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P.14 SPECIAL FREE ISSUE - N.382 - 21 MAGGIO 2019 YAMAHA TÉNÉRÉ 700 PROVA P.60 Kawasaki ZX-6R 636 2019 MOTOGP P.58 “La prima uscita, come la fate?” EDITORIALE Marquez vince il GP di Francia

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P.14

SPECIAL FREE ISSUE - N.382 - 21 MAGGIO 2019

YAMAHATÉNÉRÉ 700

PROVA

P.60

Kawasaki ZX-6R636 2019

MOTOGP

P.58

“La prima uscita,come la fate?”

EDITORIALE

Marquez vince il GPdi Francia

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2 3MOTO. I T MAGAZ INE N. 382 MOTO. I T MAGAZ INE N. 382

PROVA PROVA

l’anteprima YAMAHA TÉNÉRÉ 700

MOTORE BICILINDRICO PARALLELO

TEMPI 4

CILINDRATA 689 cc

RAFFREDDAMENTO A LIQUIDO

CAMBIO A 6 MARCE

TRASMISSIONE FINALE CATENA

POTENZA MASSIMA 75 CV A 9.000 GIRI

COPPIA MASSIMA 68 NM A 6.500 GIRI

EMISSIONI EURO 4

TELAIO BACKBONE IN ACCIAIO, DOPPIA CULLA

PNEUMATICO ANT. 90/90 - 21 M/C 54V M+S

PNEUMATICO POST. 150/70 R18 M/C 70V M+S

CAPACITÀ SERBATOIO 16 LT

ALTEZZA SELLA DA TERRA 880 MM

PESO 187 KG A SECCO

9.490 EURO

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PROVA PROVA

LLa Yamaha Ténéré 700 è finalmente nelle nostre mani, mancava solo lei! Dopo la Ducati Multistra-da 950S, la Moto Guzzi V85TT, la KTM 790 Adven-ture e la BMW F850GS Adventure la leggera endu-rona di Iwata era rimasta l’oggetto misterioso di tutti noi in fissa col tassello. La moto ora c’è in carne e ossa. E - spoilero subito la prova - va pure bene. E’ progettata in Italia da Yamaha Europa (a Gerno di Lesmo, vicino a Monza) e viene poi co-struita in Francia e in Giappone. La moto costa 9.490 euro e ha una dotazione orientata al fuori-strada anche difficile, ma per nulla povera.

La 700 ricorda da vicino il concept T7, da cui non si discosta in maniera evidente. Troviamo un serbatoio in lamiera da 16 litri che ne ricalca le forme, una strumentazione protetta da plexi di chiara matrice dakariana e forme decisamente racing. Paramani e paramotore sono di serie. La strumentazione è digitale (non TFT) e le leve sono tutte regolabili e dotate di snodo (quelle ai piedi). Le pedane sono fissate a pregevoli staffe di allu-minio forgiato. Certo, lo sviluppo verticale della

di Andrea Perfetti

YAMAHA TÉNÉRÉ 700:TEST ANTEPRIMA

Più attesa della finale di

Champions, è finalmente

arrivata. Abbiamo percorso

500 km in due giorni: la

Yamaha Ténéré 700 ha

prestazioni di rilievo, un ottimo

rapporto qualità/prezzo e

sospensioni a punto. Però

l’elettronica è ridotta all’osso

(ma questo a molti piacerà)

e la sella è alta da terra

GUARDA I L V IDEO

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moto è notevole e necessario per ospitare il motore 700 CP2, che già equipaggia MT-07, Tracer 700 e XSR 700 ed è dotato di carter umido per la lubrificazione. Ne consegue un baricentro posto in alto (al pari della sella, a 875 mm da terra. Si può ottenere il kit per ab-bassarla di 35 mm). Gli ingombri laterali sono però degni di una monocilindrica e anche il peso è contenuto. Yamaha dichiara 187 kg a secco (204 col pieno).

Le radici e la baseLa XTZ Ténéré affonda le radici nella dinastia entrofuoristrada Yamaha, a partire dall’ante-signana XT 500 del 1976 che ha fatto la storia inaugurando un segmento di grande succes-so e vincendo, tra l’altro, le prime due edizio-

ni della Paris-Dakar con Cyril Neveu. Quella prima monocilindrica ha aperto la strada alla XT600Z del 1983 - a cui spetta l’onore di aver portato per prima il nome Ténéré - e poi alla XTZ750 SuperTénéré bicilindrica del 1989 fino alla più moderna 660 e all’attuale XT1200.Per la rinascita di un modello attesissimo, Yamaha si è affidata alla base - valida e col-laudata - del propulsore bicilindrico CP2 da 698cc già impiegato sulla nuova MT-07, adat-tato nelle tarature dell’alimentazione per privilegiare ancora di più la regolarità d’ero-gazione e la coppia ai medi regimi (il valore massimo si raggiunge a 6.500 giri con 68 Nm) e offrire un’autonomia molto elevata: Ya-maha parla di più di 350 km ottenibili con il serbatoio da 16 litri (la riserva è da 4,3 litri).

La potenza è pari a 75 cavalli a 9.000 giri, con la possibilità di allungare a 10.500 giri. Sono nuovi la centralina, l’air box e tutto lo scarico. La velocità massima è di 186 km/h, che corri-spondono a 202 km/h indicati.

La ciclisticaIl telaio a doppia culla in acciaio è completa-mente nuovo e pensato per offrire prestazioni ma soprattutto resistenza e la giusta snellez-za per la guida in fuoristrada. La culla infe-riore è imbullonata (al pari delle pedane del passeggero) ed è protetta da una estesa cover in alluminio. Il comparto sospensioni conta sulla forcella Kayaba regolabile con steli da 43 mm ed escursione di 210mm, mentre al posteriore troviamo un monoammortizzato-

re sempre Kayaba con stelo in alluminio e con regolazione remota del precarico e forcellone in alluminio che definiscono un’escursione ruota di 200mm. Restando in tema di ruote, la dotazione parla di cerchi a raggi con pneu-matici Pirelli Scorpion Rally STR dal diametro di 21” (largo 90) all’anteriore e 18” (largo 150) al posteriore con camere d’aria.

L’ìmpianto frenante della Brembo è costituito da due dischi a margherita da 282 mm all’an-teriore e un’unità posteriore dallo stesso pro-filo dal diametro di 245 mm, naturalmente gestiti dall’ABS disattivabile per l’uso in fuo-ristrada. La sella è posta a 875 mm da terra, l’interasse è di 1.590 mm.

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PROVA PROVA

Dotazione ed elettronicaLa XTZ 700 Ténéré mantiene uno degli elementi più distintivi del concept T7, ovvero il frontale mutuato dai rally con quadruplo gruppo ottico a LED (le due unità inferiori ospitano le luci di posi-zione) protetto da una palpebra trasparente. Mol-to bella e professionale anche la strumentazione, specialistica nel look e predisposta per il montag-gio di dispositivi di navigazione come GPS, lettori di road book e smartphone. Non sono presenti ride by wire, mappe e controlli di trazione.

L’elettronica è quindi ridotta all’osso: una scelta precisa - secondo quanto di ha detto Yamaha - per andare incontro alle richieste di chi ama usare queste moto in fuoristrada. La XTZ700 Ténéré è disponibile nelle colorazioni Ceramic Ice, Compe-tition White e Power Black; sarà in consegna da luglio 2019.

Come vaAndiamo subito al sodo. La Yamaha Ténéré 700 ti mette a tuo agio - soprattutto se superi il me-tro e 70 - perché è agile e leggera tra le gambe. Siamo sotto i 200 kg senza il pieno di benzina ed è un grande risultato. Stai bene in sella, grazie ai comandi morbidi e al bel feeling che si instaura nei primissimi chilometri. La protezione dall’aria è discreta per il casco e carente per le spalle, ma non ci lamentiamo: per andare in fuoristrada non ci servono grossi cupolozzi che tagliano la visuale del pilota. Meglio uno schermo compatto, che de-via l’aria, lasciando però il campo visivo sgombro. Buone notizie in zona confort, dato che le vibra-zioni sono praticamente assenti e il motore non

GUARDA TUTTE LE FOTO

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scalda per niente.E’ bello tra l’altro anche il sound dello scari-co. In piedi la Ténéré si guida in modo perfet-to, grazie al manubrio largo (che preferirem-mo solo un pelo meno incurvato all’indietro) e ai fianchi stretti. Da seduti invece infastidi-sce un po’ la sporgenza del carter destro, che urta il polpaccio. Nulla di drammatico, però bisogna farci l’abitudine.

Su strada la Ténéré 700 non è mai in affan-no, anzi. Sia chiaro, è una maxienduro alla vecchia maniera. Non ci sono sospensioni at-tive che leggono lo stile di guida o controlli di trazione con piattaforme inerziali. Fa tut-to la sensibilità del pilota. Ma, nonostante la ruotona da 21, la Yamaha danza tra le curve bella decisa. Le sospensioni sono morbide,

ma per nulla cedevoli e la frenata Brembo ec-celle in modulabilità. Non sarà potentissima, ma la risposta del comando è davvero since-ra e precisa. Tra le curve ci conquista sempre questo meraviglioso motore, che osanniamo ogni volta che ci capita tra le mani. Riprende da 2.000 giri in sesta, a circa 40 km/h, senza battere ciglio. A 3.000 è già corposo e ti tira fuori dalle curve senza fatica. Dai 7 ai 10 di-venta poi quasi rabbioso.

I 75 cavalli non sono mai in affanno e vorresti qualche cavallino in più solo in montagna a pieno carico. La sella è comoda, se conside-riamo la destinazione sportiva della nuova Ténéré. Lo spazio per il passeggero è discre-to, con pedane basse. Mancano però le pre-se per le mani, optional. Su strada la tenuta

delle Pirelli STR va oltre le aspettative: il dise-gno tassellato non vi inganni, grip e angoli di piega sono degni da gomma stradale, e pure buona.

E infatti è in fuoristrada che vorremmo un tas-sello ancora più marcato (come ad esempio lo Scorpion Rally, per restare in casa Pirelli).Sì perché qui le doti della Ténéré 700 sono davvero uno spettacolo e ti invogliano a osa-re sempre di più. Su tutto svettano il compor-tamento facile, ma anche pepato, del motore CP2 e la risposta delle sospensioni Kayaba. Sono scorrevoli e assorbono le piccole buche; non vanno però in crisi nemmeno in presenza di ostacoli importanti. Insomma, se pensia-mo al prezzo di acquisto della Yamaha, a que-ste voci hanno fatto bingo.

La Ténéré è stabile sul veloce e sullo scon-nesso. Solo a bassa andatura si avverte il ba-ricentro alto imposto dal serbatoio tradizio-nale, e anche la sella a 87 cm richiede perizia nella manovre negli spazi angusti, quando bisogna dare la zampata a terra.

Ma nel complesso il bilancio è più che posi-tivo, perché in fuoristrada ci si diverte e pure tanto. Ci avete chiesto in tanti un confronto con la rivale diretta, la KTM 790 Adventure. Faremo presto un test comparativo; intanto vi anticipiamo che la KTM ha un’elettronica più ricca (con mappe e traction control), la strumentazione TFT, il cornering ABS e 20 ca-valli in più. Ma, se vi interessa il fuoristrada con queste moto, sappiate che la Yamaha è meno ricca, ma comunque gratificante e sicu-

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PROVA PROVA

ra anche sui percorsi veloci (e costa dai 3 ai 4.000 euro in meno).

L’austriaca è in vantaggio alla voce maneg-gevolezza, grazie al basso serbatoio, e pre-stazioni pure. Siamo però curiosi di vederle muso a muso in un confronto diretto, perché sulle piste battute entrambe ci hanno regala-to sensazioni molto positive.

La Ténéré si è fatta attendere parecchio, ma i primi 500 km ce lo dicono in modo chiaro: atte-sa ripagata e alla grande. Bentornata Yamaha.

ProRapporto qualità/prezzo - Motore facile e di-vertente - Sospensioni e freni ok - Comporta-mento su strada e in offroad

ControSella alta - carte destro del motore che tocca quando si guida con gli stivali da cross.

ABBIGLIAMENTO

COMPLETO OTTANO

GUANTI OTTANO

STIVALI ACERBIS

MASCHERA ARIETE

CASCO XLITE

METEO: SOLE E PIOGGIA (DA 6 A 25 GRADI)

LOCATION: TORTOSA (SPAIN)

TESTER: ANDREA PERFETTI (185 CM, 87 KG)

FOTO: FRANCESCO MONTERO

PIÙ INFORMAZIONI

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14 15MOTO. I T MAGAZ INE N. 382 MOTO. I T MAGAZ INE N. 382

PROVA PROVA

la prova KAWASAKI ZX-6R 636

MOTORE 4 CILINDRI IN LINEA

TEMPI 4

CILINDRATA 636 cc

RAFFREDDAMENTO A LIQUIDO

CAMBIO A 6 MARCE

TRASMISSIONE FINALE CATENA

POTENZA MASSIMA 130 CV A 13.500 GIRI

COPPIA MASSIMA 71 NM A 11.000 GIRI

EMISSIONI EURO 4

TELAIO PERIMETRALE, PRESSATO ALLUMINIO

PNEUMATICO ANT. 120/70ZR17M/C (58W)

PNEUMATICO POST. 180/55ZR17M/C (73W)

CAPACITÀ SERBATOIO 17 LT

ALTEZZA SELLA 830 MM

PESO 196 KG

11.890 EURO

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II tecnici Kawasaki non hanno mai amato troppo i vincoli di cilindrata imposti dalle categorie di merca-to. La storia degli ultimi trent’anni di motociclismo o giù di lì è piena di esempi di modelli sviluppati in quel di Akashi che… giocavano sporco – secondo i detrattori – salendo di qualche centimetro cubico per ottenere gli obiettivi prestazionali (di potenza ma anche di resa del propulsore ai medi regimi) de-signati dai tecnici in verde.

Una scelta tutto sommato sensata e giustificabile, a tal punto da aver più di una volta fatto proseliti al-zando i confini di cilindrata delle varie categorie, mi-gliorandone la resa globale. La KLR 570, ma anche la GPz 600R o la Z750 sono ottimi esempi. La ZX-6R, che nel 2002 per la prima volta sforò dal limite rego-lamentare del Mondiale Supersport (in cui correva nella versione RR, naturalmente a cilindrata “ton-da”) arrivando appunto alla cilindrata di 636cc, non ha avuto seguaci da parte della concorrenza, ma grazie al suo vantaggio di cilindrata si è conquistata nel tempo una folta schiera di seguaci fra i motoci-clisti sportivi.

di Edoardo Licciardello

KAWASAKI ZX-6R 636.LA FUORILEGGE

Ha il corpo di una 600

ma gioca con la cilindrata

per irrobustirsi ai medi. La

Supersport Kawasaki diventa

un po’ più raffinata e “apre”

all’uso stradale

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Una schiera di appassionati che ne ha sempre apprezzato le doti dinamiche nell’uso estremo ma anche la “schiena” in più nell’uso stradale e in quello disimpegnato, lasciando la purezza della cilindrata regolamentare a chi doveva usa-re la Ninja nelle competizioni con il modello RR.Dopo un periodo in cui la piccola Ninja era tor-nata ad un solo modello da 600cc, ad Intermot 2012 Kawasaki ha resuscitato la 636. Che per il 2019 si è rifatta un po’ il look, ha rifinito qua e là qualche dettaglio, e si è ripresentata per anda-re a solleticare l’appetito degli amanti delle 600 sportive, orfani da ormai troppo tempo di novità da sognare. E quindi, Kawasaki ci ha portato in quel di Modena, fra Autodromo e quella via Giar-dini che unisce il capoluogo al Passo dell’Abeto-ne, per provare la nuova 636.

