vorrei incontrarmi tra vent’anni premio letterario viii edizione... · ed è anche la scommessa...

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PARROCCHIA SANTA MARIA ASSUNTA Casale sul Sile - Diocesi di Treviso GRUPPO PARROCCHIALE FESTEGGIAMENTI Premio Letterario Tu, Io e i mondi possibili Antologia dei racconti premiati e segnalati ispirati a: Vorrei incontrarmi tra vent’anni IMMAGINE... ALLO SPECCHIO

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Con il patrocinio di

Con il contributo e la collaborazione di

Comune di Casale sul sile

EdizioneOttava

parroCChia santa maria assuntaCasale sul Sile - Diocesi di Treviso

Gruppo parrocchiale FesteGGiamenti

Premio Letterario

tu, io e i mondi possibiliAntologia dei racconti premiati e segnalati ispirati a:

Vorrei incontrarmitra vent’anniimmagine. . . allo specchio

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PARROCCHIA SANTA MARIA ASSUNTAdi Casale sul Sile

Gruppo parrocchiale FesteGGiamenti

Premio Letterario

Tu, io e i mondi possibili VIII ed

per un racconto sul tema

VORREI INCONTRARMI TRA VENT’ANNIimmagine... allo specchio

Casale sul Sile, 8 aprile 2018

con il patrocinio di

Provincia di Treviso e Comune di Casale sul Sile

GIURIA CAT. ADULTI

Isidoro Perin (Presidente)

Gianni BusatoFederico Cipolla

Anna Rossit TantinoEfri Vaccari

Emanuela ZamunerTiziana Zanardo

lettrice

Liliana Gioffrè

segretario

Angiolino Piva

presidente

del comitato orGanizzatore

Cav. Graziano SartoratoProf.ssa Elena La Franca

GIURIA CAT. UNDER 15classe iV a scientificoliceo “duca degli abruzzi” di treViso

COMUNE di CASALE sul SILE

Hadissa BanceMichele BiadeneElisa BisettoSamuele CesconGaia Mazzon (Presidente)Marco MenoncelloFrancesco MoressaFrancesco PozzobonIrene Romanello Federico SattaGiovanni ScapinelloGiulia TiveronMartina ToppanPietro VetrugnoTommaso VianelloGiovanni Vitucci (Segretario)Alberto Zero

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Il tema accattivante di quest’anno fin dall’inizio mi ha fatto riflettere sulla nostra capacità o meno di pensare a se stessi così in avanti e nel tempo! Quando si vuole tutto e subito, qui e al più presto, … non sembra facile pensarsi a distanza di tempo.

Ma è una scommessa vinta, ben oltre le attese! Per questo va il mio sentito riconoscimento ai collaboratori della nostra comunità e agli organizzatori dell’evento.

Cosa sono mai vent’anni? Tanto tempo? Poco tempo? Ma quanto hanno significato per ciascuno di noi vent’anni della nostra storia e della nostra vita! Sono sempre io eppure non sono più lo stesso di prima... rilanciato nel tempo per altri anni, a Dio piacendo!

È per me motivo di vera gioia riconoscere nei diversi testi, dei giovani e degli adulti, la capacità di andare oltre, di spaziare, di allargare una avventura umana che non è mai chiusa nel qui e ora, di uomini senza tempo e quindi senza futuro. Senza un domani l’uomo non può essere felice! Immancabilmente si nasconde in noi un desiderio di immortalità che dona pienezza al quotidiano spendere la nostra vita.

Ma quale ricchezza dal riconoscere che pur non avendo in mano nostra il futuro, esso è già in germe presente nelle scelte dell’oggi, in un tempo aperto all’eternità, in una vicenda umana così grande che non sarà il limite del tempo e la fragilità degli anni a scalfirla.

Ecco allora questa antologia di testi che pur con diversi stili ci apre ad una riflessione profonda per cogliere la verità della nostra vita nella realtà delle nostre relazioni, quelle che rimangono e quelle che se ne vanno … con la responsabilità del nostro libero impegno, per creare storia e non solo cronaca. Così ci ricordiamo che se c’è un fine, c’è anche un senso per la vita!

Buon viaggio nel tempo a tutti, allora, cari amici. Non una fuga nel tempo, nessuna nostalgia né delusione ma tutta la speranza di un senso pieno e duraturo per ogni dono che è già l’oggi.

Grazie ancora a tutti i partecipanti al concorso letterario!

Il Parroco pro-tempore

Don Daniele Michieli

PARROCCHIA DI “SANTA MARIA ASSUNTA”

Casale sul Sile - Diocesi di Treviso

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Il Presidente

Stefano Marcon

Ottava edizione del Premio letterario “Tu, io e i mondi possibili” e sempre profondi, stimolanti e coinvolgenti i temi proposti.

Quest’anno la riflessione del premio, suggerisce testi e storie ispirate a “Vorrei in-contrarmi tra vent’anni - Immagine... allo specchio”, ed il pensiero va a stili di vita, sem-bianze, apparenze, maschere, realtà e finzioni, che sono di questi tempi anche l’esasperata deformazione che il mondo virtuale dei social ci propone in un pericoloso soliloquio ten-dente ad escludere aggregazione, confronto e crescita.

Oggi e tra vent’anni: come saremo?

Ecco che il tema prende forma ed entra protagonista nella vita sociale, comunitaria e quotidiana di giovani e adulti attraverso le categorie alle quali è dedicato.

Iniziative come queste della Parrocchia di Santa Maria Assunta di Casale sul Sile, diventano straordinario esempio di educazione, formazione intellettuale, stimolo e sinergia tra comunità; strumenti fondamentali per la coesione del tessuto sociale.

Portare i miei saluti a chi continua a rendere feconda questa terra così ricca di esempi e modelli di volontariato, associazionismo, sport, cultura e tempo libero dei quali andare orgogliosi, è per me un onore.

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Bello il titolo … ma sembra fuori dal nostro tempo!Un tempo dai cambiamenti così rapidi, sorprendenti e inimmaginabili che sembrano

rendere impossibile non solo prevedere, ma neppure immaginare il futuro nostro e del mondo.

E poi un tempo nel quale sembra essere negata ogni speranza.Innumerevoli profeti di sventura ci riempiono occhi e orecchie con slogan che

annunciano prospettive poco rassicuranti e sembrano costringerci alla rassegnazione.In questa situazione il rischio è quello di vederci, fra vent’anni, incapaci di reggere

il mondo come si è venuto a formare, di vederci disillusi e frustrati nei nostri desideri e nei nostri sogni emersi in un mondo troppo diverso da quello che viene annunciato e che verrà.

Ma è proprio così negativo il futuro?Dobbiamo illuminare con il cuore i nostri occhi: la nostra storia personale può essere

una buona storia

se avremo il coraggio di credere in noi stessi, se sapremo vivere ciò che ci è offerto valorizzandolo per tutto il bene che ci regala, se sapremo gioire e soffrire senza esaltarci o deprimerci, se sapremo adattarci al tempo che passa senza rinunciare ad essere noi stessi, se sapremo credere nel futuro consegnando con fiducia alla vita i nostri figli, se sapremo…

Allora il titolo è bello e giusto per il nostro tempo perché ci invita a riflettere sul valore sorprendente e imprevedibile del tempo che passa e sul nostro compito che è quello di non disperare ma è quello di credere che fra vent’anni sarò più vecchio, più carico di esperienza, più saggio perché la vita che avrò attraversato mi ha insegnato, nel vortice dei mutamenti, ciò che è essenziale e ciò che vale per sempre.

E allora vivrò le mie giornate osservando il mutamento del mio corpo, delle mie relazioni, delle mode e delle lusinghe del tempo sorridendo aggrappato a quello che ho scoperto essere essenziale.

Grazie a tutti Voi, scrittori e lettori, per questo Valore Aggiunto che donate con le vostre preziose opere!

Il Sindaco

Stefano Giuliato

COMUNE di CASALE SUL SILE

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La società contemporanea in cui viviamo, senza ombra di dubbio, ci concede più opportunità; maggiore libertà, più possibilità di viaggiare, di conoscere e di crescere.

Il diffondersi della tecnologia attraverso il mondo social può però evidenziare alcuni lati negativi che sono legati essenzialmente alla carenza di dialogo e di rapporto diretto con le persone che ci circondano.

L’iniziativa “Vorrei incontrarmi tra vent’anni. Immagine… allo specchio”, quest’anno attraverso il premio letterario “Tu, io e i mondi possibili” dimostra, per l’ottavo anno consecutivo, la volontà da parte della Comunità di Casale sul Sile di voler trasmettere quei valori importanti che hanno caratterizzato gli anni precedenti l’arrivo di Facebook o Twitter o Instagram.

Valori come il pensare e lo scrivere trasmettono le proprie emozioni attraverso il racconto.

Dopo gli sguardi sono le parole i veicoli più importanti per trasmettere le emozioni.Parole che lasciano trasparire i sentimenti, gli stati d’animo e che possono diventare

motivo di riflessione per contribuire a far crescere la nostra gente.Una comunità alla quale, anche noi come CentroMarca Banca, come Banca di Credito

Cooperativo formata da persone, abbiamo sempre guardato prima che con gli occhi con il cuore.

Anche noi stiamo al passo con i tempi, con la tecnologia sempre più in evoluzione, ma rimaniamo sempre la Banca formata da persone che lavorano per le altre persone, con l’unico scopo di far crescere aziende, famiglie e giovani che ci hanno dato, e continuano a darci fiducia.

È dunque con orgoglio che sosteniamo l’iniziativa del Gruppo Parrocchiale Festeggiamenti di Casale sul Sile, confidando che l’impegno profuso nell’organizzare iniziative di questo genere, continui a garantirgli il successo che finora l’ha caratterizzato, anche negli anni futuri.

Il Presidente

Tiziano Cenedese

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“Vorrei incontrarmi fra vent’anni - immagine allo specchio” è lo straordinario spunto per il racconto di questa VIII edizione del Premio letterario, ormai riconosciuto a livello nazionale.

Potremmo usare le stesse parole per rappresentare il vissuto, e nello stesso tempo lo sguardo sul futuro di questa Cooperativa, che l’anno scorso ha festeggiato con intensità i suoi primi 60 anni di vita.

Nella vita quotidiana c’è sempre da imparare, si deve crescere, si deve condividere, si deve vivere nel senso che ad ogni istante della nostra vita va dato un forte significato.

Ed è anche la scommessa di un’Impresa che vuole guardare avanti con la voglia di intraprendere ma anche con la responsabilità sociale del servizio al prossimo, della garanzia del lavoro per i collaboratori, della capacità di vivere le sfide del tempo che corre. Soprattutto, come nel nostro caso, se si è Cooperativa. Ovvero se si è di tutti, se si è permeati nella comunità in cui si è cresciuti.

È un’esperienza, nata dalla necessità di plasmare le zolle e mettere insieme il pane per pranzo e cena, che guarda al futuro, consapevoli che ogni giorno che è avanti è una sfida. Immaginare, in qualche modo guardandoci allo specchio, come saremo fra vent’anni, è un esercizio di autolettura sul dopo, straordinario e coinvolgente.

Come lo è, ed è questa la sfida di questo bellissimo tema del concorso 2018, guardando a noi stessi e sforzandoci di alzare lo sguardo, per scrutare con positività l’orizzonte.

Il Presidente

Marcello Criveller

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“Vorrei incontrarmi tra vent’anni. Immagine… allo specchio”. Un tema impegnativo quest’anno, che ha prodotto risultati sorprendenti: su un totale di 81 racconti ben 43 sono dei giovani under 15 e altri diciotto, pur concorrendo tra gli adulti, hanno meno di vent’anni.

Don Diego Semenzin, una vita spesa nell’insegnamento, era solito consigliare: “Quando i ragazzi parlano ascoltateli, lasciateli esprimere il loro pensiero: così li conoscerete meglio e potrete comprendere quando e come aiutarli!”. E attraverso quell’immagine allo specchio i ragazzi hanno espresso i loro sogni e le loro paure nella certezza di essere ascoltati piuttosto che giudicati.

Il Gruppo Parrocchiale Festeggiamenti, da otto anni organizzatore del Concorso letterario “Tu, Io e i Mondi possibili”, può essere fiero del risultato ottenuto. I frutti di questo lavoro si potranno apprezzare in futuro, perché chi scrive si impegna a essere migliore e semina pensieri positivi.

Dobbiamo essere particolarmente grati agli scrittori adulti che si sono messi in gioco confrontandosi alla pari con i giovani. Con la loro disponibilità hanno reso preziosa la raccolta dei racconti premiati e segnalati che merita di essere letta e analizzata attentamente.

Esprimo la mia gratitudine al Comitato del Premio Letterario, alla Parrocchia di Casale Sul Sile e a tutta la Giuria che, con grande impegno e competenza, mi ha supportato e sopportato pazientemente!

Presidente della Giuria

Isidoro Perin

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In questa ottava edizione, il tema del premio letterario “Vorrei incontrarmi tra vent’anni”, ha incontrato tanti scrittori sia giovani che adulti alimentando un forte desiderio di scoprire visioni, pensieri e, a volte, sogni da realizzare.

Leggo qualche tema e mi faccio coinvolgere dalla sensibilità interpretata degli scritti, dove fra le righe si nota con quanta consapevolezza le parole trasmettano i valori della vita, valori radicati nel tempo dove l’uomo è cresciuto.

Pensando a chi ha già percorso un bel po’ di strada, rivolgendomi agli scrittori adulti, dico di vivere il domani con l’entusiasmo di chi non si arrende mai di fronte ad un tempo finito, forti di un’esperienza vissuta, con il diritto di poter sognare come esempio per i più giovani, scacciando le malinconie.

Mi scuso se volgo un’attenzione particolare ai più giovani scrittori “oggetti misteriosi messi sotto esamina come parafulmini sociali”, ma i loro scritti vi stupiranno, vi emozioneranno, perchè si raccontano con “i piedi per terra”.

Penso ad un tempo in cui opportunità, strade spianate da percorrere e lavoro sicuro ti facevano sentire protetto, mentre oggi la logica fondata sul business raccoglie ed esaurisce i frutti, dimenticandosi di mantenere fertile la terra.

Scopro una raccolta di temi dei giovani scrittori che invito a leggere attentamente, dove c’è tanto di buono, e vorrei sottolineare che anche questa è un’iniziativa che apre un dialogo tra generazioni, nella quale l’adulto ha il dovere di vedere il domani con gli stessi occhi di chi il domani deve costruirlo, con un’alchimia che deve produrre un futuro, se non migliore, ma almeno più possibilista.

Vi dico con il cuore in mano che il Gruppo Parrocchiale Festeggiamenti continuerà a mettersi al servizio di questa nostra società per poter dare, anche se poco, sempre e comunque il suo contributo per la crescita di questo nostro tempo.

Presidente del Comitato Organizzatore

Cav. Graziano Sartorato

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VERBALI della GIURIA

Tema complesso quello dell’VIII edizione del concorso “TU, IO E I MONDI POSSIBILI” organizzato dal Gruppo Parrocchiale Festeggiamenti di Casale Sul Sile: il titolo di quest’anno “Vorrei incontrarmi tra vent’anni – Immagine… allo specchio” ha impegnato severamente i concorrenti che però non si sono arresi e hanno dato voce a storie, speranze, propositi con grande amore e coraggio.

• Nella categoria adulti sono pervenuti 38 racconti.• Nella categoria under 15 sono arrivate 43 opere.

Interessante la provenienza degli elaborati: dal Piemonte, dalla Lombardia, dall’Emilia Romagna, dalla Toscana, dall’Umbria, dalla Calabria, dal Trentino, dal Friuli Venezia Giulia oltre che, naturalmente, dal nostro Veneto.

Importante anche il coinvolgimento delle scuole dove, docenti capaci di creare un approccio più creativo con i loro ragazzi, non si accontentano più degli schemi del programma, ma portano gli studenti a confrontarsi con una realtà esterna moderna e dinamica. In particolare sono state coinvolte scuole da Trieste, Loria, Marcon, Vercelli e Udine.

La Giuria degli Under 15 è stata affidata alla classe IV A Scientifico del Liceo “Duca Degli Abruzzi” di Treviso guidati dalla prof.ssa Elena La Franca.

Gli studenti hanno discusso e valutato i racconti e hanno poi stilato la seguente graduatoria di merito.

