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Voler bene alla terra CARLO PETRINI PLUS MAGAZINE 14 IN QUESTO NUMERO ALAN B. KRUEGER TECNOLOGIA E FUTURO DEL LAVORO GUIDO EMILIO TONELLI UNA STORIA, UN UOMO UNO SCIENZIATO NINO D’ANGELO NAPOLI E LA MUSICA AMBRA GATTO BERGAMASCO LA REGINA DEL BUTOH ALSAZIA IL CUORE DELL’EUROPA L’ACQUARIO DI GENOVA COMPIE 25 ANNI Supplemento a La voce dei bancari – Periodico trimestrale per la cultura e il tempo libero – Numero XIV - settembre 2016 CONVENZIONI NAZIONALI DA PA GINA 55

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Voler bene alla terraCARLO PETRINI

PLUS MAGAZINE14

IN QUESTO NUMERO

ALAN B. KRUEGERTECNOLOGIA E FUTURO DEL LAVORO

GUIDO EMILIO TONELLIUNA STORIA, UN UOMO UNO SCIENZIATO

NINO D’ANGELONAPOLI E LA MUSICA

AMBRA GATTO BERGAMASCOLA REGINA DEL BUTOH

ALSAZIAIL CUORE DELL’EUROPA

L’ACQUARIO DI GENOVACOMPIE 25 ANNI

Supplemento a La voce dei bancari – Periodico trimestrale per la cultura e il tempo libero – Numero XIV - settembre 2016

CONVENZIONI NAZIONALI

D

A pAGINA 55

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14 Copertina 4 Carlo Petrini: voler bene alla terra teCnoFUtUro 10 Alan B. Krueger: tecnologia e “futuro del lavoro” protagonisti 14 Guido Emilio Tonelli: una storia, un uomo, uno scienziato 18 Nino d’Angelo: Napoli e la musica ospiti 22 A colazione con... Laura Giardino protagonisti 24 Ambra Gatto Bergamasco: la regina del butoh neWs 28 Un campo di calcio per la Cina eventi 30 A caccia del Leone d’Oro: 73ª Mostra del Cinema di Venezia 32 L’Acquario di Genova compie 25 anni MoDa 34 Autunno = Allegria! eMoZioni tra arte, CineMa e LiBri 40 Marc Chagall al Forte di Bard reCensioni 42 Film, libri, musica, mostre, teatro MappaMonDo 48 Alsazia il cuore dell’Europa 55 ConvenZioni naZionaLi

S O M M A R I O

pLUs MagaZineSupplemento a La voce dei bancariPeriodico trimestraleper la cultura e il tempo libero

redazione e amministrazioneVia Guarini, 4 – 10123 TorinoTel. 011 5611153Fax 011 540096www.associatiallafabi.it

Direttore responsabilePaolo Panerai

Direttore editorialePaola Gomiero

segreteria di redazioneChiara Attolico

photo editorAlessandro Lercara

Hanno collaborato a questo numero:Benedetta Breveglieri, Mauro Bossola,Pietro Gentile, Ezio Marinoni, Barbara Odetto, Barbara Oggero, Mariangela Salvalaggio, Vincenzo Scaringella.

FotografieAndrea Asti, Archivio Slow Food, Archivio Stilisti, Barbara Oggero.

pubblicitàNova Labor Servizi srlVia Guarini, 4 – 10123 TorinoTel. 011 5611153Fax 011 540096 progetto graficoCarlo Fantinel – Torino

stampaGarabello Artegrafica – San Mauro Torinese

La redazione non si assume alcuna respon-sabilità per notizie, foto, marchi, slogan uti-lizzati dagli inserzionisti. Il materiale inviato non viene restituito. È vietata e perseguibile civilmente e penalmente ai sensi della legge sul diritto d’autore ogni forma di riproduzio-ne dei contenuti di questa rivista, compresi gli spazi pubblicitari, senza autorizzazione scritta dell’editore.

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settembre 2016 | Plus Magazine | EDITORIALE 03

E D I T O R I A L E

Carissime lettrici e lettori,

in occasione del Salone del Gusto e Terra Madre che si terrà a Torino dal 22 al 26 settembre, per la nostra copertina abbiamo scelto il vol-to internazionale di Carlo Petrini, fondatore e Presidente di Slow Food; molte pagine sono state dedicate alla kermesse internazionale che per questa edizione propone numerose novità e un programma sempre più ricco di appuntamenti, conferenze e laboratori.

Altro evento settembrino di rilevanza internazionale è la 73ª edizio-ne del Festival del Cinema di Venezia, il più antico del mondo, che sedu-ce sempre un vasto pubblico sia per la location unica al mondo, sia per la qualità dei film in concorso e – perché no – per il concentrato di vip, registi, attrici e attori che sfilano in laguna.

Per gli amanti della musica proponiamo un’intervista a Nino D’An-gelo che ci racconta la sua straordinaria carriera artistica densa di suc-cessi ma anche segnata dalla sofferenza.

E poi ancora Ambra Gatto Bergamasco che ci descrive il suo mondo, un mondo nel quale la danza, soprattutto il butoh è protagonista.

Gusto e mondanità ci accompagnano così verso la fine dell’estate e verso un autunno intenso, se non caldo, anche sul fronte dell’economia e della scienza. Da leggere con attenzione quindi le interviste al Pro-fessor Alan Krueger, ex capo dei Consiglieri Economici del Presidente Barack Obama, sul rapporto tra evoluzione del lavoro e avvento della Sharing Economy e quella al fisico italiano Guido Emilio Tonelli, profes-sore ordinario presso l’Università di Pisa, uno dei principali protagonisti, insieme a Fabiola Gianotti, della scoperta del bosone di Higgs a LHC, scoperta che ha permesso di conferire il Premio Nobel per la fisica 2013 a François Englert e Peter Higgs.

E per non abbandonare completamente le vacanze e il divertimento, perché non immergersi nell’Acquario di Genova che quest’anno festeg-gia i suoi primi 25 anni o dare un’occhiata alla moda autunno/inverno, oppure ancora farsi portare non troppo lontano, in Alsazia, tra i suoi splendidi tesori: Strasburgo, Colmar, Mittelbergheim e Bergheim?

Buona lettura. [email protected]

Paola GomieroDirettore FABI Plus

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Viaggio tra temi, eVenti e protagonisti della prossima edizione di Terra Madre Salone del GuSTo, a torino dal 22 al 26 settembre.

per l’inaugurazione ci sarà il presidente della repubblica mattarella

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M A R I A N G E L A S A L V A L A G G I O

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“Se uno dei nostri bisnonni potesse tornare a trovarci e ci chiedesse qua-li sono le novità dei giorni nostri, a sentire questo elenco (facciamo l’orto, i contadini vendono al mercato…) rimarrebbe un po’ interdetto e direbbe: siete tornati indietro. E invece no. Stiamo andando avanti, ma decidendo dove vo-gliamo andare sulla base dei nostri reali bisogni, e non lasciandoci guidare solo dalle esigenze di un sistema economico orientato al profitto e completamente disinteressato alla qualità della vita delle persone”. Questa è solo una delle os-servazioni contenute nel libro ‘Buono, pulito e giusto’ di Carlo Petrini, che a dieci anni dalla prima versione torna in libreria. Il fondatore e presidente di Slow Food quest’anno è stato nominato Ambasciatore Speciale della FAO in Europa per Fame Zero. “La vergogna della fame… può e deve essere cancellata entro il tempo della nostra generazione; l’impegno in questo senso deve ricevere priorità politica in tutti i fora internazionali, oltre che a livello nazionale e di società civile” ha dichiarato accettando la nomina.

Tutto questo accade quest’anno. Il 2016 è una tappa eccezionale anche per il Salone del Gusto che compie vent’anni e per i trent’anni di Slow Food. L’associazione con la chiocciola più famosa al mondo proprio per questa edizione della kermesse propone tante novità. Innanzitutto cambia il perio-do: non più ad ottobre ma dal 22 al 26 settembre. E la manifestazione cam-bia anche nome, portando in primo piano ‘Terra Madre’ per sottolineare la

VOLER BENEALLA TERRA

diversità, consumi di carne, ruolo delle donne nel mondo della produzione. Il Borgo Medievale sarà invece teatro delle attività didattiche per scuole e famiglie con laboratori, workshop, percorsi senso-riali e mostre.

Al Teatro Carignano si terranno le grandi confe-renze con relatori di fama internazionale - giuristi, attivisti, chef, agronomi, docenti, artisti e registi - che si confronteranno su agromafie, cibo e mul-tinazionali, salute, gastronomia, arte moderna e agroecologia. Alcuni esempi: Gian Carlo Caselli, ex magistrato e presidente dell’Osservatorio per la lotta alla criminalità agroalimentare di Coldiretti, e

Il ProGraMMaCambia il periodo, cambia la location, non c’è più – rispetto alle passate edizioni – un biglietto d’in-gresso (sono a pagamento solo alcuni laboratori e appuntamenti a tavola), ma non cambia il ricco programma di attività.

Nei viali del Parco del Valentino sarà allestito il grande Mercato e i Presìdi internazionali, con personal shopper a guidare il pubblico, iniziative divulgative, degustazioni, tour Bike e Walk. Il Ca-stello del Valentino e Torino Esposizioni acco-glieranno i Forum di Terra Madre, dove i delegati avranno modo di confrontarsi su agricoltura, suo-lo, legalità, allevamento e benessere animale, bio-

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Don Luigi Ciotti, fondatore di Libera, analizzeranno come il giro d’affari delle agromafie superi i 16 miliar-di (23 settembre, ore 11.00). Gino Strada, fondatore di Emergency, sarà protagonista insieme al fumet-tista italiano Zerocalcare e ad Edward Loure Ole Parmelo, capo tribù Masai e vincitore del Goldman Environmental Prize, della conferenza “Terra, con-flitti e migrazioni” (25 settembre, ore 14.00).

La crescita infinita su un mondo finito è il tema del confronto tra Serge Latouche, economista e filosofo francese celebre per la sua proposta al-ternativa al modello economico occidentale, det-ta decrescita, Eric Holt-Gimenez, economista, agroecologo, professore statunitense, e Stefano Zamagni, economista e docente di Economia

Politica a Bologna (26 settembre, ore 14.00).

Torna l’appuntamento con i Laboratori del gusto, 82 in tutto. Al Circolo dei Lettori spazio ai prodotti di territori vicini e lontani, per scoprire – ad esem-pio – le cinquanta sfumature del piccante, assag-giare la carne di canguro o entrare nel caveau della Banca del prosciutto. Ma non finisce qui: tazzina alla mano al Teatro Carignano, per trovare le tan-te espressioni del caffè all’italiana e approfondire la conoscenza di questa bevanda nelle diverse lingue del mondo. In Piazza Castello invece largo agli abbinamenti tra Sigaro Toscano e distillati, bolle e birre. Nello stand del Pastificio Di Martino, nel cuore del Valentino, va invece in scena tutta la pasta minuto per minuto, tra materie prime,

centralità delle comunità del cibo e valori come la responsabilità sociale e la sostenibilità.

Petrini spiega: “Venti anni fa, quando è nato il Sa-lone del Gusto, nella comunicazione, nell’economia e nella politica, cibo e agricoltura avevano poco spa-zio. Da allora molte cose sono cambiate, e a fronte di una spettacolarizzazione mediatica non sempre utile alla causa, la consapevolezza della centralità culturale, ambientale e sociale dei sistemi alimenta-ri è cresciuta notevolmente in tutto il mondo, anche grazie al lavoro di Slow Food. Questo incredibile confluire di energia e saperi si manifesta nella rete di Terra Madre, che oggi riunisce oltre 2.400 comu-nità del cibo in 160 Paesi. L’obiettivo è proporre la cultura del cibo a 360 gradi, non solo nella visione della gastronomia classica. Per questo andremo a interagire, a partire da questa edizione e negli anni a venire, con quante più realtà possibili, incluse le periferie e quanti operano nel sociale: soggetti e luo-ghi sempre più oggetto di attenzione all’interno del perimetro di riflessione e azione di Slow Food”.

Saranno contadini e allevatori a raccontare cosa vuol dire voler bene alla terra, il tema scelto quest’anno. “La battaglia più importante per il fu-

turo si gioca sul diritto al cibo per tutti, sulla mitigazione dei cambiamenti cli-matici, sulla protezione della biodiversità, ovvero sulla relazione dell’uomo con la produzione alimentare e con la terra. Tutti insieme, grazie alle nostre scelte quotidiane, disponiamo di una forza straordinaria. Possiamo opporre allo stra-potere delle multinazionali la forza dei legami sociali, della libertà di decisione, della difesa dei beni comuni e del bene comune. Milioni di persone con il loro impegno quotidiano possono costruire un mondo migliore.

Voler bene alla terra significa prendersene cura, occuparsene con gentilezza e amore: coltivare e custodire l’ambiente deve essere il segno distintivo di que-sto momento. Serve una mobilitazione delle anime di tutti noi, un movimento globale che prenda in mano le disuguaglianze economiche ed ecologiche e si impegni per risolverle”.

„ PROGRAMMA

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Slow Food coinvolge milioni di appassionati, chef, esperti, giovani, produttori, pescatori e accademici in più di 160 Paesi. Tra loro, 100.000 soci che contribuiscono al finanziamento dell’associazione tramite la quota d’iscrizione. A loro si aggiungono le 2.400 comunità del cibo impegnate in produzioni di piccola scala.

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migratori che scuotono le fondamenta della con-vivenza tra i popoli. “Tempo fa, in un momento terribile per l’ospitalità in Europa, ho chiesto ai to-rinesi e ai piemontesi un grande favore. Ho chiesto loro di rinnovare e di superare il grande impegno con cui hanno sempre accolto i delegati di tutto il mondo durante gli eventi organizzati da Slow Food.

Oggi, in un momento in cui si ergono muri invece di costruire ponti, e in una situazione in cui domi-nano ancora la diffidenza e l’odio verso lo straniero e verso l’estraneo, come sottolineano i tragici fatti di questi tempi, ecco che io sento di poter dire che

Un esempio di questo processo sono gli orti scolastici di Slow Food, che ricorda Petrini “contano ormai su migliaia di esperienze. In Africa gli orti sono più di 3mila e impegnano già 50mila persone. Ci sono orti scolastici che sfa-mano più di mille bambini ogni giorno. Sono una goccia d’acqua nel problema africano, però esistono”. E aggiunge: “Se penso al mondo contadino, vedo i cu-stodi dei saperi e delle conoscenze agricole sostenibili, vedo giovani che deci-dono di non abbandonare i loro luoghi per continuare a custodirli e coltivarli, vedo donne che non solo cucinano il cibo, ma si prendono cura delle materie prime e ne conservano la memoria. Sono loro i veri protagonisti dell’evento che potrete incontrare a Torino”.

Tuttavia, la fame continua ad affliggere 800 milioni di persone nel mondo e, insieme alle guerre e ai cambiamenti climatici, innesca giganteschi flussi

I Murazzi del Po e Piazza Vittorio Veneto presen-teranno le Cucine di strada e il percorso dedicato agli artigiani della birra italiana. Via Po si trasfor-merà nella via del gelato con gusti classici come nocciola e cioccolato, ma anche con le fragole di Tortona, la robiola di Roccaverano, la farina bóna, i limoni di Amalfi e di Siracusa. La ricetta dei gusti speciali sarà svelata solo durante l’evento.

