffinati 38.010 914 0,0 0,0 -65,4 -99,9Sostanze e prodotti chimici 20.261.1

6111.070.8

58 3,8 7,2 -21,8 -17,6Ar.farmaceutici, chimico-medic.

3.924.344 33.931 0,7 0,0 39,1 -60,7

Gom. plast., e. della lav.. di min. non met..

12.682.300

20.845.868 2,4 13,5 -27,4 -5,1

Metalli di base e prod. in metallo

11.295.420

3.774.661 2,1 2,4 -18,7 -21,3

Computer, apparecchi elettronici e ottici

21.602.152

2.705.539 4,0 1,7 -6,6 -63,2

Apparecchi elettrici 20.303.346

1.218.264 3,8 0,8 12,9 -52,3

Macchinari ed apparecchi n.c.a.

25.811.324

8.363.054 4,8 5,4 10,5 -5,6

Mezzi di trasporto 249.383.939

34.071.535 46,6 22,0 -24,9 -83,7

Di cui Navi e imbarcazioni 169.774.875

25.690.133 31,7 16,6 -20,3 -86,4

Autoveicoli 59.498.267

7.690.515 11,1 5,0 -36,0 -59,9

Locomotive e di mater, rotabile ferro-tranv. 321.811 0 0,1 0,0 -3,9 - Aeromobili, veicoli spaz. e relativi disposit.. 61.816 13.000 0,0 0,0 25,5 492,0 Mezzi di trasporto n.c.a.

1.694.886 20.790 0,3 0,0 -28,9 -92,8

Prodotti delle altre attività manifatturiere

19.639.404

3.969.539 3,7 2,6 -9,6 -40,0

Prodotti delle attività manifatturiere

512.404.046

146.401.680 95,6 94,6 -19,9 -57,9

Prod. delle attività di trattamento dei rifiuti e risan. 452 645.015 0,0 0,4 -67,1 159,8Prod. delle attività dei serv.i di inform.. e comunicaz. 341.711 33.914 0,1 0,0 -67,6 -30,7Prod. delle attivita' artistiche, sport., di intrat. e divert. 266.735 97.459 0,0 0,1 -58,1 -67,9Prodotti delle altre attività di servizi 8.035 990 0,0 0,0 -82,2 -

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Merci dichiarate come provviste di bordo 0

1.941.868 0,0 1,3

-100,0 -86,8

TOTALE 535.709.412

154.717.917 100 100 -20,9 -58,5

TOTALE SENZA MEZZI DI TRASPORTO

286.325.473

120.646.382 -17,1 -26,4

* ATECO 2007.Fonte: elaborazioni Istituto G. Tagliacarne su dati Istat

2.4.2 Il posizionamento strutturale del commercio estero

La diversificazione degli sbocchi commerciali

I principali partner commerciali delle imprese di Palermo sono costituiti, tradizionalmente, da Germania, Francia, Spagna e Stati Uniti, una composizione molto simile a quella dell’intera economia nazionale, anche se il posizionamento geografico della provincia consente di attivare rapporti commerciali piuttosto frequenti con i mercati emergenti del Nord Africa. Infatti, con oltre 25 Meuro di export nel 2007, in leggero calo nel 2008 (circa 24 Meuro) l’area del Maghreb e, segnatamente la Tunisia, è un mercato di sbocco molto importante per le imprese palermitane, un’area che assorbe il 5,5% circa delle sue esportazioni nel 2008 e che, per i tassi di crescita molto dinamici messi a segno da alcune delle sue economie, costituisce anche uno sbocco commerciale interessante in chiave prospettica4. In linea generale, l’economia palermitana è caratterizzata da una diversificazione geografica dei mercati di sbocco piuttosto articolata, se si pensa, ad esempio, che Giappone, Cina e Arabia Saudita rappresentano anche essi mercati interessanti, dove le imprese palermitane posizionano quote di export complessivamente prossime al 3,4%. Una simile articolazione geografica dell’export costituisce, in realtà, un vantaggio specifico per Palermo, perché consente di diversificare i rischi all’esportazione.

4 Stiglitz J. E., Sen A., Fitoussi J. P., 2009, Report by the Commission on the Measurement of Economici Performance and Social Progress, UE.

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Fra il 2007 ed il 2008, in un contesto di crescita evidente delle vendite sull’estero, si verifica anche un riposizionamento complessivo dei mercati di sbocco. A fronte di un declino delle vendite sui mercati “tradizionali” (Germania, Francia, Spagna, Africa del Nord, con l’unica eccezione degli Stati Uniti, mercato sul quale l’export provinciale del 2008 cresce ad un tasso prossimo al 19%), che a volte si verifica a tassi anche molto sostenuti (come nel caso della Spagna e della Francia) si registrano tassi di crescita molto dinamici in alcuni Paesi che non sono tradizionalmente destinatari di rilevanti quote di export palermitano. In particolare, la Svezia vede crescere i suoi acquisti da Palermo al punto tale da divenire il principale mercato di sbocco dell’export provinciale nel 2008. Tuttavia, poiché l’interscambio con la Svezia cresce notevolmente anche sul versante delle importazioni, è probabile che tale movimento sia dovuto all’acquisto e successiva rivendita di materie prime/semilavorati e successivi prodotti finiti. Interessante risulta essere anche la crescita dell’export palermitano in alcuni mercati emergenti, come la Corea del Sud (anche se in questo caso, la parallela forte crescita delle importazioni lascia intravedere fenomeni di partita di giro analoghi a quelli riscontrati per la Svezia), il Messico, il Brasile, sui quali, precedentemente, la presenza commerciale delle imprese provinciali era minima. In sostanza, la tendenza che sembra emergere, a fronte dell’espansione dell’export, è quella di un riposizionamento delle vendite verso mercati “nuovi”, al fine di trovare spazi commerciali che compensino quelli che si chiudono sui mercati “tradizionali” di sbocco. Ciò costituisce indubbiamente un interessante segnale di dinamismo da parte delle imprese locali, una capacità di reazione che potrebbe rappresentare il primo passo verso l’uscita dalla crisi attuale.

Anche l’import segnala una modificazione della

Anche sul versante delle importazioni, nel 2008 vi è un calo dei principali Paesi di origine (Spagna, Francia, Germania) al netto degli Stati Uniti, che accrescono le loro vendite su Palermo del 263%. Cresce, invece, la quota di importazioni

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composizione geografica di provenienza

provenienti dalle economie emergenti, o da Paesi con i quali l’interscambio commerciale era in precedenza molto modesto (Svezia, Bulgaria e Lituania in Europa, Emirati Arabi Uniti e Corea del Sud) oltre che dalla Cina, rispetto a cui la bilancia commerciale palermitana tende a diventare sempre più pesantemente squilibrata. I prodotti cinesi, quindi, riescono a divenire sempre più competitivi sul mercato locale, mentre le imprese palermitane hanno crescenti difficoltà a mantenere posizioni di mercato significative nel Paese in esame. L’inverso avviene invece rispetto ai partners commerciali del Nord Africa, che, specie per quanto riguarda Marocco e Tunisia, vedono ridursi i propri flussi di vendita su Palermo.

Una tenuta dell’export di prodotti agroalimentari

Dal punto di vista settoriale, nel 2008, il modello di specializzazione produttiva tipico di Palermo fa sì che il principale prodotto di esportazione sia costituito dai mezzi di trasporto in uscita dagli stabilimenti di Termini Imerese e Carini, in ulteriore significativa crescita (+57,4%) rispetto al 2007. Anche i prodotti agricoli ed agroindustriali, la seconda voce, per importanza, dell’export palermitano, mettono a segno una discreta crescita (+29% nel segmento primario, +5% in quello della trasformazione dei prodotti alimentari e delle bevande). Buona la perfomance del settore della gomma-plastica (+2,9%). Viceversa, un significativo regresso delle vendite sull’estero viene segnalato dal settore tessile ed abbigliamento (-11%), da quello metallurgico e dei prodotti in metallo, macchine escluse (-17,6%) e da quello estrattivo (-16%) mentre la chimica rimane sostanzialmente stabile. Interessante la crescita dell’export nel settore dei computer ed apparecchi elettronici ed ottici (+37% circa) che, se ancora non rappresentano nemmeno il 2% delle esportazioni provinciali totali, potrebbero segnalare una interessante tendenza verso una diversificazione produttiva più incentrata su settori ad alta tecnologia, che sono anche caratterizzati da tassi di crescita dei mercati interessanti a livello internazionale. Sul versante delle importazioni, la crescita complessiva dell’import provinciale nel 2008 è

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trainata soprattutto dagli autoveicoli. Raddoppia, infatti, il valore degli acquisti di mezzi di trasporto esteri, a testimonianza di un livello di consumi che, malgrado la recessione, è ancora dinamico nel corso del 2008, così come aumenta anche l’acquisto di prodotti alimentari e tessili e di abbigliamento (+3,3% per ogni voce), nonché di prodotti chimici.

2.4.3 Il grado di internazionalizzazione

Una economia sostanzialmente chiusa ed

in progressivo allontanamento dai mercati

internazionalui

La capacità di un sistema economico territoriale di aprirsi ai flussi internazionali di interscambio di merci e, quindi, in definitiva di collegarsi ai crescenti fenomeni di globalizzazione economica, può essere misurata per il tramite di appositi indicatori quali il tasso di copertura e di apertura, nonchè la propensione all’import ed all’export che misurano il grado di apertura dell’economia locale verso i mercati esteri di riferimento.La progressiva perdita di competitività internazionale dell’economia palermitana negli ultimi cinque anni che, come si è detto, costituisce uno dei fattori principali del forte rallentamento del suo ciclo di crescita, viene evidenziata dal degrado del valore del tasso di copertura, che misura di quanto le esportazioni coprono le importazioni, ed è quindi legato al saldo di bilancia commerciale. Detto indicatore, che nel 2003 era nettamente superiore alla media regionale, e pari a circa il 60% di quella nazionale, nel 2008 ha perso circa 11,5 punti, finendo al di sotto del valore riferito alla regione nel suo insieme. Di fatto, quasi tutte le province siciliane, con la sola eccezione di Messina e Caltanissetta, riescono a registrare performance migliori di Palermo, nella loro capacità di coprire il valore delle importazioni con le loro vendite sull’estero. Anche il gap con il resto del Paese, in questo senso, si è notevolmente allargato. A spiegare tale andamento è proprio il calo del valore delle esportazioni in rapporto alla ricchezza prodotta, come testimonia la diminuzione del valore della propensione all’export, che passa dal 2,3% del Pil provinciale

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nel 2003 all’1,9% nel 2008, in un contesto in cui, sia a livello regionale che nazionale, la capacità di esportare quote crescenti del Pil tende invece a crescere. A fronte di una sostanziale stabilità della propensione all’importazione, che segnala come, nonostante il degrado dei parametri di crescita e competitività dell’economia provinciale, i consumatori palermitani riescano ancora a mantenere livelli di consumo costante di prodotti esteri (anche se il valore della propensione all’import è molto basso, anche in confronto alla media regionale), l’economia provinciale accusa una perdita netta di competitività sui mercati internazionali. Di fatto, l’economia palermitana rimane ancora lontana dai grandi flussi della globalizzazione, come dimostra un valore del tasso di apertura internazionale (dato dalla somma di import ed export in rapporto al Pil) in lieve diminuzione nel periodo 2003-2008, e fra i più bassi di tutta la regione. In sostanza, mentre nel resto della regione, del Mezzogiorno e del Paese i sistemi produttivi tendono ad integrarsi sempre più con i mercati internazionali, l’economia palermitana, a causa di una perdita di competitività all’esportazione, e del permanere di bassi valori relativi delle importazioni, si allontana sempre più dalle opportunità (ed ovviamente anche dai rischi) della globalizzazione. Ciò, in una ottica di breve periodo, potrebbe contribuire a mantenere basso l’impatto immediato della recessione economica in atto, poiché Palermo sarebbe poco influenzata dalla contrazione dei mercati internazionali che si sta verificando. Tuttavia, in una prospettiva di più lungo periodo, è anche ovvio che Palermo avrà difficoltà molto maggiori, rispetto al resto del Paese, ad agganciare il treno della ripresa, quando questa arriverà sui mercati internazionali, proprio a causa del suo insufficiente grado di integrazione con questi ultimi.

Tab. 3 – Andamento della propensione all'export* nelle province siciliane, in Sicilia ed in Italia (2003-2008)

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  2003 2004 2005 2006 2007 2008Trapani 2,4 2,5 2,5 3,0 3,0 3,0Palermo 2,3 2,1 2,1 2,0 1,6 1,9Messina 3,7 5,7 5,4 6,0 7,0 6,5Agrigento 1,1 1,3 1,4 1,4 1,0 0,8Caltanissetta 6,4 6,3 6,3 7,4 10,6 8,1Enna 0,8 0,7 0,5 0,4 0,5 0,6Catania 5,3 5,7 5,5 5,2 4,7 3,5

Ragusa 3,1 3,0 3,6 4,0 4,8 4,5Siracusa 35,8 41,5 61,5 64,5 80,9 92,3Sicilia 6,5 7,2 9,0 9,6 11,2 11,1ITALIA 19,8 20,5 21,1 22,5 23,3 22,8

* È data dal rapporto tra le esportazioni e PIL (%)Fonte: elaborazioni Istituto G. Tagliacarne su dati Istat

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2.5 – IL MERCATO DEL LAVORO

2.5.1 Il quadro nazionale

Una flessibilizzazione dei rapporti di lavoro

che modifica le tradizionali relazioni fra crescita

economica e dinamiche del mercato del lavoro

Il mercato del lavoro italiano è caratterizzato, negli ultimi dieci anni, da numerosi provvedimenti legislativi che hanno inciso profondamente sui meccanismi di incontro fra domanda ed offerta (dalla Legge Treu del 1997 alla Biagi del 2003, che, secondo le intenzioni dell’attuale governo, sarà a breve sottoposta ad ulteriori modifiche). Tali provvedimenti hanno introdotto quote crescenti di flessibilità in ingresso, sia tramite la riforma degli istituti contrattuali esistenti (part time, contratti a tempo determinato, contratti di collaborazione coordinata e continuativa, poi trasformati nei contratti a progetto) sia con l’introduzione di nuovi istituti contrattuali (staff leasing, ecc.) che, infine, con l’istituzione di un sistema di intermediazione di lavoro interinale, abbinato ad una più generale revisione del ruolo degli ex uffici di collocamento, divenuti Centri Per l’Impiego, ovvero strutture operative, a livello provinciale, per la fluidificazione dell’incontro fra domanda ed offerta di lavoro. Tutti questi profondi cambiamenti del quadro normativo e strutturale che il mercato del lavoro italiano ha sperimentato nel nuovo millennio hanno generato un incremento notevole della quota flessibile dell’occupazione, che, se non è stata completata da un incremento della flessibilità in uscita (la sperimentazione volta a riformare l’art.7 dello Statuto dei lavoratori condotta nel 2004 non ha portato ad una sostanziale revisione dei meccanismi di licenziamento per i lavoratori a tempo indeterminato) si è accompagnata con un ampliamento dell’area della precarietà, alimentata anche da crescenti flussi di lavoratori extracomunitari, spesso impiegati con forme contrattuali flessibili. L’ampliamento della platea di lavoratori flessibili ha anche profondamente modificato le correlazioni tradizionalmente identificate dagli economisti del lavoro fra crescita dell’economia e degli occupati. La tradizionale correlazione identificata dagli studi di Okun sull’economia statunitense degli anni

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La relazione tra occupazione e Pil

Mercato del lavoro e società

Sessanta, secondo la quale ogni punto di tasso di disoccupazione al di sopra del suo livello “naturale” o “frizionale” (ovvero quello coincidente con la piena occupazione in una situazione in cui l’economia raggiunge il suo potenziale massimo di crescita) comporta una riduzione del 2-3% del Pil, o quella ancora proposta nel 1993 da Prachowny, secondo la quale ogni punto di incremento del tasso di disoccupazione comporta una riduzione del 3% del Pil , perdono progressivamente di significato mano mano che aumenta la “dose” di flessibilità nel mercato del lavoro. In presenza di occupati flessibili, con pochi vincoli al licenziamento, le imprese possono tarare il loro stock di occupati in funzione delle oscillazioni nelle previsioni di fatturato, e viene anche meno il vincolo “psicologico” che deve affrontare un imprenditore quando decide di effettuare assunzioni. Gli occupati flessibili possono, infatti, essere espulsi dai processi produttivi con meno difficoltà e costi rispetto agli occupati a tempo indeterminato. Di fatto, come suggeriscono alcuni studi, la relazione esplicativa non è più quella fra Pil ed occupazione, come previsto dalla Legge di Okun con tutte le sue successive revisioni, quanto piuttosto quella fra occupazione e produttività del lavoro o, meglio, fra occupazione e CLUP (costo lavoro per unità di prodotto). Tutto ciò fa sì che la relazione esistente fra crescita del Pil e dell’occupazione è diventata più “morbida” rispetto al passato, con il risultato che lo stock occupazionale può aumentare numericamente anche in fasi congiunturali nelle quali la crescita economica è debole, se non stagnante, purché l’incremento degli occupati sia garantito dalla quota che assicura maggiori guadagni di CLUP, rappresentata dai lavoratori flessibili (che sono esterni ai meccanismi di revisione salariale previsti dai sistemi di contrattazione collettiva, e, quindi, riproducono situazioni di “segregazione salariale”). Questa situazione è proprio quella che si è verificata sul mercato del lavoro italiano degli ultimi dieci anni, e principalmente grazie all’espansione dell’area dell’occupazione flessibile. Dopo che i primi provvedimenti normativi di flessibilizzazione dei rapporti di lavoro hanno iniziato a produrre i primi effetti, ovvero dopo il 1997, l’occupazione è