VERBALE di GIURIA - UNDER 15

La Giuria del premio letterario “Tu, io e i mondi possibili”, VIII edizione, per un racconto sul tema “VORREI INCONTRARMI TRA VENT’ANNI - IMMAGINE... ALLO SPECCHIO”, categoria Under 15, riunita in sessione plenaria il 24 marzo 2018, ha decretato:

Premio Speciale “STELLA” categoria under 15 alla seguente opera:

IO NEL 2038

di federica chinellato - Codevigo (PD)

Motivazione: “Io nel 2038” è un testo che fa riflettere su come anche ragazzi di età inferiore ai 15 anni possano elaborare pensieri davvero complessi, arrivando ad affermare che “Essere unici fa parte dell’identico”.

“Io non voglio essere diversa dagli altri però non mi piace essere paragonata o con il comportamento o (e) con il carattere di qualcun altro”, da questa breve citazione, che può forse risultare un po’ contorta, emerge un interessante concetto degno di riflessione: La paura di essere diversi dagli altri e di non essere accettati per ciò che si è realmente e al tempo stesso la volontà di non essere “uno fra tanti” ma di contare realmente qualcosa, di emergere. La complessità e la confusione in cui questo concetto è posto al lettore nel testo sono gli stessi sentimenti di coloro che si ritrovano a ricercare una soluzione per questo contrasto interiore.

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La Giuria decreta opere degne di SEGNALAZIONE:

VORREI INCONTRARMI TRA VENT’ANNI:IMMAGINE ALLO SPECCHIOdi beatrice porcellato - Loria

Motivazione: “Vorrei incontrarmi tra vent’anni: immagine allo specchio” è sicuramente il testo che più ci ha fatto emozionare. Semplice, toccante, senza troppi giri di parole arriva dritto al cuore del lettore. Non c’è imbarazzo da parte dell’autore nel mostrare il proprio affetto verso la nonna che “appariva eterna”. Nel testo, si affronta infatti la tematica della separazione da una persona a noi cara (in questo caso a causa della morte della nonna), mettendo in luce il sentimento di totale disorientamento, sofferenza e incredulità dovuto alla perdita di un punto di riferimento nella nostra vita.

VORREI INCONTRARMI TRA VENT’ANNI:IMMAGINE ALLO SPECCHIOdi giulia sancolodi - Loria

Motivazione: “Vorrei incontrarmi tra vent’anni: immagine allo specchio” è un racconto che si articola e si sviluppa in modo particolare. La narrazione inizia da un parco divertimenti , in particolare da una casa degli specchi. All’interno di questa gli specchi mostrano alla protagonista diversi stili di vita per il futuro. Interessante è l’inserimento all’interno della giostra dello “specchio nero” che rappresenta la morte, in contrasto con il contesto giocoso e felice di una giostra nel parco divertimenti che suggerisce una visione sostanzialmente positiva della vita, destinata inevitabilmente a terminare con la morte.

La Giuria proclama i VINCITORI della VIII edizionedel Premio “Tu, Io e i mondi possibili” VORREI INCONTRARMI TRA VENT’ANNI IMMAGINE... ALLO SPECCHIO - categoria Under 15:

L’IMMAGINE RIFLESSAdi anna lunardis - Trieste 3° Classificato

Motivazione: “L’immagine riflessa” è un testo che sviluppa in modo coerente la tematica del concorso con grande puntualità dal punto di vista grammaticale e formale.

La protagonista dell’opera è una ragazza che appena sveglia si guarda allo specchio e vede formarsi proprio nello specchio davanti a lei le immagini di quelli che saranno i momenti e le esperienze salienti della sua vita: la nascita di sua figlia, la professione di insegnante, l’amore della sua famiglia, le gioie e i litigi quotidiani.

La storia è raccontata in modo molto coinvolgente, con l’inserimento di espressioni talvolta d’effetto in grado di stupire il lettore “...lo sguardo rimasto ancora con quella sete di conoscere e scoprire il mondo...”, talvolta più sempli-ci, spontanee e sincere “...Capii che una vita felice non è una vita in cui tutto è perfetto...”

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TRA VENT’ANNIdi gioia paVan - Casale sul Sile (TV) 2° Classificato

Motivazione: Coinvolgente, emozionante, originale e sorprendente: il testo “Tra vent’anni” è tutto questo. Il brano si presenta come un’esortazione chiara e forte a non spre-care la propria vita per motivi futili. La struttura dell’opera è caratterizzata da un dialogo fra la protagonista, Gioia, nel presente e la sua immagine nel futuro. Dal dialogo capiamo che la donna del futuro ha rovinato la propria vita a causa della dipendenza dalla droga.

Il tema, decisamente complesso e sempre attuale, è trattato dall’autore con una precisione e una maturità incredibili e inusuali per un concorrente della catego-ria Under15. L’autore è in grado di trasmettere forti emozioni con semplicità e naturalezza. “...Le domandai perché avesse buttato la sua vita in una cosa così brutta. Lei non rispose e dai suoi occhi scese una lacrima...”

IL CONCERTO DELLE POSSIBILITÀdi anna basso - Salgareda (TV) 1° Classificato

Motivazione: L’opera si presenta con una struttura inedita dove diversi stili e scelte di vita si susseguono rappresentati da alcune chitarriste su un palcoscenico. Apparentemente tutte uguali sul palco mentre suonano la chitarra, le donne coinvolte nella storia portano con loro un diverso bagaglio di esperienze analiz-zato in modo profondo dall’autore.

L’opera ha un messaggio chiave: per quanto si possano analizzare la nostra vita e le nostre possibili condizioni future, nessuno avrà mai la certezza di quello che ci accadrà realmente e l’unico modo per conoscere il nostro destino è vivere tutto quello che la vita ci offre, ognuno con i propri sogni, ma senza la presunzione di aver già capito cosa il futuro abbia in serbo per noi. Tutto ciò si evince dalla chiusura del testo caratterizzata da una semplicità che possiamo definire quasi disarmante. “...Posso avere delle idee su quello che voglio diventare e quello che voglio fare; ma quello che accadrà alla fine, lo saprò solo quando ci arriverò”.

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VERBALE di GIURIA - ADULTI

Dei 38 concorrenti nella categoria Adulti (sopra i 15 anni) ben 18 non hanno ancora vent’anni! Fa piacere vedere dei giovani confrontarsi nella scrittura con tanto impegno.

Importantissimo l’apporto di scrittori maturi capaci di confrontarsi in uno scambio culturale indispensabile soprattutto ai più giovani.

La Giuria composta da Isidoro Perin (Presidente), Anna Rossit Tantino, Emanuela Zamuner, Tiziana Zanardo, Gianni Busato, Efri Vaccari e Federico Cipolla ha letto, valutato ed esaminato attentamente tutti i racconti. Nella sera del 26 marzo 2018 si è incontrata per confrontare le opere proposte. La graduatoria scaturita rispecchia fedelmente la qualità degli elaborati.

La Giuria decreta vincitore del Premio Speciale “STELLA” categoria adulti la seguente opera:

VORREI INCONTRARMI TRA VENT’ANNI

di silVana da pos - San Biagio di Callalta (TV)

Motivazione: Un garbato viaggio in avanti per osservare i mutamenti e raccontarsi il passato. Silvana ha una grande capacità di comunicare in modo semplice e naturale.

La Giuria decreta opere degne di SEGNALAZIONE:

VI HO GIÀ RACCONTATO CHI ERA CRISTINA?

di monica mantoVani - Treviso

Motivazione: Un doloroso viaggio verso il futuro perduto come il passato, che trova spazi confusi nella mente malata. “...Non ho più pensieri come una volta o, forse, non me li ricordo più...”

L’autrice, Monica, ci accompagna delicatamente nel viaggio difficile della vec-chiaia con rispetto, senza retorica.

AL PROSSIMO SGUARDO, VENT’ANNI DOPO

di patrizia tomasi - Folgaria (TN)

Motivazione: La storia della protagonista si dipana nel confronto con quella della nonna tanto ammirata e idealizzata da voler diventare come lei. “...Mi rassicura che nelle mie vene scorre il suo sangue...” Patrizia, con una penna sottile, tratteggia le figure che appaiono nitide agli occhi del lettore.

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La Giuria proclama i VINCITORI della VIII edizione del Premio “Tu, Io e i mondi possibili” VORREI INCONTRARMI TRA VENT’ANNI

IMMAGINE... ALLO SPECCHIO - categoria Adulti:

NON SOLO CENERE

di luigi braVin - Conegliano (TV) 3° Classificato

Motivazione: Il protagonista sa guardare al futuro con consapevolezza, senza paure e persino con una certa ironia. L’autore va a solleticare la dimensione animica di ciascuno di noi e ci fa sentire dentro la storia, con i profumi e colori del bosco, con la compagnia del vento, in braccio alla famiglia in un viaggio che sa di premio.

ARIANNA

di elisabetta caVallin - Marcon (VE) 2° ClassificatoMotivazione: Arianna beve per tanti anni il calice amaro della violenza, ma lo “specchio”

di una coppia felice seduta al tavolo a fianco, in un ristorante, fa scattare in lei la molla giusta. Arianna sogna un marito che la rispetti e una vita felice. Naturalmente non tutto si avvera, ma cambiare si può! La penna di Elisabetta graffia la coscienza del lettore con grande maestria.

COME L’ONDA

di carla nogarin - Motta Di Livenza (TV) 1° ClassificatoMotivazione: “...La vecchiaia sarà come una gravidanza...” Nel futuro della protagonista

c’è tanta speranza e una grande volontà di vivere ogni istante che la vita le donerà. Carla descrive in forma quasi poetica un mare di sensazioni affascinanti che coinvolgono e commuovono.

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cateGoria under 15

Primo classificato

IL CONCERTO DELLE POSSIBILITÀdi Anna Basso - Salgareda (TV)

I bivi, nella vita, sono infiniti. Tutte le decisioni che noi prendiamo, tutte le cose che facciamo, cambiano la nostra vita per sempre. È un peccato non poter fare come l’eroe greco Achille, al quale fu data la possibilità di scegliere che vita vivere: se una breve ma intensa o una lunga ma anonima. Noi non abbiamo questa possibilità, ed è per questo che se mi chie-dono “come mi vedo tra vent’anni”, io non posso dare una risposta certa a nessuno; posso solo fare delle supposizioni, avere delle teorie, ma nulla è certo, perché quando giochi al gioco della vita, quasi mai le cose vanno come pensi.

Applausi che sciamano, luci che si abbassano, la chitarrista imbraccia dolcemente la chitarra e inizia a suonare.

La osservo: è giovane ancora, avrà poco più di trent’anni, il corpo non è cambiato molto rispetto a quando era una ragazzina, sempre asciutto e delicato ma più definito, più adulto. Le mani sono agili, veloci, le punta delle dita un po’ callose, come succede a chi suona e scrive molto, le unghie, con un accenno di smalto, sono un po’ troppo corte per suonare, perché se le mangia, come quando era bambina.

I capelli li porta raccolti con un mollettone in un’acconciatura non molto sofisticata, sono lunghi, le arrivano poco più giù delle spalle, lisci, marrone scuro, come quelli di sua figlia: quest’ultima ha quattro anni, si chiama Nausicaa ed è la cosa più bella che le potesse capitare; ha sempre desiderato di formare una famiglia e finalmente a trent’anni, dopo essersi sposata, è restata incinta di una graziosa bambina.

Motivazione della Giuria

L’opera si presenta con una struttura inedita dove diversi stili e scelte di vita si susseguono rappresentati da alcune chitarriste su un palcoscenico. Apparentemente tutte uguali sul palco

mentre suonano la chitarra, le donne coinvolte nella storia portano con loro un diverso bagagliodi esperienze analizzato in modo profondo dall’autore.

L’opera ha un messaggio chiave: per quanto si possano analizzare la nostra vita e le nostre possibili condizioni future, nessuno avrà mai la certezza di quello che ci accadrà realmente e l’unico modo per conoscere il nostro destino è vivere tutto quello che la vita ci offre, ognuno con i propri sogni, ma senza la presunzione di aver già capito cosa il futuro abbia in serbo per noi. Tutto ciò

si evince dalla chiusura del testo caratterizzata da una semplicità che possiamo definire quasi disarmante “...Posso avere delle idee su quello che voglio diventare e quello che voglio fare; ma

quello che accadrà alla fine, lo saprò solo quando ci arriverò”.

cateGoria under 15 - PRIMO CLASSIFICATO17

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PRIMO CLASSIFICATO - cateGoria under 15 18

Il suo lavoro le piace, le permette di viaggiare e di vedere il mondo, cosa che ha sempre desiderato fare fin da bambina, inoltre ha scoperto che adora tenere conferenze: parlare alle persone, spiegare e insegnare cose nuove a gente attenta e interessata... quando si era laureata in lettere classiche, specializzandosi in filosofia, non immaginava che avrebbe trovato quasi subito un lavoro perfetto per lei. Ora che ha una figlia, però, vuole trovare un nuovo lavoro, uno che le permetta di stabilirsi in un posto fisso, non vuole che sua figlia sia costretta a cambiare scuola e amici ad ogni trasferimento. Le piacerebbe tornare nel suo paese natale, lì conosce molte persone, ci sono scuole per sua figlia e posti di lavoro per lei e suo marito a poca distanza, e poi così sarebbe più vicina ai suoi genitori, che vivono ancora nella casa dove lei è cresciuta; in questo periodo sono stati sempre molto distanti, si vedevano durante le feste sì, ma erano solo due o tre giorni l’anno, mentre lei vorrebbe poterli vedere più spesso.

Nonostante il lavoro e la famiglia la tengano molto impegnata, non ha voluto rinunciare ad alcuni suoi hobby: studia ancora chitarra, legge libri, anche se non tanto quanto vorrebbe, e continua a scrivere racconti, sta anche pensando di farne una raccolta e di mandarla ad alcuni editori, magari, a uno di loro piaceranno e deciderà di pubblicarli; per lei sarebbe la realizzazione di un sogno coltivato fin da bambina, da quando aveva scoperto il suo amore per la lettura, un sogno fatto di passione e dedizione, il sogno, di diventare una scrittrice.

Il brano finisce, tutti applaudono la signora, che se ne va verso le quinte, lì, l’aspetta la sua famiglia.

Ora entra una nuova chitarrista, si siede, imbraccia la chitarra, e inizia a suonare un pezzo in cui traspare tutta la tristezza e lo sconforto della sua vita.

A trent’anni ancora non ha trovato il lavoro che le piace, quello che ha ora è precario e sconfortante, non le piace per niente, ma deve tenerlo per poter tirare avanti. Tutta colpa della crisi, troppe persone e troppo poco lavoro, lo stato sta andando in rovina e tutto il suo popolo con lui; molti ormai si trasferiscono, restare è diventato pericoloso, con tutti i criminali che ci sono in giro. Anche la signora sta per partire, le duole lasciare la sua cittadina natale, ci è legata, ma il suo paese sta colando a picco, e lei ha deciso che non affonderà con lui.

Di aspetto è molto simile all’altra signora, anche lei snella ma con forme ben definite, forse, però, un po’ troppo magra, come se, a causa dello stress, avesse perso l’appetito; gli occhi sono cerchiati di nero, colpa del suo lavoro che ha orari particolari e che non la fa quasi dormire, eppure ci si aspetta che una persona con un diploma e una laurea in lettere classiche e una specializzazione in filosofia abbia un lavoro che le piace, interessante e ben pagato, e invece la signora è stata obbligata dalla crisi ad accettare un lavoro come guardiana in una fabbrica di colori artificiali, dove la puzza di vernice è così nauseante che una volta è pure svenuta.

Le guardo le mani, si muovono agili, allenate, come quelle dell’altra chitarrista, ma sem-brano più rovinate, come una maglietta che è stata messa troppe volte in lavatrice, spiegazzata, scolorita.

A causa del lavoro notturno dorme gran parte del giorno, e quando non dorme pulisce la casa, un piccolo appartamento ristrutturato solo a metà, questo le porta via tutto il tempo, l’unica attività extra che riesce a fare sono le lezioni di chitarra, che tra l’altro dovrà lasciare ora che si trasferirà in un altro paese.

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cateGoria under 15 - PRIMO CLASSIFICATO19

Non è sposata e non ha figli, anche se sogna ancora di averne; tutta la sua vita cade a rotoli, eppure, in lei c’è ancora speranza. La speranza è sempre stata parte di lei, non l’ha mai abbandonata, neppure nei momenti più bui, in questo momento per un motivo, in quest’altro per un altro, ha sempre sperato che lavorando sodo e senza mollare mai, le cose sarebbero potute solo migliorare.