Grande novità: le Storie di Cuochi e di Cucina, lezio-ni in cui grandi chef racconteranno la loro filosofia, offrendo immancabili e graditi assaggi. Quattro gli appuntamenti a tavola con chef internazionali. Dalla cucina presovietica rivisitata in chiave con-temporanea da Sergey e Ivan Berezutskiy alla rivoluzione di Xavier Pellicer (Spagna) che trasfor-

cotture e condimenti. A Palazzo Reale ci saranno l’Enoteca con oltre 900 etichette e i Laboratori del Gusto dedicati al vino: due sale realizzate nell’Ap-partamento della Regina Elena accoglieranno le etichette naturali e una panoramica sulle regio-ni vitivinicole europee, dalla Mosella tedesca alla Bairrada portoghese.

Nella piazzetta Reale antistante al Palazzo trove-ranno posto i Food truck. In Piazza Castello sarà allestita la Cucina dell’Alleanza Slow Food dei cuo-chi. In Via Roma e Piazza San Carlo esporranno i 150 Presìdi italiani. In Piazzale Valdo Fusi verrà allestito il mercato dei Maestri del Gusto di Torino. Il Grattacielo Intesa Sanpaolo aprirà le porte per appuntamenti di cucina nella Serra bioclimatica. „

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ma carne e pesce nei “contorni” dei suoi piatti per lasciar spazio ad un mondo vegetale interpretato con tecnica perfetta.

27 le lezioni della Scuola di Cucina, ospiti di Eataly Torino Lingotto. Si inizia il 22 settembre alle 11.00 con “Il Tradizionale di Modena e la cucina di Ivan Milani” e si procede alle 16.00 al Grattacielo Inte-sa Sanpaolo con “Le due interpretazioni dell’a-gnolotto: Ugo Alciati e Claudio Vicina”. Sempre presso Eataly Torino Lingotto, il 22 settembre alle 14.00, Davide Scabin terrà una lezione sul cibo del futuro – liofilizzato o vero, pillole o pastasciutta, accanto a pane, burro, acciughe e legumi – mentre il 26 settembre alle 14.00 Enrico Crippa ci riporterà “con i piedi per terra e l’orto nella testa”.

Eataly Torino Lingotto sarà anche la meta degli amanti delle birre mentre gli appuntamenti in Via Cavour, da Aste Bolaffi, saranno dedicati a vermouth, gin, sakè, rum e whisky. Protagonisti Michele Di Carlo che maneggia la biodiversità in uno shaker e molti altri bartender che proporranno drink a base di fiori, radici e cortecce, e insoliti abbi-namenti dissetanti creati con aceti e frutta.

Quattro spazi tematici dedicati, infine, al mondo ittico e agli ecosistemi marini; ai popoli indigeni e alla loro diversità di culture, lingue e costumi; alle api e ai mieli; al ruolo dei migranti nelle filiere ali-mentari.

Altra grande novità dell’edizione 2016 è la loca-tion. “Usciamo dal Lingotto, da una dimensione fieristica per estenderci nella città come già abbia-mo fatto con Cheese”. Le attività si svolgeranno al Parco del Valentino, che ospiterà il mercato e i fo-rum di Terra Madre, e nel centro storico. La ma-nifestazione si sposta in giro per la città, da Piazza San Carlo che ospiterà i presìdi italiani a Piazzale Valdo Fusi, dove ci saranno i Maestri del Gusto di Torino e dintorni, solo per fare qualche esem-pio. Una scelta che Petrini ha motivato parlando dell’importanza stringente di “rimettere in sinto-nia la città con il contado, stimolando la crescita del rispetto dei cittadini per la terra”. Un concetto fondamentale questo in un’epoca come la nostra in cui “l’agricoltura è in crisi come mai prima d’o-ra, con prezzi di latte e grano rimasti invariati negli ultimi 35 anni”.

Oltre alle novità, ci sono anche le conferme come l’impegno a creare un evento a ridotto impatto ambientale. I materiali degli allestimenti saranno impiegati nuovamente al termine della manife-stazione e si farà uso di pallet in legno certifica-to. Si cercherà poi di lasciare un’eredità positiva come la raccolta differenziata nel Parco del Valen-tino. Attenzione anche al tema dell’innovazione sociale con percorsi guidati per persone disabili, soluzioni che rendano semplice a tutti spostarsi tra le location e attività in luoghi di incontro per i visitatori.

Questi i numeri: 800 espositori in arrivo da 100 Paesi diversi, 5.000 delegati della rete di Terra Madre (in arrivo da 160 Paesi), 200 attività per scuole e famiglie, 130 appuntamenti con 300 pro-duttori agroalimentari e 40 chef.

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sì, come si suol dire, ‘la paura fa 90’: ma la gentilezza, l’accoglienza, la condi-visione, fanno 1.000”.

Il numero 1.000 non è citato casualmente: tanti sono infatti i posti letto messi a disposizione dei delegati delle famiglie, 150 a Torino e circa 850 nelle province. “Si tratta di un risultato enorme, che testimonia ancora una volta l’affetto dei torinesi e dei piemontesi verso Terra Madre e verso la grande rete delle comunità del cibo, una grande famiglia fatta di storie, di volti e di mani che, in 170 Paesi in tutto il mondo, lavorano e combattono per garantire cibo buono, pulito e giusto non soltanto a noi, ma soprattutto ai nostri figli”.

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TECNOLOGIA E “FUTURO

DEL LAVORO”

TECNOFUTURO

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settembre 2016 | Plus Magazine | TECNOFUTURO 11

L’INTERVISTAProfessor Krueger, vorrei collegare idealmen-

te la sua intervista a quella effettuata un anno fa esatto sempre a Trento con il Premio Nobel per l’Economia Stiglitz. Con il professor Stiglitz avevamo discusso su quale atteggiamento biso-gnava prendere con le nuove compagnie della Sharing Economy, quali Uber, AirBnb, Amazon Mechanical Turk, che stanno sì creando nuovi lavori, ma ne stanno distruggendo molti di più di quelli che creano. Qual è la soluzione alla questione del futuro del lavoro?

Credo che oggi vi sia molta confusione su questo ambito. Anche senza l’emergere dirompente di compagnie online quali Uber, AirBnb o Amazon Mechanical Turk, avremmo comunque assistito a un’evoluzione del mondo del lavoro. Negli Stati Uniti, praticamente la quasi totalità della cresci-ta di posti di lavoro negli ultimi dieci anni sono stati a carattere precario. Parliamo di free-lance, lavoratori interinali quali personale di pulizie, magazzinieri, personale di vigilanza, ma anche e sempre più colletti bianchi, quali contabili, o ad-dirittura avvocati con lavori temporanei.

Questa evoluzione sarebbe avvenuta anche senza la rivoluzione dell’online, che ha semplicemente amplificato tale fenomeno. Per alcuni lavoratori que-sta situazione è favorevole perché amano l’indipendenza e la flessibilità del loro lavoro. Per altri purtroppo si tratta di una soluzione senza alternative in quanto non riescono a trovare un lavoro permanente e a tempo pieno. I lavoratori precari stanno crescendo perché le compagnie stanno ancora riducendo i costi, effettuano outsourcing dei lavori a più basso valore ag-giunto, ma anche perché la tecnologia ha reso sempre più standardizzato e a basso prezzo il lavoro.

Quando invece parliamo di compagnie della Sharing Economy quali Uber, perlomeno negli Stati Uniti non penso stiano distruggendo posti di lavoro, in quanto i taxisti negli USA sono già quasi tutti lavoratori precari. È lo stesso modello degli autisti di Uber, semplicemente potremmo assistere ad un passaggio di questi lavoratori da una compagnia di taxi ad Uber. Al mo-mento di fatto stiamo assistendo a un aumento complessivo di lavoratori in questo settore.

Ciò che manca e che interessa la collettività è assicurare che le leggi sul la-voro siano adeguate a questi nuovi lavoratori. La mia proposta negli Usa è stata che compagnie quali Uber assicurino ai propri lavoratori gli stessi diritti dei lavoratori del settore, quali assicurazione sociale per pensione e malattia, una protezione dalla discriminazione, la libertà di iscriversi ad un sindacato. Tutti elementi che ad oggi in questi nuovi settori della Sharing Economy non sono presenti.

S econdo i maggiori esperti mondiali, il futuro del Lavo-ro è nella Sharing Economy:

nuove società quali Uber e AirBnB tanto per fare due nomi, hanno un modello di business che non si basa semplicemente sulla “disintermediazione”, come per le precedenti società Inter-net, ma sulla “disruption”, cioè sullo stravolgimento totale dei canoni economici del passato, operando sostanzial-mente con “beni altrui” ottimizzandone l’utilizzo. Uber, è la più grande società di taxi al mondo, ma non possiede taxi, AirBnB è potenzialmente la più grande “catena alberghiera” senza possedere un solo Hotel.

Solo la classe politica statunitense sembra aver compreso appieno la grande rivoluzione a cui siamo di fronte. Il successo nelle primarie di Trump denota il forte disagio di una “classe media” che negli USA va scomparendo. Ne abbiamo parlato a Trento, nel corso del Festival dell’Economia, con l’ex Consigliere Economico del Presidente USA Barack Obama, e grande esperto di Sharing Economy.

Intervista al Professor Alan B. Kruegerex Capo dei Consiglieri Economicidel Presidente Barack Obama

d i P I E T R O G E N T I L E

TECNOFUTURO

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cellati dalle nuove tecnologie e sostituiti da nuovi lavori che però saranno numericamente inferiori, sarà necessario più tempo per crearli e magari verranno creati in altre aree del mon-do. Come possiamo rapportarci a questo vero e proprio tsunami sociale?Negli Stati Uniti il problema non è quello del-la creazione di posti di lavoro: abbiamo creato quindici milioni di nuovi posti di lavoro dal 2010 al 2015 e se escludiamo il periodo dal 2005 al 2009 la crescita di posti di lavoro negli USA negli ultimi 20 anni è stata notevole.

Penso che la questione non sia quindi quella della quantità di posti di lavoro quanto della qualità.

Per qualità si intende anche il fatto che il lavo-ratore possa ottenere una dignitosa quota del benessere creato dal suo lavoro. Purtroppo ab-biamo assistito a cambiamenti importanti sia negli USA che nel resto del mondo in questi ul-timi anni, con la crescita della disuguaglianza, la polarizzazione della società, la scomparsa del ceto medio. Non è salutare per l’intera società nel suo complesso e aggiungo non è salutare a livello politico, avere un ceto medio che va scomparendo. Penso che il nostro compito sia quello di fare in modo che i lavoratori possano beneficiare dell’aumento di produttività che le nuove tecnologie stanno creando.

Rimanendo nel filone della domanda pre-cedente, dobbiamo anche chiederci “dove sta andando il lavoro?” Parlando di Cina, qualche giorno fa la Foxconn, che ha centinaia di mi-gliaia di operai che producono smartphones per le principali società mondiali, ha annun-ciato che sostituirà 60.000 lavoratori cinesi con robots. Perfino in Cina i lavoratori ven-gono sostituiti da robots, in una nazione che ancora oggi ha livelli di stipendi e diritti dei la-voratori tra i più bassi al mondo. I robots sono più economici anche dei lavoratori cinesi?Sì sono a conoscenza della notizia: bisogna pri-ma di tutto osservare che gli stipendi dei lavo-ratori cinesi sono aumentati molto negli ultimi anni. Inoltre la tecnologia per la produzione degli smartphones è migliorata notevolmente. Oggi tale tecnologia è a disposizione anche del-le società cinesi che ne fanno largo uso per au-mentare la produttività. Non mi stupisco quindi che anche la Cina vada in questa direzione. La storia della produzione industriale e dell’indu-stria manifatturiera è costantemente segnata da un aumento delle unità prodotte a fronte di una riduzione delle persone che vi lavorano.

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Quello che noi abbiamo proposto è quindi di estendere i diritti garantiti ai lavoratori assunti regolarmente anche ai lavoratori precari in particolare in questi nuovi settori.

Noi pensiamo che questi lavoratori anche se operano in modo autonomo e attraverso un intermediario, debbano essere protetti come i lavoratori dipendenti. A volte questi lavoratori sono già protetti da un’assicurazione malattia o da un programma pensionistico perché svolgono già un lavoro dipendente, magari part-time, ma è una situazione sempre più rara. Vo-gliamo evitare che le compagnie della Sharing Economy come già rilevato dal professor Stiglitz si comportino come dei Free-rider evitando di versa-re i contributi assicurativi e pensionistici.

Professore, queste compagnie hanno come principale caratteristica la velocità. Stanno crescendo in dimensioni e fatturato ad una velocità elevatissima e sono altrettanto veloci nell’evitare che gli immensi utili che stanno generando vengano tassati in modo adeguato, restituendo alla collettività in cui operano parte della ricchezza creata. Per non par-lare di quelle società che stabiliscono la loro sede in un “paradiso fisca-le”. Come può essere risolto questo problema? La soluzione, anche se per ora utopistica, è quella di avere una tassa mi-nima mondiale in qualsiasi luogo venga creata la ricchezza. Per esempio potrebbe essere un minimo del 15%. In questo modo ovunque queste compagnie dovessero fissare la propria sede legale sarebbero comunque costrette a ragionare sulla convenienza nello spostarsi da una nazione all’altra. Diverso è invece il concetto della tassazione sulle Start-ups che dovrebbe essere molto bassa per favorire appunto la nascita di nuove com-pagnie che introducano maggiore efficienza nei relativi settori di appar-tenenza.

Passiamo ora al cuore della nostra intervista. Esistono diversi stu-di effettuati negli ultimi anni da quello dell’Università di Oxford con il Professor Frey a quello effettuato negli USA dal Professor McAfee, che affermano che nei prossimi anni milioni di posti di lavoro saranno can-

TECNOFUTURO

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È il settore economico che ha beneficiato e beneficerà maggiormente di tale rivoluzione: è ormai un fenomeno mondiale che riguarda tutte le na-zioni, Cina compresa. L’aspetto importante è che i nuovi lavori che ven-gono creati dalla tecnologia siano perlomeno retribuiti allo stesso livello di quelli persi.

Nelle scorse settimane il Professor Don Tapscott di Toronto autore di “Wikinomics”, è uscito con il suo nuovo libro dal titolo “Blockchain Revo-lution”. Nel testo si afferma che grazie alla tecnologia della Blockchain sarebbero già a rischio di estinzione perfino le società della Sharing Eco-nomy quali Uber e AirBnb. Condivide questa affermazione?Le posso dire che la storia dell’evoluzione del business è costellata di novi-tà che soppiantano tecnologie obsolete. Lo stesso Jeff Bezos, il fondatore di Amazon, ha affermato che la sua azienda fra qualche tempo potrebbe non esistere più. Credo che i veri competitor di Uber siano le auto che si guidano da sole, nel caso in cui una compagnia con capitali maggiori di Uber possa disporre di tale parco macchine in futuro. Così come altri competitori potrebbero sviluppare un software migliore. Già oggi le socie-tà della Sharing Economy stanno affrontando una competizione spietata con nuovi arrivati quali Lift negli USA o Didi in Cina.

È importante che la società civile crei robuste reti di sicurezza per “uma-nizzare il mercato” e proteggere i lavoratori che oggi e in futuro perderan-no il lavoro o dovranno cambiarlo sempre più rapidamente.

Chi è Alan B. KruegerDal 1987 ha un duplice incarico presso il Di-partimento di Economia USA e Woodrow Wilson School, Princeton University, dove è Bendheim Professor of Economics and Pu-blic Affairs.

È stato capo del Consiglio dei consulenti economici del presidente Barack Obama e membro del suo Gabinetto dal 2011 al 2013. È stato anche Assistant Segretary per la politica economica e capo economista del Dipartimento del Tesoro USA nel periodo 2009-2010, e capo economista del Diparti-mento del lavoro nel periodo 1994-1995.