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Mercato del lavoro e crisi economica

cresciuta a tassi mediamente superiori all’1%, e comunque superiori all’incremento delle forze di lavoro complessive, ed anche lo stock di disoccupazione ha iniziato lentamente a diminuire, nonostante il fatto che, fra il 2000 ed il 2005, l’economia italiana abbia attraversato una fase di sostanziale stagnazione della crescita. Quando poi, nel corso del 2006, il Pil ha ricominciato a crescere su ritmi soddisfacenti (ovvero attorno al 2%), l’effetto sul mercato del lavoro è stato ulteriormente amplificato, per poi tornare su un sentiero di crescita debole, quasi stazionario, non superiore all’1% annuo, nel periodo 2007-2008. Nondimeno, appare chiaro che il minore dinamismo della occupazione – dovuto probabilmente anche alla fine della spinta proveniente dalla componente di immigrazione, così come ai primi segnali provenienti dalla crisi economica – e che trova riscontro nell’improvviso aumento della disoccupazione registrato nel 2008, dopo anni di continuo calo di tale aggregato, debba essere attentamente valutato nella definizione delle politiche del lavoro, il cui obiettivo rimane quello di accrescere il tasso di occupazione in Italia, ancora troppo distante da quello medio europeo e dall’obiettivo previsto dalla Strategia di Lisbona. Il risultato quantitativo, inoltre, non deve velare alcune caratteristiche qualitative che possono rappresentare un problema per una “sana” evoluzione del mercato del lavoro italiano. L’analisi dei dati dedicata agli effetti delle forme contrattuali sulle transizioni, rileva alcuni di questi tratti che impongono una approfondita riflessione e che possono essere così sintetizzati: a) la congiuntura più favorevole ha aumentato le probabilità di prima occupazione, sebbene non siano aumentate le posizioni a tempo indeterminato; b) si è registrata una riduzione della disoccupazione, in larga parte attraverso lo strumento del contratto a termine, ma anche con un aumento della percentuale di quanti escono dalla disoccupazione con un contratto a tempo indeterminato; c) rimane più elevata la probabilità di divenire disoccupato per chi ha contratti atipici rispetto ai contratti a tempo indeterminato; d) la situazione complessivamente sfavorevole dell’occupazione femminile; e) il fatto che il lavoro temporaneo interessi non solo i giovani

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ma sia largamente presente anche nelle fasce di popolazione sopra i 35 anni, per le quali aumenta la persistenza in questa tipologia contrattuale; f) una maggiore incidenza del contratto a termine nel Mezzogiorno, quale soluzione in un’area dove è più difficile avere un rapporto di lavoro regolare; dove continuano ad essere scarse le probabilità di conversione verso il contratto a tempo indeterminato; dove, infine, è più frequente il passaggio verso l’inattività. Tali elementi strutturali di fragilità del mercato del lavoro italiano dovranno essere tenuti in attenta considerazione nel momento in cui la crisi economica in atto inizia a ripercuotersi sul mercato del lavoro. Non vi è, infatti, dubbio circa il fatto che la flessione dei parametri di mercato del lavoro colpirà più duramente le fasce deboli (precari, giovani, donne, over 40 a bassa qualificazione professionale, lavoratori del Mezzogiorno) creando al contempo una enorme emergenza sociale, poiché gran parte di tali lavoratori deboli è di fatto priva di significativi ammortizzatori sociali.

Tab. 1 – Andamento dei principali aggregati del mercato del lavoro in Italia (1995-2008)

 

Valori assoluti in migliaia

 Variazione %

Occupati

Disoccupati

Forze

lavoro

Occupati Disoccupati Forze lavoro

1995 20.240 2.54422.78

4 96/95 0,4 0,4 0,4

1996 20.328 2.55522.88

3 97/96 0,3 1,1 0,4

1997 20.384 2.58422.96

8 98/97 1,0 1,9 1,1

1998 20.591 2.63423.22

5 99/98 1,2 -2,8 0,8

1999 20.847 2.55923.40

6 00/99 1,7 -6,7 0,8

2000 21.210 2.38823.59

8 01/00 1,9 -9,4 0,7

2001 21.604 2.16423.76

9 02/01 1,4 -4,7 0,9

2002 21.913 2.06223.97

5 03/02 1,5 -0,7 1,3

2003 22.241 2.04824.28

9 04/03 0,7 -4,3 0,32004 22.404 1.960 24.36 05/04 0,7 -3,6 0,4

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5

2005 22.563 1.88924.45

1 06/05 1,9 -11,4 0,9

2006 22.988 1.67324.66

2 07/06 1,0 -10,0 0,3

2007 23.222 1.50624.72

8 08/07 0,8 12,3 1,5

2008 23.405 1.69225.09

7 07/95(me

dia) 1,0 -2,9 0,7Fonte: elaborazioni Istituto Tagliacarne su dati ISTAT

Quadro C L’impatto della crisi sul mercato del lavoro

Nonostante sia ancora presto per conoscere con precisione gli effetti della recessione sul mercato del lavoro, un ampio numero di paesi ha già cominciato a sperimentare un forte incremento nel tasso di disoccupazione e sebbene vi sia molta incertezza sul futuro prossimo, le condizioni del mercato del lavoro sembrano destinate a deteriorarsi ulteriormente nei prossimi mesi. D’altro canto, le conseguenze in termini di posti di lavoro persi sarebbero state probabilmente molto più gravi se i governi non avessero adottato vigorose contro-misure macroeconomiche per stabilizzare i mercati finanziari e per stimolare la domanda aggregata.Nell’Economic Outlook 2009 dell’OCSE, analizzando le principali implicazioni della recessione per il mercato del lavoro, si evidenzia come si possano riscontrare effetti ineguali tra i diversi gruppi che compongono la forza lavoro, effetti che variano a seconda del settore di occupazione e a seconda delle caratteristiche individuali quali età, livello di istruzione, genere e tipologia di contratto. In sintesi:

- i settori maggiormente dipendenti dai finanziamenti esterni e dalla disponibilità del credito al consumo tendono ovviamente a risentire maggiormente della congiuntura. Le industrie differiscono inoltre per l’importanza relativa di skills specifici che possono indurre a trattenere lavoratori anche in un momento di rallentamento del ciclo economico. Altra ragione di diversità tra settori in termini di ricadute occupazionali potrebbe essere il differente grado di flessibilità salariale tra i comparti. Analisi empiriche suggeriscono una maggiore sensibilità dell’occupazione alla congiuntura nel settore edile, seguito dall’industria dei beni durevoli, dalle attività immobiliari e dai servizi alle imprese;

- esistono differenze importanti di impatto occupazionale tra classi di età dei lavoratori: l’occupazione dei giovani esibisce la maggiore volatilità perché legata a costi di turnover relativamente inferiori, dovuti alla minore esperienza di mercato e a norme dell’anzianità di servizio;

- la sensibilità al ciclo si riduce con il livello di istruzione. I costi di turnover per i lavoratori più qualificati sono più elevati, dato che probabilmente lavoratori con un più alto livello di istruzione generica tendono anche ad accumulare in modo più efficace skills specifici di azienda;

- non vi sono differenze apprezzabili in base al genere. Tuttavia, tale risultato potrebbe rispecchiare l’annullarsi reciproco di due distinti effetti: da un lato la volatilità rispetto al ciclo delle ore lavorate dagli uomini potrebbe essere più elevata a causa della loro maggiore presenza nei settori più ciclici; dall’altro lato i costi di turnover possono tendere ad essere più bassi per le donne rispetto agli uomini nel medesimo settore ed inoltre le loro decisioni di offerta di lavoro più sensibili alle variazioni cicliche delle remunerazioni, due fattori che possono entrambi rendere la quantità di ore lavorate dalle donne più sensibile al ciclo;

- i lavoratori con contratti temporanei risultano essere altamente sensibili rispetto alla congiuntura, circa due volte e mezzo di più di lavoratori a tempo indeterminato.L’attuale crisi ha pertanto trasmesso i propri effetti negativi in particolare su alcuni gruppi di lavoratori –giovani, poco qualificati e temporanei- che hanno dovuto e molto probabilmente dovranno ancora sostenere il peso maggiore della rapida caduta della domanda. Il cambiamento nella composizione dei disoccupati verso gruppi svantaggiati riflette la loro maggiore vulnerabilità sia per quanto riguarda la perdita del lavoro, sia per quanto riguarda l’accesso e richiede pertanto un attento intervento di politica economica volto a sostenerne sia i redditi che la riqualificazione.Si deve comunque evidenziare come la maggior parte dei paesi abbiano affrontato la recessione in

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una situazione iniziale di disoccupazione relativamente bassa, e questo potrebbe rappresentare un vantaggio, anche se l’aumento nella quota di lavoratori con contratti temporanei può far sì che le peggiori condizioni economiche si traducano in perdite di posti di lavoro o in riduzioni dell’orario lavorativo, ed allo stesso tempo può inoltre ridurre il numero di persone che possono beneficiare dei sussidi alla disoccupazione.La sfida principale per la politica economica a livello di mercato del lavoro è quindi quella di ridurre nel maggior modo possibile i costi sociali della crisi, fornendo supporto ai redditi e la reintegrazione in un momento in cui la spesa pubblica è sotto pressione su più fronti. Un forte rischio infatti, con le corrispondenti ricadute anche sulla domanda aggregata e quindi sulla ripresa, è che l’impennata nella disoccupazione possa divenire strutturale. Si tratta di un fenomeno già verificatosi in precedenti recessioni quando la disoccupazione si è stabilizzata su livelli più elevati rispetto a quelli pre-crisi anche in presenza di una ripresa dei tassi di crescita del prodotto dell’economia. Tale persistenza può emergere perché per i disoccupati di lungo termine si riscontrano via via meno assunzioni a causa del declino del capitale umano e a causa di una diminuzione dell’attività di ricerca del lavoro. Il mercato del lavoro e le politiche sociali rivestono un ruolo chiave nel prevenire il rischio che l’aumento della disoccupazione diventi strutturale promuovendo una veloce reintegrazione ed un miglioramento delle qualifiche per permettere lo spostamento in attività maggiormente produttive una volta che la ripresa sia effettiva.Al fine di avere un quadro più specifico sulla situazione del mercato del lavoro per l’economia italiana, si riportano di seguito i principali risultati dell’ultima rilevazione campionaria dell’Istat sulle forze di lavoro.I dati evidenziano come il tasso di disoccupazione, dopo aver subito un incremento pari ad un punto percentuale tra il terzo ed il quarto trimestre 2008 (dal 6,1% è passato al 7,1%), abbia continuato ad aumentare nel corso del I trimestre del 2009. Si registra, invece, un’inversione di tendenza nel secondo trimestre del 2009. Il tasso di disoccupazione scende, infatti, dal 7,9% al 7,4%, per poi raggiungere il 7,3% nel trimestre successivo, rimanendo comunque ancora distante dai valori riscontrati nei trimestri precedenti la crisi. Per quanto riguarda la popolazione con età compresa tra i 15 ed i 64 anni, il tasso di occupazione sale, nel II trimestre 2009, al 57,9%, per poi ridursi nuovamente nel terzo trimestre al 57,5%. Da notare, invece, il passaggio del tasso di occupazione relativo agli individui con una età compresa tra i 15 ed i 24 anni dal 21,7% del secondo trimestre 2009 al 22,3% del terzo trimestre.Nella riduzione degli occupati dell’2,2% rispetto al III trimestre 2008 – che sintetizza un calo più sostenuto della componente maschile (-2,5%) piuttosto che di quella femminile (-1,7%) – si riflette un forte calo dei dipendenti a termine (-220.000 unità), dei collaboratori coordinati e continuativi e occasionali (-42.000 unità) e degli autonomi (-136.000 unità), in presenza, comunque, di una flessione anche dei dipendenti a tempo indeterminato (-110.000).Con riferimento al tasso di attività, il dato relativo alla popolazione in età lavorativa scende dello 0,8% rispetto all’anno precedente, un fenomeno legato soprattutto a fenomeni di scoraggiamento, ad un ingresso ritardato dei giovani nel mercato del lavoro, ed al fatto che molte donne a causa di ragioni familiari non ricercano lavoro.

Tab. 2 – Principali indicatori del mercato del lavoro in ItaliaTasso di attività

Tasso di occupazione

Tasso di disoccupazione

15-64

15-24 15-64 15-24 Total

e15-24

Lunga

dur.2006 II Trimestre 63,0 32,5 58,9 25,8 6,5 20,6 3,4

III Trimestre 62,3 31,9 58,4 25,9 6,1 18,9 2,9IV Trimestre 62,9 31,9 58,5 24,7 6,9 22,6 3,3

2007 I Trimestre 61,9 30,2 57,9 24,0 6,4 20,7 3,0

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II Trimestre 62,5 31,0 58,9 25,3 5,7 18,5 2,8III Trimestre 62,7 31,8 59,1 25,8 5,6 18,8 2,5IV Trimestre 63,0 30,7 58,7 23,6 6,6 23,2 3,0

2008 I Trimestre 62,8 30,8 58,3 24,2 7,1 21,3 3,2II Trimestre 63,5 31,6 59,2 25,2 6,7 20,4 3,2III Trimestre 62,8 31,2 59,0 25,1 6,1 19,5 2,8IV Trimestre 63,0 30,1 58,5 22,9 7,1 23,9 3,1

2009 I Trimestre 62,4 29,4 57,4 21,7 7,9 26,3 3,2II Trimestre 62,6 28,6 57,9 21,7 7,4 24,0 3,3III Trimestre 62,1 29,1 57,5 22,3 7,3 23,5 3,3

Fonte: Istat2.5.2 I principali indicatori provinciali

Lenta crescita dell’occupazione

e sostanziale stagnazione della disoccupazione

Fra il 2004 ed il 2008, prima dell’innesco della crisi economica, le tendenze principali del mercato del lavoro palermitano appaiono connotate da una certa debolezza nella capacità di creare nuovi posti di lavoro, connessa evidentemente con un ciclo di crescita economica che non è stato particolarmente brillante, negli ultimi anni, sistematicamente inferiore alla media nazionale e regionale. Infatti, gli occupati, nel periodo in esame, crescono del 2,1%, a fronte di un 2,9% a livello regionale e del 4,5% a livello medio nazionale.Anche la riduzione dello stock di disoccupati appare inferiore ad altre province siciliane, attestandosi al 17,4%, anche se è più rapida rispetto al dato nazionale (-13,7%) per via della ripresa dei flussi migratori in uscita nella provincia di Palermo, che hanno ridotto la consistenza della popolazione in età da lavoro, e per via di una maggiore diminuzione delle forze di lavoro, che potrebbe nascondere sacche di disoccupazione nascosta, ovvero il passaggio alle non forze di lavoro di una parte di disoccupati scoraggiati, che non cercano più attivamente lavoro (e che quindi non sono più considerati disoccupati in senso statistico). Infatti, le forze di lavoro si sono ridotte, nel periodo considerato, dell’1,8%, più rapidamente che nel resto dell’isola (-1,3%). La lenta riduzione del tasso di disoccupazione, rispetto alla media regionale, fa sì che, nel 2008, Palermo sia la provincia siciliana con il tasso di senza lavoro più elevato (17,1%), mentre nel 2004 Enna, Caltanissetta ed Agrigento avevano valori dell’indicatore in questione leggermente superiori rispetto alla provincia. A tutto ciò va ad aggiungersi l’entità della disoccupazione nascosta, data dai lavoratori scoraggiati, nonché

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la debole crescita del numero di posti di lavoro offerti, nel disegnare il quadro di un mercato del lavoro provinciale che, alla vigilia della recessione, appare già caratterizzato da un evidente debolezza complessiva.

