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SCUOLA DI SPECIALIZZAZIONE PER L’INSEGNAMENTO SECONDARIO DELLA TOSCANA Sede di Firenze VIII CICLO II ANNO Unità didattica reale Equivalenza ed equiscomponibilità delle superfici piane Indirizzo Specializzanda Fisico Informatico Matematico Leone Paola ____________________________________ Anno Accademico 2007/2008

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SCUOLA DI SPECIALIZZAZIONE PER L’INSEGNAMENTO SECONDARIO DELLA TOSCANA

Sede di Firenze

VIII CICLO II ANNO

Unità didattica reale

Equivalenza ed equiscomponibilità delle superfici piane

Indirizzo Specializzanda Fisico Informatico Matematico Leone Paola

____________________________________ Anno Accademico 2007/2008

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INDICE

SCHEMA DELL’UNITÀ DIDATTICA ...............................................................................................p.2

CONTENUTI E METODI NEL DETTAGLIO......................................................................................p.6

1° LEZIONE.......................................................................................................................p.6

2° LEZIONE.....................................................................................................................p.10

3° LEZIONE.....................................................................................................................p.12

4° LEZIONE.....................................................................................................................p.17

5° LEZIONE.....................................................................................................................p.18

6° LEZIONE.....................................................................................................................p.23

7° LEZIONE.....................................................................................................................p.25

8° LEZIONE.....................................................................................................................p.26

9° LEZIONE.....................................................................................................................p.27

OSSERVAZIONI SUL COMPITO...................................................................................................p.27

CRITERI DI VALUTAZIONE........................................................................................................p.28

BIBLIOGRAFIA...........................................................................................................................p.30

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SCHEMA DELL’UNITÀ DIDATTICA

PREMESSA

L’unità didattica in esame è rivolta ad una seconda classe di un liceo scientifico sperimentale

linguistico. Essa viene svolta subito dopo il modulo relativo ai poligoni inscritti/circoscritti in/ad

una circonferenza e prima della teoria della similitudine. Viene innanzitutto affrontato, il concet-

to di estensione di una figura piana. Si riprendono alcuni concetti, che lo studente già conosce in

forma intuitiva, al fine di inserirli nella trattazione della geometria razionale. Tale concetto viene

appreso sin dalla scuola elementare, ma nasconde molte difficoltà nella sua formalizzazione di-

venendo un punto particolarmente critico dell’insegnamento. Infatti, come la nozione di figure

congruenti, anche la nozione di figure piane equivalenti può essere fonte di circoli viziosi: può

capitare di leggere che due figure sono equivalenti se hanno la stessa area, e poco più sotto che

l’area è un numero che caratterizza una classe di figure piane tutte equivalenti fra loro.

Tradizionalmente nella scuola superiore si segue da vicino Euclide introducendo la nozione di

equiestensione come concetto primitivo.

TITOLO

Equivalenza ed equiscomponibilità delle figure piane

DESTINATARI

Classe seconda di un liceo scientifico (sperimentale linguistico)

PERIODO DI ATTIVITÀ

Dicembre – Gennaio

COLLOCAZIONE

L’unità didattica viene svolta subito dopo il modulo relativo ai poligoni inscritti/circoscritti in/ad

una circonferenza e prima della teoria della similitudine.

PREREQUISITI

Per affrontare questa unità didattica è necessario che i ragazzi conoscano:

� le nozioni fondamentali di geometria del piano;

� le relazioni tra rette;

� le congruenze di figure;

� i criteri di congruenza dei triangoli;

� i poligoni e loro proprietà.

Per la verifica dei prerequisiti vengono poste ai ragazzi delle domande orali e si fa fede alle veri-

fiche scritte delle precedenti unità didattiche.

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OBIETTIVI COGNITIVI (SAPERE)

a) Conoscere il significato di equivalenza di superfici piane, i postulati e le proprietà.

b) Conoscere la definizione di equiscomponibilità.

c) Comprendere il legame tra equivalenza ed equiscomponibilità.

d) Conoscere i criteri per stabilire l’equivalenza tra poligoni e le loro conseguenze.

e) Conoscere l’enunciato e la dimostrazione del I teorema di Euclide

f) Conoscere l’enunciato e la dimostrazione del teorema di Pitagora.

g) Conoscere l’enunciato e la dimostrazione del II teorema di Euclide.

OBIETTIVI OPERATIVI (SAPER FARE)

a.1) Saper riconoscere figure equivalenti.

b.1) Saper riconoscere poligoni equiscomponibili.

c.1) Saper utilizzare le nozioni di equivalenza ed equiscomponibilità nelle dimostrazioni.

d.1) Saper utilizzare i criteri sull’equivalenza nelle dimostrazioni

e.1) Saper utilizzare il I teorema di Euclide.

f.1) Saper utilizzare il teorema di Pitagora.

g.1) Saper utilizzare il II teorema di Euclide.

h.1) Saper enunciare e dimostrare i teoremi inversi.

METODOLOGIA

Si giungerà per gradi ad una formalizzazione del concetto di equivalenza tra superfici piane, re-

cuperando inizialmente la visione intuitiva che possono avere gli alunni, per poi razionalizzarla

inserendola in un ragionamento logicamente rigoroso. A questo scopo sarà utilizzato un laborato-

rio povero e saranno poste agli studenti delle domande stimolo, utili all’insegnante per individua-

re eventuali misconcetti. Le lezioni saranno di tipo laboratoriale (laboratorio povero), dialogico e

frontali. Attraverso le lezioni frontali saranno sistematizzati i concetti emersi. Per le dimostra-

zioni dei vari teoremi si alterneranno lezioni frontali (soprattutto per le prime dimostrazioni) e

lezioni interattive in cui i ragazzi vengono chiamati alla lavagna a fare dimostrazioni con l’aiuto

dell’insegnante. Ad essi seguirà lo svolgimento di alcuni esercizi di applicazione all’equivalenza

delle figure piane. A volte le dimostrazioni, portate avanti dagli allievi, magari guidati più o me-

no apertamente dall’insegnante, possono dare loro il vivo piacere della scoperta. Il percorso di-

dattico prevede due lezioni interamente dedicate agli esercizi e alle verifiche individuali, utili

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all’insegnante per monitorare il processo di apprendimento di ciascun allievo. Dopo la verifica

sommativa, volta a verificare gli obiettivi prefissati, si prevede, se necessario, un’attività di recu-

pero. Il recupero prevede un ripasso dei principali risultati e loro applicazioni. Non potendo uti-

lizzare il laboratorio di informatica, si prevede l’utilizzo di un laboratorio povero, che miri a far

“toccare con mano” il concetto teorico appreso o che si andrà ad apprendere. I ragazzi hanno

grosse difficoltà nell’apprendimento della geometria, a causa della mancanza di un linguaggio e

di comprensione dello stesso. Sono sempre meno abituati ad esprimersi e a far uso di un linguag-

gio rigoroso; tutto questo è aggravato dalla non conoscenza della lingua italiana. Può capitare di

incontrare ragazzi che hanno difficoltà a capire quanto espresso nel testo di un problema; altri

hanno difficoltà nel rappresentare graficamente quanto viene loro richiesto, altri ancora a forma-

lizzare in maniera corretta ciò che hanno rappresentato.

