vivarte n°7

20
Storia Distribuita in tre sedi espositive, che completano il nucleo principale di opere esposte presso la "Galleria d'Arte Contemporanea Osvaldo Licini" di Ascoli Piceno, la rassegna dedicata a Gaetano Carboni curata da Floriano De Santi rappresenta una uti- le occasione per meglio conoscere un artista marchigiano che, nonostante la sua partecipazione a numerose rasse- gne nazionali di grande prestigio, ancora non gode della notorietà che I ritmi lineari sospesi e poetici di Gaetano Carboni di Stefano Papetti PERIODICO SEMESTRALE DELL’ASSOCIAZIONE CULTURALE “L’ARTE IN ARTE” URBINO copia gratuita Arte, letteratura, musica e scienza ANNO V N. 7 2011 Letteratura Anna T. Ossani: letteratura come reinvenzione di cosmicità di Maria Lenti pag. 3 Alessandro Serpieri botanico di Giovanna Giomaro pag. 4 Lingue e luoghi contemporanei di Manuel Cohen pag. 7 Il taccuino urbinate di Alberto Calavalle di Mirco Ballabene pag. 7 Urbino, cultura memoria di Francesco Colocci ed Ermanno Torrico pag. 8 Giuseppe Garibaldi e Urbino di Alberto Berardi pag. 13 Arte Il dinamismo di Boccioni e di Pardo. Il "Monumento Nazionale delle Marche" di Castelfidardo di Andrea Carnevali pag. 14 Moenia et mores di Filippo Venturini pag. 16 Cottaterra di Emanuela Mencarelli e Michela Minotti pag. 18 merita. Si tratta infatti di una opportu- nità imperdibile per ripercorrere l'in- tenso itinerario artistico di Carboni che, pur avendo scelto di vivere in pro- vincia, ha saputo sintonizzarsi su una lunghezza d'onda di ampio respiro, interpretando nelle sue opere quelle tensioni morali e sociali che hanno caratterizzato il XX secolo per appro- dare oggi ad un linguaggio che, depu- rato da ogni forma di parossismo espressionista, traduce in ritmi lineari sospesi e attraverso una scelta cromati- ca filtrata e sensibile al dato luministi- co un approccio surreale pregno di valori poetici. Ascoli Piceno, la città di origine dell'artista, compare con i suoi monumenti in molte delle opere recenti di Carboni a fare da sfondo alle gentili immagini dei "Profeti" o di "Sant'Emidio" che sembrano galleg- giare in una atmosfera rarefatta, allac- ciati ad un filo sottile contro sfondi campiti di lilla o di azzurro-giacinto nei quali rilucono come stelle i piccoli cristalli che il pittore utilizza per dare risalto alle sue composizioni. Il colore è spesso trattato con una tec- nica pointilliste che crea delle sugge- stive vibrazioni atmosferiche consen- tendoci di conoscere un mondo onirico che già Enrico Crispolti aveva definito come approccio parasurreale, caratte- rizzato da una fantasia più libera e spi- gliata rispetto al Surrealismo storico. Le visioni dedicate al volo della Galleria Arte Villa Picena, organizza- trice dell'evento, i "Giardini dell'Eden" presentati presso la Galleria Insieme ed i "Profeti della città" esposti da feb- braio alla Galleria L'Idioma segnano le altre tappe di un percorso carboniano che si snoda attraverso le istituzioni culturali pubbliche e private di Ascoli Piceno, facendoci conoscere in modo completo quanto Carboni ha realizzato nell'arco di cinquanta anni di attività. Stefano Papetti, è Direttore delle Raccolte Comunali di Ascoli Piceno. Docente di storia dell'arte moderna presso il corso per operatori dei beni culturali dell'Università di Macerata, è dal 1996 vicepresidente Regionale del Fondo Ambiente Italiano e Direttore del Centro Studi sui Giochi Storici. E' Socio Onorario dell'Associazione per le Dimore Storiche Italiane e membro dell'Accademia Marchigiana di Lettere, Scienze ed Arti. Autore di monografie e molti saggi ed articoli relativi all'arte marchigiana dal XIV al XIX secolo, apparsi su prestigiose riviste (Paragone, Notizie da Palazzo Albani, FMR), ha svolto negli ultimi anni un'intensa attività nell'organizzazione di alcune importanti mostre. Con "La scultura lignea nelle Marche" ha vinto il premio Frontino- Montefeltro nel 2000.

Upload: susanna-galeotti

Post on 10-Mar-2016

228 views

Category:

Documents


2 download

DESCRIPTION

PERIODICO SEMESTRALE DELL’ASSOCIAZIONE CULTURALE “L’ARTE IN ARTE” URBINO

TRANSCRIPT

Page 1: VIVARTE N°7

Storia

Distribuita in tre sedi espositive, checompletano il nucleo principale diopere esposte presso la "Galleriad'Arte Contemporanea OsvaldoLicini" di Ascoli Piceno, la rassegnadedicata a Gaetano Carboni curata daFloriano De Santi rappresenta una uti-le occasione per meglio conoscere unartista marchigiano che, nonostante lasua partecipazione a numerose rasse-gne nazionali di grande prestigio,ancora non gode della notorietà che

I ritmi lineari sospesi e poetici di Gaetano Carboni

di Stefano Papetti

PERIODICO SEMESTRALE DELL’ASSOCIAZIONE CULTURALE “L’ARTE IN ART E” URBINO co pia gratuita

Arte, letteratura, musica e scienza ANNO V N. 7 2011

Letteratura

Anna T. Ossani: letteratura come

reinvenzione di cosmicità di Maria Lenti

pag. 3

Alessandro Serpieribotanico

di Giovanna Giomaropag. 4

Lingue e luoghi contemporanei

di Manuel Cohenpag. 7

Il taccuino urbinate diAlberto Calavalledi Mirco Ballabene

pag. 7

Urbino, cultura memoriadi Francesco Colocci ed

Ermanno Torrico pag. 8

Giuseppe Garibaldi eUrbino

di Alberto Berardi pag. 13

Arte

Il dinamismo di Boccioni e di Pardo.

Il "Monumento Nazionaledelle Marche"

di Castelfidardo di Andrea Carnevali

pag. 14

Moenia et moresdi Filippo Venturini

pag. 16

Cottaterradi Emanuela Mencarelli e

Michela Minottipag. 18

merita. Si tratta infatti di una opportu-nità imperdibile per ripercorrere l'in-tenso itinerario artistico di Carboniche, pur avendo scelto di vivere in pro-vincia, ha saputo sintonizzarsi su unalunghezza d'onda di ampio respiro,interpretando nelle sue opere quelletensioni morali e sociali che hannocaratterizzato il XX secolo per appro-dare oggi ad un linguaggio che, depu-rato da ogni forma di parossismoespressionista, traduce in ritmi lineari

sospesi e attraverso una scelta cromati-ca filtrata e sensibile al dato luministi-co un approccio surreale pregno divalori poetici. Ascoli Piceno, la città diorigine dell'artista, compare con i suoimonumenti in molte delle opererecenti di Carboni a fare da sfondo allegentili immagini dei "Profeti" o di"Sant'Emidio" che sembrano galleg-giare in una atmosfera rarefatta, allac-ciati ad un filo sottile contro sfondicampiti di lilla o di azzurro-giacintonei quali rilucono come stelle i piccolicristalli che il pittore utilizza per darerisalto alle sue composizioni.Il colore è spesso trattato con una tec-nica pointilliste che crea delle sugge-stive vibrazioni atmosferiche consen-tendoci di conoscere un mondo oniricoche già Enrico Crispolti aveva definitocome approccio parasurreale, caratte-rizzato da una fantasia più libera e spi-gliata rispetto al Surrealismo storico. Le visioni dedicate al volo dellaGalleria Arte Villa Picena, organizza-trice dell'evento, i "Giardini dell'Eden"presentati presso la Galleria Insiemeed i "Profeti della città" esposti da feb-braio alla Galleria L'Idioma segnano lealtre tappe di un percorso carbonianoche si snoda attraverso le istituzioniculturali pubbliche e private di AscoliPiceno, facendoci conoscere in modocompleto quanto Carboni ha realizzatonell'arco di cinquanta anni di attività.

Stefano Papetti, è Direttore delle RaccolteComunali di Ascoli Piceno. Docente di storiadell'arte moderna presso il corso per operatoridei beni culturali dell'Università di Macerata,è dal 1996 vicepresidente Regionale delFondo Ambiente Italiano e Direttore delCentro Studi sui Giochi Storici. E' SocioOnorario dell'Associazione per le DimoreStoriche Italiane e membro dell'AccademiaMarchigiana di Lettere, Scienze ed Arti.Autore di monografie e molti saggi ed articolirelativi all'arte marchigiana dal XIV al XIXsecolo, apparsi su prestigiose riviste(Paragone, Notizie da Palazzo Albani, FMR),ha svolto negli ultimi anni un'intensa attivitànell'organizzazione di alcune importantimostre. Con "La scultura lignea nelleMarche" ha vinto il premio Frontino-Montefeltro nel 2000.

Page 2: VIVARTE N°7

2

Carlo Melloni è nato e risiede ad Ascoli.Si occupa di arte moderna e contempora-nea dal 1955. Ha scritto numerosi testiintroduttivi a mostre individuali e ha cura-to mostre collettive di rilievo. Tra queste,"Arte astratta nelle Marche" (Ascoli 1985,Civica Galleria d'Arte Contemporanea) ela grande - per qualità e numero di opere -antologica di Osvaldo Licini (Ascoli 1988,Palazzo dei Capitani del Popolo). Ha col-laborato e collabora intensamente a quoti-diani e riviste d'arte. Ha fatto parte di giurie di rassegne e con-corsi artistici nazionali.

Si è chiusa da poco, alla CivicaGalleria d'Arte Contemporanea"Osvaldo Licini" di Ascoli Piceno, unavasta mostra antologica del pittoreottantaduenne Gaetano Carboni.Sessanta opere documentano l'operosopercorso dell'artista ascolano. L'indicedei titoli tematici dell'itinerario artisti-co di Gaetano Carboni, dopo un primoquindicennio di esperienze figurative,espressioniste e astratto-geometriche,denuncia una predilezione dell'artistaascolano per il recupero di personaggiche tra storia e metastoria hannoormai acquisito una dimensione mito-logica. Un recupero, peraltro, filtratoda un'aura poetica che priva queglistessi personaggi dei sovraccarichidrammatici che la tradizione gli attri-buisce e li deposita - con qualche ecce-zione - in una sorta di eden purificato-re. E' il caso della serie di dipinti chedal 1970 al 1972 dedica a “Icaro”,dove il dramma finale dell'aeronautanon è documentato, ma dove, signifi-cativamente, come stimmata identita-ria di questo percorso a ritroso nel tem-po, l'incipit è un autoritratto dello stes-so artista. E' evidente che Carboniindividua il suo alter ego in Icaro, unidealista che s'immagina di evaderedalla terrestrità per entrare nel mondodi utopia. Poiché Carboni conoscebenissimo l'esito di questo sogno,omaggia Icaro di un gruppo di dipintiin cui appaiono giardini sontuosi, simi-li ad acquari luminescenti doviziosi dicolori, di atmosfere surreali. Ma inprecedenza, le scorribande dell'artistanei siti dell'imponderabile si eranoesercitate (1966-1969) a scovare“Presenze totemiche”, costruite inchiave metafisica, con echi della pre-cedente astrazione geometrica, esoprattutto, i Poeti, che sono la chiavedi volta di tutta l'impalcatura ideologi-ca e iconica futura di Carboni. Nelciclo dei Poeti, infatti, c'è in nuce latraccia non soltanto segnica ma anchefilosofica dei “Profeti” (2000-attuali),così come “Presenze 2” (1989-1994)anticipano chiaramente l'imminenteapparizione di “Agamennone” (1994-1999). I Poeti sono figure dai voltiirriconoscibili che vivono, da autoesi-liati in un mondo iperuranio.Raffigurati quasi sempre in coppia,impegnati in misteriosi conversariperipatetici, sembrano sdegnare ognicontatto impuro con chi non ha lasensibilità necessaria per avvicinarsiall'apartheid dell'ineffabile, della poe-sia pura, della poesia non declamata.Con Agamennone, Carboni sembravoglia liberarsi dalle seduzioni delmito per approdare ad un piano emo-zionale in cui è evidente l'aggancio