Com’è fattaLa nuova 636 – pur non cambiando in profon-dità rispetto al modello precedente – è ricono-scibile fin dal primo sguardo, grazie a linee più affilate e più vicine a quelle dell’ammiraglia ZX-10R. Cambia il cupolino, più appuntito e af-filato, e cambiano i gruppi ottici, ora full-LED e diversi nel design. Ed è diverso anche il codino, più movimentato ed elaborato e anch’esso più vicino a quello della sorella maggiore. Non cam-bia invece la posizione di guida, che mantiene la triangolazione del modello precedente, mentre diversi affinamenti riguardano la sella, più corta (per fare sì che la porzione di sella del passegge-ro funga da “cuscino” in accelerazione) e rastre-mata nella zona di raccordo con il serbatoio, sia per ridurre l’apertura delle gambe del pilota che

per facilitare l’appoggio del piede a terra per i… diversamente alti. Nuovo anche il plexiglass, più alto e protettivo, e arriva anche una leva frizione regolabile su cinque posizioni. E spostandosi in-dietro, cambia anche lo scarico, con una finitura più raffinata e un diverso fondello, così come i paratacchi sulle pedane del pilota. E’ diverso anche il cruscotto, che pur simile a quello del modello precedente, aumenta la funzionalità riposizionando alcune componenti (l’indicatore della marcia inserita si sposta al centro, per faci-litare la lettura al colpo d’occhio) e pensa anche all’uso stradale, offrendo l’indicatore del livello carburante, l’indicatore di guida economica e l’autonomia residua nel pannello multifunzio-ne LCD sulla destra, oltre alle indicazioni più comuni. Inoltre, il segnalatore di cambiata può

ora essere programmato su qualunque regime fra i 5.000 e i 16.000 giri (prima non si poteva scendere sotto i 10.000) e l’ago del contagiri se-gnala l’approssimarsi del regime programmato: a 500 giri dal limite la luce inizia a lampeggiare e l’ago passa da bianco a rosa, al limite la luce lampeggia con frequenza più rapida e l’ago di-venta rosso. E sempre in ottica stradale, dietro il cruscotto si trova un pre-cablaggio per ospitare una presa di corrente 12v.

Motore ed elettronica

Il propulsore, ora omologato Euro-4, è il cano-nico quadricilindrico in linea da 636cc con ale-saggio e corsa rispettivamente di 67 x 45, 1mm, pistoni con mantello trattato al molibdeno per una maggior scorrevolezza e fori di ventilazio-

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ne fra i cilindri per ridurre le perdite di pompaggio. L’airbox è pressurizzato per aumentare la potenza massima (si passa da 130 a 136 cavalli dichiarati con l’airbox in pressione).I condotti hanno andamento differenziato fra cilindri esterni e interni per ottimizzare l’erogazione; lo sca-rico è stato ovviamente ridisegnato per rispettare le normative mantenendo invariati i valori di potenza e coppia del modello precedente.La frizione è la classica antisaltellamento servoassi-stita, il cambio a sei rapporti è estraibile (raffinatezza rara se non unica per la categoria) e la rapportatura finale è stata accorciata (il pignone perde un dente) per migliorare l’accelerazione e la brillantezza nell’u-so stradale. A livello elettronico la Ninja 636 mantie-ne il controllo di trazione KTRC regolabile su tre livel-li: 1 e 2 sono riservati alla guida sportiva e puntano ad offrire le massime prestazioni in accelerazione, mentre il 3 è pensato per garantire stabilità della moto anche in condizioni di aderenza precaria. Il sistema è capace di agire su accensione e iniezione, rendendo più dolce e progressivo l’intervento.Il pacchetto elettronico comprende anche l’ABS intelligente KIBS, senza funzionalità cornering ma pensato per la guida sportiva anche in pista, e la possibilità di scegliere fra due Power mode che of-frono rispettivamente potenza piena o ridotta a circa il 65% del totale per… quando si vuole guidare tran-quilli. Novità 2019 il quickshifter KQS, attivo solo in innesto e sopra i 2.500 giri, di tipo contactless per mi-gliorare l’affidabilità rispetto ai sistemi tradizionali.

La ciclisticaLa Ninja ZX-6R non offre grandi novità a livello cicli-stico: rimane il telaio perimetrale a doppio trave in

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alluminio stampato con forcellone nello stesso materiale che equipaggia la ZX-6R utilizzata in Supersport, con telaietto reggisella pressofuso, sempre in alluminio, scomponibile in due pez-zi. Il cannotto di sterzo è inclinato di 23,5°, con avancorsa di 101mm e interasse di 1.400mm. Il peso in ordine di marcia è dichiarato in 196kg, con un serbatoio da 17 litri.All’avantreno troviamo una forcella Showa SFF-BP (Separate Function Fork – Big Piston) con funzioni appunto separate: il precarico si regola sullo stelo sinistro mentre l’idraulica sul destro, tanto in compressione quanto in estensione, at-traverso i registri posti sulla testa di forcella. Al retrotreno troviamo un monoammortizzatore a gas completamente regolabile con leveraggi progressivi Bottom Link Uni-Trak.

L’impianto frenante offre un doppio disco da 310mm lavorato da pinze monoblocco all’a-vantreno comandate da una pompa radiale, mentre al retrotreno troviamo un disco singolo da 220mm. I cerchi in lega da 17” calzano nuo-vi pneumatici Bridgestone S22 nelle misure 120/70 e 180/55.

Prezzo, colorazioni, optionalLa nuova Kawasaki Ninja ZX-6R 636 è già dispo-nibile in concessionaria nelle due colorazioni Lime Green / Ebony / Metallic Graphite Gray (sostanzialmente la classica verde/nera delle ul-time Kawasaki, a 12.090 euro) oppure nella total black (11.890 euro) giocato sul contrasto lucido opaco Metallic Spark Black / Metallic Flat Spark Black. Gli optional comprendono l’ammortizza-

tore di sterzo Ohlins, protezioni telaio e perno forcella, coprisella passeggero e paraserbatoio, oltre alla borsa morbida da sistemare sulla sella del passeggero.

Su stradaKawasaki, dicevamo, crede molto nelle doti stradali della ZX-6R, e – come non avveniva forse da più di un decennio per una 600 supersporti-va – ha integrato la classica prova in pista con una bella presa di contatto su strada. Una prova ancora più significativa perché svolta su un per-corso con discreto dislivello e asfalto spesso im-perfetto: forse il teatro peggiore per una 600SS degli ultimi anni.E invece, la 636 ne è uscita davvero bene. Fat-ta la tara alla posizione di guida (non estrema

come quella delle rivali grazie a una sella rela-tivamente bassa, ma comunque sportiva) che sulle prime richiede un po’ più di concentrazio-ne, e al classico on-off da freddo degli Euro-4, la ZX-6R è agile, leggera e amichevole nella guida.

Ci si va a spasso in relativa serenità, con una triangolazione pedane/sella/manubri ben fatta e accogliente per tutte le taglie. Insomma, ci sa-ranno sicuramente mezzi più accoglienti e meno impegnativi su strada, ma se non si pretendono comportamenti del tutto fuori contesto per una 600 supersportiva, la Ninja è una buona compa-gna anche lontano dai cordoli e anche per l’uso disimpegnato: la dolcezza dei comandi, uniti all’erogazione del motore (e al dente in meno di pignone) fanno dimenticare le immagini di

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24 25MOTO. I T MAGAZ INE N. 382 MOTO. I T MAGAZ INE N. 382

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pigrizia e nervosità dei quadricilindrici SS ai bassi e medi regimi. E poi le sospensioni lavo-rano bene senza essere fiacche, con il giusto mix di controllo e comfort. Non vi aspettate la spinta dirompente di una maxi, ma para-dossalmente è quasi meglio così, perché ci si diverte con più serenità – non si deve temere di perdere la patente se si tira la seconda in autostrada, e anche fare grosse stupidaggi-ni diventa più difficile. E soprattutto, non si ha mai quella frustrante sensazione di avere sotto il sedere un’enorme riserva di poten-ziale inespresso come avviene con le maxi; al contrario, anche su strada ci si può togliere lo sfizio di guidare sportivi senza essere sul filo del rasoio e rischiare conseguenze… fisiche e amministrative.

In pistaLa Ninja però è stata pensata prima di tutto per l’uso sportivo, ed è naturale che in pista risulti ancora più a suo agio. La ciclistica qui offre il meglio, risultando già a suo agio con l’assetto di serie e gomme pensate per uso misto stra-da-pista. E’ bastato scendere un po’ di pressio-ne per ottenere un grip sincero e costante, e un comportamento molto equilibrato e prevedibile anche dopo una mezza giornata su una pista tormentata come l’Autodromo di Modena.Belle le sospensioni, che sostengono bene pur copiando altrettanto bene le piccole asperità: per l’uso più spinto ci sarà da precaricare le mol-le e chiudere l’idraulica, ma sinceramente non pensiamo che il giudizio possa cambiare. E l’a-vantreno è indiscutibilmente Kawasaki, visti ap-

poggio e comunicativa che è in grado di offrire. Buono anche l’impianto frenante, che allunga un po’ la corsa nell’uso in circuito (ma bastano raccordi in treccia per risolvere il problema) e soprattutto bene anche l’ABS, che solo nelle staccate più violente si rivela un po’ prudenzia-le. Tutto è naturalmente da rivedere nel caso di gomme in mescola, ma le caratteristiche di base parlano di una moto sana nei fondamen-tali e molto, molto divertente. Il motore è dav-vero brillante: il dente in meno di pignone e la cilindrata “rubata” si rivela un’ottima soluzione anche in pista, dove la guida non ha rivali nella categoria delle 600 in termini di accessibilità. In un circuito tortuoso e tormentato come quello di Modena la concorrenza in almeno due pun-ti si troverebbe con la classica “mezza marcia

in meno” mentre la 636 esce vivace e brillante dalle curve anche se non siete perfetti nella tra-iettoria. Bene anche il controllo di trazione, che nonostante l’assenza della piattaforma inerzia-le si rivela progressivo e mai troppo intrusivo. Si sente invece un po’ la mancanza del blipper in scalata, non tanto per pigrizia quanto perché, nelle staccate più decise, aiuterebbe la coerenza nell’assetto anche perché, quando si frena forte, l’abitabilità tanto lodata su strada rende un po’ più difficile ancorarsi con le gambe al serbato-io. Dovremo attendere una prossima 636 con ride-by-wire. Perché la farete, vero Kawasaki?

Per chi è?Facile e allo stesso tempo difficile identificare l’acquirente tipo della Ninja “di mezzo”. La 636

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PROVA PROVA

piacerà, naturalmente, a chi l’ha apprezzata an-che in passato per doti di versatilità certamen-te maggiori alle 600 “vere” che le permettono di essere goduta anche su strada, ma anche a chi desidera una vera media pronto pista e non disdegna un motore un po’ più robusto ai medi regimi per non perdere una pagina di calendario alla minima sbavatura in percorrenza.La 636 ci è piaciuta molto sia fra i cordoli che su strada, e non possiamo che raccomandarvela in entrambi i casi. Certo, vibra un pochettino e – al di là della comunicazione della Casa madre – non è da considerarsi una sport-touring ma è una sportiva vera e propria. Detto questo, è

l’unica a saper unire l’affilatezza di una 600 alla versatilità di una moto di cubatura superiore, un po’ come riuscì ad inizio anni 80 alla GPz 900R, che unì 750 e 1000 in una sintesi di prestazioni ed elasticità. Vi pare poco?

PregiMotore | Guida | Accessibilità

DifettiAssenza flipper in scalata.

ABBIGLIAMENTO

TUTA DAINESE D-AIR RACING MISANOT

GUANTI DAINESE FULL METAL D1

STIVALI DAINESE R AXIAL PRO IN

MOTO: KAWASAKI ZX-6R 636 2019

METEO: SOLE, 17°

LOCATION: AUTODROMO DI MODENA

TERRENO: MISTO EXTRAURBANO

FOTO: PISTA, MISTO DI MONTAGNA

PIÙ INFORMAZIONI

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NEWS NEWS

di Edoardo Licciardello

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HONDA: UN BREVETTO PER LA POSIZIONE DI GUIDA VARIABILEAllo studio un sistema per rialzare o abbassare la posizione di guida.Debutto su una futura sport-touring?

Difficile immaginare una Casa più attenta di Honda alla sfruttabilità delle sue moto sporti-ve. Il costruttore dell’ala dorata è rimasto ormai l’ultimo a proporre la sua supersportiva - la CBR 1000RR Fireblade - senza curarsi troppo dei re-cord di potenza massima, anzi, pensando prima a quel Total Control che l’ha resa famosa. Proba-bilmente - al di là delle immagini utilizzate per depositare il brevetto, che illustrano appunto una Fireblade, il sistema recentemente brevet-tato da Honda non verrà comunque utilizzato per una supersportiva, ma piuttosto su modelli più pertinenti, comunque dinamici, ma su cui l’aspetto comfort abbia un po’ più di rilevanza. Viene giusto da pensare come le versioni attua-li di VFR800 e VFR1200 siano ragionevolmente da considerarsi vicine al termine del loro ciclo di vita, e alle voci sempre più insistenti che vo-gliono Honda al lavoro su un nuovo V4...Il siste-ma illustrato permetterebbe quindi di variare la posizione dei semimanubri utilizzando un sistema elettromeccanico - sgancio di un fermo, scivolamento dei tubi su un’altra posizione in cui il sistema dovrebbe ribloccarsi automatica-

mente - semplice, razionale e che non dovrebbe comportare rilevanti aggravi in termini di mas-se e pesi, al di là dell’attuatore e del sistema di controllo. Il sistema dovrebbe altresì essere in grado di attivare un meccanismo a forbice che ruoterebbe in avanti il cupolino (siamo curiosi di vedere la soluzione con cui verrà mantenu-to l’orientamento del gruppo ottico anteriore) sfruttando un solo attuatore e comando: al tocco di un pulsante, quindi, si alzerebbero o si abbas-serebbero manubrio e cupolino. Manca solo una soluzione analoga per le pedane, e saremmo di fronte a quella che potrebbe rivelarsi la prima, vera, moto totale. Lo vedremo a breve? Difficile da dire. E’ vero che il sistema è in effetti piutto-sto semplice e non richiede radicali interferenze progettuali con l’iter di sviluppo di un nuovo mo-dello: ma è altresì vero che le Case giapponesi si-ano estremamente caute nella sperimentazione di sistemi del genere, e difficilmente arrivino alla produzione di serie prima di aver eliminato oltre ogni ragionevole dubbio qualsiasi... fonte d’im-barazzo. Restate sintonizzati.

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NEWS NEWS

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BENELLI 502C ARRIVANELLE CONCESSIONARIE

Prezzo interessante per il debutto della Casa pesarese nel settore cruiser.Due colorazioni

Debutto sulla rete vendita per la Benelli 502c, primo modello per Benelli QJ nel segmento cruiser, palesemente ispirato ad un'altra... celebre naked/cruiser di grande successo. Dopo la TRK 251, e in attesa della 752S che tanto interesse ha sollevato ad EICMA, arriva quindi la 502c, che nasce sulla piattaforma motoristica già vista su Leoncino e sull'ap-prezzatissima TRK.

Il suo bicilindrico a quattro tempi bialbero a 4 valvole per cilindro è capace di 47cv a 8.500 giri e 46Nm a 6.000 giri. La frizione è multi-disco in bagno d’olio, il cambio a 6 velocità, l'iniezione elettronica con doppio corpo far-fallato di 37 mm di diametro.

