villaggi dell altomedievo: invisibilitÀ sociale e … · rito nel quadro del sistema curtense...

14
IX VILLAGGI DELL’ALTOMEDIEVO: INVISIBILITÀ SOCIALE E LABILITÀ ARCHEOLOGICA seto, mentre non mancano iniziative significative nella Città e nella Provincia di Firenze, come nel- le provincie di Pisa e di Livorno. Gli interventi puntuali si iscrivono nel quadro di un’articolata sistematizzazione di quanto si è co- nosciuto relativamente al patrimonio archeologico regionale, attraverso una schedatura di vasto respi- ro: solo per dare un esempio, si ricorda che parte integrante del progetto è l’“informatizzazione” geo- referenziata del celebre Dizionario di Emanuele Repetti, che si è conclusa proprio in questi mesi, come della letteratura archeologica e storico topo- grafica della Regione, che si è andata accumulando soprattutto nel corso del secolo passato. Al lavoro tradizionale degli archeologi, la realiz- zazione del progetto ha permesso di affiancare un valore aggiunto di grande significato per la rico- struzione dei quadri ambientali attraverso la rea- lizzazione dei laboratori di scienze applicate al- l’archeologia in grado di apportare contributi so- stanziali alla definizione delle trasformazioni geomorfologiche, vegetazionali, come allo studio dei manufatti e dei materiali organici. Ma, accanto agli obiettivi di valorizzazione, “co- municazione” del patrimonio e costruzione delle banche dati, si vanno raccogliendo risultati signi- ficativi nell’ambito strettamente attinente la ricer- ca. Infatti la scala subregionale e urbanistica degli interventi, che si affiancano a quelli già realizzati negli anni Ottanta e Novanta, sta contribuendo ad elaborare una documentazione per la storia delle dinamiche e delle trasformazioni dell’inse- diamento rurale fra tarda antichità e i secoli cen- trali del medioevo tale da permettere di elaborare quadri ricostruttivi innovativi e certamente in gra- do di “sfidare” quanto delineato sulla base delle mere fonti scritte. 2. In questo contributo Marco Valenti elabora la vasta messe di nuovi dati, accumulati soprattutto negli ultimi anni, ma anche quelli emersi nel cor- so dell’ultimo venticinquennio, e li colloca nel quadro della discussione che l’archeologia euro- pea ha aperto sul terreno delle dinamiche insedia- tive tra tardo antico e medioevo, e sfida coraggio- samente i ricercatori a rendere compatibili le in- terpretazioni storiografiche con queste diverse e nuove tipologie di fonti. 1. Dalla fine degli anni Novanta l’Area di Archeo- logia Medievale dell’Università di Siena sta realiz- zando un grande progetto sui “Paesaggi Medieva- li della Toscana”, con particolare riferimento alla parte meridionale della regione, in sinergia con la Fondazione Monte dei Paschi di Siena, che si è fatta, con grande generosità, promotrice dell’ini- ziativa. Il progetto ha come obiettivi principali quelli di costruire un sistema integrato di parchi e musei, capace di valorizzare un patrimonio culturale stra- ordinario costituito non solo da monumenti, ma anche da un numero altissimo di “rovine” ed aree archeologiche, che segnano in profondità le ca- ratteristiche del paesaggio della regione. Fra i motivi sostanziali del progetto vi è quello inoltre di introdurre massicciamente, nella gestione del patrimonio, una diffusa pratica di uso della tec- nologia innovativa. Il progetto si articola attraverso interventi archeo- logici su specifici siti, sui quali vengono poi deli- neati progetti di valorizzazione che investono i resti materiali emergenti, la costruzione di centri di documentazione e la realizzazione di strumenti di comunicazione raffinati: pannellature partico- larmente sofisticate, sistemi informativi territoriali, banche dati destinate ad un pubblico differenzia- to, ma sempre più attento ai segni della storia ine- stricabilmente legati al territorio toscano. L’uso di tecnologie avanzate caratterizza il pro- getto nella fase di raccolta delle informazioni, dai rilievi con scanner 3D di manufatti e monumenti, dalla gestione in GIS dei rilievi e della documen- tazione di scavo e del patrimonio diffuso. Fino ad oggi sono stati raggiunti tutti gli obiettivi definiti, grazie al formidabile impegno dei ricercatori coin- volti, andando alla realizzazione di mostre e cen- tri di documentazione in aree urbane e rurali, da Siena a Grosseto, alla costruzione di parchi, da quello archeologico e tecnologico di Poggibonsi ai segmenti centrali del sistema dei parchi della Val di Cornia, da Gavorrano a Roccastrada, dal- l’Amiata al territorio di San Galgano. Sono inol- tre in atto collaborazioni con strutture di gestione di parchi quali quello della Maremma, il Parco archeologico e tecnologico delle Colline Metalli- fere, il Parco della Valdorcia, ma soprattutto con un larghissimo numero di governi locali, in parti- colare la Provincia di Siena e la Provincia di Gros- © 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Upload: vokien

Post on 16-Feb-2019

219 views

Category:

Documents


0 download

TRANSCRIPT

Page 1: VILLAGGI DELL ALTOMEDIEVO: INVISIBILITÀ SOCIALE E … · rito nel quadro del sistema curtense appare fragi-le. Ma una simile perplessità è suscitata dalle af-fermazioni che generalizzano

IX

VILLAGGI DELL’ALTOMEDIEVO:INVISIBILITÀ SOCIALE E LABILITÀ ARCHEOLOGICA

seto, mentre non mancano iniziative significativenella Città e nella Provincia di Firenze, come nel-le provincie di Pisa e di Livorno.Gli interventi puntuali si iscrivono nel quadro diun’articolata sistematizzazione di quanto si è co-nosciuto relativamente al patrimonio archeologicoregionale, attraverso una schedatura di vasto respi-ro: solo per dare un esempio, si ricorda che parteintegrante del progetto è l’“informatizzazione” geo-referenziata del celebre Dizionario di EmanueleRepetti, che si è conclusa proprio in questi mesi,come della letteratura archeologica e storico topo-grafica della Regione, che si è andata accumulandosoprattutto nel corso del secolo passato.Al lavoro tradizionale degli archeologi, la realiz-zazione del progetto ha permesso di affiancare unvalore aggiunto di grande significato per la rico-struzione dei quadri ambientali attraverso la rea-lizzazione dei laboratori di scienze applicate al-l’archeologia in grado di apportare contributi so-stanziali alla definizione delle trasformazionigeomorfologiche, vegetazionali, come allo studiodei manufatti e dei materiali organici.Ma, accanto agli obiettivi di valorizzazione, “co-municazione” del patrimonio e costruzione dellebanche dati, si vanno raccogliendo risultati signi-ficativi nell’ambito strettamente attinente la ricer-ca. Infatti la scala subregionale e urbanistica degliinterventi, che si affiancano a quelli già realizzatinegli anni Ottanta e Novanta, sta contribuendoad elaborare una documentazione per la storiadelle dinamiche e delle trasformazioni dell’inse-diamento rurale fra tarda antichità e i secoli cen-trali del medioevo tale da permettere di elaborarequadri ricostruttivi innovativi e certamente in gra-do di “sfidare” quanto delineato sulla base dellemere fonti scritte.

2. In questo contributo Marco Valenti elabora lavasta messe di nuovi dati, accumulati soprattuttonegli ultimi anni, ma anche quelli emersi nel cor-so dell’ultimo venticinquennio, e li colloca nelquadro della discussione che l’archeologia euro-pea ha aperto sul terreno delle dinamiche insedia-tive tra tardo antico e medioevo, e sfida coraggio-samente i ricercatori a rendere compatibili le in-terpretazioni storiografiche con queste diverse enuove tipologie di fonti.

1. Dalla fine degli anni Novanta l’Area di Archeo-logia Medievale dell’Università di Siena sta realiz-zando un grande progetto sui “Paesaggi Medieva-li della Toscana”, con particolare riferimento allaparte meridionale della regione, in sinergia con laFondazione Monte dei Paschi di Siena, che si èfatta, con grande generosità, promotrice dell’ini-ziativa.Il progetto ha come obiettivi principali quelli dicostruire un sistema integrato di parchi e musei,capace di valorizzare un patrimonio culturale stra-ordinario costituito non solo da monumenti, maanche da un numero altissimo di “rovine” ed areearcheologiche, che segnano in profondità le ca-ratteristiche del paesaggio della regione. Fra imotivi sostanziali del progetto vi è quello inoltredi introdurre massicciamente, nella gestione delpatrimonio, una diffusa pratica di uso della tec-nologia innovativa.Il progetto si articola attraverso interventi archeo-logici su specifici siti, sui quali vengono poi deli-neati progetti di valorizzazione che investono iresti materiali emergenti, la costruzione di centridi documentazione e la realizzazione di strumentidi comunicazione raffinati: pannellature partico-larmente sofisticate, sistemi informativi territoriali,banche dati destinate ad un pubblico differenzia-to, ma sempre più attento ai segni della storia ine-stricabilmente legati al territorio toscano.L’uso di tecnologie avanzate caratterizza il pro-getto nella fase di raccolta delle informazioni, dairilievi con scanner 3D di manufatti e monumenti,dalla gestione in GIS dei rilievi e della documen-tazione di scavo e del patrimonio diffuso. Fino adoggi sono stati raggiunti tutti gli obiettivi definiti,grazie al formidabile impegno dei ricercatori coin-volti, andando alla realizzazione di mostre e cen-tri di documentazione in aree urbane e rurali, daSiena a Grosseto, alla costruzione di parchi, daquello archeologico e tecnologico di Poggibonsiai segmenti centrali del sistema dei parchi dellaVal di Cornia, da Gavorrano a Roccastrada, dal-l’Amiata al territorio di San Galgano. Sono inol-tre in atto collaborazioni con strutture di gestionedi parchi quali quello della Maremma, il Parcoarcheologico e tecnologico delle Colline Metalli-fere, il Parco della Valdorcia, ma soprattutto conun larghissimo numero di governi locali, in parti-colare la Provincia di Siena e la Provincia di Gros-

© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 2: VILLAGGI DELL ALTOMEDIEVO: INVISIBILITÀ SOCIALE E … · rito nel quadro del sistema curtense appare fragi-le. Ma una simile perplessità è suscitata dalle af-fermazioni che generalizzano

X

Il saggio porta elementi di chiarezza e di discus-sione in quella nebulosa, costituita dalla ricostru-zione storica dell’assetto delle campagne altome-dievali che denuncia evidenti segnali di afasia frastorici ed archeologi, questi ultimi non propensi adelineare quadri interpretativi generalizzanti, par-tendo dai loro singoli momenti di approfondimen-to, e gli altri, soprattutto nell’ultimo trentennio,propensi a offrire un quadro talvolta contraddit-torio, ma non di rado caratterizzato da un pae-saggio incerto e “derivante”, sostanzialmente, daun assetto tardo romano. Un paesaggio dove avreb-bero avuto largo spazio le forme dell’insediamen-to sparso, mentre la struttura del villaggio, in buo-na parte della penisola, avrebbe assunto una pro-pria forma consolidata solo con l’affermazione deicastelli in relazione ai processi di formazione del-la signoria territoriale intorno all’anno mille.Il modello insediativo altomedievale fondato sulvillaggio accentrato, che ebbe nelle pagine diGeorges Duby nel 1962 una prestigiosa espres-sione storiografica, è stato più o meno esplicita-mente contestata, sia dagli assertori di una antite-tica diffusione del popolamento sparso1, sia daisostenitori della labilità e dell’incessante mobilitàdelle forme insediative accentrate2.Prescindendo dai dati emergenti dalla ricerca ar-cheologica, si è continuato a descrivere i nuclei dipopolamento contadino e i centri aziendali dellagrande proprietà come realtà, fra loro, diverse eben separate non solo sul terreno socio-economi-co, ma anche sul piano insediativo; si sono esclu-se implicitamente sia la consistenza demograficasia l’identità comunitaria dei centri sui quali siincardinava la signoria fondiaria, che spesso inve-ce costituivano rilevanti agglomerati rurali, abita-ti da contadini e non da allodieri giuridicamenteliberi, le cui tracce documentarie possono emer-gere con maggior facilità dalle carte private alto-medievali. In tal modo molti medievisti sembranoriferirsi ad una presunta continuità tra la villa diVarrone e quella dell’abate Irminone3, come se lavilla/curtis carolingia derivasse direttamente dallatifondo romano, come se la dissoluzione dell’in-tero assetto politico-economico-sociale romanoimperiale non avesse rivoluzionato profondamentele stesse strutture agrarie, e i villaggi altomedieva-li non si fossero affermati attraverso profondi pro-

cessi di trasformazione dei sistemi insediativi an-tichi4.Numerosi storici dell’Italia altomedievale sonogiunti a supporre l’esistenza di un popolamentorurale sparso sulla base di indicatori desunti esclu-sivamente dall’esigua documentazione d’archivio,peraltro sempre successiva alla metà del secolo VII,distribuita non uniformemente nel tempo e nellospazio, nonché sostanzialmente ambigua ai finidella ricostruzione dei contesti insediativi.Nel delineare i caratteri dell’habitat e del paesag-gio agrario, Andreolli e Montanari proponevano,nel 1983, una sintesi sulla curtis in Italia essen-zialmente incentrata sugli aspetti gestionali del-l’azienda curtense in riferimento alla proprietàdella terra e al lavoro contadino durante i secoliVIII-XI5.Riconoscendo che le fonti d’archivio utilizzate siprestano soprattutto a delineare i caratteri delpossesso fondiario altomedievale, le relazionieconomico-sociali e le forme di controllo sugliuomini, gli autori evidenziavano che il sistemagestionale “curtense” non implicò alcun tipo spe-cifico di insediamento e di organizzazione agra-ria6. Sottolineavano tuttavia che dalla lettura do-cumentaria avevano tratto l’impressione di unaprevalente diffusione di un modello insediativodi tipo poderale, secondo il quale i mansi dipen-denti da un centro curtense corrispondevano aduna «unità aziendale compatta, autonoma nei suoiconfini, delimitabile con chiarezza nella sua indi-vidualità», presupponendo che a tale definita uni-tà gestionale dovesse corrispondere necessaria-mente anche una contiguità topografica delle ter-re, giungendo a generalizzare tali osservazioni al-l’intera penisola.La posizione sostenuta, secondo cui molti riferi-menti documentari altomedievali sarebbero inter-pretabili come indizi di popolamento sparso inse-rito nel quadro del sistema curtense appare fragi-le. Ma una simile perplessità è suscitata dalle af-fermazioni che generalizzano la diffusione dell’in-sediamento sparso anche a prescindere dall’affer-mazione della grande proprietà e del sistema cur-tense e che ne presuppongono anche una notevo-le diffusione nei decenni precedenti l’affermazio-ne dell’azienda bipartita: «In Italia, nei secoli VIII-

1. In riferimento alla diffusione del villaggio accentrato nelsecolo IX sostenuta da Duby, ad esempio Andreolli e Mon-tanari ritengono che «tale immagine, se può valere per l’Eu-ropa del Nord a cui il Duby soprattutto si riferisce, nonpuò certamente essere applicata all’Italia» (ANDREOLLI, MON-TANARI 1983, pp. 177-200).2. FOSSIER 1992, p. 208.3. Cfr. TABACCO 1967, pp. 67-110.

4. Wickham in un suo contributo del 1998 affronta l’anali-si del doppio impatto della crisi del sistema romano e dellacontinuità delle strutture agrarie dopo essersi posto la do-manda «come è stato possibile che la crisi dell’impero [ro-mano] si sia sviluppata in concomitanza con una sostanzia-le continuità dell’economia agraria?» (WICKHAM 1998a, pp.203-226, in particolare pp. 204-205).5. ANDREOLLI, MONTANARI 1983, pp. 177-200.6. ANDREOLLI, MONTANARI 1983, p. 180.

© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 3: VILLAGGI DELL ALTOMEDIEVO: INVISIBILITÀ SOCIALE E … · rito nel quadro del sistema curtense appare fragi-le. Ma una simile perplessità è suscitata dalle af-fermazioni che generalizzano

XIMontarrenti (Sovicille-Siena). Montarrenti è stato scavato tra il 1982 ed il 1988. L’esistenza del castello viene attestato dalle fontiscritte a partire dalla metà del XII secolo. L’indagine ha dimostrato che la prima occupazione stabile del rilievo avvenne in realtàintorno alla metà del VII secolo sotto forma di un villaggio di capanne fortificato. Le difese erano costituite da due palizzate ligneeposte a protezione della parte alta e bassa del rilievo. In basso a destra il particolare di una capanna delimitata da buche di palo. Frala seconda metà dell’VIII ed il IX secolo le capanne dell’area sommitale vennero smontate e la palizzata fu sostituita da un murocostruito con pietre rozzamente squadrate legate da malta. In basso a sinistra: muro che taglia la palizzata. All’interno dello spazioracchiuso dalla nuova cinta in pietra è costruito un grande magazzino in legno ed un forno con annessa tettoia. L’evidenza archeologicalascia ipotizzare una trasformazione dell’insediamento da villaggio a centro curtense, guidato da un nuovo potere che si impone

accentrando i beni e le strutture di servizio e richiamando in loco maestranze capaci di costruire strutture in muratura.© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 4: VILLAGGI DELL ALTOMEDIEVO: INVISIBILITÀ SOCIALE E … · rito nel quadro del sistema curtense appare fragi-le. Ma una simile perplessità è suscitata dalle af-fermazioni che generalizzano