STRUMENTI DI LAVORO

� Lavagna e gessi colorati;

� Cartoncini;

� Forbici;

� Tangram (per l’equiscomponibilità);

� Libro di testo

VERIFICHE

Si prevedono:

� Verifiche orali, per testare periodicamente quanto appreso.

� Verifica sommativa al termine dell’unità didattica.

ATTIVITÀ DI RECUPERO

Se dalla verifica sommativa risulta che una buona parte della classe ha acquisito i contenuti

dell’unità didattica e ha raggiunto gli obiettivi minimi che questa prevede, ci si limiterà ad

un’attività di recupero durante la correzione del compito. Se il numero di coloro che hanno ripor-

tato una valutazione non sufficiente, è alto, si può pensare ad un ulteriore recupero di circa 2 ore

nelle quali si possono riassumere e commentare i principali risultati o ripetere un particolare ri-

sultato su richiesta dei ragazzi. Questo recupero viene effettuato nelle ore pomeridiane.

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FASI E TEMPI

L’unità didattica è suddivisa in 9 lezioni, per un totale di 14 ore che possono diventare 16 pre-

vedendo 2 ore di recupero, oltre quello previsto durante la correzione della verifica sommativa.

Nel seguente schema riporto le fasi sintetizzate, in relazione alle ore, ai contenuti e alle metodo-

logie.

SCHEMA RIASSUNTIVO

LEZIONE CONTENUTI METODOLOGIE E STRUMENTI ORE

1° Equivalenza

Introduzione al concetto di equivalenza suppor-

tato da esperienze spaziali. Lezione interatti-

va/frontale.

1h

2° Equiscomponibilità Aula: laboratorio povero 2h

Criteri per stabilire

l’equivalenza di particolari

poligoni

Aula: utilizzo della lavagna e di gessi colorati 2h

4° Verifiche individuali ed eser-

cizi Verifiche 1h

5° Il I teorema di Euclide ed il

teorema di Pitagora Aula: utilizzo della lavagna e di gessi colorati 2h

6° II teorema di Euclide

Teorema di Pappo Lezione frontale. 1h

Verifiche individuali ed eser-

cizi: inverso del II teorema di

Euclide

Verifiche individuali

Esercitazioni in vista della prova sommativa 1h

8° Verifica sommativa Somministrazione di una prova di verifica delle

conoscenze e delle competenze acquisite. 2h

9° Restituzione del compito Correzione del compito ed eventuale recupero 2h

TOT 14h

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CONTENUTI E METODI NEL DETTAGLIO

1° LEZIONE: EQUIVALENZA (1 h)

Nella prima parte della lezione, che è di tipo interattivo e laboratoriale (“laboratorio povero”),

si parte dai concetti di superficie piana e di estensione di una superfici piana; tali concetti ven-

gono assunti come primitivi. La lezione è arricchita da riferimenti storici. Essa inizia con una

discussione – dibattito per poi sfociare nella formalizzazione del concetto tramite l’introduzione

degli assiomi.

ESTENSIONE DI UNA SUPERFICIE PIANA

Si cerca di dare un’idea intuitiva di tali concetti, attraverso esperienze spaziali. In questo conte-

sto l’insegnante mostra delle figure ritagliate da un cartoncino colorato, le pone su di un piano,

cercando di dare, attraverso l’immagine visiva, l’idea di ciò che viene chiamata superficie piana.

Dopo una breve riflessione si formalizza tale concetto con la seguente definizione: si chiama su-

perficie piana limitata quella parte di piano delimitata da una linea chiusa.

Per quanto riguarda il concetto di estensione di una superficie piana possiamo pensare alla

quantità di vernice necessaria per colorare una sottile lamina o il cartoncino.

Nel passare al concetto di equivalenza è bene sollecitare l’interesse del giovane con domande –

stimolo del tipo “Cosa si intende per equivalenza?” Le possibili risposte a questa domanda pos-

sono aiutarci a capire se sono presenti, nei ragazzi, dei misconcetti a riguardo, ossia interpreta-

zioni errate di informazioni ricevute precedentemente. Infatti nel linguaggio comune dire che due

oggetti sono equivalenti significa che sono uguali. E’ importante precisare che in matematica il

concetto di uguaglianza è associato a quello di congruenza mentre il concetto di equivalenza im-

plica un’uguaglianza di aree. Ci si limita ad una definizione intuitiva di estensione superficiale (o

area) di una superficie piana, assumendo tale concetto come primitivo. Chiaramente due superfi-

ci uguali, cioè perfettamente sovrapponibili, mediante un movimento rigido, avranno la stessa

estensione.

fig. 1

A B C

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Premesso ciò, si può passare alla seguente definizione:

DEFINIZIONE DI SUPERFICI EQUIVALENTI

Due superfici A e B si dicono equivalenti, se hanno la stessa estensione, ed in simboli si scrive:

BA =&

Questo concetto può risultare ancora più chiaro se si confrontano due superfici che possono ave-

re la stessa estensione pur avendo forme diverse. Se, per esempio, per ricoprire due pavimenti

diversi (uno di forma quadrata ed uno di forma rettangolare) occorre lo stesso numero di matto-

nelle (tutte dello stesso tipo), allora le superfici dei due pavimenti hanno la stessa estensione.

fig. 2

CURIOSITÀ STORICHE

Nella didattica può essere utile fornire una breve nota storica per stimolare maggior interesse. Si

può così far presente ai ragazzi che il concetto di equivalenza è presente fin dai tempi più antichi;

probabilmente si presentò all’uomo quando cominciò a vivere in comunità pressoché sedentarie.

Problemi relativi all’equivalenza erano già stati riscontarti dagli antichi Egizi: tutte le volte che il

Nilo ritirava le sue acque dopo un’inondazione essi dovevano ricostruire campi di estensione u-

guale a quella che gli stessi campi avevano in precedenza. La geometria nacque dal confronto di

estensioni di terreno. L’importanza data a tali questioni risulta palese non solo dalle notizie che

abbiamo sulla scienza egiziana, ma anche dal fatto che la scuola di Pitagora si occupò special-

mente di quella parte della geometria che oggi si chiama “Teoria dell’equivalenza”. E’ noto che

gli antichi Cinesi avevano trovato formule relative all’area del triangolo e del trapezio. Anche i

Babilonesi sapevano determinare aree di trapezi, triangoli e cerchi. Ma ciò che ci interessa in

questo contesto non è la misura dell’estensione di una superficie piana. Fu solo con i Greci che il

problema dell’area venne affrontato sistematicamente, soprattutto per i poligoni, attraverso la

scomposizione degli stessi in parti congruenti.