Tra sogno e utopiaLe figure mitopoietiche di Gaetano Carboni

di Carlo Melloni

con il presente. In Agamennone - comeho già scritto altrove - ". Carboni rav-visa l'identikit dell'uomo contempora-neo eccellente, di colui che detiene ilpotere in modo carismatico, ma nellostesso tempo mostra la fragilità dellasua umanità." Iconograficamente, ilpersonaggio ha connotazioni filiformial pari di altre figure di contorno, ma lasua regalità è messa in risalto dallacorona che indossa e la sua posizioneall'interno della composizione, costrui-ta secondo elementari dettami sceno-grafici, è chiaramente quella di un pri-mus inter pares. Con ciò l'artistariconduce il personaggio alla sua con-dizione primeva di mitico condottierodei greci contro Troia, ma anche diprotagonista e di vittima di torbidevicende parentali, che ci hanno narratoi grandi tragedi ellenici. E veniamoall'ultima stagione dell'artista, quellaattuale dei “Profeti”, nel catalogo dellamostra ascolana, denotati con il sovrat-titolo di Arte sacra. Le figure che ani-mano questo scenario, secondo unadichiarazione dello stesso Carboni,deriverebbero dalla sua lettura "deilibri evangelici e di altri testi fideisti-ci..." (...); che gli hanno consentito una"conoscenza più approfondita dellasacralità attuale" (...), quindi sono ilfrutto di una sorta di sua crisi mistica.L'osservazione di queste figuredovrebbe fugare ogni dubbio sullaloro "qualità" sacrale, anche se a pri-ma vista la denominazione di Profeti eil fatto che essi disegnino criptograficipercorsi nel firmamento li qualifichinopiù propriamente come "astrologi"(nel senso meno deteriore del termine),ma il loro abbigliamento li ascrivenettamente ad un look che è preroga-tiva dei prelati della Chiesa cattolica.La mitra, soprattutto, il caratteristicocopricapo bicuspidato e, talvolta, lapresenza del bastone pastorale deiprincipi della Chiesa. Ma l'arte figura-tiva non può definirsi "sacra" se cimostra soltanto i ministri di un cultoreligioso, ecco allora apparire in que-sta serie pittorica, quasi per miracolo,una Crocefissione e una Natività,declinati dall'artista senza ombra didrammatizzazione nel primo caso econ toni di delicatezza intimistica nelsecondo. Ma questi prelati che "gioca-no" con stelle e comete sembrano farparte di quel filone marchigiano, chenon oso definire tradizionale, ma piut-tosto culturale, che nelle arti visiveoffre accoglienza a esponenti del cle-ro secolare. Tutti ricordano i "pretini"di molti dipinti di Nino Caffè e di nonpoche immagini fotografiche di MarioGiacomelli. Se volgiamo lo sguardo alpassato, troviamo un Pierleone Grezzi,

oriundo di Comunanza (AscoliPiceno), attivo a Roma nei primidecenni del '700, che può essere consi-derato un antesignano dei modernicaricaturisti. Ebbene tra i suoi bersagli,i rappresentanti del clero sono nume-rosi, raffigurati, per usare un giudiziodi Pietro Zampetti, " con toni burle-schi, ma bonari ". Se guardiamo all'og-gi, possiamo registrare uno stuolo diartisti minori, spesso dotati di qualitàpittoriche non disprezzabili, ma la cuinotorietà non ha superato - talvoltaimmeritatamente - la cinta murariadella città in cui sono vissuti, che han-no preso a soggetto delle loro creazio-ni grafiche e pittoriche, sulla scìa degliautori sopra citati, sacerdoti e monaci,senza quel livore anticlericale tipico dialtre regioni del nostro Paese. Unesempio per tutti, quello di AugustoStorani, nato a Fossombrone e vissutoin Ascoli dove è scomparso nel 1988,che io ho definito pittore on the road,

perché con taccuino e matita in manopercorreva le strade della città e delcircondario per ritrarre, con la suacapacità disegnativa di tutto rilievo,figure di una umanità palpitante.Artista, come tanti altri, dimenticato.

Page 3: VIVARTE N°7

3

Anna T. Ossani: letteratura come reinvenzione di cosmicità

di Maria Lenti

Tra gli studiosi formatisi a Urbino,dagli anni Sessanta del Novecento, coni Maestri di questa università, Anna T.Ossani si distingue per l'appassionataricerca dentro una "letteratura comereinvenzione di una cosmicità capacedi scoprire - nei segni e nei ricettacolidi una immagine poetica - il senso del-la vita individuale e di quella colletti-va". Il concetto, dal suo scritto del1989 su Meriano, mi sembra possavalere per tutti i suoi studi. Letteraturacome scatto di conoscenza, perdomande non esauribili, in una lineasua da subito: dell'intersezione traautori e sipari sociali, nella costante diuna lente posta sul testo come pagina,pur sbilenca, di realtà da interrogare. Un suo primo interesse si concentra suirapporti tra letteratura e politica. InMazzini (1973), quindi in autoriminori, ma non inesistenti né comepoeti né per la scrittura esplicitata nelsociale: lo scapigliato Remigio Zenadi Capricci minimi (1981); o, di annipre e post prima guerra mondiale,Mario Morasso (1983), FrancescoMeriano, Giuseppe Steiner, TommasoMonicelli. Scrittori non estranei aldibattito culturale e politico spinto adestra anche dalle riviste cui collabo-rarono: "La Brigata" e "Humanitas"(saggi del 1983 e del 1988), "IlMarzocco", "Arte e Vita", "Ardita","L'assalto", "Lacerba" e "La Voce". DiMorasso, poeta, Ossani rintraccia la"criptazione ideologica", del prosato-re, poi convinto della bontà della mac-china e della guerra, il suo ruolo dianticipatore, e non solo nel mito dellavelocità, del futurismo; di Meriano(1989), dal 1920 circa non più deditoai versi ma a sostenere Mussolini e ilfascismo, le poesie dal 1914 al 1919di un "Fauno senza voluttà", poeta,sintetizzo dal saggio di Ossani, in pre-valenza più di sensazioni che di senti-mento. Ossani si dedica, in seguito, a DinoGarrone, alla sua inquietudine e allapungenza stilistica. Garrone (diNovara, ma cresciuto a Pesaro) è vistonella cultura italiana degli anni Venti-Trenta (1994). E nel carteggio (1996)con gli amici, nel tessuto di fermentigiovanilistici meno schermati rispettoai testi creativi, più autentici dunquesulle idealità di quel "vitalismo" pub-blico-privato rintracciabile dalla fon-dazione dei fasci all'inizio del Trenta.(Garrone muore nel 1931, a Parigi,dove si era trasferito per l'insofferenzaverso il clima provinciale e le chiusuredell'Italia). Il passaggio alla cattedra di letteraturateatrale apre, in Anna T. Ossani, la sta-gione del teatro (Pirandello, 1993,Savinio, 1996) e della cultura e del tea-

tro marchigiano, contemporaneo erinascimentale. Alla cultura dell'etàfedericiana è dedicato: Urbino zur ZeitFedericos in Der Ort und dasEreignis: die Kulturzentren in dereuropaischen Geschichte, 2002; allarappresentazione urbinate di“Calandria”: Giochi spassi motti egarbugli. Con Calandria nel tempoideale della festa in La Calandria. Unprogetto di Luca Ronconi per il V cen-tenario dell'Università degli Studi diUrbino, 2006, e Voi sarete oggi spetta-tori. Luca Ronconi e la Calandria aUrbino, a cura di Anna T. Ossani eGilberto Santini, 2006. Non mancano un sottile excursusintertestuale, Armida in Tasso, Rossini,Savinio (1996), la lettura di Lohengrindi Aldo De Benedetti (in Lohengrin, acura di Gualtiero De Santi, 2001), eindagini su attori: Ruggero Ruggeri(Una voce poco fa. Note sul codicerecitativo di Ruggero Ruggeri nelvolume di "Teatro di Marca" suRuggeri, a cura di Francesca RomanaFortuni e Giulia Seraghiti, 2010), ilgiovane Fausto Paravidino e il suoDue fratelli (2005).A tutto tondo, su Valeria Moriconi(2008, 2008). Ossani riattraversa i ruo-li di una attrice che ha calcato, in partimai in ombra, i palcoscenici di tuttaItalia e di mezzo secolo; che ha avutoottimi registi in teatro, nel cinema e intv. Attrice di tale carattere, personalità,"intemperanza" e preparazione che hapotuto vestire i panni di personaggi digrande spessore, di ieri e di oggi, tragi-ci e comici, ironici o inclinati nel dolo-re se non nel conflitto interiore. Curatrice dal 2009 della collana"Teatro di Marca" dell'editriceMetauro, Ossani ferma lo sguardo suAntonio Conti (1998, 2008) - nativodi Acqualagna, pesarese d'elezione;certo della funzione civile del teatro hafondato il Festival Nazionale D'ArteDrammatica di Pesaro -, drammatur-go "impegnato", in cui si intreccianorigore ideale e politico, coerenza esi-stenziale, talora ostici sulla scena, macoraggiosi in anni non sempre dispostia far propri i valori rappresentati.(Conti nasce nel 1897 e muore nel1968).. Il saggio su Enrico Corradini (2009) ele sue opere incentrate su una "politicachiara di cose", le sue protagoniste"statuarie", offrono ad Anna T. Ossanil'occasione di cogliere più in dettagliole figure femminili: situate in una tipo-logia di donna che deve rispondere adun canone di vita fissato, va da sé peruno scrittore fermamente nazionalista,sul mos maiorum, mai al suo desiderio,che non può esistere se non imperniatosul pre-stabilito, esse devono essere

(altrimenti non sono) esempio e a lorovolta modello.Anna T. Ossani fa emergere tale datocome dato critico. Anche nelle varian-ti, sostanziali, di Anna Bonacci (2001,2003, 2004, 2007), le cui protagoniste,autonome ma nei ranghi, se trasgressi-ve tuttavia non libere, fuori dal clichédell'epoca ma non sulla scia della Noraibseniana, fuoriescono dagli schemidegli anni Trenta-Quaranta. Si soffer-ma sulla "novità" del linguaggio tea-trale di Bonacci, lontano dalle levitàdei "telefoni bianchi" così come dallerarefazioni pirandelliane, e nella "veri-tà" di vicende snodate accanto (o con-tro, per allusione) il sentire soggettivo,dentro una scena, piuttosto ferma manon statica, piena di atmosfere più chedei fatti che le generano. Si inoltra, lastudiosa urbinate, sotto i dialoghi deitesti e nella vita di un'autrice nella qua-le azzardo e reticenza si bilanciano.Appartata e mondana, cólta senza dar-lo a vedere, perturbata (sarà in analisinegli anni Venti, in un periodo disospetti culturali e medici su una prati-ca allora solo terapeutica), silente sulleproprie esperienze amorose, AnnaBonacci (Roma 1892-Ancona 1981)rilascia nuances che proiettano i suoidrammi oltre il tempo del loro cautosuccesso (dal 1936) fino all'esplosionedegli anni cinquanta, anche a Parigi inteatro, con L'ora della fantasia, poitrasposta nel cinema da MarioCamerini e Billy Wilder. Bonacciappare sempre sul limite di significare,più che far esporre - chiaro il récit,

alonato il sottofondo -, le donne, men-tre "taglia" con determinazione i profi-li maschili e le situazioni dal respirocorto. La reticenza e l'azzardo, comenel Don Giovanni, ingenuo convitato(Invito alla locanda) sorpreso in unoscacco impensabile in lui, lasciano adAnna Bonacci, ricreata alla "cosmici-tà" da Anna T. Ossani, il palco ancoraaperto.

Maria Lenti è nata a Urbino. Saggista (let-teratura e arte, in volumi collettanei e inriviste), poeta, ha pubblicato le raccolte:Un altro tempo (1972), Albero e foglia(1982), Sinopia per appunti (1997), Versialfabetici (2004), Il gatto nell’armadio(2005), Cambio di luci (2009). È autriceanche di racconti, Passi variati (2003),Due ritmi una voce (2005). Altri racconti,in via di uscita, come gli scrittiNeodialettali romagnoli e altri dialettali.Recente il suo Amore del Cinema e dellaResistenza (2009).