Tab. 3 – Occupati e disoccupati suddivisi in provincia di Palermo, in Sicilia ed in Italia

(2004-2008; valori assoluti e variazioni percentuali)Occupati

  2004 2005 2006 2007 2008 Var. % ('08-'04)

Trapani 125.417 124.507 134.166 129.420 133.013 6,1Palermo 352.070 357.889 357.364 365.936 359.607 2,1Messina 197.582 209.089 212.141 209.182 200.637 1,5Agrigento 119.722 123.940 126.341 127.448 126.709 5,8Caltanissetta 71.183 75.583 73.553 72.182 73.659 3,5Enna 46.134 46.407 49.149 49.137 49.145 6,5Catania 303.764 316.059 315.763 309.303 312.958 3,0Ragusa 114.333 106.773 114.097 111.661 108.043 -5,5Siracusa 108.728 110.597 120.146 114.216 116.387 7,0Sicilia 1.438.934 1.470.843 1.502.718 1.488.485 1.480.160 2,9

ITALIA22.404.43

022.562.82

922.988.21

623.221.83

723.404.68

9 4,5Disoccupati

  2004 2005 2006 2007 2008 Var. % ('08-'04)

Trapani 23.499 23.293 15.551 15.936 16.000 -31,9Palermo 89.810 85.173 81.430 67.178 74.182 -17,4Messina 37.951 31.556 25.503 24.200 31.509 -17,0Agrigento 30.777 26.675 19.415 25.610 25.563 -16,9Caltanissetta 18.287 17.945 14.649 13.412 12.492 -31,7Enna 12.718 11.181 9.844 9.560 9.344 -26,5Catania 53.487 57.115 44.357 40.767 42.508 -20,5Ragusa 9.909 12.990 8.178 10.096 9.859 -0,5Siracusa 23.340 18.894 15.626 14.787 15.317 -34,4Sicilia 299.776 284.821 234.553 221.546 236.776 -21,0ITALIA 1.960.393 1.888.565 1.673.412 1.506.041 1.691.912 -13,7Fonte: elaborazioni Istituto Tagliacarne su dati Istat

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Graf. 1 – Tasso di disoccupazione nelle province siciliane (2004–2008)

15,810,7

20,317,1

16,113,6

20,416,8

20,414,5

21,616,0

15,012,0

8,08,4

17,711,6

17,213,8

8,06,7

0,0 5,0 10,0 15,0 20,0 25,0

Trapani

Palermo

Messina

Agrigento

Caltanissetta

Enna

Catania

Ragusa

Siracusa

SICILIA

ITALIA

2004 2008

Fonte: elaborazioni Istituto Tagliacarne su dati Istat2.5.3 Gli andamenti occupazionali nel 2009

Ad un mercato del lavoro fragile, che manifesta tendenze, nell’ultimo quinquennio, meno dinamiche che nel resto della regione e del Paese, si vanno ad aggiungere gli effetti della recessione, visibili già a partire dal quarto trimestre del 2008. Dopo un biennio sostanzialmente positivo, già nel corso del 2008 il numero di ore autorizzate di Cassa Integrazione Guadagni esplode ad un tasso del +41,9%, ben al di sopra della crescita regionale (+1,1%) e nazionale (+24,9%). Tuttavia, la componente straordinaria, legata cioè alle situazioni di crisi aziendale più acute e strutturali, è leggermente inferiore alle media (36,7%, a fronte di un dato regionale del 41,9% e di uno nazionale che supera il 46%). Inoltre, nel corso del 2009, il ricorso alla CIG, misurato rispetto al 2008, cresce nettamente meno che in confronto alla regione Sicilia, al Mezzogiorno e, a maggior ragione, alla media nazionale.Tali dati vanno presi con cautela, poiché la minore crescita totale della CIG a Palermo nel

102

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Il comparto industriale palermitano probabilmente

subirà la crisi

2009 potrebbe dipendere da una minore incidenza, rispetto alla media regionale, del Mezzogiorno e dell’Italia, dell’industria manifatturiera e dell’edilizia, nonché delle imprese con almeno 15 addetti. Infatti, la CIG in deroga, a favore delle imprese dei servizi e di quelle con meno di 15 addetti, non è ancora partita alla data della rilevazione sulla CIG a luglio, poiché l’Accordo Regione Sicilia-Parti Sociali è stato sottoscritto soltanto il 30 Luglio. D’altra parte, la provincia di Palermo ha solo il 16,1% degli occupati nel comparto industria, a fronte del 19,5% medio regionale e del 29,7% nazionale (dati 2008) per cui è ragionevole attendersi che il ricorso alla CIG cresca meno in provincia, rispetto alla regione ed alla media nazionale, senza che ciò significhi che la recessione sia più leggera a Palermo. Peraltro, l’intensità dell’attuale fase recessiva, a giudizio di numerosi osservatori, sta rendendo meno evidente la differenza fra componente ordinaria e straordinaria della CIG, nella misura in cui anche imprese in forte crisi stanno chiedendo la CIG ordinaria, nella speranza che i mercati di consumo ripartano rapidamente, ma se la contrazione della domanda dovesse durare almeno fino al 2010, come tutti i modelli previsionali lasciano intendere, molte di queste imprese cadranno rapidamente in condizioni di crisi strutturale, tipica della CIG straordinaria. Pertanto, anche la relativamente debole crescita del ricorso alla CIG straordinaria in provincia, nel 2008 e soprattutto nel 2009, va presa con una certa cautela interpretativa. In realtà, la debolezza strutturale del mercato del lavoro palermitano, sopra esaminata, e l’eventuale declino produttivo dei suoi principali poli industriali, a Carini come a Termini Imerese, sono indizi del fatto che il tessuto industriale provinciale, e la relativa base occupazionale, potrebbero subire gli effetti della crisi in forme e con intensità particolarmente marcate. A ciò occorre aggiungere che la recessione, unitamente alla riduzione dei redditi delle famiglie, sta comportando effetti di contrazione delle vendite nel commercio, con particolare

103

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riferimento alla Grande Distribuzione, fattore che alimenterebbe l’icremento della Cassa Integrazione.

Tab. 4 – Variazione % delle ore di cassa integrazione autorizzate in provincia di Palermo,

in Sicilia ed in Italia (2005-2009)  2006/2005 2007/2006 2008/2007 2009/2008Trapani 85,9 -1,9 -15,8 49,0Palermo -23,3 -40,1 41,9 65,4Messina 68,6 -26,7 -15,4 47,1Agrigento -13,5 4,1 0,1 42,8Caltanissetta 650,8 -47,2 -32,9 75,2Enna -32,0 -12,1 23,1 45,3Catania -2,8 -26,6 -30,5 180,5Ragusa -26,1 131,7 -58,1 523,0Siracusa 13,5 -43,2 44,4 56,4Sicilia 7,7 -29,8 1,1 82,6ITALIA -6,1 -22,1 24,6 311,4Fonte: elaborazioni Istituto G. Tagliacarne su dati Inps

2.5.4 L’occupazione per genere

Il permanere di un elevato squilibrio di genere

sul mercato del lavoro provinciale

Nel contesto di una crescita molto lenta della domanda di lavoro nell’ultimo quinquennio, che non è riuscita a fronteggiare una progressiva riduzione del tasso di attività, indotta anche dalla ripresa di fenomeni migratori, permane un evidente squilibrio di genere, con le donne che presentano tassi di occupazione pari a poco più della metà di quelli maschili, ed appena migliori rispetto alla media regionale, ma lontanissmi (circa 18 punti percentuali) dalla media nazionale, seppur anch’essa squilibrata a sfavore delle donne. Ciò incide ovviamente sul bacino di disoccupazione femminile, pari a quasi il 20%, più di quattro punti superiore a quello maschile in provincia di Palermo, e pari ad oltre il doppio del tasso di disoccupazione femminile nazionale, e scoraggia la partecipazione attiva al mercato del lavoro da parte delle donne, ostacolata da una probabilità di occupazione piuttosto modesta. Di conseguenza, anche il tasso di attività delle lavoratrici mostra valori piuttosto modesti, solo di poco superiori alla media regionale, e assolutamente non comparabili con quella

104

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nazionale. Non vi è dubbio che i modesti parametri del mercato del lavoro che si riferiscono alle donne contribuiscano notevolamente a fare di Palermo la provincia italiana con il più alto tasso di disoccupazione nel 2008, e corrispondentemente a farne una delle ultime (93-ma su 103) per tasso di attività, ovvero per grado di partecipazione attiva al mercato del lavoro da parte della popolazione in età da lavoro.

Tab. 5 – Principali indicatori del mercato del lavoro suddivisi per genere nelle province siciliane

ed in Italia (2007; valori %)  Tasso di occupazione Tasso di attività Tasso di

15-64 anni 15-64 anni disoccupazione  Maschi Femmine Maschi Femmine Maschi FemmineTrapani 64,4 29,0 69,8 34,9 7,6 17,0Palermo 57,6 29,3 68,4 36,6 15,6 19,8Messina 60,0 32,2 66,9 39,8 10,2 19,0Agrigento 60,5 24,9 72,4 30,5 16,3 17,9Caltanissetta

55,6 26,8 64,2 32,4 13,2 17,0

Enna 61,3 26,8 70,3 34,5 12,8 22,2Catania 58,3 28,2 65,1 33,2 10,4 14,9Ragusa 67,0 37,0 72,9 40,7 8,1 8,9Siracusa 58,3 27,3 63,9 33,0 8,8 17,2Sicilia 59,6 29,1 67,7 35,3 11,9 17,3ITALIA 70,3 47,2 74,4 51,6 5,5 8,5Fonte: elaborazioni Istituto Tagliacarne su dati Istat

2.5.5 La distribuzione settoriale dell’occupazione

L’occupazione tiene nell’industria

manifatturiera, anche se solo per il 2008,

e non per il 2009, mentre cala nelle

costruzioni, nei servizi di mercato

e, fisiologicamente, nell’agricoltura

L’economia palermitana è caratterizzata da un elevato grado di terziarizzazione, dato sia dal ruolo di capoluogo amministrativo della regione, che dalle funzioni di servizio normalmente connesse alla presenza di un’area urbana di grandi dimensioni. Pertanto, quasi l’80% degli occupati si concentra nel settore dei servizi, con una quota di occupati agricoli marginale, pressoché pari alla media nazionale, e una quota di occupati nell’industria pari a poco più della metà della media nazionale, ed inferiore a quella regionale. In termini dinamici, nel 2008 la crisi economica si è fatta sentire soprattutto sulla base occupazionale dell’industria della costruzioni, colpita dallo sgonfiamento del valore del mercato

105

Altre per-Altre per-

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immobiliare, e sui servizi di mercato (essenzialmente sul commercio, sui pubblici esercizi e sul turismo) mentre l’occupazione manifatturiera, dopo anni di consistenti cali dovuti alle difficoltà dei poli industriali provinciali di Termini Imerese e di Carini, nel 2008 mette a segno un certo, momentaneo, recupero, in controtendenza rispetto alla media regionale e nazionale, e malgrado il fatto che, secondo i dati della CIG, è proprio il comparto manifatturiero quello che pagherà il costo più alto della recessione nel 2009. Probabilmente, però, il dato riferito al manifatturiero non è altro che un rimbalzo congiunturale del tutto contingente, dopo anni di calo dell’occupazione industriale. L’agricoltura, dal canto suo, prosegue in una tendenza strutturale di declino occupazionale, connessa a fenomeni fisiologici, tipici di tutti i sistemi economici evoluti, di espulsione di manodopera dal comparto primario.

Graf. 2 – Incidenza settoriale dell’occupazione in provincia di Palermo, in Sicilia ed in Italia (2008)

4,1

16,2

79,8

7,5

19,5

73,0

3,8

29,7

66,5

0,0

10,0

20,0

30,0

40,0

50,0

60,0

70,0

80,0

Palermo SICILIA ITALIA

Agricoltura Industria Servizi

Fonte: elaborazioni Istituto Tagliacarne su dati Istat

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2.6 – IL CREDITO

2.6.1 La rischiosità del credito durante la crisi

Al terzo trimestre 2009 Palermo inverte un

percorso virtuoso di miglioramento della qualità

del credito

L’attuale ciclo recessivo è imperniato sui meccanismi creditizi al punto tale che la restrizione dei flussi di credito all’economia, verificatasi a partire dai primi mesi del 2009, e che in alcuni casi ha fatto parlare di “credit crunch”, può considerarsi, di fatto, la cinghia di trasmissione che ha riversato sul comparto reale dell’economia la fortissima perdita di valore delle attività finanziarie in portafoglio delle principali banche mondiali avviatasi dalla metà del 2008. A livello nazionale, secondo i dati della Banca d’Italia, la crescita degli impieghi totali sui 12 mesi si è ridotta, dal 10% di maggio 2008, al 3% a maggio 2009. Gli impieghi bancari su 3 mesi registrano addirittura una contrazione dello 0,9%. In particolare, diminuiscono fortemente i prestiti alle imprese, in ragione di un inasprimento delle condizioni di accesso al credito imposto dalle banche (le imprese bancarie appartenenti al Bank Lending Survey segnalano, infatti, per il primo trimestre 2009, un inasprimento in termini di margini applicati ma anche di quantità di prestiti erogati, soprattutto a carico delle linee di credito a medio lunga scadenza e per le imprese maggiori, cfr. Banca d’Italia, Bollettino Economico 57, Luglio 2009). Accanto ad un irrigidimento sul versante bancario, cui la disciplina di Basilea 2 contribuisce con un chiaro effetto pro ciclico, poiché incentiva l’introduzione di sistemi di scoring del merito di credito basati in parte anche su dati di bilancio, che tendono a degradarsi nei periodi di crisi economica, il peggioramento evidente del rapporto fra banche ed imprese è stato indotto anche da un degrado complessivo della qualità del credito, che è anche in questo caso fortemente correlato con il ciclo economico negativo. Da questo punto di vista, Palermo, storicamente caratterizzata dal fatto di essere la provincia siciliana con il più elevato valore dei crediti in

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Le difficoltà per le piccole imprese e le famiglie

sofferenza, negli ultimi 6 anni ha sperimentato un trend chiaramente in discesa che, grazie anche all’utilizzo degli strumenti di cartolarizzazione, ha consentito un progressivo risanamento ed una riduzione della rischiosità del credito, su ritmi decisamente più rapidi rispetto alla media del Mezzogiorno e del Paese, sia in termini di numero di affidati in sofferenza che di valore delle sofferenze (ridottosi addirittura di oltre il 60% fra 2003 e 2008). Nel primo semestre 2009, invece, le sofferenze sono cresciute (+117% in termini di valore e +10,9% in termini di numero di affidati rispetto a dicembre 2008) molto più rapidamente, in termini di valore, che a livello nazionale (dove il numero di sofferenze è diminuito dell’11% ed il valore delle medesime è cresciuto del 22,1%), ma anche rispetto al resto della Sicilia (in cui numero e valore delle sofferenze sono cresciuti, rispettivamente, dell’11,1% e del 67,7%). Evidentemente, da questo punto di vista la crisi sta impattando più che altrove, tramite un peggioramento delle condizioni finanziarie dei clienti delle banche, che si scaricano in una esplosione delle sofferenze, e che non potrà che rendere ancora più rigidi e restrittivi i criteri che le banche applicheranno nel concedere prestiti, nei prossimi mesi. Ciò, a sua volta, in una specie di circuito vizioso, si riverserà, presumibilmente, sugli investimenti aziendali e sui consumi delle famiglie.Va affermato che la rischiosità del credito è più accentuata per la clientela minore, cioè per le imprese più piccole o per il piccolo credito al consumo: basti pensare che Palermo sia 59-ma, fra le 103 province, per credito erogato allo 0,5% dei maggiori affidati, mentre crolla all’83-mo posto per credito al 5% dei maggiori affidati. Ciò significa che i pericoli maggiori di stretta creditizia incombono soprattutto su piccole e micro imprese e sulle famiglie di reddito medio-basso, cioè sul tessuto connettivo stesso della collettività della provincia.

