vita quotidiana e aspettative delle donne dell’arco alpino

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1 Novembre 2005 Vita quotidiana e aspettative delle donne dell’arco alpino: le donne della Vallemaggia si raccontano. Anita Testa-Mader / Giuliana Messi Laboratorio di Ingegneria della Formazione e Innovazione – Università della Svizzera Italiana, Lugano

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Novembre 2005

Vita quotidiana e aspettative delle donne dell’arco alpino: le donne della Vallemaggia si raccontano. Anita Testa-Mader / Giuliana Messi Laboratorio di Ingegneria della Formazione e Innovazione – Università della Svizzera Italiana, Lugano

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Sommario

1. Introduzione................................................................... 4 1.1. Il progetto WomenAlpNet................................................................. 4 1.2. Contesto territoriale e specificità regionale dello studio ....................... 5 1.3. Domande di ricerca e obiettivi ........................................................... 8 1.4. Metodologia ..................................................................................... 9

1.4.1. Persone intervistate..................................................................... 9 1.4.2. Strumenti.................................................................................. 10 1.4.3. Modalità di svolgimento............................................................ 12 1.4.4. Analisi dei dati.......................................................................... 12

1.5. Presentazione dei risultati................................................................. 12

2. Le donne si raccontano ............................................... 15 2.1. Caratteristiche sociodemografiche delle donne intervistate ................ 15 2.2. Il percorso professionale e la situazione lavorativa attuale ................. 16

2.2.1. Donne senza un’attività professionale retribuita .......................... 16 2.2.1.1. Formazione e percorso professionale ................................ 17 2.2.1.2. Il cambiamento................................................................. 19

2.2.2. Donne con un’attività professionale retribuita............................. 20 2.2.2.1. Formazione, percorso professionale e attività professionale attuale ........................................................................................... 20 2.2.2.2. Motivazioni ...................................................................... 23

2.3. Le possibilità di lavoro per le donne................................................. 26 2.3.1. Donne senza un’attività professionale retribuita .......................... 26 2.3.2. Donne con un’attività professionale retribuita............................. 31

2.4. Prospettive, progetti, rimpianti ......................................................... 34 2.4.1. Prospettive e progetti................................................................ 34 2.4.2. Il percorso Arianna e il suo significato........................................ 35 2.4.3. Rimpianti.................................................................................. 36

2.5. Le “altre” attività / il volontariato...................................................... 37 2.5.1. Donne senza un’attività professionale retribuita .......................... 37

2.5.1.1. Tipo di attività svolte......................................................... 38 2.5.1.2. Il significato delle attività ................................................... 40

2.5.2. Donne con un’attività professionale retribuita............................. 42 2.5.2.1. Tipo di attività svolte......................................................... 43 2.5.2.2. Il significato delle attività ................................................... 43

2.6. Conciliare famiglia e altre attività: le difficoltà / le risorse a cui far capo44 2.6.1. Donne con un’attività professionale retribuita............................. 44

2.6.1.1. Soluzioni conosciute o sperimentate .................................. 44 2.6.1.2. Risorse di tipo personale................................................... 50 2.6.1.3. I valori ............................................................................. 52

2.6.2. Donne senza un’attività professionale retribuita .......................... 54 2.6.2.1. Soluzioni conosciute o sperimentate .................................. 54

3

2.6.2.2. Risorse di tipo personale................................................... 59 2.6.2.3. I valori ............................................................................. 61

2.7. Vivere il territorio ............................................................................ 62 2.7.1. Aspetti biografici....................................................................... 62 2.7.2. Valutazioni................................................................................ 64 2.7.3. La scelta................................................................................... 66 2.7.4. Conseguenze positive e negative per i figli.................................. 67 2.7.5. Le principali difficoltà per le donne ............................................ 68

3. Domande specifiche ..................................................... 77 3.1. I valori di riferimento ....................................................................... 77 3.2. Rappresentazioni e aspettative nei confronti di servizi o strutture per le donne .................................................................................................... 86 3.3. Conoscenze informatiche e disponibilità verso la comunicazione mediata da computer........................................................................................... 92

4. Discussione e conclusioni ............................................ 96 4.1. Sintesi dei principali aspetti emersi nei capitoli tematici...................... 96

4.1.1. Il percorso professionale e la situazione lavorativa attuale:.......... 96 4.1.2. Le possibilità di lavoro per le donne .......................................... 98 4.1.3. Le “altre” attività / il volontariato................................................ 99 4.1.4. Conciliare famiglia e altre attività.............................................. 100 4.1.5. Vivere il territorio.................................................................... 104 4.1.6. I valori di riferimento............................................................... 106 4.1.7. Rappresentazioni e aspettative nei confronti di servizi o strutture per le donne ........................................................................................... 107 4.1.8. Conoscenze informatiche e disponibilità verso la comunicazione mediata da computer ........................................................................ 108

4.2. Limiti del lavoro ............................................................................ 109 4.3. Alcune osservazioni conclusive ...................................................... 110 4.4. La ricerca come strumento di conoscenza e riflessione.................... 113

Ringraziamenti .............................................................. 115 Bibliografia .................................................................... 116

Allegati Allegato 1 – Traccia interviste Vallemaggia

Allegato 2 – La Vallemaggia: alcuni dati quantitativi Allegato 3 – Le considerazioni di alcune interlocutrici e

interlocutori privilegiati

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1. Introduzione 1.1. Il progetto WomenAlpNet Questo studio è stato effettuato nell’ambito del progetto europeo WomenAlpNet1 (INTERREG IIIB – Spazio Alpino), il cui obiettivo è la costituzione di una rete di istituzioni locali e di Centri Risorse Donne per promuovere la partecipazione femminile allo sviluppo sostenibile dello Spazio Alpino. Più precisamente WomenAlpNet è un progetto che nasce nell’ambito della Comunità Europea, quale partnership tra gli stati dell’arco alpino, e che si sviluppa su un periodo di due anni (gennaio 2004 - gennaio 2006). Il progetto intende rilevare le competenze e le potenzialità delle donne - con particolare attenzione a coloro che vivono nelle zone rurali dell’arco alpino e subalpino - e la loro partecipazione attiva nei diversi contesti economici, attraverso la costituzione di modalità di lavoro e di servizi di qualità comuni ai partner coinvolti. In particolare, si mira allo sviluppo di una rete di cooperazione stabile tra i Centri Risorse Donne attivi nello Spazio Alpino che possa essere ulteriormente ampliata dopo la conclusione del progetto. L’obiettivo finale può essere identificato nel fornire alle donne supporto, assistenza e accesso paritario alle risorse locali e regionali, attraverso la promozione di attività di cooperazione - in una prospettiva di genere - fra attori pubblici e privati dello sviluppo. I partner del progetto sono:

• In Italia: la Provincia di Lecco (Partner capofila), la Provincia Autonoma di Trento (Dipartimento Istruzione, Unità Organizzativa Pari Opportunità), la Provincia di Torino (Assessorato alla Solidarietà Sociale e Politiche per i Giovani, Sanità e Pari Opportunità), la Regione Lombardia (Unità Organizzativa Politiche Femminili e Pari Opportunità), il Centro di Iniziativa Europea e S.&T. .

• In Austria: Initiative Frau & Arbeit, Salisburgo. • In Francia: Union Régionale des Associations Centre d’Information

pour les Femmes et les Familles (URACIFF), Lione. • In Slovenia: Regionalni Razvojni Center Koper, Capodistria. • In Svizzera: il Laboratorio di Ingegneria della Formazione e

Innovazione (LIFI), Università della Svizzera Italiana, Istituto Comunicazione e Formazione, Lugano.

1 <http://www.womenalpnet.org/>

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Il modulo (WP11), intitolato “Gender mainstreaming”, è stato suddiviso in due parti: la prima aveva l’obiettivo di valutare la trasferibilità di “buone pratiche” di “Gender mainstreaming”, la seconda la realizzazione di un’indagine sul tema Servizi e risorse per promuovere l’occupazione femminile. Bisogni e aspettative delle donne sul territorio. Per affrontare questo tema un gruppo di lavoro transnazionale di WomenAlpNet ha definito due approcci di ricerca complementari:

• Un progetto di ricerca di cui è responsabile la regione Lombardia (affidato all’Istituto Regionale di Ricerca della Lombardia - IRER) per indagare, attraverso la somministrazione di un questionario, i bisogni e le aspettative di un campione di popolazione femminile rispetto all’attività dei Centri Risorse Donne; il questionario è stato somministrato a donne dei territori della Regione Lombardia, della Provincia Autonoma di Trento, del Land di Salisburgo e della Regione di Capodistria. Questa ricerca si proponeva di mettere in luce i bisogni e le aspettative delle donne rispetto all’attività dei Centri Risorse, indipendentemente dal fatto che le intervistate abbiano frequentato un Centro Risorse o un altro luogo destinato specificatamente alle donne per trarre risultati utili ad orientare l’attività dei partner che intendono istituire servizi specificatamente rivolti alle donne2. Nel questionario il Centro Risorse Donna viene definito “un servizio o un ufficio specificatamente rivolto alle donne, che si occupa delle loro esigenze e dei loro problemi” o anche “un servizio pubblico o privato che, pur essendo rivolto a tutti i cittadini, ha una particolare attenzione ai problemi delle donne: ad esempio nella ricerca del lavoro, nell’assistenza legale, nel supporto alla creazione di un’impresa, nella valorizzazione del ruolo delle donne nella società”.

• Un approfondimento qualitativo sullo stesso tema nel territorio svizzero, realizzato dal LIFI.

1.2. Contesto territoriale e specificità regionale dello studio Nel Cantone Ticino si è scelto di svolgere l’indagine in Vallemaggia per vari motivi. Innanzitutto si tratta di un territorio dell’arco alpino meridionale svizzero, che si estende su 568 chilometri quadrati, occupa circa un quinto del territorio del Cantone Ticino e presenta nel proprio interno situazioni eterogenee. Tra il villaggio più basso (Avegno, 299 metri) e quello più in quota (Bosco Gurin, 1507 metri) vi sono ben 1208 metri di dislivello altimetrico.

2 Abstract progetto IRER

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Inoltre si passa da un fondovalle, con villaggi caratterizzati da una chiara dinamica di aumento della popolazione, a zone più discoste in cui è difficile contenere l’emorragia demografica3. All’interno della valle si sviluppa inoltre il progetto “Identità e sviluppo dei villaggi e delle regioni dell’arco sud alpino” (movingAlps)4, nel quale il Laboratorio di Ingegneria della Formazione e Innovazione (LIFI)5 è impegnato a vari livelli, tra cui in un progetto di formazione basato sul concetto di microimprenditorialità al femminile, che si propone di rilevare e di favorire lo sviluppo ed il consolidamento di pratiche che caratterizzano questo approccio (Percorso Arianna). Più precisamente, Percorso Arianna mira a consentire alle donne di esplicitare e prendere consapevolezza delle molteplici competenze – sia acquisite mediante formazioni formali, sia sviluppate nella quotidianità del nucleo famigliare – che possono essere professionalizzate e trasferite in progetti innovativi di microimpresa, concepiti e implementati dalle donne stesse. Le idee di progetto si sviluppano attraverso momenti formativi e di accompagnamento praticati in alternanza di presenza e distanza, con l’ausilio delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione che consentono alle partecipanti di vivere l’esperienza di una comunità virtuale6. Per quanto riguarda la situazione delle donne sul piano professionale e sociale, la Vallemaggia è caratterizzata da elementi tipici delle regioni montagnose, seppur diversificata secondo le zone di vicinanza/lontananza dai centri urbani: mancanza di posti di lavoro in valle, difficoltà di spostamento, mancanza di servizi. Per fare un solo esempio, in tutta la valle non esiste un asilo nido. Inoltre, non esistono strutture specifiche che potrebbero essere paragonate ai Centri Risorse Donne esistenti in altri territori dei paesi partner di WomenAlpNet. A Locarno, Bellinzona e Lugano (che dista circa 100 km dalla Vallemaggia) esistono alcuni servizi di tipo privato con sussidi statali dedicati alle donne, che rispondono a esigenze specifiche (formazione, reinserimento professionale e consulenza in campo professionale, maltrattamenti, donne migranti)7. Esse sono descritte nell’Agenda pubblicata dalla Consulente del Consiglio di Stato per la condizione femminile8. In questo contesto il problema della conciliazione tra famiglia e lavoro e la carenza di strutture assume un’importanza rilevante e per questo motivo è stato posto come uno degli assi centrali della ricerca. Questo anche alla luce di una serie di considerazioni che mostrano la complessità dei fattori in gioco.

3 <http://www.magicvalley.ch/magic/19%2C985374461/it/> 4 <http://www.vallemaggia.movingalps.ch/> 5 <http://www.lifi.ch/> 6 <http://www.percorsoarianna.ch/> 7 WOMEN IN THE ALPINE SPACE. Uno Studio Regionale Comparato, 2005 <http://www.womenalpnet.org/admin/dw-up/datas/work_packages/WP5%20Reg%20Comp%20Report%20(new).pdf> 8 <http://www.ti.ch/CAN/ConCF/temi/agenda/>

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Un recente studio finanziato dal Fondo nazionale svizzero della ricerca scientifica (Tassinari Beratungen, Mecop & Infras, 2005) ha infatti mostrato come in Svizzera, dove il problema della conciliazione è sempre stato considerato un problema tipicamente privato, esso venga ora preso in considerazione come uno dei tanti problemi con conseguenze economiche e sociali che la società deve affrontare. A livello federale ad esempio è entrata in vigore nel 2003 una Legge sugli aiuti finanziari per la custodia di bambini complementare alla famiglia. Essa sta alla base di un programma d’incentivazione, limitato a 8 anni, volto a promuovere la creazione di posti supplementari per la custodia di bambini, in modo che i genitori possano conciliare meglio l’attività lavorativa o la propria formazione con i compiti familiari. A livello cantonale, la Legge per le famiglie, approvata dal Gran Consiglio nel settembre 2003 (che propone inoltre dei provvedimenti di protezione dei minorenni) va nello stesso senso9. Queste modifiche rispondono all’insufficienza di posti disponibili in Svizzera (asili nido e famiglie diurne), che secondo stime recenti coprono solo il 40% della domanda (Tassinari Beratungen, Mecop & Infras, 2005). Anche nel Cantone Ticino i 900 posti disponibili nei 38 asili nido attualmente esistenti non coprono totalmente i bisogni, valutati a circa 1100/1150 posti (ACSI, 2005). Per bambini d'età superiore ai tre anni vi è la scuola dell'infanzia, nell'ambito della quale, tuttavia, il 20% circa dei comuni accetta bambini solo a partire da un'età di quattro anni. La Svizzera è caratterizzata da importanti differenze nelle diverse regioni linguistiche, differenze legate alla struttura del mercato del lavoro ma anche a componenti socio-culturali (OCDE, 2004; Losa & Origoni, 2004) e importanti differenze si registrano anche tra città e campagne o valli. Nel Cantone Ticino gran parte delle madri lascia il mondo del lavoro nei primi anni di vita del figlio e se ne occupa direttamente, mentre ad esempio nella Svizzera francese i genitori con bambini piccoli ricorrono più spesso a strutture per la custodia istituzionalizzate (strutture collettive o genitori diurni riconosciuti). Inoltre, pur disponendo complessivamente il Ticino di buone strutture di accoglienza per bambini in età dai tre ai sei anni (il sistema ticinese pubblico e gratuito è considerato un modello positivo per la Svizzera) e di una politica familiare il cui obiettivo è di favorire la conciliazione (Legge sugli assegni familiari, Legge per le famiglie), esso registra un tasso di occupazione femminile, soprattutto di donne con figli, più basso di quello delle altre regioni svizzere, una diffusione più limitata del lavoro a tempo parziale e una divisione dei ruoli più tradizionale. Se per l’insieme del cantone sono stati ipotizzati vari elementi di spiegazione, particolarmente interessante risulta l’approfondimento

9 La politica di sostegno all’accoglienza extrafamiliare ed extrascolastica dei bambini durante il tempo di lavoro dei genitori promuove il benessere e la qualità di vita del nucleo familiare e dei suoi membri (sostegno organizzativo)” (da: http://www.ti.ch/DSS/temi/politica_familiare/legge.htm).

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di alcuni fattori economici, sociali e culturali che influenzano le scelte professionali delle donne in una valle dell’arco alpino. Per affrontare questi temi abbiamo quindi ritenuto opportuno utilizzare una metodologia qualitativa, i cui risultati potranno illustrare ed essere confrontati, in una situazione territoriale e sociale specifica, con alcuni dei risultati dell’inchiesta con questionario svolta negli altri paesi partner di WomenAlpNet; e a sua volta il questionario potrebbe in futuro essere somministrato anche a un campione più ampio di donne della Vallemaggia o di altre valli dell’arco alpino svizzero. 1.3. Domande di ricerca e obiettivi In seguito a queste considerazioni, le domande di ricerca si focalizzano su una migliore conoscenza della vita quotidiana e delle modalità di lettura soggettive della situazione (atteggiamenti, opinioni, valori) da parte di un gruppo scelto di donne della Vallemaggia, dal punto di vista:

• della situazione professionale e delle possibilità lavorative; • delle strutture e dei servizi esistenti, in particolare per quanto riguarda

la possibilità di conciliare famiglia e lavoro; • delle attività svolte nel campo sociale, del volontariato o altro; • della partecipazione a forme di aggregazione informali nel campo

socio-culturale (ad es. gruppi genitori, associazioni culturali e ricreative, biblioteche, ecc.) e del reciproco aiuto (ad es. per la cura dei bambini).

L’obiettivo generale è quello di capire come le donne con figli/e in età pre-scolastica e scolastica si situano in relazione ai temi citati partendo dalla propria situazione sociobiografica, dalle esperienze nei campi citati (formativo, professionale, associativo, di impegno nel volontariato) e dai valori di riferimento. In particolare:

• conoscere meglio i percorsi formativi e professionali e la soddisfazione rispetto alla situazione attuale;

• conoscere meglio l’opinione delle donne rispetto alle possibilità di lavoro in Vallemaggia o altrove e la soddisfazione rispetto alla propria situazione;

• verificare la conoscenza delle possibilità esistenti sul territorio (servizi e soluzioni private o informali) rispetto al problema della conciliazione tra famiglia e lavoro o altre attività, le eventuali esperienze personali, la soddisfazione e i bisogni;

• conoscere meglio il rapporto con il territorio, gli aspetti negativi e positivi del vivere in valle e la valutazione delle principali difficoltà;

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• conoscere meglio i valori di riferimento rispetto al ruolo delle donne nella società;

• verificare le rappresentazioni e le eventuali aspettative rispetto alla creazione di servizi o di strutture specifiche per le donne in Vallemaggia;

• indagare sull’eventuale disponibilità all’uso delle nuove tecnologie, in particolare per quanto riguarda l’accesso a materiali informativi e formativi10.

1.4. Metodologia Lo studio si è svolto in due fasi: in un primo tempo è stata effettuata una raccolta di informazioni sulla Vallemaggia, sia di tipo quantitativo, sia sulla base delle valutazioni di alcune persone considerate interlocutrici privilegiate; in seguito sono state effettuate le interviste con le donne, i cui risultati costituiscono la parte principale della ricerca. 1.4.1. Persone intervistate 1a fase: per quanto riguarda in particolare alcune informazioni concrete e le valutazioni riguardanti il territorio, le strutture esistenti e la situazione delle donne in Vallemaggia, sono state individuate e intervistate alcune persone considerate interlocutrici privilegiate:

• Il responsabile di movingAlps in Vallemaggia, Giancarlo Verzaroli. • Due collaboratrici di movingAlps, Mariella Di Foglio e Rachele Gadea

Martini. • Il segretario comunale di Cavergno, Fausto Rotanzi.

Con altre persone, come le membre del team di Percorso Arianna, i colloqui sono stati di tipo informale. 2a fase: 24 donne in età 20-55 anni; Le intervistate sono state scelte tra :

• Donne partecipanti o entrate in contatto con progetti di movingAlps (Percorso Arianna, mini-movingAlps11).

• Donne contattate tramite le docenti di bambini che frequentano le scuole dell’infanzia e le scuole dell’obbligo di alcuni centri della Vallemaggia, diversi per ubicazione (bassa/media/alta valle).

10 Questo aspetto è legato al crescente sviluppo di progetti formativi, in particolare in regioni discoste, in cui la Comunicazione mediata da Computer (CmC) assume un’importanza sempre maggiore. Queste domande sono state rivolto alle donne che non seguono il Percorso Arianna, le quali hanno già un’esperienza in questo ambito. 11 <http://www.movingalps.ch/ITA/O1/progetti/minimalps.html>

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Si tratta quindi di donne a volte già attive in qualche ambito sociale (ad esempio un gruppo genitori), che abbiamo ritenuto le più adatte ad esprimersi sui temi dello studio, in particolare sulla questione della situazione delle donne in valle e su aspetti come l’esistenza e il ruolo di servizi o strutture specifiche per le donne, che come detto sono una realtà del tutto assente in valle e comunque poco diffusa anche nel resto del Cantone Ticino. Gli altri criteri di selezione sono stati i seguenti:

• Data la centralità del tema della conciliazione tra famiglia e lavoro nel contesto definito, le donne intervistate sono madri di bambini in età pre-scolastica o scolastica.

• La metà di esse sono professionalmente occupate, le altre casalinghe. • In ognuno dei due gruppi la metà risiede in comuni della bassa valle,

l’altra metà in comuni della media o alta valle. Per analogia con l’inchiesta con questionario effettuata in altri paesi partner di WomenAlpNet, si è tenuto conto del criterio di meno di 20 km dalla città (bassa valle) e oltre 20 km dalla città (media e alta valle).

Per una descrizione più precisa delle caratteristiche sociodemografiche delle donne intervistate si veda il capitolo 2.1 (Caratteristiche sociodemografiche delle donne intervistate). 1.4.2. Strumenti 1a fase: una parte delle informazioni è stata ottenuta grazie alla collaborazione dell’Ufficio cantonale di statistica (USTAT) che ha rielaborato espressamente una serie di dati cantonali su scala regionale (Vallemaggia). Si tratta di informazioni analoghe a quelle che erano già state raccolte per la Svizzera e per il Cantone Ticino per il modulo WP5 di WomenAlpNet12. Lo stesso questionario è stato usato come base per le interviste con le persone considerate interlocutrici privilegiate. 2a fase: la raccolta delle informazioni con le donne si è svolta tramite un’intervista qualitativa individuale della durata di circa un’ora, realizzata dalla responsabile della ricerca e da due altre intervistatrici. Ricordiamo brevemente alcune caratteristiche di un’intervista qualitativa (Corbetta, 1999) che la differenziano da un’inchiesta campionaria o dalla somministrazione di un questionario: si tratta essenzialmente di una conversazione, provocata e guidata dall'intervistatore/trice, rivolta a soggetti scelti secondo un piano di rilevazione in base alle loro caratteristiche (assenza

12 WOMEN IN THE ALPINE SPACE. Uno Studio Regionale Comparato, 2005

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di campione rappresentativo), avente finalità di tipo conoscitivo e condotta sulla base di uno schema flessibile e non standardizzato di interrogazione. Se nel questionario con domande chiuse si tratta di collocare le risposte entro schemi prestabiliti, quindi di scegliere tra varie alternative di risposte perché il ricercatore ha già una conoscenza del fenomeno e vuole rilevare i dati per quantificare e metterli in relazione con altre variabili, nell’intervista qualitativa lo scopo è quello di comprendere il fenomeno studiato, di mettere in luce comportamenti e motivazioni attraverso la descrizione dei soggetti stessi, ossia di accedere alla prospettiva del soggetto studiato, alle sue categorie mentali, alle sue percezioni e sentimenti, ai motivi delle sue azioni. In questo studio si è scelto di svolgere delle interviste semi-strutturate, le cui caratteristiche principali sono la presenza di una traccia con gli argomenti da affrontare, mantenendo però la possibilità di decidere nel corso dell’intervista la sequenza e la formulazione delle domande, lasciando alla persona intervistata la possibilità di mettere l’accento su alcuni temi piuttosto che su altri. Questo approccio semi-strutturato è stato scelto perché permette di approfondire nel corso dell’intervista i temi della ricerca in modo relativamente ampio e nel contempo di presentare uno strumento di indagine potenzialmente trasferibile o adattabile anche ad altre realtà (la traccia). Alle donne intervistate sono state inoltre poste alcune domande analoghe per contenuto a quelle del questionario, ma in una forma che tenesse conto dell’aspetto discorsivo dell’intervista. La traccia (vedi allegato) La traccia dell’intervista è costituita da indicazioni per le intervistatrici, domande primarie e eventuali domande di approfondimento o di precisazione, che riguardano i temi citati negli obiettivi specifici della ricerca. Le principali sezioni comprendono: A) Domande sociodemografiche (residenza, età, formazione, situazione

familiare e professionale, altre attività) In particolare informazione, opinioni e esperienze: • Sulle possibilità lavorative per le donne in Vallemaggia; • Sulle possibilità di conciliare famiglia e lavoro e/o famiglia e altre

attività B) Servizi C) Situazione delle donne e servizi specifici D) Tecnologie E) Valori di riferimento

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1.4.3. Modalità di svolgimento Le persone considerate interlocutrici privilegiate sono state intervistate nelle rispettive sedi di lavoro, a Cavergno. Le donne potenzialmente interessate sono state contattate personalmente da persone di riferimento in Vallemaggia (movingAlps, responsabili di Percorso Arianna, docente di scuola dell’infanzia); in seguito hanno ricevuto una lettera di informazione con la conferma dell’incontro. Le interviste, della durata di circa un’ora, si sono svolte in Vallemaggia sull’arco di diversi giorni (tenendo conto delle esigenze professionali e familiari delle donne) presso una sala messa a disposizione dal comune di Avegno nella bassa valle e presso gli uffici di movingAlps a Cavergno (media valle). Questa fase è stata preceduta da un incontro di formazione tenuto dalla ricercatrice responsabile dello studio con le intervistatrici sulla metodologia di ricerca e sulla conduzione delle interviste. Tutte le interviste sono state registrate e trascritte integralmente. 1.4.4. Analisi dei dati Per quanto riguarda le interlocutrici e gli interlocutori privilegiati, i dati raccolti sono presentati in un testo di sintesi (vedi allegato) e sono inoltre stati utilizzati come supporto per una migliore comprensione del materiale tratto dalle interviste alle donne. Sul materiale derivante dalle interviste con le donne è stata applicata un’analisi di contenuto secondo un approccio tematico trasversale. In un primo tempo, dopo la trascrizione integrale, le interviste sono state rilette singolarmente e per ognuna di esse è stata effettuata una prima suddivisione e codifica in unità di senso, individuando i principali temi emersi, come pure segnalando ogni tipo di osservazione o commento ritenuto importante ai fini della comprensione del pensiero dell’intervistata. A partire da questa prima analisi le risposte sono state raggruppate e classificate per creare delle categorie concettuali trasversali, sulla base delle quali tutte le interviste sono state rilette e analizzate. 1.5. Presentazione dei risultati Essendo lo scopo di questa ricerca essenzialmente quello di fornire una testimonianza su alcuni aspetti legati alla maternità nella vita di un gruppo di donne residenti in una valle con caratteristiche specifiche, nella restituzione del materiale (rapporto) è stato lasciato molto spazio ai contenuti narrativi e alle principali caratteristiche del linguaggio orale usato dalle intervistate, ossia alle

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singole modalità di esprimere le proprie opinioni e sensazioni sulla vita in valle, limitando al minimo gli interventi e i commenti della ricercatrice. Ad esempio per l’uso delle forme maschili e femminili è stata rispettata la scelta delle donne intervistate. Per rispetto della confidenzialità, al rapporto non vengono allegate le trascrizioni delle interviste né presentate le analisi individuali effettuate per ogni intervistata, poiché, data la realtà territoriale molto piccola e il fatto che molte persone si conoscono, ciò non permetterebbe di garantire l’anonimato. Per lo stesso motivo è stato necessario non citare o modificare alcune caratteristiche che avrebbero reso facilmente riconoscibili le persone intervistate (nomi di paesi, professioni, professione del coniuge, attività particolari, ecc.). Ciò può limitare a volte la vivacità e la ricchezza delle narrazioni, ma è la condizione che abbiamo garantito alle donne nella richiesta di collaborazione. La decisione di quando sostituire singoli nomi o riferimenti è stata presa in funzione della dimensione dei comuni o del numero di donne intervistate residenti nello stesso comune o del contesto che poteva rendere più o meno riconoscibile alcune situazioni specifiche. Solitamente i paesi sono citati come X o Y se si tratta di paesi diversi nello stesso paragrafo e le professioni o le ditte con XY. Il rapporto è strutturato in quattro parti principali. Dopo l’Introduzione, nel capitolo Le donne si raccontano, dopo una breve presentazione delle principali caratteristiche sociodemografiche delle intervistate, viene presentata la loro esperienza quotidiana del territorio secondo una serie di aspetti tematici che riguardano: il percorso professionale e la situazione lavorativa attuale; le possibilità di lavoro; le prospettive, i progetti, le aspettative delle donne; le attività non professionali; la conciliazione tra famiglia e altre attività e il rapporto con il territorio. Il terzo capitolo (Domande specifiche) considera le risposte ad alcune domande analoghe per contenuto a quelle del questionario somministrato a donne di altri paesi partner di WomenAlpNet, in particolare quelle sui valori di riferimento e sulle rappresentazioni e aspettative nei confronti di servizi o strutture specifiche per donne (Centri Risorse Donna); vengono inoltre presentate le risposte alla domanda posta alle donne che non frequentano il Percorso Arianna sul loro approccio al computer e l’eventuale disponibilità all’uso delle nuove tecnologie in ambito formativo. Nel quarto capitolo si presentano alcuni spunti di discussione e alcune riflessioni conclusive. Negli allegati sono presentati, oltre alla traccia utilizzata per le interviste, alcuni dati quantitativi sulla Vallemaggia, forniti dall’Ufficio cantonale di statistica, e le principali considerazioni di alcune persone considerate interlocutrici privilegiate, due uomini e due donne, che conoscono bene la realtà regionale.

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Per rispettare la ricchezza dei racconti abbiamo mantenuto nei diversi capitoli tematici degli aspetti in qualche modo “sovra-tematici”, come ad esempio i valori espressi dalle donne riguardo alla famiglia, all’educazione, al ruolo della donna. Infatti è risultato molto interessante “estrarre” le rappresentazioni delle donne mentre parlano di lavoro e di bambini, anche se poi alcuni argomenti vengono ripresi in domande esplicite rivolte loro a conclusione dell’intervista (come ad esempio quelle sul ruolo delle donne nella società).

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2. Le donne si raccontano 2.1. Caratteristiche sociodemografiche delle donne intervistate Prima di passare ai principali temi trattati nelle interviste, presentiamo in questo capitolo alcune caratteristiche sociodemografiche delle 24 donne intervistate. Per i motivi di riservatezza già citati, legati al contesto socio-geografico, e poiché lo scopo è quello di dare una visione d’insieme, non si tratta di una descrizione delle singole donne, ma di indicazioni complessive. Una serie di aspetti, in particolare quelli concernenti la situazione lavorativa, verranno ampiamente ripresi in seguito.

Per quel che riguarda il domicilio, 12 donne abitano in comuni della bassa valle, 6 in media valle e 6 in alta valle. I comuni della media e alta valle sono tutti a una distanza da Locarno di almeno 20 km e i più discosti fino a 40. Questa suddivisione non corrisponde all’attuale divisione politica della Vallemaggia13, ma rispecchia l’influenza che la realtà geografica può avere sulla vita quotidiana (distanza dal centro di Locarno, trasporti, ecc.).

Rispetto alla loro provenienza, è interessante notare come 14 donne provengano dalla Vallemaggia, 8 da altre regioni del Ticino e della Svizzera e solo 2 dall’estero. Pur non trattandosi di un campione rappresentativo, questa caratteristica può forse essere considerata come un aspetto peculiare delle realtà periferiche o di valle: nelle città il tasso di persone straniere è molto più alto ed è più raro incontrare persone che vi vivono da sempre 14.

