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Indice
Premessa ...............................................................................................................................................7
Introduzione ........................................................................................................................................7
1. Cos’è un Comitato pari opportunità ............................................................................................8
2. Come nasce un Comitato pari opportunità...............................................................................16
3. Come lavora un Comitato pari opportunità..............................................................................23
4. Perché le cose funzionino ............................................................................................................31
5. Parole chiave..................................................................................................................................33
Fonti ....................................................................................................................................................34
Appendice ..........................................................................................................................................36
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Premessa
Il progetto Gelso ha posto al centro della sua azione lo studio delle cause che determinano
fenomeni di esclusione e/o segregazione professionale delle donne nel mercato del lavoro,
nonché la ricerca di soluzioni in grado di contribuire a superare eventuali meccanismi
discriminatori.
La presente pubblicazione1 si propone come guida orientata a fornire indicazioni pratiche per
la costituzione dei Comitati pari opportunità o per il consolidamento del loro ruolo, laddove
già esistenti.
Oltre alle fonti normative, nell’elaborazione delle indicazioni è stato dato grande peso ai
documenti di lavoro e all’esperienza sul campo maturata in alcuni contesti specifici2, in modo
tale da restare il più aderenti possibile alla realtà in cui tali organismi si trovano ad operare.
Introduzione
L’esistenza del Comitato pari opportunità all’interno di un ente rappresenta un’occasione
interessante di cambiamento e sviluppo organizzativo. Esso, infatti, può promuovere o
realizzare studi sulle dinamiche interne all’ente di appartenenza e, in base ai risultati delle
analisi effettuate, individuare e proporre interventi migliorativi. Il valore aggiunto che un
Comitato pari opportunità può produrre, dovuto alla sua natura e composizione, è l’adozione
di un approccio sensibile alle variabili di genere ad ogni livello di indagine e intervento, nonché
la possibilità di farsi soggetto attivo nella contrattazione decentrata, specifica quindi per
ciascuna realtà lavorativa, al fine di contribuire a rendere strutturali sia l’attenzione alle
dinamiche che determinano la posizione e le prospettive di donne e uomini all’interno delle
organizzazioni, sia la capacità di queste ultime di intervenire a correggere o prevenire
disuguaglianze e discriminazioni, con l’ambizione di valorizzare tutte le risorse umane, il
contributo che possono dare in prima persona alla realizzazione degli obiettivi strategici
dell’ente e alla trasformazione del suo modello organizzativo, di prevenire i conflitti e
migliorare il clima all’interno dell’ambiente di lavoro.
1 Sebbene la responsabilità del lavoro sia condivisa dalle autrici, a Marina Piazza va attribuita la progettazione del quaderno, mentre Erika Freschi si è occupata dell’elaborazione dei contenuti e della redazione dei testi. 2 Per i dettagli relativi alle fonti utilizzate si veda la relativa sezione.
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1. Cos’è un Comitato pari opportunità
I primi Comitati pari opportunità nascono all’interno di organizzazioni sia pubbliche, sia
private, alla fine degli anni ’80 a seguito dell’evoluzione della legislazione nazionale in materia
di pari opportunità e degli sviluppi della contrattazione collettiva. L’indicazione circa la
necessità della loro istituzione è contenuta in alcuni del Contratti Collettivi Nazionali di
Lavoro del pubblico impiego, mentre è più difficile trovare norme vincolanti nel settore
privato, dove pure esistono alcune esperienze di attivazione di Comitati pari opportunità.
Negli ultimi anni essi sono quasi spariti dal settore privato: il loro ruolo risulta bloccato
laddove le persone che ne fanno parte non ne riconoscono più l’utilità. In periodi di crisi o
difficoltà le priorità da affrontare sono diverse, spesso manca una sollecitazione da parte delle
aziende e del sindacato o vi è la percezione che la parità fra donne e uomini sia un processo
compiuto, dunque non richieda più l’intervento specifico del Comitato. In realtà, se anche così
fosse, quest’ultimo dovrebbe mantenere una parte importante in qualità di osservatorio delle
dinamiche interne di sviluppo e cambiamento che riguardano il personale. Il suo ruolo va però
personalizzato e ridefinito di volta in volta cercando di capire e immaginare il percorso più
adeguato al contesto di riferimento.
Recentemente sta invece tornando una “spinta di innovazione” nel settore pubblico,
soprattutto all’interno degli Enti locali, delle Università, di ASL e Aziende Ospedaliere,
caratterizzate da una forte femminilizzazione della forza lavoro, da problemi legati alla
gestione degli orari e all’inserimento delle nuove generazioni di donne lavoratrici.
Un ulteriore impulso allo sviluppo delle politiche di genere all’interno della Pubblica
Amministrazione, con il conseguente invito al consolidamento e al rafforzamento del ruolo
dei Comitati pari opportunità, è inoltre venuto dagli ultimi aggiornamenti del quadro
normativo nazionale (si pensi al Codice delle pari opportunità tra uomo e donna del 2006 e alla
Direttiva congiunta dei Ministeri per i Diritti e le Pari opportunità e per le Riforme e le Innovazioni nella
Pubblica Amministrazione del 2007).
Definizione Il Comitato pari opportunità è un organismo strategico che nasce per
promuovere concretamente l’attuazione dei principi di uguaglianza e pari
opportunità tra lavoratrici e lavoratori degli enti all’interno dei quali viene
istituito, facendo sì che l’essere donne o uomini non costituisca fattore di
discriminazione sul lavoro.
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Finalità e
obiettivi
strategici
La sua mission consiste nella promozione di azioni positive o altre misure atte
a creare condizioni di parità sostanziale tra lavoratrici e lavoratori
nell’ambito dei singoli contesti organizzativi, nonché l’eliminazione e la
prevenzione di ogni forma di discriminazione.
Al Comitato pari opportunità spetta inoltre l’individuazione delle priorità di
intervento specifiche per l’ente di appartenenza (quali ad esempio la
conciliazione tra esigenze professionali e personali/familiari delle lavoratrici
e dei lavoratori, i percorsi di carriera, la valorizzazione delle competenze o
altro) in ottica di genere.
Compiti A tale scopo raccoglie ed elabora dati e informazioni sulle dinamiche interne
all’ambiente di lavoro individuate come rilevanti dal punto di vista del loro
potenziale impatto su donne e uomini, partendo dal presupposto che alcuni
criteri, prassi o comportamenti, apparentemente neutri, possono in realtà
mettere lavoratrici o lavoratori in una situazione di svantaggio dovuta
proprio al loro essere donne o uomini e, in quanto tali, al loro trovarsi in
una certa posizione lavorativa o personale.
Sulla base degli studi effettuati e grazie al confronto sia interno alle/i suoi
componenti, sia con altri soggetti, il Comitato individua i fattori che
eventualmente ostacolino l’effettiva applicazione del principio di pari opportunità
tra donne e uomini sul lavoro.
Propone e promuove la realizzazione d’interventi, iniziative o progetti, denominati
azioni positive, che mirano a superare le potenziali o effettive
discriminazioni rilevate a danno di uno dei due generi, per valorizzare tutte
le persone che lavorano per l’ente.
Si fa inoltre promotore della diffusione di informazioni e della sensibilizzazione su
tematiche relative ai principi di pari opportunità e uguaglianza di genere, in
attuazione della normativa nazionale e comunitaria vigente.
Composizione Ciascun Comitato pari opportunità è costituito da pari numero di
rappresentanti sindacali, appartenenti a ciascuna sigla firmataria del
contratto (non necessariamente coincidenti con l’RSU) e di parte datoriale.
Elegge al proprio interno una/un Presidente, normalmente scelta/o tra le/i
rappresentanti dell’ente, e una/un Vicepresidente, eventualmente di parte
sindacale.
Per ogni componente effettiva/o viene nominata/o una/un supplente.
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Quadro
normativo
Il funzionamento dei Comitati pari opportunità non è regolamentato da
un’unica norma. Al contrario le indicazioni che li riguardano sono contenute
in diversi testi di legge e altre fonti (decreti, circolari, ecc.) i cui tratti
fondamentali verranno tra breve delineati. Grande importanza riveste inoltre
la riflessione che può essere fatta sulle esperienze concrete dei Comitati
esistenti, stimolo fondamentale a confrontare i principi teorici con la realtà
dei contesti lavorativi, l’utilità degli interventi proposti e la loro effettiva
capacità di ottenere risultati.
Più che mai teoria e pratica, lavoro sul campo e riflessione sui suoi esiti
devono procedere di pari passo affinché le organizzazioni siano in grado di
recepire le chiavi di lettura e gli interventi migliorativi proposti.
Esamineremo ora come nasce un Comitato pari opportunità, iniziando dal
piano teorico, per poi proseguire con alcune indicazioni pratiche e operative.
Vengono di seguito elencati i principali riferimenti normativi riguardanti
l’istituzione e il funzionamento dei Comitati, accompagnati da una breve
sintesi del rispettivo contenuto. I testi integrali degli articoli selezionati
possono essere consultati in Appendice.
Legge 125/91
Articoli 5, 6, 7
Legge 10 aprile 1991, n. 125 “Azioni positive per la realizzazione della
parità uomo-donna nel lavoro”
Istituisce presso il Ministero del Lavoro il Comitato nazionale per
l’attuazione dei principi di parità di trattamento ed uguaglianza di
opportunità tra lavoratori e lavoratrici, definendone finalità, composizione e
compiti.
Le indicazioni fornite dalla legge per l’organismo istituito a livello nazionale
possono essere utilizzate come spunto e termine di confronto per le attività
dei Comitati appartenenti alle singole organizzazioni.
Dlgs 29/93 [Decreto Legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 “Razionalizzazione
dell’organizzazione delle Amministrazioni Pubbliche e revisione della
disciplina in materia di pubblico impiego, a norma dell’articolo 2
della Legge 23 ottobre 1992, n. 421”]
[Abrogato: i principi in essi contenuti in materia di parità e pari opportunità
vengono ripresi dal Decreto Legislativo 30 marzo 2001, n. 165 “Norme
generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle Amministrazioni
Pubbliche”]
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Dlgs 165/01
Articoli 7 e 57
Decreto Legislativo 30 marzo 2001, n. 165 “Norme generali
sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle Amministrazioni
Pubbliche”
Afferma la necessità di adozione dei principi di parità e pari opportunità e di
diffusione di una cultura di genere nelle Pubbliche Amministrazioni,
indicando in quali ambiti di applicazione e attraverso quali azioni sia
auspicabile operare, con riferimento, in particolare, ai criteri da utilizzare
nella gestione delle risorse umane, al funzionamento delle commissioni di
concorso, all’adozione di atti regolamentari specifici in attuazione della
normativa vigente (nazionale ed europea), alla partecipazione a interventi
formativi e di aggiornamento da parte di donne e uomini e alle modalità
organizzative degli stessi, al finanziamento di azioni positive e dell’attività
del Comitato pari opportunità.
Circ. 12/93 Circolare 24 marzo 1993, n. 12, Presidenza del Consiglio dei Ministri
“Gestione delle risorse umane e pari opportunità. Indirizzi applicativi
direttive CE. Decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29”
Raccomanda di provvedere, ove non fosse già avvenuto, alla costituzione
dei Comitati pari opportunità previsti dagli accordi nazionali di lavoro dei
comparti del pubblico impiego e fornisce indicazioni circa compiti e
funzioni, componenti e forme di regolamentazione.
CCNL Regioni e
Autonomie Locali
Titolo III,
Articolo 19
CONTRATTO COLLETTIVO NAZIONALE DI LAVORO per il
personale del Comparto delle Regioni e delle Autonomie Locali
successivo a quello dell'1.4.1999
Fornisce indicazioni dettagliate sulla composizione, i compiti e le regole per
il funzionamento dei comitati di comparto, nonché sulle misure che essi
sono tenuti ad adottare, di concerto con l’ente di appartenenza.
Indicazioni analoghe sono presenti in alcuni Contratti Collettivi di altri
comparti del pubblico impiego. Non essendo possibile in questa sede
analizzare nel dettaglio ciascun accordo, si è scelto di fornirne un solo caso,
esemplificativo del linguaggio e dei contenuti relativi alla specifica tematica.
Dlgs 198/06
Articolo 48
Decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198 “Codice delle pari
opportunità tra uomo e donna, a norma dell'articolo 6 della legge 28
novembre 2005, n. 246”
Ribadisce il ruolo consultivo dei Comitati pari opportunità nella redazione
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dei Piani triennali di azioni positive, alla cui stesura sono tenute le
Amministrazioni Pubbliche, strumenti di programmazione di interventi
specifici volti alla piena realizzazione delle pari opportunità tra donne e
uomini sul lavoro, quali l’inserimento di uno dei due generi nei settori e
livelli professionali in cui sono sottorappresentati, al fine di riequilibrare la
presenza femminile (o maschile, se necessario) dove tra donne e uomini
sussista un divario uguale o superiore ai due terzi.
Dirett. Maggio
2007 Articolo
3.V
Direttiva 23 maggio 2007, Ministro per le Riforme e le Innovazioni
nella Pubblica Amministrazione e Ministra per i Diritti e Pari
Opportunità “Sulle misure per attuare parità e pari opportunità tra
uomini e donne nelle Amministrazioni Pubbliche”
Focalizza l’attenzione sulla valorizzazione di donne e uomini quale elemento
fondamentale per il miglioramento della qualità dell’azione amministrativa,
sottolineando il ruolo propositivo e propulsivo delle Amministrazioni
Pubbliche ai fini dell’attuazione concreta del principio di pari opportunità e
della valorizzazione delle differenze nelle politiche del personale a livello sia
centrale, sia decentrato. Il rafforzamento del ruolo e l’importanza dei
Comitati pari opportunità vengono inseriti nel quadro più ampio delle linee
di azione a cui le Pubbliche Amministrazioni devono attenersi per attuare le
pari opportunità al loro interno, relative all’eliminazione e la prevenzione
delle discriminazioni; all’adozione di piani triennali di azioni positive;
all’organizzazione del lavoro, flessibile e favorevole alla conciliazione dei
tempi e valorizzazione delle competenze di lavoratrici e lavoratori;
all’attuazione di politiche mirate di reclutamento e gestione del personale; a
interventi di formazione e cultura organizzativa orientata al rispetto e alla
valorizzazione delle diversità e al superamento degli stereotipi, nell’ottica di
un generale miglioramento dei servizi resi alle/ai cittadine/i e alle imprese.
In particolare ai Comitati pari opportunità viene fatto riferimento in quanto
costituiscono una delle forme di partecipazione e consultazione di cui le
Amministrazioni devono tener conto per la redazione dei Piani triennali di
azioni positive. La Direttiva in esame invita inoltre gli enti a rafforzare il
ruolo di tali organismi, attraverso la creazione di condizioni che ne
favoriscano l’effettiva operatività.
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Contesto
teorico di
riferimento
Al di là degli obblighi e degli adempimenti di legge, perché un Comitato pari
opportunità riesca davvero a funzionare e a realizzare azioni efficaci in ottica
di genere è necessario che le/i suoi componenti siano consapevoli del
quadro culturale e teorico all’interno del quale gli interventi che propongono
devono collocarsi: l’evoluzione dei concetti (e delle politiche) di tutela,
parità, pari opportunità e valorizzazione delle differenze di genere, dei cui
passaggi essenziali proponiamo una sintesi.
