vladimir nabokov, insegnante di letteratura (the new york review of books) - la repubblica...

2
C apitai nel corso Lit 311 all’ini- zio del mio secondo anno alla Cornell, nel settembre 1954. Non avevo alcun interesse per la letteratura europea o la let- teratura in genere: ero semplicemente al- la ricerca di un corso che si tenesse lunedì, mercoledì e venerdì mattina, così da non dover frequentare alcun corso di sabato. “Letteratura” oltretutto soddisfaceva uno dei requisiti obbligatori per laurearsi. Il nome ufficiale del corso era “Lettera- tura europea del XIX secolo”, ma ufficio- samente era chiamato Dirty Lit (lettera- tura oscena) dal Cornell Daily Sun, per- ché si occupava di adulterio in  Anna K a- renina e  Madame B ovary . Il docente era Vladimir Nabokov, un esule russo. Alto circa un metro e ottanta e quasi del tutto calvo, se ne stava con un portamento aristocratico sul palco della sala conferenze di Goldwin Smith. Di fronte a lui sul palco c’era sua moglie Ve- ra, con i capelli bianchi, che egli presentò soltanto come “l’assistente del mio cor- so”. Fin dalla prima lezione fece intende- re di avere scarso interesse a fraternizza- re con gli studenti, che sarebbero stati identificati non col cognome, ma con il numero del posto a sedere occupato. Il mio era il 121. Disse che l’unica regola da rispettare era che non potevamo abban- donare la lezione senza prescrizione del medico, neppure per servirci del bagno. Descrisse i requisiti che esigeva per la lettura dei libri assegnati. Disse che non dovevamo sapere nulla del loro contesto storico e che in nessun caso avremmo do- vuto identificarci con uno dei personag- gi, perché i romanzi sono opere di pura invenzione. Gli scrittori, continuò, han- no un unico scopo, uno solo: affascinare il lettore. Di conseguenza tutto quello che ci serviva per apprezzarli, a parte un di- zionario tascabile e una buona memoria, era la nostra colonna vertebrale. Ci ga- rantì che gli scrittori che aveva scelto — Lev Tolstoj, Nikolai Gogol, Marcel Proust, James Joyce, Jane Austen, Franz Kafka, Gustave Flaubert, e Robert Louis Steven- son — avrebbero prodotto un formicolio che saremmo stati in grado di percepire fin nella nostra colonna vertebrale. Così il corso ebbe inizio. Purtroppo, di- stratto da abbuffate, gite al lago, cinema, appuntamenti nei corridoi e altre sedu- zioni locali di Ithaca, non feci in tempo a leggere niente di  Anna Karenin a prima che Nabokov ci assegnasse un test a sor- presa. Consisteva nello scrivere il se- © RIPRODUZIONE RISERVATA NABOKOV NEL 1954 L’AUTORE DI “LOLITA” TENEVA UN CORSO DI LETTERATURA. DA ANNA KARENINA A MADAME BOVARY Il ciclo era dedicato agli scrittori europei del XIX secolo. Ma molti lo definivano “dirty lit” perché si occupava di argomenti osceni EDWARD JAY EPSTEIN L’eroina di Tolstoj Qui sopra, Vivien Leigh nel film che Julien Duvivier trasse nel 1948 da “Anna Karenina”. Nel racconto di Epstein il film serve a dar corpo a una delle intuizioni di Nabokov, quella per cui uno scrittore genera nei lettori immagini che vanno oltre le parole di un romanzo  Vladimir Nabokov in un disegno di Tullio Pericoli QUELLE LEZIONI SUL FASCINO DELL’ADULTERIO caso, dato che presumibilmente ero sta- to l’unico ad affrontare quell’esame a conferma della sua teoria, descrivendo ciò che nel libro non c’era, e dato che a quanto pareva del film di Duvivier egli non sapeva nulla, non solo mi diede l’e- quivalente in cifre di un “A” [un 30/30,  NdT ], ma mi offrì anche un lavoretto, di un giorno solo alla settimana, come “as- sistente ausiliario al corso”. Sarei stato pagato dieci dollari alla settimana. Stra- namente, il mio lavoro aveva a che vede- re con i film. Ogni mercoledì cambiava la programmazione dei quattro cinema in centro a Ithaca che Nabokov chiamava “il vicino vicino”, “il vicino lontano”, “il lon- ciuto samovar di rame alle due bianche