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GAS BLENDINGManuale di tecniche di miscelazione dei gas ad uso respiratorio per l'attività subacquea sportiva

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BLENDING

Autore: Giorgio Amadei [email protected] [email protected]

Fotografi e e disegni:Giorgio Amadei, laddove non diversamente specifi cato;

Ringraziamenti:Graziano Frigeni, per avermi messo a disposizione le sue esperienze di navigato imprenditore di gas tecnici e subacqueo tecnico;Marina Amadei, per avermi tenuto sveglio le notti tra un ruttino e una poppata, la notte porta consiglio;Bianca Amadei, per aver dormito beatamente tutte le notti nella stanza accanto;Francesca Bertoli, per la pazienza e la grammatica

A cura del PUBLISHING OFFICE PTA

www.pure-tech-agency.net/IT/PTA/Publishing_Offi ce/index.html

Prima Edizione11 dicembre 2009

Copyright © 2010 Pure Tech AgencyVia Torino, 28 - 21013 Gallarate (VA) - www.pure-tech-agency.net

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1LEGENDA

Leggendo il manuale noterai delle caselle contrassegnate da simboli, esse ti forniranno preziosi consigli ed informazioni per meglio comprendere la materia di studio.

ATTENZIONE identifi ca un’informazione basilare per la tua sicurezza

sottolinea e rimarca un concetto chiave

focalizza la tua attenzione su un concetto

esprime un consiglio dettato dall’esperienza

contraddistingue un esercizio, un esempio pratico

fornisce un’informazione generale o di approfondimento

RICORDA

IDEA

ESEMPIO

NOTA

FERMATIE RIFLETTI

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INTRODUZIONE• Premessa• Introduzione• Scopo del manuale• Signifi cato di Gas Blending: Ruolo e Responsabilità dell’Operatore di Sistemi di

Miscelazione• Defi nizione di “sistema”

MODULO 1 - I gas Respirabili per l’attività subacquea1.1 Informazioni Generali1.2 L’aria1.3 L’ossigeno1.4 I gas inerti1.5 Miscele Binarie1.6 Miscele ternarie1.7 I gas pericolosi

MODULO 2 - Effetti e reazioni dell’ossigeno con i sistemi di miscelazione e signifi cato di “servizio ad ossigeno”2.1 Informazioni Generali2.2 Ossidazione e combustione2.3 Ossigeno compatibilità2.4 Pulizia ad Ossigeno2.5 Servizio ad ossigeno2.6 L’ambiente di lavoro e operativo2.7 Agenti contaminanti2.8 Fonti di innesco2.9 Miscele iperossigenate2.10 Le operazioni di pulizia a ossigeno e verifi ca2.11 Agenti sgrassanti2.12 Pulizia per mezzo di apparecchio pulitore ad ultrasuoni2.13 Fasi della pulizia ad ossigeno e verifi ca2.14 Pulizia di tubazioni e fruste2.15 Pulizia delle bombole da immersione, delle rubinetterie e degli erogatori2.16 Schedatura degli interventi ed etichettatura dell'attrezzatura

MODULO 3 - Teoria per le pratica della miscelazione3.1 Informazioni generali3.2 Massa, volume, temperatura e pressione3.3 Gas ideali e gas reali 3.4 La legge di Avogadro ed il concetto di mole3.5 La legge dei gas perfetti 3.6 La legge di Boyle e Mariotte3.7 La legge di Charles3.8 Trasformazione adiabatica o calore di compressione 3.9 La Legge di Dalton3.10 Il concetto di frazione di un gas3.11 I gas reali e la Legge di Van Der Waals3.12 Grado di precisione nella preparazione delle miscele - I software3.13 Conclusioni

MODULO 4 - Caratteristiche dell'aria per miscelazione e metodi di miscelazione4.1 Informazioni generali4.2 Caratteristiche dell'aria – grado di purezza

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4.3 Miscelazione per pressioni parziali4.4 Miscelazione a peso4.5 Metodi di miscelazione automatici4.6 Miscelazione a membrana permeabile4.7 Miscelazione a fl usso continuo

MODULO 5 - Apparecchiature per la miscelazione5.1 Informazioni Generali5.2 La direttiva PED5.3 Compressore5.4 Bombole di stoccaggio5.5 Banco - Bombole di stoccaggio collegate5.6 Rampa5.7 Pannello manuale di miscelazione per pressioni parziali5.8 Booster5.9 Fruste e tubazioni5.10 Valvole5.11 Tubo miscelatore5.12 Analizzatori5.13 Manometri5.14 Filtri5.15 La logistica della stazione5.16 Progettare la stazione

MODULO 6 - Pratica della miscelazione6.1 Considerazioni generali6.2 Miscelazione per pressioni parziali6.3 Considerazioni sulla velocità di trasferimento dei gas6.4 Approvvigionamento dei gas6.5 Matematica e miscelazione6.6 Formule per miscele binarie6.7 Formule per miscele ternarie6.8 Heliair6.9 HelEan6.10 Verifi ca delle miscele6.11 Verifi ca delle miscele HelEan6.12 Considerazione sugli errori6.13 Applicazioni di una correzione su una miscela6.14 L'etichettatura delle bombole6.15 Il registro di consegna

MODULO 7 - La stazione di ricarica e miscelazione7.1 Considerazioni generali7.2 Il luogo di lavoro: normativa di riferimento e interlocutori privilegiati7.3 L'operatore e la stazione: quale normativa di riferimento?7.4 La questione della sicurezza7.5 Incendio7.6 Sommario delle raccomandazioni7.7. Trasporto delle bombole su mezzi non dedicati

APPENDICE Tabelle per miscelazione a peso Bibliografi a e sitografi a

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PremessaQuesto saggio è un manuale e come tale costituisce l’ausilio didattico per eccellenza del corso Gas Blending PTA. Con tutto ciò questo manuale non sostituisce il corso completo, e non può quindi essere considerato in alcun modo una fonte di apprendimento autonoma e suffi ciente.

IntroduzioneQuello che rende l'attività subacquea sportiva tecnica una disciplina assolutamente particolare, è la necessità di programmare e preparare con accuratezza le miscele respiratorie. Decidere cosa respirare è una prerogativa sconosciuta alla maggior parte delle discipline sportive; la subacquea tecnica, invece, ci pone nelle condizioni per le quali è necessario decidere la composizione del “primo nutrimento”. Sappiamo che è possibile astenersi dall'alimentarsi per molti giorni, mentre non possiamo evitare di respirare per un tempo misurabile in poche decine di secondi. Questo ci conduce a rifl ettere su quanto ogni singolo respiro, in ambiente subacqueo, non sia mai un atto casuale, ma premeditato, programmato e controllato. Gli istanti di separazione tra un respiro e l'altro sono l'attimo fuggente del piacere dell'immersione, tuttavia possono trasformarsi in una situazione estrema e spesso irreparabile se la preparazione e la gestione di ciò che viene respirato non viene eseguita con la dovuta competenza e meticolosità.

Il livello di complessità raggiunto da questo manuale rappresenta un punto di equilibrio tra necessità di addestramento e capacità di apprendimento. Questo equilibrio non è statico, ma dinamico, prosegue nel tempo e non può certo ritenersi concluso con la fi ne di questo manuale.Molte nozioni si imparano sul campo, altre si apprendono solamente sotto la guida di uno specialista, fornitore o installatore di uno specifi co apparecchio o sistema.Il pericolo è sempre in agguato quando si tratta di miscelare gas ad alta pressione e non bisogna mai dare nulla per scontato.

Scopo del manualeQuesto manuale si rivolge ai futuri Operatori di Sistemi di Miscelazione (OSM), ed offre le conoscenze di base per essere in grado di allestire una stazione di miscelazione e carica di gas respirabili per l'attività subacquea sportiva.I contenuti di questo manuale non riguardano in alcun modo gli argomenti correlati agli impianti di miscelazione professionale o industriale: questi sono ben più complessi ed esulano dallo scopo di questo manuale.Ogni dispositivo e macchinario facente parte di un sistema di miscelazione richiede ed è corredato da una manualistica dedicata e specifi ca, contenente dati e prescrizioni ai quali l’allievo e futuro operatore deve attenersi in modo molto preciso.

In ragione di una costante evoluzione dei sistemi e delle procedure il futuro operatore non può esimersi dal mantenersi costantemente aggiornato sulle procedure e sulle normative di riferimento.

Signifi cato di Gas BlendingRuolo, responsabilità e collocazione professionale dell'OperatoreQuesto corso intende fornire le conoscenze di base per la formazione di Operatori di Sistemi di Miscelazione (OSM o Blender), professionisti in grado di:• Gestire le operazioni di una stazione di miscelazione e carica di gas per l'attività

subacquea sportiva• Gestire una ragionata scelta e collocazione delle apparecchiature necessarie;

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• Eseguire i calcoli per la preparazione delle miscele;• Produrre e distribuire le miscele in modo sicuro ai subacquei;• Verifi care e controllare le miscele prodotte;• Saper ricondurre le proprie azioni ad una normativa di riferimento;• GARANTIRE L'ACCURATEZZA DELLE MISCELE E LA SICUREZZA DELLA

STAZIONE

L'Operatore è l'unico incaricato a produrre le miscele di gas e soprattutto a certifi care l'esatto contenuto di una bombola. La necessità di poter affi dare la gestione delle stazioni di ricarica a personale qualifi cato, in prospettiva di una sempre maggior diffusione di centri di immersioni tecnica e punti vendita specializzati, renderà la fi gura dell'OSM sempre più richiesta.

L'OSM è un professionista nel suo ambito specifi co, è colui che deve possedere una visione globale ed una preparazione multidisciplinare, in grado di stabilire le priorità delle operazioni, garantire la sicurezza e soprattutto riconoscere quando un evento specifi co richieda il contributo di uno specialista esterno. Fornire gas idonei alla respirazione in ambiente subacqueo è un lavoro di responsabilità che ha anche implicazioni giuridiche.

Defi nizione di “SISTEMA”Nel testo si troverà spesso il termine “sistema”. Esso defi nisce “l'unione di due o più attrezzature per costituire un tutto integrato”. Le attrezzature sono: i recipienti, le tubazioni, gli accessori di sicurezza, gli accessori a pressione, i costituenti di un qualunque congegno, i dispositivi aventi una specifi ca funzione e le apparecchiature che richiedono l'uso di una qualche forma di energia.Qualunque oggetto sui cui opera l'OSM è defi nibile come sistema.

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IndicePremessa 9Introduzione 9Scopo del manuale 9Signifi cato di Gas Blending 9Ruolo, responsabilità e collocazione professionale dell'Operatore 9Defi nizione di “SISTEMA” 10

MODULO 1 13I gas respirabili per l'attività subacquea 13Obbiettivi 131.1 Informazioni Generali 131.2 L'aria 131.3 L'ossigeno 131.4 I gas Inerti 141.5 Miscele Binarie (argox, nitrox ed eliox) 151.6 Miscele ternarie (trimix ed heliair) 161.7 I gas pericolosi 16

MODULO 2 19Effetti e reazioni dell’ossigeno con i sistemi di miscelazione e signifi cato di“servizio ad ossigeno” 19Obbiettivi 192.1 Informazioni Generali 192.2 Ossidazione e combustione 202.3 Ossigeno compatibilità 202.4 Pulizia ad ossigeno 222.5 Servizio ad ossigeno 232.6 L’ambiente di lavoro 242.7 Agenti contaminanti 252.7.1 Trucioli (Burrs) 252.8 Fonti di innesco 262.9 Miscele iperossigenate 282.10 Le operazioni di pulizia a ossigeno e loro verifi ca 282.11 Agenti sgrassanti 292.12 Pulizia per mezzo di apparecchio pulitore ad ultrasuoni 312.13 Fasi della pulizia ad ossigeno e verifi ca 312.14 Pulizia di tubazioni e fruste 322.15 Pulizia delle bombole da immersione, delle rubinetterie e degli erogatori 332.16 Schedatura degli interventi di manutenzione ed etichettatura dell'attrezzatura 39

MODULO 3 41Teoria per la pratica della miscelazione 413.1 Informazioni Generali 413.2 Massa, volume, temperatura e pressione 413.3 Gas ideali e gas reali 423.4 La Legge di Avogadro ed il concetto di mole 423.5 La legge dei gas perfetti 433.6 la Legge di Boyle e Mariotte 443.7 La legge di Charles 463.8 Trasformazione adiabatica o calore di compressione 463.9 La Legge di Dalton 473.10 Il concetto di frazione di un gas 483.11 I gas reali e la Legge di Van Der Waals 493.12 Grado di precisione nella preparazione delle miscele - I software 523.13 Conclusioni 53

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MODULO 4 55Caratteristiche dell'aria per miscelazioni e metodi di miscelazione 554.1 Informazioni generali 554.2 Caratteristiche dell'aria per miscelazioni – grado di purezza 554.3 Miscelazione per pressioni parziali 574.4 Miscelazione a peso 584.5 Metodi di miscelazione automatici 604.6 Miscelazione a membrana permeabile 604.7 Miscelazione a fl usso continuo 61

MODULO 5 63Apparecchiature per la miscelazione 63Obbiettivi 635.1 Informazioni Generali 635.2 La direttiva PED 645.3 Compressore 655.4 Bombole di stoccaggio 665.5 Banco - Bombole di stoccaggio collegate 725.6 Rampa 725.7 Pannello manuale di miscelazione per pressioni parziali 735.8 Booster 735.9 Fruste e tubazioni 735.10 Valvole 755.11 Tubo miscelatore 775.12 Analizzatori 775.13 Manometri 785.14 Filtri 795.15 La logistica della stazione 795.16 Progettare la stazione 81

MODULO 6 85Pratica della miscelazione 856.1 Considerazioni generali 856.2 Miscelazione per pressioni parziali 866.3 Considerazioni sulla velocità di trasferimento dei gas 876.4 Approvvigionamento dei gas 876.5 Matematica e miscelazione 886.6 Formule per miscele binarie 906.7 Formule per miscele ternarie 926.8 Heliair 946.9 Helean 966.10 Verifi ca delle miscele 976.11 Verifi ca delle miscele HelEan 976.12 Considerazioni sugli errori 986.13 Applicazione di una correzione su una miscela 996.14 L'etichettatura delle bombole 1006.15 Il registro di consegna 101

MODULO 7 103La stazione di ricarica e miscelazione 1037.1 Considerazioni generali 1037.2 Il luogo di lavoro: normativa di riferimento e interlocutori privilegiati 1047.3 L'operatore e la stazione: quale normativa di riferimento? 1057.4 La questione della sicurezza 1077.5 Incendio 1087.6 Sommario delle raccomandazioni 1097.7 Trasporto delle bombole su mezzi non dedicati 110

APPENDICE 113Tabelle per miscelazione a peso 113Bibliografi a 114Sitografi a 114

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1MODULO 1I GAS RESPIRABILI PER L'ATTIVITÀ SUBACQUEA

Obbiettivi

Al termine di questo modulo saremo in grado di:

• Conoscere la natura e la tipologia dei gas e delle miscele di gas respirabili per l'attività subacquea.

1.1 Informazioni GeneraliUna miscela di gas per essere respirabile e adatta a mantenere effi cientemente un essere umano in vita deve ovviamente contenere una certa quantità di ossigeno. L'aria è una miscela di gas composta per lo più da ossigeno e azoto alla quale il nostro corpo si è perfettamente adattato in condizioni normobariche. In condizioni iperbariche l'aria tende a perdere le sue caratteristiche di gas ideale e lascia spazio a miscele di gas di diversa composizione che meglio si adattano alle esigenze fi siologiche ed operative di un subacqueo esposto ad elevate pressioni. Le preparazione di queste miscele di gas è compito esclusivo dell’Operatore di Sistemi di Miscelazione.Analizzeremo brevemente alcune delle caratteristiche principali dei gas utilizzati nell'impiego subacqueo sportivo e le miscele che con essi si possono ottenere. I gas descritti in questo modulo sono disponibili sul mercato e vengono generalmente distribuiti contenuti in apposite bombole ad alta pressione.

1.2 L'ariaL’aria è la miscela di gas che avvolge il nostro pianeta ed è composta da:

• azoto (simbolo chimico N2) per il 78,08 %• ossigeno (simbolo chimico O2) per il 20,95 %• biossido di carbonio (comunemente chiamata anidride carbonica, simbolo chimico

CO2) per lo 0,03 %• altri gas per la restante parte.

Ai fi ni dei calcoli per la preparazione delle miscele si approssima la composizione dell’aria come segue:• azoto 79,00 %• ossigeno 21,00 %

L’aria per uso respiratorio subacqueo sportivo viene “catturata” dall’atmosfera stessa, compressa ed immessa nelle bombole. Esistono metodi industriali di preparazione di aria sintetica, composta solamente da azoto ed ossigeno, le cui sostanziali differenze con l’aria atmosferica sono il grado di purezza ed il costo.

1.3 L'ossigenoL'ossigeno è l'elemento chimico più diffuso sulla terra: da solo rappresenta poco meno del 50% dell'intera massa del pianeta in percentuali variabili. È presente negli oceani che ne contengono una percentuale prossima all'87%, nell'aria per il 21% circa (nelle sue due

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forme molecolari O2, ossigeno, ed O3, ozono), nelle rocce ed in tutti i composti organici del carbonio (quindi in tutti gli esseri viventi). L'ossigeno è prodotto in grande quantità dai processi di fotosintesi ed in forma gassosa risulta essere inodore, incolore ed insapore. È l'unico gas indispensabile alla vita e viene “somministrato” a tutti gli esseri viventi tramite la respirazione. La dose di ossigeno vitale per un essere umano deve rispettare certi parametri di quantità al di sotto dei quali l'ossigeno diventa incapace di sostenere la vita, mentre al di sopra diventa tossico. Per queste ragioni la calibrazione dell'ossigeno in una miscela respiratoria deve essere precisa e chiaramente comunicata al subacqueo utilizzatore della miscela.L'ossigeno è un potente ossidante, ragion per cui tende a legarsi con moltissimi elementi formando gli ossidi. È l'elemento dominante nei fenomeni di combustione ed a determinate condizioni di pressioni e/o concentrazioni può reagire violentemente con sostanze combustibili dando origine a reazioni esplosive ed incendiarie.

Esistono alcune classifi cazioni per l'ossigeno che ne defi niscono i parametri di utilizzo: l’ossigeno classifi cato come “grado A tipo I” (per uso medicale o aeronautico) è adatto anche per le immersioni. L’ossigeno di tipo industriale, invece, può contenere tracce di CO2, acetilene, metano, idrocarburi, solventi o altri contaminanti che nella pratica dell’attività industriale non hanno nessun rilievo ma possono risultare estremamente dannosi per l’attività subacquea.L’ossigeno allo stato gassoso respirabile deve essere puro almeno al 99% e non deve contenere nessun particolare odore, né contenere vapore acqueo condensato.

Il subacqueo in immersione può esperienziare la sensazione di sapore metallico in bocca, soprattutto durante i primi istanti di respirazione dopo la presa di contatto con una decompressiva nitrox in risalita da una immersione profonda. Questa sensazione, il più delle volte, non è da interpretarsi come un potenziale segnale di contaminazione della miscela, ma piuttosto come un effetto associato al fenomeno della narcosi da azoto.

1.4 I gas InertiL'azotoL'azoto in forma molecolare è un gas incolore, inodore ed insapore. Molto raro nella crosta terrestre è invece presente per il 78,08% nell'atmosfera. L'azoto viene prodotto tramite distillazione frazionata dell'aria liquida, ha simbolo chimico N2, ed è un gas che in condizioni standard non reagisce con gli altri elementi. Sebbene non mantenga le funzioni vitali e quindi non partecipi ai processi metabolici è parte costituente degli amminoacidi che sono i mattoni delle proteine.L'azoto non è tossico a pressione ambiente, ma se liberato in ambiente chiuso non ventilato è in grado di ridurre la concentrazione di ossigeno fi no al punto di provocare ipossia.Respirato a pressioni elevate, assieme all'ossigeno, produce i ben noti effetti narcotici.

L'elioL'elio (simbolo chimico He) è un gas incolore, inodore ed insapore ed è il secondo elemento chimico in ordine di abbondanza nell'universo dopo l'idrogeno. È defi nito un gas nobile in quanto non reagisce con gli altri elementi, a meno di non essere esposto a bombardamenti di elettroni, ed è meno solubile in acqua di qualsiasi altro gas. Sul nostro pianeta l'elio viene estratto da bacini naturali sotterranei soprattutto nel nord America ed in alcune regioni dell'Africa, ragion per cui è un gas piuttosto costoso. L'elio, che migra verso la superfi cie ed entra nell'atmosfera, tende poi a disperdersi nello spazio in virtù del suo basso peso molecolare.

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Una particolarità dell'elio riguarda la sua temperatura di inversione, che descriviamo in modo semplifi cato. La maggior parte dei gas compressi che si espandono attraverso un orifi zio si raffreddano. La temperatura di inversione (TI) è la temperatura alla quale un gas in espansione non cambia più la sua temperatura. Se la temperatura iniziale del gas è al di sotto della temperatura di inversione massima, il gas si raffredda; se è superiore invece si riscalda. I gas hanno generalmente la temperatura di inversione massima al di sopra della temperatura ambiente, mentre l'elio, l'idrogeno ed il neon hanno la temperatura di inversione molto al di sotto dei 0°C. Pertanto a determinate condizioni di pressione e temperatura l'elio in espansione si riscalda anziché raffreddarsi, come invece ci si aspetterebbe. Il fenomeno appena descritto può manifestarsi anche durante le fasi di carica (compressione) di miscele di gas contenenti elio in bombole, le quali tenderanno a raffreddarsi (o a riscaldarsi) in misura minore di quanto ipotizzato.Anche l'elio non è un gas tossico, ma se disperso in un ambiente poco ventilato potrebbe indurre a fenomeni di ipossia, anche se la sua volatilità ne rende diffi cile l'accumulo. Data la sua “leggerezza molecolare”, tende a sottrarre calore con una certa facilità sia attraverso la respirazione, sia per contatto cutaneo. Miscelato con l'ossigeno o aggiunto a miscele ossigeno-azoto viene utilizzato nelle immersioni subacquee molto profonde, poiché non provoca i fenomeni di narcosi dovuti all'azoto. Respirato a pressioni molto elevate (oltre i 150 metri di profondità, miscelato con l'ossigeno), può generare spasmi involontari dei muscoli nei soggetti esposti. Questo fenomeno è detto sindrome nervosa da alta pressione e si previene aggiungendo una certa quantità di azoto nella miscela respiratoria.

L'argonÈ un gas piuttosto comune, e nonostante sia piuttosto costoso, è solitamente utilizzato in modeste quantità per gonfi are le mute stagne in virtù della sua struttura molecolare che lo rende più isolante dell'aria (maggior potere coibente). Viene pertanto trasportato dai subacquei in immersione per mezzo di bombole di 1 o 2 litri massimo di volume.Ha elevati effetti narcotici pertanto come gas respirabile viene utilizzato solamente in fase decompressiva durante le soste più superfi ciali per diluire la dose altrimenti eccessiva dell'ossigeno.

L'idrogeno ed il neonL'idrogeno ed il neon sono dei gas per i quali è richiesta una capacità di gestione e conoscenza che va oltre i propositi ed i contenuti di questo manuale. Hanno caratteristiche che li differenziano notevolmente dai gas inerti precedentemente menzionati: la potenziale esplosività del primo (in presenza di ossigeno), l'elevato costo del secondo e la diffi coltà oggettiva di produrre profi li decompressivi adeguati li rendono di fatto inadatti alle immersioni sportive. L'idrogeno è per di più estremamente leggero e sfugge facilmente da qualsiasi valvola che non sia a perfetta tenuta.

1.5 Miscele Binarie (argox, nitrox ed eliox)L'argoxL'argox è una miscela di gas binaria composta da argon e ossigeno. Generalmente la percentuale di ossigeno in questo tipo di miscele non è mai inferiore all'80%.

Il nitroxIl nitrox è una miscela di gas binaria composta da azoto e ossigeno in percentuali variabili. È comunemente nota come aria iper-ossigenata. Infatti l’ossigeno è generalmente presente in percentuale superiore a quella presente nell’aria (> 21%). Al fi ne di identifi care correttamente la percentuale esatta di ossigeno presente in una miscela nitrox si adotta la denominazione EANx, con X esprimente la percentuale di ossigeno nella miscela.

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EAN32 = miscela nitrox contenete il 32% di ossigeno;EAN50 = miscela nitrox contenente il 50% di ossigeno;EAN21 = aria.

La dicitura EANx, tramite appositi adesivi, deve essere applicata in modo visibile su tutte le bombole contenenti nitrox ed indicare sempre la percentuale di ossigeno.Nelle stazioni di ricarica il nitrox si ottiene generalmente aggiungendo ossigeno all’aria fi no ad ottenere il valore di “X” desiderato.

L’elioxL’eliox è una miscela di gas binaria composta da Elio e Ossigeno in percentuali variabili. È ottenibile solamente miscelando elio con ossigeno.

1.6 Miscele ternarie (trimix ed heliair)Il trimixIl trimix è una miscela di gas ternaria che contiene ossigeno, azoto ed elio in percentuali variabili. È sicuramente la miscela maggiormente usata dai subacquei sportivi nelle immersioni profonde in circuito aperto.Al fi ne di identifi care correttamente la percentuale esatta di ossigeno, elio ed azoto presenti in una miscela trimix, si adotta la denominazione trimix seguito da due numeri separati da una barra. Il primo indica la percentuale di ossigeno, il secondo la percentuale di elio (la percentuale di azoto si evince per differenza oppure viene indicata per ultima).

Trimix 18/40= miscela trimix contenete il 18% di ossigeno ed il 40% di elio (percentuale di azoto=100-18- 40=42%);Trimix 14/50= miscela trimix contenete il 14% di ossigeno, il 50% di elio (percentuale di azoto 36%);

L'heliair e l'heleanL’heliair è una miscela trimix che per comodità viene creata aggiungendo elio all’aria. Nella pratica della miscelazione, per semplifi care le procedure di ottenimento del trimix, si usa talvolta il procedimento di miscelare elio con aria oppure elio con miscele EANx di composizione nota. In questo ultimo caso la miscela ottenuta si chiama HelEan. Una miscela contenete ossigeno, elio e azoto, indipendentemente da come si sia ottenuta, è sempre bene sia identifi cata come miscela trimix per evitare fraintendimenti: il termine trimix, infatti, è quello maggiormente noto alla maggioranza della comunità dei subacquei.

1.7 I gas pericolosiTutti gli altri gas non menzionati in questo modulo sono da considerarsi potenzialmente pericolosi. Gas estranei possono interferire con il corretto funzionamento metabolico del subacqueo, oppure risultare immediatamente pericolosi se inalati, e pertanto non devono interferire con le operazioni di carica.Tra i vari gas pericolosi è opportuno citare l’Anidride Carbonica altrimenti conosciuta come biossido di carbonio, CO2. Questo gas è il prodotto di scarto della respirazione degli organismi viventi e viene abbondantemente emesso dai motori a combustione. Se respirato in ambiente iperbarico, ovvero in profondità, risulta estremamente pericoloso in quanto rovina drammaticamente le prestazioni del subacqueo con conseguenze spesso disastrose. Esso non deve prendere parte nei processi di preparazione delle miscele, ragion per cui devono essere prese tutte le necessarie precauzioni affi nché non avvenga alcuna contaminazione.

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L’anidride carbonica non va confusa con il monossido di carbonio (CO) il quale è un gas prodotto dai motori termici particolarmente ineffi cienti o arretrati e generalmente a seguito di combustioni in scarsità d’aria. Il CO è ancora più pericoloso della CO2. Mentre la CO2, pur generando asfi ssia, non è velenosa, il CO è estremamente tossico anche in modeste quantità ed in caso di avvelenamento da CO è necessario somministrare ossigeno puro all’infortunato e sottoporlo ad un successivo trattamento iperbarico.

L'ambiente di preparazione delle miscele deve essere pertanto mantenuto costantemente protetto da fonti di inquinamento quali strade traffi cate, motori termici, polveri e salsedine.

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MODULO 2EFFETTI E REAZIONI DELL’OSSIGENO CON I SISTEMI DI MISCELAZIONE E SIGNIFICATO

DI “SERVIZIO AD OSSIGENO”

Obbiettivi

• Comprendere l'ossigeno e le sue proprietà• Conoscere i rischi insiti nell'utilizzo dell'ossigeno• Conseguire una conoscenza di base relativa al comportamento ed all'idoneità dei

sistemi e dei materiali che operano in presenza di ossigeno• Comprendere l'importanza ed il signifi cato operativo di “pulizia ad ossigeno”,

“ossigeno compatibilità” e “servizio ad ossigeno”

2.1 Informazioni GeneraliIl 27 gennaio 1967 la prima delle missioni del programma di esplorazione lunare Apollo, che avrebbe portato da li a pochi giorni 3 astronauti in orbita terrestre, fi nì in tragedia ancor prima dell'accensione dei motori. Durante un test prevolo, una scintilla prodotta da una connessione elettrica malamente isolata innescò un incendio all'interno dell'atmosfera di puro ossigeno dell'astronave. I tre astronauti perirono in pochi secondi. Persino un ente tecnologicamente avanzato e autorevole come la NASA ha pagato a caro prezzo il rischio di operare in ambienti ricchi di ossigeno. Questo triste episodio ci fa capire quanto sia importante conoscere a fondo le proprietà di questo gas.

Il motore di un aereo a reazione può funzionare fi nché opera all’interno dell’atmosfera, mentre cesserebbe di funzionare oltre quelle quote dove la presenza di ossigeno viene a mancare. I razzi spaziali, oltre al combustibile, devono quindi trasportare un'altrettanto notevole quantità di comburente (ovvero di ossigeno) per poter funzionare al di fuori dell’atmosfera. Combustibile e comburente vengono miscelati negli ugelli di scarico dove una fonte di innesco avvia una “controllata” reazione esplosiva che genera la spinta in una determinata direzione.Qualsiasi fenomeno di combustione, sia ad evoluzione lenta sia esplosivo, per avvenire ha bisogno quindi di 3 elementi contemporaneamente presenti e distinti: un combustibile, un comburente ed una fonte di innesco. Se manca anche uno soltanto di questi elementi un fenomeno di combustione non può avvenire. Questa condizione è defi nita come “triangolo di fuoco” , un nome il cui signifi cato è inequivocabile

2.1.1 Triangolo di fuoco

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L’ossigeno è un fenomenale comburente e questo signifi ca che per evitare eventi incendiari i sistemi che operano in presenza di ossigeno ad alte pressioni o alte concentrazioni non devono comportarsi come combustibile (un semplice o-ring in gomma) né offrirsi come fonte di innesco (una piccola scarica di elettricità statica).

2.1.2 Simbolo identifi cativo delle sostanze comburenti nella UE

Qualsiasi equipaggiamento e qualsiasi macchinario che entra in contatto o opera con l’ossigeno deve ottemperare a dei parametri defi niti come grado di “pulizia/compatibilità a ossigeno”. Considerato che l’ossigeno ad alte pressioni e miscele di gas aventi alte percentuali di ossigeno sono onnipresenti nell’immersione tecnica, l’inadempienza verso queste procedure signifi ca correre seri e prevedibili rischi di esplosione e/o incendio dalle conseguenze gravi per gli operatori e gli utilizzatori di miscele.