POSTULATI

A questo punto, per sviluppare razionalmente l’argomento, è possibile introdurre dei postulati

che si riferiscono all’equivalenza:

Primo postulato: due superfici congruenti sono equivalenti

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In questo contesto occorre precisare, con i ragazzi, che l’asserzione inversa non è sempre vera in

quanto non è detto che due superfici equivalenti siano uguali! A questo proposito si possono

considerare due quadrati (di cartoncino) congruenti; ne tagliamo uno in due triangoli rettangoli

che possiamo successivamente accostare fra loro lungo un cateto. Otteniamo un quadrato ed un

triangolo fra loro equivalenti, perchè hanno la stessa estensione, ma NON congruenti (fig. 3).

Secondo postulato: l’equivalenza delle superfici piane gode delle seguenti proprietà:

a) Ogni superficie piana è equivalente a se stessa, cioè AA =& (proprietà riflessiva).

b) Se una superficie è equivalente ad un’altra, la seconda è equivalente alla prima, cioè

se BA =& , anche AB =& (proprietà simmetrica).

c) Due superfici equivalenti ad una terza, sono equivalenti fra loro, cioè se BA =& e

CB =& , anche CA =& (proprietà transitiva).

Poiché gode delle suddette proprietà tale relazione si definisce relazione d’equivalenza. Queste

proposizioni sono basate sull’intuizione e possono essere giustificate ricorrendo alle considera-

zioni fatte precedentemente per chiarire il concetto di superfici con uguale estensione.

Prima di dare gli altri postulati è bene precisare cosa si intende per somma e differenza di super-

fici piane:

� se due figure A e B non hanno punti in comune, o hanno comuni solamente parti del loro

contorno, si definisce loro somma la figura formata dall’unione dei punti di A e di B. Tale

somma si indica con A+B ( fig. 4. a).

� se la superficie C è la somma delle superfici A e B, si dice che A è la differenza fra C e B e si

scrive C – B. ( fig. 4. a).

a) fig. 4 b)

A questo punto si possono enunciare i seguenti:

fig. 3

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Terzo postulato: somme e differenze di superfici equivalenti sono equivalenti

Per esempio: le parti in cui il triangolo della figura 5.a viene scomposto, sono disposte in

modo da formare il rettangolo della figura 5.b. Quindi i due poligoni sono equivalenti perchè

si ottengono sommando superfici uguali e quindi equivalenti.

fig. 5

a) b)

Prendiamo un cartoncino e ritagliamolo lungo la linea tratteggiata (fig. 6.a). Posizioniamo la

superficie B come in figura 6.b. Le due superfici, il quadrato e la superficie di figura 6.b, so-

no equivalenti per somma.

fig. 6

Quarto postulato: la somma di superfici gode delle seguenti proprietà:

a) ABBA +=+ & (proprietà commutativa)

b) )CB(AC)BA( ++=++ & (proprietà associativa)

Possiamo pensare di confrontare le estensioni di due superfici. Da uno stesso cartoncino, rita-

gliamo due figure A e B. Dal confronto può risultare:

BA > o BA =& o BA <

Al confronto fra superfici si riferisce il quinto postulato:

Quinto postulato: una superficie non può essere equivalente ad una sua parte.

Questo postulato è detto Postulato di De Zolt. Quando una superficie A risulta avere

un’estensione maggiore di una superficie B, si dice che A è prevalente a B, oppure che B è suv-

valente ad A. Il significato di questo postulato è di difficile comprensione. In particolare, l’appa-

rente banalità dell’enunciato contrasta con la delicatezza del concetto che si nasconde dietro al

postulato stesso e che gli stessi matematici hanno sciolto solo nella seconda metà dell’800.

A

B B

A

a) b)

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2° LEZIONE: EQUISCOMPONIBILITÀ (2 h)

Lo scopo di questa lezione è quello di condurre pian piano lo studente al concetto di equiscom-

ponibilità . Per rendere l’argomento più stimolante si cercherà di sollecitare la naturale curiosi-

tà del giovane incentrando il processo di insegnamento – apprendimento sul metodo della sco-

perta. A questo proposito ho allora pensato di trasformare questa lezione in un’attività di labo-

ratorio “povero”. Si cercherà di trasformare l’apprendimento di un così importante concetto in

“gioco”: l’idea di scomposizione di una figura piana in parti congruenti viene data attraverso il

TANGRAM che si presta bene al lavoro di gruppo e che alcuni hanno incontrato nel ciclo infe-

riore.

COS’È IL TANGRAM? COMINCIAMO DALLA STORIA

Il Tangram è un antichissimo gioco cinese che risale al 740-730 a.C.. Si diffuse rapidamente nel

vasto impero cinese con il nome di “tavoletta della verità”, fino a diventare persino un oggetto di

culto. Nel 1800 il gioco arriva in Europa e trova appassionati in tutto il continente, basta pensare

che Napoleone divenne un accanito giocatore di Tangram durante il suo esilio nell’isola di

Sant’Elena.

Per costruire un Tangram si prende un cartoncino colorato di for-

ma quadrata e lo si taglia a metà lungo una diagonale; si prende il

primo dei due triangoli ottenuti e lo si divide nuovamente a metà.

Si ricavano così due triangoli più piccoli che sono i primi due tan.

Si ritaglia il secondo triangolo rimasto (quello grande) seguendo

una linea che unisce i punti medi dei cateti, si otterranno un trian-

golo, che rappresenta il terzo tan, e un trapezio.

Si prende il trapezio ottenuto e si ritaglia lungo una linea perpendicolare che unisce un’estremità

della base minore del trapezio a quella maggiore, si ottengono un triangolo (quarto tan) e un tra-

pezio rettangolo. Si ritaglia quest’ultimo dividendo a metà la base minore del trapezio e trac-

ciando, per quel punto, la sua perpendicolare; si ottiene così un quadrato (quinto tan). Infine,

con un ultimo taglio parallelo al lato obliquo del trapezio rimasto, otteniamo gli ultimi due pezzi:

un piccolo triangolo ed un parallelogramma.

In sostanza, da un quadrato, si ottengono sette figure geometriche, con le quali si possono co-

struire altre figure dal contorno dato. Giocare con il Tangram può sembrare facile, soprattutto

quando lo si vede già assemblato sotto forma di quadrato, ma si trova difficoltà a comporre un

quadrato una volta tolti i pezzi dalla scatola. Il Tangram non è un rompicapo come tanti altri: do-

fig. 7

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po averci giocato un po’, i ragazzi possono apprezzare la sottile eleganza con cui è stato diviso il

quadrato. E’ possibile rappresentare lo stesso oggetto in posizioni differenti.

L’approccio materiale è utile dal punto di vista metodologico, in quanto aiuta la comprensione di

determinati concetti, derivandoli dall’esperienza.

Introdotte, allora le regole del gioco, si formano dei gruppi che lavoreranno alla costruzione del

Tangram. Dopo aver realizzato il Tangram, verrà consegnato un foglio con delle immagini da re-

alizzare e al termine dell’attività ogni gruppo mostrerà al resto della classe i disegni ottenuti. A

questo punto si può far riflettere i ragazzi sul fatto che di tutte le immagini create, anche se lon-

tane dalle figure geometriche elementari, si può determinare l’estensione in quanto ciascuna di

esse è equivalente al quadrato di partenza.