Dal punto di vista del diritto tutti i cittadini della nostra democrazia, donne
e uomini, sono uguali di fronte alla legge, che si applica a chiunque
indistintamente e senza privilegi. L’uguaglianza non è dunque una
condizione di fatto o un dato spontaneo della realtà (nelle società gli
individui sono diversi fra loro) ma una regola formale che impone di
considerare uguali le persone - cittadine/i – rispetto alla legge (Cost., art. 3,
comma 1). Non si tratta di un principio scontato: la legislazione in materia di
lavoro, ad esempio, ha a lungo previsto misure di sola tutela delle donne in
quanto soggetti deboli, non riconoscendo loro, quindi, una posizione paritaria
rispetto agli uomini nei diversi ambiti della vita sociale e privata o addirittura
discriminandole.
Una volta garantiti a tutti gli stessi diritti sul piano delle norme, rimangono
le differenze di fatto che rendono diseguali le posizioni effettive delle/dei
cittadini: può trattarsi di diversità sociali, economiche, di genere (derivanti
dal significato culturale attribuito all’essere donne o uomini), ideologiche o
altro. Al fine di raggiungere l’uguaglianza sostanziale compensando le
eventuali situazioni di sfavore, la legge introduce discipline differenziate che
garantiscono la promozione dei gruppi svantaggiati (Cost., art. 3, comma 2).
Alcuni aspetti specifici dell’applicazione del principio di uguaglianza
sostanziale tra uomini e donne vengono riaffermati dal testo costituzionale a
proposito della parità di trattamento sul lavoro (Cost., art. 37), strumento
indispensabile per condurre un’esistenza libera e dignitosa e per trovarsi in
condizione di partecipare effettivamente alla vita e al governo della società.
Donne e uomini hanno gli stessi diritti connessi all’attività prestata,
compresa la parità di retribuzione a parità di lavoro. Viene però riconosciuta
la necessità di tutelare la particolare condizione femminile rispetto alla
maternità.
14
Donne e uomini hanno inoltre diritto di accesso a cariche elettive e uffici
pubblici in condizioni di parità, quest’ultima promossa dalla Repubblica in
un’ottica di pari opportunità tra i due generi (Cost., art. 51).
L’Ordinamento dello Stato ha recepito col tempo, grazie agli imput venuti
dall’evoluzione della normativa comunitaria, i principi espressi dal testo
costituzionale in materia di parità e pari opportunità sul lavoro.
La Legge 9 dicembre 1977, n. 903 “Parità di trattamento tra uomini e donne in
materia di lavoro” ha rappresentato il primo considerevole intervento
normativo in tema di parità di trattamento, concetto con il quale si
indicano:
- il divieto di discriminazione fondata sul sesso, riguardo a tutti i
momenti del ciclo lavorativo (assunzione, avanzamenti,
aggiornamento, ecc.);
- la parità di retribuzione per donne e uomini per lavori uguali o di
uguale valore;
- la tutela rispetto a lavori pesanti, maternità/paternità, lavoro
notturno.
Il concetto di parità di trattamento come divieto di discriminazione è stato
ripreso in anni più recenti da due decreti legislativi che lo ribadiscono in
relazione alle differenze di razza ed origine etnica (Decreto legislativo 9 luglio
2003, n. 215), di religione, convinzioni personali, handicap, età od
orientamento sessuale (Decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 216). Tra le
discriminazioni vietate vengono comprese anche le molestie sessuali.
Nonostante i limiti che vengono riconosciuti alla Legge 903/77 in relazione
sia al contenuto, sia alle sue concrete possibilità applicative, è proprio tale
norma a segnare il passaggio dalla dimensione di tutela a quella di parità.
L’attenzione della legge, però, si rivolge alla parità formale, trascurando
l’ulteriore principio di uguaglianza sostanziale.
La nozione di pari opportunità nel lavoro, ottenuta attraverso la
rimozione degli ostacoli, fondati sull’appartenenza ad un sesso o all’altro,
all’effettiva partecipazione e valorizzazione di donne e uomini, viene
introdotta nella legislazione italiana dalla Legge 10 aprile 1991, n. 125 “Azioni
positive per la realizzazione della parità uomo-donna nel lavoro”, la cui finalità
consiste nella promozione dell’occupazione femminile e la realizzazione
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dell’uguaglianza sostanziale tra donne e uomini sul lavoro, perseguita
attraverso la promozione di azioni positive. Tale legge rappresenta, insieme
al successivo Decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 196 “Disciplina dell’attività delle
consigliere e dei consiglieri di parità e disposizioni in materia di azioni positive”, la fase
più avanzata dell’attuazione della disciplina paritaria in Italia, dopo quanto
espresso dalla Costituzione e dalla legge 903/77.
La successiva Legge 25 febbraio 1992, n. 215 “Azioni positive per l’imprenditoria
femminile” promuove l’uguaglianza sostanziale e le pari opportunità per
donne e uomini nell’attività economica e imprenditoriale attraverso misure
che incentivano la creazione e lo sviluppo di attività autonome da parte delle
donne, il loro accesso alla formazione e al credito, la qualificazione e la
presenza di imprese gestite da donne in settori innovativi.
A metà degli anni ’90 un nuovo contributo fondamentale viene dal
panorama internazionale. Nel 1995 il documento conclusivo (“Piattaforma
d’Azione”) della IV Conferenza Mondiale delle Nazioni Unite sulle Donne,
tenutasi a Pechino, introduce ufficialmente il concetto di mainstreaming di
genere: la collocazione centrale e la considerazione sistematica delle
situazioni, condizioni ed esigenze, rispettivamente, di donne e uomini, in
ogni momento del processo di programmazione, realizzazione,
monitoraggio e valutazione delle politiche, allo scopo specifico di
promuovere l’uguaglianza tra i due generi, nel rispetto delle reciproche
differenze.
L’importanza che il tema della conciliazione tra tempi di vita e di lavoro
assume in ottica di genere viene ribadito dalla Legge 8 marzo 2000, n. 53
“Disposizioni a sostegno della maternità e paternità, per il diritto alla cura e alla
formazione e per il coordinamento dei tempi della città”, che promuove l’equilibrio
tra tempi di lavoro, di cura, di formazione e di relazione.
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2. Come nasce un Comitato pari opportunità
Abbiamo prima accennato all’importanza che, nel lavoro dei Comitati pari opportunità, riveste
la continua integrazione tra piano teorico-normativo ed esperienza sul campo. La sezione
presente e quella successiva forniscono alcuni suggerimenti da utilizzare per l’istituzione dei
Comitati pari opportunità e il loro funzionamento.
Le indicazioni così ottenute non sono vincolanti, ma hanno lo scopo di indicare un percorso
funzionale – a giudizio di chi scrive – all’avvio di un lavoro che dovrà, comunque, essere
calato nella realtà organizzativa di appartenenza, quindi personalizzato e messo in discussione,
aggiornato e migliorato, per continuare ad essere efficace. La prospettiva in cui ci si muove
riguarda principalmente gli enti pubblici, ma non esclude che le medesime attività possano
essere adattate anche al settore privato.
Cosa è
necessario
sapere
Innanzi tutto, in che modo si arriva a costituire un Comitato pari
opportunità? Com’è facile immaginare non è sufficiente che esso esista “sulla
carta” perché sia davvero in grado di produrre risultati.
Un primo importante passaggio è rappresentato dall’acquisizione di alcune
competenze di base da parte di lavoratrici e lavoratori dell’ente, attraverso la
partecipazione ad uno specifico percorso formativo. Più ampio e
diversificato – per numero, settore e livello di inquadramento – risulterà il
gruppo di partecipanti, maggiori saranno le possibilità di sostenere e radicare
il futuro lavoro del Comitato anche da parte di chi non si troverà coinvolto in
prima persona in qualità di componente dello stesso.
Conoscenza, comprensione e condivisione degli obiettivi strategici e dei
compiti del Comitato pari opportunità, nonché dei principi teorici e
normativi a cui fa riferimento, costituiscono infatti i presupposti essenziali
perché l’organismo in via di istituzione trovi in futuro all’interno del proprio
ente interlocutori sensibili, in grado di fornire indicazioni pertinenti e di
sostenere, secondo i rispettivi livelli e ambiti di responsabilità, iniziative e
progetti specifici.
Un programma formativo completo dovrebbe prevedere:
- un’introduzione teorica sui concetti di pari opportunità e mainstreaming di
genere;
- l’approfondimento degli aspetti specifici relativi alle competenze dei
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Comitati pari opportunità (riferimenti normativi, compiti, struttura,
strumenti di lavoro) e degli altri organismi di parità;
- le indicazioni metodologiche indispensabili all’adozione di un approccio
di genere, in grado di dare il giusto risalto al contributo sia femminile che
maschile in tutti gli ambiti e i livelli di intervento dell’organizzazione;
- alcuni moduli di approfondimento su temi selezionati in base alle
necessità dell’ente a cui ci si rivolge (politiche di conciliazione e strumenti
di flessibilità, segregazione e percorsi di carriera, gender budgeting, ecc.).
Tali approfondimenti hanno la funzione di fornire elementi concreti di
interpretazione dei bisogni legati alle caratteristiche di genere del contesto
specifico e per la definizione di possibilità effettive di intervento al suo
interno.
Particolare attenzione va infine prestata al coinvolgimento preliminare delle
organizzazioni sindacali firmatarie del CCNL, che dovranno designare tra
le/i propri iscritti le/i componenti del Comitato per la parte sindacale. La
loro partecipazione ad un percorso formativo specifico può in tal senso
diventare un importante strumento di sensibilizzazione.
Regolamento Sulla base delle competenze professionali di ciascuna/ciascun partecipante
alla formazione e con l’ausilio di quanto acquisito in materia di politiche di
genere e pari opportunità è necessario provvedere alla stesura di un
regolamento che entri nel dettaglio delle modalità operative di
funzionamento del Comitato che si intende istituire. Una volta redatto, il
regolamento dovrà essere approvato ufficialmente dagli organismi di governo
competenti.
Dal punto di vista dei contenuti vengono di seguito indicate le informazioni
che è opportuno siano comprese nel testo da adottare (anche sottoforma di
articoli del regolamento stesso). Ancora una volta è bene ribadire che ciascun
ente deve valutare, nel definire i dettagli utili al reale funzionamento del
proprio Comitato pari opportunità, priorità e le prassi interne consolidate,
insistendo maggiormente sugli elementi che potrebbero creare problemi o
viceversa contribuirebbero a risolvere difficoltà già note.
1.
Oggetto del
Indica la materia disciplinata (l’attività del Comitato pari opportunità dell’ente
istituito ai sensi della normativa vigente) e descrive la mission dell’organismo.
18
regolamento,
istituzione e
finalità
L’indicazione dei riferimenti dell’atto ufficiale di istituzione (Delibera,
Determina o altro) può venir inserita o meno. A rigore, seguendo la
procedura indicata in queste pagine, la prima stesura del regolamento precede
l’istituzione vera e propria del Comitato, il cui atto ufficiale potrà di
conseguenza essere indicato solo in un secondo momento.
È importante invece elencare in modo dettagliato i riferimenti di legge ai
sensi dei quali il Comitato viene istituito, con attenzione ad indicare – previa
attenta verifica – il CCNL di settore/comparto e i relativi articoli in cui venga
(eventualmente) citato l’obbligo di istituzione del Comitato pari opportunità,
di analoghi organismi paritetici di partecipazione (ad esempio il Comitato sul
fenomeno del mobbing) o l’assunzione di impegni più generali relativi
all’attuazione dei principi di pari opportunità.
2.
Composizione e
nomina
Il Comitato pari opportunità è un organismo paritetico, dunque composto da
pari numero di rappresentanti sindacali (una/un titolare e una/un supplente
per ogni sigla firmataria del CCNL di comparto) e di dipendenti dell’ente.
A titolo esemplificativo, se le organizzazioni sindacali firmatarie sono
quattro, ciascuna dovrà designare due propri rappresentanti (una/un titolare
e una/un supplente), per un totale di quattro titolari e quattro supplenti di
parte sindacale.
In parallelo l’ente dovrà nominare altrettante/i dipendenti (anche in questo
caso quattro titolari e quattro supplenti). La loro selezione può avvenire per
nomina diretta da parte, ad esempio, del Direttore Generale per gli enti locali
o del Rettore per le Università, sulla base dell’interesse e delle competenze
delle persone in materia di pari opportunità, oppure tramite elezioni delle/dei
candidati da parte delle/degli altri dipendenti, analogamente a quanto avviene
per l’elezione delle RSU aziendali. Tale opzione richiede un’organizzazione
più complessa e tempi più lunghi, ma rappresenta una prima occasione di
visibilità e trasparenza del nascente Comitato.
Una volta stilata la graduatoria tra le/i candidati si procede alla nomina
delle/dei primi classificati e delle/dei relativi supplenti.
L’individuazione delle/dei componenti del Comitato richiede alcune ulteriori
considerazioni. Innanzi tutto risulta cruciale la fase di identificazione delle
candidature. Pur senza che ciò costituisca necessariamente un vincolo, le/i
candidati “ideali” sono le persone che hanno partecipato ad un programma
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formativo specifico o che hanno acquisito analoghe competenze in altra sede.
Qualche difficoltà può essere trovata riguardo alla disponibilità da parte
sindacale ad assumere un ulteriore incarico di partecipazione e
contrattazione: ancor più va sottolineata l’importanza del coinvolgimento
preliminare delle diverse sigle.
3.
Durata in carica
Normalmente un Comitato pari opportunità dura in carica quattro anni,
scaduti i quali si procede a nuova nomina. Il Comitato uscente resta
comunque in carica fino all’insediamento di quello nuovo. Le/i componenti
possono essere rinnovate/i nell’incarico una sola volta.
4.
Funzionamento
La descrizione delle modalità operative di lavoro del Comitato comprende:
- la frequenza delle riunioni (ordinarie e straordinarie, in plenaria o in
gruppi di lavoro temporanei o permanenti), le rispettive procedure di
convocazione e i criteri che definiscono la validità delle sedute;
- le modalità di voto, deliberazione, stesura dei verbali e loro approvazione;
- la distinzione di ruolo tra componenti titolari e supplenti (è importante
che tutte/i siano costantemente informate/i delle convocazioni, dei
lavori in corso e degli esiti delle riunioni, per poter intervenire con
consapevolezza quando è necessario);
- i compiti di Presidente e Vicepresidente;
- la possibilità di partecipazione alle sedute del Comitato, a titolo solo
consultivo, di esperte/i invitate/i dal Comitato stesso;
- le modalità di decadenza dall’incarico (ad esempio a seguito di un certo
numero di assenze non giustificate) o di dimissioni volontarie;
- l’individuazione di persone o strutture a cui attribuire funzioni di
supporto e segreteria.
L’attività svolta dal Comitato è da considerarsi a tutti gli effetti orario di
lavoro. È possibile prevedere una modalità di rendicontazione periodica delle
ore lavorative effettivamente dedicate a tale attività.
5.