Il brano finisce, la chitarrista si alza, applausi anche per lei, prende la chitarra e va verso le quinte, dove una valigia piena e un biglietto aereo l’aspettano.

Seguono una serie di chitarriste più e meno brave, più o meno diverse; vi ho parlato solo di queste due, perché sono, secondo me, le due più interessanti, le più reali e, forse, le due che mi ispirano di più.

Vi dirò ora, spero senza farvi prendere un colpo, che io potrei essere tutte quelle per-sone tra vent’anni, potrei essere, cioè, ciascuna di queste persone, non contemporaneamente, certo, non ho il dono dell’ubiquità, ma le scelte che farò, le decisioni che prenderò e che prenderanno gli altri nel corso dei vent’anni che mi separano dall’età delle signore di cui vi ho parlato, determineranno chi diventerò: sarò la signora che dietro sé vede felicità ma più avanti c’è anche la possibilità di peggiorare, o quella che dietro di sé vede solo il fallimento, ma che davanti a sé vede la possibilità di un futuro migliore? Non posso rispondere a questa doman-da, non posso anticiparvi niente, perché su quello che diventerò in futuro, ne so tanto quanto voi: certo, posso fare delle supposizioni, posso avere delle idee su quello che voglio diventare e quello che voglio fare; ma quello che accadrà alla fine, lo saprò solo quando ci arriverò.

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cateGoria under 15

Secondo classificato

TRA VENT’ANNIdi Gioia Pavan - Casale sul Sile (TV)

cateGoria under 15 - SECONDO CLASSIFICATO21

Motivazione della Giuria

Coinvolgente, emozionante, originale e sorprendente: il testo “Tra vent’anni” è tutto questo.Il brano si presenta come un’esortazione chiara e forte a non sprecare la propria vita per motivi

futili. La struttura dell’opera è caratterizzata da un dialogo fra la protagonista, Gioia, nel presente e la sua immagine nel futuro. Dal dialogo capiamo che la donna del futuro ha rovinato la propria vita

a causa della dipendenza dalla droga. Il tema, decisamente complesso e sempre attuale, è trattato dall’autore con una precisione e una maturità incredibili e inusuali per un concorrente della categoria Under15. L’autore è in grado di trasmettere forti emozioni con semplicità e naturalezza. “... Le domandai perché avesse buttato la

sua vita in una cosa così brutta. Lei non rispose e dai suoi occhi scese una lacrima...”

Quel giorno, il sedici febbraio duemiladiciotto, il giorno del mio compleanno, la neb-bia aveva invaso le strade che stavo percorrendo per tornare a casa da scuola. Ero felice.

Ad un certo punto intravidi la sagoma di una persona che si avvicinava. Riuscii di sfug-gita a vedere il suo viso. Ricordai solo dei grandi occhi verdi e lunghi capelli castani.

Non so perché, ma per tutto il giorno pensai a quella ragazza. Andai a letto presto. Ero stanca dalla giornata di scuola e dagli impegni portati a termine nel pomeriggio. Caddi subito in un sonno profondo.

Mi ritrovai a rivivere la giornata appena trascorsa... stavo tornando a casa e c’era nebbia, rividi la ragazza che tanto mi aveva colpita, questa volta però, mi prese per mano e mi disse di seguirla. Camminammo a lungo fino a che arrivammo nei pressi di una casa; dall’esterno si notavano qualche crepa e dei pezzi di intonaco staccati. Mi accompagnò verso l’entrata. L’interno della casa era moderno, notai dei giocattoli sparsi nelle diverse stanze e intuii che avrebbe potuto avere dei bambini. Mi accompagnò verso la cucina, dove, mi fece accomodare su una sedia, mi diede un bicchiere d’acqua e infine si sedette anche lei. Questa volta notai che aveva all’incirca trent’anni, si vedeva che era giovane tranne per qualche, quasi impercettibile, ruga che le segnava la fronte.

Restammo per qualche minuto a fissarci. Per spezzare il silenzio le chiesi «come ti chiami?» lei mi rispose «Gioia».

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SECONDO CLASSIFICATO - categoria under 15 22

Io rimasi attonita ma cercai di oltrepassare l’argomento.

Le chiesi l’età e lei mi disse che aveva trentaquattro anni (vent’anni più di me) e che quel giorno era il suo compleanno.

Al momento rimasi perplessa e sorseggiai un bicchiere di acqua. Le dissi che era anche il mio compleanno e ribatté dicendo che lo sapeva. A quel punto non capivo più nulla e le chiesi, con un basso tono di voce, come facesse a sapere ciò. Lei ampliò il discorso e infine mi disse che da piccola amava molto disegnare e che quella era la sua più grande passione. Notai infatti qualche quadro appeso alle pareti. A quel punto le chiesi «quei quadri li hai fatti tu?» lei rispose «si, certo!»

Pensai che qualcosa non andasse in questa storia; quella giovane donna ed io avevamo troppi punti in comune con le nostre vite, ovvero il nome, il giorno di nascita, la passione per il disegno...

Avevo capito che non potevano più essere strane coincidenze. Iniziammo perciò a parlare del più e del meno, le chiesi se avesse figli o se fosse sposata e lei mi rispose «ho una bambina di due anni di nome Alissa» (il nome che davo sempre a tutte le mie bambole) «e un marito di nome Antonio».

La sua storia stava iniziando a coinvolgermi e ora volevo sapere di più. Mi disse che la sua vita non era stata tutta rose e fiori perché a diciassette anni aveva iniziato a fumare sostanze stupefacenti, fino al punto di andare in carcere dove aveva trascorso cinque anni. Le chiesi «come hai iniziato a fumare e come sei riuscita ad uscirne?» ricordavo qualche pagina letta a scuola sulle droghe pesanti e leggere perciò volevo sapere la sua storia.

Lei mi disse «sai, ho iniziato come la maggior parte delle persone, una “semplice fuma-tina” su richiesta di qualche amico e via via fino alle sostanze più devastanti». Mi disse poi «ho speso tutti i miei soldi per comperare quella roba». Mi raccontò di quando la polizia fece irruzione in casa e la portarono via come si fa con i grandi malavitosi.

Le diedero inizialmente sette anni, ma poi grazie al suo comportamento ne fece solo cinque. Le chiesi se in quel periodo avesse smesso di fumare, ma lei disse «NO, per niente» anzi, mi disse che lì in quei posti la droga e il fumo erano all’ordine del giorno. Le chiesi alla fine se era riuscita a smettere e lei come se si vergognasse rispose che sua madre l’aveva obbligata ad andare in una comunità e da lì ne era uscita vincitrice.

Ora non riusciva più a tollerare l’odore del fumo. Le domandai perché avesse buttato la sua vita in una cosa così brutta. Lei non rispose e dai suoi occhi scese una lacrima. Capii che l’argomento le creava sofferenza così volli sapere solamente perché mi avesse portato a casa sua. Mi disse, solo, che dovevo cercare di non uscire mai dalla via giusta. Io sorrisi a denti stretti. Cercai di rimettere insieme le informazioni che mi aveva dato. Lei si alzò e andò fuori dalla cucina, quando tornò aveva in mano un giocattolo con cui giocavo quando ero piccolina, un orsetto marrone con una camicetta blu. Era da molto tempo che non lo vedevo.

Parecchi anni prima, avevo raccolto in uno scatolone tutti i miei giochi di quando ero piccola e lo avevo posizionato nello scantinato. Perciò non capivo dove avesse potuto pren-derlo. Me lo consegnò in mano e mi disse quasi piangendo che quello apparteneva a me e che avrei sempre dovuto ricordarmi della mia infanzia e di lei, che era la mia immagine allo specchio tra vent’anni e ribadì che non avrei assolutamente dovuto prendere brutte strade. Infine aggiunse che avrei dovuto cambiare il suo futuro. In quel momento qualcosa mi

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categoria under 15 - SECONDO CLASSIFICATO23

svegliò da quel “sogno”, forse la luce del sole che penetrava tra le fessure dei balconi della finestra.

Cercai ripetutamente di rientrare in quel sogno ora che lei (anzi, io) mi ero chiarita le idee; avrei voluto tornare per ringraziarla.

Guardai l’orologio ed erano le cinque della mattina. Rimasi perciò a fissare il soffitto per lunghissimi momenti. Quando mi alzai, trovai quel giocattolo, che lei mi aveva dato, sopra la mia scrivania.

Pensavo fosse stato solo un sogno invece, forse, non era stato così.

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cateGoria under 15

Terzo classificato

L’IMMAGINE RIFLESSAdi Anna Lunardis - Trieste

Era una giornata nuvolosa e ventosa, uno di quei giorni nei quali non si ha nemmeno la forza di alzarsi dal letto.

Appena la sveglia risuonò nelle mie orecchie, capii che non sarebbe stata una bella gior-nata. Quando provavo ad aprire gli occhi le palpebre mi cadevano: volevo solo restarmene distesa sul mio letto e non fare niente per tutto il giorno. Sentii il fruscio e il sibilo del vento impetuoso che muoveva gli alberi e sbatteva sulle finestre, come se volesse infiltrarsi dentro casa. Rifugiarmi sotto le coperte mi dava un senso di protezione e di benessere.

Poi, però, mi resi conto che dovevo andare a scuola. Malinconicamente, mi alzai e mi lavai la faccia con acqua gelida, per svegliarmi. Poi mi vestii, andai ad osservarmi allo spec-chio e lì rimasi per un po’. Vedevo una giovane ragazza, nel bel mezzo del periodo adole-scenziale, in cui la vita decide improvvisamente di farti crescere. Mi osservai: capelli castani, lunghi e voluminosi, occhi color nocciola, naso piccolo, guance paffute con alcuni foruncoli che cominciano a spuntare, bocca color rosso acceso, collo elegante. Il viso possedeva ancora delle caratteristiche che ha il volto di una bambina.

Guardai per un po’ negli occhi quella ragazza e fissandola mi accorsi che l’immagine della giovane adolescente che c’era prima aveva lasciato il posto ad una donna matura. Aveva gli stessi occhi, capelli e caratteristiche dell’altra, ma il volto si era allungato e lo sguardo, seppur rimasto ancora con quella sete di conoscere e scoprire il mondo, era più cosciente di

cateGoria under 15 - TERZO CLASSIFICATO25

Motivazione della Giuria

“L’immagine riflessa” è un testo che sviluppa in modo coerente la tematica del concorso con grande puntualità dal punto di vista grammaticale e formale.

La protagonista dell’opera è una ragazza che appena sveglia si guarda allo specchio e vede formarsi proprio nello specchio davanti a lei le immagini di quelli che saranno i momenti e le esperienze salienti della sua vita: la nascita di sua figlia, la professione di insegnante, l’amore

della sua famiglia, le gioie e i litigi quotidiani.La storia è raccontata in modo molto coinvolgente, con l’inserimento di espressioni talvolta

d’effetto in grado di stupire il lettore “...lo sguardo rimasto ancora con quella sete di conoscere e scoprire il mondo...”, talvolta più semplici, spontanee e sincere. “...Capii che una vita felice

non è una vita in cui tutto è perfetto...”

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quello che la vita voleva da lei grazie all’esperienza maturata nel tempo. Quella donna pro-babilmente avrà avuto trentacinque anni.

La donna, ad un certo punto, prese dolcemente in braccio una neonata e subito dopo arrivò correndo un altro bambino che abbracciò forte la sua mamma, mentre ella, sorridente, lo baciava sulla fronte.

D’improvviso l’immagine riflessa cambiò, cominciò pian piano a scomparire, come la nebbia al mattino che arriva e se ne va silenziosa. Poi ricomparve, ma in una classe. I bambi-ni, probabilmente intorno agli otto anni, ripetevano in coro una filastrocca per memorizzarla e la maestra partecipava canticchiando anche lei. Si vedeva sul volto dell’insegnante che quel lavoro era quello che aveva sempre desiderato. Le fatiche e gli sforzi che aveva fatto, erano stati ripagati. Le avversità incontrate nel tempo non l’avevano fermata e finalmente i suoi desideri erano stati esauditi.

L’immagine scomparve di nuovo e comparve una semplice e piccola casetta, nella quale vivevano due anziani signori. La donna di prima entrò e salutò i genitori abbracciandoli calorosamente. Ad un certo punto entrarono anche altre due persone, il fratello e la sorella, che allo stesso modo abbracciarono i genitori. Insieme ridevano e scherzavano: si percepiva l’amore che univa quella famiglia.

Dopo, però, l’immagine si spostò in un’altra casa, nella quale si poteva assistere ad un litigio tra un uomo, il marito, e la ragazza dell’inizio. I due discutevano, arrabbiandosi. La moglie si sedette sul letto con le mani nei capelli. Ci fu un momento di silenzio. A quel punto l’uomo capì di aver sbagliato e andò da lei per chiederle perdono. Ella lo perdonò e i due tornarono di nuovo alla loro semplice vita: amandosi nonostante le incomprensioni e le difficoltà. Dopotutto la vita di coppia è composta anche da litigi, ma la cosa importante, la sfida da superare, è riuscire sempre a ricominciare. Capii che una vita felice non è una vita in cui tutto è perfetto.

Improvvisamente la scena si spostò in un prato innevato, nel quale tutta la famiglia si divertiva a lanciare palle di neve. Essi avevano dei sorrisi che nessuno sarebbe mai riuscito a strappare dal loro volto. Tutti erano raggianti. I bambini giocavano, si rotolavano, costrui-vano pupazzi di neve insieme anche ai genitori, che riscoprivano così la bellezza del tornare bambini, con la stessa spensieratezza che avevano un tempo e che si era persa diventando adulti.

Poi, scomparve tutto. Mi ritrovai sola con il mio specchio, che rifletteva l’immagine di una ragazza che aveva ancora molto da imparare. Di una ragazza che non sapeva ancora come funzionava il mondo, di cosa potrebbe riservarle il destino o di quello che lei desiderava.

Era stato tutto un sogno oppure poteva davvero essere il futuro che mi aspettava?

Eccitata, finii di prepararmi, uscii di casa, chiusi la porta, pronta per una nuova gior-nata a scuola.

TERZO CLASSIFICATO - categoria under 15

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cateGoria under 15 - SEGNALATO27

cateGoria under 15

Segnalato

VORREI INCONTRARMI TRA VENT’ANNI:IMMAGINE ALLO SPECCHIO

di Giulia Sancolodi - Loria (TV)

Motivazione della Giuria

“Vorrei incontrarmi tra vent’anni: immagine allo specchio”è un racconto che si articola e si sviluppa in modo particolare.

La narrazione inizia da un parco divertimenti, in particolare da una casa degli specchi. All’interno di questa gli specchi mostrano alla protagonista diversi stili di vita per il futuro. Interessante è l’inserimento all’interno della giostra dello “specchio nero” che rappresenta la morte, in contrasto con il contesto giocoso e felice di una giostra nel parco divertimenti che

suggerisce una visione sostanzialmente positiva della vita,destinata inevitabilmente a terminare con la morte.

“Chissà che giostra proverò per prima” dissi tra me prima che mia mamma ci avvisasse che stavamo per arrivare al parco divertimenti. Erano passati un paio di anni dall’ultima volta che eravamo stati al parco, e ora, finalmente potevamo salire su tutte le giostre. La giornata passò in fretta, troppo in fretta, ma prima di andare via, volevo ritornare nella stanza degli specchi. Entrai da sola, mia mamma era stanca e mio fratello e mio papà non erano lì.

Un paio di anni prima visitai la stessa stanza, e non so come… insomma, gli specchi non mi alteravano il corpo facendomi sembrare più alta o più magra. No, su di essi appariva una donna in varie situazioni di vita. Avevo notato che la figura mi assomigliava nonostante fosse più matura: aveva dei lunghi capelli castani, grandi occhi verdi, la forma del viso e l’e-spressione sembravano le mie.

La donna era la stessa in tutti gli specchi, ma in ognuno viveva particolari della vita dif-ferenti: teneva in braccio un bambino, faceva la parrucchiera, era con delle amiche, si stava sposando, disegnava abiti, prendeva l’aereo, insegnava…

Sul fondo della stanza notai uno specchio tutto nero e non l’avrei mai visto se non fossi andata un po’ oltre, verso l’ultima parete. Tornai indietro turbata.

Mentre osservavo, arrivò mio fratello ed io gli chiesi: “Ma tu le vedi?” e lui mi rispose: “Sembri molto più bassa in questo”. E si mise a ridere. Non raccontai nulla di quello che avevo visto.