POLIGONI EQUISCOMPONIBILI

Due poligoni si dicono equiscomponibili se possono essere suddivisi in un numero finito di poli-

goni a due a due congruenti.

Considerato un ottagono (in cartoncino) e la figura composta da una successione di rombi creati

unendo gli spicchi colorati dell’ottagono, ho due figure equicomposte:

Con il gioco del Tangram i ragazzi si rendono subito conto che se due poligoni piani sono equi-

scomponibili allora essi saranno anche equivalenti (Teorema di Bolyai - Gerurin). Questo studio

risale a tempi piuttosto recenti: XIX secolo. E bene precisare che il viceversa vale SOLO nel

PIANO, non si può estendere ai solidi nello spazio. Tale questione fu inclusa nella lista di pro-

blemi posti da Hilbert nel 1900 e fu risolta nel 1903 da Dehn, il quale mostrò che esistono due

tetraedri di ugual volume che non possono essere decomposti in parti a due a due uguali. Anche

fig. 8

fig. 9

ESEMPI DI FIGURE COSTRUITE CON IL TANGRAM

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se consideriamo un cerchio di raggio 1 ed un quadrato, essi non sono equiscomponibili ma pos-

sono essere equivalenti: basta che il quadrato abbia lato pari a π . Quindi nel caso in cui le fi-

gure a cui ci si riferisce non sono necessariamente poligoni, allora l’equiscomponibilità diventa

condizione sufficiente ma non necessaria per l’equivalenza.

PER CASA: studiare quanto visto a lezione

3° LEZIONE: COPPIE DI POLIGONI EQUIVALENTI (2h)

La lezione inizia con un breve riepilogo dei concetti affrontati nella lezione precedente. Tale rie-

pilogo è però fatto dai ragazzi, in modo tale che l’insegnante possa capire se i concetti sono stati

appresi o meno, effettuando delle valutazioni. Il resto della lezione viene poi dedicato agli enun-

ciati dei teoremi relativi all’equivalenza di coppie di poligoni con determinate caratteristiche.

Saranno utilizzati la lavagna e gessi colorati.

TEOREMA 1

Se due parallelogrammi hanno congruenti le basi e le altezze corrispondenti, allora sono equi-

valenti.

dim.:

Si considerino i parallelogrammi ABCD e MNPQ. Sopra il lato AB e dalla stessa parte di ABCD

si costruisca il parallelogrammo ABEF congruente a MNPQ: per la proprietà transitiva basterà

provare l’equivalenza dei parallelogrammi ABCD e ABEF.

Poiché hanno la stessa altezza, i lati CD ed EF, opposti alla base AB si troveranno sopra una me-

desima retta parallela alla base stessa. Si possono distinguere tre casi:

a) i lati CD ed EF hanno una parte comune, sono cioè parzialmente sovrapposti;

fig. 10

fig. 11

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b) i lati CD ed EF hanno un estremo in comune;

c) i lati CD ed EF non hanno nessun punto in comune.

Per ogni caso, si considerino i due triangoli AFD e BEC e si osservi che:

EBCFAD ≅ perché angoli con i lati paralleli e concordi

BEAF

BCAD perché lati opposti di un parallelogramma

quindi saranno congruenti per il 1° criterio di congruenza.

In ciascuno dei tre casi i due parallelogrammi ABCD e ABEF si ottengono togliendo al trapezio

ABCF rispettivamente i triangoli BEC ed AFD, tra loro congruenti. Allora per

l’equiscomponibilità ABCD e ABEF sono fra loro equivalenti. Per la proprietà transitiva

dell’equivalenza si ha:

MNPQABCDABEFABCD =⇒= && (c.v.d.)

COROLLARIO

Ogni parallelogrammo è equivalente ad un rettangolo avente base ed altezza rispettivamente

congruenti.

fig. 14

fig. 12

fig. 13

E ≡ D

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fig. 15

TEOREMA 2

Un triangolo è equivalente ad un parallelogrammo che abbia per base metà base del triangolo e

per altezza la stessa altezza del triangolo.

dim.

Per il primo teorema, se dimostriamo l’equivalenza fra ABC ed un qualsiasi parallelogrammo che

abbia per base metà base del triangolo e per altezza la stessa altezza del triangolo, allora avremo

dimostrato l’equivalenza fra ABC e tutti i parallelogrammi aventi per base metà base del triango-

lo e per altezza la stessa altezza del triangolo.

Tra tutti i possibili parallelogrammi con le caratteristiche richieste, ne costruiamo uno particolare

(perché risulterà di facile trattazione): dal punto medio D della base AB si conduca la parallela al

lato AC, che incontrerà in E la parallela al lato AB condotta per il vertice C.

Detto F il punto di intersezione dei segmenti BC e DE, i triangoli BDF e CFE sono congruenti

per il 1° criterio di congruenza avendo:

FBCF ≅ perché la parallela al lato AC condotta dal punto medio D di AC incontra il lato BC nel

suo punto medio F

DBCE ≅ perché entrambi congruenti ad AD

fig. 17

fig. 16

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DBFECF ≅ perché angoli alterni interni individuati dalla trasversale BC con le rette parallele

AB e CE. Allora il parallelogramma ADEC ed il triangolo ABC sono equivalenti perché equi-

scomponibili, infatti sono composti dal trapezio comune ADFC e dai due triangoli FEC e DBF

ordinatamente congruenti. Per la transitività:

MNPQABCADECABC =⇒= && (c.v.d.)

COROLLARIO

Due triangoli aventi basi ed altezze congruenti sono equivalenti.

TEOREMA 3

Un trapezio è equivalente ad un triangolo avente base congruente alla somma delle basi del tra-

pezio ed altezza congruente.

dim.

Per il corollario del secondo teorema, se dimostriamo l’equivalenza fra ABCD ed un qualsiasi

triangolo che abbia base congruente alla somma delle basi del trapezio e per altezza la stessa al-

tezza del trapezio, allora avremo dimostrato l’equivalenza fra ABCD e tutti i triangoli aventi base

congruente alla somma delle basi del trapezio ed altezza congruente all’altezza del trapezio.

Eseguiamo la seguente costruzione: sul prolungamento della base AB si prenda il segmento BE

congruente alla base CD e si congiunga D con E.

Detto F il punto di intersezione dei segmenti BC e DE, i triangoli DFC e EFB risultano con-

gruenti per il 2° criterio di congruenza avendo:

BEDC ≅ per costruzione

FBEFCD ≅ perché angoli alterni interni formati dalle parallele DC e AE con la trasversale CB

FEBFDC ≅ perché angoli alterni interni formati dalle parallele DC e AE con la trasversale DE.

fig. 18

fig. 19

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Allora il trapezio ABCD ed il triangolo ADE sono equivalenti perché equiscomponibili, infatti

sono composti dal quadrilatero comune ABFD e dai due triangoli DFC e EFB ordinatamente

congruenti:

MNPABCDADEABCD =⇒= &&

(c.v.d.)