2.2 Ossidazione e combustioneUn’altra proprietà evidente dell’ossigeno è la sua notevole capacità di reagire con numerosissime altre sostanze avviando un processo chimico defi nito “ossidazione”. Questo fenomeno è il responsabile della formazione della ruggine, dell’indurimento delle guarnizioni in gomma e di molti altri fenomeni. Anche le cellule umane sono soggette ad ossidazione ed in particolare quelle deputate al meraviglioso e complesso fenomeno della respirazione. Un ossidazione rapida è in grado persino di generare un certa quantità di calore che, oltre un certo livello, potrebbe innescare dei fenomeni cosiddetti di autocombustione.

La combustione è un processo di trasformazione chimica nel quale un combustibile ed un comburente, reagendo tra loro grazie ad una fonte di innesco, producono energia.Benché l’ossidazione non sia un fenomeno di per sé pericoloso, i materiali ossidati possono comportarsi sia come fonte di innesco sia come sostanza combustibile. La combustione in presenza di ossigeno ad alte pressioni e/o concentrazioni è sempre un fenomeno di natura violenta e incendiaria.

2.3 Ossigeno compatibilitàUn qualsiasi materiale si dice “ossigeno compatibile” se è in grado di poter rimanere a contatto e operare sia con ossigeno puro sia con miscele ad alta concentrazione di ossigeno senza rendersi combustibile. Sebbene non esistano materiali del tutto ossigeno compatibili (persino il cemento armato ed i metalli bruciano in presenza di alte concentrazioni di ossigeno), il grado di compatibilità di un materiale con l’ossigeno dipende primariamente da 2 proprietà del materiale stesso: dalla sua temperatura di ignizione, altrimenti defi nita di auto-innesco, che è la temperatura oltre la quale un materiale si incendia anche in assenza di una fonte di innesco, e dalla sua capacità di disperdere calore. Affi nché un materiale si possa defi nire ossigeno compatibile, la sua temperatura di ignizione deve essere maggiore rispetto alla temperatura raggiungibile da un sistema durante il suo funzionamento.

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Il grafi co 2.3.1 illustra le temperature di ignizione di alcuni metalli in funzione della pressione dell'ossigeno nella quale sono immersi.

I dati delle tabelle 2.3.1 e 2.3.2 si ricavano grazie a prove di laboratorio la cui attuazione non è esente da rischi. Inoltre è importante comprendere che alcuni dei fattori di mitigazione (accorgimenti atti a contenere il pericolo durante i test), le modalità stesse con cui si predispone il materiale per i test (forma fi sica) e numerosi altri fattori infl uenzano i dati stessi. I grafi ci pertanto hanno solamente un valore indicativo.

2.3.1 Grafi co delle temperature di ignizione di alcuni metalli in presenza di ossigeno

La considerazione più importante che emerge dal grafi co 2.3.1 è che la temperatura di auto-innesco dei metalli in elenco, ad eccezione dello zinco, diminuisce all'aumentare della pressione dell'ossigeno.

Ad un'analisi più approfondita si scoprirà che alcune delle temperature evidenziate sono ben superiori alla temperatura di fusione dei metalli stessi. Questo non deve sorprendere perché non devono essere confuse le differenze che stanno dietro i signifi cati scientifi ci di fusione e combustione.

Questo fenomeno avviene anche per i materiali non metallici con la sola differenza che il valore del decremento della temperatura di auto-innesco è compreso in una gamma di poche centinaia di gradi così come evidenziato nel grafi co 2.3.2.

2.3.2 Graperature di ignizione di alcuni materiali non metallici in presenza di ossigeno

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Decidere quale materiale sia il più idoneo per un sistema che lavora in presenza di ossigeno è una questione abbastanza complessa e non può essere risolta semplicemente affi dandosi ai dati dei due grafi ci. Altri fattori incidono sul grado di idoneità tra i quali è importante citare: il grado di resistenza del materiale verso gli agenti ossidanti, il comportamento a seguito di ossidazione, il livello di attitudine al rilascio di burrs (vedi paragrafo 2.7, “burrs”), la lavorabilità ed altro ancora. La decisione sulla scelta dei materiali da impiegarsi in un sistema, qualsiasi esso sia, che opera in presenza di ossigeno deve essere pertanto affi data a personale specializzato nella gestione di tali sistemi.

Benché gli o-ring in viton siano ampiamente usati, sarebbero da preferire gli o-ring in nitrile nonostante abbiano una temperatura di ignizione inferiore rispetto a quella del viton. Il viton quando brucia produce fumi tossici.

L'alluminio, nonostante abbia una temperatura di ignizione elevata, non risulta essere adatto come materiale per tubazioni preposte al trasporto di ossigeno, laddove è invece usato per le bombole ad uso subacqueo contenenti miscele con elevate percentuali di ossigeno.

La tabella qui di seguito indica alcuni materiali defi nibili come “ossigeno compatibili” che possono essere usati con una ragionevole sicurezza, purché non contaminati dalla presenza di altri materiali.

Acciaio inossidabile 316L Nylon 11 Lega Monel (nichel-rame) 400 Viton Lega Inconel (nichel-cromo) 600 Nitrile Rame e leghe del rame (ottone) Tefl on (TFE e PTFE)

METALLI NON METALLI

È bene ricordare che sebbene i metalli e le leghe elencati in tabella possiedano una buona resistenza alla corrosione, possono sia essere intaccati da alcuni acidi sia subire un processo di ossidazione. Gli acidi vengono talvolta impiegati per la pulizia di alcuni componenti degli erogatori, rubinetterie o altri apparati, mentre l'ossidazione è un fenomeno inevitabile che deve essere contrastato attraverso una opportuna manutenzione.L'acciaio inossidabile, contrariamente al nome che lo contraddistingue, si ossida facilmente in superfi cie ricoprendosi di uno strato di ossidi invisibili. Questi ossidi hanno però la proprietà di protegge il metallo sottostante dalla corrosione. Inoltre l'acciaio inossidabile ha la caratteristica di essere facilmente pulibile ed ha quindi un ottimo coeffi ciente igienico. Il rame è un altro metallo non eccessivamente costoso spesso impiegato per la costruzione di sistemi per l'ossigeno (tubi di connessione), tuttavia manifesta una certa tendenza ad ossidare, talvolta in modo repentino, ragion per cui il suo utilizzo non deve essere mai dato per scontato e richiede, così come per l'acciaio inossidabile, cautele e pratiche manutentive determinate dall'architettura e dalla tipologia del sistema di cui fa parte. Anche il luogo in cui viene allestito un sistema, quale può essere una stazione di ricarica, infl uenza molti parametri. La vicinanza del mare rende l'ambiente atmosferico particolarmente aggressivo nei confronti dei metalli, ragion per cui il programma manutentivo ed ispettivo dei sistemi che operano in ambienti ritenuti “aggressivi” dovrà essere particolarmente severo e frequente.

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2.4 Pulizia ad OssigenoPer “pulizia ad ossigeno” ci si riferisce al grado di pulizia del sistema o del componente, o più specifi catamente all’assenza di contaminanti e/o particelle che possano comportarsi sia come combustibile sia come fonte di innesco. La condizione per cui il grado di pulizia possa essere defi nito “certamente adeguato e suffi ciente” la si consegue attraverso un vero e proprio lavoro di ripulitura.Un sistema o componete una volta pulito ad ossigeno deve rimanere tale fi no alla successiva operazione di ossigeno-pulizia o almeno per un determinato periodo. Bisogna prestare attenzione alle valvole, agli elementi di connessione, agli ingressi di tubi e fruste e a tutte quelle parti che possono fungere da trappole per contaminanti. Durante questo periodo di operatività dobbiamo evitare gli accumuli di contaminanti in zone localizzate del nostro sistema o componente. Pertanto l’uso di tali sistemi o componenti richiede un'attenzione ed un impegno maggiore rispetto ai sistemi per i quali non è richiesta la pulizia ad ossigeno: non vanno quindi lasciati esposti a polveri e sporcizia in generale. Buste pulite di Nylon possono essere un valido contenitore per conservare un componente pulito ad ossigeno durante l’inutilizzo. oppure per mantenerlo pulito in attesa del ri-assemblaggio. È inoltre opportuno non consentire che tali componenti vengano maneggiati da individui senza che questi non abbiano ricevuto una adeguata preparazione al riguardo.

2.5 Servizio ad ossigenoPer servizio ad ossigeno si intende un sistema o componente che sia nel contempo ossigeno-compatibile e pulito ad ossigeno, e quindi adatto ad essere impiegato in presenza di ossigeno. Una sola delle due condizioni non è suffi ciente.La messa a servizio ad ossigeno è la condizione per cui gli elementi combustibile ed innesco vengono rimossi dal triangolo di fuoco.Una volta che un sistema o componente sono stati portati a servizio ad ossigeno questi devono essere opportunamente etichettati in maniera tale da essere immediatamente riconoscibili. È buona norma, laddove possibile, apporre la data di certifi cazione ad opera del manutentore dell’avvenuta messa in servizio ad ossigeno.

se un erogatore, una bombola o un qualsiasi equipaggiamento a servizio ad ossigeno viene utilizzato anche solamente una volta con aria compressa o qualsiasi altro gas proveniente da un sistema o compressore non a servizio ad ossigeno, tale equipaggiamento non può essere più considerato idoneo per l’impiego ad ossigeno.

La messa a servizio ad ossigeno di un sistema o componente comporta l'esecuzione delle seguente azioni di indirizzo generale:

1. Disassemblare il sistema o componente.2. Rimuovere i componenti non ossigeno compatibili dal sistema e sostituirli con

componenti costruiti con materiali ossigeno compatibili in grado di assolvere le medesime funzioni, con lo stesso grado di effi cienza, ed il cui utilizzo è stato approvato dal fabbricante del sistema.

3. Eseguire le operazioni di pulizia atte a rimuovere i contaminanti presenti su TUTTI i componenti del sistema che operano a contatto con l'ossigeno o con miscele iper-ossigenate. È buona norma pulire anche quei componenti che si ritiene possano venire a contatto accidentalmente con l'ossigeno per errore dell'operatore o guasto del sistema.

4. Assemblare nuovamente il sistema o componente5. Assicurare il mantenimento a servizio ad ossigeno del sistema per tutto il

tempo necessario

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2.6 L’ambiente di lavoroL’ambiente di lavoro e gli attrezzi con i quali si opera devono essere mantenuti sempre ragionevolmente puliti. Questa buona regola dovrebbe comunque essere adottata, nel limite del possibile, anche per i sistemi che non lavorano a diretto contatto con l’ossigeno a tutto benefi cio della qualità delle miscele e quindi della sicurezza dei subacquei.La pulizia è sempre una buona cosa, “ma non bisogna diventare isterici”: in ogni caso già l’assenza di odori di derivazione da idrocarburi in generale, olii e polveri è già un buon indicatore di come una stazione di ricarica venga tenuta. Un adeguata ventilazione con aria fresca pulita deve essere sempre garantita ed eventualmente interrotta (anche chiudendo semplicemente la fi nestra) ogniqualvolta si sospetta possano entrare contaminanti dall’esterno soprattutto durante le operazioni di pulizia.L’operatore dovrebbe indossare occhiali di protezione ed un camice bianco (meglio quelli in uso nei laboratori che non rilasciano fi bre e fi li volatili, e offrono una certa protezione), così da rivelare eccessive macchie di sporco potenzialmente pericoloso. È consigliato l’uso di guanti di tipo chirurgico durante le operazioni di pulizia privi di talco o qualsiasi altra polvere.

Le attrezzature di base da avere in dotazione sono:

• Indumenti di protezione• Pulitore ad ultrasuoni per bagni in acqua, acido o detergenti (possibilmente con

riscaldatore per accelerare i processi di pulizia)• Vari contenitori di acciaio inox e vetro o plastica per i risciacqui• Fonte di luce ultravioletta possibilmente direzionabile per le ispezioni post pulizia• Una piccola torcia• Set di Pinze (alcune in acciaio inox)• Attrezzi vari da ferramenta• Spazzole di varie dimensioni, di cui almeno una in nylon• Contenitori vari per il contenimento di oggetti e di liquidi, di cui almeno uno

graduato (in acciaio, vetro e/o plastica trasparente)• Cartine al tornasole• Carta assorbente e da fi ltro da laboratorio non pelose• Grassi lubrifi canti ossigeno compatibili• Acqua demineralizzata e pura• Adeguata fonte luminosa (meglio se munita di lente di ingrandimento per le

ispezioni)• Buste e sacchetti in nylon• Fonte di aria pulita o azoto privi di inquinanti in pressione • Un piano di lavoro possibilmente di colore chiaro• Kit di pronto soccorso comprendente sistemi per il trattamento di ustioni e

scottature

Questa lista non contiene tutti gli attrezzi utili per un servizio di manutenzione globale. È opportuno per questi riferirsi ai set di attrezzi previsti dai manuali di manutenzione di qualsiasi apparato, i quali dovrebbero essere mantenuti separati dal resto dell’attrezzatura e mantenuti puliti.I sistemi complessi e le attrezzature in generale come bombole, rubinetterie, erogatori devono essere tenuti adeguatamente protetti dalla polvere e umidità quando non sono in uso: questa è una buona regola da adottare anche per le attrezzature che non lavorano con ossigeno puro.Particolare cura deve essere garantita alle vie di ingresso ed uscita dei gas: queste devono essere mantenute protette per mezzo di tappi appositi o coperchi (nel caso non esistano di specifi ci bisogna autocostruirseli) ogniqualvolta non siano in uso.

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2.7 Agenti contaminantiGli agenti contaminanti più comuni che possono fungere sia da combustibile sia da sorgente di innesco sono:

• Grassi al silicone• Olii motore, olii per compressori e lubrifi canti• Idrocarburi gassosi o condensati• Molti solventi e detergenti• Vernici e alcuni tipi di inchiostro• Cromature soggette ad esfoliazione• Ruggine e polveri di ruggine• Polvere di carbonio e ceneri• Depositi di polveri e polveri in sospensione• Oli per la pelle• Alcuni sigillanti per fi lettatura delle tubazioni• Saponi e detergenti• Particelle metalliche (polveri da limatura e trucioli metallici)• Prodotti di derivazione da idrocarburi (gomme, plastiche, ecc.)

Per agente contaminante si intende non soltanto un corpo o una sostanza estranea, ma anche qualsiasi materiale non ossigeno compatibile. Esso è da considerarsi come una contaminazione del sistema e pertanto deve essere rimosso o deve essere messo in condizione di non nuocere. Tra i contaminanti più pericolosi vi sono tutti quei materiali di derivazione da idrocarburi: questi sono spesso di piccole dimensioni, per certi aspetti insospettabili, come un semplice o-ring in gomma, e pertanto devono essere infallibilmente identifi cati ed opportunamente sostituiti.Alcuni contaminanti possono essere anche involontariamente introdotti nelle fasi non operative o di approntamento di una stazione di ricarica dove la necessità di trattare ossigeno non viene contemplata. Qualora si presenti la necessità di incominciare a trattare ossigeno in un ambiente di lavoro già funzionante ma non dedicato, è necessario prima pulire sia l’ambiente sia i sistemi (bombole comprese) che in esso e con esso continueranno ad operare (la pulizia dei sistemi e delle attrezzature viene approfondita nei paragrafi successivi).Il progetto di una stazione di ricarica per miscele, generalmente, non prevede la creazione di due ambienti realmente separati uno per l’aria compressa ed uno per le miscele (soluzione che comunque non sempre porta dei vantaggi). Ne consegue che le varie operazioni avvengono tutte nello stesso ambiente, ragion per cui l’intera stazione di ricarica deve adottare tutte le accortezze del caso.

Trucioli (Burrs)Trucioli e microframmenti metallici e non metallici (in inglese burrs), sono un presenza estremamente rischiosa. Questi sono creati principalmente da un cattivo impiego di attrezzi da taglio, oppure durante operazioni che comportano frizione tra metalli. Persino l’uso di specilli da dentista per la rimozione di o-ring potrebbe causare il distacco di trucioli dalle sedi fi nanche rovinare le fi lettature. Operazioni quali il taglio delle tubazioni preposte al trasporto di gas, il serraggio delle connessioni dotate di fi lettatura, solo per citare due esempi, devono quindi essere eseguite con tutte le precauzioni del caso.Se tali particelle sono presenti, un sistema NON può ritenersi a servizio ad ossigeno nonostante sia composto da materiali ossigeno-compatibili e pulito.Questi trucioli possono rivelarsi estremamente pericolosi per le seguenti ragioni:

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• Ostruiscono gli orifi zi, e questo potrebbe creare shock pressori con innalzamento delle temperature oltre i limiti di tollerabilità del sistema

• Possono impedire la corretta chiusura delle valvole• Il loro impatto con le superfi ci interne di tubazioni, intersezioni, valvole,

fruste, ecc potrebbe dissipare localmente suffi ciente energia da generare una combustione sia sulle particelle stesse sia sulla zona colpita.

Una normale pulizia con spazzole o panni dedicati potrebbe non essere suffi ciente e lo strofi nio potrebbe generare suffi ciente elettricità statica tale da fare aderire i trucioli al pezzo oggetto della pulizia.Si rendono quindi necessarie pratiche di pulizia ulteriori in grado di rimuovere queste particelle quali ad esempio getti di aria compressa oppure azoto (non contaminati da idrocarburi), operazioni di spurgo con vapore pressurizzato o pompando ad alta pressione il liquido pulente lungo le condutture.

2.8 Fonti di innescoLe conseguenze di un innesco in un impianto che lavora in presenza di ossigeno sono sempre disastrose. Capire come un innesco possa avvenire e prevedere una condizione di potenziale rischio durante la vita operativa di una stazione di ricarica sono tra i compiti fondamentali dell'OSM.Le più comuni fonti di innesco in una stazione di ricarica sono dovute ai seguenti fenomeni:

• Impatto meccanico: quando un oggetto impatta contro un altro, l'energia assorbita si trasforma in calore, talvolta suffi ciente per innescare la combustione del materiale nella zona dell'impatto.

• Impatto di particelle (burrs): vedi paragrafo precedente.• Attrito: lo sfregamento tra due materiali solidi, quale quello generato da valvole

bloccate, violenta manipolazione di un componente, frizione eccessiva tra elementi di un sistema, potrebbe generare suffi ciente calore da innescare combustione.

• Flusso sonico (riscaldamento per compressione adiabatica): quando l’ossigeno (o qualsiasi altro gas) passa bruscamente da una condizione di alta pressione a una condizione di bassa pressione, con rapporto di pressione maggiore di 2, ovvero la pressione maggiore è almeno il doppio di quella minore, attraversando un orifi zio (come quando ad esempio si apre improvvisamente una valvola), a valle dell’orifi zio l'ossigeno raggiunge velocità soniche, cioè di circa 1.200 km/h (questo è un fenomeno ampiamente descritto nei libri di fi sica). L'elevata velocità creatasi è in grado di comprimere le particelle del gas contro un'eventuale ostruzione (come potrebbe essere una valvola o un regolatore di fl usso chiusi) generando calore suffi ciente a raggiungere il punto di auto-innesco sia dei contaminanti eventualmente presenti (burrs e corpi estranei in genere) sia dei materiali con cui è fatto il sistema stesso.

2.8.1 Flusso sonico: schema della catena degli eventi

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Si dice adiabatico un evento nel corso del quale il gas non scambia calore con il mezzo ambiente in cui è contenuto, ovvero l'energia termica non viene ceduta in ragione di una trasformazione talmente rapida da non lasciare il tempo al calore di dissiparsi.

L’ossigeno è quindi in grado di raggiungere la temperatura di ignizione del materiale di contenimento a seguito, per esempio, dell'azionamento di una valvola a sfera che si apre completamente con solo ¼ di giro, ovvero comportandosi come un orifi zio che si apre e si chiude in modo molto repentino.

In ogni caso anche aprendo rapidamente qualsiasi tipo di valvola in un sistema ad ossigeno la cui estremità a valle sia chiusa, si possono produrre gli stessi effetti. La combinazione di temperatura e pressione elevate è in grado di provocare un’esplosione. La compressione adiabatica è la principale causa della scarica di energia ai danni di un riduttore di ossigeno (o di qualsiasi altra ostruzione), laddove l'innesco avviene dapprima a livello molecolare, tale per cui la combustione che ne consegue si espande poi rapidamente (meno di 0,5 secondi) fi no a consumare tutto il materiale combustibile disponibile.

Autorevoli studi condotti da enti quali la NASA e l'EIGA (European Industrial Gases Association - Associazione Europea dei Gas Industriali) descrivono come questi eventi siano ciò che differenzia un fuoco alimentato/generato dall’ossigeno da uno alimentato dall’aria. Gli stessi enti nei loro manuali operativi descrivono i metodi e gli accorgimenti grazie ai quali si possono ridurre le probabilità che si verifi chi una compressione adiabatica. In termini generali più una tubazione è stretta e lunga, maggiore è la possibilità che si verifi chi una compressione adiabatica durante una rapida pressurizzazione. Come regola generale i riduttori per l'ossigeno dovrebbero essere dotati di un fi ltro antipolvere (generalmente in ottone) o alternativamente prevedere l'installazione di uno di questi a monte del riduttore.

• Shock pressori singoli o ripetuti: calore generato da compressione adiabatica.• Eccessiva velocità del gas nelle condutture o nei componenti di un sistema.• Contaminazione con materiali che si offrono come fonte di innesco o combustibile.• Esposizione a fi amme libere, sigarette, motori a combustione, fonti di calore in

genere.• Scintille elettriche o da elettricità statica.

Le istruzioni relative all'appropriata gestione dei sistemi che operano con l'ossigeno, e le procedure di mitigazione/eliminazione del rischio ad esso connesso, non sono di ovvia o facile reperibilità e spesso sono contenute in manuali in lingua inglese. Queste informazioni specifi che si possono talvolta trovare presso le aziende che progettano e costruiscono impianti che operano con l'ossigeno oppure sono fornite dagli stessi commercianti di sistemi o componentistica di sistemi.

La complessità dell'argomento e la varietà dei sistemi impongono una conoscenza specifi ca e delle accortezze che non possono essere esaustivamente contenute in questo manuale, pertanto si raccomanda all'operatore di approfondire caso per caso le relative procedure di sicurezza e di gestione.

L'EIGA, così come altri enti o associazioni del settore, mette a disposizione sul proprio sito internet dei documenti in inglese molto utili, tra i quali si consiglia la lettura e comprensione del documento titolato “i sistemi di tubazioni per l'ossigeno”. Questo documento è consultabile all'indirizzo internet: http://www.eiga.org/fi leadmin/docs_pubs/Doc%2013%2002%20E.pdf

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2.9 Miscele iperossigenateOltre ai sistemi che lavorano con ossigeno puro, anche le apparecchiature che operano con miscele iperossigenate necessitano le medesime attenzioni e preparazioni precedentemente esposte.Le varie agenzie di addestramento talvolta non concordano su quale sia il limite di percentuale di ossigeno oltre il quale la miscela di gas deve essere gestita come fosse ossigeno puro.Il NOAA (National Oceanic and Atmospheric Administration statunitense) ha valutato che i sistemi che operano con miscele di gas contenenti fi no al 40% di ossigeno non richiedono speciali trattamenti di pulizia o bonifi ca.Ciononostante, se la preparazione di una miscela contenete ossigeno, qualsiasi sia la sua percentuale, comporta il manovrare singolarmente i vari gas, l'intero sistema deve essere a servizio ad ossigeno. Ovvero, se per caricare una miscela binaria introduco nella bombola separatamente ossigeno puro, aria e/o elio (indipendentemente dall'ordine con cui vengono immessi), sia il sistema di immissione dell'ossigeno, sia il sistema di immissione dell'aria (compressore) o dell'elio (rampa), devono essere a servizio ad ossigeno. Questa regola di sicurezza deve essere applicata anche per qualunque miscela ternaria.

2.10 Le operazioni di pulizia a ossigeno e loro verifi ca

Le operazioni di pulizia devono essere eseguite con la massima cura, così come le operazioni di verifi ca e controllo fi nali. A parte le operazioni di pulizia preliminari atte a rimuovere i depositi maggiormente visibili e consistenti di sporcizia, da eseguirsi con stracci non pelosi o carta da laboratorio pulita, ed i processi di pulizia meccanica (sabbiatura) eseguibili solo nei centri specializzati, possiamo suddividere i vari metodi operativi in due macro-tipologie, ognuna con i suoi pro e contro:

• Minimale uso di sostanze chimiche• Relativa semplicità d'uso e logistica

• Vulnerabilità degli elementi cromati (le cromature tendono a subire una precoce esfoliazione con conseguente formazione di burrs)

• Investimento iniziale Impatto ambientale delle sostanze

chimiche eventualmente utilizzate nel processo

• Minimale attrezzatura necessaria• Investimento iniziale

• Massimale uso di sostanze chimiche• Elevato impatto ambientale I solventi e gli acidi producono delle

esalazioni tossiche (evitare analazioni) e sono ustionanti per contatto (utilizzare strumenti protettivi ed indossare indumenti e guanti protettivi)

• Gli eventuali residui di agenti sgrassanti sono combustibili, pertanto la verifi ca della pulizia deve essere estremamente meticolosa

Pulizia per mezzo di apparecchiopulitore ad ultrasuoni

Pro

Contro

Pulizia per mezzo di agenti sgrassanti(solventi, detergenti, acidi e soluzioni alcaline)

Non si devono usare composti chimici o biochimico di qualsiasi natura che non siano stati specifi catamente dichiarati idonei dal produttore all'impiego in presenza di ossigeno e che non siano incompatibili con i componenti da pulire.

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Prima di utilizzare qualsiasi composto chimico è necessario comprendere le informazioni sulla sicurezza personale, l'impatto ambientale e le modalità di utilizzo fornite dal fabbricante (tutte informazioni che devono essere visibili sull'etichetta di qualsiasi prodotto). Inoltre bisogna prendere le necessarie azioni di autoprotezione della pelle, degli occhi e della respirazione. Nei negozi di antinfortunistica è possibile trovare indumenti, guanti, occhiali, mascherine e strumenti protettivi adatti a qualsiasi tipo di lavoro.

È sopratutto la confi denza dell'operatore nei confronti dell'uno o dell'altro metodo a far decidere in un senso o nell'altro. Un laboratorio per la messa a servizio ad ossigeno di un qualsiasi sistema dovrebbe essere dotato di strumenti di entrambe le tipologie bilanciando la prevalenza dell'una sull'altra a seconda degli elementi che si intende sottoporre a pulizia, della frequenza e dell'impatto ambientale.Tutti i prodotti chimici utilizzati durante le operazioni di pulizie devono essere smaltiti nei contenitori appositi disponibili nelle stazioni municipali di conferimento e riciclaggio dei rifi uti.

2.11 Agenti sgrassantiUn agente sgrassante è una soluzione pulente che per essere effi cace deve essere un solvente del contaminante da rimuovere.Per l'utilizzo degli agenti sgrassanti bisogna pertanto attenersi alle specifi che modalità di utilizzo indicate dal fabbricante. Le prestazioni, il comportamento e gli eventuali effetti indesiderati di queste sostanze variano in funzione della temperatura di utilizzo e del tempo di esposizione con l'elemento da pulire. Nel caso in cui questi aspetti non siano indicati chiaramente sulle etichette o sul manuale d'uso, è necessario chiedere lumi al rivenditore del prodotto.Gli agenti sgrassanti possono essere grossolanamente distinti in due categorie a seconda del tipo prevalente di esposizione alla soluzione pulente dell'elemento da sottoporre a pulizia: per frizione e strofi nio oppure per immersione. Quelli appartenenti alla prima categoria sono l'acqua ed i detergenti, alla seconda le soluzioni alcaline, gli acidi ed i solventi.

L'acquaL'acqua è uno sgrassante naturale ed ovviamente non è di per se impattante sull'ambiente. Lo diventa quando vengono disciolti in essa gli elementi contaminanti.I tempi necessari affi nché l'acqua possa svolgere un'azione sgrassante effi cace sono molto lunghi pertanto la si usa in forma di vapore a spruzzo, oppure depurata calda e/o pressurizzata (in forma di getti di varie dimensioni) per eliminare grasso, olio e detriti.Il costo delle apparecchiature in grado riscaldare, nebulizzare e spruzzare l'acqua tende a far optare verso altri tipi di metodologie di pulizia.

I detergentiI componenti attivi di un detergente sono i tensioattivi, i quali sono composti organici in grado di abbassare la tensione superfi ciale dell'acqua con cui vengono miscelati. Questo incrementa la capacità di bagnare le superfi ci con cui vengono a contatto e di rimuovere la sporcizia, i grassi e le particelle in modo molto più rapido di quanto non faccia l'acqua pura. Esistono diversi tipi di tensioattivi (anionici, cationici, nonionici e anfoteri) e la predominanza dell'uno sull'altro determina la specifi cità di un detergente verso un tipo di sporco o grasso. Sono le stesse case produttrici ad indicare per quali scopi specifi ci un detergente è più o meno adatto o quanto sia ampio il suo campo di utilizzo. Alcuni detergenti funzionano meglio in acqua calda (anche oltre 90°C), altri sono effi caci anche a temperatura ambiente: è buona norma attenersi alle specifi che fornite dal fabbricante.

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Il risciacquo dei componenti deve essere eseguito con estrema cura essendo i residui di detergente combustibili e che pertanto si comportano come agenti contaminanti di un sistema.

Le soluzioni alcalineLe soluzioni alcaline sono sostanze basiche (altrimenti dette “caustiche”) che possiedono proprietà corrosive a danno principalmente delle sostanze organiche. Sono solubili in acqua e permettono di eliminare i residui diffi cili di sporcizia. I prodotti per la pulizia dei forni da cucina reperibili nei supermercati sono un esempio di agente pulente basico. Questi prodotti devono infatti essere in grado di rimuovere lo sporco di natura organica del forno (residui di cibi carbonizzati e no) senza danneggiare i metalli con cui sono fatti i forni stessi. È bene sapere però che non tutte le soluzioni alcaline sono adatte: talune contenente fosfati, benché abbondantemente usate in passato, sono state eliminate perché lasciano residui polverosi pericolosi e sono estremamente inquinanti.La scelta di un prodotto deve avvenire esclusivamente sulla base delle informazioni reperibili sul mercato dei prodotti specializzati. Queste informazioni devono essere disponibili sulle etichette del prodotto e devono descrivere le modalità di utilizzo, le idoneità specifi che nei confronti dei materiali (metallici e non metallici) che si intende trattare ed il suo grado di tossicità.Le soluzioni alcaline sono sostanze pericolose se inalate, o anche semplicemente per contatto sulla pelle e sugli occhi, pertanto devono essere maneggiate con la massima cura e con le necessarie protezioni individuali.