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Ora, a distanza di un paio di anni, ero curiosa di vedere se avrei rincontrato quella figura. Davanti agli specchi apparve di nuovo, era un po’ più matura. Sembrava che mi stesse aspettando. Mi avvicinai alla donna che stava viaggiando, provai a toccarla e la mia mano entrò. Sempre più incuriosita, infilai dentro la testa e d attraversai completamente lo spec-chio. Mi ritrovai accanto alla donna, lei mi sorrise e mi prese per mano portandomi con lei. Salimmo su un aereo e mi disse: “Dove vuoi andare”, Risposi velocemente:“Hollywood”. In un attimo arrivammo e, appena scesi, mi disse: “Hai visto che bello? Ora vai”. Io le sorrisi e riattraversai lo specchio.

Prima di uscire dalla stanza desideravo provare a vivere un’altra avventura. Così feci e immediatamente mi ritrovai accanto alla stessa persona che lavorava come parrucchiera. Mi vide, mi sorrise, m’invitò a sedermi e ad osservarla.

La donna era sorridente e sembrava che quel lavoro le piacesse moltissimo. Le clienti raccontavano, ridevano mentre lei lavorava e uscivano soddisfatte. Mi ricordai all’improvviso di mia mamma e pensando che si fosse fatto tardi, la salutai, uscii dallo specchio. Ero confusa e contemporaneamente elettrizzata dall’idea di poter riprovare a vivere una nuova esperien-za… ma arrivò mio fratello che mi ricordò che dovevamo tornare a casa. Vide lo specchio nero, in fondo ci avvicinammo e mi apparve la donna, in un letto d’ospedale.

Mentre rientravamo, in auto, pensai a ciò che mi era accaduto. Tra vent’anni potrei fare di tutto dalla maestra alla commessa, essere sposata o single, dipenderà da me, dalle mie scelte, dallo specchio in cui deciderò di entrare.

Mi tornò in mente lo specchio nero, quello che conduce alla morte. Potrebbe accadere anche questo, in effetti, ma non puoi sapere come e quando.

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cateGoria under 15

Segnalato

VORREI INCONTRARMI TRA VENT’ANNI:IMMAGINE ALLO SPECCHIO

di Beatrice Porcellato - Loria (TV)

Qualche giorno fa, camminavo lungo la riva del lago, dove con la nonna mi reco da quando sono piccola; ero diretta, verso la nostra panchina, quella in cui ci sediamo spesso durante i pomeriggi estivi. Arrivata, mi sedetti e iniziai a guardare l’acqua che si muoveva lentamente e il riflesso del mio volto e del mio corpo.

All’improvviso però, con il muoversi dell’acqua, la mia immagine cambiò; era quella di un’adulta di una trentina d’anni. Ero io, mi riconoscevo dal volto, dai miei capelli, dallo sguardo. L’immagine appariva tranquilla, e anche se assorta nei suoi pensieri, mi fissava ed io ricambiavo, mentre osservavo quell’ombra riflessa nel lago... Lei, io, non sembrava felice, sembrava le mancasse qualcosa d’ importante.

Era seduta come me sulla panchina, e a un certo punto estrasse dalla borsa una foto. Era la nonna. Ricordava quando nel tardo pomeriggio si recavano insieme in quel luogo e, sdraiata, con la testa appoggiata sulle gambe, le accarezzava con le sue morbide mani i capel-li. Allontanai lo sguardo dall’ombra che galleggiava sull’acqua e fissai la strada. Una donnina stava camminando lentamente verso il lago. Non avevo mai pensato alla mia vita futura senza la nonna. Non ci riuscivo, sapevo che un giorno sarebbe accaduto; ma lei appariva eterna sempre pronta ad ascoltarmi e per me, fino a quel momento, era inimmaginabile pensare a una vita senza di lei.

cateGoria under 15 - SEGNALATO29

Motivazione della Giuria

“Vorrei incontrarmi tra vent’anni: immagine allo specchio”è sicuramente il testo che più ci ha fatto emozionare.

Semplice, toccante, senza troppi giri di parole arriva dritto al cuore del lettore.Non c’è imbarazzo da parte dell’autore nel mostrare il proprio affetto verso la nonna che

“appariva eterna”. Nel testo, si affronta infatti la tematica della separazione da una persona a noi cara (in questo caso a causa della morte della nonna), mettendo in luce il sentimento di

totale disorientamento, sofferenza e incredulità dovuto alla perdita di un punto di riferimento nella nostra vita.

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Cercai di immedesimarmi con la sofferenza della ragazza, ma non riuscivo a compren-derla completamente. M’incamminai verso casa e nell’incontrare la nonna lungo la strada la abbracciai. Era venuta a cercarmi. Grazie a quell’immagine riflessa ho capito l’importanza di alcune persone nella mia vita e la necessità di vivere al massimo i momenti che avrò l’op-portunità di trascorrere con loro. La mia vita e quella dei miei cari è come un viaggio, che può durare un giorno, un mese, un anno; l’importante è scegliere bene la destinazione e i compagni di cammino.

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cateGoria under 15

Premio Speciale “STELLA”per un racconto tanto grande nel concetto quanto semplice nella forma

IO NEL 2038di Federica Chinellato - Codevigo (PD)

Sono qui, nel mio letto, nella stanza più fredda della casa e guardo l’infinito. Fuori dalla finestra ci sono case e campi, uccelli di varie razze e fili della luce; dalla parte opposta ci sono io. Si, proprio io, una ragazza che non ha paura di scoprire cosa accadrà alla sua vita quando sarà più grande. Ci penso poco, ma lo faccio, mi sdraio sul piumino azzurro che sembra il mare e immagino come sarò tra venti, trenta, ottant’anni. M’immergo in quei pensieri navi-gando nei miei sogni.

Partiamo dai venti esaminando i dati: tra vent’anni sarò nel 2038, avrò trentadue anni, da sei a otto anni avrei finito la scuola, avrò (forse...) un fidanzato, saprò guidare auto e motorino e avrò appena cominciato ad inseguire il mio sogno: diventare giornalista. E poi? Quasi ogni sabato vado in giro con le amiche, tra spritz e aperitivi a Padova o a Piove di Sacco mi passa il pomeriggio. La domenica o resto a casa o vado da chi sono invitata a pranzo o cena. Mi compro un cane che chiamo Laski e se una femmina Chicca perché è così che mi chiamava la maestra di religione alle elementari. In tutti gli altri giorni della settimana vado a lavorare (se ho già trovato lavoro) e ogni mattina mi sveglio con il sorriso stampato in faccia perché ogni giornata è speciale ed emozionante. Secondo voi punto troppo in alto? Che ci vuole, basta avere una patente, voglia di fare e di riuscire in quello che si fa. Mica facile! Aspettate, per ora ho scritto le cose belle ma ovviamente ci saranno anche quelle spiacevoli: ad esempio svegliarsi per una settimana con la giornata storta o fare figuracce con della gente che sa il fatto suo. A voi è mai capitato? Tra vent’anni speriamo non mi capiti più!

Motivazione della Giuria

“Io nel 2038” è un testo che fa riflettere su come anche ragazzi di età inferiore ai 15 annipossano elaborare pensieri davvero complessi,

arrivando ad affermare che “Essere unici fa parte dell’identico”.“...Io non voglio essere diversa dagli altri però non mi piace essere paragonata o con il

comportamento o (e) con il carattere di qualcun altro”..., da questa breve citazione, che può forse risultare un po’ contorta, emerge un interessante concetto degno di riflessione: La paura di

essere diversi dagli altri e di non essere accettati per ciò che si è realmente e al tempo stesso la volontà di non essere “uno fra tanti” ma di contare realmente qualcosa, di emergere.

La complessità e la confusione in cui questo concetto è posto al lettore nel testo sono gli stessi sentimenti di coloro che si ritrovano a ricercare una soluzione per questo contrasto interiore.

cateGoria under 15 - PREMIO SPECIALE "STELLA"

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Come mi vedo? Bellissima, una che sa come ci si veste e ha un look adatto ad ogni situa-zione! Con tre buchi sulle orecchie per tutti gli orecchini che mi piacciono, che sa suonare la chitarra, gentile ed educata, bella, brava e buona, no? Ovviamente tutti ci descriviamo con i nostri lati migliori per fare una buona impressione alle persone, invece sentite le raccoman-dazioni di mia madre e capirete come sono: “Tra vent’anni spero che non sarai sbadata come adesso, devi continuare ad essere autonoma in quello che fai, dovrai vivere da sola e arran-giarti in tutto compreso cucinare e lavare, occuparti degli animali senza trascurare il lavoro e devi promettermi che resterai brava come adesso”. Capito? Tra vent’anni mi devo occupare di tutto, quanta responsabilità! E invece sì, crescere è anche questo, imparare a rispondere delle proprie azioni in modo chiaro e preciso. Ma secondo me quando crescerò mi piacerà avere delle cose sotto il mio controllo, io la vedo così. E se invece non fossi come mi vedo? Che mi succederebbe? Come sarei? Beh, di sicuro ora che sono piccola mi piacerebbe esse-re già grande, mentre quando avrò trentadue anni vorrò ritornare piccola. Ora vi descrivo come vedo la miglior giornata della mia vita da grande: sono le 7.30, mi suona la sveglia e ho dieci minuti per vestirmi, lavarmi, pettinarmi prendere la borsa da lavoro dove ho tutte le cose che mi servono per fare interviste, domande da fare ai personaggi importanti e... tante penne, perché se si scarica una per scrivere gli appunti per un articolo, bisogna essere pronti! Cellulare preso e anche gli occhiali da sole. Altri venti minuti per andare a fare benzina ed essere all’aeroporto più vicino cioè quello di Venezia: il Marco Polo. Prendo l’aereo e con due ore di viaggio sopra le Alpi, la Francia e il Canale della Manica arrivo a Londra e sono le 13.30. Devo arrivare al Banqueting House prima delle 15.40 ma devo accendere Google Maps per non perdermi. Sono ancora all’aeroporto per recuperare le valigie e ho la testa tal-mente agitata che i pensieri vanno come treni, purtroppo non ho neanche il tempo di visitare un po’ la città, ma quello per cui sono qua è un motivo ben diverso: ho partecipato ad un concorso dove partecipano i migliori giornalisti d’Europa e io sono stata scelta tra i finalisti. È una cosa strepitosa solo essere arrivata fin qui! Dopo cinque minuti sono arrivata e sono esattamente le 15.37 quando apro la porta del Banqueting; mi sento piena di energia. Con questa rigidissima tabella di marcia sono arrivata giusto in tempo! Arrivo alla sala principale come era scritto nel regolamento e trovo i vari membri della giuria. Mi avvicino, mi presento, vorrei inchinarmi come una principessa ma non lo faccio, sono pietrificata dalla tensione e non mettetemi panico anche voi per favore. Gli porgo il mio ultimo lavoro come se dovessi portare il cuscino con gli anelli all’altare. Un giurato me lo prende e va a portarlo dove li leggono e decidono qual è il migliore. Tra qualche ora ci sarà la premiazione! Vado quasi di corsa al tavolo-banchetto della sala, correndo da una parte all’altra senza spuntini è dura! Infatti ho una fame...

Mi si avvicina una ragazza mentre sgranocchio un biscotto, mi chiede chi sono, da dove vengo, perché sono lì e alla fine scopro che lei si chiama Celeste, ha 31 anni appena compiuti e viene dalla Francia settentrionale, lei è qui per partecipare al concorso per la fiera della scienza che si tiene nella sala accanto; nella vita vuole fare la scienziata spaziale, astrofisica... Abbiamo cominciato a chiacchierare sempre di più e mi ha raccontato: ”Sai, le stelle non sono molto diverse da noi, nascono da una scintilla, crescono con frammenti di roccia, poi prendono strade diverse: alcune viaggiano nello spazio per secoli, finché non scoprono tutto ciò che le circonda mentre altre si depositano in galassie per stare insieme ai suoi simili e alla fine tutte muoiono”. Io la ammiravo tanto, si vedeva che gli piaceva quello che studiava e anche io ero una fan dello spazio sin da bambina. Mentre io le ho detto: “Scrivere, invece,

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significa esprimersi con il cuore, non con le parole e lasciarsi cullare dalle onde che diventano pagine di poesia. Ma ovviamente per fare i lavori per cui stiamo studiando bisogna essere appassionati al conoscere, essere pronte a fare di tutto per raggiungere l’obbiettivo che ci siamo prefissate.”. Mi guarda come se la avessi illuminata; forse ci siamo accese la lampadina in testa a vicenda, dopotutto lei è la persona che accende la luce delle stelle mentre io accen-do la luce delle “news dell’innovazione”.

Ok, è il momento, la giuria sta per iniziare con il suo discorso e poi inizia a distribu-ire i premi per la partecipazione partendo dal peggiore... Che tensione! Avrò già bevuto cinque bicchieri di Fanta ma non è servito a niente! Ecco, ora consegnano i premi ai primi tre migliori giornalisti del continente ed è un segno stre-pi-to-so! Se non mi hanno ancora chiamato vuol dire che o sono arrivata prima, o seconda, o terza... Ed ecco che chiamano il mio nome, sono sul secondo gradino del podio e mi stanno mettendo la medaglia d’argento al collo con un riconoscimento di stoffa blu. Che bello!!! È il momento migliore della mia vita! Incontro Celeste e anche lei è arrivata al secondo posto, ci siamo fatte i complimenti e anche a quelle che sono arrivate prime, la saluto e dopo qualche giorno torno a casa. Oh, se fosse possibile, se potesse succedere davvero la farei questa avventura; metà del lavoro è già fatto se è vera la frase “tutti i sogni diventano realtà” perché questo è un sogno ma potrà essere reale. Che ne pensate della mia visione? Magari, quello che rende speciale un racconto è raccontarlo a chi ti ascolta. Fare delle cose prima con l’immaginazione e poi concrete credo sia bellissimo!

Nel 2038 sarò felice e avrò una vita normale, come tutte le normali ragazze d’Italia che hanno trentadue anni. Io non voglio essere diversa dagli altri però non mi piace essere para-gonata o con il comportamento e carattere di qualcun’altro. Vorrei essere uguale ma distinta, lo so, sembra complicato però è difficile rivelare come ci si sente, e penso che sia difficile per tutti ma per cause differenti. Sarebbe bello che tutti fossimo uguali come gocce d’acqua? Sarebbe bello se fossimo talmente diversi da non essere d’accordo su niente fino ad arrivare a non guardarsi più? È difficile questa domanda, se la chiedo a dieci persone c’è sempre qualcuno che vorrebbe essere ugualmente identico e altri che preferiscono non guardarsi più pur di essere unici. Io sto dalla parte dell’unicità fino ad un certo punto... L’unica parte che mi è chiara è che non voglio essere uguale agli altri ma nemmeno litigare perché non siamo d’accordo su niente. Quindi sono al punto di partenza, voglio distinguermi per ciò che sono, quello che faccio e soprattutto per come lo faccio. Essere diversi va e fa bene ad una nuova generazione (come dico io “i 2000” per le persone come le mie amiche, io, mia cugina che ha dieci anni e mio fratello che ne ha cinque che sono nate dall’anno 2000 in poi). Essere unici fa parte dell’identico - ognuno deve trovare la propria spiegazione a questa frase che a casa dico spesso però vi consiglio di non andare a cercare in trenta dizionari o in più siti Internet perché ognuno deve trovare la sua (e sottolineo sua) risposta dentro di sé, nella vostra mente e a pensare ce la fanno tutti senza distinzione tra intelligenti e scemi.

Sapete perché ho deciso di chiamare la mia opera così? Beh, non lo so neanche io ma vi posso dire che mi è venuto spontaneo farlo. Come ci viene spontaneo fare moltissime cose ad esempio se cade qualcosa ci viene da prenderlo, guardare da che parte proviene un rumore quando lo sentiamo, mangiare se ci viene fame o leggere se abbiamo un giornale davanti. E pensare che non tutti gli abitanti della terra possono farlo, me lo ha fatto ragionare Celeste, non tutti i pianeti emettono luce, solo il Sole che è unico. Come anche raccontarvi queste cose mi è venuto spontaneo; a volte dobbiamo lasciarci andare, sfidare gli ostacoli o le paure

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che incontriamo, distinguerci e lasciare che sia il nostro destino a far continuare la nostra vita. Io anche se ho immaginato come sarò tra vent’anni non ho fretta di scoprire come in realtà andranno le cose, chi va piano va sano e lontano! Auguro a tutti un felicissimo 2038 e che tutti i vostri sogni possano avverarsi come se una cometa vi guidi nel vostro viaggio e vi porti finalmente, dopo tanto tempo, alla vostra Stella Polare. Ritorno a guardare fuori dalla finestra della mia casa, mi ritrovo sul piumino azzurro come il cielo e aspetto un nuovo mattino.