Funzioni e
compiti
Riprendendo la mission propria dei Comitati pari opportunità, vengono
sottolineate l’autonomia dell’organismo e la sua volontà/possibilità di
collaborare con realtà interne ed esterne all’ente, nonché le funzioni
specifiche che gli competono, delineate in modo più o meno dettagliato in
progetti e attività:
- Funzioni di studio e controllo, finalizzate al monitoraggio costante in
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ottica di genere della situazione del personale e degli atti ufficiali
dell’Ente:
- Elaborazione del rapporto annuale in ottica di genere sulla situazione
del personale maschile e femminile;
- Raccolta, analisi e valutazione di proposte di intervento su eventuali
casi di discriminazione segnalati da lavoratrici e lavoratori;
- Individuazione e monitoraggio dei fattori che possono ostacolare
l’effettiva realizzazione dei principi di parità di trattamento e pari
opportunità tra donne e uomini nel lavoro all’interno dell’ente;
- Monitoraggio e verifica finale degli esiti di specifiche iniziative o
progetti.
- Funzioni propositive, finalizzate alla formulazione di proposte
operative rispondenti alle necessità rilevate dall’attività di studio e
controllo:
- Progettazione e proposta di iniziative dirette al superamento di
eventuali casi di discriminazione rilevati, nonché alla rimozione di
comportamenti molesti e lesivi delle libertà e dignità dei singoli, donne
e uomini, e al superamento di atteggiamenti che possano
compromettere lo svolgimento e lo sviluppo di rapporti corretti tra le
persone;
- Definizione di piani di azioni positive a favore di lavoratrici e
lavoratori;
- Formulazione di progetti finalizzati alla partecipazione a bandi
pubblici e/o privati per la richiesta di finanziamenti esterni che
possano favorire l’attuazione di interventi specifici in materia di pari
opportunità all’interno dell’Ente, anche in collegamento con il
territorio di competenza;
- Elaborazione di proposte in merito a specifiche problematiche
concernenti l’educazione alla salute, l’igiene e la sicurezza sul lavoro,
prestando particolare attenzione alla maternità e, più in generale, alle
esigenze specifiche di donne e uomini in diversi momenti del ciclo di
vita.
- Funzioni informative e promozionali, finalizzate alla diffusione della
conoscenza di principi teorici, azioni e prodotti inerenti le attività del
21
Comitato:
- Attività di studio, ricerca e raccolta di documentazione sui principi di
parità e pari opportunità di cui alle leggi vigenti a livello sia nazionale,
sia europeo ed internazionale;
- Diffusione di informazioni e sensibilizzazione delle/dei dipendenti
dell’ente in merito alla cultura di genere e all’applicazione del principio
di pari opportunità nell’ambiente di lavoro;
- Organizzazione di iniziative specifiche per informare le lavoratrici e i
lavoratori dell’Ente sull’attività del Comitato.
- Funzioni deliberative e consultive, miranti all’effettiva integrazione
trasversale degli interventi in materia di pari opportunità tra uomini e
donne in tutte le politiche e i settori dell’ente:
- Intervento con propria/o rappresentante alle riunioni di Commissioni
interne all’ente che abbiano il compito di formulare proposte e
realizzare attività inerenti argomenti e materie di competenza del
Comitato (formazione, azioni positive, molestie sessuali o altre forme
di discriminazione, flessibilità degli orari di lavoro, part-time, processi
di mobilità e simili);
- Formulazione di pareri e/o raccomandazioni relativi ad
organizzazione degli uffici, attribuzione di mansioni e incarichi,
formazione e aggiornamento professionali, orari di lavoro e qualsiasi
fattore inerente l’organizzazione del lavoro che si ritenga abbia, o possa
avere, impatti diversi su lavoratrici e lavoratori;
- Formulazione di pareri sugli ambiti di intervento, le priorità e le
azioni da inserire nel Piano triennale di azioni positive, la cui redazione
è obbligatoria per ciascuna Amministrazione Pubblica;
- Stesura e/o revisione del regolamento per il funzionamento del
Comitato alla luce delle normative vigenti;
- Definizione del programma di lavoro annuale del Comitato,
elaborazione e diffusione della relativa relazione finale.
6.
Programma di
lavoro annuale
Il regolamento fornisce alcune indicazioni di metodo relative
all’organizzazione del lavoro del Comitato, che è utile venga pianificato
secondo un programma annuale di lavoro il quale individua le finalità da
perseguire, gli obiettivi specifici da raggiungere, i risultati attesi, la tempistica
22
e la suddivisione di compiti e risorse. Al termine di ciascun anno di attività il
Comitato comunica gli esiti del lavoro svolto e le relative valutazioni agli
organismi competenti e alla generalità delle lavoratrici e dei lavoratori
dell’ente, tramite una relazione sulle attività realizzate. Contestualmente
presenta il programma di lavoro per l’anno successivo.
Può essere opportuno prevedere un costante piano di aggiornamento e
formazione mirata per tutte/i le/i componenti del Comitato in carica, da
lasciare aperta eventualmente anche ad altre persone interessate, in modo da
favorire la diffusione capillare delle conoscenze in materia di pari opportunità
e politiche di genere.
7.
Risorse
finanziarie e
strumentali
A garanzia del corretto funzionamento dell’organismo in fase di istituzione
vanno individuate e descritte:
- la sede istituzionale e operativa, completa della necessaria
strumentazione;
- i fondi messi a disposizione dall’ente o a cui è possibile attingere
(finanziamenti esterni) e le relative responsabilità di gestione;
- le possibilità di collaborazione con altri enti e/o persone esterne.
8.
Rapporti tra
Comitato ed ente
Il regolamento definisce inoltre le responsabilità relative all’approvazione
degli atti ufficiali proposti dal Comitato (ad esempio il regolamento o l’atto di
nomina delle/dei componenti), le materie principali di competenza del
Comitato e le modalità di ricezione e invio delle relative informazioni tra
quest’ultimo e i referenti dell’ente esterni al Comitato stesso, meglio se
incaricati ad hoc per ogni specifico ambito di intervento.
9.
Rapporti tra
Comitato e
organizzazioni
sindacali
Lo stesso vale per i rapporti con il sindacato, tanto più importanti, dato il
ruolo che spetta al Comitato pari opportunità quale soggetto attivo della
contrattazione decentrata. A tale scopo è bene disporre di indicazioni precise
circa la trasmissione di documenti, pareri e decisioni assunte, nonché rispetto
agli impegni reciproci di collaborazione e interazione. Le informazioni e i
documenti assunti dal Comitato nel corso dei suoi lavori devono essere
utilizzati nel rispetto della normativa sulla protezione dei dati personali.
10.
Entrata in vigore
e disposizioni
finali
In conclusione vengono indicati i termini per l’entrata in vigore del
regolamento e per le eventuali successive modifiche o integrazioni dello
stesso. Per quanto non espressamente previsto si rimanda alle disposizioni
vigenti in materia di contratti.
23
3. Come lavora un Comitato pari opportunità
Entriamo ora nel vivo delle attività che un Comitato pari opportunità deve sviluppare.
Procederemo indicando gli ambiti d’intervento all’interno dei quali ciascun ente potrà
declinare le proprie priorità e le misure sulle quali intende effettivamente procedere.
Analisi di genere
dell’organizzazione
Il punto di partenza di qualsiasi intervento è una solida conoscenza –
in ottica di genere – del contesto a cui ci si rivolge: quante donne e
quanti uomini vi lavorano? In quali posizioni sono collocate/i? Da
quanto tempo? Chi sono queste persone (età, titolo di studio,
competenze, percorsi e aspirazioni professionali, situazione personale e
familiare)? Vi è corrispondenza tra la loro preparazione e le
responsabilità che devono assumere sul lavoro? Quanto guadagnano?
Quali orari svolgono? Con quali tipologie di contratto lavorano?
Il Comitato pari opportunità deve raccogliere i dati disponibili, che
l’Amministrazione è tenuta a fornire, e predispone un sistema di
elaborazione e analisi degli stessi funzionale ad individuare rispetto a
quali variabili è possibile rilevare le differenze più significative tra
donne e uomini. Alcuni esempi: la prevalenza maschile in posizioni
apicali e di maggiore prestigio, l’esistenza di settori interamente (o
quasi) occupati da uno dei due generi, l’esistenza di differenze nelle
retribuzioni legate ad elementi variabili quali benefit, premi o altro, la
maggiore “propensione” femminile ad utilizzare permessi e congedi
per motivi familiari, ecc. Può inoltre farsi promotore di indagini
conoscitive sulle/sui dipendenti, anche focalizzate su temi particolari
(ad esempio i bisogni di conciliazione espressi da donne e uomini).
Ogni anno deve essere redatto un Rapporto sulla situazione del
personale che restituisca i risultati dell’analisi effettuata, indicando il
parere del Comitato relativamente alle criticità sulle quali è prioritario
intervenire, le variabili che necessitano di maggiori approfondimenti e
gli elementi positivi che è possibile sottolineare. Tali risultati potranno
essere discussi con gli interlocutori del Comitato interni all’ente, in
modo tale che la riflessione su quanto messo in luce sia il più possibile
condivisa e aperta al contributo e al punto di vista di più soggetti,
24
comprese/i le/i beneficiarie/i degli interventi.
Promozione di
azioni positive
Deve esserci uno sforzo costante, da parte delle/dei componenti dei
Comitati pari opportunità e di chi ne sostiene l’operato, affinché
l’attività di tali organismi risulti presente e incisiva nella realtà di lavoro
a cui si rivolge. Essi devono diventare un punto di riferimento
concreto, grazie alla capacità di mettere in atto interventi che incidano,
migliorandole, sulle condizioni reali di lavoro di donne e uomini.
In particolare bisogna vigilare sull’impatto che le politiche di gestione
del personale e i comportamenti consolidati hanno o possono avere su
donne e uomini, al fine di prevenire o contrastare l’insorgere di
discriminazioni. Vanno quindi privilegiate le misure (azioni positive) in
grado di intervenire direttamente sulle cause di tali fenomeni o sui
fattori in apparenza neutri, che invece li influenzano o ne determinano
gli esiti negativi.
A seconda del contesto, disuguaglianze e discriminazioni potranno
essere rilevate in ambiti diversi, motivo per cui risulta difficile dare un
elenco esaustivo di interventi volti a contrastarle. Per ovviare a tale
difficoltà proponiamo non tanto un “catalogo” di azioni positive
realizzabili, ma una classificazione degli obiettivi specifici che esse
possono perseguire, per ciascuno dei quali vengono forniti alcuni
esempi operativi.
Si considerano azioni positive tutte le misure, interventi, iniziative o
progetti che abbiano lo scopo generale di promuovere concretamente
l’occupazione femminile3, rimuovendo gli ostacoli che di fatto
impediscono la realizzazione di pari opportunità sul lavoro, e che
mirano nello specifico a:
1) Eliminare le disparità di cui le donne sono oggetto nella
formazione, nell’accesso al lavoro, nella progressione di carriera,
3 Il rilievo dato da questa definizione, tratta dalla legge 10 aprile 1991, n. 125, non deve far perdere di vista l’importanza che nel lavoro dei Comitati pari opportunità assume l’adozione di un approccio di genere, in grado cioè di tenere sempre in considerazione il punto di vista sia femminile che maschile a tutti i livelli di programmazione, implementazione e valutazione degli interventi.
25
nella vita lavorativa e nei periodi di mobilità:
Organizzazione di moduli formativi a distanza o in orari
particolari;
Circolazione di informazioni relative a possibilità di
concorsi per progressione o mobilità interna;
Definizione di modalità di comunicazione in grado di non
escludere dai flussi informativi chi si assenta dal lavoro per
lunghi periodi (congedi di maternità o parentali, aspettative
per motivi di studio, malattia);
Nuova definizione dei criteri di valutazione del personale e
azioni di trasparenza in merito.
2) Favorire la diversificazione delle scelte professionali:
Azioni di bilancio di competenze e orientamento alle scelte
professionali;
Utilizzo della formazione come occasione di mobilità
interna tra uffici e settori dell’ente.
3) Superare condizioni, organizzazione e distribuzione del lavoro che
provocano effetti diversi a seconda del sesso, con danno alla
formazione, all’avanzamento professionale e di carriera, al
trattamento economico e retributivo:
Condivisione delle responsabilità professionali ai fini di una
maggiore flessibilità anche per ruoli apicali (job sharing);
Organizzazione del lavoro secondo standard di qualità e
obiettivi anziché sulla base di orari e tempi di permanenza
in ufficio;
Interventi rivolti contro fenomeni quali molestie sessuali e
mobbing.
4) Promuovere l’inserimento delle donne (o degli uomini) in attività,
settori e livelli in cui sono sottorappresentate/i:
Incentivi mirati per l’acquisizione delle competenze
necessarie da parte di chi non le possiede (piano
formativo);
Iniziative culturali e di sensibilizzazione contro gli
26
stereotipi esistenti.
5) Favorire l’equilibrio tra responsabilità familiari e professionali ed
una migliore ripartizione di tali responsabilità tra i sessi:
Attivazione di “sportelli di servizio” dedicati alla soluzione
di problemi di conciliazione (punto di ascolto, consulenze
personalizzate, circolazione di informazioni, etc.);
Iniziative dirette a sviluppare la conoscenza sempre più
approfondita delle esigenze di lavoratrici e lavoratori in
rapporto alle diverse articolazioni dell’ente;
Progetti di telelavoro o lavoro a distanza;
Orari flessibili (part-time orizzontale e verticale, banca delle
ore, fasce elastiche di entrata e uscita);
Attivazione di servizi (asili o altri servizi all’infanzia di
supporto alla gestione d’incombenze legate alla vita
personale e alla mobilità, etc);
Azioni mirate ad equilibrare la condivisione delle
responsabilità di cura all’interno della famiglia, attraverso
misure che abbiano gli uomini come principali destinatari
(ad esempio incentivi per l’utilizzo dei congedi parentali da
parte dei padri).
I Comitati pari opportunità devono promuovere la rimozione delle
discriminazioni, sia dirette, sia indirette. Ai fini di una maggiore
sistematicità ed incisività del proprio operato possono contribuire alla
redazione dei Piani triennali di azioni positive, strumenti di
programmazione, obbligatori per le Pubbliche Amministrazioni, che in
caso di mancato adempimento (ai sensi del Dlgs 165/2001, art. 6.6)
vengono sanzionate con il divieto di assunzione di nuovo personale,
compreso il personale appartenente a categorie protette. I piani
triennali sono finalizzati ad individuare e pianificare interventi
correttivi o di sostegno (azioni positive) rispetto a dinamiche
organizzative che abbiano causato o rischino di determinare situazioni
di squilibrio o discriminazione tra lavoratrici e lavoratori dell’ente,
nell’ottica di una piena valorizzazione di tutte le risorse umane.
La redazione dei Piani triennali prevede che vengano definiti, per ogni
27
azione positiva prevista nell’arco dei tre anni:
- il problema o la situazione a cui si intende far fronte;
- l’azione da realizzare per rimuovere gli ostacoli che impediscono la
piena realizzazione delle pari opportunità tra donne e uomini sul
lavoro;
- finalità, obiettivi specifici e risultati attesi dall’implementazione
dell’azione programmata;
- i passaggi operativi principali da realizzare;
- eventuali prodotti previsti;
- soggetti coinvolti (persone e/o uffici);
- costi;
- risorse finanziarie (capitoli di bilancio o altre fonti di
finanziamento – ad esempio regionali o comunitarie);
- tempi di realizzazione.