Page 4: VIVARTE N°7

4

Ritratto fotografico di Padre Alessandro Serpieri conservato pressoil Gabinetto di Fisica: Museo urbinate della Scienza e della Tecnica

dell'Università di Urbino

Alessandro Serpieribotanico

di Giovanna Giomaro

Chi ha avuto modo di leggere l'operascientifica dello scolopio AlessandroSerpieri, docente di fisica ad Urbino(1847-1884), nonché Rettore del"Collegio dei Nobili" (1857 - 1884),ne trae l'immagine di una mente illu-minata in grado di spaziare dallameteorologia, all'astronomia, dallafisica celeste alla fisica pura e in parti-colar modo alla sismologia; e molti,anche recentemente, ne hanno delinea-to le grandi doti scientifico-educatrici(Vv Aa, 2010, Puppi et al. 2009). A 160 anni dalla fondazionedell'Osservatorio "Alessandro Serpie-ri" nel momento in cui viene celebratol'incancellabile apporto del Serpierialla cultura urbinate, e, ancor più allacultura universale, a mio sommessoavviso, la sua presenza scientifica nelcampo botanico merita più che unfugace e marginale accenno, quale pri-mo ideatore di quella branca scientifi-ca chiamata fenologia intesa comeespressione diretta dell'adattamentodei vegetali ai cambiamenti climatici.Tale aspetto, pur marginalmente,emerge con prepotenza nella sua ope-ra.Nel "Saggio di una Flora dell'AgroUrbinate" del 1868 con acuto intuitoprecorreva i tempi asserendo: "ladiscesa di una pianta alpina, o il sali-re di una pianta littorale potrebbe purealcuna volta indicare qualche inattesamodificazione del clima, essendo chela pianta concentra ed unifica nellefasi di sua vita non solo tutta la sommadelle influenze conosciute, ma di quel-le che niun istrumento saprebbe misu-rare". Esattamente un secolo dopo, nel1951, A. Messeri, scriveva: "Ciascunaspecie porta in sé un patrimonio eredi-tario di caratteri coordinati al climadel paese e del periodo di origine euna data elasticità di questi caratterial variare dell'ambiente. L'aspetto cheesso assume è infatti la risultante diuna continua tensione tra queste mas-se per l'accaparramento dello spazio,di una continua pulsazione in rappor-to alla pulsazione dei climi". Più tardiancora A. Marcello (1966), uno tra ipiù grandi sostenitori della ricercafenologica in Italia, ribadisce il concet-to: "non va dimenticato che ogni orga-nismo vivente è posto tra i limiti di unambiente fisico, il quale a sua voltapulsa ritmicamente, determinando rit-mi esterni, che agiscono sull'organi-smo vivente. Le capacità di adattamen-to a questi ritmi esterni, di seguirli eoscillare con essi, dà misura dellacapacità potenziale al sopravvivere diuna specie".La grande cultura del Serpieri e l'inte-resse per la ricerca non furono mai fini

a se stessi ma piuttosto a disposizionedegli altri e in particolare dei giovaniche tanto amava: "Prepariamo dunquequesti elementi, che per lo meno giovi-no ai nostri posteri. Ma soprattuttosperiamo che possa tornar gradito ilnostro lavoro ai cultori della ScienzaBotanica, perché niuno mai impresead illustrare la Flora urbinate, la qua-le deve collegare la geografiaBotanica delle coste adriatiche e quel-la delle cime Apenniniche profonda-mente studiate da molti, e specialmen-te da P. Raffaele Piccinini sul vicinoM. Catria"; "….e confidiamo pure diraggiungere in questo modo un altroscopo importantissimo, qual è quellodi nutrire nei nostri giovani scolaril'ardore delle scientifiche ricerche,alle quali o troppo tardi o troppo dirado suol dedicarsi l'italiana gioven-tù." (Serpieri 1868).Come iniziale premessa al commentodella sua opera botanica, riporto alcunibrani presi dallo" Squarcio di una let-tera fatta al pubblico" del 1867 in cuil'autore delinea il clima di Urbinodefinendolo conforme e proporzionatoalla nostra altitudine e latitudine. Purtuttavia ipotizza che gli inverni urbina-ti fossero stati, nel secoli passati, "piùrigidi ed aspri che al presente" in basealle testimonianze di alcuni autori tracui Bernardino Baldi (1704) convintoche "il freddo era qui eccessivo e ighiacci e le nevi affliggevano lunga-mente i suoi concittadini…e l'asprezzadella stagione costringeva gli Urbinatia rifugiarsi presso il focolare domesti-co”. A riprova di ciò, il Serpieri ripor-ta anche un curioso aneddoto presodalla Storia dei Duchi di Urbino(1859) del prof. Ugolini: "…i Religiosidi S. Bernardino, posti alla distanza diun miglio da Urbino, si trovavano unavolta così assediati dalla neve, che fuloro impossibile di aprirsi una comu-nicazione con la città, onde mosso dallungo e incessante suonare delle cam-pane del convento, il duca Federico ,radunato il popolo, andò primo fra tut-ti a spalar la neve, o, come si dice franoi metaurensi, a far la rotta, traendoseco dietro buona quantità di provvi-sioni". La sua opera botanica inizia nel'1866tra tabelle, dati meteorologici e accura-te note. Gli sono collaboratori PadreEusebio Scannavini, "molto istruito epratico di botanica", e AntonioFederici, professore di botanica e chi-mica nell'Università urbinate nonchéprefetto dell'Orto botanico. Nella bre-ve introduzione il Serpieri, "dietro l'e-sempio dei celebri A. Quetelet e F.Zantedeschi", delinea con chiarezza loscopo di tali studi: "… dare pei diversi

Page 5: VIVARTE N°7

5

"Osservazioni sull'epoca della fioritura di alcune piante".Bollettino Meteorologico del Collegio Raffaello in

Urbino - anno 1866 -

anni una misura media del movimentopiù o meno avanzato della vita vegeta-le in questa località a seconda delletemperature che ebbero luogo."Localizza 281 piante in tre diverse sta-zioni prese come punti di riferimentogeografico: la fortezza Albornoz,l'Orto Botanico e la campagna circo-stante Urbino. Di tutte le specie nesegna meticolosamente il giorno e ilmese di fioritura relativi agli anni1857-58-63-64-65. Compila ben seitabelle precisando, con serietà scienti-fica, che "le epoche segnate si riferi-scono all'apertura non già di un primoe raro fiore fra molti, ma di un numerosufficiente perché si potesse realmentedire che la pianta era in fiore".Interessanti sono le sue osservazionisulle variazioni climatiche degli anni1966-67: "questa modificazione pro-fonda del clima invernale si manifestachiaramente nel precoce ridestarsidella vegetazione e nell'anticipata fio-ritura di molte piante. Nel 1863 ilGennaio e il Febbraio ci davano moltifiori, 40 e 50 giorni prima delle epo-che normali. Nell'inverno del 1864 fio-riva il Corylus avellana il 26Dicembre, essendo intorno al 20 diGennaio la sua fioritura ordinaria. Inquest'anno poi (1867) le anticipazionisono state così straordinarie da equi-valere a una diminuzione di latitudinedi 10" (Serpieri 1868) Nel 1868, pubblica insieme al Federici"Saggio di una flora dell'agro urbina-te". E qui amplia i suoi orizzonti diricerca per dedicarsi "ad una impresaassai vasta, qual è quella di raccoglie-re tutte le piante spontanee del distret-to Urbinate, e di formare la Flora delpaese." Ne rese pubbliche cinque cen-turie ringraziando padre Piccinini el'alunno Leurini di Rimini per la lorocollaborazione.Il suo rigore scientifico emerge nellametodologia di lavoro, nell'elaborazio-ne e trascrizione dei dati raccolti, nel-l'identificazione delle specie, secondola Flora Italica del Bertoloni. Di ognipianta egli cita l'epoca di fioritura rela-tiva all'anno 1867, ne fa una mediadedotta da 3 a 6 anni di osservazioni eun confronto con quella registrata aBruxelles sottraendo 4 giorni per ognigrado di latitudine e 4 giorni per ogni100 metri di altezza puntualizzandocome quei dati potessero indicare lemodificazioni del clima ed essere "uti-li a determinare i limiti che segnano leregole di diffusione delle specie".L'elenco delle 550 specie osservatenello spazio di circa tre kilometri intor-no a Urbino fu importantissimo perdelineare la flora locale, e, per questomotivo, ripreso da altri studiosi dell'e-

poca a completamento delle loro ope-re (Paolucci 1890). Singolare è la lunga descrizione di unaorchidea trovata presso il bosco deiCappuccini. Nel tentativo di identifi-carla e di lasciarne traccia ai posteri, ilSerpieri ne fa eseguire una fotografiadal conte B. Castracane (personaggiodi spicco della città ) e un disegno acolori dal prof. Serafini (di cui non hopotuto avere notizie), contemporanea-mente ne invia un campione ai profes-sori Parlatore e Bertoloni e ne inserisceuno anche nel suo erbario. Per motividi spazio, ne riporto solamente alcunistralci: "…Ma le forme particolari chepresentano le varie parti dei fiori fan-no pensare che sia un' ofridea del tut-to nuova. Inoltre vi si trova una singo-lare anomalia, o, dirò meglio, uno svi-luppo tale di organi, che non sappiamose un fenomeno uguale fu mai incon-trato da altri osservatori.... Curiosa enuova è la forma del labello. Esso è unrettangolo tutto piano meno che sullacima, dove ha la forma di ugna rivoltain basso: non ha né divisioni, né lobi,né appendici, né denti, né gibbositàalla base. Le sue macchie, alcune dirosso chiaro, altre atro-purpuree, for-mano un disegno non mai veduto e tut-to geometrico…. . Meravigliati di tro-vare dei veri stami nel luogo dellefoglioline interne, fummo anche mag-giormente sorpresi quando il giovaneL. Leurini scopriva l'esistenza di mas-se polliniche nei lati del labello, for-mati di due veli sovrapposti, i qualiaperti con una punta d"ago hannodato la stessa materia degli stami, delmedesimo colore e delle forme stes-se!”. Oggi sono conosciute diverseforme aberranti di orchidee spontaneedi notevole interesse tassonomico.Precorritrici le sue osservazioni su duespecie di Antirrhinum: il minus e illitorale nel crederle un'unica specie lecui differenze le attribuisce a variazio-ni ambientali: "Si trovano però alcuneaccidentali variazioni in qualcheesemplare cresciuto all'ombra o nell'u-mido. Infatti i saggi raccolti all'apertohanno il caule e i rami ben robusti, e lefoglie di un verde cupo; mentre altri,trovati lì presso in un canneto sonogracili, teneri, molli e di un verde mol-to chiaro". Attualmente nella FloraItalica del Pignatti il genere è riportatocome Chaenorhinum minus unica spe-cie suddivisa in due sottospecie: minuse litorale di cui, per quest'ultima, vie-ne riportata la diffusione anche nellazona di Pesaro. Sulla Listera ovata,altra orchidea, il Serpieri sottolinea:"Raramente, dice il prof. Parlatore,essa discende nella regione dell'ulivo:e poiché noi siamo sull' estremo confi-

Page 6: VIVARTE N°7

6

"Saggio di una flora dell'agro urbinate ed epoca di fiorituradi molte piante". Bollettino Meteorologico del Collegio

Raffaello in Urbino - anno 1867 -

ne superiore della regione degli ulivi,è da credersi che qui si tocchino insie-me i confini della listera e dell'olivo.Quindi è che questa pianta può offrirecon l'andare dei secoli qualche datoimportante sulle variazioni del climaurbinate."Chiare e precise sono anche le citazio-ni dei luoghi di osservazione delle spe-cie: S. Cipriano, M. Soffio , iCapuccini, le Vigne, la Madonna dell'uomo, Risciolo, Villa dell'Orologio, laSelva del Sasso, la selva deiZoccolanti, il ponte del Castagno, laChiesina del Crocifisso, Villa Rondininelle Cesane, la casa colonica ilMonte, il mulino di Tajolino, il fossodelle Conce e di Bonajuti etc…: "unapianta singolarissima,… fu trovata ildi 22 aprile del corr. anno 1867 dall'a-lunno Leurini, presso le mura delbosco dei Capuccini, sul greppo NNEche resta sopra la strada diretta adUrbania, tra i pochi quercioli che sivedono a sinistra, appena passato ilcancello della villetta Coen, cioè mez-zo chilometro circa a OSO da Urbino". Oggi molti di questi luoghi sono sol-tanto nomi di una antica mappa urbicapressoché distrutti dagli interventiantropici susseguitisi nel tempo, dovele piante sono in parte migrate nellescarpate, nelle aiuole spartitraffico,lungo i bordi dei campi arati minatedall'indifferenza dell'uomo, dal pro-gresso delle tecnologie moderne, dallestrade concepite come piste, dal sorge-re di centri abitati che hanno preferitocircondarsi di giardini dal fascino eso-tico che nulla hanno più in comune conquell' armonico variare cromatico deinostri prati e dei boschi nell'avvicen-darsi delle stagioni così come ce li hatramandati il Serpieri. "avrò sempredinanzi agli occhi questi ampi, sublimiorizzonti….. questo clima fecondo….Questo vario e mesto paesaggio di cuiho riconcorso a delinearne la flora".