L’età media è di 39 anni; la donna più giovane ha 28 anni, la più “anziana” 53. Tutte le donne intervistate hanno dei figli: 4 hanno 1 figlio solo, 8 ne hanno 2, 10 ne hanno 3 e 2 hanno 4 figli. L’età dei figli è molto variata; i più piccoli hanno da meno di un anno fino a 12 anni, con l’eccezione di un figlio di 18. La maggior parte dei figli sono quindi in età pre-scolastica o scolastica, con chiare conseguenze sulle possibilità lavorative delle donne. In questo senso può essere letto il dato per cui le 12 donne intervistate che esercitano un’attività professionale retribuita lavorano tutte a tempo parziale,

13 In seguito alle aggregazioni comunali, la sub-regione Vallemaggia è attualmente divisa in tre comprensori: Lavizzara (comune di Lavizzara), Rovana (comuni di Bosco Gurin, Campo Vallemaggia, Cerentino, Linescio) e Fondo V. Maggia (comuni di Avegno, Bignasco, Cavergno, Cevio, Gordevio, Maggia). 14 Le persone straniere rappresentano in Ticino cira il 25% della popolazione, in Vallemaggia solo il 10%. Popolazione residente permanente al 31 dicembre, secondo la nazionalità e lo statuto, 2004. <http://www.ti.ch/DFE/USTAT/DATI_RIEPILOGHI/01_popolazione/tabelle/T_010205_010.html>

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da un minimo di 2 ore alla settimana a un massimo del 50% che può aumentare in alcuni periodi fino al 60%-70%. Per quel che riguarda la formazione, 3 hanno concluso le scuole dell’obbligo, 5 hanno una formazione commerciale, 3 hanno effettuato un apprendistato, 10 hanno frequentato delle scuole professionali e 3 hanno effettuato degli studi universitari. Delle 24 donne intervistate, 12 seguono il percorso Arianna. Tutte le 24 donne intervistate vivono con un partner e con i figli, alcune nella stessa casa o comunque vicino a genitori o suoceri. Va messo in evidenza come 8 delle 12 donne che esercitano un’attività professionale retribuita sottolineano il fatto di avere i nonni o altri parenti vicini e come questo costituisca un vantaggio nella presa a carico dei bambini. 2.2. Il percorso professionale e la situazione lavorativa attuale In alcuni capitoli del rapporto abbiamo, per motivi di chiarezza dell’esposizione, separato le risposte delle donne che svolgono un’attività professionale dalle altre. Tuttavia, come già detto nel capitolo 2.1. (Caratteristiche sociodemografiche delle donne intervistate), a volte questa separazione è unicamente legata a un problema di statuto, poiché chi lavora spesso lo fa con tempi molto limitati mentre altre donne che si definiscono casalinghe sono impegnate in molte attività, a volte al confine tra il volontariato e dei piccoli lavori saltuari. Nei casi dubbi abbiamo rispettato la definizione principale che la donna dà di se stessa. 2.2.1. Donne senza un’attività professionale retribuita In questo capitolo abbiamo associato la formazione effettuata e le attività precedenti la nascita dei figli, poiché più che la qualifica ottenuta a livello scolastico e di formazione professionale, particolarmente interessante risulta il racconto delle donne sul loro percorso e sulle loro esperienze. Queste donne si esprimono poi sul cambiamento che spesso c’è stato nella loro vita a seguito del matrimonio o della nascita dei figli. Per quel che concerne gli aspetti legati al volontariato, questi verranno trattati in un capitolo specifico, dedicato alle attività non professionali. Abbiamo volutamente citato in modo ampio le varie tappe perché sono emblematiche del tipo di percorso formativo e professionale non lineare che caratterizza il lavoro delle donne.

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2.2.1.1. Formazione e percorso professionale I curriculi formativi e professionali sono spesso complessi, con un percorso che ha implicato diversi cambiamenti e spostamenti geografici. Questa è una realtà delle donne originarie della valle, ma non solo, poiché nel Cantone Ticino molte ragazze si spostavano e si spostano tuttora, ad esempio nella Svizzera tedesca per imparare il tedesco o seguire una formazione commerciale nei collegi; e fino a pochi anni fa si trattava di una necessità per chi voleva intraprendere una formazione accademica. Attualmente a questo livello nel Cantone Ticino l’Università della Svizzera Italiana rappresenta un cambiamento in quanto per alcune facoltà, seppur numericamente limitate, questo spostamento non è più necessario. Varie donne raccontano dunque di frequenti spostamenti per motivi formativi o professionali e di cambiamenti di posti di lavoro, legati a volte a una difficoltà nel trovare la propria strada professionale.

D18) Ho frequentato una scuola commerciale di 3 anni con in più un diploma di tedesco. [...] Dopo ho lavorato un anno come segretaria, sono stata un po’ sfortunata come posti di lavoro e dopo, già mentre frequentavo il secondo anno, in estate ho fatto uno stage presso un istituto e mi è piaciuto tantissimo. [...] Poi ho deciso di frequentare una scuola di operatrice sociale, ho fatto gli esami e lì sono passata subito e l’ho fatta.[...] Due professioni, due diplomi[...]. Dopo la scuola ho lavorato in un istituto, ho sempre fatto supplenze di mamme che avevano il congedo maternità e per 3 o 4 anni mi è andata bene. [...] Poi mi è scaduto il contratto, ho deciso di non più rinnovarlo e sono andata un po’ in Inghilterra, per l’inglese. [...] Poi sono tornata, ho trovato posto come segretaria e mi sono fermata per 2 anni come segretaria, poi mi sono sposata, sono rimasta incinta. D7) Io ho fatto le scuole obbligatorie, la scuola maggiore, e poi l’avviamento commerciale; siccome eravamo lontani ho scelto l’internato, poi ho fatto un anno nella Svizzera tedesca dalle suore ad imparare il tedesco e poi ho fatto l’apprendistato nel settore sanitario. D11) Le elementari a Maggia, le superiori a Cevio, il ginnasio a Losone e le scuole di commercio a Bellinzona. Poi ho fatto una pausa riflessiva, sono andata da dei parenti negli Stati Uniti. Non ero sicura di cosa volevo fare; volevo diventare maestra di asilo ma era una strada che portava alla disoccupazione, come adesso d’altronde. Dovevo fare una riflessione, se continuare gli studi in economia, ma non mi interessava poi così tanto. Ho fatto contabilità ma senza grande entusiasmo. La scuola di commercio l’ho fatta perché non sapevo bene cosa fare. Il liceo come oggi ti dava in mano

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una maturità con la quale dovevi per forza andare all’università, mentre con la commercio potevo anche lavorare. Dunque sono andata 8 mesi negli Stati Uniti, poi sono tornata e ho iniziato a lavorare in ufficio per XY, prima ad Ascona, poi a Locarno e poi alla XY per tanti anni dove ero impiegata nel settore della vendita.

Per una parte delle donne attualmente senza un’attività professionale salariata, a volte la cessazione è strettamente legata al matrimonio e alla nascita dei figli, nonostante fossero soddisfatte del lavoro svolto fino a quel momento.

D7) Ho lavorato diciassette anni in quel campo e sono stata molto contenta del mio lavoro [...] il contatto che si ha con la gente […] di solito le mie apprendiste venivano dalla Vallemaggia […] dopo mi sono sposata, ho lasciato il lavoro e l’anno dopo è arrivato il primo figlio. D11) Era un periodo di grande lavoro, molto interessante. Lì ho conosciuto mio marito e ho lavorato finché non è nata la prima figlia. Adesso sono a casa da 10 anni.

Per altre si rileva una certa insoddisfazione professionale precedente la maternità che ha contribuito alla decisione di interrompere l’attività lavorativa, unitamente a problemi legati alla crisi economica, soprattutto in alcuni settori.

D8) Elementari, maggiori, ginnasio a X e poi ho fatto la scuola tecnica, mi sono diplomata in architettura ma ho lavorato praticamente 2 anni scarsi e poi ho smesso. Non era per me assolutamente. Mi sono accorta dopo, è andata così. […] Dopo ho iniziato a intercalare, ho fatto dei viaggi. Cioè ho smesso di lavorare perché non ero contenta dell’ufficio, facevano dei progetti troppo in grande, mentre a me interessava di più il piccolo rustico, la piccola casa dove potevi avere di più il controllo di tutto. Lì erano troppe persone che lavoravano allo stesso progetto, non ero contenta. Allora ho dato le dimissioni e sono andata in X quella volta. Tornando indietro avevo un altro posto di lavoro, ma nel frattempo c’era stato questo grande crack dell’economia, non c’era più lavoro e naturalmente non mi hanno più preso. Allora ho iniziato a fare dei lavoretti, sempre alternandoli con dei viaggi, poi ho conosciuto mio marito e basta. D24) Finito l’apprendistato di commercio ho lavorato per circa due anni, poi per altri sei e poi dove ero non mi concedevano il tempo parziale e volendo avere dei figli, ho cercato una soluzione per poter lavorare a tempo parziale in un altro posto […] poi sono rimasta incinta, c’era l’introduzione dell’informatica e le condizioni di lavoro venivano modificate. […] Non era il mio lavoro, non mi

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piaceva […] approfittando anche del fatto che comunque avevo un altro lavoro di mamma in previsione ho smesso verso metà gravidanza, e poi ho fatto la casalinga.

Altre ancora si sono sposate in giovane età, quindi non hanno avuto esperienze professionali prima della nascita dei figli.

D2) Io ho fatto il primo anno di una scuola professionale, poi ho fatto la mamma perché mi sono sposata a 17 anni. Per cui niente, non ho studi. Ci pensavo prima mentre venivo in giù. Ho avuto i figli non uno dietro l’altro ma nello spazio di 11 anni per cui sono abbastanza spaziati però diciamo che sono stati 10 anni belli, molto belli, non mi mancava il fatto di non avere un lavoro, di non avere studiato ma adesso sì. Adesso sì anche perché appunto mia figlia studia e con lei si è proprio concretizzato, cioè ho proprio potuto vedere quello che avrei voluto fare io, mi manca.

2.2.1.2. Il cambiamento Alcune donne danno spontaneamente una valutazione sul fatto di aver smesso di lavorare. Vengono messe in luce le soddisfazioni, ma da alcune interviste traspare anche come il passaggio da un’attività lavorativa all’occuparsi dei figli rappresenti un grosso cambiamento, a volte difficile.

D7) Il lavoro mi è un po’ mancato, e ogni tanto mi mancava il contatto con la gente. D24) Ci sono delle soddisfazioni che non si hanno sul posto di lavoro [...] se già si hanno anche delle soddisfazioni, chiuso l’ufficio, finisce lì [...] mentre come mamma il lavoro è giorno per giorno, dove i frutti non si sa dove si vedranno e poi c’è un riscontro affettivo [...] è vero che per un certo periodo si resta un po’ più rinchiusi in casa, però si è talmente presi in questa nuova attività che non pesa: son cambiati gli orari, son cambiati gli impegni, la gestione del tempo. D18) Comunque sì, sono a casa e diverse persone, anche mamme, mi chiedono se non mi manca il mio lavoro. Io fino ad ora rispondo di no perché ho praticamente trasformato il mio lavoro. Io sono casalinga, mamma e adesso in più faccio la mamma diurna. D9) Comunque passavo da una realtà di lavoro a tempo pieno al fare niente e le giornate erano lunghe e poi il bambino era molto tranquillo. Quindi ho fatto un po’ fatica a stare a casa [...] d’inverno non c’era nessuno, aveva nevicato tanto e quindi mi sono sentita un po’ dispersa, venendo poi da un’altra realtà, era un po’ difficile.

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In altri casi invece la sospensione dell’attività è presentata come un dato di fatto legato alle circostanze, e non viene espresso nessun tipo di valutazione esplicita.

D1) Liceo e poi ho lavorato un po’. Poi una scuola di lingue e di amministrazione. Ho fatto inglese e tedesco là, e poi ho lavorato ancora un po’. Ho studiato all’università, ho lavorato e poi sono finita qua. Senza lavorare... D17) Finché è nata la bambina ho lavorato a Maggia presso XY. Poi ormai ho smesso.

In sintesi:

• Spesso percorsi formativi e professionali complessi, differenziati, tante esperienze.

• Cessazione dell’attività malgrado la soddisfazione professionale precedente la maternità o in funzione dell’insoddisfazione.

• Cessazione come cambiamento importante, con valutazioni positive e negative o come “dato di fatto”.

2.2.2. Donne con un’attività professionale retribuita Nel caso delle donne attive professionalmente, oltre alla formazione e al percorso professionale abbiamo preso in considerazione anche il tipo di attività professionale esercitata al momento dell’intervista e la percentuale di lavoro. Per questo gruppo di donne abbiamo inoltre messo l’accento sui principali motivi per cui hanno deciso di mantenere o riprendere un’attività lavorativa anche avendo dei figli. 2.2.2.1. Formazione, percorso professionale e attività professionale attuale Anche per le donne professionalmente attive si evidenzia la complessità dei percorsi formativi. Sono rari gli esempi di permanenza nello stesso posto di lavoro. Tutte affermano di lavorare attualmente a tempo parziale, a volte con percentuali variabili.

D13) Ho fatto le medie e poi un anno di liceo scientifico. [...] Per me era la strada sbagliata, preferisco studiare le lingue per poi poter comunicare. Dopo un anno di liceo sono andata un anno a Zurigo e sei mesi a Londra, poi sono tornata e ho trovato lavoro. Fra un po’ compio 20 anni di servizio sempre nello stesso posto, sono fedele. (Dopo vari cambiamenti di sede e

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di funzione) ho avuto la fortuna di arrivare a Locarno, più vicino alla famiglia, perché tutto il tempo che passavo in macchina per me era tempo perso [...] Lavoro al 50% su richiesta [...] È un po’ difficile perché vorrei piuttosto una cosa fissa dove posso organizzare il tempo libero, mentre così capita di venire a sapere il giorno prima che si deve lavorare e cosi finisci a lavorare anche più del 50%. Il mese scorso ho lavorato 40 ore in più. D14) Lavoro a tempo parziale, a tempo pieno non sarebbe neanche possibile, si può fare tutto ma non mi sembrava il caso anche perché adesso è 5 anni che lavoro e quando ho iniziato il piccolino faceva l’asilo.

La maggior parte dei percorsi lavorativi sono caratterizzati da una pausa prolungata legata alla nascita dei bambini. Questa pausa è riconducibile ad una scelta della donna o familiare, in alcuni casi concordata col marito.

D14) Ho fatto una pausa di dieci anni, non pensavo neanche di riprendere il lavoro, perché al momento avevo già 31 anni quando è nata la prima figlia e mi son detta “bon sto a casa”, dopo è capitato proprio un caso dove il professionista dove lavoravo prima mi ha voluta [...]. D21) Dopo le scuole dell’obbligo ho iniziato a lavorare [...] prima lavoravo come XY e dopo ho smesso per una decina di anni quando i bambini erano piccoli. D3) Ho iniziato come XY, [...] e come ultimo posto ero assistente alla direzione dove ho lavorato fino a 25 anni quando ho avuto la prima bambina. Prima di avere la bambina mio marito ha detto: “Uno dei due dovrebbe stare a casa, non devi stare tu, uno dei due.” Siccome il mio mestiere era molto impegnativo per quanto riguardava gli orari e siccome non avrei avuto un aiuto dall’esterno, dal momento che avevo deciso di avere un bambino avevo già deciso di restare a casa.

In alcuni casi dopo la nascita dei figli vi è stato un cambiamento del tipo di lavoro, associato a una riduzione del tempo di attività o al cumulo di diversi lavori a volte fissi a volte occasionali. Emerge una grande flessibilità da parte delle donne ad adattarsi alla nuova situazione, anche se a volte compare il termine “lavoretti” che però non sembra necessariamente avere una connotazione particolarmente negativa o squalificante ai loro occhi.

D5) Lavoravo in una ditta poi sono arrivati i bambini e ho smesso. [...] Poi ho sempre lavorato part-time già subito quando è nato il primo, ho preso la contabilità di un’associazione. Poi man mano che crescevano è arrivato un po’ di tutto.[...] Adesso lavoro al 20% per XY, poi faccio ancora la segretaria dell’associazione e poi sono segretaria

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anche di un patriziato [...] In tutto più o meno fa un 60% nei periodi pieni. D12) Elementari, ginnasio 3 anni, poi un anno di commercio, un anno di amministrazione e poi sono andata nel ramo ospedaliero. Poi mi sono sposata e sono arrivati i figli [...] ho fatto tanti lavori, anche quando sono arrivati i figli ho fatto sempre qualche lavoretto saltuario.[...] Prima che arrivassero i bambini ho potuto andare ancora in una piccola fabbrica dove cucivo i set di tovaglie. Eravamo su a cucire ed è stato bello. [...] Quando è nato il primo figlio ho fatto la casalinga per diversi anni. [...] Ho fatto anche la cuoca per una mensa di operai a Cevio. Poi da 7 anni a questa parte lavoro al XY a Locarno, prima al 60% e adesso al 40% che mi va bene. Lavoro 2 giorni alla settimana: una settimana lunedì e martedì e l’altra il mercoledì e il giovedì. Per il problema del mercoledì, siamo due mamme con due figli che vanno ancora a scuola che ci intercaliamo. Dobbiamo accontentarci di un mercoledì ciascuno. D6) Dunque: le scuole dell’obbligo, due anni di amministrazione a Bellinzona, poi 3 anni di apprendistato di commercio e basta. Qualche anno di lavoro in banca, poi mi sono sposata, sto lavoricchiando di qua e di la, sempre a tempo parziale. Ho fatto 5 anni di aiuto domiciliare a metà tempo quando i bambini cominciavano ad andare all’asilo. Poi ho fatto un anno di vendita [...]. Adesso sono 2-3 anni che aiuto nel grotto del paese, collaboro con i gerenti. D16) Ho fatto una scuola per avere una formazione di commercio, questo in un secondo momento, perché prima ho fatto la venditrice [...] Poi la seconda si è trasformata in vetrinista, ha subito una trasformazione [...] ho imparato questa attività nel negozio dove avevo lavorato ai tempi di prima dei ragazzi, ha preso il sopravvento per me [...] io dicevo ma sì proviamo a fare un’esperienza del genere però i genitori spingevano “ma no, adesso che hai fatto la scuola di commercio”, è proprio vero che la personalità prende il sopravvento [...] finché il piccolino ha fatto la prima elementare non ho mai lavorato, ho preso un lavoro che potevo, piccoli lavori così però dopo il piccolino andava alle medie per cui è cominciato lì [...] adesso lavoro per XY a Locarno [...] praticamente l’ho fatto per otto anni al 75%. D3) Quando poi ho pensato di avere il terzo mi sono proprio detta che era... cioè non è proprio finita, anche perché adesso mi sono aperta una piccola attività mia qui a X. D21) [...] Adesso ho un impiego diverso, a tempo parziale, poche ore ogni giorno.

Solo in pochi casi vi è stato un percorso più regolare, caratterizzato da congedi in occasione della nascita dei figli e da cambiamenti nella percentuale

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di tempo di lavoro. Questo è avvenuto per chi lavora in strutture dove queste possibilità esistono, come gli ospedali.

D9) Prima lavoravo all’80%, poi quando è nato il primo bambino sono stata ferma un anno con il congedo, poi ho ripreso al 50%, poi al 60% fino a che è nata la piccola. Dopo il congedo riprenderò al 50%. D16) Ho sempre potuto cambiare le percentuali. D4) E adesso lavoro, ho ricominciato a lavorare. [...] Ho smesso quando è nata la bambina. Ho lavorato al 100% fin quando è nata e dopo ho fatto un anno di pausa, avevo chiesto un anno di congedo, e dopo dovevo rientrare però appunto adesso aspetto già il secondo perciò…sono rientrata a fare delle ore.

In altri casi l’impossibilità di un lavoro a tempo parziale ha invece spinto a lasciare l’occupazione precedente, pur restando nel proprio ambito professionale.

D10) Le scuole obbligatorie, ho finito il ginnasio e ho frequentato la magistrale classica di 4 anni, poi quando siamo usciti c’erano già molti problemi di occupazione, io ho avuto un colpo di fortuna [...] Allora mi sono attivata e ho insegnato un anno in un istituto, poi in un’altro fino al 1997. Con la nascita di mio figlio ho fatto un anno di congedo poi ho ripreso a metà tempo. Dopo un po’ di anni non ci hanno più dato il metà tempo e per me il tempo pieno era troppo, anche perché ci eravamo trasferiti in valle; vuole dire andare via al mattino e tornare alla sera, con un bimbo di 3 anni e mezzo non me la sentivo. Ho rinunciato ma ho trovato qui alcune ore nella scuola elementare.

In sintesi:

• Pausa prolungata, spesso cambiamento di occupazione. • Lavoro a tempo parziale, lavori saltuari, “lavoretti”.

2.2.2.2. Motivazioni Come detto in precedenza, dai racconti delle donne che hanno un’attività professionale retribuita emergono delle considerazioni che permettono di trattare il tema delle motivazioni per cui esse esercitano un’attività lavorativa. Queste motivazioni sono molto variate: alcune donne mettono in evidenza come la scelta sia dovuta a un bisogno di sentirsi valorizzata anche fuori dalla famiglia e anche di mettere in pratica ciò che hanno studiato e restare

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aggiornate. Altre sostengono l’importanza di incontrare altre persone. Spesso queste tre categorie sono legate tra loro.

D6) La grande voglia di uscire di casa, di vedere altro dopo i bambini, dopo le pulizie in casa. E poi di sentirmi di nuovo valorizzata. Io quando ho iniziato dopo anni di pausa l’aiuto domiciliare, per caso, stavo facendo la patente per il bus dei bambini, poi ho visto l’inserzione e ho colto l’occasione, ero contentissima perché avevo di nuovo degli appuntamenti; gente che mi aspettava al mattino felice di… avevamo le riunioni della struttura, avevamo delle colleghe, ero di nuovo parte di un ambiente di lavoro. D9) Uno degli accordi che ho fatto con mio marito era di continuare a lavorare comunque. [...] Perché stando cosi lontano da tutto almeno ho la possibilità di lavorare per incontrare persone, e anche per non aver fatto gli studi per niente, perché se ci si ferma per un po’ si è subito tagliati fuori al giorno d’oggi, per essere sempre informata. D3) Tanto per restare sempre un po’ in mezzo alla gente, avendo avuto un mestiere nel quale si avevano parecchi contatti e si parlavano diverse lingue, quelle cose le perdi dopo un po’… D4) Sono rientrata a fare delle ore tanto per rientrare un po’ con la testa…Mi dispiaceva proprio smettere, si dice si studia si studia e poi è peccato anche…. D10) È comunque importante il lavoro, la formazione, anche proprio per un arricchimento personale, una gratificazione [...] Io non ho studiato per chiudere tutto in un cassetto e basta e dedicarmi ai figli. Posso fare le due cose.

In alcune interviste emerge poi come il lavoro sia un importante mezzo di integrazione.

D10) Poi ho trovato lavoro e penso che questo mi ha aiutata molto, se no sarebbe stata più dura, mi sarei sentita un po’ isolata..

Importante risulta anche la qualità del lavoro, di cui sono un indicatore importante le possibilità di aggiornamento.

D9) Potrei cercarmi un altro posto più vicino però lì ho anche la possibilità di fare dei corsi di aggiornamento, il che non è da sottovalutare. D14) C’è una formazione continua, dei corsi di aggiornamento.

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Altro tema citato è l’importanza di avere tempo per sé, di staccare un po’, di trovare un proprio spazio, il che permette di migliorare la qualità del rapporto con i figli.

D4) Hai bisogno quel momentino di staccare e di avere il tuo spazio e di parlare di altri argomenti. D15) Io ho bisogno di svagarmi un po’. D13) Mi fa sentire un po’ in colpa e quindi quando sono con loro ho molta più pazienza [...] cosa che una donna che sta sempre a casa non può fare, avere un po’ di tempo per se stessa.

In tutte queste motivazioni viene espressa una certa soddisfazione per la propria situazione professionale. Alcune lo dicono esplicitamente:

D14) Il lavoro a tempo parziale è l’ideale. D21) Intanto va bene così. D5) Si, un po’ stressata ma contenta [...] è bello perché non mi annoio.

Alcune donne mettono l’accento sull’aspetto economico, che può avere un’influenza importante sulle ragioni che spingono le donne a lavorare, anche se nel caso di donne con lavori a tempo parziale a volte molto ridotto non è probabilmente il motivo principale. Questo aspetto sarà ripreso anche nel capitolo 2.3. (Le possibilità di lavoro per le donne).

D10) Sicuramente anche un po’ il bisogno di farlo, siccome finanziariamente non potevo permettermi di non farlo.

In sintesi:

• sentirsi valorizzata; • utilizzare la formazione (non aver studiato per niente); • incontrare persone; • lavoro come mezzo di integrazione; • qualità del lavoro, possibilità di aggiornamento; • tempo e spazio per sé; • aspetti economici.

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2.3. Le possibilità di lavoro per le donne Un altro tema importante di questa ricerca riguarda le possibilità di lavoro per le donne della valle. Anche in questo caso, e malgrado la prudenza necessaria per i motivi già espressi in precedenza, abbiamo diviso le risposte delle donne che hanno un’occupazione salariata da quelle delle donne senza un’attività retribuita. 2.3.1. Donne senza un’attività professionale retribuita Nell'intervista si è parlato sia dell’opinione che le donne hanno sulle possibilità effettive di lavoro nella regione (in valle o nel centro più vicino) sia delle proprie esperienze personali in questo campo. I due aspetti sono strettamente legati. A volte viene data un’opinione “oggettiva”, legata alla conoscenza della situazione in valle; ma più spesso si fa subito riferimento alla propria situazione personale. In effetti, le intervistate mettono in evidenza diversi aspetti che condizionano la possibilità di trovare un lavoro e per fare questo spiegano i motivi per cui non esercitano un’attività lavorativa, raccontano dei tentativi che hanno fatto o delle difficoltà più o meno grandi che hanno affrontato in passato. Questo capitolo mostra quindi i problemi concreti con cui una donna si trova confrontata quando pensa di intraprendere un’attività lavorativa. In diverse interviste emerge il fatto che la realtà della Vallemaggia è una realtà periferica per cui bisogna spostarsi per lavorare e questo implica dei problemi legati alla distanza. Condizione importante è inoltre quella di disporre di un’automobile.

D1) No, non so, proprio no. A dire la verità andrei da un’altra parte a cercare. A Locarno. In valle non vedo proprio cosa si può fare [...] magari non mi informo bene o non sento perché le mie conoscenze vanno fino ai Ronchini perché lì vanno i bambini ma non so cosa gira nell’alta valle. [...] Dovrei prendere i bus e sono malmessi. D23) Vedo ad esempio delle amiche che si trovano vicino alla città e per esempio lì trovi più facilmente, io devo calcolare andata e ritorno […] Locarno è un’ora di strada se tutto mi va bene. D7) Se volevo restare nel mio mestiere è difficile perché in valle non c’è nessun professionista presso cui lavorare e allora lì ci sarebbe la trasferta […] e quello l’ho sempre escluso perché è sempre un’ora abbondante di macchina all’andata e al ritorno non potevo, non ho mai voluto farlo. D8) No cioè io mi guardo sempre in giro però sinceramente no. Dopo cioè scarto già i lavori a Locarno, perché è inutile farsi mezz’ora di macchina per lavorare 4-5 ore, no neanche,

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dalle 8.30 alle 11.30, che poi qua i bambini non vanno neanche in mensa. D17) (Per lavorare) ormai dopo ci vuole anche la seconda macchina, perché c’è anche il marito che è via e senza macchina, con i mezzi pubblici non ci si sposta. D19) Dipende se si ha la macchina o no, questo fa una grossa differenza. [...] al di la del numero di corse, però un bus da qui alla stazione ci mette un’ora, mentre in auto in 30 minuti sei giù. [...] Un altro discorso potrebbe essere mollo tutto e vado dove c’è lavoro, vuol dire andare via di qua.

Altro aspetto spesso citato, come elemento che preclude diverse possibilità di impiego, è il desiderio di lavorare a tempo parziale, che come abbiamo visto è la condizione che permette appunto alle donne intervistate con un’attività professionale di lavorare.

D11) No, in Vallemaggia no. Il problema per noi è il tempo, pochi vorrebbero lavorare ad un tempo superiore. L’ideale sarebbe lavorare un giorno o due alla settimana, ma non è facile trovare. Forse a Locarno o a Lugano ma c’è sempre lo spostamento da tenere in conto. A tempo pieno no.

Emerge spesso il tema del tipo di lavoro o come considerazione generale o in riferimento alla propria situazione. Appare una discrepanza tra l’eventuale desiderio di un’attività salariata soddisfacente e le possibilità reali in valle. Questo problema è collegato alla mancanza di qualifiche. Alcune di queste donne invece hanno una formazione che permetterebbe loro di svolgere un’attività qualificata, ma cercano occupazioni saltuarie ad esempio nel ramo della ristorazione o in attività che definiscono “lavoretti”.

D8) Nel settore della ristorazione sì perché è una zona turistica e allora d’estate c’è bisogno, poi donne che lavorano una o due ore al giorno, volentieri le prendono. [...] E questo è uno dei problemi di qua, non hai possibilità, perché puoi dire quello che vuoi ma a parte il ristorante non è che ci sono tanti posti. D20) C’è poco, a parte lavori di pulizie, di cameriera. D23) Mi dà l’idea che puoi trovar posto nei ristoranti d’estate, nei grotti, probabilmente anche donna della pulizie forse, però secondo me è molto limitato, per solo lavori di ufficio non c’è tanto, nell’insegnamento c’è veramente poco posto: alcune scuole si sono raggruppate, quindi secondo me è difficile […] chi riesce a trovarlo è veramente fortunato. D7) Se no come lavoro qui in valle per me ce n’è, ci sono diversi lavoretti. So che ci sono diverse donne che prendono a carico delle case di vacanza, appartamenti da pulire, da gestire [...] io vedo che come attività di commercio bene o male

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il lavoro lo si trova [...] per esempio chi è segretaria [...] e che a tempo parziale trovano i lavori in diversi ditte che chiedono queste cose [...] il mio mestiere è già diverso. D17) Però qui in Vallemaggia per il mio mestiere non c’è tanta possibilità. D24) Dipende che lavoro si cerca: se è un lavoro che serve per uscire quelle poche ore di casa e dove non si vuole un grande guadagno, qualcosa c’è […] può essere la pulizia di case, la venditrice o dei lavoretti così; se invece uno vuole un lavoro più qualificato è forse più difficile perché i posti son pochi e le persone son tante…[andando verso il centro] c’è forse più scelta perché certe imprese, certe attività, in valle non ci sono, però dipende tutto da quello che si cerca, dal perché si vuole anche lavorare, quale è lo scopo. […] un altro problema sul lavoro è, o una si accontenta di quello che ha o comunque, o deve modificare quello che è stato la sua formazione lavorativa [...] deve cambiare lavoro o deve fare una formazione per avere un lavoro che c’è in valle. D2) Ci saranno, ma per esempio per me no. Nel senso io non ho studi, non un diploma, non ho niente praticamente. Se decidessi di andare a fare qualcosa, dovrei andare o a far pulizia da qualche parte o far la cameriera, oppure inserirmi nell’aiuto domiciliare ma adesso come adesso non è che mi interessi: io lo faccio già a casa mia e tante volte io ci penso a cosa posso fare ma mi dico “le cose che piacciono a me sono cose creative, non è che le vedo inserite in un contesto di valle che potrebbe magari anche portarmi a guadagnare qualcosa”. D19) Penso che dipende da cosa cerca qualcuno; posti di lavoro per le donne in generale non è facile trovarne. Di solito quelli che si trovano senza nessuna formazione sono i soliti in bettola o cameriera o cose di questo genere.

Questo concetto del “dipende da cosa si cerca” è indicativo del fatto che una parte di queste donne non professionalmente attive non è disposta a qualsiasi tipo di lavoro, probabilmente perché non vi è un’esigenza economica primaria. Infatti l’aspetto finanziario assume un’importanza centrale nella decisione se lavorare o meno. Se per alcune è importante il fatto di guadagnare anche se il tipo di lavoro svolto non è soddisfacente, altre donne sottolineano che il fatto di poter non lavorare è un privilegio, anche se compensato da scelte nella vita quotidiana (il mio modo di guadagnare è sul risparmio della casa). Alcune risposte mettono invece in evidenza come spesso le spese per lavorare siano maggiori rispetto a un eventuale guadagno e come quindi non valga la pena.

D8) Mi andava benissimo far pulizie, non è che voglio chissà cosa, voglio un lavoro, per tirar fuori qualche soldo, tutto lì, non è che ho delle grandi ambizioni. Cioè se ci sono bene se no pace.

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D7) E anche devo dire che fortunatamente non ne ho avuto il bisogno. Allora ho sempre pensato che il mio modo di guadagnare è sul risparmio della casa. D2) Sì, tante volte le dico non avrei il tempo di lavorare. Cioè, se lavorassi, dovrei rinunciare a tante attività [...] quindi in quel senso lì sono un po’ viziata. D19) È chiaro che posso parlare così perché il mio compagno al momento guadagna abbastanza per poter vivere in modo semplice, ci stiamo dentro. È chiaro che altrimenti dovrei ricorrere alle mamme diurne e prendere quello che c’è [...] quindi è un po’ quello il discorso; se sono sotto pressione vado anche a far la cameriera e cerco la mamma diurna. D8) C’è una vicina di casa, però non mi conviene darla a lei per 15- 20.- all’ora e io ne prendo 10, cioè a che scopo? D17) [...] Poi tanti dicono che non conviene; cercare qualcuno che cura i bambini, la seconda macchina, sono spese che non vengono quasi coperte dal guadagno, allora tanti aspettano che sono proprio grandi i bambini e poi riprendono lì.

Viene anche espressa la difficoltà di riprendere un’attività stabile dopo una lunga assenza dal mondo del lavoro, anche nel caso di una professione qualificata.

D17) Sono 10 anni che non lavoro più al 100%, per riprendere a XY, sì mi sentirei un po’ a disagio, ci vorrebbe un po’ di tempo per rimettermi in moto.

Diverse donne pongono la questione culturale e i valori materni come aspetti predominanti nella loro scelta: in particolare è molto forte il concetto che i bambini hanno bisogno di una presenza stabile a casa, anche se spesso la situazione è considerata transitoria (fino a quando saranno più grandi). Questa situazione è vissuta come un dato di fatto (sono disposta a dedicare il tempo che ci vuole), ma viene messo l’accento anche sul piacere che può dare la vicinanza quotidiana (i bambini voglio godermeli).