È autore di “Myth and Measurement: The New Economics of the Minimum Wage” (1995); “Inequality in America: What Role for Human Capital Policies”, MIT Press (2004); “Terroristi, perché. Le cause econo-miche e politiche”, Laterza (2009).

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TECNOFUTURO

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GUIDO EMILIO TONELLI

Una storia, un uomo,uno scienziato

Correvano i favolosi anni ‘60 e un vento di rinnovamento stava cambiando la vita di noi italiani. Nel frattempo tre giovani fisici teorici, il britannico Peter W. Higgs, i belgi François En-glert e Robert Brout, in modo indipendente, pre-vedevano l’esistenza della particella fondamenta-le (Bosone di Higgs), grazie alla quale le particelle elementari acquistano la massa e la materia può aggregarsi sotto forma di atomi e di molecole e prendere la forma che ci è così familiare. Nel 2013 il premio Nobel per la fisica è stato assegnato a Higgs ed Englert, in quanto Brout era deceduto.

Ora abbiamo davanti a noi Guido Emilio Tonelli classe 1950, fisico sperimentale, Professore Ordi-nario presso l’Università di Pisa, uno dei principa-li protagonisti della scoperta del Bosone di Higgs, coordinatore dell’esperimento CMS (Compact Muon Solenoid), che lavora al Large Hadron Colli-der (LHC) al Cern di Ginevra alla guida di tremila persone, scienziati, fisici e ingegneri provenienti da 40 paesi. Il Professor Tonelli tiene conferenze in tutto il mondo e ha ricevuto numerosi ricono-scimenti nazionali e internazionali.

È stato amore a prima vista o la passione per la fisica è arrivata a piccoli passi? Ci racconti la sua storia. Sono nato in un piccolo paese della Lunigiana, Equi Terme. Mio nonno era un cavatore delle Apuane, mio padre faceva il ferroviere e mia ma-dre la contadina. Sono stato il primo di tutta la famiglia a prendere una laurea ma anche ad an-

I N T E R V I S T A D I

V I N C E N Z O S C A R I N G E L L A

PROTAGONISTI

Professor Guido Emilio Tonelli,Premio Internazionale “Fundamental Physics Prize”.

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dare al Liceo. Allora non avrei mai immaginato di finire a lavorare qui al Cern e di partecipare ad al-cune delle più importanti ricerche scientifiche. Al Liceo Classico adoravo la filosofia e l’architettura; la fisica mi piaceva, ma non ne andavo pazzo. All’Università volevo iscrivermi ad architettura, ma il corso durava 5 anni e bisognava passare 30 esami; all’ultimo minuto scelsi fisica perché me la potevo cavare con 4 anni e 19 esami.

Insomma sono diventato uno scienziato perché non volevo studiare troppo. L’illusione è durata ben poco. All’Università ho avuto poi la fortuna di incrociare un paio di professori eccezionali che non solo aprivano le menti di tutti i ragazzi, ma dimostravano anche un’enorme fiducia nei gio-vani. Senza dirlo esplicitamente ti facevano capi-re che il lavoro di ricerca è meraviglioso e che an-che tu ce la potevi fare. Sono entrato nel campo grazie al loro esempio. Il resto l’hanno fatto una curiosità e una passione sconfinata che ho sicura-mente ereditato da mio padre.

Ci parli dell’esperimento CMS di cui lei era coordinatore. Quel giorno ha festeggiato con la

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sua collega e amica Dott.ssa Fabiola Gianotti, oggi Direttore del Cern, coor-dinatrice dell’altro esperimento gemello denominato ATLAS? I due gruppi erano indipendenti o lavoravano in sinergia?La scelta di avere due esperimenti quando si cercano nuove particelle è qua-si obbligata. I segnali cui diamo la caccia sono così rari e le possibilità di sbagliare così elevate che solo avendo due esperimenti indipendenti, basati su tecnologie diverse e condotti da gruppi differenti di scienziati è possi-bile raggiungere la certezza che non si tratti di un falso allarme. Quando entrambi gli esperimenti osserveranno lo stesso segnale saremo sicuri che si potrà annunciare al mondo una nuova scoperta. Per questo motivo, fin dall’inizio, al Cern si decise di avere ATLAS e CMS. I due esperimenti sono stati concepiti per lavorare in maniera totalmente indipendente e c’era fra loro una fortissima competizione. Per un insieme di circostanze incredibili è capitato che a capo dei due esperimenti, nei momenti più cruciali della caccia all’Higgs, ci fossero due scienziati italiani, io e Fabiola Gianotti che siamo cari amici da anni. In quel periodo, quando ci incontravamo, parlava-mo di tutto tranne che di “quello”. Ancora più incredibile la coincidenza che i due esperimenti, senza che ci fosse alcuna comunicazione, siano arrivati a registrare insieme i primi segnali. Ricordo ancora l’emozione di quando ci siamo incontrati nell’ufficio del Direttore del Cern, per discutere i risultati che avevamo raccolto senza sapere nulla l’uno dell’altro. Quando ci siamo resi conto che sui nostri portatili apparivano segnali molto simili, ci siamo guardati un attimo negli occhi, senza dire nulla, ma ho ancora i brividi a ricordare quel momento.

PROTAGONISTI

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Stiamo parlando del Bosone di Higgs: perché questa particella è così importante? È una particella molto speciale perché dà la massa a tutte le altre particelle. Proviamo a immaginare lo scenario: 13,8 miliardi di anni fa l’Universo si è appena formato, le particelle, prive di massa si muovono freneticamente in un ambiente in cui tutte le forze fondamentali vanno a braccetto fra loro. Vige la più perfetta delle simmetrie ma non è possibile alcuna aggregazio-ne né una qualche evoluzione. Uno stato primigenio, puro, nel quale, d’un tratto, irrompe il Bosone di Higgs. In quel momento magico, un centesimo di miliardesimo di secondo dopo il Big Bang, il campo di Higgs occupa l’U-niverso intero. Il nuovo venuto separa definitivamente l’interazione debole da quella elettromagnetica e assegna una massa specifica alle particelle ele-mentari che possono così aggregarsi a formare protoni stabili e poi, atomi stelle, galassie e pianeti, per giungere fino a noi. Da quella rottura di simme-tria ha preso origine quella particolare struttura della materia che ci è così familiare.

Ora che abbiamo trovato quest’ultimo anello mancante, la storia fini-sce qui o si aprono nuovi orizzonti? Dopo la scoperta del Bosone di Higgs stiamo vivendo una sorta di momento magico della fisica. Per un verso abbiamo chiuso un capitolo rimasto aperto per quasi 50 anni. Ora che abbiamo trovato l’ultima particella che ancora mancava all’appello, il Modello Standard delle interazioni fondamentali è ormai completo. Ma già sappiamo che, nel preciso momento in cui cele-briamo un altro trionfo di questa teoria, la lista dei fenomeni per i quali essa non fornisce alcuna spiegazione è talmente lunga da essere francamente imbarazzante: materia oscura, energia oscura, inflazione, ruolo della gravità e così via. Sappiamo già che prima o poi dovremo abbandonare il Modello Standard come teoria generale, in favore di una nuova e più completa de-scrizione della natura.

L’Universo è nato da una specie di gigantesca espansione. In questo fenomeno vede un ruolo del Bosone di Higgs? Sappiamo che il nostro Universo è nato da una minuscola “bollicina” di di-mensioni infinitesime, che si è espansa in modo ultra-rapido. Il Bosone di Higgs, come suggerisce qualcuno, potrebbe farci capire meglio questo feno-meno che chiamiamo “inflazione cosmica”. È ben noto che una particella, simile al nostro Bosone, che si fosse piazzata nella microscopica fluttua-

zione quantistica del vuoto da cui è nato il tutto, avrebbe potuto produrre quel fenomeno molto speciale che ha dato origine a quello che abitual-mente si chiama il Big-Bang. L’Higgs appena sco-perto, potrebbe aver giocato anche questo ruolo nei primissimi istanti dell’evoluzione del nostro Universo, in quel tempo ridicolmente piccolo, in cui un oggetto di proporzioni insignificanti è diventato macroscopico e di dimensioni gigante-sche. Riusciremo a rispondere a questa domanda solo con nuovi studi.

Il Direttore del Laboratorio di Ligo in Califor-nia, David Ritze, ha annunciato di aver “cattu-rato” le onde gravitazionali. Ci parli di questa scoperta? Siamo una generazione di scienziati molto for-tunata. In un intervallo di tempo relativamente breve abbiamo potuto assistere a due importanti scoperte destinate a lasciare il segno nella fisica contemporanea. La prima è stata la nostra sco-perta del Bosone di Higgs; la seconda la recente rivelazione delle onde gravitazionali. È come se la natura ci avesse offerto due nuovi strumenti di indagine per capire meglio la struttura del nostro Universo: uno nel mondo delle sue componen-ti più microscopiche, l’altro all’estremo opposto della scala, quello delle strutture gigantesche. Con questa scoperta si apre l’era dell’astronomia gravitazionale.

Ha dedicato la sua ultima fatica letteraria “La Nascita Imperfetta delle Cose” a sua moglie Luciana: oltre a dedicarsi agli affetti familiari, come trascorre il suo tempo libero e quali sono le sue passioni? Sia io che Luciana, amiamo ricevere amici e ogni tanto mia moglie, che è un’ottima cuoca, mi la-scia campo libero. Fettuccine con scampi e zuc-chine, cozze ripiene e sarago al sale sono le mie specialità. Lo sport, la musica, il cinema, il tea-tro, il balletto, i libri, i viaggi: sono tutte passioni che condivido con Luciana. Pensi che cantiamo insieme in un coro di musica barocca e, quando possiamo, ci piace anche andare a ballare.

Bene Professore, in attesa di essere illuminati da nuove scoperte, la ringraziamo di averci re-galato un po’ del suo tempo, le auguriamo buon lavoro e ci permetta un saluto al Direttore del Cern di Ginevra Dott.ssa Fabiola Gianotti.

PROTAGONISTI

François Englert e Peter W. Higgs, Premi Nobel 2013 per la fisica.

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NINOD’ANGELO Napoli

e la musica:

I N T E R V I S T A d I

B E N E D E T T A B R E V E G L I E R I

PROTAGONISTI

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Un’esplosione di passione e simpatia. È la prima impressione che si ha nel parlare con Nino D’Angelo. Spirito brillante e una personalità de-cisa, mi racconta una parte della sua straordina-ria carriera artistica, densa di successi, ma anche di sofferenza, con la sincerità e la forza di chi, nel-la canzone cantautoriale, ha messo tutto se stesso.

Vorrei sapere tutto di lei, ma cominciamo da un progetto recente: “Concerto anni 80 e non solo” è stato un successo straordinario.

È uscito il live nel dicembre 2015, e ancora oggi lo porta in tour in tutta Europa, e proprio la scorsa settimana è tornato da un concerto in Germania dove ho letto che il pubblico è lette-ralmente impazzito. Perché ha scelto proprio gli anni ottanta come registro musicale da condivi-dere con noi oggi? Gli anni ottanta hanno mantenuto un’identità sincera. È vero che il progresso musicale e la con-taminazione di generi, così potente oggi, è im-portante e doverosa, ma può essere anche perico-losa. Ora cantano tutti in inglese, e questo rischia di mescolare la canzone italiana a qualcosa che non appartiene alla nostra cultura.

È vero che la contaminazione musicale è neces-saria, così come la sperimentazione. E infatti mi riferisco agli anni ottanta e “non solo”. Io stesso ho “contaminato” le mie canzoni: quando scrissi “Eccomi qua” che fu il primo disco napoletano di musica elettronica, seguivo i Bee Gees e suona-vo la chitarra portoghese su una base rock, e nel 2005 ho pubblicato il singolo “Brava gente” ispi-rato al lavoro di un vero maestro, Peter Gabriel.

Ti dico questo per confermarti che mescolare generi musicali diversi è una base di crescita per un musicista. Tuttavia non si possono mettere da parte le proprie radici, e cantare in napoletano per me ha significato proprio questo. Non a caso, in quegli anni ero un po’ un pesce fuor d’acqua.

La mia musica si vendeva agli angoli dei sema-fori di Napoli, un po’ come fossero sigarette di contrabbando. Io ero la Napoli che soffre, che fa fatica ad andare avanti, che sogna e muore un po’ tutti i giorni. Non ero un cantante “nazionale”, non uno alla moda. Ero un artista napoletano. Uno della città, che non aveva ancora avuto delle opportunità per varcare il confine.

Poi sono successe molte cose incredibili in quegli anni. Una fu quando Miles Davis - che non sape-

vo nemmeno chi fosse - andò a Palermo. Prese un taxi e in quel momento c’era una mia canzone alla radio. Miles Davis fu colpito al punto da chiedere al tassista di portarlo in un negozio di dischi per comperare la mia musica. Non ci crederai, ma in una conferenza stampa, in quei giorni, Miles Davis fece il mio nome. Uscì su tutti i giornali e fu grazie a lui che in uno dei miei dischi “E la vita continua”, Billy Preston lavorò con me. Fu un momento stravolgente della mia carriera, quando ancora non mi conoscevano in molti.

A proposito della musica attuale, quella dei più giovani, direi. Un rap-per è un artista, un cantante, cosa?Non sono i miei colori, ma non sono nessuno per giudicare. Quello che penso è che la musica si divide in due: l’Inghilterra e l’America. È dagli anni ’90 che questi due Paesi “producono” musica rap. L’Italia dei rapper è ar-rivata molto dopo. È una musica che nasce nelle periferie più povere, nei ghetti, nel Bronx di New York, per esempio. È senza dubbio una musica di denuncia. Ma credo che siano pochissimi i rapper che fanno denuncia attra-verso un rap di talento. Il linguaggio è diverso, il testo è in rima, la musica è tutta ritmo. Esiste un lavoro sicuramente non facile, ma penso che molti lo imitino senza crearlo. Ma ripeto, io non posso valutare perché non è la mia cifra stilistica e non è un lavoro che conosco a fondo.

Un altro fenomeno che descriverei come dilagante sono i Talent, di tutti i tipi ormai. Ma restiamo in ambito musicale: non rischiano di essere un po’ delle fabbriche per gole ululanti?I Talent sono noiosi. I format sono tutti uguali. Poi potrà anche uscire un talento musicale, ma non coltivi la musica davanti ad una telecamera, e non è in televisione che puoi imparare a cantare o a suonare.

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PROTAGONISTI

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Sono d’accordo con te. È una fabbrica di voci che nella maggior parte dei casi, hanno vita breve. Me l’hanno anche proposto un talent. Mi volevano fare condurre uno Show di neomelodici. Ma ho rifiutato. Non è un progetto in cui credo.