BibliografiaAa, Vv., 2010 - L'Osservatorio"Alessandro Serpieri" 160 anni al ser-vizio della meteorologia. Urbino.Baldi B., 1704 - Encomio della Patria(ca. 1580), Urbino.Barsali E., 1922 - Le osservazionifenologiche del P. Serpieri ad Urbinodal 1857 al 1865, Boll. Soc. Bot. Ital.,4: 46-47.Bertoloni A., 1833-1854 - FloraItalica, Richardi Masii Bononiae.Mantovani R., Vetrano F.,1991 - Lericerche e l'insegnamento dello scolo-pio urbinate Alessandro Serpieri, in"Didattica delle Scienze", anno XXVI,n. 152, pp. 12-19.Marcello A., 1950 - Ecologia e

Sinfenologia, N. Giorn. Bot. Ital., 57:669-671.Messeri A., 1951 - Ritmi climatici eritmi vegetativi, N. Giorn. Bot. Ital.,58: 535-550.Paolucci L., 1980 - Flora Marchigiana- Pesaro.Parlatore F., 1848-1869 - Flora italia-na, Le Monnier, Firenze.Piccinini R., 1867 - Erborizzazione almonte Catria -Piante trovate in fiorenel di 11 giugno 1866. In BullettinoMeterorologico dell'Osservatorio delCollegio Raffaello in Urbino, fasc. I,pp.49-52.Pignatti S., 1982 - Flora d'Italia,Edagricole, Bologna.Serpieri A., 1866 - Erborizzazione almonte Catria: piante trovate in fiorenel di 11 giugno 1866. BullettinoMeteorologico dell'Osservatorio delCollegio Raffaello in Urbino, anno1866 (issued in 1867), fascicolo I, pp.49-52.Puppi G., Zanotti A.L., 2009 - Old phe-nological data on wild plants in Italy(XIX and early XX century). ItalianJournal of Agrometeorology xx-xx(1), pp. 17 - 21.Serpieri A., Federici A., 1867 - Saggiodi una flora dell'Agro Urbinate e epo-ca della fioritura di molte piante.Bullettino Meteorologico dell'Osser-vatorio del Collegio Raffaello inUrbino, fascicolo II, anno 1967 (issuedin 1868) pp.32-38, pp 48-56..Serpieri A., 1866 - Osservazioni sull'e-poca della fioritura di alcune piante.Bullettino Meteorologico dell'Osser -vatorio del Collegio Raffaello inUrbino, anno 1866 (issued in 1867),fascicolo I, pp.12-40.Ugolini F., 1859 - Storia dei conti educhi di Urbino, Firenze.

Giovanna Giomaro, Prefetto dell’OrtoBotanico dell’Univesità deglistudi di Urbino”Carlo Bo”.

Ophrys aranifera Huds

Page 7: VIVARTE N°7

7

Lingue e luoghi contemporanei

di Manuel Cohen

Giovanni Nadiani, Guardrail,introd. di F. Santi, peQuod, Ancona,2010.

Uno dei migliori libri di poesia del2010, Guardrail, introdotto con acumeda Flavio Santi, ha la firma diGiovanni Nadiani, classe 1954, fonda-tore di riviste cartacee e online, dellacasa editrice Mobydick, e personalitàdi punta della poesia neodialettale.L'autore scrive nel romagnolo di areafaentina, affidandosi non più al recu-pero fuori tempo massimo di un idio-ma dismesso e sempre meno parlato,in un paesaggio non più riconoscibilené definibile, bensì innestandolo earricchendolo con le parole della con-temporaneità piovute dai linguaggi delpianeta e delle merci. Il lavoro diNadiani, docente e traduttore dal tede-sco, è il tentativo di far convivere laphonè romagnola con le altre lingue:una operazione di meticciato linguisti-co, ad onta di ogni attardata difesapurista, che attesti trasformazioni emigrazioni sociolinguistiche, urbani-stiche, antropologiche. Il percorso diquesto autore sembra indicarci cheessere tra le lingue del mondo sia unamodalità congrua a favorire la soprav-vivenza di dialetti o lingue minoritarieo in via di scomparizione. La globaliz-zazione dell'economia e delle ideeimpone l'uso di lingue planetarie (l'in-glese, il cinese) che assomigliano sem-pre più a enormi socioletto-contenitori,rottamando di fatto esperienze lingui-stiche millenarie. La storia della paro-la insegna che ogni lingua è spuria, sitrasforma, si adatta o soccombe allabisogna. In ragione di ciò Nadiani pie-ga il faentino alle allotrie, lo nutre conil tedesco e l'inglese, con i linguaggispecifici e lo slang, lo conduce neinon-luoghi contemporanei: centricommerciali e tangenziali, aereoporti e

capannoni, strade e autostrade, auto-grill e stazioni di servizio, carrozze diEurostar e treni merci, TIR e LandRover. Un linguaggio Rom, in movi-mento, in campiture di versi informalidal ritmo soul-blues che dice delnostro spaesamento, della deterritoria-lizzazione culturale e morale, dell'as-senza di centri nelle periferie diffuse:persino l'io lirico si fa plurimo, ricorreall'uso insistito del deittico pronomina-le "nó", noi, affidando ad esso gli stig-mi di una traccia identitaria in movi-mento e l'ultima ipotesi di una comuni-tà di riferimento. ? l'ultimo noi che ciriguarda da vicino, ancora in grado diresistere, di respirare per un attimo l'a-ria dei campi che viene oltre il guar-drail dai finestrini dell'auto in corsa, dipercepire l'essere e l'esserci tra sapori ecolori della vita. Il paesaggio contem-poraneo è un parcheggio notturno difacce senza nome antistante l'Ipercoopdove ragazze ucraine salgono a bordodi pick-up dai vetri neri per sbarcare illunario. Luci di insegne luminose, dilampioni a neon, sirene e suoni mecca-nici di mezzi e merci, ci dicono dell'o-ra "e' mè? dla nöt", 'al centro della not-te' che ci è toccata per sorte: "e la miamemoria dove va? Dove va a finire lamia storia?/ E anche gli errori che hocommesso dove saranno?".

Manuel Cohen, è critico letterario e con-sulente editoriale. Redattore de': “Il parlarfranco”, “Carte urbinati” e “Ali”. ? nelcomitato scientifico di “Punto. Almanaccodi letteratura”, e dell'antologia L'Italia apezzi: ultimi neodialettali (in uscita ). Inpoesia ha esordito con Altrove, nel folto (acura di D. Bellezza, Ianua, Roma, 1990), efresco di stampa il suo viaggio in versi perle Marche: Cartoline di marca (pref. di M.Raffaeli, Marte, Teramo, dicembre 2010).

Il taccuino urbinate diAlberto Calavalle

di Mirco Ballabene

"Finestre sulla città e dintorni"(Argalia) raccoglie una serie di artico-li e testi raggruppati per aree temati-che aprendosi con quelli dedicati allanatia Urbino. Calavalle si immerge nelRinascimento, interroga i quadri, siemoziona di fronte alla riproduzionedella Bibbia di Federico con lo stuporee la passione di un bambino, ha unatotale adesione e un culto incondizio-nato per ciò che Urbino fu durante lacorte del Duca. La sua scrittura sicompone e si integra di citazioni, siadai testi antichi che da pagine di Bo e,mentre l'autore interroga i quadri e ilpassato, si sofferma sul presente, sul-l'ambiente che lo circonda, sulle perso-ne che, straniere, si trovano di fronte aicapolavori del Rinascimento - e tuttociò che lo colpisce negli sguardi altrui,nei comportamenti, è serbato come untesoro. Uomini di varie epoche vengono evo-cati e parlano attraverso versi e pen-sieri, e la memoria si fa creatrice di unpalcoscenico di civiltà in cui le grandipersonalità della cultura italiana, e nonsolo di essa, intrecciano le loro storiecon Urbino o con altre personalitàlegate alla città, una su tutte Carlo Bo,il quale diventa quasi una reincarna-zione dell'anima umanistica del DucaFederico.Alberto Calavalle è un cronista che samaterializzare nella mente del lettore ipersonaggi che testimoniano l'impor-tanza di Urbino e della sua Universitàagli occhi della cultura mondiale: unatotale dedizione in cui egli si annulla,lasciando tutto lo spazio al suo oggettoper meglio farlo risplendere. Unannullamento, questo, che si manifestain una prosa che poco lascia spazioall'invenzione e spesso si esprime inuna cronaca umile e attenta, quasi anon voler disturbare con la propriapersona l'oggetto dell'ammirazione.

Calavalle è insomma un innamorato diUrbino, dell'atmosfera che vi respira,dei suoi vicoli, dell'epoca in cui gliurbinati vivevano e frequentavano ilcentro storico, prima di spostarsi inperiferia o andare ad abitare sulla costapiù produttiva. Ma quest'amore non si rivolge soloalla città ducale e così quei "dintorni"evocati dal titolo si allargano al territo-rio e al mondo intero: dalle iniziativedi piccoli centri del Montefeltro(Casinina o Belforte all'Isauro) aicommercianti improvvisati seduti suimarciapiedi di Istanbul e agli "orizzon-ti silenziosi" della Cappadocia.A un innamorato si perdonano certeingenuità, perché sono frutto di unapassione e di un sentimento sincero,anche se, e mi riferisco agli articoli cheriguardano Urbino, ci si aspetterebbeun amore più maturo, un amore in gra-do di riservare più spazio alle carenzedi una città che, proprio per le sueintrinseche qualità che Calavalle savalorizzare, potrebbe essere molto piùdi quello che oggi è.

Mirco Ballabene, è laureato in Letteremoderne all'Università di Urbino, con laquale collabora tuttora. Ha pubblicatodiversi interventi sulla letteratura italiana esul cinema in varie riviste ed è diplomatoin contrabbasso al conservatorio "G.Rossini" di Pesaro. Attualmente è docentedi Italiano, Storia e Geografia presso lascuola secondaria di I grado.

Page 8: VIVARTE N°7

8

Urbino, cultura memoriadi Francesco Colocci ed Ermanno Torrico

"Urbino cultura memoria" è un ineditotesto/dossier di 59 pagine sullo statodegli archivi locali, diffuso artigianal-mente verso tutte le istituzioni:Comune, Governo, procure, Unesco,ecc. Chi scrive? Due cittadini(Ermanno Torrico e FrancescoColocci). Già, due cittadini. Non sonopresidenti, né segretari, né curiali, népartecipi di alcun potere. Due cittadinie basta. Hanno però sicura passionecivica, oggi forse demodé. Sanno tut-tavia che il problema della memoria edella cultura urbinate non è né didestra né di sinistra ma è la consisten-za profonda della casa comune, ilpatrimonio fondamentale, la narrazio-ne di quello che siamo stati ma anchela somma delle energie che dovrebbe-ro esprimere le scelte future con il fil-tro della coscienza critica del già fattoe con lo sguardo al non ancora comeprogetto. Fra la storia della città e quella del suoarchivio è rintracciabile un legameprofondo e tenace che solo la disper-sione può spezzare. Consapevoli diquesto possibile tragico evento che è lamorte di una civiltà, "i due cittadini"hanno avviato in proprio, la verificadelle vicende più recenti degli archiviurbinati, a partire da una emergenzaclamorosa, il caso Fenera/Andreoni.Le due signore, dal 1° dicembre 1998ad oggi, hanno cercato, senza esitononostante tre sentenze favorevoli delTar delle Marche, l'accesso agli archi-vi degli esposti della Fraternita diSanta Maria della Misericordia, del-l'ufficio igiene e servizio ostetrico, deltribunale di Urbino. Cosa è successo ecosa sta succedendo? Ecco un passodel progetto, nella versione redatta daitecnici della Direzione generale degliarchivi (luglio 2005) in cui si certificala precarietà conservativa e la difficol-tà a tutelare il patrimonio documenta-rio, di una pluralità di istituzioni, sulquale incombe il pericolo della disper-sione. Un richiamo specifico riguardal'archivio storico comunale, ubicato apalazzo De Rossi, le cui condizionisono "inadeguate", così come inade-guati sono i locali che "attualmenteospitano la preziosa documentazione,ed inidonei, se non inesistenti, sono glistrumenti per la sua consultazione".Un referto impietoso che autorevol-mente conferma relazioni ispettivemolto più severe come quella dellasoprintendente agli archivi per leMarche dr. Maria Palma, relazione tra-smessa al sindaco di Urbino il 18 otto-bre 2005. Per ora, di certo, sia puredopo una incredibile vicenda di tenta-tivi falliti per assicurare all'archivio diStato una sede, c'è il trasferimento del-