TEOREMA 4

Un quadrilatero aventi le diagonali perpendicolari è equivalente alla metà del rettangolo avente

dimensioni uguali alle diagonali del quadrilatero.

dim. :

Sia ABCD un quadrilatero le cui diagonali AC e BD sono

perpendicolari. Le parallele alle diagonali, condotte per i

vertici del quadrilatero determinano, intersecandosi, un

rettangolo MNPQ le cui dimensioni sono uguali alle dia-

gonali del quadrilatero. La diagonale AC divide ABCD in

due triangoli ACD e ABC. Il triangolo ACD è equivalente

alla metà del rettangolo MACQ, avente la sua stessa base

AC e stessa altezza OD.

Il triangolo ABC è equivalente alla metà di ACPN avente stessa base AC e stessa altezza OB. Il

quadrilatero ABCD è equivalente alla metà di MNPQ, somma dei due rettangoli MACQ e ACPN

avendo una dimensione uguale ad AC e l’altra uguale a BD = OD + OB.

ROMBO

Caso particolare del teorema precedente è il seguente corollario:

Un rombo è equivalente alla metà di un rettangolo avente di-

mensioni uguali alle diagonali del rombo.

In questo contesto si chiedono ai ragazzi alcune proprietà dei quadrilateri: la definizione di rom-

bo e le sue proprietà e più in generale la definizione di parallelogramma e sue proprietà. Con i

ragazzi si riassumono le conoscenze sui quadrilateri particolari con la simbologia insiemistica,

visualizzando con un diagramma di Venn.

fig. 20

fig. 21

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TEOREMA 5 ( SENZA DIM.)

Ogni poligono circoscritto ad una circonferenza è equivalente ad un triangolo avente per base il

perimetro del poligono e per altezza il raggio della circonferenza1.

Alla fine della lezione verrà fatto il punto della situazione. Riassumendo quanto detto, infatti,

abbiamo dimostrato come, a partire da un parallelogrammo, sia possibile costruirsi un triangolo

ad esso equivalente e come, a partire da un triangolo, sia invece possibile costruirsi un trapezio

equivalente.

ESERCIZI PER CASA:

1. Disegna un parallelogramma ABCD e prendi sulla

diagonale minore AC un punto E qualunque. Unisci

E con B e D (vedi figura). Dimostra

che DECBEC =& .

2. Tra un parallelogramma P ed un triangolo T con altezze uguali e tali che la base di P è la

quarta parte di quella di T, quale relazione sussiste? Motiva la risposta.

3. Un triangolo e un rettangolo possono essere equivalenti?

4° LEZIONE: VERFICHE INDIVIDUALI ED ESERCIZI (1h)

La lezione ha inizio con la verifica degli esercizi assegnati precedentemente per casa e continue-

rà con verifiche individuali, utili all’insegnante per monitorare il processo di apprendimento. Di

seguito sono riportate alcune soluzioni

CORREZIONE ESERCIZI:

1. Disegna un parallelogramma ABCD e prendi sulla

diagonale minore AC un punto E qualunque. Unisci

E con B e D (vedi figura). Dimostra

che DECBEC =& .

1 Sia ABCDE il poligono circoscritto alla circonferenza di centro O e raggio r e PUV il triangolo avente la base PU congruente alla somma dei

segmenti PQ, QR, RS, ST e TU, rispettivamente congruenti ai lati AB, BC, CD, DE e EA del poligono, e avente l’altezza VH congruente a r.

Dimostreremo che il triangolo PUV è equivalente al poligono ABCDE.

Il triangolo ed il poligono risultano composti di triangoli a due a due equivalenti per avere basi ed altezze congruenti (corollario del secondo teo-

rema), pertanto sono equiscomponibili, e dunque equivalenti. c.v.d.

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Si considerino i triangoli BEC e DEC sulla stessa base EC. Essi sono somma di triangoli fra loro

equivalenti. Infatti, detto O il punto di incontro delle diagonali si ha:

� OCDOCB =& , perchè hanno basi congruenti OBOD ≅ (in quanto le diagonali di un paralle-

logramma si dividono scambievolmente a metà) e stessa altezza dal vertice E alle basi consi-

derate;

� OEBOED =& perchè hanno basi congruenti OBOD ≅ (in quanto le diagonali di un paralle-

logramma si dividono scambievolmente a metà) e stessa altezza dal vertice E alle basi consi-

derate;

Allora i triangoli BEC e DEC sono equivalenti in quanto somma di triangoli equivalenti.

2. Tra un parallelogramma P ed un triangolo T con altezze uguali e tali che la base di P è

la quarta parte di quella di T, quale relazione sussiste? Motiva la risposta.

I ragazzi tendono a risolvere questo problema algebri-

camente, ricordando dalla scuola media le formule per

il calcolo delle aree. Non è sbagliato, ma si presuppone

che i ragazzi non conoscano ancora il concetto di misu-

ra. Si preferisce allora ragionare come segue:

se si considera il punto medio M di AE (base del triangolo T) e su AM si costruisce un nuovo pa-

rallelogramma AMND (P*) per il 2° teorema sui poligoni equivalenti si ha che: TP =&* . Allora

si intuisce facilmente che TP2

1=& .

3. Un triangolo e un rettangolo possono essere equivalenti?

Sì, se il rettangolo ha un lato congruente a metà della base e l’altro all’altezza del triangolo.

Dopo la correzione degli esercizi le verifiche proseguono con altri esercizi e domande di teoria,

dimostrazione di teoremi....

5° LEZIONE : IL PRIMO TEOREMA DI EUCLIDE E IL TEOREMA DI PITAGORA (2h)

In questa lezione saranno trattati noti teoremi relativi all’equivalenza di particolari poligoni: il

primo teorema di Euclide, il teorema di Pitagora e il secondo teorema di Euclide. I teoremi ver-

ranno dimostrati alla lavagna con l’ausilio di gessi colorati. Per affrontare tali dimostrazioni gli

studenti devono essenzialmente ricordare i criteri di congruenza dei triangoli, la definizione e le

proprietà (in particolare quella transitiva) dell’equivalenza ed i teoremi sull’equivalenza tra po-

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ligoni. In realtà i ragazzi già conoscono le relazioni metriche di tali teoremi, quindi per facili-

tarne la comprensione si può pensare di ricordare tali relazioni.

PRIMO TEOREMA DI EUCLIDE

In ogni triangolo rettangolo, il quadrato costruito su un cateto è equivalente al rettangolo che

ha per lati l’ipotenusa e la proiezione del cateto stesso sull’ipotenusa.

Hp: ABC è un triangolo rettangolo in C. Th: ),()( ABAHRACQ =&

dim.:

Dato il triangolo ABC, rettangolo in C, disegniamo il

quadrato ACDE sul lato AC ed il rettangolo AFGH, che

ha per lati l’ipotenusa AB e la proiezione AH del cateto

AC sull’ipotenusa.

