1. il medioevo – storia del termine e sua periodizzazione ... · 2.2 il regno dei longobardi in...

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1. Il medioevo – Storia del termine e sua periodizzazione interna Il termine medioevo – riferito alla storia d'Europa – deriva dall'unione della parola latina medius (“di mezzo”) con aevum (“età”) e significa, quindi, età (epoca) di mezzo . La prima domanda che dobbiamo farci è: tra quali altre epoche il medioevo si colloca? La risposta è: il medioevo è quell'epoca storica che si trova tra quella antica (classica) e quella moderna (che ha inizio col Rinascimento) . Per comodità storiografica si è soliti utilizzare come termini temporali il 476 d.C. (quando si ha la caduta dell'impero romano di occidente ) e il 1492 d.C. (la scoperta dell'America ). LINEA DEL TEMPO: tra tutte le epoche storiche il medioevo, coi i suoi 1000 anni, è quella più duratura . 476 d.C. |_______________________Medioevo __________________________| 1492 d.C. Naturalmente questa è solo una periodizzazione cioè un tentativo da parte dell'uomo di definire un'epoca ponendo delle date significative come inizio e termine . Gli uomini che vissero prima e dopo il 476 d.C. e prima e dopo il 1492 non si accorsero certo di stare “attraversando” un'epoca! I primi a utilizzare questo termine (in latino “medium aevum” o “media aetas”) furono gli umanisti italiani del XV secolo che, nel loro tentativo di recuperare ed imitare l'arte classica greca e romana, vedevano i secoli in cui questa cultura era andata perduta come un'epoca che negava la bellezza e il sapere, un periodo oscuro, dominato dall'ignoranza e dalla violenza. Gli umanisti definirono l'arte di quel periodo col termine gotico (in senso dispregiativo, dal nome della popolazione “barbarica” dei Goti). Questa connotazione negativa durò nel tempo e il termine medioevo fu impiegato in svariate accezioni e colorazioni: per i protestanti del XVI secolo il medioevo era l'imbarbarimento

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  • 1. Il medioevo – Storia del termine e sua periodizzazione interna

    Il termine medioevo – riferito alla storia d'Europa – deriva dall'unione della parola latina

    medius (“di mezzo”) con aevum (“età”) e significa, quindi, età (epoca) di mezzo.

    La prima domanda che dobbiamo farci è: tra quali altre epoche il medioevo si colloca?

    La risposta è: il medioevo è quell'epoca storica che si trova tra quella antica (classica) e

    quella moderna (che ha inizio col Rinascimento) . Per comodità storiografica si è soliti

    utilizzare come termini temporali il 476 d.C. (quando si ha la caduta dell'impero romano di

    occidente) e il 1492 d.C. (la scoperta dell'America).

    LINEA DEL TEMPO: tra tutte le epoche storiche il medioevo, coi i suoi 1000 anni, è quella

    più duratura.

    476 d.C. |_______________________Medioevo __________________________| 1492 d.C.

    Naturalmente questa è solo una periodizzazione cioè un tentativo da parte dell'uomo di

    definire un'epoca ponendo delle date significative come inizio e termine . Gli uomini che

    vissero prima e dopo il 476 d.C. e prima e dopo il 1492 non si accorsero certo di stare

    “attraversando” un'epoca!

    I primi a utilizzare questo termine (in latino “medium aevum” o “media aetas”)

    furono gli umanisti italiani del XV secolo che, nel loro tentativo di recuperare ed imitare

    l'arte classica greca e romana, vedevano i secoli in cui questa cultura era andata perduta come

    un'epoca che negava la bellezza e il sapere, un periodo oscuro, dominato dall'ignoranza e dalla

    violenza. Gli umanisti definirono l'arte di quel periodo col termine gotico (in senso

    dispregiativo, dal nome della popolazione “barbarica” dei Goti).

    Questa connotazione negativa durò nel tempo e il termine medioevo fu impiegato in svariate

    accezioni e colorazioni: per i protestanti del XVI secolo il medioevo era l'imbarbarimento

  • della Chiesa e della vera fede; per gli illuministi del XVIII, che credevano fortemente nella

    ragione umana come unico mezzo di conoscenza, il medioevo coincideva col trionfo

    dell'ignoranza e della superstizione.

    Solo col romanticismo, tra la fine del Settecento e l'inizio dell'Ottocento, si iniziò a cambiare

    questa visione, a vedere nel medioevo l'origine degli odierni stati e culture nazionali d'Europa e

    ad apprezzarne l'arte (oggi non si usa il termine gotico solo per l'arte e l'architettura medievale,

    ma anche per designare particolari stili di musica, di abbigliamento e perfino di fumetti o film, e

    l'accezione non è affatto negativa!).

    Nonostante tutto, però, il termine medioevo conserva ancora oggi un'accezione negativa.

    Periodizzazione interna del medioevo: alto e basso medioevo.

    Mentre in passato si tendeva a vedere tutto il periodo come una sostanziale decadenza culturale rispetto

    alla classicità greca e romana, oggi si tende ad esaltarne alcuni aspetti. Per esempio, come già capirono i

    romantici, nel medioevo si assiste alla nascita dei primi importanti stati nazionali (Francia, Inghilterra) e

    si pongono le basi culturali dell'odierna Europa.

    Per comodità si è soliti dividere il medioevo in due periodi: Alto Medioevo e Basso Medioevo. L'anno

    Mille è il discrimine tra i due periodi, anche se è bene ricordare come queste siano date di comodo,

    suscettibili di modifiche e interpretazioni.

    476 d.C.|____Alto Medioevo_______|| 1000 ||_________Basso Medioevo_________|1492 d.C.

  • 2.1 Riepilogo dei fatti più importanti dell'Alto Medioevo 476 d.C. - 1000

    Come detto, queste date sono convenzionali. Il medioevo non è certo iniziato nel 476 d.C. e chi

    visse in quegli anni probabilmente percepì che stavano avvenendo alcuni fatti sconvolgenti, ma non

    pensò certo che stesse finendo un'epoca o che ne stesse iniziando un'altra.

    Nel 476 l'ultimo imperatore romano d'Occidente, Romolo Augustolo, viene deposto dal re

    degli Eruli (un popolo cosiddetto “barbaro”) Odoacre. Odoacre divenne re d'Itala e le insegne

    imperiali furono mandate a Bisanzio, dall'imperatore d'Oriente Zenone, ponendo così fine all'impero

    romano d'Occidente.

    Dalle invasioni barbariche ai regni romano barbarici.

    Prima di iniziare a ricordare alcuni fatti e avvenimenti è opportuno soffermarci sul significato

    del termine barbaro. Che cosa vuol dire? Da dove deriva?

    L'italiano barbaro è un termine che deriva dal latino BARBARUS che a sua volta derivava

    dal greco. Ha probabilmente un'origine onomatopeica risultante dal raddoppiamento del suono bar.

    Originariamente indicava un parlare incomprensibile, percepito come rozzo. Quando i greci si riunirono

    sotto il nome di Elleni, col termine barbaro si designò chiunque non parlasse la lingua greca. Il barbaro

    era, insomma, lo straniero, il forestiero: chiunque parlasse una lingua inintelligibile per chi l'ascoltasse. I

    romani, ad esempio, potevano essere designati come barbari. Col tempo prese un significato ostile, di

    scherno.

    Se cerchiamo in significato del termine dell'Enciclopedia Treccani leggiamo:bàrbaro agg. e s. m. (f. -a) [dal lat. barbărus, gr. βάρβαρος]. – 1. Straniero, nel senso in cui i Greci e i Romani dicevano

    barbaro chiunque non fosse greco o romano, e nel senso in cui il Rinascimento opponeva il concetto di barbaro a quello

    della romanità e della classicità […], appartenente a una civiltà primitiva, arretrata, e per estens. persona ignorante, rozza,

    oppure feroce, crudele.

    Le popolazioni barbariche erano, in età imperiale, i popoli che vivevano al di fuori dei confini

    dell'impero romano. Questi popoli sono sempre esistiti e forse uno dei più famosi è quello dei Galli

    (sconfitti da Cesare, e immortalati nell'immaginazione di tutti dal fumetto, poi cartone animato, Asterix

    e Obelix).

    Alcune considerazioni sul perché si sia avuto il declino dell'Impero:

    *L'Impero romano nei secoli si era ingrandito a dismisura ed era diventato via via più

    difficile non solo conquistare nuovi territori, ma difendere quelli posseduti.

    *Le città si erano ingrandite, mentre le campagne si erano spopolate .

    *Già dal I secolo d.C. l'impero aveva accolto popolazioni barbariche dentro i confini , in

    modo da utilizzarli per difendersi da altri invasori e per ripopolare le campagne. Spesso si era

  • assistito a un'assimilazione e a una unione di questi popoli, tanto che ben presto si ebbero molti generali

    di origine barbara.

    Nel IV e nel V secolo tuttavia le pressioni divennero sempre più forti e si iniziarono ad avere le

    prime invasioni. Gli imperatori e i generali si dimostrarono inadeguati e incapaci di contrastare queste

    nuove forze. Uno dei momenti più critici fu il sacco di Roma del 410 d.C. da parte dei Visigoti

    guidati da re Alarico, che lasciò sbigottita e attonita tutta la popolazione che pensava che questa

    disgrazia fosse il segno dell'imminente fine del mondo o comunque una punizione divina..

    Basterà leggere questa testimonianza di un padre della Chiesa, San Girolamo, per rendersi conto

    di quanto fu micidiale per la popolazione l'assedio e il successivo sacco della città:

    Mentre così vanno le cose a Gerusalemme, dall’Occidente ci giunge la terribile notizia che Roma viene assediata, che si compra

    a peso d’oro la incolumità dei cittadini, ma che dopo queste estorsioni riprende l’assedio: a quelli che già sono stati privati dei beni si vuol

    togliere anche la vita.

    Mi viene a mancare la voce, il pianto mi impedisce di dettare. La città che ha conquistato tutto il mondo è conquistata: anzi cade

    per fame prima ancora che per l’impeto delle armi, tanto che a stento vi si trova qualcuno da prendere prigioniero. La disperata bramosia

    fa sì che ci si getti su cibi nefandi: gli affamati si sbranano l’uno con l’altro, perfino la madre non risparmia il figlio lattante e inghiotte nel

    suo ventre ciò che ha appena partorito.

    San Girolamo, Lettere, 6, 127

    Si assiste così al declino dell'impero romano d'Occidente e alla formazione di organismi politici

    nati dall'insediamento sul territorio di popolazioni barbare (che d'ora in poi chiameremo semplicemente

    germaniche). Non dobbiamo pensare a invasioni di milioni di persone. Spesso i popoli invasori erano

    formati da decine di migliaia di individui.

    Un fattore che aiutò l'integrazione tra la popolazione di origine romana e gli “invasori” fu il

    fatto che spesso i popoli germanici erano convertiti al Cristianesimo (che con l'imperatore Teodosio

    nel 380 d.C. era diventata la religione ufficiale dell'Impero ). In più in questi popoli c'era una

    sorta di sudditanza psicologico davanti all'imponente cultura romana (un po' come i romani –

    conquistatori della Grecia – erano stati conquistati dalla cultura greca classica). Nei vari regni che si

    vennero a creare (ci basti ricordare quello degli Ostrogoti in Italia, dei Visigoti in Spagna, quello dei

    Franchi nell'odierna Francia, degli Angli e dei Sassoni nell'odierna Inghilterra) spesso le due etnie

    erano sottoposte a diversi regimi legislativi: la legge romana per i romanici (gli abitanti di origine

    romana), leggi germaniche per i germanici.

    Da notare che:

    * per i romani il diritto si basava sul principio di territorialità: fin dove era giunto l'impero

    erano giunte le stesse leggi.

    * per i popoli germanici valeva il principio della personalità del diritto, legato all'appartenenza

    etnica (e quindi più adatto a un popolo nomade, come erano stati fino a poco tempo prima).

  • Per quanto riguarda l'Italia dobbiamo ricordare come Roma fosse il centro della cristianità ,

    passata da sede dell'imperatore (cioè del potere temporale) a sede del Papato (cioè sede del potere

    spirituale).

    Con il 476 inizia una soggezione politica dell'Italia ad altre stirpi che durerà a lungo .

    Dopo Odoacre arrivarono gli Ostrogoti (489). Questi dominarono per nemmeno un secolo,

    fino a quando nel 553 i Bizantini, guidati dal generale Belisario li sconfissero. L'impero sembrò

    nuovamente riunirsi, ma nel 569 Alboino, re dei Longobardi sconfisse i Bizantini e prese possesso

    della penisola. Questo dominio durò fino a quando Carlo Magno sconfiggerà Desiderio (774) ,

    l'ultimo re dei Longobardi.

  • 2.2 Il regno dei Longobardi in Italia (569-774)

    E' importante ricordare i Longobardi perché sarà con loro che si creerà quella frattura e

    divisione tra Nord e Sud Italia che perdurerà fino all'Unità d'Italia (1861). Sarà anche grazie ad

    alcune donazioni effettuate proprio dai Longobardi che si costituirà il primo nucleo dello Stato della

    Chiesa.

    I Longobardi posero la loro capitale a Pavia. La peculiarità di questo regno fu l'assenza di una

    continuità territoriale e di un forte potere centrale (pensate che l'assenza di un re poté arrivare fino a

    dieci anni). Non conquistarono tutta la penisola ma si accontentarono del nord e di alcuni territori

    come Benevento e Spoleto, dove fondarono dei Ducati. Lasciarono ai Bizantini le zone costiere,

    l'Esarcato (Ravenna), la Pentapoli e il Sud Italia.