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Premio Speciale “TU, IO E I MONDI POSSIBILI”

COME SARÒ TRA VENT’ANNIdi Stefano Guarise - Loria (TV)

Motivazione del Comitato Organizzatore

Il fratello diventa lo specchio dei propri sogni.L’autore manifesta una grande volontà di raggiungerli.

Tutti i bambini sognano e in questo momento in cui si vuole annullare la diversità dopo il concepimento... crediamo che i sogni di Stefano siano una grande ricchezza!

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Primo classificato

COME L’ONDAdi Carla Nogarin - Motta di Livenza (TV)

“Sii sempre come il mare che infrangendosi contro gli scogli,

trova sempre la forza di riprovarci”.

Jim Morrison

Vorrei incontrarmi fra vent’anni, scoprirmi ancora infaticabile viandante nelle vie del tempo che mi fu donato. Il tempo di questa mia seconda vita, ché la prima si è sciolta come neve al sole sul selciato bollente di una torrida sera estiva nell’isola dei sogni, tra il frinire di mille grilli.

L’amore conta, conosci un altro modo per fregar la morte, uscivano indifferenti le note dall’autoradio mentre il mio cuore si fermava. E allora lui ha tirato fuori tutto l’Amore di cui era capace e l’ha fregata davvero la Nera Signora, si è aggrappato alla mia anima tirandola per i piedi, e continuando a soffiarmi dentro il suo amore mi ha regalato questa vita di seconda mano, indumento un po’ logoro, qua e là strappato e ricucito – cicatrici sul corpo e nell’ani-ma - forse anche un po’ fuori moda, le tasche piene di fiori e pietre.

Anche fra vent’anni i fiori profumeranno ancora e sempre, quegli odori, preziose gemme degli anni più belli, ah! Se l’avessi saputo! Le pietre peseranno il giusto, la fatica ammorbidita e levigata dal tempo. Ad ogni giorno trascorso il rinnovarsi della sorpresa di esserci: la cascata gelata, fissa immobile nel vuoto che all’improvviso con stupore riprende a vivere, sciogliendosi al bacio del primo sole, nuova stagione, nuova vita. Ogni alba un rega-lo, ogni tramonto la speranza rinnovata. Privilegio di pochi percepire il fragore del tempo che scorre inarrestabile verso l’ultima stazione, assaporarne il gusto con i sensi in subbuglio, occhi e palato inebriati come di fronte a un banchetto di spezie.

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Motivazione della Giuria

“...La vecchiaia sarà come una gravidanza...” Nel futuro della protagonista c’è tanta speranza e una grande volontà di vivere ogni istante che la vita le donerà. Carla descrive in forma quasi

poetica un mare di sensazioni affascinanti che coinvolgono e commuovono.

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PRIMO CLASSIFICATO - cateGoria adulti 40

Fra vent’anni quanti ne avrò? Devo ricontare sulle dita perché mi sembrano troppi, eppure è così: ne avrò davvero settantacinque, e la giovane coppia che passerà abbracciata m’indicherà col dito dicendo “La vecchia è un po’ tocca, parla da sola.” Sorriderò compren-siva. Certo, ai loro occhi sembrerò davvero un’anziana signora bislacca: gioventù non può sapere, non sospetteranno che io stia cantando. Ancora canterò le canzoni del Liga e tutto il mio corpo sarà sempre attraversato dalla voglia di ballare sul mondo.

La vecchiaia sarà come una gravidanza: all’inizio lo stupore e l’inquietudine segreta nell’accorgersi del corpo che silenziosamente inizia a mutare, misteriosa malia. Quindi lo sbocciare dell’accettazione di vederlo deformarsi, di sentirlo vieppiù fragile e delicato. Con l’avanzare del tempo nella mente ormai l’imminenza del grande passo. Nulla di spaventoso: solo uno scivolone verso l’uscita, la Natura ad aiutare, a indicare la via.

Fra vent’anni il mio specchio saranno i suoi occhi, che mi rimanderanno la tenerezza di cinquant’anni trascorsi mano nella mano. I miei occhi piccoli di vecchiaia nel volto sma-grito, i capelli forse incanutiti e sempre spettinati - come quando scuri e lucidi erano portati dal vento - la pelle secca, le smagliature e le cicatrici sul corpo di vecchia bambina, le ossa sporgenti sotto gli abiti fuori tempo, jeans e maglietta. Non avrò bisogno di rimedi miraco-losi per meritare il suo amore, per via di quel nostro segreto, il suo fiato nel mio fiato, la sua vita nella mia, uniti per sempre nell’intima gioia di esserci ancora. Non sarà più quell’amore ingenuo, nudo e pulito che ci vide arrampicare all’inizio del lungo, irto pendio, no. Sarà un amore gravido di esperienza e di dolore, di resilienza, di notti trascorse aggrappati per scon-figgere la paura, la sua grande mano a contenere e stringere la mia, piccola e fragile eppure infinitamente forte.

“Non voglio diventare come voi”. Ci ha detto nostra figlia sul far della vita. “Non voglio dipendere così tanto da un’altra persona da impazzire all’idea di perderla”. Lei non sa, non ancora. Non sa di un amore capace di volare tra le stelle nelle notti d’estate e affondare riden-do nella neve fresca e calda di gioia. Non sa di un amore in grado di crescere a dismisura, oceano capace di salire fino a colmare tutti i vuoti lasciati dalla giovinezza sfiorita.

Come sarà l’amore tra vent’anni? Saprà ancora il mio corpo desiderare il bacio della sua pelle? Ma sì! I suoi occhi saranno come lo specchio della regina e non avrò nemmeno bisogno di chiedere: basterà che io mi perda in quei verdi stagni per sentire recitare la for-mula magica e forse ancora arrossirà l’anima della giovinetta.

Anche fra vent’anni continuerò a perdermi ogni giorno nell’imperituro andar delle stagioni. Sarò bambina la sera del dì di festa la vigilia di Natale, sempre un po’delusa dal giorno seguente. Annasperò nella scia di un profumo di frittelle evaso da ricordi lontani, mia madre con il grembiule, il ventre appena un po’ sporgente, davanti alla pentola d’olio dalla quale estrae i deliziosi dolci profumati come conigli dal cilindro. Mi stupirò davanti ai primi fiori sul pesco: “Dunque è di nuovo primavera, così presto!” Mi spaventerò agli scoppi di un temporale estivo portando le mani a coprire le orecchie e ricorderò come sempre quei versi antichi sulle tamerici, ascoltando lo sferzare della pioggia sui vetri. Scalcerò tra le foglie rossegiallearancioni, in mente il souvenir di una bambina grassoccia in ritardo per la scuola, il cappottino stretto in vita e una cartella marrone a dondolare in mano.

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Sarò al mondo con la tolleranza figlia di quella mezza indifferenza di chi ha tanto vissu-to ed è quasi arrivato, ma ancora ne ha da dire e da fare. Spunterà di tanto in tanto dai miei sogni di bambina il Bianconiglio del Paese delle Meraviglie correndo affannato, recitando la sua eterna strofa: “È tardi! È tardi! È tardi sai!” Lo accoglierò sostenuta, il mento sporto in avanti a mo’ di sfida: “Sono già stata a Samarcanda, non sarà mai più tardi per me!”

Sì. Ancora vorrei incontrarmi fra vent’anni e sedermi di fronte ad una bella tazza di caffè che solleverò con attenzione per non versarlo, le dita ingrossate e deformate dal tempo. Un po’ di musica di quel vecchio rocker che ormai non canta più, le mie gambe doloranti a battere il tempo dentro i jeans sformati, un buon libro, odore di pagine antiche. Lo specchio dalla cornice dorata, eredità di chi da troppo tempo non c’è più, a rimandarmi quell’immagi-ne alla quale sorriderò sorbendo il mio caffè. Spunterà allora quella luce in fondo agli occhi, quella di sempre, che mai si spegnerà, sempre a galla come l’onda che s’infrange sullo scoglio e sempre rinasce dalla sua stessa schiuma.

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Secondo classificato

ARIANNAdi Elisabetta Cavallin - Marcon (VE)

Alzò lo sguardo sullo specchio che rifletteva un’immagine, la copia sbiadita di un volto umano. Un battito di ciglia, riaprì gli occhi e il suo viso era ancora lì, illuminato dai neon verdognoli del bagno. Sotto l’occhio destro, la guancia colpita si stava rapidamente gonfiando, la sentiva pulsare. Sarebbe venuto fuori il livido in meno di un’ora, e lei lo sapeva, prese il fondotinta appoggiato sulla mensola, e poi gli ombretti che coprivano così bene i segni. Sospirò cercando di riguadagnare un minimo di compostezza davanti a se stessa e davanti alla sconosciuta che la fissava dallo specchio. Se fingeva che non fosse suo quel volto tumefatto andava quasi meglio. Si guardava allo specchio e pensava, questa non sono io, non sono così io. Io non sarei rimasta qua intrappolata in una casa di violenza e ancora violenza. La donna riflessa la fissava con occhi stanchi, si osservava mentre copriva i lividi con il trucco. Era esperta, sapeva come farlo, era già successo molte altre volte. Sembrava passata una vita intera dalla prima volta che lui l’aveva colpita e che lei aveva dovuto sfruttare quei cosmetici non per sentirsi più bella e graziosa ma per mascherare ciò che succedeva tra le mura domestiche. Sentì Andrea urlarle di muoversi e allora finì più in fretta di sfumare l’ombretto e si allacciò il vestito. Uscì con lo sguardo basso e tutti i muscoli tesi, istintivamente pronta a coprirsi il viso.

Seduta al tavolo del ristorante, fissava la coppia sulla mezza età che mangiava un paio di metri più a destra. Si stupì nel vedere la loro naturalezza, il modo in cui stavano insieme sembrava così normale, spontaneo. Poi si sentì una stupida, perché probabilmente era così che dovevano apparire anche lei e Andrea ad un primo sguardo. Li osservò con più attenzione, sforzandosi di cogliere un lampo di avviso negli occhi di lei, o un movimento troppo brusco da parte di lui. Si muovevano quasi in sintonia. Arianna sentì una stretta di invidia serrarle lo stomaco. Perché loro sì e lei no? E poi rabbia, perché in realtà era solo colpa sua, era così stupida, così stupida. Glielo diceva sempre anche lui.

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Motivazione della Giuria

Arianna beve per tanti anni il calice amaro della violenza,ma lo “specchio” di una coppia felice seduta al tavolo a fianco, in un ristorante,

fa scattare in lei la molla giusta. Arianna sogna un marito che la rispetti e una vita felice. Naturalmente non tutto si avvera, ma cambiare si può!

La penna di Elisabetta graffia la coscienza del lettore con grande maestria.

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Aspettando che arrivasse l’antipasto, osservava la coppia con la coda dell’occhio. Ad uno sguardo più approfondito, non sembravano così anziani come le erano sembrati ad una prima impressione. Non era mai stata brava a dare un’età alle persone, e nemmeno a capire le loro vere intenzioni: l’uomo seduto davanti a lei ne era la prova. La signora al tavolo vicino aveva i capelli scuri, tutti cotonati come si usava probabilmente quando era ragazza, e diverse striature argentate sembravano scintillare sotto i neon del ristorante.

Tra una portata e l’altra, guardava la coppia. Si sentiva come se niente l’avesse mai sorpresa e le avesse mai dato tanta gioia e speranza quanto vedere i piccoli gesti che si scambiavano. Tra le mani di lui, un bicchiere di vino rosso, come quello che le stava versando nel frattempo Andrea. Arianna guardò ovunque tranne che verso di lui, fino a che lui le ordinò, “Bevi”. Allora portò il bicchiere alle labbra, il liquido bruciava sul taglio.

Dopo poco la coppia si alzò, e pagato il conto si avviò verso l’uscita. Arianna osservò con stupore come l’uomo camminava lentamente per stare al passo della moglie, questi piccoli gesti di attenzione non smettevano di meravigliarla. Avrebbe voluto rimanere lì seduta per sempre. In pubblico Andrea era sempre calmo, ed erano i pochi momenti in cui lei poteva abbassare la guardia.

Purtroppo la serata finì velocemente, ora che non aveva più distrazioni, e quasi senza accorgersene si ritrovò a casa.

Era di nuovo nel bagno, lo stesso di tre ore prima. Era ancora la stessa Arianna, e il trucco sotto i led verdastri dello specchio tradiva il colore bluastro dei lividi, e il gonfiore sul labbro.

Chiuse gli occhi e li riaprì, spenti e fissi nel vuoto, i pensieri rivolto alla coppia che aveva guardato per tutta la serata. Chissà cosa stavano facendo adesso.

Per un attimo s’immaginò di essere lei, seduta nello stesso ristorante, due tavoli più in là. Davanti a lei, un uomo, anche lui con i capelli brizzolati, una voce calda e gentile, che le chiedeva cosa volesse come dessert. Forse era un effetto del vino rosso bevuto, ma si trovò a socchiudere gli occhi e pensare con una punta d speranza a quella sé così diversa. Non lo faceva da tanto, pensare a come sarebbe potuta essere la sua vita, a come sarebbe potuto essere il suo futuro. Faceva troppo male tornare alla realtà cruda e i suoi sogni speranzosi la lasciavano sempre con l’amaro in bocca.

Arianna fissava il vetro lucido dello specchio ma non vedeva il suo viso livido riflesso, ma una Arianna invecchiata di una ventina d’anni. Quasi non si riconobbe. I lineamenti erano gli stessi, con qualche ruga in più, ma l’espressione sembrava appartenere ad un’altra persona. Sorrideva serenamente, e respirava con tranquillità, le spalle abbassate e il corpo privo di ogni tensione.

Quell’Arianna era appena tornata a casa dal ristorante, dove il marito l’aveva portata, una sorpresa per festeggiare il loro venticinquesimo anniversario. Entrata nel loro appartamento, aveva appoggiato la borsa sul mobiletto e si era poi seduta sul divano, senza preoccuparsi di non fare troppo rumore e senza rimanere all’erta per cogliere tutti i segnali di un’imminente sfuriata.

Aveva sposato un uomo buono, che lasciava sempre gli asciugamani usati per terra e si addormentava guardando i film romantici, ma non la picchiava. Non aveva mai alzato la voce con lei, né aveva mai imposto il suo volere obbligandola a fare qualcosa che non volesse. Il

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loro era un matrimonio felice, con alcune difficoltà qua e là, ma senza mai perdere la fiducia e il rispetto reciproci.

Per un attimo Arianna intravide, come in una sorta di collage rovinato in cui i fogli sopra iniziano a staccarsi, il suo volto mezzo struccato, e si sentì stupida, così stupida per aver pensato a qualcosa del genere. Nel frattempo però una parte di lei continuava a immaginare una futura Arianna serena e sicura, cullandosi in questa speranza.

L’uomo seduto accanto a lei sul divano era un buon padre. Avevano due figli, entrambi all’università, la più grande studiava lontano e li chiamava ogni sera…

“Che stai facendo lì dentro da un’ora? Esci o vuoi che butti giù la porta?”

La voce e i colpi dietro di lei la riportarono bruscamente alla realtà, e gettò in fretta la salviettina struccante nel cestino prima di aprire la porta e avviarsi verso la camera con lo sguardo basso, “Scusami”.

Lei e Andrea si erano conosciuti tramite amici di amici, e lui l’aveva subito conquistata. Era affascinante, la portava a cena in ristoranti eleganti, rose ogni mese per il loro anniversario. Una vera e propria storia da volantino pubblicitario. O da film, pensava lei. Solo che per lei il lieto fine non era arrivato. Aveva deluso tutti gli spettatori della sua vita. Glielo avevano detto, le sue amiche, quando aveva raccontato loro di volerlo sposare. “Non così presto Ari dai, aspetta un po’. Cosa saranno passati, otto mesi? Che poi magari scopri che è una spia e ha ammazzato sei persone con la sua identità precedente”, le aveva detto la sua migliore amica sorridendo. Aveva riso anche lei.

Alla fine, le macchie erano venute fuori. Non era una spia e non aveva ucciso sei persone, ma aveva dei piccoli problemi con la gestione della rabbia. Era un bravo ragazzo in fondo, un po’ possessivo, ma all’inizio questo l’aveva fatta sentire cercata, piena di attenzioni.