Prolunghiamo i lati FA e GH del rettangolo AFGH, fi-

no a incontrare il prolungamento del lato ED del qua-

drato ACDE rispettivamente nei punti M e N. Si os-

servi, innanzitutto, che il quadrilatero ACNM è un pa-

rallelogramma, perché ha i lati opposti paralleli per co-

struzione.

I triangoli ABC e AME sono congruenti per il secondo cri-

terio, perché hanno AEAC ≅ perchè lati di uno stesso

quadrato e AEMBCA ˆˆ ≅ . Inoltre BACMAE ˆˆ ≅ dello stesso

angolo CAM ˆ . In particolare, allora, hanno AB ≅ AM. Il

parallelogramma ACNM e il quadrato ACDE hanno la

stessa base AC e la stessa altezza AE, quindi sono equiva-

lenti.

Il parallelogramma ACNM e il rettangolo AFGH hanno le basi congruenti (AM ≅ AF perché en-

trambe congruenti all’ipotenusa AB) e la stessa altezza AH, quindi sono equivalenti. Poiché

ACNMACDE =& e ACNM =& AFGH, per la proprietà transitiva dell’equivalenza si ha che :

ACDE =& AFGH, ovvero ),()( ABAHRACQ =& .

fig. 22

fig. 23

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In maniera analoga, eseguendo la costruzione sul cateto BC, si può dimostrare che

),()( ABHBRBCQ =& . (c.v.d.)

TEOREMA DI PITAGORA

In un triangolo rettangolo, il quadrato costruito sull’ipotenusa è equivalente alla somma dei

quadrati costruiti sui cateti.

Hp: ABC è un triangolo rettangolo in C. Th: )()()( BCQACQABQ +=&

Dim.:

Disegniamo i tre quadrati Q(AC), Q(BC) e Q(AB) ri-

spettivamente sui lati AC, BC e AB del triangolo rettan-

golo ABC. Tracciamo l’altezza CH del triangolo e pro-

lunghiamola in modo da scomporre il quadrato Q(AB)

nei due rettangoli R(AH, AB) e R(BH, AB). Per costru-

zione, quindi, si ha ),(),()( ABBHRABAHRABQ +=& .

Poiché i segmenti AH e BH sono rispettivamente le

proiezioni dei cateti AC e BC sull’ipotenusa AB, si può

applicare il primo teorema di Euclide:

),()( ABAHRACQ =& e ),()( ABBHRBCQ =& .

Poiché somme di figure equivalenti sono equivalenti, risulta:

),(),()()( ABHBRABAHRBCQACQ +=+ &

Per la proprietà transitiva dell’equivalenza si ha: )()()( BCQACQABQ +=& . (c.v.d.)

A questo punto per esercizio l’insegnante propone ai ragazzi di dimostrare che vale l’inverso del

teorema di Pitagora. L’esercizio viene svolto da un ragazzo alla lavagna, con l’aiuto

dell’insegnante.

TEOREMA INVERSO DI PITAGORA

Un triangolo è rettangolo se il quadrato costruito su un lato è equivalente alla somma dei qua-

drati costruiti sugli altri due lati.

Hp: )()()( BCQACQABQ +=& Th: ABC è un triangolo rettangolo in C.

fig. 24

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21

dim:

Disegniamo il triangolo rettangolo DEF avente i cateti DF ed

EF rispettivamente congruenti ai lati AC e BC del triangolo

ABC. Applicando il teorema di Pitagora al triangolo rettango-

lo DEF, si ha :

)()()( EFQDFQDEQ +=&

Ma, poiché DF ≅ AC e EF ≅ BC per costruzione, si ha che:

)()( ACQDFQ =& e )()( BCQEFQ =&

Poiché somme di figure equivalenti sono equivalenti, risulta:

)()()()( BCQACQEFQDFQ +=+ &

Dal momento che, per ipotesi, )()()( BCQACQABQ +=& , applicando la proprietà transitiva della

equivalenza si ottiene che )()( EDQABQ =& ; quindi deve essere anche AB ≅ DE.

I due triangoli ABC e DEF, avendo i tre lati congruenti, sono congruenti per il terzo criterio; per-

tanto anche i loro angoli corrispondenti sono congruenti. In particolare, allora, FC ˆˆ ≅ . Quindi il

triangolo ABC è rettangolo in C. (c.v.d.)

OSSERVAZIONE

Si fa notare ai ragazzi che il Teorema di Pitagora esprime il fatto che: “Essere triangolo rettango-

lo è condizione sufficiente affinché valga la condizione pitagorica” o, equivalentemente che: “La

relazione pitagorica è condizione necessaria affinché il triangolo sia rettangolo”. Il teorema di Pi-

tagora non esprime quindi una condizione necessaria e sufficiente, ma affinché questo avvenga è

necessario dimostrarne il teorema inverso. Analoghe considerazioni potranno essere fatte per i

teoremi di Euclide. Nell’invertire un teorema bisogna fare attenzione: può infatti capitare che lo

studente assuma implicitamente la tesi per dimostrarla. Ciò dal punto di vita logico è inaccettabi-

le in quanto costituisce un circolo vizioso.

Negli Elementi, Euclide ha enunciato (proposizione VI, 31 degli Elementi) la generalizzazione

del teorema di Pitagora: nei triangoli rettangoli la figura descritta sul lato opposto dell’angolo

retto è uguale alla somma delle figure simili e similmente descritte sui lati che comprendono

l’angolo retto.

fig. 25

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fig. 26

CURIOSITÀ

Pitagora è il secondo matematico greco che si incontra dopo Talete, e come Talete, è una figura

avvolta nella leggenda. Pitagora, profeta e mistico, nacque verso il 575 a.C. a Samo, una delle

isole del Dodecanneso, non lontano da Mileto, Patria di Talete. Il fatto che Pitagora rimanga una

figura molto oscura, è dovuto alla perdita di documenti di quel tempo, infatti le notizie che si

hanno su di lui e sulle sue scoperte sono basate sulla tradizione e non su documenti storici. Il teo-

rema che viene associato al nome di Pitagora molto probabilmente aveva origini babilonesi. Per

giustificare la denominazione di Teorema di Pitagora, è stata avanzata l’ipotesi che i pitagorici

siano stati i primi a fornirne una dimostrazione; ma tale congettura non offre possibilità di verifi-

ca. Diverse sono le dimostrazioni del “Teorema di Pitagora”: quella fornita in questo contesto

sfrutta l’equivalenza fra le figure piane.

ESERCIZI PER CASA:

1. Dimostrate che nel triangolo ABC∆

rettangolo in A, presi due punti D ed E sui lati AB e

AC rispettivamente, la somma dei quadrati costruiti sui segmenti EB e DC è equivalente

alla somma dei quadrati costruiti sull’ipotenusa CB e ED.