l'archivio di Stato sezione di Urbino dapalazzo Corboli a palazzo PascoliStando poi alle dichiarazioni del fun-zionario del Comune, è in corso il tra-sferimento degli archivi comunali dapalazzo De Rossi e dai Forcuini in viaOddi presso la Scuola Volponi. Il pro-blema non è affatto risolto. Si prospet-ta infatti un passaggio del materiale inun deposito di Gadana, in attesa dicomprovare l'idoneità dei locali sotto-stanti la Scuola Volpòni. Anzi si accre-scono le contraddizioni e le incertezze:nel 2005 si prospetta, pur in assenza dielementi concreti, la realizzazione diun polo archivistico prima definito"cittadino" ed in seguito "territoriale"(2007); ora è tutto fermo. Soprattuttomanca la risposta cruciale alla doman-da: che fine hanno fatto i seguentiarchivi comunali: registro dei parti,archivio ex ufficiale sanitario, archivioufficio igiene e sanità pubblica, archi-vio degli esposti, archivi degli entiassistenziali ipab/irab con relativiinventari dei materiali di arredo dellesedi e degli uffici, archivi ospedalieri,archivi del brefotrofio?Il dossier "Urbino culturamemoria"mostra inoltre il tentativo(1996) di destinare palazzo Chiocci(proprietà comunale) a sede dell'archi-vio di Stato per concludere definitiva-mente nel 2001 che non è idoneo madopo avere sperperato inutilmenteoltre un miliardo di lire se si conta,come si deve, anche il trasferimentodell'archivio di Stato a piano terra dipalazzo Corboli.Di lì a qualche tempo si prospetta ilsalto della quaglia a palazzo Gherardi.Ipotesi tuttavia tardiva e senza alcunaprospettiva concreta tanto che si per-dono persino i finanziamenti richiesti(12 aprile 2007) per non aver inviato ladomanda nei termini. Quali soluzionimeno vacillanti? Per mettere in sicu-rezza i diversi fondi archivistici ancorarecuperabili compresi quelli dell'archi-vio di Stato a rischio "ammaloramen-to" nella scuola Pascoli a causa di unatrasudazione di umidità dai muri nonbonificati o non efficacemente bonifi-cati, occorre prima trovare una sedecerta, idonea sotto ogni profilo, appro-priata e definitiva. Il dossier "Urbinocultura memoria" indica lo spazio del-la Data che non ha, finora, alcunadestinazione salvo quella generica di"osservatorio della città" suggerita daDe Carlo. Quale migliore occasioneper riottenere (forse) anche i duemilioni di euro nel frattempo perdutiproprio per mancanza di una destina-zione d'uso? Ma non si può prescinde-re dalla partecipazione informata dellacittà per cui si chiede non solo un

Consiglio comunale dedicato all'argo-mento sulla base di un progetto detta-gliato e fattibile e di un piano finanzia-rio serio e realistico, ma anche unampio dibattito cittadino premettendotutte le informazioni adeguate ad unavalutazione della proposta. Al terminedel processo, la sintesi della Giuntaamministrativa. Urbino 24 nov 2010.

Francesco Colocci, studi classici, laureatoin filosofia con Livio Sichirollo, ItaloMancini, Bruno Gentili, docente di letterenella scuola media e media superiore, gior-nalista dal 1976 ha collaborato con ilCorriere adriatico, La gazzetta di Pesaro, Ilmessaggero. Consigliere comunale aUrbino dal 1999 al 2004 e presidente com-missione cultura e turismo.

Ermanno Torrico, docente a contratto diStoria Moderna presso la Facoltà diSociologia dell'Università degli Studi diUrbino, Direttore dell'Istituto per la Storiadel Movimento di Liberazione"E.Cappellini" di Urbino. E' autore divolumi e saggi di storia politico-socialecon particolare riferimento alle Marche eal Pesarese. Collabora a diverse riviste tracui "La Rassegna mensile di Israel","Patria Indipendente", "Il Calendario delPopolo", "Storia e ProblemiContemporanei" ecc.

Page 9: VIVARTE N°7

9

Silvestro Castellani“Un riflesso mentale”2009

Emanuela Mencarelli“Tempo” 2009

Lucia Boldrini“Cercando il se autentico”2009

Attività culturali e artistiche

dell'AssociazioneL'Arte in Arte

"BONAE ARTES" Mostra Collettiva di pittura, scultura e ceramicaChiostro del Convento di S. Francesco a Gubbio - luglio 2010

Fabrizio Battesta“Presenze inquietanti” 2010

Page 10: VIVARTE N°7

10

Nazzarena Bompadre“Bianco e nero”2010

Guerrino Bonalana“Sali sull’albero” 2009

Susanna Galeotti“Vento”2010

Stefano Caffarri“Siamo tutti parabole (senza decoder)” 2010

"BONAE ARTES" Mostra Collettiva di pittura, scultura e ceramicaChiostro del Convento di S. Francesco a Gubbio - luglio 2010

Page 11: VIVARTE N°7

11

Anita Aureli“Autoritratto” 2009

Alessio Spalluto“Dare sostanza alle idee” 2009

"in quadrati" Mostra contemporaneaPiazza C. Marx, Umbertide (PG), 2010

Fulvio Paci“Bouquet”2010

Oliviero Gessaroli“Penetrazione” 2009

Page 12: VIVARTE N°7

Guido Vanni“Fotoceramica Ville - case -corti e borghi - Residenze dipersonaggi illustri diCastenaso (BO)” 2010

12

GianfrancoCeccaroli“Movimento” 2010

Michela Minotti“Oltre” 2010

Maria Cristina Fabi“Pappagallo” 2011

"in quadrati" Mostra contemporaneaPiazza C. Marx, Umbertide (PG), 2010

Page 13: VIVARTE N°7

13

soci proclamandolo Presidenteonorario". L'onore era tale che il Generalerispose con lettera autografa daCaprera in data 20 marzo 1865:"Cari Fratelli, Operai, Vi ringraziodell'affetto addimostratomi facen-domi vostro Socio. Vado orgoglio-so di questo titolo. In voi è ripostol'avvenire della Patria edell'Umanità. Con la fermezza e laistruzione vogliate effettuare que-sto nuovo e grandioso periodo.Credetemi con affetto. Vostro sem-pre Giuseppe Garibaldi". Quanta ragione avesse il Generaledi andare orgoglioso degli Operaidi Urbino si vedrà nello stessoanno della sua adesione quando laSocietà accolse nel suo seno anchele donne operaie che: "ebberocomune agli uomini doveri e dirit-ti", quando nel 1866, per incaricodel Municipio, curò l'impianto diuna Biblioteca popolare e quandonel 1874 contribuì all'apertura del-le cucine economiche. In questafase storica di rievocazioni, dicelebrazioni e spesso di denigra-zioni tutte legate al nome diGaribaldi vengono alla memoriale parole del necrologio che "TheTimes " di Londra, un quotidianonon sospetto di partigianeria, glidedicò il 5 giugno 1882: "In quali-tà di ardente patriota - come tuttigli italiani erano quando non ave-vano patria - Garibaldi non ha maitralignato, ed anche se ha sbagliatoha riparato ai suoi errori e li haespiati prima che potessero svilup-pare le loro conseguenze peggiori. Fate scrivere alla biografia diGaribaldi al suo peggior nemico, evi apparirà pur sempre come il piùsincero, il più disinteressato ed ilmeno ambizioso degli uomini. Eglinon si è limitato a rifiutare per lun-ghi anni, con coerenza assoluta,ogni ricompensa e distinzione, maha schivato e temuto il clamoredella folla, ed è stato disturbato edisgustato della degradante vene-razione di cui era fatto oggetto". Etde hoc satis.

Che Giuseppe Garibaldi avesseuna venerazione per Raffaello ècosa nota, meno noto è invece ilfatto che nel 1873 avesse parteci-pato alla sottoscrizione: "aperta alpubblico per consiglio dell'illustree benemerito Sig. Morris Moore,allo scopo di restaurare la Casa diRaffaello formando in essa possi-bilmente un Museo RaffaellescoNazionale".Si legge infatti nell'elenco dei sot-toscrittori sul periodico urbinate"Il Raffaello" del 10 giugno 1873:" Generale Giuseppe Garibaldi L.10 " con la premura di aggiungerein nota le poche righe di accompa-gno del grande uomo: "Stimatissimo Sig. Presidente, -V'invio 10 lire con cui voglio ono-rarmi sottoscrivere al museo cheporterà il titolo del più grande deipittori. Vostro - G.Garibaldi".D'altra parte il Generale figurava,come ricorda Anna Fucili nel suovolume: "L'Accademia Raffaello1869-1969", insieme ad altri uomi-ni illustri del tempo tra i soci ono-rari dell'Istituto di Belle Arti diUrbino previsto nel decreto Valerio(n. 740 del 6 gennaio 1861).Trascurando i sovrani in caricaquella eletta schiera vedeva oltre aGiuseppe Garibaldi, GiuseppeVerdi e Gioacchino Rossini acco-munati ad Alessandro Manzoni eNiccolò Tommaseo, Victor Hugoed Alessandro Dumas per non par-lare dei pittori Ingrès ed Hayez.Ma il legame di Garibaldi conUrbino si articolò anche nel ver-sante della solidarietà se è veroquanto riportato nelle Memoriedella "Società Operaia di MutuoSoccorso fra gli Artieri ed Operaiin Urbino" inaugurata il 14 feb-braio del 1861 in cui si legge: "Frale cure, intese al miglioramentoeconomico e morale della classeartigiana, la Società non dimenti-cava i generosi che offrivano laloro vita per unire alla MadrePatria le terre ancora soggette allostraniero, plaudendo alla loro azio-ne ed incoraggiandone l'ardore conscritti pieni di liberi e forti sensi".Naturalmente tale premessa prelu-deva ad una decisione importanteche così si esplicò: "Riconoscenteal glorioso Duce di essi ne ascrive-va il nome illustre nell'albo dei

Giuseppe Garibaldi e Urbinodi Alberto Berardi

Alberto Berardi, è nato a Fano, dove vivee lavora, nel lontano 1943. Dopo averdedicato una parte rilevante della sua vitaalla politica, intesa nel senso più nobile deltermine, si dedica oggi prevalentementeagli studi sui beni culturali e sulle tradizio-ni popolari, pubblicando saggi e libri.Collabora con “Il Messaggero”.E’ vicepresidente della “FondazioneGioachino Rossini”, membrodell’”Accademia Raffaello”, consiglieredella “Fondazione Cassa di Risparmio diFano”, Presidente della FederazioneItaliana Carnevali.