XII

IX, il modello prevalente di habitat sembra esserequello sparso». Andreolli e Montanari giungonoa sistematizzare e ad enfatizzare posizioni analo-ghe espresse occasionalmente dalla storiografiaprecedente sulle campagne altomedioevali, che apartire dagli anni cinquanta ha creduto di intra-vedere testimonianze di una consistente diffusio-ne di abitazioni isolate nelle campagne altomedie-vali, proponendo anche una distinzione tra i pic-coli proprietari, residenti nei vici, e i massari daessi dipendenti, che spesso non avrebbero abitatoentro il villaggio, ma sul podere loro affidato ingestione7.Andreolli e Montanari, usando soprattutto le fontiprivate dell’Italia settentrionale, sono giunti adipotizzare per l’intera Penisola dei secoli VIII eIX, tanto nelle aree di tradizione longobarda quan-to in quelle di tradizione bizantina, una sostanzia-le marginalità del modello insediativo fondato sulvillaggio accentrato, che tuttavia confligge con leconoscenze relative a molte regioni italiane (areemontane, sia appenniniche che alpine, gran partedella Toscana) e al quadro che si va delineandoper l’Europa carolingia e nel mondo bizantino. Ilpregio di queste pagine dedicate ai quadri inse-diativi nell’Italia “curtense” consiste nella propo-sta di un modello insediativo senza sostanzialiambiguità, con la quale gli archeologi possonoutilmente confrontarsi; mentre posizioni storio-grafiche altrettanto orientate a generalizzare ladiffusione del popolamento sparso durante l’altoMedioevo sono state avanzate, più spesso sottin-tese che esplicitate con coerente consapevolezza.Si potrebbe affermare, dunque, che la medievisti-ca interessata ai problemi della storia rurale abbiarinunciato ad usare i documenti archeologici chehanno apportato nuove conoscenze sugli elemen-ti cardine delle forme insediative altomedievali, eche le ricostruzioni dei quadri insediativi sono stateproposte dagli storici sulla base del genere di fon-ti scritte cui hanno fatto prevalente ricorso. Infat-ti, in assenza di documentazione scritta di tipo fi-scale-descrittiva, la presenza del villaggio risultasostanzialmente “invisibile” utilizzando questo oquel tipo di scrittura8.Le vecchie ricerche della scuola economico-giuri-dica, ad esempio, hanno ricondotto univocamen-

te le testimonianze relative a organizzazioni co-munitarie rurali a forme di organizzazione politi-co-amministrativa ed ecclesiastico-religiosa fonda-te sul villaggio o su quadri territoriali ancora piùorganici e complessi (vicus, casale, pagus, etc.),attingendo soprattutto alle fonti normative tardo-romane e romano-barbariche, alle non rare fontinarrative e, non ultimo, alla documentazione ditipo giudiziario9.D’altra parte anche gli studiosi che si sono avvi-cinati all’alto medioevo da una prospettiva stori-co-economica e storico-sociale hanno frequente-mente fatto riferimento al villaggio come celluladi un ecosistema nel quale la comunità era inseri-ta, nell’ambito di sistemi produttivi che tendeva-no all’autosufficienza su base locale10. Infine, ilvillaggio è stato considerato come il fulcro del-l’organizzazione del territorio rurale nell’altomedioevo quando ci si è occupati dell’assetto ec-clesiastico altomedievale delle campagne11, comeè accaduto in Toscana12, per la straordinaria di-sponibilità di testimonianze giudiziarie raccolte inoccasione della contesa tra il vescovo di Siena equello di Arezzo in merito alla titolarità di un grup-po di pievi poste al confine tra i due territori13.Ma le posizioni sull’insediamento altomedievalein Europa e in Italia sembrano differire non solotra “storici” e “archeologi”, quanto piuttosto inrelazione alla formazione dei singoli ricercatori eal genere di fonti cui si è fatto riferimento. Unapiù estesa analisi riguardo ai temi dell’insediamen-to altomedievale lascerebbe emergere più profon-de distinzioni tra chi (storico o archeologo) è ri-corso a paradigmi interpretativi, attingendo amodelli noti o elaborandone di autonomi, e chi,invece, ha organizzato le informazioni in formadisaggregata e meramente descrittiva.Appare chiaro che l’archeologo che appiattisse un

7. FASOLI 1958, pp. 111-133.8. Non pare un caso che un assetto del popolamento pervillaggi emerga con chiarezza da un testo del secolo X chepresenta caratteri per certi versi assimilabili a fonti di tipofiscale, vale a dire l’inventario della pieve di S. Pietro diTillida (nella pianura veronese) riguardante i vici i cui abi-tanti erano tenuti a versare la decima ecclesiastica pressol’ente ecclesiastico (CASTAGNETTI 1976; cfr. anche CASTAGNET-TI 1982, p. 62).

9. SCHNEIDER 1914, pp. 182-183 e SCHNEIDER 1980; BOGNETTI1927; FASOLI 1958; SANTINI 1964, pp. 33-65; BOGNETTI1965, in particolare pp. 469-490; CAVANNA 1967, p. 546;MOR 1972, pp. 15-19.10. Per le comunità di villaggio altomedievali italiane cfr.FUMAGALLI 1985a, pp. 22-23; le stesse posizioni sono ripre-se, sottolineando l’erosione dei beni comunitativi da partedella grande proprietà dei secoli VIII e IX, anche in FUMA-GALLI 1994, pp. 377-379. Sostiene che nel mondo longo-bardo la struttura del villaggio appare dominante dai no-stri primi documenti scritti WICKHAM 1992, pp. 240-241.Più in generale, per i villaggi tardo-antichi e del primo al-tomedioevo nel contesto dell’Europa occidentale cfr.CONTAMINE et alii 1997, pp. 29-31, mentre per il villaggiodel IX secolo è ancora utilissima la lettura di DUBY 1984,pp. 8-10.11. Cfr. VIOLANTE 1986, pp. 105-265.12. Cfr., ad es., l’analisi della charta repromissionis dell’ot-tobre 746 relativa alla chiesa di S. Pietro di Mosciano, pressoLucca (CDL, I, n. 86, pp. 252-254), in MENGOZZI 1915.13. CASTAGNETTI 1982, pp. 34, 41, 272-274.

© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 5: VILLAGGI DELL ALTOMEDIEVO: INVISIBILITÀ SOCIALE E … · rito nel quadro del sistema curtense appare fragi-le. Ma una simile perplessità è suscitata dalle af-fermazioni che generalizzano

XIII

inquadramento dei dati materiali prodotti dal pro-prio lavoro sul campo entro modelli costruiti sul-le fonti scritte si priverebbe di strumenti essenzia-li, tali da escludere interpretazioni innovative,anche a livello storiografico, e si priverebbe deglistrumenti indispensabili per individuare i contestie le strategie per le indagini future. L’unica strate-gia possibile per accrescere la conoscenza dell’in-sediamento altomedievale è quella di costruire emettere alla prova i paradigmi interpretativi, ri-manendo disponibili a modificarli e a superarlisulla base delle nuove conoscenze acquisite, e laverifica delle interpretazioni storiografiche nonpuò che ripartire dalla lettura delle fonti: chi le hausate infatti non necessariamente si è confrontatocon sufficienti strumenti critici alle fonti materia-li. Ma anche questa strada non necessariamente,soprattutto in fasi di elaborazione intermedie, por-ta a conclusioni definitive: la logica di conserva-zione della materialità della storia è ben diversadalla logica di conservazione delle fonti scritte. Inparticolare per l’altomedioevo dobbiamo averchiaro che ormai gli scavi hanno prodotto, in re-lazione alle strutture dell’habitat, documenti cheinvestono qualità e quantità di dati assai superioriai pochi documenti privati superstiti

3. La Toscana è stata, ed è, contrassegnata dallacompresenza di contesti geografici e ambientalimolto differenziati14 e le varie subregioni conob-bero vicende storiche divergenti già durante l’altomedioevo15, determinando condizioni specificheche influenzarono localmente la geografia delpopolamento rurale. Tuttavia, le differenze neiquadri insediativi altomedievali proposte sulla basedell’analisi della documentazione d’archivio super-stite16 non hanno trovato riscontro sul terrenodell’indagine archeologica: i risultati delle rico-gnizioni topografiche e degli scavi dei siti ruralidelineano in modo concorde una realtà tenden-zialmente omogenea entro i diversi comprensoriindagati. Infatti, in Toscana – come, del resto, nellageneralità delle regioni oggetto di estese ricogni-zioni archeologiche –, l’esame dei dati relativi aisecoli V-X consente di escludere una diffusionedel popolamento sparso, mentre gli scavi hannofrequentemente portato alla luce centri abitati dialtura, contrassegnati generalmente da una consi-

