verso la nuova pac: agricoltura e sistema alimentare · una visione dell’europa moderna,...

46
VERSO LA NUOVA PAC: AGRICOLTURA E SISTEMA ALIMENTARE A cura di Andrea Gandiglio e Benedetta Musso UN PROGETTO DI

Upload: truongdieu

Post on 16-Feb-2019

217 views

Category:

Documents


0 download

TRANSCRIPT

VERSO LA NUOVA PAC:AGRICOLTURAE SISTEMA ALIMENTARE

A cura di Andrea Gandiglio e Benedetta Musso

UN PROGETTO DI

02UNA NUOVA PAC PER USCIRE DALLA CRISI

di Paolo De Castro

03UNA FIORITURA CULTURALE

DELLA CITTÀ di Enzo Lavolta

04VERSO UNA AGRICOLTURA

PIù SOSTENIBILE di Andrea Gandiglio

05ORTI URBANI, UNA STORIA CHE VIENE

DA LONTANO di Giancarlo Bounous

06UN VERDE URBANO MOLTO SMART

di Giustino Ballato

07PAC DOPO IL 2013 E PROGETTI DI FILIERA

di Paolo Rovellotti

08LA PAC SOSTENGA I VERI IMPRENDITORI

AGRICOLI di Secondo Scanavino

09UN NEGOzIATO IN SALITA

di Ezio Veggia

10IL BIOLOGICO CONTRO I

CAMBIAMENTI CLIMATICI di Paolo Carnemolla

11NUOVA RURALITÀ E LARGO AI GIOVANI

di Carlo “Carlin” Petrini

INDICE

VERSO LA NUOVA PAC AGRICOLTURA E SISTEMA ALIMENTARE

12LE SFIDE AMBIENTALI E ALIMENTARI PER

ESSERE SMART di Corrado Clini

14REINVENTARE L’AGRICOLTURA

di BCFN

16DALLA PARTE DEGLI AGRICOLTORI

di Cinzia Scaffidi

18 MULTIFUNzIONALITÀ E FORMAzIONE, LE

CARTE DEI GIOVANI di Luigina “Lella” Bassignana

20IL FOTOVOLTAICO A SUPPORTO

DELL’AGRICOLTURA di Andrea Sasso

22 BIOGAS, UNA FILIERA TUTTA ITALIANA

di Oreste Tasso

24UN PO PER FARE RETE di Ippolito Ostellino

26PIù SOSTENIBILI GRAzIE ALLA RICERCA

di Massimo Iannetta

28 L’INNOVAzIONE PORTA RISPARMIO E

SOSTENIBILITÀ di Tommaso Pochettino

30CERTIFICARE SIGNIFICA MIGLIORARE

I PROCESSI di Giuseppe Garcea

32COSTRUIRE PAESAGGI COMMESTIBILI

di Francesco Ferrini

34ACEA, DOVE NASCE IL COMPOST DELL’ONU

di Marco Avondetto

36UNA CASA CHE SA DI LEGNO

di Samuele GiacomettI

38 PROGETTARE UN EVENTO A BASSO

IMPATTO AMBIENTALE di Andrea Gandiglio e Michela Varotti

39 ACCOGLIENzA

40 MOBILITÀ

41 FORNITURE

42 CONCLUSIONI

VERSO LA NUOVA PAC AGRICOLTURA E SISTEMA ALIMENTARE

UNA NUOVA PAC PER USCIRE DALLA CRISILe trasformazioni di questi ultimi anni sono state profonde e straor-dinariamente rapide. In particola-re, l’intensità della crescita econo-mica ha reso sempre più evidente e preoccupante il problema dello squilibrio tra sviluppo e risorse di-sponibili. Crisi energetica, crisi ambientale e crisi alimentare: questi i tre grandi temi che condizionano il presente e sono destinati a condizionare il futuro. Si è aperta così una nuo-va fase di trasformazione rispetto alla quale il ruolo dell’agricoltura, e con esso la prossima riforma sulla Pac post-2013, assume un signi-ficato di straordinaria importanza. La più importante politica econo-mica attuata dall’Unione nei suoi cinquant’anni di storia è infatti alla vigilia di una nuova e importante fase. Una politica che, nei prossi-mi dieci anni, fornirà un contributo determinante alla costruzione di una visione dell’Europa moderna, economicamente efficiente sotto il profilo delle risorse, sostenibi-le e competitiva. Incrementare la produttività con minori risorse e inquinando meno: questa è la sfi-da che anche l’agricoltura europea avrà di fronte nei prossimi anni. Un