Il telaio è il classico telaio a traliccio in ac-ciaio con piastre nello stesso materiale. Il comparto sospensioni si affida a una forcella upside-down con steli da 41mm, con un’e-scursione di 135mm e al posteriore ad un for-cellone oscillante con monoammortizzatore centrale regolabile nel precarico molla. L'im-

pianto frenante conta su un doppio disco da 280mm all'anteriore e uno da 240mm al po-steriore, con pinze rispettivamente a quattro e due pistoncini.

I cerch in alluminio da 17” calzano pneuma-tici di 120/70-R17 e 160/60-R17. Il serbatoio ha capienza di 21,5 litri. Notevole il ponte di comando, con display TFT a due modalità e cambio automatico di visione giorno/notte.

502C è disponibile nelle colorazioni nero e rosso a 5.990€ f.c.

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ATTUALITÀ ATTUALITÀ

di Nico Cereghini

Il Ministero dei trasporti ha annunciato che il nuovo decreto rappresenta una svolta decisiva per salvarci dai guardrail, ma gli esperti si dividono. Proviamo a capirne di più ascoltando tutte le voci

“SALVA MOTOCICLISTI”O CI CONDANNA?

MMa davvero il decreto “salva motociclisti” co-stituisce un progresso per la nostra incolumi-tà? Qualcuno lancia l’allarme: sembra che le nuove norme siano così complesse da rendere di fatto difficile, nonché assai costosa, l’effetti-va installazione dei dispositivi che ci stanno a cuore per proteggerci dai micidiali guardrail.Andiamo con ordine: il 13 maggio abbiamo ri-portato sul sito (qui l’articolo di Alfonso Rago), l’annuncio del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, che confermava di aver registrato il famoso decreto alla Corte dei Conti e dichia-rava che presto si sarebbe passati all’entrata in vigore. Era stato lo stesso ministro Toninelli, dopo l’incontro con la mamma di Elena Aubry (qui la nostra intervista a Graziella Viviano), ad attivarsi per accelerare l’iter del decreto. “In particolare- recita il comunicato della set-timana scorsa- il decreto prevede l’obbligo di installare barriere salva-motociclisti su tutte le curve circolari caratterizzate da un raggio mi-

nore di 250 metri nei casi di interventi di nuova costruzione, di adeguamento di tratti stradali esistenti che comportano varianti di tracciato e/o rinnovo delle barriere di sicurezza stradali su tratti significativi, oppure su strade esistenti non soggette ad interventi ma dove siano avve-nuti nel triennio almeno cinque incidenti con morti e/o feriti, che abbiano visto il coinvolgi-mento di motoveicoli e/o ciclomotori. Questo decreto, approntato dal Ministro Danilo Toni-nelli e dal sottosegretario Michele Dell’Orco, pone l’Italia tra i pochissimi Paesi europei ad adottare specifiche barriere protettive per l’in-columità di scooteristi e motociclisti”.

L’avvocato lancia l’allarmeGiovanna Guiso di Motospia.it ha intervistato il 16 maggio l’avvocato Barbara Vancini, specia-lizzata in responsabilità civile e delle Pubbliche Amministrazioni, nonché consigliere della Ca-mera Civile di Bologna e membro dell’Osserva-

torio sulla Giustizia Civile di Bologna. Che affer-ma: "Purtroppo non siamo affatto a una svolta: se è già difficile installare i DSM (dispositivi salva motociclisti) sui guardrail esistenti, dopo l’entrata in vigore del decreto Salva Motocicli-sti sarà impossibile. Finora il vuoto normativo creato dalla mancata attuazione, in Italia, del-la Circolare di recepimento della normativa europea EN 1317-5, ha permesso ad alcune amministrazioni virtuose di installare i DSM sul proprio territorio tramite la sperimentazione e il rifacimento delle strade.

I DSM costituiscono una “Modifica Moderata” di installazione, che ai sensi della normativa europea UNI EN 1317-5 appendice A.3 e A.4,

possono essere installate se il fabbricante for-nisce un rapporto da parte di un progettista qualificato con la prova dei metodi utilizzati, comprese le specifiche del prodotto, e i calco-li e/o risultati di prova confrontati con i valori originali. La verità –prosegue l’avvocato- è che con il nuovo Decreto la situazione peggiorerà ulteriormente: i DSM non si potranno installare o sperimentare su tutto ciò che è preesistente al 2011 e al 1992, ovvero il 90% dei guardrail esistenti sul territorio, privi di marcatura CE. Il nuovo decreto agli art. 5 e 6 dispone l’obbligo di crash test su ogni singolo modello di guar-drail, circostanza che non potrà essere attuata da nessuna azienda produttrice di DSM poiché troppo onerosa o comunque di impossibile

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ATTUALITÀ ATTUALITÀ

esecuzione a causa della mancanza di dispo-nibilità di guardrail su cui eseguire i crash test, dovuta al fallimento o alla chiusura di numero-se aziende produttrici di guardrail".

Barriere e omologazioni"Anas –conclude Vincini- ha recentemente presentato le nuove barriere in cui sono già integrati i DSM, da installare sulle autostrade e strade di nuova costruzione e sui rettilinei. Ma da un attento esame dell’attuale decreto, non sarà possibile installare quei DSM sui guard rail già esistenti nei punti più pericolosi: le curve! Questo decreto si può chiamare in tanti modi ma non certo decreto Salva Motociclisti".

Anche MotorLab Idee in movimento, l’asso-ciazione di Mario Volta che da tempo si pro-diga per diffondere il DR46 (la banda gialla in materiale plastico) sui punti più pericolosi delle strade italiane, è allarmata. Analizzato il decreto, ha chiesto via pec al sottosegreta-rio Michele Dell’Orco una serie di modifiche e poi, dopo una tardiva risposta, mantiene tutte le sue riserve. "Prima del decreto - ci ha detto Volta- era possibile installare DSM sui guardrail esistenti, attraverso la sperimentazione e in virtù della normativa europea EN 1317-5 detta modifica moderata di installazione.

Dopo il decreto lo si potrà fare solo attraverso costosi crash test per ogni singolo modello di barriera. Questa la realtà dei fatti. Dell’Orco ci ha annunciato l’intenzione di creare un gruppo

di lavoro e nel caso aggiustare il tiro: disponibi-lissimi, ma non lo abbiamo più sentito".

La mamma di Elena AubryGraziella Viviano, che dopo la perdita della fi-glia un anno fa ha avuto un ruolo determinan-te nel sollecitare il ministro Toninelli affinchè varasse il decreto in tempi brevi è di parere diverso. “Per me –ci ha detto Graziella- ha dei limiti ma è un buon decreto. L’ho mostrato anche agli esperti del DIS, il noto centro della sicurezza stradale: sono emerse delle criticità che abbiamo segnalato al ministero e che poi abbiamo capito e dovuto accettare. Anche a me piacerebbe l’idea di completare i guardrail esi-stenti con il DR46 o elementi analoghi, ma una legge di tipo nazionale non può indicare una modifica del genere senza omologarla: se poi il vecchio guardrail non reggesse?” Anche Vivia-no condivide le preoccupazioni circa i tempi e le risorse economiche, ma prova ad ipotizzare una soluzione. “Se per chiudere le buche sulle strade i soldi non ci sono, io metto lo spry e se-gnalo la buca. L’ho fatto a Roma e tanti hanno seguito il mio esempio e salvato qualche vita. Allo stesso modo però, e qui sono d’accordo con chi critica il decreto, bisognerebbe fare in modo che la sperimentazione possa continuare come deroga. Ho chiesto questo al ministro: un procedimento eccezionale di emergenza che consenta alle amministrazioni locali di proce-dere nei punti più pericolosi con appendici alle barriere, non attraverso prove di omologazione ma con simulazioni calcolate. Ripeto, una dero-

ga come procedura eccezionale”.Infine parliamo di quella norma introdotta nel decreto che lega la necessità di un intervento al numero delle vittime nel triennio. Questo tipo di contabilità è penosa per tutti. “Ai tecnici del ministero –conclude Graziella- ho chiesto di arrivare prima dei morti, di istituire commis-sioni capaci di arrivare subito al punto, in au-tonomia. Ma purtroppo non c’è nulla da fare: mi hanno spiegato che quando ci sono investi-menti pubblici non possono esistere margini di discussione. In un Paese civile basterebbe una commissione, in Italia verrebbero a generarsi situazioni ambigue”.

Aspettiamo il sottosegretarioInsomma, la situazione resta comunque pre-occupante. E anche per noi è difficile capire se davvero il Ministero ha sbagliato qualcosa, oppure se i limiti e le leggi e le normative eu-ropee impediscono di fare un decreto diverso e migliore di questo. Per fare chiarezza sulle mo-difiche che in tanti chiedono abbiamo solleci-tato un incontro urgente con il sottosegretario Michele Dell’Orco. Vi terremo aggiornati.

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ATTUALITÀ ATTUALITÀ

di Antonio Privitera

Polizia in azione a Catania. Abbiamo intervistato il Questore di Catania e trascorso un intero giorno sulla strada insieme con le Volanti motomontatedella Polizia di Stato!

POLIZIA IN AZIONEA CATANIA

FFinito questo servizio sono passato molte altre volte sotto il portone della Questura, indeciso se entrare e farmi annunciare per tentare di ridiscutere – pietosamente, l'am-metto - con l'ufficio stampa del Questore di Catania una eventuale estensione della loro disponibilità; riguardando il video di quelle sei ore passate sulla strada insieme alle Vo-lanti in motocicletta della Polizia di Stato mi sono fermato spesso su singoli fotogrammi con l'impulso di contattare il dirigente del-la Squadra Volante, il gentilissimo Dott. De Girolamo, e chiedergli di spiegarmi ancora qualcosa in più del loro lavoro di poliziotti in motocicletta in una città peculiare come Cata-nia: una città turistica, un porto, una vecchia signora in abiti barocchi, un nobile centro sto-rico contraddetto da periferie ingiustamente decadute (ma quali periferie non lo sono?), sede di Università, una volta chiamata la Mi-lano del Sud e oggi questo appellativo suona

beffardo per entrambe le città. Catania caoti-ca, provinciale, buttanissima che si concede a tutti senza mai affezionarsi a nessuno: gli agenti di Polizia che lavorano sulle sue strade mi hanno sempre stimolato tanti interrogati-vi. Loro: i poliziotti. In moto in divisa tecnica, con protezioni e paraschiena, per le viuzze del centro o sul lungomare, una sosta per un caffè al porto prima che arrivino i croceristi da proteggere prima che qualcuno faccia loro un brutto scherzo, la velocità bassissima da tene-re per farsi notare e fungere da deterrente, le richieste assurde di qualche cittadino – forse soltanto la banale voglia di sentirsi in empatia con questi ragazzi di quarant'anni e più – e le improvvise chiamate dalla sala operativa per un'emergenza con i lampeggianti accesi e la sirena da spegnere in prossimità del luogo del reato per sorprendere l'eventuale criminale; non resta molto tempo per null'altro, sei ore passano in fretta, le mie domande restano in

gola sostituite da altre che non avrei immagi-nato prima e dal rispetto che devo a France-sco, Simone, Giuseppe, Carmelo e tutti gli altri poliziotti - che ringrazio per l'ennesima volta per la loro esemplare pazienza e disponibilità - con i quali per un giorno ho condiviso le stra-de della mia città preferita vedendole da una prospettiva diversa, una prospettiva irripeti-bile e che mi terrò ben stretto come uno dei momenti più emozionanti passati su due ruo-te. Inizialmente devo confessare di non essere stato granché convinto di avere fatto un buon lavoro; in un solo giorno di strada assieme alle Volanti ho imparato tante di quelle cose sulla Polizia di Stato e sui motociclisti che mo-strarne anche solo metà avrebbe voluto dire montare un lungometraggio di un paio d'ore, e anche no: non si può dire tutto, ci sono mo-

menti – violenti, intimi, ordinari - in cui le vi-deocamere restano spente, attimi in cui pensi che sei lì per grazia ricevuta mentre per loro è quotidianità e che per fare il poliziotto così, esposto molto più che in auto, ci vuole pas-sione; eppure Francesco che sulle spalle ha le mostrine di Sovrintendente è lì da anni con i capelli bianchi, i colleghi lo prendono pure – bonariamente – un po' in giro perché rimane saldamente in sella quando potrebbe forse chiedere di fare un servizio meno usurante.

Ma lui no. Al termine del lavoro parcheggia la BMW GS700 in dotazione, inforca la sua Hon-da Africa Twin e continua. Di fermarsi non è ancora il momento, anche perché la sua auto-revolezza è da riferimento.

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ATTUALITÀ ATTUALITÀ

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Sulla strada ci si ferma abbastanza spesso: si scende dalle moto, si controlla qualcuno, si chiama la centrale, si scambiano opinioni: ci si prende ogni tanto un break e si parla di moto, di quanto vanno forte, di come sono belle; sembra anche che il mio parere abbia una qualche timida rilevanza, ma poi arriva come la campanella del ring la chiamata della centrale e non è sempre un'emergenza: ma-gari è la nave dei turisti appena arrivata che ha bisogno di assistenza, magari una signora vuole denunciare un piccolo abuso o sempli-cemente c'è un altro controllo da fare, e si parte.

In un giorno avremo fatto almeno 40 chilome-tri, tutti urbani, tutti indispensabili. Mi sono accorto che Simone e Giuseppe – coppia fissa sulla Vega 6, che sarebbe il nome della loro pattuglia - conoscono metro per metro quasi tutte le strade di Catania, le persone agli an-goli, chiamano per nome i sassi delle strade, sanno tutto quello che succede, le storie di malaffare e quelle belle, quelle che ti annoti nel taccuino in attesa di poterle raccontare: “però, questa non la scrivere”. Okay, non la scrivo.

Scriverò invece che siete dei ragazzi molto at-tenti, dalla grande misura, che la vostra pas-sione per la moto non mi ha sorpreso ma lo ha fatto la dedizione al vostro lavoro e la gigante-sca sensibilità nel restare a contatto con tutti appena scesi dalla sella. So che non volevate

che lo scrivessi ma, almeno su questo, non dovrei rischiare l'arresto.

Chiedo scusa ai lettori se magari le prossime righe possono sembrare superflue ma, crede-temi, non lo sono affatto e fare dei ringrazia-menti in questo caso è non solo doveroso ma un vero piacere perché gestire servizi come questo non sarebbe semplice senza l'entusia-smo e la disponibilità appassionata di tante persone come quelle che vedete qui sotto cui, ancora una volta va il grazie di Moto.it.

Grazie quindi a:Questore di Catania Dott. Alberto Francini, Dott.ssa Recca, Dott. De Girolamo e le Volanti della Polizia di Stato.

Davide Maio e Silvio Lo Verde cui bisogne-rebbe erigere una statua equestre dentro la Questura di Catania per il loro indispensabile aiuto a indirizzare i nostri sforzi organizzativi.

Triumph Sicilia per averci concesso le Tiger 800 XCa e XRx che ci hanno accompagnato in questo servizio mostrando una spiccatissima propensione all'uso urbano con consumi con-tenuti, comfort e facilità di guida. Oltre che essere riuscite a tenere il passo delle Volanti a sirene spiegate e gas spalancato. Ma non ave-vamo dubbi.