stenza demografica percepibile piuttosto rilevan-te, con fasi di occupazione che prendono avviogià a partire dal primo altomedioevo17.Per alcune aree della Toscana, una difficoltà dicogliere i segni di una identità sociale fondata sulterritorio di villaggio attraverso l’analisi della do-cumentazione privata di età carolingia e post-ca-rolingia ha indotto a ipotizzare una diffusione atratti pervasiva dell’insediamento sparso, non solonella piana di Lucca, strettamente legata alla cit-tà, ma persino in aree montane, quali l’Appenni-no casentinese e l’Amiata18. A fronte di tali ipotesiricostruttive la ricerca archeologica di superficieavrebbe dovuto individuare in buon numero trac-ce di residenze rurali isolate, che – invece – risul-tano del tutto assenti: per quali motivi l’insedia-mento sparso, che per altri contesti cronologiciemerge con chiarezza nell’indagine di superficie,non viene individuato in queste medesime ricer-che? Appare allora chiaro, come ci conferma Va-lenti, che l’“invisibilità” del popolamento altome-dievale si debba alla ricorrente presenza di nucleialtomedievali nei centri a continuità di vita fino albasso medioevo o alla sua ubicazione in corrispon-denza di alture, per le quali l’esistenza di fasi alto-medievali è accertabile attraverso scavi program-mati o, più semplicemente, alla sua coincidenzacon i centri abitati di lunga durata che ne hannoobliterato le tracce sino a renderle non percepibi-li fuori da indagini archeologiche mirate, data la“monumentalità” delle strutture in pietra delle fasisuccessive all’XI secolo e, viceversa, per la labilitàdei materiali costruttivi dei secoli compresi fra ilVI e l’XI.Possiamo inoltre chiederci se le differenze negliassetti delle campagne toscane altomedievali, de-lineate dagli storici, riflettano una disomogeneitànelle definizioni socio-insediative delle fonti, uti-lizzando una terminologia notarile, finalizzata adescrivere rapporti giuridici privati, non in gradodi farci capire quale fosse l’assetto reale delle strut-ture del popolamento, aderendo invece ad altrischemi di riferimento mentale19.Dopo il collasso dei sistemi distributivi e delle prin-cipali vie di comunicazione di epoca romana, lepopolazioni rurali furono costrette a contare suse stesse per il soddisfacimento dei bisogni prima-ri. In tale contesto, le logiche distributive del po-polamento furono orientate da dinamiche com-pletamente diverse rispetto a quelle che avevanocaratterizzato i paesaggi antichi: il popolamento

14. PINTO 2002, pp. 7-73.15. Cfr. WICKHAM 1995, pp. 232-233.16. Per due recenti sintesi sull’articolata organizzazione so-cio-insediativa delle campagne altomedievali toscane, rea-lizzate appoggiandosi ai documenti scritti, cfr. WICKHAM1992, pp. 239-251 e FRANCOVICH, GINATEMPO 2000, pp. 7-24.

17 FRANCOVICH, HODGES 2003, pp. 61-74, 106-114.18. WICKHAM 1990, pp. 79-102; WICKHAM 1995; WICKHAM1997.19. Cfr. le esemplificazioni in WICKHAM 1992, p. 241.

© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 6: VILLAGGI DELL ALTOMEDIEVO: INVISIBILITÀ SOCIALE E … · rito nel quadro del sistema curtense appare fragi-le. Ma una simile perplessità è suscitata dalle af-fermazioni che generalizzano

XIV

rurale, fortemente ridotto, anziché disperdersi trai boschi e gli incolti, si andò rapidamente aggre-gando in nuovi insediamenti20, dopo una fase didisarticolazione degli impianti insediativi tardoantichi, spesso collocati ai margini degli spazi finoad allora utilizzati.Le condizioni socio-economiche e l’insicurezzapolitico-militare che contrassegnarono la regionenel corso del VI secolo fecero sì che una organiz-zazione di villaggio tornasse a soddisfare le esi-genze di sussistenza delle popolazioni rurali21, con-correndo al sedimentarsi di strutture mentali chevincolavano la comunità ad un centro abitato bencaratterizzato nella sua identità, ancorché labileper i materiali utilizzati nelle strutture abitative.L’accentramento delle abitazioni contadine in nu-clei di popolamento consentiva inoltre di raggiun-gere una “massa biologica” di consistenza adegua-ta, vale a dire un numero di abitanti che giungessealmeno alla soglia del centinaio di individui, al disotto della quale difficilmente la solidarietà e lasussidiarietà comunitaria potevano raggiungerequella massa critica utile per ottenere una produt-tività agricola efficace per la sopravvivenza: in quelcontesto, per un gruppo umano troppo esiguo eisolato, una comune infezione batterica sarebbebastata a compromettere l’esito di un raccolto. Ivillaggi – che tra l’altro costituivano il naturalequadro di riferimento anche per le popolazionigermaniche migrate nella Penisola22 – rappresen-tavano, poi, una sede ove accumulare le scortealimentari, uno spazio privilegiato per la produ-zione, la riparazione e lo scambio degli utensili e,non ultimo, il contesto di riferimento privilegiatoper la conservazione e la trasmissione del patri-monio di conoscenze tecniche, tanto più prezio-so, quanto più ciascuna comunità era forzatamentespinta all’autarchia in quasi tutti i settori produt-tivi. Lo sviluppo di una vita comunitaria entroquesti nuovi centri fu favorito dall’abituale con-duzione di pratiche collettive: la mietitura, la ven-demmia, la caccia e persino le rivalità con i centrivicini dovevano costituire ragioni per consolidarei legami di villaggio, mentre le dinamiche dei rap-porti parentali interni e esterni a questi centri abi-tati rimangono ancora da indagare in una prospet-tiva archeologica e antropologica23. Il popolamento rurale non si esauriva nelle co-munità di villaggio, doveva includere infatti l’esi-

stenza di elementi marginali: i vagabondi, i pel-legrini, i lavoratori forestieri specializzati, forseanche i pastori transumanti. Non vi è dubbio,tuttavia, che, sulla base delle indicazioni archeo-logiche, nella sua sostanza lo scheletro insediati-vo del primo medioevo fosse costituito da villag-gi di dimensioni non trascurabili, vale a dire dastrutture socio-insediative in grado di assolverealla massima parte delle necessità dei propri abi-tanti, in un contesto complessivo di profonda crisidelle città, dell’economia di scambio, delle in-frastrutture viarie e degli assetti politico-ammi-nistrativi.L’economia di sussistenza delle popolazioni ruralisi fondava sulla raccolta, sulla caccia e sull’alleva-mento, quanto sulle tradizionali attività agrarie, ilcui ruolo si andava ridimensionando rispetto allatarda antichità, come emerge con chiarezza ancheprendendo in considerazione l’evidenza archeo-zoologica (un crollo della presenza di ossa di bo-vini adulti, legata all’impiego come animali da tiro,a fronte di un incremento percentuale di caprio-vini e di suini24). Pertanto, i nuovi centri abitati,che talvolta occuparono insediamenti d’alturadell’età del Bronzo o del Ferro sostanzialmenteabbandonati dopo la romanizzazione, andaronoa collocarsi vicino a sorgenti perenni, presso lequali vennero impiantati gli orti, e si insediarononon lontano dagli estesi manti boschivi montani,dove il castagno e il cerro consentivano di sfama-re uomini e bestiame anche quando una carestiastagionale o un conflitto avrebbero compromessoil raccolto cerealicolo25. Il ruolo centrale ricoper-to dall’allevamento brado nell’economia agrariadel primo medioevo concorse a favorire l’accen-tramento insediativo delle popolazioni rurali, cheimpiantarono le residenze e le connesse coltureorticole, arboree e arbustive, entro una sorta di“oasi”, ben separate dal paesaggio semi-selvaticocircostante attraverso alte siepi, che dovevanoimpedire agli armenti e alle bestie selvatiche didanneggiare le colture e gli animali domestici. Sideterminò, così, quasi ovunque una ripartizionecolturale che nella sua rudimentalità dovette an-dare a separare nettamente i due fondamentaliterritori agrari: quello prossimo al villaggio, equello esterno comprendente in apparente fluidi-tà le colture cerealicole, quelle tessili, i pascoli e iboschi. In tale contesto, il manso di villaggio (valea dire la casa attestata nei documenti d’archivio apartire dalla metà del secolo VII) costituisce l’ele-mento in grado di garantire una gestione familia-

20. FRANCOVICH 2002, pp. 144-167; FRANCOVICH, HODGES2003, pp. 61-74; WICKHAM 1992, pp. 240-241.21. FRANCOVICH, HODGES 2003, pp. 31-74.22. GALETTI 1997; GALETTI 2001; GASPARRI 1996, pp. 317-320.23. Cfr. FUMAGALLI 1976, p. 34.

24. SALVADORI 2003, pp. 180-181.25. Cfr. QUIRÓS CASTILLO 1998, pp. 177-198; QUIRÓS CA-STILLO et alii 2000, pp. 147-175.

© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 7: VILLAGGI DELL ALTOMEDIEVO: INVISIBILITÀ SOCIALE E … · rito nel quadro del sistema curtense appare fragi-le. Ma una simile perplessità è suscitata dalle af-fermazioni che generalizzano

XV

Montemassi (Roccastrada-Grosseto). Il castello fu reso celebre dalla rappresentazione che ne fece Simone Martini nell’affresco del PalazzoPubblico di Siena, raffigurante l’assedio portato a Montemassi da Guidoriccio da Fogliano nel 1328. In alto, ricostruzione del castello di XIIIsecolo: le campagne di scavo, svolte dal 1990 al 1995 e dal 2000 al 2004, hanno dimostrato che l’occupazione dell’altura è più antica dellaprima menzione documentaria del sito datata al 1076. Le tracce più leggibili di questa fase insediativa si collocano sul fianco meridionaledella rocca; si tratta dei resti di tre capanne parzialmente addossate alla roccia. In basso, ricostruzione delle capanne sinora individuate.

© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 8: VILLAGGI DELL ALTOMEDIEVO: INVISIBILITÀ SOCIALE E … · rito nel quadro del sistema curtense appare fragi-le. Ma una simile perplessità è suscitata dalle af-fermazioni che generalizzano

XVI

re individuale piuttosto che “individualistica”, in-tegrandosi con l’uso comunitario degli incolti edelle stesse terre coltivate esterne alla cintura or-tiva dell’abitato, durante i periodi di riposo26.La documentazione archeologica raccolta, e benillustrata nel contributo di Valenti, spinge inequi-vocabilmente a ricostruire un quadro dovel’habitat era già accentrato, anche se non ancoragerarchizzato, e collocato, nella stragrande partedei casi, sulle alture.In Toscana, al cui interno si riscontravano quasiesclusivamente terreni collinari o montani, spes-so piuttosto fragili a causa della loro scarsa pro-fondità, la scelta delle alture come sede dei villag-gi altomedievali fu favorita anche dalla possibilitàdi coltivare i suoli più leggeri delle colline, né ari-de, né suscettibili di inondazione, lavorabili a zap-pa senza ricorrere necessariamente all’impegnati-va e dispendiosa pratica delle arature. L’assettoeconomico complessivo rendeva, infatti, impro-ponibile la realizzazione e la manutenzione diopere volte a irrigare le terre colpite da ariditàstagionale o a prosciugare dalle acque terreni inon-dati periodicamente; pertanto, nelle aree più lon-tane dalle città, le pianure vennero lasciate al pra-to, all’acquitrino o alla palude e utilizzate cometali, mentre le colture di maggior reddito, evitan-do i fondovalle, venivano tendenzialmente collo-cate sulle alture e, poiché richiedevano una mag-gior intensità di lavoro ed un più diretto control-lo, attraevano a sé gli abitati rurali.I villaggi andarono a collocarsi spesso in prossi-mità del limite superiore dell’utilizzazione agrico-la del suolo, ponendosi per così dire “a metà stra-da” tra i coltivi, a valle, e l’incolto, a monte27. Lascelta delle sommità era favorita dalla stabilità edalla resistenza all’erosione dei ripiani rocciosisommitali a fronte della franosità di molti pendiiargillosi, poco adatti, per queste ragioni, ad ospi-tare le fragili dimore contadine. Inoltre, in un con-testo orografico molto mosso e irregolare, le di-verse parcelle afferenti ad un manso di villaggio,vale a dire le terre legate ad una casa, potevanodisporsi su due o più versanti dell’altura occupatain sommità dal nucleo insediativo, per limitare irischi di cattivi raccolti legati alle avversità atmo-sferiche, in modo che «la posizione dominante del-le sedi abitate e la loro centralità rispetto all’insie-me delle particelle coltivate» consentissero ai con-tadini «un più coerente, più regolare e quindi menocostoso esercizio dei lavori sullo spezzettato pa-trimonio terriero»28.

Nella riconquista delle sommità dovette pesarel’intento di occupare luoghi contrassegnati, anchesimbolicamente, da una particolare vocazione alcontrollo territoriale, talvolta coniugata all’oppor-tunità di riutilizzare le strutture di centri fortifica-ti di età preromana29. Ma non si deve contrappor-re al continuismo insediativo di quei ricercatori,che prolungano i paesaggi antichi sino all’incastel-lamento, un altrettanto fragile modello di conti-nuità del villaggio altomedievale con quello pro-tostorico, che valuta la romanizzazione come unasemplice e lunga parentesi, tutto sommato privadi duratura incisività sul piano dell’assetto terri-toriale delle campagne toscane. È possibile, sem-mai, che ragioni simili spinsero, a distanza di se-coli, popolazioni rurali, culturalmente diverse, adadottare scelte insediative in parte sovrapponibi-li.Tuttavia, le motivazioni di tale processo non pos-sono essere ridotte a quelle strategico-militari, nonsi capirebbe infatti né la rinnovata centralità deivillaggi di altura nei quadri del popolamento ru-rale, né la capacità dimostrata di sovvertire radi-calmente gli assetti paesaggistici antichi e di im-prontare con duraturo successo quelli dei secoli avenire. Per tali ragioni, la forte insistenza su que-sti aspetti da parte di molta storiografia, ancherecente, non è condivisibile30, tanto più che anchemolti siti dell’Italia settentrionale indagati dagliarcheologi delle fortificazioni tardoantiche/alto-medievali si sono rivelati nient’altro che villaggicontadini d’altura, dotati di modeste opere forti-ficate e normalmente privi di chiese e di residenzedi rappresentanza per il potere pubblico31.

4. Valenti nel suo saggio ricostruisce come, in To-scana sulla base degli indicatori archeologici, nelcorso del VI secolo la rete del popolamento rura-le risulta caratterizzata da forme “residuali” diinsediamento, talvolta edificate sugli stessi impiantidi ville tardoromane che avevano cambiato desti-nazione. Le strutture abitative erano molto sem-plici, monovano, in pietra o più spesso in mate-riale deperibile e con copertura laterizia. Le atti-vità produttive erano caratteristiche di un’econo-mia di sussistenza. Generalmente non si colgonoelementi di una gerarchizzazione sociale ed eco-nomica. In sostanza sulle aree di popolamentotardoantico, e negli spazi agrari connessi, si coglieil lungo processo di “esaurimento” dei paesaggiantichi.

26. SERENI 1962, p. 335.27. Cfr. per il Piemonte GRIBAUDI 1951, pp. 19-33; per ilLazio TOUBERT 1973, pp. 135-198.28. GRIBAUDI 1951, pp. 19-33, in particolare p. 27.

29. Emblematici a tale riguardo i casi dei castelli di Scarli-no, Donoratico, Castel di Pietra e Montemassi.30. SERENI 1962, p. 22; inoltre CHIAPPA MAURI 2002.31. CAGNANA 2001, pp. 101-117.

© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 9: VILLAGGI DELL ALTOMEDIEVO: INVISIBILITÀ SOCIALE E … · rito nel quadro del sistema curtense appare fragi-le. Ma una simile perplessità è suscitata dalle af-fermazioni che generalizzano

XVII

Il grande intervallo cronologico per il quale l’in-dagine archeologica di superficie non produce in-formazioni sulla struttura dell’habitat rurale (metàVI/VII–XI secolo) è invece ampiamente colmatodai risultati provenienti dai cantieri di scavo suicastelli, di cui Valenti ci da una più che esaurienteselezione. In sostanza ciò che appare chiaro or-mai è che l’incastellamento interessò soprattuttorealtà insediative preesistenti e stabilmente popo-late, villaggi e curtes. Sulla base della documenta-zione archeologica possiamo quindi affermare chel’incastellamento si incardinò su una rete di po-polamento già stabilizzata, sulla cui ossatura si eramodellata l’organizzazione del lavoro contadino. L’altomedioevo, almeno a partire dall’VIII secolo,non è un periodo di crisi del popolamento, al con-trario, proprio in quella fase si va consolidando lanuova trama insediativa delle campagne, sulla qualesi innestò più tardi la rete dei castelli. Anzi il periodocompreso fra la fine del VI e l’VIII secolo appareuna fase cruciale nella formazione delle forme ac-centrate di popolamento rurale, all’interno delle qualiè difficile, se non impossibile, cogliere indicatori ar-cheologici che ci permettano di individuare diversi-ficazioni sociali, e si è spinti a pensare che nella for-mazione di questi insediamenti comunitari si segui-rono “logiche contadine”, piuttosto che indirizzi dipossessores. All’interno di questi villaggi si innesca-rono, soltanto a partire dalla metà dell’VIII secolo,processi di gerarchizzazione sociale nell’assetto “ur-banistico”, simmetrici all’affermazione delle aristo-crazie rurali. Tali forme di gerarchizzazione si col-gono, in particolare, attraverso i segni della costru-zione di fortificazioni, di cinte difensive dell’interoinsediamento, o di parti di questo, e attraverso laformazione di residenze di maggior prestigio. La si-gnoria territoriale, a sua volta, si sviluppò in un as-setto fondiario che si era andato a definire in questisecoli. I monumentali castelli di pietra rappresenta-no il segno forte del nuovo ruolo sociale, politico edeconomico che andavano assumendo aristocrazielaiche ed ecclesiastiche, cittadine e rurali, grandi emedi proprietari.