colombe che in pratica nidificano sulla sua testa. Soltanto dopo l’esame venni a sapere che molti dei dettagli del film che avevo descritto non erano presenti nel li- bro. Evidentemente, il regista Julien Du- vivier aveva avuto alcune idee tutte sue. Di conseguenza, quando Nabokov chie- se al “numero 121” di recarsi nel suo uffi- cio dopo la lezione, mi aspettai di aver fal- lito o di essere cacciato da Dirty Lit . Ciò di cui non avevo tenuto conto era la teoria di Nabokov secondo cui i grandi scrittori creano immagini nelle menti dei loro lettori che vanno molto oltre ciò che descrivono a parole nei loro libri. In ogni guente componimento: «Descrivete la stazione ferroviaria nella quale Anna in- contrò per la prima volta Vronskij».  All’inizio mi sent ii fortemente in diffi- coltà, perché non avendo letto il libro non avevo idea di come Tolstoj avesse descrit- to la stazione. Ricordavo però la stazione che si vedeva nel film del 1948 nel quale recitava Vivian Leigh. Giacché ho una specie di memoria eidetica, riuscii a vi- sualizzare una Leigh dall’aspetto vulne- rabile che vagava per la stazione in un abi- tonero,evolendoriuscire nell’esame,de- scrissi con grande precisione tutto ciò che si vedeva nel film, dall’ambulante barbu- to che vende tè portando in giro un pan- tano vicino” e “il lontano lontano”. Il mio compito, che implicava di spendere buo- na parte del mio salario settimanale, con- sisteva nel vedere tutti i quattro film ap- pena usciti al mercoledì e al giovedì, e nel riferirgli brevemente in merito il venerdì mattina. Disse che tenuto conto che ave- va tempo per vedere un unico film, il mio briefing lo avrebbe aiutato a decidere quale andare a vedere, se mai ci fosse an- dato. Era il lavoro perfetto per me: sarei stato pagato per andare al cinema. Nei due mesi seguenti filò tutto liscio.  Avevo recuperato l’arretrato dei libri da leggere, e mi piacevano molto gli appuntamenti del ve- nerdì mattina con Nabokov nel suo ufficio al secondo piano di Goldwin Smith. Quantun- que di rado supe- rassero i cinque minuti, erano suf- ficienti a farmi in- vidiare dagli altri studenti di Dirty Lit . Di solito Vera se ne stava seduta dirimpetto a lui, dall’altrolatodella sua scrivania, dandomi l’im- pressione di aver interrotto un loro prolungato ap- puntamento di studio. La mia ro- vina arrivò subito dopo la sua lezio- ne sulle Anime morte di Gogol. Il giorno prima avevo assistito a La donna di picche , un film britannico del 1949 basato sul racconto del 1833 di  Alexander Pushkin. Era la storia di un uf- ficiale russo che, smanioso di vincere a carte, provocava la morte di un’anziana contessa russa nel tentativo di carpire il suo metodo segreto per scegliere le carte al gioco del faro. Nabokov pareva poco in- teressato a quanto gli raccontavo della trama, che doveva conoscere bene, ma drizzò la testa non appena conclusi di- cendo che il film mi ricordava le Anime morte . Anche Vera si voltò a fissarmi. Guardandomi insistentemente egli mi chiese: «Perché lo pensi?». Mi resi conto all’istante di aver fatto un’osservazione collegata, a quanto pa- re, a un’idea che doveva aver avuto lui o che stava ancora mettendo a fuoco al ri- guardo di quei due scrittori russi. A quel punto avrei dovuto andarmene dal suo ufficio, accampando la scusa di dover ri- flettere maggiormente sulla sua doman- da. Invece, in modo patetico, risposi: «So- no entrambi russi». Lasciò cadere gli oc- chi e Vera si rigirò per guardarlo in volto.  Anche se il mio incarico si protrasse di molte altre settimane, non fu più la stessa cosa. Traduzione di Anna Bissanti FromThe New York Review of Books. Copyright © 2013 by Edward Jay Epstein Era inutile, diceva sempre, conoscere il contesto storico dei narratori. I romanzi ai suoi occhi erano opere di pura invenzione I l p r o f e ssor  Giulio Guidorizzi Il compagno dell’anima  I Greci e il sogno