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INTERVISTA INTERVISTA

di Moreno Pisto

Quando non cucina, corre. Con le auto. Con la moto. In un modo o nell’altro, è uno che va veloce. Alessandro Borghese parla delle sue passioni: la Porsche, il primo Ciao, il Caballero, l’Harley, la moglie, il sesso, le figlie. E Valentino, che sogna di incontrare nella cucina del Ranch. L’intervista allo chef di 4 Ristoranti. Foto di Gabriele Micalizzi

ALESSANDRO BORGHESE:FAST AND FOOD

LLocascion: il suo ristorante "AB - Il lusso della sem-plicità" in zona City Life, il quartiere da cui devi passare se hai intenzione di visitare Milano adesso. Opere d’arte e cucina. Vi sveliamo un trucco: se dal-la strada vedete la sua foto in vetrina vuol dire che lui c’è, è dentro che lavora e intrattiene i clienti. Se la foto invece non c’è, lui non è presente. Bene, oggi la foto da fuori si vede. Lui c’è. Alessandro Borghese arriva in sala con gli occhi pallati. Ci studia, ci ana-lizza. La prima cosa che noti è che telecamere o no lui è sempre lo stesso: gesticola, riempie lo spazio, parla con quell’accento lì, romano sì ma tutto suo, con la c che diventa sc, con esclamazioni continue e alti improvvisi. Mentre ci stringe la mano fa lui la prima domanda: «Di che parlate?». Parliamo di te e di come sfoghi il tuo stress con le corse. «Sì, in macchina! Dobbiamo inaugurare la nuova tuta che mi ha regalato Adidas, di Vitantonio Liuzzi, una tuta ignifuga da Formula Uno, bellissima, col lo-gone della AB Normal, scarpette, guantini, nome,

bandiera italiana. Sarebbe figo, vorrei fare tipo la Sei Ore, con più piloti, a squadre». ABNormal è la società che coordina tutte le attività in cui è impe-gnato: ristorazione, licensing, food consulting. AB sono le sue iniziali. Abnormal è un gioco di parole che lo descrive tra abnorme, come la sua stazza imponente, e anormale, come la sua vita e tutto quello che fa. AB infatti quando non cucina, guida. Quando non guida, corre. Con le auto. Con la moto. In un modo o nell’altro, è uno che va veloce. E che si diverte, tanto, sempre. Ora, in Tv, è in onda con Cuochi d’Italia (TV8), registra le nuove puntate di Alessandro Borghese 4 Ristoranti che vedrete su Sky Uno, entrambi i programmi prodotti da DRY-MEDIA. Stesso canale per Alessandro Borghese Kitchen Sound, la sua videoenciclopedia di ricette in 5 minuti, dal 15 aprile. E poi c’è il suo ultimo li-bro Cacio & Pepe – La mia vita in 50 ricette in cui fa l’outing definitivo anche sul suo amore per tutto quello che ha un motore. Prima di cominciare l’in-

tervista ci porta in cucina. Presenta la sua brigata come i frontman fanno con il resto della band: “Alla pasticceria e panificazione c’è Big Daniel appena tornato da Londra! Poi c’è il super responsabile della cucina perché senza Max qui non se cantano messe! Ai carciofi, Andrea; sulla mandolina, che grattugia come se strimpellasse, Rashid, alla brace e ai secondi; qui abbiamo il micio del Medioriente e c’è pure un sudamericano che ora non lo vedo, ndosta?, capopartita agli antipasti e poi c'è Carlo il mio sous chef”. Finita la session ci mettiamo a se-dere e ritorniamo alle corse.

Con che auto vai a girare in pista?«Porsche GT3». Allora perché non una bella Carre-ra Cup? «Ma va, quella è gente che fa sul serio, son piloti professionisti, ti fanno un culo come un sec-chio. Campionato difficile, gente che spinge, ragaz-

zetti di 20 anni, piloti veri. Come dire: cucini a livello professionale o ogni tanto la domenica. Io faccio il pilota per divertirmi, quando mi va di girare in pi-sta. Sono da track day,non gara, che lì mi spaccano. Però una volta si potrebbe pureprova’». Il tuo libro si legge in un attimo.«Sì è davvero un morso». Fa ridere in molti passaggi, come quando hai scritto: «Mia mamma non mangia, si nutre».«Sì, perché è una roba ben diversa. Ci sono quelli che hanno l’at-titudine del nutrirsi. Che per carità, non c’è niente di male. Ma appunto, si nutrono, non mangiano. Non mangiano per gola, gusto, ricerca del piacere, per edonismo. Roba assai lontana dalla mia visio-ne della cucina e del mondo gastronomico». C’è un dettaglio a pagina 12 che colpisce, quel velo di tristezzache non becchi tanto facilmente ma che Angela Frenda (coautrice e food editor del Corriere della Sera) ha notato. Racconta tantissimo il dietro

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42 43MOTO. I T MAGAZ INE N. 382 MOTO. I T MAGAZ INE N. 382

INTERVISTA INTERVISTA

le quinte. «Sai, vivendo con un personaggio pubbli-co (la madre è l’attrice Barbara Bouchet) fai fatica a tirar fuori il tuo carattere, il tuo modo di essere, il tuo modo di vedere la vita, quello che vuoi fare perché la società spesso ti etichetta in una deter-minata maniera. Una dimensione che non si nota facilmente dall’esterno, perché spesso può sem-brare un vantaggio essere figlio d’arte, quando invece spesso e volentieri fai il doppio della fatica. Dalla prospettiva opposta, chi questa condizione la vive da dentro, può essere uno svantaggio proprio perché tutto quello che fai lo devi fare meglio degli altri. Cioè, se gli altri lo fanno bene tu lo devi fare benissimo. E questo alla lunga è faticoso. Scusa, ma non dovevamo parla’ di motori?».

Se chiudi gli occhi e ti immagini ancora un bambino, su quale macchina ti vedi?«Lancia Delta HF Integrale Evoluzione. Papà (Luigi

Borghese) ne ha avute due, tutte e due rosse con interni in pelle neri. Oppure, Lancia Thema Ferrari, 8 cilindri, 32 valvole. Era un grande appassionato, ha avuto anche una Lamborghini Espada e una Ferrari GTO, tanto per ricordarne altre due». Anda-va anche in moto? «Papà era un pilota, ha corso in moto per tanto tempo, di sicuro dal 1965 al 75. Gare di lunga durata come la Milano-Taranto con Ducati, Harley, Yamaha, Suzuki. Poi anche un Campionato Italiano in 125 e 175cc». Roba seria. «Caspita, si è fatto male più di una volta. Una volta mi raccontò di quando Michelin gli propose, insieme ad altri piloti, di testare le prime gomme slick al posto di quelle intagliate. Si rifiutò dicendo: “Sono lisce queste, an-dremo per terra!”. Quella paura legittima alla fine la superò. Ma durante una gara, in staccata alla fine di un rettilineo che portava in una grande piazza, con le slick appena montate, entrò paro paro dentro una vetrata. Avevano lavato l’asfalto la sera prima».

La prima moto che ti ricordi? «Allora, partiamo dai motorini: Ciao, sella del Gril-lo, cerchi del Si e carburatore 19 Dell’Orto esterno con un 102cc sotto». Praticamente era una special. «Sì, e con lo sterzo piegato, perché avevo il vizio di andare su una ruota. Era una figata, ma pregavo la notte per avere l’Honda GP, il primo scooter con il freno a disco anteriore. Dopo il Ciao ho guidato anche un Califfone 3 marce e il Fantic Caballero». Nel libro scrivi anche dei viaggi in autostrada con tuo padre.«Ero il suo copilota. Papà aveva il piede pesante, si ingarellava con tutto ciò che si muoveva oltre una certa velocità. E io, che ero e sono malato di macchine, facevo da scout. Riconoscevo dagli specchietti che roba stava arrivando: modello, ci-lindrata, cavalli, così potevamo capire se era il caso di ingaggiare una corsa. Ma queste cose delle gare per strada non se dicono…».

La velocità ti è rimasta tanto dentro eh.«Mammamia che ricordi la Delta Integrale con la centralina portata a più cavalli, era una scatola che camminava, nel senso che faceva 200 km/h, 210 ma con che ripresa! Da 0 a 100 era un’astronave e sul misto stretto non c’era storia. Erano i tempi della Ford Escort Cosworth, della Toyota Celica, del Porsche 3.3 e del 3.6, della BMW M3 con l’alettone». Seguivi anche le gare? «Quando c’erano auto o moto in Tv non si usciva di casa, guardavamo cor-rere tutto ciò che aveva un motore, dalle 125 fino alle 500. Il mio mito era Kevin Schwantz».

A che età hai imparato a guidare? «A nove anni, su una Y10 Turbo. Papà mi portava solo la domenica. Tirava fuori la Y, io infilavo la pri-

ma, staccavo la frizione e appenastuccavo la mar-cia lui la riportava subito in garage. Prossima corsa, la domenica successiva. C’era da imparare a stac-care la frizione e a cambiare le marce come diceva lui, se no spegneva la macchina. Stop». E le moto? «Le moto fanno parte del Dna di famiglia. Guarda questa foto, è nonno con una Royal Enfield. È mor-to in pista, correndo la gara di Posillipo, era uno di quei piloti col casco di pelle, occhialetti, sigaretta spenta e via andiamo. Ma io le moto le ho lasciate perdere, da quando ho le figlie piccole ho mollato il colpo e sono diventato harleysta. Che però piega di brutto».

Il tuo mito nelle auto? «Uno che ho sempre ammirato è Senna, Alboreto per quel poco che ha corso con la Ferrari, Damon Hill, Mansell. Me ne piacevano parecchi».Tuo padre ti diceva: «Divertiti in quello che fai per-ché lo farai tutti i giorni».«C’è chi compra le macchi-ne perché deve associare la sua immagine a un’e-stetica, chi perché guarda solo alla meccanica.A me piace guidare, che è diverso. Conosco un sac-co di gente che possiede inutilmente certi macchi-noni, ma a me viene da ridere».

Che ne pensi delle auto di oggi, con gli aiuti alla guida?«Oggi la tecnologia fa sì che certe auto le possano guidare tutti. Certi sistemi di assistenza ti permet-tono di portare macchine da 400 cavalli con un margine minimo di errore. Io sono più sentimenta-le, tant’è vero che sono un porschista, mi piacciono le macchine dove il fattore pilota fa ancora un po’ la differenza». Ma un’auto a guida autonoma te

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la compreresti? «No, perché mi levi quello che per me vuol dire guidare. Cioè, vero e proprio divertimento e interazione con il mezzo. A me già mi rode che ci stan-no troppe macchine con cambio automatico. Per dire». Auto elettrica? «Auto elettrica sì». Ne hai provata una? «Sì sì, una Tesla.Che è un aeroplano. Però un aeroplano senza cuore. Sapete qual è il fatto? Che è come un interruttore. Lo accendi, lo spegni. Lo accendi, lo spegni. Lo accendi, lo spegni. Un elettrodomestico. Però ne sono consapevo-le, il futuro sarà elettrico. Vorrei provare il Porsche 918 Spyder che è un ibrido, elettrico e motore a combustio-ne. Dicono che sia davvero una macchina fenomena-le… un milione e duecentomila euro di macchina. Se qualcuno ce l’ha in garage, io la provo volentieri.Giuro che gli faccio un treno di gomme di traverso e basta».

Ora però lo possiamo dire. Questa inter-vista nasce perché abbiamo un obiettivo: farti cucinare nella cucina della VR46 Aca-demy, per tutti i piloti. «Quella per Vale è una passione condivisa con papà da quando lui era ancora un ragazzino. Lo abbiamo visto crescere, fa parte dei ricordi delle gare che guardava-mo in Tv. Cucinare al ranch sarebbe una figata: lui mi insegna a fare due traversi e io una gricia o una cacio e pepe». Guarda che il ranch è difficile davvero. «Ah sì? To-sta? Allora andiamo solo a cucinare, se no facciamo una figuraccia». La gara delle gare di Valentino? «Ce ne ho parecchie, una a Laguna Seca con Stoner. Pazzesco. Le bagarre con Biaggi, Lorenzo, una volta saltai sul divano slogandomi una caviglia. Aaaaaahhhhh, urlavo proprio, urla da pazzo scatenato. Ma non per il dolore, mi stavo esaltando per la gara».

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Nonostante la rivalità, Marquez ti fa emozionare? «No, non ci sono al momento piloti che miiiii... Sai, quelle sono cose che arrivano una volta ogni tanto. Marquez è un po’ come quando vinceva i mondiali Doohan, dopo un po’ mi son rotto i coglioni. Bravo, per carità, però chi tifavo io era Schwantz. Ne ha vinto uno di Mondiale, è caduto 700 volte, però era il funambolo della 500. Era quello che faceva le cur-ve di traverso, uno stile che poi hanno ripreso tutti. Io c’avevo il casco col 34, il mio sogno era la RGV Gamma 250, neanche 500, a carburatori, che anda-va di pari passo con la Yamaha RD 350 detta la bara. Ho guidato tutte e due». E gli outsider, tipo McCoy? «Mi piacciono i piloti che arrivano dal TT, quelli a cui manca una rotella in testa, quelli sporchi. Gente che parte dal paesino con il camper, con il papà che fa il meccanico. Si montano i motori, si montano le gomme e poi passano a fianco dei muretti a secco a 320 all’ora».

F1?«Adesso ci sono alcuni che manco conosco, son tutti piloti con la valigia. A me piaceva quello che ora è un mio grande amico e mi dà delle gran belle lezioni di guida. Vitantonio Liuzzi». Però i personag-gi ci sono ancora: Räikkönen, Hamilton,Vettel… «Se dovessi dire un pilota, direi Kimi: è capace di stare in un bar fino alle 11 di mattina e poi andare a fare il secondo tempo a Spa Francorchamps. È pazzo come un cavallo e c’ha il manico. Non molto costante, ma molto valido».

Quanto la competitività fa parte della tua vita?

«Sono competitivissimo, in tutto. Con chi tira il sasso e fa più salti sull’acqua, con chi beve, con chi corre. Per me qualsiasi cosa è motivo di com-petizione». Dai, tiriamo un po’ di frecciate ad altri chef. «Sono amico con tutti». Nel tuo libro dici che in Italia hanno lavorato tutti per Marchesi, che son tutti secondi di Marchesi. «Tutti allievi di marchesi. Per carità, grande maestro, non ho nulla da dire. Ma il fatto è che sono in tanti che si presentano come suoi allievi, perché fa figo dirlo anche se non è vero». Quando diventerai giudice di Masterchef? In un’intervista dici: «Ho fatto tre edizioni di Junior. Mi avevano proposto ancheMasterchef, ma io non c’ho proprio tempo. Già sono in Tv con 4 Ristoranti e Cuochi d’Italia, poi il catering, il banqueting, la ri-storazione, le consulenze e il licensing… insomma, c’ho da fa’».