Gli acidiGli acidi sono sostanze chimiche che hanno un'elevata capacità corrosiva in grado di eliminare la ruggine, le parti ossidate ed il calcare. La scelta e l'uso di queste sostanze devono essere particolarmente oculati in quanto possono risultare talmente aggressivi da arrecare danno ai metalli stessi. Alcuni acidi infatti non possono essere utilizzati perché eccessivamente aggressivi nei confronti dei metalli in genere, altri possono essere giustamente usati con alcuni metalli e non metalli purché vengano rispettate le modalità di utilizzo specifi cate dal produttore. Il comune aceto usato in cucina è una sostanza acida che funziona egregiamente sul calcare, le ossidazioni superfi ciali ed ha un impatto trascurabile sui metalli.Tra i vari prodotti disponibili sul mercato possiamo distinguere quelli a base di:

• Acido fosforico: sono adatti a quasi tutti i metalli purché contengano un inibitore compatibile con l'ossigeno;

• Acido cloridrico: inadatti per gli acciai inossidabili;• Acido nitrico: adatti per alluminio, rame ed alcune leghe. Dona lucentezza ma

non possiede elevate capacità sgrassanti;• Acido citrico: buoni agenti di pulizia.

Questi prodotti devono contenere degli inibitori chimici compatibili con l'ossigeno e pertanto ci si deve attenere alle specifi che e ai campi di utilizzo forniti dal fabbricante.

I solventiLe esalazioni di alcuni solventi sono esplosive ed estremamente dannose per l'ambiente in generale e l'ozono in particolare pertanto devono essere scelti con particolare cura.I solventi a base di idroclorofl uorocarbonio dovrebbero essere ormai già tutti ritirati dal commercio proprio in ragione della loro pericolosità e danno ambientale.I solventi a base di idrofl uoroetere, benché siano risultati poco compatibili con viton e tefl on, sembrano essere un accettabile alternativa per la pulizia di componenti che lavorano con ossigeno allo stato gassoso.

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2.12 Pulizia per mezzo di apparecchio pulitore ad ultrasuoni

Il principio di funzionamento degli ultrasuoni per la pulitura consiste nella creazione di onde ad alta frequenza in una vasca contenente acqua con l'aggiunta di soluzioni chimiche o biochimiche (agenti sgrassanti) a determinate concentrazioni e tipologia, a seconda di quale elemento si intenda pulire. La scelta delle soluzioni chimiche, così come le loro modalità di utilizzo, viene indicata dal fabbricante.Sulle pareti o sul fondo di una vasca in acciaio inox vengono applicati dei trasduttori PZT (piezoelettrici-elettrostrittivi), i quali vengono fatti vibrare alla frequenza di 33.000 Hz. e oltre.Le onde di vibrazione così prodotte si propagano uniformemente in tutto il volume della vasca e sulla superfi cie dei pezzi da pulire. Queste vibrazioni formano onde di compressione e di decompressione che danno origine a microbollicine (cavitazione) le quali implodono raggiungendo pressioni dell'ordine di centinaia di bar. Questo fenomeno è in grado di svolgere un'azione meccanica di asportazione dello sporco a livello molecolare.Le operazioni di seguito descritte sono la procedura base per una corretta pulizia di un componente.

1. Smontare i vari componenti dell’apparato da sottoporre a pulizia avendo cura di seguire o annotare il corretto diagramma/schema di assemblaggio;

2. Selezionare e raggruppare inizialmente i soli componenti che lavorano in presenza di ossigeno;

3. Utilizzare il pulitore ad ultrasuoni (in accordo con le specifi che e le modalità indicate dal fornitore) ripetendo la procedura se necessario;

4. Risciacquare le parti con acqua (meglio se pura o distillata) anche più volte se necessario (assicurarsi di rimuovere gli eventuali residui di agente pulente);

5. Asciugare le parti con getti di aria pulita (non contaminata da idrocarburi e secca) oppure azoto puro allo stato gassoso e carta assorbente non pelosa.

Un vero e proprio prelavaggio non è strettamente necessario (salvo la rimozione meccanica, o mediante risciacquo, di accumuli evidenti di contaminati) mentre è fattibile, così come descritto nel punto 3, ripetere la pulizia con il pulitore ad ultrasuoni.Questi apparecchi sono reperibili dai fornitori di apparecchiature per laboratorio e sono preferibili i modelli dotati di riscaldatore. Saranno i fornitori stessi a spiegare in dettaglio il funzionamento di questo apparecchio, quali prodotti chimici con esso utilizzare (ed in quale diluizione) e per quanto tempo (generalmente i materiali non metallici non devono essere lasciati in immersione per più di 10 minuti). Sebbene esistano dettagliate procedure di controllo della pulizia, coadiuvate da tabelle minuziose indicanti i vari gradi di sporcizia (e quindi di pulizia) di un corpo o liquido, queste procedure, generalmente, devono assicurare che non vi siano rimaste anche tracce dei composti chimici impiegati per le operazioni di pulizia. Utilizzando un pulitore ad ultrasuoni l'uso di sostanze chimiche viene ridotto al minimo, pertanto uno scrupoloso controllo visuale eseguito anche per mezzo di luce ultravioletta può rivelarsi suffi ciente.

2.13 Fasi della pulizia ad ossigeno e verifi caLe varie fasi della pulizia possono essere sintetizzate come segue:

1. Smontare i vari componenti dell’apparato da sottoporre a pulizia ed eliminare con una spazzola o straccio i contaminanti più visibili, preferibilmente immergendo gli stessi in un bagno di acqua calda. Per eliminare i residui di ossidazione superfi ciale si può benissimo utilizzare aceto bianco (sostanza acida poco aggressiva, effi cace ed a basso impatto ambientale);

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2. Proseguire la fase di pulizia strofi nando ed immergendo i componenti in acqua calda con l'eventuale aggiunta di un detergente e sciacquare approfonditamente fi nché le superfi ci non risultino pulite ad un'ispezione visiva con luce bianca (solare);

3. Effettuare la pulizia fi nale, preferibilmente utilizzando un apparecchio pulitore ad ultrasuoni o in alternativa un agente sgrassante;

4. Prima che i componenti asciughino, sciacquare almeno due volte con acqua pura demineralizzata calda (almeno 40°C) nella quale non deve rimanere traccia di olii o schiume sulla superfi cie. Esaminata alla luce bianca l'acqua del risciacquo non deve contenere nessuna particella in sospensione. Sarebbe buona norma controllare il PH (valore esprimente l'acidità o basicità di una sostanza) dell'acqua di risciacquo per mezzo di cartine tornasole (reagenti chimici in vendita nei negozi di prodotti chimici). Il valore del PH dovrebbe risultare vicino a 7 (valore che corrisponde ad una condizione di neutralità, tipica dell'acqua pura a 25°C). L'acqua di risciacquo agitata in un contenitore pulito non deve formare schiuma o bollicine nel qual caso ripetere la prova ed eventualmente ripetere le operazioni dal punto 3;

5. Ripetere il risciacquo con acqua calda pura prima dell'asciugatura fi nale da effettuarsi per mezzo di getti di aria pulita e secca (priva di umidità) o azoto puro (non contaminati da idrocarburi, vedi modulo 4 purezza dell’aria) o carta assorbente da laboratorio non pelosa. L'asciugatura può anche venir effettuata collocando gli elementi metallici in un forno a 60°C;

6. Osservare i componenti puliti sotto una luce nera ultravioletta per alcuni minuti: molti oli e grassi sono fl uorescenti (anche se è bene ricordare che molti degli olii usati nei compressori non lo sono), pertanto se si rilevasse la presenza di oli grassi, particelle, fi bre e corpi estranei ripetere le operazioni di pulizia;

7. Pulire le superfi ci trattate con carta da laboratorio non pelosa o stracci non pelosi al fi ne di rilevare la presenza di elementi contaminanti. Eseguire un'ispezione visiva approfondita, meglio se con l'ausilio di una lente di ingrandimento, della carta utilizzata sia esponendola alla luce ultravioletta sia alla luce solare;

8. Ispezione visiva fi nale sul componente. Non alitare sulle superfi ci pulite;9. Riporre il componente pulito in luogo o contenitore idoneo ad evitare la

ricontaminazione fi no al momento della destinazione di utilizzo fi nale.

Il PH è l'unità di misura del grado di acidità o basicità di una soluzione acquosa. Esso è determinabile per mezzo di sostanze reagenti chiamate cartine tornasole le quali cambiano colore (verso il rosso o verso il blu) a seconda che vengano a contatto rispettivamente con sostanze acide o basiche.

2.14 Pulizia di tubazioni e frustePrima di procedere con la pulizia di un sistema ad ossigeno, quale può essere il circuito di trasferimento dei gas alle bombole composto da valvole, fruste e tubazioni, è necessario scollegare tutti i componenti del sistema.Bisogna mettere da parte tutti i componenti che possono danneggiarsi durante le operazioni di pulizia (manometri, strumenti elettronici, ecc), togliere le valvole, i fi ltri e tutti quei componenti che potrebbero interrompere il fl usso di lavaggio e che richiedono una pulizia secondo normale procedura.A questo punto si può far scorrere all'interno dei tratti di sistema pronti per la pulizia la soluzione di spurgo pulente idonea (a seconda che si tratti di tubazioni metalliche o fruste in altro materiale) ed in seguito risciacquare fi no a quando non si rivelerà più la presenza di contaminanti nel liquido di risciacquo. L'asciugatura avviene immettendo aria o azoto puri compressi dentro le tubazioni.

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L'aria o l'acqua compressa possono provocare ferite gravi fi nanche a penetrare nei tessuti superfi ciali e nel sangue.

2.15 Pulizia delle bombole da immersione, delle rubinetterie e degli erogatori

BomboleBenché la pulizia delle bombole di stoccaggio e per immersione venga effettuata dai grossi centri di ricarica autorizzati, gli unici in grado di svolgere lavori di manutenzione, controllo e collaudo, potrebbe capitare di dover pulire le bombole da immersione.È sempre preferibile lasciare questa incombenza ai centri specializzati (è più economico e sicuro), ma se ciò non fosse possibile, si adottano le seguenti procedure:

• Smontare completamente la rubinetteria, o-ring e parti non in metallo e metterli da parte;

• Rimuovere ogni traccia di lubrifi cante dalla fi lettatura con attrezzo in plastica, spazzola di nylon o panno non peloso;

• Eseguire un'ispezione visiva all’interno (con apposita fonte di illuminazione) e se vi è presenza di corrosione superfi ciale, questa va rimossa con operazione di sabbiatura e pertanto deve essere mandata ad un centro specializzato;

2.15.1 Operatore esegue controllo visivo per mezzo di sonda dotata di cavo fl essibile,estremità luminosa, telecamera e schermo LCD.

ì• Se non viene rilevata presenza di corrosione la bombola deve essere pulita al suo interno con un agente sgrassante. Per la scelta di questi prodotti è meglio seguire le indicazioni fornite dal fabbricante del prodotto pulente o dal fornitore/fabbricante della bombola stessa (NON USARE TRICLOROETANO: ha la tendenza a penetrare nelle pareti della bombola ed a liberarsi nuovamente appena la bombola viene portata in pressione). Può essere utile effettuare un prelavaggio per mezzo di un getto di vapore. Le operazioni di pulizia vanno ripetute fi nché non si notino più variazioni di colore (presenza di sporcizia e particelle) della soluzione pulente usata;

• Risciacquare accuratamente la bombola con acqua pulita, possibilmente calda, più volte ed asciugarla capovolta con aria compressa (pulita e secca) o azoto (i centri specializzati utilizzano uno strumento chiamato “essiccatore”);

• Ispezionare visivamente l’interno per verifi carne l’avvenuta pulizia;• Montare la rubinetteria (a servizio ad ossigeno) e mettere in pressione la bombola

a qualche decina di bar con aria. Aprendo i rubinetti controllare se sia presente

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odore di solvente. In caso affermativo ripetere l’operazione di messa in pressione più volte fi nché l’odore non sarà scomparso (è preferibile comunque ripetere l’operazione di risciacquo e successive);

• Nel caso in cui non venga immediatamente rimontata la rubinetteria sigillare l'apertura con un tappo apposito (in commercio sono disponibili tappi per bombole subacquee muniti di comparto contenente granuli assorbenti dell'umidità), oppure una pellicola in plastica fi ssata con del nastro adesivo evitando di passarlo sull'apertura della bombola. È comunque preferibile tener sempre montata la rubinetteria e mantenere una certa pressione positiva all'interno della bombola stessa (anche solamente pochi bar). Questo accorgimento sarebbe da adottare sempre perché ostacola l'ingresso dell'umidità all'interno della bombola, soprattutto durante lunghi periodi di inutilizzo.

RubinetterieLe rubinetterie delle bombole da immersione possono essere pulite utilizzando le procedure già descritte. Le guarnizioni, i componenti non metallici ed i lubrifi canti eventualmente utilizzati che vengono a contatto con l'ossigeno devono essere sostituiti con componentistica ossigeno compatibile fornita o approvata dal fabbricante.

2.15.2 Rubinetto disassemblato

È di fondamentale importanza conoscere e saper riconoscere con esattezza il tipo di fi lettatura del gambo del rubinetto e se questa concorda con quella della bombola. In ragione delle elevate pressioni di esercizio delle bombole, l'accoppiamento tra rubinetto e bombola deve avvenire solo tra fi lettature identiche.

2.15.3 Filettatura (http://it.wikipedia.org/wiki/Filettatura)

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Al fi ne di evitare errori nell'assemblaggio rubinetto/bombola l'UNI (Ente Nazionale Italiano di Unifi cazione) ha adottato le norme ISO (Organizzazione Internazionale per la Normazione) e CEN (Comitato Europeo di Standardizzazione) con le quali si è fi ssata la corretta fi lettatura delle bombole. La normativa di riferimento è la UNI EN 144-1:2000 e successiva UNI EN 144-1:2006.

l'UNI è un'associazione riconosciuta dallo stato italiano che svolge attività normativa in tutti i settori industriali. Tra i suoi compiti principali ha quello di “facilitare la comunicazione unifi cando terminologia, simboli, codici ed interfacce”.

La dicitura completa per individuare le caratteristiche di una fi lettatura metrica ISO è costituita da:

• la norma di riferimento; • il diametro nominale; • il passo (riportato soltanto nel caso di passo fi ne); • la lunghezza in mm della parte fi lettata; • la classe del materiale.

UNI 5737 M6 X 0.75 X 40 – 8.8• UNI 5737 è la norma di riferimento adottata nel caso in questione; • M6 è l'indicazione ISO del diametro nominale in mm (la lettera M è esclusiva ed

indicativa del tipo di fi lettatura metrica ISO); • X 0.75 rappresenta l'indicazione del passo di fi lettatura; • X 40 indica la lunghezza in mm della parte fi lettata; • 8.8 indica la classe del materiale, in particolare: il primo numero rappresenta il

carico a rottura del materiale (x100 MPa, quindi in questo caso pari a 800MPa); il secondo numero rappresenta il carico di snervamento del materiale (x10 in percentuale rispetto al carico di rottura, nel caso specifi co pari a 640Mpa).

Solitamente le rubinetterie per bombole sub sono contraddistinte solamente dalla dicitura M25x2, ovvero indicante il diametro ed il passo.L'adozione di questa norma non ha completamente eliminato tutti i rischi connessi con il montaggio delle rubinetterie sulle bombole: vediamo perché.In passato il fi letto abitualmente utilizzato per le bombole subacquee era il ¾GAS (3/4 di pollice). Questo fi letto è stato progressivamente sostituito dall’attuale M25x2. Mentre il vecchio ¾GAS non può essere avvitato su una bombola con fi letto M25x2 è possibile riuscire a fare il contrario ottenendo un accoppiamento illusorio. Per arrivare a fi ne corsa di questo fallace accoppiamento è necessario fare forza con un mazzuolo (cosa che può sembrare normale a chi non ha esperienza pratica) con ulteriore danno alla fi lettatura. Le conseguenze di una tale disattenzione sono disastrose e provocano l'espulsione violentissima del rubinetto da una bombola in pressione. Le nuove norme prevedono infatti la totale eliminazione del vecchio fi letto ¾GAS non oltre il 2010.Bisogna prestare molta attenzione durante il montaggio delle rubinetterie al fi ne di evitare che la frizione prodotta sulle fi lettature liberi particelle metalliche (burrs) che costituiscono, come già descritto precedentemente, un grave pericolo. Un tempo si spargeva piccole quantità di grasso ossigeno compatibile in queste zone in maniera tale da contenere sia la formazione di queste particelle, sia a rallentare la corrosione nel punto di contatto tra bombola e rubinetteria. Oggi si sconsiglia questa pratica in ragione del fatto che si è visto che minime quantità di grasso possono essere inalate durante il normale utilizzo della bombola, e le fi lettature, se correttamente pulite e concordanti, si avvitano in modo scorrevole e regolare tale da non necessitare l'aggiunta di alcun grasso.Una volta completato il montaggio di una bombola essa deve essere ulteriormente controllata al fi ne di riscontrare eventuali perdite. Questi controlli possono essere effettuati monitorando l'andamento del valore della pressione nel tempo (riempiendo la

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bombola con azoto puro o aria non contaminata per una durata di diverse ore), oppure tramite immersione in acqua pulita o tramite appositi spray che rilevano la presenza di perdite di gas. Ovviamente questi spray devono essere ossigeno compatibili.

ErogatoriI componenti di un erogatore possono essere puliti utilizzando una normale procedura, ma si rimanda ad un manuale dedicato e ad un corso specifi co l’approfondimento di queste pratiche. L’erogatore è un “sistema di supporto alla vita” e come tale richiede la massima cura. Le approssimazioni non sono ammesse.È buona norma utilizzare erogatori dall'architettura semplice (e di provata affi dabilità) quando questi devono essere messi a servizio ad ossigeno: meno parti lavorano a contatto con l'ossigeno minore è il rischio di innesco e combustione. Inoltre tali erogatori si puliscono con maggior facilità e frequenza.

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2.15.4 Esploso di primo stadio a pistone non bilanciato.

Questa tipologia di erogatore è contraddistinta da un'architettura

semplice e affi dabile. In questo esploso è possibile individuare sia la connessione a staffa (4) sia DIN

(13). (Scubapro Mk2).

2.15.5 Esploso di un primo stadio a membrana bilanciato ad alte prestazioni. È evidente la complessità generale dell'architettura e l'elevato numero di componenti in ragione degli usi estremi per

i quali è stato concepito. (Poseidon).

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Come si può benissimo notare osservando le immagini 2.15.4 e 2.15.5, la complessità di un erogatore varia considerevolmente a seconda del modello. Le miscele iperossigenate vengono utilizzate durante le fasi meno profonde di un immersione, e l'ossigeno puro soltanto pochi metri sotto la superfi cie. Questo consente l'utilizzo di erogatori che non richiedono prestazioni da “prima pagina”, ma che siano semplici, affi dabili e di facile manutenzione.Al fi ne di ottenere una corretta messa a servizio ad ossigeno è necessario verifi care se la casa costruttrice del modello che si intende utilizzare mette a disposizione i relativi kit di trasformazione ossigeno compatibili. Questi kit, generalmente, contengono i componenti non metallici che vengono a contatto con l'ossigeno. Nel caso in cui non siano disponibili i componenti sostitutivi in materiale ossigeno compatibile approvati dal fabbricante, è necessario passare ad un altro modello di erogatore.Bisogna infi ne verifi care sempre sui libretti di istruzioni sia dell'erogatore sia del composto chimico pulente che si intende utilizzare, se le parti da sottoporre a lavaggio ed il composto pulente sono compatibili tra di loro.

2.15.6 Esploso di secondo stadio (Scubapro R290)

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2.16 Schedatura degli interventi di manutenzione ed etichettatura dell'attrezzatura

La schedatura e la catalogazione degli interventi di manutenzione è necessaria ed ha la duplice funzione sia di fi ssare la storia manutentiva di un componente, sia come verifi ca avente valore giuridico per evitare eventuali responsabilità verso terzi. Ogni operatore è pertanto tenuto a redigere un registro di manutenzione dei sistemi con i quali ha operato.Le indicazioni minime da annotare sul registro sono le seguenti:

• Codice di archiviazione• Nome Operatore• Descrizione attrezzatura• Identifi cativo• Nome del proprietario• Data di ricevimento• Condizioni iniziali dell'attrezzatura• Prossima manutenzione programmata• Validazione e data dell'avvenuta messa a servizio a ossigeno• Modalità di consegna del componente (dentro involucro di protezione oppure

rimontato sul resto del sistema)• Firma di consegna del cliente per accettazione e data

L'attrezzatura che sia stata messa a servizio ad ossigeno deve essere opportunamente etichettata almeno fi no alla consegna di questa all'utilizzatore fi nale.

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MODULO 3TEORIA PER LA PRATICA DELLA MISCELAZIONE

Al termine di questo modulo saremo in grado di:

• Comprendere le informazioni scientifi che di base relative al comportamento termodinamico dei gas

• Conoscere le proprietà che caratterizzano i gas• Acquisire le basi matematiche necessarie per calcolare i parametri di miscelazione

dei gas• Conoscere i limiti applicativi ed il grado di precisione del calcolo aritmetico

manuale• Comprendere l'importanza degli strumenti di calcolo informatizzato

3.1 Informazioni GeneraliPossedere alcune conoscenze scientifi che di base consente all'operatore di prendere le decisioni con cognizione di causa a tutto vantaggio della precisione e della sicurezza.Nella pratica della miscelazione non è infrequente imbattersi in circostanze che non possono essere risolte con l'ausilio di tabelle o computer e che richiedono una minima competenza di calcolo.La complessità dei fenomeni riguardanti la fi sica dei gas richiederebbe una trattazione ben più approfondita, precisa e complessa che va ben oltre lo scopo di questo manuale. Le leggi della fi sica di seguito esposte sono pertanto una grossolana semplifi cazione di quanto realmente enunciato da queste leggi, ma suffi ciente per comprendere i fenomeni che ci interessano. Quando parliamo di gas ci riferiamo ad uno stato della materia nel quale gli atomi e le molecole sono sostanzialmente liberi di muoversi in ogni direzione. Questa libertà è il grattacapo giornaliero dell'Operatore di Sistemi di Miscelazione il cui compito principale è appunto quello di confi nare e regolare questa libertà entro parametri ben precisi.

3.2 Massa, volume, temperatura e pressioneMassa, volume, temperatura e pressione sono tutte proprietà della materia, gas inclusi.Massa: è una dimensione fi sica della materia e ne defi nisce la quantità espressa in chilogrammi (kg).Volume: è una dimensione della materia che defi nisce lo spazio occupato da un solido, liquido o gas. I solidi ed i liquidi sono dotati di volume proprio, mentre i gas tendono ad occupare il volume del recipiente dove sono contenuti. Il volume si esprime generalmente in litri (l) o metri cubi (m³).Temperatura: è una dimensione fi sica che defi nisce il grado di calore di un corpo o di una sostanza. Le unità di misura, o più precisamente, le scale della temperatura più usate sono:

• Per le misurazioni consuetudinarie il grado Celsius (ºC – zero gradi Celsius corrispondono alla temperatura di solidifi cazione dell'acqua);

• Per la descrizione dei fenomeni fi sici e chimici il grado Kelvin (K - la temperatura di solidifi cazione dell'acqua in gradi Kelvin è di 273,16 K).

La conversione tra gradi Kelvin e Celsius è espressa dalla seguente formula:

x K = (x - 273,16) ºC

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Esempi equivalenze: 273,16 K = 0 ºC0 K = -273,16 ºC300 K = 26,84 ºC

Pressione: è defi nita come la forza per unità di superfi cie, ed è la forza che esercitano i fl uidi (liquidi e gas) sui corpi con cui vengono a contatto. Con una certa approssimazione e riferendoci ai gas possiamo dire che la pressione è la rappresentazione dell'energia cinetica delle particelle di un gas: valori alti di pressione indicano valori alti di energia cinetica. Esistono diversi sistemi di misurazione per esprimere la pressione dei gas. Quelli che più comunemente vengono utilizzati nella pratica delle operazioni di ricarica sono:

• atmosfere (atm)• chilogrammi su centimetro quadrato (kg/cm²)• bar (bar)• libbre su pollice quadrato (psi)

Le conversioni tra le varie unità di misura sono sintetizzate nella seguente tabella.

1 atm = 1 kg/cm²1 kg/cm² = 1.013 bar1 bar = 14.5083 psi

3.3 Gas ideali e gas realiI gas ideali sono una semplifi cazione della realtà grazie alla quale è possibile creare un modello semplifi cato utile per la comprensione dei comportamenti dei gas reali.Questo modello semplifi cato, defi nito come “modello dei gas ideali”, ci permette anche di operare sui gas, ovvero di eseguire le operazioni di miscelazione e carica, con relativa facilità ed accettabile grado di precisione. Il modello dei gas ideali descrive i gas come segue:

• Possiamo pensare gli atomi e le molecole che compongono qualunque gas come punti talmente piccoli da avere una dimensione trascurabile;

• Questi punti si muovono in modo casuale in tutte le direzioni e tra di loro non si esercita nessuna forza;

• Quando questi punti si urtano tra di loro, o urtano la parete del recipiente che li contiene, rimbalzano senza dissipare energia;

• A parità di pressione e temperatura, volumi uguali di gas diversi contengono un numero uguale di molecole.

È però importante conoscere i limiti di questo modello semplifi cato per essere in grado di capire in quali condizioni questo modello non è più affi dabile e quali accorgimenti dobbiamo adottare per conseguire i nostri scopi con suffi ciente precisione.

3.4 La Legge di Avogadro ed il concetto di moleIl fi sico Amedeo Avogadro ebbe una felice intuizione: “volumi uguali di gas diversi, nelle stesse condizioni di temperatura e pressione, contengono lo stesso numero di molecole”.Avogadro espresse la massa molecolare di un gas in Grammomolecole. La grammomolecola è detta comunemente mole o numero di Avogadro (n) ed è una unità di misura che defi nisce un numero preciso di molecole e precisamente 6,02x10²³ molecole

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(un numero grandissimo).Una mole di ossigeno contiene 6,02x10²³ molecole di ossigeno. Una mole di elio contiene 6,02x10²³ molecole di elio e così via.La mole è in sostanza una unità di misura con la quale siamo in grado di esprimere la massa di un gas e quindi il suo peso.Dato che la massa atomica e molecolare degli atomi e delle molecole dei gas è nota, ed è in relazione con n (vedi tabella 3.4.1), è possibile calcolare i valori combinati delle proprietà dei gas (massa, volume, pressione e temperatura). Come? lo vediamo nei prossimi paragrafi .

Gas Massa di una mole (grammomole)

Ossigeno(O2) 31,9988 Azoto (N2) 28,0134 Elio (He) 4,0026 Argon (Ar) 39,948 Aria secca 28,8

Tab. 3.4.1. Massa molecolare dei gas in uso nell'attività subacquea

3.5 La legge dei gas perfettiLa legge dei gas perfetti è la traduzione matematica del modello dei gas ideali e si esprime attraverso la seguente relazione:

P · V = n · R · T

da cui

V = (n · R · T) / P

da cui

n = (P · V) / (R · T)

dove

P Pressione

V Volume

n Numero di Moli (massa)

R Costante dei gas ideali: rappresenta il lavoro che 1 mole di gas compie quando si espande alla pressione P costante di 1 atmosfera in seguito ad un aumento di temperatura di 1 K. R mette in relazione pressione, temperatura e volume ed il suo valore, che viene ricavato empiricamente, dipende dall'unità di misura considerata. Per ogni unità di misura corrisponde un numero noto (per comodità di calcolo ed in coerenza con le unità di misura adottate nel testo utilizziamo il valore di 8,21·10¯² l atm K-1 1 mol--1 )

T Temperatura del gas in gradi Kelvin.

Esempi applicativi delle legge.

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Esempio 1.Calcoliamo il volume di una mole di ossigeno e di una mole di azoto in condizioni di temperatura e pressione standard (ovvero 273,16 K e 1 atm). Adottiamo la formula V=(n·R·T)/P:Ossigeno: V=(1 · 8,21·10¯² · 273,16) / 1 = 22,4 l (litri)Azoto: V=(1 · 8,21·10¯² · 273,16) / 1 = 22,4 l (litri)

Questi due risultati non sono altro che un aspetto della legge di Avogadro e precisamente dimostrano che una mole di un qualunque gas ideale occupa un volume di 22,4 litri.

Esempio 2.Vogliamo calcolare il peso dell'ossigeno contenuto in una bombola di 10 litri caricata a 150 atm a temperatura ambiente. Assumendo come temperatura ambiente 293 K (che corrispondo a circa 20 ºC)Calcoliamo prima il numero di moli adottando la formula n=(P·V)/(R·T):n = (150 x 10)/( 8,21·10¯² x 293) = 62,3 moli di Ossigenodato che una mole di Ossigeno ha una massa di 32 grammi (vedi tabella 3.4.1), moltiplicando 32 x 62,3 otteniamo 1.993,6 grammi di ossigeno, corrispondenti a 1,99 kg.Se eseguissimo lo stesso calcolo per l'elio o per l'aria non avremmo bisogno di ricalcolare il numero di moli di elio o aria contenuti nella bombola. A parità di volume e pressione, come enunciato dalla Legge di Avogadro, otterremo per tutti e 3 i gas (ossigeno, elio e aria) lo stesso numero di moli. Pertanto, in questo caso, basta moltiplicare il numero di moli precedentemente ottenuto per i grammomole del gas corrispondente per ottenere la massa di ciascun gas.

Quello che nel senso comune è identifi cato come peso è in realtà la massa di un corpo, mentre il peso, in realtà, esprime la forza che una massa esercita in un determinato punto.

Non è affatto ovvio applicare la legge dei gas perfetti nella pratica della miscelazione, soprattutto per la diffi coltà oggettiva di determinare con precisione matematica i valori di pressione e temperatura. Il contenuto di questo paragrafo è stato sviluppato soprattutto per offrire una base di cognizione scientifi ca nella verifi ca mentale delle operazioni che l'Operatore andrà a compiere.

3.6 la Legge di Boyle e MariotteLa legge di Boyle e Mariotte afferma che “a temperatura costante il prodotto della pressione di un gas ideale per il volume che esso occupa è costante”, ovvero che in condizioni di temperatura costante la pressione di un gas è inversamente proporzionale al suo volume.La legge di Boyle e Mariotte potrebbe essere defi nita come un caso particolare della legge dei gas perfetti che analizza il rapporto tra pressione e volume escludendo temperatura e massa.

In termini matematici si esprime come segue:

P1 x V1 = P2 x V2 = K (costante)

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Esempi applicativi.

Esempio1.Si vuole calcolare il volume di gas a pressione atmosferica contenuto in una bombola da 18 litri caricata a 200 atm.

P1 = 200 atmV1 = 18 litriP2 = 1 atmV2 = ?V2 = (P1 x V1)/P2 = (200 x 18)/1 = 3.600 litri.

Esempio2.Si vuole calcolare il massimo volume di gas trasferibile, per mezzo di una frusta di travaso, da una bombola di 40 litri (V1) caricata a 200 bar (P1 iniziale) ad una bombola di 12 litri vuota (V2).La risoluzione di questo esercizio richiede qualche passaggio in più.P1 iniziale = 200 atmV1 = 40 litriP2 iniziale = 0 atmV2 = 12 litriP1 fi nale = P2 fi nale = 1,99 kgLe bombole messe a sistema per mezzo di una frusta di connessione hanno un volume complessivo di 52 litri, pertanto gli 8.000 (200 x 40) litri contenuti in P1 si diffonderanno in questo maggior volume disponibile e la pressione del sistema si ridurrà a circa 154 atm (8.000/52).Il volume di gas contenuto in V2 sarà di circa 1.846 litri (154 x 12).

Le operazioni eseguite vengono schematizzate nella tabella seguente.

P1 x V1 = P fi nale x V sistema200 x 40 = (154 x 12 ) + (154 x 40) = 154 x 52

Esempio 3.Dobbiamo collegare una bombola da 40 litri caricata a 160 atm ad una bombola da 15 litri. Si vuole calcolare a quale pressione dobbiamo caricare la bombola da 15 litri affi nché la pressione di equilibrio sia di 130 atm.

P1 iniziale = 160 atmV1 = 40 litriP2 iniziale = ?V2 = 15 litriP1 fi nale = P2 fi nale = 130 atm

Calcoliamo prima qual'è il volume di gas che deve avere il sistema (V1+V2) per generare la pressione di 130 atm, ovvero il volume di equalizzazione.

Veq = (40 + 15) x 130 = 7.150 litri

Calcoliamo il volume di gas iniziale in P1:

Vgas1 iniziale = 40 x 160 = 6.400 litri

Dato che il volume di equalizzazione è di 7.150 litri ed il volume disponibile in V1 è di 6.400 litri, la differenza di 750 litri dovrà essere fornita da V2. La pressione necessaria affi nché V2 contenga 750 litri è la soluzione del nostro problema e precisamente:

P2 iniziale = 750 / 15 = 50 atm

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Questi esercizi descrivono matematicamente l'atteggiamento mentale più comune in questo genere di operazioni: riportare il volume di un gas contenuto in una bombola a pressione ambiente

3.7 La legge di CharlesLa legge di Charles afferma che “a volume costante esiste un rapporto di proporzionalità diretta tra temperatura e pressione” di un gas, ovvero all'aumentare o diminuire della temperatura la pressione aumenta o diminuisce di un fattore costante. Questo fattore è uguale a circa 1/273, ovvero ad un incremento o diminuzione della temperatura di 1 ºC la pressione aumenta o diminuisce di circa 1/273 della pressione iniziale, e questo vale per tutti i gas.La legge di Charles ha validità anche quando ad essere costante è la pressione, ed infatti afferma che “in condizioni di pressione costante il volume di un gas aumenta linearmente con l'aumentare della temperatura”.Tutto questo signifi ca che due bombole identiche contenenti la stessa quantità del medesimo gas collocate in ambienti con temperature diverse, hanno valori di pressione diversi. La bombola collocata in ambiente con temperatura superiore avrà una lettura della pressione superiore. Di quanto? Calcolare le variazioni di pressione in funzione della temperatura è piuttosto complesso e richiederebbe un procedimento analitico eccessivamente complicato. Inoltre esprimere matematicamente questa legge non aumenta il grado di comprensione dei suoi effetti relativamente alle attività di miscelazione. Bisogna però essere consapevoli che variazioni della temperatura dell'ordine di una ventina di gradi comportano variazioni nella lettura della pressione di circa il 10% ed eccezionalmente anche del 20%.

3.8 Trasformazione adiabatica o calore di compressione

I gas che subiscono un'espansione adiabatica si raffreddano; al contrario, se vengono compressi, si riscaldano.Ciò avviene perché il gas, espandendosi, compie lavoro, a spese della sua energia interna. Al contrario, durante una compressione, il lavoro fatto sul gas ne aumenta l'energia interna. Poiché l'energia interna del gas è direttamente proporzionale alla sua temperatura assoluta, quando esso si espande la temperatura diminuisce e aumenta quando viene compresso. Approssimando possiamo dire che parte dell'energia meccanica utilizzata per comprimere un gas per portarlo da una bassa ad una alta pressione, si trasforma in calore. Durante le operazioni riempimento di una bombola, quindi, il gas immesso si riscalda, inizialmente in modo molto rapido, poi tende a stabilizzarsi fi no a quando poco prima della fi ne della carica inizia a raffreddarsi.

Alcuni testi descrivono come la temperatura del gas durante una carica, cresce in modo sostanzialmente esponenziale, “dove l'85% circa dell'aumento complessivo della temperatura avviene nei primi 10-15 secondi dall'inizio della carica”. Questa affermazione però non tiene conto delle condizioni oggettive che cambiano di volta in volta durante una miscelazione. Fattori quali il volume delle bombole, il rateo di fl usso e le condizioni ambientali infl uiscono sugli andamenti della temperatura del gas. Quello che si può certamente affermare è che durante le operazioni di carica il gas aumenta di temperatura spesso in modo molto evidente.

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Soltanto alcune ore dopo la fi ne della carica il gas all'interno della bombola avrà raggiunto, eguagliandola, la temperatura ambiente e solo allora potremo verifi carne la pressione. La maggior parte delle operazioni di miscelazione si eseguono monitorando gli andamenti pressori dei gas che vengono trasferiti da una bombola all'altra e quasi tutte queste operazioni generano calore. Il calore sulla superfi cie esterna di una bombola durante o alla fi ne di una carica, è decisamente più basso rispetto al calore del gas all'interno della bombola. È per questa ragione che non bisogna fi darsi troppo della valutazione soggettiva che si esegue al tatto per verifi care l'avvenuta diminuzione della temperatura, se non sono trascorse almeno alcune ore di “riposo” dalla fi ne della carica.

3.8.1 Andamento della temperatura tra l'interno di una bombola el'ambiente esterno alla fi ne di una carica.

In estate, quando la temperatura ambiente è ai massimi, sarebbe meglio eseguire le operazioni di miscelazione con intervalli di diverse ore tra una carica e la successiva.Se le pareti della bombola fossero composte da un materiale isolante, il tempo che il gas al suo interno impiegherebbe per eguagliare la temperatura esterna sarebbe estremamente lungo. Il metallo usato per le bombole è fortunatamente un buon conduttore, pertanto una bombola calda immersa in acqua impiega molto meno tempo a dissipare il proprio calore interno in virtù del fatto che l'acqua disperde calore venti volte più velocemente dell'aria. Benché sia una pratica in disuso per l'oggettiva diffi coltà logistica che comporta, l'accortezza di immergere le bombole in acqua fresca durante le operazioni di carica ha una certa utilità per accelerare le operazioni di miscelazione. Se si usa questa accortezza è obbligatorio mantenere l'acqua ragionevolmente pulita e cambiarla spesso.

3.9 La Legge di DaltonLa legge di Dalton afferma che “la pressione totale esercitata da una miscela di gas ideali è uguale alla somma delle pressioni parziali che sarebbero esercitate dai gas che la compongono se occupassero da soli tutto il volume a disposizione”.

In termini matematici si esprime come segue:

Ptot = Pp1 + Pp2 + Pp3 + ... + Ppn

È molto importante capire intimamente il signifi cato di questa legge per la pratica della miscelazione. La legge di Dalton è l'unica che offre delle basi matematiche semplici e concretamente utili per l'operatore.Immaginiamo di avere due bombole di egual capacità una contenente ossigeno a 10 atm (PO2) e l'altra contenete azoto a 10 atm (PN2).

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Avremo:

PO2 = 10 atmPN2 = 10 atm

Eseguiamo le misurazioni delle pressioni con il manometro e leggendo la lettura di 10atm in entrambe le bombole possiamo trarre due conclusioni:

1. La pressione di azoto in PO2 è ovviamente zero perché l'azoto è assente2. La pressione di ossigeno in PN2 è ovviamente zero perché l'ossigeno è assente

Ora mettiamo in comunicazione le due bombole e apriamo la valvola di connessione.L'ossigeno contenuto in una delle due bombole si diffonderà nell'altra e così farà l'azoto;dopo un certo tempo i due gas saranno ben mescolati. Il sistema che noi abbiamo adessoè unico, non ci sono più due bombole separate, bensì un bibombola avente capacità doppiacontenente Ean50. Misuriamo la pressione all'interno del “sistema bibombola” e noteremoche non è cambiata, è sempre di 10 atm. Esaminiamo la situazione dal punto di vista dell'azoto: Il volume iniziale dove eracontenuto l'azoto era esattamente la metà del volume attuale (inizialmente monobombolaadesso bibombola) quindi applicando la legge di Boyle e Mariotte avremo:

PN2 iniziale = 10 atmPN2 fi nale = ?VN2 iniziale = VVN2 fi nale = 2V

PN2 iniziale x VN2 iniziale = PN2 fi nale x VN2 fi nale

sostituiamo i termini noti e calcoliamo l'incognita

10 x V = PN2 fi nale x 2VPN2 fi nale = (10 x V) / 2V = 10 / 2 = 5 atm

Quanto sopra descritto vale anche per l'ossigeno (al lettore la verifi ca dei passaggi),pertanto avremo

PO2 fi nale = 5 atm

Dato che la pressione del nostro sistema/bibombola risultava essere sempre di 10 atmpossiamo dedurre che questo valore sia dovuto alla somma delle singole pressioni diciascun gas, ovvero:

P bibombola = PN2 fi nale + PO2 fi nale = 5 + 5 = 10 atmovvero

Ptot = Pp1 + Pp2

la legge di Dalton appunto.Nel nostro bibombola la pressione di 5 atm è la pressione parzialep p sia dell'azoto siadell'ossigeno componenti la nostra miscela Ean50.

3.10 Il concetto di frazione di un gasgSe dividiamo la pressione parziale di un gas per la pressione totale della miscelaotteniamo la sua frazione.

Pp / Ptot = ƒ

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La frazione è un numero che può variare da 0 (quando quel gas non c'è nella miscela), a 1 (se tutto la miscela è costituita solo da quel gas). La frazione di un gas esprime il valore percentuale indicante la presenza di un gas all'interno di una miscela e non è infl uenzata dalla pressione. La sommatoria delle frazioni dei singoli gas componenti una miscela è sempre uguale ad 1, ovvero al 100%. In termini matematici si esprime come segue:

ƒgas1 + ƒgas2 + … + ƒgasn = 1

Le frazioni dei gas di una miscela pronta per la consegna, rappresentano il dato di maggior interesse ed importanza per il subacqueo e devono essere pertanto sempre chiaramente apposte sulla bombola. È il subacqueo che ordina all'operatore le frazioni dei singoli gas, e la pressione fi nale delle bombole (generalmente 200 atm), ragion per cui frazione e pressione totale sono sovente i termini noti dai quali ricavare le pressioni parziali dei singoli gas.La formula da adottare è la seguente:

Pp = ƒ x Ptot

Le formule relative al valore della frazione e alla legge di Dalton sono molto utili nella pratica della miscelazione e sono talvolta utilizzate associando le une alle altre. La legge di Dalton può infatti essere espressa dalla seguente formula:

Ptot = (ƒgas1 x Ptot) + (ƒgas2 x Ptot) + … + (ƒgasn x Ptot)

A titolo di esempio vengono indicate nella seguente tabella la frazione, la pressione parziale e le formule ad esse associate di due miscele di gas a determinata pressione.

Nomegas

Pressione Totale

Ptot

FrazioneOssigeno

fO2

FrazioneAzoto

fN2

FrazioneElio

fHe

Pressione Parziale Ossigeno

PpO2

Pressione Parziale

AzotoPpN2

Pressione Parziale

ElioPpHe

Ptot = Pp1 + Pp2 + ... ƒ = Pp / Ptot Pp = ƒ x Ptot

Ean38 180 38%=0,38 62%=0,62 0 68 112 0Trimix16/40 220 16%=0,16 44%=0,44 40%=0,40 35 97 88

3.11 I gas reali e la Legge di Van Der WaalsAbbiamo detto che la legge dei gas perfetti è una semplifi cazione, o per meglio dire, una modellizzazione della realtà grazie alla quale è possibile descrivere e prevedere il comportamento termodinamico dei gas. Secondo questo modello gli atomi e le molecole (particelle) che compongono un qualunque gas hanno una dimensione trascurabile e tra di loro non si esercita nessuna forza.Secondo questo modello sarebbe teoricamente possibile comprimere un gas indefi nitamente fi no ad un volume tendente a zero ed osservare la variazione di pressione così come previsto dalla Legge di Boyle e Mariotte. Nella realtà questo non può avvenire soprattutto per due ragioni:

• le particelle che compongono un gas sono dotate di dimensione propria benché piccolissima

• l'energia di interazione tra le particelle non è trascurabile.

Il comportamento termodinamico dei gas reali, quindi, si discosta da quello dei gas ideali, ovvero non segue esattamente la legge dei gas perfetti. La legge di Van der Waals è una

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legge fi sica che descrive in modo molto più accurato il comportamento dei gas reali. Questa legge è di fatto un'estensione della legge dei gas perfetti, rispetto alla quale consente una migliore precisione di calcolo e previsione.Van Der Waals ha introdotto un fattore di “correzione” denominato “Z” all'interno della equazione dei gas perfetti. Il valore di Z è defi nito “fattore di comprimibilità” ed è determinato empiricamente attraverso complesse procedure di calcolo che tengono conto sia dell'intensità delle forze attrattive tra le particelle, sia il volume proprio delle particelle stesse. Il valore di Z non è un valore costante e dipende dal tipo di gas (quindi dalle dimensioni delle sue particelle e dalle forze di interazione), dalla temperatura e persino dal volume del contenitore del gas. Si comprende benissimo come la complessità delle procedure di calcolo, che devono tener conto di tutti questi fattori, sia ben aldilà della nostra capacità di calcolo. La legge di Van Der Waals, in forma semplifi cata, si esprime matematicamente come segue

P · V = Z · n · R · Tda cui

n = (P · V) / Z (R · T)

Da questa seconda equazione si evince chiaramente che la massa effettiva di un gas (n numero di moli) è infl uenzata da Z: se Z è maggiore di 1 la massa sarà inferiore rispetto alla previsione dei gas perfetti, se Z è minore di 1, sarà maggiore.Nelle condizioni in cui generalmente opera una stazione di ricarica per miscele subacquee, i valori di Z possono variare approssimativamente da un minimo di 0,96 ad un massimo di 1,25.Per consentire una maggior comprensione del fattore di comprimibilità dei gas comunemente usati nelle stazioni di ricarica, si riportano alcuni grafi ci.

Grafi co 1: Valori di Z dell'elio, azoto e ossigeno a 26 gradi Celsius

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Grafi co 2: Valori di Z dell'elio, azoto e ossigeni a 200 bar di pressione

Grafi co 3: Valori di Z dell'aria a 3 diverse temperaturep

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Quello che si evince da questi grafi ci è che il valore di Z dipende non soltanto dalla natura del gas (quindi dalla dimensione delle particelle e dalle loro interazioni), ma anche dalla temperatura.Nel grafi co n. 3 relativo all'aria, notiamo come fi no a pressioni di poco superiori i 100 bar, a temperatura di 25 gradi, il valore di Z è minore di 1. Questo signifi ca che la lettura del manometro ci darà un indicazione leggermente in difetto rispetto alla quantità effettiva di gas, mentre oltre i 150 bar le letture saranno in eccesso (a 200 bar abbiamo un errore di lettura di circa il 3%, a 300 bar di circa il 10%).Il fattore di comprimibilità, in parole semplici, ci da la misura della differenza che c'è tra la lettura della pressione e la quantità effettiva della massa di un gas. Questa differenza è quasi sempre in eccesso (ovvero pressione indicante una quantità superiore rispetto al reale) e comporta un errore sulle frazioni delle miscele valutabile fi no al 10% per il nitrox e fi no al 15% per il trimix.

3.12 Grado di precisione nella preparazione delle miscele - I software

Per ottenere una miscela di composizione certa è necessario immettere nella bombola una quantità precisa, ovvero massa, ovvero numero di particelle, di ossigeno, azoto e/o elio. La pressione è una proprietà dei gas facile e agevole da misurare tuttavia, oltre ad essere un metodo di misura indiretto, abbiamo visto come il fattore di comprimibilità Z infl uisca sulla massa dei gas a determinate pressioni e temperature.Per conseguire un'accurata miscelazione, utilizzando la pressione come parametro di riferimento, siamo quindi costretti a ritoccare la pressione fi nale di carica di elio, ossigeno e aria di una certa quantità. L'ampiezza di questa correzione non è determinabile con gli strumenti di calcolo a nostra disposizione, e per un certo tempo è stata “aggiustata” con suffi ciente accuratezza dall'esperienza e capacità di valutazione dagli operatori che, nel tempo, dopo tentativi ed errori, hanno imparato l'arte della miscelazione “fatta in casa”. Oggi sono disponibili degli strumenti con i quali pervenire ad un più che adeguato, ed in alcuni casi elevato, grado di precisione nella preparazione delle miscele.Questi strumenti sono:

SoftwareEsistono dei software appositamente sviluppati per eseguire i calcoli relativi alle varie operazioni di miscelazione effettuabili nelle stazioni di ricarica per immersioni sportive. Questi software utilizzano algoritmi molto precisi che si basano sulla legge di Van Der Waals. Benché anche questi software non possano tener conto sia delle variazioni delle condizioni di temperatura in cui opera il nostro sistema, sia della dimensione delle bombole coinvolte, essi sono estremamente precisi e consentono un elevato grado di fl essibilità. Grazie a questi software non è più nemmeno necessario svuotare le bombole che devono essere sottoposte alle operazione di miscelazione e carica. Ovviamente la composizione e pressione del gas eventualmente presente nella bombola devono essere noti e compatibili con la miscela che vogliamo ottenere (gli stessi software avvisano le eventuali incompatibilità), in maniera tale da consentire le operazioni di rabbocco.Sostanzialmente all'operatore è richiesto principalmente di assicurare un corretto raffrescamento delle bombole prima delle operazioni di verifi ca della pressione e prima di passare alla fase successiva di una ricarica.

Eccezionalmente è possibile imbattersi in software che utilizzano algoritmi che si basano su altre e più aggiornate teorie del comportamento cinetico e termodinamico dei gas (algoritmo di Redlich-Kwong o alternativamente algoritmo di Peng-Robinson). Questi software offrono gradi di precisione irrealizzabili in una stazione di ricarica per miscele subacquee, pertanto il loro utilizzo è relegato ai centri di ricarica industriali.

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Ai seguenti indirizzi internet è possibile ottenere due validi software per il calcolo delle pressioni di miscelazione:

http://www.gap-software.com/download/gap-multibank.html

http://www.hlplanner.com/blender.htm

L'enorme diffusione dei computer, palmari e persino di telefoni portatili sempre più sofi sticati permette l'uso di questi software praticamente ovunque. Questo ha reso di fatto inutile l'uso delle tabelle di miscelazione tradizionali.

Tabelle compensateEsistono da tempo delle tabelle per la preparazione di miscele binarie e ternarie che forniscono i valori delle pressioni di carica dei singoli gas per ogni valore di pressione fi nale voluta. Generalmente queste tabelle riportano dei dati calcolati sulla base della legge dei gas ideali e pertanto non sono precise quanto un software. È opportuno quindi dotarsi di “tabelle compensate”, ovvero tabelle che tengano conto del comportamento dei gas reali. Utilizzando i software a nostra disposizione ed impostando i parametri di calcolo in accordo con le condizioni di esercizio del nostro sistema di miscelazione, è possibile predisporre delle tabelle compensate. Queste tabelle auto-prodotte non possono tener conto del fattore temperatura, e benché in una certa misura la precisione fi nale è ancora determinata dalla capacità di valutazione e correzione dell'operatore, esse sono un accettabile compromesso e consentono una notevole precisione.

Pressione intermedia compensata in bar di ossigeno da immettere in bombola vuota prima del riempimento fi nale con aria

Pressione fi nale Ean32 Ean36 Ean40 Ean50230 32 43 54 82200 29 39 49 73180 27 36 45 67

3.12.1 Tabella per la preparazione per pressioni parziali di nitrox realizzata con HLPLANNER.

Sistemi automatici di miscelazioneQuesti sistemi consentono di ottenere le miscele in modo molto preciso e sono costituiti da sofi sticate apparecchiature a controllo informatizzato che utilizzano algoritmi derivanti dalla legge di Van Der Waals. Una descrizione più approfondita viene fornita nel prossimo modulo.

3.13 ConclusioniLa presa di coscienza delle diffi coltà connesse al conseguimento di un accurato grado di precisione dei calcoli alla nostra portata, non deve scoraggiarci dal farli. Le possibilità di previsione offerte dalle leggi di Dalton e di Boyle e Mariotte sono comunque utili e ci consentono di eseguire le operazioni del caso avendo ben in mente i limiti applicativi. È ben più importante eseguire le operazioni di miscelazione con la dovuta cura ed esperienza che avere il modello più aggiornato di software per miscelazione.

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MODULO 4CARATTERISTICHE DELL'ARIA PER MISCELAZIONI E METODI DI MISCELAZIONE

Al termine di questo modulo saremo in grado di:

• Conoscere e valutare il grado di idoneità dell'aria per la preparazione di miscele respiratorie

• Conoscere i principali metodi di miscelazione• Valutare i pro ed i contro di ogni metodologia di miscelazione in relazione alle

nostre esigenze operative

4.1 Informazioni generaliLa preparazione di una miscela di gas ad uso respiratorio subacqueo deve essere eseguita con la massima attenzione possibile in ragione dei già accennati effetti fi siologici dei gas respirati ad alta pressione, della diffi coltà di determinare con precisione le quantità dei gas da miscelare e del rischio connesso all'operare con ossigeno puro.Il coeffi ciente di diffusione dei gas ad alta pressione ed alta temperatura è molto alto, ragion per cui, nelle bombole comunemente usate dai subacquei, la miscela diventa omogenea in pochi secondi. Con tutto ciò è comunque bene lasciare le bombole coricate soprattutto durante le operazioni di immissioni dell'elio ed è preferibile lasciarle comunque coricate fi no al momento dell'utilizzo. Un tempo si usava far rotolare le bombole di trimix per un certo tempo come ultimo accorgimento prima dell'utilizzo, ma l'impiego di bibombola uniti da un connessione ha reso questa pratica oltremodo impossibile oltre che sostanzialmente inutile. Miscele non omogenee possono capitare in bombole molto snelle, o molto grandi, a pressioni di 300 bar ed a distanza di molto tempo dalla preparazione.Non bisogna mai avere fretta di consegnare una miscela perché i controlli eseguiti a distanza di tempo consentono un margine di attendibilità e sicurezza superiore. Le operazioni di miscelazione e carica devono essere eseguite con la giusta calma, in sicurezza ed avendo sotto controllo istante per istante tutte le fasi della preparazione.

4.2 Caratteristiche dell'aria per miscelazioni – grado di purezza

L'aria che si utilizza nelle operazioni di miscelazione deve ottemperare a certi parametri di purezza. Questo non signifi ca necessariamente che l'aria catturata dal compressore sia o non sia idonea, piuttosto bisogna spostare l'attenzione sui criteri operativi e sui comportamenti del sistema di compressione e miscelazione quando aria e ossigeno vengono a contatto.L'aria che prende parte ai processi di miscelazione deve possedere dei valori di purezza defi niti dai limiti indicati nella tabella 4.2.1.

Idrocarburi condensati 0,1 mg/m³Idrocarburi gassosi 15 ppmBiossido di carbonio CO2 500 ppmMonossido di Carbonio CO 2 ppmVapore acqueo 39 ppm

4.2.1 Tabella dei limiti di purezza dell'aria

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Questi dati sono il risultato del lavoro congiunto di varie didattiche per immersioni tecniche e uffi ci governativi di varie nazioni risalente ai primi anni '90. Oggi è possibile conseguire livelli di purezza superiori sia grazie all'inserimento nel sistema di miscelazione di fi ltri addizionali (oltre quelli di base), sia grazie all'evoluzione delle moderne apparecchiature disponibili ed a pratiche manutentive scrupolose.Analizziamo in dettaglio gli effetti delle due famiglie principali di contaminanti: gli idrocarburi ed il vapore acqueo.Gli idrocarburi rappresentano un pericolo per i danni fi siologici che innescano se respirati in ambiente iperbarico, ma soprattutto come potenziale fonte di innesco in ambienti ricchi di ossigeno. Questi due rischi sono legati tra loro: se a seguito di un repentino aumento pressorio e/o fl usso sonico avviene un rapido innalzamento della temperatura in un punto del sistema, questo può generare suffi ciente calore da bruciare le particelle eventualmente presenti di idrocarburi. Questa combustione, inevitabilmente, produrrà una certa quantità di CO2 e CO che fi nirà per essere immessa nelle bombole. La catena di eventi potrebbe proseguire: la combustione alzerebbe ulteriormente la temperatura localmente fi no al punto di innescare l'accensione della parte di sistema coinvolto (tubazioni, fruste, valvole ecc). Le conseguenze di tutto ciò sarebbero catastrofi che.Privare l'aria del vapore acqueo è un compito che normalmente eseguono i compressori in modo suffi ciente. Benché aria eccessivamente secca non sia desiderabile in quanto disidraterebbe eccessivamente il subacqueo che la respira, l'aria priva di umidità rende più diffi cile la formazione di ghiaccio a seguito di espansione del gas nel primo stadio di un erogatore. Inoltre un valore basso di umidità contiene il fenomeno dell'ossidazione all'interno delle bombole.

Assumendo come idonea l'aria atmosferica (benché l'aria stessa non sia priva di idrocarburi, CO2, CO e particelle estranee di ogni sorta), il sospettato principale in grado di interferire con il grado di purezza dell'aria è il compressore. Vediamo come. Minime quantità di olio lubrifi cante di un compressore trafi lano dai cilindri preposti alla compressione dell'aria e vengono nebulizzate nell'aria compressa. Questi contaminanti non sono completamente trattenuti dai fi ltri di qualunque compressore. In ragione delle condizioni operative possiamo accrescere il grado di purezza dell'aria in modo incrementale adottando i seguenti accorgimenti:

1° impiego di compressore lubrifi cato con oli ossigeno compatibili 2° aggiunta di sistemi di fi ltrazione ridondanti 3° impiego di compressore oil-free

Grazie alla disponibilità di sistemi fi ltranti addizionali, in aggiunta a quelli già presenti normalmente in un compressore, è quindi possibile aumentare notevolmente il grado di protezione del nostro sistema dalle impurità dell'aria. I fi ltri o sistemi di fi ltri, vengono generalmente posizionati a valle del compressore e prima della parte di sistema preposto alla miscelazione. La loro presenza, accoppiata con i fi ltri del compressore, conferisce ridondanza al sistema di fi ltrazione dell'aria.

Esiste una norma UNI, la EN 12021:2000, che “specifi ca i requisiti per la qualità dell'aria compressa fornita per l'uso con autorespiratori a circuito aperto ad aria compressa e autorespiratori per uso subacqueo a circuito aperto ad aria compressa (SCUBA), respiratori ad aria compressa alimentati dalla linea e respiratori ad aria compressa alimentati dalla linea per uso subacqueo, autorespiratori a circuito aperto ad aria compressa con maschera intera o boccaglio completo o cappuccio per la fuga”. Tale norma è spesso citata nei manuali a corredo dei compressori. Nella tabella 4.2.2 vengono riportati alcuni dei valori stabiliti dalla norma:

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Olii residui 0,5 mg/m³Biossido di carbonio CO2 500 ppmMonossido di Carbonio CO 15 ppmAzoto (%) 79±1Ossigeno (%) 21±1Odori e sapore Assenti

4.2.2 Tabella dei limiti di purezza dell'aria stabiliti nella norma UNI EN 12021

Comparando i valori delle tabelle 4.2.1 e 4.2.2, si notano alcune differenze in ragione del fatto che la norma UNI non prevede il coinvolgimento di ossigeno puro. Questo ci deve far rifl ettere sull'importanza del grado di purezza dell'aria quando questa viene miscelata con ossigeno puro. Un normale compressore mantenuto in piena effi cienza non è una condizione suffi ciente affi nché esso possa essere impiegato per la preparazione di miscele.

4.3 Miscelazione per pressioni parzialiÈ il metodo di miscelazione più utilizzato in assoluto nelle stazioni di ricarica per immersioni sportive data la sua relativa semplicità di messa in pratica. Questa facilità deriva dal fatto che il controllo delle operazioni avviene monitorando gli andamenti della proprietà dei gas più facile da misurare, la pressione.Questo metodo si basa sulla legge di Dalton: la pressione totale di una miscela di gas viene raggiunta sommando le singole pressioni parziali di ciascun gas componente. Sapendo quindi la pressione assoluta fi nale della nostra bombola, si procede aggiungendo le quantità (pressione) di ossigeno, aria, nitrox o elio per ottenere la miscela binaria o ternaria voluta. L'attrezzatura di base è piuttosto semplice ed è composta essenzialmente da bombole donatrici, bombole riceventi, compressore e sistemi di trasporto dei gas (tubazioni e fruste), oltreché ovviamente di un paio di manometri.Le operazioni di miscelazione si svolgono come indicato nella tabella 4.4.1: le frecce indicano l'ordine con cui, generalmente, vengono immessi i gas nella bombola.

4.3.1 Organigramma delle operazioni di miscelazione per pressioni parziali

Le pressioni di carica si ottengono da apposite tabelle, aritmeticamente oppure affi dandosi ad un software per la miscelazione.Nonostante le procedure di miscelazione non siano particolarmente complicate, l'accuratezza della miscela dipende più dalla bravura dell'operatore che dal pregio delle apparecchiature usate. La pressione è una misura indiretta della quantità di un gas e si è visto come viene infl uenzata sia dalla temperatura sia dal grado di compressibilità dei gas. Questi fenomeni infl uiscono grandemente sulla lettura della pressione ragione per cui è necessario sia effettuare delle lunghe pause durante la miscelazione, per dar tempo al sistema di raffreddarsi, sia eseguire dei controlli a distanza di tempo per verifi care l'esattezza fi nale della miscela ottenuta.

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Pro ControEquipaggiamento minimo relativamente semplice e poco costoso

Massimale ruolo dell'operatore nel minimizzare gli effetti della legge dei gas reali

Questa metodologia consente l'uso di equipaggiamento trasportabile, facilitando quindi le operazioni in aree remote

Il procedimento di miscelazione richiede un certo tempo

4.3.2 Schema miscelazione per pressioni parziali

4.4 Miscelazione a pesoCon questo metodo si misura il peso dei gas immessi in una bombola per mezzo di una bilancia di precisione. Ovviamente anche la tara deve essere nota, ovvero il peso esatto della bombola vuota. Nella pratica comune si esegue aggiungendo ossigeno e/o elio nella bombola fi no a raggiungere il peso voluto, e si rabbocca successivamente con aria. Questo è un metodo di miscelazione utilizzabile sia per miscele binarie sia per le ternarie.La bilancia deve essere in grado di misurare pesi piuttosto elevati (dell'ordine di qualche decina di chili) con livello di precisione fi no al decigrammo o superiori. Le uniche in grado di fornire una tale precisione sono quelle digitali, le quali sono dotate di diverse funzioni al fi ne di semplifi care le operazioni di calcolo e calibrazione.

4.4.1 Interfaccia di bilancia elettronica di precisione

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Apposite tabelle di conversione, che si basano sul peso molecolare, indicano come convertire la frazione di ossigeno e/o elio voluti in una miscela, in peso (grammi) e viceversa.Per evitare ulteriori calcoli di compensazione è consigliabile svuotare ogni volta accuratamente la bombola prima di incominciare le operazioni di carica e pesatura (gli impianti industriali di precisione per fare ciò utilizzano una pompa del vuoto). L'architettura dei sistemi di miscelazione a peso è del tutto simile a quella dei sistemi per pressioni parziali, allorché i primi adottano come parametro di misura il peso, mentre i secondi la pressione.Il problema principale di questo metodo sta proprio nella precisione della pesata. La frusta di trasporto del gas e la connessione alla bombola hanno un peso proprio e durante le operazione di carica la messa in pressione della frusta produce una torsione della stessa che imprime una certa forza sulla bombola. Queste interferenze rendono inesatta la misurazione del gas introdotto pertanto la lettura del peso può risultare imprecisa. Inoltre le bilance in grado di fornire una lettura veramente precisa sono costose a tal punto da fare preferire un diverso utilizzo dell'investimento necessario per acquistarle. Questo metodo è generalmente usato solamente in ambito industriale.

Il peso della bombola dichiarato dal fabbricante non è suffi cientemente preciso e deve essere pertanto misurato al grammo. A seguito di operazioni di manutenzione straordinaria il peso di una bombola deve essere ricontrollato.

Pro ControPesare è un metodo di misurazione dei gas diretto e preciso

Grado di precisione della pesata

La misura a peso non è infl uenzata dalla temperatura

Proporzionalità diretta tra precisione voluta e costo del sistema

4.4.2 Schema miscelazione a peso

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4.5 Metodi di miscelazione automaticiEsistono metodi di miscelazione automatici adatti alle esigenze di una stazione di ricarica per immersioni sportive. L'automatismo è ottenuto per mezzo di sofi sticate apparecchiature a controllo computerizzato. Queste apparecchiature eseguono le miscelazioni per pressioni parziali, ma adottano particolari accorgimenti che consentono di ottenere miscele di gas in modo molto accurato.Il computer del sistema è collegato ad appositi sensori di temperatura ed il software è dotato di un complesso modello termodinamico che tiene conto delle variazioni di temperatura e dei fattori di compressibilità di ogni singolo gas. È il computer che calcola i profi li pressori, regola l'apertura delle valvole e controlla i fl ussi dei gas. Tutto il processo è automatizzato, si ottengono miscele molto precise e all'operatore non restano che le operazioni di connessione, impostazione e verifi ca.Se la miscelazione “è il vostro mestiere” un ragionamento sull'opportunità di investire del denaro in questi sistemi è opportuno.

Pro ControPrecisione delle miscele ottenute CostoFacilità di utilizzo Minimale ruolo dell'operatore

4.6 Miscelazione a membrana permeabileQuesto è un sistema per la produzione di miscele nitrox contenenti fi no al 40% di ossigeno e la sua particolarità sta nel fatto che non utilizza alcun ossigeno. Le miscele si ottengono per sottrazione di azoto dall'aria.L'aria viene spinta verso una cartuccia composta da migliaia di membrane fatte di polimeri che agiscono come setacci in grado di trattenere una precisa quantità di molecole di azoto. Come l'aria entra nella cartuccia essa viene scissa in due gas: un nitrox iper-ossigenato ed un nitrox ipo-ossigenato. Le membrane all'interno della cartuccia sono disposte in modo tale da spingere il nitrox ricco di ossigeno verso le pareti esterne e da li inviato al compressore e quindi alle bombole, mentre il nitrox ricco di azoto viene spinto verso la parte terminale della cartuccia e da li espulso. Il meccanismo di regolazione della percentuale di ossigeno agisce sul fl usso in uscita della miscela ipo-ossigenata e conseguentemente sulla pressione all'interno della cartuccia.

4.6.1 Sezione schematica funzionamento membrana

I primi apparati che impiegavano questo metodo di miscelazione adottavano una struttura “aperta” dove l'aria pressurizzata (proveniente generalmente da bombole di stoccaggio o da compressori a bassa pressione), la membrana ed il compressore (che doveva essere comunque ossigeno compatibile) venivano messi a sistema direttamente in sito. Oggi sono disponibili sul mercato compressori nitrox (ovvero un unico congegno) che eseguono questo lavoro autonomamente, e l'operatore non deve far altro che eseguire le operazioni di connessione delle bombole, impostazione della miscela nitrox e controllo delle miscele ottenute.

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Dato che il nitrox ipo-ossigenato non viene utilizzato come gas respiratorio, l'effi cienza di questi sistemi (la portata) è inversamente proporzionale alla percentuale di ossigeno voluta. Pertanto potrebbe essere necessario disporre di bombole di stoccaggio per soddisfare i picchi di richiesta in determinati periodi.

Pro ControNon richiede l'utilizzo di ossigeno ad alte pressioni

Le membrane sono piuttosto costose così come i compressori nitrox

Utilizzando un compressore nitrox la logistica di carica è identica a quella per le ricariche ad aria, rendendo il sistema adatto anche alle imbarcazioni

Sistema non in grado di produrre miscele con una percentuale di ossigeno superiore al 40%

Semplicità d'uso L'effi cienza/portata del sistemaAll'operatore di un sistema di miscelazione chiuso (compressore nitrox) non è richiesta nessuna particolare certifi cazione

In un sistema di produzione aperto è necessario disporre di un compressore a bassa pressione o di un banco aria con relativo riduttore di pressione

4.6.2 Schema miscelazione a membrana - struttura aperta

4.7 Miscelazione a fl usso continuoQuesto sistema consente la produzione di miscele nitrox fi no al 40% ed oltre. In questo sistema l'aria e l'ossigeno vengono miscelati a pressione e temperatura ambiente all'interno di un apposito “ambiente” confi nato denominato “camera di miscelazione” o “tubo miscelatore”. La miscela ottenuta viene verifi cata e successivamente inviata ad un compressore a servizio ad ossigeno per essere compressa nelle bombole.È un sistema che si presta per la produzione di grandi volumi di miscele nitrox, anche se per ottenere una grande produzione è necessario un investimento piuttosto alto. La regolazione ed immissione dell'ossigeno proveniente dalle bombole di stoccaggio nel tubo di miscelazione avviene per mezzo di un riduttore di pressione e di un fl ussometro.La “stabilizzazione” e la verifi ca della miscela ottenuta a monte del compressore sono

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operazioni che richiedono un certo tempo e pertanto una parte dei gas vengono persi. Per questi motivi risulta piuttosto dispendioso, soprattutto in termini di tempo, soddisfare la necessità di riempire numerose bombole contenenti nitrox con diverse percentuali di ossigeno. È molto meglio quindi riempire grosse bombole di stoccaggio con una sola miscela nitrox (per esempio EAN50) utilizzabile successivamente per preparare, diluendola con l'aria, miscele nitrox aventi percentuale di ossigeno inferiore (operazione questa abbastanza rapida ed eseguibile per pressioni parziali) oppure trimix. Benché sia possibile utilizzare questa tecnica anche per la produzione di miscele Heliair, questa metodologia è nata espressamente per la produzione di grosse quantità di nitrox. In anni recenti si sono resi disponibili sul mercato dei “kit” per creare degli impianti di miscelazione a fl usso continuo per modeste produzioni. Le ridotte dimensioni di questi sistemi e la possibilità di impiegare anche l'elio, hanno consentito il raggiungimento di una discreta praticità complessiva tale darenderli commercialmente attrattivi.

Pro ControQuesta metodologia consente grandi produzioni di una miscela nitrox

Metodologia nata espressamente per grandi produzioni di nitrox

Miscelare i gas a bassa pressione minimizza gli effetti della legge dei gas reali

Ruolo dell'operatore massimale sui controlli da eseguirsi durante le operazioni di carica

4.7.1 Schema miscelazione a fl usso continuo

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MODULO 5APPARECCHIATURE PER LA MISCELAZIONE

Obbiettivi

Al termine di questo modulo saremo in grado di• Conoscere la tipologia e lo schema di funzionamento delle principali

apparecchiature per miscelazione• Comprendere lo schema operativo di una stazione di ricarica• Selezionare le attrezzature minime necessarie per eseguire le operazioni di

miscelazione

5.1 Informazioni GeneraliIl livello della complessità del sistema di miscelazione che si intende realizzare, dipende primariamente da quanto grande e diversifi cata deve essere la nostra produzione di gas. Le questioni preliminari di base a cui dobbiamo rispondere prima di allestire una qualsiasi stazione di ricarica sono le seguenti:• Quanti mesi all'anno deve essere pienamente operativa la stazione di ricarica? • Quanti litri/giorno e quali miscele di gas si devono produrre? • Quando sono previsti i picchi di richiesta di gas?• Quale tipologia e quantità deve essere garantita?• È necessario disporre di bombole di stoccaggio contenenti miscele già pronte? • Quanto devono essere capienti?• Come deve essere il programma manutentivo della stazione?• Quale è il luogo prescelto per l'allestimento della stazione? • È idoneo?

Queste sono solamente alcune delle domande alle quali si devono trovare delle realistiche risposte prima di progettare una qualsiasi stazione di ricarica. Ovviamente l'architettura fi nale della stazione deve per forza di cose defi nirsi anche sulla base delle risorse disponibili.L'architettura dei sistemi di miscelazione non ha subito particolari variazioni negli ultimi anni, mentre le singole apparecchiature e componenti si sono evolute sia in termini di sicurezza sia di praticità d'uso. È bene tenersi aggiornati sugli ultimi prodotti disponibili sul mercato perché l'avvento di uno di questi potrebbe risultare di estrema utilità per il nostro lavoro. Tuttavia, prima di procedere all'acquisto di un dispositivo, è sempre bene ricordare che una corretta programmazione delle attività di miscelazione è, in termini di effi cienza e redditività, un criterio molto importante al pari di molti dispositivi.Per poter utilizzare un qualsiasi componente di un sistema è necessario leggere e comprendere le specifi che tecniche, le procedure d'uso e manutenzione ed i parametri di utilizzo forniti dal fabbricante. Tutte informazioni che non possono essere contenute in questo manuale, e pertanto devono essere studiate nelle sedi opportune avendo il fornitore o installatore delle stesse quale interlocutore privilegiato.Ovviamente tutte le azioni e tutte le apparecchiature che dovranno operare con l'ossigeno o con miscele iper-ossigenate dovranno ottemperare a tutte le norme e regole di sicurezza relative all'uso di ossigeno ad alte pressioni o concentrazioni.

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5.2 La direttiva PEDLa PED 97/23/CE , “Pressure Equipment Directive”, è una direttiva divenuta obbligatoria in tutta la Comunità Europea dal 30 maggio 2002 e recepita in Italia con il Decreto Legislativo n° 93/2000.Essa prevede l'introduzione di istituzioni notifi canti incaricate di effettuare la valutazione di conformità di attrezzature e sistemi a pressione rispetto a dei Requisiti Essenziali di Sicurezza previsti nelle specifi che e negli allegati della direttiva stessa.La PED si applica alla progettazione, fabbricazione e valutazione della conformità di attrezzature e sistemi sottoposti ad una pressione massima ammissibile superiore a 0,5 bar. “La direttiva ha lo scopo principale di garantire la sicurezza degli apparecchi a pressione ad essa conformi. Il fabbricante, in particolare, ha l’obbligo di analizzare tutti i possibili rischi derivanti dalla pressione e, di conseguenza, progettare e costruire l’attrezzatura tenendo conto della propria analisi. Inoltre la PED ha determinato il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di attrezzature a pressione ed eliminato gli ostacoli agli scambi in questo settore”.L'Istituto di Certifi cazione Europea dei Prodotti Industriali (I.C.E.P.I., http://www.icepi.com/), è l'organismo autorizzato dalla legge Italiana ad emettere la certifi cazione CE di rispondenza della conformità in ambito PED sui materiali e gli equipaggiamenti utilizzati nelle stazioni di ricarica e miscelazione dei gas per uso subacqueo.Questo istituto, tra i suoi vari compiti, fornisce i seguenti servizi:• procedure di rintracciabilità materiali• approvazione dei materiali• procedure di costruzione• qualifi cazione personale• analisi tensioni e collaudi meccanici durante prove in pressione;• ispezioni visive e dimensionali

Una apparecchiatura per poter essere utilizzata deve aver conseguito la certifi cazione CE in ambito PED.

Marcatura CE - La Direttiva PED

Direttiva 97/23/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 maggio 1997,per il ravvicinamento delle

legislazioni degli Stati membri in materia di attrezzature a pressione.

La direttiva concerne le attrezzature a pressione e gli insiemi la cui pressione massima ammissibile (PS) è superiore a 0,5 bar. Essa determina gli obiettivi o "requisiti essenziali" ai quali devono conformarsi, durante la fabbricazione e prima della loro immissione in commercio, le attrezzature suddette; questi requisiti sostituiscono le disposizioni nazionali corrispondenti.Talune disposizioni della direttiva 76/767/CEE del Consiglio concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alle disposizioni comuni agli apparecchi a pressione ed ai metodi di controllo di questi apparecchi (Gazzetta uffi ciale L 262, 27.09.1976) non sono più applicabili a partire dal 29 novembre 1999 per le attrezzature e gli insiemi disciplinati dalla direttiva 97/23/CEE .Gli organismi europei di normazione stabiliscono norme europee armonizzate in base ai requisiti essenziali. Tali norme, che non rivestono carattere obbligatorio, saranno pubblicate nella Gazzetta uffi ciale delle Comunità europee.

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La valutazione della conformità ai requisiti essenziali delle attrezzature a pressione si basano sull'approccio modulare descritto nella decisione 93/465/CEE del Consiglio concernente la valutazione della conformità e le norme per l'apposizione e l' utilizzazione della marcatura CE di conformità. La valutazione della conformità è compito degli organismi designati dagli Stati membri conformemente a criteri minimi di valutazione e che sono stati notifi cati alla Commissione e agli altri Stati membri.Le procedure di valutazione sono in funzione del pericolo inerente alle attrezzature a pressione. Ogni categoria di attrezzature a pressione è accompagnata da una procedura adeguata o dalla possibilità di scelta tra varie procedure di tenore equivalente. Per quanto concerne gli insiemi (sistemi n.d.r.), la loro conformità è oggetto di una procedura globale di valutazione.Qualora i materiali utilizzati per la fabbricazione delle attrezzature a pressione non siano stati oggetto di una norma armonizzata, su richiesta di uno o più fabbricanti di materiali o attrezzature può essere rilasciata un'approvazione europea dei materiali. Tale documento certifi ca la conformità dei tipi di materiale con i requisiti essenziali della presente direttiva. L'elenco di queste approvazioni è pubblicato nella Gazzetta uffi ciale della Comunità europea. Prima della loro immissione in commercio, le attrezzature a pressione devono essere munite della marcatura "CE" di conformità, la quale è costituita da:

• un simbolo grafi co comune, le iniziali "CE";• il numero di identifi cazione dell'organismo notifi cato che ha partecipato alla

fase di controllo della produzione;e ne attesta la conformità alle disposizioni della presente direttiva e alle altre direttive applicabili concernentil'apposizione della marcatura CE.Su queste attrezzature e sugli insiemi può essere apposta qualsiasi altra marcatura purché non crei confusione con la marcatura CE.Gli Stati membri stabiliscono sanzioni qualora essi o gli organismi notifi cati constatino l'apposizione indebita della marcatura CE.Periodo transitorio (29 novembre 1999-29 maggio 2002) durante il quale gli Stati membri autorizzano l'immissione in commercio di attrezzature a pressione e degli insiemi conformi alle disposizioni in vigore sul loro territorio; la messa in servizio di queste attrezzature o di questi insiemi dopo tale data.La Direttiva PED 97/23 è recepita in Italia con D.L.93 del 25/02/2000.La Direttiva PED 97/23 è armonizzata con la normativa tedesca per i recipienti in pressione DRGL 97/23/EG.

5.3 CompressoreSua maestà il compressore ad alta pressione è una unità completa per la ricarica di bombole con aria o nitrox in grado di raggiungere pressioni di esercizio comprese tra i 200 ed i 330 bar. L'aria viene catturata dall'atmosfera attraverso un condotto di aspirazione, e compressa per stadi successivi fi no alla pressione programmata. La compressione avviene per mezzo di un motore radiale solitamente composto da tre o quattro cilindri.Le parti in movimento del blocco compressore sono lubrifi cate con oli lubrifi canti. Ogni compressore adotta quindi un sistema dedicato di fi ltri ed altri accorgimenti affi nché l'olio lubrifi cante, l'umidità di condensa ed altri contaminanti, anche in quantità minuscole, non fi niscano nelle bombole. Il compressore deve essere posizionato in una zona areata che deve essere mantenuta ragionevolmente pulita, mentre il condotto di aspirazione deve essere sistemato in posizione protetta da fonti di contaminazione dell'aria.Ne esistono di diversa potenza sia elettrici sia a motore a scoppio, e la scelta tra uno e l'altro deve essere fatta in base alle necessità specifi che previste.

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Esiste anche un tipo di compressore che adotta un sistema macchina in grado di funzionare interamente a secco, ovvero che non impiega oli lubrifi canti (oil-free). Questa tipologia di compressore è piuttosto costosa, ha parametri di utilizzo rigorosi (la temperatura ambiente in cui è collocato non deve superare certi valori, generalmente 35 C°) e procedure di manutenzione particolarmente scrupolose. Con tutto ciò possiede il grande vantaggio di poter operare in sicurezza con sistemi che lavorano con l'ossigeno. Il maggior costo e la relativa delicatezza ne hanno comunque limitato la diffusione.Nel caso in cui un compressore non oil-free debba essere impiegato in un sistema che opera con l'ossigeno (miscelazione per pressioni parziali) il lubrifi cante del motore deve essere sostituito con olio lubrifi cante ossigeno compatibile. Inoltre è fortemente raccomandato aggiungere una batteria di fi ltri a valle del compressore e prima del pannello di miscelazione.È comunque imperativo affi dare esclusivamente al manutentore autorizzato dalla casa madre le operazioni di modifi ca di un compressore, affi nché possa operare in sicurezza con i sistemi ad ossigeno. Anche la sola sostituzione dell'olio lubrifi cante, ammesso che l'architettura della macchina lo consenta, deve essere preventivamente concordata con il manutentore autorizzato. Egli è l'unico che può certifi care e assicurare che le azioni di modifi ca previste siano idonee, suffi cienti e non compromettano la validità della garanzia.Alternativamente si deve acquistare un compressore già reso idoneo e certifi cato dalla casa costruttrice ad operare in presenza di ossigeno.

Nei sistemi di miscelazione a fl usso continuo il compressore deve essere del tipo oil-free.

5.4 Bombole di stoccaggioLe bombole di stoccaggio sono recipienti costituiti da un solo pezzo, in genere di capacità compresa tra i 5 ed i 50 litri, e hanno pressioni massime di esercizio che variano solitamente tra i 200 ed i 300 bar.Sono costituite da diverse parti, così come illustrato nell'immagine 5.4.1.

5.4.1 Bombola di stoccaggio

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Il cappellotto si avvita sul collare fi lettato proteggendo in questo modo la valvola di erogazione, che è il punto più debole della bombola, da rotture in caso di urti o ribaltamenti, pertanto va sempre tenuto nella sua posizione ogniqualvolta si movimenti la bombola e non deve essere usato come maniglia. Le bombole non devono essere trascinate né fatte scivolare sul pavimento. La loro movimentazione, anche per brevi distanze, deve avvenire mediante carrello a mano od altro opportuno mezzo di trasporto e non devono mai essere abbandonate a contatto diretto con i raggi del sole.

Caricare una bombola da 40 litri a 200 bar signifi ca confi nare al suo interno un energia paragonabile a quella sviluppabile da un corpo di 1000 kg in caduta libera da qualche decina di metri di altezza.

Le bombole di stoccaggio, e tutte le bombole in generale, essendo per l'appunto preposte al contenimento di gas ad elevatissime pressioni e sottoposte a continui cicli di carico e scarico, hanno una data di scadenza; vanno pertanto collaudate e sottoposte a revisione periodica presso centri specializzati, ed il loro codice identifi cativo viene iscritto nel registro di collaudo. La data di scadenza, il codice identifi cativo ed i dati di volume e peso sono riportati tramite punzonatura sull'ogiva della bombola.

5.4.2 Punzonatura dell'ogiva

Il collaudo delle bombole è regolato da una norma pubblicata sulla Gazzetta Uffi ciale n. 25 del 31-01-2001. Il titolo della norma recita:“MINISTERO DEI TRASPORTI E DELLA NAVIGAZIONE - DECRETO 16 gennaio 2001Periodicità delle verifi che e revisioni di bombole, tubi, fusti a pressione, incastellature di bombole e recipienti criogenici.”Le bombole di stoccaggio contenenti aria, elio, argon, azoto e ossigeno in forma gassosa hanno una periodicità di 10 anni.Per le bombole ad uso subacqueo la norma prevede “verifi ca iniziale dopo 4 anni e successive ogni 2 anni, per qualsiasi capacità”.

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Identifi cazione della bombola

Il contenuto di una bombola deve essere sempre chiaramente identifi cabile almeno nei due modi seguenti:

• La colorazione dell'ogiva deve essere come stabilito dalla normativa vigente così come indicato nello schema 5.3.2. Il resto del corpo della bombola può essere dipinto di qualsiasi altro colore purché questo non comporti il pericolo di erronee interpretazioni.

• Il nome del gas deve essere scritto a chiare lettere e apposto sul corpo della bombola tramite apposite etichette autoadesive. Sono ammissibili altri sistemi quali i cartellini di identifi cazione attaccati alla valvola, oppure scritte indelebili purché chiaramente visibili e durature.

Il colore sull'ogiva della bombola, così come il nome del gas sul corpo della bombola, rende identifi cabile anche da una certa distanza la natura del gas in essa contenuto e la sua potenziale pericolosità (per questa ragione si deve evitare di usare i cartellini identifi cativi nel caso in cui la bombola contenga ossigeno o miscele iper-ossigenate). Questo si rivela particolarmente importante nelle situazioni di potenziale o reale emergenza che richiedono un intervento esterno. Le bombole di stoccaggio, in particolare, devono avere sempre e comunque il colore identifi cativo sull'ogiva: il solo nome sul corpo non è suffi ciente e non può sostituire la colorazione come da normativa. In caso di emergenza la scritta sul corpo di un gruppo di bombole molto vicine tra loro risulta illeggibile.Il nome del gas serve soprattutto per evitare impropri e pericolosi utilizzi del gas stesso e viene generalmente apposto sulle bombole per immersione e sulle bombole di stoccaggio che contengono miscele gassose già pronte (binarie o ternarie).

Codici di colore identifi cativi per le bombole

Il decreto legge del Ministero dei Trasporti n. 7 del gennaio 1999 uniforma le colorazioni distintive delle bombole nei paesi UE applicando quanto stabilito nella norma UNI EN 1089-3 che prevede un sistema di identifi cazione delle bombole con codici di colore delle ogive diverso da quello precedentemente usato in Italia.Il nuovo sistema di identifi cazione è divenuto obbligatorio per le bombole nuove a partire dal 10 agosto 1999.La codifi ca dei colori secondo la nuova normativa è individuata con la lettera maiuscola "N" riportata in 2 posizioni diametralmente opposte sull'ogiva. L’uso della lettera N non è obbligatorio quando il colore dell’ogiva non cambia.La colorazione dei gas per l'uso subacqueo sportivo non ha subito sostanziali cambiamenti ad eccezione dell'argon, così come evidenziato nello schema 5.4.3.

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5.4.3 Colorazione identifi cativa dei gas delle ogive

La colorazione dell'ogiva della bombola non identifi ca soltanto il gas in quanto tale, ma anche il rischio ad esso associato. La tabella 5.3.3 illustra le 4 principali categorie di rischio con il rispettivo colore così come da normativa UNI.

verde

rosso

blu

giallo

5.4.4. Codice colore per categorie di rischio (UNI).

Nome sul corpo della bombolaCome si è detto, il nome del gas o della miscela gassosa viene di solito apposto sul corpo delle bombole per immersione e sulle bombole di stoccaggio contenenti miscele già pronte. Le miscele gassose binarie o ternarie possono ovviamente contenere frazioni diverse dei singoli gas, pertanto anche i dati relativi alle frazioni dei singoli gas componenti la miscela devono essere apposti sulla bombola in posizione visibile soprattutto per l'utilizzatore (vedi paragrafo 6.14).

Pressione di esercizioLa pressione di carica di una bombola non dove mai superare la pressione di esercizio indicata sull'ogiva. Questa regola non deve mai essere infranta nonostante vi sia l'abitudine diffusa nella comunità dei subacquei di richiedere pressioni di carica di qualche decina di bar superiori rispetto a quanto stabilito dal fabbricante della bombola. Lo stress fi sico al quale è sottoposta una bombola deriva dai continui cicli di carica e

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scarica, altrimenti defi niti come resistenza a fatica. Superare continuamente la pressione di esercizio signifi ca superare le capacità di resistenza a fatica previste durante il progetto della bombola. Le conseguenze possono essere assai pericolose e si può incorre in sanzioni pecuniarie previste delle autorità competenti.Le pressioni di esercizio sono normate da una direttiva del Ministero dei Trasporti.

Il Decreto Legge 15/2001 fi ssa delle disposizione in merito alle pressioni massime di carica delle bombole.

GAZZETTA UFFICIALE N.141 DEL 20 GIUGNO 2001

SUPPLEMENTO ORDINARIO N.154MINISTERO DEI TRASPORTI E DELLA NAVIGAZIONE

DECRETO 15 MARZO 2001.PRESSIONE MASSIMA DI CARICA DELLE BOMBOLE DI ARGON,

ARIA,AZOTO, CRIPTON, ELIO, NEON E OSSIGENO.

IL DIRETTORE DELL'UNITA' DI GESTIONE MOTORIZZAZIONEE SICUREZZA DEL TRASPORTO DEL DIPARTIMENTO DEI TRASPORTI TERRESTRI Visto il decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e successive modifi cazioni, con il quale È stato emanato ...(omissis) … Visto il decreto del Ministro dei trasporti e della navigazione in data 15 maggio 1997, pubblicato nel supplemento ordinario n. 114 alla GAZZETTA UFFICIALE della Repubblica italiana del 4 giugno 1997, n. 128, relativo all'attuazione della direttiva 96/86/CE del Consiglio dell'Unione europea in data 13 dicembre 1996 che adegua al progresso tecnico la direttiva 94/55/CE e in particolare i marginali 2219 e 2250 che non pongono limiti alle pressioni di carica delle bombole per gas compressi, e 2212 che stabilisce che i recipienti siano progettati e costruiti secondo un codice tecnico riconosciuto dall'autorita' competente; Visto il decreto ministeriale 5 giugno 1971, con il quale si applicano, ai recipienti di capacita' fi no a 1000 litri destinati al trasporto su strada, le prescrizioni contenute nel decreto ministeriale 12 settembre 1925, e successive serie di norme integrative; Visto il decreto ministeriale 7 aprile 1986, con il quale si sono trasposte in norma nazionale le direttive del Consiglio dell'Unione europea 84/525, 84/526 e 84/527, riguardanti la costruzione di particolari categorie di bombole; Preso atto delle istanze provenienti sia da costruttori di bombole, sia da alcune categorie di utenti, perchÈ sia consentito il trasporto e l'uso in Italia di bombole con pressioni di carica di 300 bar almeno per i gas argon, aria, azoto, cripton, elio, neon e ossigeno; Considerato che nella maggior parte dei Paesi europei È gia' consentito per tali gas il trasporto e l'uso di bombole con pressione di carica 300 bar; Preso atto del parere favorevole espresso al riguardo dalla Commissione permanente per le prescrizioni sui recipienti per il trasporto di gas compressi, liquefatti o disciolti;

Decreta:

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Art. 1.

1. La pressione massima di carica ammessa per le bombole dei seguenti gas compressi: argon (UN 1006), aria (UN 1002), azoto (UN 1066), cripton (UN 1056), elio (UN 1046), neon (UN 1065) e ossigeno (UN 1072) È 300 bar.

2. Le bombole di cui al comma 1 con pressione di carica (pressione effettiva a 15 gradi C) superiore a 250 bar devono essere progettate, costruite e sottoposte ad omologazione e verifi ca iniziale secondo le seguenti norme o progetti di norme europee:

EN 1964-1 pr bombole fabbricate con acciaio avente carico di resistenza a trazione minore di 1100 Mpa di cui all'allegato n. 1 (omissis) al presente verbale;

EN 1964-2 per bombole fabbricate con acciaio avente carico di resistenza a trazione uguale o superiore a 1100 Mpa di cui all'allegato n. 2 (omissis) al presente verbale.

Art. 2.

1. Per le bombole con pressione di carica (pressione effettiva a 15 gradi C) superiore a 250 bar devono essere utilizzate valvole con raccordi di uscita diversi da quelli delle bombole con pressione di carica fi no a 250 bar incluso. I raccordi di uscita delle valvole per bombole con pressione di carica superiore a 250 fi no 300 bar saranno del tipo a doppia matrice secondo ISO 5145, diametro nominale DN30, come rappresentato nell'Allegato n. 3 (omissis) al presente verbale, con i seguenti parametri:

Per i gas asfi ssianti (non infi ammabili, non tossici, non ossidanti) FTSC 0170 fi lettatura destrorsa

A = 15,9 - B = 20,1

Per l'aria FTSC 1170 fi lettatura destrorsa

A = 16,6 - B = 19,4

Per l'ossigeno e i gas ossidanti non tossici e non corrosivi FTSC 4170 fi lettatura destrorsa

A = 17,3 - B = 18,7

2. In deroga al comma 1 precedente le valvole delle bombole per autorespiratori con pressione di carica superiore a 250 bar e fi no a 300 bar devono avere raccordi di uscita secondo la norma europea EN 144-2. Per l'aria, l'ossigeno e le miscele respirabili ossigeno/azoto tali raccordi sono illustrati nell'Allegato n. 4 (omissis) al presente verbale.

3. Tutte le valvole per bombole con pressione nominale di carica 300 bar devono portare sul corpo in modo evidente la stampigliatura "300 BAR".

Art. 3.

Sono abrogate le disposizioni del decreto ministeriale 12 settembre 1925, e successiva serie di norme integrative, in contrasto con gli articoli 1 e 2 precedenti.

Il presente decreto verra' pubblicato nella GAZZETTA UFFICIALE della Repubblica italiana. Roma, 15 marzo 2001

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5.5 Banco - Bombole di stoccaggio collegatePer banco si intende una serie di bombole da stoccaggio collegate tra di loro che funziona come serbatoio o riserva di gas. Il gas presente nel banco viene trasferito alla bombola ricevente agendo su un apposito circuito di connessione dotato di tubi, fruste, valvole e manometri denominato rampa.Generalmente è necessario disporre di almeno 2 banchi per la preparazione delle miscele: uno contenente ossigeno (per il nitrox) ed uno l'elio (per il trimix). Eccezionalmente, per soddisfare picchi nella domanda di miscele o per grosse produzioni giornaliere di aria o nitrox, si possono avere banchi caricati con miscele già pronte. Questi banchi sono composti da numerose bombole o da bombole eccezionalmente capienti. Il corretto dimensionamento di questi banchi dipende dalla domanda (certa) che si intende soddisfare.

Alcuni grossi centri di ricarica usano i compressori per caricare i banchi e non le bombole da immersione. In questo modo il compressore lavora a ritmi costanti nel tempo, con minor fatica, e le operazioni di carica delle bombole per immersione avvengono con maggior rapidità direttamente dal banco.

Un banco per miscele dovrebbe essere composto da un numero di bombole la cui capienza complessiva non sia inferiore ai 200 litri. Solitamente si usano 5 bombole da 40 litri più una o due di scorta. I banchi per miscele caricati ad ossigeno o elio devono fornire pressioni di carica relativamente basse, essendo il rabbocco eseguito generalmente tramite compressore ad aria o nitrox. Pertanto bombole di stoccaggio con pressione di esercizio di 200 bar possono risultare suffi cientemente adeguate.Lo svuotamento del banco avviene manualmente in modo progressivo e decrescente agendo in sequenza su tutte le bombole del banco, oppure, nei centri di ricarica più grandi, viene comandato da una centralina elettronica a controllo informatizzato che apre e chiude le valvole in accordo con le pressioni delle singole bombole di stoccaggio.

5.6 RampaLa rampa è un sistema di tubi, fruste, valvole e manometri appositamente realizzato per gestire le operazioni di svuotamento di un banco. Il numero di valvole e connessioni è variabile e dipende dal numero di bombole che compongono un banco al quale ci si vuole connettere. A seconda delle operazioni che si intende eseguire la rampa può essere dotata di regolatore di pressione e di una valvola di regolazione per ogni bombola componente il banco. Una rampa così dotata consente operazioni più complesse che non il semplice trasferimento di gas alla bombola ricevente.

5.6.1 Sistema composto da rampa, fruste e 3 bombole di stoccaggio. La catena, opportunamente fi ssata

alla parete, evita la caduta accidentale delle bombole

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5.7 Pannello manuale di miscelazione per pressioni parziali

Questo dispositivo funge da centralina di connessione tra due o più banchi con la bombola ricevente. Facilita le operazioni di miscelazione perché evita di dover attaccare e staccare la bombola ricevente tutte le volte che si cambia il gas da immettere. È munito di varie valvole e manometri a seconda di quante sono le connessioni previste e gli eventuali dispositivi di emergenza installati.

5.8 BoosterIl booster, o “amplifi catore di pressione”, è un congegno grazie al quale è possibile trasferire un gas da una bombola donatrice ad una bombola ricevente pompandolo. In questo modo è possibile trasferire gas tra le due bombole anche quando la bombola donatrice ha una pressione inferiore rispetto alla bombola ricevente. Questo strumento evita quindi lo “spreco”, inevitabile, di gas che si ha quando si utilizza il metodo delle pressioni parziali in quanto, con questo metodo, si ha sempre una rimanenza di gas nelle bombole donatrici.Inoltre il booster può rivelarsi utile in aree remote dove non è possibile poter contare su un numero adeguato di bombole di stoccaggio, ovvero per utilizzare tutto il contenuto della bombola donatrice durante le operazioni di travaso.Se si vuole utilizzare ossigeno è necessario disporre di un booster a servizio ad ossigeno appositamente certifi cato dalla ditta costruttrice. Approssimazioni o “fai da te” improvvisato hanno sempre portato a gravi conseguenze, così come l'utilizzo improprio di compressori in guisa di booster.Il booster è un dispositivo per il quale il rapporto qualità prezzo è una caratteristica reale: è meglio diffi dare di booster sospettosamente economici.

5.9 Fruste e tubazioniFruste e tubazioni assolvono entrambi la funzione di trasporto dei gas. La fl essibilità delle prime e la durabilità delle seconde le rendono più o meno adatte all'interno di un sistema di miscelazione. La tabella 5.8.1 sintetizza i pro e contro delle due soluzioni.

• Stabili una volta piegate e opportunamente collocate

• Minor costo al metro lineare rispetto alle fruste, ma maggior costo di installazione

• Ampia scelta di diametri ed elevata pressione di esercizio

• Taglio, piegatura ed eventuale fi lettatura richiedono attrezzi dedicati ed elevata manualità

Tubazioni

• Flessibilità

• Maggior costo, ma non richiedono attrezzi speciali per l'installazione

• Minore pressione di esercizio rispetto ai tubi

• Necessitano di ampi raggi di piegatura

• Sono disponibili sul mercato tipologie già a servizio ad ossigeno

Fruste

5.9.1 Sintesi degli elementi di confronto tra tubazioni e fruste

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TubazioniUn sistema di connessioni realizzato in tubi di metallo, una volta messo in opera, offre una solidità ed una durata altrimenti irrealizzabile con delle fruste. La messa in opera delle tubazioni richiede però una conoscenza approfondita del materiale impiegato soprattutto se deve lavorare in presenza di ossigeno. Sono gli spessori del metallo a defi nire la massima pressione di esercizio delle tubazioni, ed è necessario disegnare uno schema di installazione prima di metterle in opera. Sono operazioni che dovrebbero sempre essere affi date a personale qualifi cato ed è sempre bene attenersi alle seguenti regole generali:

• Il metallo per le tubazioni deve essere più morbido di quello impiegato per i giunti• Per lavorare ad alta pressione le tubazioni devono essere sottoposte a ricottura

(procedimento che elimina i difetti creatisi durante la lavorazione)• Evitare scalfi tture in genere• Le tubazioni devono rimanere libere, in vista, ma protette dagli urti e

opportunamente fi ssate al supporto sul quale scorrono soprattutto in prossimità delle valvole (meglio se fi ssate anch'esse)

• Interporre una frusta tra tubazione ed equipaggiamento che vibra (compressore)• Interporre un frusta tra tubazione e banco (per facilitare sostituzioni e

manutenzioni periodiche)• Predisporre nello schema delle tubature la possibilità di isolarne delle parti

(soprattutto quelle proveniente dai banchi ossigeno)• I tubi non devono offrirsi come appiglio o gradino

Tra i materiali più indicati per realizzare questo tipo di connessioni in impianti che operano in presenza di ossigeno, e nei quali sono previste velocità di fl usso superiori ai 25 m/s, possiamo citare: il rame, le leghe a base di rame (ottone e bronzo), il nichel, la lega monel (nichel-rame). È bene ricordare che la pulizia di questi sistemi è di fondamentale importanza, e che sezioni fatte di leghe di rame (o altre leghe metalliche sopra citate) dovrebbero essere inserite nel sistema laddove sono previste velocità di scorrimento dell'ossigeno molto elevate, shock pressori e/o eventuali impatti di particelle (burrs). È da evitare l'uso di acciaio inossidabile per le parti interne di tubazioni aventi sezioni particolarmente piccole nelle quali non si può escludere il verifi carsi di una compressione adiabatica e la presenza di microcorpi estranei combustibili. Benché i gas non siano causa di fenomeni di elettricità statica, è opportuno connettere il sistema di tubazioni (e valvole) ad un collegamento a terra. Sono soprattutto le particelle estranee eventualmente presenti in un sistema a determinare fenomeni di elettricità statica.

FrusteEsistono 3 tipologie di fruste: termoplastiche, in tefl on ed in metallo. La scelta della tipologia dipende principalmente dalla collocazione all'interno del sistema e dal tipo prevalente di gas a cui sono destinate. La tabella 5.9.2 ne sintetizza le caratteristiche principali.

Tipologia Pressione di esercizio

Materiali Caratteristiche

Termoplastiche 300 bar e oltre

È formata da un tubo di nylon ricoperto da una maglia in fi bra sintetica (vetro o kevlar) a suo volta ricoperta da poliuretano

Scarsa fl essibilità, elevata durata

Tefl on 200 bar circa

È formata da un tubo di tefl on avvolto da una maglia in acciaio inossidabile

Il tefl on ha un certo grado di permeabilità pertanto NON è indicata per trasportare l'elio.

Flessibili in metallo

200 bar circa

È formata da un tubo corrugato in acciaio inossidabile avvolto da un maglia in acciaio inossidabile

Buona fl essibilità, scarsa resistenza agli shock pressori

5.9.2 Tabella di sintesi delle caratteristiche delle diverse tipologie di fruste

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5.10 ValvoleLe valvole sono uno degli elementi di criticità del sistema in quanto governano il movimento dei gas. Esse si dividono in 5 diverse tipologie:

• Isolamento: la valvola è chiusa o aperta e la sua funzione è quella di consentire o non consentire il fl usso di gas;

• Regolazione: la valvola regola la portata del fl usso che la attraversa fi no al completo isolamento. Ogni giro della valvola controlla la portata;

• Direzione/Non Ritorno: la valvola consente il fl usso in una sola direzione (valvole di non ritorno);

• Direzione/Diramazione: la valvola seleziona la diramazione dove indirizzare il fl usso di gas, sono generalmente munite di tre o più connessioni;

• Protezione: la valvola protegge il sistema dall'eccesso di pressione (sovrappressione) e consente il ripristino del funzionamento del sistema quando la pressione rientra nei parametri programmati. I valori di taratura della sovrappressione e di ripristino possono essere differenti.

Le valvole possono assolvere ad una o più delle funzioni sopra elencate. Altre caratteristiche di distinzione tra valvole dello stesso tipo sono:

• Il materiale con cui sono fatte• Il rateo di pressione di lavoro • La compatibilità con i materiali con cui sono a contatto• La portata (coeffi ciente di fl usso) • La temperatura di funzionamento • Il costo

Una delle caratteristiche più importanti delle valvole, in particolare per quelle operanti con l'ossigeno, è il “coeffi ciente di fl usso”. Esso defi nisce la portata di una valvola (in condizione di massima apertura) e precisamente indica il numero di metri cubi di acqua che la attraversano al secondo sotto una differenza di pressione di 1 bar. Le più comuni unità di misura esprimenti il valore della portata in ambito di sistemi di miscelazione sono:

• Sistema metrico decimale: metri cubi o litri di acqua al secondo (m³/sec; l/sec)• Sistema imperiale (americano): galloni (USA) al secondo (gal/sec)

Le equivalenze tra queste unità di misura sono indicate nella tabella 5.10.1.

1 m³/sec = 1.000 l/sec1 m³/sec = 264,1721 gal/sec1 gal/sec = 0,003785412 m³/sec1 gal/sec = 3,785412 l/sec

5.10.1 Equivalenze tra unità di misura della portata

I galloni sono una unità di misura del volume utilizzata nei paesi anglosassoni. I galloni USA differiscono dai galloni Inglesi così come indicato dalla seguente equivalenza: 1 gal (USA) = 0,8326738 gal (UK) = 3,785412 l

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Ovviamente le differenze di pressione a cui sono soggette le valvole alle loro estremità in un sistema di miscelazione possono essere ben maggiori di 1 bar; si comprende benissimo come la loro effettiva portata sia quindi ben diversa in condizioni reali.

Il coeffi ciente di fl usso è il parametro più importante da tenere in considerazione nella scelta di una valvola dato che piccoli coeffi cienti di fl usso riducono notevolmente il rischio che si verifi chino fl ussi sonici e shock pressori, i quali sono responsabili dei repentini aumenti di temperatura localizzati all’interno del sistema.

Dato che durante una compressione adiabatica l'85% del calore prodotto si sviluppa nei primi 10 secondi, ossia nei primi 10 secondi dall'apertura della valvola, si comprende benissimo come il valore del coeffi ciente di fl usso sia direttamente proporzionale all'ampiezza dell'incremento di temperatura. Per queste ragioni si raccomanda l'uso di valvole che abbiano un coeffi ciente di fl usso inferiore a 0,2 gal/sec (equivalente a 0,7570824 l/sec), in particolar modo per quelle preposte all'isolamento dell'ossigeno.Per queste ragioni non bisogna utilizzare valvole a sfera con apertura-chiusura ad 1/4 di giro nei sistemi di miscelazione (anche quelli che non operano con l'ossigeno) in quanto hanno un coeffi ciente di fl usso troppo elevato (fi no a 10 l/sec).Le valvole idonee ad essere impiegate con l'ossigeno sono quelle denominate “a spillo”: queste sono valvole che regolano la portata per mezzo di un otturatore a spillo. Possiedono la caratteristica di essere precise nella regolazione, garantiscono un'effi cace tenuta e permettono la regolazione ed il mantenimento dei valori di fl ussostabilità.Non tutte le valvole a spillo sono però idonee ad operare con l'ossigeno. Per essere idonee esse devono garantire un comportamento quasi lineare del fl usso di gas in transito, tale che il rateo di aumento del coeffi ciente di fl usso sia inferiore a 0,05 gal/sec per 1 giro di manopola.

ATTENZIONE IREGOLA GENERALE DI SICUREZZA: evitare di aprire e chiudere le valvole velocemente.

ATTENZIONE IIValvole di Diramazione: NON utilizzare questo tipo di valvole con ossigeno ad alte pressioni. Consultarsi con personale specializzato prima di usare questo tipo di valvole.

Anche l'utilizzo di valvole di protezione e non ritorno è una faccenda abbastanza complessa. Queste ultime infatti devono essere applicate in sinergia con delle valvole defi nite di spurgo, altrimenti, se la pressione di blocco è troppo elevata, si rischia la formazione di “sacche” di sovrappressione all'interno del sistema.Come si è visto la comprensione e selezione di una valvola è un processo tutt'altro che ovvio e deve essere pertanto affi dato a personale specializzato. Si è difatti compreso come la messa a servizio ad ossigeno di una valvola da parte dell'Operatore non è una condizione suffi ciente affi nché questa possa essere impiegata in un sistema che opera con l'ossigeno.È di fondamentale importanza comprendere approfonditamente il manuale d’uso e le specifi che tecniche di ogni valvola prima di ogni installazione e per un corretto utilizzo della stessa una volta messa in opera.Per la scelta del materiale valgono le medesime considerazioni espresse per le tubazioni (paragrafo 5.9).

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5.11 Tubo miscelatoreÈ un dispositivo che serve per miscelare 2 gas a pressione ambiente. È lo strumento che rende possibile la miscelazione a fl usso continuo e di norma si applica a monte dei compressori per fare Nitrox o HelEan. Ogni tubo miscelatore ha una sua portata che si misura generalmente in litri/ora. È strutturato in maniera tale da consentire l'applicazione degli analizzatori per l'ossigeno, o per l'elio, con i quali monitorare la corretta calibrazione dei gas al suo interno.

5.12 AnalizzatoriGli analizzatori per ossigeno ed elio sono strumenti che misurano la pressione parziale di questi due gas. Se la misurazione avviene a pressione ambiente di 1 bar, la lettura della pressione parziale corrisponde ovviamente alla frazione di questi gas. Sono strumenti indispensabili per monitorare il corretto andamento delle procedure di miscelazione e soprattutto per la verifi ca fi nale delle miscele ottenute.

L'analizzatore per ossigeno, altrimenti detto ossimetro, è composto da tre parti principali:

• il sensore: rileva l'ossigeno presente nella miscela a cui è esposto e produce un segnale elettrico proporzionale alla sua pressione parziale;

• l'amplifi catore: amplifi ca il segnale elettrico;• il visore: generalmente del tipo a cristalli liquidi, visualizza il dato della

pressione parziale.

Esistono 3 tipologie di sensori:

• paramagnetici• elettro-ottici• elettrochimici

I primi due tipi sono molto accurati ma piuttosto ingombranti, mentre i sensori elettrochimici sono di piccole dimensioni quindi facili da trasportare. Gli ossimetri muniti di sensore elettrochimico sono i più comuni anche in virtù del prezzo decisamente inferiore. La misurazione avviene esponendo il sensore al gas del quale vogliamo sapere la pressione parziale dell'ossigeno.Quando si esegue una misurazione è bene misurare prima una miscela di gas di cui si è assolutamente certi della composizione per verifi care l'accuratezza dell'apparecchio. È quindi necessario allineare la lettura della pressione parziale, tramite apposito comando, con il dato in nostro possesso prima di effettuare le verifi che sulle miscele. Generalmente questa procedura, detta di calibrazione, si esegue con l'aria o con l'ossigeno puro. La procedura di calibrazione può variare a seconda del modello e della tipologia (per alcuni ossimetri particolarmente complessi la calibrazione avviene in più fasi), pertanto bisogna riferirsi a quanto specifi cato nel manuale d'uso e manutenzione dello strumento.Il sensore elettrochimico ha una durata limitata e pertanto deve essere sostituito periodicamente così come le batterie dell'amplifi catore.

È molto importante essere a conoscenza del grado di precisione dell'analizzatore in uso durante le operazioni di verifi ca. Tale dato deve essere indicato nel manuale d'uso fornito dal fabbricante. Nei sensori elettrochimici, solitamente, il margine di errore è dell'ordine di ± 1%.

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Al fi ne di ridurre anche piccole distorsioni nella lettura della pressione, alcuni ossimetri adottano degli accorgimenti per regolare il fl usso e conseguentemente la pressione del gas che investe il sensore durante la lettura. Il manuale d'uso a corredo di ogni ossimetro dovrebbe indicare quali accorgimenti adotta l'apparecchio in dotazione e quali attenzioni deve porre l'operatore. Solitamente si dota l'ossimetro di un raccordo apposito in grado di esporre il sensore alla pressione di 1 bar. Diversamente si usa un fl ussometro, che è uno strumento in grado di regolare la quantità di gas in transito in un condotto, ovvero la sua pressione. Il fl ussometro verrà quindi regolato per generare la pressione di 1 bar o comunque una pressione nota necessaria per ricavare il valore esatto della frazione di ossigeno.

5.12.1 Ossimetro

5.13 ManometriIl manometro è uno strumento indispensabile con il quale si misura la pressione dei gas. I manometri di precisione sono abbastanza costosi, e più grande è il loro diametro migliore sarà la precisione della lettura. Esistono anche manometri digitali in grado di offrire letture molto precise.Se il manometro deve lavorare in presenza di ossigeno deve essere certifi cato a servizio ad ossigeno direttamente dal fabbricante.I manometri di precisione devono essere revisionati periodicamente e sottoposti a test di attendibilità.

5.13.1 Manometro di precisione analogico.È visibile il codice identifi cativo e l'etichetta indicante le date dell'avvenuta taratura e di prossima taratura.

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5.14 FiltriI sistemi fi ltranti servono per aumentare, o garantire, i valori di purezza dell’aria. La velocità di fl usso del gas che li attraversa deve rispettare certi parametri, altrimenti essi perdono di effi cacia. Solitamente vengono posizionati a valle del compressore e prima della parte di sistema preposto alla miscelazione. I sistemi fi ltranti non sopperiscono ai difetti di un sistema inadeguato, assolvono solamente la funzione di miglioramento del sistema in relazione alla purezza dell’aria impiegata per la miscelazione. Offrono anche ridondanza al sistema in caso di malfunzionamento dei fi ltri del compressore, ma non possono sostituirsi ad essi.In buona sostanza è meglio avere un sistema che ottemperi alle regole generali di pulizia e buon funzionamento che una batteria di fi ltri “impressionante” a servizio di un sistema poco affi dabile.

5.15 La logistica della stazioneLe scelte tipologiche e dimensionali della stazione avvengono in base alle condizioni con cui si prevede di operare. È importante fare delle previsioni anche sul grado di adattabilità di un apparecchiatura in relazione alle future evoluzioni e/o ampliamenti della stazione. Un ulteriore fattore decisionale da tenere in considerazione prima dell'approntamento di un sistema riguarda la valutazione del suo grado di fl essibilità, e quindi di effi cienza, rispetto ai cicli manutentivi che comportano il temporaneo inutilizzo di parti del sistema stesso. Ovviamente non c'è una risposta univoca, e la scelta fi nale deve avvenire anche sulla base delle novità disponibili sul mercato. Un buon modo per tenersi aggiornati è quello di rivolgersi direttamente ai fornitori di equipaggiamenti per miscelazione pur sapendo che tenderanno a favorire le proprie tecnologie e macchine. Lo schema 5.14.1 indica sommariamente il grado di necessità delle principali apparecchiature per ogni metodo di miscelazione.

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Equipaggiamento

Metodologia di miscelazione

Pressioni parziali Pressioni

parziali automatica

Membrana permeabile Flusso continuo

Compressore Necessario Necessario Necessario Necessario(del tipo oil free)

Sistema fi ltrante addizionale

Opzionale a valle del compressore

È di solito incluso nel progetto del sistema

Non previsto nei compressori nitrox

Opzionale

Compressore nitrox a membrana

Opzionale, sostituisce la membrana e le parti di sistema ad essa connesse

Centralina elettronica specifi ca di miscelazione

Necessaria: governa l'apertura delle valvole e monitora la temperatura del sistema

Opzionale: facilità il monitoraggio delle miscele in uscita dal tubo miscelatore

Pannello manuale miscelazione per pressioni parziali

Opzionale

Tubo miscelatore Necessario

Membrana Necessario

Banchi ossigeno Necessario Necessario Non necessario Necessario

Banchi elio Necessario Necessario Necessario

Banchi nitrox Utile per stoccare Nitrox e produrre rapidamente HelEan

Opzionale per stoccaggio

Opzionale: stoccaggio nitrox per soddisfare i picchi di domanda

Opzionale: stoccaggio nitrox per soddisfare i picchi di domanda

Booster Opzionale: permette di utilizzare tutto il contenuto delle bombole di stoccaggio

Non necessario Non necessario Non necessario

Valvole e giunti Necessario Necessario Necessario Necessario

Rampa Necessario Necessario Opzionale: per caricare più bombole simultaneamente (ma in maggior tempo)

Necessario

Fruste Necessario Necessario Necessario Necessario

Tubazioni Opzionale Opzionale Opzionale Opzionale

5.15.1 Tabella equipaggiamento per una completa stazione di miscelazione

Non è mai eccessivo rimarcare che tutte le apparecchiature impiegate devono essere sottoposte a ordinaria e straordinaria manutenzione così come prescritto dai rispettivi manuali d'uso. Inoltre vanno ispezionati e puliti almeno con regolarità semestrale i sistemi di connessione e trasporto dei gas. Il fattore comune di tutte le azioni dell'operatore è quello di evitare, o almeno sfavorire, l'accumulo di sporcizia all'interno del sistema in uso. Questo non solo migliora la qualità delle miscele, ma contribuisce in modo determinante al livello di sicurezza complessivo.Oltre a ciò non ci si deve dimenticare che una parte specifi ca del nostro sistema deve essere pulito ad ossigeno così come indicato nello schema 5.15.2.

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5.15.2 Schema indicante la parte di sistema che deve essere mantenuta pulito ad ossigeno

Lo schema 5.15.2 evidenzia come i fi ltri rappresentino una sorta di baluardo oltre il quale non dovrebbe sfuggire alcun contaminante, sempre che il compressore sia stato opportunamente predisposto (vedi paragrafo 5.2).Le apparecchiature in dotazione devono essere usate solamente per lo scopo per il quale sono state progettate e costruite. Qualsiasi altro uso può comportare un pericolo non valutabile a priori essendo esterno ai parametri di funzionamento della macchina e pertanto non previsto nel relativo manuale.Un altro accorgimento importante impone l'etichettatura di tutti i congegni facenti parte della stazione: questo per poter redigere un registro dei lavori di manutenzione effettuati e programmati in modo preciso e dettagliato. Il modo migliore per decidere quale attrezzature mettere nella “lista della spesa”, è ridisegnare dettagliatamente lo schema di miscelazione prescelto. In questo schema si devono inserire TUTTI i componenti e sottosistemi si calcola siano in grado di soddisfare le nostre esigenze operative. Il livello di dettaglio deve arrivare a defi nire il volume del banco, il numero e la tipologia delle valvole, il numero di fruste e tubazioni, la potenza e tipologia del compressore e così via. Questo metodo si offre anche come “esercizio di visualizzazione” grazie al quale si è in grado di evidenziare le eventuali carenze, o eccessive ridondanze, del nostro progetto. Gli schemi di miscelazione del MODULO 4 possono essere usati come modelli.

5.16 Progettare la stazioneDopo aver selezionato le attrezzature facenti parte della nuova stazione di ricarica, e prima di iniziare a riempire con esse l'ambiente designato, è necessario disegnare uno schema progettuale della stazione. Questa lavoro serve per armonizzare lo spazio disponibile, per massimare la funzionalità logistica, per massimare la sicurezza (attraverso una ragionata collocazione dei gas) e per determinare se ed in che quantità dobbiamo disporre di uno specifi co materiale.Le tubazioni, ad esempio, devono essere opportunamente fi ssate su un supporto il quale deve essere a suo volta fi ssato ad una parete o ad una struttura di qualche tipo. Soltanto disegnando lo schema progettuale possiamo determinare la lunghezza delle tubazioni, il numero delle piegature ed il numero e tipo di supporti.L'illustrazione 5.16.1 è un modello estremamente semplifi cato di schema progettuale con il quale è però possibile ragionare sui criteri compositivi.

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5.16.1 Disposizione schematica degli ambienti di una stazione di ricarica

È pur vero che il più delle volte l'ambiente della stazione è un locale unico, nel qual caso è opportuno delimitare alcune aree predisponendo dei solidi elementi separatori (generalmente griglie metalliche) da fi ssare al suolo. Ogni area viene quindi destinata ad una specifi ca funzione.

5.16.2 Elementi delimitatori per una corretta logistica della stazione

Analizziamo brevemente, e con il solo scopo di fornire degli elementi di discussione, alcuni degli equipaggiamenti della tabella 5.15.1 in funzione di una loro appropriata collocazione.

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Equipaggiamento CollocazioneCompressore Il compressore è generalmente abbastanza rumoroso e deve lavorare in un

ambiente suffi cientemente ventilato per potersi raffrescare. Se si dispone di un locale idoneo ed isolabile dal resto della stazione dove collocare il compressore, è meglio predisporre in prossimità del pannello di miscelazione un interruttore remoto per l'accensione e lo spegnimento d'emergenza del compressore.

Pannello miscelazioneper pressioni parziali

In posizione “centrale”, ad un'altezza ergonomica dal suolo. È lo strumento con il quale si governano le operazioni di miscelazione e dovrebbe essere visibile anche da una certa distanza.

Banco ossigeno Meglio se posizionato in ambiente separato, ma accessibile, ventilato e dotato di un'uscita di emergenza diretta. Nel qual caso le operazioni di svuotamento del banco devono essere regolate da un controllo remoto. Il comando che aziona la valvola per la chiusura di emergenza del fl usso di ossigeno deve essere collocato in luogo rapidamente raggiungibile e visibile.

Banco elio e nitrox Posizionati nelle vicinanze del pannello di miscelazione con qualche distinguo a seconda che si tratti di banco per miscelazione o per stoccaggio.

Benché progettare una stazione di miscelazione non sia certo il ruolo dell'Operatore, lo è invece prendere parte al suo sviluppo e installazione.

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MODULO 6PRATICA DELLA MISCELAZIONE

Al termine di questo modulo saremo in grado di:

• Comprendere le modalità operative dei principali metodi di miscelazione• Elencare le procedure da attuarsi per eseguire la miscelazione con il metodo delle

pressioni parziali• Comprendere ed utilizzare le formule matematiche di base per calcolare le

pressioni di carica dei vari gas per miscele binarie e ternarie• Accrescere la soglia di attenzione verso il rischio di errori • Eseguire l'etichettatura e registrazione delle miscele ottenute

6.1 Considerazioni generaliQuasi tutti i metodi di miscelazione realizzabili in una stazione di ricarica per miscele respiratorie subacquee necessitano di apparecchiature specifi che proprie e da queste sono veicolati.

• Membrana: il riempimento avviene tramite compressore preceduto da dispositivo fi ltrante oppure in unico passaggio da compressore nitrox;

• Flusso continuo: il riempimento avviene tramite compressore preceduto da dispositivo miscelante;

• Pressioni parziali: i gas vengono trasferiti nella bombola ricevente da un sistema di bombole donatrici e da un compressore. Il parametro di misura è la pressione;

• Miscelazione a peso: il riempimento delle bombole avviene come per il metodo delle pressioni parziali, ma a differenza di questo il parametro di misura dei gas è il peso;

• Automatizzato: il riempimento delle bombole avviene come per il metodo delle pressioni parziali ed è gestito da un sistema automatico sostanzialmente autonomo;

I principi e le procedure che contraddistinguono i primi due metodi in elenco sono abbastanza semplici e bisogna soprattutto fare riferimento alle specifi che tecniche ed alle procedure d'uso descritte nei manuali che accompagnano i relativi dispositivi di miscelazione. Tutti gli altri hanno in comune le medesime procedure che contraddistinguono il metodo di miscelazione per pressioni parziali, pertanto tali procedure sono l'argomento principale di questo modulo.

La denominazione tecnica corretta per defi nire la miscelazione a peso è “metodo di miscelazione gravimetrico”.Se avessimo la possibilità di indagare approfonditamente la documentazione scientifi ca che descrive le procedure dei vari metodi di miscelazione, scopriremmo una materia estremamente complessa e quella relativa alla miscelazione gravimetrica non fa eccezione.

Miscelare per pressioni parziali non richiede particolari dispositivi ma solo una certa capacità di calcolo ed un equipaggiamento di base relativamente semplice. A certe condizioni non è nemmeno strettamente necessario disporre di un analizzatore per l'ossigeno o per l'elio, se si è veramente padroni e sicuri delle proprie azioni. Ovviamente verifi care con gli analizzatori la miscela ottenuta è di fondamentale importanza anche perché è l'atto formale fi nale di verifi ca a seguito del quale si consegna la miscela all'utilizzatore fi nale che, controfi rmando l'apposito registro, accetta la miscela e si assume i rischi derivanti dal suo utilizzo.Il metodo delle pressioni parziali è oltremodo importante perché sovente integra tutti

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gli altri sistemi e consente di risolvere situazioni contingenti per le quali è necessario apportare piccole correzioni ad una miscela. Nonostante tutti gli sforzi un operatore possa mettere nel proprio lavoro, nella pratica non esiste la miscela perfetta se non frutto di casualità. I fattori che intervengono sono variabili; essenziale che il margine di oscillazione tra la mix desiderata e la mix prodotta sia compreso tra lo 0 e l'1%.

6.2 Miscelazione per pressioni parzialiQuesto metodo si esegue come segue:

1. Analizzare il gas residuo eventualmente contenuto nella bombola da riempire. Se si è assolutamente certi del contenuto proseguire nelle operazioni, altrimenti svuotare la bombola.