Formazione e
sensibilizzazione
Il Comitato pari opportunità è dunque chiamato a svolgere un ruolo
fortemente attivo e propositivo nell’individuazione e realizzazione di
soluzioni favorevoli e convenienti per la molteplicità di soggetti che
operano all’interno di uno specifico ambiente di lavoro. Perché tale
obiettivo venga effettivamente raggiunto è però di fondamentale
importanza che i principi di pari opportunità, non-discriminazione e
mainstreaming di genere siano compresi e condivisi dal maggior numero
possibile di persone.
La diffusione di tali conoscenze teoriche e delle loro auspicabili
ricadute sulla realtà lavorativa di donne e uomini può avvenire grazie
all’organizzazione di momenti di formazione dedicati, sottoforma di
percorsi specifici e approfonditi o anche di singoli moduli di “sola”
sensibilizzazione, da inserire in qualsiasi altro percorso formativo rivolto
a dipendenti. È inoltre possibile prevedere seminari, assemblee o altre
iniziative pubbliche, aperte al personale dell’ente, di approfondimento e
dibattito su argomenti di particolare interesse, in grado di fornire
spunti di interpretazione e intervento sulle dinamiche di genere
interne.
Un’efficace azione di sensibilizzazione può essere infine svolta con la
circolazione di pubblicazioni periodiche attraverso le quali tenere il
28
personale costantemente informato sulle attività promosse dal
Comitato pari opportunità e sui temi più generali che ne ispirano
l’azione: sono utili in tal senso newsletter, articoli, pagine web, notiziari
intranet, raccolte di documentazione accessibili on line o presso gli
uffici.
Cultura
organizzativa
Quanto illustrato stimola inevitabilmente i diversi soggetti coinvolti a
ragionare sulla cultura organizzativa del proprio ente, a valutare
l’impatto che alcune prassi consolidate hanno sui comportamenti e le
opportunità tra cui le persone si trovano effettivamente a scegliere:
quali prospettive comporta una scelta piuttosto che l’altra? Quali
impegni, vincoli, possibilità di riconoscimento? In base a quali priorità
vengono davvero prese le decisioni?
Il Comitato pari opportunità può contribuire ad ampliare le occasioni
reali di crescita e sviluppo professionale di lavoratrici e lavoratori,
nonché il raggiungimento degli obiettivi strategici dell’organizzazione,
ponendo in primo piano la qualità del lavoro e delle relazioni. È
possibile chiedere alle persone un maggiore impegno professionale in
termini di qualificazione, efficacia, efficienza ed assunzione di
responsabilità solo se vi è un ritorno coerente con le aspettative
individuali e il benessere organizzativo. La promozione di azioni
inerenti la vigilanza su fenomeni quali discriminazioni, mobbing,
molestie sessuali nei luoghi di lavoro costituisce uno stimolo
importante allo sviluppo di una cultura organizzativa lontana da
stereotipi sui ruoli che “spetterebbero” rispettivamente a donne o
uomini e alle aspettative “normalmente” rivolte nei loro confronti.
Risultano in tal senso utili, di conseguenza, interventi quali:
- l’adozione di Codici di condotta su molestie sessuali o mobbing;
- l’apertura di sportelli dedicati e/o la presenza di figure di supporto
e consulenza esperte/i in materia, quale la/il Consigliere di fiducia;
- lo studio e l’approfondimento costante su tali fenomeni grazie ad
indagini mirate.
Politiche di
reclutamento e
gestione del
Particolare attenzione dovrà infine essere dedicata dai Comitati pari
opportunità alle scelte inerenti la selezione e la gestione del personale,
nonché al rapporto di stretta collaborazione che deve essere instaurato
29
personale con gli uffici responsabili di tali interventi e della relativa
amministrazione. È, infatti, proprio nell’ambito delle scelte di
organizzazione del lavoro, della definizione dei criteri di valutazione
del personale e di attribuzione di compiti e responsabilità che si
giocano i presupposti per l’effettiva (o meno) realizzazione delle pari
opportunità tra donne e uomini.
Il Comitato pari opportunità è un gruppo di lavoro investito di specifiche responsabilità. Ciò
non significa che costituisca un organismo “chiuso” ed autosufficiente. La natura degli
interventi che deve promuovere implica piuttosto che esso diventi il fulcro di una rete più
ampia di soggetti – sia interni, sia esterni all’ente – capaci di e interessati a far circolare
informazioni e competenze, ad offrire il proprio contributo su temi particolari e a favorire il
dibattito sulle questioni aperte.
All’interno dell’ente si tratta di interlocutori individuati a priori per le rispettive competenze
(l’attività del Comitato deve essere prevalentemente rivolta all’interno dell’organizzazione di
appartenenza) o coinvolti ad hoc su iniziative specifiche:
- Ufficio/Settore Risorse umane;
- Uffici amministrativi e statistici;
- Altri uffici;
- Organizzazioni Sindacali;
- Dirigenti e quadri;
- Amministratori (livello politico).
I collegamenti esterni sono invece importanti per l’aggiornamento e la circolazione di
informazioni e altre esperienze in atto, la costruzione di partenariati che consentano di
individuare spunti per l’attività interna ed eventuali nuove risorse per attuarla:
- Istituzioni di parità (altri CPO, Consulte/Commissioni pari opportunità, reti
istituzionali dedicate, Consigliere di parità provinciali e regionali, Dipartimento Pari
Opportunità: Servizio per il coordinamento degli organismi di pari opportunità,
c/o il relativo Ministero);
- Associazionismo e terzo settore (associazioni interessate ad interventi in ottica di
genere, reti formali e informali);
- Associazioni di categoria;
30
- Singole persone esperte su temi specifici.
Una volta individuati tali soggetti, in un primo momento anche a livello informale, ad esempio
sulla base dell’interesse dimostrato in occasioni particolari o singoli progetti, è bene che le
collaborazioni assumano un carattere più riconoscibile, non tanto sul piano formale, quanto
dal punto di vista della visibilità e della chiarezza sulla loro natura, sul contributo che ciascuno
ha effettivamente portato o è disponibile a fornire.
A titolo esemplificativo si pensi ad una delle attività essenziali del Comitato pari opportunità:
l’analisi in ottica di genere della situazione del personale dell’ente. Il reperimento e
l’elaborazione dei dati richiede la collaborazione di uffici diversi, in primis quelli responsabili
della gestione delle risorse umane (contratti, stipendi, personale, ecc.). Una volta completata
l’analisi dei dati e formulate le proposte di intervento, il Comitato si impegna nel lavoro di
restituzione dei risultati. È in questa fase che può essere data la giusta visibilità a chi ha
collaborato, predisponendo ad esempio una presentazione di ciascun ufficio o soggetto, che
ne illustri il curriculum, le competenze e altri progetti attinenti già realizzati, al fine di stimolare
nuove collaborazioni e coinvolgere un numero sempre maggiore di soggetti (strutture e/o
persone) diversi tra loro per storia e capacità.
Per dare concretezza, oltre che visibilità, al proprio lavoro il Comitato pari opportunità deve
dotarsi di strumenti per la programmazione, l’attuazione, il monitoraggio e la valutazione delle
proprie attività, nonché per dare alle stesse la giusta visibilità all’interno dell’organizzazione e
non solo. L’utilizzo di piani di lavoro, indicatori, stati di avanzamento delle attività, database
sulla documentazione raccolta e/o prodotta, sito internet, periodici di informazione, ecc…
consente infatti sia di ottimizzare tempi, risorse ed energie dedicate al Comitato (non
dimentichiamo che spesso il lavoro per tale organismo si aggiunge alle mansioni ordinarie
delle/dei suoi componenti), sia a disporre in qualsiasi momento di una buona documentazione
o “memoria storica” di quanto realizzato, utile a dare visibilità al lavoro svolto, rendendolo
accessibile e comprensibile anche a chi non l’abbia seguito in prima persona. Viene inoltre in
tal modo posta la base perché quanto intrapreso abbia continuità, sebbene nel tempo cambino
le persone che ne assumono la responsabilità diretta.
31
4. Perché le cose funzionino
Il cerchio si chiude. Abbiamo esordito parlando dell’esistenza dei Comitati pari opportunità
come di un’occasione interessante di cambiamento e sviluppo organizzativo. Le capacità di
leggere l’organizzazione in ottica di genere, sviluppare alleanze, definire ed attuare piani di
lavoro mirati rappresentano importanti punti di forza. A questi vanno aggiunti la capacità di
accogliere – sia tra le/i propri componenti, sia in relazione agli interlocutori esterni – punti di
vista e caratteristiche differenti, per dare a ciascuno occasione di mettere in gioco abilità,
esperienze e poteri.
Qualsiasi forma di sostegno (operativa, amministrativa, politica, scientifica) può contribuire ad
ottenere risultati concreti, riconoscibili e misurabili, presupposto perché ulteriori proposte
siano ritenute credibili, pertanto appoggiate. Il Comitato, se vuole produrre innovazione, deve
evitare qualsiasi atteggiamento di tutela “a priori” e deve esporsi, prendere posizione e
mantenere un atteggiamento aperto al dialogo con chiunque esprima pareri e – perché no –
critiche.
Le organizzazioni cambiano di continuo e il Comitato pari opportunità può diventare
un’antenna sensibile, capace di intercettare i segnali di tale cambiamento, filtrando quelli
rilevanti da punto di vista di genere, dunque di interesse trasversale a tutte le donne e tutti gli
uomini che a quella specifica organizzazione appartengono. Ciascuna e ciascuno è chiamata/o
ad assumere in prima persona una parte di responsabilità “perché le cose funzionino” e
vengano raggiunti obiettivi comuni di qualità, efficienza, servizio e benessere sia individuale,
sia collettivo.
Certo non si tratta di un percorso semplice. Sono anzi molte le criticità a cui è probabile
andare incontro. Far fronte a difficoltà quali la scarsa conoscenza della normativa vigente, la
tendenza a lasciare inapplicati i principi anche quando sono noti o addirittura recepiti
formalmente in codici di condotta, dichiarazioni di intenti o altro, tutto ciò è parte integrante
dei “normali” compiti di un Comitato pari opportunità. Si procederà a piccoli passi,
presidiando con determinazione i rapporti tra ente e sindacato, sforzandosi di programmare e
realizzare azioni condivise da entrambe le parti e di assicurare la necessaria visibilità ai lavori in
corso e alle priorità strategiche che vi sottendono.
Le/i componenti del Comitato, prima di chiunque altro, devono pretendere che il loro lavoro
ottenga il giusto riconoscimento, non sulla base della rivendicazione di principi astratti – per
quanto legittimi – ma a partire dall’autorevolezza che può derivare dall’interesse suscitato dagli
32
studi condotti, dalle proposte che ne sono scaturite e, in una prospettiva di medio-lungo
termine, dall’efficacia dei risultati raggiunti.
Si tratta di un circuito virtuoso o negativo, a seconda della prevalenza dei punti di forza o delle
criticità: in positivo, più autorevolezza e riconoscimento il Comitato pari opportunità riesce ad
ottenere, maggiori risulteranno le occasioni in cui sarà non solo chiamato, ma legittimato a
partecipare attivamente, sia in sede di contrattazione, sia per esprimere pareri preventivi su
questioni di sua competenza, grazie alla specifica conoscenza dell’organizzazione e delle
dinamiche di genere al suo interno. E con l’aumentare di tali occasioni, il Comitato accrescerà
la propria esperienza, visibilità e preparazione, da utilizzare in contesti e livelli sempre più
qualificati.
33
5. Parole chiave
Parità di trattamento: trattamento equo in base al genere, inteso come divieto di
discriminazione fondata sul sesso, riguardo a tutti i momenti del ciclo lavorativo (assunzione,
avanzamenti, aggiornamento, ecc.); parità di retribuzione per donne e uomini per lavori uguali
o di uguale valore; tutela rispetto a lavori pesanti, maternità/paternità, lavoro notturno.
Pari opportunità: assenza di ostacoli, fondati sull’appartenenza ad un sesso o all’altro, alla
partecipazione alla vita economica, politica e sociale, in un’ottica di uguaglianza sostanziale.
Discriminazione diretta: atto, patto o comportamento che produca un effetto dannoso per
lavoratrici o lavoratori, a causa dell’adozione nei loro confronti di comportamenti differenziati
in ragione del sesso delle/degli interessate/i.
Discriminazione indiretta: disposizione, criterio, prassi, atto, patto o comportamento
apparentemente neutri, che in realtà mettono una lavoratrice o un lavoratore in posizione di
particolare svantaggio rispetto ad una lavoratrice o un lavoratore dell’altro sesso in situazione
analoga. Non si tratta di discriminazioni se i requisiti in questione sono essenziali allo
svolgimento dell’attività lavorativa, se l’obiettivo che giustifica il trattamento differenziato è
legittimo e se i mezzi impiegati per il suo conseguimento sono appropriati e necessari.
Azioni positive: misure, interventi, iniziative o progetti che mirano concretamente a
promuovere la rimozione degli ostacoli che di fatto impediscono la realizzazione di pari
opportunità sul lavoro.
Mainstreaming di genere: collocazione centrale e considerazione sistematica delle situazioni,
delle condizioni e delle esigenze, rispettivamente, di donne e uomini in ogni momento del
processo di programmazione, realizzazione, monitoraggio e valutazione delle politiche, allo
scopo specifico di promuovere l’uguaglianza tra i due generi.
34
Fonti4
Clara Bassanini e Erika Freschi (2007) Politiche di conciliazione e ruolo CPO nell'Ente locale:
orientamenti e scelte di intervento. Seminario rivolto alle/ai componenti il CPO del Comune di Pavia
relazione conclusiva del progetto Equal “Conpiùtempo. La rete delle città per la conciliazione”
(IT G2 LOM 043).
Bianchi Camilla e Termini Rosanna, La costituzione dei Comitati pari opportunità all’interno degli Enti
pubblici. L’esperienza dei comuni di San Donato Milanese e dell’Università degli Studi di Milano Bicocca,
tesi di Master in pari opportunità, Relatrice Prof.ssa Bianca Beccalli, Università degli Studi di
Milano, Anno accademico 2001/2002.
Circolare 24 marzo 1993, n. 12 Presidenza del Consiglio dei Ministri “Gestione delle risorse
umane e pari opportunità. Indirizzi applicativi direttive CE. Decreto legislativo 3 febbraio
1993, n. 29”
Comune di Bologna – Comitato aziendale per le pari opportunità, Relazione del Comitato
Aziendale anno 2000/2001, aggiornamento ottobre 2001.
Comune di Bresso (MI), Regolamento per la realizzazione e il funzionamento del Comitato per le pari
opportunità tra uomo e donna, 2006.
Comune di Genova, Fare la differenza. Azioni di pari opportunità 2002/2007, 2007-Anno europeo
delle pari opportunità per tutti.
Comune di Genova, Regolamento del Comitato d’Ente per le Pari opportunità.
Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro per il personale del Comparto delle Regioni e delle Autonomie
Locali successivo a quello dell'1.4.1999
Decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198 “Codice delle pari opportunità tra uomo e donna, a
norma dell'articolo 6 della legge 28 novembre 2005, n. 246”
Decreto Legislativo 30 marzo 2001, n. 165 “Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle
dipendenze delle amministrazioni pubbliche”
Dipartimento per le Pari Opportunità – Ufficio per gli interventi in materia di parità e pari
opportunità, Servizio Coordinamento organismi di parità e pari opportunità, Proposte per il
4 Viene in questa sede indicata la documentazione effettivamente consultata durante la stesura della Guida, senza fare riferimento alla più vasta bibliografia relativa allo studio dei principi di parità e pari opportunità e alle politiche ad essi collegate: essa costituisce lo sfondo, per così dire, del lavoro che non ha, però, le finalità di una ricerca teorica. Va piuttosto ancora una volta sottolineato che la “fonte” forse più importante utilizzata nell’elaborazione del testo è stata l’esperienza professionale sul campo, seguita dal confronto di quanto sperimentato nella pratica con il quadro teorico di riferimento.
35
superamento delle “problematiche di percorso” dei Comitati pari opportunità. Istituzione di un osservatorio on
line per le pari opportunità, documento di lavoro, 31.01.2006.
Dipartimento per le Pari Opportunità, Laboratorio dei Comitati pari opportunità, documento di
lavoro 23.05.2006
Direttiva 23 maggio 2007 Ministro per le Riforme e le Innovazioni nella Pubblica
Amministrazione e Ministra per i Diritti e Pari Opportunità “Misure per attuare parità e pari
opportunità tra uomini e donne nelle Amministrazioni Pubbliche”
Gender – Consulenza formazione ricerca (2001) Progetto per la valutazione dell’impatto di genere
della riforma della Pubblica Amministrazione sul lavoro femminile nell’ambito dell’Amministrazione
comunale, provinciale, dell’Università e dell’ERSU.
Legge 10 aprile 1991, n. 125 “Azioni positive per la realizzazione della parità uomo-donna nel
lavoro”
Università degli Studi di Pavia, Regolamento del Comitato per le pari opportunità, 2001
36
Appendice
Quadro normativo – Testi
Legge 10 aprile 1991, n. 125
“Azioni positive per la realizzazione della parità uomo-donna nel lavoro”
(G.U. n. 88 del 15.04.1991)
Art. 5
(Comitato nazionale per l'attuazione dei principi di parità di trattamento ed uguaglianza di opportunità tra
lavoratori e lavoratrici)
1. Al fine di promuovere la rimozione dei comportamenti discriminatori per sesso e di ogni
altro ostacolo che limiti di fatto l'uguaglianza delle donne nell'accesso al lavoro e sul lavoro e la
progressione professionale e di carriera è istituito, presso il Ministero del Lavoro e della
Previdenza Sociale, il Comitato nazionale per l'attuazione dei principi di parità di trattamento
ed uguaglianza di opportunità tra lavoratori e lavoratrici.
2. Fanno parte del Comitato:
a) il Ministro del lavoro e della previdenza sociale o, per sua delega, un Sottosegretario di
Stato, con funzioni di presidente;
b) cinque componenti designati dalle confederazioni sindacali dei lavoratori maggiormente
rappresentative sul piano nazionale;
c) cinque componenti designati dalle confederazioni sindacali dei datori di lavoro dei diversi
settori economici, maggiormente rappresentative sul piano nazionale;
d) un componente designato unitariamente dalle associazioni di rappresentanza, assistenza e
tutela del movimento cooperativo più rappresentative sul piano nazionale;
e) undici componenti designati dalle associazioni e dai movimenti femminili più
rappresentativi sul piano nazionale operanti nel campo della parità e delle pari opportunità nel
lavoro;
f) il Consigliere di parità componente la Commissione centrale per l'impiego.
3. Partecipano, inoltre, alle riunioni del Comitato, senza diritto di voto:
a) sei esperti in materie giuridiche, economiche e sociologiche, con competenze in materia di
lavoro;
37
b) cinque rappresentanti, rispettivamente, dei Ministeri della Pubblica Istruzione, di Grazia e
Giustizia, degli Affari Esteri, dell'Industria, del Commercio e dell'Artigianato, del
Dipartimento della Funzione Pubblica;
c) cinque funzionari del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale con qualifica non
inferiore a quella di primo dirigente, in rappresentanza delle Direzioni Generali per l'impiego,
dei rapporti di lavoro, per l'osservatorio del mercato del lavoro, della previdenza ed assistenza
sociale nonché dell'Ufficio centrale per l'orientamento e la formazione professionale dei
lavoratori.
4. I componenti del Comitato durano in carica tre anni e sono nominati dal Ministro del
Lavoro e della Previdenza Sociale. Per ogni componente effettivo è nominato un supplente.
5. Il Comitato è convocato, oltre che ad iniziativa del Ministro del Lavoro e della Previdenza
Sociale, quando ne facciano richiesta metà più uno dei suoi componenti.
6. Il Comitato delibera in ordine al proprio funzionamento e a quello del Collegio istruttorio e
della Segreteria tecnica di cui all'art. 7, nonché in ordine alle relative spese.
7. Il vicepresidente del Comitato è designato dal Ministro del Lavoro e della Previdenza
Sociale nell'ambito dei suoi componenti.
Art. 6
(Compiti del Comitato)
1. Per il perseguimento delle finalità di cui all'art. 5, comma 1, il Comitato adotta ogni
iniziativa utile ed in particolare:
a) formula proposte sulle questioni generali relative all'attuazione degli obiettivi della parità e
delle pari opportunità, nonché per lo sviluppo e il perfezionamento della legislazione vigente
che direttamente incide sulle condizioni di lavoro delle donne;
b) informa e sensibilizza l'opinione pubblica sulla necessità di promuovere le pari opportunità
per le donne nella formazione e nella vita lavorativa;
c) promuove l'adozione di azioni positive da parte delle istituzioni pubbliche preposte alla
politica del lavoro, nonché da parte dei soggetti di cui all'art. 2;
d) esprime, a maggioranza, parere sul finanziamento dei progetti di azioni positive ed opera il
controllo sui progetti in itinere verificandone la corretta attuazione e l'esito finale;
e) elabora codici di comportamento diretti a specificare le regole di condotta conformi alla
parità e ad individuare le manifestazioni anche indirette delle discriminazioni;
f) verifica lo stato di applicazione della legislazione vigente in materia di parità;
38
g) propone soluzioni alle controversie collettive, anche indirizzando gli interessati all'adozione
di piani di azioni positive per la rimozione delle discriminazioni pregresse e la creazione di pari
opportunità per le lavoratrici;
h) può richiedere all'Ispettorato del lavoro di acquisire presso i luoghi di lavoro informazioni
sulla situazione occupazionale maschile e femminile, in relazione allo stato delle assunzioni,
della formazione e promozione professionale;
i) promuove una adeguata rappresentanza di donne negli organismi pubblici nazionali e locali
competenti in materia di lavoro e formazione professionale;
l) redige il rapporto di cui all'art. 10.
Art. 7
(Collegio istruttorio e Segreteria tecnica)
1. Per l'istruzione degli atti relativi alla individuazione e alla rimozione delle discriminazioni e
per la redazione dei pareri al Comitato di cui all'articolo 5 e ai Consiglieri di parità, è istituito
un Collegio istruttorio così composto:
a) il vicepresidente del Comitato di cui all'articolo 5, che lo presiede;
b) un magistrato designato dal Ministero di Grazia e Giustizia fra quelli che svolgono funzioni
di giudice del lavoro;
c) un dirigente superiore del ruolo dell'Ispettorato del lavoro;
d) gli esperti di cui all'articolo 5, comma 3, lettera a);
e) il Consigliere di parità di cui all'articolo 8, comma 4.
2. Ove si renda necessario per le esigenze di ufficio, i componenti di cui alle lettere b) e c) del
comma 1, su richiesta del Comitato di cui all'articolo 5 possono essere elevati a due.
3. Al fine di provvedere alla gestione amministrativa ed al supporto tecnico del Comitato e del
Collegio istruttorio è istituita la Segreteria tecnica. Essa ha compiti esecutivi alle dipendenze
della presidenza del Comitato ed è composta di personale proveniente dalle varie direzioni
generali del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale, coordinato da un dirigente
generale del medesimo Ministero. La composizione della Segreteria tecnica è determinata con
decreto del Ministro del Lavoro e della Previdenza Sociale, sentito il Comitato.
4. Il Comitato ha facoltà di deliberare in ordine la stipula di convenzioni per la effettuazione di
studi e ricerche.
39
Decreto Legislativo 30 marzo 2001, n. 165
“Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni
pubbliche”
Art. 7
(Gestione delle risorse umane)
(Art. 7 del D.lgs n. 29 del 1993, come sostituito prima dall'art. 5 del D.lgs n. 546 del 1993 e poi
modificato dall'art. 3 del D.lgs n. 387 del 1998)
1. Le amministrazioni pubbliche garantiscono parità e pari opportunità tra uomini e donne per
l'accesso al lavoro ed il trattamento sul lavoro.
2. Le amministrazioni pubbliche garantiscono la libertà di insegnamento e l'autonomia
professionale nello svolgimento dell'attività didattica, scientifica e di ricerca.
3. Le amministrazioni pubbliche individuano criteri certi di priorità nell'impiego flessibile del
personale, purché compatibile con l'organizzazione degli uffici e del lavoro, a favore dei
dipendenti in situazioni di svantaggio personale, sociale e familiare e dei dipendenti impegnati
in attività di volontariato ai sensi della legge 11 agosto 1991, n. 266.
4. Le amministrazioni pubbliche curano la formazione e l'aggiornamento del personale, ivi
compreso quello con qualifiche dirigenziali, garantendo altresì l'adeguamento dei programmi
formativi al fine di contribuire allo sviluppo della cultura di genere della Pubblica
Amministrazione.
5. Le amministrazioni pubbliche non possono erogare trattamenti economici accessori che
non corrispondano alle prestazioni effettivamente rese.
6. Per esigenze cui non possono far fronte con personale in servizio, le amministrazioni
pubbliche possono conferire incarichi individuali ad esperti di provata competenza,
determinando preventivamente durata, luogo, oggetto e compenso della collaborazione.
Art. 57
(Pari opportunità)
(Art. 61 del D.lgs n. 29 del 1993, come sostituito dall'art. 29 del D.lgs n. 546 del 1993,
successivamente modificato prima dall'art. 43, comma 8 del D.lgs n. 80 del 1998 e poi dall'art.
17 del D.lgs n. 387 del 1998)
1. Le pubbliche amministrazioni, al fine di garantire pari opportunità tra uomini e donne per
l'accesso al lavoro ed il trattamento sul lavoro:
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a) riservano alle donne, salva motivata impossibilità, almeno un terzo dei posti di componente
delle commissioni di concorso, fermo restando il principio di cui all'articolo 35, comma 3,
lettera e);
b) adottano propri atti regolamentari per assicurare pari opportunità fra uomini e donne sul
lavoro, conformemente alle direttive impartite dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri -
Dipartimento della funzione pubblica;
c) garantiscono la partecipazione delle proprie dipendenti ai corsi di formazione e di
aggiornamento professionale in rapporto proporzionale alla loro presenza nelle
amministrazioni interessate ai corsi medesimi, adottando modalità organizzative atte a
favorirne la partecipazione, consentendo la conciliazione fra vita professionale e vita familiare;
d) possono finanziare programmi di azioni positive e l'attività dei Comitati pari opportunità
nell'ambito delle proprie disponibilità di bilancio.
2. Le pubbliche amministrazioni, secondo le modalità di cui all'articolo 9, adottano tutte le
misure per attuare le direttive della Unione Europea in materia di pari opportunità, sulla base
di quanto disposto dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione
pubblica.
41
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
CIRCOLARE 24 marzo 1993, n. 12
(GU n. 78 del 3-4-1993)
“Gestione delle risorse umane e pari opportunità. Indirizzi applicativi direttive CE.
Decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29”
A tutti i Ministeri: GabinettoDirezione Generale Affari Generali e Personale
Al Consiglio di Stato - Segretariato Generale Alla Corte dei Conti - Segretariato Generale Al Consiglio Superiore della Magistratura - Presidenza All'Avvocatura Generale dello Stato - Segretariato Generale Al Consiglio Nazionale dell'Economia e del Lavoro - Segretario Generale All'Istituto Nazionale di Statistica Alla Presidenza del Consiglio dei Ministri:
Segretariato Generale Ufficio del Coordinamento Amministrativo Dipartimento degli Affari Generali e del Personale Dipartimento per gli Affari Giuridici e Legislativi
Al Consiglio Superiore della Pubblica Amministrazione Alla Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione Alle aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo Ai Presidenti degli enti pubblici non economici compresi nel comparto di cui all'art. 3 del decreto del Presidente della Repubblica n. 68 del 1986 (per il tramite dei Ministeri vigilanti e degli organismi nazionali degli ordini e dei collegi professionali) Ai presidenti degli enti di ricerca e sperimentazione compresi nel comparto di cui all'art. 7 del decreto del Presidente della Repubblica n. 68 del 1986 (per il tramite dei Ministeri vigilanti) Ai Rettori delle Università Ai Presidenti delle giunte regionali e delle province autonome Ai Consorzi per le aree di sviluppo industriale (per il tramite della FICEI) Alle Unità Sanitarie Locali (per il tramite delle regioni) Agli Istituti di ricovero e di cura a carattere scientifico (per il tramite delle regioni) Agli Istituti zooprofilattici sperimentali (per il tramite delle regioni) Ai Comuni (per il tramite dei Prefetti) Alle Province (per il tramite dei Prefetti) Alle Comunità montane (per il tramite dei Prefetti) Alle Camere di Commercio, Industria ed Artigianato (per il tramite dell'Unioncamere) Agli Istituti autonomi per le case popolari (per il tramite dell'Aniacap) All'A.N.C.I.All'U.P.I.All'U.N.C.E.M.All'UnioncamereAll'Aniacap Alla Federazione Italiana Consorzi ed Enti di Industrializzazione Ai Commissari di Governo nelle Regioni a statuto ordinario Al Commissario del Governo nella Regione siciliana Al Rappresentante del Governo nella Regione sarda
42
Al Commissario del Governo nella Regione Friuli-Venezia Giulia Al Presidente della commissione di coordinamento nella regione Valle d'Aosta Al Commissario del Governo nella provincia di Trento Al Commissario del Governo nella provincia di Bolzano Ai Prefetti della Repubblica Ai Provveditorati agli studi Alla Presidente della Commissione nazionale per la parità donna-uomo, Presidenza del Consiglio dei Ministri Alla Vice presidente del Comitato nazionale per la parità donna-uomo, Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale Alla Presidente del Comitato nazionale per la parità donna-uomo nella scuola, Ministero della Pubblica Istruzione Ai comitati per le pari opportunità del settore pubblico
1) Premessa
Il decreto legislativo n. 29/1993 recepisce, agli articoli 7 e 61, i principi della "Carta
comunitaria dei diritti sociali fondamentali dei lavoratori" e le direttive e le disposizioni della
Comunità europea, inerenti la gestione delle risorse umane e le politiche di parità e pari
opportunità. Si è così realizzato un ulteriore progresso della legislazione italiana nell'ambito
della Comunità.