Poi aveva iniziato a prendere l’abitudine di controllare con chi lei usciva e dove andava e ad impedirle di farlo se non gli andava bene.

Stupida e ingenua, mormorava tra sé e sé Arianna, adesso.

Non aveva colto i primi campanelli d’allarme, troppo presa a giustificarlo e a godersi le rose o i cioccolatini o qualsiasi altra trovata lui avesse escogitato per abbindolarla.

E da lì, la situazione era solo peggiorata.

All’inizio pensava spesso ad un modo per lasciarlo, per allontanarsi. Ma piano piano, quasi senza accorgersene, aveva tagliato tutti i contatti con il mondo esterno. Se usciva con qualche amica, lui si arrabbiava di più e poi era molto, molto peggio, quindi aveva smesso di farlo. Non che ne avesse voglia, non aveva più voglia di fare niente. Una volta, in biblioteca, aveva visto dei volantini contro la violenza sulle donne. Aveva girato intorno a quel tavolo per venti minuti, fingendo di consultare gli scaffali, per decidere se prenderne uno. Alla fine li aveva lasciati lì tutti, ma si era salvata il numero scritto sul retro. Prima o poi, forse, avrebbe chiamato.

Stesa a letto, nella stanza semibuia, ripensava alla fantasia allucinata avuta prima, nel bagno. All’immagine serena e radiosa di una sua vita diversa da quella in cui era intrappolata. E poi pensò a sé stessa, alla vera Arianna, quella che dormiva a fianco ad un uomo violento, e al suo futuro.

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Cosa ne sarebbe stato di lei, dopo cinque, dieci, venti anni? Stampata sulle sue palpebre c’era la risposta: una donna che dimostrava più anni di quelli che aveva, le labbra screpolate, una linea dritta e apatica in un volto vacuo, gli occhi spenti e vuoti fissavano un punto indefinito, arrossati e gonfi. Un piccolo taglio sullo zigomo si stava rimarginando e tirava la pelle irritata.

Eccola, la verità: vent’anni dopo sarebbe stata ancora succube di Andrea, ormai ridotta all’ombra di sé stessa. Sarebbe vissuta sempre nello stesso appartamento, quattro mura che non avrebbe mai potuto definire “casa”. Un giorno, dieci o venti anni dopo niente sarebbe stato diverso.

Per la prima volta dopo tanto tempo sentì qualcosa dentro di sé incendiarsi: tra una costola e l’altra iniziava a sbocciare il seme della rabbia, che aveva tenuto sepolto e chiuso dentro di sé tanto a lungo. Un desiderio bruciante di uscire da sotto le lenzuola, da quella stanza, da quella vita. Se avesse potuto, si sarebbe strappata la pelle per sentirsi più libera.

Si tirò su a sedere, prese il cellulare dal comodino con delicatezza per non svegliare l’uomo addormentato e si richiuse la porta della camera alle spalle incamminandosi in punta dei piedi verso il bagno.

Non avrebbe passato il resto della sua vita intrappolata con Andrea, mai più mai più mai più, ripeteva a fior di labbra davanti allo specchio sperando di intravedere di nuovo un’Arianna futura, radiosa e serena, che le avrebbe fatto coraggio e detto che stava per fare la cosa giusta.

Cercò nella rubrica il contatto “Lucia Estetista” e poi si immobilizzò, le dita a pochi millimetri dal pulsante di chiamata. Si era già trovata altre volte in questa situazione, da quando un paio d’anni prima aveva salvato dal volantino il numero del Telefono Rosa, sotto un nome per il quale Andrea non avrebbe mai fatto domande.

Lo schermo brillava sotto i led del bagno, e Arianna inspirò talmente a fondo che le sembrò di sentire i polmoni scoppiare.

Poi, fece partire la telefonata.

Vent’anni dopo, Arianna lavora in un centro di smistamento delle chiamate che arrivano al Telefono Rosa. La sua vita non è perfetta e continua a irrigidirsi quando sente qualcuno alzare troppo la voce, ma grazie all’aiuto ricevuto è riuscita a ricrearsi una vita, libera dalla violenza.

Finita la giornata di lavoro, inizia a raccogliere tutte le carte dal tavolo aspettando che il computer si spenga. Solleva lo sguardo sul monitor lucido, e riflessa nei cristalli vede la stessa Arianna che aveva immaginato tanti anni prima nel bagno di Andrea. Alla fine non si è sposata e non ha figli, ma nei suoi occhi è tornata la vitalità che pensava di aver perso per sempre, e i suoi lineamenti, seppure con qualche ruga in più, sono rilassati e sereni. Sorride.

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Terzo classificato

NON SOLO CENEREdi Luigino Bravin - Conegliano (TV)

Ero completamente al buio, eppure vedevo fuori dal contenitore nel quale ero rinchiu-so, almeno così mi pareva. Mi chiedevo come facessi a sapere la mia posizione, istante dopo istante, malgrado io come tale non ci fossi più da una manciata di giorni.

Percepivo una vicinanza fra parti di me, quasi uno strusciare ma senza attrito e, incu-riosito, se avessi potuto, lo avrei chiesto a qualcuno ma la chiusura ermetica mi impediva qualsiasi rapporto. Umano?

Si è ancora umani se il corpo di prima è ora cenere grigiastra?

Per quei pochi giorni in cui il vaso è stato posto sopra una mensola, al buio, la polvere di me si era adagiata sul fondo immobile e mi chiedevo: “La gravità esiste solo per la sostanza oppure anche lo spirito ne risente?”

Sta di fatto che nell’immobilità l’attrito era scomparso e anche il pensare si era spento.

Quante domande. Era possibile cavalcare il dopo con lo spirito del prima?

Quanto prima? Perché a dire il vero per alcuni mesi, prima di essere cenere, poco percepivo e non c’erano risposte, magari neanche più domande. Mi sembrava di sentire un vociare lontano, indistinguibile, soffocato, parole dette sottovoce come se non dovessi udirle. In effetti la mia sordità non era dovuta agli ossicini dentro all’orecchio ma alla mente che si spegneva.

Poi il nulla. I suoni attutiti scomparsi. Non ho sentito il calore, quello no, malgrado udissi un lontano crepitare di fiamme.

Questo frusciare fra loro di particelle di cenere fine, ho intuito che dipenda dalle curve che la macchina sta percorrendo.

“Le conosco, anzi ne sono certo, ora la curva è a destra e la prossima a sinistra, poi c’è il tornante stretto e dopo una curva a gomito – sto andando in montagna – se l’autista non rallenta la polvere girerà vorticosamente come gli otoliti nell’orecchio di un astronauta.

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Motivazione della Giuria

Il protagonista sa guardare al futuro con consapevolezza,senza paure e persino con una certa ironia. L’autore va a solleticare la dimensione animica

di ciascuno di noi e ci fa sentire dentro la storia, con i profumi e colori del bosco, con la compagnia del vento, in braccio alla famiglia in un viaggio che sa di premio.

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TERZO CLASSIFICATO - cateGoria adulti 48

“Non vorrei perdere l’equilibrio”, mi dico.

Mi sovviene il motivo del mio viaggio quassù. Sì, proprio in alto.

Lo avevo chiesto prima e ripetuto per almeno vent’anni, quando il corpo era sano e in montagna andavo da solo, poi ultimamente qualche volta mi portavano, altre volte non avevano tempo.

“Cosa vai a fare in montagna se non cammini quasi più?”

Sommessamente rispondevo che mi bastava guardare, anche solo dal finestrino.

Ora portano la polvere perché hanno pensato che non avrei creato più disturbo, tanto poi sarebbe finita per davvero.

Ho risparmiato, sempre, e qualcosa è rimasto. Non tanto, ma può valere un viaggio con l’urna quassù dove sono andato per anni, ma non gli ultimi. Troppo impegno o forse un non coraggio di accudirmi, oppure non voler aggiungere sofferenza a sofferenza.

Intuisco la meta e so che mancano ancora alcuni chilometri.

Ecco il rettilineo e i prati tutt’attorno. Più in su la foresta con i faggi che colorano il verde degli abeti.

“Li vedo o li immagino?”

Poco importa. Sono ancora qui, dopo anni, nessuno li ha tagliati. Tanti sono giovani, altri saranno stati schiantati dal vento o dal fulmine, e ora polvere.

“Tu cosa sei ora?”

“Sono un albero abbattuto e polverizzato”.

La strada forestale, sono alcuni chilometri, si snoda nel bosco, è stretta e impone un’andatura lenta. Mi sento meglio quando l’auto procede piano, solo i sobbalzi sulle buche scompigliano la polvere.

Percepisco una forma di tensione fra i passeggeri.

“Se potessi udire quello che si dicono”.

Quando l’auto si ferma, conosco lo slargo dove c’è un poco di prato, allora sento le voci; nitide come se fossi seduto fra loro.

“Ti ricordi quante volte ci diceva che desiderava che le sue ceneri finissero quassù?”

“È per quello che siamo qui. Avremmo potuto fare diversamente?”

“Io lo sento vivo ancora, ma non come gli ultimi tempi, quando non parlava, non capi-va e forse non vedeva. Allora mi prendeva la mano perché non incespicassi nel sentiero ed era pronto a sorreggermi ogni volta prima di sbucciarmi le ginocchia”.

“È stato così anche per me”.

“Io invece ho nella mente quando mi portava a funghi, voi due eravate piccoli allora”.

Almeno si ricordano, mi dico nel buio assoluto dell’urna. Nel mondo nuovo dove vivo, vivo? Non dovrei usare questa parola, mai più.

Avevo iniziato ancora con il maggiore, quando lo portavo in quella valle lunga e stretta, percorsa da un torrente senza acqua e da una mulattiera sul versante in leggera salita. Sul fondovalle massi enormi trasportati dalle pareti circostanti migliaia di anni fa. Ora la pietra calcarea lasciava passare l’acqua nelle fessure e quel piccolo ometto avrebbe voluto qualche pozzanghera da guadare ma rimaneva sempre deluso.

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Era d’autunno, come ora, dico autunno ma non ho calendario. Prima di...

L’estate era terminata con i primi temporali di fine agosto, la sentivo scrosciare ma le persiane erano sempre chiuse, solo un poca di luce dalle fessure. Sapevo che il tempo correva e cambiava. Ora mi sembra di vederlo il tappeto di foglie dei faggi che ricopre il sentiero. Sono rosse marroni e gialle. Quelle ancora verdi o grigie, lassù sulla chioma, attaccate alla vita come lo ero io, prima, aspettano le folate di vento ottobrino per lasciarsi andare.

“Qualche anno prima una bufera di vento aveva rovesciato centinaia di faggi e tutto l’apparato radicale estirpato dal terreno giaceva quasi sospeso con la terra scura che quasi pendeva dalle radici”.

“Anch’io li ho visti, sembravano enormi fiori neri che nascevano fra i faggi ancora in piedi – il mio ricordo si ferma qui – poi non sono più tornato con lui quassù”.

Avevo lasciato detto, quasi scherzando, di non spargermi in giro, non fare il gesto del seminatore, ma di posarmi lentamente, quasi per non farmi male in un anfratto qualsiasi.

Avevano riso quella volta. Ora che era arrivato il momento nessuno dei tre, lo sentivo, lo avrebbe fatto.

Le portiere dell’auto si chiudono senza fare rumore. Mi sento sollevare piano e quasi percepisco il calore delle due mani che avvolgono il contenitore. Fra poco non conterrà nulla. È di terraglia, non valeva la pena prenderne uno in ceramica o porcellana. Mai stato attento a queste finezze estetiche, le ho lasciate a lei, che mi ha accompagnato per una vita, queste attenzioni da donne.

“Mettetelo sotto una pietra, che non si veda, oppure la pietra lanciatela sopra, che si rompa e i pezzi vengano consumati dal tempo”.

Siamo in quattro, anzi tre più il nulla ormai, a camminare lentamente in Val de Piera.

Le foglie scricchiolano sotto gli scarponi, è tanto che non piove e sono secche e rug-gini. Coprono il sentiero e la poca erba che nasce fra i piccoli faggi figli delle migliaia di faggiole orfane, a quel tempo, delle loro madri schiantate dalla bufera di tanti anni fa.

Ogni poche centinaia di metri sento che le mani che avvolgono l’urna sono diverse.

Non hanno voluto affidare ad uno solo il compito di portarmi. Come vorrei entrare per un momento nelle loro anime. Posso solo immaginare.

Però mi dico che è meglio così piuttosto che alloggiato per decenni in un loculo lungo e stretto, soffocante come la macchina per la tomografia, meglio anche per loro, per non provare il rimorso, ogni tanto, per non essermi venuti a trovare in quel posto affollato, per non aver portato un fiore, per aver delegato uno all’altro il compito di farlo, senza poi che nessuno lo facesse.

“Libero – mi dicevo – libero di volare, sollevato dal vento o bagnato fino al midollo, sommerso dalla terra fine del bosco, nascosto fra le radici”.

Lei non è voluta venire quassù. Sapeva di dover rimanere in auto, non era un sentiero per spostarsi con il deambulatore. Quella mulattiera percorsa assieme tante volte le avrebbe intorbidito i pochi ricordi lucidi che ancora le rimangono. I miei sono nitidi e trasparenti, chiusi nell’urna come nella bolla del pesce rosso.

Ricordi di amori fatti fra le foglie secche, liberi da ogni costrizione, senza timore che potesse arrivare qualcuno.

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“Perché non si possono ripetere certe pagine, come si faceva con le poesie alle elemen-tari?”

Non sento parole all’esterno. Non è il momento.

Ognuno ha i suoi pensieri e ricordi.

Brevi folate di vento leggero scuotono le cime dei faggi e lasciano nevicare foglie gialle e rosse a screziare il tappeto steso sul sentiero.

Lo so che è così perché tante volte sono rimasto incantato a guardarle con l’illusione di seguirle una alla volta fino a terra. Troppo casuale era il loro percorso e ora sarà la stessa cosa.

“La vita può cambiare in pochi momenti – mi dicevo sempre – ma le foglie cadranno sempre nello stesso modo”.

Ho cambiato mani di nuovo.

Sono stato appoggiato a terra, nel silenzio delle voci.

Ho avuto un leggero giramento quando il coperchio è stato svitato.

La luce che è entrata mi ha colpito e ho dovuto abbassare lo sguardo. Avrei voluto guardare le chiome quasi spoglie, ma tanto, mi sono detto, ora avrò tutto il tempo per farlo. Il tempo che mi è mancato, con rammarico, per anni non rappresenta che un’inezia di fronte al mio futuro.

Lassù nella testata della valle grandi abeti rossi e bianchi prendevano il posto dei faggi, da sempre. Ora, senza dubbi, all’unisono li sento dire: “Questo è il posto che avrebbe voluto”.

Quando vengo versato lentamente in un anfratto fra una radice e una pietra sento le vertigini come se cadessi da una parete altissima e invece vengo quasi adagiato.

“Dio mio come possono essere falsate le cose, come si fa a volte con la verità”.

La parole vengono pronunciate solo nei film, scritte nei romanzi. Ora è solo il silenzio che percepisco prima di sparire sotto, lentamente.

“La gravità è più leggera per i corpi inesistenti”.

Questo penso in contrasto con quanto ho saputo e insegnato per anni.

Lo scalpiccio si allontana, poi si fa più tenue. Solo le foglie continuano a cadere sempre più fitte. Si è alzato il vento ma io non lo sento.

Dimenticavo di dirvi.

Ora ho sessantacinque anni e fra venti forse sarò quello che ha appena parlato o sogna-to di sé.

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cateGoria adulti

Segnalato

VI HO GIÀ RACCONTATO CHI ERA CRISTINA?di Monica Mantovani - Treviso

A.D. 2038

Guardali là: preoccupati. Anche ora che sono fuori di casa da più di cinquant’anni anni.

Non si sono mai veramente fidati di me: forse perché non ho fatto quello che dovrebbe fare una donna “normale” come sposarsi, mettere al mondo dei figli, costruire una famiglia.

È incredibile che oggi, alla mia veneranda età, io me li ritrovi impiantati in casa.

Un giorno mentre passava il mocio per terra, mi sono sfogata con Antonella. Lei mi ha sorriso, mi ha detto di non preoccuparmi di loro e dopo ha messo via il secchio e preparato l’asse da stiro. Lei i miei vecchi non li ha mai visti. Credo lo facciano apposta a capitarmi in casa quando lei ha finito di fare le pulizie.