5. Dalle indagini archeologiche dell’ultimo venti-cinquennio sulle fasi di vita altomedievali di que-gli insediamenti, che si trasformeranno poi in ca-stelli, è emerso che il materiale da costruzione piùdiffuso nella Toscana, in questo periodo, fu il le-gno, ma anche altri tipi di materiali costruttivideperibili: terra, paglia, incannicciati, etc.In generale, nell’Italia centrale, la pietra non è piùusata per le abitazioni e compare nuovamente emassicciamente nei villaggi verso l’XI secolo, nonsolo in relazione alle strutture difensive o a quelleecclesiastiche, ma anche alle residenze signorili e,

successivamente, anche in quelle contadine. E que-sto profondo mutamento nel modo di costruire,che coincide con l’inizio di una documentazionescritta sempre più consistente e con il consolidarsie il manifestarsi attraverso un’edilizia monumenta-le dei poteri locali, ma è sufficiente a impedirci divedere l’esistenza di comunità ben solide, e con unalunga storia di trasformazioni interne, nei secoli VI-X, quando le strutture delle curtes si andarono for-mando su insediamenti che appaiono socialmenteomogenei ? Ci viene da pensare che forse la praticae la strategia della ricerca sul campo si mostra trop-po incline a privilegiare i paradigmi storiograficisugli assetti del potere piuttosto che elaborare lelabili realtà che ha di fronte, che è espressione dicontesti sociali che sfuggono alla tradizione scritta.

6. Se l’habitat di altura altomedievale nasce, comemostra la documentazione archeologica, con lafine dei paesaggi antichi, ancora sulle ultime fasidi questi ultimi non è stata prodotta una mole discavi sufficiente a conseguire una ricostruzioneesaustiva, nonostante l’attenzione recentementedimostrata dai ricercatori a questi temi32.Generalmente, la rete insediativa tardo antica cosìcome era sopravvissuta alla crisi del V secolo, si dis-solse fra VI e i primi decenni del VII secolo: sui ru-deri delle ville si impiantarono talvolta nuovi abitatiin legno o strutture precarie, interpretabili come ele-menti catalizzatori per la popolazione residua op-pure per elementi di popolazioni allogene33. D’al-tronde, alcuni indicatori archeologici mostrano cheattorno alla metà del VI secolo si determinaronoprofondi mutamenti sociali nelle campagne tosca-ne: la scomparsa delle ultime produzioni ceramichelegate per morfologia, tecnologia e reti distributiveal mondo antico34 e l’egemonia delle strutture eccle-siastiche nella gestione dei rituali funerari che sfociònella fine delle sepolture di tipo “germanico” e in unprogressivo incremento delle chiese rurali35.Sotto il profilo dell’organizzazione religiosa dob-biamo evidenziare che non emerge un ruolo cen-trale delle chiese rurali nella costituzione di unaidentità socio-insediativa di villaggio36. Ragionan-

32. Per un quadro generale FRANCOVICH 2002 e FRANCOVI-CH, HODGES 2003.33. CAMBI et alii 1994; VALENTI 1995; VALENTI 1997; VA-LENTI 1999.34. FRANCOVICH, VALENTI 1997; VALENTI 1999.35. FRANCOVICH 2002, pp. 144-167.36. Anche in Toscana le conoscenze sulle chiese rurali tar-do-antiche e altomedievali sono scarse, soprattutto nei lororapporti con i quadri insediativi complessivi (cfr. i quadridi sintesi esposti in PERGOLA 1999). Per alcuni riferimentiai casi di chiese rurali toscane attestate dalla metà del VIIsecolo nei loro rapporti con i quadri insediativi circostanti,ricostruiti attraverso analisi topografiche e studio documen-tario si veda FRANCOVICH, FELICI, GABBRIELLI 2003.

© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 10: VILLAGGI DELL ALTOMEDIEVO: INVISIBILITÀ SOCIALE E … · rito nel quadro del sistema curtense appare fragi-le. Ma una simile perplessità è suscitata dalle af-fermazioni che generalizzano

XVIII

do sulla base dei dati acquisiti per i secoli successivi,attraverso le prospezioni topografiche e la documen-tazione d’archivio, possiamo forse intravedere unamaggiore resistenza ad abbandonare i paesaggi anti-chi da parte degli edifici ecclesiastici rispetto alle ten-denze complessive del popolamento.All’interno dei villaggi altomedievali, prima deisecoli IX e X, non è documentata archeologica-mente la costruzione di edifici religiosi in pietra ei nostri scavi ci consentono anche di escludere lapreesistenza di chiese lignee all’interno degli abi-tati d’altura, mentre è possibile che alcune chieserurali, in particolar modo quelle battesimali, mag-giormente legate agli episcopati cittadini, si an-dassero a configurare come luoghi d’incontro tem-poranei per gli abitanti dei villaggi circostanti.Gli enti ecclesiastici, talvolta dotati dai fondatoridi patrimoni ancora legati agli assetti proprietaritardo antichi, presentavano infatti non di rado unacollocazione in corrispondenza dei gangli delledirettrici viarie preesistenti – che normalmente la-sciavano ai margini le alture ove avevano trovatosede i nuovi villaggi – e raramente tali siti coagu-larono attorno a sé il popolamento rurale.Per secoli i villaggi d’altura, da un lato, e le chiesepievane, dall’altro, si fronteggiarono in un rap-porto dialettico che improntava l’organizzazionereligiosa e insediativa delle campagne toscane.Generalmente i villaggi giunsero, alla fine, ad at-trarre presso di sé gli edifici religiosi, ma ciò ac-cadde solo nel corso di un arco temporale moltoesteso. Nel frattempo, le comunità di villaggio,contrassegnate inizialmente da una omogeneitàsocio-economica degli abitanti, avevano conosciu-to una progressiva affermazione di élite rurali, tra-dottasi anche in interventi di gerarchizzazionedell’insediamento chiaramente leggibili in termi-ni di documentazione archeologica37. Durante iperiodi di difficoltà economiche e politiche moltipiccoli proprietari liberi avevano infatti ceduto ipropri mansi di villaggio ad un grande proprieta-rio per ottenerli in concessione come terra tribu-taria collegata ad un centro curtense. Pertanto, inetà carolingia, i nuovi poteri legati al grande pos-sesso fondiario, all’esercizio di attività funziona-riali, all’organizzazione della difesa e del control-lo territoriale, investirono massicciamente i gan-gli pulsanti dell’economia rurale e si imposero al-l’interno dei villaggi. In tale contesto nuovi edifi-ci, magazzini e strutture, che manifestavano inmodo concreto l’egemonia locale cui aspiravano inuovi soggetti di potere, andarono ad occupare leparti privilegiate dei villaggi altomedievali.

Proprio i nascenti soggetti signorili, a partire dalsecolo IX si rivolsero con progressiva convinzio-ne ed efficacia all’istituzione ed al controllo dellechiese di villaggio (o, utilizzando termini docu-mentari, di curtis, di villa o di castrum), conce-pendoli come un elemento-chiave per il consoli-damento ulteriore del proprio prestigio.Per contro, l’offensiva dei potentes per la loro af-fermazione sulle comunità di villaggio dovette de-terminare la crisi di un sistema di gestione colletti-va delle terre e dell’uso comunitario dei pascoli edei boschi. Nonostante tali dinamiche, tuttavia,possiamo ritenere che in gran parte della campagnatoscana l’identità del villaggio altomedievale si man-tenne a lungo sostanzialmente integra. Infatti, traXII e XIII secolo i processi di ulteriore accentramentoinsediativo, nel quadro dell’“incastellamento” o diterre nuove promossi dai principali signori territo-riali o dai comuni cittadini, avvennero non attra-verso un indistinto afflusso di popolazione dallecampagne circostanti, ma con modalità che rispet-tavano le antiche fisionomie di villaggio. Vale a direattraverso meccanismi di tipo sinecistico, per lepopolazioni dei villaggi e dei castelli circostanti che,abbandonati gli originari centri di residenza, si in-sediarono entro i nuovi contesti per quartieri to-pograficamente omogenei e trasferirono al lorointerno le proprie antiche chiese.

7. Dopo aver appurato la qualità di informazioneche emerge dal lavoro archeologico, così come ciè narrato da Marco Valenti, appare sempre piùevidente che la ricostruzione delle strutture inse-diative altomedievali si può appoggiare solo inmisura marginale sui documenti scritti, sia a cau-sa della loro intrinseca inadeguatezza a illuminarequesti temi, sia in relazione alle irrimediabili lacu-nosità, frammentarietà e disomogeneità distribu-tiva che li caratterizzano nel loro complesso38.Nonostante che per la Toscana di età longobardarisalti una sua peculiare ricchezza rispetto alla tra-dizione complessiva delle scritture documentariealtomedievali (due terzi dei documenti diplomaticidi questo periodo proviene da archivi toscani39), e

37. FRANCOVICH 2002, pp. 144-167; FRANCOVICH, HODGES2003, pp. 61-105.

38. Sull’irrimediabile penuria di fonti scritte altomedieva-li, Stefano Gasparri ha messo in risalto che tra la discesadei Longobardi e l’inizio del secolo VIII si sono conservati(in originale o in copia) solo nove documenti d’archiviorelativi al Regno d’Italia, cui si aggiungono otto testi perl’Italia bizantina, una breve fonte cronistica e la raccoltalegislativa di Rotari (GASPARRI 1983b, pp. 118-121).39. Su 296 documenti autentici editi nei primi tre volumidel CDL, quasi duecento provengono da centri toscani(poco meno di 160 dall’archivio arcivescovile di Lucca, unaventina circa da quello del monastero di S. Salvatore alMonte Amiata ed una trentina circa dagli antichi archivi dialtre istituzioni ecclesiastiche).

© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 11: VILLAGGI DELL ALTOMEDIEVO: INVISIBILITÀ SOCIALE E … · rito nel quadro del sistema curtense appare fragi-le. Ma una simile perplessità è suscitata dalle af-fermazioni che generalizzano

XIX

Mir

andu

olo

(Chi

usdi

no-S

iena

). I

l ca

stel

lo d

i M

iran

duol

o, i

n co

rso

di s

cavo

dal

200

1, è

att

esta

to d

alle

fon

ti s

crit

te a

par

tire

dal

100

4 ed

anc

he i

n qu

esto

cas

o l’i

nter

vent

o ar

cheo

logi

co m

ostr

aun

’occ

upaz

ione

sta

bile

del

la c

ollin

a ch

e ha

iniz

io m

olto

pri

ma,

nel

lo s

peci

fico

dal

la m

età

dell’

VII

I se

colo

(lo

sca

vo è

com

unqu

e an

cora

in c

orso

). Q

uest

o co

ntes

to p

erm

ette

di c

ompr

ende

re c

on g

rand

ech

iare

zza

la t

rasf

orm

azio

ne d

i un

villa

ggio

in a

zien

da c

urte

nse

vers

o la

met

à de

l IX

sec

olo

e qu

indi

l’ev

oluz

ione

in c

aste

llo n

ello

spa

zio

di u

n se

colo

. L’im

mag

ine

ci p

erm

ette

re d

i cog

liere

pie

nam

ente

la t

rasf

orm

azio

ne d

el v

illag

gio

alto

med

ieva

le i

n ca

stel

lo c

on l

’abb

ando

no d

ella

pal

izza

ta c

he,

insi

eme

ad u

n fo

ssat

o, d

ifen

deva

l’a

rea

sign

orile

(in

pri

mo

pian

o ne

lla f

oto)

, la

cos

truz

ione

del

la c

inta

mur

aria

(ri

cono

scib

ile n

el g

rand

e cr

ollo

sul

la s

inis

tra)

e l

’edi

fica

zion

e di

un

pala

zzo

mon

umen

tale

tr

a X

I e

XII

I se

colo

, ch

e s’

impi

anta

sui

res

ti d

ell’e

difi

cio

dom

inic

o di

met

à IX

sec

olo.

© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 12: VILLAGGI DELL ALTOMEDIEVO: INVISIBILITÀ SOCIALE E … · rito nel quadro del sistema curtense appare fragi-le. Ma una simile perplessità è suscitata dalle af-fermazioni che generalizzano

XX

che tale materiale sia utile per conoscere l’esisten-za di un certo numero di insediamenti, tuttavia essorimane di per sé strutturalmente inadatto a rico-struire le forme insediative di quel periodo40.Alla luce di tale stato di cose, è utile tornare aduna lettura delle fonti scritte attraverso i modellielaborati sulla base di quelle archeologiche, capo-volgendo quanto è stato proposto in sede storio-grafica, vale a dire che «le poche fonti materiali»relative al periodo compreso tra la fine del VII el’inizio del X secolo debbano «ancora essere letteattraverso le fonti scritte»41, a causa dell’esiguitàdelle conoscenze conseguite su base archeologi-ca42.Quindi dobbiamo verificare se un sistema insedia-tivo fondato sul villaggio, che emerge chiaramen-te dalle indagini sul campo, risulti o meno com-patibile con i documenti disponibili per l’altomedioevo.

Nella documentazione d’archivio altomedievale,l’unità elementare dell’insediamento rurale è de-signata casa, vale a dire un insieme di strutture edi appezzamenti fondiari, di cui si componevaun’azienda contadina retta da un nucleo familia-re43. I meccanismi mediante i quali queste case sicorrelavano reciprocamente non sono chiariti daldettato di questi testi, poiché attraverso questigeneralmente non è possibile stabilire se tali di-more contadine fossero disperse nelle campagneo invece raggruppate in villaggi44.Non vi è dubbio inoltre che risulta assai arduodeterminare anche quali concreti contesti di po-polamento stessero dietro alle definizioni vicus,fundus, locus, casale o curtis, poiché l’uso di que-sti termini non è sempre riconducibile a un signi-ficato generale e univoco in contesti documentarie cronologici diversi45. Anzi, in alcuni casi si ha lanetta sensazione che il loro utilizzo sia stato so-stanzialmente intercambiabile, mentre in altri sem-bra più probabile che esso variasse nel tempo, inrelazione al mutare dei caratteri degli abitati o dellaloro percezione individuale da parte dei diversiestensori dei documenti. In linea generale, tutta-via, risulta piuttosto evidente la loro valenza se-

mantica collettiva, che li rende riferibili a contestidi villaggio, sebbene siano possibili valutazionidiverse sul grado di accentramento insediativo chepoteva contrassegnare questi abitati nel caso incui si prescinda dai risultati delle indagini archeo-logiche46, oppure se si consideri queste ultime de-terminanti per la piena comprensione del signifi-cato di tali definizioni insediative47.Nel contesto documentario toscano il terminevicus48 rimanda in modo meno ambiguo a formedi villaggio, ricalcando una designazione già pre-sente nell’età classica che tende rapidamente ascomparire durante il secolo X a favore di nuovedizioni (villa, curtis, castellum), per sopravviverein seguito nel solo ambito toponomastico. Nono-stante un evidente nesso del vocabolo con l’asset-to insediativo antico, sarebbe erroneo ritenere chegli abitati designati vici siano da riferire soltanto avillaggi tardo antichi49.In sede storiografica viene normalmente registra-ta l’ambiguità del termine casale, che – come delresto il vocabolo curtis – può essere utilizzato in-differentemente con accezione insediativa o pa-trimoniale, anche in considerazione del fatto chenon di rado un intero insediamento (casale ocurtis) poteva essere ascritto al patrimonio di unsingolo soggetto50. Talvolta si è colto nell’uso deltermine casale un nesso con una organizzazionedi villaggio alternativa alla grande proprietà, le-gata allo sfruttamento collettivo di spazi incolti51

e, in area bizantina, a iniziative di colonizzazionee dissodamento52.In riferimento alla Toscana orientale, alcuni auto-ri hanno interpretato il casale come una riparti-

40. Per la messa a punto di questi temi, cfr. GINATEMPO,GIORGI 1996, pp. 7-52 e FRANCOVICH, GINATEMPO 2000.41. CAROCCI 2000, p. 426.42. GINATEMPO, GIORGI 1996, pp. 7-52.43. CAMMAROSANO 1991, p. 131.44. GINATEMPO, GIORGI 1996, pp. 7-52.45. Ad esempio, in riferimento alla documentazione di Farfadei secoli VIII e IX ove si menzionano domus cultae, cellae,curticellae, curtes, casalia, Pierre Toubert osservò a suotempo: «il arrive que les mêmes mots définissent, selon lecontexte documentaire, des réalités diverses et parfois mêmecontradictoires” (TOUBERT 1973, p. 456).

46. Wickham sostiene che i termini vicus, villa, casale ecastrum non possono dire qualcosa sul carattere concen-trato, disperso o intermedio di questi habitat (si veda il suointervento in NOYÉ 1988, p. 215).47. FRANCOVICH 1998, pp. 13-20; FARINELLI 2000, pp. 13-20; FRANCOVICH, GINATEMPO 2000, pp. 7-24.48. CASTAGNETTI 1982, pp. 272-273.49. Come dimostra, ad esempio, il caso del vicus di S.Ansano, formatosi durante l’età longobarda in corrispon-denza dell’omonima chiesa, entro il territorio conteso trale diocesi di Siena e Arezzo CASTAGNETTI 1982, p. 273.50. Cfr. le considerazioni in FUMAGALLI 1992, p. 77. I casaliadel secolo IX sono intesi come complessi fondiari minoridelle curtes, gruppi di poderi accentrati, ma privi di dominico,proiettati ad una conquista dei boschi alla agricoltura, inFUMAGALLI 1976, p. 29. Per i diversi significati attribuiti insede storiografica al termine casale nei secoli VIII e IX cfr.PASQUALI 2002, pp. 45-46. Sulla valenza insediativa dellecurtes menzionate nei documenti toscani cfr. FARINELLI 2000pp. 161-166. Sull’appartenenza nel X secolo di interi villag-gi situati in aree marginali del territorio lucchese a soggettisignorili che utilizzavano la curtis per l’organizzazione deipatrimoni rurali cfr. ANDREOLLI 1998, pp. 154-155.51. ANDREOLLI 1989, pp. 362-363.52. ANDREOLLI 1989, p. 366; CASTAGNETTI 1982, pp. 225-247.

© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 13: VILLAGGI DELL ALTOMEDIEVO: INVISIBILITÀ SOCIALE E … · rito nel quadro del sistema curtense appare fragi-le. Ma una simile perplessità è suscitata dalle af-fermazioni che generalizzano

XXI

zione territoriale al cui interno poteva essere in-quadrato un popolamento più o meno intensa-mente nucleato53, per la Toscana meridionale, in-vece, è stata rilevata la frequente identificazionedei casalia attestati nei documenti d’archivio connuclei insediativi, normalmente d’altura, talvoltadi dimensioni modeste54.Le ricerche più organiche sul significato insediati-vo delle informazioni provenienti dai testi alto-medievali toscani sono state compiute da ChrisWickham, che ha proceduto ad una faticosa ana-lisi della dimensione insediativa rurale. Wickham,che si è dimostrato attento anche a considerare idati e i modelli scaturiti dalle prime e frammenta-rie indagini archeologiche, ha proposto paradig-mi interpretativi alternativi a quelli che è possibi-le elaborare sulla base delle più recenti indaginiarcheologiche. Infatti, a più riprese ha sostenutola possibilità che un’organizzazione territoriale pervillaggi sia corrisposta, da un lato, a un tenue ac-centramento dell’insediamento55, dall’altro all’ap-parente debolezza dell’identità di villaggio primadell’XI secolo56.Per quanto poi concerne specificamente l’assettodel popolamento per l’area del Monte Amiata,Wickham, concordando con le posizioni espres-se anche da Manuel Vachero Piñero in riferimentoalla Valdorcia, ha ritenuto che né i vici o i casalia,né, in una prima fase, gli stessi castelli avrebberodeterminato una pronunciata concentrazionedell’habitat sino al pieno XII secolo, poiché sinoa quell’epoca un ruolo determinante sarebbe statoricoperto dall’insediamento sparso57.Le argomentazioni di Wickham risalgono ad unaventina di anni fa, quando dovevano ancora esse-re avviate indagini sistematiche sui contesti archeo-logici amiatini. Le ricognizioni di superficie, le ri-cerche sul sopravvissuto e quelle di aereofotoin-terpretazione condotte nell’ultimo quindicennio,tuttavia, hanno portato nuovi dati che possonoindurre a elaborare interpretazioni alternative ri-spetto a quelle a suo tempo proposte dallo studio-so anglosassone58. Infatti, l’archeologia dei paesag-gi non ha portato alcuna conferma della presenza

59. WICKHAM 1989, pp. 110-115.60. Presoniano (CDA I, n. 108); Talassa (CDA I, n. 178);Lamula (CDA I, n. 174; CDA I, n. 194); Plana (CDA I, n.167; CDA I, n. 194).

di un habitat altomedievale disperso, evidenzian-do invece la diffusione di villaggi nucleati, spessocollocati in sommità e non di rado in corrispon-denza di località in cui furono ubicati edifici reli-giosi medievali o insediamenti qualificati nella do-cumentazione d’archivio come curtes, ville o ca-stelli.Alla luce di queste indicazioni dovrebbe essere ri-considerata la portata generalizzante riguardo allascarsa coesione insediativa dei casalia e dei viciposti nelle pendici occidentali e orientali del-l’Amiata59. Gli indizi raccolti da Wickham proven-gono da cinque documenti, pertinenti a un perio-do piuttosto tardo (uno risale all’830 e gli altri alX secolo), in cui la grande proprietà aveva già rag-giunto una forza tale da spezzare i legami dei ru-stici con le rispettive comunità di origine60. Inol-tre, solo alcuni di questi testi mostrano con suffi-ciente chiarezza la collocazione di edifici abitativiall’esterno del nucleo centrale del villaggio (unmolino in località Comulo nel casale Plana o unacasa da costruire in prossimità del tracciato dellaFrancigena), mentre niente permette di escludereche la maggior parte dei riferimenti potrebbe ri-guardare residenze contadine poste in villaggi ac-centrati.Per altro verso, la discussione sul tema della labi-lità delle strutture comunitarie locali sino all’etàdei castelli, intravista da Wickham attraverso l’ana-lisi dei testi scritti, non può trovare nei risultatidella ricerca archeologica elementi di contraddi-zione – come viceversa è possibile per quelle areedove i cantieri stanno dimostrando la solida e pro-lungata presenza di villaggi altomedievali – a cau-sa dell’assenza di scavi, ma certo la stessa assenzadi documentazione relativa alla presenza di inse-diamento sparso non sembra confermarla.Speculare rispetto a questa problematica è la pro-ficua prospettiva di Valenti quando confronta ilmodello storiografico degli assetti sociali e di or-ganizzazione del potere nelle campagne fra VIII eX secolo, elaborato sulla base della documenta-zione scritta, con le evidenze che macroscopica-mente emergono sotto gli insediamenti incastella-ti, sia in termini di produzione agricola accumu-lata sia in termini di organizzazione topograficadell’insediamento. Valenti riesce a darci un qua-dro delle diversificazioni e delle specificità delleabitazioni in legno, con varie e ben percepibilidestinazioni funzionali, o della formazione di areeprivilegiate degli insediamenti con la costruzioni

53. Su tale accezione del casale altomedievale hanno insi-stito DELUMEAU 1996, pp. 118-121 e WICKHAM 1997, pp.186-187.54. Si vedano anche gli accenni in CONTI 1965, pp. 9-14.55. WICKHAM 1990, pp. 79-102; WICKHAM 1989, pp. 101-137; WICKHAM 1995; WICKHAM 1997.56. WICKHAM 1995, p. 233; WICKHAM 1988, p. 215.57. WICKHAM 1989, pp. 110-111; VAQUERO PIÑEIRO 1990,pp. 21-23.58. CAMBI 1996; FRANCOVICH et alii 2002, pp. 40-46; manuovi elementi emergono da recenti tesi sul territorioamatino (CAPRASECCA 2002; CAVALLO 2003; GIUSTARINI 2004;MENCI 2004; BOTARELLI c.s.).

© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

Page 14: VILLAGGI DELL ALTOMEDIEVO: INVISIBILITÀ SOCIALE E … · rito nel quadro del sistema curtense appare fragi-le. Ma una simile perplessità è suscitata dalle af-fermazioni che generalizzano

XXII

di cortine in pietra o legno, con il chiaro intentodi rendere compatibile l’interpretazione storiogra-fica con le realtà materiali emergenti dal terreno.Tale tentativo, se può in alcuni casi apparire una“fuga in avanti”, certamente contribuisce a ren-dere possibile un’interpretazione innovativa dellefonti scritte.

8. In conclusione, se il modello, prospettabile at-traverso l’interpretazione delle fonti archeologi-che, ci delinea un quadro del popolamento alto-medievale radicato ad una variegata, ma solida,realtà di villaggio, pare delinearsi chiaramente unquadro nel quale le fonti scritte non necessaria-mente contraddicano tale dimensione, mentrel’esistenza di un insediamento sparso, significati-vo in termini di consistenza demografica, attendeuna conferma archeologica e documentaria. Laricostruzione dei grandi processi di trasformazio-ne dei quadri ambientali nella lunga fase di transi-zione fra il tardo antico ed il medioevo si basasulla valutazione di fonti diversificate e l’interpre-tazione dei “frammentari” indicatori sui quali sifonda il processo di ricostruzione storica non puòfare a meno di ottimizzarne il potenziale informa-tivo e di rivolgersi alla fonte materiale non soloper “fletterla” a vantaggio di questa o quella in-terpretazione storiografica, ma piuttosto per esplo-rare la complessità delle realtà insediative, le cuilogiche di conservazione, di “uso” e di interpreta-zione differiscono profondamente da quelle dellefonti scritte. Sapendo bene che soltanto le fontiarcheologiche sono in grado di rinnovarsi e di

produrre nuove e sostanziali informazioni.Se nel nostro disattento paese si sarà in grado dimettere in campo strategie di conservazione e divalorizzazione di un patrimonio paesaggistico edarcheologico, che rischia di essere usurato senzaaver potuto comunicare il suo straordinario po-tenziale conoscitivo, non solo potremo realizzarepolitiche efficaci di conservazione del patrimonio,ma sapremo trovare quei segni della storia davve-ro capaci di orientare lo sviluppo e una pianifica-zione equilibrata del territorio. Sarebbe un graveerrore che il mondo della ricerca, nel suo com-plesso, si ritenesse estraneo al problema della con-servazione di fonti tanto centrali per riscriverecapitoli di storia e all’uso pubblico che di questopatrimonio si fa.E allora entra in gioco di nuovo il Progetto “Ar-cheologia dei Paesaggi Medievali” della Fondazio-ne Monte dei Paschi di Siena che non solo per-mette di operare su una scala quantitativamentesignificativa, ma scommette sulla possibilità di tra-smettere ad un grande pubblico temi apparente-mente complessi attraverso elaborazioni di imma-gini, capaci di rendere comprensibili assetti inse-diativi passati, che hanno marcato, e continuanoa marcare, il territorio toscano. Molte delle rico-struzioni grafiche, utilizzate in questo volume, frut-to di un lavoro di sintesi operato da illustratori digrande capacità e da archeologi, sono al tempostesso un mezzo efficace didatticamente e il risul-tato narrativo più incisivo del nostro lavoro diarcheologi-storici.

RICCARDO FRANCOVICH

© 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale