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Lo slalom della vita ANNO XXX N. 5-6 MAGGIO-GIUGNO 2012 Poste Italiane SpA Spedizione in abbonamento postale D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, C/RM/113/2004 Una pubblicazione del:

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Lo slalom della vita

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X N. 5-6 MAGGIO-GIUGNO 2012

Poste Italiane SpASpedizione in abbonamento postaleD.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46)art. 1, comma 1, C/RM/113/2004

Una pubblicazione del:

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Cuore e Salute è una pubblicazione del

Il Centro per la Lotta contro l’Infarto - Fondazione Onlus riunisce popolazione e medici, ed èsostenuto economicamente dalle quote associative e dai contributi di privati, aziende ed enti. Curala diffusione nel nostro paese dell’educazione sanitaria e della cultura scientifica ai fini della pre-venzione delle malattie di cuore, in particolare dell’infarto miocardico, la principale causa dimorte. Per la popolazione ha allestito la mostra Cuorevivo che ha toccato tutti i capoluoghi diregione, pubblica l’Almanacco del Cuore e la rivista mensile Cuore e Salute. Per i medici organiz-za dal 1982 il congresso annuale Conoscere e Curare il Cuore. La manifestazione, che si tiene aFirenze e che accoglie ogni anno diverse migliaia di cardiologi, privilegia gli aspetti clinico-praticisulla ricerca teorica.Altri campi d’interesse della Fondazione sono le indagini epidemiologiche e gli studi di prevenzionedella cardiopatia ischemica in Italia. In particolare negli ultimi anni ha partecipato con il “Gruppo diricerca per la stima del rischio cardiovascolare in Italia” alla messa a punto della “Carta del RischioCardiovascolare”, la “Carta Riskard HDL 2007” ed i relativi software che permettono di ottenere rapi-damente una stima del rischio cardiovascolare individuale. La Fondazione ha inoltre avviato un programma di ricerche sperimentali per individuare i soggetti piùinclini a sviluppare un infarto miocardico. Il programma si basa sull’applicazione di strumentazionid’avanguardia, tra cui la Tomografia a Coerenza Ottica (OCT), e di marker bioematici.Infine, in passato, la Fondazione ha istituito un concorso finalizzato alla vincita di borse di studiodestinate a ricercatori desiderosi di svolgere in Italia un programma di ricerche in ambito cardio-vascolare, su temi non riguardanti farmaci o argomenti di generico interesse commerciale.

Il Centro per la Lotta contro l’Infarto - Fondazione Onlus, nato nel 1982 come Associazione senza fini di lucro, dopo aver ottenuto, su parere del Consiglio di Stato, il riconoscimento dipersonalità giuridica con decreto del 18 ottobre 1996, si è trasformato nel 1999 in Fondazione,ricevendo in tale veste il riconoscimento governativo. È iscritto nel registro Onlus.

PresidenteFrancesco Prati

Consiglio di AmministrazioneMARIO ALBERTUCCI, BRUNO DOMENICHELLI,FRANCO FONTANINI, FABRIZIO IMOLA, ANTONELLA

LABELLARTE, MARIA TERESA MASCAGNI, MARIO

MOTOLESE, ELIGIO PICCOLO, FRANCESCO PRATI,FILIPPO STAZI

Presidente onorarioMario Motolese

Consiglio GeneraleMARIO ALBERTUCCI, ALESSANDRO BOCCANELLI,BRUNO DOMENICHELLI, FRANCO FONTANINI,GIANCARLO GAMBELLI, CESARE GRECO, FABIO

MENGHINI, ALESSANDRO MENOTTI, MARIO

MOTOLESE, FRANCESCO PRATI

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n. 5-6 sommario [email protected]

Direttore ResponsabileFranco Fontanini

Vice DirettoriEligio PiccoloFrancesco Prati

Capo RedattoreFilippo Stazi

Coordinamento EditorialeMarina Andreani

RedazioneMario AlbertucciFilippo AltiliaVito CagliBruno DomenichelliAntonella LabellarteSalvatore MilitoMario MotoleseMassimo PandolfiGianPietro SannaLuciano Sterpellone

EditoreCentro per la Lotta contro l’Infarto -Fondazione OnlusViale Bruno Buozzi, 60 - Roma

Progetto grafico e impaginazioneValentina Girola

Realizzazione impianti e stampaVarigrafica Alto Lazio Srl - Nepi (VT)

Cuore e SaluteRivista di cardiologia divulgativa e di educazione sanitaria per gli iscritti al Centro per la Lotta contro l’Infarto-Fondazione Onlus

Anno XXXn. 5-6 Maggio-Giugno 2012Poste Italiane SpA - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art 1, comma 1, C/RM/113/2004Pubblicazione registrata al Tribunale di Roma il 3 giugno 1983 n. 199

Associata Unione Stampa Periodica Italiana

Abbonamento annualeItalia e 20,00 - Estero e 35,00

Direzione, Coordinamento Editoriale,Redazione di Cuore e SaluteTel. 06.6570867E-mail: [email protected]

Amministrazione e AbbonamentiCentro per la Lotta contro l’Infarto-Fondazione Onlus, Cuore e SaluteViale Bruno Buozzi, 60 - 00197 RomaTel. 06.3230178 - 06.3218205Fax 06.3221068c/c postale n. 64284003

Lo slalom della vita Bruno Domenichelli 132

Anche le coronarie nel loro piccolo si … Eligio Piccolo 134

Le coronarie ed il mito della caverna Francesco Prati 136

Dimmi come dormi e ti dirò se avrai l’infarto! Filippo Stazi 138

Gli omosessuali ci salveranno? Franco Fontanini 140

I diuretici: che grandi farmaci! Vito Cagli 144

Dal Congresso Conoscere e Curare il Cuore 2012Fibrillazione atriale dopo i 75 anni. Scelte terapeutiche 147Intervista di Filippo Stazi a Fiorenzo Gaita

Ha ancora senso individuare un valore soglia nella riduzione del colesterolo? 153Intervista di Filippo Stazi a Claudio Cavallini

Qualche secondo di buon umore 157

Renè Geronimo Favaloro:l’oriundo del by-pass coronarico 158Massimo Pandolfi

I misteri della morte improvvisa Eligio Piccolo 160

• Morire di calcio [E.P.] 162

La ricerca del CLI 163

• Long John [F.S.] 165

La palla di Tiche Il protomartire dello share Franco Fontanini 166

• Tanti auguri New England [F.S.] 168

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p. 138

Dalla smania di voler far troppo;dall’eccessivo entusiasmo per le novitàe dal disprezzo per ciò che è vecchio;dall’anteporre le nozioni alla saggezza,la scienza all’arte e l’intelligenza al buon senso;dal trattare i pazienti come casie dal rendere la cura più penosa della stessa malattia,guardaci, o Signore!

Preghiera di Sir Robert Hutchinson “

”L’Editore si scusa per eventuali omissioni o inesattezze delle fonti delle immagini, dovute a difficoltà di comunicazione con gli autori.

LA COLLABORAZIONE A CUORE E SALUTE È GRADITA E APERTA A TUTTI. LA DIREZIONE SI RISERVA IL DIRITTO DI APPORTARE TAGLI E MODIFICHE CHE VERRANNOCONCORDATE CON L’AUTORE. I TESTI E LE ILLUSTRAZIONI ANCHE NON PUBBLICATI, NON VERRANNO RESTITUITI.

p. 158

p. 181

Food for thoughtsMa quel test serve veramente? 169

da a cura di Mario Albertucci

• Il cuore dei calciatori africani [E.P.] 172

Lettere a Cuore e Salute 173- L’aorta bicuspide, Eligio Piccolo - Il cuore di Cassano, Filippo Stazi

Quaderno a Quadretti Franco Fontanini 176

Johann Wolfgang Goethe, l’uomo universale Paola Giovetti 181

• Check up italiano [E. P.] 185

NewsAggiornamenti cardiologici Filippo Stazi 186

Guardia medica acrobatica Stefano Savonitto 188

• Staminali. Si riparte dai polmoni? [E.P.] 189

Aforismi 190

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di Bruno Domenichelli

Caro amico,la vita dell’uomo può essere paragonata ad un continuo slalom, a una cor-sa fra ostacoli di ogni genere. Anche la salute e il benessere sono traguar-di che devono essere conquistati evitando gli ostacoli.Molti comportamenti utili alla salute sono istintivi. Ma non sempre sonosufficienti allo scopo, specialmente quando le predisposizioni genetichenon sono favorevoli. Per certe persone addirittura sembra che sia quasiistintivo seguire comportamenti di vita del tutto nocivi alla salute: per que-sti potremmo affermare che per l’uomo certe scelte di vita autolesionistichesembrano essere normali! Per rimanere a lungo in salute sono necessarie conoscenze che solo la scien-za e il buon senso sanno suggerirci. Rimanere sani a lungo nella vita è quin-di spesso una conquista fatta di scelte consapevoli.Anche il cuore può ammalarsi a causa di scelte di vita errate, e talora lo facolpendo a tradimento, spesso in condizioni di apparente e totale buona sa-lute. In questo senso potremmo af-fermare che molte malattie cardiachesono “vigliacche”. È un vero peccatosprecare l’occasione di contribuire conil nostro comportamento a non fareammalare il cuore e a prolungare iltempo di un vita sana! Nella vita di tut-ti i giorni sembriamo spesso dimen-ticare che la vita è nostra e che ne ab-biamo una sola!

Lo slalomLe poche regole della prevenzione per dare unamano alla natura per mantenere sano il cuore.

della vita.

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p. 133maggio-giugno [n. 5-6/2012]

In Italia, ancor oggi poco meno del 50% del-le morti sono causate da malattie cardiova-scolari. Al contrario di quanto generalmen-te si pensa, è molto più dei tumori.Ora però sappiamo di poter contribuire colnostro comportamento a far sì che anche ilcuore possa mantenersi giovane fino alle etàpiù avanzate.Aggiungere giovinezza e salute agli anni chepassano è il compito della prevenzione,una scienza amica dell’uomo, che ci proponele scelte giuste per conservare ancora, a ot-tant’anni, l’energia necessaria per giocarecoi pronipoti.Le regole utili per la salute del cuore sonosemplici. Spesso tanto semplici da sembrarescontate e noiose. Leggere tutti i giorni sul-le pagine dei giornali che il fumo, l’aumentodel colesterolo, la sedent arietà, un’ali-mentazione sbagliata, l’obesità, il diabeteo l’ipertensione arteriosa fanno male al cuo-re, può indurre purtroppo una specie di sa-turazione dell’informazione, un progressivodisinteresse e atteggiamenti di rifiuto e diinsofferenza per le regole. Un certo grado di inconscio fatalismo ci por-ta inoltre molto spesso ad attribuire agli “al-tri” il rischio di ammalarsi di cuore se le re-gole della prevenzione non vengono seguite.Ci accompagna spesso purtroppo nella vita uningenuo senso di immunità nei confronti de-gli eventi negativi che possono coinvolgerci.Ne nasce il paradosso c he conosciamobene quasi tutte le regole della prevenzioneper evitare le malattie del cuore, ma facciamoben poco per metterle in atto.Mettere in guardia da q uesti atteggia-menti è uno dei compiti del medico.

La “medicina basata sull’evidenza”, che èquella che ci dà le certezze sugli effetti po-sitivi delle cure, ci conferma che anche leregole della prevenzione sono basate su cer-tezze. Almeno sul piano statistico. Impor-tante è esserne convinti e comportarsi coe-rentemente.Seguire con attenzione, perseveranza e con-sapevolezza le poche e semplici regole del-la prevenzione, che ci consiglia di evitarei comportamenti a rischio e a curare in tem-po le eventuali malattie predisponenti al-l’infarto e alle altre malattie di cuore, ci per-suaderà sul fatto che “aiutare il nostro cuo-re a r imanere giovane” è possibile, ed ècompito di ognuno di noi. E bisogna co-minciare da oggi. Domani potrebbe esseretroppo tardi. È illogico e doloroso dover vi-vere poi nel r impianto di essere stati noistessi la causa di sof ferenze evitabili checi accompagneranno per tutta la vita. Es-serne consapevoli, da uomini razionali, saràun’utile guida nel percorso non facile di se-guire con convinzione e perseveranza lesemplici regole per mantenere in forma ilproprio cuore. Ti auguriamo allora che a poco a poco que-ste regole div engano anche le tue. Cosìcome è tuo anche il tuo cuore. Affermarlopuò sembrare banale ma purtroppo ognu-no di noi ne ha solo uno e talora sembria-mo dimenticarlo. Perché allora rimprove-rarsi per una vita di esserselo rovinati dasoli? La scelta di conservarlo a lungo gio-vane è nelle tue mani e ora sai che la sa-lute del cuore è una conquista personale.E, a ben pensarci, neanche tanto difficile.La vita premia spesso le persone ottimiste!

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di Eligio Piccolo

Molti grandi medici del passato, compreso il nostro Luigi Condorelli, sierano convinti attraverso l’osservazione clinica che l’angina pectoris, il do-lore che spesso porta all’infarto, poteva essere provocato anche da uno spa-smo, una strizzatina delle coronarie, oltre che dalla sua causa principa-le, quella dell’”incrostazione” o della placca nelle pareti del vaso colpito.Gli americani però, quelli USA, specie dopo la constatazione che i loro sol-dati morti in Corea avevano spesso le coronarie già logorate dall’arterio-sclerosi e che negli infartuati post-mortem la cau-sa riscontrata era la stessa, sia pure più avanzata,guardarono sempre con sospetto l’ipotesi dellospasmo. Un concetto che per dei sant ommasocome loro era difficile da toccare con mano. Nonci credettero nemmeno quando uno dei loro piùgeniali ricercatori, Myron Prinzmetal, lo segnalònel 1959, oltretutto con buone ragioni, in un casodi angina senza infarto. Lo dovettero accettaresolo alla fine degli anni ‘70 allorché Maseri e ilsuo gruppo di Pisa lo document arono con im-magini coronarografiche così lapalissiane da po-terle paragonare, pur con le doverose distanze,alle ferite che cercava di toccare con mano il fa-moso apostolo.

nel loro piccolo si …Anche le coronarie

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p. 135maggio-giugno [n. 5-6/2012]

Ma non fu una resa incondizionata quelladei “conservatori” nordamericani poiché,mentre al di qua dell’Atlantico si riteneva chelo spasmo fosse una componente dinamica,quasi fisiologica delle coronarie, capace diindurre in quelle malate differenti gradi dicostrizione fino anche alla completa chiu-sura; aldilà dell’oceano invece veniva con-cessa solo come eccezione, quale appuntola famosa angina variante di Prinzmetal. Perla diagnosi della quale si pretendeva 1) undolore tipico a riposo, 2) una coronarogra-fia con coronarie normali o quasi e 3) la pro-vocazione dello spasmo con un farmaco iniet-tato in vena. Questa sindrome tuttavia, giàpoco frequente trent’anni fa, è andata r i-ducendosi nel tempo grazie alle nuove te-rapie, mentre sono diventate più abituali leforme cosiddette stabili, che poi tanto stabilia mio parere non sono, perc hé favorite damolti fattori: il freddo, lo sforzo, un’arrab-biatura, un pasto abbondante, l’amplesso etanti altri, che fanno pensare a una proba-bile componente dinamica associata, unaqualche forma di spasmo appunto. Diffici-le da dimostrare, ma facile da intuire.La dimostrazione, sia pure indiretta, ci è ar-rivata ancora una v olta al di q ua del-l’Atlantico, da un gruppo di ricercatori del-la Germania e del Regno Unito (JACC, feb-braio 2012). I quali, studiando 300 casi di

angina stabile con tutti i crismi della cor-retta coronarografia e della provocazionedello spasmo con l’acetilcolina, osservaronoche nei due terzi di coloro che avevano co-ronarie poco o punto danneggiate il farmacoinduceva effettivamente lo spasmo. Il datopiù interessante però è che questa costri-zione compariva solo nel 45% sui grossi vasicoronarici, quelli visibili radiologicamen-te, ma la si poteva documentare con altrometodo nel restante 55% nei vasi che nonsi vedono, quelli piccoli e microscopici. Tut-to chiaro quindi? Per me si, e ci metterei an-che un punto esclamativo!Perché credo che alla fine di tante ricerchee diatribe si possa finalmente concludere chemolti doloretti e perfino quelle strane sen-sazioni di piccola costrizione al petto durantecerti eventi emotivi, più freq uenti nelledonne, che per tanti anni abbiamo canzonatocome isteriche, sensazioni peraltro inof -fensive se avvengono nelle persone giovanie sane, ma potenzialmente minacciose di in-farto in chi abbia già le coronarie compro-messe, siano dovute in realtà allo spasmo. Ilquale come tutte le reazioni del nos tro or-ganismo può essere innocente, più o menofisiologico, ma anche capace di scatenare con-seguenze nocive, patologiche. Allo s tessomodo che un’arrabbiatura può fermarsi al-l’imprecazione o trascendere nel conf litto.

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di Francesco Prati

C’é chi vorrebbe una medicina basata sui numeri e sull’evidenza clinica.Una medicina che non lasci spazio ad incertezze e non abbia dubbi sul-la genesi delle malattie. Purtroppo la medicina, e con essa la cardiologia, non sono scienze esat-te. Le conoscenze maturate nel tempo riflettono le osservazioni e le intuizionidei medici, talvolta geniali proprio perchè scaturite dall’applicazione dimetodiche in parte approssimative.Proviamo ad esprimere questo concettoscomodando Platone ed uno dei temi filo-sofici più rappresentativi del grande filo-sofo: il mito della caverna. Prigionieri in-terpretano le ombre proiettate nel fondodella caverna come espressione della re-altà, non potendo osservare in modo cor-retto il mondo che li circonda.Le nozioni maturate nel tempo sullo spa-smo delle ar terie del cuore der ivano ingran parte dall’utilizzo di una tecnica di co-mune impiego in cardiologia: l’ele ttro-cardiogramma. Il segnale ele ttrico del-l’elettrocardiogramma rivela, in presenzadi spasmo coronar ico, un’ischemia tra-smurale. In altre parole, impiegando unaterminologia non medica, l’elettrocardio-gamma mostra una sofferenza a tuttospessore del muscolo cardiaco do vuta

ed il mito della cavernaLe coronarie

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p. 137maggio-giugno [n. 5-6/2012]

alla completa interruzione del f lusso inun’arteria del cuore, a sua volta causata daun improvviso restringimento coronarico.L’accostamento tra l’ecg e l’ombra della ca-verna platonica non è azzardat o. L’inter-pretazione dello spasmo attra verso l’ecgnon è propriamente immediato.La coronarografia è più precisa. Rivela lamarcata riduzione del lume coronarico inpresenza di spasmo, senza tuttavia studiarela placca aterosclerotica sottostante o la pa-rete vasale e soprattutto senza monitorarenel tempo le variazioni del tono vasale. I medici nordamericani hanno da semprerelegato lo spasmo ad un ruolo marginale,riconoscendo solo la malattia di Prinzme-tal, uno spasmo coronarico tanto intenso daessere occlusivo nonostante si verifichi inassenza di lesioni at erosclerotiche. Gliamericani sono notoriamente pragmatici etipicamente meno propensi dei colleghi eu-ropei ad interpretare le complesse sfac-cettature che compongono la realtà. Anchela clinica e la genesi delle malattie vengo-no viste in modo dico tomico, preferendouna visione dei problemi in bianco e neroad una impostazione conoscitiva che ten-ga conto di più gradazioni di grigio. Non stupisce che la medicina europeaconsideri il fenomeno dello spasmo in unampio ventaglio di situazioni cliniche e che

nel lavoro ricordato dal professor Piccolosia messa in evidenza la possibilita’ che per-sino le piccole arterie distali, che non si stu-diano con la coronarografia, possano andareincontro allo spasmo. Sono d’accordo: c’é motivo di credere cheparte dei sintomi anginosi a riposo riferi-ti dai pazienti siano causati da uno spasmocoronarico. Direi anche qualcosa in più. Ca-pita spesso di osservare nei pazienti con in-farto miocardico una marcata riduzione dellume della coronaria. Le nuove tecniche diimaging intracoronarico mostrano un re-stringimento del lume in parte ascrivibilealla placca at erosclerotica complicatasicon il trombo, in parte al restringimento del-la tunica muscolare. Questa osservazionesi accompagna ad un dato epidemiologiconon trascurabile: il marcato aumento degliepisodi infartuali quando la temperatura di-venta rigida. Come dire: se non c’è dubbioche la trombosi è l’ultimo evento che cau-sa l’infarto, non possiamo sottovalutare lacomponente dell’aumento del tono vasalecome fattore predisponente.Il professor Piccolo ha ragione: con una cor-retta interpretazione delle ombre dellacaverna ci siamo avvicinati alla realtà. Lospasmo è un fenomeno tutt’altro che raro,talvolta semplice comparsa altre volte pro-tagonista di eventi cardiovascolari.

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di Filippo Stazi

Prima o poi capita a tutti. Prima di un esame, di una relazione ad un con-gresso importante, di una gara sportiva o in concomitanza di particolarimomenti di difficoltà personale o familiare. Vai a letto e non prendi son-no e allora ti giri sul fianco destro e poi suquello sinistro, e poi ti metti pancia all’aria,pancia sotto, ma niente…! Gli occhi sono sem-pre sbarrati. Ti alzi, bevi un bicchiere d’ac-qua, guardi l’orologio che hai sul comodino,ti rimetti a letto e ti rigiri. E poi ti rigiri an-cora, ti sembra sia passato un tempo infinito,guardi di nuovo l’orologio e sono trascorsisolo pochi minuti. Allunghi le gambe, le pie-ghi, le ristendi ma non c’è niente da fare! Ipensieri corrono e il sonno se ne va dietroa loro. Oppure, se anche ti sei addormentato,la sveglia interiore si accende, indifferentead ogni tua volontà, ancor prima che facciagiorno; troppo presto per essere veramen-te riposato. O, infine, ci sono quelle notti chescorrono in una continua sfibrante alternanza di sonno e risvegli al ter-mine delle quali sei più spossato di quando ti sei coricato.

Dimmi come dormie ti dirò se avrai l’infarto!

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p. 139maggio-giugno [n. 5-6/2012]

Fortunatamente fino a quando l’insonniaè occasionale non costituisce un problema,salvo il momentaneo disagio dovuto allastanchezza. Per coloro che, invece, hannodisturbi cronici del sonno, quelli in cui lasera si legge negli occhi la paura di anda-re a letto, la paura di non addormentarsi,la paura di risvegliarsi troppo presto, sonopurtroppo in arrivo brutte notizie. Uno stu-dio norvegese recentemente pubblicatosu Circulation ha infatti dimostrato che viè un rapporto tra l’insonnia ed il r ischiod’infarto miocardico.L’insonnia, definita come la difficoltà ad ini-ziare ed a mant enere il sonno oppurecome la percezione soggettiva di una scar-sa capacità riposante del dormire, è unacondizione estremamente frequente che in-teressa circa un terzo della popolazione ge-nerale e che è spesso intimamente legataad altre condizioni come ansia e depres-sione che sono a loro volta responsabili diun aumentato rischio di eventi cardiaci. Nel-lo studio in esame tra 52.610 soggetti se-guiti per 11 anni si sono verificati 2.368 casid’infarto miocardico e la probabilità di taleevento era maggiore tra coloro c he pre-sentavano disturbi del sonno.Non tutte le forme di insonnia sono ugua-li e infatti sembra che sia peggio non riu-scire ad addormentarsi. Coloro che hannoquesto tipo di problema hanno infatti un au-mento del rischio di infarto di circa il 45%rispetto a chi dorme il sonno del giusto. Un

po’ meno grave è la conseguenza dei r i-svegli mattutini precoci, aument o del r i-schio del 30% ed ancora meno preoccu-pante, con un aumento di rischio solo del27%, è la condizione di chi, pur dormendo,non si sveglia sufficientemente riposatoPer evitare di aumentare il livello d’inson-nia di coloro che tra i nostri lettori già nesono affetti ricordiamo che gli aumenti a cuifacciamo riferimento si r iferiscono al co-siddetto rischio relativo. Dire che la difficoltàdi addormentarsi si associa ad un aumen-to del rischio d’infarto del 45% significa, cioè,che il rischio di una data persona è, a cau-sa dell’insonnia, del 45% più alto di quelloche sarebbe in assenza dei disturbi del son-no. L’effettivo significato pratico d ipendequindi dal profilo di rischio complessivo delsingolo individuo. Se il mio rischio d’infar-to è basso, ad esempio 2%, l’aumento del 45%si traduce quindi in un aumento trascura-bile, dal 2 al 2,9%. Ma se invece, perché adesempio fumo, sono sovrappeso ed ho unaforte familiarità, il mio rischio è già alto, di-ciamo 20%, l’ulteriore incremento del rischiorelativo del 45% si traduce in un rischio chepassa dal 20 al 29% con un aumento che di-venta quindi significativo.Dallo studio non è possibile chiarire qua-le sia il meccanismo che lega l’insonnia al-l’infarto e, soprattutto, se l’uso di sonnife-ri e simili sia in grado di ridurre o menol’associazione del disturbo del sonno conil rischio di eventi cardiaci.

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di Franco Fontanini

ci salveranno?Gli omosessuali

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Gli omosessuali sono in aumento nel mondo, vent’anni fa nei paesi an-glosassoni vennero calcolati intorno al quindici per cento della popolazione,oggi si ritiene che siano vicini al trenta.Crescono i favorevoli e i contrari alla demarcazione, dopo la risicata vit-toria dei no all’assemblea plenaria di Strasburgo, entrambe le fazioni sisentono stimolate ad andare avanti.Tutti i popolari europei omo ed e terochiedono che vengano elaborate pro-poste per il riconoscimento reciprocodelle differenze sessuali e al consiglioeuropeo di “riaffermare il principio dieguale trattamento senza distinzionedi religione, credo, età e orientamen-to sessuale”.Una parlamentare olandese molto im-pegnata qualche mese fa ricordò che ilprincipio del mutuo riconoscimento c’ègià per il vino e la birra per cui le sem-brava ovvio che venisse applicato an-che alle relazioni personali.Il parlamento di Strasburgo però è titubante e ha ribadito di non accettaredefinizioni restrittive della famiglia fatte da governi europei già divisi alloro interno da numerose divergenze. Come andrà a finire?Si dovrà ricorrere all’aiuto di San Sergio e San Bacco, santi protettori mes-si un po’ in disparte, deputati a soccorrerci contro le deviazioni sessuali.

San Sergio e San Bacco

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p. 141maggio-giugno [n. 5-6/2012]

Erano ufficiali romani dislocati in Siria, en-trambi consiglieri dell’imperatore Massi-miano che, essendosi rifiutati di partecipa-re ad una festa transessuale pagana, vennerodegradati all’istante, l’imperatore li co-strinse ad indossare abiti femminili e a pas-seggiare per le strade della città fra gli schia-mazzi e gli insulti del popolo finché vennerouccisi a frustate. Accadde nel 303 e la lorofesta ricorre il 7 ottobre.Una notizia recente da Bruxelles ci ricordache, fra le tante iniziative rivolte ad abbat-tere ogni barriera divisoria, è stata fondatal’associazione Rainbow Cops Belgique per gliagenti di pol izia omosessuali, uomini edonne, accolta con favore dalla gerarchia fe-derale, che si propone di sensibilizzare i col-leghi refrattari e soprattutto di contribuireal chiarimento dei molti problemi da af-frontare, con l’ obiettivo di porre fine altabù dell’omofobia, della “diversità” e favo-rire il loro totale inserimento sociale.Piaccia o meno è auspicabile che associa-zioni ed iniziative con questi programmi sidiffondano in tutti i paesi ed entrino nonsolo nelle scuole di polizia.Viene anche ricordato agli irriducibili so-stenitori del “naturale”, che l’omofobia è dif-fusa fra oltre duemila specie di animali eche la crescita fra gli uomini, come già è sta-to ricordato in altre occasioni su “Cuore eSalute”, potrebbe far parte degli ipotizza-ti “disegni intelligenti” della natura per sal-vare dai guai della sovrappopolazione il no-stro pianeta.A Bruxelles, per loro spontanea ammissio-ne, lavorano più di q uattrocento agentiomosessuali, ma si pensa che moltissimi si

siano astenuti dall’outing e che in tutto il Bel-gio siano almeno quattrocentomila.Attualmente i rapporti tra agenti omo edeterosessuali sono buoni, ma si ritiene chepossano ulteriormente migliorare. A desempio si citano la tolleranza di Giulio Ce-sare, dell’Imperatore Adriano, di artisti som-mi come Michelangelo e Leonardo.Non è agevole dimostrare che il mondo,quando gli omofili si pensa fossero più nu-merosi che oggi, andasse meglio come qual-cuno tende a sostenere; una leggenda gre-ca ispirata da Zeus narra che Minosse, ilmitico re di Creta, favorisse l’omosessua-lità al fine di limitare l’incremento demo-grafico ogni volta che questo raggiungevalivelli mal sostenibili nella sua isola.Qualche antropologo, forse un po ’ impru-dentemente, asserisce che nell’America pre-colombiana, quando ancora non c’eranocoppie stabili e la poligamia e l’omofilia era-no una libera scelta, si vivesse meglio di oggi.Confronti di questo tipo non hanno grandevalidità anche perché la stabilità delle cop-pie USA è anche oggi assai precaria e la ses-sualità non è soggetta a grandi restrizioni. Gli studiosi di biologia animale hanno os-servato che nella maggior parte delle speciela sessualità può andare incontro a grandimetamorfosi e, all’occorrenza, trasformarsispontaneamente in “sistema tampone” chefrena l’incremento demografico debordante.Chi può negare che un analogo fenomenopossa, inavvertitamente, prendere campoanche nell’umanità?Ormai viene ammesso aper tamente daparte di politici, sociologi, economisti e psi-cologi: il pericolo della sovrappopolazione

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bligatoria, perché anch’essa è contro natu-ra e può por tare alla denatalità e all’estin-zione dell’uomo.Nell’ultimo dopoguerra è nata una nuovascienza, la polemologia che studia a fondola guerra quale fenomeno sociale e umano,causa e conseguenza di tutti i nostri guai.Secondo Gaston Bouthoul l’incrementodemografico più di tutto genera la guerra,che oggi può diventare un evento che i fu-turologi definiscono “pantoclastico”, di-struzione morbosa di tutto ciò che ci cir-conda. In casi meno tragici può essere cau-sa di stress, tensione nervosa, turbe men-tali, diffusione dell’impulso di morte, non-ché della crescita delle malattie cardiocir-colatorie che secondo alcuni sarebbe già inatto in vari distretti del nostro pianeta.Auguriamoci che questi timori catastrofi-ci, causati dalla paura di mutamenti geo-logici o biologici siano esasperati dalla loroincontrollabilità, ma il limite di sette mi-liardi di uomini, considerato insuperabile,al quale siamo ar rivati, suscita grandipreoccupazioni. È certo che il tempo dellestorielle su recchioni e culattoni è finito.

dell’umanità che comporta il rischio di nonavere più cibo a sufficienza, di esagerata cre-scita dell’aggressività, di incombenti con-flitti che assumerebbero una tragicità sen-za precedenti e, a detta dei più drammati-ci, di estinzione della nostra specie.Nessuno può neppure negare che si trattidi evenienze già verificatesi e sviscerate inlontane epoche.Qualche avvisaglia, come genocidi infantili percarestie, o per abbandono dei neonati c’è già.Se la causa di tutto questo è la sovrappo-polazione e se la natura avesse già predi-sposto dei possibili rimedi per garantire lanostra sopravvivenza e se la salvezza fos-se l’omofilia ci si può anche chiedere se siagiusto definire ancora questa non esaltanteprospettiva un atto contro natura da con-dannare e da vietare.È progresso e civiltà il congolese che met-te al mondo il suo quindicesimo figlio de-stinato a morire di fame, oppure cambia-re le consuetudini coniugali, che non pos-sono in tal caso essere ulteriormente con-siderate delitti contro natura?Non si può neppure proporre la castità ob-

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pianeta, l’amore che ha spinto avanti gli uo-mini per millenni potrebbe essere in sc a-denza e diventare indispensabile una nuo-va dimensione morale. Il vero controllo de-mografico si può attuare al momento sola-mente col “tampone omosessualità”, comeè già accaduto in alcune specie animali chesi sono sottratte così all’estinzione.Gaston Bouthoul, padre della polemologiaè convinto che la guerra è un fenomeno so-ciale e umano, causa e conseguenza di tut-ti i principali nostri problemi e l’omofiliaè l’unica possibile difesa. La dirigenza deiboy-scout appare sempre più disposta aldialogo, le recenti disposizioni, grazie al no-stro Prandelli, consentono persino l’accessodegli omofili alle rappresentative nazionalidi calcio. Perché il nuovo eroe mondiale nonpotrebbe essere un bomber gay?

L’omosessualità è un evento biologico cheinveste molte migliaia di specie di prima-ti, e non può essere sottovalutata; le scim-mie antropomorfe che vivono in libertà, inpassato argomento di leggende, interes-sarono già Linneo e Darwin che ne stu-diarono a lungo anche la somiglianza ses-suale, rilevando deviazioni omosessuali,non solamente tra i maschi, quando le con-dizioni di vita mutavano e si imponevanodifficoltà esistenziali. Fra scimpanzè ebabbuini osservarono la comparsa di ami-cizie particolari e comportamenti con pa-lesi analogie con la prostituzione umanache potrebbero essere considerati campa-nelli d’allarme meritevoli di studio appro-fondito.Il controllo estro-progestinico delle nascitepotrebbe non essere adeguat o all’intero

maggio-giugno [n. 5-6/2012] p. 143

La Fondazione ringrazia per i contributi inviati a sostegnodella ricerca cardiologica:

• i Sigg. Sergio Platone e Carla Costantini di Forano (RI)in ricordo di Ortenzio Picchi

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di Vito Cagli

Potremmo rifarci a Ippocrate che pose le basi concettuali per una terapiacapace di allontanare quello dei quattro umori che si trovasse in ecces-so nel corpo. Potremmo rifarci all’impiego diffuso del salasso fra ‘700 e’800, ma ancora in auge nei primi del ‘900, per dire quan-to fosse importante sottrarre liquidi dall’organismo. Mabasterà ricordare cosa avvenne nella seconda metà deglianni ’50 del secolo appena trascorso quando clorotiazideprima e poi idroclorotiazide comparvero sulla scena tera-peutica. Oscurati forse dall’irruzione degli antibiotici e deicortisonici che avevano profondamente mutato la progno-si delle malattie infettive e di quelle reumatiche, i diure-tici ebbero minore risonanza sugli organi d’informazionee sulle conoscenze della gente comune. Forse l’unica cosache sotterraneamente circolava era una certa paura nei loroconfronti. In realtà i pr imi diuretici adoperati in clinicaerano stati, all’inizio del XX secolo, i diuretici mercuria-li la cui tossicità sul rene e sul sistema nervoso poteva nondi rado determinare seri inconvenienti. Rimase così il con-cetto della pericolosità dei diuretici, tanto più che si te-meva che il fatto stesso di stimolare la diuresi potessecostituire un pericolo per i reni. Non si poteva certo pre-tendere da parte dei pazienti un’ adeguata conoscen-za della fisiologia renale che, se fosse stata possedu-ta avrebbe messo in chiaro che l’aumento della diu-resi legato all’uso dei diure tici non si o ttiene “sti-molando” i reni a produrre più urina, ma riducendo

che grandi farmaci!I diuretici:

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p. 145maggio-giugno [n. 5-6/2012]

il riassorbimento di acqua e di sali a livellodei tubuli renali. Insomma non si trattavadi “frustare” i reni, ma piutt osto di atte-nuarne una funzione e in ciò non era tan-to importante la r iduzione del r iassorbi-mento dell’acqua, quanto la riduzione delriassorbimento di sali che si traduceva inuna loro maggiore eliminazione. In parti-colare era di fondamentale importanza laperdita per via urinaria del sodio che, sot-to forma di cloruro di sodio – il comune saleda cucina – viene introdotto in eccesso nel-la maggior parte delle popolazioni mondialied è causa non dubbia, anche se non uni-ca, dell’ipertensione arteriosa essenziale.Si cominciò a com prendere che eliminarel’eccesso di sal e era un obbie ttivo fonda-mentale nella terapia di condizioni morbo-se caratterizzate dalla presenza di edemi, dicongestione dei polmoni, di ipertensione ar-teriosa. Lo scompenso cardiaco congestizio,l’emergenze dell’edema polmonare acuto el’ipertensione arteriosa essenziale divenneroterritori privilegiati per l’impiego di diure-tici che si erano venuti arricchendo, dopo itiazidici, con preparati diversi, come i “diu-retici dell’ansa” (furosemide, ecc.), gli an-tialdosteronici (aldactone, ecc.) e altri.Si può così comprendere meglio l’impor-tanza dell’introduzione in terapia dei pri-mi diuretici attivi e ben tollerati come i tia-zidici e quanto con il loro ingresso sia mu-tato il trattamento di molte malattie car-diovascolari e non solo di queste.In un recente articolo Franz Messerli et al.(Am J Med 2011;124:896-99) ricordano chetuttora i diuretici tiazidici sono l’antiiper-tensivo più adoperato negli USA. Tuttavia

a distanza di più di 50 anni dalla loro in-troduzione in terapia va anche detto che laloro efficacia in monoterapia a dosi di 12.5– 25 mg al giorno si limita a una riduzio-ne media della pressione intorno a 6.5/4.5mmHg, nettamente inferiore a quella di al-tri antiipertensivi di comune uso, come gliACE-inibitori, gli inibitori recettoriali del-l’angiotensina, i calcio-antagonisti e i betabloccanti. Mancano inoltre le prove che laterapia con sola idrocloro tiazide sia ingrado di ridurre l’incidenza dell’infarto mio-cardico, dell’ictus e della mor talità coneguale efficacia rispetto a quella degli an-tiipertensivi sopra nominati. Anche in as-sociazione agli ACE-inibitori o ai bloccan-ti recettoriali dell’angiotensina i diureticitiazidici sarebbero meno ef ficaci nellaprevenzione di malattie e morti cardiova-scolari rispetto ai calcio-antagonis ti dii-dropiridinici (amlodipina).Conclusioni differenti vengono però rag-giunte da un’altra rassegna sull’argomento(Dominic Sica et al. J Clin Hypertens 2011;13:639-43) in cui si sostiene che i diuretici tia-zidici sono antiipertensivi utili anche comeprimo farmaco e capaci di ridurre mortali-tà e malattie cardiovascolari. Gli studi che so-stengono queste conclusioni sono stati con-dotti con dosi di idroclorotiazide di almeno50 milligrammi al giorno o con 12.5 - 25 mil-ligrammi di un diure tico che viene appa-rentato ai tiazidici, ma in realtà non lo è: ilclortalidone. In combinazione con altri an-tiipertensivi i diuretici ne potenziano l’effettodi riduzione della pressione. Gli effetti bio-chimici negativi (aumento della glicemia edell’uricemia, riduzione della potassiemia)

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sono per uno stesso preparato dose-dipen-denti. I diuretici dell’ansa non vanno consi-derati come antiipertensivi di primo impie-go, ma trovano indicazione in presenza discompenso cardiaco congestizio o di insuf-ficienza renale avanzata in cui i tiazidici di-vengono inefficaci.Quali insegnamenti possiamo trarre dalladisamina di questi due lavori sulla posi-zione dei diuretici nella terapia dell’iper-tensione arteriosa?Anzitutto che in medicina non vi sono qua-si mai opinioni univ ersalmente e intera-mente condivise. In secondo luogo che ledivergenze tra le conclusioni che vengonoraggiunte presentano a volte – come in que-sto caso – delle spiegazioni abbastanza fa-cili. Se si esaminano studi diversi, con far-maci adoperati in dosi diverse è facile chesi possa giungere a conclusioni diverse. In-somma da un lato bisogna evitare di pen-sare che la medicina sia una scienza esat-ta con esperimenti che devono portare sem-pre a conclusioni univoche; ma, dall’altrolato, bisogna evitare di cadere nell’erroreopposto di ritenere che si possa sosteneretutto e il contrario di tutto.

Crediamo che il problema che abbiamo bre-vemente trattato possa r iassumersi così:• i diuretici tiazidici sono far maci im-

portanti, efficaci e a basse dosi (mg 12.5al giorno) trovano giustamente largo im-piego in associazione ad altri farmaci neltrattamento dell’ipertensione arteriosa;

• alle dosi di cui sopra, non possono ve-nir considerati indicati come unica te-rapia, se non in casi particolari;

• abitualmente debbono venir associati adACE-inibitori o a inibitori recettoriali del-l’angiotensina (sartani);

• nei casi in cui, per impossibilità di im-piegare altri farmaci (allergie, intolle-ranze, controindicazioni) o per qualsia-si altra considerazione, si decida di im-piegare diuretici in monoterapia si po-trà far ricorso all’idroclorotiazide alladose di 50 mg al giorno (eventualmen-te associata a 5 mg di amiloride) oppu-re a 25 mg di idroclorotiazide associataa 25 mg di aldactone o a indapamide (2.5mg/die o 1.5 mg a rilascio prolungato)o al clortalidone alla dose giornaliera di12.5 – 25 mg;

• in tutti i casi la terapia diuretica richiedecontrolli periodici di glicemia, uricemia,sodiemia, potassiemia, oltre agli altri co-muni esami di laboratorio;

• i diuretici dell’ansa vengono adoperatinell’ipertensione arteriosa soltanto inpresenza di una significativa riduzionedella funzione renale (creatininemiasuperiore a 2.5 - 3.0 mg/dl), in cui i tia-zidici risultano inefficaci;

• i diuretici anti-aldosteronici usati da solihanno soltanto indicazioni particolari.

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DAL CONGRESSOCONOSCERE E CURARE IL CUORE

2012

p. 147maggio-giugno [n. 5-6/2012]

Prof. Gaita, perché si sente parlare sempre più spesso di fibrillazio-ne atriale?La fibrillazione atriale (FA) è l’aritmia sostenuta di più ampio riscontronella pratica clinica. Essa conferisce un aumentato rischio di mortalità e morbilità, seconda-rie non solo alle complicanze tromboemboliche (cerebrali e sistemiche)o alla possibilità di sviluppare episodi di scompenso cardiaco, ma anchelegate al peggioramento della qualità di vita.La sua prevalenza aumenta all’aumentare dell’età e circa il 70% dei pa-zienti con FA ha un’età compresa tra i 65 e gli 85 anni. Nei prossimi de-cenni inoltre, il numero di pazienti affetti da FA è destinato a raddoppiarsi,a causa del progressivo invecchiamento della popolazione generale, in par-ticolare nei paese occidentali.

Fiorenzo Gaita, Università degli Studi di Torino

Fibrillazione atriale dopo i 75 anni.Scelte terapeutiche

Intervista di Filippo Stazi

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Perché i soggetti anziani sviluppano più fa-cilmente fibrillazione atriale? Affinché si generi e si sostenga un’aritmiaè necessario un substrato elettro-anatomico,un innesco e una modulazione nervosa daparte del sistema simpatico e parasimpa-tico. Nei soggetti anziani questi fenomenisono legati non solo alla presenza di co-morbidità cardiologiche ed internistichequali l’ipertensione arteriosa, il diabete mel-lito, la cardiopatia ischemica, la cardiopa-tia valvolare, il cuore-polmonare cronico maanche a modificazioni “fisiologiche” delmiocardio atriale dovute alla senescenzastessa. Anche dal punto di vista clinico i pazientianziani sono differenti dai soggetti più gio-vani: spesso alla diagnosi presentano formedi fibrillazione atriale di carattere persistenteo long-standing. Questo in parte è spiegabilecol fatto che il paziente anziano presentaspesso una concomitante patologia delnodo atrio-ventricolare che comporta una ri-duzione della frequenza ventricolare mediain corso di aritmia; inoltre i pazienti anzia-ni presentano frequentemente concomi-tanti patologie o comorbidità quali la car-diopatia ischemica e l’ipertensione arterio-sa che richiedono l’uso di beta-bloccanti ocalcio antagonisti non diidropiridinici chepossono rallentare la frequenza cardiaca erendere il paziente meno sintomatico in cor-so di aritmia; infine il paziente anziano, li-mitandosi funzionalmente, può non perce-pire i sintomi legati alla ridotta tolleranzaallo sforzo fisico.Questi elementi non invogliano il medicoad intervenire poiché il paziente è scarsa-

mente sintomatico, riducendo quindi la pro-babilità di riportare e mantenere in ritmosinusale con successo il paziente.

In cosa consiste il trattamento della fi-brillazione atriale nell’anziano?Il trattamento della FA, tanto nell’anzianoquanto nella popolazione generale, preve-de 3 punti cruciali:• la prevenzione del rischio tromboembolico;• il controllo dei sintomi;• il controllo della frequenza ventricolare

media.Questi obiettivi possono essere raggiunti siacol controllo del ritmo, associato alla tera-pia anticoagulante orale necessar ia incaso di un punteggio CHA2DS2VASC >2, siacon il controllo della frequenza ventricolaremedia in corso di FA, sempre associato allaterapia anticoagulante orale in caso di unpunteggio CHA2DS2VASC >2.Nella pratica clinica mentre nel sogg ettogiovane la prima rappresenta la strategiapiù seguita dal medico, nel soggetto anzianoviene in genere seguita la seconda opzio-ne terapeutica.Nel paziente anziano, sia la t erapia anti-coagulante orale, sia la scelta del control-lo del ritmo sono di difficile esecuzione epertanto vengono indicate e utilizzate in mi-sura differente rispetto ad una popolazio-ne più giovane.

Come si può ridurre o prevenire il ri-schio tromboembolico?Il rischio di ictus ischemico nella popola-zione con FA è 5 volte maggiore rispetto allapopolazione generale; in particolare la fi-

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brillazione atriale è responsabile di circail 20% di tutti gli eventi ischemici cerebralisintomatici. Nei pazienti anziani con età su-periore a 80 anni questa percentuale saleal 25-30%. Punto cruciale quindi nel trat-tamento dei pazienti con f ibrillazioneatriale è la terapia antitrombotica. In ac-cordo con il nuovo schema di stratificazionedel rischio tromboembolico dei pazienti af-fetti da FA (CHA2DS2-VASC), i pazienti dietà superiore a 75 anni, in vir tù dell’etàstessa, hanno un punteggio di 2 se di ses-so maschile, di 3 se di sesso femminile, per-tanto, secondo le più recenti linee guida sultrattamento della FA, risulterebbero esse-re tutti candidati alla terapia anticoagulanteorale. Infatti il rischio annuo di questi sog-getti di sviluppare un evento avverso di na-tura tromboembolica oscilla dal 4 al 15% cir-ca, a seconda della concomitante presen-za di ipertensione, diabete mellito, pregressiepisodi di scompenso cardiaco, pregressieventi tromboembolici etc. La terapia an-ticoagulante orale riduce del 70% tale ri-schio, con una riduzione della mortalità del30% circa, ma, com’è noto, i farmaci at-tualmente disponibili (w arfarin e dicu-marolici) presentano caratteristiche tali percui il loro corretto utilizzo nella pratica cli-nica è limitato. Nella gestione del pazien-te anziano si parla di paradosso dell’anti-coagulazione secondo cui tanto più il pa-ziente avrebbe bisogno di ricevere un’ade-guata terapia anticoagulante orale e tantomeno viene trattato. I pazienti anziani pre-sentano difficoltà diverse nella gestione del-la terapia anticoagulante orale: in primo luo-go una scarsa compliance nell’assunzione

e gestione del corretto range terapeuticodettata anche dalla frequente concomitanteassunzione di farmaci (quali FANS, anti-dolorifici) che interferiscono con warfarine dicumarolici.Nell’anziano inoltre sono aumentate le pro-blematiche di natura epatica e renale che al-terano l’assorbimento, il metabolismo el’escrezione del farmaco. Particolarmente im-portanti sono le dif ficoltà riscontrate dal-l’anziano nell’affrontare i “trasferimenti” fi-sici e terapeutici che la terapia anticoagu-lante comporta (prescrizione degli esamipresso il curante per il controllo dell’INR, af-ferenza ad un centro deputato al prelievo disangue e controllo della coagulazione, ade-guamento dei dosaggi da par te del curan-te…). Infine il medico spesso ha paura disomministrare la t erapia anticoagulanteorale per l’aumento che essa comporta delrischio emorragico.Alla luce di queste considerazioni, si os-serva un sottoutilizzo della terapia anti-coagulante orale nel pazient e anziano espesso i pazienti trattati non raggiungonoun adeguato profilo di anticoagulazione convalori di INR sub-terapeutici (< 2 ). L’uso al-ternativo degli antiaggreganti, in partico-lare l’aspirina, offre una riduzione del ri-schio di ictus ischemico cerebrale pari soloal 20% con un ef fetto che si r iduce gra-dualmente all’aumentare dell’età, in par-ticolar modo dopo i 7 7 anni. Anche l’as-sociazione aspirina e clopidog rel ha di-mostrato una riduzione del rischio di stro-ke (inferiore rispetto al warfarin), ma conun aumento del rischio emorragico.Più recentemente sono s tate approvate

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nuove classi di far maci anticoagulantiorali: gli inibitori diretti della trombina (da-bigatran) e gli inibitori del fattore Xa (api-xaban, rivaroxaban).Il dabigatran si è dimostrato in uno studiomulticentrico randomizzato non inferioreal warfarin nella r iduzione del r ischiotromboembolico sia al dosaggio pieno di150 mg due volte al giorno (bid) sia al do-saggio di 110 mg bid, con una minor pre-valenza di complicanze emorragiche so-prattutto a livello cerebrale. Particolare at-tenzione deve essere fatta nei pazienti an-ziani con insufficienza renale e filtrato glo-merurale inferiore a 30 ml/min: in questisoggetti è consigliata una riduzione del do-saggio a 110 mg bid. L’apixaban e il riva-roxaban si sono recentemente dimostratiefficaci nel ridurre il rischio tromboem-bolico di circa il 30% rispetto al warfarin,con una riduzione del 50% del r ischio diemorragie cerebrali.

Veniamo ora all’annosa domanda: con-trollo della frequenza ventricolare me-dia o controllo del ritmo cardiaco?Studi randomizzati condotti su pazienti confibrillazione atriale confrontando le duestrategie terapeutiche farmacologiche (con-trollo della frequenza ventricolare media ver-sus controllo del r itmo) non hanno appa-rentemente evidenziato nessuna differenzain termini di outcomes clinici (ospedalizza-zioni, stroke, mortalità...) nel ripristinare emantenere il r itmo sinusale, nonos tantesia stata evidenziata una chiara correlazio-ne tra la fibrillazione atriale e gli eventi av-versi di natura cardiovascolare. Alla luce di

questa considerazione, in generale, nel pa-ziente anziano sintomatico la prima opzio-ne terapeutica è rappresentata dalla strate-gia di controllo della frequenza ventricola-re media, mediante l’uso di beta-bloccanti,calcio-antagonisti non-diidropiridinici e di-gossina. Le precedenti linee guida sul trat-tamento della f ibrillazione atriale racco-mandavano il mant enimento di una fre-quenza ventricolare media a riposo inferio-re a 80 battiti/minuto. Più recentemente in-vece lo studio RACE II ha dimostrato comenon sussistano differenze in termini di be-nefici clinici tra uno stretto controllo della fre-quenza ventricolare media rispetto a un con-trollo più “moderato” ritenendo accettabileun controllo della frequenza media a riposointorno ai 100 bpm.La scelta da parte del medico per il controllodel ritmo cardiaco nell’anziano è di solitolegato ai sintomi. Anche i farmaci antia-ritmici presentano una ristretta finestra diefficacia, richiedono una buona compliancenell’assunzione, presentano possibili effettiproaritmici rappresentati non solo dalla tor-sione di punta, ma anche e soprattutto dal-l’aggravamento di una sick sinus syndro-me, situazione clinica che rappresenta lapiù frequente causa implicata nella gene-si della f ibrillazione atriale nell’anziano.Proprio dagli studi precedentemente cita-ti si evince che il mantenimento del ritmosinusale e la terapia anticoagulante oraleriducono del 50% il rischio di morte nel pa-ziente con FA, mentre l’uso di farmaci an-tiaritmici raddoppia tale rischio.Tutti i farmaci antiaritmici possono peg-giorare una sick sinus syndrome, quello a

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minor azione cronotropa negativa è l’amio-darone a bassi dosaggi, ma a causa dellasua possibile tossicità extracardiaca, sononecessari controlli regolari della funzio-nalità tiroidea, epatica e polmonare. Più recentemente, il dronedarone si è di-mostrato essere più sicuro del suo caposti-pite amiodarone, con iniziale dimostrazio-ne (ATHENA) di una buona tollerabilità e unbuon profilo di sicurezza anche nel soggettoanziano. Studi più recenti (DYONISOS) e notedelle agenzie nazionali e int ernazionaliper la monitorizzazione del farmaco hannoevidenziato che la percentuale di effetti av-versi è circa del 10% (principalmente com-plicanze di natura gastroenterologica) e il far-maco può essere causa, soprattutto nel-l’anziano, di complicanze epatiche severe.Si richiede quindi almeno nei primi 6-12mesi un’attenta monitorizzazione non solodella funzionalità renale (via di escrezioneelettiva) ma anche e soprattutto della fun-zionalità epatica.Infine, dai dati dello studio PALLAS, la suasomministrazione negli ultra 65enni conFA permanente è sconsigliata per un si-gnificativo peggioramento di outcomesclinici come lo stroke, l’ospedalizzazione percause cardiovascolari e la morte.

Considerato che le problematiche piùimportanti sono legate alla scarsa com-pliance e all’effetto pro-aritmico deifarmaci che ruolo ha l’ablazione nel pa-ziente anziano?Una delle strategie ablative maggiormen-te utilizzate oggi nella pratica clinica è rap-presentata dall’isolamento delle vene pol-

monari nelle forme di FA di carattere pa-rossistico, mentre nelle forme di caratterepersistente o longstanding esso si associaall’esecuzione in atrio sinistro di linee e/oall’ablazione dei potenziali frammentati.Le percentuali di successo variano dal 75%all’85% ad un anno dalla procedura in baseal tipo di schema utilizzato e al tipo di f i-brillazione trattata, con una probabilità del30 - 35% a lungo termine di eseguire unaseconda procedura. Le complicanze peri-procedurali variano da registro a registrocon dati riportati intorno al 4 - 5%. Di que-ste, lo 0.5 - 0.9% è rappresentato dagli even-ti tromboembolici sintomatici e circa l’1%dal tamponamento cardiaco. La morte qua-le complicanza dell’ablazione è riportatanell’1‰ dei casi. Questi dati si riferisconoalle più ampie casistiche mondiali, in cuil’età media dei pazienti è compresa tra i 55e i 60 anni.In letteratura sono disponibili pochi studicondotti elettivamente su popolazioni disoggetti anziani (con età > 65 anni): si trat-ta perlopiù di studi di natura retrospettivacondotti su piccole popolazioni di pazien-ti, seguite per brevi periodi di tempo.Analizzando gli studi disponibili in lettera-tura, come prima cosa si evince che solo il10% circa della popolazione trattata con abla-zione transcatetere ha più di 70 anni di età.Anche nella nostra esperienza su 2049 pro-cedure eseguite fino ad oggi, solo il 10% deipazienti sottoposti ad ablazione di FA pre-sentava più di 70 anni, il 6% più di 75 annie circa l’1% ne presentava più di 80. In se-condo luogo il successo procedurale abreve termine (mediamente 18 mesi di fol-

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le ottenere una buona aderenza alla tera-pia da parte del paziente, pertanto la pri-ma opzione terapeutica rimane in molti casila scelta del controllo della frequenza ven-tricolare media.I dati della letteratura, seppur di natura re-trospettiva, indicano che l’ablazione tran-scatetere rappresenta un’opzione efficacee sicura, ma dai registri internazionali ri-sulta che meno del 10% circa dei pazientiablati ha un’età superiore a 70 anni. Que-sto probabilmente dipende in parte dalle li-mitate possibilità s trumentali ed econo-miche nell’effettuare a tutti i pazienti confibrillazione atriale una procedura di abla-zione, per cui si preferisce impiegare le ri-sorse sanitarie e tecniche per un soggettopiù giovane; in parte dipende forse ancheda una “convinzione” della classe medicasecondo cui il soggetto anziano non sia un“giusto” candidato al ripristino del ritmo si-nusale, ma che possa evolvere, vista l’età,in fibrillazione atriale permanente.Sicuramente, in presenza di un soggetto an-ziano attivo e sintomatico, a parità di con-dizioni generali rispetto ad un soggetto gio-vane, l’ablazione transcatetere della FA nondeve essere esclusa solo per l’età in quan-to non ci sono differenze in termini di ef-ficacia ed ef fetti collaterali rispetto aduna popolazione più giovane.

low up), inteso come mantenimento del rit-mo sinusale (con o senza farmaci, indi-pendentemente dallo schema ablativo uti-lizzato) risulta essere par i all’80% conuna percentuale di complicanze del 4.5%.Sono tuttavia necessari studi prospetticirandomizzati condotti selettivamente su pa-zienti anziani per confrontare l’approccionon invasivo per il mantenimento del rit-mo sinusale (terapia farmacologica) versusla terapia ablativa per verificare esatta-mente quale sia la migliore opzione tera-peutica, in termini di efficacia e sicurezza,in questa popolazione.

Che conclusioni possiamo derivare daquesta nostra conversazione?La fibrillazione atriale è una patologia tipi-ca dell’anziano che determina non solo unaumentato rischio di stroke e morte ma an-che un peggioramento della qualità di vita.La terapia anticoagulante rappresenta unpunto fondamentale nella gestione di que-sti pazienti, nonostante ciò, ad oggi, vienecorrettamente effettuata in meno del 50%dei soggetti che la assumono. La terapia far-macologica per il mantenimento del ritmosinusale nei soggetti anziani si accompa-gna più facilmente alla comparsa di effet-ti collaterali legati alla presenza di co-morbidità cliniche e spesso risulta diffici-

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Ha ancora senso individuare unvalore soglia nella riduzione del colesterolo?

Intervista di Filippo Stazi

Claudio Cavallini, Ospedale S. M. della Misericordia, Perugia

Dr. Cavallini la presenza di una correlazione tra i valori della colesterolemiatotale ed il rischio di coronaropatia è ormai dimostrata inequivocabilmente?Direi di si. Il Multiple Risk Factor Intervention Trial (MRFIT), il Seven Countries Stu-dy, lo studio Whitehall ed altri importanti studi epidemiologici osservazionali, comelo studio Framingham hanno tutti in modo concorde concluso che la presenza di ele-vati livelli di colesterolo si accompagna ad un incremento significativo e pressochélineare della morbilità e della mortalità cardiovascolare. L’esistenza di una stretta associazione tra ipercolesterolemia e malattia ateroscle-rotica è stata ancora supportata, oltre che da studi di epidemiologia osservaziona-le, anche da studi clinici di intervento con farmaci ipocolesterolemizzanti, di pre-venzione primaria e secondaria.Trials clinici storici con farmaci ipocolesterolemizzanti in prevenzione primaria, qua-li il WOSCOPS e l’AFCAPS-TEXCAPS, trials di prevenzione secondaria, quali lo stu-dio CARE ed il 4S, hanno dimos trato che la riduzione della colesterolemia si ac-compagna ad una riduzione significativa del rischio cardiovascolare.

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DAL CONGRESSOCONOSCERE E CURARE IL CUORE

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La riduzione aggressiva della coleste-rolemia ottenuta impiegando statine diultima generazione o statine ad alte dosicomporta un beneficio aggiuntivo in ter-mini di riduzione della colesterolemiae del rischio cardiovascolare?Questo è q uanto emerso in s tudi essen-zialmente di prevenzione secondaria, qua-li lo studio HPS, il TNT ed il PROVE-IT.Ognuno di questi studi ha consentito di po-ter affermare che il tipo di relazione esistentetra riduzione della colesterolemia e riduzionedel rischio cardiovascolare è lineare, per lomeno portando la colesterolemia LDL finoa circa 70 mg/dl. In altre parole, non sem-bra esistere, ad oggi, un valore soglia dellacolesterolemia al di sotto del quale non si siacontinuato ad osser vare una continua r i-duzione del rischio cardiovascolare. A con-fermare sul piano morfologico questo con-cetto, vengono i r isultati degli studi RE-VERSAL ed ASTEROID, che hanno mostra-to come la riduzione aggressiva della cole-sterolemia LDL con statine ad alte dosi si ac-compagni ad un rallentamento della pro-gressione o addirittura un’iniziale e signi-ficativa regressione della malattia atero-masica coronarica evidenziabile medianteIVUS o coronarografia.Sebbene il beneficio clinico che può essereottenuto con l’uso di statine è direttamenteproporzionale al livello di rischio del pazientetrattato, risulta altrettanto chiaro che anchein soggetti a più basso rischio, l’impiego del-le statine si conferma come un approccio te-rapeutico di sicura efficacia clinica nel mi-gliorare la prognosi cardiovascolare. Dannosupporto a questo concetto tutte le osser-

vazioni derivate dai trials di prevenzione car-diovascolare con statine che dimostrano inmodo inequivocabile che, anche in pazien-ti con livelli di colesterolo normali, la ridu-zione della colesterolemia continua ad as-sociarsi ad una sensibile riduzione del rischiocardio e cerebro-vascolare.Allo scopo di sottolineare l’importanza cheriveste la r iduzione della coles terolemiatanto nella prevenzione primaria che in quel-la secondaria della malattia cardiovascola-re su base aterosclerotica, è stato quindi pro-posto il concetto “the lower is better”.

Se è vero che un numero significativo dieventi cardiovascolari si realizza in pa-zienti con elevati livelli di colesterolo, èaltrettanto vero che una percentuale ele-vata di eventi vascolari maggiori si pre-senta in pazienti con colesterolemiapressoché normale, pur in assenza di al-tri fattori di rischio cardiovascolaretradizionale noti. Qual è la sua opinio-ne al riguardo?Questo dato si presta a diverse possibili in-terpretazioni. Una possibilità è che i livel-li di colesterolo che abbiamo consideratofino ad oggi nor mali non siano da consi-derare tali. Alternativamente c’è chi inve-ce sostiene che andrebbe r iservata unamaggiore attenzione all’identificazione dinuovi fattori in grado di inf luenzare ne-gativamente la prognosi cardiovascolare.L’identificazione di nuovi indicatori sub-clinici della malattia at erosclerotica po-trebbe consentire di stratificare meglio ilrischio del paziente portatore o meno di al-tri fattori di rischio cardiovascolare e pos-

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sibilmente fornire un bersaglio aggiuntivoai nostri interventi di prevenzione del ri-schio cardiovascolare. I fattori di rischio cardiovascolare tradi-zionali, inclusa l’ipercolesterolemia, sonotutti capaci di favorire l’attivazione di unostato infiammatorio sistemico di bassogrado. Indipendentemente dal fattore re-sponsabile dell’attivazione della cascata in-fiammatoria, è certo che uno stato flogisticosistemico di basso grado rappresenta unacondizione capace di aggravare la prognosisia di pazienti sopravvissuti ad un eventoacuto cardiovascolare che di quelli appa-rentemente sani.Numerosi studi hanno sugg erito l’utilitàprognostica che la determinazione di mar-catori umorali di flogosi riveste in soggetticon angina pectoris stabile ed instabile. Di-versi studi prospettici hanno poi conferma-to il potere predittivo di tali indicatori di flo-gosi anche in soggetti apparentemente sani(MRFIT, PHS, MONICA, QCS, CHS).Il National Heart Lung and Blood Institu-te ha di recente sottolineato la necessità diinserire alcuni marcatori umorali di flogositra i nuovi potenziali indicatori di rischiocardiovascolare. Livelli ematici elevati diproteina C-reattiva e di altre cosiddette “pro-teine della fase acut a”, citochine pro-in-fiammatorie, chemochine, molecole di ade-sione leucocitaria, tutti marcatori di uno sta-to flogistico in atto, si associano ad un mag-gior rischio di eventi cardiovascolari. Acquisizioni più recenti, infine, derivate perlo più da analisi post-hoc di trials con sta-tine, hanno permesso di osservare che laprotezione cardiovascolare prodotta dall’uso

delle statine in pazienti ipercolesterolemicisembra essere più evidente in quelli chehanno livelli più alti di proteina C-reattiva.

Di recente, lo studio JUPITER ha forni-to nuovi elementi per chiarire il ruolodella proteina C-reattiva nella fisiopa-tologia delle malattie cardiovascolari. Celi può illustrare?Lo studio JUPITER ha coinvolto oltre 17.000soggetti con livelli normali di colesteroloLDL, ma livelli elevati di proteina C-reatti-va, trattati con rosuvastatina 20 mg o pla-cebo. Il trial è stato interrotto prematura-mente dopo circa 2 anni di follow-up, allaluce dei forti benefici in termini di riduzionedel rischio cardiovascolare osservati nelgruppo trattato con rosuvastatina. Nei pa-zienti trattati con statina si è osservata unariduzione del 44% rispetto al placebo del-l’end point primario (infarto del miocardionon fatale, ictus non fatale, ospedalizzazioneper angina instabile, rivascolarizzazione emorte per cause cardiovascolari). Si è inol-tre osservata una riduzione del 55% del ri-schio di infarto miocardico non fatale, del48% del rischio di ictus e del 47% del rischiodi infarto miocardico, ictus e morte car-diovascolare. Lo studio ha anche dimostratoche la percentuale più bassa di eventi car-diovascolari era evidente nei soggetti chehanno raggiunto il duplice target di LDL <70 mg/dl e PCR < 2 mg/l. Lo studio JUPITER potrebbe consentire ditrarre alcune conclusioni di ordine clinico,soprattutto se i suoi risultati saranno con-fermati in trials aggiuntivi. La prima con-clusione è che in soggetti in prevenzione

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primaria a rischio basso-intermedio e concolesterolemia normale, l’impiego dellastatina si accompagna ad una riduzione si-gnificativa del rischio cardiovascolare. Re-sta tuttavia da sottolineare che, pur nel-l’ambito di una colesterolemia normale edi un rischio complessivo non elevato deipazienti arruolati, anche nello studio JU-PITER si è osservato un maggior beneficiodel trattamento con statina nei pazienti amaggiore rischio.Una seconda conclusione c he sembraemergere dallo studio JUPITER è che la pre-senza di livelli di proteina C-reattiva au-mentati potrebbe costituire l’indicatoreche in prevenzione primaria può indirizzarenella scelta di iniziare una terapia farma-cologica con s tatina. In merito a q uestoaspetto, vista l’unicità del risultato citato,derivante tra l’altro da uno studio interrottoprematuramente, è opportuno conservareun certo grado di cautela prima di confer-mare questa interpretazione.Infine, un’ulteriore conclusione c he po-trebbe essere dedotta dallo studio JUPITERè che la riduzione dei livelli di proteina C-reattiva ottenuta mediante la sommini-

strazione di rosuvastatina si accompagnaad una riduzione del rischio cardiovasco-lare anche se non è ancora chiaro se taleeffetto sia indipendente o meno dalla con-comitante riduzione della colesterolemia.

Dr. Cavallini qual è il messaggio conclusivoche possiamo lasciare ai nostri lettori?Sulla base dei dati disponibili ad oggi, si puòconcludere che non è stato ancora identi-ficato un valore soglia di colesterolemia aldi sotto del quale non si continui ad os-servare una riduzione del rischio cardio-vascolare. Il livello di rischio globale del pa-ziente rappresenta ancora il parame troprincipale che dovrebbe condizionare l’ini-zio di una terapia con statina. I risultati del-lo studio JUPITER, infine, se da un lato con-fermano l’assoluto beneficio derivante dal-la riduzione della colesterolemia anche nelpaziente con colesterolo normale, dall’al-tro forniscono elementi preliminari, ma nonancora definitivi, a favore della possibili-tà che la misurazione della proteina C-re-attiva possa indirizzare verso una terapiafarmacologica ipocolesterolemizzante nelpaziente in prevenzione primaria.

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tra i l ibr i r icevut i

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CORSO DI FORMAZIONE per uomini [PRIMA PARTE]

TEMA DEL CORSOdiventare intelligente quanto una donna (quindi essere perfetti)

Obiettivo pedagogico:corso di formazione che permette agli uomini di svilupparequella parte del cervello della quale ignorano l’esistenza.

PROGRAMMA4 moduli di cui uno obbligatorio + 14 temi speciali di approfondimento

MODULO 1: CORSO BASE OBBLIGATORIO1.1 imparare a vivere senza la mamma (2000 ore)1.2 la mia donna NON è MIA MAMMA (350 ore)1.3 capire che calcio e formula 1 non sono altro che sport (500 ore)

MODULO 2: VITA A DUE2.1 avere bambini senza diventare geloso (50 ore)2.2 smettere di dire boiate quando la mia donna riceve i suoi amici (500 ore)2.3 vincere la sindrome del telecomando (550 ore) 2.4 non fare la pipì fuori dal water (100 ore, esercizi pratici con video) 2.5 riuscire a soddisfare la mia donna prima che cominci a far finta (1500 ore) 2.6 come arrivare fino al cesto dei panni sporchi senza perdersi (500 ore)2.7 come sopravvivere ad un raffreddore senza agonizzare (300 ore)

MODULO 3: TEMPO LIBERO3.1 stirare in due tappe (una camicia in meno di due ore: esercizi pratici) 3.2 digerire senza ruttare mentre lavo i piatti (esercizi pratici)

MODULO 4: CORSO DI CUCINA LIVELLO 4.1 (PRINCIPIANTI)

Gli elettrodomestici: on = acceso off = spento LIVELLO 4.2 (AVANZATO)

La mia prima zuppa precotta senza bruciare la pentola ESERCIZI PRATICI

Far bollire l’acqua prima di aggiungere gli spaghetti

>>> continua sul prossimo numero

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Qualche secondodi buonumore

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René Geronimo Favaloro:

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Si sentì chiamare, una, due, più volte. Suo fratello e la segretaria lo sta-vano cercando da tutte le parti, evidentemente preoccupati. Ma René nonaveva voglia di rispondere: stava facendo il consuntivo di tutta una vita,la sua. Voleva capire cosa non aveva funzionato, perché mai il debito conle banche era cresciuto fino a dimensioni mostruose. Perché il Presiden-te non aveva risposto alla sua lettera, come mai tutti sembravano averloabbandonato. Giocherellò ancora con la pistola, poi si rituffò nel mare deisuoi pensieri.Aveva sempre desiderato di fare il medico: i suoi g enitori, Gian Battistae Ida, si erano rotti la schiena per far studiare i figli, René e Juan José, dainomi argentini anche se le radici erano rimaste nelle Eolie, a Val di Chie-sa, nella bella isola di Salina. I Favaloro erano emigranti cometanti, nel loro caso rovinati dalla fillossera che aveva distruttoi vigneti portandoli oltre l’orlo della miseria, ma il nuovo mon-do al di là dell’oceano aveva consentito di ricominciare.Si erano laureati e con entusiasmo avevano accettato il pri-mo lavoro, in quel paesino perso nella Pampa argentina, Ja-cinto Arauz. Il medico che aveva chiesto sostegno, il dottorRachou, aveva presto lasciato loro il passo, stroncato dalle trop-pe sigarette e dall’inesorabile male al polmone. Per i fratelli Favaloro era cominciata una vera e propria av-ventura, fatta di visite a cavallo, di operazioni coraggiose, diuna attività da manovali per costruire la sala operatoria, lacorsia di 23 letti, per collocare l’apparecchio dei raggi X nel-la vecchia casa che era stata loro donata.

di Massimo Pandolfi

l’oriundo del bypass coronarico

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E infine l’intuizione, il bypass con safenasu coronaria, il primo di una lunga serie. Era il 9 maggio 1967 quando operò, con suc-cesso confermato 20 giorni più tardi dall’amicoMason Sones, una donna di 51 anni con oc-clusione prossimale della coronaria destra.Fu solo l’inizio, fino a che il cerchio si com-pletò finalmente con il ritorno in patria. Erail 1971 e nella valigia Favaloro non porta-va solo i ricordi degli anni trascorsi a Cle-veland, ma il disegno di una precisa orga-nizzazione che gli avrebbe consentito diaprire, nella sua Arg entina, un centrocardochirurgico simile a quello dove ave-va lavorato in quegli anni. Così nacque nel1975 la Fondazione Favaloro, aperta a tut-ti, soprattutto ai meno fortunati, in cui ma-lattia e miseria spesso costituivano un con-nubio mortale. Era arrivato ad avere finoa 450 ricoverati. Nel 1992 inaugurò a Buonos Aires l’Istitutodi Cardiologia e Cardiochirurgia della Fon-dazione Favaloro, con il motto “La tecnolo-gia più avanzata al servizio dell’umanesimomedico”. Furono anni esaltanti: partecipò atrasmissioni televisive, ricevette premi edonori, fino a q uando la cr isi, nel 2000,mise in ginocchio l’Argentina e chi, come lui,aveva pensato agli altri e non a se stesso.Pensò che in fondo era tutta colpa sua, del-la sua ingenuità, della sua cieca fiducia ne-gli altri. Doveva dare un segnale, forse quel-lo sarebbe servito.Il colpo di pistola fece trasalire il fratello egettò nella disperazione c hi lo aveva co-nosciuto e amato. Il presidente Fernandade La Rua dichiarò di non aver mai letto larichiesta di aiuto di René Favaloro.

Ma a René tutto questo non bastava: sape-va che la sua vera passione, la chirurgia to-racica, non poteva essere esercitata a JacintoArauz. Così ne parlò con uno dei suoi mae-stri, il Professor Mainetti, che gli indicò lastrada per realizzare i suoi sogni. Doveva an-dare a Cleveland dove il Dr. George Crile gliavrebbe dato indubbiamente una mano.Ricordava la trepidazione per il suo primovolo, la paura che il suo inglese scolasticonon fosse sufficiente a farsi capire, la pri-ma insonne notte al Bolton Square Hotel vi-cino alla Clinica Chirurgica di Cleveland. Ripensò alla t orta di cui a veva sentitotanto parlare, l’American Pie, che l’avevadisgustato a tal punto che non poteva sen-tirne più nemmeno l’odore.E poi gli incontri con coloro che sarebbe-ro stati i suoi mentori, gli anni duri di ap-prendistato, le infinite coronarografie deldottor Mason Sones, l’intuizione, il primointervento.Volti amichevoli, attimi felici: furono glianni migliori, quelli della scalata al mon-te delle sue conoscenze: ricordava l’acquistodella sua prima auto, una Valiant rossa se-minuova che scoprì di poter pagare a rate,fedele accompagnatrice dell’entusiastaRené e della giovane moglie Toni in quel-le che potremmo chiamare gite fuori por-ta, nei rari momenti liberi.E come non ricordare la partita tra scapo-li e ammogliati, tra esuli arg entini, dura-ta all’infinito dato che l’arbitro era il padredi uno scapolo, ostinato nel non fischiarela fine fino a quando la squadra del figlionon siglò il 2 a 2 che chiuse i tempi permodo di dire regolari.

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di Eligio Piccolo

Mi scusino i lettori se tratto un argomento così scabroso, che anzi mi favenire quasi un senso di colpa. Non vorrei infatti lo si interpretasse comecerte seduzioni giornalistiche alla ricerca di notizie shoccanti. Piuttostovi sono indotto dal desiderio di stemperare un problema tanto allarman-te quanto fortunatamente raro. Morte improvvisa per noi cardiologi vuolanche dire inaspettata, quindi non lo sono di certo quelle conseguenti acardiopatie gravi, nelle quali il cuore è talmente scompensato o predispostoall’aritmia finale da doversi purtroppo affidare alla buona sorte o all’ICD,il defibrillatore impiantabile. Mi riferisco invece a quelle fibrillazioni ven-tricolari in cuori apparentemente sani che si concludono o con una sin-cope prima che il cervello diventi irrecuperabile, oppure nascono già diper sé come definitive. Spesso per questi sventurati, se non lo sapevanoprima di correre quel rischio, i fa-migliari non lo sapranno nemmenodopo perché il per ito settore chia-mato ad eseguire l’aut opsia, a dif-ferenza di quello del commissarioMontalbano che riesce a scoprire an-che cosa aveva pensato il de cuiusprima di diventarlo, non trova as-solutamente nulla, un cuore del tut-to normale.

I misteri

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della morte improvvisa

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Molte di queste situazioni vengono classifi-cate come malattie dei canali jonici, perchéil meccanismo che porta alla formazione diquelle aritmie pericolose è “microscopico”,spesso legato a fattori genetici, dovuto perl’appunto ad anomalie propr io nell’intimoprocesso degli scambi elettrochimici delle cel-lule del nostro cuore. Non mi posso adden-trare ulteriormente in questa descrizione,non solo per non farvi perdere quel tenue filoche ho cercato di interporre tra voi e me masoprattutto perché io stesso mi ci rigiro malein mezzo a q ueste sofisticherie, che glistessi esperti sono costretti a modificare allaluce di sempre nuove ricerche. Se per casoqualcuno di voi ne sente parlare o ne è inqualche modo interessato sappia che il loronome varia in rapporto allo scopritore o allaparticolare anomalia ele ttrocardiograficaregistrata. Il seguente è un elenco provvisorio,che con il passare degli anni si allunga sem-pre di più: sindrome del QT lungo congeni-to, sindromi di Romano-Ward e di Lange-Niel-sen-Levine, malattia di Brugada, sindromedel QT breve, elevazione del punto jota. Comeho detto, sono tutte forme rare, ma ognunaha una sua incidenza e pericolosità, che vapoi valutata caso per caso.Molti ricercatori hanno pure cercato discoprire se vi possa esistere un unico co-mune denominatore per tutte queste car-diopatie potenzialmente mortali e con cuo-

re apparentemente sano, ma finora nessu-no è riuscito a fornire dati convincenti a taleipotesi. C’è tuttavia un aspetto che in qual-che modo le accomuna ed è che le differentialterazioni dell’ECG, l’esame che ha con-sentito di scoprirle, si manifestano tutte dopola fine del QRS, ossia quando i ventricoli,concluso l’eccitamento elettrico, cercano ditornare allo stato di riposo, si ripolarizzanocome si dice nel nostro gergo. Ma nessunodei tanti esegeti, spesso di grande talento,che le hanno a più riprese studiate è riuscitofino ad oggi a individuare questa specie dianello di congiunzione. Molto cammino in-vece è stato fatto per correggere e anche gua-rire, alcune delle predisposizioni alla mor-te improvvisa. Sia mediante l’azione di far-maci che con la bruciatura (ablazione) di al-cuni siti di or igine delle ar itmie e sia,come extrema ratio, impiantando un defi-brillatore capace di interrompere l’eventoaritmico pericoloso quando insorga.Tutto quanto ho sommariamente cercato dispiegare a voi e a me stesso è per ribadire chela medicina non ha rallentato lo sforzo per tu-telare questi malati, anzi lo sta facendo an-che per quelli che non sanno ancora di esserloe devono essere scovati al più presto. Con ilfine principale non solo di prevenire la temutaaritmia, ma soprattutto di guarirli eliminandoquella causa microscopica e misteriosa chetanto benevolmente ci appassiona.

maggio-giugno [n. 5-6/2012] p. 161

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MORIRE DI CALCIOÈ accaduto ancora una volta a un calciatore, e proprio in Italia, dove da oltre 30 anni vige unalegislazione, unica al mondo, che obbliga tutti gli sportivi di qualsiasi età, sesso, disciplina e livelloatletico a sottoporsi ad una periodica valutazione medica con certificazione. In un paese che, “nonfo per dire”, ha una rete e una preparazione cardiologica di buon livello, da Trieste a Trapani. Comelo si spiega? Semplice (se non vogliamo essere polemici, accomodanti o ipocriti), perché la diagnosi

è qualche volta difficile, se non impossibie con i mezziattuali, non abbiamo i defibrillatori sul campo o non lisappiamo usare, ma soprattutto non ci sono squadre divolontari addestrati alla rianimazione. Quanto s’è visto sulcampo del Pescara attorno al corpo del povero Morosini ifamigliari giustamente hanno chiesto di non riproporlo,perché, aldilà della crudezza e della generosa disponbilitàdei compagni, sembrava un faidate non ben preordinato.La stampa si è impadronita di questa confusione e di altredisorganizzazioni successive perché tutti sanno oramai cheun cuore fermo per oltre otto minuti induce ladecerebrazione. Prima dell’autopsia molti esperti hannodato il loro parere, che era di un arresto cardiocircolatorioda aritmia grave la cui causa, anche dopo sezionato il cuoree le coronarie, rimane da accertare. La si saprà solo dopo gliesami tossicologici su eventuali sostanze eccitanti e quelliistologici su possibili miocarditi, cardiomiopatie rare oanomalie elettriche analoghe a quelle descritte nell’articoloprecedente. Qualunque sarà la causa, la medicina ne usciràcertamente sconfitta, ma non per imperizia o scarsoimpegno della sanità nelle sue strutture o, come ha dettoqualcuno, per l’eccessivo stress fisico degli atleti, maperché il suo progresso è purtroppo ancora imperfetto e

perché, spiace dirlo, la prevenzione non premia i responsabili, mentre coloro che amano tanto lo sporte le loro squadre, sbracciandosi spesso fino alla zuffa, non dedicano nemmeno un centesimo del loroimpegno tifoso a imparare come si assiste uno che stramazza sul campo.

P.S. Gli esami microscopici hanno precisato che la causa dell’arresto cardiaco è stata unamiocardite.

E.P.

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Perchè usare gli algoritmi per minimizzare lastimolazione ventricolare?

Intervista di Francesco Prati

Caro Filippo a breve uscirà sul Giornale Italiano di Aritmologia e Car-diostimolazione una tua review sull’utilizzo degli algoritmi di ridu-zione della percentuale di stimolazione ventricolare in pazienti por-tatori di pacemaker. Ci puoi spiegare che cosa sono?Gli algoritmi di riduzione della percentuale di stimolazione ventricolaresono delle particolari modalità di programmazione dei pacemaker che han-no l’obiettivo di ridurre il più possibile l’attivazione ventricolare indottadal pacemaker. Tali algoritmi si ripromettono cioè di fare entrare in fun-zione il pacemaker solo nei casi strettamente necessari privilegiando in-vece il ritmo spontaneo del paziente per la maggior parte del tempo.

Perché però sottoporre il paziente al disagio ed ai rischi, sebbene con-tenuti, connessi con l’impianto di un pacemaker per poi cercarlo difare entrare in funzione il meno possibile?L’impianto di un pace-maker è ancora oggi l’unica opzione terapeutica pos-sibile in caso di bradiaritmie significative. Nella maggioranza dei pazientiperò il ritmo spontaneo diventa insufficiente e quindi richiede l’interventodel pacemaker solo per brevi periodi. Il rischio quindi è che tali pazientisiano sottoposti ad una stimolazione ventricolare eccessiva rispetto alleloro effettive necessità.

maggio-giugno [n. 5-6/2012] p. 163

La RICERCA del Centro per la Lotta

contro l'Infarto - Fondazione Onlus

Giornale Italiano di Aritmologia e Cardiostimolazione, in stampa

Filippo Stazi

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Che conclusioni possiamo trarre allafine della nostra chiacchierata?La stimolazione apicale isolata del ventri-colo destro ha senza dubbio effetti emodi-namici sfavorevoli. Le conseguenze clini-che di tali effetti non sono però una costanteassoluta verificandosi in meno della metàdei soggetti cronicamente sottoposti a talestimolazione e dipendono sicuramente dailivelli basali di funzione ventricolare sini-stra, dalla percentuale di s timolazioneventricolare, dalla durata di esposizione allastimolazione ventricolare, dalla presenzapreimpianto di scompenso cardiaco o di pre-gresso infarto miocardico nonchè dalla du-rata del QRS spontaneo e stimolato.Gli algoritmi di minimizzazione del la sti-molazione ventricolare destra hanno indi-scutibilmente provato la loro capacità di ri-durre le percentuali di stimolazione. Fino adoggi però un solo studio ha confermato il sil-logismo: la stimolazione ventricolare è de-leteria, gli algoritmi di minimizzazione ri-ducono la percentuale di stimolazione quin-di tali algoritmi fanno bene. Altri studi sonoquindi necessari prima di affermare defi-nitivamente l’efficacia clinica di tale modalitàdi stimolazione. Nel frattempo però, consi-derando che questi algoritmi sono econo-mici, di facile utilizzo e non richiedono pro-cedure aggiuntive, ritengo che il loro utilizzopossa e debba essere es teso a tutta la po-polazione destinata ad impianto di pace-ma-ker o defibrillatore.

Quali sono le conseguenze della stimola-zione ventricolare indotta dal pacemaker?Sin dal 1925 si era intuito che la stimola-zione apicale del ventricolo destro potevaavere effetti negativi sulla funzione car -diaca. La contrazione cardiaca normale in-fatti comincia alla base dei due ventricolie quindi raggiunge gli apici. Nei pazientiche hanno invece un pacemaker la con-trazione parte dall’apice del v entricolodestro e quindi si diffonde al resto del ven-tricolo destro ed a quello sinistro. Ne con-segue una contrazione ventricolare non co-ordinata che induce, come evento finale,una riduzione della funzione contrattile glo-bale del cuore. La conferma degli effetti negativi della sti-molazione apicale è giunta dai risultati dialcuni grandi studi che hanno dimostratoun aumento del r ischio di mor te, scom-penso cardiaco e fibrillazione atriale nei pa-zienti in cui la percentuale di stimolazio-ne ventricolare era superiore al 40%.

Che risultati si possono ottenere conl’utilizzo di questi algoritmi?L’utilizzo di queste modalità di program-mazione permette di ottenere percentualidi stimolazione ventricolare molto basse.Ad esempio nella nostra casistica personalei pazienti impiantati con dispositivi dota-ti dell’algoritmo AAISafeR® hanno pre-sentato una media di stimolazione ventri-colare del 26% con il 74% dei pazienti sot-to la soglia del 40%.

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Long JohnEro bambino quando quell’uomo grande, grosso, che parlava quell’italiano strano, daemigrante, chinava il gobbone e caricava tutto e tutti segnando gol a ripetizione. Diventaitifoso della Lazio l’anno dello scudetto del 1974 e lo diventai perché quella squadra pazza eincredibile era forte e i bambini si innamorano dellesquadre che vincono. Ho un ricordo di lui: unadomenica pomeriggio, un collegamento televisivodall’aeroporto di Fiumicino in cui saluta tutto e tutti ese ne va in America. Non capivo quello che stavasuccedendo ma mi dispiaceva.Ero ragazzo quando Chinaglia ritornò, zio d’Americapieno di dollari che si comprò la sua Lazio e cheprometteva anni di vittorie. Un fallimento! E Chinagliase ne andò per la seconda volta. Ero uomo maturo quando scoprii che i miti nonesistono e che anche lui, che sembrava il cavalieremedievale senza macchia, era invece coinvolto inbrutte storie: camorra, riciclaggio e quant’altro. A luicomunque perdonai a differenza di quanti peccaronoin maniera diversa, vendendosi partite e sogni diingenui.Ora che se ne è andato sento la tristezza di quando sene va via qualcuno che ci ha regalato gioia, qualcunoa cui, bene o male, sentiamo di dover dire grazie. Sessantacinque anni, un fisico appesantito, le tantesigarette fumate, lo stress e probabilmente ladepressione di non poter più tornare in Italia dove eraufficialmente considerato un latitante. Considerandoanche il sesso maschile i fattori di rischio c’eranotutti. Un primo infarto, una coronarografia,un’angioplastica col posizionamento di quattro stentnon sappiamo su che arteria e pochi giorni dopo unamorte improvvisa. Le due ipotesi diagnostiche che sipossono fare sono una trombosi acuta dello stentossia un’occlusione acuta della coronaria nel puntodove era stata dilatata nella precedente angioplasticaoppure una morta aritmica, una fibrillazione ventricolare, ritmo in cui il cuore impazzisce aduna velocità tale che è come se si fermasse. In assenza dell’autopsia, che non credo sia statafatta, non sapremo mai la realtà.Grazie comunque Giorgione. E già che stai lassù salutaci Tommaso Maestrelli.

F.S.

maggio-giugno [n. 5-6/2012] p. 165

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Tiche, imperscrutabile figlia di Zeus, amava giocare. Chi veniva colpito dalla sua palla moriva perchè il suo cuore cessava di battere.

Nella rubrica La palla di Tiche viene ricordato un personaggio del nostro tempo o del passa-to, illustre o sconosciuto, morto d’infarto. I medici e i lettori sono invitati a segnalarci casi diloro diretta conoscenza che presentino peculiarità meritevoli di essere conosciute.

Il protomartire dello share

La televisione, elettrodomestico irrinunciabile che non riesce ad adeguarsi all’arre-damento, è invadente e intempestiva. Interrompe le immagini di una tragedia per far-ci vedere un insulso giovanotto sorridente che si accarezza il viso, felice del suo nuo-vo dopobarba, oppure ci porta in casa facce canore o comiche alle quali non apriremmola porta, signore “asciutte e inodori” che ci mostrano il loro assorbente preferito quan-do stiamo a tavola.Contro la TV sgradevole e sempre più invadente non abbiamo altre difese se non iltelecomando, ma non è facile farlo sempre.Ha cambiato i comportamenti, ci impone il modo di vestire, dimangiare, di sorridere, perché sul piccolo schermo tutti deb-bono sempre sorridere, a proposito e a sproposito.Basta guardare la massaia che fa la spesa, l’avvocato cheprende il caffè, il giovanotto in tribuna allo stadio, tut-ti, non appena si accorgono di essere inquadrati, tra-sformano la loro espressione. Le ragazzette si comportano da veline come spera didiventare la metà delle liceali.In TV abbiamo visto persino un perito settore inter-rompere un’autopsia per parlarci con una punta di ci-vetteria della salma che stava sezionando, vittima di ungiallo di cui erano piene le cronache.Dieci anni fa si vedeva solo qualche raro impudente chefaceva un salutino timido con la mano, disapprovatoda chi gli era vicino.Il mondo cambia, lo sappiamo, non sempre in

La palla di Tiche

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a cura di Franco Fontanini

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Faye Dunaway e Peter Finch, entrambi premiaticon l’Oscar per il film “Quinto Potere”

troppo esasperato, violento, in realtà era unfilm profetico sul ruolo che la TV avrebberaggiunto pochi anni dopo. In dimenticatoprotagonista fu Peter Finch, un eccellente at-tore di origine inglese cresciuto in India, sco-perto da Laurence Olivier in Australia, chenon era molto popolare perché rifiutò sem-pre i film commerciali.Il film, intitolato Network, divenuto in Ita-lia “Quinto potere”, forse con la speranzadi ripetere il clamore riscosso da Orson Wel-les con “Quarto potere”, era stato ispiratoda un fatto di cronaca premonitorio: unadonna in crisi che, per attirare l’attenzio-ne, si era suicidata davanti ad una teleca-mera prima che i tecnici potessero fermarla.Nel film Howard Beale, anchorman principecon vastissimo seguito di un’importanterete, inspiegabilmente vede il suo share ca-lare vistosamente tanto che i dirigenti de-cidono di licenziar lo alla scadenza delcontratto.Howard sprofonda in una crisi di dispera-zione, poi con l’assistenza di una sua col-laboratrice “creativa”, pensa di reagire e, ci-nicamente, informa il suo pubblico che si sui-ciderà prossimamente, durante una delle ul-time puntate della sua trasmissione.

meglio, la televisione è la responsabile deldeterioramento della nostra condotta.Tutto dipende dallo share, termine inglesedai molti significati, naturalizzato soloper indicare la percentuale di telespettatoriche in un de terminato momento, guardauna trasmissione televisiva. In TV lo sha-re è la sentenza, indica il successo o losplash senza appello.Per gli anchorman che lo seguono con tre-pidazione, è la promozione o la bocciatu-ra della loro trasmissione, la fortuna o il fal-limento, il loro futuro.All’indomani lo share viene riportato daigiornali, non più solo da q uelli specializ-zati, come le quotazioni della borsa: Fede-rica Sciarelli con il 13 per cento di “chi l’havisto?” batte il suo antagonista di quell’orache ha fatto, con gli “Intoccabili” il sette percento scarso, che significa 3 milioni e 700mila contro un milione di spettatori.Dietro queste cifre ci sono miliardi di pub-blicità, cachet milionari, prestigio degli au-tori e degli interpreti, manovre politiche, in-fluenze elettorali eccetera che variano da unatrasmissione all’altra.I critici televisivi, per quanto bravi, incidonoben poco, su tutto domina la percentuale,se è inferiore alle previsioni la trasmissionerischia di venire cancellata.Non è fenomeno recente, è nato parecchi annifa, in USA e in un ventennio ha preso pre-potentemente il sopravvento su tutto.Nel 1976 in America uscì un film interes-sante e profetico sul problema dell’indice digradimento in TV. Non ebbe grande successoanche se vinse 4 Oscar, troppo in anticiposui tempi venne giudicato poco verosimile,

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Immediatamente dopo l’annuncio, il suc-cesso ritorna strepitoso, lo share sale ,specialmente quando comincia ad att eg-giarsi da profeta trascinatore in contatto conil Padre Eterno e cambia la conclusione te-levisiva: muore ucciso da un terrorista dicolore proprio nello studio televisivo.Per quanto magistralmente filmata, la vi-cenda giudicata esageratamente spinta al-l’esasperazione, eccessiva, non fu molto gra-dita dal pubblico e da parte della critica.Tutti gli interpreti erano travolti dall’atmo-sfera nevrotica e ossessiva, oltre al condut-tore Howard, peraltro strepitosamente bra-

vo, anche il direttore perde il controllo, el’amica “creativa” diventa una fanatica cheparla di indici di gradimento anche quandofa l’amore.Era una spietata satira del mondo televisivostatunitense in costante espansione. Da noinon venne capita perché la televisione eraancora nella fase artigianale, ma si tratta-va di una vicenda niente affatto mistifica-trice, destinata ad in vadere prepotente-mente, in breve tempo, tutto il mondo. Ilprotomartire dello share Peter Finch morìd’infarto alla fine del film: l’Oscar gli arrivòpostumo.

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Tanti auguri New EnglandC’era un tempo in cui una notizia bastava che venisse riferita in televisione perché fosse indiscutibilmentevera. In medicina esiste tuttora qualcosa di simile: se un’informazione è scritta sul “The New EnglandJournal of Medicine” allora è vera o quantomeno è l’informazione più aggiornata possibile. Il New EnglandJournal of Medicine è la più prestigiosa rivista di medicina al mondo, è stata fondata da due dottori diBoston, John Collins Warren e James Jackson e il primo articolo, scritto dal padre di Warren, riguardava “il

dolore toracico causato dal cemento che ostruisce le arterie”. Il primo numero èstato pubblicato nel gennaio del 1812 e le prime 100 copie vennero

consegnate a mano da messi a cavallo. Quest’anno ricorre il secondocentenario della storia della rivista ed ormai sono due milioni i medici

che nel mondo ne ricevono settimanalmente una copia,prevalentemente online. Il sogno di ogni ricercatore è pubblicare sulNew England Journal of Medicine ma solo le ricerche di indiscutibilequalità e di assoluta rilevanza ricevono tale onore. E non si puòdefinire veramente colto un medico che non vi sia abbonato.Tanti auguri New England Journal of Medicine e 200 volte grazie, sia a

nome della classe medica che dei pazienti!F. S.

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I costi della Sanità div engono sempre più alti e g ravano sui bilanci dellevarie nazioni in maniera molt o preoccupante. La moder na medicina èindubbiamente dispendiosa, ma immensament e più ef ficace di q uella deinostri nonni. Come fare perché sia noi che i nostri figli si possa continuare a sostenerne icosti? I nostri nonni forse non avevano una medicina così ef ficiente come la nostra, maavevano saggezza da vendere, specialmente quando si tratt ava di af frontare situazioniavverse, e una delle cose che ci siamo sentiti r ipetere sempre era “ non sprecare !!”. Chesia veramente così semplice…Leggiamo quanto riportato di recente sul New York Times.

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Ma quel test serve veramente?

Food for Thoughtsa cura di Mario Albertucci

prendere quali esami gli esperti ritengonoinutili. Tra gli esami “inutili” ci sono, adesempio, l’elettrocardiogramma annualeper i soggetti a basso rischio e la radiografiadel torace che in genere si richiede comepreparazione per gli interventi di chirur-gia ambulatoriale.I medici sono stati spinti all’azione da unostimolante articolo del dott Howard Brody,direttore di un Istituto che si occupa dei pro-blemi etici della Sanità che è stato pubbli-cato sul The New England Journal of Me-dicine all’inizio del 2010. Il dottor Brody hacriticato l’atteggiamento delle Associazio-ni dei Medici, sostenendo che queste ten-devano preferenzialmente a pro teggeregli interessi economici dei medici, r ifiu-

Se l’intenzione è di controllare la spesa sa-nitaria, allora i medici devono assumereuna leadership forte e responsabile per cer-care di eliminare test e trattamenti inuti-li. Secondo alcune stime centinaia di mi-liardi di dollari sono impiegati ogni annoper pagare esami e tratt amenti non ne-cessari e di conseguenza, inutili. È quindimolto incoraggiante che le nove maggioriAssociazioni Mediche americane abbianoidentificato 45 test e procedure (cinque perogni Associazione Specialistica) che sonocomunemente usate e che non hanno alcunbeneficio per i pazienti e che anzi alcunevolte sono associate più a conseguenze dan-nose che benefiche. Molti pazienti saranno sor presi nell’ap-

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mane dopo un episodio di lombalgia e lascintigrafia ossea dopo la diagnosi preco-ce del tumore del seno o della prostata inpazienti a basso rischio di metastasi.Le varie Associazioni Mediche hanno re-datto le loro liste dopo mesi di analisi e re-visioni della letteratura medica da parte digruppi di esperti appositamente selezionati.In alcuni casi le Associazioni hanno di-mostrato un elevato senso della Ragion Pub-blica proponendo “tagli” che potenzial-

mente avevanoun riscontroeconomico perloro negativo,come la propo-sta dei radiologi

di limitare o abolire alcuni esami radio-grafici o quella dei gastroenterologi di li-mitare la frequenza delle colonscopie.Altre otto Associazioni Specialistiche pub-blicheranno le loro “lis te” in autunno,estendendo la campagna per la riduzionedegli sprechi del Sistema Sanitario.I pazienti però devono assumersi le loro re-sponsabilità. Dovrebbero infatti non chie-dere esami il cui valore è scarso o addirit-tura nullo. Per aiutare i pazienti nelle lorodecisioni la rivista Consumer Reports stasviluppando una v ersione delle “lis te”,più accessibile per il pubblico, che verrà di-stribuita gratuitamente con l’aiuto delle As-sociazioni Mediche.I pazienti che posseggono assicurazioni me-diche omnicomprensive probabilmentehanno meno interesse nell’evitare un testinnocuo ma inutile. Ma se i costi della Sa-nità continuano a salire alla fine si riflet-

tando di considerare piani (al di là della ri-forma sugli errori professionali) per ridurrela spesa sanit aria. Il do ttor Brody inco-raggiava quindi ciascuna AssociazioneProfessionale Specialistica a redigere unalista dei cinque esami o procedure che po-tessero essere eliminati contribuendo ve-locemente e significativamente alla ridu-zione della spesa sanitaria senza togliereai pazienti alcun beneficio potenziale de-rivante dai test o procedure soppresse. Inaltre parole evi-denziare cin-que “pratiche”veramente inu-tili. Un appositaFondazione isti-tuita dall’American Board of Internal Me-dicine ha finanziato uno studio pilota cheha coinvolto tre gruppi di pediatri, internistie medici di base ed ha fatt o pressione sututte le altre associazioni specialistiche af-finché preparassero liste simili concernentile loro specialità.Le prime nove Associazioni Specialistiche,tra cui quelle di cardiologia, oncologia, ra-diologia e medicina di base, hanno pub-blicato le loro “liste” la settimana scorsa (8aprile 2012).Tra gli esami nelle “liste” ci sono: la provada sforzo annuale in soggetti asintomatici,la TAC nell’encefalo dopo un episodio di“mancamento”, gli antibiotici per infezio-ne non com plicata dei seni paranasali(che sono quasi immancabilmente causa-te da virsus, i q uali non sono suscettibiliagli antibiotici), la risonanza magnetica del-la colonna lombare nelle prime sei setti-

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Nel tentativo ammirevole di prevenire le malattie, particolarmente quelle più comuni, sitrova un terreno molto fertile per gli “sprechi” della Sanità.Credere che ci sia un singolo test o un esame di laboratorio che ci garantisca la saluteper l’anno successivo è sicuramente molto ingenuo e fuorviante. Come fuorviante è farcredere che un test inutile non comporti conseguenze avverse se sufficientemente inno-cuo. Come dicono gli inglesi “ there is no free lunch” (non esiste un pasto gratis). Ogniesame anche il più semplice deve avere la sua ragione precisa ed essere adatto alla ri-sposta che si cerca. Per fare un esempio, se un pescatore si deve avventurare per una bat-tuta di pesca nell’alto tirreno, si farà premura di ascoltare il bollettino dei naviganti, piut-tosto che le previsioni del tempo su una radio locale. Non che queste ultime non sianoaccurate, ma non specifiche abbastanza per la situazione. E così come chiedere ad unsemplice elettrocardiogramma di predirci il nostro rischio di infarto se vogliamo essereattenti a prevenirlo.Non è che l’elettrocardiogramma sia dannoso o inutile, semplicemente non risponde allenostre esigenze, e fidarsi di questa informazione è come appunto affrontare un lungo viag-gio in mare con le previsioni del tempo della ….radio locale.Alla fine della giornata se lasciamo che la scienza ci guidi, riusciremo ad ottenere il no-stro scopo … risparmiando e non sprecando … “food for thoughts”.

germi patogeni ospedalieri se si è ricove-rati in ospedale senza un motivo certo, perfinire con le conseguenze della chirurgiabasata su esami con dei falsi positivi.Eliminare esami inutili non vuol dire “ra-zionare” la Sanità, ma praticare la medicinacon solide basi scientifiche ed economiche.

teranno sui premi assicurativi. Inoltre an-che un test apparentemente innocuo puòavere serie conseguenze sulla salute, bastipensare alle conseguenze delle radiazioniper eccessivi esami radiografici, agli effettiindesiderati dei farmaci prescritti senzauna indicazione sicura, alla esposizione a

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Il cuore dei calciatori africaniL’Italia, come abbiamo sottolineato più volte, è il paese che più degli altri controlla a tappeto i suoiatleti, giovani e anziani, campioni e brocchi. Lo deve fare per legge e, nonostante che l’impegno e ilcosto siano forse troppo onerosi per i nostri bilanci sanitari, essi tuttavia raggiungono lo scopo discartare i non idonei e di scoprire certe subdole malattie di cuore. L’elettrocardiogramma (ECG) el’ecocardiogramma (ECO) sono gli esami che meglio discriminano i promossi dai bocciati o chedanno l’indicazione per ulteriori accertamenti quando siamo nel dubbio. I risultati e i problemirelativi all’età e al rischio cardiaco nei riguardi delle diverse discipline sportive sono ben conosciutidai medici e dai cardiologi in particolare, lo sono meno invece quelli dovuti alle differenti razze,specie da quando gli atleti di colore sono diventati più numerosi nelle nostre squadre.Da parecchi anni i medici sportivi italiani si erano accorti che gli ECG di molti giocatori neriavevano i segni caratteristici di un ingrandimento del ventricolo sinistro, confermato anche

dall’ECO, e subito è scattata la non idoneità, nelsospetto che queste modificazioni preludesseroallo sviluppo di una malattia ben nota per ilrischio di morte improvvisa sul campo, lacardiomiopatia ipertrofica. Il più delle voltequesti atleti, cui veniva negata la patente pergiocare, migravano in altri paesi dove non cisono queste restrizioni legislative e nonsuccedeva niente. Perché in effetti quegliingrandimenti, cui oggi possiamo anteporre ilprefisso pseudo, erano solo delle differenzerazziali, che non costituiscono né unamenomazione né un presumibile pericolo per laloro vita futura.Gli esperti della medicina sportiva di Roma,capeggiati da Antonio Pelliccia, cui dobbiamotante belle ricerche in questo campo, hannopubblicato sul JACC di marzo 2012 uno studio

che chiarisce bene questo problema. Essi, analizzando gli ECG e gli ECO di 154 calciatori under 17di vari paesi dell’Africa e confrontandoli con analoghi italiani, hanno confermato che lemodificazioni da ingrandimento del cuore sinistro sono circa il doppio nei neri rispetto ai caucasici,ma che il ventricolo è solo lievemente aumentato di spessore, non di volume, e che gli algerinihanno un comportamento intermedio tra quelli del Burkina Faso o della Nigeria e gli italiani. Un problema razziale quindi che nulla toglie tuttavia al fatto che dobbiamo essere sempre cautinelle valutazioni sportive perché, come ci ha documentato uno stimato patologo statunitense, idiscendenti neri sviluppano più spesso le forme di ipertrofia sinistra pericolose per la vita.

E. P.

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Lettere a Cuore e SaluteLa Posta

R.

D.

maggio-giugno [n. 5-6/2012] p. 173

L’aorta bicuspide

Sono il padre di un ragazzo di 12 anni cui durante un accertamento sportivo gli è statadiagnosticata una valvola aortica bicuspide. Egli sta bene, non ha alcun disturbonemmeno durante la sua attività sportiva (il calcio), ma io da quando ho parlato con glispecialisti che gli hanno fatto quella diagnosi sono molto preoccupato. Mi hannoelencato tutta una serie di rischi di infiammazioni, di aorta dilatata e di altrecomplicazioni che non capisco bene. È veramente una malattia così grave? A cosadobbiamo stare attenti? Può continuare lo sport?Vi ringrazio molto e saluto cordialmente.

Federico B., Rovigo

Caro Signor Federico,cominciamo con il dire che la valvola aortica bicuspide non è una malattia, ma solo unapiccola malformazione, riscontrabile nell’uno per cento della popolazione generale e chepuò associarsi ad altre più importanti, come la coartazione aortica, che evidentemente suofiglio non ha. In secondo luogo la valvola bicuspide svolge le stesse funzioni di quellatricuspide, cioè impedisce che il sangue espulso dal ventricolo sinistro torni indietro, sicchéla funzione del cuore è altrettanto normale. Il problema dei portatori di questa imperfezione,

che ha anche una certa ereditarietà, è la sua vigilanza neltempo con periodici controlli ecocardiografici onde valutarela tendenza a subire certi cambiamenti. Tali cambiamentipossono succedere anche nell’altro 99%, ossia nelle valvoletricuspidi, ma con minore frequenza. Le bicuspidi infattisono più soggette a restringersi nell’età avanzata o a nonessere più ben continenti, oppure ad infiammarsi. Perquest’ultimo rischio si consiglia ai pazienti di usare con piùgenerosità gli antibiotici, anche per banali infezioni (gola,denti o vie urinarie) perché i germi che viaggiano nel sangue

sono “attratti” dalle anomalie e possono provocare endocarditi valvolari. Un’ultimaattenzione che dovrà avere l’ecocardiografista sarà quella di valutare nei controlli periodicianche il calibro dell’aorta toracica, che in alcuni casi di valvole bicuspidali tende a dilatarsi,ma raramente fino al punto da dover intervenire. Si fidi quindi dei cardiologi, che sono bravi,anche se talvolta un po’ terroristici. Il problema di suo figlio è quello di una medicinapreventiva, quindi potrà svolgere vita normale, anche sportiva.Cordiali saluti.

Eligio Piccolo

Valvola normale Valvola biscupide

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Il cuore di Cassano Sono un tifoso del Milan ma prima ancora sono un appassionato del bel calcio e deibravi giocatori. Per tale motivo ho seguito con attenzione la vicenda del giocatoreAntonio Cassano, trepidando alla notizia della sua malattia e rallegrandomi almomento del suo rientro in campo. Non sono però riuscito a capire perché, se il suoproblema è stato un piccolo ictus, il giocatore sia stato sottoposto ad un interventochirurgico al cuore?

Marco A., Roma

Le condizioni di salute di Cassano sono state per molti giorni al centro dell’attenzionemediatica e la Sua domanda ci offre l’occasione di puntualizzarne l’aspetto medico. I sintomi accusati dal giocatore sono stati la conseguenza di un episodio d’ischemiacerebrale, ossia di mancata fornitura di sangue e conseguentemente di ossigeno aduna parte del cervello. Il mancato rifornimento di sangue è stato fortunatamentetransitorio e di limitata entità e quindi non ha indotto danni permanenti. La causadell’ischemia è stata un’embolia ossia la migrazione di un coagulo di sangue

D.

R.

La Posta

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all’interno di un vaso arterioso cerebrale e la conseguente occlusione di quest’ultimo.Nella circolazione venosa di ognuno di noi, soprattutto a livello degli arti inferiori, sipossono formare dei coaguli ematici in particolar modo in caso di immobilitàprolungate come nel corso di viaggi aerei (non a caso Cassano si è sentito male dopo ilvolo di ritorno da una trasferta) ma è molto difficile che frammenti di questi coaguli,gli emboli, possano giungere nella circolazione arteriosa. Nel caso di Cassano ciò èstato possibile perché nel cuore del giocatore c’èra un’anomala comunicazione tral’atrio destro e quello sinistro. Questa comunicazione, chiamata pervietà del forameovale, ha quindi permesso il passaggio dell’embolo dalla circolazione venosa a quellaarteriosa. L’intervento subito successivamente dal calciatore barese è consistito nellachiusura per via percutanea (ossia senza taglio né cicatrice bensì tramite la puntura diun’arteria femorale, come per le coronarografie e le angioplastiche) di tale pervietàmediante il posizionamento di due dischi uno in atrio destro ed uno in atrio sinistro,collegati tra loro, che occludono la comunicazione comprimendola dai due lati. È peròimportante sottolineare che questa pervietà del forame ovale, vestigia della vitafetale, è un reperto estremamente frequente tanto da essere presente nel 25-30%della popolazione generale ma che solo in rare circostanze dà segni di sè. Unicamentenel caso della comparsa di manifestazioni cliniche suggestive è giustificata la ricercadi tale anomalia con il ricorso ad un ecocardiogramma transtoracico o transesofageo.Relativamente al trattamento, infine, non vi sono ancora dati che dimostrino lasuperiorità della chiusura percutanea rispetto alla terapia anticoagulante orale. È ovvio che nel caso di un atleta professionista le problematiche connesse con lascoagulazione del sangue abbiano fatto propendere per la chiusura della pervietà.

Filippo Stazi

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Biografie

Le biografie di Oscar Wilde lasciano spesso dubbi circa la veridicità, ognicernita rivolta a togliere dubbi ne crea di nuovi.C’è chi mette in discussione anche l’omosessualità, sicuramente ebbe espe-rienze bisessuali, ma le accuse del marchese di Queensberry al proces-so sono esagerate, frutto dell’odio. Le contraddizioni non si contano.Il personaggio era assai complicato, contrastante,indefinibile: talento, genialità, esibizionismo, ec-cessi di autoammirazione, piacere di destare stu-pore e quello provocatorio avevano sovente il so-pravvento sulla realtà.Si ricordano le mani molli, soffici come un cusci-no di seta, poi si viene a sapere che quattro balor-di, studenti del Magdalen College reduci avvinaz-zati da una festa, salirono nel suo appartamento perdivertirsi alle sue spalle, strappandogli gli abiti in-consueti e spaccando qualche vaso cinese; ruzzo-larono tutti giù per le scale, uno dopo l’altro, per ipugni di Wilde.Facile al pianto, come si dice fosse, incapace di sop-portare gli sgarbi, cacciò il solito Queensberry in-sieme al suo accompagnatore, un pugile profes-sionista, che era andato a trovarlo col proposito diminacciarlo.

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di Franco Fontanini

Quaderno a Quadretti

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p. 177maggio-giugno [n. 5-6/2012]

A Montmartre mise KO parecchi apachesche cercavano, per sfida, di sottrargli il pre-giato bastone.Elegantissimo, a volte il suo abbigliamen-to era assolutamente ridicolo. Era eccessivoin tutto, nelle attività nobili e in quelle me-schine. La poesia veniva prima di ogni al-tra cosa, nel cimitero protestante di Romaandò a pros trarsi a lungo da vanti allatomba di Keats e salutò con noncuranzaquella di Pio IX.Probabilmente rubacchiò qualche aforisma,ma ne distribuì centinaia a larghe mani,non resisteva alla tentazione di corregge-re e migliorare quelli altrui.Due cose di lui rimasero sempre immodi-ficate: lo sfoggio di orgogliosa alterigia inogni occasione propizia, e l’esibizionismodella sua incantevole dialettica. Non sep-pe rinunciarvi neppure q uando vennescarcerato. Malvestito, senza un soldo, so-litario, con falso nome, a Parigi conquistòin brevissimo tempo un numeroso uditoriodi fans sempre crescente.Non era l’aristocrazia intellettuale londi-nese, ma gente qualunque, artisti di stra-da, disoccupati, v agabondi, falliti, c hel’ascoltavano estasiati.A letto, sofferente per una meningite chesi dice conseguenza di una lue giovanile,chiese dello c hampagne. Mentre lo sor -seggiava, commentò: “Muoio al di sopra del-le mie possibilità”.Al funerale partecipò una quindicina di per-sone, un amico disse: “Las cia qualchedente d’oro e qualche capolavoro”.

Nepotismo, familismo e generoni

Il nepotismo c’è sempre stato, oggi ha di-lagato: è una lobby molto potente, ramifi-cata nelle università, stampa, magistratu-ra, sanità, politica, probabilmente dovun-que ci sia potere.Un iniziatore, non dimentichiamolo, fu ad-dirittura il nostro Ippocrate, il padre della me-dicina, che esercitò nella seconda metà delV secolo a.c. Figlio di un medico, lasciò ineredità i due pr imariati dell’asclepio diCos a Tessalo e a Dracone, i suoi due figli poi,forse temendo che il genero si sentisse tra-scurato, ne creò uno anche per lui. Fu un comportamento in contrasto con ilgiuramento che porta il suo nome, decadutonei secoli f ino a divenire una promessavaga e senza impegno, qual’è attualmente.A Roma nel corso dell’ottocento si aggiunseil “generone”, nato dalla nuova borghesia filovaticana, per non essere da meno dell’ari-stocrazia, ma fu un’iniziativa che produssemolta ironia e scarso potere.Il nepotismo ebbe il periodo d’oro nel ‘600,quando Alessandro VI Borgia, il peggiorpapa della storia, del quale nessuno è riu-scito mai a salvare l’onore, inventò il “car-dinal-nepote”, in un momento in cui avevaesaurito tutti i nipoti disponibili. Il primo car-dinal-nipote fu un pronipote che non avevaancora ventidue anni. Grazie alla is tituto-nazionalizzazione del nepotismo si poteva-no accordare favori, nomine, promozioni eprotezioni ai propri congiunti indipenden-temente da ogni merito e qualità morale. Ci provò senza successo anche col Savona-

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rola, sua perenne spina nel fianco, che in pre-cedenza aveva tentato di scomunicare.Il nepotismo ha costantemente accresciu-to il potere delle famiglie e delle categorie,oggi qualcuno ha proposto di chiamarlo fa-milismo, più accettabile e che sa meno dicorruzione, ma i politici a quanto pare ri-mangono strettamente legati al nepo ti-smo cercando solo di dissimularlo.Praticante del familismo risulta, un po’ a sor-presa, anche una persona garbata come Fas-sino che, prima di diventare sindaco di To-rino, ha seduto per un quarto di secolo a Mon-tecitorio accanto alla moglie che è rimasta inparlamento, sebbene le regole del suo par-tito impongano il limite di due legislature. Con i nomi dei parenti di politici assurti aposti di rilievo, si farebbe un volume comequelli della Treccani.I politici sono in testa da tempo immemo-rabile gomito a gomito con i baroni uni-versitari fra i quali rapporti di parentela odi affinità coniugale legano oltre la metà del

corpo accademico. Qualche anno fa all’U niversità di Bar i,alla richiesta dell’ufficio del professor Gi-rone, il portiere chiese: “Girone: chi? GironeGiovanni, il Magnifico Rettore o Girone Raf-faella sua figlia, Girone Gianluca suo figlio,o Girone Sallus tio Giulia sua moglie?C’erano anche altri parenti acquisiti comeFrancesco Campobasso, associato di stati-stica, marito della professoressa Raffaella.Sempre a Bari il direttore amministrativoha come collaboratori dodici parenti: mo-glie, figlia, cognata, sorella e sette nipoti.In genere il partito protettore è lo stesso pertutti, ma sono numerosi anche i protetti dapartiti diversi, in pos ti che possono di-ventare ereditari. C’è anche chi, con orgoglio, esibisce i titoliquali “figlia del generale della Guardia diFinanza Melchiorre e nipote del cardinaleBovone”.Chi desidera approfondire può consultare lavasta letteratura disponibile: troverà figli, ni-poti e pronipoti d’arte, da far girare la testa.Ci sono sempre stati casi sorprendenti an-che in passato: da ricordare il fisiologo ca-tanese Martino che, quando venne nomi-nato ministro, mise in cattedra contempo-raneamente cinque suoi assis tenti. Nonavendo nell’istituto stanze a sufficienza, l’ul-timo cattedratico fu autorizzato a fare le ri-cerche a casa propria.Fra i mille protagonisti dell’unità d’Italia chea Genova si imbarcarono diretti a Marsa-la, prevalevano largamente i poeti e lette-rati, molti dei quali studenti fuori corso. Pa-recchi trovarono rapida sistemazione in ma-terie letterarie nell’Università di P aler-

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Contessina Giuseppina Raimondi,fugace moglie di Garibaldi

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mo, solo un certo poeta Pepe non riuscì atrovare una cattedra vacante che gli si con-facesse per cui venne destinato a fisica. Lesue risposte ai maliziosi interpellanti furonoil ludibrio per varie generazioni!Fra i volontari c’erano anche Menotti e Ric-ciotti Garibaldi, figli dell’eroe dei duemondi, che divennero contemporanea-mente parlamentari e procurarono qualcheguaio al padre. Menotti sperperò patrimo-ni in speculazioni sbagliate nell’Agro Ro-mano e non riuscì mai a mettere insiemela somma da restituire al Banco di Napoliil quale si rivolse più volte a Garibaldi pa-dre che si era dic hiarato garante. All’en-nesima richiesta vana Garibaldi perse la pa-zienza e scrisse molto seccato al direttoreuna perentoria lettera in cui diceva: “vi holiberati e non vedo cos’altro debba fare pervoi”. Il 13 novembre 1881 la banca, rasse-gnata, finalmente condonò i debiti “visti ititoli di benemerenza dell’intera famigliaGaribaldi”.Giuseppe Garibaldi neppure in altre ver-

tenze si dimostrò conciliante e propenso asaldare i debiti. Non era alieno neppure allevertenze legali: dopo il fulmineo annulla-mento del matrimonio con la marchesinaRaimondi, i contrasti economici con la fa-miglia si protrassero per altri venti anni.Anche se dovesse chiamarsi familismo, latendenza non dà cenni di v olgere al tra-monto e grazie al “Trota” è entrata anchenella Padania, deludendo coloro che con-sideravano la Lega immune.

Sinistri e mancini

Le statistiche riportano che stabilmente, intutto il mondo, una persona su dieci è man-cina e che non c’è stato l’aumento previstodai genetisti. Si vedono più giovani che scri-vono con la mano sinistra perché, dal 1970,il mancinismo non è più contrastato.A molti, un tempo, non piacevano i man-cini, ai sessantottini non piaceva il divie-to al mancinismo, che lo si correggeva ri-gorosamente perché al tempo dei penniniinzuppati nel calamaio la mano sinistra stri-sciando sulla pagina scr itta, frequente-mente macchiava il foglio, inconvenientescomparso con le penne a sfera inventateda Laszlo Biro e non c’era più neppure lanecessità di ricorrere allo specchio per leg-gere la scrittura dei mancini come per i ma-noscritti di Leonardo da Vinci.Sebbene molte persone celebri siano man-cine, non risulta che i mancini fossero piùintelligenti dei mandestri, tanto che la sini-stra veniva chiamata “mano del diavolo” per-ché rassomigliava a quella di alcuni demo-ni degli affreschi medioevali.Nelle credenze popolari i mancini erano guar-

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dati come “diversi” e con un po’ di diffidenza.Mancino significava anche scorretto, sleale,addirittura disonesto e in passato venne as-sociato anche alla demenza e alla dislessia.La mano vera, da usare, da porgere, era ladestra, quella che impugnava le armi omi-cide. Usare la mano destra per il saluto eraun modo di dimostrare di essere disarma-ti e di avere buone intenzioni. La mano de-stra era più abile con sciabola e pis tola efavoriva i pugilat ori e gli sc hermidori.Oggi viene considerata più abile con i com-puter e soprattutto con i videogiochi.Un vantaggio poco augurabile è quello deimancini che, colpiti da ictus, perdono ra-ramente l’uso della parola.Fra i calciatori i campioni mancini sono rarie molto apprezzati, uno dei più famosi è l’in-terista Mariolino Corso che Edmondo Ber-selli battezzò alla sudamericana “piede si-

nistro di Dio” in occasione di un incontrointernazionale in cui il lunatico attaccan-te partì in dribbling da metà campo facendoun gol dopo aver scartato cinque o sei av-versari.Il virtuosismo inventato da Corso era peròla “foglia morta” in cui il pallone calciatoda fermo come solo lui sapeva fare, cam-biava direzione all’improvviso come inve-stito da una folata di vento per finire in rete.Berselli, anche lui indimenticabile, fece ilpeana di questi tiri di punizione in un li-bretto introvabile dal titolo: “Il più manci-no dei tiri”, nel quale, prendendo spuntodal piede di Corso non perse l’occasione digustosi commenti sul centrosinistra, allo-ra di grande attualità.Un vecchio maestro elementare ha dettocon nostalgia: “Ai miei tempi, la sinistra daeliminare erano solo i mancini”.

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di Paola Giovetti

Non è facile sintetizzare in poco spazio una vita ricca e complessa comequella di J.W. Goethe (1749-1832), che è riduttivo definire poeta: certamentelo fu, e grandissimo, ma fu anche romanziere, drammaturgo, saggista, tra-duttore. Oltre a questo si occupò, sempre a livelli di eccellenza, di ogni pos-sibile tematica, da quelle artistiche (arti figurative, musica, teatro e altroancora) a quelle scientifiche: e qui si va dalla geologia alla botanica, dal-l’osteologia dove fece importanti scoperte all’analisi sperimentale dei co-lori, dalla meteorologia allo studio delle nuvole, dalla ricerca della “pian-ta originaria” da cui tutte le altre avrebbero avuto origine a un primo ten-tativo di teoria evoluzionistica, in qualche modo prefigurando le scoper-te di Darwin. Fu sportivo: cavalcava per ore, faceva lunghissime cammi-nate, pattinava sul ghiaccio, nuotava e scala-va montagne. Fu ministro del duca di Weimarcon incarichi in campo politico, amministra-tivo, finanziario, artistico: si occupò infatti diminiere e viabilità, progettò la costruzione diedifici per la cor te, curò la sistemazione delgrande parco che si trova alle spalle del ca-stello, realizzò l’orto botanico dell’Universitàdi Jena – e nel contempo visse una vita uma-namente intensissima, coltivando affetti eamicizie. E innamorandosi ancora una volta a74 anni. Non è finita: Goethe fu viaggiatore at-tento, collezionista di minerali, libri, disegni,stampe, quadri, monete, calchi in gesso delle

Johann Wolfgang Goethe, l’uomo universale

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Goethe in contemplazione della caducitàdel mondo in un quadro di J.H.Tischbein

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statue dell’antichità che tuttora sono con-servati nella sua casa a Weimar. Ebbe unosguardo internazionale e sino alla fine se-guì con interesse le tendenze letterarie ele vicende politiche e sociali di tutto il mon-do a quel tempo raggiungibile, da Orientea Occidente. Fu inoltre valido disegnatoree a lungo restò incerto sulla sua autenticavocazione: la scrittura, le scienze o il di-segno? In Italia si renderà conto di essereessenzialmente uno scrittore. C’è poi ancheun Goethe tuttofare, che per la corte di Wei-mar presso la quale operò per quasi ses-sant’anni organizzò feste, spettacoli, seratedi lettura, passatempi di ogni genere.Tutto questo benché spesso colpito da ma-lattie anche gravi, che aborriva definendole“il maggior male terreno”. Ebbe una lungaserie di medici, nei quali riponeva grandefiducia ma che controllava personalmente,avendo seguito da studente, oltre alle lezionidi legge, anche quelle di anatomia, chimi-ca e medicina.Nato a Francoforte sul Meno da una famigliadell’alta borghesia, ricevette in casa un’ottimaeducazione e studiò poi legge a Lipsia e Stra-sburgo. A 22 anni ha un fortissimo sboccodi sangue di origine abbastanza incerta: gli

devono incidere un grosso gonfiore al colloe ha spesso la febbre. Da gravi disturbi di-gestivi viene liberato dal suo medico che èanche alchimista e che utilizza una “fialet-ta di cristalli di sale”.A 25 anni il grande successo del romanzo“I dolori del giovane Werther”, in gran par-te autobiografico (ma a suicidarsi peramore fu un suo conoscente…) rende il suoautore di colpo famoso in tutta Europa e glivale l’invito dell’appena diciottenne ducaKarl August di Sassonia/Weimar a rag-giungerlo a Weimar come suo precettore eamico. Avrebbe dovuto essere un soggior-no di qualche mese, ma durò per tutt a lavita di Goethe. Grazie alla sua presenza ea quella di altri letterati la piccola cittadi-na di Weimar divenne il centro culturale piùprestigioso della Germania, quello in cuinacque la Weimarer Klassik, il classicismodi Weimar.Per undici anni Goethe si cimenta con in-carichi amministrativi e culturali semprepiù importanti e impegnativi; poi il 3 set-tembre 1786 parte per l’Italia, senza av-vertire nessuno e s enza dire dove va equanto resterà assente. La par tenza, ap-parentemente improvvisa ma in realtà alungo meditata e preparata, risponde a unanecessità esistenziale: Goethe deve liberarsidai molteplici impegni legati alla sua caricadi ministro del duca di Weimar e deve dareuna svolta alla lunga e per certi aspetti fru-strante relazione con la baronessa Charlottevon Stein, donna di grande fascino intel-lettuale, dama della corte di Weimar, spo-sata e madre di vari figli, più anziana di luidi sette anni: relazione rimasta quasi cer-

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Christiane Vulpius

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tamente a livello platonico per la calvini-stica rigidità di lei. Il viaggio in Italia se-gnò la fine della relazione con la signoravon Stein, certamente la donna più im-portante della vita di Goethe, colei che conla sua guida sapiente aveva avviato il pas-saggio dal giovane impetuoso autore delWerther al poeta classico della maturità ediede un’impronta diversa anche al suo rap-porto con il duca e agli impegni politici eamministrativi. J.W. Goethe doveva ritrovarese stesso – e q uesto poteva avvenire sol-tanto in Italia, il paese sognato fin dall’in-fanzia, il paese dell’arte e del sole, il “pae-se dove fioriscono i limoni”. Il viaggio in Italia durò quasi due anni, se-gnò una vera e propria cesura nella vita delpoeta: dopo, nulla fu più come prima ed èdescritto nel piacevolissimo libro “Viaggioin Italia”, che oltretutto ci fa conoscere comefosse l’Italia alla fine del Settecento. Due settimane a Venezia e poi di corsa aRoma, con piccole soste a Padova, Ferrara,Cento, Bologna, Perugia. A Firenze si fer-ma appena tre ore, tanta è l’ansia di r i-prendere il viaggio, ma la visiterà con curasulla via del ritorno. Nella Città Eterna Goe-the vive praticamente in incognito in viadel Corso in quella che oggi è nota come la”casa di Goethe” insieme a una comunitàdi artisti tedeschi, visita capillarmente lacittà, studia l’arte e le antichità, riprendea scrivere. Il soggiorno romano è interrot-to da un viaggio di alcuni mesi a Napoli ein Sicilia che lo incantano, poi ritorna aRoma e riprende la sua libera vita di arti-sta. Ritrova se s tesso, ha una s toria im-portante con una giovane vedova venti-

treenne che lo ripaga del lungo digiuno im-posto dalla signora von Stein e nel giugnodel 1788 ritorna a Weimar trasformato, re-stituito a se stesso. Un mese appena dopoil rientro incontra quella che sarà la suacompagna per quasi trent’anni, la giova-nissima Christiane Vulpius, una ragazza dimodesta famiglia che fa l’operaia in una fab-brica di fiori di seta: una bella figliola al-legra e di grande buon senso, ottima pa-drona di casa, gran cuoca, madre affettuosae in più il suo ero tikon. Già pochi giornidopo il primo incontro Christiane andrà avivere col poeta: relazione mal sopportatadalla buona società di Weimar per la dif-ferenza di ceto sociale tra i due partner eche mette ovviamente la parola fine al rap-porto con Charlotte. Da Christiane Goetheavrà cinque figli, il primo soltanto dei qua-li, August, sopravviverà e raggiung eràl’età adulta; gli altri quattro moriranno ap-pena nati, con ogni probabilità per un fat-tore di incompatibilità dei fattori Rhesus trai genitori. Goethe sposerà Christiane solodopo diciotto anni di libera convivenza e re-sterà vedovo nel 1816: Christiane muore adappena 50 anni per problemi renali.Al ritorno a Weimar il poeta viene sollevatodagli impegni amministrativi, conservan-do il ruolo di consigliere segreto del duca,la direzione del teatro e della biblioteca ealtri incarichi di carattere culturale. Na-scono poco per volta opere importanti: i ro-manzi “Le affinità elettive” e “GuglielmoMeister”, saggi, poesie, i vari libri auto-biografici, il “Faust”, che sarà terminato po-chi giorni prima di morire a 83 anni: perquei tempi una bella età.

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A parte i due anni italiani, dove il clima cal-do e asciutto lo mantenne sempre in salu-te, il meteoropatico Goethe soffrì sempre didisturbi di tipo influenzale, catarro, mal didenti (nota veramente dolente e q uasisenza soluzione a quel tempo!), problemidi digestione. Tra il 1805 e il 1810 ebbe do-lorose coliche renali, che spesso si ripete-vano ogni mese e che venivano curate conlunghi soggiorni in località termali, attac-chi reumatici, col passare degli anni t en-denza alla pressione alt a (curata con sa-lassi) e disturbi cardiaci e circolatori. Nel1801 ha un attacco di risipola che lo por-ta a un passo dalla morte; dell’inverno del1823, a 74 anni, è una grave pleurite conpericardite che fa temere per la sua vita. Masi riprende e nell’estate si reca a Marien-bad, famosa località termale dove si dà ap-puntamento l’alta società e dove sa che in-

contrerà la bella signora Amalie v on Le-vetzow con le sue tre f iglie. La maggiore,Ulrike, ha diciannove anni ed è una bellezzain fiore. Goethe ne era un po’ innamoratofin dagli anni precedenti, quando era pocopiù che una bambina, ora la rivede e la pas-sione divampa. Corre da un medico, si favisitare, vuol sapere se un matrimonio allasua età può essergli dannoso, riceve ri-sposta rassicurante e chiede in sposa la fan-ciulla. La risposta sarà negativa: la signo-ra Amalie è onorat a per la r ichiesta delgrande Goethe, ma è imbarazzata per la dif-ferenza di età: cinquantacinque anni, ve-ramente troppi! Lascia però che a decide-re sia la figlia, la quale considera Goetheuna specie di nonno, non ha voglia di spo-sarsi e infatti non si sposerà mai. Goetheriparte deluso e amareggiato e nel viaggiodi ritorno in carrozza scrive quel capola-voro di passione e rinuncia che è l’“Elegiadi Marienbad”.Gli anni successivi scorrono tranquilli, trastudi letterari e scientifici, instancabile crea-tività poetica, incontri con personalitàdella cultura e della politica che fanno agara nel fargli visita, piccoli viaggi, onoriche arrivano da tutte le parti. Nel 1830 ilgrande dolore: il figlio August, quarantenne,muore durante un viaggio in Italia, aRoma: vaiolo e “apoplessia cerebrale”, si dis-se. È sepolto nel cimitero degli acattolicipresso la piramide di Caio Cestio. La noti-zia provoca al padre un violento sbocco disangue; ma poi si riprende e ritrova nel la-voro, nell’affetto della nuora Ottilie e dei trenipotini la volontà di andare avanti. La morte lo coglie in maniera abbastanza ina-

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spettata, quasi certamente per infarto, il 22marzo 1832. Il clima è ancora abbas tanzafreddo ma c’è un bel sole e Goe the, uscitoil 15 per una passeggiata in carrozza, si pren-de un raffreddore. Si mette a letto, ma la si-tuazione peggiora al punto che la mattina del20 viene chiamato il medico curante dottorVogel, che lo trova in pessime condizioni:grande agitazione, violenti dolori al petto, co-lorito cinereo, occhi infossati, spenti: “Tut-to il corpo ghiacciato grondava di sudore,quasi insensibile era il pols o, molto fre-quente, celere, duro; l’addome era molto gon-fio, la sete tormentosa”, così scrive il dottore.Le cure subito prestate (ma non sappiamo

quali) sembrano efficaci e Goethe esce dal-la crisi. Il giorno 21 passa abbastanza tran-quillamente; la mattina del 22, seduto in pol-trona, commenta - lui da sempre grande ami-co del sole - che è quasi primavera e che l’ar-rivo della buona s tagione l’aiuterà a r i-prendersi del tutt o. Nessun presagio dimorte. Sono le nove, cominciano le ultimetre ore di vita del poeta, che delira avendoaccanto i familiari. Ha bisogno di bere, vuo-le che Ottilie gli dia “la sua cara zampetta”,chiede “più luce”. Si spegne tra le bracciadella nuora, tanto serenamente che lei nep-pure si accorge del momento della morte. Èmezzogiorno, la stessa ora in cui è nato.

Check up italianoOgni tanto è opportuno dare la sveglia ai nostri lettori e concittadini, che molte cose le sanno, ma spessofanno finta di non saperle. Ci soccorre in questo l’Istituto Superiore di Sanità, che mette in guardia sullemolte nostre manchevolezze, ottenute interrogando i cittadini stessi. Due terzi dei quali dichiara di sentirsibene e solo il 4% di star male, ma sondando più a fondo si scopre che il 25% ha il colesterolo alto, il 21% èiperteso, il 18% soffre di una malattia cronica, l’8% ha una patologia respiratoria, un altro 8% è affetto dadiabete, l’11% è obeso e il 29% è piuttosto sedentario. Tutto ciò è più frequente in chi è meno abbiente e haun grado di istruzione scolastica più basso. Evidentemente, dato il buon livello della nostra sanità pubblicae la scarsa o punta informazione che riceviamo a scuola su come siamo fatti e su cosa rischiamo, questapenalizzazione non dovrebbe dipendere dal grado di scuola o dal non potersi permettere certe curecostose, ma dall’insufficiente abitudine a leggere e a imparare. Quanto ai vizi veri e propri, il 28% continuaa fumare (32% gli uomini, 24% le donne) e i bevitori a rischio sono il 20% (25% gli uomini, 15% le donne).Le più colpite da tutto ciò sono le regioni centro-meridionali, tranne per l’alcol che prevale nel settentrionee nelle donne, chissà perché in quelle più istruite.

E.P.

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di Filippo Stazi

Chirurgia bariatrica, obesità e diabete, il Trial STAMPEDE: L’associazione, tra l’altro incostante aumento, di diabete ed obesità costituisce uno dei maggiori problemi di salute pub-blica in quanto in questi pazienti il controllo farmacologico della glicemia è spesso insoddi-sfacente. In questo trial randomizzato è stata valutata l’efficacia della terapia chirurgica inassociazione a quella medica versus la sola terapia medica in 150 pazienti obesi con diabe-te mellito di tipo 2 seguiti per un anno. L’end point primario era la percentuale di pazientiche presentavano un valore di emoglobina glicosilata inferiore al 6%. La terapia chirurgica,chiamata bariatrica ed eseguita per via laparoscopica, consisteva nel bypass gastrico o nel-la tubulizzazione gastrica (ossia l’asportazione di un tratto verticale di stomaco in modo darimpicciolire il contenitore gastrico). Al termine dello studio il 12% dei pazienti in sola tera-pia medica (gruppo A) aveva raggiunto l’end point primario contro il 42% di quelli sottopo-sti a bypass (gruppo B) ed il 37% di coloro che erano stati invece trattati (gruppo C) con latubulizzazione (p = 0.002 e, rispettivamente, 0.008). Il valore medio dell’emoglobina glico-silata era 7,5% nel gruppo A, 6,4% nel gruppo B (p < 0.001) e 6,6% nel gruppo C (p = 0.003).Il calo ponderale era maggiore nei gruppi B (-29.4 Kg) e C (-25.1 Kg) che nel gruppo A (-5.4Kg) (p < 0.001). Il ricorso, infine, a farmaci ipoglicemizzanti, ipolipemizzanti e ipotensivi eraminore nei soggetti trattati chirurgicamente. La conclusione degli autori è quindi che la chi-rurgia bariatrica associata alla terapia medica permette un migliore controllo della glicemianei soggetti obesi. Ulteriori studi sono però necessari per valutare la persistenza di tali ef-fetti benefici nel lungo periodo. (New Engl J Med 2012; 366: 1567-1576)

Chirurgia bariatrica, obesità e diabete, the italian style: In questo studio italiano 60 pa-zienti con obesità, storia di diabete di tipo 2 da almeno 5 anni e livelli di emoglobina glico-silata > 7% sono stati randomizzati a terapia medica od a chirurgia bariatrica (bypass gastricoo diversione biliopancreatica). L’end point primario era costituito dal tasso di remissione (gli-cemia a digiuno < 110 mg/dl) del diabete a due anni e da valori di emoglobina glicosilata <6,5% in assenza di terapia farmacologica. Al termine dei due anni dello studio il 75% dei pa-zienti trattati col bypass gastrico ed il 95% di quelli sottoposti a diversione biliopancreaticapresentavano una remissione del diabete a fronte dello 0% del gruppo in terapia medica (p< 0.001). I livelli di emoglobina glicosilata, inoltre, erano, rispettivamente, 7,69%, 6,35% e 4,95%confermando, quindi, la superiorità dell’approccio chirurgico rispetto a quello medico nei pa-zienti obesi con diabete di tipo 2. (New Engl J Med 2012; 366: 1577-1585)

cardiologiciAggiornamenti

NEWS

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Infusione endovena od intracoronarica di abciximab durante angioplastica primariaper STEMI. L’AIDA STEMI Trial: Sebbene l’infusione intracoronarica di abciximab consentadi ottenere maggiori concentrazioni locali del farmaco, una migliore perfusione e maggioreriduzione dell’area infartuale confrontata con la somministrazione endovenosa, la sua sicu-rezza ed efficacia non è stata mai testata in uno studio di ampie dimensioni. Per ovviare aquesta mancanza 2065 pazienti affetti da infarto con sopraslivellamento del segmento ST in-sorto da meno di 12 ore sono stati randomizzati a ricevere il bolo di abciximab (0.25 mg/kg)per via intracoronarica o per via endovenosa, seguito poi dall’infusione endovena di 0.125µg/Kg/min (max 10 µg/min). L’end point primario, la combinazione di mortalità totale, re-cidiva infartuale o scompenso cardiaco di nuova insorgenza entro 90 giorni dalla procedu-ra, non ha presentato differenze significative tra i due gruppi (7% somministrazione intra-coronarica e 7.6% somministrazione endovena, p = 0.058). La mortalità totale (4.5% vs 3.6%)e le recidive infartuali (1.8% vs 1.8%) sono risultate simili mentre meno pazienti nel gruppointracoronarico sono andati incontro ad episodi di scompenso (2.4% vs 4.1%, p = 0.04). La con-clusione degli autori è che la somministrazione di abciximab per via intracoronarica è sicurae, alla luce della possibile riduzione degli episodi di scompenso cardiaco, probabilmente dapreferire a quella per via endovenosa. (The Lancet 2012; 379: 923-931)

Chiusura o non chiusura del PFO. Il CLOSURE I: La prevalenza della pervietà del forameovale nei pazienti con ictus senza causa apparente è maggiore che nella popolazione gene-rale. La chiusura di tale pervietà è pertanto spesso raccomandata anche se non vi è certez-za che tale procedura riduca il rischio di recidive ictali. Nel CLOSURE I 909 pazienti con per-vietà del forame ovale e pregresso episodio ischemico cerebrale criptogenetico sono stati ran-domizzati a chiusura percutanea del forame ovale od alla sola terapia medica (aspirina e/oterapia anticoagulante). L’end point primario dello studio comprendeva la combinazione diictus od attacco ischemico transitorio (TIA) a due anni, di morte da tutte le cause a 30 gior-ni e di morte per cause neurologiche tra il trentunesimo giorno ed i due anni. Tale end pointè stato raggiunto dal 5.5% dei pazienti sottoposti a chiusura e dal 6.8% dei pazienti in tera-pia medica. Scomponendo l’end point nei suoi componenti la recidiva di ictus si è verifica-ta nel 2.9% e, rispettivamente, 3.1% dei pazienti mentre un nuovo TIA si è osservato nel 3.1%e nel 4.1% dei due gruppi (p ns). Non si sono verificate morti nei primi 30 giorni né mortineurologiche nei due anni successivi. La conclusione dello s tudio è quindi che la chiusuradella pervietà del forame ovale non sembra ridurre il rischio di recidive ischemiche cerebralirispetto alla terapia medica in pazienti con ictus senza cause apparenti. (New Engl J Med 2012; 366: 120-129)

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di Stefano Savonitto

Essere di Guardia Medica il 24 dicembre pomeriggio (del 1982) può di-ventare elettrizzante quando squilla il telefono e una voce sofferente dianziana signora denuncia i sintomi di un infarto miocardico, inequivocabilianche per un medico alle prime armi. Giusto il tempo di capire bene nome,cognome e indirizzo, un’occhiata alla cartina di Udine e via al volo con lamia Renault 4 (“stai guidando un mito, non una macchina”). Di solito, aUdine non c’è traffico, ma nel tardo pomeriggio del giorno prima di Na-tale sono tutti in giro, maledizione! La guardia medica deve anche perderetempo a cercare posteggio. Citofono… non risponde nessuno. Che fortu-na, lo zio Danilo ha qui lo studio di commercialista (piccola Udine) e la-vora anche il 24 sera: “zio, fammi entrare che sono di guardia e c’è una

acrobaticaGuardia medica

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p. 189maggio-giugno [n. 5-6/2012]

signora al quinto piano che sta male”. Sudalle scale di corsa (allenamento alpino).Busso alla porta: no answer. Ribusso e chia-mo: no answer, ma si aprono le altre por-te sul pianerottolo. “Sono il medico della Guardia Medica (ri-conoscibile dalla borsa in mano…oggi nonaprirebbe nessuno), la signora mi ha chia-mato che stava male, credo sia un infarto”. “Cui, le siòre Rine?” “No sai cemut ca si clamie! Non c’è un ap-partamento con il balcone comunicante?”Suono all’appartamento di fianco. Apre bel-la donna sui 35, in vestaglia alquanto di-scinta:“La signora di fianco a lei ha chiamato laguardia medica con dolore al petto e fiatocorto, e ora non risponde e la porta è chiu-sa. Mi fa vedere se il suo balcone è attiguo?”“Che cosa vuole fare?”“Vedere se riesco a entrare dal balcone”

Detto fatto, sono sul balcone, sotto gli oc-chi della fata e dei vicini. Tre metri di di-stanza, buon cornicione, quinto piano, ar-rampicatore in piena f orma, parapettoscavalcato (“ma è pazzo?”). Sono sul balconedella signora con sospetto infarto. La por-ta-finestra del soggiorno è solo appoggia-ta (miracolo!). Entro in casa e la donna è perterra vicino alla cornetta del telefono. Bre-ve calcolo dei tempi: morta da mezz’ ora.Fine. Esco sul pianerottolo, sono tutti lì…condo-glianze…arrivano i vigili.La fata non si sente molto bene per l’ emo-zione “non si preoccupi, non è niente”. Laguardia medica non serve più. Rimonto sul-la R4 e torno in Guardia. Poco dopo la fata chiama e chiede aiuto almedico Rambo…solo nei film, non a Udine,dove a quell’ora tutti si preparano per an-dare alla Messa di Natale.

Staminali. Si riparte dai polmoni?Grande scoperta e grandi speranze ci hanno dato le staminali. Queste cellule prelevate da differenti organie inoculate in altri con il fine di migliorarne la struttura e la funzione. Una specie di microtrapianto, sulquale però gravano molti interrogativi: non solo il rigetto, che vuol dire la distruzione di queste celluletotipotenti prima che esse inizino l’opera riparatrice, ma soprattutto la difficoltà a creare una nuovastruttura efficiente, a farla integrare con quelle vicine e che si mantenga nel tempo.Per il cuore l’inoculazione delle cellule staminali nelle coronarie o direttamente nel suo muscolo ha datomolte delusioni e qualche flebile risultato positivo. Di quelli però che sono così vicini all’effetto placebo danon poter gridare, come Archimede, “eureka!” Ci sono stati purtroppo anche episodi negativi per lacomparsa di aritmie pericolose, sulle quali si dovrebbe meditare con più attenzione.Una nuova speranza ci sta arrivando da un gruppo di ricercatori della Harvard Medical School di Boston edell’Università di Parma (NEJM, 12 maggio 2011), i quali, per ora in fase del tutto sperimentale, sono riuscitia riprodurre tessuto polmonare con tutta la sua complicata struttura alveolare e vascolare in animaliinoculando staminali di polmoni umani. Queste hanno dimostrato una tale potenzialità da far sperare, conbuone ragioni, che possano rigenerare anche le cellule e i vasi del cuore. Si sarà imboccata la strada giusta?I presupposti sembrano esserci tutti, o quasi.

E.P.

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Hanno litigato per dieci anni dandosi reciprocamente dell’imbecille,finalmente si sono resi conto di avere entrambi ragione e si sonoriappacificati> F. Fontanini

Non sono gay, ma posso imparare.> Anonimo

Niente costa più caro dell’altruismo femminile.> R. Gervaso

L’ambizione non ama l’umiltà e odia essere umiliata.> M. Vassalle

La glossolalia, il parlare strano senza dire niente, che secondo SanPaolo ha sempre esercitato grande attrazione sugli imbecilli, oggideborda.> F. Fontanini

Dagli pure il voto, ma non la mano.> M. Maccari

Se uno diventa uomo dovrebbe avere la certezza di essere lui avivere la vita e non viceversa.> A. Puglisi

Si occupano dell’eternità coloro che hanno tempo da perdere.> P. Valery

Un pittore mediocre, anche se si sforza di dipingere male, restasempre mediocre.> S. Dalì

Il denaro è ironico, ti permette di comperare tutto, meno ciò che èessenziale.> G. Manganelli

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aforismi

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L’imbecille disprezza quello che non capisce, come l’intellettuale.> I. Tavolati

Essere donna non è raccomandabile: diciamolo pure, è il primo,inevitabile passo, per diventare puttana.> G. Manganelli

Per l’uomo d’affari l’onestà deve essere un modo per fare soldi,altrimenti non serve a niente.> F. Fontanini

Si dice che la disonestà in politica non paga. E’ vero, riscuote.> C. Gragnani

Non mettete in banca la vostra vita.> L. Spaziani

Non amiamo la stima per la stima, ma solo per i vantaggi che ciprocura.> C.A. Helvetius

Solo i cretini non hanno dubbi, di questo sono certo.> F. Fontanini

La promessa della felicità è la più grande bufala del capitalismo.> T. Swinton

Ansioso è chi guarda l’orologio, poi si chiede se è presto o tardi.> R. Gervaso

Quando vide Eva, Adamo andò da Dio e gli disse: “Com’è bella, perché l’hai fatta così bella?“Perché tu ti innamorassi di lei, rispose Dio.Dopo qualche giorno Adamo tornò da Dio e gli disse:“Ma è stupida, perché l’hai fatta così stupida?“Perché si innamorasse di te, gli rispose Dio.> G. Manganelli

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a cura di Franco Fontanini

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MODULO PER ISCRIVERSI ALLA FONDAZIONE O PER ISCRIVERE UN AMICO

Cuore e Salute viene inviata ai medici e sostenitori del Centro per la Lotta contro l'Infarto - Fondazione Onlus.

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Cuore e Salute

Desidero: iscrivermi rinnovare l’iscrizione Iscrivere un amico al

Centro per la Lotta contro l‘Infarto - Fondazione onlus

Cognome . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Nome . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Codice Fiscale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Via . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Cap . . . . . . . . . . . Città . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Prov. . . . . . . . . . . . . . Nato a . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . il . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

e-mail . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Cell . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

(*) nominativo di chi offre Cuore e Salute . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Il versamento della quota deve essere intestato al “Centro per la Lotta contro l'Infarto - Fondazione

Onlus” e può essere inviato tramite:

versamento su c/c postale n°64284003

bonifico bancario IBAN IT 56 Y 01005 03213 000000012506

c/o Banca Nazionale del Lavoro - Ag.13 - V.le Bruno Buozzi 54, Roma

assegno non trasferibile

Carta di Credito circuito VISA (comunicando numero e scadenza).

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Lo slalom della vitaA

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XX N. 5-6 MAGGIO-GIUGNO 2012

Poste Italiane SpASpedizione in abbonamento postaleD.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46)art. 1, comma 1, C/RM/113/2004

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