2. Consideriamo un triangolo ABC, sui lati AB e BC costruiamo due parallelogrammi

BCDE e ABFG, i cui lati DE e FG, prolungati si incontrino nel punto H. Tiriamo la retta

HB che incontri in I la base AC. Preso il segmento IL, sulla retta che passa per H e per B,

congruente ad HB, costruiamo il parallelogrammo ACMN, con i lati AM e CN paralleli a

IL e ad esso congruenti. Questo parallelogrammo è equivalente alla somma di BCDE e

AFGB.

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6° LEZIONE (1h)

La lezione ha inizio con la correzione degli esercizi precedentemente assegnati per casa, tra i

quali il Teorema di Pappo. Infine si darà ai ragazzi la dimostrazione del II teorema di Euclide

CORREZIONE ESERCIZI:

1. Dimostrate che nel triangolo ABC∆

rettangolo in A, presi due punti D ed E sui lati AB e

AC rispettivamente, la somma dei quadrati costruiti sui segmenti EB e DC è equivalente

alla somma dei quadrati costruiti sull’ipotenusa CB e ED.

Per il Teorema di Pitagora applicato ai triangoli ABC,

EAD, CAD, EAD, tutti rettangoli in A, si ha:

)()()(

)()()(

)()()(

)()()(

EAQABQEBQ

ADQACQCDQ

ADQEAQEDQ

ACQABQBCQ

+=

+=

+=

+=

&

&

&

&

Sommando le ultime due tra loro e le prime due tra loro, si ha:

)()()()()()()()()(

)()()()()()()()()(

EDQACQABQEAQADQACQABQEDQBCQ

EDQACQABQEAQABQADQACQEBQCDQ

++=+++=+

++=+++=+

&&

&&

Confrontando queste ultime due relazioni si giunge alla tesi:

)()()()( EDQBCQEBQCDQ +=+ &

2. Consideriamo un triangolo ABC, sui lati AB e BC costruiamo due parallelogrammi

BCDE e ABFG, i cui lati DE e FG, prolungati si incontrino nel punto H. Tiriamo la retta

HB che incontri in I la base AC. Preso il segmento IL, sulla retta che passa per H e per

B, congruente ad HB, costruiamo il parallelogrammo ACMN, con i lati AM e CN paral-

leli a IL e ad esso congruenti. Questo parallelogrammo è equivalente alla somma di

BCDE e AFGB.

Per dimostrarlo prolunghiamo i lati CN, fino a incontrare in

O il segmento DE, e AM, fino a incontrare in P il segmento

FG. Il parallelogrammo BCDE è equivalente al parallelo-

grammo BCOH, dato che hanno la stessa base BC e stanno

tra le rette parallele BC e HD.

A C

BE

D

G

F

H

I

LM N

OP

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Per lo stesso motivo BCOH è equivalente a ICNL, dato che la base HB è congruente a IL per

costruzione e stanno tra le parallele HL e OC. Di conseguenza i parallelogrammi BCDE e ICNL

sono equivalenti ed, in modo analogo, risultano equivalenti anche AFGB e AILM. Dunque la

somma di BCDE e AFGB è equivalente a ACML. (c.v.d.)

Quanto appena dimostrato prende il nome di teorema di Pappo (matematico greco del V secolo

d.C.). Esso può essere visto come una generalizzazione del teorema di Pitagora, in quanto si ap-

plica ad un triangolo qualsiasi. Infatti se l’angolo in B è retto e BCDE e AFGB sono due quadra-

ti, il segmento HB, e dunque IL, è congruente all’ipotenusa AC (dato che GBEH è un rettangolo

con i lati congruenti ai cateti) e la retta HL è perpendicolare ad AC, per cui il parallelogrammo

ACNM è il quadrato dell’ipotenusa. Questo teorema viene anche detto “Teorema di Pitagora al

sole”:se mettiamo al sole la figura pitagorica, nella sua ombra il triangolo non è più rettangolo e i

quadrati diventano parallelogrammi, ma la loro area è doppia di quella del quadrato da cui pro-

viene. Questo mi dice che vale la proprietà pitagorica.

SECONDO TEOREMA DI EUCLIDE

In ogni triangolo rettangolo, il quadrato costruito sull’altezza relativa all’ipotenusa è equivalen-

te al rettangolo che ha per lati le proiezioni dei cateti sull’ipotenusa.

Ipotesi: ABC è un triangolo rettangolo in C. Tesi: ),()( HBAHRCHQ =&

dim.

Si costruisca il quadrato Q(AC) sul lato AC ed il rettangolo

ANMH come si è fatto per il primo teorema di Euclide (in

figura il rettangolo R(AH,AB)); si prenda poi sopra HM un

segmento AHHP ≅ e da P si conduca la parallela ad AH

fino ad incontrare in Q il segmento AN.

Il quadrilatero AQPH costruito in tal modo è un quadrato

(in figura è Q(AH)). Applicando il teorema di Pitagora al

triangolo AHC rettangolo in H, si ha:

)()()( CHQAHQACQ +=& .

Ma, per il primo teorema di Euclide, si ha:

),()( ABAHRACQ =& .

Quindi, confrontando le due relazioni; si ottiene: )()(),( CHQAHQABAHR +=& .

fig. 27

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Se si toglie da ambo i membri il quadrato Q(AH), poiché differenze di superfici equivalenti sono

equivalenti, si può scrivere: )(),( CHQHBAHR =& . Questa equivalenza dimostra il teorema, in

quanto ABHM ≅ , AHHP ≅ e risulta HBPM ≅ ; poiché AHPQ ≅ si vede che il rettangolo

R(AH,AB) ha per lati le proiezioni dei cateti AC e CB sull’ipotenusa. (c.v.d.)

ESERCIZI PER CASA:

Studiare quanto visto a lezione e dimostrare l’inverso del II teorema di Euclide:

Se in un triangolo il quadrato costruito sull’altezza relativa al lato maggiore è equivalente al

rettangolo che ha le dimensioni uguali alle proiezioni degli altri due lati sul primo, allora il

triangolo è rettangolo.

7° LEZIONE: ESERCIZI E VERIFICHE INDIVIDUALI (1h)

Questa lezione è interamente dedicata ad esercizi in vista della prova sommativa. Contempora-

neamente si intende verificare il processo di apprendimento tramite verifiche orali. La lezione ha

inizio con la correzione dell’esercizio assegnato precedentemente per casa e seguirà con doman-

de teoriche ed ulteriori esercizi. Di seguito è riportato lo svolgimento dell’esercizio per casa.

CORREZIONE ESERCIZI

Se in un triangolo il quadrato costruito sull’altezza relativa al lato maggiore è equivalente al

rettangolo che ha le dimensioni uguali alle proiezioni degli altri due lati sul primo, allora il

triangolo è rettangolo.

dim.:

Sia CH l’altezza relativa al lato maggiore AB di un triangolo ABC.

Per ipotesi il quadrato CHPN costruito su CH è equivalente al ret-

tangolo AHOT costruito in modo che HO = HB. Proviamo che

ACB è retto.