Nel libro ci sono tante chicche, ma quel-la di quando portavi in giro per Cinecit-tà Cameron Diaz le batte tutte.«Eh vabbè, erano i tempi della produzione di Gangs of New York. Mia mamma stava con Leonardo Di Caprio nello stanzino trucco, io che sono madrelin-gua inglese scarrozzavo la Diaz su un golf cart. Che storia!». Quanto la Tv ha cambiato la percezione del mestiere di chef? «Chi è entrato nel mondo del-la cucina mediatica, se la vogliamo chiamare cosi, ci è arrivato perché per 10, 15 anni ha fatto la gavet-ta vera. È gente che si sporcava le mani dalla matti-na alla sera, lavorando 18 ore al giorno. I ragazzetti di oggi vorrebbero saltare quella parte là, ma non è una roba fattibile. E infatti durano pochissimo. Quelli che vengono da me con l’obiettivo della Tv li torchiamo dalla mattina alla notte a pelar pata-

te, seppie, polli…Tanti non reggono e mollano». A Deejay chiama Italia hai raccontato com’era la tua giornata in crociera. Pesante. «Il lavoro è faticoso, non ti viene regalato niente, quando arrivi a un certo livello vuol dire che dietro c’è qualcosa, che hai sudato veramente tanto. Se no non ci arrivi. O se ci arrivi, duri poco. Certo, ci sono quei big bang che pare esistano solo loro per periodo limitato. E poi ci sono i missili a lungo raggio, quelli che son sempre là. E come dice Vasco, io sono ancora qua». O passione o passione. «Questo è un mestiere che inizi sempre da zero, che ti mantiene molto bambi-no. La cucina è come giocare, solo che qui giochi ad alto livello, giochi in serie A. Il calciatore fa la stessa cosa. Si diverte come un pazzo scatenato, levagli il divertimento e gli toglila voglia di giocare. Poi di mezzo ci sono gli sponsor, i soldi, la Tv, gli ingaggi, roba di questo genere. Però, fondamentalmente, noi facciamo questo. Oggi per esempio sono en-trato in cucina perché voglio fare un dolce nuovo con il simbolo del ristorante. Con il mio pasticcere, che è appena tornato da Londra, ci siamo messi in testa di prendere una mia fotografia e fare uno stencil della mia faccia con la bocca aperta. Così quando la porto al tavolo gli spruzzo sopra uno spray al cioccolato, gli faccio lo stampo della mia faccia e nella mia bocca ci pianto un tortino. Capi-to? Facciamo questa roba qua». Ricorda un po’ il casco di Vale. «Esatto, quello con lui dietrooo! Vedi, finché ti diverti, vale. Quando non ti diverti più, smetti. Fai altro. Vedi coso lì, quello che mi piaceva. Rosberg. Nico Rosberg ha dato giù finché ha detto: “Devo vincere un Mondiale e poi ne devo vincere uno anche su Hamilton. Fatto quello, ha raggiunto il suo obiettivo. Non gli interessava vincerne sette,

di mondiali. Ha appeso il casco al chiodo e se ne è andato. Io rispetto uno così. Ogni tanto mi vedo le prove auto che fa su YouTube». E un programma auto e cucina? «Ho già il titolo. FastFood».

Facciamo la lista della spesa: che moto hai? «L’ultima moto l’ho comprato insieme a papà, la Triumph Bonneville, l’ultimo modello che hanno fatto a carburatori, scarico della Arrow, tubi aero-nautici, disco a farfalla, ammortizzatori prepara-ti. Un po’ cafè racer. Sta in garage ferma da tipo 5 anni povera stella, immacolata». E poi c’è l’Harley con cui pieghi. «Il mio Street Glide completamente preparato, c’ho un pyton due in uno, scarico latera-le con bocca d’uscita grande così, completamente vuoto, che tipo quando lo accendi partono allarmi di macchine dappertutto. La mia più grande godu-ria? Scalare marce accanto alle auto, aspettare che passi la gente e poi fare PPUUM, il colpo, quello sec-co che ritorna. Per questo l’elettrico no’ ‘o so’… mo’ hanno messo pure i chip per simulare il rumore del cambio marcia. È un po’ come fare l’amore con una bambola di plastica. È tutto artificiale». Le tue bim-be in moto? La grande sì, dietro, andiamo a prende-re il gelato quando fa più caldo. La piccola arriverà, ora è troppo presto. E la moglie invece? «Lei sem-pre. Ma non guida, si fa portare».Sei più bravo a fare l’amore o a cucinare? «Fare l’amore». A fare l’amore o a guidare? «Fare l’amore». L’ultima volta che hai fatto l’amore? «Ieri». Come vorresti morire? «Facen-do l’amore, sempre con mia moglie». E sulla lapide cosa ci scriviamo? Alessandro Borghese, virgola…«Virgola, faceva molto bene l’amore».

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TECNICA E STORIA TECNICA E STORIA

DDelle Aermacchi a cilindro orizzontale ci siamo già occupati qualche anno fa. Stavolta analizziamo in particolare il modello da corsa, la famosa Ala d’Oro, e parliamo anche dei prototipi poco noti, con distri-buzione bialbero, da essa derivati.

La storia di questa moto, direttamente estrapolata dai normali modelli stradali, mostra chiaramente come, grazie ai miglioramenti via via apportati nel corso degli anni, sia stato possibile raggiungere ri-sultati formidabili in termini prestazionali.Già poco tempo dopo la sua comparsa l’Ala d’Oro era probabilmente la 250 di maggiore interesse per i piloti privati e per gli juniores.Ben presto le vittorie hanno iniziato ad arrivare, non soltanto in Italia, e si sono susseguite per lungo tem-po. Nel curriculum agonistico spiccano ben nove campionati italiani della montagna (quattro dei quali per merito del comasco Angelo Tenconi), con-quistati tra il 1965 e il 1973, e quattro titoli Juniores. Numerosi sono stati anche i campionati conquistati all’estero. Vanno pure ricordate due vittorie alla 100 miglia di Daytona (1963 e 1964).

di Massimo Clarke

AERMACCHI ALA D’ORO:LA PIÙ VELOCE DEL MONDO

Ormai leggendaria, la

Aermacchi Ala d’Oro è stata

la monocilindrica ad aste e

bilancieri da corsa più veloce

del mondo. Parliamo di questa

moto e di altri prototipi poco

noti

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TECNICA E STORIA TECNICA E STORIA

C’era anche la versione 350, che è stata costruita in un numero nettamente minore di esemplari, tra il 1964 e il 1971, e che ha ottenuto un note-vole successo.La prima Ala d’Oro è stata la 175; ben presto però la casa ha perso interesse per questa classe di cilindrata, concentrando i suoi sforzi sulla 250 (e, in seguito, anche sulla 350).

Le Ala d’Oro sono state impiegate per diversi anni anche nei Gran Premi, con ottimi risultati. Spesso subito dopo moto specificamente nate per tale tipo di impiego (MV tre cilindri, Benelli quattro, Morini bialbero) c’erano loro. In varie occasioni l’Aermacchi ha schierato un paio di moto ufficiali, direttamente uscite dal suo re-parto corse, con piloti come Renzo Pasolini (fino

al 1966), Alberto Pagani e Gilberto Milani.L’Ala d’Oro 250 ha fatto la sua comparsa nel 1960, poco tempo dopo la 175. Inizialmente si trattava solo di una moto stradale preparata per le corse, ma in seguito l’evoluzione ha por-tato a soluzioni specificamente sviluppate per impiego agonistico come un nuovo telaio con piastre nella zona posteriore (1966), per non dire delle sospensioni e dei freni, che da un certo punto in poi non hanno più avuto nulla a che fare con quelli impiegati nella produzione di serie.

Nei modelli stradali, tra i quali spiccava la sportiva Ala Verde, il motore era a corsa lunga (66 mm x 72 mm) e aveva il cilindro in ghisa; sulla Ala d’Oro però si è ben presto passati

a un alesaggio di 72 mm e a una corsa di 61 mm, con un nuovo cilindro in lega di alluminio con canna riportata. Naturalmente le misure delle valvole sono via via aumentate. Hanno inoltre fatto la loro comparsa una biella spe-cificamente realizzata, che differiva da quelle dei motori di serie sia come disegno che come robustezza, e un pistone forgiato al posto di quello fuso in conchiglia impiegato nelle pri-me versioni (e nei modelli stradali).

A metà degli anni Sessanta è stata adottata una frizione a secco e, poco dopo, l’albero a gomito è stato modificato e dotato di volantini a mannaia (e non più discoidali); inoltre alla sua estremità sinistra è stato montato un vo-lano esterno. Verso la fine della evoluzione di questo modello hanno fatto la loro comparsa perni dei bilancieri eccentrici per la regolazio-ne del gioco delle valvole, al posto degli usuali registri a vite.Nel reparto corse sono state provate diverse lunghezze della biella e diverse altezze del cilindro. Rispetto a quelle impiegate nella produzione di serie, le aste della distribu-zione sono diventate più corte e di maggiore diametro (ma con minore spessore di parete). Nell’ultimo periodo di produzione pare sia sta-to realizzato anche un certo numero di motori con un alesaggio di 74 mm e una corsa di 58 mm. Le Ala d’Oro 250 sono arrivate ad erogare circa 33 cavalli a 10.000 giri/min.Nonostante lo straordinario sviluppo del qua-le questi motori erano stati oggetto, a un certo

punto è stato chiaro che la distribuzione ad aste e bilancieri costituiva un serio limite al raggiungimento di potenze sempre più eleva-te. Per questa ragione nel reparto corse della casa sono stati realizzati nel 1967 due motori con testa bialbero (forse a quattro valvole), che però, per decisione dei vertici aziendali, non sono usciti dallo stadio di prototipo.Gli alberi a camme venivano azionati da una cascata di ingranaggi posta sul lato sinistro. Nello stesso periodo Celestino Piva, del re-parto esperienze della Aermacchi, agendo per proprio conto al di fuori degli orari di lavoro ha costruito un altro motore bialbero. In questo caso a comandare gli alberi a camme provve-devano un alberello ausiliario e due coppie coniche, posti sul lato destro. Pure questo in-teressante monocilindrico non è uscito dallo stadio sperimentale.

Nel 1967 lo svizzero Marly Drixl, che all’epoca viveva a Milano, ha presentato un telaio per le monocilindriche Aermacchi da competizione con disegno a doppia culla continua rialzata, che è stato costruito per un certo tempo, in un ridottissimo numero di esemplari.Erano nate le Drixton. Veniva offerta anche la moto completa, con una forcella B&B costruita a Trezzano sul Naviglio. È interessante osser-vare che i telai di questo tecnico svizzero sono in seguito diventati più noti e diffusi nella ver-sione studiata per ospitare il motore bicilindri-co Honda 450.

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OOltre le Alpi, Maggio 2019. Queens Cavalcade è un’i-dea di Daniele Papi. Semplice, emotiva, culturale. Motociclistica, naturalmente… Non solo. Dicevano di Papi, basta ricordare la Regolarità leggendaria e della rivoluzione, la Sei Giorni Internazionale di Enduro all’Isola d’Elba, il modo tutto Italiano di par-tecipare ai grandi Rally-Raid, La Dakar quando era ancora… Dakar. Il “Papone” non è uno di quelli che ci clicki sopra per “scoprire” chi è. Daniele Papi lo co-nosci già. La sua Queens Cavalcade, evento che non poteva eludere l’imprinting e che arriva in una fase più speculativa, “fluida” del gusto dell’esplorazione e dell’organizzare, è una di quelle idee che, come te la spiegano, ti viene da dire “Perché non ci ho pensa-to prima!”. La risposta è che talvolta si ha la fortuna che qualcun altro elabori per noi quella che, in fon-do, è la nostra cultura del piacere. In questo modo riesce a mettere insieme un programma che riunisce molte idee già “nostre” e, occupandosi anche e so-prattutto del resto, che talvolta è la parte più seccan-te, crea l’Evento. Ed ecco come finisce che l’evento è il “nostro Evento”!

di Piero Batini

QUEENS’ CAVALCADE 2019 AUSTRIA. CARNET DE VOYAGE

Dopo i successi di “QC”

Canarie e del “Baricentro

Italiano”, Queens Cavalcade

passa le Alpi e si sviluppa

a margherita tra Austria,

Germania e Italia. Una

Classica per 100 classiche,

moto e, limited edition

quest’anno, auto

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Io me lo ricordo bene. Alle canarie, un’Isola dopo l’altra, lungo il mare, la Montagna, oltre il Vulcano, attorno e in mezzo all’Oceano, un Gruppo di sconosciuti diventato amici per sem-pre. Da quell’Harley non sarei più sceso, mai più un aereo per rientrare.Ricordo bene anche quell’altra volta che ho “riviaggiato” la mia Terra, e le Terre limitrofe riscoprendo frammenti chiave della mia natu-ra in Toscana, Umbria, Lazio. Dalla mia BMW di trent’anni fa non sarei sceso mai più… e in effetti ho continuato per conto mio, non mi andava di chiuderla lì. “Rapinata” l’idea avevo continuato un paio di giorni da solo e incrocia-to ancora quegli Amici con la stessa idea.Basta sognare. 1-5 agosto 2019. Queens Ca-

valcade oltrepassa le Alpi, atterra nel Tirolo, e evolve in una proposta che… perché-non-ci-ho-pensato-prima. 3 più due giorni di viag-gio, di conoscenza, sì, perché quando rallenti diventi un esploratore, attraverso la campa-gna, le Città, i laghi e la montagna del Tirolo, tra Austria, Germania e Italia alla ricerca, e alla scoperta “inevitabile” di scorci di imma-ginazione che si tuffano nel reale. Per 100 tra Auto e Moto, deadline di iscrizione fissata al 30 Maggio (ma per qualche giorno di comporto, senza esagerare mi raccomando, dite che vi mando io).

Queens’ Cavalcade 2019 è in programma… anzi, è un programma dal 1 al 5 agosto. Cinque

giorni e tre tappe sulle strade, non le autostra-de, più affascinanti, evocative, stimolanti di Austria, Germania, Italia. Non strade, meglio rotte di esplorazione. L’evoluzione della For-mula vincente porta a due aggiustamenti. Il primo è nel tipo di percorso, non più in linea bensì “a margherita”. Vuol dire che partenza e arrivo di ogni tappa sono fissati nello stesso posto. A Seefeld, Tirol. È il centro, il quartier generale, il campo base ideale per scoprire il meglio di tutto, parliamo del piacere di viag-giare, di rallentare e conoscere, fermarsi e se-dimentare. Ripartire.

La seconda novità dell’edizione 2019 è l’in-troduzione della categoria Autovetture. Detta così, uno potrebbe pensare anche all’arrivo di un nuovo superbollo. No, naturalmente, parliamo di Classiche, preziose, particolari Macchine. In entrambi i casi, sia che si parli di Moto che di Auto, queste dovranno essere state immatricolate prima del 1999. Marche, modelli, età, prerogative tecniche e storiche saranno dati e pretesti per l’istituzione della ormai “famose” classi di merito, e qui non par-liamo di una nuova polizza bonusmalus, ne-cessarie a costruire lo schema di assegnazione dei coefficienti, e da questi le classifiche su base di rating, no, non è alta finanza, solo alta passione, per l’assegnazione del Trofeo Que-ens Cavalcade. A proposito, si deva sapere che l’opera di Alfredo Sasso staziona ormai da tre anni nella bacheca di Stefano Sala, bi-campio-ne imbattuto, e dice lui imbattibile, della Que-ens Cavalcade. Questo schema porta anche

una semplificazione delle categorie Moto, ora divise in gruppo A, tutte quelle immatricolate entro il 1999, e gruppo B quelle immatricolate successivamente, in questo caso solo se mono o bicilindriche.

Il bello del “margherita” è partire e arrivare tutti i giorni… a casa, all’Hotel, ritrovare l’at-mosfera lussuosa e l’accoglienza complice, sapere quello che ci aspetta. Gli amici. I com-pagni del Viaggio. Confort concentrato e libera interpretazione del gusto di aver partecipato. Il centro della Queens Cavalcade è questo, e più precisamente punta del compasso a Se-efeld in Tirol, antico villaggio agricolo e oggi una delle località “in” del turismo austriaco, da poco diventata la capitale dello Sci Nordico con le Olimpiadi Invernali (chi ha vissuto l’e-sperienza ci racconti cos’è di meraviglioso una valle stazione sciistica top… quando arriva l’estate).

E da Seefeld in Tirol i tre petali… pardon i tre anelli della QC19 Austria. Verso l’Italia, verso la Germania e in Austria. Primo anello lungo le rive sinuose dell’Inn, l’Ötztaler Gletscher-straße, la strada asfaltata più alta del mon-do a 2798 metri fino al ghiacciaio che non ci si crede. Al Passo del Rombo l’inaspettato, e non per questo meno suggestivo, Museo del-la Moto. Seconda Tappa, invece, quasi inte-ramente in Germania attraverso il Garmish Partenkirchen e mèta a Neuchwanstein, quel castello da cartolina che da solo vale un viag-gio. Terzo e ultimo anello, se proprio dovessi-

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mo aver voglia di finire il viaggio, tipicamente au-striaco e tirolese, un’autentica sbornia di paesaggi mozzafiato dal… belvedere delle strade più placi-de e ben tenute del Mondo, colpo d’occhio e sosta al Lago Achensee. Ritorno via Innsbrück, il museo Swarovski, che tutti crediamo di aver visto tutto e invece no, non è così.

Già sappiamo che abbiamo messo in fila una serie di Punti GPS (a proposito saremo guidati dall’eccellente Tripy, lo strumento-roadbook allo stato dell’arte, che solo alla Dakar non potevamo soffrire). Non era questo l’intento, ma ci serva da orientamento. C’è la piccola, Gara di Regolarità, l’assalto al Trofeo di Stefano Sala, ma è piccola cosa, divertente e istruttiva. Il resto, e ben più im-portante e attraente, è una grande libertà di movi-mento e di iniziativa. E di elegante essere padroni, e condividere a piacere e per il piacere, del proprio viaggio, modificarlo, adattarlo allo spirito o all’o-biettivo del momento, dell’ispirazione. Ecco come succede che, per la prima volta nella nostra vita, si abbia l’occasione di partecipare a un Evento collet-tivo con la possibilità di scrivere, per poi rileggere, il proprio Carnet de Voyage.

Queens’ Cavalcade 2019 Austria.1-5 Ottobre.http://www.queenscavalcade.com

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EDITORIALE EDITORIALE

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Cdi Nico Cereghini

“LA PRIMA USCITA, COMELA FATE?”Da soli o in compagnia, col passeggero o senza? Mezza giornata o un intero fine settimana? E andate subito a cercare le curve o preferite il relax? Una specie di sondaggio per identificare meglio la nostra passione

Ciao a tutti! Passerà pure questo maggio pieno di pioggia! Anche in questo fine settimana, almeno qui al nord, pochissimi motociclisti sulle strade. E quei pochi, visti da vicino sotto gli scafandri anti pioggia, con l’aria mesta di chi si rende conto di aver sbagliato tutto, fin dalla prenotazione dell’albergo o dell’agriturismo con tanto anticipo. Il fatto è che normalmente c’è il sole, in questa stagione dell’an-no, e allora, per ingannare il tempo e sognare stra-de asciutte davanti alle ruote, eccovi una specie di sondaggio a metà tra il metodo e la passione. Per approfondire e riflettere un po’. Di solito, come vi togliete di dosso la ruggine dell’inverno? Mi interes-sa sapere quale strategia preferite seguire quando organizzate la vostra prima uscita dell’anno a pri-mavera e da mesi non usate la moto. C’è chi giron-zola soltanto per qualche ora, solitario sulle strade vicine a casa per rientrare a pranzo la domenica in famiglia, e chi invece organizza una giornata intera, magari addirittura tutto il week end, con qualche amico motociclista o persino con il club di marca che sa organizzare a puntino il percorso e ogni so-

sta. Voi cosa fate, partite rigorosamente da soli o vi portate dietro il passeggero preferito? Vi muovete con tanti altri motociclisti, con pochi fidati, o addi-rittura con nessun altro? E che tipo di meta cercate, battete subito i percorsi con tante più curve possibi-li oppure preferite strade lente e rilassanti? Andate più volentieri al mare, al lago, oppure in collina se è troppo presto per salire in montagna? E vi fermate a mangiare in trattoria, magari pranzo completo in un buon ristorante, oppure preferite senz’altro una breve sosta, seduti in mezzo al verde con pane e salame? Credo che non ci sia una ricetta migliore dell’altra, però anche da queste cose si capisce che tipo di motociclista siamo. Per esempio chi ha un po’ di timore addosso e magari non si sente tanto disinvolto alla prima uscita –e lo capisco- ebbene è meglio che parta da solo o tutt’al più con un amico fidatissimo. Perché, come sempre, è molto meglio soli che male accompagnati. Anni fa conoscevo (e non frequentavo) una compagnia di smanetto-ni che tiravano dentro tutti quelli che avevano la moto “da sparo” e non sapevano distinguere tra i

veri esperti e quelli che recitavano la parte solo per essere all’altezza della loro moto. Naturalmente innescarono una serie di incidenti pesanti. Persino nelle compagnie “turistiche” si possono correre dei rischi, se c’è (e quasi sempre c’è) qualche corpo estraneo che non ha ancora capito bene le regole. Dunque il mio consiglio per la prima uscita è: soli, oppure con gente nota e affidabile. Poi ogni stra-da è buona, soprattutto se riuscite a trovarla poco trafficata. Il massimo sarebbe, per chi se lo può per-mettere, uscire nei giorni feriali e non festivi. Quan-do mi sento in vena di dispensare consigli –e all’ini-zio di ogni stagione me ne sollecitano tanti- devo sempre ricordarmi di una cosa. Che, sulla scelta della moto, prima devo informarmi bene intorno ai gusti e all’esperienza del mio interlocutore e poi, comunque sia, è meglio che rimanga sulle generali. Ho imparato che il tipo di utilizzo della moto non deve vincolare necessariamente la scelta. Perché la verità è che vanno bene tutte, per noi motociclisti. E tutti sono convinti di scegliere la più bella. Certo non tutte le moto sono uguali, non tutte sono sta-te progettate e costruite per lo stesso impiego e lo sappiamo, ma conosco motociclisti felici che van-no a Capo Nord con la CBR e la zavorrina, caricati con borse e zaini e tutto, e quelli che si comprano la Adventure da ventiduemila euro con le borse in alluminio da deserto e girano solo in città o tutt’al più si spingono nell’Oltrepo Pavese. Contenti loro, perché dovrei spingerli in diverse direzioni? Per cambiare c’è sempre tempo. Vedo addirittura sco-oteristi felici che fanno cinquecento chilometri al giorno; e vi dico la verità: un po’ li invidio. Non per lo scooter, naturalmente, per la invidiabile tenuta della loro schiena.

Nico Cereghini

ASCOLTA L’EDITORIALE

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MARQUEZ VINCE IL GPDI FRANCIA 2019Marquez domina il GP di Francia 2019. Alle sue spalle doppietta Ducaticon Dovizioso e Petrucci. Rossi quinto

LE MANS - Trionfo di Marc Marquez, davanti a tre Ducati: Andrea Dovizioso, Danilo Petrucci e Jack Miller. Quinto Valentino Rossi, settimo Franco Morbidelli, ritirati o caduti Pecco Ba-gnaia e Andrea Iannone. Gara tirata, ma noio-sa per la superiorità di Marquez: voto 6,5 per la sfida finale tra i ducatisti. “Ah, se non ci fosse Marquez”, verrebbe da dire. Ma Marc Marquez c’è e diventa sempre più forte: terzo successo in solitaria, con un dominio netto, anche se leggermente meno imbarazzante rispetto ai precedenti. Un suc-cesso che Marc ha costruito nei primi giri, quando è stato bravo a resistere e a replicare agli attacchi di un sorprendente Jack Miller.

tPoi, quando al settimo giro si è riportato al comando, ha cominciato a spingere e tra il nono e l’undicesimo giro ha cambiato ritmo, ha aumentato il vantaggio e poi ha lasciato gli altri a scannarsi per il podio.

TRE DUCATI IN FILAFinita quasi subito la sfida per la vittoria, ecco la sfida per il podio, con tre Ducati che han-no finito una dietro all’altra. «Danilo è stato bravo, forse nel finale ne aveva un po’ di più rispetto a Dovizioso, ma è stato molto atten-to» ha sintetizzato al meglio l’ingegnere Gigi Dall’Igna. Ma Petrucci, per la verità, ci ha pro-vato eccome al 25esimo giro e al 26esimo giro.

Ma è riuscito a stare davanti al compagno di squadra solo per pochi metri: Andrea, stac-cando fortissimo, obbligava Danilo a frenare oltre il limite, con Petrucci largo e Dovizoso pronto a rinfilarsi.

Per entrambi, un buon risultato, se non si pen-sa alla superiorità di Marquez: Dovizioso tiene botta in qualche modo a 8 punti da Marquez, Petrucci dimostra di meritare la moto ufficia-le. Ma la merita anche Miller, protagonista di una gara di sostanza.

ROSSI A UN PASSO DA MILLERFuori Vinales, abbattuto senza colpa da Ba-gnaia, che ha perso l’anteriore della sua Du-cati, centrando poi in caduta il rivale, il miglior pilota Yamaha al traguardo torna a essere Va-lentino Rossi, autore di una gara di sostanza, ma che si è conclusa con un quinto posto sen-za infamia e senza lode. Valentino ha guida-to bene, ma, forse, ha guidato ancora meglio Quartararo, risalito fino all’ottavo posto, fa-cendo segnare il giro più veloce e con grande costanza, arrivando alle spalle di un Franco Morbidelli sempre molto solido.

CHE KTMGrande risultato per la KTM: Pol Espargaro ha

chiuso al sesto posto, a soli 2”8 da Rossi, dopo un fine settimana sempre nelle prime posizio-ni. Il nuovo forcellone in carbonio e le modi-fiche al motore sembrano funzionare egre-giamente, perlomeno con Espargaro, perché Zarco continua a essere disperso nelle retro-vie. Male l’Aprilia: altra gara da dimenticare.

Leggi la classifica

di Giovanni Zamagni

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di Giovanni Zamagni

Le gare le gestisce un po' come vuole, la sua superiorità è chiara...anche a lui!

MARQUEZ: "SIAMOPIÙ EFFICACI"

N“Nei primi due giri non ho attaccato - ha spiega-to Marquez -, perché volevo prendere confidenza con la soffice posteriore, mai utilizzata prima della gara in questo GP.

Ero a posto, poi mi ha passato Miller: ho pensa-to che ne avesse di più, invece andava piano e il gruppo si stava ricompattando. Sono tornato davanti e ho pensato di fare come a Jerez, im-ponendo il mio ritmo: ho spinto per tre, quattro giri e poi ho pensato a guidare pulito. In questo fine settimana ho faticato di più rispetto a Jerez, ma in gara, fin dal giro di allineamento, mi sono sentito molto bene, ho potuto spingere di più…

Quale la mia sfida? Cadere di più, per il momento sono là… Scherzi a parte, so che arriveranno gare dove farò più fatica. Di solito quando le tempera-ture sono basse fatichiamo di più, invece questa volta siamo andati bene. Mi sento a posto in en-trata di curva ma avendo più motore ho dovuto

cambiare un po’ il modo di guida: fino all’anno scorso, facevo il tempo soprattutto in frenata, ma era rischioso, mentre adesso siamo più efficaci nel complesso del giro. Sono molto contento an-che per la vittoria di mio fratello: non basta essere “fratello di o figlio di…” per guadagnarsi un posto in MotoGP, te lo devi sudare in pista e questo è un successo importante per lui”.

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"Non cerchiamo il risultato importante, ma serve qualcosa per lottare per il campionato". Nonostante li secondo posto Dovizioso non è soddisfatto della situazione

DOVIZIOSO: "NON BASTA QUELLO CHE ABBIAMO"

SSecondo al GP di Francia, dopo un weekend difficile con alle spalle il compagno di squa-dra, ma Andrea Dovizioso sembra scontento e pessimista. Se Ducati non "trova qualcosa" Marquez continuerà a dominare, questa la sintesi del dovipensiero.

Se non ci fosse stato Marquez?«Se non ci fosse stato Marquez avrei vinto due mondiali! Ma Marquez c’è e prendiamo quello che c’è di positivo di questo weekend: come abbiamo gestito la gara, per esempio. Non avevamo la velocità per fare secondi ed esserci riusciti quindi è la conferma che in gara possiamo raggiungere punti importanti. Vogliamo studiare quello che non sta funzio-nando come vorremmo, non come dovrebbe. Bisogna capire se c’è qualcosa che possiamo migliorare, perché i numeri di Marquez sono importanti e riesce nelle situazioni più diver-se di piste e condizioni climatiche e di asfalto

a gestire e vincere. Quindi non basta quello che abbiamo. Stiamo facendo bene ma non abbastanza per giocarci il campionato. Sia-mo riusciti a portare a casa punti importanti e in campionato siamo lì con Marc e questo molto positivo, ma non basta. Adesso andia-mo al Mugello e la pista ci aiuterà ma dobbia-mo trovare qualcosa perché non cerchiamo il risultato importante, ma serve qualcosa per lottare per il campionato».

A inizio stagione ti aspettavi qualco-sa di diverso?«Speravo, però le gare ti dicono la verità. Su-zuki e Yamaha ci sono anche loro per il cam-pionato e Marquez ha trovato più potenza e con il telaio nuovo si sta trovando bene e quindi Marquez sta facendo la differenza. Speravamo di essere un po’ più avanti, ma non perdiamo le speranze e soprattutto non dobbiamo perdere la calma perché è un in-

grediente fondamentale per trovare le solu-zioni».

Non è che tu sei troppo critico nei tuoi confronti mentre invece è Mar-quez a essere un marziano?«Anche se fosse un marziano vogliamo vince-re il campionato, quindi non cambia tanto».

Tardozzi ha detto che fino ad oggi la stagione è da 7,5. Che ne pensi?«E’ un bilancio positivo, perché quello che conta alla fine è il risultato in campionato. Io credo di essere obiettivo quando dico che non abbiamo carte particolari per combatte-re contro Marc. Questo non vuol dire che non

ce la possiamo giocare, ma in troppe gare che ha fatto la differenza».

Al Mugello?«Al Mugello ci giochiamo le gare, ma mi aspetto anche le Yamaha particolarmente forti e anche Marc. Gli altri anni Ducati ha fat-to la differenza, ma quest’anno sarà difficile che capiti».

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Danilo al primo podio con il team Ducati ufficiale: “Sono stato messo in discussione ancora prima di iniziare, questo risultato dà fiducia. Devo molto a Dovi, a Forlì mi aiuta in un sacco di modi: siamo due amici. Ma l’ho attaccato, finendo lungo tre volte. Se fosse successo qualcosa come in Argentina 2016, mi avrebbero menato…”

PETRUCCI: "CI HO PROVATO, SENZA FARE IL MATTO"

LLE MANS - Ha fatto una gran gara, gestendo bene l’obbligo di dover fare un buon risultato, l’obbligo di provare ad attaccare, l’obbligo di non fare disastri. Danilo Petrucci è uscito alla grande da una situazione che poteva essere delicata ed è stato premiato con un terzo po-sto che ha tanta sostanza. «Non è stato facile e non volevo assolutamente che finisse come in Argentina 2016 (quando Iannone centrò Dovizioso all’ultima curva: anche allora, i due erano in lotta per il secondo posto, NDA): già vedevo la faccia di Dall’Igna, temevo mi me-nassero… A inizio gara, Marquez non forzava più di tanto e cercavo di controllarlo, ma ho fatto un grave errore alla curva 8, perdendo tre posizioni. Ero quinto e ne ho fatto un al-tro un paio di giri dopo ed ero sesto. Mi sono un po’ demoralizzato, ho pensato che sareb-be stata una gara come le altre, pur partendo

dalla prima fila. Invece ho cominciato a girare con un buon ritmo, li ho ripresi, ho passato Rossi e Miller e mi sono trovato dietro a Do-vizioso. Rispetto ad Andrea, ero più veloce in ingresso curva, ma lui era più forte in accele-razione, non ce la facevo ad attaccare. Ma ci ho provato tre volte, finendo lungo in tutte le occasioni, proprio perché Dovi accelerava me-glio di me».