Upload: glisfogliati

Post on 03-Apr-2018

220 views

Category:

Documents


0 download

TRANSCRIPT

Page 1: Vladimir Nabokov, Insegnante Di Letteratura (the New York Review of Books) - La Repubblica 19.04.2013

7/28/2019 Vladimir Nabokov, Insegnante Di Letteratura (the New York Review of Books) - La Repubblica 19.04.2013

http://slidepdf.com/reader/full/vladimir-nabokov-insegnante-di-letteratura-the-new-york-review-of-books 1/1

Capitai nel corso Lit 311 all’ini-

zio del mio secondo anno allaCornell, nel settembre 1954.Non avevo alcun interesse perla letteratura europea o la let-

ra in genere: ero semplicemente al-rca di un corso che si tenesse lunedì,

oledì e venerdì mattina, così da nonfrequentare alcun corso di sabato.ratura” oltretutto soddisfaceva unoquisiti obbligatori per laurearsi.ome ufficiale del corso era “Lettera-uropea del XIX secolo”, ma ufficio-nte era chiamato Dirty Lit (lettera-scena) dal Cornell Daily Sun, per-occupava di adulterio in Anna Ka-

a e Madame Bovary .ocente era Vladimir Nabokov, unrusso. Alto circa un metro e ottantasi del tutto calvo, se ne stava con unmento aristocratico sul palco dellaonferenze di Goldwin Smith. Di

e a lui sul palco c’era sua moglie Ve-n i capelli bianchi, che egli presentònto come “l’assistente del mio cor-

n dalla prima lezione fece intende-vere scarso interesse a fraternizza-

n gli studenti, che sarebbero statificati non col cognome, ma con ilro del posto a sedere occupato. Ilra il 121. Disse che l’unica regola datare era che non potevamo abban-e la lezione senza prescrizione del

co, neppure per servirci del bagno.scrisse i requisiti che esigeva per laa dei libri assegnati. Disse che non

vamo sapere nulla del loro contestoo e che in nessun caso avremmo do-dentificarci con uno dei personag-rché i romanzi sono opere di purazione. Gli scrittori, continuò, han-

unico scopo, uno solo: affascinarere. Di conseguenza tutto quello che

viva per apprezzarli, a parte un di-rio tascabile e una buona memoria,nostra colonna vertebrale. Ci ga-

che gli scrittori che aveva scelto —olstoj, Nikolai Gogol, Marcel Proust,

Joyce, Jane Austen, Franz Kafka,ve Flaubert, e Robert Louis Steven-

— avrebbero prodotto un formicolioaremmo stati in grado di percepirella nostra colonna vertebrale.sì il corso ebbe inizio. Purtroppo, di-

o da abbuffate, gite al lago, cinema,ntamenti nei corridoi e altre sedu-ocali di Ithaca, non feci in tempo a

re niente di Anna Karenina primaabokov ci assegnasse un test a sor- Consisteva nello scrivere il se-

© RIPRODUZIONE R

NABOKOV

L 1954 L’AUTORE DI “LOLITA” TENEVA UN CORSO DI LETTERATURA. DA ANNA KARENINA A MADAME BOVA

clo era dedicato agliittori europei del XIXolo. Ma molti lo definivanorty lit” perché si occupavargomenti osceni

ARD JAY EPSTEIN

L’eroina di Tolstoj

Qui sopra, Vivien Leigh nel filmche Julien Duvivier trasse nel1948 da “Anna Karenina”. Nelracconto di Epstein il filmserve a dar corpo a una delleintuizioni di Nabokov, quellaper cui uno scrittore generanei lettori immagini che vannooltre le parole di un romanzo

 VladimirNabokovin un disegnodi TullioPericoli

QUELLE LEZIONISUL FASCINODELL’ADULTERIO

caso, dato che presumibilmente ero sta-to l’unico ad affrontare quell’esame aconferma della sua teoria, descrivendociò che nel libro non c’era, e dato che aquanto pareva del film di Duvivier eglinon sapeva nulla, non solo mi diede l’e-quivalente in cifre di un “A” [un 30/30,