Dall’ipotesi segue:

CPHAOH =&

e COPAOP =&

ottenuti dai precedenti aggiungendo il triangolo OHP

AC // OP

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perchè i triangoli equivalenti AOP e COP, avendo la stessa base, avranno uguali le relative altez-

ze. Detto Q il punto comune alle rette OB e CP, si vede che i triangoli HPC e HOB sono rettan-

goli isosceli per cui, gli angoli HPC e HBO coincidono e sono pari alla metà di un angolo retto.

Inoltre HPC = QPB perchè opposti al vertice. Allora PQB è retto. Di conseguenza CQ e BH so-

no le due altezze del triangolo BCO, perciò ne individuano l’ortocentro P. Ne segue che la retta

OP è perpendicolare a BC e quindi la sua parallela AC è perpendicolare a BC. Quindi l’angolo

ABC è retto. (c.v.d.)

La lezione prosegue con verifiche individuali in cui vengono chiesti i teoremi dimostrati a lezio-

ne e la risoluzione di alcuni problemi, che servono ai ragazzi per esercitarsi in vista del compito

in classe.

8° LEZIONE: VERIFICA SOMMATIVA (2h)

1. Considera le seguenti figure:

Si può dire che le due figure sono congruenti? Equiscomponibili? Ed equivalenti?. Moti-

vare le risposte.

2. Dimostrare che un rettangolo è equivalente ad un triangolo avente la base e l’altezza ri-

spettivamente congruenti alla base e al doppio dell’altezza del rettangolo.

3. Dimostrare che due triangoli equivalenti e che hanno basi congruenti, hanno uguali anche

le altezze.

4. Disegna un triangolo rettangolo ABC di ipotenusa BC e il cateto minore AB. Sia M il

punto medio AB ed H il piede della perpendicolare condotta da M a BC. Dimostra che il

quadrato costruito su AC è equivalente alla differenza dei quadrati costruiti su CH e BH.

[Suggerimento: traccia la mediana CM.]

5. Enuncia e dimostra il II Teorema di Euclide.

6. Enuncia e dimostra l’inverso del I Teorema di Euclide

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9° LEZIONE:RESTITUZIONE DELLA PROVA (2h)

In questa lezione si riconsegnano ai ragazzi i compiti corretti, fornendo loro le opportune spiega-

zioni a riguardo. Si discutono gli errori, momento essenziale dell’attività formativa, cercando pe-

rò di sdrammatizzarli affinché gli alunni più deboli non si sentano frustati nei confronti di quelli

più bravi, ma acquistino senso di adeguatezza e fiducia nelle proprie capacità. Le principali diffi-

coltà incontrate dagli studenti si riscontrano nella lettura e nella comprensione del testo.

OSSERVAZIONI SUL COMPITO

La verifica si compone di sei problemi di differente difficoltà per permettere a tutti i ragazzi di

svolgerne almeno una parte. In particolare il primo, di semplice comprensione e svolgimento non

porta via tempo prezioso. Esso viene inserito per sdrammatizzare la verifica che verte soltanto su

argomenti di geometria, tipologia alla quale i ragazzi non sono abituati. L’ultimo quesito, richie-

de la capacità di saper invertire un teorema, enunciarlo correttamente, e saper individuare

l’opportuna strategia dimostrativa. In questo contesto lo studente dovrà fare attenzione a non ri-

cadere nell’errore di assumere implicitamente la tesi per dimostrarla: cosa che dal punto di vista

logico è inaccettabile perchè costituisce un circolo vizioso. Il compito è stato preparato dopo a-

ver scelto gli obiettivi da verificare. La scelta è avvenuta tenendo conto anche degli obiettivi ve-

rificati durante le verifiche individuali in itinere e dell’esito di tali verifiche. Nella tabella se-

guente sono riportate le corrispondenze fra gli obiettivi richiesti e i quesiti della prova:

OBIETTIVO

Esercizio

a) b) c) d) e) f) g) a.1) b.1) c.1) d.1) e.1) f.1) g.1) h.1)

1 •••• •••• •••• •••• ••••

2 •••• •••• •••• •••• •••• ••••

3 •••• ••••

4 •••• ••••

5 ••••

6 •••• ••••

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CRITERI DI VALUTAZIONE

Nella valutazione della prova si tiene conto di alcuni parametri e di attribuire un punteggio:

Nel dettaglio per ogni esercizio si può tener conto dei seguenti parametri:

ESERCIZIO PARAMETRI PUNTEGGIO

1 Rappresentazione e/o formalizzazione dei risul-

tati ottenuti 3

Rappresentazione dei dati noti 3 Individuazione della strategia risolutiva 2 2

Rappresentazione e/o formalizzazione dei risul-

tati ottenuti 3

Rappresentazione dei dati noti 3 Individuazione della strategia risolutiva 2 3

Rappresentazione e/o formalizzazione dei risul-

tati ottenuti 3

Rappresentazione dei dati noti 3 Individuazione della strategia risolutiva 2 4

Rappresentazione e/o formalizzazione dei risul-

tati ottenuti 3

Rappresentazione dei dati noti 3 Individuazione della strategia risolutiva 2 5

Rappresentazione e/o formalizzazione dei risul-

tati ottenuti 3

Rappresentazione dei dati noti 3 Individuazione della strategia risolutiva 2 6

Rappresentazione e/o formalizzazione dei risul-

tati ottenuti 3

Ho pensato di attribuire ad ogni quesito un punteggio. Il massimo punteggio raggiungibile è 43.

Volendo attribuire voti dal 3 al 10, si ha:

PARAMETRI PUNTEGGIO

Corretta

Completa Rappresentazione dei dati noti

Precisa

3

Corretta Individuazione della strategia risolutiva

Veloce 2

Corretta

Completa Rappresentazione e/o formalizzazione dei risultati

ottenuti Precisa

3

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rangePP

PPvotoVoto

g⋅

−+=

minmax

min

min

dove votomin = 3; Pg= punteggio grezzo dell’allievo; Pmin = 0; Pmax= 43; range = 10 – 3 = 7

Nella restituzione dei compiti, non viene dato ai ragazzi soltanto un voto sintetico, ma anche un

giudizio volto a orientare il ragazzo nel suo studio.

Il compito è stato svolto da 24 alunni, e i risultati raggiunti sono stati, nel complesso, positivi:

soltanto 2 le insufficienze gravi . La situazione rilevata è stata rappresentata dal seguente dia-

gramma a torta:

Risultati della verifica sommativa

Sufficiente Discreto

Lievemente

insuff iciente

Gravemente

insuff icienteOttimo

Buono

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BIBLIOGRAFIA

Bergamini, Trifone, Zagnoli; Corso di matematica 2 – Geometria, Ed. Zanichelli

Boyer Carl B., Storia della matematica, Milano, Mondadori, 2004

Dodero N., Baroncini P., Manfredi R., Lineamenti di geometria, Ghisetti e Corvi Editori, Milano

2000.

Domingo Paola, Claudio Romeni, Manuale di algebra, geometria, informatica, vol.2, Edizioni

Archimede

Lamberti L., Mereu L., Nanni A., Corso di matematica – Geometria ETAS, Milano, 2007

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