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Tab. 1 – Sofferenze bancarie nelle province siciliane, in Sicilia ed in Italia(2003-I sem 2009; valori assoluti in milioni di euro e variazioni percentuali)

Valori assoluti Variazioni percentuali

2003

2004

2005

2006

2007

2008

I sem. 2009

2008-2003

I sem. 2009-2008

Palermo 1.199

1.228

1.103

1.021 861 452 981 -62,3 117,0

Trapani 414 426 347 329 323 255 279 -38,4 9,4Messina 694 728 614 569 408 270 373 -61,1 38,1Agrigento 239 247 230 222 207 170 199 -28,9 17,1Caltanissetta 157 172 170 160 166 133 171 -15,3 28,6Enna 75 85 85 93 90 66 77 -12,0 16,7Catania 929 950 852 774 657 464 1.192 -50,1 156,9Ragusa 281 301 290 293 266 229 251 -18,5 9,6Siracusa 368 376 349 309 274 196 225 -46,7 14,8Sicilia 4.35

54.51

14.04

13.77

13.25

12.23

5 3.747 -48,7 67,7ITALIA 50.5

7354.043

44.971

46.880

47.027

40.951 50005 -19,0 22,1

Fonte: elaborazioni Istituto G. Tagliacarne - Unioncamere su dati Banca d’Italia2.6.2 L’operatività del sistema bancario

Una crescita della raccolta bancaria che oggi

garantisce una “riserva di valore” importante per

l’attenuazione degli effetti della crisi

L’attività di intermediazione del sistema creditizio palermitano, tradizionalmente, è caratterizzata, sul versante dei depositi, da un ruolo predominante delle banche. Il risparmio postale, infatti, costituisce una percentuale sensibilmente inferiore alla media regionale e nazionale, attestandosi al di sotto del 30%. Da questo punto di vista, un ruolo potrebbe essere giocato anche dall’età media relativamente giovane della popolazione palermitana, posto che una quota importante della clientela delle Poste è costituita dai pensionati. In ragione di un dinamismo economico particolarmente vivace negli anni passati, che ha consentito un aumento della ricchezza media, la crescita del valore dei depositi bancari è stata piuttosto alta, attestandosi ad un tasso del 28,8% fra il 2003 ed il 2008, sensibilmente più alto della media siciliana e meridionale, e pari a quella nazionale. Tuttavia, l’evidente rallentamento della crescita economica palermitana degli ultimi

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L’operatività del sistema bancario palermitano

è garantita soprattutto di gruppi bancari

più importanti

anni, evidenziato nel capitolo del Pil, ha avuto riflessi anche sull’accumulazione del risparmio, poiché i depositi bancari, fra il 2008 ed il I semestre 2009, sono cresciuti solamente dello 0,7%, circa quattro volte meno che nel resto della Sicilia, e quasi otto volte meno che nella media nazionale.La concentrazione dei depositi per categorie di banche è un indicatore efficace dell’operatività effettiva del sistema bancario locale. Con una percentuale del 61,8% dei depositi concentrati nelle banche maggiori o grandi, un valore di circa 5 punti superiore alla media regionale e di circa 20 a quella nazionale, Palermo risulta essere un mercato creditizio dominato dai gruppi bancari più grandi, a detrimento delle banche piccole e locali, la cui capacità di raccolta è nettamente inferiore alla media nazionale. Tale assetto del mercato creditizio provinciale è ovviamente un riflesso dell’elevato grado di urbanizzazione della popolazione e delle attività economiche nella provincia, che tende ad attrarre gli operatori bancari di più grandi dimensioni, fenomeno che ha pregi e difetti. Da un lato, le imprese bancarie più grandi, in teoria, hanno maggiori disponibilità finanziarie da riversare a supporto dello sviluppo economico, ma dall’altro le imprese bancarie più piccole, che fanno della conoscenza e della relazione personale fra banca e cliente il loro punto di forza maggiore, tendono ad essere spiazzate. In un contesto di forte riduzione del credito disponibile, l’importanza relativamente minore delle piccole banche nel contesto palermitano potrebbe rivelarsi soprattutto uno svantaggio. A causa della prevalenza di banche grandi nella gestione della raccolta, il valore dei depositi per singolo sportello tende ad essere più alto della media nazionale, anche se la crescita di tale parametro è inferiore a quanto si verifica a livello italiano. Ad ogni modo, l’elevato valore dei depositi bancari per sportello mostra come il risparmio accumulato negli anni in cui l’economia palermitana era più dinamica, costituisca ancora oggi una importantissima “riserva di valore” a servizio delle famiglie e delle imprese locali, per

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sostenersi durante la crisi economica in atto. In qualche modo, quindi, il risparmio bancario di Palermo costituisce una sorta di “ammortizzatore” rispetto agli effetti della crisi sul livello dei consumi e del tenore di vita.

Tab. 2 – Depositi bancari e postali nelle province siciliane, in Sicilia ed in Italia(I sem. 2009; valori assoluti in milioni di euro ed incidenza %)

 Depositi bancari I

sem. 2009

Depositi Banco Posta I sem.

2009

Totale Banche & Posta I sem.

2009

Incidenza % depositi

postali su totale depositi

Palermo 10371,6 3984,2 14355,8 27,8Trapani 2564,3 1278,9 3843,2 33,3Messina 4111,5 4185,8 8297,3 50,4Agrigento 2770,2 1882,7 4653,0 40,5Caltanissetta 2009,9 765,5 2775,4 27,6Enna 875,3 912,9 1788,2 51,1Catania 7926,8 3547,8 11474,6 30,9Ragusa 2392,4 767,9 3160,4 24,3Siracusa 3119,2 1083,6 4202,8 25,8Sicilia 36141,3 18409,3 54550,6 33,7ITALIA 852653,2 240998,0 1093651,2 22,0Fonte: elaborazioni Istituto G. Tagliacarne su dati Banca d'Italia

Tab. 3 – Depositi bancari per settore di attività economica in provincia di Palermo(2003-I sem. 2009; valori assoluti e incidenza percentuale)

Valori assoluti  2003 2004 2005 2006 2007 2008 I sem. 2009

Famiglie consumatrici 5.552 5.745 6.016 6.286 6.219 6.555 6.892Famiglie produttrici 420 456 486 518 527 457 519Società e qs non finanziarie 935 1.005 1.411 1.555 1.408 1.382 1.364Altri settori 1.090 1.807 2.505 2.015 2.009 1.905 1.596

Totale settori 7.997 9.01310.41

9 10.37310.16

3 10.299 10.372Composizione percentuale

  2003 2004 2005 2006 2007 2008 I sem. 2009Famiglie consumatrici 69,4 63,7 57,7 60,6 61,2 63,7 66,5Famiglie produttrici 5,3 5,1 4,7 5,0 5,2 4,4 5,0Società e qs non finanziarie 11,7 11,2 13,5 15,0 13,9 13,4 13,2Altri settori 13,6 20,0 24,0 19,4 19,8 18,5 15,4Totale settori 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0Fonte: elaborazioni Istituto G. Tagliacarne su dati Banca d'Italia

Sul versante degli impieghi, si riscontra un andamento storico, tra il 2003 ed il 2008, superiore alla media nazionale, e lievemente inferiore rispetto a quella regionale. Poiché, in Sicilia come nel resto del

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Un rallentamento della crescita degli impieghi

bancari dalla fine del 2008, indotto

dagli effetti della recessione economica

Sud, la crescita degli impieghi bancari è stata stimolata anche dall’ampia disponibilità di agevolazioni pubbliche (che richiedono, per la parte di investimento non coperta da incentivo pubblico, il ricorso ad un prestito bancario), se ne ricava che, a Palermo, malgrado l’ampia disponibilità di risparmio bancario testé illustrata, il circuito del credito abbia funzionato in misura piuttosto insoddisfacente, il che, ovviamente, ha influito negativamente sulle potenzialità di crescita dell’economia provinciale. Un ruolo specifico, nello scarso livello di credito erogato all’economia, è stato senz’altro giocato dall’elevato peso delle sofferenze, benché queste ultime, fino a fine 2008, abbiano marcato un deciso calo, nonché da tassi di interesse mediamente più elevati rispetto al dato nazionale. Tra la fine 2008 e la prima metà del 2009, inoltre, il credito bancario ha subito una battuta di arresto. In termini congiunturali, gli impieghi a famiglie ed imprese sono, infatti, calati dello 0,4% nel quarto trimestre del 2008, ed hanno proseguito su tale trend nel primo semestre 2009 andando a registrare un -1%. Da questo punto di vista, non vi è dubbio che la rinnovata dinamica di deterioramento della qualità del credito, nonché un rallentamento degli investimenti, fenomeni dovuti alla recessione economica in atto, spieghino in larga misura la restrizione del rubinetto del credito bancario. L’applicazione di criteri istruttori più severi da parte delle banche in sede di valutazione del merito di credito delle imprese e delle famiglie, atteggiamento indotto ovviamente dal peggioramento del ciclo macroeconomico, ha contribuito, per parte sua, alla stretta creditizia in atto. Tra l’altro, come già visto, l’operatività del sistema creditizio provinciale è assicurata soprattutto dalle banche maggiori, che erogano il 44,7% del totale degli impieghi rilevati nel I semestre 2009, a fronte di una media nazionale, per tale categoria di istituti di credito, pari al 41,4%. La minore incidenza, sul totale degli impieghi, delle banche minori e locali, che privilegiano, nelle decisioni di concessione del credito, la conoscenza ed il rapporto personale con l’imprenditore, piuttosto che modelli matematici di scoring che, in una fase recessiva, tendono ad avere effetti pro ciclici, è una ulteriore spiegazione dei motivi alla base del

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rallentamento del credito bancario negli ultimi mesi. Il peso di tale restrizione cade sicuramente sulle imprese, che non riescono più a trovare le risorse finanziarie per sostenere gli investimenti, ma anche sulle famiglie consumatrici, la cui incidenza sul totale degli impieghi passa dal 38,4% del 2003 al 43,9% del I semestre 2009, e che dovranno inevitabilmente comprimere il proprio livello di consumi, sempre più dipendente dal credito, con contraccolpi negativi per il sistema produttivo locale, ad iniziare dal comparto del commercio al dettaglio e dei pubblici esercizi.

Tab. 4 – Impieghi bancari (al netto delle sofferenze) nelle province siciliane, in Sicilia ed in Italia

(2003-I sem 2009; valori assoluti in milioni di euro e variazioni %)Valori assoluti Variazioni %

2003 2004 2005 2006 2007 2008 I sem. 2009

’08-’03

I sem. 2009-2008

Palermo 8.027 8.489 9.789 11.623 12.852 13.394 13.254 66,9 -1,0Trapani 2.498 2.867 3.324 3.741 4.054 4.319 4.372 72,9 1,2Messina 3.704 4.280 4.763 5.209 5.793 5.838 5.914 57,6 1,3Agrigento 1.720 1.950 2.288 2.582 2.808 2.841 2.950 65,2 3,8Caltaniss. 1.197 1.365 1.569 1.773 1.921 1.946 2.082 62,6 7,0Enna 679 745 858 935 1.041 1.042 1.070 53,5 2,7Catania 6.254 7.186 8.619 9.961 11.180 11.570 11.115 85,0 -3,9Ragusa 2.171 2.473 2.805 3.262 3.627 3.881 3.927 78,8 1,2Siracusa 3.469 3.256 3.511 4.159 4.415 4.853 5.085 39,9 4,8Sicilia 29.719 32.613 37.526 43.243 47.691 49.683 49.768 67,2 0,2ITALIA 1.039.3

521.096.3

561.193.0

081.323.0

241.453.6

531.524.3

531.514.8

51 46,7 -0,6Fonte: elaborazione Istituto G. Tagliacarne su dati Banca d'Italia

Tab. 5 – Impieghi bancari per settore di attività economica in provincia di Palermo

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(2003-I sem. 2009; valori assoluti e composizione percentuale)Valori assoluti

  2003 2004 2005 2006 2007 2008I sem. 2009

Famiglie consumatrici 3.546 4.060 4.722 5.207 5.723 6.086 6.255Famiglie produttrici 802 856 913 983 1.047 874 935Società e qs non finanziarie 4.615 4.462 4.739 5.627 6.065 6.093 6.155Altri settori 263 339 518 827 877 793 890Totale settori 9.226 9.717 10.892 12.644 13.713 13.846 14.235

Composizione percentuale

  2003 2004 2005 2006 2007 2008I sem. 2009

Famiglie consumatrici 38,4 41,8 43,4 41,2 41,7 44,0 43,9Famiglie produttrici 8,7 8,8 8,4 7,8 7,6 6,3 6,6Società e qs non finanziarie 50,0 45,9 43,5 44,5 44,2 44,0 43,2Altri settori 2,9 3,5 4,8 6,5 6,4 5,7 6,3Totale settori 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0Fonte: elaborazioni Istituto G. Tagliacarne su dati Banca d'Italia

2.6.3 La dotazione bancaria sul territorio

Un processo di ristrutturazione che ha

messo al centro dell’attenzione i grandi

istituti creditizi

I flussi di credito sopra analizzati sono legati anche alla struttura creditizia esistente sul territorio. La presenza di banche più o meno grandi, la capillarità nella distribuzione degli sportelli, l’introduzione di innovazione tecnologica o organizzativa nel rapporto con la clientela costituiscono altrettanti aspetti che influiscono sull’operatività delle banche, e sul loro apporto allo sviluppo del territorio. Il sistema bancario palermitano, in linea con un fenomeno verificatosi a livello nazionale, è stato investito, negli ultimi anni, da un processo di ristrutturazione e concentrazione, che ha portato alla nascita di gruppi bancari aventi dimensioni idonee ad operare con le economie di scala e di scopo che la concorrenza sul mercato finanziario globale impone, riducendo di conseguenza anche il numero degli istituti in virtù di processi di aggregazione e fusione (nella provincia, le aziende bancarie operanti sono passati da 11 a 9 nel periodo 2003 – I sem. 2009, rappresentando, comunque, ancora circa un quarto del totale di tutti gli istituti bancari operanti in Sicilia). Tale processo non ha però in nessun modo smentito la rilevanza di una capillare presenza sul territorio, che nemmeno le innovazioni degli ultimi anni (dal phone banking alla banca telematica) possono completamente sostituire, poiché la presenza sul

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La capillarizzazione del credito

Il radicamento delle banche minori

territorio costituisce il nucleo del rapporto personale fra banca e cliente, fondamentale per istituire relazioni commerciali fluide, dinamiche e costruttive. Tale relazione con il territorio è talmente importante che anche i grandi gruppi di scala sovraregionale che si sono costituiti in questi anni hanno adottato modelli organizzativi basati sulla “banca federale”, ovvero sul mantenimento di reti, e spesso anche di marchi, delle banche più piccole acquisite sul territorio, specializzando ogni azienda del gruppo per territorio di operatività. Infatti, pur se con una riduzione del numero di aziende, il grado di sportellizzazione sul territorio palermitano è cresciuto notevolmente: gli sportelli passano da 381 a 428 fra 2003 e 2008, con una crescita del 12,3%, superiore alla media regionale, e anche, leggermente, a quella nazionale. Conseguentemente, Palermo raggiunge un grado di sportellizzazione leggermente superiore alla media siciliana sia rispetto alla popolazione (4 sportelli ogni 10.000 abitanti) che rispetto alle imprese (4,7 sportelli ogni 1.000 imprese, a fronte di una media regionale dell’ordine di 4-,6). Il grado di sportellizzazione è ovviamente ancora molto inferiore alla media nazionale, perché le banche tendono a concentrare la propria presenza nelle aree del Centro Nord, a maggior grado di sviluppo, anche se la rapida crescita del numero di sportelli è indicativa di una interessante espansione del mercato creditizio locale. Occorre, infatti, ricordare che Palermo è 11-ma fra le 103 province italiane per valore medio dei depositi per sportello, e 50-ma per valore medio degli impieghi per sportello, evidenziando quindi, nonostante i problemi di operatività sopra richiamati (elevata rischiosità del credito, alti tassi di interesse, trend di crescita economica declinante) un dinamismo, in termini di intermediazione creditizia, piuttosto elevato nel panorama del Mezzogiorno.Gli sportelli appartengono quasi esclusivamente (89% circa) a grandi gruppi bancari (S.p.A.), una percentuale superiore anche alla media nazionale (78,1%), mentre le banche minori, del

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circuito del credito cooperativo, rappresentano una quota piuttosto modesta degli sportelli presenti sul territorio. Tale distribuzione è in linea con quanto già detto a proposito dell’operatività del sistema creditizio palermitano, garantita soprattutto dai gruppi bancari più grandi, con tutti i pregi ed i difetti che un simile assetto comporta nella qualità e gamma dei servizi offerti alla clientela, ma anche nella maggiore o minore facilità di accesso al credito, specie per le imprese più piccole e meno capitalizzate, e che sono già stati discussi in precedenza. E’ anche interessante notare che a Palermo vi è l’unico sportello di filiali di banche estere operante in Sicilia. Se questo è il quadro, va anche detto che, fra il 2004 ed il 2008, il grado di sportellizzazione delle banche minori è cresciuto ad un ritmo molto dinamico (circa il 40%), molto più alto rispetto alla media nazionale (25,5%), mentre quello delle grandi banche è diminuito di circa l’8%. Tale dinamica conferma come, nonostante gli evidenti motivi economici e di mercato sottostanti al processo di ristrutturazione e concentrazione che il sistema bancario ha sperimentato negli ultimi anni, vi è ancora uno spazio molto rilevante per le piccole banche territoriali altamente specializzate ed in grado di radicare un rapporto con la clientela di alta qualità. Tali banche possono infatti inserirsi in nicchie di mercato lasciate libere dai grandi istituti, e giocare su una maggiore capacità di fidelizzare la propria clientela facendo leva sull’appartenenza allo stesso territorio, di offrire soluzioni flessibili, che possono adattarsi meglio alle esigenze individuali, e di gestire meglio i costi, specie quelli fissi. Il credito cooperativo, da questo punto di vista, riesce ad inserirsi su nicchie di mercato rispetto alle quali riesce a difendersi bene dalla concorrenza, grazie ai legami mutualistici che instaura con i soci-clienti.