Ritratto fotografico di Giuseppe Garibaldi

Page 14: VIVARTE N°7

14

Vito Pardo

Umberto Boccioni, Carica dei Lancieri (1915)

Lo sculture veneziano Vito Pardo(Venezia 1871- Roma 1933) articola laforma del Monumento Nazionale delleMarche nella secolarizzazione deltema del cavallo e del cavaliere chetroviamo - ripetutamente - nelle com-posizioni di Umberto Boccioni1. Laraffigurazione dell'animale è un temaricorrente nei lavori del calabrese. Tral'altro è un esempio del suo stile ilquadro La città che sale (1910),espressione di idee e di stati d'animo dicui fece numerosi schizzi2. L'idea di collegare il monumento e lospazio nell'arte di Pardo è funzionalealla conservazione del verde dellanatura circostante dove il Monumentoper la battaglia di Castelfidardo (inau-gurato 18 settembre 1912)3 vieneinstallato. La ricerca stilistica segueuna linea interpretativa scenografica,concepita in una sequenza cinemato-grafica in cui il regista-scultore lasciamuovere i suoi personaggi: il generalea cavallo e i militari messi sullo stessopiano dell'osservatore. Allo stesso modo in cui l'animale sitrasforma per Boccioni nel simbolostesso del dinamismo e della velocità,ugualmente per Vito Pardo il cavallo èazione che conduce alla libertà leMarche4. L'effetto scenografico creaun certo equilibrio sull'artificio e sul-l'effettiva azione di guerra che si è con-clusa vittoriosamente. "Partiva - e del cavallo/dal monte, e sudal vallo,/gli echi mi riportarono/fre-quente il galoppar!-/…Ivi rimasiimmobile,/sparse le trecce al vento,/sinche nel firmamento/e stelle scintillar."(La violetta mammola, Ballata,Febbrajo 1861, Lopordo P.). Il parco dove sorge il monumento ven-ne voluto da Giulio Monteverde.Questi fu sempre molto vicino all'arti-sta (suo allievo) ed espresse un giudi-zio positivo sull'arte del veneziano:"sono convinto del suo risultato chepotrà dare il Signor Comm. Vito Pardocon il suo progetto di monumento allaricordanza della famosa battaglia diCastelfidardo, Duce vincitore EnricoCialdini. Il modo con cui il Sig. VitoPardo ha svolto in suo concetto è nuo-vo e senza cadere nell'inverosimile,trattandosi di un monumento da collo-carsi in aperta campagna" (lettera delsenatore Giulio Monteverde del 9novembre 1906). L'opera muraria, nella quale è incasto-nata la parete del monumento, è delmaestro Giordani di Castelfidardo. Isoldati del monumento del GeneraleCialdini - che si delineano da una mas-sa quasi abbozzata - diventano sogget-ti precisi e delineati accanto al coman-dante del plotone. Il generale che, acavallo del suo destriero, indica il

Il dinamismo di Boccioni e di Pardo.Il "Monumento Nazionale delle Marche"

di Castelfidardo di Andrea Carnevali

nemico incoraggiando i suoi soldatialla carica. La forza è esaltata daCialdini che incita i suoi uomini che lohanno seguito nella battaglia a com-battere valorosamente. La scena èdrammatica: i proiettili sparati si tra-ducono per i Piemontesi in tensione emorte, sotto il fuoco della guerra5. Letruppe del Generale, infatti, il 18 set-tembre si scontrarono a Castelfidardocon l'esercito del Papa che in pocheore furono costrette ad una fuga fretto-losa e disorganica verso Ancona.Mentre il 20 settembre le truppe pie-montesi entravano a Macerata ed il 29settembre le truppe francesi si arrende-vano ad Ancona6. Vito Pardo rende la rappresentazionedell'evento bellico attraverso la meta-fora del movimento che ha consentitodi raggiungere la liberazione. Ma l'in-tera struttura compositiva presenta ele-menti di innovazione nel linguaggioartistico, soprattutto se visti nell'ambi-to della scultura commemorativa.Tanto che il gruppo scultoreo è postoverso il mare (nell'attuale scalinataDalmazia), quindi in una prospettivadiscendente. Il rapporto tra Boccioni e Pardo si svi-luppa sull'identità di significato delcavallo che è una parte fondamentaledella realtà della guerra. L'adesione allinguaggio futurista di Boccioni costi-tuisce per Vito Pardo il risultato piùsignificativo del suo futurismo. È latestimonianza dell' uomo moderno cheappare, anche, dal gruppo scultoreodove nella scena dell'attacco aiPiemontesi si rievoca la guerra: fame,fatica, sangue e morte che sono nellamemoria dei Marchigiani, dopo laBattaglia di Castelfidardo8. L'allusione non è causale perché ilmonumento si è conservato nonostanteil cambiamento di indirizzo politicoche avvenne al tempo di Mussolini,cioè dalla fascistizzazione del mitodella guerra che fu parte del mito e del-la ricostruzione del paese. La commi-stione degli stili fa pensare anche aRoma, alle tante fontane rocciose9. Lacapitale era stata, del resto, il luogodove l'autore si era formato nello stu-dio di Monteverde. Prima di terminare i lavori aCastelfidardo, a Vito Pardo vennecommissionato dallo Speranza unBusto di Garibaldi a Grottammare, aridosso della distrutta casa che ospitò ilgenerale nel giardino pubblico. Essorichiama indirettamente il piccoloMonumento dell'Italia dell'Unitàd'Italia (1911), realizzato dall'artistaper il municipio di Pergola. L'aspetto più singolare del monumentodi Castelfidardo è il culto dei caduti,già presente nelle tradizioni rituali dei

diversi nazionalismi che fu la "primauniversale manifestazione liturgicadella sacralizzazione della politica delXX secolo e diede nuovo impulso allasantificazione della nazione. I cimiteridi guerra e soprattutto la diffusione deimonumenti alla memoria dei caduti inbattaglia, restano come la testimonian-za visibile del livello di universalitàraggiunta dal culto della comunitànazionale" (scrive Silvia Cuppini)10.Ciò spiega anche la funzione descritti-va del cavallo - simbolo antichissimo -che acquisisce in Boccioni e in Pardouna visione onirica dello spazio e del-la morte. Così come fin dal Quattrocento è fre-quente vederla nelle incisioni diAlbrecht Dürer: le linee del corpo del-l'animale sono adattate alla descrizionedei particolari delle gambe e degli

attributi anatomici11. È così anche peril cavallo di Vito Pardo che vieneimpaurito dal colpo delle armi perchéferisce a morte un soldato. La rabbiadell'animale che imbizzarrito dal fuocodelle armi disorienta l'armata che fapensare all'intuizione del sua fine nelcampo di battaglia. L'anatomia delcavallo accentua molto probabilmentel'ipotesi dello studio delle opere diDürer (e secondariamente dell'osserva-zione diretta del cavallo) per la proget-tazione del gruppo in bronzo. Vito Pardo ha fatto della sua operaun'allegoria del percorso soffertodell'Unità d'Italia che mostra con unamatrice realista e sofferente. La Battaglia di Castelfidardo si presta-va bene all'allegoria del ritratto dell'e-poca che voleva mettere a fuoco l’e-vento storico, ma dal punto di vista

Page 15: VIVARTE N°7

15

Battaglia di Castelfidardo

Andrea Carnevali, è giornalista e saggistaed ha pubblicato articoli, recensioni e sag-gi di arte di letteratura e di cinema.

militare fu senz'altro di modesta porta-ta, mentre nella direzione politicasegnò una pagina gloriosa della storianazionale12. Nel XXVI Battaglione Bersaglieri cheil generale Cialdini, comandante deiPiemontesi, aveva posto a guardia del-la vallata sottostante il colle di MonteOro Selva, si riconoscono i personaggidella storia garibaldina che cambiaro-no il volto delle Marche13. Il significa-to più forte del complesso monumen-tale è perseguito da Ernesto Garulli diFermo che costituì una Commissioneper l'erezione del monumento ai cadu-ti della battaglia, la cui vittoria da par-te dei piemontesi, guidati dal GeneraleCialdini, aveva significato la "riduzio-ne" dello Stato Pontificio e l'unionedelle Marche e dell'Umbria all'Italiasotto i Savoia. Il conte Garulli pensavaad una opera grande degna della causaitaliana perché la battaglia ed il suocondottiero meritavano riconoscenza. I soldati della fanteria dove spuntanotra il plotone alcune piume dei bersa-glieri, superstiti di ritorno a trarre ven-detta, sono alte tre metri, e il cavaliereraggiunge i cinque metri e mezzo. Trai militari e posto in prima fila emergeCialdini: eroico, modellato con vigoriae espressività. La muscolatura delcavallo conferisce un fremito di impa-zienza, trattenuta dalla mano forte eferma del generale 14. La vivacità della vicenda e la sua for-mazione romana confermano la lineadel realismo-impressionista con alcunielementi del liberty16, che si intreccia-no alle immagini-simbolo di Boccionipiene di coraggio, di audacia e di ogniribellione. Vito Pardo, inoltre, aderisceal neo-impressionismo che rielaboròoriginalmente nella scultura17. Nella scelta di inserire nel gruppo dibronzo un giovane militare che stamorendo, c'è un desiderio di inneggia-re alla guerra, sottolineando il privile-gio di morire di alcuni eroi in battaglia.In guerra caddero 88 volontari pontifi-ci e 63 militari piemontesi; un numeroesiguo di vittime per una battaglia che- sotto l'aspetto politico e civile - fufondamentale per le sorti delle Marchee dell'Umbria e la loro annessione alRegno d'Italia18. Il monumento è protetto da due cancel-late in ferro battuto, denominate le"Cancellate degli Allori" che furonodisegnate dal Pardo nel 1925 e chesono le vie di accesso alla collina 19.Nella parte esterna della piramide -dove si trova l'ossario - vennero scol-piti i nomi dei soldati piemontesi cadu-ti nella battaglia, mentre la parte inter-na venne lasciata bianca in onore deisoldati pontifici dei quali non si cono-sceva il nome. Le ossa dei soldati furo-

no seppellite in avelli separati nellastanza sottostante al monumento conlo stesso criterio di separazione dellafossa precedente. Simbolicamente il monumento (ossa-rio) a forma quadrata rappresenta ilparadiso, dove entrano dai due ingres-si i caduti dei due opposti eserciti,mentre le piramidi tronche rappresen-tano la loro vita spezzata nella batta-glia e la colonna centrale (che dovevaessere un angelo del perdono), è ilsegno della pietà divina sopra le particontendenti. Nel sacrario Vito Pardotenta di rinnovare il linguaggio dellascultura commemorativa attraverso ildinamismo e l'unione tra spazio circo-stante e opera d'arte.Come mai era accaduto prima di alloranell'ambito dei monumenti onorari, lafama di uno scultore si legava indisso-lubilmente al successo delle sua opere,al punto da concretarsi, alcuni annidopo, nell'erezione del suo autoritrattoin bronzo (1923) posto al centro di unoslargo della scala che conduce al sacra-rio, poco distante dal Monumento del-la battaglia di Castelfidardo. A diffe-renza del busto il monumento è fissatoal basamento con una base di rocciache rende vivace la scultura e recuperain maniera "ancora più totale" il temadegli spazi vuoti20. All'origine il gruppo scultoreo non erasconsacrato, poiché i vincitori avevanocombattuto contro il papa, poi nel1956 la nobildonna Maria LucreziaLepetit duchessa Ferretti diCastelferretti chiese ed ottenne dalvescovo di Recanati di benedire ilmonumento e le spoglie dei soldati, enella colonna centrale fu collocata unacroce cristiana21. Attorno al monumen-to vennero piantati cipressi e siepicome cornice a quello che si considerala prima forma concreta di condivisio-ne e fratellanza tra gli uomini europei.

1 U. Boccioni, Dinamismo di un cavallo incorsa + case (catalogo a cura di FredLicht), Guggenheim Foundation, 1996, pp.95-96. 2 L.N. Belobrzeckaja-Costa, Il Dinamismodi Boccioni in http://belkosta.narod.ru/boc-cio/dinamboc.htm - trad. dalla lingua russain italiano di Silvia Belloccio, a cura dellaprof.ssa Angela Siclari - Università degliStudi di Parma. 3 Il progetto per la realizzazione delMonumento Nazionale delle Marche alquale si decise di affidare l'incarico defini-tivo nell 'adunanza del 2 gennaio 1907,tenutasi a Firenze. Il Senato e la Cameradei deputati "approvarono il disegno di leg-ge per il concorso dello Stato nella spesaper il Monumento al generale Cialdini ed aicombattenti di Castelfidardo, il 17 marzo