    I Longobardi non erano cristiani e non si mescolarono con la popolazione romanica. La

    conversione avvenne nel 584 con re Autari (convinto dalla moglie Teodolinda).

    Importantissimo fu l'Editto di Rotari del 645: furono infatti messe per iscritto, in latino, le

    leggi longobarde. In questo editto si eliminò la faida (libertà di vendetta personale in caso di lesione

    di un proprio diritto mediante l'uso della forza) e si introdusse al suo posto il guidrigildo (il

    risarcimento in denaro).

    Altro fatto fondamentale è la cosiddetta donazione di Sutri, un territorio bizantino vicino

    Roma che il re longobardo Liutprando avrebbe donato alla Chiesa di Roma, creando di fatto il primo

    nucleo del futuro Stato Pontificio.

    Dalla dominazione longobarda ci giungono anche eredità lessicali, parole che in molti casi

    vivono ancora oggi, con tracce significative: bara,

    federa, ricco, russare, scaffale, schermire, sguattero,

    balcone, zuffa, staffa, strofinare, gruccia. Da notare

    anche termini che servono per designare parti del

    corpo umano (schiena, stinco, milza, anca, guancia).

  • 2.3 L'azione politica del Cristianesimo

    Non si può parlare di Medioevo senza parlare di Cristianesimo. Ripassiamo quindi le tappe

    fondamentali di questa religione.

    Il Cristianesimo ha contribuito a modificare profondamente la società già in epoca romana. Il

    ruolo sociale e politico della Chiesa si è però fatto sentire in tutta la sua forza nel momento in cui

    è venuto a mancare l'impero d'Occidente.

    Secondo alcuni studiosi il Cristianesimo, con la sua dottrina della tolleranza e della non

    violenza, fu una delle cause che portarono alla crisi dell'Impero. Tuttavia questa crisi era già in atto ben

    prima che il nuovo credo si affermasse e fosse adottato come unica religione (380 d.C.). Anche

    Costantino – che nel 313 d.C. con l'Editto di Milano aveva legalizzato tutti i culti (compreso il

    Cristianesimo) e che nel 325 promuoverà il primo concilio della storia della chiesa (il Concilio di

    Nicea) – vedeva il dio dei cristiani come uno fra i tanti dei.

    Della predicazione di Gesù di Nazareth dobbiamo tener presenti due valori che si ponevano in

    antitesi col paganesimo (e la politica) dell'Impero:

    * divisione tra potere temporale e spirituale secondo il motto “Date a Cesare quel che è di

    Cesare e a Dio quel che è di Dio”

    * visione spirituale e trascendentale

    Documenti su cui si fonda il Cristianesimo

    I documenti su cui si fonda la religione cristiana sono i Vangeli. Questi furono messi per

    iscritto verso la fine del I secolo d.C. . La Chiesa ne riconosce 4 (definiti canonici): quelli degli apostoli

    Matteo e Giovanni e quelli dei discepoli Luca e Marco. Furono scritti altri vangeli che la Chiesa non ha

    mai riconosciuto come autentici e che ha definito apocrifi. Oltre ai vangeli si hanno gli Atti degli

    apostoli, le Lettere e l'Apocalisse (un testo caratterizzato da visioni simboliche sul paradiso e sulla

    fine del mondo, scritto da Giovanni). Questi quattro testi riuniti vengono chiamati Nuovo testamento.

    Insieme ai libri della tradizione ebraica (l'Antico testamento) formano la Bibbia. Il Cristianesimo,

    dunque, è una continuazione dell'Ebraismo, religione con cui condivide molto.

    Organizzazione gerarchica della chiesa

    Ben presto la nuova religione si organizzò e gerarchizzò: le numerose comunità cristiane

    formarono chiese locali che erano guidate da un presbiterio (l'odierno prete) che aveva degli aiutanti,

    o ministri, detti diaconi. Un certo numero di chiese veniva raggruppato in una diocesi, e queste erano

    controllate dai vescovi (considerati successori degli apostoli). Questo minuzioso radicamento

  • territoriale diventerà sempre più importante man mano che l'apparato imperiale si disgregherà e questo

    sistema è ancora attivo oggi.

    Cristianesimo e Paganesimo

    I romani, inizialmente, non percepirono il Cristianesimo come una minaccia e pensarono che

    fosse l'ennesimo culto proveniente dall'Oriente. Non bisogna dimenticare che i romani si sono sempre

    dimostrati tolleranti dal punto di vista religioso: accoglievano le divinità degli altri popoli e “se ne

    impossessavano”, le romanizzavano (si pensi alle divinità greche: Zeus divenne Giove, Afrodite

    Venere ecc...).

    Tuttavia, questo non sarebbe potuto avvenire – e non avvenne – con il Cristianesimo in quanto,

    come l'ebraismo, essa è una religione monoteista (che ammette cioè un solo e unico dio e nega tutti gli

    altri). I cristiani, pur riconoscendone il potere temporale, non avrebbero potuto adorare l'imperatore

    come un Dio (cosa invece comune per i pagani). Viceversa il paganesimo era una religione politeista e

    gli dei avevano e incarnavano vizi e virtù degli uomini.

    Altri aspetti importanti che ben presto crearono contrasti furono la natura non individualistica

    ma comunitaria, l'ideale di egualitarismo e fratellanza. La fede cristiana delle origini era soprattutto

    una fede interiore, non esteriore (come lo era invece quella pagana, piena di rituali collettivi) e i primi

    cristiani rifiutavano la guerra e l'omicidio – in quanto consideravano la vita come sacra. Questo non

    poteva non entrare in conflitto con la religione pagana, che invece esaltava le differenze sociali e

    naturali, la forza, la guerra e la violenza (su cui era stato fondato l'impero). Inoltre, mentre il

    paganesimo romano era una religione nazionale, aperta ad accettare altri dei da altre nazioni, il

    Cristianesimo è una religione universale: indirizzata a tutti i popoli della terra.

    La conquista dell'Impero

    In una prima fase il Cristianesimo venne tollerato e riuscì a diffondersi in Palestina, Asia

    Minore, Egitto, Italia, Africa settentrionale, Gallia e Spagna. Tra il I e il II secolo vi aderirono le fasce

    più deboli e povere della popolazione e il ceto medio cittadino. Nonostante nel III secolo vi fossero

    state non poche adesioni da parte delle classi più ricche della popolazione, vi furono violente

    persecuzioni. Uno dei più violenti persecutori fu l'imperatore Diocleziano (tra il 284 e il 311). I

    Cristiani furono costretti a nascondersi (si pensi alle catacombe, luoghi sotterranei in cui venivano

    celebrate le messe e in cui i cristiani erano sepolti) e furono processati e torturati. Coloro che non

    abiurarono (rifiutarono, sconfessarono) la loro fede vennero uccisi.

    La tendenza però si invertì radicalmente col suo successore, Costantino che, come abbiano

    visto, nel 313 d.C. emanò l'Editto di Milano, con cui si proclamava la libertà di tutti i culti, compreso

  • quello cristiano. Con Costantino si ebbe anche il primo caso della storia di cesaropapismo:

    l'intromissione dell'imperatore o del potere temporale nelle questioni spirituali della Chiesa .

    Infatti la comunità cristiana iniziava a dividersi su alcune questioni prettamente teologiche. La più

    importante fu quella posta dal teologo egiziano Ario che sosteneva che Gesù fosse sì il figlio di Dio, ma

    che non ne condividesse pienamente la natura divina, poiché Dio sarebbe unico. Per Ario, in pratica,

    Gesù era un semidio.

    Costantino nel 325 d.C. convocò a Nicea un concilio, una riunione di tutti i vescovi della

    cristianità presieduto dalla stesso Imperatore. Il concilio condannò la teoria di Ario come un'eresia (dal

    greco airesis, ossi “scelta, elezione, partito, setta” per indicare una dottrina o una convinzione che si

    svincola dalla vera fede cristiana). Dunque l'arianesimo (o eresia ariana) fu la prima eresia nella storia

    del Cristianesimo.

    Un successivo, e fondamentale, passo fu compiuto nel 380 d.C. dall'Imperatore Teodosio che,

    con l'editto di Tessalonica, dichiarò il Cristianesimo l'unica religione di Stato.

    Per terminare è importante sottolineare un'altra volta come, man mano che le istituzioni

    dell'Impero d'Occidente si sgretolavano, la Chiesa diventasse l'unico punto fermo della società .

    Tuttavia anche nella Chiesa si iniziarono a creare divisioni e discordie. Una su tutte fu la questione del

    primato su tutte le altre chiese del Vescovo di Roma (il Papa), in qualità di successore di Pietro

    (capo degli Apostoli). In Oriente ciò non venne mai accettato e, successivamente, questa divergenza

    avrebbe portato allo scisma (cioè la divisione) tra i cattolici (coloro che riconoscevano la suprema

    autorità del Papa) e gli ortodossi.