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2.7 – LA SITUAZIONE INFRASTRUTTURALE

2.7.1 L’articolazione delle infrastrutture

Un assetto infrastrutturale che, seppur in

miglioramento e caratterizzato da

importanti progetti, quali l’interporto, presenta

ancora degli squilibri di dotazione

Il flussi del porto e dell’aeroporto nel 2009

La dotazione di infrastrutture è un fattore di sviluppo del territorio che non riguarda solamente l’aspetto meramente economico-produttivo. Infatti, una adeguata dotazione quali/quantitativa di strutture sanitarie, socio assistenziali, culturali, ricreative, ecc., contribuisce direttamente a determinare la qualità del cosiddetto “capitale fisso sociale”, ovvero lo stock di assets a finalità sociale e di relazioni sociali fra soggetti, o fra soggetti ed istituzioni di pubblico interesse, che influenzano direttamente la qualità della vita. Peraltro, la qualità della vita è anche un fattore di sviluppo economico, poiché genera opportunità per lo sviluppo di interi settori di business (legati al tempo libero ed al “leisure”) incentiva la crescita del turismo e dei flussi in ingresso di investimenti esterni, talché non è possibile tracciare una linea di demarcazione netta fra economia e società. Sotto il profilo delle infrastrutture prettamente legate alle funzioni economico-produttive (logistica, utilities per la produzione industriale, come gas, acqua, energia, reti telematiche ecc., servizi alle imprese di tipo finanziario e reale) la provincia di Palermo, in un contesto di grave sottodotazione, quale quello del Mezzogiorno, ed ancor più della Sicilia, penalizzata anche dalla sua insularità, evidenzia come vi sia una netta cesura fra le infrastrutture hub, ovvero i nodi che garantiscono i collegamenti di livello extra regionale, piuttosto ben sviluppate, sia in riferimento allo scalo aeroportuale, fra i più importanti del Sud, che alle attività del porto, anch’esse piuttosto importanti, e le infrastrutture di collegamento locale, che garantiscono la connessione fra il territorio ed i nodi principali di tipo aeroportuale e portuale. Da questo punto di vista, sia la dotazione di reti viarie che, soprattutto, ferroviarie (per lunghi tratti ancora a binario unico, non adeguata per supportare flussi di traffico sostenuti, anche se sono in corso i lavori di raddoppio su alcune tratte principali), è ancora molto carente. Ciò si traduce in una strozzatura dei

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flussi di traffico diretti versi gli hub di accesso esterno, come l’aeroporto ed il porto, vanificandone, quindi, in parte, il buon grado di dotazione. Nonostante questo, sia l’aeroporto che il porto hanno visto incrementare nel tempo le proprie attività. Basti pensare che il flusso di passeggeri nell’aeroporto di Palermo è aumentato, tra il 1999 ed il 2008, del +53,4%, ed il traffico delle merci veicolate nel porto del +18,6% nel periodo 2005-2008. Il ciclo economico sfavorevole non ha mancato, tuttavia, di influenzare negativamente tali dinamiche nel corso del 2009. Infatti, tra gennaio e novembre, si è registrato nell’aeroporto un calo di passeggeri pari all’1,5% rispetto al periodo corrispondente del 2008, sebbene i dati mensili evidenzino un trend di ripresa; il porto, d’altra parte, ha sperimentato, nel periodo gennaio - ottobre, una flessione tendenziale pari al -12,2%.Altro aspetto importante di cui tener conto, è l’esistenza di un gap evidente tra la fascia costiera della provincia, attorno alla città capoluogo, attraversata dalla dorsale autostradale e ferroviaria principale (fra l’altro, beneficiaria del completamento “storico” dell’autostrada Palermo-Messina, un completamento la cui valenza è amplificata dal progetto di Ponte, o comunque dal progetto di collegare in modo più organico la Sicilia al continente) e l’area più interna e orograficamente meno pianeggiante della provincia, ancor più isolata, con problemi strutturali di sviluppo più acuti. Come è possibile constatare dalla cartina sottostante, in effetti, mentre la fascia costiera, ovvero la zona a maggior densità di popolazione ed attività economiche, è ben collegata, sia dall’autostrada che dalla ferrovia, gli unici collegamenti con le aree interne sono assicurati dalla viabilità secondaria, di tipo non autostradale, creando di fatto una situazione caratterizzata da un certo isolamento e da un gap di sviluppo, che penalizza sistematicamente l’area interna.

Tab. 1 – Flusso di passeggeri nell’aeroporto di Palermo nel periodo gennaio-novembre 2009

e variazioni % rispetto al periodo corrispondente del 2008Passeggeri Variaz. % 2009/2008

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Gennaio 261.300 -3,76Febbraio 242.972 -3,55Marzo 300.118 -8,80Aprile 400.323 10,94Maggio 406.432 -6,64Giugno 399.155 -4,34Luglio 472.478 1,72Agosto 518.746 -0,46Settembre 430.046 -1,89Ottobre 352.235 -2,25Novembre 266.878 1,20Fonte: Aeroporto di Palermo “Falcone e Borsellino”

Esternalità positive e negative

Con riferimento alle utilities ed ai servizi finanziari e reali legati alle attività produttive (energia, distribuzione dell’acqua, servizi bancari, altri servizi alle imprese, infrastrutture immateriali telematiche), la presenza di un’area urbana, e di alcune fra le più importanti aree industriali della regione, fa sì che le infrastrutture bancarie, di servizi reali e quelle immateriali, legate alla presenza di ampi bacini demografici e di imprese, tipici di aree urbane sviluppate, abbiano un grado di diffusione complessivamente soddisfacente. Anche i principali servizi sociali di rango urbano, come le scuole e le strutture sanitarie, hanno, almeno in termini quantitativi, una offerta del tutto adeguata. Viceversa, servizi più “rari”, che però qualificano in modo più evidente la qualità della vita in ambito locale, come ad esempio i servizi per il tempo libero e la cultura, come anche alcune utilities tipiche di aree ad elevato sviluppo industriale, come le reti energetiche ed ambientali, presentano ancora ritardi di offerta evidenti, ingiusitificabili se paragonati al peso demografico e di densità imprenditoriale che la provincia di Palermo assume nell’ambito della Sicilia e del Mezzogiorno, e che peraltro la colloca in una posizione di svantaggio rispetto alla sua tradizionale “provincia rivale”, in ambito siciliano, ovvero Catania. Ciò non può che riflettersi in un gap di qualità della vita e di competitività delle imprese locali. In prospettiva, assume una importanza molto rilevante lo sblocco recente dei finanziamenti necessari per la realizzazione dell’interporto di Termini Imerese, una struttura che ha già una importanza vitale in sé, perché consentirà di movimentare le merci in modo più efficiente e

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rapido, valorizzando meglio la struttura portuale ed i suoi collegamenti, viari e ferroviari, con il retroporto, ma che assume una rilevanza specifica, in quanto elemento essenziale per il rilancio competitivo del polo Fiat, di primaria importanza, sotto il profilo economico ed occupazionale, per la provincia.

Tab. 2 - Indici di dotazione infrastrutturale nelle province siciliane ed in Italia in numero indice (2007)

Rete stradale

Rete ferroviari

aPorti Aeroporti

Impianti energ.- amb.

Reti per la telematic

aTrapani 123,8 20,4 455,7 185 63,8 104,3Palermo 85,5 55,2 100,1 173,2 62,1 126,5Messina 155,9 106,5 136,8 0 65,3 97,2Agrigento 50,2 61 66,8 52 53,9 89,3Caltanissetta 74,5 76,3 128,8 0 51,7 88,1Enna 105 68,8 0 0 34 47,6Catania 63,6 53,4 188,7 147,9 78,5 146,5Ragusa 44 17,3 49,3 0 55,1 106,1Siracusa 49,8 66,8 335,4 0 106,8 106,1ITALIA 100 100 100 100 100 100

Reti bancarie e di servizi

vari

Strutture culturali

Strutture per

l'istruzione

Strutture sanitarie TOTALE

TOTALE SENZA PORTI

Trapani 67,1 49,9 76,1 51,2 120,6 83,4Palermo 81,7 57,2 123,4 131,6 102,1 102,3Messina 79,4 60,4 102,1 123,3 93,9 89,1Agrigento 47,6 29,4 76,3 34,5 57 55,9Caltanissetta 50,3 22 62,3 59,5 62,3 54,9Enna 31,5 21,3 69,1 48,7 43,1 47,9Catania 89,9 66,6 126,9 143,9 113,4 105,1Ragusa 69,3 36,6 88,2 69,3 53,8 54,3Siracusa 63 32 84,2 60,6 91,5 64,4ITALIA 100 100 100 100 100 100Fonte: Istituto G. Tagliacarne

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I settori economici

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3.1 – L’AGRICOLTURA Il contributo del settore agricolo alla formazione della ricchezza provinciale risulta, nel 2007, pari a circa 354 milioni di euro, ovvero l’1,9%% del valore aggiunto prodotto in provincia; incidenza in flessione rispetto al 2003 secondo un trend decrescente che rispecchia la contrazione della quota del valore aggiunto del settore primario a livello nazionale.

Tab. 1 - Valore aggiunto dell'agricoltura in provincia di Palermo, in Sicilia ed in Italia

(incidenza % 2003-2007 e valori assoluti in milioni di euro nel 2007)Palermo Sicilia ITALIA

2003 2,8 5 2,52004 2,4 4,7 2,52005 2,2 4,3 2,22006 1,9 4,1 2,12007 1,9 3,9 2,1Valori assoluti 354,2 2.895,6 28.341,1Fonte: Istituto G. Tagliacarne

Il consuntivo 2009: un anno difficile,

ma aumentano gli investimenti

Gli indicatori congiunturali mostrano come il consuntivo 2009, messo a confronto con il 2008, sia per il settore agricolo, un anno piuttosto difficile. Al calo della produzione (-14,8%), si accompagna una contrazione del fatturato della medesima entità ed una flessione degli ordinativi solo di poco inferiore (12,2%). Il rallentamento congiunturale si ripercuote poi anche sull’occupazione che, pur essendo la variabile maggiormente caratterizzata da vischiosità, ha reagito nel breve termine alla flessione dei livelli produttivi registrando una riduzione, pur modesta, pari al -3,4%. In controtendenza rispetto a queste variabili, gli investimenti degli imprenditori agricoli sono, invece, aumentati del 10,4% rispetto all’anno precedente: si tratta chiaramente di un segnale di fiducia supportato dall’elevata quota di operatori del settore che dichiarano di aver investito (37,5%), come anche dai principali impieghi indicati dagli imprenditori, ovvero l’aumento della capacità produttiva (40%) e l’adeguamento allo standard competitivo (20%), ma anche la riduzione dei costi, attraverso la sostituzione di macchinari obsoleti (26,7%). Nel 60% dei casi in cui gli imprenditori del settore dichiarano di non aver investito, le cause del mancato investimento vengono, comunque, attribuite in primo luogo all’incertezza del mercato (50%) e quindi alle difficoltà finanziarie (37,5%), segno evidente dell’impatto della crisi sulle scelte

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degli operatori.Le previsioni per il 2010:

aspettative di ripresa

Gli operatori del settore agricolo si aspettano, tuttavia, per il 2010, una leggera ripresa rispetto al 2009, ad eccezione che per gli investimenti, i quali dovrebbero risentire in modo incisivo delle difficoltà congiunturali. Per quanto riguarda produzione, fatturato e ordinativi, invece, si dovrebbe passare a tassi di crescita positivi, in particolar modo il fatturato (+3,7%). Ancora negativo il dato sull’occupazione, comunque in linea con quello dell’anno precedente.

Graf. 1 – Variazioni puntuali dei principali indicatori congiunturali dell’agricoltura nella provincia di Palermo (consuntivo 2009 rispetto al 2008; In %)

-14,8 -14,8

-12,2

-3,4

10,4

-15,0

-10,0

-5,0

0,0

5,0

10,0

15,0

Produzione Fatturato Portafoglio ordini Occupati Investimenti

Fonte: Osservatorio Economico Palermo

Tab. 2 – Percentuale di imprese agricole della provincia di Palermo che investe nel 2009 (In %)

  PercentualeSi 37,5No 60,0Ns/Nr 2,5Totale 100,0Fonte: Osservatorio Economico Palermo

Graf. 2 – Finalità degli investimenti nelle imprese agricole della provincia di Palermo (2009; In %)*

13,3

13,3

20,0

26,7

40,0

0,0 5,0 10,0 15,0 20,0 25,0 30,0 35,0 40,0

Aumento della capacitàproduttiva/operativa

La sola sostituzione di macchinari eattrezzature obsoleti

Un adeguamento allo standardcompetitivo

Innovazione di prodotto/servizio

Innovazione organizzativa

Altro

Riduzione dei costi

Minore impiego di risorse umane

L'accesso a nuovi segmenti di mercato

Non sa/Non risponde

*Domanda a risposta multipla; totale diverso da 100Fonte: Osservatorio Economico Palermo

123

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Graf. 3 – Variazioni puntuali previsionali dei principali indicatori congiunturali dell’agricoltura

nella provincia di Palermo (previsioni 2010 rispetto al 2009; In %)

0,1

3,7

0,5

-3,4

-14,7-16,0

-14,0

-12,0

-10,0

-8,0

-6,0

-4,0

-2,0

0,0

2,0

4,0

Produzione Fatturato Portafoglio ordini Occupati Investimenti

Fonte: Osservatorio Economico Palermo

124

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3.2 – IL MANIFATTURIEROIl contributo del settore manifatturiero alla formazione del valore aggiunto di Palermo risulta, al 2007, pari all’8,7%; si tratta di una incidenza significativamente inferiore alla media nazionale (21,4%), anche in virtù del ruolo che i servizi e la Pubblica Amministrazione rivestono in una regione come la Sicilia. Inoltre, per la provincia di Palermo si osserva, nel periodo 2003-2007, una diminuzione della quota di ricchezza prodotta dall’industria (dal 9,9% al sopracitato 8,7%).