Parliamo di Napoli e di uno dei suoi numerosi successi: nel 1997 esce il lungometraggio di Roberta Torre, “Tano da morire”, ispirato all’assassinio di Tano Guarrasi, uomo di mafia ucciso dai corleonesi nel 1988. Lei scrive la colonna sonora e vince il David di Donatello sconfiggendo addirittura la candidatura di Piovani per “La Vita è Bella”, e vince anche il Ciak d’Oro ed il Nastro d’Argento. Mi chiedo se anche i napoletani saranno sempre i “Figli di Gomorra”.È un’etichetta difficile da cancellare. La televisione ha una responsabilità molto grave rispetto a questo. Roberto Saviano ha denunciato giustamente la Napoli corrotta. La stampa e la televisione l’hanno però mercificata e fa-cendo questo, mi dispiace, ma hanno dato a “Gomorra” molto più potere. La conosciamo la camorra. Lo sappiamo tutti cos’è e che esiste, non abbiamo bisogno di farle anche pubblicità. Deve essere combattuta, non racconta-ta. Questa Napoli ce la siamo venduta senza pensarci un attimo. Lo sai che quando torno a Napoli e mi vengono a trovare gli amici da fuori, mi chie-dono di portarli a visitare Scampia? Ma ti sembra normale? Io mi rifiuto. Li porto a vedere il Duomo, il Vesuvio, e tutte le cose belle che ci sono a Napoli. Non è un circo, e soprattutto non tutti coloro che vivono a Scampia sono camorristi. Spettacolizzare il male non è mai positivo. Ci si nasconde dietro al fatto che è necessario sensibilizzare la coscienza collettiva. Ma la gente è già fin troppo cosciente, nessuno di noi si nasconde dietro un dito. Rac-contiamo piuttosto della Napoli più sana, quella virtuosa, quella che ama. Esiste anche questo a Napoli. E senza fare troppo rumore, combattiamo la corruzione.

Il rapporto con la musica l’ha portata anche a Teatro. Le “canzoni sce-neggiate” di Viviani l’hanno resa celebre. È un’altra passione?Il teatro è una passione fortissima e mi appartiene tanto quanto la musica. Le “canzoni sceneggiate” sono un altro pezzo di me e della canzone popolare.

Quando ho cominciato a lavorare sulle “canzoni sceneggiate”, volevo portare qualcosa di originale sul palcoscenico. Avevo bisogno di un riscatto, in qualche modo. Non potevo continuare a sentir-mi il “caschetto d’oro” della canzone napoletana e sentivo il desiderio di far conoscere al pubblico un altro Nino d’Angelo.

Ho sempre amato il teatro di Viviani, un artista assoluto, e anche per questo ho voluto reinterpre-tare le sue opere con le mie “canzoni sceneggiate”. È stato in quel momento che alcuni intellettuali hanno iniziato a seguirmi senza troppi precon-cetti, ed è stato poi con il Premio Gassman del 2001, per lo spettacolo “L’ultimo scugnizzo” di Raffaele Viviani, appunto, che hanno capito il lavoro che stavo facendo.

Fra l’altro, a proposito di quella contaminazione di cui parlavamo prima, lo spettacolo di Viviani non solo ha portato sulle scene teatrali un’opera diversa, ma è stato per me fonte d’ispirazione per l’album “Terranera”, un disco totalmente etnico per il quale ho ricevuto il Disco d’Oro. Con il te-atro ho cercato di lavorare a fondo. Quando presi la direzione del Teatro Trianon Viviani di Napoli, nel 2006, gli abbonati erano solo 67. Arrivarono a 4.000.

Mi racconta del suo rapporto con Pino Da-niele?Sapevo che me lo avresti chiesto. Pino era un amico. Ed era un genio. Io credo che sia stato un artista a 360 gradi, uno dei più grandi al mon-do. Era un cantante, e soprattutto un bravissimo musicista. Jazzista internazionale, se n’è andato da Napoli molto presto. Non l’ha mai tradita, ma l’ha vissuta più da lontano, diversamente da me che sono soprattutto un “paroliere della canzone”.

Pino ha suonato e cantato il Soul, si è ispirato al Jazz di Louis Armstrong, al Pop e soprattutto al Blues, la sua madre musicale. Quando Pino suo-nava la chitarra negli anni ‘70, la musica italiana non ne aveva un altro così. C’era solo Pino.

E poi lui è uno di quelli che la contaminazione l’ha saputa fare veramente: pensa alle sue taran-telle blues.

Aspettiamo un altro album? Sono napoletano. Sono scaramantico, non anti-cipo.

Grazie Nino.

PROTAGONISTI

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Artista milanese giovane e affascinante, ha al suo attivo impor-tanti collettive in spazi istituzionali e sono molti i critici che hanno voluto raccontare il suo lavoro così ricco di sfumature e di substrati, oltre che di un mistero che conquista. Le sue splendide opere sono in mostra a Torino presso Privateview Gallery sino al 22 ottobre e di lei scrive la curatrice della mostra Elena Pontiggia: “Parlando della pittura di Laura Giardino, vorremmo iniziare da quell’aspetto apparentemente marginale del suo lavoro che è il colore: un colore che non sempre si può riprodurre e che va proprio visto da vicino. Laura ama la geometria, la nitidezza del segno, la precisione della linea. Sa che non c’è niente di più misterioso della chiarezza e quin-di disegna come su un’immaginaria tavola pitagorica, dove figure e cose sono disposte secondo numero e misura e ogni oggetto è depurato dal superfluo, in modo che i particolari non vi abbiano luogo né parte”.

Tu e la pittura: un colpo di fulmine?Siamo cresciute insieme, non potrei vivere senza.

Il colore per te è? Il monopolizzatore della mia attenzione, pericoloso però quando vuol dire attraversare la strada guardando il cielo….

Le tue opere rimandano ad un’idea di apparente pacatezza. Cosa c’è dietro ogni tratto? Per me l’importante è che sia riuscito bene quel che c’è davanti, perché per me il quadro è finito e la risposta è di chi guarda.Come definiresti la tua arte?Realismo sintetico, almeno oggi. Domani non so.

Hai all’attivo numerose mostre. Dove ti piacerebbe esporre?Ovunque il mio lavoro venga valorizzato, come sta facendo Pri-

vateview in questo periodo, la galleria d’arte torinese dove sono molto felice di esporre.

I tuoi maestri?Non ne ho in maniera diretta, indirettamente invece anche troppi. I miei interessi sono vasti, eterogenei e ne trovo sempre di nuovi; nell’ultimo periodo ho guardato molto le tavole di Ernst Haeckel per Kunstformen der Natur. Mi piace studiare e credo che non smetterò mai.

Un soggetto che devi ancora dipingere?Innumerevoli ma saranno una sorpresa. Mentre mi faccio osses-sionare da quello che sto dipingendo, già sorrido al pensiero di tutto quello che dipingerò.

La colazione per te è…?Tè, pane e marmellata, caffè, sigaretta e il punto della situazione.

Plus Magazine è la testata della FABI, per cui la domanda è d’obbligo: il tuo rapporto con le banche?Un rapporto online.

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tra la calma della notte e la frenesia del giorno: la colazione, secondo me.

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AMBRA GATTO BERGAMASCO

La regina del butoh “I miei genitori sono citati in oltre quaranta testi teatrali e neanche lo sapevano.

L’ho scoperto io”. Inizia così Ambra Gatto Bergamasco quando le chiedo di raccontarmi il suo mondo.

Un mondo nel quale la danza, soprattutto il butoh, è protagonista. Un mondo fatto di ricerca, sperimentazione, regia e tanta gavetta.

Perché conoscere il teatro dalle fondamenta è importante per calcare le scene.

È cresciuta in una famiglia di artisti che hanno cambiato l’estetica degli anni Settanta, quegli anni nei quali la ri-cerca e la sperimentazione dramma-turgica erano i protagonisti indiscus-

si in Italia e, soprattutto, nel mondo. La madre Ulla Alasjarvi, di origini danesi, ha lavorato con Grotowski e con i danzatori di butoh, puntando su un nuovo modo di concepire la performance e l’estetica; il padre Beppe Bergamasco ha studiato alla Sorbonne di Parigi ed è stato membro dello ZOO art movement con Michelangelo Pistolet-to, Guido Scategni ed altri artisti celebri. I due si sono conosciuti ad Amsterdam ed hanno fonda-to il Mobile Action e successivamente la CSD Dra-matic experimental theatre company.

I loro lavori, infine, sono citati in numerosi libri di teatro contemporaneo e di arte terapia. Con dei natali simili, Ambra Gatto Bergamasco non poteva che considerare il teatro la sua casa. Di-visa tra Dublino e Torino, oggi è la direttrice del Moving Bodies Festival-Butoh & Live Art oltre che una performer di questa danza contemporanea che si ispira al movimento nato in Giappone ne-gli anni Cinquanta. Last but not least, è una ricer-catrice accademica. L’abbiamo incontrata nella città della Mole per farci affascinare dal suo mon-do così ricco di suggestioni, che lei racconta con estrema semplicità.

I N T E R V I S T A D I

B A R B A R A O D E T T O

PROTAGONISTI

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Sei cresciuta nei teatri. È stato facile?Sicuramente ha segnato la mia vita. La normalità per me era conoscere Carmelo Bene o i membri della Performing Arts School di New York. Il clima era ricco di spunti artistici e culturali internaziona-li. A due mesi ero già sul palco in braccio all’attrice di turno e ricordo che da piccola, se facevo rumore mentre i miei genitori provavano in teatro, papà mi sgridava perché aveva bisogno di concentrarsi. Sono cresciuta anche con spettacoli come Appun-tamento sotto il tunnel, un’opera di teatro sociale che vede l’arte terapia come percorso di guarigione dalla tossicodipendenza. Neanche adolescente già capivo la drammaticità di certi temi portati in sce-na da mia madre.

Essere figlia d’arte non ti ha impedito di fare la gavetta…Proprio no e infatti a quindici anni, ad Avignon, ero il tecnico luci per uno spettacolo di mamma! Il teatro è una micro azienda ed è importan-te saper fare tutto. Ringrazio i miei genitori per avermi formata in questo modo. Se oggi sono la direttrice di un festival è anche per questo.

Ambra e il butoh: amore a prima vista?Quando ero piccola mia madre e mio padre han-no studiato la storia di questa danza ad Amster-

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dam con degli artisti giapponesi, per cui la conoscevo. Nel ‘98, di ritorno da Dublino, ho deciso di impararla ed ho scelto come insegnante Anna Vullo, che si era formata da Yoshito Ohno. Per due anni ho studiato otto ore al giorno: sapevo che quello era il mio linguaggio. Ho poi proseguito con Dai-suke Yoshimoto, Carlotta’ Idea’s dancers, Minako Seki, Ken Mai e Iwashita Toru. Per un po’ l’ho abbandonato, per poi riprenderlo successivamente. Mi dicevano che ballavo come una jazzista, per cui ho capito che dovevo tirare fuori la danzatrice che era in me. Il butoh è poco conosciuto in Italia, ma a Berlino è di moda e in Francia ha avuto riconoscimenti prestigiosi. È nato in Giappone nel 1959 come risposta al passato e rappresenta la contempo-raneità artistica di quel Paese: ha rotto la perfezione del non movimento ed ha tolto le maschere ai ballerini.

Nel tuo curriculum c’è anche la performance pura.Tornata in Irlanda ho seguito una scuola di produzione teatrale ed ho ac-cantonato il butoh. La mia prima piéce l’ho tenuta a Torino con Ivan Bert e Tristan Martinelli, quindi sono partita per l’India con la danzatrice e atti-vista Mallika Sarabhai, l’attrice di punta del regista britannico Peter Brook. Insieme abbiamo percorso tutto il Paese con lo spettacolo I colori del cuo-re: ventitrè date in due anni. Ricordo che in Kashmir, era il 2003, c’erano i soldati armati dietro le quinte: sul palco non eravamo vestite da dee, ma con abiti normali per cui eravamo considerate delle rivoluzionarie. L’anno successivo abbiamo portato in scena a Torino La via del mito, un’altra bella esperienza.

Tu sei ricercatrice accademica. Di cosa ti occupi?In Irlanda mi sono laureata in antropologia ed ho approfondito i processi di rigenerazione urbana europea e di arte formativa nell’economia cultu-

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rale. La tesi di laurea è stata su Torino e su Bor-go Rossini, questo perché tra il 2001 e il 2008 la città ha spostato l’attenzione dall’industria all’ar-te, puntando sulla periferia. Per lavorare con la cultura occorre conoscerla sia come fruitrice sia come operatrice. La ricerca, poi, è nel mio esse-re e quindi non potevo non studiare, conoscere, approfondire.

Insieme con Edegar Starke firmate la curate-la del Moving Bodies Festival, giunto alla terza edizione. Un bilancio?Il progetto è nato a Dublino nel 2012 con Kathe-rine Neue, una mia allieva di butoh, ed è prose-guito con il Butohcafe. Nel 2014 si è trasformato in un festival che si è tenuto a Glasgow, Dublino, Cork, Galway e Torino. Nel 2015 e quest’anno le sedi sono la capitale irlandese e il capoluogo pie-montese. Dall’8 al 16 luglio scorso abbiamo dato voce al butoh e alla live art, ma anche a video-film, alle arti visive, alla performance art e alla ri-cerca attraverso spettacoli, l’Open Call e l’offerta

di tre residenze che si sono tenute al Teatro Espace e con la prima Summer Intensive Practice che ha avuto per protagonisti i maestri del butoh Ma-saki Iwana, Minako Seki, Ken Mai ed altri. Ho voluto dedicare l’edizione di quest’anno a Simone Sandretti: un amico con il quale abbiamo iniziato il percorso artistico da giovani. Ora che non c’è più, è stato il mio modo di lavorare con lui. Il bilancio di questa edizione è positivo e abbiamo già richieste di iscrizioni per il 2017. Per me è una gioia, anche perché andare in scena è l’ultimo atto: l’organizzazione e l’esperienza umana che si vive durante la preparazione sono le parti fondamentali. Lavorare con Edegar, poi, è un piacere. A livello artistico siamo due anime unite insieme.

Tema di questa edizione è stato la differenza: un argomento quanto mai attuale.In un momento storico in cui la diversità sta creando tensioni in Europa e nel mondo, abbiamo sentito l’esigenza di un’approfondita analisi e di una presa di posizione a riguardo. La diversità è occasione di crescita perché met-te in discussione l’identità, pone in relazione l’uno con l’altro definendo o modulandone i confini, offrendosi come terreno fertile di mutazioni e crea-zioni. La differenza non è negazione, ma una prospettiva di arricchimento: è imparare a non denigrare e creare nuove comunità che non innalzano muri.

Per te diverso significa?Non omologazione, intesa non come forma di snobismo o di eccentrici-tà, ma nel senso più puro del termine. Esiste un universale con molteplici manifestazioni che dipendono da chi siamo. Secondo me è fondamentale essere sempre se stessi, conoscersi e ritrovare la propria essenza come indi-viduo unico. Noi siamo più persone e anche il nostro fisico è composto da un insieme di cellule in evoluzione. Il butoh mi ha fatto capire che il corpo ha un centro con delle periferie e che la differenza riempie la forma e la fa emergere. La diversità è la costruzione di un movimento che porta ad un processo nuovo che fa vedere il mondo con occhi diversi.

Dublino e Torino: qual è la tua casa?Mi sono formata a Dublino, ma Torino è la mia città. La prima mi ha fatto da mentore, la seconda la amo profondamente. A livello professionale Du-blino è conservatrice e io sono comunque sempre una straniera. Un esem-pio: anche se il festival riceve i finanziamenti dall’Ambasciata del Giappone in Irlanda, là il butoh è difficile da collocare ed è capito da pochi. Inoltre io porto in scena corpi che vengono enfatizzati, mentre la città è conservatrice, di matrice cattolica, e demonizza il fisico. Torino è più open mind e il pub-blico apprezza questa forma espressiva.

Che cosa rappresenta per te l’arte, in tutte le sue forme?In questo periodo storico così complesso l’arte deve essere creativa, deve sviluppare nuovi temi e nuove forme espressive capaci di nobilitare l’uomo.