Il modello europeo del ruolo del lavoro, i cui lineamenti essenziali si è inteso introdurre,
impegna pienamente le Pubbliche Amministrazioni alla ridefinizione delle iniziative in tema di
parità e di pari opportunità, affinché esse competano sotto il profilo della tutela della dignità
della persona e dell’efficienza conseguita attraverso la più efficace e sensibile valorizzazione di
tutte le risorse umane.
2) Comitati per le pari opportunità
Alla luce delle considerazioni di cui alla premessa, si raccomanda di provvedere - ove ciò non
fosse già avvenuto - alla costituzione dei Comitati per le pari opportunità previsti dagli accordi
nazionali di lavoro dei comparti del pubblico impiego, il cui ruolo di riflessione, propositivo e
consultivo si ravvisa indispensabile per la nuova gestione delle risorse umane.
Della costituzione dei comitati dovrà essere data comunicazione, compilando l'allegata scheda,
all'Ufficio per la condizione femminile di questo Dipartimento entro il 30 aprile del corrente
anno. Così pure per le eventuali successive variazioni.
Rammentando che i componenti dei comitati possono essere di ambo i sessi, si segnala
l'opportunità di assicurarvi la presenza di funzionari preposti alla gestione del personale.
Le difficoltà in ordine alla costituzione dei comitati, rappresentate a questo Dipartimento dalle
amministrazioni con un numero esiguo di dipendenti, suggeriscono di provvedere, ove il
43
numero degli stessi sia inferiore a cento unità, alla costituzione di un unico comitato fra più
amministrazioni, previo accordo tra le medesime, prevedendo la nomina di un referente per
ciascuna amministrazione.
I comitati adottano un regolamento interno che ne disciplini l'attività.
I comitati devono inviare, almeno una volta all'anno, al Dipartimento della Funzione Pubblica
- Ufficio per la condizione femminile, una relazione sull'attività svolta.
La documentazione costituisce il supporto per il capitolo sulle pari opportunità da inserire
nella relazione al Parlamento sullo stato della Pubblica Amministrazione, e per il rapporto al
Parlamento Europeo sullo stato di attuazione dei piani di azioni positive del settore pubblico
negli Stati della Comunità Europea.
3) Compiti e funzioni dei Comitati per le pari opportunità e rapporti con le rispettive
amministrazioni
Ai Comitati per le pari opportunità sono affidati compiti di particolare rilevanza, per una
sensibile e attenta individuazione di azioni in favore del personale, al duplice scopo di
migliorare la qualità della vita nell'ambiente di lavoro e valorizzare le capacità di tutte le
persone, coinvolgendole nel processo di trasformazione del modello organizzativo
dell'amministrazione. Si raccomanda, pertanto, una continua e costante collaborazione tra
amministrazioni e comitati per quanto riguarda il flusso di informazioni attinenti ai dati
statistici del personale, alla formulazione di proposte, alla attuazione di iniziative.
Ai comitati è affidato il compito di mettere a fuoco i problemi concreti inerenti le tematiche
delle pari opportunità, di formulare proposte ed assicurare una continua collaborazione
all'amministrazione, ai fini della flessibile gestione delle risorse umane. Particolare rilievo
assumono i temi della educazione alla salute e le correlative proposte per l'adozione di
programmi di miglioramento della sicurezza e della salute sul lavoro.
Per l’elaborazione di tali proposte, con particolare riguardo alla prevenzione, i comitati
possono avvalersi della consulenza e del supporto delle strutture e dei presidi sanitari.
4) Piano di azioni positive
Per l'attuazione dei piani di azioni positive, l'Ufficio per la condizione femminile del
Dipartimento della Funzione Pubblica ha elaborato uno schema di piano triennale, che sarà
inviato a tutte le amministrazioni.
Si invitano le amministrazioni, ove avessero già adottato piani e/o progetti di azioni positive,
ad inviarne copia all'Ufficio per la condizione femminile di questo Dipartimento, Palazzo
44
Vidoni – Corso Vittorio Emanuele, 116 - 00186 Roma, tel. 06/6867852 – 68003370, fax
06/68003496.
Si informano, infine, le amministrazioni che sono allo studio interventi straordinari per
assicurare l'attuazione delle disposizioni della Comunità Europea, anche per quanto attiene un
riequilibrio della presenza femminile nei centri decisionali e l'adozione di misure tendenti a
migliorare la gestione delle responsabilità familiari. A tal proposito s'invitano i comitati a
promuovere incontri con le parti sociali, d'intesa con le amministrazioni, per individuare, a
livello territoriale, nuove forme di organizzazione dei servizi sociali, sulla base di quanto
indicato dalle direttive della Comunità Europea.
Le amministrazioni vorranno sin d'ora assicurare una significativa presenza femminile nelle
commissioni istituzionali e di studio presso ciascuna amministrazione.
5) Le azioni positive nel decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29.
I dati statistici evidenziano il massiccio ingresso delle donne nelle amministrazioni pubbliche,
in percentuali che, negli ultimi anni, hanno superato ampiamente il 50%. Si può quindi
affermare che, per quanto concerne l'accesso ai pubblici impieghi, il nostro paese ha
pienamente attuato le direttive della Comunità Europea.
Tuttavia dai dati statistici, distinti per sesso e livello, dei dipendenti pubblici si evidenzia
l’esigua presenza nelle qualifiche dirigenziali della donna, che pure, fin dall’approvazione della
legge 9 febbraio 1963, n. 66, ha il libero accesso a tutti gli impieghi pubblici.
Se ciò avviene ancora a distanza di trent’anni, occorrono interventi mirati per rimuovere gli
ostacoli che, di fatto, non consentono una adeguata presenza delle donne ai livelli decisionali.
Tra essi, certamente, l'insufficiente investimento nella formazione del personale femminile da
parte delle amministrazioni e i radicati pregiudizi, che incidono negativamente nelle valutazioni
delle commissioni di concorso per l'accesso alle qualifiche dirigenziali o per la progressione di
carriera delle donne.
Il decreto legislativo contiene alcune norme relative agli accessi e alla formazione, finalizzate
alla rimozione degli ostacoli sopra evidenziati, che di seguito si rammentano:
a) Accessi e carriera nelle pubbliche amministrazioni
Le commissioni di concorso dovranno essere composte per almeno un terzo da donne, come
previsto dall'art. 61 del decreto legislativo, che ha inteso in tal modo ottemperare alle
raccomandazioni della Comunità Europea di garantire la presenza di un componente sensibile
alle tematiche delle pari opportunità in ogni commissione di concorso.
* * *
45
Questo Dipartimento è stato sollecitato ad esprimersi in ordine alla interpretazione della
norma di cui all'art. 5, quarto comma, n. 19, del decreto del Presidente della Repubblica 10
gennaio 1957, n. 3, che limita la preferenza nei concorsi a pubblico impiego ai coniugati con
prole.
La materia dei concorsi formerà oggetto di apposito regolamento ai sensi dell'art. 41 del
decreto, ove i criteri di preferenza verranno ridefiniti in funzione dei principi affermati dal
decreto stesso e, pertanto, sopprimendo ogni forma di discriminazione fondata sullo stato
matrimoniale, come previsto dall'art. 1, punto 1, della legge 9 dicembre 1977, n. 903.
Occorre tuttavia rammentare che la norma sopra richiamata resta applicabile fino alla
emanazione del regolamento ex art. 41, sicché si pone comunque l'esigenza della sua
interpretazione, che non potrà che tener conto del principio enunciato all'art. 1, punto 1, della
legge sopraccitata. Ora, l'art. 19 della stessa legge dispone l'abrogazione di tutte le disposizioni
in contrasto con i principi affermati dell'art. 1, sicché l'art. 5, quarto comma, n. 19, va
interpretato nel senso che la preferenza ivi accordata spetti al candidato con figli,
prescindendo dal suo stato di coniugato; e in tal senso vanno, quindi, modificati i moduli e/o i
sistemi informativi attualmente utilizzati.
* * *
Infine, per dare ampia informazione ai cittadini della politica attuata dalla Pubblica
Amministrazione di allineamento al modello europeo per la gestione delle risorse umane e
delle pari opportunità, si ritiene opportuno che le amministrazioni, nella predisposizione degli
avvisi dei bandi di concorso, corso-concorso e corsi di formazione professionale, inseriscano il
punto 1 dell'art. 7 del decreto legislativo n. 29/1993.
b) Formazione professionale
L'art. 61 del decreto prevede la partecipazione delle dipendenti della Pubblica
Amministrazione ai corsi di formazione e/o aggiornamento professionale, in misura
proporzionale alla loro presenza nell'amministrazione stessa. L'attuazione di tale principio,
conformemente all’impostazione del decreto legislativo, richiede un approccio concreto. Ogni
amministrazione dovrà preoccuparsi, quindi, più che dell'assolvimento di adempimenti formali
che certifichino la possibilità offerta alle donne di accedere ai corsi, di assicurare le condizioni
che ne rendano effettiva la partecipazione, avvalendosi dell'apporto consultivo del Comitato.
Occorrerà dare ampia informazione sull’organizzazione dei corsi, strutturandoli secondo
modalità che favoriscano la partecipazione dei dipendenti in situazione obiettiva di svantaggio,
e sperimentando, eventualmente, nuove formule di "pacchetti" di apprendimento a distanza e
l'utilizzo di strumenti informatici.
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Si raccomanda l'inserimento, tra le materie del corso da organizzare, di un modulo relativo alle
tematiche di parità e pari opportunità, con particolare riferimento alla normativa europea e
nazionale e alle esperienze promosse e realizzate negli Stati della Comunità Europea.
6) Orario di lavoro
La circolare n. 8 del 9 marzo 1993 ha raccomandato di valutare, nella definizione dell'orario di
lavoro, particolari specifiche esigenze espresse dal personale che, per apprezzabili motivazioni,
necessita di forme flessibili di tale orario, sulla base di accertata documentazione e
compatibilmente con le esigenze organizzative dell'amministrazione. In tale valutazione dovrà
essere in ogni caso data priorità ai dipendenti in particolari situazioni di svantaggio personale,
familiare e sociale, come previsto dall'art. 7 del decreto legislativo, consultando al riguardo i
comitati. È intuitivo che dovranno essere adeguatamente considerate le esigenze delle
dipendenti con figli in tenera età, in considerazione dell'impegno di rilevante valore sociale da
esse assolto.
* * *
Il Dipartimento della funzione pubblica ha previsto un primo ciclo di incontri tecnico-
operativi, secondo il calendario allegato, ai quali sono invitati i responsabili del personale delle
amministrazioni e due rappresentanti per ciascun comitato.
[…]
Si assicura, per ogni ulteriore informazione in merito alla corretta attuazione e applicazione
delle norme inerenti le pari opportunità, la costante consulenza tecnico-operativa dell'Ufficio
per la condizione femminile del Dipartimento della Funzione Pubblica, che cura il
coordinamento dei Comitati per le pari opportunità del settore pubblico.
I Ministeri, le associazioni, le Unioni, i Presidenti delle giunte regionali e delle province
autonome, i Commissari di Governo e i Prefetti sono pregati, ciascuno nel proprio ambito, di
trasmettere copia della presente direttiva-circolare agli enti ed organismi vigilati ed associati,
che provvederanno all'attuazione della normativa in argomento nell'ambito della rispettiva
autonomia istituzionale ed ordinamentale.
p. Il Presidente:
SACCONI
47
CONTRATTO COLLETTIVO NAZIONALE DI LAVORO
per il personale del Comparto delle Regioni e delle Autonomie Locali successivo a
quello dell'1.4.1999
A seguito del parere favorevole espresso, in data 28.7.2000, dal Comitato di Settore del
comparto Regioni-Autonomie Locali sul testo dell'accordo relativo al CCNL per il personale
del Comparto delle Regioni e delle Autonomie Locali successivo a quello dell'1.4.1999 nonché
della certificazione della Corte dei Conti, in data 11 settembre 2000, sull'attendibilità dei costi
quantificati per il medesimo e sulla loro compatibilità con gli strumenti di programmazione e
di bilancio, il giorno 14 settembre 2000, alle ore 17,30, ha avuto luogo l'incontro tra:
L'ARAN: nella persona del Presidente, prof. Carlo Dell'Aringa (firmato) ed i rappresentanti
delle seguenti organizzazioni e confederazioni sindacali:
Organizzazioni Sindacali Confederazioni Sindacali
CGIL-fp/Enti Locali (firmato) CGIL (firmato)
CISL/FPS (firmato) CISL (firmato)
UIL/ee.ll (firmato) UIL (firmato)
Coordinamento Sindacale Autonomo
(Fiadel/Cisal, Fialp/Cisal, Cisas/Fisael,
Confail-Unsiau, Confill Enti Locali-Cusal,
Usppi-Cuspel-Fasil-Fadel) (firmato)
CONFSAL (firmato)
DICCAP – Dip. Enti Locali, Camere di
Commercio, Polizia Municipale (Fenal,
Snalcc, Sulpm) (firmato)
CISAL (firmato)
Al termine della riunione le parti hanno sottoscritto l'allegato CCNL relativo al personale del
Comparto delle Regioni e delle Autonomie Locali.
TITOLO III
Disposizioni particolari
Art. 19
(Pari opportunità)
1. Al fine di attivare misure e meccanismi tesi a consentire una reale parità tra uomini e donne
all'interno del comparto, nell'ambito delle più ampie previsioni dell'art. 2, comma 6, della L.
125/1991 e degli artt. 7, comma 1, e 61 del D.Lgs. n. 29/1993, saranno definiti, con la
contrattazione decentrata integrativa, interventi che si concretizzino in "azioni positive" a
favore delle lavoratrici.
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2. Presso ciascun ente sono inoltre costituiti appositi Comitati per le pari opportunità,
composti da un rappresentante dell'ente, con funzioni di Presidente, da un componente
designato da ognuna delle organizzazioni sindacali firmatarie del CCNL e da un pari numero
di funzionari in rappresentanza dell'ente, nonché dai rispettivi supplenti, per i casi di assenza
dei titolari.
3. I Comitati per le pari opportunità hanno il compito di:
a) svolgere, con specifico riferimento alla realtà locale, attività di studio, ricerca e
promozione sui principi di parità di cui alla L. 903/1977 e alla L. 125/1991, anche alla luce
dell'evoluzione della legislazione italiana ed estera in materia e con riferimento ai programmi
di azione della Comunità Europea;
b) individuare i fattori che ostacolano l'effettiva parità di opportunità tra donne e uomini nel
lavoro proponendo iniziative dirette al loro superamento alla luce delle caratteristiche del
mercato del lavoro e dell'andamento dell'occupazione femminile in ambito locale, anche con
riferimento alle diverse tipologie di rapporto di lavoro;
c) promuovere interventi idonei a facilitare il reinserimento delle lavoratrici dopo l'assenza
per maternità e a salvaguardarne la professionalità;
d) proporre iniziative dirette a prevenire forme di molestie sessuali nei luoghi di lavoro,
anche attraverso ricerche sulla diffusione e sulle caratteristiche del fenomeno e
l'elaborazione di uno specifico Codice di condotta nella lotta contro le molestie sessuali.
4. Gli enti assicurano, mediante specifica disciplina, le condizioni e gli strumenti idonei per il
funzionamento dei Comitati di cui al comma 2.