 NdT ], ma mi offrì anche un lavoretto, diun giorno solo alla settimana, come “as-sistente ausiliario al corso”. Sarei statopagato dieci dollari alla settimana. Stra-namente, il mio lavoro aveva a che vede-re con i film. Ogni mercoledì cambiava laprogrammazione dei quattro cinema incentro a Ithaca che Nabokov chiamava “ilvicino vicino”, “il vicino lontano”, “il lon-

ciuto samovar di rame alle due bianchecolombe che in pratica nidificano sullasua testa. Soltanto dopo l’esame venni asapere che molti dei dettagli del film cheavevo descritto non erano presenti nel li-bro. Evidentemente, il regista Julien Du-vivier aveva avuto alcune idee tutte sue.Di conseguenza, quando Nabokov chie-se al “numero 121” di recarsi nel suo uffi-cio dopo la lezione, mi aspettai di aver fal-lito o di essere cacciato da Dirty Lit .

Ciò di cui non avevo tenuto conto era lateoria di Nabokov secondo cui i grandiscrittori creano immagini nelle menti deiloro lettori che vanno molto oltre ciò chedescrivono a parole nei loro libri. In ogni

guente componimento: «Descrivete lastazione ferroviaria nella quale Anna in-contrò per la prima volta Vronskij».

 All’inizio mi sentii fortemente in diffi-coltà, perché non avendo letto il libro nonavevo idea di come Tolstoj avesse descrit-to la stazione. Ricordavo però la stazioneche si vedeva nel film del 1948 nel qualerecitava Vivian Leigh. Giacché ho unaspecie di memoria eidetica, riuscii a vi-sualizzare una Leigh dall’aspetto vulne-rabile che vagava per la stazione in un abi-to nero, e volendo riuscire nell’esame, de-scrissi con grande precisione tutto ciò chesi vedeva nel film, dall’ambulante barbu-to che vende tè portando in giro un pan-

tano vicino” e “il lontano lontano”. compito, che implicava di spenderena parte del mio salario settimanalesisteva nel vedere tutti i quattro filmpena usciti al mercoledì e al giovedìriferirgli brevemente in merito il vemattina. Disse che tenuto conto cheva tempo per vedere un unico film, briefing  lo avrebbe aiutato a decquale andare a vedere, se mai ci fossdato. Era il lavoro perfetto per me:stato pagato per andare al cinema.

Nei due mesi seguenti filò tutto l Avevo recuperato l’arretrato dei lib

leggere, e mi piacevano mgli appuntamenti d

nerdì mattinaNabokov ne

ufficio al secpiano di GolSmith. Quanque di rado srassero i ciminuti, eranficienti a farmvidiare daglistudenti diLit . Di solitose ne stava sedirimpetto dall’altro latosua scri vadandomi pressione diinterrotto unprolungatopuntamentstudio. La mvina arrivò s

dopo la sua lne sulle Anime m

di Gogol.Il giorno prima avevo assistito

donna di picche , un film britannic1949 basato sul racconto del 183 Alexander Pushkin. Era la storia di uficiale russo che, smanioso di vinccarte, provocava la morte di un’ancontessa russa nel tentativo di carpsuo metodo segreto per scegliere leal gioco del faro. Nabokov pareva poteressato a quanto gli raccontavo trama, che doveva conoscere bendrizzò la testa non appena conclucendo che il film mi ricordava le Amorte . Anche Vera si voltò a fissGuardandomi insistentemente egchiese: «Perché lo pensi?».

Mi resi conto all’istante di averun’osservazione collegata, a quantre, a un’idea che doveva aver avutoche stava ancora mettendo a fuocoguardo di quei due scrittori russi. Apunto avrei dovuto andarmene daufficio, accampando la scusa di dovflettere maggiormente sulla sua doda. Invece, in modo patetico, risposno entrambi russi». Lasciò cadere gchi e Vera si rigirò per guardarlo in  Anche se il mio incarico si protramolte altre settimane, non fu più la s

cosa.Traduzione di Anna Bis

From The New York Review of B

Copyright © 2013 by EdwarEp

Era inutile, diceva sempre,conoscere il contesto storicodei narratori. I romanziai suoi occhi erano operedi pura invenzione

Il professor 

Giulio Guidorizzi

Il compagnodell’anima I Greci e il sogno