E il butoh?In questa danza il ballerino è una scultura alla quale occorre togliere più strati per arrivare all’essenza. È il ballo del poeta che non vive la separazione tra vita e morte, umano e inumano. Il butoh mi rappresenta: bisogna rice-vere per capire cosa si sta facendo e per staccarsi dalle nevrosi, dalla paura di vivere nella penombra. Il danzatore è passivo e in ascolto di sé e dell’altro in ottica della conoscenza.

Chi è Ambra Gatto Bergamasco?Una donna alla quale piacciono le sfide, che ha il palco per casa e che vive un’arte nella quale non ci sono compromessi. Una performer ed una diret-trice teatrale che punta sulla squadra e che considera l’arte una necessità.

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Un campo di calcioper la CINA

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NELL’ ANNO OLIMPICO non tutti gli sforzi del governo cinese sono indirizzati alle competizioni a cinque cerchi.

“Investire e rivitalizzare il calcio” – ha affermato il Comitato Centrale Cinese per le Riforme – “è un dovere per rendere la Cina un potere sportivo a livello globale, per l’affermazione della Cina a livello mondiale”.

Infatti, mentre gli atleti cinesi eccellono in numerosi sport (e il medagliere olimpico sta a dimostrarlo) questo non avviene nel calcio, dove I Dragoni Cinesi, come viene chiamata la nazionale, sono appena al 96mo posto del ranking FIFA.

Così, ad appena un’ora a nord di Guangzhou, una delle tante megalopoli del Paese, l’ambiente collinare è bruscamente interrotto da una strana scultura: si tratta della replica – alta 6 metri – della Coppa del Mondo di calcio.

Il mega trofeo si trova all’entrata di un centro sportivo dove, in 50 campi da calcio di un verde smeraldo perfetto, si allenano circa 3mila giovani e giova-nissimi calciatori cinesi.

Il calcio che viene insegnato alla Evergrande Football School è puro tiki-taka, lo stile reso famoso dai campioni del Barcellona, il plurititolato team spa-gnolo.

E spagnoli sono anche i 24 allenatori che hanno abbandonato la calda regione iberica per unirsi a quella che è – probabilmente – la più grande scuola di calcio del mondo.

Nei quattro anni dall’apertura, i giovani calciatori cinesi under 12, hanno gradualmente imparato e non sono poi ora così lontani – tatticamente e tecnicamente – da un medio club europeo di pari età, fatto salvo la mentalità, spiegano alla scuola.

Le accademie come Evergrande stanno spuntando come funghi in tutta la Cina, un processo che dice chiaramente quale sia l’importanza attribuita a questo sport – quasi sconosciuto fino a ieri – dalle autorità e dalla business community cinese.

E la strada per crescere passa attraverso l’educa-zione.

Diversamente dai calciatori sudamericani, in fuga dalla povertà e dalle favelas, in uno dei sistemi scolastici più competitivi al mondo, difficilmente il calcio rimarrà soltanto un modo come un altro per correre dietro ad una palla; più probabile che diventi qualcosa di simile al football universitario degli USA.

Il 5 marzo, con l’inizio della nuova stagione, la Chinese Super League (CSL) ha annoverato nelle sue file numerosi talenti provenienti dall’Europa, attratti dai lauti stipendi offerti.

La CSL d’altronde, ha speso circa 300 milioni di dollari nella campagna trasferimenti invernali di quest’anno, più di quanto hanno fatto i cinque top campionati europei messi insieme.

La Premier League inglese – il più ricco campiona-to nazionale del mondo – è solo al secondo posto; ma sapete chi troviamo al terzo posto: la serie B cinese!

I soli diritti televisivi 2016-2020, fruttano alla CSL qualcosa come 1,3 miliardi di dollari, 30 volte di più rispetto al precedente contratto.

Come si conviene ad un regime autoritario, l’im-peto per questa rivoluzione calcistica proviene di-

d i M A U R O B O S S O L A

Pechino ha un piano per dominare il più bel gioco del mondo

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rettamente dal presidente cinese Xi Jinping, auto-proclamatosi super football fan, che ha pubblicato nel 2014 una road map di 50 punti per risolvere l’imbarazzante situazione calcistica del gigante cinese.

Imbarazzante almeno in campo maschile, visti i successi mietuti dalla compagine femminile, che non soltanto si qualifica regolarmente per la fase finale della Coppa del Mondo, ma che ne ha an-che una in bacheca, vinta nel 1999.

Il master plan di Xi prevede l’apertura di ben ven-timila scuole di calcio come quella di Evergrande nei prossimi cinque anni, per arrivare a cinquan-tamila nei prossimi 10, anche in vista della candi-datura, nel 2026, per ospitare la Coppa del Mondo maschile di calcio.

Qualificatasi solamente una volta per le fasi finali della Coppa del Mondo (Corea 2002), in quella occasione la nazionale cinese perse tutte le partite del suo girone, senza segnare nemmeno una rete e soffrendo l’umiliazione di vedere i suoi rivali asiatici avanzare nella competizione (come ben sappiamo noi italiani).

Nonostante queste disfatte, il popolo cinese resta un popolo di grandi tifosi del “soccer” e si posso-no vedere vere e proprie folle assistere alle partite amichevoli dei tanti club europei che si cimenta-no con la terribile estate cinese.

E non è più insolito vedere tanti giovani cinesi vestire con orgoglio le maglie (contraffatte?) di club come Real Madrid, Barcellona, Milan o Chelsea.

Superato il periodo della corruzione, che aveva rallentato gli investimenti nel calcio business, diversi milionari cinesi stanno cominciando a cavalcare il nuovo corso, aggiungendo ai propri portafogli, anche investimenti in squa-dre di calcio. E non solo asiatiche.

Intanto, il colosso (cinese) dell’e-commerce Alibaba, ha annunciato di voler destinare diversi milioni di dollari per sviluppare nel paese un altro sport: il rugby, con l’obiettivo dichiarato di avere almeno un milione di praticanti entro i prossimi dieci anni.

Insomma, sembra che – almeno per gioco – la vecchia Europa faccia ancora scuola nel lontano oriente.

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73ª Mostra del Cinema di Venezia

Dal 31 agosto al 10 settembre festa al Lido per la 73ª edizione della Mostra del Cinema, kermesse dedicata alla settima arte, diretta da Alberto Barbera e organizzata dalla Biennale di Venezia presieduta da Paolo Ba-ratta. Un’occasione unica per vedere divi già affermati e idoli emergenti impegnati ad accompagnare i film in cartellone. La madrina della rassegna è Sonia Bergamasco, con il compito di aprire la manifestazione sul palco della Sala Grande (palazzo del Cinema) in occasione della cerimonia di inaugurazione e di condurre la cerimonia di chiusura durante la quale vengono annunciati i Leoni d’Oro. Una delle attrici italiane più versatili, che spazia con successo tra teatro, cinema e TV. E come da tradizione, da perfetta padrona di casa, Sonia é la prima a sbarcare al Lido, sorridente in camicia rossa e pantaloni blu.

Cinquantasette film nella selezione ufficiale scelti fra oltre tremila titoli sottoposti ai selezionatori, con 20 lungometraggi in concorso, 18 fuori concorso e 19 per Orizzonti, 16 corti e la piccola cineteca di Venezia Clas-sici. Questi i numeri della 73ª edizione.

A guidare la giuria nel percorso di selezione dei film ci pensa Sam Men-des il regista britannico degli ultimi due film su James Bond (Skyfall e Spectre).

Ad aprire il Festival un musical: La La Land di Damien Chazelle con Emma Stone e Ryan Gosling mentre la chiusura é dedicata ad un western: The Magnificent Seven di Antoine Fuqua con Denzel Washington, Chris Pratt e Ethan Hawke.

Tra gli altri titoli di Venezia 2016 segnaliamo Une vie del regista belga Stephane Brizé, un film storico tratto dall’omonimo romanzo di Guy de Maupassant; Jackie, la personalissima biografia di Jackie Onassis firmata da Pablo Larrain, con protagonista Natalie Portman; Voyage of Time di Terrence Malick, il documentario narrato da Brad Pitt e Cate Blanchett con la musica di Ennio Morricone; infine il fantascientifico Arrival di De-nis Villeneuve con Amy Adams e Jeremy Renner e ancora On the Milky Road di Emir Kusturica con la nostra Monica Bellucci, pellicola che esce dopo ben quattro anni di lavorazione.

EVENTI

A caccia del Leone d’Oro

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P A O L A G O M I E R O

Sonia Bergamasco

Sala Grande - Cerimonia d’apertura.

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Fra i film in concorso anche tre titoli italiani.

Il primo Spira Mirabilis documentario di Massimo D'Anolfi e Martina Pa-renti, il secondo la commedia Piuma di Roan Johnson, e poi ancora Questi giorni presentato da Giuseppe Piccioni con Margherita Buy, Maria Roveran e Filippo Timi.

Il tutto condito da sfilate di star e bellezze che si presentano sul red carpet con look sempre più glamour: una vera e propria gara di celebrità ed eleganza. E poi ancora party blindatissimi, cocktail e mondanità nei palazzi più blasonati e negli alberghi più esclusivi.

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EVENTI

La La Land è una commedia/musical del regista Da-mien Chazelle con Emma Stone e Ryan Gosling. Il film parla di una storia d’amore ambientata a Hollywood, tra il carismatico pianista jazz Sebastian e l’aspirante attrice Mia, trasferiti da poco a Los Angeles in cerca di fortuna. La trama è resa più intensa da numeri spetta-colari di canto e danza. I due sognatori, nonostante le difficoltà per arrivare a fine mese, inseguono le loro pas-sioni e, come il successo cresce per entrambi, si trovano di fronte a decisioni che incrinano la relazione amorosa. E sono proprio i sogni, così faticosamente inseguiti, che rischiano di diventare la principale causa della distanza che si crea tra i due.Il film sarà distribuito negli Usa da Lionsgate dal 16 di-cembre 2016 e in Italia dal 26 gennaio 2017 dal 01 Distri-bution in collaborazione con Leone Film Group.CAST: Ryan Gosling, Emma Stone, J.K. Simmons, Finn Wittrock, Sonoya Mizuno, Rosemarie DeWitt, Josh Pen-ce, Jason Fuchs.

Emma Stone

Paolo Baratta, Sam Mendes, Alberto Barbera.

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La visita all’Acquario di Genova è una vera e propria immersione negli abissi marini. A tu per tu con specie di animali assolutamente fantastiche e misteriose: squali, foche, pinguini, delfini, meduse etc… Tutto il percorso è straordinariamente suggestivo: luce soffusa, musica, i rumori e i colori del mare fanno vivere emozioni indimenticabili. Quest’anno, la struttura più spettacolare d’Europa, compie 25 anni e per l’occasione rinnova il percorso di visita.

Incontro con le creature degli oceani, percorsi interattivi e nuove esperienze immersive.

EVENTI

L’Acquario di Genovacompie 25 anni d i P A O L A G O M I E R O

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COSTA EDUTAINMENT, che gestisce la struttura, ha avviato, proprio in occasione della ricorrenza dei 25 anni, un processo di restyling della durata di due anni che prevede cambia-menti sia all’interno sia all’esterno di tutto il complesso.

Il nuovo percorso concepisce il visitatore come il passeggero di una nave che solca i mari, parte attiva e integrante di un viaggio alla scoperta del mondo marino. Fin dalla prima sala, il Piane-ta Blu, questa magica sensazione è pienamente godibile e il “navigatore” può perdersi nel blu infinito, circondato da miriadi di pesci, il tutto presentato da uno spettacolare video, in lingua italiana e inglese che anticipa l’intero percorso.

L’esperienza prosegue nelle aree della Grotta delle Murene, nella Baia degli squali e nell’area dei Pinguini. Nella prima, la grande vasca medi-terranea del Cilindro viene svelata poco a poco, lasciando la sorpresa della scoperta nel pieno della maestosità dei suoi sei metri di altezza, il-luminata e avvolta da una scenografia a forma di conchiglia. Nella seconda, un portale a effetto olografico anticipa l’emozione della visita alla vasca dedicata ai predatori del mare; quindi, il visitatore entra virtualmente nel regno dei ghiacci, dove le nuove scenografie con le pareti

opache bianche ad effetto ghiaccio, conducono alla scoperta di vasche an-tartiche, uniche visibili al pubblico in Europa.

Due le novità hi-tech: la sala degli abissi, la prima sala cinema permanen-te di realtà virtuale, con 8 postazioni VR Gear che fanno piombare negli abissi marini, a oltre 4.000 metri di profondità, per circa 3 minuti e la sala Fish Making, dove, grazie a 9 postazione touch screen, è possibile costruire il proprio pesce ideale e proiettarlo negli acquari virtuali.

Nella nuova struttura cresce il coinvolgimento del pubblico a contatto con il team scientifico dell’Acquario tramite 48 incontri settimanali gratuiti in 6 diverse aree. Questi momenti consentono di interagire con coloro che ogni giorno si prendono cura degli animali per scoprire tutti i segreti e le curiosità di delfini, razze, squali, foche, pinguini e pesci della scogliera corallina. È possibile inoltre partecipare a diversi percorsi di approfondi-mento guidati come il suggestivo “dietro le quinte” dove i visitatori posso-no addentrarsi nel retro di alcune vasche, visitare le zone dove si riprodu-cono, la cucina dove viene preparato il cibo per tutti gli animali, e scoprire tutto il lavoro che sta dietro la cura degli animali e la manutenzione delle vasche.

Nel nuovo acquario si può anche personalizzare la propria visita grazie alla nuova App multilingua gratuita, per mezzo della quale il visitatore può acquistare i biglietti in modo semplice e veloce e programmare il per-corso. Inoltre grazie ai 25 iBeacon installati lungo il percorso può scari-care esclusivi contenuti multimediali oppure giocare con il FishMaking per creare un pesce anche dallo smartphone o dal tablet e, al momento dell’arrivo in Acquario farlo nuotare negli acquari virtuali.

Il Dipartimento Servizi e Tempo Libero continua la collaborazione con Costa Edutainment per offrire agli iscritti alla FABI, in determinati perio-di dell’anno, la possibilità di acquistare per sé e per i propri famigliari il biglietto di ingresso all’Acquario di Genova a tariffa scontata.

Per info: www.associatiallafabi.itPer info Acquario: www.acquariodigenova.it

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Sono le it bag di stagione, amate dalle donne e dalle ragazze per la varietà di for-me e colori. Tutte, però, hanno un elemento in comune: sono realizzate a mano in pellame pregiato “perché ogni borsa va costruita con passione e pazienza, come un complicato puzzle”, sottolineano Bianchi e Nardi che dal 1946 trasformano la materia grezza in un oggetto di culto. Per il rientro dalle vacanze questi artigiani del lusso propongono linee che spaziano dalla tracollina bon ton al classico modello con manici, dalle pochette alle clutch agli zaini. Perfette dall’alba al tramonto, sono declinate nei toni del nero, del marrone, del tortora e mixate al purple, al senape e al cipria. Per un twist contemporaneo che piace ed è subito fashion!

Altro che stAgione spentA e triste. l’Autunno tArgAto 2016 si Accende di luce, hA vogliA di glAm, giocA con le stAmpe e non hA nullA dA invidiAre All’estAte. È unA secondA primAverA che, con le sue AnticipAzioni fAshion, promette un inverno All’insegnA dello stile. Ladies& Gents, È orA di rinnovAre il guArdArobA perché nullA È come primA…

ALLEGRIA!