Tab. 1 - Valore aggiunto del manifatturiero in provincia di Palermo, in Sicilia ed in Italia

(incidenza % 2003-2007, variazione % 2007/2003 e valori assoluti in milioni di euro nel 2007)

  Palermo Sicilia ITALIA2003 9,9 11,4 21,42004 9,9 11,0 21,22005 9,2 10,8 20,62006 8,6 10,7 20,52007 8,7 10,9 21,4Variaz. 07/03 0,0 7,3 14,7Valori assoluti 1.668,8 8.124,6 296.032,0Fonte: Istituto G. Tagliacarne

Il consuntivo 2009: flessione di produzione,

fatturato e ordinativi nell’ordine

del 20%

Nel corso del 2009 il settore manifatturiero della provincia di Palermo registra una contrazione di tutti i principali indicatori congiunturali, un risultato totalmente in linea con gli andamenti congiunturali degli altri comparti dell’economia della provincia. Produzione, fatturato e portafoglio ordini evidenziano una riduzione importante, di circa venti punti percentuali rispetto al 2008. Analizzando la situazione attraverso una disaggregazione del dato settoriale, ciò che si rileva è una sostanziale omogeneità nelle performance sperimentate dai comparti in esame, che indica come nel 2009 la recessione abbia colpito la struttura produttiva manifatturiera nel suo complesso, aggravando, peraltro, una situazione congiunturale già difficile riscontrata nel 2008. Forti riduzioni si rilevano per i comparti più tradizionali come il tessile (produzione -29,7%; fatturato -26,5%; portafoglio ordini -31,6%) e quello del legno-mobilio (produzione -26,3%; fatturato -24,1%; portafoglio ordini -21,5%), ma valori di simile entità, o soltanto lievemente inferiori in valore assoluto, si registrano anche nel comparto dei mezzi di trasporto, nelle attività estrattive,

125

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Cala l’occupazione (-7%); positivi gli investimenti

(+6,3%)

nel metallurgico e nel settore della carta-editoria. Andamenti meno negativi si riscontrano nei comparti dell’alimentare, del calzaturiero e del chimico-farmaceutico. Per quanto riguarda l’occupazione e gli investimenti si nota una situazione leggermente più eterogenea, con alcuni comparti che dimostrano una maggiore vitalità. Il numero degli addetti, infatti, cala in misura più evidente in alcuni settori (tessile -10%; metallurgico -11,3%; pelli-cuoio-calzature -8,2%) mentre in altri comparti sembra tenere pur rimanendo in area negativa (alimentare -5,2%; legno-mobilio -4,8%; mezzi di trasporto -5%). In evidenza il dato del comparto estrattivo, in cui, nonostante il ciclo congiunturale attuale, si riscontra un aumento dello 0,8%. Volgendo l’attenzione agli investimenti, si nota la variazione positiva riscontrata per l’economia palermitana pari al 6,3%. Tale dato è il risultato di una tendenza piuttosto generale di aumento rilevabile in tutti i settori, con eccezione di quello delle pelli, calzature (-10%) e dei mezzi di trasporto (-11,3%), e con dei picchi positivi, in particolare, nel metallurgico (16,5%) e nell’estrattivo (25%). Secondo le indicazioni derivanti dall’indagine, gli investimenti portati avanti dagli imprenditori della provincia di Palermo perseguono diverse finalità, soprattutto l’innovazione di prodotto (28,2%) e l’aumento della capacità produttiva (23,1%), ma anche la sostituzione di macchinari obsoleti (17,9%) e l’adeguamento allo standard competitivo (12,8%). Nel manifatturiero della provincia, il 25% degli operatori dichiara di avere investito nel corso del 2009, con il comparto dei mezzi di trasporto che rappresenta invece l’estremo positivo (il 50% degli imprenditori dichiara di aver investito). Difficoltà finanziarie e/o di liquidità (49,2%) rappresentano la ragione primaria del mancato investimento, ma la recessione sembra aver influenzato le scelte di investimento anche attraverso la maggiore incertezza del mercato (26,2%) ed un rallentamento complessivo del circuito economico che ha fatto sì che non ci fosse la necessità di investire (29,4%).

126

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Infine, per quel che concerne l’attività di export, dai dati dell’indagine emerge che il 9,5% delle imprese intervistate dichiara di essere esportatore abituale.

Tab. 2 – Variazioni puntuali dei principali indicatori congiunturali del settore manifatturiero

nella provincia di Palermo (consuntivo 2009 rispetto al 2008; In %)

 Produzio

neFattur

atoPortafoglio

OrdiniOccup

atiInvestime

ntiAlimentari, tabacco -13,2 -12,3 -10,4 -5,2 1,9Tessili, vestiario, abbigliamento

-29,7 -26,5 -31,6 -10,0 0,0

Pelli, cuoio, calzature -13,7 -17,2 -14,5 -8,2 -10,0Legno, mobilio -26,3 -24,1 -21,5 -4,8 0,0Metallurgiche, meccaniche -19,5 -15,9 -18,3 -11,3 16,5Mezzi di trasporto -26,9 -25,6 -20,0 -5,0 -11,3Estrattive, materiali da costruzione

-25,0 -22,7 -15,8 0,8 25,0

Chimica, farmaceutica -15,0 -17,0 -13,0 0,0 .Carta, editoria -22,7 -21,7 -18,2 -7,3 10,0Altre manifatturiere -16,4 -21,4 -28,3 -6,7 6,7Totale manifatturiero -20,9 -19,6 -19,0 -7,0 6,3Fonte: Osservatorio Economico Palermo

Tab. 3 – Percentuale di imprese manifatturiere della provincia di Palermo che effettua investimenti

(2009; In %)

 Alimenta

ri, tabacco

Tessili, vestiario,

abbigliamento

Pelli, calzatu

reLegno, mobilio

Metallurgiche,

meccaniche

Mezzi di

trasporto

Si 33,3 11,8 10,0 12,0 24,4 50,0No 66,7 88,2 90,0 80,0 75,6 40,0Ns/Nr 0,0 0,0 0,0 8,0 0,0 10,0Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0

 Estrattive, mat. Costruz.

Chimica, farmaceuti

ca

Carta, editori

a

Altre manifatturi

ereTotale

Si 16,7 0,0 33,3 33,3 23,2No 83,3 100,0 66,7 66,7 75,0Ns/Nr 0,0 0,0 0,0 0,0 1,8Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0Fonte: Osservatorio Economico Palermo

Graf. 1 – Finalità degli investimenti nelle imprese manifatturiere della provincia di Palermo (2009; In %)*

127

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0,0

2,6

5,1

5,1

5,1

12,8

17,9

20,5

23,1

28,2

0,0 5,0 10,0 15,0 20,0 25,0 30,0

Innovazione di prodotto/servizio

Aumento della capacitàproduttiva/operativa

Altro

La sola sostituzione di macchinari eattrezzature obsoleti

Un adeguamento allo standardcompetitivo

L'accesso a nuovi segmenti di mercato

Innovazione organizzativa

Non sa/Non risponde

Riduzione dei costi

Minore impiego di risorse umane

*Domanda a risposta multipla; totale diverso da 100Fonte: Osservatorio Economico Palermo

Le previsioni per il 2010: fatturato e portafoglio

ordini nuovamente in area positiva

Passando ad esaminare le previsioni per il 2010 degli imprenditori palermitani operanti nel settore manifatturiero, ciò che emerge è un quadro di miglioramento complessivo delle performance, sebbene con delle distinzioni per quanto riguarda i diversi comparti. Le aspettative di un rallentamento della produzione del 2,2% rappresenta, infatti, comunque un miglioramento rispetto al dato 2009. Tale performance dovrebbe essere trainata, in particolare, dai netti progressi dei comparti del chimico-farmaceutico (+39,5%), del tessile (+9%) e dei mezzi di trasporto (+5,7%), come anche dai miglioramenti attesi in quei comparti che continueranno in ogni modo a sperimentare delle variazioni negative. Tale andamentosi riflette, ovviamente, nelle aspettative del fatturato (+0,6%) e portafoglio ordini (+0,7%), che si collocano in area positiva, trainati soprattutto dagli “altri comparti manifatturieri” (fatturato +9,2%; portafoglio ordini +16,7%). Gli imprenditori locali del settore si attendono, inoltre, un calo degli occupati del 2,2%, che sembrerebbe, quindi, non subire, neanche con un ritardo temporale, del rallentamento del ciclo economico del 2009: dovrebbero essere interessati da cali consistenti solamente il legno-mobilio (-8%) e l’estrattivo (-10%), mentre si prevede un aumento del numero degli addetti in particolare nel comparto delle pelli (+5%), in quello dei mezzi di trasporto

128

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(+4,4%) e della carta-editoria (+6,8%). Un aumento del clima di fiducia degli imprenditori del settore manifatturiero si evince anche dal dato sugli investimenti (+9,9%), spinto in modo particolare dai piani di investimento del settore alimentare (+20%), delle pelli (+20%), della carta-editoria (+15%) e del tessile (+10%).

Tab. 4 – Previsioni di variazioni puntuali dei principali indicatori congiunturali del settore manifatturiero

nella provincia di Palermo (previsioni 2010 rispetto al 2009; In %)

 Produzion

eFattura

toPortafogl

ioOrdini

Occupati Investimenti

Alimentari, tabacco -0,3 1,4 2,6 1,5 20,0Tessili, vestiario, abbigliamento 9,0 1,0 -3,8 -4,7 10,0Pelli, cuoio, calzature 3,1 4,0 2,6 5,0 20,0Legno, mobilio -11,1 -8,5 -5,0 -8,0 8,5Metallurgiche, meccaniche -2,2 2,4 0,9 -4,5 4,2Mezzi di trasporto 5,7 5,7 6,3 4,4 3,3Estrattive, materiali da costruzione -15,5 -3,3 -2,1 -10,0 0,0Chimica, farmaceutica 39,5 28,0 0,0 0,0 ,Carta, editoria -2,8 -2,8 0,0 6,8 15,0Altre manifatturiere 1,4 9,2 16,7 1,8 2,5Totale manifatturiero -2,2 0,6 0,7 -2,0 9,9Fonte: Osservatorio Economico Palermo

La possibile entrata in crisi dei poli industriali

genererebbe un moltiplicatore negativo per tutta l’economia regionale

Esaminando il settore manifatturiero, risulta opportuno dare uno sguardo alla tradizione industriale palermitana che si è sviluppata attono alle due aree industriali di Carini e Termini Imerese. E’ doveroso sottolineare che la sopravvivenza dello stabilimento Fiat di Termini Imerese (e del relativo indotto) non dipende esclusivamente da scelte locali quanto, soprattutto, da strategie di politica industriale nazionali. Certamente, in tale contesto, anche gli indotti relativi ai trasporti su rotaia ed alla cantieristica navale costituiscono un argomento di seria riflessione. L’indagine ha riguardato esclusivamente le imprese di Termini Imerese, ma ciò non significa però che Carini non sia investito dal declino di importanti insediamenti industriali. Le imprese intervistate ubicate nell’area di Termini Imerese sono, nel 25% dei casi, appartenenti alla prima fascia dell’indotto dello stabilimento Fiat, in

129

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Il modo con il quale l’area industriale di Termini

Imerese uscirà dalla crisi non dipende solo dalle politiche di settore, ma anche dall’attrattività

complessiva del territorio

quanto subfornitori di parti meccaniche, e nel 12,5% sono legate anche da relazioni di co-makership evoluta con il loro committente, in quanto anche la componente progettuale e di design viene effettuata in collaborazione, e spesso su specifiche tecniche precise, del committente. Numerose imprese intervistate non appartengono alla prima fascia dell’indotto Fiat e ciò spiega l’evidente incertezza dei rispondenti in merito agli effetti che la ristrutturazione, o addirittura una ipotetica chiusura, dello stabilimento Fiat, comporterebbe sull’area industriale nel suo insieme. Per il 37,5% dei rispondenti, fra cui rientrano le imprese che sono maggiormente legate, anche in termini di progettazione del prodotto, alla Fiat, ovviamente ciò comporterebe una crisi dell’intero indotto. Altre imprese, che non sono parte dell’indotto Fiat, o che magari riescono ad avere, nel proprio portafoglio clienti, anche altri committenti diversi dalla Fiat, non effettuano una correlazione diretta fra crisi della Fiat e crisi del polo industriale di Termini Imerese nel suo insieme. Un quarto del campione non risponde ed anche in questo caso la scelta di non rispondere può riferirsi alla difficoltà di capire come una eventuale crisi della Fiat e del suo indotto diretto possano riverberarsi anche su imprese che, pur localizzate nella stessa area industriale, non sono diretamente collegate. In effetti, secondo i dati IPI-Sifli, l’area ospita 47 imprese, per 2.851 addetti, e non tutte possono riferirsi all’indotto Fiat. Ad esempio, 6 imprese, per oltre 100 addetti, si occupano di trasporti e spedizioni generiche, o legate all’industria alimentare; 2 imprese, per 327 addetti, effettuano attività di vendita e distribuzione di gas ed elettricità anche ad usi civili, 3 imprese, per 111 addetti, operano nel settore dell’agroindustria, 4 nel commercio, 2, per quasi 100 addetti, nelle costruzioni e nel settore dell’impiantistica per immobili. Ciò, tuttavia, non deve far minimizzare l’impatto che la Fiat ed il suo indotto, di prima e seconda fascia, hanno sugli assetti produttivi ed occupazionali dell’area, poiché Fiat ed indotto assorbono più di 1.700 addetti, ovvero oltre il 60% dell’occupazione nell’area industriale in

130

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Politiche si settore e attrattività del territorio

esame. La ferita all’economia arrecata dalla chiusura del polo sarebbe molto consistente, sia in termini occupazionali che di ricaduta sul circuito economico.Peraltro, per un terzo degli intervistati, una crisi del polo automobilistico di Termini Imerese e del suo indotto, non avrebbe alcuna possibile via di uscita, risolvendosi nella chiusura delle imprese legate allo stabilimento. Ciò testimonia la profonda dipendenza commerciale e produtiva che molte delle imprese dell’indotto hanno nei confronti della Fiat, per cui non hanno una sufficiente diversificazione del proprio portafoglio clienti, tale da consentirne una sopravvivenza futura, in caso di significativa riduzione dei volumi produttivi, se non di chiusura, dello stabilimento di Termini. Questo dato è una ulteriore conferma di quanto il polo automobilistico, nella sua configurazione produttiva attuale, sia assolutamente vitale per l’economia palermitana. Ora, la sopravvivenza del polo ed in generale del tessuto industriale localizzato a Termini Imerese, non dipende soltanto da strategie, nazionali e regionali, di politica industriale, a supporto della produzione automotive, ma anche dall’attrattività del contesto territoriale nel suo insieme, rispetto alla localizzazione di attività produtive, ed in particolare dalla dotazione del territorio di servizi reali a supporto delle imprese stesse. In particolare, il campione intervistati dell’area industriale ritiene che i servizi di assistenza alli fasi di marketing, comunicazione e commercializzazione delle produzioni siano i più importanti di cui disporre per poter operare in maniera redditizia. Un’altra metà del campione si focalizza, invece, sulla necessità di disporre di servizi reali che siano concentrati nella fase della progettazione/design/innovazione del prodotto, quindi a monte della fase commerciale propriamente detta, per la quale i servizi di marketing e comunicazione sono utili. Particolare interesse riveste la possibilità di fruire, sul territorio di localizzazione, di servizi di assistenza alla R&S ed all’innovazione tecnologica, a supporto di un modello di competitività più evoluto rispetto a quello attuale. Viceversa, la

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disponibilità di servizi di supporto logistico, di magazzinaggio o movimentazione delle merci, riscuote un interesse pressoché nullo, evidentemente perché le imprese sono già soddisfatte dei servizi logistici esistenti in loco. Fondamentalmente, quindi, le imprese chiedono di disporre di servizi reali collegati strettamente alle funzioni competitive più tipiche: messa in produzione di prodotti a più alto valore aggiunto, grazie ad un miglioramento della fase di innovazione di prodotto, di design e di progettazione, e migliore commercializzazione dello stesso, grazie ad un marketing più efficace. Tali servizi reali difficilmente possono essere incorporati, per ragioni di costo e di investimento necessario, all’interno delle organizzazioni aziendali, specie per le imprese più piccole, e quindi devono essere offerti sul mercato locale. In alcuni casi, come per i servizi di assistenza all’innovazione ed al trasferimento tecnologico, vi può essere un intervento publico a sostegno dello sviluppo di tali attività. In altri casi, come per i servizi di marketing, deve essere il mercato privato a metterli a disposizione delle imprese.

132

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3.3 – LE COSTRUZIONIIl settore edile della provincia di Palermo, nel 2007, produce ricchezza pari a 936 milioni di euro, ovvero il 4,9% del valore aggiunto prodotto nella provincia, dato inferiore rispetto a quanto riscontrato per la Sicilia (6,2%) e per l’Italia (6,1%). Analizzando i dati relativi al periodo 2003-2007, si osserva una riduzione della quota di ricchezza prodotta dal settore (dal 5,7% al 4,9%) una tendenza simile a quanto osservato per la regione, ma in contrasto rispetto a quanto avvenuto a livello nazionale (dal 5,6% al 6,1%) in corrispondenza della forte espansione del settore verificatasi in questi anni.

Tab. 1 – Valore aggiunto delle costruzioni in provincia di Palermo, in Sicilia ed in Italia

(incidenza % 2003-2007, variazione % 2007/2003 e valori assoluti in milioni di euro nel 2007)

  Palermo Sicilia ITALIA2003 5,7 6,8 5,62004 5,2 6,4 5,82005 4,9 6,4 6,02006 5,2 6,4 6,12007 4,9 6,2 6,1Variaz. 07/03 -2,0 2,0 24,1Valori assoluti 936,5 4618,1 84.101,0Fonte: Istituto G. Tagliacarne

Il consuntivo 2009: un settore colpito

dal rallentamento del ciclo

Il settore delle costruzioni rappresenta un comparto particolarmente colpito dalla crisi economica internazionale. I dati delineano una situazione problematica dove la caduta della produzione (-24%), del fatturato (-21,3%) e del portafoglio ordini (-24,2%) comportano importanti ripercussioni anche sul numero degli addetti (-22,2%). In controtendenza il dato quantitativo sugli investimenti (1,3%), con una quota rilevante di operatori (26,1%) che dichiara di aver investito nel corso dell’anno spinti dalla volontà di aumentare la capacità produttiva (41,7%), di introdurre innovazioni di prodotto (16,7%) e di sostituire macchinari obsoleti (16,7%). Nel 69,6% dei casi in cui gli operatori dichiarano di non aver investito, il motivo principale risultano essere le difficoltà finanziarie e/o di liquidità (69,1%); altro fattore decisivo è l’incertezza di mercato (25%) mentre nel 15,6% dei casi si indica come non sia stato necessario.