D20) Poi non voglio, i bambini voglio godermeli [...] vorrei essere una brava mamma e anche brava nella mia attività, ma non è evidente conciliare tutto. D8) Poi sinceramente sono molto gelosa delle mie figlie e allora piuttosto le tengo io che darle a qualcuno di cui non mi fido al 100% D17) Da parte mia noi abbiamo deciso di avere i bambini e sono disposta a dedicare il tempo che ci vuole, finché hanno l’età che entrano poi a scuola. Passa talmente in fretta che [...] Ancora qualche anno e sono fuori di casa diverse ore. D2) Quando i bambini erano piccoli io non potevo stare via tutto il giorno ma andava anche bene, se si hanno i figli, io la

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vedo un po’ così, dal momento che non lavoravo dovevo gestirmeli. D19) Cioè se io volessi lavorare vuol dire smettere di allattare. Posso organizzarlo, perché è possibile organizzarlo, però è una scelta perché vuol dire che il bambino ha un certo tipo di crescita all’inizio, io lo voglio così quindi mi va bene. D18) Poi anche se mia mamma [...] penso che avrei fatto la scelta, anche se ci avrei messo un attimino di più a convincermi, di restare a casa, perché credo che appunto i bambini hanno bisogno; vanno all’asilo però comunque alle 16 tornano a casa per me trovo importantissimo almeno fino alla fine delle scuole elementari, riempire il tempo con il bambino a casa. D22) adesso come adesso no! I bambini sono in una fascia di età che hanno bisogno di una persona stabile a casa.

Al discorso sull’influenza dei valori nella decisione di non svolgere un’attività professionale retribuita, possono essere collegate alcune considerazioni sul significato e la definizione del proprio ruolo familiare e sociale. Dalle parole di alcune intervistate emerge una valorizzazione dell’attività svolta in casa e viene espressa una certa soddisfazione legata anche alla coscienza dei benefici per la famiglia.

D1) Non mi piace quella parola io non sono una brava casalinga, io faccio la mamma [...] casalinga secondo me è qualcosa di molto poco apprezzato. Io sono mamma. D20) Cucino tanto, mi piace, passo la maggior parte del tempo in cucina, per dare cose più sane ai bambini invece di comprare cose congelate: cucino tutto io, dallo yogurt alla pasta della crostata, sì sono abbastanza viziati loro e mio marito; per l’insalata non compro insalata pronta uso la cicoria dei prati, ormai ho tempo, o prendo il tempo per queste cose, perché credo che sia importante. D17) Abbiamo una casa molto grande. È bello per i bambini ma è molto impegnativo. D22) Io spesso definisco le mamme di casa delle imprenditrici domestiche: [...] non devo assolutamente pensare solo per me, ma penso anche per i figli.

In sintesi:

• distanza + disporre di un’automobile; • desiderio di lavoro a tempo parziale; • tipo di lavoro, dipende da cosa si cerca; • discrepanza rispetto alle qualifiche, nei due sensi; • necessità/ non necessità economica + altri aspetti economici; • difficoltà legata all’assenza prolungata dal mondo del lavoro;

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• valori materni (i bambini hanno bisogno, ma anche piacere di stare con loro);

• valorizzazione dell’attività svolta in casa e soddisfazione per i benefici per la famiglia.

2.3.2. Donne con un’attività professionale retribuita Anche nel caso delle donne con un’attività professionale viene spesso espressa un’opinione generale e nel contempo delle considerazioni sulla propria situazione personale. Interessante notare che alcune donne sostengono come in valle vi siano effettivamente poche possibilità di lavoro e affermano di aver avuto “un colpo di fortuna”.

D5) C’è poco. Io sono davvero fortunata ad avere trovato questi posti tramite persone che conosco. Ma uno che cerca così è difficile. Qualche mese fa è uscito un annuncio in alta valle che cercavano una segretaria [...], dopo tre o quattro ore c’erano gia 20 candidati. Le donne vogliono ma non c’è molta possibilità [...] (per una che non ha figli e vuole lavorare a tempo pieno) nella vendita negli uffici ma non penso che ci sia tantissimo… D16) Nel frattempo ho letto questo giornale e ho visto questa signora che cerca una XY e dico, ma guarda un po’ questo è proprio il mio lavoro ed è uscito questo annuncio [...] lunedì sono andata da lei e il mercoledì cominciavo a lavorare.

Anche secondo le donne con un’attività professionale le possibilità sono legate ad ambiti di lavoro ben precisi, quali ad esempio il settore infermieristico, le pulizie o la ristorazione; quindi ancora una volta è in gioco il tipo e la qualità del lavoro.

D3) Secondo me oramai è inutile: se una vuole fare un lavoro interessante qui è molto limitata come situazione [...] magari il lavoretto ce l’hai o vai a pulire o vai ad aiutare l’anziano o far la babysitter o in ospedale dove però devi già aver fatto quel mestiere. Puoi fare l’infermiera o l’assistente medica, ma come ho gia detto per le donne ci sono sempre i soliti mestieri, almeno qui in Vallemaggia. D6) Allora, ci ho pensato, io credo che c’è possibilità però credo che il campo è limitato a ufficio, pulizie, aiuto al ristorante. D12) Ci sono diversi settori; l’ospedale è una buona fonte, gli altri lavori sono un po’ di pulizia del centro scolastico, se non sei maestra [...]. C’è il lavoro di pulizia solo se c’è il ricambio, ormai si sa che il cantone ne prende solo un tot poi basta. Poi

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nei ristoranti, puoi fare la cameriera, se no ci sono delle occasioni che possono saltare fuori che adesso non mi vengono in mente. D16) Però non lo so se ci sono tante possibilità per le donne in valle [...] ci saranno per certi ambiti non credo che ce ne siano tanti e poi, se ci sono, sono sfruttati e mal pagati ed è una doppia frustrazione.

Nuovamente traspare dalle interviste il problema della perifericità della Vallemaggia: le donne mettono in evidenza come a Locarno sia più facile trovare un lavoro, sottolineando quindi il fattore distanza quale difficoltà. Questo vale sia per l’attività lavorativa che per un’eventuale nuova formazione.

D10) Eh, non so io ne conosco alcune che fanno lavoretti così, o chi ha la fortuna di essere inserito presso l’ospedale di Cevio, però è chiaro che in valle sono poche le possibilità di lavoro, l’offerta è ancora più bassa che a Locarno. D3) Il problema è che sono sempre i soliti mestieri per le donne, magari a Locarno è diverso ma in valle sono sempre le solite cose. D20) Per andare a scuola con il bus e con il treno è un disastro [...] ci ho impiegato andata e ritorno cinque ore.

Va però detto che il fatto di lavorare a Locarno, nonostante i problemi legati alla distanza, può anche essere vissuto come un elemento positivo. Questo perché lo spostamento permette in alcuni casi di svolgere un’attività qualificata corrispondente alla propria specializzazione quando in valle ciò non sarebbe probabilmente possibile. Inoltre alcune donne hanno sottolineato il loro bisogno di spostarsi, di cambiare aria, di vedere altra gente.

D4) Mah, dipende un po’, io quando ho detto che andavo a abitare a X tanti mi dicevano “ma sei matta, andare a lavorare fino a Locarno” [...] io trovo che a livello della mia professione, comunque io voglio fare XY, ecco, a livello di Vallemaggia non è che posso trovare. D12) Si, ho bisogno di uscire un po’, magari con il tempo mi sarebbe stato più facile però ho bisogno di cambiare, di vedere altra gente. Abitare a X, lavorare a X magari ancora con gente di X mi sta un po’ stretto, sinceramente parlando. Può essere un’esperienza bella però io osservo molto, ci sono anche conflitti. Magari ci sono “gabole” sul lavoro con il tuo vicino di casa...

Tra le difficoltà con cui le donne sono confrontate viene nuovamente sottolineato il fatto che riprendere a lavorare dopo aver interrotto l’attività per un certo periodo è difficile in quanto le conoscenze professionali evolvono e si rischia di restare “tagliate fuori”.

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D16) E poi soprattutto anche perché vengono fuori dalla famiglia e non hanno avuto la formazione [...] in questi anni non sono più nel ciclo, sono tagliate fuori.

In questa parte dedicata alle possibilità lavorative in valle, molte donne anticipano alcuni temi che toccano il tema del conciliare famiglia-lavoro e che verranno quindi trattati in seguito: il fatto di dover percorrere lunghe distanze per lavorare implica una grossa organizzazione e anche il tipo di lavoro che si può trovare a volte è particolarmente poco conciliabile con gli impegni familiari (ad esempio nel turismo le possibilità di occupazione coincidono con le vacanze scolastiche). Il tema della conciliazione appare quindi in relazione agli spostamenti ma anche al tipo stesso di lavoro o alle difficoltà del lavoro su chiamata.

D21) Non lo so, non posso notarlo: diciamo, da noi non è che ci sono moltissime possibilità, cioè si può lavorare nel turismo, ma se si hanno figli è già un problema perché si è proprio impegnati quando i figli hanno libero o vacanza [...] sì, si troverebbe ma i momenti forti sono quando i figli sono a casa! D21) È difficile penso che se uno ha figli è difficile spostarsi. D8) Però sono quelle situazioni che.. non mi puoi chiamare la mattina dicendomi di venire a mezzogiorno, io ho i bambini, da qualche parte devo metterli quindi sono sempre delle situazioni un po’… un po’ strane.

Anche le donne professionalmente attive mettono in evidenza la questione culturale, i valori con cui hanno dovuto confrontarsi nel decidere di lavorare. Appare il concetto di scelta, in relazione ad esempio del lavoro a tempo parziale.

D6) Si, perché secondo me qui c’è ancora un po’ la mentalità della donna che non lavora, se non c’è necessità finanziaria o il marito che sta a casa. Questo l’ho notato anche in certe mie amiche che non possono andare a lavorare, ecco. Non è il mio caso però. D10) Anche se credo che avendo dei bambini è comunque difficile mantenere un’attività lavorativa, a meno che li scarichi sempre, però lì è questione anche di scelte.… D19) Però per scelta mia, fino a che non è appena un po’ grande che vedo che è più autonomo, più indipendente mi va bene dargli più tempo. Per esempio allatto ancora e fa un anno alla fine di questo mese, ma è una scelta.

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In sintesi: • un “colpo di fortuna”; • ambito e qualità del lavoro (lavoretti); • perifericità + distanza, ma può essere anche elemento positivo; • restare “tagliate fuori”; • conciliare famiglia-lavoro; • i valori, la scelta.

2.4. Prospettive, progetti, rimpianti Nel corso del racconto le donne, sia quelle con un’attività professionale retribuita che le altre, hanno parlato delle loro prospettive di lavoro, dei progetti che vorrebbero realizzare più o meno a lungo termine, dei desideri, che alcune hanno chiamato i “sogni nel cassetto”. Vi è quasi sempre un’associazione tra i progetti e la crescita dei figli, il che conferma quanto detto nel capitolo 2.3. (Le possibilità di lavoro) in merito alle priorità e ai valori materni. 2.4.1. Prospettive e progetti Si tratta di idee molto eterogenee, alcune vorrebbero un’aumento dell’attività professionale retribuita, non necessariamente facile da realizzare a causa della situazione socioeconomica attuale.

D10) Si, solo che adesso che i figli crescono potrei dedicare più tempo al lavoro, solo che adesso le ore diminuiscono perché hanno chiuso una sezione [...] le prospettive non sono molto rosee, staremo a vedere. D4) E allora niente, adesso faccio delle ore e penso anche in futuro, spero di riuscire almeno a tenere i contatti in modo che non so al momento che i bambini andranno a scuola posso magari riprendere un po’ di più.

Altre donne immaginano un cambiamento radicale o una trasformazione della propria attività e a volte si tratta di progetti già abbastanza precisi.

D20) Lavorare in quel campo mi sarebbe sempre piaciuto però adesso qui è un po’ scomodo con i bambini, non ci sono mezzi, non c’è niente e io non voglio lasciarli perché sono abbastanza piccoli [...] forse quando cresceranno avranno meno bisogno [...] vedremo. D3) No, ci penso spesso, quel giorno che i bambini sono via tutto il giorno a scuola, avrò più tempo di fare qualcosa, non per soldi, qualcosa tipo animatrice, però appunto devi essere

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diplomata, giustamente, pero mi piacerebbe, sa con i giovani. [...] se un giorno i miei figli sono tutto il giorno a scuola e sono sani penso che mi studio un piano e glielo vado a proporre. Però appunto con i giovani. Qui non c’è molto. D17) [...] Magari è anche per quello che cerco qualcos’altro, proprio perché il mestiere che ho imparato io qui non è possibile. [...] cerco qualcosa, di formarmi ancora un po’ [...] Qualcosa che si può combinare con lo studio che ho già fatto [...] più qualcosa sulla natura, mi interessano le erbe che vivono qui e che hanno effetti positivi sul corpo e tutto. D22) Però ci sono dei progetti: quello di aprire un tea room, con bevande del commercio equo solidale, in Italia questo già si è realizzato, si sta realizzando in alcuni centri [...] e poi ci sarà in programma lo studio dell’inglese e dello spagnolo [...] diciamo bisogna sempre prendere il tempo per dedicare alle lingue però per il momento non ho tempo e nemmeno la disponibilità per far questo [...] ci sono dei progetti nel cassetto, ecco! D19) [...] a volte mi dico che faccio la mamma diurna, poi è aperto, può essere carina come cosa.

Per altre ancora è importante la prospettiva di avere più tempo per se stesse, per poter svolgere attività del tempo libero.

D16) Adesso però ho diminuito visto l’età, visto i miei figli che comunque sono un po’ già incanalati ognuno per la sua strada, voglio prendermi il tempo per me stessa, voglio viaggiare. D19) Non è ancora come vorrei, nel senso che adagio adagio vorrei avere più spazio per cose che per me sono importanti.

2.4.2. Il percorso Arianna e il suo significato Un discorso a sé merita l’esperienza di Percorso Arianna (vedi Introduzione) che per alcune delle donne intervistate che vi partecipano assume significati di tipo non solo formativo ma anche sociale e progettuale, e questo sia per le donne con un’attività professionale, generalmente molto limitata nel caso delle partecipanti a Percorso Arianna, sia per le altre. Il tema dei sogni nel cassetto e delle competenze necessarie alla realizzazione di progetti costituisce un elemento fondamentale del percorso formativo e per questo motivo non è stato approfondito nel corso di queste interviste. Tuttavia alcune donne hanno parlato di che cosa significhi questa esperienza per loro, sia nell’ambito della descrizione delle loro attività non professionali, sia accennando al futuro. Emergono essenzialmente due aspetti: da un lato la consapevolezza delle possibilità di un cambiamento a livello personale, anche se non ancora ben

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definito in questa fase del percorso; d’altro lato viene valorizzato l’aspetto positivo legato alla socializzazione e alla condivisione delle proprie esperienze.

D6) Mi sta prendendo a livello mentale, quindi sto investendo… no non è che sto investendo, ma ho grandi progetti. Spero di arrivare, mi sta già facendo bene, ma spero di arrivare a qualcosa, ecco. Quindi non ho voglia di iniziare altre cose. D10) È bello, io sono molto contenta, ti permette di stare con le altre, perché con i figli che crescono si perdono un po’ i contatti. Poi è arricchente a livello personale e chissà se non si può aprire qualche occasione. D12) È nato incontrando X nel piazzale della scuola. Lei mi ha chiesto se ero interessata a fare questo percorso [...] Adesso sono contenta; vedo che tante cose che ti vengono incontro hanno un senso. D8) Si, mi da delle belle soddisfazioni perché…è incredibile, tu ti senti da sola con i tuoi problemi poi vieni qua, ne parli con gli altri e vedi che i problemi sono sempre gli stessi; parla una ed è come se dicesse le cose che vuoi dire tu. D7) C’è il Percorso Arianna che mi prende anche il suo tempo, è un impegno piacevole però. Non lo chiamo neanche impegno, mi piace, ecco. Sono contenta di averlo iniziato, poi non so mai bene dove si va a finire, quello è tutto un punto di domanda. Però sono contenta [...] con il computer mi sentivo un po’ tagliata fuori. Adesso riesco a fare tante cose che è già un bell’arrivo.. [...] un bel punto di…forse di partenza.

2.4.3. Rimpianti In questo discorso proiettato sul futuro le donne esprimono anche dei rimpianti oppure la difficoltà di iniziare una nuova formazione.

D2) Quando ti fai una famiglia poi le energie vanno lì, i pensieri anche vanno lì. È dopo quando i figli crescono [...] però a X non è che puoi dire “mi iscrivo a un corso di università”; se fossi in un altro posto penso che troverei anche il coraggio. D10) Io mi sono iscritta all’Università, solo che nel frattempo è uscito un concorso che cercava una maestra e poi ho provato ma mi sono fermata lì. Adesso ho sempre un po’il rammarico di non essere partita, avrei magari avuto altre opportunità

Tuttavia può esserci una rappresentazione positiva del proprio percorso anche se non tutto è andato come ci si immaginava.

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D12) Io ho sempre voluto lavorare in un’agenzia viaggi, solo che dopo ormai… il percorso è stato diverso [...] È andata così ma si vede che si dovevano aprire anche altre vie perché così ho avuto modo di conoscere il Percorso Arianna. Se avessi lavorato al 60% non potevo partecipare.

In sintesi: Prospettive e progetti

• aumento dell’attività professionale retribuita; • cambiamento radicale o trasformazione della propria attività; • più tempo per sé.

Percorso Arianna come esperienza di socializzazione e progettuale; Rimpianti

• Formazione 2.5. Le “altre” attività / il volontariato 2.5.1. Donne senza un’attività professionale retribuita Intervistando le donne che come statuto si definiscono casalinghe o “mamme”, ci si accorge che la loro vita quotidiana, oltre a quelle domestiche e di cura, è colma di attività di ogni tipo, in parte realmente extra-professionali, in parte semi-professionali o saltuarie. Le abbiamo quindi definite “altre” attività per differenziarle dalle attività professionali retribuite e regolari. Numerose donne sono attive come volontarie in vari gruppi, a volte legati ai figli (associazioni sportive, ludoteca, gruppi genitori) o alla vita di comunità (samaritani). Alcune sono impegnate nel percorso Arianna. L’organizzazione quotidiana di queste donne, anche quando i bambini vanno già alla scuola materna o elementare, è quindi scandita da molteplici impegni casalinghi e da attività esterne.

D23) Praticamente la mattina la grande parte, io porto alla partenza del bussino il piccolo, e poi niente, la mattina dipende […] faccio la spesa […] faccio parte del gruppo genitori, ci vediamo spesso per riunioni, varie attività, e poi adesso prende parecchio il Percorso Arianna, quindi un po’ con il computer [...] un po’ mi trovo con la mia collega di Percorso Arianna, ogni tanto ci troviamo a lavorare insieme [...] il pomeriggio in casa ci sono sempre un mucchio di attività [...].

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D24) Adesso vanno a scuola tutte e due, il mattino la corsa alla colazione: lavarsi, vestirsi, le porto al bus, faccio la spesa e poi rientro a casa e comincio i miei soliti lavori di casa occupandomi anche di un’attività di volontariato [...] quindi a dipendenza degli impegni ci sono giornate dove mi dedico a quello.

2.5.1.1. Tipo di attività svolte Abbiamo diviso le attività descritte in diverse categorie. Tra lavoro e non-lavoro: le attività semi-professionali o professionali saltuarie. Interessante notare che in realtà alcune donne svolgono vere attività professionali, anche se a tempo molto ridotto o irregolare, e proprio per questo non considerate tali dalle donne stesse.

D8) Mio marito lavora in un ristorante allora qualche volta do una mano a loro, però sono quei lavori saltuari oppure di volontariato o semi-volontariato, ma sempre nell’ambito del ristorante, così. D7) Dopo due anni che è nata X ho iniziato a insegnare XY, è una cosa molto ridotta […] faccio 18-20 ore all’anno. D7) [gestire delle case di vacanza] Forse non si chiama neanche lavoro, però da un momento all’altro magari arrivano 7 persone, ci sono 7 letti da cambiare […] quasi non lo ritengo un lavoro nel senso che io faccio un piacere al proprietario [un parente] e lui fa dei piaceri alla mia famiglia, così, ci aiutiamo. D20) Faccio la cameriera ogni tanto, di solito una sera a settimana in inverno e due sere d’estate. D17) Poi mio marito ha ancora un terreno per fare il fieno, quindi ogni estate si fa il fieno. D19) [La vita è divisa tra ] la casa e il bambino e un campo che coltivo, piccolo, però ce la faccio [...] Lo lavoriamo con un'altra coppia e vorremmo poter trarne abbastanza a livello di alimentazione però ci manca ancora un bel po’ di lavoro. Quindi per intanto quando possiamo siamo su a lavorare ma non è ancora una cosa seria. D18) Faccio la mamma diurna. D22) Io di formazione sono XY, però attualmente non lavoro, non esercito [...] varie volte sono stata contattata per situazioni in cui era necessario un XY.

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Attività legate ai bambini e al mondo della scuola Questo tipo di attività è molto spesso citato e alcune donne sono attive in vari ambiti.

D23) C’era un gruppo ricreativo a Cevio, facevamo parecchie attività per i ragazzi […] ho fatto parte della ludoteca […] poi il gruppo genitori […] e la biblioteca. D1) Sono stata molto attiva a scuola nel comitato genitori. Do una mano nelle associazioni in cui i miei figli hanno le loro attività. D8) Sono membro del comitato del gruppo genitori di X, poi aiuto con il pattinaggio dove le mie ragazze fanno i corsi, aiuto con i vestiti, mi piace anche cucire allora sono tutte queste cose che posso fare a casa in questi tempi liberi […] fanno danza, allora anche lì ho aiutato la maestra per i costumi dello spettacolo, faccio queste cosette qua. D7) Mah, adesso per i bambini c’è la ludoteca e allora faccio il picchetto, [...]. Ho le chiavi e vado un giorno sì e uno no ad arieggiare, sono un po’ responsabile del riscaldamento, ma quello non lo calcolo neanche, sono piccoli favori che ci si fa a vicenda […] Poi c’è il gruppo genitori delle scuole elementari […] poi il gruppo genitori della scuola media, lì per esempio è abbastanza impegnativo. D11) La ludoteca [...] il Cantuccio [...] il 3+ per bambini che non vanno ancora all’asilo. D24) Faccio parte della Pro Juventute. D2) Vado ad aiutare in ludoteca il mercoledì pomeriggio.

Attività sociali e di volontariato. Le attività citate si situano in campo sanitario, politico, religioso. Inoltre vi è un volontariato sociale di tipo informale (l’aiuto alla vicina di casa, alle persone anziane del paese) di cui le donne hanno parlato a più riprese senza però definirle volontariato.

D11) Sono attiva in consiglio comunale [...] sono anche volontaria della Fondazione Elisa che si occupa di bambini malati di tumori. D17) Partecipo ai samaritani, facciamo diverse serate informative, esercizi, poi facciamo anche picchetti alla pista di pattinaggio in inverno. Poi ci sono i roller d’estate che vengono a fare le partite, c’è la corsa dei mountain bike a Fusio dove facciamo i picchetti, il torneo calcistico... D7) Sono stata presidente della sezione samaritani. D22) Si partecipa alla vita parrocchiale. D22) Dunque! Io sono casalinga; sono responsabile della Bottega del mondo e del gruppo di volontari, circa 17 persone [...] è una delle 14 botteghe del Ticino, dove si vendono prodotti del commercio equo solidale, il lavoro si fonda sul

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volontariato e abbiamo prodotti alimentari e artigianali che vengono dal sud del mondo, da fasce di popolazione di produttori sfavoriti [...] questa diciamo è la mia maggiore attività oltre la casa.

Attività ricreative, sportive, culturali, formative Anche qui le attività sono molto numerose e variate.

D1) Vado spesso in palestra, faccio danza. D7) Segretaria dell’associazione alpinistica […] Poi se c’è qualcosa di interessante cerco sempre di partecipare perché mi piace sentire conferenze. D24) Pratico la pallavolo qui in valle. D2) Io pitturo, scrivo, cucio, faccio cose creative [...] sto facendo inglese, tedesco, vado a nuotare, vado in montagna, faccio sport. D20) Frequento una scuola, vado a camminare, a nuotare, faccio musica. D17) Decoro i sassi con i tovaglioli, faccio la maglia, le cartoline personalmente, faccio [...] tutto un po’ artistico. D19) A un gruppo culturale [...] siamo un gruppo di amici e ci occupiamo di organizzare una volta all’anno una o due giornate di concerti, e anche altre attività di diverse culture. [...] lo scopo è quello di portare il confronto di altre culture qui in valle in un modo legato al piacere. D11) Eh sì, il tempo che dedico [a PercorsoArianna] è soprattutto per la presenza, poi il lavoro a casa una sera a settimana.

2.5.1.2. Il significato delle attività Nel racconto delle proprie attività, al di là della loro descrizione, emergono vari aspetti di tipo motivazionale, che abbiamo raggruppato secondo il significato che assumono per le donne. Il piacere che deriva dall’attività stessa e/o il piacere di trovarsi con altre persone. La gratificazione e la soddisfazione provenienti dal tipo di attività sono spesso associati a un buon clima di lavoro e alle possibilità di socializzazione che essa rende possibile.

D23) E’ un gruppo talmente bello e andiamo d’accordo tra di noi che il lavoro è veramente un piacere. D11) C’è un bell’ambiente e molto da fare. D7) Adesso li conosco quasi tutti, ho buoni rapporti.

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D2) Sì, il viaggio mi pesa ma mi peserebbe di più dover stare a casa per cui mi dico “vado”. Anzi, quando inizia il periodo scolastico voglio fare 50 cose, anche per avere dei contatti. D22) Io do tanto, ma la Bottega mi dà tanto [...] solo per la soddisfazione [...] poi è qualcosa che mi piace veramente e in cui credo.

Non sempre però il fatto di svolgere delle attività basta a creare necessariamente dei legami forti con le altre donne.

D17) Ho fatto un corso di attività manuali qui in valle, adesso abbiamo previsto di farne ancora per Natale. Però non è che dopo il corso ci si sente di più, differentemente.

La valorizzazione delle proprie competenze e dell’attività professionale svolta in precedenza

D7) [...] Sono legata alla mia professione di prima […] la materia la conosco bene. D17) Per me anche un modo di mantenere la professione, sempre tenermi esercitata. D18) Sì perché in fondo è sempre qualcosa nel sociale. D22) Questo è quello che rimane un po’ del mio lavoro [...] Tante volte le mie capacità andavano più a sostenere una situazione difficile, …per esempio, aiutare una famiglia ad organizzarsi dal punto di vista economico, far quadrare i conti [...].

L’importanza di avere del tempo per sé

D1) Adesso comincio ad avere tempo per me. Ho molto bisogno anche di vedere amiche, di fare due chiacchiere. D7) Per avere più tempo per me. D2) Mi sono sempre organizzata in modo da avere tempo per loro ma anche per me.

Il desiderio/bisogno di fare qualcosa al di là dell’attività casalinga e della cura dei figli

D23) Devo dire che mi piace fare cose fuori dall’ambito di casalinga perché dopo un po’ è un po’ demoralizzante. D1) Adesso ho voglia perché stare a casa non è abbastanza. Non mi vedo solo come mamma e moglie, quello no.

Poter avere una piccola attività compatibile con gli impegni familiari Essere mamma diurna, cioè accogliere in casa uno o più altri bambini è un’attività che non viene considerata un lavoro, anche perché la retribuzione è

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molto bassa. Tuttavia permette di avere una piccola entrata senza modificare in modo importante la propria organizzazione quotidiana.

D18) Come mamma diurna [...] ho pensato, man mano che mia figlia cresceva; di iniziare a lavorare non se ne parla perché mio marito lavora al 100%, non potrebbe lavorare di meno, mia mamma lavora all’80% con i turni. Se io mi metto a lavorare con i turni è un bel pasticcio per mia figlia [...] il bambino ha 6 mesi meno di mia figlia e funziona benissimo, lui è un bambino eccezionale, sono stata fortunatissima. È bello anche per mia figlia.

In sintesi:

Tipo di attività svolte

• Semi-professionali o professionali saltuarie; • legate ai bambini e al mondo della scuola; • sociali e di volontariato; • ricreative, sportive, culturali, formative.

Significato delle attività • Il piacere che deriva dall’attività stessa e/o il piacere di trovarsi con altre

persone; • la valorizzazione delle proprie competenze e dell’attività professionale

svolta in precedenza; • l’importanza di avere del tempo per sé; • il desiderio/bisogno di fare qualcosa al di là dell’attività casalinga e della

cura dei figli; • poter avere una piccola attività compatibile con gli impegni familiari.

2.5.2. Donne con un’attività professionale retribuita In questo caso, per motivi di tempo, il numero e la varietà delle attività extra-professionali sono limitati o inesistenti.

D6) No, in questo momento no, a parte il lavoro, no. Devo dire che la casa e il cane mi prendono abbastanza tempo ancora adesso e quindi no. D12) Ho dovuto mollare il volontariato perché ormai iniziando a lavorare… però ho fatto un bel percorso che sicuramente mi ha arricchito. Ci hanno dato una formazione base. D3) [...] Ma con l’arrivo dell’ultimo bambino ho pensato che era meglio smettere siccome era troppo impegnativo e dovevo pensare ai miei figli. D3) Prima la famiglia; farei male una delle due cose se le facessi entrambe.

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2.5.2.1. Tipo di attività svolte Le principali “altre” attività delle donne con un’attività professionale retribuita citate si situano nel campo del volontariato formale o informale.

D9) Poi sono entrata nei samaritani, ho appena finito il corso d’introduzione.[...] poi ci sono i picchetti d’inverno alla pista del ghiaccio. D12) Prima comunque facevo volontariato per la Lega contro il cancro. D13) Un paio di settimane a dicembre per la Pro Juventute. D14) C’è un volontariato per anziani, che facciamo nel paese, c’è una commissione che è stata formata in Comune, voluta dal municipio [...] priorità è la famiglia ma per chi non avesse la famiglia c’è un gruppo di volontari [...] spaziano dal portare dal medico, a fare la puntura, a fare la spesa [....] solo due sono uomini, in generale sono donne

Frequenti anche le attività ricreative, sportive, culturali, formative.

D5) Ho riscoperto la ginnastica, la danza. Quando posso vado una volta a settimana, o anche due, a fare un po’ di attività fisica [...] mi piace molto, e camminare anche. D10) Adesso mi sono appassionata al computer e mi piace, lo faccio volentieri, la faccio per me ed è anche utile, faccio le mie programmazioni, poi mi piace leggere, leggo d’estate più che altro perché ho più tempo. Mi piace anche lavorare a maglia, cosa che adesso ho un po’ accantonato perché tra casa, i figli che devi scarrozzare una volta al calcio o alla musica, le mie giornate sono sempre abbastanza piene. D13) Vado a danza un pomeriggio alla settimana qui in valle [...], avevo fatto anche ginnastica ma poi ho smesso [...] raramente vado al cinema. D14) Lo sci club.

2.5.2.2. Il significato delle attività Per le donne con un’attività professionale, l’elemento più spesso citato parlando delle attività è l’importanza del tempo per sé.

D13) E’ una cosa che non posso lasciare, che faccio per me (attività ricreativa). D4) E adesso ogni tanto invece mi dico, anche con mio marito “adesso avrei proprio bisogno di uno spazio mio”, mi accorgo che da quando è arrivata la bambina, giro attorno a quello

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che è la famiglia, la casa e ogni tanto mi dico “adesso avrei proprio bisogno di fare qualcosa” [...] se ho l’occasione di andare a teatro la sera vado, ecco, se posso uscire qualche volta trovo che è importante.

In sintesi:

Tipo di attività svolte

• Volontariato formale o informale. • Attività ricreative, sportive, culturali, formative.

Significato delle attività • Importanza del tempo per sé.

2.6. Conciliare famiglia e altre attività: le difficoltà / le risorse a cui far capo 2.6.1. Donne con un’attività professionale retribuita Presentiamo innanzitutto la situazione delle donne attive professionalmente, per le quali il problema della conciliazione è attuale e di primaria importanza. Tuttavia anche per queste donne esso può porsi sia per questa attività, sia per le attività extra-professionali. Tra parentesi indichiamo se si tratta di queste ultime. Anche in questo caso nell'intervista sono stati toccati sia l'aspetto concernente l'informazione sull'esistenza di strutture o servizi, sia l'esperienza personale, che sono spesso strettamente collegati. 2.6.1.1. Soluzioni conosciute o sperimentate Si nota innanzitutto una differenza legata al numero dei figli (in particolare tra il primo e i successivi) e ovviamente all’età dei bambini. Nel caso di figli di età diversa si osserva una responsabilizzazione dei più grandi.

D10) Con gli orari funziona abbastanza bene [...] il fatto che adesso sono cresciuti semplifica il tutto. Quello grande non ha quasi più bisogno. Il fatto che ci sono io a mezzogiorno semplifica molte cose, quando non ci sono li mando alla mensa, si arrangia anche a stare a casa da solo, mentre per il piccolo non posso pretendere di partire il mattino e tornare la sera.

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D14) Ecco un caso: la scorsa settimana i bambini erano in vacanza e io ho dovuto lavorare le mattine: sono arrivata a casa, la tavola era apparecchiata, ho detto alla bambina di tredici anni di preparare e mi ha preparato la pizza [...] così si arrangia, questo lo trovo positivo, lei ha piacere di farlo e io ho piacere di riceverlo. D13) Devo dire che mia figlia è già molto matura e molto tranquilla, non si fa mai prendere dal panico. Quando erano più piccoli era più difficile, ma adesso la figlia aspetta il fratello alla fermata, vanno a casa, fanno merenda e aspettano mio marito che comunque con gli orari flessibili cerca di essere a casa sempre 15-20 minuti dopo di loro. La mattina mi va bene perché non inizio mai prima delle 10, però finisco alle 19, ma almeno al mattino posso fare le cose con calma, dare loro questa tranquillità. A mezzogiorno ci sono le mense della scuola e sono molto più tranquilla [...].

In ogni caso la gestione è spesso molto complessa e man mano che i bambini crescevano vi sono stati tentativi diversi più o meno soddisfacenti.