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MUst HaVe

www.bianchienardi.it

Bianchi e Nardi

Autunno =

MODA

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La protagonista è lei, una figu-ra femminile consapevole ed eclettica che interpreta i codici Blumarine: sensualità, roman-ticismo, sense of humor. La sua capacità? Contestualizzarli nel presente in un gioco di mix and match spontaneo e sofisticato in cui la silhouette è voluttuosa e al-lungata, con l’accento sulla vita e sulle lunghezze midi. Parka e du-vet si alternano ad abiti sontuosi, le righe si mescolano alle paillet-

tes, il maculato ai fiori. Le texure spaziano dalle flanelle ai cotoni e si contrappon-gono a jacquard tridimensionali e chiffon organzati dall’aspetto evanescente. La palette dei colori è una tessitura di salvia, stucco, rosa e note di marrone che si amalgamano in composizioni sofisticate. Ogni abito è un messaggio: la bellezza come potenza, la consapevolezza come eleganza, l’eclettismo come personali-

tà. In una parola, chic!

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sOPHistiCated

www.blumarine.com

Blumarine

MODA

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www.robertonovarese.it

Roberto NovareseWe LOVe POnCHO

Tra i protagonisti della Torino Fashion Week di giugno, lo stilista Roberto Novarese ha con-quistato il parterre e le celeb con i suoi poncho e le sue stole. Le texture spaziano dalla seta più leggera e raffinata al velluto super morbido e avvolgente e sono impreziosite da baglio-ri di luce dorati. Alle pennellate di colore che strizzano l’occhio a Jackson Pollock e al suo ce-lebre action painting si affiancano le nuances monocromatiche dai toni accesi che illuminano la stagione più fredda con la loro energia. Perfetti sui leggins o sui jeans skinny, i poncho regalano un twist contemporaneo al tubino o alla longuette e diventano i protagonisti del look. Ideali all day long, le stole accompagna-no con disinvoltura sia i capispalla sia gli abiti da sera e sanno affascinare più di un gioiello. Attenzione donne: la “ponchomania” firmata Roberto Novarese sta dilagando!

MODA

ph: Andrea Asti

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La luce è protagonista assoluta della nuova collezione Atos Lombardini. Come in una danza, i riflessi corrono veloci su capi dalle linee essenziali e dai colori intensi in cui le trame e i dettagli preziosi danno forma ad una femminilità giocosa, caratteristica del brand. I colli di abiti e camicie si arricchiscono di maxirouches, mentre sui body-coulotte e sui pantaloni a vita alta spuntano morbidi fiocchi. I denim, invece, sono totally destroyed, ma trovano l’abbinamento perfetto in bomber e felpe in tessuto tecnico con fondo lurex. Alle giacche over e alle ampie gonne di tulle si abbi-nano top lingerie e camicie trasparenti. Le nuances invece? Calde e avvolgenti, of course, e spaziano dal granata al cotto sino al cipria, mescolati al nero e al ghiaccio. Le stam-pe strizzano l’occhio al patchwork multicolor e all’optical in bianco e nero. Non mancano infine i capispalla in pelliccia, rigorosamente eco-friendly, per coprirsi dal freddo rispet-tando la natura.

sHininG PaRtY

www.atoslombardini.com

Atos Lombardini

MODA

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La collezione GANT Diamond G propone modelli versatili, capi basici per viag-giare, abiti eleganti e allo stesso tempo casual e veste con eleganza l’uomo in ogni momento della giornata. Si ispira allo stile di vita cosmopolita, al business man che vuole indossare un capo con disinvoltura e che al proprio look richiede stile, personalità, eleganza e comfort. La camicia è l’icona del brand, ma i pull e i dolcevita sono protagonisti e sanno rendere attuale il classico abito scuro resti-tuendogli un fascino distinto che non passa certo inosservato. La cartella colori si basa sui toni del blu con diverse sfumature di grigio melange e cammello, lasciando spazio ad altre tinte sofisticate come il verde bottiglia, perfetto per una riunione come per un happy hour tra amici.

diaMOnd G

www.it.gant.com

Gant

MODA

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Luigi Bianchi Mantova Sartoria è un brand chic e per intenditori. La collezione fall-winter punta sui temi car-dine del calore, della leggerezza e della natura e sceglie filati pregiati e avvolgenti, ma con pesi decisamente contenuti: la pura lana, il cashmere, la seta. Non solo le fibre, ma anche i toni sono naturali, presentati in tinta unita oppure tagliati con colori più forti. Oltre ai classici blu e grigi esplorati in varie declinazioni, trionfa il fa-scino senza tempo delle tonalità cammello. Una scelta perfetta per l’uomo che ricerca la massima versatilità negli abbinamenti, ma al tempo stesso ama creare un look sofisticato. Nelle giacche ritornano le disegnature, mentre i piumini imbottiti e i capi sportswear hanno un look tecnico. Il capo icona di stagione è il cappotto, rivisitato in chiave contemporanea: dal Chesterfield coat all’innovativo cappotto-blazer peso giacca, dal mo-

nopetto al doppiopetto, magari con tasche a toppa, a filetto o con tasca trench. Il tocco di eleganza? La mar-tingala, uno dei tanti dettagli che rendono unico ogni capo firmato Lubiam.

OnLY FOR Men

www.lubiam.it

LubiamMODA

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EMOZIONI TRA ARTE, CINEMA E LIBRI

Marc Chagallal Forte di Bard

L’arte, al pari dell’amore, è labirinto ed incanto, fascino e mistero.

Ho programmato di ritornare al forte di Bard, la fortezza al confine fra Piemonte e Valle d’Aosta, per visitare “La Vie”, la mostra che dal 25 giugno al 13 novembre 2016 riporta in Italia il racconto della vocazione poetica e raffigurativa di Marc Chagall.

Per puro caso, mentre sono in ferie in Svizzera, il 12 luglio visito il museo Kunst di Basilea. Nel-le prime sale, dopo un magnetico De Chirico, scopro e ammiro tre opere di Marc Chagall (Il mercante di bestie, La caduta dell’angelo, La mia fidanzata coi guanti neri).

La caduta dell’angelo mi colpisce particolarmente: un angelo rosso cade all’indietro, una luna gialla al centro del dipinto domina e illumina la scena, una candela accesa in un candelabro per me rap-presenta la vita transitoria e il consumarsi fugace delle nostre esperienze, con Cristo in croce quale emblema delle sofferenze umane di ogni tempo.

Il sabato successivo sono a Bard. Risalgo le stra-dine del vecchio borgo, gli ascensori in salita verticale donano l’ebbrezza della scalata in vetta e regalano una visuale meravigliosa della Valle d’Aosta che da qui si apre in tutta la sua bellezza.

“La Vie” riunisce in sé la maggior parte dei temi che caratterizzano la produzione artistica di Cha-gall. È un’opera che colpisce a fondo per la varietà dei temi, per la molteplicità delle raffigurazioni, per la maestria del colore effuso, emblema di un Novecento (“Il secolo breve” a detta dello storico Eric Hobsbawm) che ha visto l’arte diventare in-trospezione ed intimismo, ripiegata su se stessa alla pari dei conflitti e del sangue versato in un

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E Z I O M A R I N O N I

EVENTI

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tempo di grandi narrazioni che hanno fatto so-gnare le rivoluzioni sociali e un benessere in co-stante divenire per tutti i popoli, evocatore di un futuro palpitante e in crescendo. Vi ritrovo perso-naggi di tutte le fogge, in pose diverse, in piedi o a testa in giù, una scala che ascende al cielo solita-ria, un pesce senz’acqua sfida la gravità e cerca di raggiungere il cerchio di fuoco al centro. La vita è forse tutta un gioco?

Viene qui esposta, eccezionalmente, anche l’inte-ra serie delle 105 tavole della Bibbia, nate quasi per caso, per accontentare un amico editore: mi sembra di incontrare una rivisitazione e traspo-sizione dei grandi temi del messaggio biblico, dai quali Chagall è stato affascinato sin dall’infanzia. Il tema sacro è d’altronde mistero per chi crede e per chi non crede, un labirinto di dubbi e rivela-zioni in cui addentrarsi in punta di piedi, senza sapere quale sia la risposta giusta alla propria do-manda di verità. La domanda è il senso della vita, prima ancora che la risposta, per chi crede e per chi non crede.

Quando esco, impregnato di pensieri ed emo-zioni, guardo le cellette rimodernate a ostello di lusso, e mi domando in quale di esse avrà per-nottato, in un dorato confino, il conte di Cavour, qui confinato in gioventù per le sue idee troppo liberali, prima di diventare il grande tessitore e l'artefice della prima fase dell’unità d’Italia.

La mostra è aperta fino al 13 novembre 2016. Martedì e venerdì dalle 10.00 alle 18.00; sabato, domenica e festivi dalle 10.00 alle 19.00; chiuso il lunedì.

settembre 2016 | Plus Magazine | EVENTI 41

Come fiamma che brucia. Io la mia vita e Marc Chagall di Bella Rosenfeld Chagall; Donzelli Editore, 2012È un’autobiografia esistenziale scritta dalla moglie Bella Rosenfeld, morta nel 1944.

Un amore imperituro in un rapporto fra artista e musa ispiratrice, lei è la sua eterna fidanzata: dal quadro giovanile La promenade del 1917, una pas-seggiata di fidanzati al paese natio in Russia; sino a La mia fidanzata coi guanti neri, con Bella che posa come modella per il suo pittore.

Grazie alle sue parole, possiamo entrare un poco, in punta di piedi, in mezzo a queste due affascinanti esistenze. Una vena intimista trasforma la scrittu-ra in emozione pura. Nel 1947, di lei, Chagall appuntò: “Lei scriveva come viveva, come amava, come accoglieva gli amici. Le sue parole, le sue frasi sono una patina di colore sulla tela”. Dichiarazione d’amore dell’artista per la sua musa.

Chagall - Malevich di Alexander Mitta, 2014, 120 minuti Il film, fra atmosfere oniriche e mondi surreali, cerca di ricreare il ponte in-ventato da Chagall fra poesia e pittura, quasi un mito all’interno della storia dell’arte.

Si inizia con la nomina di Chagall a commissario dell’arte nella provincia di nascita, fino all’incontro con il pittore astratto russo Kazimir Malevich e alla conoscenza con la futura moglie, grande amore della sua vita.

EVENTI

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Trama: Dory vive felice-mente sulla barriera co-rallina insieme a Nemo e Marlin: è passato un anno dall’avventura che cambiò le loro vite. Quando si ricor-da improvvisamente di ave-re una famiglia che forse la sta cercando, Dory parte in-sieme ai suoi amici per una straordinaria avventura attraverso l’oceano che la condurrà fino al prestigio-so Parco Oceanografico, in California: un acquario che è anche un centro di riabili-tazione. Per riuscire a trovare sua madre e suo padre, Dory chiederà aiuto ai tre abitan-ti più stravaganti del Parco Oceanografico. Esplorando con destrezza le complesse regole del Parco Oceanogra-fico, Dory e i suoi compagni di avventura scopriranno l’amicizia, il senso della fa-miglia e la magia che si cela nei loro difetti.

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a u t u n n o

Trama: Arriva il terzo ca-pitolo della saga dedicata alla maldestra Bridget Jo-nes. Sono passati 12 anni da quando Bridget ha iniziato a scrivere il suo diario. Con-tinuano ora le avventure e le disavventure della execu-tive londinese ora arrivata alla soglia dei quarant’anni. In Bridget Jones 3, la prota-gonista decide di concen-trarsi sul suo lavoro di col-laboratrice in un notiziario di punta e di circondarsi di vecchi e nuovi amici. Per una volta, Bridget ha tutto completamente sotto con-trollo. Cosa potrebbe anda-re storto? La sua vita senti-mentale ha però una svolta quando Bridget incontra un affascinante americano di nome Jack (Dempsey), tut-to quello che Mr. Darcy non è. In un improbabile colpo di scena, si ritrova in dolce attesa, ma con un inconve-niente... non è sicura dell’i-dentità del padre.

Trama: New York, anni Trenta. Bobby Dorfman la-scia la bottega del padre e la East Coast per la California, dove lo zio gestisce un’a-genzia artistica e i capric-ci dei divi hollywoodiani. Seccato dall’irruzione del nipote e convinto della sua inettitudine, dopo averlo a lungo rinviato, lo riceve e lo assume come fattorino. Bobby, perduto a Beverly Hills e con la testa a New York, la ritrova davanti al sorriso di Vonnie, segretaria (e amante) dello zio. Per lui è subito amore, per lei no ma il tempo e il destino dan-no ragione al sentimento di Bobby che le propone di sposarlo e di traslocare con lui a New York. Ma il vento fa (di nuovo) il suo giro e Vonnie deciderà altrimenti.

ALLA RICERCA DI DORY

Regia: Andrew Stanton e Angus MacLane

Data uscita: 14/9/2016

Cast: Ellen DeGeneres, Al-bert Brooks, Diane Keaton, Eugene Levy, Ty Burrell, etc.

BRIDGET JONES’S BABY

Regia: Sharon Maguire

Data uscita: 22/9/2016

Cast: Renée Zellweger, Colin Firth, Patrick Dempsey, Jim Broadbent, Celia Imrie, etc.

CAFÉ SOCIETY

Regia: Woody Allen

Data uscita: 29/9/2016

Cast: Jesse Eisenberg, Kri-sten Stewart, Steve Carell, Blake Lively, Corey Stoll, etc.

INFERNO

Regia: Ron Howard

Data uscita: 13/10/2016

Cast: Tom Hanks, Felicity Jones, Sidse Babett Knudsen, Omar Sy, Irrfan Khan, etc.

Trama: Continuano le av-venture del simbolista di Harvard: quando Robert Langdon si risveglia in un ospedale italiano con un’amnesia si affida al me-dico Sienna Brooks per recu-perare i suoi ricordi e impe-dire che un pazzo liberi una piaga globale collegata al tomo immortale di Dante. Il regista Ron Howard con-tinua a portare sul grande schermo i romanzi best-seller di Dan Brown: dopo Il codice Da Vinci (2006) in cui il protagonista Tom Hanks era accompagnato da Audrey Tautou e Angeli e Demoni (2009), è la volta di Inferno. Nel cast, a fianco di Tom Hanks, questa volta ci sarà Felicity Jones (nomi-nata agli Oscar per la sua interpretazione ne La teoria del tutto) e Omar Sy (Sam-ba). Sono state girate molte scene a Venezia, Firenze e a Istanbul.

plus magazine cinema

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ULTIME CONVERSAZIONIdi Benedetto XVI(Joseph Ratzinger)

Queste “Ultime conversazio-ni” rappresentano il testa-mento spirituale, il lascito intimo e personale del papa che più di ogni altro è riusci-to ad attirare l’attenzione sia

dei fedeli sia dei non creden-ti sul ruolo della Chiesa nel mondo contemporaneo. In-dimenticabile resta la scelta di abbandonare il pontifica-to e di rinunciare al potere: un gesto senza precedenti e destinato a cambiare per sempre il corso della storia. In questa lunga intervista con Peter Seewald il papa affronta per la prima volta i tormenti, la commozione e i duri momenti che hanno preceduto le sue dimissio-ni; ma risponde anche, con sorprendente sincerità, alle tante domande sulla sua vita pubblica e privata: la carriera di teologo di succes-so e l’amicizia con Giovanni Paolo II, i giorni del Conci-lio Vaticano e l’elezione al papato, gli scandali degli abusi sessuali del clero e i complotti di Vatileaks. Be-nedetto XVI si racconta con estremo coraggio e candore, alternando ricordi personali a parole profonde e cariche di speranza sul futuro della fede e della cristianità.

settembre 2016 | Plus Magazine | RECENSIONI 43

r e c e n s i o n i

LO STUPORE DI UNA NOTTE DI LUCEdi Clara Sanchez

È una notte stranamen-te luminosa. Una notte in cui il buio non può più na-scondere nulla. Lo sa bene Sandra mentre guarda suo figlio che dorme accanto a

lei. Ha fatto il possibile per proteggerlo. Ma nessuno è mai davvero al sicuro. So-prattutto ora che ha trova-to nella borsa dell’asilo un biglietto. All’interno poche parole che possono venire solo dal suo passato: “Dov’è Julian?”. All’improvviso il castello che ha costruito crolla pez-zo dopo pezzo: il bambino è in pericolo. Sandra deve tor-nare dove tutto è iniziato. Dove ha scoperto che la ve-rità può essere peggio di un incubo. Dove ha incontrato due vecchietti che l’hanno accolta come una figlia, ma che in realtà erano due na-zisti con le mani sporche di sangue innocente che inse-guivano ancora i loro ideali crudeli e spietati. È stato Ju-lian ad aiutarla a capire chi erano veramente. Lui che, sopravvissuto a Mauthau-sen, ha cercato di scovare quei criminali ancora in li-bertà. Lui ora è l’unico che può conoscere chi ha scritto quel biglietto e perché.