1910 fu promulgato dal re d'Italia VittorioEmanuele III e dai Ministri Sonnino eSalandra" […]. Estratto dalla tesi: P. Fabbri,Il Monumento ai Caduti di Castelfidardo -opera di Vito Pardo (tesi) - Scuola diPerfezionamento in Storia dell'Arte, (rela-trice Silvia Cuppini), Facoltà di Lettere eFilosofia, Università degli Studi di Urbino,a.a. 1978-1979, pp. 42-43. L'incarico aVito Pardo venne approvato con la legge n.105 del 17 marzo 1910, sotto il Regno diVittorio Emanuele II. Il monumento vennedichiarato di alta riconoscenza nazionale edinaugurato in forma solenne il 18 settembre1912: A. Piccioni, "Il monumento naziona-le" in La Battaglia di Castelfidardo, p.36 -inserto supplemento del "CorriereAdriatico" del 10 settembre 2010, edizioniArtema, Torino, p 10. 4 B. Condoleo, "I Cavalli di Boccioni" in IlCavallo nell'arte - rubrica mensile ideata ecurata da Bruna Condoleohttp://www.crazyhorsenews.com/9P10.html. 5 Cfr. AA.VV., "Il generale Enrico Cialdini"in La Battaglia di Castelfidardo, p 10. 6 I. Manzi, "L'amministrazione Valerio" inLe Marche e l'Unità d'Italia (a cura diMarco Severini) Edizioni Codex, Milano,2010, p. 50. 8 C. Bertelli, "Boccioni: e dal cavallo la cit-tà sale…", in "Corriere della Sera", 5 mar-zo 1996.9 S. Cuppuni, "L'Ottocento e il Novecento"in Scultura nelle Marche - dalle originiall'età contemporanea (a cura di PietroZampetti), Nardini Editore, Firenze, 1996,pp. 463-466.10 Ibidem.11 AA.VV., Incisioni di Antichi Maestri inhttp://www.salamongallery.com/pdf/164.pdf, Salamon & C., 2005, pp. 18-19; 24-25;28-29; 44-45. 12 Cfr. Castelfidardo - conoscere la città,pp.80-82. 13 AA.VV., Castelfidardo - conoscere la cit-tà, Poligrafica Bellomo, Ancona, 2001 pp.85-85. 14 A. Piccioni, "Il monumento nazionale",p.36. "Garulli lanciò una circolare con laquale invitava tutti i volenterosi a parteci-pare all'attuazione della sua idea. Le adesio-ne furono sollecitate e molte, tanto che ungruppo di cittadini ed autorità delle Marchesi riunì a Firenze in Comitato, sotto la pre-sidenza onoraria del S.A.R.". Però si decisein seguito a giudizio autorevole delMonteverde ed al voto concorde dei mem-bri marchigiani del Comitato, riuniti adAncona l'8 ottobre 1906. "Il presidente sirecò dagli altri componenti del comitatonon intervenuti completando così la vota-zione che, all'unanimità, diede parere favo-revole per il progetto del Pardo, al quale sidecise di affidare l'incarico definitivo nel-l'adunanza del 2 gennaio 1907, tenuta aFirenze": Cfr., P. Fabbri, Il Monumento aiCaduti di Castelfidardo - opera di VitoPardo, pp.32 e 36. Le fasi della battagliavengono riassunte nel testo G. Piccinini,Verso l'Unità d' Italia - 150 anni dallaBattaglia di Castelfidardo in MarcheCultura - periodico culturale della RegioneMarche n. 3 (testo on line) http://www.cul-tura.marche.it/Modules/ContentManagmen

t/Uploaded/CMItemAttachments/Rivista.pdf.16 M. Papetti, "La patria di marmo" - Gliscultori marchigiani e la celebrazione delRisorgimento in L'età dell'Eclettismo - artee architettura nelle Marche fra Ottocento eNovecento (a cura di Fabio Mariano),Edizioni Nembrini, Firenze, 2004, pp. 183-184. 17 Ibidem. 18 Il testo relativo al numero dei soldatimorti in battaglia è pubblicato in sintesi nel-la pagina http://www.comune.castelfidar-do.an.it/visitatore/index.php?id=50017.19 Ibidem.20 M. Papetti, "La patria di marmo" - Gliscultori marchigiani e la celebrazione delRisorgimento, cit., pp. 185-186. 21 Archivio delle Pillole di StoriaFidardense, a cura del Centro Studi StoriciFidardesi - 1582-2009: La Chiesa el'Immagine del Crocifisso a Castelfidardohttp://www.comune.castelfidardo.an.it/Visita tor i/Sto ria /ar ch ivio _pillo le /158 2-chiesa_e_crocifisso_1.htm, pp. 1-3.

Page 16: VIVARTE N°7

16

Figura 1

Moenia et moresdi Filippo Venturini

Nell'area compresa fra il corso delFoglia e quello del Misa, sono attesta-ti tre mosaici ritraenti mura turrite: unoa Pisaurum rinvenuto in viaGavardini1 (fig. 1) e due a Suasa: uno(fig.2) emerso presso la Domus deiCoiedii2; l'altro che fa da cornice nelmosaico del cubiculum AK dellaDomus stessa3. Di questi due pavimen-ti il primo presenta un motivo più natu-ralistico, è il più antico, il secondo piùschematico.Fra la fine della repubblica e l'iniziodell'impero, la scelta d'un simile temadecorativo ha un significato preciso,che va bene al di là dell'estetica.Quello delle mura cittadine è un moti-vo d'origine ellenistica, che parrebbederivare da decorazioni tessili4, apparespesso associato al labirinto, e sia inquesto caso, che quando è a sé stante,ha un forte valore semantico. La rap-presentazione della città, infatti, com-prende in sé la summa di valori legatisì alla sfera politica, ma anche di esi-genze e comportamenti sciali, in unaparola un vero e proprio stile di vita, diquella concezione di urbanitas, con-nessa indissolubilmente all'idea di cen-tro urbano, che acquista un senso deci-sivo in questi nuovi territori, essendosegno della promozione sociale dellenuove classi dirigenti e del loro essereall'altezza di una "vita romana". Lamanifestazione del proprio ruolo pub-blico, della propria potenza sociale,infatti, oltre che dalla proprietà di unadomus adeguata, dipendeva anche daciò che si era in grado di fare, anche incampo edilizio, di bello e utile per lacittà5. In sintesi le mura cittadine neimosaici rappresenterebbero una sortadi compenetrazione della città nellacasa e della casa nella città, quest'ideaverrebbe rafforzata dalla presenza dellabirinto6. A Pisaurum, però, questotema potrebbe caricarsi d'un'ulteriorevalenza, visto che il mosaico sarebbeascrivibile al I a.C. in questo periodoinfatti, si verificano nella città due“prodigia”: a Pesaro fu avvertito unfremito della terra, i merli delle muracaduti a terra, senza che ci fosse un ter-remoto, preannunciarono le guerrecivili7; “Pesaro colonia di Antonio,lungo la costa adriatica, fu inghiottitada una voragine apertasi nel terreno8”..

Il primo di questi due episodi è ascrit-to al 97 a.C., inizio d'un torbido perio-do per la repubblica romana: guerrasociale, guerre civili, fra Mario e Sillaprima, fra Cesare e Pompeo, poi e,infine, fra Antonio ed Ottaviano e ilsecondo prodigium è proprio legato almomento culminante dello scontro fraquesti due: la battaglia di Azio 31 a.C.Tutti questi fatti hanno forti ripercus-sioni su Pisaurum ed il territorio circo-

stante, che si trovano schierati con laparte perdente, sia in occasione delconflitto fra Mario e Silla, che in quel-lo fra Antonio e Ottaviano.Le mura sono la summa dei valori civi-li ed etici dei quali, per volere deglidei, è alfiere il popolo romano: bellumingens geret Italia populosque feroces/contundet moresque viris et moeniaponet9. Si noti il legame fra mores emoenia, che verrebbero imposti dallearmi romane, dopo avere sconfittopopulos feroces, quale popolo si sareb-be potuto mostrare più ferox dei barba-ri Celti, stanziati proprio fra Utens edEsino10? Si trattava di quegli stessiSenoni che avevano saccheggiatoRoma nel 390 a.C. A questo episodioPisaurum è legata da una tradizionesecondo la quale Furio Camillo avreb-be qui recuperato l'oro romano11.Diodoro Siculo, in una celebre descri-zione, fa dei Celti un vero e proprioparadigma di ferocia: “(…)molti com-battono nudi (…)appendono ai collidei cavalli le teste mozze dei nemici(…) terribili d'aspetto emettono suonigravi e orridi (…) Minacciosi, esaltatied eccessivi (…)12”. Pisaurum era inol-tre una colonia di Antonio, reso folledall'orribile mostro Cleopatra, lo scon-tro con il quale venne presentato comeuna lotta contro la barbarie orientale.Non sarà certo un caso se Augusto sce-glierà di restaurare, a proprie spese, laFlaminia, che attraversava un territo-rio che gli era stato ostile, alle città delquale diede moenia, quindi mores. Siricordino: Fanum Fortunae, Ariminume Pisaurum che fu rifondata come:Colonia Iulia Felix nel 27 a. C.13

Il portato semantico della raffigurazio-ne delle mura cittadine in questo casoè verosimilmente amplificato dalleparticolari vicende nelle qualiPisaurum si trovò coinvolta, in virtù diciò saremmo tentati di attribuire ilmosaico di via Gavardini agli anniimmediatamente successivi alla rifon-dazione augustea della città. Il piùantico dei due mosaici di Suasa è data-to al I a. C 14, seppur con qualche oscil-lazione verso l'alto, infatti chi l'ha sca-vato lo inscriverebbe fra la fine II a.C.ed il principio del secolo successivo15.Non è un periodo qualsiasi, si trattainfatti dell'epoca nella quale il centroassunse lo status di municipium o pocoprima, anche in questo caso, si riappa-lesa il nesso: moenia/urbanitas, con-fermato anche dal resto dei mosaicicon raffigurazioni simili, presenti inItalia e soprattutto nel territorio dellaCisalpina, ove i pavimenti di questotipo sono ascrivibili ad un'epoca com-presa fra il I a. C. ed il I d. C.: momen-to fondamentale dell'urbanizzazione eromanizzazione dell'area16.

Figura 2

La pregnanza semantica delle muracittadine in questo periodo è confer-mata da dei rilievi, per lo più ascrivibi-li alla seconda metà del I a. C., cheritraggono porte urbiche e tratti di cin-te murarie: si tratta di frammenti dimonumenti funerari. Vediamo dunqueche questo tema figurativo accomunadomus e sepolcro, cioè i due ambitipreminenti dell'espressione dello sta-tus sociale17. Il secondo mosaico diSuasa, è invece ascrivibile al III seco-lo d..C., quindi in piena età imperia-le18, in questo caso il motivo ornamen-tale in questione è estremamente sche-matico, apparentemente, completa-mente desemantizzato, ridotto al rangodi semplice elemento ornamentale.Anche nella Cisalpina a partire dal Id.C. il tema in questione viene comple-tamente svuotato di significato e que-sto è stato ritenuto conseguente alladelusione dei locali ceti aristocratici,per la politica di Augusto dopo Azio19.È anche vero che: questo simboloavrebbe potuto perdere la propriavalenza per il lungo periodo di pace,benessere e sicurezza, che caratterizzòl'Italia dopo l'instaurazionedell'Impero.Va inoltre rilevato come: sia in connes-sione con il labirinto, che da sola, lacinta muraria è costantemente colloca-ta in ambienti di passaggio, verso areedi notevole importanza nella domus: aBedriacum segna il passaggio al tricli-nium; a Cremona precede un ambientepavimentato in sectile; a Ravenna lostesso tema si trova in un vestibolo;mentre a Pompei nella casa di M.Caesius Blandus, le sole mura con por-ta sono ritratte in una soglia, così comenella "Casa del Cinghiale" sono nell'a-rea antistante il tablinum20. Ciò potreb-be fornirci qualche indizio per l'inter-pretazione del pavimento pesarese, chepotrebbe scandire il passaggio ad unambiente di particolare riguardo, oaddirittura essere un vano di rilevanza

della domus, visto che a Pompei tro-viamo lo stesso tema ornamentaleanche nel tablinum della "Casa diTrittolemo"21.Nel pavimento di Pesaro il campo cen-trale è costituito da un'area realizzatasecondo la tecnica del lithostroton, chericorre anche altrove in questo territo-rio: ad Urbino in via Veterani, in unmosaico attribuito, in base a dati strati-grafici22, al I d. C.A volte il portato semantico della cintamuraria, oltre che dalla connessionecon il labirinto è rafforzato dalla raffi-gurazione di Teseo che uccide ilMinotauro. L'eroe in quanto fondatoredi Atene rimanda ai valori legati all'ur-banitas e alla vittoria sulla barbarieimpersonata dal mostro. Non a casoAugusto utilizzò Teseo per la sua pro-paganda, come dimostra la decorazio-ne del frontone di Apollo Sosiano aRoma. Abbiamo dunque individuato un com-plesso semantico costituito da: mura,labirinto, eroe che uccide un mostro,simboleggiante i valori della civiltà,cioè un cosmo ordinato e contrappostoal caos, ovvero: il Minotauro 23.Bisogna aggiungere un altro elemento:il tempo, inteso come Chronos, secon-do la definizione platonica24, cioè loscorrere dei gironi, degli anni, che iRomani non a caso contavano ab urbecondita. Fare vacillare l'ordine cittadi-no significava, fare vacillare, sovverti-re anche il tempo, l'eroe è dunqueanche signore del tempo e così, chi gliè assimilato o, chi vi si assimila.Augusto riforma il calendario e fa eri-gere, a fianco all'Ara Pacis, un grandeorologio solare.Ritroviamo questo stesso complessosemantico, seppur, sub mutata specie,nel S. Michele di Raffaello (fig.3).L'opera è carica di simboli che sonostati ricondotti alla vittoria deiMontefeltro su Cesare Borgia, che siera impadronito di Urbino nel 150225,