D13) Quando la bambina era più piccola ho trovato una mamma diurna bravissima, aveva solo figli maschi e avere una bambina da curare era bellissimo. Poi trasferendomi in valle non andava più bene e allora ho scelto le ragazze alla pari. La prima l’ho mandata via dopo tre mesi [...] poi abbiamo fatto tre anni così, fino a che il bambino non è andato all’asilo. Poi ho chiesto a mia madre. È stato un periodo in cui ci siamo dovuti un po’arrangiare, difficile devo dire. D9) Finché il bambino non andava all’asilo era facile perché preparavamo la borsa e ci trasferivamo per i giorni che dovevo lavorare, adesso sarà un po’ più difficile perché sono in due.

Abbiamo suddiviso le “soluzioni” conosciute o sperimentate in: • Strutture e servizi esistenti. • Soluzioni private e informali. Le strutture e i servizi esistenti La conoscenza di eventuali strutture di supporto è legata alla necessità di usarli.

D9) Non mi sono interessata agli asili nidi perché avevo i nonni. Se un giorno non ce la faranno più affronterò il problema a seconda della necessità. D14) Mi dovrei trovare nella situazione, però so che ci sono mamme diurne, non so se proprio ad Avegno.

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Come principali strutture di supporto – usate o no – vengono citati gli asili nido, le mense scolastiche e le famiglie diurne; tuttavia sia per questa soluzione che per i pre-asili (che comunque sono aperti a orari ridotti) viene sottolineata la differenza di possibilità a seconda del luogo di abitazione e del percorso necessario per accompagnare i figli. Le mense scolastiche

D5) Alla mensa danno la precedenza alle mamme che lavorano, magari anche solo un giorno a settimana, ma per adesso non l’ho mai usata. D6) Soltanto da due anni a questa parte, perché i ragazzi vogliono fermarsi in mensa [...] anche perché non c’erano alle elementari quando ne avevo bisogno, non era ancora stata introdotta la mensa. Adesso però c’è la mensa, quindi tanti la usano.

Le mamme diurne

D4) Mamme diurne so che ci sono, sì. Quelle sì. Penso che funzioni. Però sento di più…in alta valle, ecco, in su non è che lo sento tanto…lo sento di più tipo a Maggia. In bassa valle ci sono diverse mamme che vanno a lavorare, e c’è la mamma diurna. D5) Quelle che usano le mamme diurne sembrano contente [...] io conosco a Maggia, poi non so se ce n’è anche in alta valle. Comunque non è facile trovare neanche quello.

I pre-asili

D9) Prima portavo il bambino a Tenero al pre-asilo, per farlo incontrare con altri bambini, perché qui ci sono pochi bambini e per alleggerire mia mamma. C’è un pre-asilo a Maggia ma ci mettevo troppo per portarlo e prenderlo. A Tenero erano sempre 2 ore ma mi portavo da stirare o lavoravo, avevo più facilità. Poi lo andava a prendere mia mamma e io lo portavo o viceversa, mentre a Maggia avrei dovuto fare tutto io siccome la nonna di X non guida.

Questo esempio di “combinazione” tra pre-asilo e nonna rinvia alla necessità di far ricorso a soluzioni informali. Ciò è spesso messo in relazione con gli orari ridotti e con la mancanza di una mensa presso la scuola dell’infanzia in alcuni comuni, come pure con il calendario scolastico che non coincide con quello lavorativo.

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D5) Oltre alla mensa non credo ci sia qualcosa. Dopo scuola o dopo asilo non c’è niente. Tre e mezza15 è prestissimo per uno che lavora, oppure ci sono delle mamme diurne o ti organizzi con un’amica se no niente.[...] Chi ha la suocera o i nonni riesce a combinare bene. Chi non ha parenti vicino non può. D10) Non ci sono strutture, e finché vanno all’asilo è dura [...] tanto più che gli orari dell’asilo sono molto ridotti, non fai a tempo ad andare a fare la spesa a Locarno, quindi devi per forza dipendere da qualcuno che te li tiene a mezzogiorno.… non abbiamo la mensa, in altri paesi c’è perché ci vanno anche i bambini di Menzonio che è lontano, quindi vanno a Bignasco e c’è la mensa. Qui non l’hanno mai messa perché erano sempre bambini solo del paese. D12) I nostri bambini andavano a Bignasco all’asilo e lì c’è la mensa. [...] Non puoi fare capo solo ad una struttura come l’asilo perché comunque alle 15.30 escono e hai bisogno di una figura che te li prende [...] Chiaramente le strutture non vanno secondo le nostre abitudini lavorative, hanno i loro orari e nelle vacanze estive i bambini sono tre mesi a casa, noi non possiamo stare a casa tre mesi e lì è prezioso il contributo di qualcuno di vicino. D3) L’asilo comunale ha la mensa a Bignasco, a Someo, ma non a Cavergno. Una madre a Cavergno deve sempre pensare al pranzo dei bambini D13) In estate gli anni scorsi i bambini andavano dai miei suoceri in Italia e stavano via tantissimo, cosa che mi distruggeva, poi li raggiungevamo e tornavamo tutti insieme. Era brutto perché è il periodo che si possono godere i bambini, perché con la scuola fai tutto di corsa. Quest’anno invece la più grande vuole restare qui e quindi mi organizzerò. L’anno scorso per esempio ho fatto un periodo di lavoro quando loro erano a casa, apparecchiavo al mattino, gli facevo la lista di cose da fare e poi li raggiungevo nel pomeriggio, avevo chiesto di lavorare al mattino. D4) Ecco, strutture che te li tengono, asili nido o così, in valle non ce ne sono…C’è il cantuccio16, ci sono queste cose, però non è che sia… [...] È per qualche ora…

15 La Scuola dell’infanzia chiude generalmente alle 15.30 16 Il Cantuccio è un punto d’incontro gestito da mamme di Maggia, aperto due mattine alla settimana per due ore, che funziona su base volontaria, mentre le madri che portano i bambini possono scegliere se restare o meno. Presso lo spazio chiamato 3+ , aperto una volta alla settimana per 2 ore, opera invece una maestra della scuola dell’infanzia. che prepara i bambini a entrare alla scuola materna, soprattutto nel caso dei genitori che non vogliono mandarvi i bambini già a tre anni.

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Le soluzioni private e informali Il coniuge Una prima importante risorsa familiare citata da alcune donne è il coniuge; tuttavia questo è possibile solo se lavora a turni oppure la sera.

D5) Mio marito ha degli orari flessibili quindi quando non c’è la scuola o non c’è l’asilo mi organizzo in base ai suoi turni. Magari lui è a casa per due giorni a settimana così ne approfitto per lavorare di più o per prendermi i miei impegni e ci organizziamo così. D4) Ma devo dire che per me da quel lato lì è più comodo (concentrare l’attività su alcuni giorni) perché faccio già il tragitto, so che quel giorno sto via tutto il giorno. Io faccio o dalle 7 alle 15.30 o dalle 14.30 alle 23.00. Devo dire che io preferisco il pomeriggio, riesco a gestire bene la mia giornata anche con la bambina: la mattina sono ancora a casa, la vedo io, e poi alla sera c’è il papà.

Le nonne e altri membri della famiglia Più spesso si tratta di altri membri della famiglia, in particolare le nonne; anche in questo caso può esserci una combinazione tra familiari e altre persone esterne. Come si vede dalle testimonianze, a volte si tratta di giornate scandite da ritmi e interventi pianificati con molta precisione.

D6) E quando erano in vacanza avevo una baby-sitter e mia mamma, che mi dava una mano.[...] Anche perché sono poche le mamme che lavorano a dir la verità. Chi lavora ha piuttosto una suocera o una madre vicino, quindi un aiuto in famiglia. D9) Io ho ricorso ai nonni e agli zii, c’è anche mia sorella. In prevalenza i nonni. Ho la fortuna di avere una nonna sotto casa. D10) Quest’anno e facile perché faccio le sei ore tutte in un giorno; comincio qui a Cavergno alle 9.30 il piccolo viene con me, va all’asilo. A mezzogiorno la nonna lo accompagna a casa perché io finisco 15 minuti dopo. Poi arrivo io e mangiamo tutti insieme. Nel frattempo l’altro arriva dalle medie e il pomeriggio lo accompagno io. La sera per un’oretta lo prende la suocera. Mi sono sempre arrangiata con le nonne, anche perché qui o sono le nonne o se no… D12) Sicuramente la presenza di un parente. Abitare vicino ai familiari o a buoni amici può aiutare, è una collaborazione preziosa.[...] Con il più piccolo ho la fortuna di avere la sorella di mio marito a X, allora quando non ci sono lo do un po’ a lei e un po’ alla mia vicina che ha il bimbo che va a scuola con il mio.

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D14) Per fortuna c’è la nonna ... per la grande non c’è problema perché abbiamo lo stesso orario, invece per il piccolo quando noi partiamo dorme ancora [...] la nonna viene, fanno colazione insieme e lo veste [...] io alle otto devo essere sempre al lavoro, non posso permettermi di andare alle otto e mezza alle nove [...] a mezzogiorno, c’è sempre la nonna che fa il pranzo per tutti. D6) Comunque ecco, se lei si sveglia, quando si sveglia, se lavoro il mattino, è mia cognata che va a prenderla perché abitiamo proprio vicino quindi funziona, quando mio marito parte le porta la radio così la sente e poi sta con mia cognata di solito. Quando è il pomeriggio invece la porto a mia mamma perché scendo fino a Maggia, la lascio a loro il pomeriggio, mio marito quando finisce di lavorare va a prendere la bambina e la porta poi a casa.

Gli aiuti tra vicini e altri genitori L’aiuto informale è considerato positivo, soprattutto per avere dei momenti liberi, ma le donne specificano che non può trattarsi di una soluzione per un impegno continuativo come può essere quello professionale. Una donna afferma esplicitamente che per lei le amiche sono una risorsa di emergenza.

D6) Però noi eravamo due mamme, prima con mia cognata, poi con una mia amica, facevamo scambio; un giorno tenevo i suoi e un giorno teneva lei i miei, quindi avevamo sempre un giorno alla settimana libero sul mezzogiorno. D16) Se si prende un impegno lavorativo non si può dipendere da questo tipo di appoggio [...] se c’è appoggio deve essere veramente tale, altrimenti come fai a mantenere una parola con il datore di lavoro, o un tempo con un datore di lavoro. D4) Dopo logicamente ecco, pensare che te la tiene dalla mattina alle 7 alla sera alle 5, ecco, non so se sarebbe disposta. D5) Se proprio non ho il marito ho qualche amica ma generalmente mi organizzo con il marito [...] Sì per dopo scuola o per il pranzo ma cerco sempre di organizzarmi.

In un caso specifico, che citiamo come esempio di un’esperienza positiva anche in un piccolo ambito lavorativo, vi è stata una collaborazione con la responsabile del negozio in cui la donna era occupata.

D16) Per cui quando lei aveva bisogno per i figli io c’ero, e quando io avevo bisogno ci siamo intercalate molto bene e questa è una fortuna, non è dato a tutti.

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Vantaggi e svantaggi del vivere in valle Se da un lato si sottolinea come in valle sia più facile aiutarsi a vicenda, anche per quanto riguarda gli aiuti tra genitori emerge la difficoltà supplementare legata al fatto di vivere in un paese dove ci sono pochi abitanti e quindi pochi bambini, soprattutto della stessa età. Questo è vero soprattutto per l’alta valle.

D4) Ma io penso che comunque in una valle, in un paese c’è molta collaborazione ancora tra le famiglie, quello che forse manca in una città. C’è meno in una città. Non so, se non avessi mia cognata magari troverei una mia amica o qualche vicina di casa che la tiene. D14) In generale ci si rivolge di più alla famiglia specialmente in un paese perché tutti hanno i familiari qui, più che in città. D5) Dipende, ci sono pochi bambini in alta valle. Io credo che è meglio chiedere ad un’amica a cui puoi ricambiare il favore. Oppure chiedi a qualcuno che viene a pagamento. D21) Noi abitiamo in un paese piccolo, c’è poca gente, ci son pochi bambini [...] da noi non c’è l’asilo. D3) Non ci sono molti bambini a X.

2.6.1.2. Risorse di tipo personale L’organizzazione e la scelta delle priorità Tra le risorse di tipo più personale vengono citate innanzitutto l’organizzazione e la scelta delle priorità. Un primo aspetto messo in evidenza in questo ambito è legato alla possibilità di svolgere una serie di attività durante le ore di assenza dei bambini o quando questi ultimi dormono o ancora alla possibilità di portarli con sé. Questo avviene però soprattutto per le attività non professionali.

D5) (riferendosi a un’attività ricreativa) Qui in paese ed è dalle 2 alle 3.30 che è un orario ideale, perché di sera con il lavoro di mio marito non posso. Se voglio andare due volte vado a Locarno., stesso orario [...] l’orario è un po’ studiato. Bene o male siamo tutte mamme con i bambini in età scolastica. D6) Adesso funziona vista l’età dei ragazzi, poi lavoro di solito alla sera o durante i week-end. Prima lavoravo quando loro andavano all’asilo o a scuola.

L’organizzazione appare come un valore positivo, una capacità che si apprende, che però sembra essere una prerogativa femminile.

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D10) Ma impari anche ad organizzarti, nelle giornate in cui sono a casa perdo molto più tempo. È importante per noi, è una capacità che forse ti viene. D4) È tutta una questione di organizzarsi (...) Tante cose se non le organizzo io, lui non ci pensa.

In alcuni casi è il tipo di attività che facilita l’organizzazione, sia per quanto riguarda gli orari sia per l’ubicazione del posto di lavoro. Alcune donne intervistate affermano di avere un lavoro indipendente o comunque con orari molto flessibili oppure un tempo di lavoro molto limitato che permette di lasciare i bambini soli a casa.

D15) Anche adesso posso fare un po’ come voglio con gli orari. D10) Io ho il vantaggio che quando chiude la scuola io sono a casa, ho gli stessi orari, le stesse vacanze. D3) È bello siccome (l’attività) ce l’ho di fianco a casa mia; io ho una bambina che va all’asilo, una che va a scuola che viene portata dal comune, l’altra va con la grande al mattino, la più piccola va in un altro paese all’asilo siccome qui non c’era posto e al pomeriggio vado sempre a prenderla in macchina. La prima la portavo e la andavo a prendere. [...] Dopo aver fatto quello mi porto il bambino in negozio, lo apro alle 10.30-11.00 perché ho capito che la gente passa, si ferma e chiede. Poi lo devo chiudere alle 14.45 perché devo andare a prendere la bambina, alle 16.00 sono di nuovo su. Sono 16 chilometri andata e 16 ritorno sicché ci metti un’oretta. Poi sono di nuovo li. Le dico la verità; quando ho voglia lo apro se no lo tengo chiuso. [...] Mi hanno già detto di mettere degli orari ma preferisco così. Forse non è giusto, ma se qualcuno è interessato più o meno lo sa… insomma se è chiuso passerà poi un’altra volta.[...] Non è la giusta idea del commerciante, ma da me è cosi per via della famiglia. Devo dire che comunque funziona. D21) 2 ore al giorno…e finché i figli sono a casa per quelle due orette possono stare da soli.

Tuttavia a volte anche la migliore organizzazione rivela un equilibrio precario in situazioni di emergenza, ad esempio in caso di malattia dei bambini.

D5) Che mi ha facilitato il tutto è il lavoro di mio marito perché se lavorava in ufficio non potevo. Ci si organizza e i bambini si devono adattare. Capita che sono malati e salta tutto. Non c’è niente che facilita l’organizzazione.

Inoltre le difficoltà aumentano quando al lavoro salariato si aggiungono altre attività, ad esempio di tipo formativo.

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D9) Per il Percorso Arianna ho la possibilità di prendere dei giorni liberi, per esempio il giovedì. Però adesso che inizia la seconda fase cercherò di stare al passo anche se inizio a lavorare. Vedremo, non posso neanche immaginare di dire farò così o cosà, non lo so. D13) Con tutto il lavoro che faccio riesco a fatica a seguire il percorso Arianna, mi arrangio un po’ spostando i turni e gli altri impegni.

Nonostante le difficoltà, viene comunque sottolineato il vantaggio di poter frequentare una formazione in valle senza doversi spostare troppo.

D10) Per il percorso Arianna mi organizzo senza problemi, anche perché ho la fortuna che è qui, se fosse solo a Locarno magari non sarei neanche partita. Non tolgo niente ai miei familiari, per loro non cambia niente.

Il sostegno materiale ed emotivo della famiglia Chiedendo alle donne che cosa le abbia aiutate di più nel conciliare famiglia e lavoro, alcune di loro sottolineano l’importanza del sostegno materiale ed emotivo della famiglia, in particolare del coniuge.

D9) Senz’altro la disponibilità di tutta la famiglia perché anche mio marito si ritrova il sabato e la domenica a dover gestire due bambini con l’aiuto di sua mamma. D14) La mia famiglia mi viene incontro, non è che fanno niente, la grande mi aiuta abbastanza, il papà anche, collaboriamo un po’ tutti, non mi sento tutto sulle mie spalle [...]. D4) Io ho avuto comunque la famiglia, nel senso anche della coppia e trovo che sia importante [...] io trovo sostegno in lui, non è che mi dice “eh, vuoi andare a lavorare, allora arrangiati!”. Non è un tipo così, perciò ecco, quello è importante. D10) Sicuramente le nonne mi hanno aiutato molto.”

2.6.1.3. I valori Anche per questo capitolo dedicato alla conciliazione tra famiglia e lavoro, riportiamo alcune considerazioni che esprimono in modo più o meno esplicito dei valori e delle convinzioni personali. Si insiste sull’importanza della presenza materna per i figli e sul non affidarli a strutture esterne “per principio”, sull’idea di approfittare del tempo che si può passare con loro finché sono piccoli e in ogni caso sulla priorità da dare alla famiglia rispetto all’attività lavorativa.

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D5) C’è la mensa ma per principio preferisco che viene a casa. D10) Se ci fosse (struttura per i più piccoli) non so se la domanda sarebbe poi così tanta. Io per principio i miei bambini non so se li avrei mandati all’asilo nido. D12) E fino a lì (inizio della scuola dell’infanzia) ci tenevo a esserci per loro. Poi quando sono andati all’asilo mi sono permessa di fare qualche lavoretto. D13) C’è il calcio, la danza, però non voglio caricare i miei figli di doposcuola, sono un po’ possessiva, mi piace stare con loro. Loro hanno scelto la loro disciplina, sono impegnati una sera o al massimo due, ma è bello anche averli a casa per andare a trovare gli amici o stare con la gente tutti assieme, perché poi arrivano presto i 18 anni [...] pensare che tra pochi anni potrebbe decidere di andare a studiare lontano mi mette voglia di approfittarne adesso. D21) Per me hanno priorità i figli, quindi ho fatto questa scelta e mi dedico ai figli, adesso c’è stata questa opportunità in più che aiuta ad avere una piccola entrata in più e quindi... D3) Prima di tutto viene la famiglia, poi se ho tempo lo apro (negozio di artigianato).

Per alcune donne l’attività professionale della mamma può però svolgere un ruolo positivo anche a livello educativo, ad esempio favorendo il rapporto tra papà e figlia, e nello sviluppo di valori familiari condivisi grazie a un modello meno tradizionale di gestione dei ruoli.

D16) Hai l’aiuto dei figli che comunque sono cresciuti pensando che il papà fa tutto, la mamma fa tutto, che tutti fanno tutto quello che è possibile [...] per ogni età avevano il loro compito e quindi siamo cresciuti tutti insieme, così D4) E trovo che è anche bello, trovo tra di loro che non ci sono sempre io di mezzo ma c’è anche un rapporto tra papà e bambina perché in fondo spesso, se io non andassi a lavorare, sarei sempre lì e le cose d’istinto le faccio io e non le fa lui perché è logico che sia così: se son lì io le faccio io…

In sintesi: Soluzioni conosciute o sperimentate Strutture

• Pre-asilo e scuola dell’infanzia (ma orari ridotti). • Mense (ma non ovunque e non per tutti). • Mamme diurne. • Necessità di combinare con parenti o vicini.

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Aiuti privati (coniuge, nonne, altri familiari) e informali (amiche, vicine, se non regolare) Vantaggi e svantaggi del vivere in valle

• Più rete informale, ma pochi bambini nei piccoli comuni. Risorse personali

• Organizzazione e scelta delle priorità; • Sostegno materiale ed emotivo del coniuge e della famiglia.

Valori • Priorità della famiglia, ma anche effetti positivi del lavoro.

2.6.2. Donne senza un’attività professionale retribuita 2.6.2.1. Soluzioni conosciute o sperimentate Anche per le donne senza un’attività professionale retribuita il numero di figli incide sulle possibilità di conciliare e il passaggio da un figlio solo a due o più può essere stato un motivo di rinuncia a un’attività retribuita.

D7) Facevo delle ore di pulizia: se era uno me lo prendevo assieme, con due piccoli a casa non avevo praticamente niente come lavori extra. D23) Adesso non insegno più […] dopo che ho avuto i bambini ho fatto un periodo di supplenze e poi quando erano tutte e due la cosa diventava complicata e quindi ho abbandonato, ecco! D17) Poi mi hanno chiesto, quando avevo già anche il maschietto di 7 anni, di lavorare a Cevio che avevano bisogno di XY. Allora ho ricominciato per un anno e mezzo finché è nato il terzo. Da lì in avanti sono rimasta a casa.

Ovviamente svolge un ruolo anche l’età dei bambini sia per gli impegni non professionali che in vista di un’attività retribuita.

D23) Allora diciamo che adesso che sono più grandi la cosa è molto più semplice, nel senso che la grande, se quando viene a casa e io non ci sono adesso non è un problema, perché ha la chiave, da un anno, e quindi può entrare. D19) Io per esempio, che io potrei fare, dove potrei guadagnare qualcosa, magari è una stagione all’Alpe, un’estate. Lì vorrebbe dire che il bambino ha qualche anno in più perché adesso è ancora troppo piccolo.

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Le strutture e i servizi esistenti Per citare le soluzioni conosciute o sperimentate, riprendiamo le categorie già indicate per le donne con un’attività professionale. Le mense scolastiche Interessante notare innanzitutto che ancora una volta vengono citate le mense a tutti i livelli scolastici, sia come risorsa ma anche come fonte di difficoltà quando non ci sono, poiché ciò rende più difficili gli spostamenti.

D1) In mensa, se c’è proprio qualcosa che dura una giornata intera. D2) Alle medie c’è la mensa. E per chi lavora di solito negli asili ci sono le mense però a Cavergno non c’è [...] so che c’è un servizio che sta prendendo piede anche qua dove le mamme si aiutano a vicenda. Non so bene come funziona però penso che non è impossibile. D20) All’asilo non c’è la mensa. A volte sarebbe comodo, perché andare giù dal dottore, fare un po’ di spesa, sei tirata, cioè hai pochissimo tempo [...] un’ora di strada tra andata e ritorno, è un po’ scomodo per quello però ci si arrangia, io non avrei voluto mandarli tutti i giorni ma quella volta che hai bisogno è comodo andare giù, per poter tirare il fiato, se no torni subito su. D23) C’è la mensa della scuola Media, è riservata alla scuola media. So che in bassa valle, al centro dei Ronchini, hanno da un anno istituito una mensa. D8) […] Mentre mi diceva una dalla Lavizzara che a lei li tengono dalle 9.00 alle 16, puoi fare dei calcoli un po’ più grandi, qui questa possibilità non c’è. Per cui non vale la candela veramente.

Un altro tema sollevato è quello della destinazione di strutture come le mense scolastiche: ci si chiede se devono essere riservate ai “casi sociali” o aperte a tutti i bambini, anche occasionalmente.

D1) Vedo che quello che crea problemi per tanti è il ritorno dei figli per pranzo. Adesso c’è la mensa, però è per i bambini ”bisognosi”: famiglie monoparentali o mamme che devono lavorare. Non è che puoi dire ok, mi fa comodo lasciarli là lunedì e giovedì, non esiste. Se hai un bisogno sì, però iscrivi già all’inizio dell’anno: ok, quest’anno lavoro il giovedì. D24) Ci siamo un po’ accanite e abbiamo proprio puntato sulla creazione della mensa scolastica, malgrado dicessero che non ce n’era la necessità [...] abbiamo fatto un sondaggio, ed è risultato che il 10 % dei bambini aveva bisogno di questa struttura [...] noi li abbiamo chiamati “casi sociali” ma non è

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proprio il termine giusto, sono quei bambini dove le mamme lavorano oppure ci sono delle emergenze in famiglia, una malattia, un incidente, un lavoro temporaneo [...]. I bambini adesso sono circa 20, 25 al giorno [...] forse in futuro si riuscirà ad aprirla anche alla mamma che ha voglia di avere la giornata per lo shopping, o altre attività.

Le mamme diurne

D24) [...] Ci sono poche strutture, allora c’è la possibilità con le mamme diurne per chi ha i bambini piccoli, le mamme diurne sono poche [...]. D11).[...] O con le mamme diurne che adesso incominciano a ottenere una grande richiesta. D19) So che esiste un sistema di mamma diurna, ho diverse conoscenti che si organizzano in questo modo [...] la mamma diurna è una famiglia che accoglie un altro bambino [...] c’è tutta una procedura di introduzione dove le due famiglie verificano se sono d’accordo sul metodo educativo che hanno, se si stanno simpatiche, l’idea non è male.] D18) Le mamme diurne comincia, però mi dicono in valle molto meno che in città, ci sono famiglie che hanno 6-7 bambini che è anche tanto, forse troppo. In valle sarebbe bello se ci fossero un po’ più di mamme diurne.

Gli asili nido

Alcune donne fanno riferimento agli asili nido, confrontando questa struttura con altre soluzioni, oppure in riferimento a un progetto di costruzione di un asilo nido in valle.

D19) Forse per tante ore preferirei una mamma diurna rispetto all’asilo nido. E’ una cosa più familiare e si crea una relazione fra il bambino e la mamma diurna, diventa proprio una figura di riferimento e ha una vita di famiglia. Però ho amiche che hanno dovuto iniziare a lavorare a Locarno e c’era l’asilo nido ed è andato bene anche quello. D18) Se sei fortunata che hai i nonni 100% disponibili allora si, se no qua in Vallemaggia non c’è un asilo nido. Ho letto sul giornale che c’è una mezza idea di creare un asilo nido con l’ospedale di Cevio, però non so. Un asilo nido potrebbe anche funzionare, però come ripeto anche il fatto delle mamme diurne… l’asilo nido copre da 0 a 3 anni, poi c’è l’asilo… le mamme diurne coprono ancora di più perché oltre al tempo dell’asilo coprono anche le ore in cui una mamma deve ancora lavorare, così questo bambino ha una famiglia dove rientra, ci sono magari anche altri bambini. D24) Ho letto che è in previsione un asilo nido a Cevio con la costruzione del nuovo centro sociosanitario, però non so se ci

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sono solo le mura o se c’è già un progetto in corso [...] però ci sono numerose difficoltà [...] prima di tutto finanziarie e trovare le strutture, trovare i finanziamenti[...]e poi non si sa bene se la persona che si occupa dell’asilo nido potrebbe vivere con questa attività.

Le soluzioni private e informali Il coniuge Anche in questo caso la famiglia e in particolare il coniuge assume un ruolo, che può andare semplicemente dall’esserci (ad esempio alla sera) a una vera condivisione dei compiti, peraltro piuttosto rara.

D1) Se io ho un pranzo torna mio marito a preparare per loro. D23) Altrimenti per esempio ho lavorato nel grotto la domenica o il sabato quando c’era a casa il marito e non avevo bisogno di farmi aiutare […] e se devo avere delle attività, delle riunioni, o qualcosa di serale cerco sempre di sfruttare il momento, in cui il marito non ha niente. D24) […] Oppure alla sera, quando viene mio marito a casa. D20) Alla sera c’è mio marito a casa. D22) Con mio marito. […] Diciamo qui ci vuole una buona intesa di coppia, i nostri tre sono arrivati piuttosto vicini: per cui mio marito ha preso il mio posto all’interno della Bottega [...] adesso che sono più grandini e che ho ripreso a tempo pieno ad occuparmi della Bottega, allora si occupa dei bambini; specialmente quando ho riunioni alla sera è lui che sta a casa con i bambini.

Le nonne e altri membri della famiglia Tra gli altri parenti vengono citati soprattutto le nonne (mamma o suocera). Si dice però che non si tratta di un impegno regolare, oppure il ruolo della nonna è ben definito nel senso di un importante sostegno per varie attività ma non per un’eventuale attività professionale.

D7) All’inizio quando erano piccoli ho iniziato che uno lo allattavo ancora.. lì facevo fatica però avevo mia mamma […] però non era una cosa regolare. […] Poi ho anche una sorella che lavora qui e bene o male ci si arrangia […] però sono sempre stati dei lavoretti. D23) Se c’è bisogno qualche nonna o qualche parente […]. Lei è contenta di avere i nipotini e osi anche di più. D1) Se no ho la suocera che se ho bisogno viene. D11) Per il piccolino ho la fortuna di avere i nonni che me lo tengono volentieri. D17) Si, prima poi c’era mia cognata che aveva già figli grandi e le piaceva tenerli quelle 2 o 3 ore finché arrivava a casa mio marito che si occupava di loro.

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D22) Altrimenti ci sono i nonni. D20) Io sono molto fortunata perché ho mia suocera sempre pronta ad aiutarmi, però per gli hobby, non per andare a lavorare.

In un contesto in cui l’aiuto dei nonni è dato per scontato, interessante questa osservazione sul ruolo dei nonni e in particolare delle nonne, che possono sentirsi sovraccariche.

D18) In valle vedo che funziona ancora tanto con i nonni, perché diverse madri lavorano, vuoi per necessità perché ci sono famiglie che adesso per forza… vuoi perché una non si sente bene solo a casa, vuole lavorare, cioè benissimo. Però appunto ci sono tanto i nonni. Però io ogni tanto sento anche certi commenti dei nonni: ci sono nonni che non potrebbero fare a meno dei nipotini mentre ogni tanto si sentono dei nonni che hanno 5 o 6 nipotini e che sono un po’ sovraccarichi [...] Io trovo che è bellissimo fare i nonni, ed è bellissimo per i nipotini frequentarli, però penso come nonni, non la giornata piena.

Gli aiuti tra vicini e altri genitori Abbiamo visto che le donne con un’attività professionale valutano positivamente l’aiuto informale, precisando però che non può essere considerato una soluzione per conciliare famiglia e lavoro; anche le donne senza un’attività professionale parlano spesso di questi aiuti come di qualcosa di molto valido, se però non è regolare.

D1) Soprattutto con le altre mamme, facciamo dei turni ogni tanto, andiamo al parco giochi o così. D22) O ci aiutiamo con alcune persone che conosco qui in paese. D23) La mamma di qualche compagno di classe, in questo senso sì […] io se ho bisogno mi rivolgo a qualche amica, anche dopo scuola magari, se non arrivo in tempo c’è sempre chi me lo può tenere se poi vuole giocare insieme la cosa può funzionare, se fosse poi per tutti i giorni, sarebbe impegnativa. D24) Ci sono poche strutture [...] quindi in generale si ricorre a familiari [...] nel mio caso non ne ho vicini [...] capita ogni quattro mesi, che si chiede all’amica di tenere i bambini a pranzo, se sono a Lugano, per un appuntamento dal medico.

Tuttavia non tutte le esperienze sono positive, soprattutto se si tratta di assenze prolungate, come richiederebbe appunto un’attività professionale anche saltuaria.

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D8) Altre possibilità [per i bambini] io non ne vedo, no. Si dice io tengo i tuoi tu tieni i miei, ma da quel che vedo non funziona, ci si appoggia sui nonni quasi esclusivamente . [...] Va a finire che rinuncio sempre: non mi piace per niente se le bambine sono da sole, finché sono 1-2 ore ok, ma quando diventano 6-8 ore come fai a lasciarle da sole?

Vantaggi e svantaggi del vivere in valle Viene nuovamente sottolineato che vivendo in un paese è più facile appoggiarsi all’aiuto informale. Se però in paese ci sono pochi bambini può essere invece un ostacolo. Viene anche messa in evidenza la maggiore facilità per le famiglie della valle rispetto a quelle di origine straniera.

D11) C’e l’asilo, poi si combina con amici, vivendo in un paese è anche più facile, i bambini legano e anche per un’altra mamma avere un bambino in più è anche comodo, così magari giocano insieme. D2) A X era già più facile nel senso che i miei figli avevano dei coetanei e quindi era anche facile mettersi d’accordo con le mamme. In alta valle lo vedo già più un problema perché c’è magari un bambino di 6 anni e uno di 4. D7) Ci sono sicuramente delle persone disponibili, però bisogna conoscerle un po’ bene; io penso forse in questo momento soprattutto agli stranieri, perché in generale la gente che vive qua, bene o male, ha qui o i parenti del marito o i suoi… ci sono invece degli stranieri che hanno effettivamente quel problema. Quello è un problema perché strutture tipo asili nido qui non ce ne sono.

2.6.2.2. Risorse di tipo personale L’organizzazione e la scelta delle priorità Per le donne senza un’attività professsionale retribuita, trattandosi di attività più occasionali, assume maggiore importanza la possibilità di svolgere una serie di attività quando i bambini non ci sono o dormono.

D1) Provo a fare le cose quando loro sono via. D8) Le riunioni le facciamo sempre durante scuola, siamo tutte mamme e quindi funziona. A7] […] Poi man mano che crescevano ho cercato di farli stare negli orari di scuola in modo che funziona […] o la sera o la sera tardi. D24) In genere i bambini sono via quando svolgo le attività durante la giornata.