LA TIGRE E L’ACROBATAdi Susanna Tamaro

Piccola Tigre non è una ti-gre come le altre: è curiosa, fa molte domande, mette in discussione quello che la natura le offre e che i suoi simili semplicemente ac-

HARRY POTTER E LA MALEDIZIONE DELL’EREDEdi J.K. Rowling

Quasi nulla è trapelato sulla trama dello spettacolo e del libro. Di sicuro Harry Potter non sarà come lo abbiamo letto né come lo abbiamo visto al cinema. Lo rincon-

cettano. Piccola Tigre apre gli occhi e scopre la meravi-glia della luce. Tende le orec-chie e scopre la vasta gam-ma dei rumori della Taiga. Quando, molto presto, le si fa chiara la forza che com-pete a una tigre, inizia a cibarsi di altri animali. Ma con qualche dubbio. Impara a distaccarsi da sua madre, a viaggiare da sola, sino ad avventurarsi fuori dai con-fini della Taiga, in cui è nata e da cui le altre tigri non usciranno mai. E, così, grazie a questa sua curiosità, infine, scopre an-che l’uomo. L’hanno avver-tita che dall’uomo bisogna guardarsi. Ma lei vuole co-noscerlo. Con l’uomo, Picco-la Tigre scopre l’essere più inquietante e mutevole, da amare e da cui difendersi. E da qui in poi la sua vita non sarà più la stessa. Su-sanna Tamaro torna alla narrativa pura con una fa-vola morale per tutti i let-tori.

treremo infatti diciannove anni dopo gli eventi narrati in “I doni della morte”, ulti-mo episodio della saga, or-mai adulto, marito e padre di tre figli in età scolare. È un impiegato del Ministe-ro della Magia, oberato di lavoro, diviso tra ufficio e famiglia. Mentre Harry fa i conti con un passato che si rifiuta di rimanere tale, il fi-glio minore Albus deve lot-tare con il peso dell’eredità familiare che non ha mai voluto. E sarà proprio il giovane Potter a dover fronteggia-re nuove e oscure forze del male, prendendosi la scena e scrivendo un nuovo capi-tolo, del tutto assente nei sette volumi della saga: il conflitto tra padre e figlio, che, per sua fortuna, l’orfa-no Harry non ha mai dovu-to affrontare ma che coin-volgerà di sicuro milioni di lettori adolescenti. Astuzie, nemmeno troppo sofistica-te, di una scrittrice da 450 milioni di copie.

plus magazine letture

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a u t u n n o

plus magazine musica

Ennio MorriconeMORRICONE 60 Ennio Morricone torna il 7 ottobre con un nuovo album, dal titolo emblema-tico Morricone 60, per festeggiare nel migliore dei modi i suoi sessant’anni di carriera. Nel disco, oltre a nuove com-posizioni del grande musicista romano, ci sarà anche una selezione dei suoi mi-gliori successi, alcuni dei quali realizza-ti dalla Czech National Symphony Or-chestra. Il progetto sarà prodotto dalla Decca Records, casa discografica fonda-ta a Londra nel 1929 con cui il Maestro ha firmato una collaborazione.

Morricone ha dichiarato “Dopo il suc-cesso della colonna sonora di "The Hate-ful Eight" (il film di Quentin Tarantino grazie al quale Morricone ha vinto l’O-scar 2016 per la miglior colonna sonora, ndr) sono felice di tornare alla Decca per un momento straordinario dei miei ses-sant’anni di carriera. Realizzare queste registrazioni dirigendo la Czech Natio-nal Symphony Orchestra è stata un’e-sperienza meravigliosa. La qualità delle loro performance con le mie composi-zioni è stata veramente eccezionale".

Raphael GualazziLOVE LIFE PEACE Un ritorno estivo esplosivo: Raphael Gualazzi ha lanciato il nuovo singolo L’estate di John Wayne che anticipa il prossimo album di inediti, in uscita a settembre 2016. “Torneranno i cinema all’aperto e i riti dell’estate le gonne molto corte. Tornerà Fellini e dopo un giorno farà un film soltanto per noi”, ini-zia così il brano. A tre anni di distanza

dal fortunato Happy Mistake, Raphael riprende la scena discografica con un brano versatile ed originale che si tuffa in un pop dagli echi vintage, capace di esplorare, con nuovo estro, i generi mu-sicali a lui più cari rivestendoli sempre con grande creatività. “È un brano di reminiscenze. Nel passato ci sono spes-so belle visioni per il futuro. Per il testo devo ringraziare Alessandro Reina e Lo-renzo Urciullo, per la musica il mio co-autore Matteo Buzzanca”, ha dichiarato Gualazzi a La Stampa.

Syria ISLANDA Si chiama Islanda il nuovo singolo di Syria, cover del brano Heart Attack de-gli australiani Flight Facilities, adattata e riarrangiata da Davide Ferrario con il testo in italiano di Dario Moroldo, ispi-rato alla vita e al vissuto della cantante. Il brano che anticipa un nuovo album atteso a settembre “parla del grande

amore di due persone che si conoscono da una vita intera, del loro crescere as-sieme e di come, dopo tanto tempo, la fiamma che le ha avvicinate non si sia mai spenta!” spiega Syria, “è un inno ai primi secondi di attrazione e scoperta, una celebrazione del momento in cui ci innamoriamo e che poi diventa ma-gicamente eterno. L’Islanda è la terra in cui tutto è incontaminato e primordiale, come l’amore nel momento in cui nasce, come il ricordo di quella scintilla che ci porteremo dentro per sempre”.

Bastille WILD WORLDWild World spinge il suono distintivo della band verso nuove, interessanti direzioni, spiega Dan Smith, mente e voce dei Bastille: “Se il nostro primo di-sco parlava di crescita e delle ansie che ne derivavano, il nostro secondo album cerca di dare una spiegazione al mondo attorno a noi, sia per come lo vediamo sia per come i media ce lo presentano, rispondendo a tutte le domande che ne derivano. Vogliamo che il disco, per certi versi, disorienti: a volte buio, a volte lu-minoso, estroverso ed introverso”. Ad anticipare l’uscita del nuovo lavoro di Dan Smith, Chris Wood, Will Farquar-son e Kyle Simmons, registrato nel pic-colo studio di Londra dove la band ha registrato il precedente lavoro, c’è il sin-golo Good Grief, con cui la band inglese rinnova la sua miracolosa formula di rock/dance/pop che è allo stesso tempo contagiosa e super credibile.

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TEMPI DELLA STORIA, TEMPI DELL’ARTE. CESARE BATTISTI TRA VIENNA E ROMAFino al 6 novembre 2016 Nonostante gran parte degli italiani ab-bia sentito pronunciare almeno una volta il nome di Cesare Battisti, pochi ne cono-scono la vita, la storia umana, le battaglie politiche, la passione per la storia, la geo-grafia, la scrittura. In occasione del cente-nario della sua morte, la mostra intende, attraverso una selezione di preziose opere d’arte dell’epoca e di rare testimonianze storiche, illustrare al grande pubblico una

personalità di grande spessore umano e culturale che ha avuto un ruolo importan-te nella storia recente non solo del Trenti-no ma anche dell’Italia e merita di essere conosciuto nella sua complessità e moder-nità. La mostra è stata inserita nelle inizia-tive per la commemorazione del “Cente-nario della Prima Guerra Mondiale” voluto dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri.Trento - Castello del BuonconsiglioVia Bernardo Clesio 50461 233770www.buonconsiglio.it

ITALIA POP. L’ARTE NEGLI ANNI DEL BOOM Fino all’11 dicembre 2016 La Fondazione Magnani Rocca ospita una grande mostra sulla Pop Art italiana, com-posta da circa 70 opere provenienti da importanti istituzioni pubbliche e presti-giose collezioni private. La mostra intende fornire una lettura articolata e innovativa delle vicende che hanno portato alla na-scita e alla diffusione di una via italiana della Pop Art, pienamente in sintonia con le analoghe esperienze maturate in ambi-to internazionale e al tempo stesso lingui-sticamente autonoma rispetto ai modelli statunitensi ed europei del periodo. Per evidenziare la specificità della declinazio-

rapporto con le Avanguardie storiche - come il Futurismo - e un chiaro riferimen-to al Surrealismo, punto nodale del suo intreccio creativo. Inevitabile e necessaria una sezione dedicata agli aspetti mate-matici e di percezione visiva dell’Universo Escher. Milano - Palazzo RealePiazza del Duomo 1202 8929711www.mostraescher.it

THE LASTING. L’INTERVALLO E LA DURATA Fino al 29 gennaio 2017 La Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea inaugura la nuova sta-gione espositiva del museo sotto la dire-zione di Cristiana Collu con l’apertura, dal 22 giugno 2016 al 29 gennaio 2017, della mostra “The Lasting. L’intervallo e la du-rata”, a cura di Saretto Cincinelli. L’esposi-zione, dedicata all’importanza che assume la dimensione temporale sia nella pratica che nella poetica artistica, presenta oltre 30 lavori di 15 artisti italiani e internazio-nali di diverse generazioni. I lavori, tutti di grande formato, dalla pittura alla scultura, dal video alla fotografia, all’installazione, occupano un solo ampio spazio sfruttan-done anche la verticalità, per costruire un unicum con l’ambiente circostante. Tradi-zionalmente pensati come contraddittori e opposti, i concetti di durata e intervallo, sono al centro dell’esposizione, in maniera sempre diversa, come due facce della stes-sa medaglia. Roma - Galleria Nazionale d’Arte Moder-na e ContemporaneaViale delle Belle Arti 13106 32298221www.lagallerianazionale.com

ne italiana della Pop Art, la mostra prende avvio con due opere esemplari provenien-ti dalle stesse collezioni della Fondazione, una Piazza d’Italia di Giorgio de Chirico e un Sacco di Alberto Burri, due fonti pri-marie, storiche, dell’approccio italiano alla contemporaneità, alla figurazione e all’og-getto.Parma - Fondazione Magnani RoccaVia Fondazione Magnani Rocca 0521 848327www.magnanirocca.it

ESCHER Fino al 22 gennaio 2017 Con oltre 200 opere, l’itinerario del proget-to espositivo sarà un viaggio all’interno dello sviluppo creativo dell’artista, par-tendo dalla radice liberty della sua cultura figurativa, soffermandosi sul suo amore per l’Italia e individuando nel viaggio a l’Alhambra e a Cordova la causa scatenan-te di un interesse per le forme geometri-che già ampiamente presenti nella sua vena creativa. Snodo centrale della mostra è il momento della maturità artistica di Escher con i temi della tassellatura e de-gli oggetti impossibili. Questi due aspetti dell’opera di Escher introducono al suo

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plus magazine mostrearte, scienza e costume

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TEATRO MASSIMO - PalermoJENŮFA Date: dal 23 ottobre al 2 novembre 2016 Dal 23 ottobre al 2 novembre, andrà in scena Jenufa di Leós Janácek con la regia di Robert Carsen, per la prima volta a Palermo, e la direzione di Gabriele Ferro, allestimento dell’Opera di Anversa. L’ope-ra è assente dalle scene palermitane dal 1979. Jenufa è un’opera in tre atti di Leós Janácek con libretto dello stesso composi-tore, basato sulla pièce Její pastorkyna (La

sua figliastra) di Gabriela Preissová. Fu dapprima messa in scena al teatro Di Brno il 21 gennaio 1904. Scritta tra il 1896 e il 1902, è una delle prime opere in prosa. Lugubre storia di un infanticidio e succes-siva redenzione, è la prima tra le opere di Janácek in cui si nota chiaramente il suo specifico stile. Il 1° marzo 1926 venne rap-presentata per la prima volta all’Opera di Amburgo.

TEATRO CARLO FELICE - GenovaLA RONDINEDate: dal 9 al 20 novembre 2016La rondine, composta tra il 1913 e il 1915, debuttò con successo al Théâtre de l’Opéra di Montecarlo il 23 marzo 1917. Al Carlo Felice va in scena in un nuovo allestimento affidato a Giorgio Gallione, attore e regista attivo sia nel campo della prosa che della lirica e storico direttore del Teatro dell’Archivolto di Genova.Magda de Civry è una bella ed elegante protagonista della vita mondana della Parigi del Secondo Impero. Ha un protet-tore, il ricco Rambaldo. Ma una sera co-nosce Ruggero, giovane aristocratico ed

è subito colpo di fulmine. Magda si finge una donna di umili origini e si rifugia con lui in Costa Azzurra. Ma quando Rugge-ro ottiene dalla famiglia il permesso di sposarla, Magda non se la sente di ingan-narlo, gli rivela la verità e lo lascia, pur sof-frendone.

TEATRO COSTANZI - Roma TRISTAN UND ISOLDEDate: dal 27 novembre all’11 dicembre 2016 Grandi coproduzioni internazionali, con i maggiori teatri, non solo europei, per of-frire al pubblico l’occasione di conoscere opere raramente eseguite, un capolavoro assoluto del Novecento storico e i grandi melodrammi della tradizione riletti alla luce della contemporaneità. Queste le li-nee guida della prossima stagione 2016-2017 del Teatro dell’Opera di Roma. Tristan und Isolde sarà lo spettacolo inau-gurale del 27 novembre: sul podio del

Costanzi per la prima volta Daniele Gatti, uno dei massimi direttori italiani, inter-prete già molto caro al pubblico romano e che negli ultimi anni ha percorso con te-nacia un’importante carriera internazio-nale. L’allestimento, in coproduzione con il Théâtre des Champs-Élysées di Parigi e il De Nationale Opera di Amsterdam, avrà la regia di Pierre Audi e sarà in scena fino all’11 dicembre.

TEATRO ALLA SCALA - MilanoCOPPÉLIADate: dal 20 dicembre 2016 al 19 gennaio 2017 Con una nuova creazione in prima asso-luta si apre la nuova Stagione di Balletto 2016-2017, affidata al neo direttore del Corpo di Ballo Mauro Bigonzetti. Dieci recite, fra dicembre e gennaio, più la con-sueta Anteprima dedicata ai Giovani per una nuova Coppélia: sedotto dalle atmo-sfere inquietanti e drammatiche del rac-conto di Hoffmann, dal mistero di una bambola meccanica e di un’ossessione fatale, Mauro Bigonzetti declina la ricca partitura di Delibes in un intreccio di il-lusioni, di inganni, di realtà e apparenza, di ricordi e di doppiezza, di turbamento e ambiguità, di occhi e sguardi che confon-dono e che sospingono inesorabilmente verso un punto di non ritorno. Molte sono le versioni coreografiche di questo titolo, nato per il balletto come fa-vola a lieto fine, e documentato alla Scala fin dalla fine dell’Ottocento.