    Nel Medioevo la Chiesa cattolica assunse sempre più un peso sociale e politico (come vedremo

    diventerà proprietaria di un intero stato, lo Stato Pontificio), non solo spirituale, che avrebbe vincolato

    perfino i sovrani dei grandi regni d'Europa. Quando i monarchi o gli imperatori tenteranno di ribadire

    la propria supremazia su di essa, si accorgeranno a loro spese delle forti resistenze di una potenza che,

    da promulgatrice di valori come la tolleranza e la pace, ben presto si era trasformata in un elemento di

    conservazione del potere: si pensi alle persecuzioni contro gli eretici, sempre cristiani , o alle guerre

    di religione.

  • 2.4.1 Il regno dei Franchi: dai Merovingi ai Pipinidi

    Come detto in precedenza, i Franchi erano un popolo di origine germanica che aveva occupato

    grosso modo la Gallia. I Merovingi furono la prima dinastia di re, chiamati così dal capostipite

    Meroveo. Di questa dinastia è importante ricordare re Clodoveo, che che consolidò la monarchia e

    che nel 496 d.C. si convertì al Cristianesimo.

    Alla sua morte però il regno, secondo una visione privatistica e tribale, fu diviso tra i suoi

    quattro figli anziché andare a un unico erede. Si crearono così quattro territori (Neustria, Austrasia,

    Burgundia e Aquitania), che restarono tutto sommato indipendenti dal re anche quando furono

    nuovamente riuniti. I sovrani merovingi furono infatti regnanti deboli, in balia dei nobili e soprattutto

    dei potentissimi maestri di palazzo o maggiordomi che divennero ben presto le più importanti figure

    politiche.

    Alla fine del VIII secolo proprio uno di questi maestri di palazzo, Pipino di Heristal

    (maggiordomo di Austrasia) riunì definitivamente i quattro territori e fu dichiarato duce e principe dei

    franchi. Pipino di Heristal può esser considerato il fondatore della dinastia dei pipinidi-carolingi, o

    semplicemente carolingi (sebbene ancora formalmente i regnanti fossero i merovingi) La sua

    opera di unificazione e di espansione fu continuata dal figlio Carlo Martello che nel 733 sconfisse gli

    arabi a Poitiers (nell'Ovest della Francia, un passaggio strategico per arrivare a Parigi). Come vedremo

    in seguito questa vittoria fu importantissima (uno dei pochi motivi per cui ancora oggi viene

    ricordato) perché fermò l'impetuosa avanzata dei musulmani che, come vedremo, avevano fondato un

    grandissimo impero (dall'Arabia alla Spagna, passando per tutta l'Africa settentrionale). Dopo questa

    sconfitta l'avanzata cessò.

    Questa importante vittoria però oscurò ancor più i sovrani merovingi, considerati degli incapaci,

    se non addirittura dei fannulloni. Alla morte di Carlo Martello il potere passò ai suoi due figli:

    Carlomanno e Pipino il Breve. Non è chiaro il perché (qualcuno parla di scelta volontaria, altri di

    imposizione da parte di Pipino), ma nel 747 Carlomanno si ritirò dalla scena politica rinchiudendosi

    nel monastero di Montecassino (vicino Roma). A questo punto Pipino il Breve, con l'appoggio del

    Papa, fece destituire l'ultimo re merovingio (Childerico III) e si fece ungere re di Francia nel 751 da

    Bonifacio, vescovo di Magonza. Con questo tipo di incoronazione Pipino il Breve cercava di avere una

    consacrazione divina, come vedremo avverrà successivamente per il figlio Carlo Magno.

    La nascita dello stato della Chiesa

    Come abbiamo visto, Sutri fu il primo territorio del futuro Stato Pontificio e la donazione fu

    fatta dal re longobardo Liutprando. Tuttavia il rapporto tra i longobardi e la Chiesa non fu, in seguito,

    idilliaco. La chiesa era preoccupata dalle mire espansionistiche di alcuni sovrani longobardi, il più

  • importante dei quali fu Astolfo. Egli mirava a unire il frammentato regno longobardo (soprattutto

    voleva controllare, non solo formalmente, i Ducati di Spoleto e Benevento). Quando vi riuscì il papa

    iniziò a temere che il re longobardo potesse conquistare anche i territori dei bizantini, arrivando a

    minacciare lo stesso Ducato romano. Dopo aver avallato la destituzione dell'ultimo re merovingio,

    trovò un prezioso alleato in Pipino. Il legame fu formalmente sancito quando lo stesso papa Stefano II

    si ricò in Francia per incoronare Pipino e la moglie re e regina di Francia e per nominare i loro figli,