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D23) In modo che [queste attività] occupassero del tempo quando i figli sono a scuola, per me era importante e poi, per esempio, con la ludoteca ho sempre avuto la possibilità di portarli con me. D11) I grandi adesso sono a scuola. Tornano per pranzo e io ci sono sempre. D2) Se dovevo o volevo andare via cercavo di farlo o la mattina o il pomeriggio in modo da essere a casa a mezzogiorno; non è che mi è pesato visto che appunto per me non era un obbligo essere via. D20) Sono a casa con i bambini e studio quando loro sono a scuola o all’asilo. D2) Non vengono a pranzo. Fanno le medie per cui praticamente ho la giornata libera. D19) Io cerco di seguire i ritmi del bambino inserendo anche le cose che importano a me, quindi cerco di farle portandolo con me, però se non va non va. Perché per esempio nel campo praticamente o lo tengo attaccato in schiena, adesso meno perché è un po’ più grande, o lo lascio andare per terra e guardo cosa fa; c’è sempre un occhio qui e l’altro là [...].

L’organizzazione e la scelta delle priorità sono considerate risorse importanti, su cui le donne hanno riflettuto e che mettono in valore.

D22) Sì, bisogna sapersi organizzare. D20) Bisogna organizzarsi e non essere troppo pignoli; se c’è una macchia da qualche parte, non devi rovinarti la vita, io cerco di fare il più possibile per esempio la mattina, e il pomeriggio vado a fare una passeggiata perché è importante muoversi, poi tutti i giorni studio un po’. D7) Penso che con il fatto di organizzarmi riesco a fare un mucchio di cose […] Effettivamente i lavori di casa è una bella cosa e tutto, ma non bisogna star lì neanche ad esasperarsi a correre dietro a tutti gli sporchi. Io sono abbastanza pignola, faccio bene una volta alla settimana, il resto lo faccio un po’ in fretta, cerco di non dare importanza assoluta. Ci tengo che gli armadi siano pieni, che il pranzo sia pronto. Quello sì me lo faccio come dovere […]. D19) […] Io penso che le cose sono possibili ma che però bisogna organizzarle, non è sempre evidente.

Questa capacità di esserci dove è necessario, di dividersi, è considerata un’arte, una dote femminile.

D19) Però penso che sia una cosa di tutte le mamme questa; cioè di riuscire a dividersi un po’… una cosa che gli uomini fanno un po’ più fatica a fare. Però è un’arte che sto imparando ad usare abbastanza bene.

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L’esempio di questa donna mostra come alcuni accorgimenti che lei definisce “strategie” costituiscono in questo senso anch’esse una forma di “arte”.

D7) […] Io per principio non dico mai di no e allora a volte si è un po’incasinati, però si riesce sempre a districarsi, si diventa un po’ furbi. Cioè sono capace di preparare il pranzo alle 11.30 e quando a meno venti mi arrivano gli altri è già pronto. Prima cosa metto tavola, di modo che quando entrano vedono la tavola apparecchiata, sembra che sia pronto invece magari c’è solo l’acqua che bolle. Però sono delle strategie che si imparano per non sentirsi dire “ma oggi non c’è niente”… […] magari parto da casa alle 9 di mattina e ho già apparecchiato.

2.6.2.3. I valori La maggior parte delle donne senza un’attività professionale, al di là di tutte le difficoltà di conciliazione, affermano di aver fatto una scelta di “non lavoro” ben precisa, che abbiamo messo in evidenza nel capitolo sulla situazione lavorativa. Essa emerge in modo chiaro dal racconto di questa donna quando parla dell’organizzazione della sua giornata e dell’importanza che attribuisce al fatto di essere a casa al rientro dei figli da scuola.

D7) Poi cerco di essere a casa quando arrivano a casa i figli, di non avere impegni fissi perché vedo che dopo le 16 loro hanno bisogno che io ci sia, hanno bisogno di raccontare perché c’è sempre qualcosa che va storto, è importante esserci. Da un lato mi piacerebbe avere un’attività che mi porta via tutto il pomeriggio, dall’altro fino che vanno a scuola loro non è così evidente. Perché poi vorrebbe dire arrivare alle 16 e trovare la porta chiusa, entrare e arrangiarsi, e vedo che a loro pesa.

Un’altra categoria che riflette dei valori è l’atteggiamento rispetto alla capacità e alla volontà di far uso della rete informale: una donna dice che bisogna saper chiedere, ma in altre interviste emerge anche l’idea del non chiedere volentieri, dell’arrangiarsi in famiglia.

D22) Bisogna saper chiedere D1) E poi sono abbastanza fortunata per quello, c’è sempre qualcuno a cui chiedere, non chiedo volentieri però se mi serve. D23) In modo da poterci arrangiare senza chiedere a destra e a sinistra.

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In sintesi: Soluzioni conosciute o sperimentate Strutture

• più spesso citate: mense, mamme diurne, asili nido. Soluzioni informali: sì se occasionali. Vantaggi e svantaggi del vivere in valle: più aiuto informale, ma meno bambini nei paesi piccoli. Risorse personali

• Organizzazione e scelta delle priorità. • Svolgere una serie di attività durante le ore di assenza dei bambini o

quando dormono. Valori

• Esserci quando tornano i figli. • Saper chiedere; non chiedere volentieri, arrangiarsi senza dover

chiedere. 2.7. Vivere il territorio Questo capitolo è dedicato al rapporto delle donne con il territorio in cui vivono, in un continuo intreccio tra il racconto della propria vita quotidiana ed elementi di giudizio sulla vita in valle e sulla presentazione implicita o esplicita dei propri valori. Esponiamo innanzitutto i fattori biografici per cui le donne intervistate vivono in valle, presentando anche le loro osservazioni e valutazioni di carattere generale. In una seconda parte del capitolo vengono riprese e presentate le principali risposte a una domanda esplicita su quali siano le principali difficoltà per le donne nel territorio in cui abitano. 2.7.1. Aspetti biografici La provenienza e i motivi dell’abitare in Vallemaggia danno spesso già una prima indicazione sul rapporto con la valle. Nata e/o cresciuta in valle Alcune donne affermano di essere nate e cresciute in valle, quindi il fatto di esservi sempre rimaste oppure di esservi tornate dopo un eventuale allontanamento per motivi di studio o di lavoro o anche dopo un periodo di viaggi all’estero sembra naturale.

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D7) Sono nata qui, ho lavorato quasi 20 anni a Locarno però sono sempre rientrata qui. Per me Locarno, Ascona, dove lavoravo, erano il mio posto di lavoro, mi è sempre piaciuto tantissimo [...]. Per me il mio paese è stato sempre il luogo del tempo libero, del riposo, dello stacco dal lavoro. Poi mi sono sposata, e mio marito non è di qua, è di X, però abbiamo sempre abitato qua. D8) Praticamente sempre. Sono stata qui fino a 16 anni, poi ho studiato un po’a Lugano, ho finito la scuola e ho lavorato a Locarno. Poi ho fatto dei viaggi, sono tornata qua e mi sono sposata qua. Adesso sono qui da 10 anni. D22) Io sono nata in Vallemaggia, in un paesino della bassa valle, poi per gli studi sono andata in una città della Svizzera interna, sono ritornata in Vallemaggia, poi a Locarno tre anni e da altri nove sono qui. D5) Io sono della valle, sono nata a X in alta valle. Sono andata via, poi sono tornata, abbiamo abitato in diversi paesi e adesso siamo a X (bassa valle), abbiamo fatto la casa e siamo lì adesso da due anni. Sono 8-10 anni che sono tornata in valle. D6) Sono nata a X (media valle) e sono ritornata qui. I miei genitori vivono ancora a X, ma non sono di qui. D13) Vivo in una frazione del nuovo grande comune di Maggia costituito l’anno scorso, praticamente è a 10 km da Locarno [...]. Sono nata e cresciuta lì, sono stata via un periodo dopo l’adolescenza fino a quando ho avuto la prima bambina. Adesso abito di nuovo lì da sette anni. D14) Sono nata qui (bassa valle). D15) Nata e cresciuta tutta a X (bassa valle), marito di X, tutto di X!

Sposata a un uomo della valle / Trasferita per motivi di lavoro del marito In alcuni casi invece è il marito ad essere della Vallemaggia o del paese in cui abita attualmente la coppia, oppure il trasferimento è legato al lavoro del marito. Viene anche citata la possibilità di trovare più facilmente una casa in valle o di usufruire di una casa appartenente alla famiglia oppure ancora alla vicinanza di genitori o altri parenti; e come abbiamo visto questa vicinanza costituisce un supporto importante per la possibilità di conciliare famiglia e altre attività. A volte la scelta costituisce un compromesso familiare, è definita “una via di mezzo”. Interessante notare che nessuna donna cita la propria attività professionale come motivo della scelta abitativa della coppia.

D9) Abito a X, in alta valle. Io sono del piano, mio marito è di lì. D1) No, non sono della valle. […] cercavamo qualcosa, eravamo in un comune del piano prima, cercavamo una casa

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vecchia, mio marito è di X (bassa valle) e lui guardava da queste parti mentre io dall’altra...Una via di mezzo. D11) Abito a X (bassa valle), sono nata lì, cresciuta lì, poi mi sono spostata un po’ in Ticino. Ho vissuto anche 3 anni all’estero, ci siamo trasferiti con la famiglia per via del lavoro di mio marito. Abbiamo costruito la casa e siamo qui da dieci anni. […] (In casa viviamo) solo noi, però ho i nonni abbastanza vicino, il che è comodo, siamo nello stesso paese ma non nella stessa casa. D24) […] La mia famiglia è originaria dell’alta Vallemaggia […] mio marito è cresciuto a X (un comune del piano) ma sua mamma è di un paese di un’altra valle […] abbiamo cercato una via di mezzo […] c’era qualche difficoltà a trovare delle case […] abbiamo avuto un’occasione a Maggia […]. D18) Da bambina sono arrivata a Maggia con i miei genitori […] l’alta valle non la frequentavo mai. Poi ho conosciuto X, che adesso è mio marito, lui è di X (alta valle) perciò ho conosciuto anche di più la Lavizzara, adesso la valle è tutta la valle. D10) Sono nata in alta Vallemaggia, in cima, e lì ho frequentato le scuole elementari fino alla terza, poi ci siamo trasferiti con la famiglia in un comune del piano, poi mi sono sposata con uno di X (media valle) e loro hanno un attaccamento molto forte al loro paese e abbiamo costruito la casa qui. D12) Io sono nata a Locarno ho vissuto a Brissago e conoscendo mio marito sono venuta a X (media valle). Adesso sono qua dal 1980. D4) Io sono cresciuta a Maggia, sono cresciuta a Maggia, mio marito è di X, poi appunto dovevamo un po’ decidere cosa fare, volevamo comunque mettere a posto la casa e poi alla fine abbiamo detto”ma si, in fondo spesso siamo su, eravamo su il week-end già prima di abitare perciò...”.

2.7.2. Valutazioni A volte le donne esprimono esplicitamente e spontaneamente una valutazione della loro situazione abitativa, citando aspetti positivi e negativi che riguardano vari aspetti della vita quotidiana, dall’ambiente, ai servizi, alle possibilità di socializzazione. A volte parlano delle difficoltà di adattamento per chi viene “da fuori”, ma nell’insieme le opinioni sono generalmente positive.

D1) Avegno va bene, in cinque minuti io sono giù a Locarno. D20) Comunque ci sono degli svantaggi, ma anche grandi vantaggi: l’acqua è pura, l’acqua è pulita, i fiumi sono puliti, d’estate qui è un paradiso, sia per i genitori che per i bambini.

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D7) D’altra parte io sono contenta di vivere in valle, trovo che la vita qui è più tranquilla, mancano tante cose di cui però si può fare a meno. D24) Poi Maggia ha comunque due negozi, la farmacia, il medico, l’asilo, la scuola è vicina, è vicina a Locarno, dove lavora mio marito, è andata bene. D19) Le persone qui in valle si conoscono tutte. Principalmente penso perché le scuole sono unificate [....]. Questo fa che i ragazzi della stessa età crescano insieme e quindi partono tutti già conoscendosi. È molto dimensione paese la Vallemaggia, ognuno sa cosa fanno gli altri. Io venendo da fuori sono un po’ fuori da questa pressione [...] mi va bene così, avevo voglia di dimensione di paese. [...] Dico sempre il “pettegolezzo” è la contromedaglia della solidarietà, è una medaglia a due facce. [...] Si, cioè io trovo che qui in valle ci sono tantissime persone e tante cose [...] è viva come valle, ci sono tante idee diverse. Nel piccolo ci sono tante persone che portano avanti cose un po’ speciali e penso che alla fine la cerchia di amici non è tanto legata al paese ma più legata agli interessi, allora magari gli amici sono sparsi su tutta la valle ma come gruppi ci si trova. D10) Non senza fatica, comunque quando sono venuta qui avevo già un figlio per cui ho subito creato dei contatti qui in valle, poi ci sono anche dei parenti, non era una realtà lontana da me. Comunque il fatto di trasferirsi definitivamente è stata un po’ dura. [...] Non è che Locarno offra di più, solo che se ti manca anche solo uno spillo prendi l’auto e in due minuti hai lo spillo. Qui devi comunque farti un’ora di strada insomma, è un po’ quello più che altro. D12) Si, è stato difficile l’adattamento ma oggi mi piace. D21) Forse perché sono cresciuta qui e conosco già quella realtà lì [...] forse un a donna che viene dall’esterno e viene a vivere lì magari [...] ci son cose che le mancano io questa cosa non la sento.

Alcune fanno un confronto con la propria regione di provenienza o rispetto ad altre realtà in cui hanno vissuto.

D17) Beh, ci sono anche lì posti molto belli come qui, però ormai la famiglia è lì, il marito è di lì, la casa paterna è li ancora con la stalla e tutto il terreno in giro. Lui è molto attaccato e io lo trovo bello come la Svizzera interna [...] per fortuna la famiglia di mio marito è molto disponibile, ha molte sorelle e sono ancora su, due nello stesso paese e le altre un po’ in valle. D19) Io ho vissuto a in una grande città per un periodo ma poi sono scappata, non ce la facevo più. D22) Dalla città alla campagna, ecco questo sì: io sono nata e cresciuta in una valle, in una campagna, per cui questa

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difficoltà a Locarno sì la sentivo [...] forse perché pensando di avere una famiglia vivere in un appartamento non ci sembrava assolutamente l’ideale.

2.7.3. La scelta Diverse donne, originarie o meno della valle, esprimono chiaramente di aver scelto di vivere in valle. I motivi più frequenti sono legati soprattutto al vantaggio di vivere in valle per i bambini, alla tranquillità, allo spazio. Questa tranquillità è a maggior ragione apprezzata in contrasto con un’attività lavorativa in un ambiente frenetico. Viene anche messa in luce la necessità, abitando in alta valle, di essere attive, di “muoversi” per non rischiare l’isolamento.

D6) Prima abitavo a un po’ più in basso, per 7 anni, e prima ancora ho abitato a Locarno, quindi abbastanza in città .[...] Per far crescere i figli in un ambiente un po’ più naturale. D15) Mi piace stare qui...Anche se ogni tanto mi verrebbe voglia di andare via[...] magari, provare un po’ la città! perché no?magari per un breve periodo. Però tutti i fatti mi hanno fatto restare qui [...] mio marito lo conoscevo già, poi ci siamo sposati e un posto migliore di X per fare la casa non c’era secondo me, e allora... D19) Per me il territorio è importante per scegliere di stare qui. D13) Per crescere i bambini preferisco la valle alla città [...] è una bellissima posizione, attorno alla mia casa ho solo bosco. Se voglio il contatto con la gente vado a cercarla, il tempo e lo spazio lì sono miei, deve già capitare qualcuno in fondo a quella strada. Per me è importante la tranquillità che c’è li. Poi lavoro anche a metà tempo in un negozio spesso affollatissimo e spesso arrivo a casa la sera stremata, non riesco più a connettere, allora questa tranquillità... D3) Guardi per me non ce ne sono di problemi, tante donne si chiedono come faccio. Qui ci stai solo se ti piace [...] Per andare a vivere a X (alta valle) non devi essere una donna a cui piace stare a casa perché ti isoli un po’. Devi muoverti un po’.

Anche quando il luogo di abitazione è legato alla situazione del coniuge (o perché originario della valle o per motivi di lavoro), la soddisfazione per la propria situazione è condizionata ancora una volta alla propria scelta, come viene esplicitamente sottolineato da varie donne, sia in senso positivo che negativo.

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D3) Abito a X, in alta valle. A me piace, io sono del piano e ho sposato un abitante di lì. Lui non voleva andare a X, io ho deciso di mia spontanea volontà di andare a vivere li e sono molto contenta, non so se ritornerei dove stavo prima. Fin dall’infanzia andavo in vacanza con i miei genitori in alta Vallemaggia sicché ero già più o meno abituata. Poi ho conosciuto mio marito e inizialmente abbiamo vissuto in Svizzera interna, poi a X (in piano), e poi per via dei bambini c’è stato un cambio di necessità e di abitudini che mi ha spinto ad andare a vivere qui. Ci tengo a precisare che è stata una scelta mia perché è facile pensare che avendo sposato una persona di lì, per forza bisogna andare a viverci. Anzi lui voleva restare a X (comune del piano), sono stata io a convincerlo. Adesso sono 5 anni che vivo qui. D20) Ho incontrato mio marito a X ed è stato un colpo di fulmine, sono arrivata qui, mi sono innamorata anche del posto e ho detto voglio vivere qua e così... D2) Mio marito è di lì. È stata una scelta ma diciamo al 20 %. [...] Se uno è nato lì probabilmente ama il paese e sopporta anche questi disagi; ma quando uno arriva da fuori, o è proprio una scelta e dice “vado lì perché lì è tranquillo, perché c’è l’aria magari un po’ meglio che in altri posti”, ma se non è una scelta è difficile . D9) Mah, bene. Non posso dire che mi trovo male. In estate è più facile, con la stagione ci sono più possibilità di incontrare persone, mentre d’inverno è più malinconico. Se dovessi scegliere non abiterei lassù, la terrei come casa di montagna, però ormai...

2.7.4. Conseguenze positive e negative per i figli Nella descrizione della valle vengono messe in luce anche le conseguenze positive e negative del vivere in valle per i figli; quelle negative riguardano essenzialmente i problemi di trasporto, ad esempio se i bambini svolgono delle attività nel tempo libero.

D20) Devo portare X a ginnastica giù perché lei è molto agile, avrebbe tante possibilità nella ginnastica però bisognerebbe portarla tre o quattro volte a settimana. Tutti mi dicono mandala da qualche parte, ma io non voglio che diventi uno stress portarla tre o quattro volte, per lei e per me. D17) Stavo parlando con la bambina di 10 anni di che cosa andavo a fare stamattina e mi ha detto di dire che è bello, che si può giocare bene, che non le piace in mezzo ai palazzi. D22) Ci siamo trasferiti per motivi di lavoro a X (media valle), però ci siamo rimasti soprattutto perché è un posto ideale per crescere dei bambini: rispetto alla città i bambini sono anche

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molto più liberi, vanno tranquillamente sul piazzale a giocare e ci sono degli spazi dove non c’è pericolo di auto. [...] E poi devo dire che a X in particolare siamo ben serviti per quello che è la scuola e la scuola dell’infanzia, per cui poi è una buona opportunità per i bambini, finché sono piccoli. D3) Una bambina va ad Ascona ogni settimana a fare pianoforte e devo sempre portarla.

La situazione diventa più difficile quando i figli sono adolescenti; in particolare risultano difficili le uscite serali e si crea una situazione di dipendenza dai genitori, anche a causa degli orari limitati dei mezzi di trasporto pubblici.

D2) Per loro c’è la posta. Finché vanno alle medie diciamo che non c’è problema. Partono alla mattina e vengono la sera. Però per esempio il liceo è un problema; vuol dire se non ci fosse mio marito che può portarla fino a X (media valle) a prendere il bus lei non so come farebbe, cioè dovremmo portarla apposta. Alla sera anche: lei se finisce alle 3 e mezza, quando finisce presto, se io non vado a prenderla, se nessuno le dà un passaggio arriva a casa alle 6 e mezza. Addirittura se finisce alle cinque e un quarto arriva a casa alle 8 e mezza. Eh, è una cosa...non è sostenibile. Lei sta dalla mia mamma 2 sere alla settimana a Maggia. Sì perché da Maggia in mezz’ora sei lì col bus [...] Poi non ci sono coetanei. [...] Loro alla sera se vogliono uscire non possono dire “vado a trovarmi con la mia amica”, non c’è, non esiste. E se stanno in giro bisogna andare a prenderli. Io vedo, loro tante volte rinunciano a trovarsi con i loro amici proprio perché poi sanno che dovrei andare a prenderli. D18) Perché trovo che anche i bus fino alle 9 di sera è troppo poco, anche per i giovani dovrebbe esserci un bus fino a mezzanotte l’una [...] almeno il weekend. D22) Poi quando diventeranno più grandi e bisognerà cominciare ad andare a Locarno o più lontano, allora lì si vedrà!

2.7.5. Le principali difficoltà per le donne Nel corso dell’intervista, alle donne sono state poste alcune domande analoghe a quelle del questionario rivolto a donne di altri paesi partner di WomenAlpNet (vedi Introduzione), che saranno trattate nel capitolo 3. (Domande specifiche). Una di queste riguardava le principali difficoltà delle donne rispetto al proprio territorio ed è quindi stata inserita in questo capitolo. Possono risultare alcune ripetizioni rispetto a quanto già detto, ma va ricordato che questa domanda si riferisce in modo esplicito alle difficoltà, spingendo le

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donne a riflettere su questi aspetti, mentre in precedenza si trattava di valutazioni positive o negative emerse nel corso del colloquio. La risposta delle donne alla domanda “quali sono nel territorio in cui lei vive le principali difficoltà che le donne devono affrontare?” può essere sintetizzata in tre categorie centrali: le difficoltà legate ai servizi di trasporto e alla distanza; la mancanza di lavoro; l’isolamento sociale o la scarsa possibilità di socializzare. Altre due categorie di problemi evidenziati sono la mancanza di servizi e le difficoltà legate alla gestione e all’organizzazione quotidiana della famiglia, che però spesso sono state citate in associazione con altri fattori. Oltre a ciò, è importante evidenziare il fatto che alcune donne intervistate hanno fatto dei particolari commenti sulle diversità che possono esistere tra alta e bassa valle. I trasporti e le distanze Trasporti pubblici e automobile Tra le difficoltà citate, un tema che emerge spesso è quello dei trasporti pubblici. Vengono messi in particolare evidenza aspetti legati agli orari, ai costi, al tempo di percorrenza, anche se si afferma che vi è comunque stato un miglioramento rispetto al passato. La questione dei trasporti pubblici è molto spesso collegata ad affermazioni sulla necessità o sul vantaggio di avere un’automobile propria. Questa viene vista come una facilitazione nella vita quotidiana ma, per chi ne ha una sola in famiglia, come una necessità soprattutto per chi svolge un’attività professionale (nel caso citato il marito). In alcuni casi si afferma che avere due automobili è un lusso che comporta la rinuncia ad altro. Emergono anche altri elementi quali ad esempio il senso di autonomia che può dare il fatto di usufruire di un’automobile propria, la necessità di averla in situazioni specifiche come ad esempio un’emergenza. Il problema è ovviamente più acuto per le donne che vivono nella media o alta valle. Donne della media e alta valle

D3) I problemi di trasporto sono molto grossi. C’è una posta: viene al mattino alle 8:30, va giù alle 9:15, verso le 11 ritorna, poi niente fino alla 16:30 e ancora alle 18:30. […] Se non guidi la macchina i costi del bus sono alti. D9) La distanza con un centro come Locarno: se dovessi dipendere completamente dai mezzi pubblici impiegherei un’ora ad arrivare a Locarno e con i bambini la carrozzina e tutto il resto…ho la fortuna di guidare.

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D12) È tutto un insieme che se non hai l’automobile qui in valle sei fregato. I mezzi pubblici sono molto cari […], siamo un po’ mal serviti da quel punto di vista . D4) Non so per me era importante che io avessi comunque la macchina. Ecco l’idea di aver solo una macchina in famiglia con mio marito che parte al mattino e va a lavorare con la macchina e io che rimango sempre a casa senza, per me quella era già una cosa di partenza. […] Abitando in città possiamo anche decidere di avere una macchina sola in una famiglia, ma così trovo veramente un po’ limitato se non ho la macchina. D12) [La macchina] ti permette la mobilità e in fondo dobbiamo spostarci veramente spesso, specialmente quando hai i bambini piccoli che si ammalano. Pensare di dover aspettare il bus con un bambino che non sta bene. D7) Diciamo le donne qui, anche gli uomini chiaramente, guidano tutte perché ne abbiamo bisogno. […] è un po’ un lusso però ci fa comodo. Risparmiamo su altre cose, ma due macchine ci fanno comodo. D20) Quelle donne che non hanno la patente qui sono un po’ squalificate, devono portare i bambini di qua e di là . D22) Abitando qui si è molto legati all’auto, la benzina è cara [...] al momento abbiamo solo un’auto e la usa mio marito per lavorare e allora questo può essere difficoltoso per organizzare i vari spostamenti; io ho i genitori qui in valle, quindi spesso chiedo a loro l’auto, altrimenti ci si mette due ore tra andata e ritorno.

Donne della bassa valle

D14) Bisognerebbe avere due auto in casa, chi non ha l’auto deve prendere il bus, e poi bisogna vedere il costo del bus. D18) [...] I bus ci sono uno ogni ora, ciò che prima non c’era neanche. Io mi ricordo che quando andavo alle medie ce n’era uno ogni 2 o 3 ore…[...] adesso si potrebbe ancora migliorare, però so che è anche un problema a livello finanziario perché dovrebbe essere più frequentato. [...] Sono indipendente, purtroppo uso poco i mezzi di trasporto perché avevo la mia auto e non l’ho mai mollata, ce l’ho ancora, è comodo, adesso ho i 2 seggiolini così posso andare in giro con i bimbi. Abbiamo 2 auto, è un po’ peccato però finché ce la facciamo non mi sento di mollarla. D1) Poi la difficoltà anche di spostarsi. Insomma, il bus c’è ogni ora. Lì devi stare proprio [...], sono sempre di corsa. Ogni tanto ho la macchina, chiedo se veramente è molto comodo, però trovo che è più giusto che la usi lui che va a X per lavoro, che io che vado a Locarno a bermi il caffè. D5) Innanzitutto devi avere un’auto, quindi i trasporti. In un paese un po’ fuori sei bloccato .

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Distanze Alcune donne citano come difficoltà la distanza, problema ovviamente legato a quello dei trasporti, che influisce sulle scelte di lavoro ma anche sulle attività del tempo libero. Emerge un aspetto soggettivo nell’atteggiamento di fronte a questa realtà geografica (non li faccio volentieri o siamo un po’ pigre) ma anche una certa consapevolezza di fronte all’inevitabilità di questa situazione (però è così).

D14) Io trovo sempre difficoltà geografiche, sempre per problemi di distanze e trovo che questo è un problema che non sembra ma c’è, perché tante volte parlo con delle donne che dicono: avrei un posto per un paio di ore, però mi devo fare chilometri per lavorare un paio di ore, già la cosa mi sembra non fattibile, io lo trovo un problema. D6) Spostarsi a Locarno non è sempre così evidente. Sono 20 minuti ma non li faccio spesso volentieri. D11) Chiaro che bisogna sacrificare un po’ di tempo per spostarci. In quello forse siamo un po’ pigre. Anche solo ad andare a Lugano, il traffico. D2) Poi lo spostamento […] io mi rendo conto che praticamente vado a Locarno non tutti i giorni, ma quasi, e io calcolo un’ora e un quarto tra andare e venire avendo la macchina, se no sono tre ore, ma poi è un viaggio che stanca. Alla fine è come la piscina: o rinuncio o vado e consumo benzina, inquino l’aria, perdo tempo. Però è così.

La mancanza di lavoro Gli aspetti legati alla difficoltà di trovare lavoro sono state ampiamente illustrate nel capitolo sulla situazione lavorativa. Per alcune donne il problema del lavoro è uno degli aspetti più importanti citati in risposta alla domanda sulle difficoltà principali per le donne nel territorio. Appaiono nuovamente i temi già ricordati in precedenza: la difficoltà di trovare posti adeguati alla propria formazione e di lavorare a tempo parziale.

D16) La difficoltà più grande può essere il non inserimento nel lavoro. D10) Per una donna che non lavora forse il fatto di non trovare un lavoro, però penso che non è prerogativa della valle, forse qui è più difficile però è un problema generale . D19) Trovare lavoro, se qualcuno ha bisogno di lavorare e non ha la formazione non è evidente . D11) Il lavoro part-time, quello è difficilissimo. Farebbe bene a tutti evadere un po’. E quello che mi sono detta quando avevo solo una bambina, quando aveva un anno o due, sentivo il bisogno di avere un giorno o due per me, di avere

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anche un lavoro per me. Però qui da noi è un’utopia, non si può, non funziona. A meno di fare le pulizie o volontariato in casa anziani, però fare un’attività legata alla nostra formazione, questo no. D24) Poi la problematica del lavoro [...] o una si accontenta di quello che ha o deve modificare quella che è stata la sua formazione lavorativa…deve cambiare lavoro o deve fare una formazione per avere un lavoro che c’è in valle .

Poche opportunità di crescita culturale e personale / isolamento sociale Si tratta di una problematica complessa che coinvolge diversi aspetti della vita quotidiana delle donne della valle; alcune intervistate alludono all’isolamento e alla mancanza di occasioni culturali.

D6) Sicuramente socializzare, c’è poca possibilità. E di farsi una cultura, intendo teatro, corsi, cinema, conferenze…qui mancano devo dire […] non ci sono tantissime donne che vanno [a Locarno al cinema], ce n’è qualcuna che va regolarmente però non è un gran numero […] Poi appunto ognuno sta sempre un po’ a casa sua, quindi se si ha un carattere un po’espansivo, un po’ come il mio, se si ha voglia di vedere delle persone manca un pochino […]. E poi anche una certa apertura che manca un po’ qui in valle, un’apertura mentale, si. D8) Se vai in un bar a bere un caffè non trovi mai nessuno a meno che non ci sono gruppetti di donne che si trovano alla mattina […] io la mattina vado a leggere il giornale ma non trovo mai nessuno. Sarebbe bello in fondo trovarsi, non darsi appuntamento, una cosa più rilassata. D24) Purtroppo la mentalità è dura a cambiare […] vedo verso le donne separate, le donne con situazioni familiari difficili, […] mi sono resa conto che spesso la comunità crea degli ostacoli in questo senso, c’è chi è più aperto, che dà una mano mentre c’è chi, non solo fra gli anziani, purtroppo anche fra i giovani è ancora un po’ […] in certi ragionamenti vecchio stile se vogliamo. D2) La prima è sicuramente il contatto […] e poi un inserimento nel campo lavorativo, ma neanche solo nel campo lavorativo, nel campo culturale. Se io ho degli interessi ormai è abbastanza chiaro che lì non li posso sviluppare. Lì non ci sono mostre da vedere, c’è poca gente, tra quella poca gente è abbastanza difficile trovare qualcuno con i tuoi interessi o almeno più o meno sulla stessa direzione di interessi. Quindi vuol dire spostarsi e spostarsi.

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Mancanza di servizi per le famiglie A parte i servizi per i bambini, la cui carenza emerge in modo diffuso nel corso delle interviste, vengono citati servizi come l’ufficio postale, i negozi, o ricreativi, come il cinema, oppure centri di formazione, come licei o scuole professionali.

D10) Lavorando sono un po’ le strutture il problema, la mensa…fin qui a metà valle non vedo molte difficoltà in più rispetto a quelle di una donna con figli che lavora a Locarno o a Lugano. Lì c’è qualche struttura in più sicuramente…forse più in su si, qui in valle comunque le famiglie sono più ravvicinate, nel senso che ci sono parenti a cui far capo, perché è più piccolo, più ristretto. D22) Altri servizi…bé…si usufruisce della posta a X, ci si arriva a piedi, […] perché prima c’era la posta a Y, in tutti i paesini hanno chiuso le poste, il centro principale è a X. La distribuzione avviene ancora nelle case, abbiamo una casella postale, ma per i servizi bisogna andare a X, per me non è un problema , sono in gamba posso andare a piedi, devo starci sempre negli orari e casomai prendo i bambini, però per una persona anziana diventa un problema. D22) Un po’ i negozi, forse lo sento poco perché il marito va a Locarno e mi fa la spesa e abbiamo ancora un negozietto in paese, non so fino a quando…[…] I centri di formazione, liceo, apprendistato. Bisogna far chilometri, oppure ci si trasferisce con la famiglia più in basso. D21) c’è la panetteria, c’è un negozio che era della Coop, adesso la Coop ha venduto lo stabile, bisognerà vedere se si riuscirà a trovare l’alternativa per andare avanti [...] è diventato una stazione sciistica e quindi è diventato anche attrattivo per i turisti e c’è un po’ il problema che non ci sono più alloggi per le famiglie: se viene venduta una casa , viene venduta a costi parecchio alti e quindi è un po’ questo che manca al paese, la possibilità che possano venire famiglie [...] D3) Ci sono donne che sono nate e cresciute in valle e che sono rimaste [...]. Ma per fortuna se no queste valli muoiono. Lì hanno portato un po’ di lavoro con le infrastrutture sciistiche, e un po’ di famiglie. Tuttavia [...] La scuola di X ha chiuso e hanno mandato i pochi bambini che c’erano a scuola a Y [...] c’e la Coop ma la vogliono togliere. D9) Cosa manca secondo me è un cinema per esempio. Qualcosa che abbia magari una garderie dove tengono i bambini.

A volte le donne dicono di non essere in grado di enumerare singole difficoltà, poiché si tratta spesso di una combinazione di fattori e proprio il tema dei servizi appare in associazione con altri fattori di difficoltà.