obiettivo ambizioso intorno al cui raggiungimento si stanno concen-trando gli sforzi del Parlamento Europeo che, il prossimo mese di giugno, entrerà a pieno titolo nel processo decisionale sulla Pac 2020 attraverso la presentazione delle proprie proposte legislative. In tale ambito, sono convinto, che il 2° Workshop Nazionale IMAGE, che chiamerà, come consuetudi-ne, a confrontarsi gli operatori del settore di fronte a un pubblico di professionisti, cittadini e rappre-sentanti del mondo scientifico, potrà fornire un contributo oppor-tuno e determinante.

PAOLO DE CASTRO // Paolo De Castro, tre volte Ministro delle Politi-che Agricole e Forestali, è oggi Presi-dente della Commissione Agricoltura e Sviluppo Rurale del Parlamento Europeo. Docente di Economia e Politiche Agrarie presso l’Università degli Studi di Bologna è autore del recente libro “Corsa alla terra. Cibo e agricoltura nell’era della nuova scar-sità”, in cui tratta degli avvenimenti che stanno sconvolgendo l’equilibrio alimentare mondiale, analizzando i possibili scenari futuri e le reazioni praticabili.

INTERVENTI2 PAOLO DE CASTRO

PRESIDENTE DELLACOMMISSIONE AGRICOLTURAE SVILUPPO RURALE

3 ENzO LAVOLTAPRESIDENTE FONDAZIONETORINO SMART CITYE ASS. ALL’AMBIENTECITTà DI TORINO

2 3

UNA FIORITURA CULTURALEDELLA CITTÀFiori-TO è il nome che abbiamo scelto per la nuova manifestazio-ne nazionale, dedicata all’agri-coltura e al verde urbano, che la Città di Torino e la Fondazione Torino Smart City hanno voluto per completare il quadro delle ini-ziative di promozione di una città più intelligente,sostenibile e inclu-siva, previsto dal palinsesto dello Smart City Festival “Le Città Vi-sibili”, in programma dal 23 mag-gio al 5 giugno 2012, data in cui si celebrerà la Giornata Mondiale dell’Ambiente.Fiori-TO, da giovedì 24 a dome-nica 27 maggio, non sarà solo un’esibizione cittadina di fiori e piante, ma si propone come una vera e propria “fioritura cul-turale” della città, per riflettere sulla sostenibilità ambientale e la vivibilità dello spazio urbano, attraverso tre diversi strumen-ti: l’approfondimento informati-vo con gli operatori del settore, la mostra-mercato e il momento didattico-formativo. La manifesta-zione, che si svolgerà nel centro di Torino, tra Piazzale Valdo Fusi, via Giolitti e il tratto pedonale di via Carlo Alberto, conterrà infat-ti tre eventi complementari: il 2° Workshop Nazionale IMAGE - Incontri sul Management della Green Economy (24-25 maggio), dedicato quest’anno al tema della sostenibilità in agricoltura e lungo la catena del sistema alimentare - nell’anno di riforma della PAC, la

Politica Agricola Comune dell’UE - la rassegna di orticoltura e floro-vivaismo Flor ’12 (25-27 maggio) e il convegno “Agricoltura Urbana” (25 maggio), che darà vita anche ai laboratori pratici “Orti e frutte-ti in città” (26-27 maggio), a cura dell’Università di Torino.Si tratta di tre momenti importanti per il coinvolgimento della cittadi-nanza, che gli organizzatori hanno messo generosamente a disposi-zione del progetto Smart City per “fare sistema” e cercare di raccon-tare, in maniera congiunta, le op-portunità che la città trova di fronte a sé. Abbiamo la presunzione che questa iniziativa possa anche co-stituire una buona pratica a livello nazionale, per innescare un mec-canismo virtuoso di emulazione tra le città del Paese, e invitiamo, pertanto, chiunque voglia visitare Torino a farlo in questi 14 giorni di eccezionale programmazione pri-maverile.