Quando sfidi un pilota a parità di moto, cosa avresti voluto di differen-te per batterlo?«Io e Andrea abbiamo uno stile simile, ma anche differente in alcuni aspetti. Come ho detto, lui è più bravo di me in accelerazione: io prendevo un paio di metri in uscita da ogni curva e per recuperare dovevo frenare molto tardi. Così andavo lungo e non potevo chiude-

re la curva. Io e Andrea siamo abituati a sfi-darci a parità di moto, lo facciamo anche nel cross… Sono contento della mia moto e del suo carattere, dei suoi pregi e dei suoi difetti, anche se Marquez con la Honda sta facendo la differenza».

Adesso devi ripetere certe prestazio-ni anche nelle piste a te meno favo-revoli?«Sì, bisogna rifare certe prestazioni anche in altre piste. Ma quest’anno sono già migliora-to sotto questo aspetto: sia in Argentina sia in Texas, dove in passato aveva faticato tantissi-mo, ho disputato delle buone gare, anche se magari si era visto meno. Sicuramente questo

podio fa molto bene e ci permette di arrivare carichi al Mugello».

Com’è il rapporto con Andrea?«Fantastico e lo devo ringraziare, questo po-dio è anche merito suo. Mi ha adottato a Forlì, gli scrocco tutto quello che posso a casa, mi dà tantissimo. Ma non mi sono risparmiato, come ho detto ci ho provato tre volte, senza però fare il matto».

In cosa, esattamente, ti ha aiutato?«Andrea mi dice sempre di non affliggermi, di non pensare di essere il brutto anatroccolo, di non pensare al futuo. Dovi, prima di tutto, è una brava persona: sto sempre con lui e con i

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sul podio è sempre salito solo Marquez, per gli altri non è così facile. Anche in Argentina sono stato a due decimi dal podio, nonostan-te partissi decimo. Dopo Austin mi sono detto: mi sto mettendo pressione addosso da solo. L’anno scorso avrei dato un mignolo per esse-re in questa squadra: mi sono detto, goditela, tanto non decido io, posso solo fare il massi-mo. E si sono visti i risultati: me la sto goden-do. Poi se non sarò qui nel 2020 non voglio avere il rimorso di non avere dato il massimo. Io adesso lo sto dando: se basterà per la ricon-ferma bene, altrimenti non ho fatto del male a nessuno. Sono contento di quello che sto facendo, sono felice di guidare questa moto».

Mi colpisce come in Ducati, dopo aver fatto secondo, terzo e quarto, ci sia un clima da ultimo e penultimo posto; Dall’Igna dice che è solo un secondo posto, il Dovi è deluso, Tar-dozzi è d’accordo con Gigi. Perché?«Abbiamo fatto un secondo e terzo posto, risultato buono per il team secondo me, ma loro erano più contenti di fare primo e secon-do… Ma anche noi, ma non è che non ci ab-biamo provato. Così come a Jerez, dove c’era un’atmosfera da funerale, ma io e Andrea stia-mo dando veramente il massimo».

Secondo te per loro non è così?«Non lo so, spero che lo capiscano. Sono due gare che arriviamo uno attaccato all’altro: evi-dentemente la moto ha quel limite. Certo, c’è da dire che io sono più veloci in alcuni punti e

lui in altri: magari mixando le due cose si può fare meglio

Io oggi rischiavo di più a entrare in quella maniera, ma faticavo in accelerazione. Io per-sonalmente sono contento; è chiaro che An-drea vuole giocarsi il mondiale e contro que-sto Marquez bisogna essere al posto giusto al momento giusto. Io sono uno stimolo per Dovi tutti i giorni, sia in pista sia in allenamen-to: credo che stiamo andando molto forte. Il problema è che la Honda ha fatto un grosso passo in avanti».

Però la Honda la guida solo uno, la Ducati in tre…«E’ vero, possiamo avere tanti dati a disposi-zione ma non c’è un pilota che riesca a fare la differenza come la fa Marquez con la Honda. Effettivamente è solo Marc che la sfrutta; io, Andrea e Jack stiamo andando forte, siamo messi bene nel mondiale. Aspetterei almeno metà campionato per tirare delle linee; certo lui è in testa al mondiale nonostante uno zero ed è sempre al 101%».

suoi amici, con la sua famiglia, gli “rubo” sem-pre qualcosa, nel senso che imparo sempre qualcosa da lui. E vedere Andrea, uno che si sta giocando il mondiale della MotoGP, carica-re la mia moto da cross sul furgone è qualcosa di incredibile: siamo due amici normali».Quindi, con un altro avversario ci avresti provato di più?«Macché, ci ho provato e riprovato, finendo tre volte lungo e rischiando il contatto. Sem-plicemente non ho fatto il matto: è stata una bellissima battaglia, molto pulita, senza fare

casino. All’ultimo giro era possibile passare in frenata in un paio di punti, ma era troppo ri-schioso. E non eravamo solo io e lui, avevamo vicino Miller e Rossi».

Questo risultato conferma che tu sei per meriti in questo team?«Mi hanno messo in discussione ancora prima che cominciassi… Nonostante avessi fatto il primato della pista a Sepang e altre buone prove. Nelle gare mi è sempre mancato qual-cosa, ma stiamo anche parlando di GP dove

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di Giovanni Zamagni

L’analisi di Valentino dopo il 5 posto di Le Mans: “La M1 è ben bilanciata, è bella da guidare, consuma meno le gomme, ma ci mancano cavalli, siamo in difficoltà sul dritto e in accelerazione, uscendo dalle curve lente. Se non altro, ci sono buone prospettive per il futuro”

ROSSI: "PERDIAMO TROPPOIN RETTILINEO"

LLE MANS - Non si può dire che non ci abbia pro-vato, ma per diversi motivi la sua non è stata una gara esaltante: Valentino Rossi spiega qual è il limite attuale della Yamaha.

«E’ stata una gara difficile. Sono partito abba-stanza bene, ma non avevo il passo per stare insieme alle Ducati, perdevo troppo in rettilineo e in accelerazione, in uscita dalle curve lente. Ho cercato in tutti i modi di non perdere la scia per provare a lottare per il podio, ma non è basta-to. L’aspetto positivo è che sono più costante dell’anno scorso, ma non basta. In gara tutto si complica contro la Ducati, perdiamo troppo in velocità massima. E’ un peccato, perché la M1 è ben bilanciata e si guida bene».

La Honda è cresciuta nel motore, la Ducati è sempre stata potente; è

questo, quindi, il problema della Ya-maha?«Esattamente. Abbiamo migliorato sotto alcuni aspetti, come il consumo delle gomme e la moto ha un bilanciamento migliore, siamo forti in fre-nata e a centro curva, ma gli altri hanno molti più cavalli di noi e soffriamo in tutte le piste. Tra l’altro, io sono sempre il più lento tra i piloti Yamaha e le nostre sono le velocità più basse. La Yamaha, storicamente, non è mai stata fan-tastica in rettilineo, ma quest’anno sembra che la situazione sia addirittura peggiorata. E’ un peccato, perché la moto è bella da guidare, ma, per regolamento, non possiamo fare più di tanti interventi sul motore. Forse si può trovare qual-cosa in accelerazione».E’ una resa?«Avrebbe dei vantaggi stare a casa da domani e andare alla spiaggia, ma non è così! Bisogna

solo essere realistici, ma non ci arrendiamo di certo. In fondo anche oggi, Marquez a parte, era-vamo lì a giocarcela con le Ducati. Bisogna vive-re alla giornata, pensare gara per gara».

In fondo, tu e Dovizioso dite la stessa cosa: il problema è Marquez.«Sì, il problema di tutti è Marquez: se non fosse caduto ad Austin, avrebbe vinto quattro gare su cinque e in Qatar è stato battuto solo all’ultima curva da Dovizioso. Sta guidando bene e ha una moto competitiva, va un pelo più di tutti gli altri in tutte le condizioni e su ogni pista».

C’è qualche aspetto positivo?«Sì, come ho detto, abbiamo migliorato il rendi-mento delle gomme, siamo più costanti. E poi, si comincia già a parlare del 2020: c’è una pro-grammazione che è mancata negli ultimi anni. In passato, quando la M1 era vincente, a Brno

arrivava comunque già il primo prototipo per l’anno successivo, cosa che non è successa nelle ultime stagioni. Insomma, si sta lavorando, c’è ottimismo per il futuro».

Tu sei stato veloce all’inizio e meno alla fine, anche se non sei calato trop-po; Quartaro, al contrario, ha faticato nei primi giri ed è stato molto velo-ce alla fine: le due cose sono legate? In altre parole: con la Yamaha non si può andare forte dal primo all’ultimo giro?«Quartararo è la sorpresa del campionato: sape-vo che sarebbe stato veloce, ma non così tanto. Negli ultimi due GP è andato molto forte. Det-to questo, non credo che andare forte all’inizio escluda la possibilità di essere competitivo alla fine, e viceversa».

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di Giovanni Zamagni

Quali sono state le chiavi del GP? Come va considerato l’11esimo posto di Jorge Lorenzo? Perché Alex Rins non è riuscito a rimontare oltre la decima posizione?

SPUNTI, CONSIDERAZIONI, DOMANDE DOPO IL GPDI FRANCIA

QQuali sono state le chiavi del GP?1. La superiorità di Marquez. Marc fa quello che vuole, sembra inarrestabile. A parte i due giri che Jack Miller gli è stato davanti (il quin-to e il sesto), è sempre stato in prima posizio-ne dal primo giro del GP d’Argentina a oggi. La sua forza è la chiave principale non solo di questo GP, ma, probabilmente, di tutto il campionato;2. Il consumo gomme Ducati. Secondo Andrea Dovizioso è stato questo il grosso limite del-la GP19; la cronica difficoltà in percorrenza di curva, porta a un degrado maggiore delle gomme;3. Dovizioso/Petrucci. Il giusto timore di fare un disastro con il compagno di squadra, ha fatto sì che Petrucci non tentasse il tutto per tutto per passare: come hanno sottolineato entrambi i protagonisti, Danilo ci ha provato, ma senza fare il matto;

4. Yamaha lenta. L’evidente inferiorità della M1 in rettilineo e in accelerazione ha condi-zionato la gara di Rossi;5. Le qualifiche. Vinales era l’unico che, forse, avrebbe potuto mettere in difficoltà Marquez: l’errore strategico commesso in qualifica (è uscito con le stick, quando bisognava montare le rain) è stato determinante per la sua gara.

Cosa è successo tra Bagnaia e Vina-les, finiti a terra entrambi al settimo giro, mentre erano rispettivamente 15esimo e 14esimo?Risponde Bagnaia: “Espargaro ha chiuso la traiettoria a Vinales: Maverick ha frenato forte e io l’ho preso. Per questo siamo finiti a terra entrambi”.

Quella di Pol Espargaro, al di là del risultato, può essere considerata

come la miglior gara della KTM?Senza dubbio. Espargaro ha chiuso a 5”935 da Marquez, a 3”951 dalla prima Ducati, a 2”882 dalla prima Yamaha. Pol è sempre stato velo-ce in tutto il fine settimana, dimostrando un grande passo in avanti della sua moto.

Come va considerato l’11esimo po-sto di Jorge Lorenzo?Non è certo un risultato esaltante, ma è sicu-ramente un passo in avanti rispetto alle gare precedenti. Come già succedeva nei primi tempi in Ducati, Lorenzo è calato parecchio nel finale ed è stato poco costante, però i mi-glioramenti ci sono.

Perché Andrea Iannone si è ritirato al nono giro mentre era in 17esima posizione?Per il dolore alla caviglia sinistra, infortunata nella caduta nelle FP4 del GP di Spagna. Già dopo il warm up, Iannone aveva capito che non ce l’avrebbe fatta e così è stato, purtroppo.

Perché Alex Rins non è riuscito a ri-montare oltre la decima posizione?Al di là degli errori commessi in qualifica, Rins e la Suzuki hanno sofferto soprattutto per un avantreno duro da inserire in curva: un proble-ma che si era già visto nel 2018 e che si sperava fosse stato completamente risolto. Evidente-mente non è così, perlomeno in alcune piste.

Giri veloci in gara (tra parentesi il

giro in cui è stato realizzato).Quartararo 1’32”355 (20); Marquez 1’32”362 (11); Miller 1’32”383 (4); Petrucci 1’32”541 (18); Dovizioso 1’32”567 (11); Rossi 1’32”722 (11); P.Espargaro 1’32”776 (16); Morbidelli 1’32”781 (8); Rins 1’32”819 (16); Crutchlow 1’32”826 (22); Lorenzo 1’33”092 (6); A.Espar-garo 1’33”155 (15).

Le tre più belle frasi del GP1. Rossi: «Marquez è il problema di tutti: ne ha di più in tutte le condizioni e su ogni pista»;2. Dovizioso: «Se non ci fosse Marquez, avrei vinto due mondiali»;3. Petrucci: «Andrea è un bravo ragazzo, gli devo molto: quando siamo a casa, vederlo ca-ricare la mia moto da cross sul furgone è qual-cosa di incredibile».

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di Giovanni Zamagni

Lode a Marquez, impressionante; 9 al terzetto Ducati Dovizioso, Petruccie Miller; 8 a Rossi

LE PAGELLE DELGP DI FRANCIA 2019

MMARC MARQUEZ VOTO 10 E LODE

Fa tutto con estrema facilità e in maniera incre-dibile. Come il salvataggio da una sicura caduta nelle FP1. Come la conquista della 55esima pole. Come il sorpasso all’esterno alla prima curva di Danilo Petrucci. Come il cambio di ritmo tra il nono e l’11esimo giro. Come la terza vittoria in cinque gare. Se è possibile, è ancora più forte che in passato. Inarrivabile.

ANDREA DOVIZIOSO 9

Come sempre, raccoglie il massimo possibile, con una gara d’attacco all’inizio (era settimo dopo il primo giro) e di controllo nel finale. Per superarlo, devi inventarti qualcosa di speciale: i tre lunghi di Petrucci non sono affatto casuali. Chiude con un muso lungo così, frustrato dall’impossibilità di potersela giocare con Marquez. Primo degli altri.

DANILO PETRUCCI 9

Ha disputato una grande gara, gestendo bene una pressione psicologica fortissima: attacco ri-schiando un disastro? Ma se non attacco, che fi-gura ci faccio? Non deve essere stato facile pilota-

re con questa tensione, avendo tra l’altro a pochi decimi altri due rivali (Miller e Rossi). Alla fine, ha fatto tutto nel modo giusto, attaccando quando ha potuto, ma senza mai mettere a rischio la sua gara e quella del compagno di squadra. Da ap-plausi.

JACK MILLER 9

Può raccontare di essere stato l’unico negli ultimi quattro GP di aver messo le sue ruote per un paio di giri davanti a quelle di Marquez: basterebbe questo per dire che è stato grande. Ma lo è stato anche in qualifica, in partenza e per tutta la gara. Consistente.

VALENTINO ROSSI 8

Per la quarta volta in cinque GP è il primo pilota Yamaha al traguardo. In gara non entusiasma, ma con una Yamaha povera di cavalli non può mai affondare la staccata per provare un sorpas-so. Mezzo punto in più per quanto fatto in Q1. Usato sicuro.

POL ESPARGARO 9

E’ caduto tre volte in tre giorni, ma è sempre stato velocissimo e vicino ai primi: la KTM ha portato nuovo materiale (un forcellone in carbonio e un motore dalla differente erogazione) e lui ha por-tato la moto austriaca a livelli mai toccati prima. E’ un pilota veloce, forse poco considerato. Anco-ra di salvezza.