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plus magazine teatro

settembre 2016 | Plus Magazine | RECENSIONI 47

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Alsazia

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il cuoredell’Europa

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di BARBARA OGGERO

MAPPAMONDO

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settembre 2016 | Plus Magazine | MAPPAMONDO 49

La regione dell’Alsazia, la più orientale di Francia, possiede la summa di qualità che caratterizzano quelle terre di confine dominate da diverse parti nel corso dei secoli: francese di carattere e teutonica nello spirito. Una prerogativa questa ormai radicata nel DNA degli abitanti perché quando un alsaziano ti dice di sentirsi français, lo fa con una pronunciata inflessione tedesca insinuata tra l’arrotato della lingua nazionale.

La Petite France (tra i siti patrimonio dell’Unesco) è il quartiere più caratteristico del centro storico di Strasburgo, dove in passato abitavano e lavoravano pescatori, mugnai e conciatori. Le bellissime case in legno a vista risalgono al XVI e XVII secolo. I tetti spioventi proteggono i granai dove un tempo venivano fatte essiccare le pelli.

Folklore alsaziano: danza in costume tipico.

I l confine con la Germania non è lontano: dista una manciata di chilometri dal bellissimo centro storico di Colmar e giornalmente viene attraver-sato dai locali frontalieri, mentre sui picchi più

alti del Parco naturale regionale dei Ballons des Vosges si scorge lo Stato vicino ben prima dell’orizzonte, in una continuità territoriale che vuole ricordarci quanto le linee di demarcazione degli stati siano soprattutto conven-zioni politiche, soggette agli umori degli uomini.

I confini infatti non esistono più: sono virtualmente decaduti in nome dell’Europa unita e proprio nel suo cuore geografico e politico ciò trova una vera ragion d’esse-re. Infatti, come si gira una qualsiasi cartina del nostro Continente è facile notare come l’Alsazia sia posizionata in un centro equidistante dagli estremi cardinali, e

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per questo motivo Strasburgo – il capoluogo – è diventata sede permanente del Parlamento e del Consiglio europeo, organi di governo che hanno comportato cambiamenti di vita e nuovi assetti topografici.

Strasburgo è una piacevole e vivace cittadina, crocevia – in passato come oggi – di culture e identità che si amalgamano, talvolta con qualche difficoltà, tra le stradine e gli ampi viali, i palazzi moderni e le case a graticcio che ne raccontano l’origine e la storia. Il suo nucleo più antico è po-sizionato in un’isola sul fiume Ill, raggiungibile attraverso graziosi ponti che fan provare la sen-sazione di non aver mai lasciato “la terra ferma”. L’antico quartiere Petite France (inserito nel 1988

tra i siti patrimonio dell’Unesco) era un tempo popolato da pescatori, tinto-ri e mugnai, mentre ora piccoli negozi d’artigianato si accompagnano ad al-tri di marche più lussuose, segno del mutare dei tempi. Racchiusa tra vicoli e protetta da basse abitazioni coi tetti svettanti e le soffitte a più piani, spicca la strepitosa Cattedrale di Notre-Dame, la cui costruzione venne iniziata nel 1176 e ultimata solo nel 1439. Edificata in arenaria rossa, le sue facciate sono un vero capolavoro gotico di intrecci, lavorazioni, riproduzioni di santi, an-geli e demoni. La torre raggiunge la ragguardevole altezza di 142 metri e ciò ne fece per un lungo periodo l’edificio più alto al mondo. Dalla terrazza pa-noramica, a 66 metri di altezza, si gode una vista mozzafiato, anche solo per la fatica nel raggiungerla: i gradini da salire sono 330, intervallati da alcune balconate dove tirare il respiro mentre si osserva il cambio di prospettiva sulla città.

Una valida alternativa per conoscere il centro storico è con un giro in bat-tello per i canali, così da poter guardare da una posizione diversa le caratte-

Strasburgo: un bistrot all’aperto sulla sponda di un canale: un ritrovo per turisti e locali nell’ora dell’aperitivo.

Le streghe di Strasburgo: parte dell’iconografia e del folklore locale.

Durante le festività natalizie Strasburgo e l’Alsazia si vestono di luci e decorazioni.

La millenaria Cattedrale di Strasburgo, nel cuore della città vecchia: dalla terrazza panoramica si gode di una

bella vista su tutta la città.

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Le case a graticcio alsaziane, costruite nel Medioevo e capaci di resistere ai terremoti.

Petite Venise di Colmar addobbata di fiori colorati e profumati.

Il pan di zenzero, prodotto gastronomica alsaziano, esportato e venduto in tutto il mondo.

ristiche case del XV-XVI secolo affacciate direttamente sull’acqua, passare accanto alle chiuse e veder aprire i ponti pedonali per consentire il passag-gio della barca. In questo modo si raggiungono anche i più lontani Ponts-Couverts, i ponti medievali coperti e collegati da una torre di guardia dello stesso periodo. L’alternativa per godere di questo suggestivo scorcio urbano è passeggiare brevemente lungo il fiume e raggiungere la nuova Terrasse Pa-noramique, fermandosi quanto si desidera e immaginare così di esser tor-nati indietro nel tempo.

Altrettanto famosa, soprattutto a dicembre quando coi mercatini di Natale si trasforma in un idilliaco sogno di lucine, profumi e bancarelle, Colmar è la città dell’Alsazia che attira il maggior numero di visitatori e nella classifica nazionale si posiziona al settimo posto. Senza dubbio è un piccolo gioiello di edifici originali e ben conservati. Ciò che colpisce infatti sono le case a gratic-cio che compongono l’antico centro storico e ne fanno un grandioso museo

a cielo aperto. Molte abitazioni sono datate in-torno al XIV-XVI secolo e ciascuna pare diversa dalle altre per i disegni geometrici che le travi di legno scuro disegnano per sorreggere lo strato di paglia e fango essiccati che compongono i muri. Guardandole si ha una sensazione di morbidezza e – complici anche i decisi colori pastello dell’in-tonaco – di biscottoso, come fossero dei dolcetti al pan di zenzero. Sarà anche la posizione stor-ta, ripiegata su loro stesse, assunta da alcune nel tempo, a dare l’idea di soffice; invece si tratta solo di una conseguenza della tecnica di costruzione, pensata per far resistere gli edifici alle scosse di terremoto.

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In realtà l’area non è stata interessata di recente da attività sismica, ma l’idea di preservare la città dalla distruzione fu uno dei punti cardine della stessa costruzione, e godendola oggi, a distanza di secoli, pare che tale procedimento sia stato ricompensato perché scorrendo i libri di storia e guardando le abitazioni intatte vien quasi da urlare al miracolo. Più volte contesa tra franco-tedeschi, le battaglie per la conquista dell’Alsazia si sono consumate tutt’attorno, risparmiando

fortunatamente Colmar dalla devastazione, che invece colpì alcuni centri vicini.

Sicuramente pensata in un’ottica turistica, la zona denominata Petite Venise merita una visi-ta per il susseguirsi incantevole di ponti e canali, che in ogni stagione dell’anno dispensano gran-de bellezza. In questo distretto i fiori, un vero decoro urbano per tutta la cittadina, abbondano dai davanzali e dalle balaustre sul canale, stori-ca fonte vitale della comunità. Anche qui vale la pena concedersi un giro in barca per esplorarne una parte, infilandosi nel verde della boscaglia e raggiungendo angoli bucolici carichi di fascino.

Di fronte a tanta bellezza si corre però il rischio di perdere i particolari. In-vece bisogna soffermarsi e rendersi conto che sono proprio questi a rendere grande l’insieme. Le insegne sono una vera chicca: in ferro battuto indicano l’esercizio commerciale con chiarezza ed eleganza; i balconi sono un’esplo-sione di oggetti disposti ad arte; i nidi di cicogne sui tetti raccontano dell’a-nimale simbolo della regione e di come sia diventato stanziale trovando qui caldi ripari per l’inverno costruiti apposta dall’uomo.

E se poi lasciando la città in direzione nord si pensa d’avere un miraggio perché viene avvistata la Statua della Libertà proprio al centro di una roton-da, non c’è da preoccuparsi: è vera! Si tratta ovviamente di una copia della più celebre newyorkese, ma occupa un posto di riguardo nell’iconografia cittadina poiché il suo ideatore, Frédéric Auguste Bartholdi, nacque qui e la sua casa – ora museo – è aperta ai visitatori.

Entrando anche solo nel cortile della casa di Bartholdi si comprende quanto Colmar sia sempre stata una città laboriosa e ricca, di estrazione borghese, che in passato chiudeva nottetempo le sue porte ai non residenti, ma che oggi – proprio in quelle ore, quando si svuota dai pullman dei turisti – re-gala serenità e un senso di benessere a chi la vuole conoscere in silenzio e con una luce diversa.

Non solo per le città però è famosa l’Alsazia, tra i suoi prodotti tipici sono contemplati il pan d’épice, a cui è dedicato un piccolo e grazioso museo a Gertwiller, e un ottimo vino Pinot prodotto nei vigneti della rinomata Stra-da dei Vini. La strada si snoda su un crinale di colline verdi che corrono pa-

Le pittoresche insegne dei negozi nella florida strada dei vini.

In navigazione sul canale che attraversa Colmar si possono scoprire angoli bucolici.

Copia della Statua della Libertà sulla strada per Colmar progettata da Frédéric Auguste Bertholdi, originario della

cittadina alsaziana.

Il cortile della casa di Frédéric Auguste Bertholdi, oggi museo aperto al pubblico.

La cicogna è un’icona dell’Alsazia: grazie a un sistema di ricovero invernale, è diventato un animale stanziale

della zona.

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rallele all’autostrada tra Strasburgo e Mulhouse, e la sinuosità di salite e discese sono un gran pia-cere per gli amanti delle due ruote. Della motoci-cletta ma anche della bicicletta, perché da queste parti il turismo ciclistico è in espansione e i 120 chilometri del percorso si possono affrontare in un week end lungo, fermandosi dopo ogni curva per ammirare il panorama bucolico.

Strade e stradine salgono costeggiando alberi e vitigni per poi scendere in pianure che sono falsi piani. Grandi crocifissi si ergono tra l’erba e la ter-ra rivoltata, a indicare un tipo diverso di presidio vinicolo, e il Cristo morente che si staglia nel cielo conferisce un fascino potente al luogo. Villaggi dal nome innegabilmente tedesco, che tradiscono origini lontane e conflitti recenti, si susseguono come perle di una collana: sono piccoli angoli di benessere, tranquilli e fuori dal tempo. Le sempre presenti case a graticcio, coloratissime, sembrano quelle di una favola; i negozi sono piccole bouti-que, di dolci, di fiori, di souvenir, in una conce-zione di campagna chic davvero affascinante.

Di carattere diverso è invece Mittelbergheim, la

cittadina consacrata soprattutto alla degustazione del vino. Una serie di cantine sono aperte al pubblico per assaggiare e acquistare il nettare divino: c’è solo l’imbarazzo della scelta! Le viti di questa zona sono sette: sei sono di uva bianca e solo una di rossa. Il vino prodotto è il Pinot e per conoscere la storia che l’ha portato su queste pendici francesi bisogna andare nel XVI secolo alla campagna d’Ungheria, da dove il comandante alsaziano Lazare de Schwendi portò la pianta. La varietà della vigna è il Tokaij, nome man-tenuto sino a pochi anni or sono e ora rimosso in seguito a un’esclusività accordata dalla comunità europea alla sola nazione magiara.

Anche l’ospitalità ha un sapore particolare. L’intera strada è costellata di hotel dallo charme innegabile perché ricavati in abitazioni d’epoca fine-mente ristrutturate. Soggiornare significa vivere un’esperienza particolare, con la comodità e gli agi dei tempi moderni. A Bergheim, cittadina amena a metà del percorso, si trova l’hotel La Cour du Bailli, appena oltre le porte della città. Soggiornarvi significa anche scoprire cosa si cela dietro quelle facciate tanto caratteristiche: alcuni grandi cortili si susseguono e le stanze si affacciano su di essi; pozzi in disuso e vecchi attrezzi connotano l’origine agricola, mentre una cantina e un ristorante ricercato soddisfano le papille gustative con specialità della zona, in un mix che parla lingue e gusti vicini ma di origini diverse.

Lungo la strada dei vini, degli imponenti crocifissi indicano la proprietà dei vigneti.

Le medievali porte cittadine retaggio storico ed emblema dei villaggi che si snodano lungo la strada dei vini.

Il museo del pan di zenzero a Gertwiller, lungo la bucolica strada dei vini.

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36 Copertina 4 Carlo Petrini: voler bene alla terra teCnoFUtUro 10 Alan B. Krueger: tecnologia e “futuro del lavoro” protagonisti 14 Guido Emilio Tonelli: una storia, un uomo, uno scienziato 18 Nino d’Angelo: Napoli e la musica ospiti 22 A colazione con... Laura Giardino protagonisti 24 Ambra Gatto Bergamasco: la regina del butoh neWs 28 Un campo di calcio per la Cina eventi 30 A caccia del Leone d’Oro: 73ª Mostra del Cinema di Venezia 32 L’Acquario di Genova compie 25 anni MoDa 34 Autunno = Allegria! eMoZioni tra arte, CineMa e LiBri 40 Marc Chagall al Forte di Bard reCensioni 42 Film, libri, musica, mostre, teatro MappaMonDo 48 Alsazia il cuore dell’Europa 55 ConvenZioni naZionaLi

iDee e serviZi 60 Sirt: per sentirti a casa mentre progetti la tua casa 62 Lasciatevi condizionare 365 giorni l’anno 64 Lo svago formato famiglia si chiamerà Le Soleil 66 Casa dei Nonni: una piacevole atmosfera 68 Ristorante il Mercante: il paradiso in tavola MeDiCina e saLUte 70 Strumentazioni innovative e specialisti qualificati: la risposta IRM alle patologie della vista 72 DNA e prevenzione: il cibo come terapia del terzo millennio 76 La presbiopia non si può prevenire, ma si può curare 78 L’eccellenza nella chirurgia mininvasiva del piede CoMUniCaZione e iMMagine 80 Un settembre di arte in location esclusive 81 Fondazione Università Popolare di Torino: “una mole di cultura” alla portata di tutti 82 Atena informatica soluzioni innovative per le aziende 83 W la scuola… se la scuola è l’Istituto Faà di Bruno! 84 Italiano: il fascino della nostra lingua 85 ConFerenZe e Corsi 86 visite gUiDate e gite 88 spettaCoLi 89 ConvenZioni territoriaLi 92 gLi esperti risponDono 96 La paroLa ai Lettori

S O M M A R I O

Torino: vivere la città

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Voler bene alla terraCARLO PETRINI

PLUS MAGAZINE36

Periodico dell’Associazione FABI Plus per la cultura e il tempo liberoPubblicazione trimestrale Numero XXXVI- settembre 2016

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TORINO:

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IN QUESTO NUMERO

ALAN B. KRUEGERTECNOLOGIA E FUTURO DEL LAVORO

GUIDO EMILIO TONELLIUNA STORIA, UN UOMO UNO SCIENZIATO

NINO D’ANGELONAPOLI E LA MUSICA

AMBRA GATTO BERGAMASCOLA REGINA DEL BUTOH

ALSAZIAIL CUORE DELL’EUROPA

L’ACQUARIO DI GENOVACOMPIE 25 ANNI