5. In sede di negoziazione decentrata a livello di singolo ente, tenendo conto delle proposte
formulate dai Comitati per le pari opportunità, sono concordate le misure volte a favorire
effettive pari opportunità nelle condizioni di lavoro e di sviluppo professionale, considerando
anche la posizione delle lavoratrici in seno alla famiglia, con particolare riferimento a:
a) accesso ai corsi di formazione professionale e modalità di svolgimento degli stessi;
b) flessibilità degli orari di lavoro in rapporto a quelli dei servizi sociali;
c) perseguimento di un effettivo equilibrio di posizioni funzionali a parità di requisiti
professionali, di cui si deve tener conto anche nell'attribuzione di incarichi o funzioni più
qualificate, nell'ambito delle misure rivolte a superare, per la generalità dei dipendenti,
l'assegnazione in via permanente di mansioni estremamente parcellizzate e prive di ogni
possibilità di evoluzione professionale;
d) individuazione di iniziative di informazione per promuovere comportamenti coerenti con
i principi di pari opportunità nel lavoro.
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6. Gli effetti delle iniziative assunte dagli enti, a norma del comma 5, formano oggetto di
valutazione dei Comitati di cui al comma 2, che elaborano e diffondono, annualmente, uno
specifico rapporto sulla situazione del personale maschile e femminile in ognuno dei profili
delle diverse categorie e in relazione allo stato delle assunzioni, della formazione e della
promozione professionale, dei passaggi di categoria e della progressione economica all'interno
della categoria nonché della retribuzione complessiva di fatto percepita.
7. I Comitati per le pari opportunità rimangono in carica per un quadriennio e comunque fino
alla costituzione dei nuovi. I loro componenti possono essere rinnovati nell'incarico per una
sola volta.
8. I Comitati per le pari opportunità si riuniscono trimestralmente o su richiesta di almeno tre
componenti.
50
Decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198
Codice delle pari opportunità tra uomo e donna, a norma dell'articolo 6 della legge 28
novembre 2005, n. 246
(Azioni positive nelle pubbliche amministrazioni - Decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 196, articolo 7,
comma 5)
1. Ai sensi degli articoli 1, comma 1, lettera c), 7, comma 1, e 57, comma 1, del decreto
legislativo 30 marzo 2001, n. 165, le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento
autonomo, le province, i comuni e gli altri enti pubblici non economici, sentiti gli organismi di
rappresentanza previsti dall'articolo 42 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 ovvero, in
mancanza, le organizzazioni rappresentative nell'ambito del comparto e dell'area di interesse,
sentito inoltre, in relazione alla sfera operativa della rispettiva attività, il Comitato di cui
all'articolo 10, e la consigliera o il consigliere nazionale di parità, ovvero il Comitato per le pari
opportunità eventualmente previsto dal contratto collettivo e la consigliera o il consigliere di
parità territorialmente competente, predispongono piani di azioni positive tendenti ad
assicurare, nel loro ambito rispettivo, la rimozione degli ostacoli che, di fatto, impediscono la
piena realizzazione di pari opportunità di lavoro e nel lavoro tra uomini e donne. Detti piani,
fra l'altro, al fine di promuovere l'inserimento delle donne nei settori e nei livelli professionali
nei quali esse sono sottorappresentate, ai sensi dell'articolo 42, comma 2, lettera d),
favoriscono il riequilibrio della presenza femminile nelle attività e nelle posizioni gerarchiche
ove sussiste un divario fra generi non inferiore a due terzi. A tale scopo, in occasione tanto di
assunzioni quanto di promozioni, a fronte di analoga qualificazione e preparazione
professionale tra candidati di sesso diverso, l'eventuale scelta del candidato di sesso maschile è
accompagnata da un'esplicita ed adeguata motivazione. I piani di cui al presente articolo hanno
durata triennale. In caso di mancato adempimento si applica l'articolo 6, comma 6, del decreto
legislativo 30 marzo 2001, n. 165.
2. Resta fermo quanto disposto dall'articolo 57, decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.
51
Direttiva sulle misure per attuare parità e pari opportunità tra uomini e donne nelle
Amministrazioni Pubbliche 23 maggio 2007
Ministro per le Riforme e le Innovazioni nella Pubblica Amministrazione e Ministra
per i Diritti e Pari Opportunità
Al Consiglio di Stato - Segretario Generale
Alla Corte dei Conti - Segretario Generale
All’Avvocatura generale dello Stato - Segretario Generale
Alla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Segretario Generale - Dipartimento per le risorse umane e i servizi informatici
All’ Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato - Direttore generale - Direzione per l’organizzazione e la gestione delle risorse
A tutti i Ministeri - Capi di Gabinetto - Uffici del personale, dell’organizzazione e della formazione
Alle Agenzie ex d.lgs. n. 300 del 1999 - Direttore Generale - Uffici del personale, dell’organizzazione e della formazione
A tutti gli Enti pubblici non economici - Presidente - Direttore generale - Uffici del personale, dell’organizzazione e della formazione
Agli Istituti ed Enti di ricerca - Presidente - Direttore generale - Uffici del personale, dell’organizzazione e della formazione
Alle Istituzioni universitarie - Direzione amministrativa
Alle Scuole di ogni ordine e grado - Dirigenza scolastica
Alla Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione - Direttore generale - Agli Istituti di alta formazione artistica e musicale Direzione amministrativa
Agli organismi di valutazione di cui al d.lgs. 286/1999 Agli uffici centrali del bilancio
e per conoscenza:
Alla Presidenza della Repubblica - Segretariato Generale
A tutte le Regioni A tutte le Province A tutti i Comuni A tutte le ASL
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All’A.N.C.I.All’U.P.I.All’U.N.C.E.M. Alla Conferenza dei Rettori delle università italiane Alle Consigliere di parità nazionale, regionale e provinciale Al Formez
- Direzione generale All’ A.R.A.N.
IL MINISTRO PER LE RIFORME E LE INNOVAZIONI NELLA PUBBLICA
AMMINISTRAZIONE
LA MINISTRA PER I DIRITTI E LE PARI OPPORTUNITA’
VISTI gli articoli 3, 4, 35, 36, 37, 97 della Costituzione della Repubblica Italiana
VISTA la Legge 20 maggio1970 n. 300 - Norme sulla tutela della libertà e dignità dei
lavoratori, della libertà sindacale e dell'attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul
collocamento
VISTA la Legge 8 marzo 2000, n. 53 recante “Attuazione della Direttiva 96/34/CE “Congedi
parentali”
VISTO il Decreto Legislativo del 26 marzo 2001 n. 151 “Testo unico delle disposizioni
legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità”, a norma
dell'articolo 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53
VISTO il Decreto legislativo 30 marzo, 2001 n. 165 - Norme generali sull'ordinamento del
lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche
VISTO il Decreto del Presidente della Repubblica 9 maggio 1994, n. 487, recante norme
sull'accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni e le modalità di svolgimento dei
concorsi, dei concorsi unici e delle altre forme di assunzione nei pubblici impieghi
VISTO il Decreto legislativo 11 aprile, 2006 n. 198 recante il “Codice delle pari opportunità
tra uomo e donna” ai sensi dell'articolo 6 della Legge. 28 novembre 2005, n. 246
VISTI i Contratti collettivi nazionali di lavoro relativi al personale delle amministrazioni
pubbliche
VISTA la decisione n. 771/2006/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 17 maggio
2006 che istituisce l'anno europeo per le pari opportunità
VISTA la direttiva 2006/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 5 luglio 2006
riguardante l'attuazione del principio delle pari opportunità e della parità di trattamento tra
uomini e donne in materia di occupazione e impiego; e in particolare l’art. 19, il quale prevede
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che “gli Stati membri tengono conto dell'obiettivo della parità tra gli uomini e le donne nel
formulare ed attuare leggi, regolamenti, atti amministrativi, politiche e attività nei settori di cui
alla presente direttiva”
VISTO il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 15 giugno 2006, recante delega
di funzioni del Presidente del Consiglio dei Ministri nelle materie concernenti la promozione
dei diritti della persona e delle pari opportunità nonché la prevenzione e la rimozione di ogni
forma e causa di discriminalità tra gli individui al Ministro senza portafoglio On. Dott.ssa
Barbara Pollastrini
VISTO il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 15 giugno 2006, recante delega
di funzioni del Presidente del Consiglio dei Ministri in materia di riforme ed innovazioni nella
pubblica amministrazione al Ministro senza portafoglio Prof. Luigi Nicolais
EMANANO LA SEGUENTE DIRETTIVA
1. PREMESSA
La modifica degli assetti istituzionali, la semplificazione dei procedimenti amministrativi, la
ridefinizione delle strutture organizzative, dei meccanismi operativi e delle stesse relazioni
sindacali, l’innovazione tecnologica, la pervasività degli strumenti digitali stanno modificando
profondamente le amministrazioni pubbliche.
La valorizzazione delle persone, donne e uomini, è un elemento fondamentale per la
realizzazione di questo cambiamento e richiede politiche di gestione e sviluppo delle risorse
umane articolate e complesse, coerenti con gli obiettivi di miglioramento della qualità dei
servizi resi ai cittadini e alle imprese. Occorre, pertanto, migliorare la qualità del lavoro, fornire
nuove opportunità di sviluppo professionale e rimuovere tutti gli ostacoli che ancora si
frappongono alla valorizzazione professionale e allo sviluppo di pari opportunità di carriera
per i lavoratori e le lavoratrici.
Valorizzare le differenze è un fattore di qualità dell’azione amministrativa: attuare le pari
opportunità significa, quindi, innalzare il livello dei servizi con la finalità di rispondere con più
efficacia ed efficienza ai bisogni delle cittadine e dei cittadini.
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Con l’emanazione della presente direttiva, coerentemente con gli obiettivi dell’”Anno europeo
delle Pari Opportunità per tutti”5 si intende contribuire a realizzare politiche per il lavoro
pubblico in linea con gli obiettivi posti dalla normativa in materia.
L’attuazione di queste politiche rappresenta ormai un’esigenza imprescindibile, considerata
anche l’attenzione che a livello comunitario si sta dedicando all’argomento e gli impegni che ne
derivano per l’ordinamento italiano: recentemente il Parlamento europeo ed il Consiglio
hanno adottato una nuova direttiva in materia (2006/54/CE) il cui termine di recepimento è
fissato al 15 agosto 2008, anche se molte disposizioni in essa contenute appaiono
immediatamente precettive.
Pur in presenza di un quadro normativo articolato permangono, anche nella pubblica
amministrazione ostacoli al raggiungimento delle pari opportunità tra uomini e donne. Gli
strumenti previsti dal legislatore non hanno ancora prodotto i dovuti risultati, come si evince
dai dati disponibili al riguardo. Nonostante la componente femminile del lavoro pubblico
sfiori il 54% del totale (con punte del 76% nel comparto scuola), le dirigenti di seconda fascia
sono il 25% e le dirigenti di prima circa il 15%. A livello di amministrazione centrale (Ministeri
ed Enti pubblici non economici) gli ultimi dati mostrano una presenza delle donne nelle fasce
dirigenziali un po’ più alta: le dirigenti di seconda fascia sono il 35% e le dirigenti generali di
prima fascia sono il 20%. Tutto questo avviene malgrado un elevato tasso di scolarizzazione e
specializzazione delle donne: le lavoratrici laureate sono circa il 60% del totale6.
Un divario significativo si rileva anche rispetto agli incarichi aggiuntivi: agli uomini è attribuito
il 56% del totale degli incarichi e alle donne il 44 %. Ma la differenza, a favore degli uomini,
aumenta considerando i compensi: le donne, infatti, percepiscono solo il 29% dei compensi e
gli uomini il 71% del totale. Ciò significa che le donne sono sfavorite sia nell’attribuzione sia
nella remunerazione degli incarichi aggiuntivi7
2. FINALITÀ DELLA DIRETTIVA
Le amministrazioni pubbliche debbono svolgere un ruolo propositivo e propulsivo ai fini della
promozione ed attuazione concreta del principio delle pari opportunità e della valorizzazione
5 L’anno sarà incentrato su quattro grandi obiettivi; i diritti, il riconoscimento, la rappresentanza, il rispetto. L’iniziativa sarà finalizzata ad informare gli europei dei loro diritti ad essere protetti contro le discriminazioni, garantiti dalle legislazioni europea e nazionale, a celebrare la diversità in quanto patrimonio dell’Unione europea, a promuovere le pari opportunità per tutti nella vita economica, sociale, politica e culturale. 6 Fonte: elaborazione Dipartimento Funzione Pubblica su dati conto annuale anni 2001-2005. 7 Fonte: elaborazione Dipartimento funzione pubblica su dati Anagrafe delle prestazioni anno 2004.
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delle differenze nelle politiche del personale, attraverso la rimozione di forme esplicite ed
implicite di discriminazione, l’individuazione e la valorizzazione delle competenze delle
lavoratrici e dei lavoratori.
In tal senso questa direttiva ha l’obiettivo di promuovere e diffondere la piena attuazione delle
disposizioni vigenti, aumentare la presenza delle donne in posizioni apicali, sviluppare
politiche per il lavoro pubblico, pratiche lavorative e, di conseguenza, culture organizzative di
qualità tese a valorizzare l’apporto delle lavoratrici e dei lavoratori delle amministrazioni
pubbliche.
La direttiva è destinata ai vertici delle amministrazioni ed in particolare ai/alle responsabili del
personale che dovranno orientare le politiche di gestione delle risorse umane e
l’organizzazione del lavoro - sia a livello centrale che a livello decentrato - secondo le linee di
azione delineate.
3. LE AZIONI DA SEGUIRE PER ATTUARE PARI OPPORTUNITÀ NELLE
AMMINISTRAZIONI PUBBLICHE
Si indicano di seguito le linee di azione a cui si devono attenere le amministrazioni pubbliche
per raggiungere gli obiettivi che la direttiva si propone.
Gli interventi indicati devono basarsi su attività di analisi o auto-valutazione, finalizzate
innanzi tutto all’individuazione, attraverso indagini, studi e attività di monitoraggio, delle
eventuali discriminazioni dirette e indirette da rimuovere con azioni positive.
I. Eliminazione e prevenzione delle discriminazioni
Le pari opportunità sono principio fondamentale e ineludibile nella gestione delle risorse
umane nelle pubbliche amministrazioni. Tale principio è espressamente enunciato nell’art. 7,
comma 1, del d.lgs n. 165 del 2001 in cui si prevede che “le amministrazioni pubbliche
garantiscono parità e pari opportunità tra uomini e donne per l’accesso al lavoro ed il
trattamento sul lavoro”.
Il presupposto per l’attuazione di una politica di promozione delle pari opportunità è
rappresentato dall’eliminazione delle discriminazioni esistenti e da un’attività di prevenzione
contro il loro verificarsi.
Le amministrazioni sono tenute a garantire e ad esigere l’osservanza delle norme che, in
attuazione dei ben noti principi costituzionali, vietano qualsiasi forma di discriminazione
diretta o indiretta (artt. 25 e 26 del d.lgs. 11 aprile 2006 n. 198) in riferimento ad ogni fase ed
aspetto della vita lavorativa.