    Carlo e Carlomanno, Patrizi dei Romani. Ben presto Pipino fu chiamato in Italia per difendere il

    pontefice e il Ducato romano. Vinse una prima volta, assediando Astolfo a Pavia e costringendolo alla

    resa e alla restituzione dei territori sottratti al Ducato di Roma. Tuttavia, non appena Pipino lasciò

    l'Italia le ostilità ripresero. Il papa allora implorò Pipino di tornare e di sistemare una volta per tutte la

    questione. Pipino sconfisse nuovamente Astolfo che perse non solo i territori del Ducato di Roma,

    ma tutte le terre che aveva sottratto ai Bizantini: l'Esarcato di Ravenna e la Pentapoli . Queste

    furono donate da Pipino alla Chiesa, nonostante i Bizantini le reclamassero. Pipino si giustificò con i

    diplomatici di Costantinopoli dicendo di non essere sceso in Italia per prendere le parti di nessuno, ma

    solo per amore di San Pietro e per ottenere il perdono dei peccati. Nasceva così lo Stato della Chiesa

    (che finirà formalmente il 20 settembre 1870 con la breccia di Porta Pia).

  • Lo Stato della Chiesa dopo la discesa di Pipino il Breve

  • 2.4.2 Carlo Magno e la nascita del Sacro Romano Impero.

    Nato nel 742 da Pipino il Breve, Carlo Magno è una delle figure più affascinanti della storia.

    Grande generale, infaticabile sovrano, cattolico fervente (anche troppo) riuscì per la prima volta dopo la

    caduta dell'Impero romano d'Occidente a creare un'entità statale capace di riportare compattezza

    all'interno del quadro geopolitico europeo.

    Dopo la morte del padre, il regno fu spartito tra lui e suo fratello, Carlomanno. Questi però

    morì nel 771, a soli venti anni e Carlo riuscì quindi a diventare l'unico re.

    Se analizziamo il suo programma di politica estera possiamo riassumerlo in 4 punti:

    1. Consolidare l'influenza dei Franchi in Italia (cioè combattere i Longobardi)

    2. Stabilizzare i confini a ovest e convertire al cattolicesimo i popoli germanici pagani

    3. Contenere l'avanzata araba

    4. Definire i rapporti con l'Impero d'Oriente e la Chiesa.

    Per quanto riguarda i rapporti coi Longobardi, possiamo dire che dopo la sconfitta contro

    Pipino il Breve, Desiderio, il nuovo re, aveva mantenuto dei rapporti di cordiale vicinato con i Franchi.

    Addirittura Carlo sposò una figlia di Desiderio (che tuttavia ripudiò perché presumeva fosse sterile).

    Quando fu incoronato un papa palesemente antilongobardo, Desiderio, temendo che il papa chiedesse

    a Carlo di scendere in Italia, decise di anticiparlo e di invadere l'Esarcato e la Penatapoli. Carlo allora

    scese in Italia per difendere il papa e in breve tempo riuscì a sconfiggere Desiderio. A differenza del

    padre però non volle negoziare alcuna resa, ma si autoproclamò re dei longobardi. Dobbiamo notare

    come Carlo considerasse il regno dei longobardi come a sé stante, certo assoggettato sì alla Francia, ma

    in un modo piuttosto autonomo. Basti pensare che egli nell'amministrazione del regno non sostituì,

    come ci si sarebbe potuti aspettare, tutti i duchi e i marchesi longobardi con uomini di sua fiducia.

    Pensò ad un approccio più leggero: questa sostituzione avveniva solo alla morte naturale dei duchi

    longobardi. Scrisse anche i capitolari, leggi apposite per la penisola, divise in capitoli.

    Da ricordare, perché avrà conseguenze sulla futura letteratura cavalleresca, il disastroso

    tentativo di invadere la Spagna per combattere gli arabi . A dire il vero Carlo non era propenso ad

    ampliare il suo regno alla Spagna. Cercò sempre di migliorare le difese dei territori al confine, ma nulla

    più. Quando però alcuni principi saraceni si ribellarono all'emiro di Cordova e gli chiesero direttamente

    aiuto, vide una ghiotta occasione per approfittarne ed espandere il suo impero. Così nel 778 entrò in

    Spagna, convinto anche della necessità di portare il Cristianesimo laddove l'Islam stava mettendo radici.