2. Eseguire i calcoli per ottenere le pressioni di immissione dei vari gas3. Collegare la bombola alla frusta di carico o al pannello di miscelazione4. Aprire lentamente la valvola del primo gas da immettere (ossigeno oppure elio)

e monitorare il manometro della pressione5. Raggiunta la pressione calcolata chiudere la valvola (se non si dispone di

pannello di miscelazione dopo aver chiuso la valvola togliere pressione dalla frusta di immissione e scollegare la bombola)

6. Consentire il raffrescamento della bombola e controllare la pressione7. Aggiungere il secondo gas (elio oppure ossigeno), se necessario, così come

descritto per il primo gas8. Consentire il raffrescamento della bombola e controllare la pressione9. Verifi care le pressioni parziali, ovvero se le frazioni corrispondono a quanto

precedentemente calcolato10. Eseguire il rabbocco fi nale tramite aria o nitrox (da compressore o banco)11. Togliere la pressione dalla frusta di immissione e scollegare la bombola12. Analizzare il gas e ripetere l'operazione a distanza di tempo13. Apporre sulla bombola gli adesivi identifi cativi del gas14. Compilare il registro di carica e farlo controfi rmare per presa visione e

assunzione di responsabilità dall'utilizzatore della miscela

I passaggi 7, 8 e 9 sono da eseguirsi solo nel caso in cui si ha la necessità di aggiungere un secondo gas prima del rabbocco fi nale. Generalmente per la preparazione di miscele ternarie si usa immettere prima l'elio e poi l'ossigeno anche se questo signifi ca movimentare l'ossigeno a pressioni maggiori. L'elio è costoso per cui molti operatori preferiscono svuotare al massimo possibile i bomboloni di stoccaggio dell'elio.Grazie all'esperienza acquisita dopo numerose sessioni di pratica è possibile sviluppare la confi denza necessaria con la quale stabilire se alcuni dei passaggi sopra descritti possono essere omessi. Questo non signifi ca che siano eccessivamente ridondanti, tutt'altro, piuttosto si tratta di sviluppare una propria check-list mentale con la quale eseguire le operazioni con la dovuta correttezza.In termini di sicurezza generale è sempre bene svuotare completamente la bombola prima di procedere con le operazioni di miscelazione (sebbene le procedure di calcolo a nostra disposizione ed i software consentano di evitarlo). Non si può mai essere completamente certi della composizione di una miscela soprattutto nel caso in cui un uso improprio abbia in qualche modo introdotto dei contaminanti nella bombola. Inoltre tutte le volte che eseguiamo la ricarica di una bombola mai utilizzata in precedenza, e della quale non conosciamo la storia manutentiva, è necessario eseguire preventivamente un'ispezione visiva del suo interno.

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6.3 Considerazioni sulla velocità di trasferimento dei gas

Si è parlato più volte della correlazione tra temperatura e pressione dei gas soggetti a compressione e/o trasferimento ad una bombola. Come forma di prevenzione dal pericolo derivante da “compressione adiabatica”, fenomeno in grado di produrre un innesco nei sistemi operanti con l'ossigeno, un tempo si raccomandava di mantenere un rateo di pressione di carica (ovvero un rateo di trasferimento dei gas) di 5 bar al minuto per l'ossigeno e di 10 bar al minuto per l'aria (altri testi riportavano valori di 4 bar/min per l'ossigeno e 40 bar/min per l'aria). In realtà queste valori non sono adeguatamente corretti al fi ne di prevenire i rischi derivanti da una compressione adiabatica durante le fasi di carica. Gli errori sostanziali alla base di questo genere di raccomandazioni sono:

1. La reale praticabilità del misurare e regolare tali ratei di pressione in tempi brevi (si provi a pensare all'oggettiva diffi coltà di monitorare un rateo di 0,66 bar ogni 10 secondi equivalenti a 4 bar al minuto);

2. Il rateo di aumento della temperatura nella bombola a seguito di compressione del gas è massimale nei primi momenti della ricarica e poi rimane sostanzialmente costante fi no alla fi ne della carica (vedi paragrafo 3.8).

Il fattore da tenere in considerazione è anzitutto il coeffi ciente di fl usso (vedi considerazioni espresse nel paragrafo 5.10). Unicamente valori bassi di coeffi ciente di fl usso, soprattutto nella fase iniziale (ovvero all'avvio della carica), servono a limitare il repentino innalzamento della temperatura e non il rateo di pressione. Tali valori vengono garantiti solamente grazie all'impiego nel sistema di idonee valvole regolatrici.Un basso rateo di pressione non garantisce ne determina assolutamente un conseguente basso rateo di fl usso. Pensiamo, ad esempio, all'oggettiva differenza che c'è nel monitorare le variazioni di pressione, durante una carica di ossigeno, tra un monobombola da 7 litri rispetto ad un bibombola da 24 litri a parità di fl usso: potremmo essere erroneamente tentati a pensare che il rateo di carica nella bombola di maggior volume procede entro limiti ritenuti, falsamente, sicuri.

In considerazione del fatto che i compressori non offrono la possibilità di regolare il fl usso di carica, e supponendo di non disporre di un sistema a valle del compressore in grado di regolare il fl usso di gas, è possibile adottare due accorgimenti importanti:

1. Utilizzare compressori di piccola capacità per le operazioni di miscelazione;2. Connettere al compressore più bombole contemporaneamente (almeno 4

bombole) ogni volta si preparano miscele nitrox.

6.4 Approvvigionamento dei gasÈ possibile acquistare l'ossigeno e l'elio dai rivenditori di gas tecnici i quali li forniscono in bombole di stoccaggio da 40 litri, o inferiori, a 200 bar. Solitamente queste aziende forniscono diverse tipologie di gas: medicali, alimentari, frigorigeni ed ovviamene per uso subacqueo e sportivo. Durante l'acquisto è necessario spiegare al rivenditore l'utilizzo che si intende fare con questi due gas in modo tale che non vi siano fraintendimenti riguardo al fatto che verranno impiegati in miscele respiratorie.Relativamente al grado di purezza di elio, argon e ossigeno, essi devono essere puri almeno al 99%, e per quanto riguarda la presenza di “inquinanti” valgono le medesime considerazioni fatte per l'aria.La tabella 6.4.1 riporta, a titolo puramente orientativo, alcuni valori, defi nibili come accettabili, indicanti la presenza di sostanze contaminati in una fornitura di ossigeno, argon ed elio.

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Gas O2Ossigeno

(ppm)

N2Azoto(ppm)

H2OVapore acqueo

(ppm)

CH4Metano

(ppm)

CO(ppm)

CO (ppm)

ArArgon(ppm)

Ossigeno - 20 5 20 - 1 -Argon 20 5 20 - - - -Elio - 20 5 20 - 1 -

6.4.1 Esempio di fornitura di gas aventi presenze ammissibili di impurità.

Elenchi di rivenditori di gas tecnici sono ricercabili come qualsiasi altra categoria merceologica, quindi talvolta basta consultare le pagine gialle oppure i seguenti indirizzi internet:

• http://www.federchimica.it/federchimica/repertorio.aspx• www.assogastecnici.it

È possibile acquistare l'ossigeno in forma liquida. Esso viene venduto generalmente in contenitori a bassa pressione (non più di una decina di bar) che hanno anche il compito di mantenere il più possibile la temperatura interna a valori molto bassi (l'ossigeno passa da liquido a gassoso a -183 °C). A parità di volume di recipiente l'ossigeno liquido contiene un volume di gas libero, ovvero ad 1 bar, di circa 10-15 volte in più rispetto a quello contenuto in una bombola tradizionale ad alta pressione. L'ossigeno liquido essendo disponibile a bassa pressione può essere impiegato solo in un impianto di miscelazione a fl usso continuo. Per utilizzarlo in miscelazioni per pressioni parziali è necessario disporre di un booster. Sono comunque operazioni che richiedono una logistica ed una strumentazione costosa per la quale è necessario conseguire una preparazione specifi ca. Se ne sconsiglia vivamente l'uso.È inoltre possibile produrre ossigeno sottraendolo dall'aria per mezzo di un sistema denominato PSA (Pressure Swing Adsorption). La complessità, il costo ed i rischi associati a questo sistema vanno ben oltre le possibilità e le necessità di una stazione di miscelazione per immersioni sportive.

In particolari condizioni (quali ad esempio la necessità di soddisfare picchi previsti nella domanda di miscele), è opportuno valutare se auto-produrre o acquistare banchi contenenti miscele binarie già pronte oppure aria. Disporre di tali riserve velocizza notevolmente la preparazione di miscele binarie e ternarie anche in ragione del fatto che travasare gas comporta minori innalzamenti della temperatura del sistema.

6.5 Matematica e miscelazioneBenché i software per il calcolo delle miscele siano in grado di soddisfare quasi tutte le esigenze di calcolo con grande precisione e rapidità, è opportuno conoscere almeno alcune formule matematiche. Queste formule non tengono conto della legge di Van der Waals, cosa che invece i software fanno, ed è probabile che nella pratica non verranno mai usate, ma servono per comprendere il criterio logico che sta alla base della miscelazione per pressioni parziali.

Supponiamo di voler realizzare una miscela EAN40 risultante dall'immissione in una bombola vuota di ossigeno e poi aria. La pressione fi nale voluta sia pari a 230 bar.Dobbiamo calcolare quanto ossigeno immettere nella bombola prima di eseguire il rabbocco con aria, la qual cosa non è ovvia. La diffi coltà del calcolo è dovuta al fatto che l'aria è composta da azoto e ossigeno per cui la quantità di ossigeno puro che viene immessa inizialmente deve tener conto del fatto che altro ossigeno verrà immesso

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successivamente. La descrizione aritmetica di tutto ciò può essere espressa come segue:

EAN40 = ossigeno + aria = ossigeno + (ossigeno + azoto)

Facendo un ulteriore ragionamento possiamo scrivere:

LB = P x V

0,6 LB = 0,79 LA

x = 0,4 LB - 0,21 LA

La quantità fi nale di EAN40 nella bombola (litri bombola, LB) espressa con la legge di Boyle

La quantità di azoto contenuto nell'EAN40 è uguale a quella contenuto nell'aria (litri aria, LA) di rabbocco

La quantità di ossigeno (x) da immettere è determinata dalla differenza tra la quantità totale e l'ossigeno contenuto nell'aria

La parentesi graffa sta ad indicare che si tratta di un sistema a 3 equazioni e che pertanto come tale può essere risolto. P e V sono i termini noti del nostro problema.Senza addentrarci nei vari passaggi matematici si perverrà ad una singola equazione che risolverà il nostro problema, ovvero i bar di ossigeno da immettere in una bombola successivamente rabboccata con aria per ottenere EAN40. La formula è la seguente:

PO2 = PF x (fO2 - 0,21) / 0,79

dovePF indica la pressione fi nale della miscela volutafO2 indica la frazione di ossigeno fi nale voluta

La soluzione al nostro problema sarà quindi:

PO2 = 230 x (O,4 - 0,21) / 0,79 = 55,3

Il ragionamento matematico alla base di questo esempio è analogo a quelli che si applicano per ogni altra miscela ottenuta per somma di due o più gas di composizione nota. Ovviamente i calcoli e le equazioni sono più complessi e laboriosi a seconda che si tratti di miscele binarie o ternarie.

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Il livello di complessità delle procedure di calcolo afferenti alla miscelazione gravimetrica è piuttosto elevato e benché tali procedure abbiano un'impostazione di base simile a quanto enunciato in questo paragrafo, il procedimento matematico va ben oltre il grado di approfondimento di questo modulo. Le formule per calcolare la massa di un gas o miscele di gas, contengono dei fattori matematicamente complessi quali la massa molare e la costante dei gas; inoltre, se si volesse incorporare nei calcoli il fattore di compressibilità Z, il livello di complessità matematica risulterebbe oltremodo intricato.Con tutto ciò non sono di facile reperibilità sia tabelle complete, sia software comprendenti la miscelazione gravimetrica (i quali sono per lo più destinati agli impianti industriali).A titolo di pura digressione, per coloro che volessero approfondire l'argomento, si cita la norma UNI EN ISO 614200-2007, la quale fi ssa le regole per una corretta miscelazione a peso.

6.6 Formule per miscele binarieHelioxL'Eliox è ottenuto miscelando ossigeno con elio, pertanto la formula da utilizzare è quella di Dalton:

Ptot = PHe + PO2 Nitrox: caso generaleEANX ottenuto miscelando due nitrox (N1 ed N2, con N1 contenete una percentuale di ossigeno superiore ad N2) in una bombola ricevente contenete un residuo di nitrox (R). Noi dobbiamo sapere quanto N1 immettere nella bombola prima del rabbocco fi nale con N2, per ottenere una voluta miscela EANX fi nale.

La formula da applicare è la seguente:

x (fO2F - fO2N2) - PI x (fO2R - fO2N2) PN1 = PI +

(fO2N1 - fO2N2)

PN1 pressione intermedia da raggiungere immettendo N1 (normalmente O2) prima del rabbocco fi nale con N2PI pressione iniziale gas residuo nella bombola riceventePF pressione fi nale volutafO2F frazione ossigeno fi nale volutafO2N2 frazione ossigeno di N2 usato per rabboccare (normalmente aria)fO2R frazione ossigeno gas residuo in bombolafO2N1 frazione ossigeno di N1 da aggiungere (normalmente O2)

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Si deve ottenere EAN50 a 200 bar in una bombola contenete un residuo di EAN32 a 50 bar avendo a disposizione EAN80 ed EAN40.

Problema

gas residuo N1 N2 gas fi nale EAN32 + EAN 80 + EAN 40 = EAN 5050 bar ? ? 200 bar

Formula

200 x (0,5 - 0,4) - 50 x (0,32 - 0,4) PN1 = 50 + = 110

(0,8 - 0,4)

Soluzione

gas residuo N1 N2 gas fi nale EAN32 + EAN 80 + EAN 40 = EAN 5050 bar 60 90 200 bar

Dunque per ottenere EAN50 a 200 bar dovrò in un primo momento aggiungere EAN80 alla bombola contenete 50 bar di EAN32 fi no a che il manometro segnerà 110 bar (50+60); successivamente rabboccherò con EAN40 fi no a che il manometro segnerà 200 bar.Se la formula produce un valore di PN1 inferiore a PI, è ovvio che bisogna cambiare i parametri di miscelazione scegliendo tra le soluzioni seguenti:• liberare una certa quantità di gas residuo, ovvero ridurre PI• aumentare fO2F• aumentare PF

ricombinare aritmeticamente queste variazioni con esattezza è un pochino laborioso per il caso generale, meglio affi darsi all'esperienza ed eseguire dei tentativi riducendo PI.

Nitrox (aria + ossigeno)

Miscelare ossigeno e aria è il metodo più effi cace ed economico per produrre qualsiasi miscela Nitrox. La formula da applicare è la seguente:

PF x (fO2F - 0,21) - PI x (fO2R - 0,21)PO2 = PI +

0,79

PO2 pressione intermedia da raggiungere immettendo ossigeno prima del rabbocco fi nale con N2PI pressione iniziale gas residuo nella bombola riceventePF pressione fi nale volutafO2F frazione ossigeno fi nale volutafO2R frazione ossigeno gas residuo in bombola

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Si deve ottenere EAN50 a 200 bar in una bombola contenete un residuo di EAN32 a 50 bar usando ossigeno ed aria.

Problema

gas residuo02 Aria

gas fi nale EAN32 + + = EAN 5050 bar ? ? 200 bar

Formula

200 x (0,5 - 0,21) - 50 x (0,32 - 0,21)PO2 = 50 + = 116

0,79

Soluzione

gas residuo02 Aria

gas fi nale EAN32 + + = EAN 5050 bar 66 84 200 bar

Dunque per ottenere EAN50 a 200 bar dovrò in un primo momento aggiungere ossigeno alla bombola contenete 50 bar di EAN32 fi no a che il manometro segnerà 116 bar (50+66), successivamente rabboccherò con aria fi no a che il manometro segnerà 200 bar.Nel caso in cui PO2 sia minore di PI occorre liberare un po' di gas residuo fi no a quando PI raggiunge il valore determinato dalla seguente formula:

PI = PF x (fO2F - 0,21) / (fO2R - 0,21)

Così facendo si otterrà la condizione necessaria tale per cui PI ≤ PO2.

6.7 Formule per miscele ternarieI calcoli per ottenere miscele ternarie sono ovviamente aritmeticamente più complessi rispetto a quelli per le binarie. I rischi connessi ad errori di calcolo diventano un fattore non trascurabile tale per cui è necessario eseguire delle verifi che dei calcoli effettuati. Queste verifi che richiedono un certo tempo che ovviamente deve essere preventivato se si eseguono i calcoli senza l'ausilio di un software. In ragione di una necessaria semplifi cazione dei calcoli, e considerato che nella pratica di uso comune le miscele trimix vengono ottenute miscelando ossigeno, elio e aria, le procedure di calcolo esposte in questo paragrafo sono valide solo per questo tipo di miscelazione.

Ai simboli usati per le formule del nitrox si aggiungono i seguenti:

fO2I frazione ossigeno inizialefHeI frazione elio inizialefN2I frazione azoto inizialefO2F frazione ossigeno fi nale volutafHeF frazione elio fi nale volutafN2F frazione di azoto fi nale voluta

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PI pressione iniziale gas residuo nella bombola riceventePF pressione fi nale voluta

Procedure di calcolo:

1. Calcolare la pressione di ogni gas da aggiungere come segue:

ΔPHe = (PF x fHeF) - (PI x fHeI)

ΔPAria = ((PF x fN2F) - (PI x fN2I)) / 0,79

ΔPO2 = PF x (fO2F - (0,21 / 0,79) x fN2F) - PI x (fO2I - (0,21 / 0,79) x fN2I)

per verifi ca deve risultare ΔPO2 = PF - PI - ΔPHe - ΔPAria

2. Calcolare: PI + ΔPHe + ΔPAria

3. Se il risultato della precedente equazione è inferiore rispetto a PF l'equilibrio è ottenuto aggiungendo ossigeno. Se il risultato è uguale a PF, signifi ca che non è necessario aggiungere ossigeno.

4. Al fi ne di poter eseguire delle verifi che durante le operazioni di carica, calcolare la frazione di ossigeno della miscela dopo aver aggiunto elio oppure ossigeno: dopo aver aggiunto elio la frazione di ossigeno espressa in percentuale è data da:

O2%=(PO2iniziale / nuova pressione intermedia)

dopo aver aggiunto ossigeno la frazione di ossigeno espressa in percentuale è data da:

O2%=(PO2iniziale + pressione di ossigeno aggiunta) / nuova pressione intermedia

Le operazioni descritte nel punto 4 servono appunto a verifi care la frazione di ossigeno prima di aggiungere ulteriore gas e vedere se corrispondono con i valori precedentemente calcolati.Si comprende benissimo come un errore sia sempre possibile data la laboriosità aritmetica dei calcoli. Per questa ragione si consiglia di preparare una tabella di miscelazione in grado di soddisfare un ampia gamma di miscele trimix in accordo con la capacità del nostro sistema. Questa tabella può essere preparata sia utilizzando un software, sia eseguendo i calcoli personalmente. In entrambi i casi si devono eseguire le opportune verifi che di controllo sui valori della tabella. Avere una tabella a disposizione fa risparmiare molto tempo in sede operativa ed elimina gli errori dovuti ad imprecisioni di calcolo.

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Si deve ottenere un Trimix 18/40 a 200 bar in una bombola vuota usando elio, ossigeno ed un compressore.

Essendo la bombola ricevente “vuota”, i calcoli si semplifi cano e si procede come segue:

ΔPHe = (PF x fHeF) = 200 x 0,40 = 80 bar

ΔPAria = ((PF x fN2F) - (PI x fN2I)) / 0,79 = ((200 x 0,42) - (1 x 0,79)) / 0,79 = 105 bar

ΔPO2 = PF x (fO2F - (0,21 / 0,79) x fN2F) = 200 x (0,18 - (0,21 / 0,79) x 0,42) = 14 bar

I valori ottenuti sono le pressioni di carica di ogni singolo gas componente la miscela trimix.Il calcolo di verifi ca è soddisfatto essendo ΔPO2 = PF - PI - ΔPHe - ΔPAria = 200 - 1 - 80 - 105 = 14

Operativamente si immettono dapprima 80 bar di elio (ottenendo una lettura di 81 bar totali), appresso 14 bar di ossigeno (ottenendo una lettura di 95 bar totali), ed in ultimo si immettono 105 bar di aria (ΔPAria) tramite compressore fi no ad ottenere una lettura fi nale di 200 bar. Alternativamente è possibile immettere prima l'ossigeno, poi l'elio ed infi ne l'aria.È importante notare che non si deve trascurare il fatto che una bombola non è mai completamente vuota. Anche quando si aprono completamente i rubinetti essa conterrà sempre 1 bar di aria, ovvero una minima quantità di azoto e di ossigeno Si è visto infatti che nella formula per calcolare ΔPAria compare nella seconda parentesi il numero 1, che è esattamente la pressione iniziale della bombola.

Se si fossero conseguiti i risultati per mezzo di un software che tiene conto della legge di Van Der Waals, i risultati sarebbero stati leggermente diversi: ΔPHe = 77 bar, ΔPAria = 108 bar e ΔPO2 = 14 bar. Questi valori rappresento una variazione complessiva rispetto ai calcoli manuali dell'ordine del 10%.

6.8 HeliairCome già detto l'heliair è una miscela ottenuta aggiungendo elio all'aria. I calcoli per ottenere tali miscele sono concettualmente un pochino più complessi perché devono essere soddisfatte le seguenti condizioni:

PF = PI + ΔPHe + ΔPAria

ΔPO2 = 0

Inoltre, ed in coerenza con il signifi cato stesso di heliair, possiamo affermare che il valore di PI è uguale ad n bar di aria oppure n bar di elio. In ragione di ciò possiamo semplifi care ulteriormente il calcolo della PF nel modo seguente:

PF = ΔPHe + ΔPAriada cui si ricava

ΔPAria = PF - ΔPHe

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Per procedere nei calcoli è necessario mettere a sistema la formula precedente con quelle del modulo 6.7, ovvero:

ΔPAria = PF - ΔPHe

ΔPAria = ((PF x fN2F) - (PI x fN2I)) / 0,79

ΔPHe = (PF x fHeF) - (PI x fHeI)

I software rendono di fatto inutile la prosecuzione del procedimento matematico, il quale, per come è stato esposto in questo modulo, è incompleto ed è stato brevemente introdotto con il solo scopo di far capire le diffi coltà connesse con il calcolo manuale di una miscela heliar. Si può ora comprendere come solamente alcune combinazioni di frazioni di elio, azoto e ossigeno sono realizzabili con una miscela heliair, e benché queste combinazioni rimangano piuttosto numerose solo una parte di esse sono di interesse subacqueo.La tabella 6.8.1 è stata ricavata per mezzo di un software; essa intende offrire degli spunti di rifl essione sulle miscele utili ottenibili miscelando solamente elio e aria. Nella parte sinistra della tabella, nella prima colonna, sono indicati i valori pressori di elio immessi in una bombola vuota successivamente rabboccata con aria fi no alla pressione di 200 bar. Nelle altre colonne sono indicate le frazioni di gas che si ottengono.La parte destra della tabella contiene dei dati che hanno nullo interesse per l'operatore, ma enorme interesse per il subacqueo. Senza addentarci in considerazioni che esulano lo scopo di questo manuale, si vuole solo far notare che l'utilità operativa delle miscele heliair, a determinate profondità di utilizzo, è racchiusa in un margine di una ventina scarsi di bar di pressione

6.8.1 Tabella Heliair compensata (pressione fi nale 200 bar)

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6.9 Helean Anche per le miscele HelEan valgono le considerazioni espresse per l'Heliair. La tabella qui di seguito è anche qui fornita con il solo scopo di correlare fattibilità e utilità di una determinata miscela. L'operatore, se ha una certa esperienza in campo subacqueo, può rendersi conto a priori di quali gas sarà più utile “stivare” e miscelare in relazione alla tipologia delle immersioni del team al quale deve fornire i gas respiratori.

6.9.1 Tabella Helean compensata (pressione fi nale 200 bar)

6.10 Verifi ca delle misceleLe miscele binarie devono essere sempre controllate per mezzo di un ossimetro, mentre per la verifi ca delle miscele ternarie è necessario disporre anche di un analizzatore per l'elio. È opportuno eseguire le operazioni di verifi ca almeno due volte mantenendo tra la prima analisi e la seconda una certa distanza di tempo. Benché una miscela di più gas diventa omogenea in pochi secondi, soprattutto in bombole di piccolo volume quali sono quelle ad uso subacqueo, è possibile che una maggiore concentrazione di elio, seppur minima, si disponga verso l'alto quando le bombole vengono mantenute verticali per lungo tempo. Per questa ragione è opportuno mantenere le bombole coricate ed è meglio che le miscele trimix non rimangano a riposo troppo a lungo. Inoltre è importante che la miscela venga rianalizzata se tenuta conservata in bombole per un tempo misurabile in giorni.Uno dei rischi che si corre è quello di far diventare routinario il lavoro di verifi ca delle miscele. Questo non deve essere mai dato per scontato, e ci si deve attenere scrupolosamente alle specifi che d'uso dell'ossimetro in uso. Variazioni di temperatura oppure di fl usso del gas oggetto dell'analisi, possono modifi care la lettura dello strumento. Per queste ragioni la verifi ca delle miscele deve essere eseguita sempre con la massima concentrazione e senza fretta.

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6.11 Verifi ca delle miscele HelEanNel caso in cui una ternaria sia stata ricavata miscelando elio con EanX, ovviamente di composizione nota, la sola analisi dell'ossigeno consente di ricavare le percentuali degli altri inerti (elio e azoto). Vediamo come.

Si procede defi nendo il rapporto tra azoto ed ossigeno in una miscela binaria:N2% / O2%

Questo rapporto esprime la correlazione matematica che sussiste tra azoto ed ossigeno in una miscela EanX. Chiameremo questo rapporto “correlazione N2/O2” (CNO).Calcoliamo la CNO dell'aria.

0,79 / 0,21 = 3,76Questo valore ci dice che la quantità di azoto presente nell’aria è sempre 3.76 volte la quantità di ossigeno qualsiasi siano le condizioni ambientali di pressione e temperatura.Esempi di CNO:

Binaria N2% O2% CNOEan 21 (aria) 0,79 0,21 3,76Ean 32 0,68 0,32 2,13Ean 36 0,64 0,36 1,78Ean 40 0,6 0,4 1,5

I valori di CNO ci permettono di calcolare la percentuale di azoto avendo nota la corrispettiva percentuale di ossigeno. La formula è la seguente:

N2% = O2% x CNOIl valore di CNO permane identico anche in una miscela trimix ottenuta miscelando elio + EanX. Questo ci consente di calcolare la percentuale (frazione) di elio per differenza.

Sapendo che l'analisi con l'ossimetro di una miscela Heliair (elio + aria) rivela una percentuale di ossigeno di 11,8%, calcolare la percentuale di azoto ed elio.

N2% = 11,8% x 3,76 = 44,36%He% = (100 - 44,36 - 11,8) = 43,84%

Sapendo che l'analisi con l'ossimetro di una miscela HelEan32 (elio + Ean32) rivela una percentuale di ossigeno del 15%, calcolare la percentuale di azoto ed elio.

N2% = 15% x 2,13 = 31,95%He% = (100 - 31,95 - 15) = 53,05%.

Il lettore può esercitarsi nel calcolo del CNO e delle corrispondenti frazioni di elio e azoto, utilizzando le miscele elencate nelle tabelle 6.6.1 e 6.7.1.Benché, come si è visto con le miscele HelEan, sia possibile evitare l'uso dell'analizzatore dell'elio, questo espediente aritmetico non solleva l'operatore dall'obbligo di eseguire una verifi ca fi nale tramite l'analizzatore dell'elio allorquando questa sia richiesta dall'utilizzatore della miscela.

6.12 Considerazioni sugli erroriGli errori che possono accadere durante la preparazione delle miscele sono molteplici. Nella pratica della miscelazione per pressioni parziali le imprecisioni avvengono di solito per le seguenti ragioni.

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• Comportamento dei gas reali• Erronea gestione del sistema• Imprecisioni nel calcolo• Imprecisione nelle verifi che

Tutti questi errori si evitano con l'esperienza e con la giusta attenzione sia verso le proprie azioni come operatore sia sul buon funzionamento degli apparecchi usati.Non esistono regole fi sse sugli accorgimenti da adottare, ogni operatore deve costruirsi la propria “check list” da adempiere sia in fase di controllo sia di verifi ca.I calcoli aritmetici sono spesso la fonte di maggior imprecisione, ed in questo senso i software hanno sicuramente dato un positivo contributo nelle operazioni di calcolo.Anche un software semplice come un foglio di calcolo può risultare utile. Esso è in grado di creare dei grafi ci con i quali monitorare in tempo reale le variazioni delle frazioni dei gas di una miscela. Solitamente queste variazioni hanno un andamento lineare, pertanto gli eventuali errori di calcolo o di trascrizione sono immediatamente riconosciuti come anomalie nella linearità delle funzioni visualizzate nel grafi co.Il grafi co 6.12.1 rappresenta l'andamento delle frazioni di ossigeno, elio ed azoto relativo alla tabella heliair 6.8.1. Se avessimo calcolato o trascritto dati scorretti nella tabella l'errore si sarebbe immediatamente visualizzato come alterazione dell'andamento lineare delle 3 funzioni corrispondenti alle frazioni di ossigeno, elio e azoto.Questo accorgimento, durante la preparazione di tabelle personalizzate, offre quindi un valido controllo incrociato sulla verifi ca dei dati in tempo reale.

6.10.1 Grafi co andamento frazioni dei gas miscela Heliair 6.8.1

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6.13 Applicazione di una correzione su una miscela

Se i valori della miscela fi nita sono diversi del previsto, ma accettabili dal subacqueo ovviamente non si esegue alcuna correzione. Solitamente variazioni di un punto percentuale sulle frazioni richieste dal subacqueo sono tollerabili. Queste variazioni non comportano sostanziali modifi che nel piano di immersione anche perché i subacquei più esperti non si spingono quasi mai ai limiti di utilizzo di una miscela, ma si mantengono ben centrati rispetto ai suoi margini operativi e di sicurezza. Diversamente, l'unico modo per apportare delle modifi che ad una miscela in maniera suffi cientemente precisa e rapida è quello di affi darsi ad un software (ammesso che il sistema a nostra disposizione ci consenta di trasferire altro gas). Da un banco è possibile trasferire altro gas solamente se le pressioni ancora disponibili sono superiori a quella della bombola ricevente. Altrimenti, sempre per mezzo di un software, possiamo valutare se le variazioni delle frazioni ottenibili immettendo aria (o nitrox) da un compressore risultano soddisfacenti (se necessario svuotando un poco la bombola prima di immettervi aria). Ovviamente dobbiamo impostare il software con i dati corretti di pressione e frazioni della miscela che intendiamo modifi care per vedere se tali modifi che apportano dei cambiamenti utili.Non sono pratiche particolarmente consigliabili, ma se non si hanno alternative vale la pena tentare. Ci si accorgerà purtroppo che le variazioni possibili non sono quasi mai in favore delle nostre necessità.

6.14 L'etichettatura delle bomboleOgni bombola contenente una miscela pronta per la consegna deve essere opportunamente etichettata.Ogni agenzia didattica dispone di adesivi appositamente realizzati con colorazioni che rispondono ad una codifi ca di riconoscimento ormai universalmente accettata, in maniera tale da rendere il contenuto delle bombole inequivocabile.L'etichettatura deve essere eseguita con entrambi i metodi di seguito descritti:1. Adesivo sul corpo della bombola indicante il nome del gas o della miscela binaria

o ternaria così come indicato nella tabella 6.14.1;

6.14.1 Etichette identifi cative del nome del gas

2. Adesivo, o alternativamente un'etichetta, posta all'altezza dell'ogiva, oppure sul corpo della bombola purché chiaramente visibile per l'utilizzatore, indicante:

• La frazione dell'ossigeno• Le frazioni dei gas inerti eventualmente presenti• La data di consegna della miscela con l'eventuale aggiunta di un codice di

identifi cazione

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• Il numero identifi cativo della bombola• Il nome dell'analizzatore• La pressione di carica/consegna

6.14.2 Etichetta identifi cativa delle frazioni dei gas

Questi dati sono di vitale importanza perché comportano l'assunzione di responsabilità da parte dell'utilizzatore, pertanto devono obbligatoriamente essere riportati anche sul registro di consegna delle miscele.

6.15 Il registro di consegnaIl registro di consegna è un documento di fondamentale importanza perché tutela l'operatore da eventuali responsabilità verso terzi o verso l'utilizzatore della miscela. Pertanto deve essere sempre opportunamente compilato e deve contenere almeno i seguenti dati:

• Nome identifi cativo della stazione di ricarica• Nome dell'operatore• Numero della bombola• Data di scadenza• Volume• Pressione di carica• Tipologia della miscela e frazioni dei gas• Identifi cativo in forma di codice della ricarica effettuata• Codice identifi cativo dell'analizzatore utilizzato con la data di scadenza della

taratura• Commenti• Firma per accettazione dell'utilizzatore.

La compilazione del registro di consegna (altrimenti chiamato registro di carica) è l'atto conclusivo di tutto il lavoro senza il quale una miscela NON può essere consegnata all'utilizzatore. È di fondamentale importanza per la tutela legale dell'operatore che il registro di carica venga fi rmato dall'utilizzatore all'atto della consegna (questi ha comunque il diritto di pretendere che la verifi ca delle miscele per mezzo di analizzatore ossigeno/elio venga ripetuta in sua presenza), in questo modo l'utilizzatore accetta la miscela e si assume i rischi derivanti dal suo utilizzo.L'utilizzatore deve essere un subacqueo certifi cato per il tipo di miscela in consegna.

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MODULO 7LA STAZIONE DI RICARICA E MISCELAZIONE

Al termine di questo modulo saremo in grado di:

• Comprendere la stazione di ricarica come un luogo di lavoro• Identifi care la normativa e le istituzioni di riferimento• Sviluppare una conoscenza di base in materia di sicurezza generale

7.1 Considerazioni generaliUna stazione di ricarica è un luogo di lavoro. Lo spazio che identifi ca questo luogo deve essere opportunamente defi nito così da poter concretare la sua funzione primaria: l'impiego di diverse forme di energia volte alla pratica della miscelazione dei gas. Oltre a ciò l'energia è per defi nizione la capacità di un sistema di compiere un lavoro. La funzionale combinazione di questi tre elementi, luogo, energia e lavoro crea le condizioni affi nché una stazione di ricarica operi in sicurezza ed in maniera effi ciente.

7.1.1 La stazione di ricarica: schema concettuale

Elenchiamo, non senza approssimazioni, quali forme di energia sono presenti all'interno di una stazione di ricarica ed il lavoro a loro assegnato.

• Elettrica: permette il funzionamento delle macchine• Cinetica, potenziale e meccanica: sono caratteristiche del lavoro del

compressore e dei gas compressi• Termica: quella prodotta dal funzionamento del sistema e dalle macchine

L'energia è uno dei principali responsabili del buono o cattivo (e quindi pericoloso) funzionamento del sistema di miscelazione. Essa deve quindi rimanere sotto il nostro controllo, e questo può avvenire soltanto grazie al corretto e sicuro funzionamento dello specifi co impianto che la veicola. L'incendio a seguito di compressione adiabatica è una forma di energia prevenibile o prevedibile: vale a dire la sicurezza o l'azzardo dipendono dalla bontà o dalla manchevolezza del NOSTRO sistema di miscelazione.Per queste ragioni è imperativo porsi durevolmente le seguenti domande:

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• La parte del sistema afferente all'energia elettrica è propriamente realizzata, conforme e sicura?

• La parte del sistema afferente all'energia meccanica è propriamente realizzata, conforme e sicura?

• La parte del sistema afferente all'energia termica è propriamente isolata e sicura?

A questo punto dell'apprendimento dovremmo essere in grado di comprendere come la complessità degli argomenti e dei sistemi con i quali operiamo imponga una presa di coscienza su quanto sia seria e quanta professionalità richiede la miscelazione dei gas ad alta pressione.Il luogo ed il lavoro sono stati largamente descritti nei moduli precedenti; la stazione come ambito di relazione con la normativa vigente e le istituzioni, è uno dei temi di approfondimento dei prossimi paragrafi .

7.2 Il luogo di lavoro: normativa di riferimento e interlocutori privilegiati

La scelta del luogo dove realizzare la stazione non può ovviamente essere casuale. Essa deve soddisfare dei criteri di idoneità e sicurezza.Sebbene non esista una normativa specifi ca di riferimento per i centri di miscelazione dei gas per l'attività subacquea, il “Decreto Legislativo 9 aprile 2008 n° 81”, sgombera il campo da ogni dubbio circa la defi nizione, la collocazione ed i requisiti che deve possedere una stazione di ricarica.Il testo della legge è molto articolato, ed è il culmine di un percorso legislativo, in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro, iniziato con con il D.P.R. n° 547 del 27/04/1955. Molte leggi si sono succedute ed altre verranno, ed è per questa ragione che bisogna tenersi continuamente aggiornati.Di seguito vengono riportati degli estratti del D.L. n° 81/2008. All'operatore viene caldamente consigliato di approfondire i contenuti della legge.

DECRETO LEGISLATIVO 9 aprile 2008 , n. 81Attuazione dell'articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di

tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro

Art. 62. Defi nizioni

1. Ferme restando le disposizioni di cui al titolo I, si intendono per luoghi di lavoro, unicamente ai fi ni della applicazione del presente titolo, i luoghi destinati a ospitare posti di lavoro, ubicati all’interno dell’azienda o dell’unità produttiva, nonché ogni altro luogo di pertinenza dell’azienda o dell’unità produttiva accessibile al lavoratore nell’ambito del proprio lavoro...

ALLEGATO IV - Requisiti dei luoghi di lavoro1. AMBIENTI DI LAVORO1.1 Stabilità e solidità1.1.1. Gli edifi ci che ospitano i luoghi di lavoro o qualunque altra opera e struttura presente nel luogo di lavoro devono essere stabili e possedere una solidità che corrisponda al loro tipo d'impiego ed alle caratteristiche ambientali...

1.3.2. I pavimenti dei locali devono essere fi ssi, stabili ed antisdrucciolevoli nonché esenti da protuberanze, cavità o piani inclinati pericolosi devono essere fi ssi, stabili ed antisdrucciolevoli...

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1.5. Vie e uscite di emergenza.1.5.1. Ai fi ni del presente punto si intende per:1.5.1.1. via di emergenza: percorso senza ostacoli al defl usso che consente alle persone che occupano un edifi cio o un locale di raggiungere un luogo sicuro;1.5.1.2. uscita di emergenza: passaggio che immette in un luogo sicuro;1.5.1.3. luogo sicuro: luogo nel quale le persone sono da considerarsi al sicuro dagli effetti determinati dall'incendio o altre situazioni di emergenza;1.5.1.4. larghezza di una porta o luce netta di una porta: larghezza di passaggio al netto dell'ingombro dell'anta mobile in posizione di massima apertura se scorrevole, in posizione di apertura a 90 gradi se incernierata (larghezza utile di passaggio).1.5.2. Le vie e le uscite di emergenza devono rimanere sgombre e consentire di raggiungere il più rapidamente possibile un luogo sicuro.

4. MISURE CONTRO L’INCENDIO E L’ESPLOSIONE4.1. Nelle aziende o lavorazioni in cui esistono pericoli specifi ci di incendio:4.1.1. è vietato fumare;4.1.2. è vietato usare apparecchi a fi amma libera e manipolare materiali incandescenti, a meno che non siano adottate idonee misure di sicurezza;4.1.3. devono essere predisposti mezzi ed impianti di estinzione idonei in rapporto alle particolari condizioni in cui possono essere usati, in essi compresi gli apparecchi estintori portatili o carrellati di primo intervento. Detti mezzi ed impianti devono essere mantenuti in effi cienza e controllati almeno una volta ogni sei mesi da personale esperto.

4.2.1. L'acqua non deve essere usata per lo spegnimento di incendi, quando le materie con le quali verrebbe a contatto possono reagire in modo da aumentare notevolmente di temperatura o da svolgere gas infi ammabili o nocivi.4.2.2. Parimenti l'acqua e le altre sostanze conduttrici non devono essere usate in prossimità di conduttori, macchine e apparecchi elettrici sotto tensione.

4.2.3. I divieti di cui ai punti 4.2.1 e 4.2.2 devono essere resi noti al personale mediante avvisi.4.3. Le aziende e le lavorazioni nelle quali si producono, si impiegano, si sviluppano o si detengono prodotti infi ammabili, incendiabili o esplodenti o quelle che, per dimensioni, ubicazione ed altre ragioni presentano in caso di incendio gravi pericoli per la incolumità dei lavoratori sono soggette, ai fi ni della prevenzione degli incendi, al controllo del Comando provinciale dei vigili del fuoco competente per territorio...I Vigili del Fuoco sono sicuramente la prima istituzione a cui rivolgersi senza riluttanza non soltanto per ottenere le eventuali autorizzazioni, ma soprattutto per avere un interlocutore competente in ambito legislativo e sicurezza nei luoghi di lavoro.Anche l'Istituto Superiore per la Prevenzione e la Sicurezza del Lavoro (ISPESL) può offrire informazioni e supporto utili sia in ambito giuridico sia applicativo. Questi enti spesso organizzano dei veri e propri corsi di formazione e aggiornamento, talvolta gratuiti, sulle nuove normative.

7.3 L'operatore e la stazione: quale normativa di riferimento?

Cercare di orientarsi tra la legislazione vigente non è affatto facile e si corre il rischio di aumentare la confusione anziché la conoscenza. Non esistendo una documentazione di sintesi specifi ca relativa alle stazioni di miscelazione per l'attività subacquea sportiva, si deve attingere da porzioni di leggi regolanti attività di natura talvolta molto diversa.Nel panorama delle norme sembra prevalere una maggiore attenzione verso il sistema e

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l'ambiente di lavoro piuttosto che verso l'operatore. Affrontare la normativa però è necessario per completare il quadro degli elementi indispensabili per la corretta realizzazione di una stazione. Il modo migliore per procedere è rivolgersi ad un interlocutore istituzionale (generalmente a consultazione gratuita) o privato tra i quali si elenca:

• L'Istituto Superiore per la Prevenzione e la Sicurezza del Lavoro (www.ispesl.it): mette a disposizione un archivio web di leggi e regolamentazioni;

• Assogastecnici (www.assogastecnici.it): è un struttura che promuove il mercato dei gas tecnici;

• Ambiente e Sicurezza del Sole24ore (www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com): si tratta di una pubblicazione quindicinale di documentazione giuridica, professionale e tecnica;

• L'associazione Ambiente e Lavoro (www.amblav.it): “è una associazione, senza scopo di lucro, riconosciuta dal Ministero dell'Ambiente che promuovere la tutela dell'ambiente e della sicurezza nei luoghi di vita e di lavoro”.

Tra le varie leggi si cita il D.M. 1 Dicembre 2004, n. 329: Regolamento recante norme per la messa in servizio ed utilizzazione delle attrezzature a pressione e degli insiemi di cui all'articolo 19 del decreto legislativo 25 febbraio 2000, n. 93. Pubblicato sulla Gazzetta Uffi ciale n. 22 del 28 Gennaio 2005 n. 10.Di questo decreto si riporta solamente il titolo degli articoli e due estratti degli articoli 5 e 6

SCHEMA DI REGOLAMENTO RECANTE NORME PER LA MESSA IN SERVIZIO E UTILIZZAZIONE DELLE ATTREZZATURE A PRESSIONE E DEGLI INSIEMI

DI CUI AL DECRETO LEGISLATIVO 25 FEBBRAIO 2000 N.93

Art.1. Campo di applicazioneArt.2. EsclusioniArt.3. Specifi che tecniche relative all'esercizio delle attrezzature e degli insiemiArt.4. Verifi ca obbligatoria di primo impianto ovvero della messa in servizioArt.5. Esclusioni del controllo della messa in servizio1. Non sono soggetti alla verifi ca della messa in servizio le seguenti categorie di

attrezzature ed insiemi: a) tutte le attrezzature ed insiemi gia' esclusi dall'articolo 2; b) gli estintori portatili e le bombole portatili per apparecchi respiratori; c)....

Art.6. Obblighi da osservare per la messa in servizio e l'utilizzazione, dichiarazione di messa in servizio1. All'atto della messa in servizio l'utilizzatore delle attrezzature e degli insiemi

soggetti a controllo o a verifi ca invia all'ISPESL e all'Unita' Sanitaria Locale (USL) o all'Azienda Sanitaria Locale (ASL) competente, una dichiarazione di messa in servizio, contenente:

a) l'elenco delle singole attrezzature, con i rispettivi valori di pressione, temperatura, capacita' e fl uido di esercizio;

b) una relazione tecnica, con lo schema dell'impianto, recante le condizioni d'installazione e di esercizio, le misure di sicurezza, protezione e controllo adottate;

c) una espressa dichiarazione, redatta ai sensi dell'articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica del 20 ottobre 1998, n. 403, attestante che l'installazione È stata eseguita in conformita' a quanto indicato nel manuale d'uso;

d)....

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Art.7. Obblighi degli utilizzatoriArt.8. Obbligo delle verifi che periodicheArt.9. Verifi ca degli accessori e dei dispositivi in occasione delle verifi che periodicheArt.10. Riqualifi cazione periodicaArt.11. Esenzioni dalla riqualifi cazione periodicaArt.12. Verifi che di integrità in occasione delle verifi che periodicheArt.13. Verifi ca di funzionamento in occasione delle verifi che periodicheArt.14. Riparazione e modifi cheArt.15. Norme transitorieArt.16. Requisiti dei recipienti per liquidi e tubazioni già in esercizio alla data

di entrata in vigore del presente decreto e non certifi cati secondo il decreto legislativo 25 febbraio 2000, n.93

Per “messa in servizio” si intende sostanzialmente l'approntamento di un sistema in grado di funzionare per uno scopo di natura professionale, come può esserlo benissimo una stazione di miscelazione e ricarica bombole per uso respiratorio subacqueo. Il contenuto di questa legge afferma che le bombole da immersione sono escluse dagli obblighi di verifi ca previsti, ma probabilmente non lo sono alcune delle apparecchiature o sistemi della stazione che si intende realizzare.Anche in questo caso emerge un nuovo interlocutore privilegiato a cui chiedere lumi sulle eventuali ottemperanze da predisporre: le ASL.

7.4 La questione della sicurezzaL'EIGA (European Industrial Gases Association) ha emesso un documento con il quale pone l'attenzione su delle questioni che defi niscono il livello di sicurezza di un impianto di miscelazione di gas. Una sintesi del documento, adattata alle condizioni operative defi nibili “normali” per una stazione di carica e miscelazione di gas ad uso subacqueo sportivo (ovvero dove NON si fa uso di ossigeno liquido, PSA e gas infi ammabili), viene qui di seguito descritta per punti.

1. Area operativa e magazzino:• Il fabbisogno di adeguata ventilazione deve essere predisposto laddove la

ventilazione naturale non sia ritenuta suffi ciente o idonea• La delimitazione o defi nizione delle aree preposte alla miscelazione• La presenza di adeguate uscite di emergenza• Il controllo sugli accessi di personale e utenza• La protezione dal fuoco ed i dispositivi di spegnimento• La rimozione di fonti di innesco, la protezione da scariche elettrostatiche dalle

aree dove vengono maneggiati gas infi ammabili o comburenti• Il monitoraggio ambientale dei gas laddove eventuali fughe di ossigeno o elio

potrebbero causare rischio di incendio o asfi ssia (l'elio è più leggero dell'aria pertanto si disperde verso l'alto, mentre l'ossigeno essendo più pesante dell'aria tenderà ad accumularsi verso il basso soprattutto in trincee, cantine o comunque in ambienti che fungono da “vasche” di raccolta)

2. Equipaggiamento• L'idoneità dell'equipaggiamento, dei materiali con cui sono costruiti e delle

pressioni di esercizio• Il sistema di smaltimento (evacuazione) dei gas che sia adeguato e diretto

verso aree sicure• L'adeguatezza degli apparecchi di misurazione e analisi usati per la

miscelazione• L'etichettatura relativa agli eventuali rischi derivanti dall'uso di

apparecchiature potenzialmente pericolose• Le operazioni di manutenzione non abbassino il livello di allerta sulla

sicurezza (un apparecchio o un sistema non in funzione non signifi ca

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necessariamente che non sia più potenzialmente pericoloso)• Lo smontaggio degli apparecchi e dei sistemi può avvenire soltanto quanto

questi siano stati approntati per lo smontaggio (esempio: l'eliminazione di accumuli/depositi di ossigeno nelle tubature)

3. Logistica dei gas• La separazione dei gas per tipologia per evitare miscelazioni errate o

accidentali (in certi contesti ci si deve porre il problema se perdite incontrollate di gas diversi non producano miscele pericolose)

• L'adeguata etichettatura su tutte le bombole e sulle tubature preposte al trasporto dei gas

• L'affi dabilità delle forniture di gas che devono essere prive di elementi estranei o contaminanti

4. Logistica delle bombole• La movimentazione e lo stazionamento sicuro delle bombole (tecniche di

sollevamento, spostamento e posizionamento tramite sistemi ritentori che evitino cadute)

• Il mantenimento di un numero minimo di bombole nelle aree preposte alla miscelazione (le bombole non in uso devono stare in aree predisposte)

• I controlli sulle perdite di gas, al fi ne di evitare eccessive concentrazioni di ossigeno ed elio negli ambienti confi nati

• L'appropriata etichettatura• Le aree deposito devono essere adatte al tipo di gas a cui sono destinate

A molti di questi argomenti è già stato dedicato un paragrafo in questo manuale, per gli altri è importante porre l'attenzione su di essi, e fare in modo che siano sviluppati i relativi interventi in sede operativa.

7.5 IncendioL'unico modo per estinguere un incendio alimentato da ossigeno è isolare l'ossigeno ed interromperne il fl usso. Per questa ragione è necessario predisporre un sotto-sistema in grado di interrompere il fl usso di ossigeno verso la parte di sistema coinvolta nell'incendio o di tutto il sistema.I sistemi antincendio potrebbero essere acqua, polveri antifi amma o altro. La scelta di uno di questi dipende dal tipo di equipaggiamento presente ed anche dalla natura dell'incendio stesso. Non si può utilizzare acqua se vi è presenza di impianti elettrici di un certo tipo (essa non è nemmeno in grado di spegnere una fi amma alimentata da ossigeno) e non si può usare una coperta ignifuga per spegnere un indumento che brucia se inzuppato di ossigeno.La scelta di un sistema antincendio deve essere pertanto effettuata da personale specializzato in sistemi antincendio.Nel caso in cui non sia possibile interrompere il fl usso di ossigeno bisognerebbe rimuovere il combustibile, la qual cosa è il più delle volte ancora più diffi cile. Nel caso in cui, ad esempio, una compressione adiabatica provochi un incendio in un punto della linea di trasporto dei gas, si forma una sfera di fuoco che può arrivare a raggiungere un metro di diametro. La conseguenza immediata è la vaporizzazione di un metro e più della linea dove si è verifi cato l'innesco.L'ossigeno brucia in pochissimo tempo, un quarto di secondo, ma il calore che si sviluppa è elevatissimo tale da bruciare la maggior parte dei materiali nelle vicinanze. Se non si interrompe il fl usso di ossigeno l'incendio diventa incontrollabile in meno di due minuti. È quindi necessario predisporre una valvola di arresto del fl usso di ossigeno lontano dalla zona di miscelazione, o dalle zone considerate a più alto rischio. Tale valvola deve essere facilmente accessibile anche in caso di incendio.

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7.5.1 Corretto uso di estintore nel caso di incendio di gas infi ammabile (si noti l'ogiva di colore rosso).Non dirigere il getto antincendio in direzione contraria alla fi amma,

bensì aggredire la fi amma alle sue spalle (da internet).

7.6 Sommario delle raccomandazioni

• Non fumare nella stazione• Quando la stazione o un sistema non sono in funzione chiudere la

valvola che comanda la fornitura di ossigeno• Predisporre una valvola di sicurezza che interrompa il fl usso

dell'ossigeno, se necessario a controllo remoto in grado di funzionare anche senza energia dall'esterno, in posizione idonea e raggiungibile anche in caso di incendio

• Predisporre sistemi di spurgo o sovrappressione dell'ossigeno in posizione idonea, e dove la direzione dello spurgo sia verso un luogo sicuro

• I fi ltri non devono essere rimossi per aumentare la portata del sistema• Assicurarsi che il personale che operi con l'ossigeno ed i gas in pressione

sia adeguatamente istruito sui rischi derivanti dall'ossigeno e dai sistemi in pressione

• Assicurarsi che il personale sia istruito sulle procedure di emergenza e di spegnimento e/o mitigazione degli incendi

• Utilizzare solamente apparecchiature certifi cate e operanti entro i limiti prescritti dal costruttore

• Utilizzare indumenti adeguati liberi da contaminanti combustibili• Controllare che il sistema antincendio sia in posizione pronto all'uso e

funzionante• Mantenere una adeguata ventilazione• Persone che stanno bruciando in un ambiente ricco di ossigeno non

possono essere soccorse da una persona se questa non è adeguatamente protetta da indumenti ignifughi

• Persone che sono state esposte ad una atmosfera ricca di ossigeno devono sottoporsi ad adeguata e duratura ventilazione (almeno 15 minuti) prima di proseguire con qualsiasi attività

• Le apparecchiature operanti con l'ossigeno devono essere chiaramente identifi cate

• Apporre in area esterna, visibile e protetta (e comunque in più luoghi) la pianta della stazione con la localizzazione dei gas e delle apparecchiature per agevolare le operazioni di soccorso

• Predisporre, rendere visibili e mantenere libere le uscite di emergenza

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7.7 Trasporto delle bombole su mezzi non dedicati

Per veicolo non dedicato si intende: “qualsiasi veicolo non specifi catamente adeguato a trasportare in modo sicuro bombole di gas (spesso si tratta di autovetture o furgoni chiusi)”.Nel trasporto di bombole è fondamentale un’adeguata ventilazione e si raccomanda le seguenti precauzioni:

• Usare un veicolo scoperto o un veicolo predisposto per il trasporto di gas (avente un divisorio a tenuta stagna che separi il conducente dal carico e garantisca un’adeguata aerazione)

• Se proprio si deve usare un veicolo chiuso, “non dedicato”: TENERE APERTI I FINESTRINI

I gas in bombole e in recipienti criogenici sono classifi cati come “Merci Pericolose” e il loro trasporto è regolato dalla legislazione europea (ADR, classe 2). Bisogna verifi care se il proprio equipaggiamento ricada entro tale categoria di regolamentazione.

NOTA

Il testo della legge afferente alla normativa ADR è disponibile sul sitohttp://www.mit.gov.it/mit/site.php?p=cm&o=vd&id=856Con l'entrata in vigore della nuova normativa nel 2009, i parametri di riferimento sono stati cosi modifi cati:• Per il trasporto da parte di privati vige il principio dell'esenzione da qualunque

forma prescritta di disposizione per il loro trasporto. • Per i centri immersione, le associazioni di qualunque natura (anche ONLUS),

od altre società di fatto o di diritto (non limitandosi, pertanto, il trasporto ad uso privato per la "propria" attività di immersione), si applicano le nuove prescrizioni contenute nell'accordo ADR 2009. Pertanto tutti coloro che non potranno dimostrare che il trasporto viene effettuato a soli usi privati, dovranno obbligatoriamente:

➤ munirsi di DDT (documento di trasporto) per il trasporto di merci pericolose, nel quale siano indicati il luogo e la sede di mittenza e del destinatario;

➤ il numero chimico della merce (si ricava dal testo dell'ADR 2009); ➤ la classe di imballaggio (vds. ADR 2009); ➤ il quantitativo da trasportare;➤ essere dotati, a bordo del veicolo, di un estintore da Kg. 2 idoneo per lo

spegnimento di incendio da comburenti;➤ certifi cato di idoneità delle bombole (collaudo e punzonature), da cui emerga

(anche tramite colorazione delle ogive) che le stesse sono idonee a contenere ossigeno puro e/o miscele iperossigenate;

➤ posizionare le bombole trasportate all'interno di gabbie o con sistemi di ritenuta.

Raccomandazioni per distributori di gas• Assicurati che il cliente sia consapevole dei pericoli prima che lasci la tua stazione

• Metti in evidenza che:➤ Le etichette indicano il pericolo associato al tipo di gas e occorre comprenderne

il signifi cato;➤ Non si usano o trasportano recipienti di gas privi di etichetta;➤ L’etichetta è l’unico mezzo per poter identifi care l’esatto contenuto di un recipiente;➤ Maneggiare i recipienti come da istruzioni ricevute.

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Raccomandazioni per il trasporto dei gas• Non fumare• Segui i consigli che ti ha dato il tuo dettagliante/distributore di gas• Controlla che le valvole siano ben chiuse e protette• Arieggiare adeguatamente l’interno del veicolo, tieni i fi nestrini aperti

7.7.1 Questa vettura è stata coinvolta in un incidente stradale. Trasportava bombole di

ossigeno, che perdevano; dopo l’urto iniziale, l’atmosfera interna ricca di ossigeno ha

provocato l’incendio di tutta la vettura (www.assogastecnici.it)

• Smonta gli accessori come regolatori, tubi, ecc.• Controlla di non sovraccaricare il veicolo• Non caricare le bombole nel baule o in luogo non ventilato• Raggiungi direttamente la destinazione• Porta con te un estintore da almeno 2 kg a polvere• Evitare di trasportare passeggeri

Carico e scarico: Conducente/Cliente• Verifi ca che tutte le bombole e i recipienti siano correttamente bloccati e non

possano muoversi durante il viaggio

7.7.2 Le bombole libere di muoversi sono pericolose (www.assogastecnici.it)

• Pensa a come potrai fare per caricare e scaricare le bombole dal veicolo senza farti del male• Trasporta solo il numero minimo di bombole che ti è necessario per espletare il

tuo lavoro• Una volta che i recipienti sono stati scaricati dal veicolo indossando gli opportuni

dispositivi di protezione individuale, fi ssali in modo che non cadano

Azioni di emergenza con gas comburentiInterventi specifi ci dipendono dal tipo di gas che si trasporta, ma se scopri una perdita da un recipiente che contiene un gas infi ammabile o comburente:• ferma il veicolo in una zona isolata, se possibile e se risulta sicuro;

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• spegni il motore• arieggia il veicolo tenendo aperte le portiere• cerca di eliminare le possibili sorgenti di innesco (es. accensione di lampadine,

cellulari e chiavi elettroniche)• tieni lontani i passanti dalla zona di pericolo• chiama i Vigili del Fuoco (115) fornendo il luogo esatto, il numero di recipienti e i

tipi di gas coinvolti• chiama il tuo dettagliante/distributore di gas per aiuto

Il pericolo subdolo dell’asfi ssia (da eccessive concentrazioni di elio, azoto o argon all'interno del veicolo o di luogo confi nato)• I gas asfi ssianti in caso di perdita dal recipiente si sostituiscono all’ossigeno

riducendone la percentuale.• Anche altri gas non comburenti (ad es. infi ammabili) riducono la quantità di

ossigeno nell’aria.• Quando il tenore dell’ossigeno nell’aria scende sotto il 18% si accusano sintomi di

sonnolenza.• Se il tenore di ossigeno scende ulteriormente si rischia la perdita di conoscenza e

la morte per asfi ssia.

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APPENDICETabelle per miscelazione a peso

Come si è detto, le tabelle per la miscelazione gravimetrica non sono di facile reperibilità; inoltre molti software non prevedono la possibilità di eseguire la miscelazione per peso molecolare, e quei pochi che lo fanno non sempre includono nell'algoritmo di calcolo il fattore Z.Utilizzando le basi di calcolo esposte nel modulo 3 è possibile, con un po' di pazienza e capacità di calcolo, costruirsi delle tabelle ad hoc i cui dati dovranno essere tuttavia attentamente verifi cati empiricamente (per mezzo degli analizzatori) ed eventualmente corretti. Nonostante tutto questo richieda un certo tempo, alla lunga si perverrà a delle tabelle il cui grado di precisione non risentirà delle condizioni del sistema e della temperatura.La tabella 8.1 benché abbia solamente un valore didattico, e come tale non può essere utilizzata in un contesto operativo, fornisce un' indicazione su come deve essere impostata una tabella per miscelazione gravimetrica.Nella prima colonna sono indicati i litri di miscela di gas che si vogliono ottenere mentre nelle successive il peso in chilogrammi dei vari gas da immettere.

La tabella si utilizza come nell'esempio seguente:Si deve riempire un bibombola 12+12 con una miscela trimix 17/42. Assumendo 200 bar come pressione massima di esercizio, ne consegue che il contenuto massimo della bombola in questione sia 4.800 litri. Ragion per cui si utilizzeranno i valori disposti sulla riga dei 4800 litri come parametri per le operazioni di riempimento.

8.1 Tabella per miscelazione a peso

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Bibliografi a

Titolo Autore Casa Editrice

Gas Blending Nicos Raftis Best Publishing CompanyRebreather Carlo Marcheggiani Editoriale OlimpiaL'immersione in miscela Corrado Bonucelli Editrice la MandragoraPreparazione delle miscele Naui Italia Naui Italia - Dive Italia s.r.l.Manuale Tek-In AA. VV. PTA - HdueO Diving ActivitiesManuale Nitrox R. Menzaghi, A. Bellati, M. Braga PTA www.pure-tech-agency.net Deep Diving Bret Gilliam North Eastern DiversMixed Gas Diving Bret Gilliam e Tom Mount North Eastern DiversOssigeno Iperbarico A. Marroni, P.G. Data, AA. VV. Edizioni Studio

Sitografi a

Indirizzo web Soggetto Note

http://www.ispesl.it/ L'Istituto Superiore per la Prevenzione e la Sicurezza del Lavoro

http://cti2000.it Comitato Termotecnico Italiano

www.icepi.com Istituto Certifi cazione Europea Prodotti Industriali www.asaps.it Portale sicurezza stradale www.assogastecnici.it Assogastecnici www.federchimica.it Federchimica www.uni.com/it/ Ente Nazionale di Unifi cazione Le norme UNI consultabili solo a pagamento

www.eiga.org EIGA - European Industrial È possibile consultare numerosi Gases Association documenti in inglese

www.cefi c.be CEFIC - European Chemical Industry Council http://www.unece.org/trans/danger/danger.htm Trasporto merci pericolose www.cganet.com CGA - Compressed Gas Association (USA) http://www.frogkick.dk/manuals/ Sito di subacquea Sito web contenente i manuali e gli esplosi di molti erogatori www.wreckteam.com Sito di subacquea http://it.wikipedia.org Wikipedia Enciclopedia web

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www.pure-tech-agency.netwww.pure-tech-agency.netwww.pure-tech-agency.net