Page 17: VIVARTE N°7

17

Figura 3

in particolare si identificherebbe ilSatana-drago con il Valentino, la cittàin fiamme sullo sfondo sarebbe la cittàdi Dite dell'Inferno dantesco26 e allasinistra di S. Michele: Gianni Fucciladro, sacrilego, ricordato da Dante27;mentre la teoria di incappucciati rap-presenterebbe gli ipocriti, sempresecondo la descrizione dantesca28.Il Borgia era ritenuto: ipocrita, assassi-no, traditore, saccheggiatore di città29,cioè: fautore del caos, come ilMinotauro e, come quello, fu soppres-so dall'eroe civilizzatore, in questocaso S. Michele, al quale sono assimi-lati i Montefeltro, come Augusto aTeseo. La città sullo sfondo è simbolodell'ordine violato, che però vienericostituito a seguito della soppressio-ne del monstrum. Il valore semantico e la capacità per-suasiva di certi simboli appaionoimmutati, ugualmente potenti, doposecoli, a prescindere dalle sovrastruttu-re retoriche con le quali vengono pre-sentati, a seconda delle epoche. “Non si torna indietro verso il mito, ilmito lo si incontra di nuovo quando iltempo vacilla sin dalle fondamenta,sotto l'incubo di un pericolo estre-mo30”. Così come il tempo aveva vacillatoall'epoca dello scontro fra Ottavianoed Antonio, l'aveva fatto anche ad ope-ra del Valentino: seppur formalmentediversi, i simboli con i quali si rappre-senta il caos e la restituzione dell'ordi-ne sono, sostanzialmente, identici.

1 L. MERCANDO, I mosaici romani, inPesaro nell'antichità, Venezia 1984, pp.198-199.2 S. DE MARIA, Moasici di Suasa: tipi,fasi, botteghe, in Atti del III colloquidell'AISCOM, Bordighera 6-10 dicembre1995, Bordighera 1996, pp. 414-415.3 M.G. BERTANI, P.L. DALL'AGLIO, S.DE MARIA, Scavi nella città romana diSuasa, in Picus XIV-XV 1996, p. 141.4 M. E. BLAKE The pavments of Romanbuildings of the republic and early empire,Roma 1930., pp. 73-74; I. BALDASSAR-RE, Pittura parietale e mosaico pavimenta-le dal IV al II a.C., in Dialoghid'Archeologia, 2 1984, pp. 65-76; G. L.GRASSIGLI, La scena domestica e il suoimmaginario, Perugia 1998, p. 1105 GRASSIGLI, op. cit., p. 1076 IDEM, op. cit., pp. 101-112.7 Giulio Ossequente, Liber Prodigiorum,657, L. BRACCESI, Lineamenti di storiapescarese in età antica, in AA.VV., Pesaronell'antichità, Venezia 1984, pp. 1-38, inparticolare p. 18. " a Pesaro fu avvertito unfremito della terra, i merli delle mura cadu-ti a terra, senza che ci fosse un terremoto,preannunciarono le guerre civili"8 PLUT, Ant. 60, 2 " Pesaro colonia diAntonio, lungo la costa adriatica, fu

inghiottita da una voragine apertasi nel ter-reno"9 VERG. Aen. I 263-264 "guerra grande faràin Italia, combatterà popoli fieri, darà usicivili e mura alla sua gente"10 G. PACI, Umbria ed Agro Gallico aNord del fiume Esino, in Picus XVIII, 1998,pp. 89-118, in particolare pp. 93-94.11 BRACCESI, op. cit., pp. 9-13.12 DIOD., V 26-31.13 BRACCASI, 1984, p. 25.14 L. MERCANDO, I mosaici romani, inPeasro nell'antichità, Venezia 1984, pp.198-199; 15 S. DE MARIA, Moasici di Suasa: tipi,fasi, botteghe, in Atti del III colloquidell'AISCOM, Bordighera 6-10 dicembre1995, Bordighera 1996, pp. 414-415.16 GRASSIGLI, op. cit., p. 108.17 IDEM, op. cit., p. 11018 BERTANI, DALL'AGLIO, DE MARIA,art cit., p.141.19 IDEM, pp. 111-112.20 IDEM, pp. 105-111.21 BLAKE, op. cit., ss.22 A.L. ERMETI, Rinvenimenti di mosaicipavimentali romani in Urbino, in Notizie daPalazzo Albani XX, 1991, pp. 18-19.23 G. DAREGGI, I mosaici con raffigura-zioni del labirinto: una variazione sul temadel "centro", in MEFRA 104, 1992, pp.281-292, in particolare, p.291.24 PLATO, Tim. 37-39; A. ZACCARIARUGGIU, Le forme del tempo Aion,Chronos e Kairòs, Padova 2006, p. 29; F.VENTURINI, Il mosaico di Aion diSentinum, un nuovo tentativo di lettura, inPicus XXVIII, 2008, pp.213-231, in partico-lare pp. 226-227.25 D. DIOTALLEVI, San Michele, in L.MOCHI ONORI (a cura di) Raffaello eUrbino, Milano 2009, p. 178.26 Inferno VIII 27 Inferno XXV 28 Inferno, XXIII.29 DIOTALLEVI, art. cit., p. 178.30 E. JÜNGER, Trattato del ribelle, Milano2001, p. 60.

Filippo "Phil the Thrill" Venturiniarcheologo, studioso di mosaici; armonici-sta, da anni collabora col chitarrista e can-tante Stefano "Steve" Mancini, che haapprofondito la conoscenza del Blues, sog-giornando a New Orleans, suonando conmusicisti locali. Stefano è anche incisore,recentemente (10/7-3/8, 2008) ha espostole proprie opere ai Giardini della Biennale,a Venezia.

Page 18: VIVARTE N°7

18

Nel percorso di sperimentazioneceramica dell'associazione L'Artein Arte di Urbino, questa estate si èaggiunta un' interessante esperien-za realizzata nelle colline delMontefeltro il 21 ed il 22 agostonella bella casa della ceramistaRegine Lueg. Guidati dal 'saper fare' dei cerami-sti Roberto Aiudi, maestro d'arteceramica della Corte dellaMiniera, e Orazio Bindelli, mem-bro dell'Associazione degli Amicidella ceramica di Urbania, il lavo-ro di molte mani curiose ed attentehanno trasformato un centinaio dimattoni refrattari, tante pagine divecchia carta e la gialla terra loca-le in una fornace celtica e in unforno villanoviano. La costruzione dei forni è stata rea-lizzata durante la prima giornata edalla sera già la fornace celticaaccoglieva la sua prima fiamma dipreriscaldamento. Nel secondogiorno, una volta ben disposte leceramiche preparate dai parteci-panti, sono stati accesi i forni perla cottura sperimentale del bucche-ro nella fornace celtica e della tec-nica pitfire nel villanoviano. Il fuoco è durato molte ore alimen-tando la curiosità di tutti e, soprat-tutto, il desiderio di proseguire nelprossimo futuro questa bella espe-rienza di ricerca iniziata insiemeper estendere la conoscenza dinuove tecniche e linguaggi espres-sivi e per fare della terra una mate-ria di sentimento condiviso.

Michela Minotti, Designer orafa e cerami-sta, studia Archeologia all'Università diRoma "La Sapienza" che la porta ad elabo-rare l'arte primitiva nella propria ricercaartistica contemporanea.Si dedica all'argilla e alle tecniche di ridu-zione post-cottura che le permettono diesprimere al meglio il suo stretto ed intimorapporto tra ricerca, progettazione e spon-taneità creativa attraverso una nuova lettu-ra della materia a lei più congeniale; laTerra.

Emanuela Mencarelli, vive a Roma. Perlavoro si occupa di ricerca nell'ambito del-la formazione e dell'occupazione in campoambientale. Dal 2007 fa parte dell'associa-zione L'Arte in Arte. Sperimenta il suo lin-guaggio espressivo attraverso la ceramica,la fotografia, l'incisione e la scrittura.

Antichi rituali che si fondono asperimentazioni contemporanee,mani sapienti che danno vita e for-ma ad un progetto di ricerca e con-divisione. È Cottaterra.Persone e artisti provenienti dallepiù varie formazioni professionaliarricchiscono l’esperienza diognuno concedendosi a linguaggidiversi che si fondono in un unicogrande lavoro di squadra.Nel fuoco rimane impressa la sod-disfazione di chi, con fatica e pro-fessionalità, si mette in gioco ognivolta con rinnovato entusiasmo e irisultati inaspettati rendono vive enuove le sensazioni di chi vi parte-cipa.Cottaterra diviene così un percorsopersonale attraverso la tecnicaceramica, il confronto col saperealtrui, la sensazione di ritrovareanche un po’ di se stessi nei proprimanufatti. Ecco allora la meticolosa precisio-ne di una piccola medaglia, l’im-mediatezza di una sigillata tornita,l’essenzialità geometrica prenderecarattere e donare meraviglia econcitazione ai presenti.Sui visi non vi è traccia di pretesedi perfezione, piuttosto il desideriodi assaporare ogni singolo passofacendo tesoro dell’insegnamentodei Maestri e di tutti gli artisti checon umiltà e dedizione si sono tra-sformati in preziose guide in gradodi regalare sensazioni uniche e irri-petibili.

Cottaterradi Emanuela Mencarelli e Michela Minotti

Partecipanti:Roberto Aiudi

Orazio BindelliNazzarena Bompadre

Silvia CaitiAngela Casaregola

Gianfranco CeccaroliGabriella Edifizi

Regine LuegOliviero Gessaroli

Emanuela MencarelliMichela Minotti

Fulvio PaciFrancesco PerniceGiampiero Sbarbati

Pompea PolliniGuido VanniPaola Zago

Page 19: VIVARTE N°7

19

Page 20: VIVARTE N°7

Vivarte

N°7 2011Semestrale di arte, letteratura, musica e scienza dell'AssociazioneCulturale "L'Arte in Arte"Via Pallino, 10 61029 Urbino cell. 347 0335467cell. 338 6834621

Registrazione N° 221/07 registro periodico Tribunale di Urbino del 18 maggio 2007

Direttore responsabileLara Ottaviani

RedazioneAlberto Calavalle Luciano Ceccarelli Gualtiero De SantiOliviero GessaroliMaria Lenti

CollaboratoreFulvio Paci

Hanno collaborato a questo numeroMirco BallabeneAlberto BerardiAndrea CarnevaliManuel CohenFrancesco ColocciGiovanna GiomaroMaria LentiCarlo MelloniEmanuela MencarelliMichela MinottiStefano PapettiErmanno TorricoFilippo Venturini

Progetto graficoSusanna Galeotti

TipografiaIndustrie grafiche SATPesaro

Sede legaleVia Pallino, 1061029 Urbino www.larteinarte.ite-mail [email protected]

Alfabeto, Acqueforti (1747-1748)Joannes Nini Urbinas Fecit

La rivista può essere richiesta attraverso e-mail [email protected] scrivendoall’Associazione “L’Arte in Arte”Via Pallino, 1061029 Urbino (PU) ITALIA

ProvinciaPesaro e Urbino

Assessorato alle Politiche Culturali

di Pierleoni MassimoVia Sasso, sn URBINOTel. / FAX 0722 329550

[email protected]

Via B. Mercatale, 18Tel. 0722 322440

URBINO

AGENZIA VIAGGIBorgo Mercatale, 30

61029 URBINOTel. 0722 327831 fax 0722 378452

[email protected]

Via Fornace Vecchia, 1361033 Fermignano (PU)Tel. e Fax 0722 33 12 10

ASSISTENZA - NOLEGGIO AUTOVia Urbinate, 76

Loc. Trasanni URBINO Tel./FAX 0722.2660

PRONTO INTERVENTOcell. 334 3892337

EFFEPI’di Feduzi Fabiola e

Paolucci Davide s.n.c.Via B. Sforza, 1 URBINO (PU)

Tel. 0722 327286 Fax 0722 327289