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Servizi + Lavoro

D16) Già è carente il lavoro e ci sono poche strutture per lasciare i bambini.

Servizi + Trasporti + Isolamento sociale

D3) Al trasporto si legano cose come la compagnia, scambiare due parole…Il trasporto sicuramente, la compagnia, la spesa: a X c’è la COOP ma la vogliono togliere.

Servizi + Isolamento sociale

D9) Si, poi il fatto che nelle zone discoste come la nostra ci sono poche famiglie giovani, quindi pochi bambini e pochi servizi come la posta che ha chiuso. C’è un piccolo negozietto con le cose necessarie, ma c’è spesso merce scaduta per il poco smercio. Noi abbiamo la fortuna di avere un ristorante vicino così se vuoi incontrare qualcuno riesci perché ci si trova lì. Però appunto la mancanza di famiglie giovani.

Gestione ed organizzazione della famiglia Un’altra combinazione di fattori è legata alla gestione ed organizzazione della famiglia, ossia tutte quelle attività che riguardano la vita quotidiana delle donne intervistate, e che sono rivolte a tutto ciò che concerne la casa (ad esempio fare la spesa, le pulizie, le faccende domestiche), i figli e il marito (preparare il pranzo e la cena). Per le intervistate che hanno un’occupazione, questa particolare problematica tocca da vicino la difficile conciliazione tra casa e lavoro . In generale, in riferimento ai problemi di distanza e di organizzazione, ancora una volta viene messo in rilievo l’atteggiamento di fronte alle difficoltà oggettive (ci si abitua, dipende un po’ da come le vivi). Distanza + Organizzazione

D4) Ma mi accorgo anch’io che partire con la bambina, se prima in 10 minuti ero pronta e si partiva e si andava, […] non so tutto il primo periodo allattavo perciò dovevo calcolare di andare fino a Locarno, far spesa, fermarmi da qualche parte per allattare, tornare indietro…Ecco, per queste cose devi logicamente organizzarti, per tante cose devi organizzarti di più. […]

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Distanza + Tempo + Organizzazione e gestione famigliare

D7) Difficoltà ecco, un po’ la lontananza dal centro, i km che dobbiamo fare sempre. Se dobbiamo andare da un medico, e magari bisogna anche aspettare un’ora in sala d’aspetto…io devo fare in modo di partire quando i miei figli sono usciti e tornare per le 11:30, perché rientrano a mangiare. La difficoltà è un po’ quello, che c’è sempre un’ora di strada abbondante, perché con i limiti di velocità che ci sono adesso, mezz’ora è scarso, bisogna calcolare 40 minuti di andata e quaranta di ritorno e quello è tempo rubato. Tante volte si va e si viene ma magari si vorrebbe approfittare per andare a fare un po’ di spesa però non si fa a tempo e allora si va e si viene solo per fare una visita medica. Poi non parliamone di andare un giorno a Lugano, perché certi specialisti si trovano lì, effettivamente siamo fuori. Quel tempo lì…io mi rilasso in macchina, sto bene, guido volentieri, però è tempo andato . D4) Forse sì, ci sono degli svantaggi in quel senso lì però devo dire che dipende un po’ da come le vivi trovo… D22) Però ci si abitua, si organizza la vita in modo che gli spostamenti ci stiano...

Differenze tra bassa e alta valle In alcuni casi vengono esplicitamente sottolineate alcune differenza tra bassa, media e alta valle e queste differenze costituiscono una costante che attraversa i diversi capitoli tematici fin qui affrontati (la situazione lavorativa, la conciliazione, i trasporti, i servizi, l’isolamento). Interessante osservare che alcune difficoltà supplementari della vita quotidiana in alta valle sono sottolineate anche da donne che invece vivono in bassa valle.

D22) L’unico punto di difficoltà rispetto a quando ero a X (in bassa valle), è che si è più lontani da Locarno: da lì in 20 minuti si va e si ritorna, mentre a Cavergno una buona ora abbondante ci vuole [...] per cui vuol dire organizzarsi in tutt’altro modo, questo a volte può essere pesante! D2) Tra Maggia e X (alta valle) c’è già una certa differenza: Maggia è sempre in valle è vero, però è a 15 minuti da Locarno, ci sono 600-700 persone, mentre là ce ne sono meno di 100 [...] Cavergno diciamo è un po’ una via di mezzo: non è vicino a Locarno però c’è più gente, ci sono più possibilità di incontri. D16) Ora effettivamente c’è una grande diversità tra l’alta valle e la bassa valle io penso, perché tutte le feste, tutte le cose vengono fatte da Maggia in giù.

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D13) Forse più in su il problema è un po’ l’isolamento [...] Una mia amica abita in alta valle e mi chiedo come fa se vuole andare al cinema una sera. D1) E poi se parlo con chi sta proprio in alta valle della mia età, sento che soffoca proprio per mancanza di input, di parlare con la gente, di trovare chi ha figli della stessa età per poter combinare. Si sentono isolate . [...] E c’è forse ancora di più il problema dei trasporti, non è quasi servita.

In sintesi: Aspetti biografici

• Nata e/o cresciuta in valle. • Sposata a un uomo della valle / Il lavoro del marito.

Valutazioni positive e negative La scelta Conseguenze positive e negative per i figli

Difficoltà per le donne • Trasporti e distanze geografiche. • Mancanza di lavoro. • Scarsa possibilità di socializzare/isolamento. • Mancanza di servizi. • Gestione e organizzazione quotidiana della famiglia. • Differenze tra bassa e alta valle.

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3. Domande specifiche 3.1. I valori di riferimento Alle donne sono state poste due domande specifiche relative al tema del ruolo delle donne nella società, chiedendo esplicitamente un’opinione soggettiva (vedi traccia). 1) La maggior parte delle intervistate, ritiene che la presenza della donna sia indispensabile all’interno del nucleo famigliare, esaltando in modo particolare il ruolo di madre: compito principale della donna è stare con i figli, per crescerli ed educarli nel migliore dei modi. Questo è prioritario anche se la donna ha altre aspirazioni o nel rispetto di tutti i diritti che essa deve avere sul lavoro.

D12) Sicuramente la donna che ha figli ha il compito di educarli. D3) donna è molto importante accudire i propri figli […] se hai voluto dei figli come donna secondo me quelli vengono al primo posto. Io faccio anche delle altre cose però i figli sono il futuro e bisogna essere presenti per loro. […] Non è solo questione di organizzarsi quando si fanno entrambe le cose. Dopo una giornata una donna deve magari anche passare del tempo con figli, io ho anche un marito che mi aiuta e qui sono fortunata, ma appunto secondo me dal momento che hai dei figli quella è la priorità. Essere donna è difficile perché devi essere madre e moglie ma restare sempre donna con le tue aspirazioni. D6) Sicuramente la famiglia. Io rimango dell’opinione, con tutte le libertà, con tutti i diritti che devono avere le donne nel lavoro, ma compito diciamo principale, più naturale che io vedo è comunque avere figli e occuparsene. D7) Io sono dell’idea che la donna che ha famiglia la deve mettere in primo piano. D23) Si, quando si lavora e si diventa mamma, c’è un grande cambiamento…è un cambiamento voluto…è un cambiamento che si sa…e trovo giusto…che fin che sono piccoli è la mamma che deve occuparsene, perché è lei che deve dare l’educazione…non la nonna, non il nido […].

2) Non si tratta però solo di un dovere. Emerge infatti a più riprese una importante valorizzazione della maternità, e appare spesso l’idea che l’educazione e lo stare vicino ai figli costituiscano anche un investimento per il futuro dei figli e della società. Anche in famiglia la donna svolge un ruolo

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importante, sia a livello concreto che emotivo, e di questo ruolo è pienamente consapevole.

D21) Secondo me è molto importante la maternità! D4) Beh a livello di famiglia secondo me la donna è importantissima […] la presenza anche proprio in diversi momenti della giornata della vita di un bambino. D24) Trovo molto importante la presenza della mamma, quando i bambini sono piccoli…ho sempre abolito l’idea del bambino con la chiave al collo, trovo importante che quando rientrano a casa trovino qualcuno in casa […] qualcuno con cui parlare, svolgere i compiti. D14) Preparare il futuro, in poche parole, quello coinvolge tante altre cose, abbiamo una grande responsabilità D15) Mamma prima di tutto […] eh, insomma, preparare un bambino a vivere la sua vita non è una cosa semplice, eh! Anzi, più si va in là e più è complicato e poi è anche bello, si imparano tante cose…ti mette un po’ a confronto. […]L’altro giorno la mia bambina mi ha detto: ma tu mamma non lavori, ”ti fai niente”, e io ho risposto: “chi ti prepara il pranzo, chi ti lava i vestitini e la sera quando giochi con il papà chi lava ancora i piatti?”. D6) […] Mantenere un ambiente sereno in famiglia[…]. D4) Spesso trovo che la donna collega tutte le cose nella sua famiglia e spesso penso che se la famiglia funziona e il bambino riesce a vivere in una famiglia che parte comunque bene, poi riesce ad affrontare meglio i problemi che ci sono oggi nella società. D23) Trovo importantissimo occuparsi dei figli anche perché istauri anche un rapporto con i figli che ti servirà per il futuro… come fai ad istaurare un rapporto se quando erano così piccoli non li hai mai potuti accudire perché lavoravi, perché li hai lasciati al nido, perché li hai lasciati ai nonni, alla ragazza alla pari?…secondo me è difficilissimo…lo trovo anche quasi impossibile, sono convinta che, istaurando anche un buon rapporto…ci saranno sicuramente problemi con i figli quando sono grandi, però, presumo che riuscirai anche a risolverli, ma se non gli stai accanto, se non li coccoli, se non li accarezzi…senza tutto questo sarà impossibile. D18) Continuando, se una sceglie di avere una famiglia è importante dedicarsi a essa, non è denigratorio, per niente, io non la vivo così. È un’attività, un lavoro anche quello […].

Alcune donne insistono tuttavia sull’importanza di pensare anche al proprio, per non ritrovarsi senza risorse quando i figli saranno grandi.

D20) E solo i figli, e poi i figli crescono e non hai più niente. D10) Anche perché i figli poi crescono e tu rimani con l’aspirapolvere e gli stracci in mano.

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D7) Chiaramente il giorno che saranno via da casa probabilmente non li vedrò più fino a sera o magari fino al fine settimana e allora avrò più tempo, quindi sono dell’idea che noi prepariamo qualcosa, ci prepariamo alla pensione, ma non dobbiamo arrivare lì e avere la valigia vuota e non sapere cosa fare.

3) Il ruolo del padre viene più volte citato come senz’altro importante, tuttavia non come quello della mamma.

D15) Quindi il ruolo centrale della donna come mamma, se uno vuole avere i bambini deve anche stare con loro è importante…cioè il papà anche, però la mamma soprattutto. D4) Nel senso proprio dell’educazione dei figli, è importantissimo il papà, è importante che ci siano tutti e due, ma trovo che…forse finché non sono diventata mamma non mi rendevo proprio conto. D5) Sicuramente il futuro, aiutata dall’uomo cresce gli uomini di domani. D14) Siamo solo noi che lo facciamo; lo fa anche l’uomo, il papà, però noi…

4) Ma se la donna è consapevole dell’importanza del proprio ruolo, esso deve essere riconosciuto anche dagli altri: innanzitutto all’interno del nucleo famigliare, da parte del coniuge; ma anche in generale, nella società, e non sempre ciò avviene.

D4) Ma, secondo me deve esserci una…come si dice…innanzitutto una buona collaborazione tra papà e mamma, nella coppia anche rispetto [...] per me è importante che mio marito rispetti il lavoro che faccio se sono a casa [...] non so se lui cominciasse a dirmi: in fondo sei a casa, cosa fai tutto il giorno? Quello per me sarebbe un po’ un’umiliazione. D5) Quello che è sottovalutato tantissimo e cioè crescere i bambini. Non è una cosa indifferente, anzi è la più importante che viene sottovalutata. È quello il nostro punto forte”. D2) Mah, il ruolo materno della donna per me è proprio fondamentale […] Secondo me è peccato per chi non può o non vuole apprezzarlo perché alla fine nasciamo tutti da lì. D3) Mio marito dice che come potenziale li superiamo (gli uomini) di gran lunga, il che mi gratifica, valorizza comunque ciò che faccio. D22) Ci siamo organizzati […] l’entrata è proveniente da mio marito ma questo non vuol dire che io non posso dedicarmi anche ad altre attività, e secondo me è ritrovare questa dignità di donna e portarla avanti.

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D12) (la donna) Ha sicuramente delle grosse responsabilità ma non le viene dato spazio. Cominciano forse solo adesso le donne ad occupare posti di rilievo. D24) Mentre trovo sbagliato penalizzare la donna che invece decide di fare la casalinga, la casalinga non è considerata una professione perché non è retribuita…nell’ambito sociale la casalinga non è che abbia dei grandi riconoscimenti. D10) e sono lavori che nessuno valuta.

5) Un tema che viene spesso sollevato è quello della diversità tra uomo e donna e quindi della diversa attribuzione di compiti nella società. Emergono diverse sfaccettature, ma generalmente la diversità è connotata positivamente ( sono doti che ha la donna, la donna non è inferiore, ha un approccio diverso nell’affrontare i problemi). Questa complementarietà dovrebbe aiutare donne e uomini a lavorare meglio insieme e comunque non impedire alle donne di affermarsi anche in ruoli direttivi se ne hanno le capacità.

D14) Io non mi ritengo femminista, anzi, devo dire che non mi piacciono molto le femministe […]. Questa uguaglianza mi disturba tantissimo, perché non siamo uguali, perché ci sono cose che sono compito dell’uomo e cose che sono compito della donna. Quello di sentirsi a livello degli uomini questo è contro natura […] io non mi sento inferiore ad un uomo, però sono due cose diverse, però è la natura che sia così, ed è giusto così […] abbiamo due mansioni diverse. La sensibilità che ha una donna non ce l’ha l’uomo, alcune cose che ha l’uomo e non hanno le donne…la razionalità, per esempio. Per questo non voglio dire che non vedo una donna dirigente di qualcosa per carità se ha le qualità è giusto che lo sia. D12) (la donna) ha dei sensori, è vigile, osserva di più. Anche perché sono doti che ha la donna, magari ci sono anche degli uomini che le hanno, però naturalmente porta su di sé un gran peso se ha una famiglia perché deve conciliare casa, lavoro, figli, educazione, deve arrivare un po’ dappertutto, essere un po’ come un polipo. D2) E poi non so, secondo me la donna se c’è qualcosa di importante che può portare è la sensibilità. E se non ha voglia di portarla perché crede che la sensibilità sia un limite invece che una grandezza è peccato. D1) Si, io sono per i diritti uguali ma senza mai dimenticare che c’è comunque una differenza tra uomini e donne ed è per quello che si può lavorare bene insieme secondo me, sfruttare tutti e due”. D8) Io penso che in teoria sarei per il pari, però in pratica siamo diversi, perché abbiamo un approccio diverso nell’affrontare i problemi. Vedo solo nell’ambito famigliare, dove non arriva mio marito arrivo io, per cui sarebbe bene se questo succedesse dappertutto, in ambito politico.

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D22) Beh, per me uguaglianza non vuole essere uguale all’uomo…dare le stesse cose che dà l’uomo…è trovare la dignità di donna, la specificità di donna, trovare quello che sono chiamata a fare, […]

Però il ruolo diverso di donne e uomini è anche visto da punti di vista più sfumati e con riferimenti a modelli culturali oppure si tende ad annullare la differenza.

D19) Spontaneamente mi viene la parola solidarietà, non lo so, non penso che tutte le donne per forza siano loro a curare i bambini e che tutti gli uomini siano sempre via a lavorare, non so quanto si possa dire che c’è questo modello fisso. C’è meno di una volta [...] Io penso che una persona deve sviluppare quello che sente e che se una vuole portare avanti un discorso anche a livello più ampio, prendersi delle cariche, avere dei ruoli, è importante che lo possa fare. Non è facile, sarebbe necessario avere un’apertura all’interno della coppia, rispettare i bisogni che hanno i due. Per quello che dico che non per forza la coppia dev’essere strutturata in un modo classico. D8) […] Non vedo perché una donna non può fare carriera in azienda. Quello che secondo me succede tanto è che già nella cultura, già da bambina sei abbastanza collocata. Si può dire quello che si vuole ma secondo me resterà così, culturalmente una bambina fa certe cose. Io ho provato a comprare il trenino elettrico alla mie figlie, però lo stesso lei mi andava in giro con la borsettina a 2-3 anni … questo è proprio nella testa. D21) Per me contano le persone non se è donna o uomo…se una donna ha una data capacità di fare una data cosa, che la faccia, e non perché deve essere una donna! Ecco questa è la mia opinione!

6) Il tema dell’importanza del lavoro per la donna è affrontato in modo molto differenziato. Una costante è comunque l’affermazione secondo cui la donna può lavorare e anche fare carriera se non ha famiglia o comunque il lavoro non deve andare a scapito della famiglia, oppure se l’attività professionale risponde a una chiara necessità economica.

D3) C’è il problema di necessità: molti sono costretti a lavorare entrambi. D6) È un discorso molto separato se la donna deve lavorare per avere un supporto finanziario per la famiglia, o per suo piacimento, lì cambia molto.

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D17) Ma per me personalmente la famiglia, ho deciso così, prima la famiglia e dopo il mestiere. Però centrano sempre anche le cose finanziari. D23) Però è vero che ci sono famiglie che purtroppo finanziariamente non ce la fanno e devono lavorare tutti e due. D24) E’ vero che se la donna è separata o per motivi economici deve lavorare a tempo pieno, non è giusto fargliene una colpa. D7) Il lavoro se c’è bisogno o se si vuole, però a coté e non a scapito della famiglia. D23) Io ti dirò, se una donna non ha famiglia trovo giusto che possa ricoprire benissimo gli stessi posti di lavoro di un uomo e gli stessi posti di responsabilità. D18) Io trovo che dipende una donna che scelta fa; se una donna fa la scelta di non avere famiglia può essere utile alla società in mille cose tanto quanto un uomo.

7) Se la donna lavora, l’attività professionale dovrebbe comunque essere a tempo parziale, almeno fino a quando i bambini sono piccoli.

D24) Perché è giusto sì che la donna allevi i figli, ma se se la sente[…], perché se una donna sta a casa perché è obbligata a crescere i figli…non so che tipo di lavoro possa fare…[…] se una donna ritiene giusto di avere un’attività professionale a tempo parziale…perché così si sente meglio e il tempo che lei è a casa lo dedica più volentieri alla famiglia, alla casa, è positivo, mentre la donna che lavora a tempo pieno e ha dei figli…non che la vedo male, però mi sembra che manchi qualcosa in famiglia in questo caso…poi dipende se lei a casa ha qualcuno che segue regolarmente i bambini, che può essere una nonna, una zia. D12) Una donna che ha figli ha il diritto di intraprendere una carriera, sarebbe bello se si potessero pianificare un po’ di più le cose. La donna in carriera trascura un po’ i figli perché non può arrivare dappertutto. Io vedo che lavorando al 40% va bene perché riesco ancora a parlare con loro. […] Però è chiaro che bisogna vedere anche quello che pensano i figli. Talvolta senza neanche esprimersi soffrono dell’assenza dei genitori. In quel caso bisogna far parlare anche i ragazzi. D22) Non trovo giusto, cioè mi dà tristezza vedere donne che corrono a destra e a sinistra per poter organizzare famiglia e lavoro, un lavoro magari a tempo pieno è tanto per una donna! D6) Poi quando crescono si può avere un’attività a tempo parziale, però il compito più importante è allevare ed educare i figli.

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8) Diverse donne affermano l’importanza di combinare famiglia e lavoro e le motivazioni riprendono in parte quelle già evidenziate quando spiegavano perché svolgono un’attività professionale (vedi capitolo Il percorso professionale e la situazione lavorativa attuale). Viene anche ricordata la fatica che comporta il fatto di combinare i due ruoli per le donne. Anche quando ritengono importante avere un’attività professionale, sia riferendosi alla propria situazione che come opinione generale, spesso le donne sottolineano che la cosa più importante è la famiglia o che fino a che i bambini sono piccoli è comunque meglio stare a casa.

D8) Non va più bene restare solo a casa a fare niente. È inutile, tu fai una carriera, degli studi, ma non per stare seduta con i figli e basta, hai voglia di realizzare qualcosa. D2) Ma, secondo me, a me sembra più giusto quello che ognuno sente. Per esempio io sento forte il lato materno però sento forte anche il desiderio di sviluppare qualcosa di mio, che non necessariamente deve andare contro il lato materno. Chiaramente è questione di tempo. Cioè, se io potessi dirigere qualcosa lo farei al volo. D15) Se può la donna dovrebbe stare con il bambino e fare come me, mantenere il suo lavoro, secondo me bisogna stare con i bambino il più possibile perché ne hanno bisogno, però purtroppo non tutti possono farlo […] ma se la donna può dovrebbe stare con il bambino e sempre “tenere un piede” (nel lavoro). D10) Sicuramente quello di crescere i figli il meglio possibile, però è comunque importante il lavoro, la formazione anche proprio per un arricchimento personale, per una gratificazione. […] Poi penso che deve contribuire a mandare avanti questo mondo, anche nel lavoro c’è bisogno della presenza femminile. […] Io credo che una donna che sceglie di avere dei figli non deve accantonare le sue esigenze, la sua formazione. Io non ho studiato per chiudere tutto in un cassetto e basta e dedicarmi ai figli. Posso fare le due cose. D4) Devo dire che io forse in passato ho sempre pensato che un giorno che avrei avuto una famiglia sarei stata a casa, avrei voluto tenere la mia famiglia e basta, e adesso così appunto io ho quella necessità ogni tanto di dire che ho bisogno di quel pochettino (non è che voglio chissà che cosa perché in fondo anch’io penso che in questo momento la cosa più importante è la mia famiglia e la mia bambina) però hai bisogno quel momentino di staccare e di avere il tuo spazio, di parlare di altri argomenti. D6) Ho cominciato a lavorare un po’ quando i ragazzi andavano all’asilo o a scuola […]. Perché arriva il momento che una donna ha voglia di vedere oltre la casa, questo è giusto. Io non avevo neanche un diploma ma immagino che la persona che ha studiato, ha molta più voglia di mettere in

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concreto ciò che ha studiato. Però ecco quei cinque sei anni che i bambini sono piccoli è importante stare a casa. D11) L’ideale sarebbe poter combinare le due (famiglia e lavoro), non è facile. Si trova sempre qualcuno, ma per noi donne è più difficile ritagliarsi le distanze perché come io vedo avere degli impegni nel tardo pomeriggio, vuol dire organizzarsi, preparare già mezza cena, trovare qualcuno che però non vuoi caricare troppo con i figli. Mentre per gli uomini è più facile, finisci di lavorare e vai lì. Per noi c’è tutta una preparazione prima, si può fare però è un carico in più”. D3) Ammiro molto una donna che lavora e che riesce ad accudire i propri figli. D9) Trovo che sia difficile avere un ruolo in un’attività lavorativa essendo donna. […] Se lavori a ore e poi se ti chiamano e non puoi rischia che non ti chiamano più. […] Credo che sia meglio una via di mezzo. Io ho sentito dire da tante madri che non vogliono lavorare ma stare dietro ai propri figli. Non voglio dire che mio figlio sia meglio degli altri, però sono riuscita, negli anni in cui ho lavorato, a fare in modo che stesse con me e mio marito, ma ha conosciuto bene i nonni, gli zii, i cugini. Io trovo che abbiamo fatto un bel lavoro in questo senso. […] Se anche hai un bambino a casa non ci credo che dopo un po’ non vuoi cambiare ambiente e rischi di seguire il figlio in maniera superficiale”.

9) Un concetto spesso ripetuto, più in riferimento alla carriera che al fatto di lavorare o meno, è quello della scelta. Pur nella varietà delle risposte, è interessante notare che non vengono messe in discussione le capacità delle donne di assumere dei ruoli importanti nel lavoro, quanto proprio la necessità di scegliere tra famiglia e carriera, oppure di accettare che i figli vengano cresciuti “da qualcun altro”.

D5) Se una donna vuole fare carriera può farlo. Sicuramente deve fare una scelta, se vuoi fare la dirigente puoi essere mamma ma i figli li deve crescere qualcun altro. […] oggi ci sono tante donne in carriera ma credo che la maggior parte scelga di avere dei figli e accudirli. Magari continui a lavorare dopo ma forse non sarai dirigente. D10) Non capisco quelle donne che hanno figli e vogliono raggiungere a tutti i costi l’apice. Poi i figli vengono lasciati crescere…anche la scelta di fare un lavoro parziale è perché hai dei figli. Non scegli di fare dei figli e di lasciarli crescere a chi capita, è una questione di buon senso e di scelte personali. Se non volevo sacrificare una parte del mio lavoro avrei scelto di non avere figli. Oggi una può scegliere anche di non averne. Non avrei fatto la scelta di fare dei figli per poi farli crescere dalla nonna o in una struttura. Le mie scelte sono state dure per questo.

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D22) Nel mio caso come mamma prima di tutto, come sposa, come donna e a questa scelta poi ne conseguono delle altre. D9) Il problema è che quando arrivano i bambini ci sono sempre delle scelte da fare. Se una persona occupa un posto di rilievo, è subito fatto, rinuncia. O si pensa alla carriera o alla famiglia. D16) Questa è una scelta molto personale, sicuro pagano molto queste persone che devono fare una scelta di manager, queste persone per me pagano tantissimo, ho una grande ammirazione per queste donne perché nel loro intimo veramente si sacrificano, sacrificano la vera personalità della donna, quello che è più biologico, naturale che ci sia dentro una donna, però lì è proprio una scelta, come dico lì ognuno fa una propria scelta. D7) Io sono un po’ dell’idea che in fondo dobbiamo un po’ accontentarci, come dico: se si sceglie di essere mamma bisogna anche indirizzare la testa in quella linea” [...] Se una donna decide di far carriera e non vuole saperne della famiglia è una scelta che senz’altro accetto, però allora mi va bene che sia pari diritti e pari doveri. Quando io vedo però delle donne che sono giudici, che hanno magari tre figli a casa mi vien da scuotere la testa, non credo proprio che riescono a fare le due cose bene, perché so benissimo cosa richiedono i figli; ognuno ha i propri ritmi, i propri bisogni e non è per niente facile a volte ci sembra a noi che siamo a casa tutto il giorno che non riusciamo a tenerceli.

Sono rare le donne che parlano di una scelta discussa all’interno della coppia, ma anche in questi casi sembra essere più un auspicio poiché quasi mai dalle interviste risulta che vi sia una ripartizione paritaria del tempo di lavoro professionale e familiare nella coppia.

D19) Ecco secondo me è una questione di scelta nel senso che la coppia deve decidere anche di come deve mantenere la famiglia, forse oggi si parla molto di donna, dei diritti della donna, dei doveri dell’uomo, io vedrei dei diritti e dei doveri della coppia. […] Secondo me è una questione di scelte di vita, di come poter come concatenare il tutto, […] se ci sono dei figli qualcuno se ne deve occupare, mi dispiace che ci siano dei terzi che se ne occupano…quindi bisogna mettersi d’accordo. D11) L’ideale sarebbe poter combinare le due cose invece che fare una scelta. Chi sceglie la carriera deve però per forza tralasciare o avere un solo figlio o trovare un marito che lavora a metà tempo, formare una collaborazione di coppia, una suddivisione dei compiti famiglia e lavoro, è fattibile secondo me. D3) Io se non avessi deciso per la famiglia avrei tentato per la carriera. Sono delle scelte che una fa, dei percorsi, capitano,

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ogni donna deve trovare il suo equilibrio, senza rinunciare, io faccio solo quello che mi piace. […] Mio marito ha detto che uno dei due doveva stare a casa e ho scelto di farlo io. Poi si possono fare delle scelte che possono risultare sbagliate, ma questo è un problema di ogni individuo, maschio o femmina.

10) Il volontariato, come già nel capitolo dedicato alle attività non professionali, viene citato come valore positivo, che può dare le stesse soddisfazioni dell’attività professionale retribuita. E’ un valore che fa parte della vita della valle, anche in un’accezione informale.

D14) In una famiglia il tempo pieno e la famiglia è impossibile, quello che non ho avuto per il lavoro l’ho trovato con il volontariato. D7) È vero che di volontariato se ne trova sempre, ma ne abbiamo sempre fatto. D24) Poi nel sociale, tutto quello che è volontariato, che può essere non organizzato, semplicemente: la visita alla vicina di casa anziana che ha bisogno di fare la spesa, all’amica che ha un problema di salute e non sa a chi dare il bambino, al volontariato che viene fatto nelle case per anziani.

3.2. Rappresentazioni e aspettative nei confronti di servizi o strutture per le donne La prima domanda di questa sezione concerne la conoscenza di gruppi, associazioni, strutture pubbliche che si occupano in modo specifico dei problemi delle donne e la risposta è negativa poiché effettivamente in valle non esistono strutture specificamente create per aiutare le donne a risolvere le loro problematiche.

D3) Non credo. D21) Direttamente le donne no! D7) Non mi sembra, non mi risulta.

Le donne intervistate, pur con alcune eccezioni, conoscono poco anche ciò che esiste nelle città di Locarno, Bellinzona e Lugano, e quando conoscono qualche servizio è spesso solo per sentito dire, ma personalmente non ne hanno frequentati.

D3) So che ce ne sono ma non li ho mai frequentati. D6) So che a Lugano c’è il centro donna, il… (Dialogare?). Sì il Dialogare, esatto, avevo cercato l’indirizzo per delle attività, per cosa consigliavano. […] Però se no a Locarno non ce ne sono, credo.

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D23) A Locarno forse, ma non ne ho mai sentito parlare. So che a Lugano c’era un servizio dove una mia amica aveva bisogno di trovare un posto di lavoro e si è recata…interessata ad un’associazione che non ricordo, siccome non ho mai avuto l’esigenza non me ne sono mai interessata . D15) Ce n’è uno per le madri in difficoltà. C’è a Locarno, no? D2) Io so che a Lugano c’è appunto questa associazione “Dialogare” a cui ci si può rivolgere. A Locarno non so. D19) So che c’è una casa per le donne maltrattate, ma il luogo è segreto nel senso che almeno è protetto questo solo per donne […] poi c’è il consultorio all’ospedale che non è solo per donne ma usato prevalentemente da donne…poi…so che esistono gli uffici di parificazione e ma non so dove sono in Ticino, forse a Bellinzona, so che era stato istituito un ufficio di questo tipo per promuovere l’uguaglianza per esempio nella retribuzione negli stessi lavori.

Emerge chiaramente l’associazione da parte delle donne intervistate tra la non conoscenza di centri per le donne e l’affermazione secondo cui non hanno mai avuto l’esigenza di utilizzarli o non avrebbero cercato “qualcosa solo per le donne”.

D22) No, che io sappia no. […] A dire il vero non è che mi sono informata in modo particolare, probabilmente ci sono…non lo so, forse perché non ne ho mai avuto il bisogno. D5) Che io sappia, no. Non ho mai neanche chiesto. D4) Devo dire che sono un po’ ignorante perché effettivamente finché non ne hai bisogno non le vai a cercare. D10) Non lo so, non ci ho mai pensato perché non ho mai avuto l’esigenza. D1) Non lo so se c’è qualcosa di specifico però direi anche che non vado a cercare qualcosa solo per donne […].

Per quanto concerne altri servizi disponibili, anche se non dedicati espressamente alle donne, le informazioni di cui le donne riferiscono sono parziali. Vengono citati alcuni servizi esistenti in valle (le commissione tutorie, le sezioni dei samaritani) e altri a Locarno, tra cui i centri di pianificazione familiare, aperti a tutta la popolazione ma più frequentati dalle donne. Viene anche sollevato il problema di rivolgersi, per situazioni delicate, alla commissione tutoria in comuni piccoli dove le persone si conoscono o sono addirittura parenti, problema ora in parte risolto con l’avvenuta centralizzazione di queste commissioni.

D3) So che ce n’è uno di pianificazione famigliare. D7) Lì è un po’ difficile, perché c’è sempre la tutoria, una volta c’era quella legata al comune, quindi alle persone, e bene o male siamo in tanti parenti e la cosa diventa un po’

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delicata…adesso è stata centralizzata la tutoria però non so se c’è una persona…una donna maltrattata se le viene in mente di rivolgersi a questa tutoria […] Nel settore della salute ci sono tre sezioni di samaritani, una a Broglio, una a Cavergno e una a Gordevio, che organizzano dei corsi un po’ legati alla salute oltre che all’infortunistica.

Una donna testimonia del contatto negativo che ha avuto con un servizio di orientamento, dove si è sentita poco accolta e addirittura non capita rispetto alle sue esigenze di informazioni sulla possibile ripresa di una formazione o di un’attività professionale.

D2) Io due o tre anni fa […] ho fissato un incontro con un orientatore professionale, è stato un incontro proprio deludente, cioè lì mi sono proprio resa conto che mi guardava e pensava: stai a casa a far la calza, una cosa del genere.

Un’altra, sempre riferendosi ai servizi sul territorio, afferma di aver sentito parlare di problemi sorti all’interno di comunità straniere residenti in valle ed esprime la difficoltà di non sapere come intervenire.

D7) […] capitavano cosa che ti chiedevi come facevi ad aiutare, però erano etnie diverse che se non conosci non puoi impicciarti per niente..

A volte il concetto di un servizio o struttura per le donne viene associato spontaneamente all’esistenza di strutture per i bambini, tra cui è citato il poliambulatorio pediatrico e materno (servizio ambulatoriale di consulenza per giovani mamme)17.