Le previsioni per il 2010 all’insegna del

rallentamento delle difficoltà

Gli imprenditori del settore edile della provincia di Palermo prevedono un 2010 in cui l’andamento congiunturale proseguirà lungo la tendenza del 2009, sebbene con qualche lieve rallentamento delle dinamiche negative. Cali ancora consistenti dovrebbero riguardare la produzione (-13,3%) ed il fatturato (-13,8%)

133

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mentre nel dato sugli ordinativi (-7,8%) si può intravedere, in un certo qual modo, un’attesa di miglioramento rispetto al dato 2009. Le previsioni per l’occupazione (-13,7%) e gli investimenti (-16,1%) contribuiscono ulteriormente ad indicare le criticità del settore nell’ottica di una ripresa.

Graf. 1 – Variazioni puntuali dei principali indicatori congiunturali delle costruzioni nella provincia di Palermo (consuntivo 2009 rispetto al 2008; In %)

-24.0

-21.3

-24.2-22.2

1.3

-25.0

-20.0

-15.0

-10.0

-5.0

0.0

5.0

Produzione Fatturato Portafoglio ordini Occupati Investimenti

Fonte: Osservatorio Economico Palermo

Tab. 2 – Percentuale di imprese delle costruzioni della provincia di Palermo che investe (2009; In %)

  PercentualeSi 26,1No 69,6Ns/Nr 4,3Totale 100,0Fonte: Osservatorio Economico Palermo

Graf. 2 – Finalità degli investimenti nelle imprese delle costruzioni della provincia di Palermo (2009; In %)*

8.3

8.3

8.3

16.7

16.7

41.7

0.0 5.0 10.0 15.0 20.0 25.0 30.0 35.0 40.0 45.0

Aumento della capacitàproduttiva/operativa

La sola sostituzione di macchinari eattrezzature obsoleti

Innovazione di prodotto/servizio

Minore impiego di risorse umane

Un adeguamento allo standardcompetitivo

Innovazione organizzativa

Altro

Non sa/Non risponde

Riduzione dei costi

L'accesso a nuovi segmenti di mercato

*Domanda a risposta multipla; totale diverso da 100Fonte: Osservatorio Economico Palermo

Graf. 3 – Variazioni puntuali previsionali dei principali indicatori congiunturali delle costruzioni

nella provincia di Palermo (previsioni 2010 rispetto al 2009; In %)

134

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-13.3-13.8

-7.8

-13.7

-16.1

-18.0

-16.0

-14.0

-12.0

-10.0

-8.0

-6.0

-4.0

-2.0

0.0

Produzione Fatturato Portafoglio ordini Occupati Investimenti

Fonte: Osservatorio Economico Palermo

135

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3.4 – I SERVIZII dati sul valore aggiunto dei servizi della provincia di Palermo mostrano chiaramente l’importanza di tale settore in termini di contributo alla ricchezza. Nel 2007 il valore aggiunto del terziario nella provincia di Palermo raggiunge un valore di circa 16 miliardi di euro, con una incidenza dell’84,5% sulla ricchezza prodotta nell’intera economia palermitana. L’elevata terziarizzazione dell’economia locale emerge anche in confronto ai dati relativi alla regione (incidenza pari al 79% nel 2007) che già di per sé risultano nettamente superiori alla media nazionale (70,5% nel 2007).

Tab. 1 – Valore aggiunto dei servizi in provincia di Palermo, in Sicilia ed in Italia (incidenza % 2003-2007, variazione % 2007/2003 e valori assoluti in milioni di

euro nel 2007)  Palermo Sicilia ITALIA2003 81,6 76,7 70,42004 82,5 77,9 70,52005 83,6 78,5 71,22006 84,4 78,9 71,42007 84,5 79 70,5Variaz. 07/03 16,9 15,7 14,8Valori assoluti 16.136,4 58.783,1 972.975,0Fonte: Istituto G. Tagliacarne

Il consuntivo 2009: sono il commercio

ed il turismo a risentire maggiomente del ciclo

congiunturale negativo

Come più volte sottolineato, il settore terziario ha un ruolo di tutto rilievo nell’economia palermitana, caratterizzata da una elevata localizzazione di imprese addette, in particolare, al commercio, al turismo ed ai trasporti. Nel corso del 2009 la performance del settore è chiaramente influenzata dall’andamento congiunturale. Dai dati dell’indagine emerge una riduzione della produzione del 14,8%, dovuta in particolare ai cali del commercio (-22,1%) e del turismo (-20,3%), ma anche a quelli dei trasporti (-12,1%), del terziario avanzato e degli altri servizi (-16,3% in entrambi i casi). Una simile tendenza si riscontra nelle variazioni relative al fatturato ed al portafoglio ordini, con i settori del commercio e del turismo che ancora una volta sembrano risentire in misura maggiore rispetto agli altri degli effetti della recessione. L’andamento dell’occupazione nel terziario (-4,8%) risulta sostanzialmente in linea con quello degli altri settori, con riduzioni del numero degli occupati abbastanza contenute (commercio -3,9%; turismo -3,7%; trasporti -3,1%; terziario avanzato -4,3%; altri servizi -6,6%). Mentre nel terziario avanzato si rileva una stabilità del volume di investimenti, negli altri comparti si

136

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registrano delle dinamiche positive anche piuttosto rilevanti, in primis nei trasporti (+19,5%) e nel turismo (+14,7%), ed a seguire nel commercio (+7,3%) e gli altri servizi (+14,2%). Gli investimenti sono indirizzati ad una molteplicità di obiettivi, tra cui l’aumento della capacità produttiva (32%), l’innovazione di prodotto (32%), la sostituzione di macchinari obsoleti (28%) e l’adeguamento allo standard competitivo (24%). Anche nel settore dei servizi si rileva, a dispetto delle dinamiche congiunturali in atto, una quota relativamente alta di imprenditori che dichiara di investire nel corso del 2009: le difficoltà finanziarie e/o di liquidità pure in questo caso sembrano rappresentare l’ostacolo principale nel portare avanti i propri piani di investimento (63,8%).

Tab. 2 – Variazioni puntuali dei principali indicatori congiunturali dei servizi nella provincia di Palermo (consuntivo 2009 rispetto al 2008; In %)

 Produzion

eFatturat

oPortafoglio

Ordini Occupati Investimenti

Commercio -22,1 -18,3 -19,7 -3,9 7,3Turismo -20,3 -15,2 -14,6 -3,7 14,7Trasporti -12,1 -10,9 -10,6 -3,1 19,5Terziario avanzato -16,3 -17,1 -16,2 -4,3 0,0Altri servizi -16,3 -7,8 -7,3 -6,6 14,2Totale servizi -14,8 -11,1 -10,4 -4,8 14,6Fonte: Osservatorio Economico Palermo

Tab. 3 – Percentuale di imprese dei servizi della provincia di Palermo che realizza investimenti (2009; In %)

  Commercio Turismo Trasporti Terziario avanzato

Altri servizi Totale

Si 20,6 28,.3 33,3 15,0 35,3 29,8No 76,5 71,7 66,7 80,0 64,7 69,0Ns/Nr 2,9 0,0 0,0 5,0 0,0 1,2Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0Fonte: Osservatorio Economico Palermo

137

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Graf. 1 – Finalità degli investimenti delle imprese dei servizi della provincia di Palermo (2009 In %)*

8.0

12.0

24.0

28.0

32.0

32.0

0.0 5.0 10.0 15.0 20.0 25.0 30.0 35.0

Aumento della capacitàproduttiva/operativa

Innovazione di prodotto/servizio

La sola sostituzione di macchinari eattrezzature obsoleti

Un adeguamento allo standardcompetitivo

Altro

L'accesso a nuovi segmenti di mercato

Innovazione organizzativa

Riduzione dei costi

Minore impiego di risorse umane

Non sa/Non risponde

*Domanda a risposta multipla; totale diverso da 100Fonte: Osservatorio Economico Palermo

Le previsioni per il 2010: un anno complicato, ma con

la volonta da parte degli imprenditori di reagire

Sulla base delle dichiarazioni degli imprenditori, il 2010 sarà un anno difficile per il settore terziario della provincia. Da notare, comunque, che le variazioni previste per i principali indicatori congiunturali, pur sempre negative, risultano essere di minore entità rispetto a quelle rilevate per il 2009. Entrando nello specifico, si segnala la flessione attesa nei livelli produttivi (-0,8%), di fatturato (-5,9%) e di portafoglio ordini (-4,9%). In direzione opposta vanno, invece, gli investimenti (10,4%) che evidenziano una clima di fiducia ed una volontà di operare al fine di superare le problematiche congiunturali. Secondo le stime, il volume di affari rimarrà comunque in flessione in quasi tutti i comparti rispetto al 2008 (commercio -0,3%; trasporti -5,7%; terziario avanzato -7,1%; altri servizi -5,3%) con un lieve aumento invece per il settore turistico (0,1%). Per quanto riguarda i livelli produttivi, variazioni positive si riscontrano nel turismo (2,3%) ma anche nel settore dei trasporti (7,6%). Per quanto riguarda gli investimenti, infine, gli operatori del comparto turistico sono gli unici ad indicare un calo (-20,8%), mentre spicca il dato dei trasporti (20%) rispetto ai comunque buoni valori rilevati per il commercio (7,1%), per il terziario avanzato (6,7%) e per gli altri servizi (4,2%).

Tab. 4 – Previsioni di variazioni puntuali dei principali indicatori congiunturali dei servizi

nella provincia di Palermo (previsioni 2010 rispetto al 2009; In %)

138

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 Produzio

ne Fatturato Portafoglio Ordini Occupati Investime

ntiCommercio -0,6 -0,3 1,1 1,4 7,1Turismo 2,3 0,1 0,4 0,0 -20,8Trasporti 7,6 -5,7 -2,5 -1,2 20,0Terziario avanzato -5,8 -7,1 -8,2 -1,3 6,7Altri servizi -5,6 -5,3 -5,4 0,4 4,2Totale servizi -0,8 -5,9 -4,9 -0,6 10,4Totale economia Palermo

-1,8 -1,9 -1,0 -1,9 -0,7

Fonte: Osservatorio Economico Palermo

Numerosi piccoli esercizi stanno reagendo

positivamente, spostandosi su segmenti specializzati ed a alto valore aggiunto

Come precedentemente affermato, il settore del commercio, direttamente a contatto con le evoluzioni negative recenti della domanda per consumi, è fra quelli che sembrano aver risentito in misura più ampia degli effetti della recessione. E’ stato, quindi, opportuno indagare attraverso indagine le dinamiche strutturali che stanno attraversando tale comparto negli ultimi anni, sull’onda anche di provvedimenti legislativi di liberalizzazione del settore. Da un punto di vista dimensionale, nonostante il forte progresso che la GDO ha registrato in questi ultimi anni, il settore commerciale palermitano rimane caratterizzato da piccole superfici, e da piccoli imprenditori, che nell’81% dei casi controllano un solo punto vendita, e nel 62% delle situazioni non superano una sperficie di 200 mq. Più della metà dei punti vendita del campione è ubicata nel centro storico del capoluogo, che è la vetrina commerciale della provincia di Palermo, anche se più di un terzo degli esercizi opera nell’ampia e popolosa periferia della città. Benché piccoli, non di rado gli esercizi commerciali palermitani puntano sulla qualità e la specializzazione della propria gamma, considerando che il 22% degli intervistati opera nel settore dell’abbigliamento e della moda, ed il 14% nel setore degli alimentari ad elevata specializzazione (e, quindi, nel settore degli alimentari di qualità, o di nicchia). Sembra che numerosi commercianti locali abbiano reagito alle riforme del settore, ed alla crescita della GDO, posizionandosi in mercati di nicchia, offrendo una gamma altamente specializzata di merce. Infatti, il 68,6% del campione si posiziona su fasce di prezzo medio-alte, puntando cioè su nicchie di mercato ridotte numericamente, ma dotate di

139

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La differenziazione strategica del commercio

alto potere di acquisto, rispetto alle quali occorre offrire prodotti di alta qualità, brand riconosciuto, e anche servizi accessori alla vendita qualificanti (consegna a domicilio, assistenza post vendita, ecc.) Una simile strategia differenzia l’offerta del piccolo esercizio rispetto a quella, generica ed indifferenzata, della GDO, e garantisce al commerciante singolo la sopravvivenza, rispetto a grandi superfici di vendita che hanno dalla loro parte una gamma di prodotti più ampi, e prezzi mediamente più bassi, garantiti dalle migliori economie di scala conseguibili. Non vi è dubbio infatti che siano proprio le grandi superfici di vendita, o anche le strutture costituite da piccoli esercizi, ma concentrati in un unico polo che offre anche servizi di vario genere (ristorazione, servizi ricreativi, banca, ecc.) come i centri commerciali, i principali concorrenti delle imprese commerciali palermitane, composte in larga misura da piccole superfici. Secondo il 28% del campione i grandi centri commerciali polifunzionali costituiscono una minaccia particolare per quegli esercizi che non sono localizzati all’interno dei centri stessi. Infatti, questi ultimi hanno, grazie alla concentrazione di negozi, all’offerta diversificata di servizi di contorno allo shopping, e spesso anche grazie alle offerte che riescono a spuntare (si pensi ad es. al successo dei centri commerciali organizzati sotto la forma di outlet, che riescono a offrire prezzi relativamente vicini a quelli dei grossisti) una indubbia capacità attrattiva, che spiazza gli esercizi localizzati all’esterno dei centri stessi. Una strategia di risposta potrebbe essere quella di effettuare azioni promozionali, o campagne di sconto, congiunte, a livello, p. es., di tutti i negozi localizzati in una stessa strada/quartiere cittadino, in modo da replicare alcuni dei vantaggi tipici dei centri commerciali. Per il 50% circa del campione, poi, la minaccia proviene anche dalle grandi superifici di vendita tradizionali, sia che queste siano despecializzate (supermercati ed ipermercati) sia che queste siano specializzate in un unitco tipo di articolo. Ovviamente, la GDO ha la possibilità di valorizzare economie di scala e, quindi, di offrire

140

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prezzi più bassi sulla gamma dei prodotti di medio-basso livello qualitativo, che il piccolo commerciante non ha, e quest’ultimo deve quindi sempre più spostarsi, come del resto molti degli intervistati fanno già o intendono fare, sull’offerta specializzata di prodotti ad alto valore aggiunto.La strategia di risposta per i piccoli commercianti non può, invece, essere, anche per carenza di risorse finanziarie per investimenti di grande portata, quella di ampliare la superficie, magari aprendo nuovi punti di vendita. Infatti, lo sforzo finanziario necessario per giungere a dimensioni competitive con quelle della GDO è proibitivo per il piccolo esercizio che deve utilizzare canali diversi dalla mera crescita dimensionale per poter sopravvivere, specie in un periodo di recessione dei consumi come quello attuale, dove l’apertura di nuovi punti vendita rischia di non trovare rispondenza nel mercato. di ciò sono pienamente consapevoli le imprese intervistate, posto che l’83% di esse non ha, fra le sue strategie, la previsione di aprire nuovi punti di vendita.