La prima volta, sono arrivati una sera d’inverno, con il pretesto di controllare se avevo in casa l’aspirina per il raffreddore; credo sia stato in quel momento che si sono fatti la copia delle mie chiavi, così da entrare ed uscire in qualunque momento. Anche senza suonare il campanello. Stanno un po’ con me, se ne vanno e tornano ogni tre giorni. Devono “fare mestieri”. Lì a far baccano in cucina, in ripostiglio, in bagno. Ogni tanto si presentano anche le nonne. Per fortuna non hanno da mettere bocca o mani, loro, sulle mie cose.

Qualche volta mi fa piacere stare con loro, ma io ho bisogno dei miei spazi. Come devo farglielo capire? Provo a dirglielo spesso, ma non mi ascoltano.

Così, quando non ne posso più, prendo la porta di casa ed esco con la scusa di anda-re a comprare il giornale e mi faccio il giro di tutti i portoni dei vicini dove ci sono i cani amici del mio cagnolino che non ho più. Sai che succede? Che appena girato l’angolo, me li ritrovo davanti: mio padre zoppicante e mia madre storta per via delle ginocchia arrugginite. Eppure... sempre più veloci di me!

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Motivazione della Giuria

Un doloroso viaggio verso il futuro perduto come il passato, che trova spazi confusi nella mente malata. “...Non ho più pensieri come una volta o, forse, non me li ricordo più...” L’autrice, Monica, ci accompagna delicatamente nel viaggio difficile della vecchiaia con

rispetto, senza retorica.

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Non mi ascoltano. O forse non mi sentono. Non posso credere che non mi capiscano. No. Di certo non mi sentono: non hanno mai voluto l’apparecchio per le orecchie, anche se ce ne sarebbe stato bisogno qualche anno fa. Solo la nonna Marta l’ha accettato per andarci a giocare a tombola in parrocchia, anche se consuma pile come caramelle alla menta.

Guardali... tutti lì nei loro posti di combattimento: mamma seduta al tavolo della cuci-na e papà sul divano, davanti alla tivù. Lei imperterrita a pulire la verdura. Glielo ho detto che non ce n’è bisogno: nessuno la mangia. Sembra che si diverta a lavare i fagiolini e pelare le patate. Tutto il giorno. Certe volte anche di notte. Pulisce e mette via.

All’inizio, cucinava, pure. E poi nascondeva pentole dappertutto, piene o vuote: un giorno ne ho trovata una con dei carciofi ammuffiti nell’armadio della cameretta. Compra verdura, pulisce verdura, e nasconde e io, appena me ne accorgo, butto. Così l’unica cosa che si trova in dispensa sono le scatolette: sottaceti. E fagioli. In scatola.

Papà, invece, è lì, dalla poltrona al divano: guarda la partita e grida “mussi! Troppi soldi vi danno per correre dietro ad un pallone! Mussi! E non siete neanche capaci... mussi!”

È diventato vecchio. Non vorrei che avesse un inizio di demenza. Mentre guarda le partite, in certi pomeriggi di pioggia, mi siedo accanto a lui e sistemo la mia scatola delle foto: di me bambina, di mio fratello nel giorno della laurea, del matrimonio dei miei genitori. Ci sono anche quelle con relativa preghiera in memoria di nonna Marta: quelle che abbiamo fatto quando ci sono stati i funerali.

Allora guardo papà, seduto accanto a me, confronto il suo viso con quello delle foto e mi accorgo che il tempo sembra essersi fermato sulla sua pelle. Qualche volta, anche di notte se mi alzo per andare in bagno, lo trovo sul divano a fissare lo schermo e allora mi siedo vicino a lui e accendo il televisore, ma poi la partita che ha in testa lui io non riesco a trovarla e finisce che mi addormento sulla sua spalla e mi risveglio rattrappita dal freddo. All’alba, quando la mamma mi ritrova sul divano, con tanta dolcezza mi porta a letto.

Antonella dice che a portarmi a letto è stata lei stessa: ma che colpa ne ho io, se quelle due si vestono nello stesso modo? Lo fanno apposta per confondermi.

La mattina, quando mi alzo, vado in bagno e mi pettino allo specchio. C’è una donna che mi osserva. Mi guarda come se non mi conoscesse. Avrà una ventina di anni più di me, ma non si vede tanto perché, come me, è cicciottella. La fortuna di noi cicciotti è che le rughe compaiono più tardi e, comunque sono sempre più piene e danno un viso più simpatico di quello dei magri. Me lo diceva sempre il professore di latino.

I magri mi sono sempre stati sulle scatole. Come i gatti. Per questo ho sempre avuto il cane, che ora è morto, però... Quella donna ha qualche zampa di gallina attorno agli occhi verdi. Sembra voglia imprimersi nella mente ogni mio lineamento. A volte ci troviamo addi-rittura a sfiorarci la punta delle dita. Mi pare diversa ogni mattina. Ma ha sempre una piccola ruga verticale al centro della fronte, tra le sopracciglia. Tale e quale alla mia.

Non ho più pensieri come una volta o, forse, non me li ricordo più. Così come non riconosco le facce di queste tizie che mi trovo davanti ogni mattina: hanno tutte gli stessi capelli spettinati e ricci sopra la testa, come i miei. E la ruga.

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Da un po’ di tempo non lavoro più. Non ho ben capito il perché. C’è stato un brutto momento, in ufficio, in cui eravamo in pochi e avevo sempre più da fare e Mario doveva tenermi a mente gli appuntamenti e le scadenze. Eh diamine! Non riuscivo a star dietro a tutto. Ero perfino costretta ad andare a lavorare di domenica e un paio di volte ho fatto scattare l’allarme. Dicevano che mi avevano dato mille volte il codice, ma io sono certa che l’abbiano dato solo ai miei colleghi. Secondo me volevano che io me ne stessi a casa. Due volte l’ho fatto scattare... una anche il giorno di Natale. Non mi pareva che fosse Natale. Lavorare a Natale! Quando mai! Un giorno mi hanno chiamato dalla direzione e prima mi hanno detto che potevo andare a lavorare un po’ meno, solo quando me la fossi sentita e poi, dopo un colloquio con un tipo sospettoso che non ho capito chi fosse, mi hanno scritto che avevo bisogno di riposo. E così da allora, me ne sto a casa.

Una volta, però, mi è venuta voglia di tornarci, in ufficio, e così mi sono vestita e sono andata in centro, verso il palazzo. Sono arrivata lì sotto ma non trovavo il campanello. Avevano cambiato sede. Ma come sono riusciti a far spostare tutti quegli uffici? Già che ero lì sono andata a prendermi un caffè da Cristina, la barista del bar all’angolo dello stabile. Ma anche il bar non c’era più. Si è spostato anche quello?

Ho rivisto Cristina una volta in un negozio di fiori che faceva la commessa, una volta in chiesa a fare le letture e anche dal fruttivendolo, una vola che sono andata per comperare i cavoli, ma avevano solo grandi scaffali di ciabatte e calze elastiche per le vene varicose. Pare che lì non la vendano più come una volta, la verdura. Non l’hanno mai venduta? Così voleva farmi credere Cristina che mi spingeva gentilmente fuori dalla porta. E pensate, faceva finta di non conoscermi. Cristina la barista! L’ho salutata, le ho chiesto come andava il bar e se vedeva ancora i miei colleghi, ma mi ha detto che lei non ha mai lavorato in un bar. Sorrideva con un sorriso da ebete. Ma perché mi ha mentito? Il mondo è sempre più strano.

Un sacco di persone mi mente. Mi dicono che va tutto bene, che non devo preoccu-parmi. E non sanno far altro che farmi dei sorrisi idioti. Sussurrano tra loro e sembra che vogliano fregarmi.

Mario non mi prende in giro mai. Lo vedo nei suoi occhi, profondi e chiari. Mario mi ha sempre voluto bene. Ogni tanto mi telefona per raccontarmi del lavoro e della sua famiglia. È invecchiato anche lui. Mi ha raccontato, l’ultima volta, che ha due figli che fanno l’università, ma è chiaro che ha voluto farmi uno scherzetto perché Federico avrà avuto tre-quattro anni al massimo l’ultima volta che l’ho visto - un paio di settimane fa - ed Emanuele è da poco sceso dal passeggino. Mario è sempre in vena di scherzare, o... non è che stia “per-dendo colpi”? In effetti fa delle cose strane: un giorno è venuto a casa mia e ha smontato i fuochi e il forno della cucina. Mi ha detto che era meglio così, visto che il giorno prima mi ero ritrovata la casa invasa dai pompieri e da persone spaventate che dicevano che non era la prima volta che sentivano odore di gas sul pianerottolo e che “poteva saltare tutto in aria” e di “sigillare le manopole del fornello”. Ma cosa sono queste “manopole”?

Ha lasciato solo il bollitore e la macchina da caffè. Tanto ormai io mangio solo scatolet-te e anche il the e il caffè li bevo solo se viene qualcuno a trovarmi e che li prepara al posto mio.

E così finisce che non mi ricordo più come si fanno: ho chiesto a Mario di scrivermi i passaggi su dei fogli che ho appeso: in grande, però, perché ultimamente ho perso un po’ di

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vista. Solo che ha scritto delle cose strampalate e finisce che rimango ore a fissare quei segni uno di seguito all’altro senza capire cosa vogliano dire.

La sera quando vado a dormire, la mamma mi legge la favola di Cosetta e del suo papà adottivo. Le chiedo perché tutti si comportano in modo strano con me. Lei non sa rispon-dermi e ritorna in cucina a pulire la verdura. Mi piace quando mi legge la storia di Cosetta. Spesso piango perché è una storia triste.

Di tutte le storie che la mamma mi raccontava da bambina, mi ricordo solo questa. Jean Valjean entra in una bettola e vede Cosetta giocare con i calzini che però deve rammendare, e poi ci sono le suore che se la portano via e lui la cerca in lungo e in largo e la ritrova nella pancia della balena. Quando mamma mi leggeva di Cosetta si faceva sempre triste, ma a me piaceva lo stesso. Ma chissà com’ è stato possibile per la bambina finire nella pancia della balena con Geppetto. Passo delle ore a pensarci, ma non riesco a ricordarmi come ha fatto. Nei pomeriggi d’inverno, siedo vicino alla finestra della stanza da letto e guardo in strada, attaccata al termosifone. Dalla mia stanza si vedono sia l’alba che il tramonto. Mi piace segna-re con l’indice sul vetro tutto il giro del sole. La signora che mi dà una mano a tenere pulita la casa se la prende perché dice che lascio troppe ditate e che fa fatica a farle venire via. Mi pare si chiami Antonella, ma non ne sono sicura. Comunque, dice che se viene qualcuno a casa, né io né lei ci facciamo una bella figura. Ma io non invito più nessuno e nessuno invita più me. Non so perché. Mario ha cercato di spiegarmelo, ma mi pareva tanto complicato. Credo proprio che non ci sta più con la testa, poveretto.

Mario ha insistito per portarmi da una dottoressa perché ha detto che sto perdendo i vestiti e gli sembra che io non mangi abbastanza e forse ho dei cali di pressione. Mi dimentico forse anche di mangiare?

La dottoressa mi ha fatto sbellicare dalle risate. Dice che mamma e papà sono morti da più di 20 anni! Ma non possono essere morti se sono a casa mia. Ho provato a spiegarglielo, ma lei mi guardava con un sorrisetto che mi faceva venire i nervi.

E poi che senso aveva questa messinscena? L’ho capito subito che dentro quel camice c’era Cristina, la barista! Ah ah ah! Se ci teneva a farmi uno scherzo doveva almeno mettersi una parrucca!

A proposito, vi ho mai raccontato chi è Cristina?

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Segnalato

AL PROSSIMO SGUARDO, VENT’ANNI DOPOdi Patrizia Tomasi - Folgaria (TN)

A metà del tempo concessomi, guardo il mio specchio chiedendomi chi sono e chi sarò tra vent’anni.

Sono una travet 1 degli anni ottanta del ventesimo secolo.

Mio padre, operaio, non ricordo abbia mai avuto la disponibilità all’acquisto di un’auto nuova.

Per Natale so di aver desiderato precisi costosi giocattoli e di aver ricevuto surrogati meno cari, ricordo che le mie amiche studiavano danza mentre io non potevo, anche i biscotti che consumavano a merenda erano per me da acquolina in bocca. Non portando in fondo al cuore alcun senso di delusione, credo di doverne dare merito a mia madre, donna che mi ha sempre dipinto il mondo alla nostra portata con tinte accese e assai più splendenti rispetto al mondo che avrei potuto avere.

In adolescenza, nel periodo estivo, mi dilettavo nel rifare letti e strofinare padelle in qualche albergo poco distante da casa, così da sostenere la dignità propria dell’acquisto dei testi scolastici e un qualcosa in più da rendere alla famiglia.

Uno “studio matto e disperatissimo”2, frammisto a cocciute scornate all’anoressia, mi hanno portata ad ultimare il classico; il giorno dopo la maturità, come ogni estate, è squillato il telefono di casa con un invito a presentarmi immediatamente al lavoro in montagna e la valigia subito sul mio letto, fra lacrime di sfinimento peraltro presto ingoiate.

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Motivazione della Giuria

La storia della protagonista si dipana nel confronto con quella della nonnatanto ammirata e idealizzata da voler diventare come lei.

“...Mi rassicura che nelle mie vene scorre il suo sangue...” Patrizia, con una penna sottile, tratteggia le figure che appaiono nitide agli occhi del lettore.

(1) francesismo utilizzato come sinonimo di impiegato, in particolare per quelli di livello meno elevato. Il termine diventa, per anto-nomasia, il piccolo burocrate dedito tanto al proprio lavoro quanto all’ingoiare rospi con modestia, https://it.m.wikipedia.org.

(2) Lettera a Pietro Giordani a Milano, Recanati, 2 marzo 1818 in Epistolario di Giacomo Leopardi con le iscrizioni greche triopee da lui tradotte e lettere di Pietro Giordani e Pietro Colletta all’Autore, raccolto e ordinato da Prospero Viani, vol. I, Napoli, 1860², pag. 76.

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Poco più che maggiorenne mi sono intestardita nel volere ad ogni costo sposare l’Amo-re della mia vita. Accantonati gli studi mi sono inventata ogni lecito mezzo di guadagno per il raggiungimento di quel fine, che mi ha permesso di coronare il mio sogno: una casa, una famiglia, lui. Lui che ha letto nei miei occhi quel velo di insoddisfazione e mi ha spronata a proseguire nello studio, fino all’ultimo esame quando, per via di un pancione di nove mesi e senza possibilità di appello, mi è stato proibito di uscire di casa. Ricordo allora uno di quei compromessi che solo una madre può raggiungere con il figlio che porta in grembo: mi sono rivolta ad Elìa guardandolo idealmente negli occhi: “Ti prometto di dedicarti tutto il mio tempo, se tu mi permetterai ancora un solo giorno”. E lui altrettanto idealmente mi ha stretto la mano, standosene fermo e zitto fino a sera, permettendomi di superare quell’ultima prova.

Impegno assolto, pazienza finita, le promesse erano state rispettate, la mia vita ha visto un altro enorme salto. Balzo di infinita gioia nell’immediatezza, quindi di fatica altrettanto importante, prima con lui, poi con sua sorella: genitori lontani, notti insonni, impegni lavora-tivi… ma si sa che noi mamme ne siamo capaci, pertanto non considero i sacrifici resi degni di merito, quanto piuttosto un compimento naturale e dovuto.

Mia mamma a sua volta si ammala per non tornare più ad essere la donna forte di un tempo.

Torna a farsi sentire la personalità di quell’uomo che mi ha concesso tanto: la laurea prima, poi due figli, luce dei miei occhi. Come a voler dire: “Ci sono anch’io! Con le mie ambizioni”. Mi pare giusto e doveroso sostenerlo. Devo farcela, anche quando, dopo tanti anni, mi sento fagocitata da un sistema che mi svilisce, quando i suoi occhi mi vedono senza guardarmi, non si fermano più su di me, passano oltre. Mi chiedo se la vita stessa sia da inter-pretare in termini solidaristici o si possa chiedere oltre. A tratti mi sento sola. Mi domando cosa sia infinito, cerco di indagare il concetto di valore, temo di non farcela.

Allora mi guardo allo specchio, provo ad immaginarmi tra vent’anni e vedo lei.