D22) La scuola dell’infanzia, loro possono entrare già a partire dai tre anni; ci sarebbe la ludoteca al mercoledì pomeriggio, in cui ogni tanto andiamo, e poi ci sarebbe il Cantuccio a Maggia. […] Di altri servizi ho usufruito quando i bambini erano piccoli, dell’ambulatorio, per il primo bambino ne ho usufruito, la signora veniva una volta alla settimana, si poteva chiedere consigli, veniva anche a casa. D3) […] ma so che c’è una levatrice e una nutrizionista per neonati che vengono qui una volta alla settimana e credo sia un buon servizio. D9) C’è la ludoteca, che però è aperta solo un giorno alla settimana, il mercoledì. E tante volte il mercoledì si approfitta per andare a fare la spesa o trovare i nonni. Manca qualcosa per il doposcuola. Non necessariamente un posto come una scuola, anche a proprio domicilio.

17 Attualmente la figura dell’infermiera consulente materna e pediatrica è stata integrata nei Servizi di assistenza e cura a domicilio (SACD)

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D20) Sì, c’è il gruppo genitori che organizza attività per bambini.

Le domande relative all’opinione sulla creazione di servizi per le donne, nuovi o in strutture già esistenti, sono state trattate congiuntamente perché le donne hanno generalmente risposto senza specificare dove dovrebbe essere ubicato un eventuale centro. Alcune esprimono un’opinione negativa perché non ne vedono l’utilità o perché ritengono che le donne possono arrangiarsi da sole.

D21) Mah, sinceramente non ne vedrei l’utilità. D5) Penso di no. Penso che la donna in valle si può organizzare. Siamo tutte mamme ma comunque i nostri interessi li teniamo, non è più come una volta che c’era solo la famiglia. Quello che vuole una donna lo prende e lo cerca, magari va fuori dalla valle ma non penso che sia tanto utile qui. D20) Qui? Ci arrangiamo tra di noi.

Interessante l’opinione di una donna secondo cui il vero problema non è tanto lo spostamento fuori dalla valle, quanto proprio ammettere che vi siano problemi come quello del maltrattamento, e questo non solo in una valle.

D4) Eh, io faccio fatica a vederla (una struttura per le donne in Vallemaggia), nel senso che trovo che dal momento che io ne avessi bisogno non mi darebbe nessun fastidio arrivare fino a Locarno. […] spesso penso che è vero che si vede meno di quello che effettivamente c’è come problemi. A livello di maltrattamento di una donna […], io penso che ce ne sono e spesso appunto si nascondono piuttosto queste cose, ma come tutte le cose a livello di maltrattamento […] non dico che qua in valle non ce ne sarebbe bisogno, bisogno ce ne sarebbe sicuramente, solo che mi chiedo se una donna, dal momento che riesce a tirar fuori quello che effettivamente è il problema, non penso che il problema sia se deve andare a Cavergno, a Maggia o fino a Locarno.

Altre non hanno un’opinione ben definita; anche se affermano di “non crederci molto”; comunque non vi è una chiusura totale.

D14) Questa è la mia opinione personale, non lo so …perché io non ho mai avuto bisogno, ma in certe strutture non ci credo neanche molto […] non avendo avuto neanche esperienze […] però per chi si trova in certi problemi ben vengano certe cose. D13) Non ho idea, qualcuno potrebbe usarlo dipende da cosa offre….

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Altre donne ancora motivano i loro dubbi riferendosi al rischio che non vi sia una risposta positiva da parte della popolazione femminile della valle a causa di una certa “rassegnazione” o “reticenza”.

D20) Non so, perché le donne qui non è che chiedono di più, va bene così ... […] Eh, rassegnate! Perché forse hanno la possibilità di chiedere a qualche nonna, però ci sono anche donne che non hanno nessuno qua. D10) Potrebbe essere una cosa utile, ma in realtà non so se ci sarebbe corrispondenza da parte delle donne. Magari non essendo una cosa abituale, bisogna vedere che impatto avrebbe. Magari le donne più giovani avrebbero più bisogno. […] io sono favorevole a qualcosa di specifico per le donne perché credo che comunque gli uomini non si rendano conto cosa vuol dire conciliare lavoro e famiglia. D8) […] Nei casi disperati si. Perché se no […] insomma se ci sono questi servizi bisogna utilizzarli, c’è una specie di reticenza […] siamo proprio chiusi.

Non essendoci modelli di riferimento,la rappresentazione degli scopi di un eventuale servizio è molto differenziata. Non sempre si specifica se dovrebbe trattarsi di servizi riservati alle donne, anche se una donna osserva che un servizio che si occupa di persone anziane aiuta di fatto le donne, poiché sono loro a prendersi cura degli anziani. Oltre al campo dei servizi sociali, viene citato l’ambito della formazione.

D16) Per aiutare delle famiglie con a carico degli anziani, così…che sono poi le donne. D15) […] Io vedrei qualcosa di più in quel senso lì per aiutare quelle persone proprio in difficoltà, non solo per soldi, ma anche un po’ per organizzare la loro vita. D22) Dipende da che cosa si intende, anche come servizi? […] Spesso la persona che non è dentro queste cose non sa a chi rivolgersi: al comune, all’assistente sociale, alla Pro Infirmis…ecco ci vorrebbe un centro che dia tutte queste informazioni ad una donna con un problema qualsiasi. Che ci sia un centro con persone competenti, che sappia a chi mandarla questa donna, a chi indirizzarla ecco, questo manca. […] D17) Si per alcuni potrebbe essere un aiuto, come fare, come organizzare, che possibilità ci sono…”. D4) […] Ecco io penso che a livello di formazione, non so, per una donna magari se ci fossero delle formazioni un po’ particolari […] se ci fossero dei pomeriggi di formazione, magari per una donna è più facile organizzarsi un pomeriggio e andare fino a Cavergno che non andare fino a Locarno. D5) Sicuramente dare la possibilità anche in valle, per non sempre doversi spostare a Locarno per qualificarsi

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personalmente sulle lingue o adesso con l’informatica […] qualcosa sicuramente in quel senso sì.

Anche tra chi ha già riflettuto sulla questione, rimane il dubbio se deve trattarsi di qualcosa di specifico per le donne.

D7) Dovrebbe essere una cosa che comprende tutta la valle, penso che ci metterebbe un attimino a prendere piede perché qui la gente si è abituata ad arrangiarsi. […]. Non saprei, forse sì, potrebbe essere interessante ma ci vorrebbe del tempo per far sì che si conosca. […] D22) Quindi, io questo lavoro lo vedrei e non solo per le donne, lo vedrei specialmente in questo ambito di informazione e di formazione, perché ci sono le strutture a livello cantonale, ma non sempre si sa dell’esistenza di queste strutture. D7) Avere uno sportello non so…dovrei pensarci, ci ho pensato anch’io a fare qualcosa che comprende un po’ tutto però non so se solo legato alle donne, forse sarebbe meglio comprendere tutta la popolazione, tutta la fascia. Siamo pochi.

Alcune hanno invece un’opinione piuttosto precisa su come dovrebbe essere un centro per le donne e viene sottolineata l’importanza di fare qualcosa solo se risponde a un bisogno, a un’esigenza delle donne stesse.

D3) Sicuramente. […] Mi immagino uno stabile con diverse stanze dove una donna che ha bisogno di consigli si può rivolgere a uno specialista in vari settori: legale, famigliare…[…]. Sarebbe bello appunto avere un centro gestito da donne che hanno la pratica di destreggiarsi in molte situazioni, che possono aiutare le altre, dove c’è consulenza, dove si possono organizzare delle attività come dei corsi di computer, delle specializzazioni in altri settori che non siano l’informatica. D19) Qui è un discorso ampio, io penso che un progetto ha senso svilupparlo se c’è un bisogno […] Se c’è l’esigenza può essere una buona idea. V7) […] certo che questo deve venire anche dalle donne, però qualcosa si può fare, non per forza un centro di aiuto, ma un centro sociale, un centro dinamico, trovo che qui c’è una mancanza di far qualcosa assieme, no?

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3.3. Conoscenze informatiche e disponibilità verso la comunicazione mediata da computer Dalle risposte a questa sezione dell’intervista si possono mettere in evidenza comportamenti molto diversi rispetto al computer, che la maggior parte delle donne intervistate comunque possiede. Dalle interviste è emerso che ci sono alcune donne che, per vari motivi – di tipo tecnico o come scelta personale – non utilizzano il computer a casa. Alcune lo utilizzano solo sul lavoro, altre non lo utilizzano del tutto.

D4) Ecco quando lavoro se devo cercare qualcosa sono capace di entrare e cercare qualcosa, non sono appassionata…anche se in fondo trovo che sia importante […] forse adesso sono troppo presa, nel senso la bambina, la casa, una cosa e l’altra, […] per il momento ho altre priorità. D16) No! Poco! Nel senso che non ho pazienza di…e poi mi piace il contatto con le cose…come la gente, la stessa cosa…io leggo moltissimo, mi piace il contatto…io scrivo tantissimo…mi piace ancora quel contatto fisico […] a me piace così e me lo tengo ben stretto, l’arricchimento è molto forte, ognuno dà qualcosa all’altro. D20) No, no. […] ce l’ho, ma non va ancora… Ho fatto un corso qui, erano otto lezioni, credo due ore e mezza […] era un’introduzione, ecco! Ma io non ho praticato dopo. D19) Quando lavoravo si usava molto per passarsi le informazioni. D15) Sul lavoro si, lo stretto necessario. D18) Sì sul lavoro.

Vi sono varie donne che lo utilizzano in casa: citano soprattutto la posta elettronica e internet come fonte di informazioni, ma anche programmi di contabilità. Il computer appare come una scoperta che facilita diverse attività.

D3) Io ce l’ho, lo uso in casa. Internet mi aiuta tanto, puoi fare tante cose. D19) Si, uso internet e uso l’e-mail. D17) Per corrispondere, per scrivere lettere, anche se cerco informazioni su internet o per comandare cose via internet […]. Proprio comunicare così, meno. Prendo ancora il telefono, magari anche per avere subito la risposta. D14) Si fa la fatturazione più che altro. D22) mi è capitato di dover fare delle ricerche attraverso internet…se prima andavo fino a Locarno a fare delle ricerche, adesso attraverso internet ho anche le informazioni

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direttamente a casa prima […] Sì, mando e-mail […] anche ad amici o se ho dei colleghi nella Svizzera interna… D21) Sì…ma lo utilizzo io…utilizzo internet […] Lo sapevo utilizzare già prima, ho imparato da sola! […]. Mah, i vantaggi sono…possiamo ordinare anche molte cose tramite il computer, per esempio i libri, per le informazioni…si trovano molte informazioni.

Una donna sottolinea come il computer faciliti la comunicazione soprattutto vivendo in valle.

D3) È un collegamento con il mondo che qui in valle, rispetto alla città, risulta più difficile senza questo mezzo […]

Interessanti le motivazioni per l’apprendimento, che possono essere legate alla necessità di stare al passo con i figli, i quali a volte assumono il ruolo di insegnanti; altre volte invece la mamma segue la figlia nell’attività al computer.

D3) Come mamma ho sempre cercato di tenermi aggiornata. D2) Però da una parte sono un po’ orgogliosa e pensavo: no, qua i miei figli imparano tutto e io non sono neanche capace di accenderlo. Allora mi sono tirata indietro le maniche e ho fatto 2 o 3 corsi. […] Sì, i figli lo usano. Io chiedo a loro. D4) Se hai dei bambini che crescono e che hanno anche loro quell’interesse di vedere il computer. D17) Adesso inizia anche la bambina, ce l’hanno anche a scuola…allora ogni tanto mi chiede se può e andiamo insieme o se vuole sapere qualcosa va su internet e cerchiamo la risposta insieme. Si, è molto interessata anche lei.

Le testimonianze di queste donne mostrano le varie fasi di apprendimento, i timori, i tentativi e le difficoltà legate al non poter mettere immediatamente in pratica quanto imparato. Ma mostrano anche che i progressi, seppure lenti, vengono riconosciuti e sono uno stimolo a continuare. Anche le modalità di uso possono essere miste (scrivere prima a mano e poi sul computer).

D2) Ma, io ho fatto 2 o 3 corsi di computer perché sono partita proprio male col computer nel senso che qualsiasi macchinario che abbia un po’ più di bottoni del necessario mi spaventa. Eh, io non sono forte, appunto[...] ho imparato penso un quarto di quello che avrei dovuto imparare proprio perché faccio fatica in alcune cose però l’ho fatto. […] Quello che ho fatto 3 anni fa era word, ma un pochino, cioè sono capace di scrivere e di correggere. […] Poi il corso sulla posta elettronica, anche lì ho assimilato pochissimo, anche perché non eravamo ancora collegati a internet quindi erano cose astratte, io ho bisogno delle cose concrete […] adesso ho imparato a mandare e-mail. Adesso per me è già un traguardo.

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Adesso mi sono iscritta a un corso che fanno sulla fotografia digitale. D22) Per me è un mezzo che ho iniziato a conoscere da un anno a questa parte …a dire il vero anche quando scrivo i testi, prima li faccio sempre con la mia penna e poi li trascrivo forse perché anche gli studi si son fatti in questo modo e mi viene più facile scrivere con la penna che direttamente al computer, ma poi le correzioni vengono fatte nel computer [...]. Ma io continuo a dire che questi mezzi dovrebbero facilitarci la vita, ma qualche volta mi sembra che ce la complicano [...] per i miei figli utilizzare il computer o il telefonino sarà una cosa normale, per me è una difficoltà per il momento [...] vabbè sormontabile, perché sono cose che si imparano ancora anche a settant’anni!

I coniugi, così come i figli, possono assumere la funzione di esperti o di insegnanti e alcune donne descrivono con ironia le modalità di approccio diverse al mezzo tecnologico all’interno della coppia.

D2) Mio marito per esempio è un autodidatta, lui accende, prova, impara ed è capace. Io accendo, provo, neanche tanto, mi arrabbio, non funziona mai come voglio, lascio perdere. D22) Si, il computer si! E…internet anche, ho incominciato come autodidatta…prima attraverso mio marito che si lancia lui […] D14) L’abbiamo imparato utilizzandolo, anche se all’inizio eravamo un po’ restii. […] Sì, lo usiamo tutti e tre…facciamo un po’ per uno…il papà è quello che sa tutto…perché lui è in ufficio…è davanti al computer dal mattino alla sera…quindi per lui è ancora più facile… il mio maestro è mio marito, mi ha insegnato come tenere la contabilità…queste cose… però se c’è lui vicino mi dice “facciamo così e cosà”. D18) Mio marito è appassionato di computer. Forse per quello, io non sono appassionata e fa tutto lui, ce l’ha sul lavoro, No, io purtroppo no. […] più che altro per mia figlia, cara grazia che c’è papà, perché è una cosa importante, però io stento. Se devo so usare word e un po’ excel ed è finita lì.

Questa ripartizione dei ruoli tecnologici però non è valida per tutte le famiglie.

D21) Mio marito no, i miei figli qualcosina, non hanno un grande interesse, intanto. Diciamo che il più grande avrebbe già l’età, ma lui si dedica a cose manuali e gli altri non hanno ancora un grandissimo interesse.

Alla domanda sull’eventuale disponibilità a usare il computer per la formazione, a parte una risposta decisamente negativa, vi è una certa apertura.

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D16) No! D17) Si, se ci fosse la possibilità. D18) D’altra parte sì, adesso come adesso vorrei imparare internet perché non l’ho mai usato e sinceramente io andrei e mi farei il corso […]. Comunque tenere la X in casa e fare il corso…magari quando ha 6-7 anni lei, che fa le sue cose e io il corso va bene, ma adesso con lei che gioca concentrarmi un’ora è impossibile, però più in la si. D14) Sarebbe una buona idea…certo una buona idea, lo utilizzerei.

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4. Discussione e conclusioni Questo studio qualitativo ha permesso di mettere in luce alcuni aspetti della vita quotidiana delle donne in Vallemaggia, grazie a interviste semi-strutturate con 24 madri di figli in età pre-scolastica o scolastica residenti in luoghi diversi della valle, scelte in base ad alcune caratteristiche pre-definite. Per rispondere alle domande di ricerca (vedi Introduzione) sono stati trattati aspetti quali la situazione professionale e le possibilità lavorative, le strutture e i servizi esistenti, in particolare per quanto riguarda la possibilità di conciliare famiglia e lavoro, le attività svolte nel campo sociale e del volontariato e la partecipazione a forme di aggregazione informali in ambito socio-culturale e del reciproco aiuto. Particolare attenzione è stata posta sulle modalità di lettura soggettive della situazione (atteggiamenti, opinioni, valori), come pure sulle rappresentazioni e le eventuali aspettative rispetto alla creazione di servizi o strutture specifiche per le donne in Vallemaggia. Alle donne che non seguono Percorso Arianna sono state inoltre rivolte alcune domande sull’attuale uso del computer e l’eventuale disponibilità futura verso la comunicazione mediata da computer in campo formativo. 4.1. Sintesi dei principali aspetti emersi nei capitoli tematici 4.1.1. Il percorso professionale e la situazione lavorativa attuale: Il curricolo formativo e professionale delle donne intervistate è spesso caratterizzato da percorsi complessi, differenziati e da molteplici esperienze. Esso è emblematico della tendenza non lineare che caratterizza il lavoro delle donne, in particolare quando è associato alla maternità. E’ interessante notare come a volte la decisione di sospendere l’attività lavorativa al momento della nascita di un figlio sia associata a un sentimento di non soddisfazione professionale già precedente la maternità. La cessazione dell’attività professionale da parte delle donne che al momento dell’intervista non svolgono un’attività professionale retribuita è comunque considerata un cambiamento importante. A volte esse esprimono una valutazione positiva o negativa di questo cambiamento, invece in altri casi smettere di lavorare quando nasce un figlio è semplicemente considerato un dato di fatto, il che corrisponde a un modello culturale molto diffuso nella Svizzera italiana (Losa & Origoni, 2004).

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Tutte le donne intervistate con un’attività professionale retribuita al momento dell’intervista lavorano a tempo parziale, generalmente con dei tempi che vanno dalle poche ore settimanali fino a un massimo del 50%; nella maggior parte dei casi dopo la nascita dei figli vi è stata un’interruzione del lavoro prolungata, anche di anni. Solo in alcuni casi, dove ciò è stato possibile perché si trattava di un lavoro in un ambito in cui esiste una buona regolamentazione della protezione della maternità, hanno potuto beneficiare di congedi e poi riprendere la stessa attività a tempo parziale. Ma nella maggior parte dei casi hanno cambiato il tipo di occupazione, per trovare un lavoro o più lavori conciliabili con la scelta di un’attività a tempo parziale, la sola considerata conciliabile con il fatto di avere dei bambini piccoli. Le donne definiscono spesso queste attività in termini di “lavoretti”, oppure dicono che stanno “lavoricchiando”, riferendosi a volte a un insieme di lavori saltuari o a occupazioni con una percentuale lavorativa molto ridotta oppure – è il caso delle donne che si definiscono casalinghe – anche alle numerose attività che fanno senza ricevere retribuzione, o con una retribuzione minima, e che non considerano vere e proprie attività lavorative. Tuttavia non necessariamente questi termini assumono una connotazione particolarmente negativa o squalificante. Emerge invece una grande elasticità da parte delle donne ad adattarsi alla nuova situazione, considerata un po’ inevitabile in questa fase della vita ma eventualmente transitoria. Infatti, diverse donne esprimono riguardo al futuro la speranza o di poter aumentare il tempo di lavoro oppure di cambiare il tipo di attività professionale. Le motivazioni al lavoro, quando non sono di tipo strettamente economico, riflettono principalmente dei valori di realizzazione personale, che si esprimono attraverso l’importanza di essere valorizzate, di mettere a frutto la propria formazione e di mantenersi aggiornate. Un altro aspetto messo in rilievo è quello dell’importanza di disporre di uno spazio proprio, espresso come possibilità di avere del tempo per sé; e come occasione di entrare in contatto con altre persone, ossia con una funzione di socializzazione. Se vengono espressi dei rimpianti, questi si riferiscono all’ambito della formazione, ad esempio al non aver intrapreso degli studi superiori in seguito a circostanze della vita ma anche alle difficoltà di spostamento legate al risiedere in valle.

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4.1.2. Le possibilità di lavoro per le donne L’elemento più significativo rispetto alle possibilità di lavoro messo in evidenza soprattutto dalle donne senza un’attività professionale retribuita non è tanto quello della mancanza assoluta di posti di lavoro ma piuttosto quello della qualità delle offerte esistenti. Ciò viene espresso con valutazioni generali sul tipo di posti disponibili oppure come espressione di una discrepanza dell’offerta rispetto alle proprie qualifiche. In altri termini le donne affermano innanzitutto che gli eventuali posti disponibili riguardano lavori non qualificati, temporanei, mal pagati. Inoltre, vi è un problema rispetto alla propria formazione, perché in mancanza di qualifiche è impossibile accedere ad alcuni posti (ad esempio nella scuola o nel settore sanitario) oppure perché al contrario, non vi sono in valle lavori adeguati ai propri titoli professionali e quindi bisogna optare per scelte non corrispondenti alla propria formazione professionale. Questo aspetto è collegato a una serie di difficoltà, tra cui quella della distanza e quindi della necessità di disporre di un mezzo di trasporto proprio: l’alternativa sembra essere quella di spostarsi per cercare un lavoro soddisfacente (ammesso che in piano ciò sia effettivamente più facile, cosa di cui diverse donne dubitano poiché affermano che il problema della mancanza di posti di lavoro è forse più accentuato ma non è certo una prerogativa delle valli), altrimenti bisogna accontentarsi di ciò che offre la valle. Torniamo a questo proposito al tema della definizione del tipo di attività: anche nel caso della descrizione dei posti di lavoro disponibili (ad esempio nel campo delle pulizie o della ristorazione) ricorre il termine di “lavoretti”. Tuttavia qui è a volte usato in contrapposizione con l’idea di lavoro qualificato, quindi con una connotazione tendenzialmente negativa (mentre lo era meno nel racconto delle proprie esperienze professionali). Ciò può essere in parte spiegato con il fatto che proprio il tipo di attività considerata non soddisfacente può costituire un ostacolo nella ricerca di un lavoro, a meno che ovviamente non si tratti di un’esigenza economica fondamentale. La questione economica è un aspetto che attraversa tutti i capitoli tematici: innanzitutto determina la possibilità di scelta non solo di lavorare o meno ma anche di poter scegliere se accontentarsi di ciò che si trova oppure se rinunciare a un’occupazione retribuita se questa non è soddisfacente. A volte il fatto di poter non lavorare è considerato un privilegio, che può implicare la scelta di rinunciare a qualcosa nella vita quotidiana. Questo discorso è da ricollegare a quello dei valori di riferimento, poiché il lavoro per necessità economica è l’unico considerato veramente giustificato per una donna con bambini piccoli, mentre negli altri casi è subordinato a una serie di condizioni (non deve essere a scapito della famiglia, deve essere a tempo parziale, ecc.).

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Ulteriore elemento economico decisionale anche la valutazione delle spese necessarie per lavorare (custodia dei figli, trasporti, pasti) rispetto al guadagno effettivo, tenuto conto appunto che spesso si tratta di attività poco pagate. Gli altri problemi citati sono di tipo più generale e riprendono temi ben noti come la conciliazione tra famiglia e lavoro e la difficoltà di reinserimento dopo una lunga assenza dal mondo del lavoro. Un aspetto tuttavia specifico al territorio per quanto riguarda la conciliazione, è il fatto che una parte dei lavori disponibili sono in ambito turistico, quindi con una richiesta di impegno in periodi corrispondenti alle vacanze scolastiche dei figli. 4.1.3. Le “altre” attività / il volontariato La definizione di “altre” attività, così chiamate per differenziarle dalle attività professionali retribuite e regolari, comprende attività di volontariato vero e proprio in ambiti diversi, ma anche piccoli lavori saltuari che sono stati citati quasi casualmente nel corso dell’intervista, non essendo considerati dalle donne stesse delle attività professionali perché occasionali o perché non retribuiti. Per quanto riguarda il volontariato, uno studio dell’Ufficio federale di statistica valuta che il 25% della popolazione svizzera opera all’interno di associazioni e organizzazioni e il 23% in ambito informale: gli uomini sono più attivi a livello istituzionale, le donne privilegiano il volontariato informale. D’altronde oggi è noto come questo tipo di lavoro non retribuito (sia il volontariato in favore di associazioni di tipo diverso, sia l’aiuto fornito a parenti o vicini) costituisca un’attività indispensabile di cui la società non potrebbe fare a meno, ma di cui è stato finora poco riconosciuto l’impatto economico18. Tra le donne intervistate queste attività sono molto diffuse, come sottolineato anche dalle persone intervistate come interlocutrici privilegiate, e spaziano dall’impegno in associazioni legate al mondo della scuola a quello in gruppi attivi nel campo sociale e sanitario o nelle associazioni sportive. Più che la quantità degli impegni, è interessante osservare che essi rivestono spesso per le donne senza un’attività professionale retribuita un significato analogo a quello che chi svolge un lavoro retribuito attribuisce al proprio lavoro.

18 http://www.bfs.admin.ch/bfs/portal/fr/index/themen/einkommen_und_lebensqualitaet/gleichstellung/blank/kennzahlen0/unbezahlte_arbeit/institutionalisierte_freiwilligenarbeit.html

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Infatti, a parte la soddisfazione legata all’attività stessa, emergono aspetti quali il piacere di frequentare altre persone (e quindi la funzione di socializzazione), il desiderio di fare qualcosa oltre all’attività casalinga e alla cura dei figli (e quindi l’importanza di un tempo e di uno spazio per sé); ma anche la valorizzazione delle proprie competenze e eventualmente la possibilità di utilizzare la propria formazione anche se in un ambito non strettamente professionale (e quindi la realizzazione personale). 4.1.4. Conciliare famiglia e altre attività Se in Svizzera le donne madri di bambini fino a 7 anni non attive professionalmente dedicano in media 65 ore alla settimana alle attività domestiche e familiari, non si assiste a una diminuzione significativa del numero di ore se la madre esercita un’attività professionale (55-58 ore a seconda della percentuale di occupazione). Questo dato, definito sorprendente dallo stesso Ufficio federale di statistica19, è di per sé indicativo dell’importanza del problema della conciliazione tra famiglia e lavoro. Si tratta di un tema molto dibattuto, sia nel campo sociologico che in quello psicologico e oggi anche economico (non a caso anche in Svizzera una rivista di politica economica come La Vie économique vi ha dedicato un numero speciale)20. Senza entrare nel dettaglio degli aspetti psicologici associati al concetto di «doppia presenza» (ben espresso dal termine tedesco Doppelbelastung) per definire a livello individuale le tensioni che derivano dalla combinazione di un ruolo familiare e professionale (Testa-Mader, 2004), ci sembra significativa questa definizione della conciliazione di Marina Piazza: “Conciliare vita privata e lavoro professionale significa dunque mettere sul piatto della bilancia i pesi diversi che questi fattori assumono nella vita quotidiana di una persona, nella consapevolezza che è necessario fare qualche sforzo, pagare qualche prezzo perché questi tempi e mondi diversi non si schiaccino a vicenda o non si alleino per schiacciare la stessa persona, la sua identità e il suo benessere” (Piazza, 2001). Il tema della conciliazione costituisce dunque un punto focale dello studio ed è stato analizzato da angolazioni diverse, complementari tra loro, prendendo in considerazione la conciliazione tra gli impegni familiari e l’attività professionale ma anche le attività svolte dalle donne nel campo del volontariato, che come

19 http://www.bfs.admin.ch/bfs/portal/fr/index/themen/einkommen_und_lebensqualitaet/unbezahlte_arbeit/blank/kennzahlen0/haus-und-familienarbeit/belastung_von_muettern.html 20 Concilier travail et famille, La Vie économique, 11/2004 (Tiré à part)

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abbiamo visto costituiscono a volte un impegno regolare e importante anche sul piano quantitativo. Innanzitutto si è cercato di rilevare ciò che le donne sanno o hanno potuto sperimentare personalmente in relazione alle strutture che favoriscono la conciliazione esistenti sul territorio, con i relativi vantaggi ma anche i limiti. In assenza di un asilo nido in valle (quindi una struttura di accoglienza per bambini generalmente fino ai tre anni), della cui creazione si è accennato a più riprese ma sempre come fase di progetto, i servizi più citati sono le mense nei vari livelli di scuola (scuola dell’infanzia, scuola elementare, scuole medie). Esse vengono presentate come un’importante forma di aiuto soprattutto perché, visto il problema delle distanze, permettono alle mamme di allontanarsi da casa per un periodo più lungo e quindi spostarsi ad esempio fino a Locarno per un impegno professionale ma anche per un appuntamento dal dentista. Si auspica quindi la creazione di mense anche là dove ancora non esistono e viene sollevato il problema dell’apertura a tutti i bambini, là dove sono riservate ai bambini delle madri che svolgono un’attività professionale e con iscrizione all’inizio dell’anno o in situazioni di emergenza. In questo ambito è stato sollevato il problema della valutazione del bisogno da due punti di vista. Innanzitutto con l’affermazione che anche dove l’istituzione di una mensa non sembrava necessaria, l’impegno iniziale di un gruppo di genitori ha portato alla sua creazione e poi a un aumento importante del numero di bambini che la frequentano (e come noto questo è un fenomeno che si verifica regolarmente anche in occasione della creazione ad esempio di asili nido aziendali). Un altro tema sollevato è quello del diritto all’uso di infrastrutture di supporto per la custodia dei bambini per tutte le famiglie e non solo nelle situazioni in cui vi è una necessità di lavoro per la madre o per i cosiddetti “casi sociali”. Questo tema rinvia a una problematica che tocca in modo più ampio la politica sociale e la concezione del ruolo della donna nella società e che ad esempio nel cantone Ticino si è manifestata con un cambiamento anche legislativo della politica familiare e in particolare del ruolo degli asili nido. Le famiglie diurne sono una soluzione giudicata positiva che viene più volte citata a livello di conoscenza, più o meno precisa, ma non ancora molto utilizzata, il che è comprensibile perché è un sistema che si sta diffondendo lentamente, per ora soprattutto nella bassa valle. Si tratta di un’associazione che mette in contatto mamme interessate a fare le mamme diurne e mamme interessate a dare il bimbo o la bimba in affidamento: le responsabili incontrano le persone coinvolte e garantiscono l’idoneità della famiglia di accoglienza, che ospita uno o più bambini, solitamente delle vicinanze, per un periodo di tempo variabile, spesso dopo la fine dell’orario scolastico o durante la pausa del pranzo. Interessante anche notare che per alcune donne questa funzione è presa in considerazione a livello personale come un modo per conciliare il proprio

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ruolo familiare con una piccola attività retribuita, seppur in modo minimo, ma con delle garanzie di relativa continuità e con una copertura assicurativa. La scuola dell’infanzia è certo utile e il sistema ticinese è considerato in Svizzera un modello, ma gli orari (dalle nove alle 15.30 se c’è la mensa) e la chiusura del mercoledì pomeriggio non coprono le esigenze di chi vuole svolgere un’attività professionale. Questo è un problema che esiste in tutto il Cantone e che alcuni centri hanno risolto istituendo orari prolungati in quartieri dove il tasso di attività femminile è più alto. Ancora una volta in valle vi è una doppia connotazione: positiva perché anche i bambini che risiedono in comuni discosti hanno accesso alla struttura e al trasporto garantito, negativa perché ogni tipo di attività lavorativa dei genitori (in realtà della madre perché numerose ricerche mostrano che i problemi di custodia dei bambini incidono in modo irrilevante sull’attività professionale dei padri) implica spostamenti più lunghi e più ore di assenza rispetto alla compatibilità con gli orari della scuola dell’infanzia. Altre strutture molto spesso citate sono il punto d’incontro per bambini il Cantuccio e il pre-asilo 3+, entrambi a Maggia, che non hanno però la funzione di rispondere a delle esigenze di tipo professionale dei genitori: infatti il cantuccio svolge essenzialmente una funzione di socializzazione per i bambini fino ai tre anni, ma anche di contatto tra mamme e di integrazione, soprattutto nel caso di famiglie da poco residenti in valle. Il 3+, creato quando in valle sono state tolte le sezioni dei tre anni negli asili comunali, ora reintrodotte, è rimasto perché alcune mamme scelgono di non mandare il bambino a tre anni all’asilo, ma di attendere comunque fino ai quattro anni. Tuttavia, secondo alcune donne intervistate attive in questo ambito, attualmente vi è la tendenza a iscrivere i bambini alla scuola materna subito a tre anni, anche perché c’è più bisogno da parte delle mamme che lavorano di lasciarli per un periodo più lungo delle due ore settimanali che offre appunto il 3+. L’altro importante aspetto analizzato è la comprensione dell’insieme delle risorse private e informali che le donne utilizzano quotidianamente o di cui sentono la mancanza. Qui il discorso è molto chiaro: numerose donne affermano che visti gli orari ridotti della scuola materna e altre carenze nell’offerta di strutture, chi ha un aiuto in famiglia, soprattutto una nonna, se la cava, magari combinando vari tipi di soluzioni. Altrimenti, è molto difficile conciliare famiglia e lavoro ma anche famiglia e attività extra-professionali. Sul ruolo delle nonne, considerate generalmente un aiuto fondamentale e quasi scontato, emergono però alcune voci che testimoniano di un cambiamento in atto, seppure a livello embrionale, nel senso di una maggiore presenza di nonne che hanno un’attività professionale propria e – come afferma una donna – la cui vita “non è fare la nonna e basta come lo è stato fare la madre”.