Graf. 2 – Numero dei punti vendita per azienda e rispettiva superficie media (In %)

141

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81,4

14,73,9

Uno Da 2 a 5 Oltre 5

61,8

19,68,8 5,9 3,9

Inferiore a200 mq

Fra 200 e400 mq

Fra 400 e1500 mq

Superiore a1500 mq

Nonrisponde

Fonte: Osservatorio Economico Palermo

Graf. 3 – Posizionamento di prezzo dei prodotti offerti dalle aziende commerciali palermitane (In %)

4,9

63,7

19,6

6,9 4,9

0,010,0

20,030,0

40,050,0

60,070,0

Alta gamma- alti prezzi

Media gamma-medi prezzi

Bassa gamma-bassi prezzi

Altro Non risponde

Fonte: Osservatorio Economico Palermo

Graf. 4 – Formule distributive considerate concorrenti più critiche dalle aziende commerciali palermitane (In %)

34,34,9

8,812,7

17,6

24,525,5

28,4

AltroCommercio elettronico

Factory Outlet (spacci aziendali)Discount

Grandi magazziniGrandi superfici specializzate

Ipermercati e supermercatiCentri commerciali

142

Numero punti vendita

Superficie media

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*Trattandosi di domanda a risposta multipla il totale delle risposte può essere superiore a 100.Fonte: Osservatorio Economico Palermo

Il turismo; un polmone di sviluppo vitale

per Palermo

Il turismo palermitano sembra però non riuscire

ad attrarre in misura sufficiente nicchie turistiche

ad alta capacità di spesa

Il settore turistico costituisce, per l’insieme dell’economia del nostro Paese, una risorsa vitale, ancora non del tutto valorizzata. Per Palermo, poi, l’opportunità di uno sviluppo turistico è ancora più importante, tenuto conto della grande numerosità e varietà delle risorse territoriali presenti, che offrono la possibilità di costruire pacchetti turistici differenziati (turismo estivo-balneare, congressuale, crociristico, archeologico e culturale, naturalistico, sportivo). La provincia di Palermo, già attualmente, concentra circa un quarto degli arrivi e delle presenze turistiche dell’intera Sicilia ed è, quindi, la provincia leader della regione nell’attrazione di flussi turistici, proprio per quanto detto sopra in termini di ricchezza dell’offerta turistica disponibile (anche se Messina presenta valori superiori rispetto a Palermo in termini di presenze, ma non di arrivi, va considerato che tale provincia gode anche di un cospicuo flusso di turismo di mero transito, legato cioè ai collegamenti fra Sicilia e continente).Peraltro, a testimonianza del valore della sua offerta turistica, e di una buona immagine del territorio, Palermo riesce, nel 2007, ad attrarre flussi dai mercati turistici più competitivi e difficili da conquistare (anche per i necessari investimenti promozionali che devono assere attivati in tal senso), ovvero quelli internazionali, in misura maggiore rispetto al resto della Sicilia. Infatti, gli arrivi e le presenze di turisti stranieri a Palermo costituiscono, rispettivamente, il 43,3% ed il 50,5% del totale, a fronte di una media regionale pari al 38,3% per gli arrivi ed al 40,6% per le presenze. Le presenze di turisti stranieri, in percentuale sul totale, superano anche la media nazionale, pari al 43,4%. Rispetto al passato, inoltre, il segmento straniero cresce leggermente, sia in termini di arrivi che di presenze, a fronte di una diminuzione sensibile, ed in controtendenza rispetto alla regione ed all’Italia, dei flussi di turisti italiani in ingresso. Tale posizionamento, peraltro, dipende dai

143

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risultati soddisfacenti del segmento extra alberghiero della ricettività provinciale che, anche per i turisti di provenienza nazionale, mette a segno risultati migliori rispetto al comparto alberghiero. Evidentemente, vi è stata una capacità di attrarre soprattutto un turismo a minor capacità di spesa (generalmente, gli esercizi extra alberghieri offrono una ricettività più economica rispetto a quelli alberghieri) il che, peraltro, è un elemento negativo, in termini di ricadute del turismo sull’economia locale. Occorre, quindi, puntare sull’attrazione di un turismo più di nicchia, che abbia un potere di acquisto superiore e, quindi, una maggiore capacità di attivare un circuito del reddito in sede locale più consistente di quello attuale.

Nel 2008, i primi venti della crisi influiscono

negativamente sul settore ricettivo

Il 2008 è stato un anno turisticamente interessante per il mercato nazionale nel suo insieme. Secondo l’Istat (“Viaggi e vacanze” – indagine 2008) rispetto al 2007 vi sarebbe stato un incremento del 9,4% dei viaggi e del 2,5% dei pernottamenti per i residenti italiani. Tuttavia, i primi segnali dell’impatto della recessione economica, e della conseguente tendenza a contrarre i consumi, ivi compresi quelli turistici, vengono rilevati nel rapporto 2009 “Turismo Impresa” dell’ISNART, secondo il quale le partenze da parte degli italiani nel 2008 si sarebbero contratte del 5-6% rispetto al 2007 e dovrebbero subire un ulteriore calo nel primo semestre del 2009. Non solo diminuisce il numero di italiani che vanno in vacanza, ma i comportamenti stessi si modificano, privilegiando una minore spesa, quindi periodi di permanenza media più brevi, offerte di viaggio più economiche, il che, ovviamente, si riflette in un impatto economico meno consistente sulle prospettive di sviluppo dei territori di destinazione. Infatti, sempre secondo ISNART, la spesa turistica diminuisce, in termini tendenziali, del 17% nel primo semestre e poi del 25% nel secondo semestre 2008. In un quadro simile, l’anno turistico 2008 si chiude, per Palermo, con un decremento dei flussi in ingresso molto marcato, generalmente più forte del sia pur evidente declino verificatosi

144

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su scala regionale. Particolarmente forte risulta essere la diminuzione dei flussi in ingresso di turisti stranieri, che in passato avevano rappresentato la forza del comparto ricettivo palermitano. L’unica area turistica che evidenzia una certa tenuta, sul turismo nazionale, è quella ricadente nell’AST Cefalù, mentre il resto della provincia, ivi compresa la città capoluogo, registra un decremento molto rapido dei flussi in ingresso. Entrambi i comparti della ricettività, alberghiero e complementare, subiscono un calo pressoché omogeneo.

Tab. 5 – Andamento dei flussi turistici nel 2008, per APT (variazione % rispetto al 2007)

AZIENDAItaliani Stranieri

Arrivi Presenze Arrivi Presenze

2008Var. % 2008

Var. % 2008

Var. % 2008

Var. %

AST Cefalù 49.608 16,56% 157.957 22,79

% 65.588-

11,11%

424.651

-4,73%

AST PA/Monreale 306.924-

8,21%

576.827-

10,37%

267.820

-13,24

%562.96

0-

9,90%

APT Palermo (altri comuni) 238.237

-18,91

%857.248

-3,35

%115.53

7-

24,60%

527.986

-21,95

%

Tot. Provincia 594.769-

11,33%

1.592.032

-4,05

%448.94

5-

16,20%

1.515.597

-13,25

%

Tot. Regione 2.482.859

-7,44

%7.616.44

1-

3,35%

1.528.241

-12,24

%5.208.4

54-

8,36%

Fonte: elaborazioni Istituto G. Tagliacarne su dati Regione Sicilia

Tab. 6 – Andamento dei flussi turistici nel 2008 nel comparto alberghiero, per APT(variazione % rispetto al 2007)

AZIENDAItaliani Stranieri

Arrivi Presenze Arrivi Presenze

2008Var. % 2008

Var. % 2008

Var. % 2008

Var. %

AST Cefalù 40.491 17,86%

122.015

27,50%

58.935 -11,31

391.988

-4,55%

145

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%

AST PA/Monreale 297.083

-8,10%

557.207

-10,48

%258.45

9-

13,50%

545.028

-10,12

%APT Palermo (altri comuni)

216.715

-18,80

%789.50

0-

2,66%102.53

8-

24,93%

477.199

-22,71

%

Tot. Provincia 554.289

-11,24

%1.468.7

22-

3,96%419.93

2-

16,32%

1.414.215

-13,47

%

Tot. Regione 2.154.899

-7,02%

6.355.068

-3,94%

1.375.543

-13,19

%4.649.3

14-

9,54%

Fonte: elaborazioni Istituto G. Tagliacarne su dati Regione Sicilia

146

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3.5 – L’ARTIGIANATO

Un settore che sta avvertendo in misura

consistente gli effetti della recessione

I comparti produttivi artigiani

Con oltre 17.600 imprese artigiane, Palermo è la seconda provincia siciliana, dopo Catania, per diffusione di tale categoria di attività imprenditoriale. Sulla base dei dati camerali, le imprese iscritte alla sezione artigiani costituiscono il 15,8% del totale delle imprese registrate, perfettamente in linea con il dato regionale, e leggermente inferiore a quello nazionale (20,7%)5. Detto raggruppamento di imprese si concentra soprattutto nel manifatturiero (34,3% del totale), una percentuale superiore sia alla media regionale che nazionale, che evidenzia quindi come l’industria in senso stretto palermitana sia caratterizzata in una misura particolarmente forte da unità produttive molto piccole e semplici, con difficoltà evidenti di crescita e sviluppo competitivo. Segue il settore delle costruzioni (26% del totale delle imprese artigiane, che si concentrano soprattutto nei lavori più specializzati e/o nella manutenzione dei fabbricati), il commercio (13,9% del totale) anche in questo caso, come nel manifatturiero, una percentuale superiore alla media nazionale ed a quella regionale. Ciò evidenzia come il processo di ristrutturazione del comparto commerciale, che si è tradotto in una riduzione rapida del numero dei piccoli esercizi specializzati a favore dell’espansione della GDO, sia proceduto, a Palermo, più lentamente che nel resto del Paese. Infine, il 13,3% di imprese artigiane si concentra nel settore dei servizi alla persona più tradizionali, generalmente connotati da una forte connesisone con bacini di mercato di prossimità e di piccole dimensioni. Tra il 2007 ed il 2008, è interessante notare come il numero di imprese artigiane diminuisca (-0,6%) in controtendenza rispetto al dato di lieve crescita (+0,3%) registrato in sede nazionale. Evidentemente, l’impatto della crisi, a Palermo, si sta scaricando soprattutto sulle imprese più piccole, quali quelle artigiane, che non hanno le

5 Stiglitz J. E., Sen A., Fitoussi J. P., 2009, Report by the Commission on the Measurement of Economici Performance and Social Progress, UE.

147

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risorse patrimoniali e finanziarie per resistere all’inevitabile deterioramento degli assetti finanziari aziendali connessi alla crisi stessa, ed hanno anche maggiori difficoltà ad ottenere credito bancario. Particolarmente marcato, e superiore alla media nazionale, è il decremento delle imprese artigiane manifatturiere (-1,3%) e di quelle del commercio (-4%). Come già più volte ribadito in questo rapporto, manifatturiero e commercio sono infatti i settori produttivi più direttamente colpiti dalla crisi. Con specifico riferimento al manifatturiero, i settori più duramente colpiti dalla contrazione del numero di imprese artigiane sono quelli legati alla filiera della moda. Le imprese artigiane del tessile diminuiscono infatti del 7,8% e quelle dell’abbigliamento del 5,7%. Entrambi i settori subiscono una contrazione più marcata rispetto al resto dell’economia nazionale, dove i tassi di riduzione sono rispettivamente del 4,7% e dello 0,3%. La concorrenza dal lato dei costi sempre più forte esercitata dai produttori asiatici (anche di quelli, operanti sovente in nero, localizzati sullo stesso territorio italiano) sta provocando uno spiazzamento molto evidente a danno delle piccole attività artigianali specializzate nel settore tessile-abbigliamento di Palermo. Anche il comparto degli artigiani mobilieri, che a Palermo è un settore importante, rappresentato da 599 imprese, subisce, nel 2008, una contrazione del numero di operatori molto più forte rispetto alla media nazionale (-4,9%, a fronte del -2,4% medio nazionale) per motivi analoghi di pressione competitiva dal lato dei costi esercitata dalla concorrenza internazionale, specie nelle economie emergenti. Viceversa, fra il 2007 ed il 2008 si registra una crescita del numero di piccole imprese operanti nell’indotto di sub fornitura specializzata del polo industriale (+14,3%, con un numero di operatori pari ad 8), il che potrebbe rappresentare anche un piccolo segnale ottimistico circa gli andamenti dell’indotto dei mezzi di trasporto.

148

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Tab. 1 – Valore aggiunto dell'artigianato nelle province siciliane, in Sicilia ed in Italia per settore

di attività economica (2006; incidenza e var. % rispetto al 2004)

  Manifatt. Costr. Commer

c. Trasport

i Inform. serv. Imp.

Serv. famiglie Totale

Valori assoluti (in migliaia di euro)Trapani 223.295 222.900 90.839 90.144 42.206 54.677 724.061

Palermo 446.071 352.802 197.374 143.340103.38

5 109.6801.352.65

1

Messina 339.796 312.589 153.080 107.077 73.144 80.1231.065.80

9Agrigento 143.123 130.213 94.398 84.714 26.906 39.293 518.647Caltanissetta 82.967 58.945 47.479 53.398 13.755 24.387 280.931Enna 76.744 90.811 36.231 31.271 23.298 15.435 273.791

Catania 444.784 357.098 168.499 210.548 103.747 96.8671.381.54

5Ragusa 204.245 252.986 102.403 85.588 39.558 43.180 727.959Siracusa 133.302 139.249 78.710 70.914 36.143 40.275 498.592

Sicilia1.235.25

11.077.45

0 583.170 478.673 259.395 308.1603.942.10

0

ITALIA62.830.7

6643.535.5

8915.357.4

1818.757.3

738.003.2

87 9.090.556157.574.

989Incidenza (%)

Trapani 30,8 30,8 12,5 12,4 5,8 7,6 100,0Palermo 33,0 26,1 14,6 10,6 7,6 8,1 100,0Messina 31,9 29,3 14,4 10,0 6,9 7,5 100,0Agrigento 27,6 25,1 18,2 16,3 5,2 7,6 100,0Caltanissetta 29,5 21,0 16,9 19,0 4,9 8,7 100,0Enna 28,0 33,2 13,2 11,4 8,5 5,6 100,0Catania 32,2 25,8 12,2 15,2 7,5 7,0 100,0Ragusa 28,1 34,8 14,1 11,8 5,4 5,9 100,0Siracusa 26,7 27,9 15,8 14,2 7,2 8,1 100,0Sicilia 31,3 27,3 14,8 12,1 6,6 7,8 100,0ITALIA 39,9 27,6 9,7 11,9 5,1 5,8 100,0

Variazione (%) rispetto al 2004Trapani -0,1 -2,1 -28,4 -21,8 -67,1 -21,8 -18,8Palermo 3,3 75,5 -26,9 -36,3 -34,0 0,7 -2,9Messina 54,4 6,5 -18,4 -30,5 -53,9 -26,1 -5,1Agrigento 4,9 -17,9 -1,8 -16,4 -75,4 -37,3 -22,0Caltanissetta -29,0 -33,5 -4,2 -10,6 -55,9 -30,2 -26,3Enna 0,5 -24,3 -32,5 -17,5 -52,0 -48,6 -25,3Catania 3,2 8,0 -20,5 -14,4 -57,0 -32,9 -13,9Ragusa 22,2 -17,7 11,9 -6,0 -48,6 -4,4 -6,6Siracusa -18,7 -25,6 -7,3 -6,4 -52,2 -21,7 -21,9Sicilia 6,4 ,2 -17,3 -20,7 -55,0 -23,2 -13,0ITALIA -12,1 -4,3 -31,1 -12,8 -41,8 -35,9 -16,5Fonte: elaborazioni Istituto G. Tagliacarne su dati Inps

Il consuntivo 2009: flessioni significative nei principali

indicatori congiunturali

Le dichiarazioni degli imprenditori intervistati mostrano come il 2009 sia per le imprese artigiane palermitane un anno contrassegnato da importanti flessioni nei principali indicatori congiunturali. Il volume di affari registra una consistente diminuzione pari al 19,2%, in

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corrispondenza di una contrazione della produzione di circa il 20%. Una riduzione di simile intensità si rileva anche per quanto riguarda il portafoglio ordini. Le problematiche riscontrate a livello produttivo si riflettono anche nel dato relativo al numero di occupati che si riduce dell’8,3%. Un segnale di vitalità del comparto emerge dagli investimenti, in aumento del 7,1% in risposta alle criticità del periodo.

Graf. 1 – Variazioni puntuali dei principali indicatori congiunturali dell’artigianato nella provincia di Palermo (consuntivo 2009 rispetto al 2008; In %)

-20,8-19,2 -18,8

-8,3

7,1

-25,0

-20,0

-15,0

-10,0

-5,0

0,0

5,0

10,0

Produzione Fatturato Portafoglio ordini Occupati Investimenti

Fonte: Osservatorio Economico Palermo

Le previsioni per il 2010: rallentamento della fase

recessiva

Per quanto riguarda le previsioni per il 2010 si deve evidenziare come negli imprenditori dell’artigianato palermitano continui a prevalere un clima di moderata sfiducia, essendo i principali indicatori congiunturali ancora in area negativa; tuttavia i tassi di crescita negativi di produzione, fatturato, ordinativi ed occupazione sono di misura notevolmente inferiore in valore assoluto rispetto a quelli riscontrati nel consuntivo 2009 e pertanto possono essere letti nell’ottica di un parziale miglioramento della situazione economica del settore. Da notare, tuttavia, come l’incremento previsto per gli investimenti (+0,4%) sia piuttosto modesto, ad indicare, probabilmente, come le attese per il prossimo anno siano ancora caratterizzate da un consistente livello di incertezza.

Graf. 2 – Variazioni puntuali previsionali dei principali indicatori congiunturali dell’artigianato

nella provincia di Palermo (previsioni 2010 rispetto al 2009; In %)

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-2,1

-1,4

-1,8

-2,8

0,4

-3,0

-2,5

-2,0

-1,5

-1,0

-0,5

0,0

0,5

Produzione Fatturato Portafoglio ordini Occupati Investimenti

Fonte: Osservatorio Economico Palermo

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