FRANCO MORBIDELLI 7

Una gara solida, senza acuti e senza errori.

FABIO QUARTARARO 7

I tempi fatti nel finale di gara dicono che il ragaz-zo ci sa fare, eccome. Talentuoso.

CAL CRUTCHLOW 5

Non gli piace la RC213V in versione 2019 e si vede.

Lontano.

ALEX RINS 4

Sempre indietro da venerdì a domenica. Gara da dimenticare.

JORGE LORENZO 5

Un piccolo passo in avanti: piano piano comincia a capire questa moto. Ma le prestazioni del com-pagno di squadra rimangono una chimera. Per il momento.

ALEIX ESPARGARO 5

Non si è mai visto.

ANDREA IANNONE 5

La generosità lo ha spinto a provare a correre: un

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MOTOGP MOTOGP

che Andrea la sfrutta al limite.

YAMAHA M1 VOTO 7,5

E’ lì, non è lontana da Honda e Ducati, ma la man-canza di cavalli è evidente ed è un limite impor-tante.

KTM RC16 VOTO 9

E’ stata nettamente la migliore prestazione della moto austriaca da quando è in MotoGP, al di là del risultato finale (a Valencia, P. Espargaro era salito sul podio, ma sul bagnato e in una gara particolare). Un passo in avanti impressionante

rispetto ai precedenti GP: in attesa di una confer-ma, è giusto premiare il risultato di Le Mans.

SUZUKI GSX-RR VOTO 6

Un grande passo indietro rispetto alle altre gare: deve rimanere un episodio isolato.

APRILIA RS-GP VOTO 5

Forse la peggiore prestazione dell’anno, con l’u-nica soddisfazione di essere entrata direttamente in Q2. Troppo poco.

punto in più per questo motivo.

MAVERICK VINALES 4

Il grave errore strategico in Q2 ha compromesso un GP nel quale avrebbe potuto essere protago-nista. E così, ancora una volta, deve reagire a una situazione negativa. Che peccato.

PECCO BAGNAIA 4

Al di là dell’errore commesso in gara, è sempre stato dietro, mentre le altre Ducati erano là da-vanti. Inesperto.

HONDA RC213V VOTO 8,5

Ammetto la mia incapacità di dare un giudizio obiettivo su questa moto, che vola con Marquez e arranca con tutti gli altri. A me sembra compe-titiva, però…

DUCATI DESMOSEDICIGP VOTO 8

I piloti dicono che così non se la possono giocare contro Marquez, altri dicono che è la moto mi-gliore. Personalmente credo che le prestazioni di Dovizioso negli ultimi anni abbiano dimostrato

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CIRCUITI CIRCUITI

CCi siamo appassionati proprio tanto ai fatti di Imola e ve ne abbiamo dato conto in tutti i modi possibili, con la cronaca, e fino al dibattito tra chi come il nostro Nico Cereghini ha sostenuto che la scelta di non disputare Gara 2 è stata la più sen-sata, e chi, come il progettista di circuiti Jarno Zaffelli, ha affermato che la pericolosità della pi-sta sul Santerno è più che altro una questione di percezione da parte dei piloti.

Adesso però vogliamo andare oltre. E visto che la conversazione che ha preso forma nei commenti e sui social vi ha coinvolto in molti, anzi in moltis-simi, abbiamo deciso di (ri)partire da una propo-sta: diteci com'è fatta la vostra pista ideale.

Raccontateci, cioè, quanto secondo voi dovrebbe essere lunga, quante curve dovrebbe avere e qua-le delle più famose non potrà proprio mancare, si tratti del Cavatappi o dell'Arrabbiata 2.

E anche se la vorreste piatta come Misano o un toboga come Portimao.

di Luciano Lombardi

MA LA PISTA IDEALE ESISTE DAVVERO? OGGI NO, MA DOMANI, CHISSÀ...

Con il video-commento di

Nico Cereghini chiudiamo

le polemiche di Imola. E vi

proponiamo un gioco che

potrebbe diventare anche

qualcosa di più serio

GUARDA I L V IDEO

Più sarete generosi nelle descrizioni, più noi saremo contenti. Quindi se la immaginate che gira in un senso o nell'altro o con una pa-rabolica da duecento e passa orari non dove-te fare altro che dircelo.

E non dimenticate di aggiungere se fuori dal-la pista ci volete di più il prato, la ghiaia o l'a-sfalto, e magari anche un qualcosa simile al disco volante di Jerez o ai funghi di Sepang.

E chi più ne ha più ne metta.

Insomma, descrivete questo “Frankenstein con cordoli” - nei commenti o mandateci una mail all'indirizzo [email protected], magari allegando gli schizzi a matita che vorrete fo-tografare - più questo gioco diventerà stimo-

lante. E chissà che non possa dare vita anche a qualcosa di più concreto.Qualche idea noi già ce l'abbiamo...

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MOTOCROSS MOTOCROSS

di Massimo Zanzani

Doppietta di Gajser davanti a Cairoli. Doppia vittoria anche in MX2per Prado

MXGP. GAJSER E PRADO VINCONO IL GPDEL PORTOGALLO

AAncora tira e molla tra i protagonisti MXGP Tim Gajser e Tony Cairoli che anche sulla terra ros-sa portoghese hanno fatto fuoco e fiamme con due manche al cardiopalma terminate però in favore dello sloveno.

A dire il vero il leader della classe regina sino a metà gara ha sempre dato l’impressione di po-ter reggere il confronto col suo inseguitore, ma nella prima manche, a metà gara, ha mandato in stallo la sua KTM e dopo aver perso un po’ di tempo prima di riuscire ad accenderla non ha saputo azzerare il margine preso dall’uffi-ciale HRC che nel frattempo gli aveva soffiato il comando.

Nella successiva ha inseguito Clement Desalle per sette tornate per poi portarsi al comando, ma dopo un solo giro ha sbagliato una traiet-toria ed è scivolato lasciando la strada aperta

a Gajser che dalla quarta piazza gli si era mes-so in scia, ed anche questa volta si è dovuto accontentare del posto d’onore.

In tutte e due le manche gli si è piazzato alle spalle il ritrovato Arnaud Tonus, che ha così chiuso il suo migliore GP stagionale davanti a Clement Desalle, Jeremy Seewer e Pauls Jo-nass; 13° Alex Lupino, due posizioni più indie-tro Ivo Monticelli che ha fatto un miracolo con-siderando che si era presentato in Portogallo reduce dalla pesante caduta di Mantova.

Giornata da 10 e lode per Jorge Prado, che ha regalato ai sui tanti tifosi in pista una presta-zione da urlo visto che nella prima manche ha letteralmente dominato dall’inizio alla fine, mentre in quella di chiusura ha dato un po’ di spettacolo per quattro giri per poi aprire il turbo sbarazzandosi di Mitch Evans andando

ad involarsi verso la sua quinta doppietta sta-gionale. Risultato che gli ha permesso di ripor-tarsi al vertice della classifica iridata davanti a Thomas Olsen il quale nonostante la schiac-ciante prestazione in qualifica non è riuscito a ripetersi chiudendo al sesta tappa stagionale al posto d’onore davanti all’australiano della Honda.

Solo 15° Michele Cervellin, autore di una fan-tastica partenza in seconda posizione e poi pe-sante cappottata in Gara1 che lo ha costretto al ritiro per problemi ad una spalla, rifattosi nella frazione finale dove ha tagliato il traguar-do 7°.

Senza storie anche la EMX2T, terminata per due volte in favore del leader olandese Mike

Kras, e la WMX che ha registrato la doppia af-fermazione della neozelandese Courtney Dun-can passata al comando del campionato.

Leggi tutte le classifiche

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MOTOCROSS MOTOCROSS

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ENDURO ENDURO

di Piero Batini

Seconda del World Enduro Super Series, primo Enduro “Classico” della stagione. In ombra gli specialisti dell’Estremo, sale in cattedra la “Tradition”. Garcia, poi Jamie McCanney e Nathan Watson

JOSEP GARCIA, QUANDOIL GIOCO SI FA… ENDURO

MMende, Francia, 19 Maggio 2019. Dopo l’Extreme XL Lagares in Portogallo, il circus del WESS, World Enduro Super Series, si sposta di qualche grado di latitudine a Nord e atterra a Mende per la secon-da della stagione. È il Trefle Lozerien AMV, Super Classica francese alla trentatreesima edizione. La prima fu vinta, nel 1986, dall’indimenticabile Gilles Lalay.

Cambia tutto, anche e soprattutto il meteo che “restituisce” il “clima” ideale per la classica dell’Enduro francese. Tre giorni di Enduro tradizio-nale che trovano nel fango dell’epicentro francese della specialità l’inferno di quelle gare durissime nate proprio qui. È il contesto che cambia tutte le carte della prima mano del WESS, così come doveva essere da idea e copione. A una Gara di Estremo a una di “classi-co”, l’Enduro varia e diventa più complesso e “de-manding”, consuntivo agonistico e tecnico dell’an-

tica Specialità che continua a evolvere.Non è strano, quindi, che a salire in cattedra siano gli specialisti de “l’Ancien Regime”, in particolare e uno su tutti lo spagnolo Josep Garcia, lo “Smilzo” fuoriclasse del team Red Bull KTM Factory Racing che sbaraglia il campo dei ben 600 partenti, esat-tamente come aveva fatto lo scorso anno nella risaia di Hawkstone Park, e porta nel proprio car-niere WESS il primo “banco”.Non è Loic Larrieu, il vincitore dell’edizione dello scorso anno, e soprattutto, dopo trentatré anni, non è un francese ad aggiudicarsi la Classica di Casa. Anzi, i transalpini quest’anno devono soffrire e neanche vanno a podio, sul quale salgono anche Jamie McCanney, Yamaha, e Nathan Watson, KTM, il vincitore della prova conclusiva della Stagione WESS 2018, l’olandese Red Bull Knock Out.Garcia è così. Se lo incontri per strada non gli dare-sti una lira, ma quando sale in Moto è un dio. Alto, magro, elegante e soprattutto di una simpatia

contagiosa, Josep è un autentico fuoriclasse, ca-pace di tirare fuori dal cilindro della classe quelle risorse imbattibili che esulano dalla prestazione fisica per concentrarsi nel massimo dell’espres-sione tecnica. Campione del Mondo di Enduro 2 nel 2017, Garcia è integrante di lusso nella Super Squadra KTM di Farioli, e continua nel WESS ad esprimere quel genere di “concetto” di superiorità.Gara, sotto un certo punto di vista, senza storia. Tre giorni di competizione e altrettanti di pioggia battente, a parte la schiarita a metà del secondo giorno, per di più “abbelliti” dalla nebbia. È un me-teo stagionale quasi standard del Massiccio Cen-trale francese, decisamente seccante per il turista ma ideale per funghi e soprattutto per l’Enduro, che trova in queste condizioni la sua piena “giusti-ficazione”. Tre giorni di dominio della KTM di Josep Garcia, che vince le prime due tappe e mantiene la leadership sugli oltre 700 chilometri di Gara fino alla fine. “Uomo da battere nel fango”, Gar-cia raccoglie i complimenti di Jamie McCanney, altro Campione del Mondo da un po’ in disparte e dedicato ad altro, che torna in scena e ottiene un risultato eloquente. Chissà se con una maggiore presenza McCanney avrebbe potuto migliorare e contendere più direttamente il primato allo “spa-gnoletto sempre sorridente”. Le vittorie ottenute in alcune delle 15 Speciali lo suggeriscono, e certa-mente ci saranno altre occasioni di confronto.

Al terzo posto… per il terzo posto è lotta a scena aperta, con qualche leggero… colpo di scena.Alla vigilia del terzo e ultimo giorno di Gara, infatti, il terzo gradino del podio era di Jeremy Tarroux,

Sherco, e considerato imprendibile Garcia, la lotta per la posizione d’onore sembrava dovesse essere una faccenda privata e francese tra Tarroux e Ju-lien Gauthier, Yamaha. Scaduto al quinto posto Tarroux, il gran finale del Trefle ha vissuto, invece, nell’interminabile e bellissimo duello tra Gauthier e l’arrembante Nathan Watson, finalmente di nuo-vo “consapevole” dei propri mezzi. Difficile dire chi sia stato, in questo caso, il più bravo e meritevole, perché sta di fatto che sul traguardo finale l’ingle-se di Farioli ha avuto la meglio per neanche un secondo e mezzo su oltre un’ora di Prove Speciali.Se alla fine della Prova inaugurale del WESS, l’E-strema XL Lagares in Portogallo, non c’era ombra di un “Endurista classico” nella top ten finale, in Francia la situazione si inverte quasi specularmen-te, tanto è vero che, dopo la sfilza di francesi ai pie-di del “vergognoso”, per loro, podio, per trovare il primo Specialista dell’Estremo bisogna scendere fino al nono posto, e trovare Jonny Walker su una delle KTM Ufficiali.Theo Espinasse, ottimo sesto assoluto, è il primo degli Junior, e il “senatore” Christophe Nambotin, settimo, il primo della Classe E3. Tre italiani in for-ma. Giacomo Redondi, 11°, Sonny Goggia, 29°, e il figlio d’arte Enrico Rinaldi, 38°. Al diciannovesimo posto Antoine Meo, tornato così nel suo Mondo e alla Gara che aveva vinto nel 2015, e al 48° il vin-citore dell’Edizione… 1992, Laurent Charbonnel.

E ora è niente di più e niente di meno che Erzber-grodeo Red Bull Hare Scramble, lo stupefacente “inferno della miniera” che va in scena dal 30 Mag-gio al 2 Giugno in Austria.

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ROAD RACE ROAD RACE

SStefano Bonetti si conferma l’italiano più veloce del panorama delle road races ed entra nella sto-ria alla NW200. Dopo la Pole Position al Tourist Trophy del 2017 (e purtroppo la sfortuna in gara) con la Paton S1R Lightweight, “Bonny” ha final-mente pareggiato i conti con una bellissima vitto-ria alla North West 200, da sempre considerata il prologo del Tourist Trophy, al via fra un paio di set-timane all’Isola di Man (in foto, Bonetti al TT 2018).

Una vittoria mai scontata, messa a rischio da di-versi duelli - fra gli altri con Jeremy McWilliams, ma anche e soprattutto con un Jamie Coward bat-tuto sul filo di lana, con poco più di mezzo secondo - davanti a gente del calibro Michael Rutter.

Bonetti diventa così il primo italiano a vincere la North West 200, regalando un’altra vittoria ad una Paton S2 Lightweight (qui la nostra prova della versione stradale) sempre più forza dominante della categoria nelle corse stradali.

STEFANO BONETTI VINCELA NORTH WEST 200

Il bergamasco si aggiudica

la Supertwin alla classica

irlandese con la Paton del

team VAS Engine

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REDAZIONEMaurizio Gissi Maurizio TancaCristina Bacchetti Marco Berti QuattriniAimone Dal Pozzo Umberto MongiardiniFrancesco PaolilloCollaboratori Nico CereghiniGiovanni ZamagniCarlo BaldiMassimo ZanzaniPiero BatiniAntonio GolaEnrico De VitaAntonio PriviteraAlfonso RagoMassimo ClarkeMax MorriAndrea BuschiPietro AmbrosioniLuca FrigerioAlberto CapraAlex Hodgkinson

PROGETTO GRAFICO Cinzia Giacumbo

IMPAGINAZIONEEleonora Moretti

VIDEOLuca Catasta, Fabrizio Partel, Camilla Pellegatta, Giovanna Tralli

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