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Per quanto riguarda i coniugi, l’aiuto è piuttosto costituito dalla presenza serale con i bambini o in alcuni casi diurna se lavora a turni, tuttavia molto raramente si parla di una condivisione anche dei compiti domestici. In questo senso si conferma una tendenza a un tipo di famiglia dove vige una divisione tradizionale dei compiti: a livello svizzero i dati del 2004 indicano che l’83% delle donne che vivono in una famiglia con figli di meno di 15 anni si assumono la responsabilità principale del lavoro domestico, mentre solo nel 13% dei casi questa responsabilità è condivisa21, e i dati del cantone Ticino indicano una divisione ancora più tradizionale rispetto alla media svizzera22. Un ulteriore punto su cui le donne hanno insistito nel corso delle interviste è il fatto che gli aiuti di tipo informale sono molto validi e forse più presenti in valle che in un territorio cittadino, tuttavia non possono da soli costituire una soluzione per un impegno professionale continuativo.

Oltre agli aiuti di tipo strumentale, sono emerse diverse riflessioni che riguardano quelle che abbiamo definito le risorse personali, tra le quali assumono particolare rilievo la capacità di organizzazione, la scelta delle priorità e il sostegno emotivo del coniuge e della famiglia. Queste risorse, in particolare le capacità organizzative, vengono presentate come una ricchezza, una capacità innata o appresa dalle donne, che viene fortemente valorizzata, tema questo su cui torneremo commentando le considerazioni sui valori di riferimento.

21 http://www.bfs.admin.ch/bfs/portal/fr/index/themen/einkommen_und_lebensqualitaet/gleichstellung/blank/kennzahlen0/unbezahlte_arbeit/hauptverantwortung_fuer_hausarbeiten.html 22 da: Università della Svizzera italiana, Servizio per le pari opportunità. Vita familiare e professionale. L’organizzazione flessibile del lavoro, programma di formazione continua REGARD (Anita Testa-Mader, Marilena Fontaine, gennaio 2005)

A.T.M. 27

NumeroNumero medio di medio di oreore settimanalisettimanali dedicatededicate allall ’’attivitàattivitàdomesticadomestica e e familiarefamiliare in TI e CH in TI e CH nelnel 2000 (2000 (CoppieCoppie con con

figlifigli /e<15 /e<15 annianni: : FairplayFairplay--atat--homehome))

56.7

22.2

53.9

24

0 10 20 30 40 50 60

ore lavorodomestico(donne)

ore lavorodomestico(uomini)

Ticino Totale CH

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4.1.5. Vivere il territorio Nel capitolo intitolato Vivere il territorio sono stati sintetizzati aspetti biografici, valutazioni personali e opinioni sulle principali difficoltà per le donne nel proprio territorio. Sul piano biografico è interessante notare che diverse donne intervistate sono originarie della valle, vi hanno sempre vissuto o sono tornate dopo periodi di assenza per motivi di studio o di lavoro. Altre invece vi risiedono perché hanno sposato un uomo della valle o si sono trasferite per il lavoro del coniuge; nessuna donna associa invece il fatto di risiedere in Vallemaggia al proprio lavoro, il che è comprensibile tenuto conto della situazione professionale descritta. Per tutte un criterio determinante per la soddisfazione e il tipo di valutazioni positive o negative è la scelta di vivere in valle, anche quando essa è associata alla situazione del coniuge. Per quanto riguarda le risposte alla domanda su quali siano le principali difficoltà per le donne, va sottolineato innanzitutto che tutti gli elementi citati hanno dei forti legami di interdipendenza: il problema della distanza geografica è collegato a quello dei trasporti e a fattori concernenti la gestione della vita famigliare. La lontananza dai centri cittadini presuppone uno spostamento fisico che viene generalmente svolto grazie all’uso di un mezzo di trasporto privato (la maggior parte delle donne intervistate hanno due macchine in famiglia). Ci sono, però, donne in valle che non guidano e quindi si trovano a dover impiegare tempo e denaro nel trasporto pubblico, che viene spesso denunciato dalle intervistate come carente e caro da un punto di vista economico. Il tempo necessario per gli spostamenti, sia in macchina che con il bus, complica l’organizzazione della famiglia. Spesso, in caso di impegni che durano tutto il giorno, i bambini devono essere affidati a parenti per carenza di servizi che, come abbiamo visto, non coprono i tempi necessari per lunghi spostamenti, soprattutto per chi abita nell’alta valle. In questo senso si conferma un aumento delle difficoltà per chi abita più lontano dal centro (Locarno), tuttavia a volte questa differenza tra alta, media e bassa valle è stata sottolineata da donne che vivono nella bassa valle; inoltre, ancora una volta il fatto di aver scelto di vivere in una data regione del territorio appare come un criterio rilevante rispetto alla valutazione degli eventuali disagi dovuti alla distanza e all’isolamento. Un ulteriore fattore citato come difficoltà è la mancanza di lavoro, in particolare di lavori adeguati al proprio percorso scolastico/formativo o di lavori che permettano di gestire l’organizzazione della vita familiare. Il problema del lavoro è collegato a quello della formazione, per la quale si

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pongono gli stessi problemi di distanza, trasporto, costi finanziari e organizzativi legati alla conciliazione con le attività familiari. Proprio nell’ambito della formazione alcune donne partecipanti a Percorso Arianna hanno sottolineato il doppio ruolo che questo progetto di formazione e sviluppo della microimprenditorialità femminile, basato sull’alternanza di formazione in presenza e a distanza (blended learning) riveste per loro: da un lato costituisce un momento di socializzazione e di conquista di quel “tempo per sé” considerato molto importante, d’altro lato si inserisce in un discorso di progettualità legato anche alla prospettiva di cambiamento concomitante con la crescita dei figli. Un altro aspetto sollevato è quello della difficoltà di dedicarsi ad attività culturali (andare al cinema, partecipare a conferenze presuppone a volte lunghe trasferte); si parla anche di isolamento, soprattutto in riferimento all’alta valle. Di fronte a queste difficoltà, emerge comunque un importante aspetto soggettivo sia a livello di valutazione dei problemi, sia nella descrizione delle modalità di farvi fronte. Non entriamo qui nel merito dei fattori sociali e personali che influenzano i diversi atteggiamenti e i comportamenti delle persone di fronte alle difficoltà e alle situazioni di stress (coping) poiché non è questo l’oggetto del presente studio. Tuttavia emerge spesso nel racconto delle donne la consapevolezza da un lato dell’inevitabilità di alcune difficoltà “oggettive” (“però è così”), d’altro lato del fatto che vi è a questo livello una componente soggettiva e dei modi di reagire diversi di fronte a problemi simili (“siamo un po’ pigre, ci si abitua, dipende un po’ da come le vivi”). Un altro importante tema sollevato nell’ambito del rapporto con il territorio è il ruolo delle donne nella sopravvivenza delle valli (una donna dell’alta valle afferma infatti che “Ci sono donne che sono nate e cresciute in valle e che sono rimaste [...] Ma per fortuna se no queste valli muoiono”, il che rinvia alla Risoluzione dell’assemblea plenaria delle Donne della montagna del 1997/2001 secondo cui “Dove le donne se ne vanno, la montagna muore. Ancora oggi la maggior parte delle iniziative di microeconomia, di piccola imprese che si basano sull’economia identitaria sono portate avanti dalle donne: dove rimangono loro la montagna non muore, ma intraprende uno sviluppo diverso, in sintonia con la terra, cogliendo e valorizzando l’opportunità che questa offre agli esseri umani” 23.

23 VI° Convegno Internazionale MATRIARCATO E MONTAGNA, Centro di Ecologia Alpina, Viote del Monte Bondone, dicembre 2005

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4.1.6. I valori di riferimento Per chiarezza espositiva, il tema dei valori di riferimento è stato presentato nel rapporto come un capitolo tematico, in realtà esso costituisce un filo conduttore che attraversa i vari aspetti trattati nell’intervista. Per questo motivo sono stati usati due criteri di analisi. Innanzitutto, dai racconti riguardanti temi come Le possibilità di lavoro in valle e Conciliare famiglia e altre attività, abbiamo estrapolato tutte quelle affermazioni che rinviano a delle convinzioni personali (beliefs) e a dei valori socioculturali più o meno espliciti (vedi i rispettivi capitoli); inoltre, alle donne sono state poste alcune domande specifiche riguardanti i compiti principali delle donne nella società e il ruolo del lavoro. Ne è emerso quello che abbiamo voluto sintetizzare come una sorta di “decalogo”, anche se ovviamente tutti gli aspetti considerati sono strettamente legati tra loro. 1) Il compito principale della donna è quello di stare con i figli ed educarli, indipendentemente dalle altre aspirazioni che può avere o dai diritti che dovrebbe avere sul posto di lavoro. 2) Questo compito non è solo un dovere, ma corrisponde a una importante valorizzazione della maternità, del lavoro di cura e delle competenze che esso richiede. Infatti le donne, pur definendolo difficile e impegnativo, parlano con grande soddisfazione del proprio ruolo di madre e dell’importanza che ha la maternità anche come garanzia di un futuro migliore per la società. Si parla di responsabilità e viene sottolineato il ruolo che la donna svolge per garantire la serenità della famiglia o dell’importanza di essere a casa quando i figli tornano da scuola. Tuttavia alcune voci esulano da questa visione estremamente positiva, sottolineando che il rischio è di ritrovarsi, una volta cresciuti i figli, con nulla in mano. 3) Anche se il ruolo paterno nell’educazione dei figli viene citato da alcune donne, l’accento è sempre posto sull’importanza della madre. 4) Per quanto concerne il coniuge, si parla piuttosto della necessità di rispetto reciproco, di riconoscimento del proprio impegno e della propria attività in famiglia; inoltre diverse intervistate hanno denunciato la poca attenzione e il mancato riconoscimento del ruolo della casalinga da parte della società. 5) Un altro importante elemento emerso dall’analisi delle interviste, è l’affermazione della diversità, sia fisica che emotivo/psicologica, tra uomo e donna. Alcune, infatti, ritengono che una caratteristica femminile che può essere utilizzata sia in ambito famigliare sia in campo lavorativo, da loro attribuita alla donna, sia ad esempio la sensibilità, meno presente nell’uomo. Nessuna intervistata ha espresso un rammarico nei confronti di questa diversità, molte esprimono l’idea che se donne e uomini collaborassero,

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ognuno avrebbe la possibilità di apportare idee, concetti e metodologie diverse. 6) Il lavoro: è autorizzato “senza condizioni” se una donna non ha famiglia o se comunque esso non nuoce alla famiglia o ancora se la donna lavora per necessità economica. 7) Proprio a causa dell’impegno che deve essere canalizzato verso la crescita dei figli, una madre non dovrebbe però svolgere un’attività lavorativa a tempo pieno, perché così facendo non potrebbe occuparsi in modo adeguato anche dei propri bambini. Inoltre diverse donne riaffermano che secondo loro è molto importante che una madre resti accanto al proprio figlio almeno per i primi anni di vita. 8) Anche se viene ribadito che bisogna dare la priorità alle esigenze familiari, sono numerose le donne che affermano l’importanza di poter svolgere un’attività professionale, pur con tutte le difficoltà che la combinazione dei due ruoli comporta. Le difficoltà sono di tipo oggettivo e organizzativo, ma anche soggettive, poiché entrano in gioco fattori come la capacità di far ricorso alla rete di sostegno (“saper chiedere”) o voler piuttosto contare solo proprie forze (“potersi arrangiare senza chiedere a destra e a sinistra”). L’attività professionale è a volte considerata un’occasione per poter “ritagliare” un po’ di tempo per se stesse. Inoltre può avere un effetto positivo per il coinvolgimento dei figli nell’organizzazione familiare e per la funzione educativa che questa responsabilizzazione di tutti i membri della famiglia comporta. 9) Un ultimo elemento emerso dall’analisi di questa sezione dell’intervista, che ben si lega con quanto è stato finora espresso, deriva dal particolare utilizzo che le donne fanno del sostantivo “scelta” e dal suo inserimento contestuale. La maggior parte delle intervistate, ritiene che la donna debba intraprendere una “scelta di vita” durante la propria esistenza e se tale scelta la porta a decidere di svolgere una “carriera famigliare”, essa dovrà di conseguenza rinunciare ad una carriera lavorativa/professionale oppure accettare che non può occuparsi in prima persona in modo adeguato della famiglia e dei figli. 10) Il volontariato, anche se non retribuito, può avere una funzione simile a quella svolta dall’attività professionale per quanto riguarda la possibilità di uscire momentaneamente dalla routine familiare e di realizzarsi come persone. 4.1.7. Rappresentazioni e aspettative nei confronti di servizi o strutture per le donne Le intervistate rispondono in modo negativo alle domande sulla conoscenza di gruppi, associazioni o strutture che si occupano in particolar modo dei problemi delle donne, che effettivamente non esistono in Vallemaggia. Si nota generalmente poca informazione anche per quanto riguarda le strutture esistenti nelle città (Locarno, Bellinzona e Lugano), e quando queste sono conosciute è solo per sentito dire, ma non per averle utilizzate di persona.

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Essendo le donne intervistate molto proiettate verso l’educazione e la cura dei propri figli come punto essenziale della vita di una donna, quando è stato loro chiesto se fossero a conoscenza di strutture e servizi che in generale potessero aiutarle, hanno spesso rivolto la loro attenzione a quei centri che si occupano in particolar modo di bambini, quali asili, ludoteche, gruppi genitori, ambulatorio pediatrico e materno, ecc… Emerge una chiara relazione tra la mancanza di informazione e il fatto di ritenere di non averne mai avuto bisogno; inoltre diverse donne affermano di non comprendere a fondo nè lo scopo nè il ruolo che un centro specializzato in problemi di donne potrebbe avere in una valle come la loro. Varie risposte sono ambigue e caratterizzate da un’indecisione di fondo, che si esprime attraverso un uso frequente di espressioni come “mah”, “non so”, “forse”. I motivi di scetticismo sono legati all’idea che le donne della valle sono abituate e capaci di “cavarsela da sole”, oppure che in caso di necessità possono spostarsi. Questo elemento è collegato al timore che alcune donne potrebbero essere restie a recarsi in tale luogo in un contesto dove tutti si conoscono. Tuttavia una parte delle donne intervistate sono favorevoli alla creazione di un centro per le donne, e lo immaginano o riservato a funzioni specifiche (di formazione, di socializzazione) o come un vero e proprio luogo dove si svolgono varie attività, anche di consulenza. Tuttavia rimane aperta per alcune la questione se un centro debba essere riservato solo alle donne o aperto a tutti. In ogni caso si afferma che ogni iniziativa deve rispondere a un bisogno, a un’esigenza delle donne stesse. Anche l’analisi di queste risposte mostra generalmente una visione positiva della donna, sia da parte di chi motiva la sua opinione contraria a un centro donne con il fatto che le donne “sanno arrangiarsi da sole”, “sanno organizzarsi”; sia da parte di chi è favorevole, perché afferma che un centro potrebbe sfruttare “la pratica delle donne di destreggiarsi in molte situazioni” e “di aiutare le altre”. Tuttavia alcune delle donne intervistate considerano che vi sia invece una parte di popolazione, femminile o no, bisognosa di servizi di tipo sociale. 4.1.8. Conoscenze informatiche e disponibilità verso la comunicazione mediata da computer Le risposte a queste domande, rivolte solo alle donne che non frequentano percorso Arianna, permettono di evidenziare diverse modalità di rapporto con il computer, che la maggior parte delle famiglie comunque possiede. Una parte delle donne lo utilizza a casa, essenzialmente per scrivere, per mandare e ricevere e-mail, per cercare informazioni su Internet, alcune per

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comandare dei prodotti o per la contabilità casalinga. Viene sottolineata l’importanza del mezzo come collegamento con il mondo, soprattutto vivendo in valle. Altre lo possiedono, ma non lo utilizzano o lo utilizzano molto poco, solo lo stretto necessario. Le motivazioni a non usarlo sono diverse: perché nel momento attuale non si tratta di una priorità rispetto all’impegno organizzativo che chiede la cura dei bambini e della casa, perché si privilegiano il contatto personale con le persone in modi più tradizionali, ad esempio con il telefono e le lettere, o altre attività come la lettura o la scrittura a mano. Alcune invece lo usano sul posto di lavoro ma sono ancora un po’ restie ad utilizzarlo a casa, per uso privato. Il rapporto con i figli ha una doppia valenza. Da un lato può essere stata la spinta a imparare, per mettersi al passo con loro (“Allora mi sono tirata indietro le maniche e ho fatto 2 o 3 corsi”). In altri casi è la mamma ad avere un ruolo di insegnante o di accompagnatrice, soprattutto se i figli sono ancora piccoli. Anche le modalità di apprendimento sono diverse: alcune donne hanno seguito dei corsi di alfabetizzazione informatica, altre sono autodidatte, altre ancora vengono aiutate dal marito, che usa già il computer sul posto di lavoro e quindi assume il ruolo di esperto. A volte viene espresso un certo timore iniziale di fronte al mezzo tecnologico, ma anche la consapevolezza che ogni piccolo passo verso una maggiore conoscenza del computer sia un vero e proprio traguardo e la fiducia che le difficoltà sono superabili perché “sono cose che si imparano anche settantenni”. Di fronte alla possibilità di seguire corsi a distanza, la risposta è positiva anche se resta molto generica (“potrebbe essere una buona idea”). 4.2. Limiti del lavoro Abbiamo già esplicitato nell’introduzione che una delle caratteristiche di uno studio qualitativo è quella di tendere alla comprensione delle sfumature del pensiero e degli schemi mentali delle persone intervistate. In questo caso abbiamo scelto il campione di donne da intervistare secondo alcune caratteristiche pre-definite in funzione degli obiettivi dello studio, e affrontato con loro i temi che corrispondevano alle domande di ricerca. Abbiamo poi cercato di mettere in luce degli schemi di tendenza, al di là dei singoli fatti narrati, per capire come esse si situano rispetto al territorio e alla propria situazione di madri confrontate alla possibilità/impossibilità o alla

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scelta/non scelta di svolgere un’attività professionale retribuita e messo in relazione quanto emerso con un quadro di riferimento più ampio. Riteniamo di poter affermare che dalle interviste sono emersi numerosi elementi comuni che indicano delle tendenze significative della cultura del territorio, anche se non bisogna dimenticare la specificità delle biografie individuali e le possibili differenze rispetto a altre “categorie” della popolazione femminile della Vallemaggia (donne senza figli, donne anziane, donne straniere, donne casalinghe con pochi contatti e nessuna attività esterna, donne che lavorano a tempo pieno per necessità economica, ecc.) Lo studio ha essenzialmente un carattere esplorativo-descrittivo e per questo motivo sono stati toccati vari ambiti della vita quotidiana. Risultano quindi a volte delle sovrapposizioni, o emergono più volte idee e concetti simili parlando di argomenti diversi. Abbiamo scelto di non eliminare totalmente queste ripetizioni, proprio perché permettono di seguire un filo del pensiero che percorre e unisce le singole categorie tematiche e logiche evidenziate con l’analisi.

4.3. Alcune osservazioni conclusive Gli approcci differenziati emersi per quanto riguarda l’eventuale creazione di Centri per le donne in Vallemaggia riflettono scelte e sensibilità diverse osservate anche riguardo ad altri ambiti tematici; questi approcci si potrebbero definire come il riflesso di una visione più o meno tradizionale del ruolo della donna nella società: così facendo si rischierebbe tuttavia di semplificare la ricchezza delle diverse sfaccettature con cui le singole donne rendono conto delle proprie esperienze ed esprimono i loro dubbi, le loro scelte, i problemi con cui sono confrontate e i modi con cui cercano di risolverli. Si è già parlato della grande importanza attribuita da molte delle donne intervistate (sottolineando però ancora una volta che non per tutte è così) ai valori della maternità e del lavoro di cura, della connotazione positiva data alla diversità tra uomini e donne e alla relativa valorizzazione del ruolo delle donne, dell’enfasi posta sulla maternità come scelta di vita; ma anche dell’emergere più o meno esplicito di aspirazioni a fare anche “altro”, dove questo “altro” può essere un’attività professionale a tempo parziale o un’attività di volontariato (a meno, ripetiamo, che non vi sia un’esigenza economica prioritaria). Questa “doppia aspirazione” si evidenzia, come abbiamo visto, nella “scelta” di un lavoro meno qualificato ma a tempo parziale o, ancor più, nell’atteggiamento nei confronti della ricerca di un posto di lavoro.

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Dovendo ad esempio inserire le donne in categorie di un questionario sociodemografico in cui è richiesta la definizione “occupata/non occupata/in cerca di lavoro”, per alcune di esse sarebbe difficile optare per la categoria “in cerca di lavoro”, anche se dicono che sarebbero contente di poter svolgere un’attività retribuita. Tuttavia affermare che “non sanno bene cosa vogliono” sarebbe dare una connotazione negativa che non emerge dalle interviste. In questo senso si potrebbe invece parlare di ambivalenza o di ambiguità nell’accezione di Cristina Borderias, la quale sottolinea che l’ambiguità corrisponde a una risposta strategica delle donne di fronte alla pressione che la necessità di scegliere tra ruoli prescrittivi presentati come incompatibili esercita su di loro: “La forza dell’ambiguità risiede nella possibilità che essa offre di rispondere all’obbligo di scegliere con il rifiuto di scegliere. Non scegliere consente all’ambiguità di restare in vita e lascia aperta la possibilità di scelte ulteriori, di negoziazioni sempre possibili” (Borderias, 2000, p.215). Si nota nelle interviste una grande flessibilità e capacità di adattamento in una situazione chiaramente e oggettivamente problematica nel campo lavorativo (difficoltà di trovare posti di lavoro adeguati in valle, lavori saltuari, poco qualificati o geograficamente lontani) e caratterizzata da difficoltà territoriali (distanze, difficoltà di spostamento). Tuttavia questo adattamento, o la dichiarazione di accontentarsi di “lavoretti”, è associato a una grande consapevolezza e lucidità sui problemi reali del mondo del lavoro e sulle difficoltà quanto mai reali di conciliazione: sia le donne che rinunciano a svolgere un’attività professionale retribuita, sia quelle che scelgono di lavorare anche in condizioni non del tutto soddisfacenti valutano costi e benefici del lavoro in termini finanziari, ma anche emotivi e organizzativi, denunciano situazioni di discriminazione e bassi salari. Per quanto riguarda la “possibilità di scelte ulteriori”, ci si può riallacciare alla ricorrenza nelle interviste della tematica del tempo (Corelli, 2002, pp.8-10)24 e dei vari significati che il termine assume: quello negativo legato alle specifiche difficoltà territoriali (il tempo che si perde per gli spostamenti); il tempo per sé nella vita quotidiana (quello del tempo libero, quello del tempo di lavoro considerato a volte anch’esso un “tempo per sé” rispetto alla routine dell’impegno familiare), ma anche il tempo biografico. I racconti delle donne sono infatti spesso scanditi dal riferimento a cambiamenti nel tempo, passato e futuro: prima e dopo la nascita dei figli ma anche il tempo dei figli cresciuti, il tempo dei progetti (quando i figli saranno più grandi...), dove la situazione attuale, che sia soddisfacente o meno, appare in qualche modo anche transitoria. Ciò che invece appare poco, e in questo senso si può forse fare riferimento a una ripartizione tradizionale dei compiti a cui si è già accennato, è 24 vedi anche <http://temi.provincia.mi.it/tempodelledonne/menu/bibliografia.htm>

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la tendenza indicata da Marina Piazza a un “tempo della famiglia”, dove la negoziazione avviene, ancor prima che con l’esterno, all’interno stesso della famiglia, tra i suoi vari membri (part-time dell’uno, turni dell’altro, incastro per portare e ritirare i figli dal nido o dalla scuola, ecc.”) (Piazza, 2001, p.49). In questo ambito ci sembra utile introdurre una breve riflessione su elementi come il significato e il ruolo del lavoro nella formazione dell’identità femminile. Va ricordato che il contesto, al di là delle caratteristiche specifiche di un territorio dell’arco alpino, è quello di un paese come la Svizzera dove la rappresentazione del lavoro è tradizionalmente improntata a un concetto di stabilità basato sulla continuità biografica “formazione – lavoro fisso a tempo pieno– pensionamento”. Questo modello, tipicamente maschile, oggi anche nella realtà svizzera non esiste quasi più neanche per gli uomini. Il senso di appartenenza è quindi storicamente molto radicato nell’ambito lavorativo; anche per questo motivo i cambiamenti in atto nel mondo del lavoro e la conseguente perdita di questo modello (aumento della flessibilità, diffusione del lavoro precario e atipico) hanno come conseguenza per molte persone una crisi non solo economica e sociale ma anche identitaria (Lepori & Marazzi, 2002; Piazza, 200125). In generale le donne hanno subito pesantemente le conseguenze della crisi e della flessibilità imposta dal mercato del lavoro. Basti pensare alla forma di precarizzazione costituita dal lavoro su chiamata e le implicazioni a livello di insicurezza finanziaria ma anche di aumento delle difficoltà organizzative Come afferma una donna intervistata “non mi puoi chiamare la mattina dicendomi di venire a mezzogiorno, io ho i bambini”.

25 Marina Piazza descrive in modo molto efficace alcuni aspetti relativi alle conseguenze della flessibilità: “La flessibilità riguarda quindi la tipologia dei rapporti di lavoro (assunzioni, durata del rapporto di lavoro, natura del vincolo tra datore di lavoro e lavoratore); gli orari di lavoro; la retribuzione. Si tratta di un complesso di interventi che toccano la vita quotidiana dei lavoratori e delle lavoratrici. Per quanto riguarda le trasformazioni nei rapporti di lavoro, al fine di mettere a fuoco quegli elementi che possono incidere sulla vita quotidiana di uomini e donne – e quindi sulle politiche di conciliazione - è necessario osservare che l’entrata sempre più frammentata e precaria dei giovani, maschi e femmine [...] determina ovviamente una spinta alla persistenza della permanenza nella famiglia d’origine e una posposizione dell’assunzione di responsabilità familiari, quindi incide direttamente sulla natalità. Inoltre, questi passaggi tra diversi lavori possono portare a un eccesso di precarietà che diventa precarietà di identità, difficoltà di narrare la propria storia, vuoto di relazioni significative, incapacità di sostenere le contraddizioni legate alla vita quotidiana (aumento delle separazioni e divorzi anche in giovane età, nuove conflittualità nella gestione dei figli da parte dei separati/divorziati, ecc.)” (Piazza, 2001, p.47).

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Tuttavia, in una realtà come quella Svizzera dove tutto il sistema sociale era fondato sul concetto di uomo come capofamiglia portatore di reddito, il particolare aspetto della perdita di quell’identità che si realizzava attraverso il lavoro pesa forse meno per le donne. Infatti il modello tradizionale del lavoro è meno interiorizzato, soprattutto se non è una necessità economica fondamentale e in valle il fatto di vivere in una casa propria a volte fa sì che non sia indispensabile un secondo reddito familiare oltre a quello del marito, a patto di – come dicono alcune donne- fare dei piccoli sacrifici nella vita quotidiana. Questo spiegherebbe in parte l’importanza che assumono le attività non retribuite anche come fonte di gratificazione e realizzazione personale, tanto più che il fatto di non dover lavorare può essere vissuto come un privilegio (“fortunatamente non ne ho avuto il bisogno”). Il già citato studio statistico (Losa & Origoni, 2004), che ha esaminato i tassi di attività femminile in Ticino rispetto a quelli delle altre regioni linguistiche svizzere, ha messo in rilievo, oltre alle differenze legate alla struttura del mercato del lavoro, anche il ruolo di aspetti socioculturali che vanno in questo senso. L’analisi approfondita delle interviste al campione di madri della Vallemaggia tende a confermare e illustrare questa tendenza. Non è certo una peculiarità della Vallemaggia quella di essere lontani da, come auspica Marina Piazza, “un modello di identità multipla in cui né il lavoro per il mercato né il lavoro di cura né altre diverse attività assorbano l’identità di un soggetto, sia esso uomo o donna” (Piazza, 2001, p.52). 4.4. La ricerca come strumento di conoscenza e riflessione L’analisi delle interviste, pur essendo focalizzata su un approccio rivolto essenzialmente ai contenuti, ha permesso tuttavia di osservare anche alcuni elementi relativi alla strutturazione del discorso delle donne intervistate. Soprattutto per le domande concernenti i valori, a volte le donne rispondono inizialmente in modo molto deciso, puntando particolarmente sull’importanza della donna all’interno del nucleo famigliare, specialmente a riguardo dei figli. Tale risposta sembra consacrare innanzitutto la donna come madre, mentre meno spesso le intervistate danno importanza anche al ruolo di moglie o di compagna all’interno del nucleo famigliare. Tuttavia, con il proseguire del discorso, si sviluppa una visione più complessa e articolata sul ruolo effettivo che una donna deve avere all’interno della propria famiglia e all’interno della società. Le donne cominciano a parlare di quanto sia importante avere un’attività lavorativa o comunque un’occupazione che possa permettere loro di stare “fuori di casa”, in un ambiente diverso da quello della routine quotidiana. Nell’ultima parte del discorso si torna invece a ribadire con fermezza quanto il ruolo di madre sia importante e come quest’ultimo rappresenti il compito principale di una donna nella società.

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Questo passaggio cognitivo da un’affermazione netta del ruolo principale della donna come educatrice, al prendere in considerazione una serie di altre possibilità, per finire con un ritorno a una definizione in qualche modo più socialmente condivisa, è riconoscibile anche per altre tematiche importanti: ad esempio affrontando la questione delle reti informali, si passa da una valorizzazione del sostegno reciproco all’interno del paese(e quindi della non necessità di strutture specifiche) al riconoscimento di una serie di limiti di questo tipo di aiuto, per poi tornare a sottolineare gli aspetti positivi dell’aiuto all’interno della rete di vicinato. Le ambiguità, i dubbi, le contraddizioni rilevate nel corso dell’intervista possono essere lette come una mappa che mostra la complessità e la ricchezza del processo cognitivo delle donne intervistate, soprattutto quando parlano di temi come il loro ruolo di madri, la famiglia e in generale i loro valori. Come se esse stesse nel corso del racconto riflettessero su quanto stanno dicendo, con rinvii ad affermazioni precedenti e sottolineature di aspetti importanti in parti diverse dell’intervista. Questa auto-riflessione tuttavia si è in alcuni casi estesa al prima e al dopo: alcune donne, per introdurre una risposta, hanno detto ad esempio “mentre venivo giù riflettevo” oppure “stamattina ne parlavo con la mia bambina” e altre hanno espresso osservazioni e commenti dopo l’intervista, in un caso inviando per mail all’intervistatrice alcune precisazioni su uno dei temi affrontati. In questo senso un tema spunto di ulteriori approfondimenti diventa quello della funzione della ricerca non solo come strumento conoscitivo ma anche come “specchio”, come strumento riflessivo per le stesse persone tradizionalmente “oggetto” della ricerca . E questa funzione di rispecchiamento dovrebbe prolungarsi anche nella successiva fase di restituzione dei risultati, contribuendo così a quell’intreccio tra ricerca e sviluppo regionale come motore del cambiamento, che Dieter Schürch26 definisce “doppia circolarità”: la funzione di chi fa ricerca diventa quindi quella di ricostruire e esplicitare la circolarità di pensiero di chi ha fatto il ragionamento, rendendo partecipe la persona stessa di ciò che ha detto (processo narrativo). Con questi presupposti, i bisogni emersi nel corso delle interviste come possibili risposte a una serie di difficoltà (asilo nido, mense, miglioramento dei trasporti, più possibilità di formazione in valle, per non fare che alcuni esempi) non vanno analizzati come una lista di desideri, ma piuttosto inseriti nello sviluppo di progetti territoriali anche limitati che tengano conto delle situazioni specifiche. Anche la nascita di un eventuale futuro punto di contatto e

26 Note del corso seminariale Ingegneria dei progetti di sviluppo regionale: aspetti metodologici, 2005

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riferimento per le donne, potrebbe essere vista come un’estensione possibile dell’attività di movingAlps e in particolare di percorso Arianna o di altre iniziative locali, affinché ogni proposta, come hanno a più riprese sottolineato anche le intervistate, nasca da esigenze reali delle donne. Ciò permetterebbe di discutere collettivamente delle diverse idee espresse rispetto alle funzioni di un centro per le donne, che come abbiamo visto vanno dal bisogno di informazione e formazione, allo svolgimento di attività culturali, all’interesse per uno spazio in cui ritrovarsi fino alla vera e propria possibilità di consulenza. E’ in quest’ottica di coinvolgimento diretto delle donne, protagoniste e non delle interviste, che ci auguriamo possa portare un contributo questa ricerca, che è stata per le autrici fonte di grandi insegnamenti.

Ringraziamenti Ringraziamo

• Innanzitutto le donne che hanno accettato di essere intervistate e di raccontarsi con grande disponibilità e spontaneità;

• Giancarlo Verzaroli, Rachele Gadea Martini e Mariella Di Foglio, responsabile e collaboratrici di movingAlps Vallemaggia, Fausto Rotanzi, segretario comunale di Cavergno, Lorena Laloli-Tahir, docente di scuola dell’infanzia di Avegno, per aver facilitato i contatti in Vallemaggia e aver condiviso con noi la loro conoscenza del territorio;

• L’Ufficio cantonale di statistica per aver elaborato i dati statistici sulla Vallemaggia;

• Vanessa Frongillo per la collaborazione nello svolgimento delle interviste;

• Giuditta Azzini per la collaborazione nell’analisi del materiale e nella stesura del rapporto;

• I colleghi e le colleghe del LIFI, in particolare Leda Lombardo, Paola Mäusli-Pellegatta e Pepita Vera Conforti per i preziosi consigli.

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