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Si rammentano in questa sede gli espressi divieti di discriminazione relativi all’accesso al lavoro
(art. 15 della l. n. 300 del 1970 e artt. 27 e 31 - 33 del citato d.lgs. n. 198 del 2006), al
trattamento giuridico, alla carriera e al trattamento economico (artt. 28 e 29 del d.lgs. n. 198
del 2006), all’accesso alle prestazioni previdenziali (art. 30 del d.lgs. n. 198 del 2006), nonché i
divieti di porre in essere patti o atti finalizzati alla cessazione del rapporto di lavoro per
discriminazioni basate sul sesso (art. 15 L. n. 300 del 1970), sul matrimonio (art. 35 del del
d.lgs. n. 198 del 2006), sulla maternità - anche in caso di adozione o affidamento - e a causa
della domanda o fruizione del periodo di congedo parentale o per malattia del bambino (art.54
del d.lgs. n. 151 del 2001).
Come noto, la violazione di questi divieti, ribaditi recentemente dalla normativa comunitaria
(artt 4, 5 e 14 Direttiva 2006/54/CE) comporta la nullità degli atti, l’applicazione di sanzioni
amministrative, l’obbligo di reintegrazione nel posto di lavoro, oltre naturalmente alle
conseguenze risarcitorie nel caso di danno.
II. Adozione dei piani triennali di azioni positive
Le iniziative generali, da adottare per promuovere le pari opportunità nelle pubbliche
amministrazioni, debbono costituire oggetto di pianificazione, la quale rappresenta ormai uno
strumento comune per l’azione amministrativa (si coglie l’occasione per richiamare
l’attenzione sull’importanza che tale principio riveste anche nella programmazione dei
fabbisogni del personale e nella programmazione della formazione).
Si rammenta che l’art. 48 del d.lgs. n. 198 del 2006 (“Azioni positive nelle pubbliche
amministrazioni”) prevede che le pubbliche amministrazioni predispongano piani triennali di
azioni positive tendenti ad assicurare la rimozione degli ostacoli che, di fatto, impediscono la
piena realizzazione di pari opportunità di lavoro e nel lavoro.
Tra le finalità esplicite che i piani perseguono riveste importanza prioritaria la promozione
dell’inserimento delle donne nei settori e nei livelli professionali nei quali esse sono
sottorappresentate favorendo il riequilibrio della presenza femminile nelle attività e nelle
posizioni gerarchiche ove sussista un divario fra generi non inferiore a due terzi.
Si richiamano quindi le amministrazioni a dare attuazione alla previsione normativa sopra
indicata, nel rispetto delle forme di partecipazione sindacale e di consultazione previste dalla
normativa, ivi compresa la consultazione delle Consigliere di Parità, segnalando che la
medesima disposizione introduce quale sanzione per il caso di mancato adempimento il
divieto di assumere nuovo personale, compreso quello appartenente alle categorie protette.
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III. Organizzazione del lavoro
È necessario che l’organizzazione del lavoro sia progettata e strutturata con modalità che
favoriscano, per i lavoratori e per le lavoratrici, la conciliazione tra tempi di lavoro e tempi di
vita. Inoltre, è necessario valorizzare le competenze delle lavoratrici che rappresentano la
maggioranza del personale delle amministrazioni pubbliche, ma non sono proporzionalmente
presenti nelle posizioni di vertice.
A questo scopo le amministrazioni pubbliche, in particolare, devono:
a) attuare le previsioni normative e contrattuali in materia di lavoro flessibile, attribuendo
criteri di priorità - compatibilmente con l’organizzazione degli uffici e del lavoro – a
favore di coloro che si trovano in situazioni di svantaggio personale, sociale e familiare
e dei/delle dipendenti impegnati/e in attività di volontariato (art. 7 del d.lgs. n. 165 del
2001);
b) favorire la diffusione del telelavoro, attraverso la progettazione e la relativa
sperimentazione, secondo quanto previsto dalla contrattazione collettiva di lavoro,
evitando che lo strumento si traduca in fattore di discriminazione dei lavoratori e delle
lavoratrici coinvolte;
c) attivare progetti di miglioramento organizzativo volti alla valorizzazione delle
competenze attraverso, ad esempio, la mappatura delle competenze professionali,
strumento indispensabile per conoscere e valorizzare appieno gli apporti delle
lavoratrici e dei lavoratori;
d) favorire il reinserimento del personale assente dal lavoro per lunghi periodi (maternità,
congedi parentali ecc.) mediante l’adozione di misure di accompagnamento (ad
esempio istituzionalizzare/migliorare i flussi informativi tra amministrazione e
lavoratore o lavoratrice durante l’assenza) che assicurino il mantenimento delle
competenze dei lavoratori e delle lavoratrici, il loro accesso alla possibilità di
formazione oltre che la garanzia del proseguimento della carriera;
e) rispettare pienamente la normativa in materia di congedi parentali a favore delle
lavoratrici e dei lavoratori.
IV. Politiche di reclutamento e gestione del personale
Le politiche di reclutamento e gestione del personale devono rimuovere i fattori che
ostacolano le pari opportunità e promuovere la presenza delle lavoratrici nelle posizioni
apicali. Occorre, inoltre, evitare penalizzazioni nell’assegnazione degli incarichi, siano essi
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riferiti alle posizioni organizzative, alla preposizione agli uffici di livello dirigenziale o ad
attività rientranti nei compiti e doveri d’ufficio, e nella corresponsione dei relativi emolumenti.
A questo scopo le amministrazioni pubbliche, in particolare, devono:
a) rispettare la normativa in materia di composizione delle commissioni di concorso con
l’osservanza della riserva a favore delle componenti donne (art. 57, comma 1, lett. a,
del d.lgs. n. 165 del 2001 e art. 9, comma 2, del d.P.R. n. 487 del 1994);
b) osservare il principio di pari opportunità nelle procedure di reclutamento (art. 35,
comma 3, lett. c, del d.lgs. n. 165 del 2001) per il personale a tempo determinato e
indeterminato, ivi comprese le procedure di stabilizzazione del precariato di prossima
attuazione;
c) curare che i criteri di conferimento degli incarichi dirigenziali tengano conto del
principio di pari opportunità (art. 19, commi 4 bis e 5 ter del d.lgs. n. 165 del 2001 e
art. 42, comma 2, lett. d, del d.lgs. n. 198 del 2006);
d) individuare e rimuovere eventuali aspetti discriminatori nei sistemi di valutazione
privilegiando i risultati rispetto alla mera presenza;
e) monitorare gli incarichi conferiti sia al personale dirigenziale che a quello non
dirigenziale, le indennità e le posizioni organizzative al fine di individuare eventuali
differenziali retributivi tra donne e uomini e promuovere le conseguenti azioni
correttive;
f) adottare iniziative per favorire il riequilibrio della presenza femminile nelle attività e
nelle posizioni gerarchiche ove sussista un divario fra generi non inferiore a due terzi
(art. 48 del d.lgs. n. 198 del 2006).
V. Comitati Pari Opportunità
Come noto, i contratti collettivi hanno disciplinato la costituzione dei Comitati Pari
Opportunità (C.P.O.) quali organismi paritetici di confronto e di promozione delle iniziative
relative.
In proposito le amministrazioni pubbliche devono in particolare:
a) adottare le iniziative di competenza per la costituzione dei C.P.O. ove ancora non
esistenti;
b) favorire l'operatività dei CPO e garantire tutti gli strumenti idonei al loro
funzionamento secondo le previsioni dei rispettivi contratti collettivi;
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c) rafforzare il ruolo dei CPO all’interno dell’amministrazione attraverso la nomina, come
componenti di parte dell’amministrazione, di dirigenti/funzionari dotati di potere
decisionale;
d) nell’ambito dei vari livelli di relazioni sindacali previsti per le diverse materie, tenere in
adeguata considerazione le proposte formulate dal CPO per individuare le misure
idonee a favorire effettive pari opportunità nelle condizioni di lavoro e di sviluppo
professionale delle lavoratrici secondo quanto previsto dai contratti collettivi;
e) valorizzare e pubblicizzare con ogni mezzo, nell'ambito lavorativo, i risultati del lavoro
svolto dai CPO.
VI. Formazione e cultura organizzativa
La cultura organizzativa delle amministrazioni deve essere orientata alla valorizzazione del
contributo di donne e uomini. Il rispetto e la valorizzazione delle diversità sono un fattore di
qualità sia nelle relazioni con i cittadini e le cittadine (front office), sia nelle modalità lavorative
e nelle relazioni interne all’amministrazione (back office). Occorre, pertanto, che le culture
organizzative superino gli stereotipi (la “neutralità” non sempre è sinonimo di equità) e
adottino modelli organizzativi che rispettino e valorizzino le donne e gli uomini.
La formazione rappresenta una leva essenziale per l’affermazione di questa nuova cultura
organizzativa orientata al rispetto e alla valorizzazione delle diversità e al superamento degli
stereotipi nell’ottica di un generale miglioramento dei servizi resi ai cittadini e alle imprese.
A questo scopo le amministrazioni pubbliche devono:
a) garantire la partecipazione delle proprie dipendenti ai corsi di formazione e di
aggiornamento professionale in rapporto proporzionale alla loro presenza, adottando
le modalità organizzative idonee a favorirne la partecipazione, consentendo la
conciliazione tra vita professionale e vita familiare (art. 57, comma 1, lett. d, del d.lgs.
n. 165 del 2001);
b) curare che la formazione e l’aggiornamento del personale, ivi compreso quello con
qualifica dirigenziale, contribuiscano allo sviluppo della “cultura di genere” innanzi
tutto attraverso la diffusione della conoscenza della normativa a tutela delle pari
opportunità e sui congedi parentali, inserendo moduli a ciò strumentali in tutti i
programmi formativi (art. 7, comma 4, del d.lgs. n. 165 del 2001);
c) avviare azioni di sensibilizzazione e formazione della dirigenza sulle tematiche delle
pari opportunità;
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d) produrre tutte le statistiche sul personale ripartite per genere. La ripartizione per
genere non deve interessare solo alcune voci, ma tutte le variabili considerate
(comprese quelle relative ai trattamenti economici e al tempo di permanenza nelle
varie posizioni professionali) devono essere declinate su tre componenti: uomini,
donne e totale;
e) utilizzare in tutti i documenti di lavoro (relazioni, circolari, decreti, regolamenti, ecc.)
un linguaggio non discriminatorio8 come, ad esempio, usare il più possibile sostantivi o
nomi collettivi che includano persone dei due generi (es. persone anziché uomini,
lavoratori e lavoratrici anziché lavoratori);
f) promuovere analisi di bilancio che mettano in evidenza quanta parte e quali voci del
bilancio di una amministrazione siano (in modo diretto o indiretto) indirizzate alle
donne, quanta parte agli uomini e quanta parte a entrambi. Questo anche al fine di
poter allocare le risorse sui servizi in funzione delle diverse esigenze delle donne e
degli uomini del territorio di riferimento (ad esempio redigendo bilancio di genere9). Si
auspica pertanto che i bilanci di genere diventino pratica consolidata nelle attività di
rendicontazione sociale delle amministrazioni.
Inoltre, le Scuole di formazione per le amministrazioni pubbliche devono inserire moduli
obbligatori sulle pari opportunità in tutti i corsi di gestione del personale da esse organizzati,
ivi compreso nei corsi per la formazione di ingresso alla dirigenza.
4. L’ATTUAZIONE DELLA DIRETTIVA
Le amministrazioni sono tenute ad adottare tutte le iniziative necessarie all’attuazione della
direttiva anche avvalendosi della collaborazione del CPO. Entro il 20 febbraio di ogni anno la
direzione del personale, in collaborazione con il CPO, redige una relazione di sintesi delle
azioni effettuate nell’anno precedente e di quelle previste per l’anno in corso.
La relazione dovrà contenere:
8 Si veda al riguardo: Fioritto, A., (1999) Manuale di Stile: strumenti per semplificare il linguaggio delle amministrazioni pubbliche. Proposte e materiali di studio, Bologna, il Mulino. Alma Sabatini (1987) Raccomandazioni per un uso non sessista della lingua italiana in Il sessismo nella lingua italiana per la Presidenza del Consiglio dei Ministri e Commissione Nazionale per la Parità e le Pari Opportunità tra uomo e donna. 9 Il bilancio di genere prevede che all’interno dei programmi, delle azioni e delle politiche di bilancio, entrate e le uscite siano valutate e ristrutturate in modo da prendere in considerazione le priorità e le necessità delle donne allo stesso modo che quelle degli uomini, con l’obiettivo finale di realizzare una parità effettiva. Si veda anche gli atti del convegno “Bilancio di genere”: strumento per la scelta equa e consapevole delle risorse (Roma 5 dicembre 2006) organizzato dalla Corte dei Conti.
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- una descrizione in forma anonima del personale suddiviso per genere;
- la descrizione delle azioni realizzate nell’anno con l’evidenziazione, per ciascuna di
esse, dei capitoli si spesa e dell’ammontare delle risorse impiegate;
- la descrizione delle azioni da realizzare negli anni successivi con l’evidenziazione, per
ciascuna di esse, dei capitoli di spesa e dell’ammontare delle risorse da impegnare.
La relazione verrà firmata oltre che dal/dalla responsabile del personale anche dal/dalla
presidente del CPO.
A tal fine, si richiede che le amministrazioni pubbliche evidenzino nei propri bilanci annuali le
attività e le risorse destinate all’attuazione della presente direttiva.
Si ricorda che le attività che verranno attuate in base alle indicazioni contenute nella presente
direttiva devono essere inserite nei piani triennali di azioni positive (art.7 comma 5 Dlgs
196/2000 e art 6 comma 6 del Dlgs 165/2001) di cui al punto II.
Ogni anno, entro il 20 febbraio, la relazione, indirizzata al Dipartimento della Funzione
Pubblica e al Dipartimento per i Diritti e le Pari Opportunità, dovrà essere inviata al seguente
indirizzo:
Ufficio interventi in materia di parità e pari opportunità
Dipartimento per i Diritti e le Pari Opportunità-
Largo Chigi, 19 00187 Roma
e-mail: [email protected]
Ogni anno, entro il mese di settembre, sulla base delle relazioni trasmesse, il Dipartimento
della Funzione Pubblica e il Dipartimento per i Diritti e le Pari Opportunità elaboreranno un
rapporto di sintesi che verrà pubblicato e distribuito a tutte le amministrazioni interessate.
5. STRUMENTI PER L’ATTUAZIONE DELLA DIRETTIVA
Per supportare operativamente le amministrazioni nell’attuazione della direttiva, il
Dipartimento della. Funzione Pubblica e il Dipartimento per i Diritti e le Pari Opportunità
predisporranno i seguenti strumenti:
- un’area web dedicata alla direttiva e accessibile dalle home page dei Dipartimenti della
Funzione Pubblica, dell’Innovazione Tecnologica e dei Diritti e le Pari Opportunità.
L’area conterrà il materiale di riferimento ( normativa, studi, ricerche e strumenti) sui
temi affrontati dalla direttiva;
- un format per la presentazione delle relazioni in modalità telematica;
- l’organizzazione di incontri e riunioni con i direttori generali del personale delle
amministrazioni pubbliche, con le Organizzazioni Sindacali e i Comitati Pari
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Opportunità per favorire l’attuazione di questa direttiva nel più ampio contesto delle
politiche di gestione delle risorse umane;
- la predisposizione di strumenti di monitoraggio, a partire dalle relazioni annuali, sulle
relazioni pervenute dalle amministrazioni.