    Carlo prese d'assedio la città di Saragozza. La città non si arrese, ma sopratutto Carlo dovette tornare

    indietro poiché un'altra popolazione germanica, i Sassoni, aveva attaccato pericolosamente nella valle

    del Reno. Il fallimento non sarebbe stato così catastrofico se la sua retroguardia non fosse rimasta

    vittima di un'imboscata a Roncisvalle: da qui la proverbiale rotta, cioè disfatta, di Roncisvalle. Da

  • notare che qui perse la vita il conte Rolando, amministratore della marca di Bretagna, che tanta fortuna

    avrà nella letteratura successiva (basti pensare all'Orlando Furioso dell'Ariosto).

    Ma Carlo verrà definito Magno, cioè grande, per la sua incoronazione a imperatore del Sacro

    Romano Impero. Come si arrivò a questo evento? I rapporti tra la Chiesa e l'Impero d'Oriente si

    erano fatti via via sempre più tesi. Soprattutto il papa mirava ad espandersi nel Sud Italia,

    impossessandosi dei territori bizantini. Verso la fine del VIII secolo a Costantinopoli regnava, in qualità

    di reggente del figlio Costantino VI, Irene. Questa divenne imperatrice quando il figlio fu catturato e

    ucciso in circostanze misteriose (si ipotizza che fosse stata la stessa madre a disfarsene). Il papa di

    allora, Leone III si rifiutò di riconoscerle il titolo imperiale e meditò di darlo a Carlo. Questo proposito

    si concretizzò nell'800. In quell'anno il papa era stato accusato e costretto a fuggire da Roma da alcuni

    oppositori politici. Carlo lo aveva accolto in Germania e lo aveva ricondotto a Roma. Così, nella notte

    di Natale dell'800, papa Leone III incoronò Carlo imperatore del Sacro Romano Impero.

    I principali caratteri del Sacro Romano Impero furono:

    a) Compenetrazione di elementi germanici e latini

    b) Rigida impostazione cristiana

    c) Mentre l'impero romano era stato centrato sul mediterraneo, ora si aveva un impero continentale

    d) Economia chiusa, fondata sull'autosostentazione e sul baratto

    L'incoronazione avrebbe potuto mettere l'Imperatore in una posizione di subordinazione

    rispetto alla Chiesa, ma la superiorità di Carlo e il suo potere lo portarono anzi ad attuare una spiccata

    politica cesaropapista (non solo convertiva i popoli e combatteva le eresia, ma nominava lui stesso molti

  • vescovi).

    Carlo divise l'impero in marche e contee. Le prime erano zone di confine, quelle più esposte ai

    pericoli e affidate a un marchese, gli altri territori interni affidati a funzionari scelti dal re, i conti.

    Va sottolineato come l'Impero fosse etnicamente molto frammentato: formato da popoli che

    non riuscivano a fondersi (franchi, italici, germanici): solo il prestigio e il carisma di Carlo riuscirono a

    tenerlo unito.

    La rinascita carolingia

    Con Carlo Magno si assiste a un periodo di rinascita culturale definito rinascita carolingia.

    Si trattò di un movimento di portata assai limitata ed elitaria , ristretta a pochi, e che di fatto

    contribuì in misura assai ridotta alla divulgazione della cultura.

    Tuttavia l'obbiettivo di Carlo era nobile: salvare dall'oblio in cui sembrava essere caduta, la

    cultura classica e quella cristiana delle origini.

    Fondò, sotto la guida del suo consulente spirituale, Alcuino da York, l'Accademia Palatina,

    una scuola per i figli dei nobili e a gli ecclesiastici per formare la classe dirigente dell'Impero.

    Promosse l'allargamento della scolarità e creò il liceo.

    Fondò la Schola Palatina, un'accademia pressa la quale si ritrovarono i principali intellettuali

    dell'epoca

    Fece correggere e uniformare la liturgia in tutto l'Impero

    Fece correggere la Bibbia e introdusse un nuovo tipo di carattere: la minuscola carolina, assai

    più leggibile.

    Favorì la produzione libraria attraverso l'opera degli amanuensi che copiarono, salvandoli e

    trasmettendoli ai posteri, un gran numero di libri.

    Si proclamò difensore della fede e promosse il Concilio di Aquisgrana, dal quale emerse il

    dogma, ancora valido oggi, secondo cui lo Sprito Sando discenderebbe dal Padre e dal Figlio

    congiuntamente. Questa può sembrare una cosa futile, ma allargherà sempre più il solco tra i Cattolici e

    gli Ortodossi orientali.

    Carlo morì nell'814 lasciando il regno al figlio Ludovico, detto il Pio.