Anche adesso che mi può solo ascoltare, le ripeto la mia gratitudine. Ho avuto l’ono-re di starle accanto fino all’ultimo e in particolare nei suoi ultimi mesi di veloce (e feroce) malattia; era ancora nel fiore dell’età e io poco più che una ragazzina, ma ho un ricordo chiaro e sereno di quel periodo che ha amplificato ogni cosa che sarebbe venuta dopo, mi ha resa migliore, semplicemente senza di lei sarei stata qualcun altro. Quei mesi di sofferenza hanno rappresentato per me un importante momento di maturazione, di formazione della mia personalità, perché mia nonna mi ha insegnato, nel suo essere così poco arrendevole anche di fronte alla malattia, la determinazione possibilmente frammista alla gentilezza, mi ha insegnato a rimboccarmi sempre le maniche, mi ha mostrato i segni della fatica sulle mani che lavorano davvero (e anche i lividi sul cuore), mi ha fatto capire cosa significhi offrire la propria vita agli affetti più cari, nella sua dedizione totale ai figli. Insomma, credo sia il suo ricordo a farmi andare avanti anche nei giorni in cui mi pare si possa procedere solo per forza di inerzia. Vissuta nella miseria e nell’ignoranza, ma con uno spirito di sacrificio tale da aver unito i suoi sette figli in una assoluta empatia.

Devo ammettere, caro specchio, che mi crea una leggera invidia riflettere su quello che lei è riuscita a fare in quelle condizioni di totale disagio e privazione, mentre io, nell’agio dei nostri giorni, mi affanno a crescere due figli, arrivando anche a volte a lamentarmi.

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Mi raccontò che il suo grande Amore era uno svizzero che visse per qualche mese al paese di mia nonna, per poi tornare alle sue montagne. Per raggiungerlo, valigia alla mano, lei scappò di casa, pronta a saltare sul primo treno che fosse partito per la Svizzera. Lo fece al momento sbagliato: siamo perfettamente allo scoppio della seconda guerra mondiale e i convogli non si muovono. Dopo qualche giorno di peregrinazioni torna a casa e un po’ per punizione, un po’ per mancanza di alternativa (non gliene riconoscono), sposa mio nonno. Mio nonno, a sua volta, rincasa una volta all’anno dal suo lavoro in miniera, ironia crudele del destino, in una miniera svizzera. Ogni volta mia nonna resta incinta e mette al mondo otto figli in circa dieci anni. Uno non ce la fa. Mio nonno, un po’ incline all’alcol e sempre lontano non la sostiene, quantomeno dal punto di vista morale, per motivi ovvi. Sarà che non ha modo di pensarci troppo lei, con sette bocche da sfamare, si inventa la vita da sola e come le riesce. Va al mercato a vendere la frutta del suo campo e riesce così a sfamarli tutti e, ogni domenica mattina, ad allestire sette sedie con sette vestiti lavati a nuovo e stirati (ricordo il ferro da stiro in ghisa con le braci). Vicende di comune eroismo, in tempo di guerra, ma mai da sottovalutare nella loro singolarità.

Per me il Natale ha ancora l’odore del muschio del presepe di mia nonna, è in quell’al-berello decorato con l’ovatta di tanti anni fa, in quei semplici sacchetti di mandarini e noc-ciole con un fiocchetto rosso. Giorni di indescrivibile sazietà, non di pancia ovviamente, quei Natali della mia infanzia trascorsi dalla nonna. Giorni davvero felici tanto da renderli unici. Natale con poco di materiale, ma con la gioia nel cuore.

Il fatto è, caro specchio, che credo fermamente nel plus valore che derivi da questi modelli di vita e forse quel che davvero mi spiace è di non sentirmi all’altezza, oggi, di riem-pire la pancia ai miei figli come ha saputo fare mia nonna con me.

Ecco, caro specchio, come vorrei diventare, come questa donna, anonima al trascorrere del tempo e della storia, dall’aspetto trasandato e dall’animo generoso, catalizzatrice emotiva in situazioni disperate, collante familiare in tempi difficili, donna dalle braccia forti, come le mie, con uno sguardo netto cui ambisco oltre il primo capello bianco.

Mi rassicura sapere che nelle mie vene scorre il suo sangue.

Non sarà facile permettere al tempo di svilire il mio fisico senza batter ciglio, nell’attesa di ritrovarlo sul banco di prova tra vent’anni, questo tempo, tenendo con coraggio fissi la mèta, il fine, il senso.

Ora ti girerò, specchio, per ingannare il tempo, per non rivelargli i miei piani. Gli permetterò di scorrermi addosso e aspetterò, con l’esempio imperturbabile di mia nonna, portando avanti i miei obiettivi con la forza e l’assoluta abnegazione che lei mi ha insegnato.

Ti volterò nuovamente tra vent’anni, specchio, nella speranza di guardarmi allora negli occhi e vedere gli occhi di mia nonna che non stanziano su di me, ma vanno oltre, guardano quelli dei miei figli, con la soddisfazione e l’orgoglio di chi, ancora, rimanda al prossimo sguardo, vent’anni dopo.

cateGoria adulti - SEGNALATO57

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categoria adulti PREMIO SPECIALE “STELLA”59

cateGoria adulti

Premio Speciale “STELLA”per un racconto tanto grande nel concetto quanto semplice nella forma

“VORREI INCONTRARMI TRA VENT’ANNI”di Silvana Da Pos - San Biagio di Callalta (TV)

Passo davanti allo specchio, mi fermo per un attimo, guardo la mia immagine riflessa davanti a me e vedo scorrere gli anni. Mi soffermo nei particolari: aspetto fisico giovanile, slanciato, la postura dritta, ancora abbastanza snella, movimenti sciolti. Vedo solo qualche ruga in viso. Forse tutto questo è un’illusione, gli anni corrono passo dopo passo con il tempo, ti accompagnano nella vita, senza fare caso al tuo aspetto fisico che cambia. Poi un giorno, ti fermi davanti allo specchio e vedi in te il volto di tua madre, segnato dalle fatiche. Ti sembra impossibile che ora tu sia lei e pensi: “Come sarò tra vent’anni?”.

Gli anni cambiano la vita, nasci, cresci, invecchi, portando con te i ricordi. Un giorno, tra vent’anni, vorrei svegliarmi in un mondo migliore, meno frenetico, con giovani più moti-vati verso un futuro autentico, fatto di scambi, di amici veri, senza guerre né disuguaglianze e vedere tutti i bambini sorridere. Chi lo sa? Forse un giorno ci incontreremo sulla luna a guardare la terra con il binocolo: questo sarà un sogno che un giorno potrebbe avverarsi!

Tra vent’anni vorrei incontrarmi ancora sulla terra con il mio aspetto fisico cambiato ma con tante cose da raccontarmi. Seduti attorno alla grande tavola come ai vecchi tempi, la famiglia numerosa, figli, nipoti, pronipoti, davanti alla fiamma del caminetto che scoppietta e illumina la stanza. Noi a raccontarci: “Ti ricordi, Sophia, quando mi volevi insegnare danza ed io non riuscivo a fare la spaccata? Quasi mi rompevi le gambe! Non ne parliamo poi dell’inglese! Ti divertivi a segnare i miei quaderni con la penna rossa! Un giorno ti dissi: “Quanto mi fai dannare!”. E tu mi avevi risposto: “Nonna! Quanto ti faccio divertire, invece!”.

Motivazione della Giuria

Un garbato viaggio in avanti per osservare i mutamenti e raccontarsi il passato.Silvana ha una grande capacità di comunicare in modo semplice e naturale.

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Poi attorno a quel desco, tra vent’anni, ci sarà anche Greta, la sorella minore. Da pic-colina non voleva essere da meno e desiderava insegnarmi a disegnare: la tavola della taverna era diventata una tavolozza da disegno, cartoncino, tempere e pennelli! Non so dire cosa fosse più colorato, i fogli di carta o la tavola.

Il nostro dialogo continuerà, rivivendo gli eventi di una lunga storia condivisa: ricor-renze, pranzi, feste paesane. Una sera eravamo a cena, alla festa del Santo Patrono “San Biagio”; ad un certo punto mio nipote Romeo si guardò intorno, poi si rivolse a me e mi disse: “Nonna!! Sei la più f… di tutte le nonne!”. Rimasi sorpresa e un po’ imbarazzata dal suo linguaggio giovanile, ma fui orgogliosa e commossa di lui che mi vedeva non vecchia, non ottantenne, non rugosa, ma con gli occhi dell’amore! Poi le domande le faranno loro a me: “Ti ricordi, nonna? Per il tuo compleanno ti abbiamo regalato tavolozza, cartoncino, pen-nelli ed acquerelli! Sei riuscita ad imparare a disegnare e con l’inglese te la cavi; la danza ... lasciamo perdere!”. Spero di avere messo a frutto le mie risorse tra vent’anni e sorprenderli con qualche acquerello artistico!

Ora sono io che devo farmi delle domande, è un’emozione forte, le gambe mi trema-no. Sarò ancora utile agli altri, saprò usare bene i miei talenti? Aprirò il cassetto dei miei sogni, prenderò il quaderno degli appunti, sfoglierò le pagine una ad una per controllare se vi è rimasto qualche progetto incompiuto e mi chiederò: “Potrò ancora recuperare il tempo perduto?”. A cent’anni?

PREMIO SPECIALE “STELLA” categoria adulti 60

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i partecipanti

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PARTECIPANTI Categoria “UNDER 15”

ROLANDO PERRI COSENZA

FEDERICA CHINELLATO CODEVIGO (PD)

MAHI DELWAR TREVISO

MADDALENA CAVALLIN MARCON (VE)

SAMIM ALI TREVISO

GAIA RUSSO TRIESTE

FRANCESCA CESCUTTI ARTATERME (UD)

SEBASTIANO PASQUALATO CASALE SUL SILE (TV)

ALICE SEVERI TRIESTE

ANITA DE BARBA TRIESTE

ANNA LUNARDIS TRIESTE

BEGUM UGUR TRIESTE

DESIRÈ STEFANATO MUGGIA (TS)

ERIKA GIORGESI TRIESTE

GAIA MARCHETTI TRIESTE

IRENE PITACCO TRIESTE

SIBILLA SARCLETTI TRIESTE

SOFIA NURSI TRIESTE

VEDRANA SUSNJAR TRIESTE

MAJA MANZETTI TRIESTE

MARGHERITA MARTON MARCON (VE)

BEATRICE PROVERA SANTHIÀ (VC)

VIRGINIA BERENGO MARCON (VE)

VERONICA MARCON MARCON (VE)

UNDER 15 PARTECIPANTI 62

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UNDER 15 PARTECIPANTI63

VALERIA RIZZO MARCON (VE)

ALVISE CESARO MARCON (VE)

CLAUDIA VECCHIATO MARCON (VE)

AURORA SAVI TRIESTE

ANNA BASSO SALGAREDA (TV)

FRIDA MORET TREVISO

ELENA FRARE MARCON (VE)

IRENE BRUNIERA TREVISO

GAIA GUIZZONATO MARCON (VE)

GIOIA PAVAN CASALE SUL SILE (TV)

SOFIA ZAGO CASALE SUL SILE (TV)

GIORGIA TORTATO

VALENTINA CHIRICO TREVISO

BEATRICE PORCELLATO LORIA (TV)

GIOELE MONTAGNA LORIA (TV)

GIULIA SANCOLODI LORIA (TV)

VANESSA LUCACEL LORIA (TV)

REBECCA BERTONCELLO LORIA (TV)

STEFANO GUARISE LORIA (TV)

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PARTECIPANTI Categoria “ADULTI”

GIULIA COMINELLI PONTE NOSSA (BG)

FRANCESCA RIGON MONTECCHIO PRECALCINO (VI)

CARLA NOGARIN MOTTA DI LIVENZA (TV)

ANNA ROSSETTO PREGANZIOL (TV)

RITA MAZZON PADOVA

ANDREA CARLONI TORRI DI QUARTESOLO (VI)

MARIO DAL BO' CASALE SUL SILE (TV)

FRANCESCO BRUSÒ MESTRE (VE)

LUIGINO BRAVIN CONEGLIANO (TV)

LUCA PASTRELLO QUARTO D'ALTINO (VE)

MONICA MANTOVANI TREVISO

MANUELA MARIANI LENTATE SUL SEVESO (MB)

MAURO LAMA ZERO BRANCO (TV)

LORENZO GHIONZOLI LIVORNO

MATTEO BAROCCO VILLATA (VC)

AGNESE SOMAGLINO VERCELLI

CARLOTTA TARTAGLIA CIGLIANO (VC)

SARA OSSI FERRARA

ROSANNA ZANATTA PAESE (TV)

GIULIA MICELI VOLTERRA (PI)

PAOLO MERIGHI TREVISO

ELISABETTA CAVALLIN MARCON (VE)

PIETRO PROVERA SANTHIÀ (VC)

PATRIZIA TOMASI FOLGARIA (TN)

ADULTI PARTECIPANTI 64

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SILVANA DA POS SAN BIAGIO DI CALLALTA (TV)

VALENTINA DELFINO TERNI

LISA MODENESE PREGANZIOL (TV)

REBECCA DEFENDI MOTTA DI LIVENZA (TV)

MATILDE NATALE SANDRIGO (VI)

EMMA BASTON BASSANO DEL GRAPPA (VI)

MATTEO MARZO CAMERI (NO)

AURORA FILIP CARLINO DI SAN GERVASO (UD)

ROSA RUNCIO CAMINO AL TAGLIAMENTO (UD)

SIFAHU AZEEZ PORDENONE

ELEONORA GUARNASCHELLI TORINO

CRISTIANA BALDASSIN SPRESIANO

SONIA GRAZIOTTO CASALE SUL SILE (TV)

ALEX AIMARO CASCINA SAN DESIDERIOMONCRIVELLO (VC)

ADULTI PARTECIPANTI65

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Si ringraziano

PROVINCIA DI TREVISO

COMUNE DI CASALE SUL SILE

UFFICIO SCOLASTICO TERRITORIALE DI TREVISO

ISTITUTO COMPRENSIVO DI MARCON

ISTITUTO COMPRENSIVO DI SILEA

ISTITUTO COMPRENSIVO DI LORIA E CASTELLO DI GODEGO

I.S.I.S. GIOSUÈ CARDUCCI - DANTE ALIGHIERI DI TRIESTE

I.I.S. REMONDINI BASSANO DEL GRAPPA

LICEO SCIENTIFICO SALESIANO “SAN LORENZO” DI NOVARA

SOCIETÀ COOPERATIVA SOCIALE “IL SENTIERO” DI CARBONERA

I PROFESSORI:

GIUSEPPE DI PALMA, CATERINA MUTTI, SARA FERRACINI,

ALESSANDRA ZAGO, SUSANNA CARRER, CLAUDIA GIACOMAZZI,

ELENA LA FRANCA, M. CHIARA SALLUSTIO, PAOLA SARTORI

STUDENTI DELLA CLASSE IV A SCIENTIFICOLICEO “DUCA DEGLI ABRUZZI” DI TREVISO

STUDENTI DEL CONSERVATORIO “A. STEFFANI” DI CASTELFRANCO VENETO

CENTROMARCA BANCA

COOPERATIVA G. TONIOLO

FONDERIA ARTISTICA BORTOLETTI

IL COMITATO ORGANIZZATORE

LA GIURIA

I VOLONTARI DEL GRUPPO PARROCCHIALE FESTEGGIAMENTI

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Hanno collaborato all’iniziativa

Viale delle Industrie, 17 Dosson di Casier - TVTel. 0422.331858 [email protected]

Via Pacinotti, 16 31032 - Casale Sul Sile - TVTel. 0422.670659 [email protected]

Via Vittorio Veneto, 30 Casale Sul Sile - TVTel. 0422.702580 - Fax [email protected] - [email protected]

c r e a z i o n i i n v e t r o

PACKAGING - FUSTELLE PIANE E ROTATIVE

Via Vittorio Veneto, 66 31032 - Casale Sul Sile - TVTel. 0422.821946

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S T A M P E R I A - A P R I L E 2 0 1 8

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Con il patrocinio di

Con il contributo e la collaborazione di

Comune di Casale sul sile

EdizioneOttava

parroCChia santa maria assuntaCasale sul Sile - Diocesi di Treviso

Gruppo parrocchiale FesteGGiamenti

Premio Letterario

tu, io e i mondi possibiliAntologia dei racconti premiati e segnalati ispirati a:

Vorrei incontrarmitra vent’anniimmagine. . . allo specchio