EnzO LAvOLTA // È Assessore all’Innovazione Sviluppo e Sostenibi-lità Ambientale della Città di Torino e Presidente della Fondazione Torino Smart City, nata per supportare la candidatura del capoluogo piemonte-se a “città intelligente”, attraverso la partecipazione ai bandi europei, ma soprattutto tramite il coinvolgimento dei cittadini nella creazione di un mo-dello urbano inclusivo e partecipativo, che contribuisca a rendere la città più adatta alle esigenze di chi la vive. La promozione di questa nuova visione avverrà durante il primo Smart City Festival “Le Città Visibili”, dal 23 mag-gio al 5 giugno 2012.

VERSO LA NUOVA PAC AGRICOLTURA E SISTEMA ALIMENTARE

VERSO UNA AGRICOLTURA PIù SOSTENIBILENel 2012 la PAC, la Politica Agricola Comune dell’Unione Europea fe-steggia 50 anni e, contemporanea-mente, si avvia a una delle più radi-cali riforme della sua storia, secondo la proposta avanzata dalla Commis-sione, che sarà oggetto di negozia-zione tra gli Stati membri durante l’intero anno. Non si tratta di un fatto meramente “tecnico”, ma di una ri-forma che dovrà adeguare l’agri-coltura europea alle nuove sfide ambientali, economiche e sociali che attendono la popolazione mondiale. Entro il 2050, infatti, gli abitanti della Terra saranno, secon-do le stime, 9.3 miliardi e il 70% vi-vrà nelle città, sempre più sovrap-popolate rispetto alle campagne. “Nel lontano 1962 - ha dichiarato il Commissario all’Agricoltura e allo Sviluppo Rurale, Dacian Ciolos - gli Europei erano per lo più preoccupa-ti di procurarsi un’alimentazione sufficiente. Attualmente la sicurezza alimentare rimane importante, ma sono emerse anche preoccupa-zioni nuove, quali i cambiamenti climatici e l’impiego sostenibile delle risorse naturali”.Ecco allora l’importanza di riflette-re, anche in Italia, su quali possano essere le ricette per conciliare la produzione agricola con la so-stenibilità ambientale, favorendo il ricorso a metodi biologici e biodi-namici, riducendo l’impiego di fer-tilizzanti e concimi di sintesi - che impoveriscono e inquinano il suolo e aumentano le emissioni di CO2

in atmosfera - ma anche ricorren-do alla “chimica verde”, adottando forme di produzione dell’energia da fonte rinnovabile, come serre foto-voltaiche e biogas (che costituisco-no, al tempo stesso, integrazione del reddito agricolo), in un’ottica di multifunzionalità che apra, sempre più, le aziende agricole anche al tu-rismo sostenibile, alla vendita diretta e all’ospitalità didattica e formativa.Le campagne, i boschi e le fore-ste, in questa visione, che unisce tradizione e innovazione, hanno moltissimo da offrire ai giovani e, se si saprà ricostruire intere filiere “a Km.0” sul territorio, potranno evitare un ulteriore spopolamento, offrendo invece lavoro qualificato e fornen-do alla collettività quelle necessarie funzioni integrative di presidio pa-esaggistico e idrogeologico, senza per questo venir meno alla primaria funzione alimentare.Sono questi i temi - vitali nella quo-tidianità di ciascuno - su cui IMA-GE 2012 chiamerà a confrontarsi gli operatori del settore, “a porte aperte”, come sempre, di fronte a un pubblico al quale sarà offerta la possibilità di comprendere, in con-creto, le opportunità e i limiti di que-sta “rivoluzione verde” dell’agricol-tura e del sistema alimentare.

AnDREA GAnDIGLIO // È direttore editoriale di Greenews.info, web magazi-ne dedicato alla sostenibilità ambientale e al “green thinking”, presente anche, con aggiornamenti quotidiani, nel canale Ambiente di LaStampa.it. Nel 2011 Gre-enews.info è stato inserito da Eubra, il Consiglio Euro-brasiliano per lo Sviluppo Sostenibile tra i 100 progetti più innova-tivi al mondo, per la capacità di promuo-vere le tecnologie e i modelli di business della green economy. Dall’esperienza di Greenews.info nascono, nel 2010, l’Associazione Greencommerce, per promuovere pratiche di produzione, distribuzione e commercializzazione più sostenibili dal punto di vista ambientale e, nel 2011, il format del Workshop IMA-GE, un’occasione di confronto concreto e pragmatico tra gli operatori dei diversi settori della green economy

4 5

Agricoltura urbanaO r t i e f r u t t e t i i n c i t t à

ORTI URBANI, UNA STORIACHE VIENEDA LONTANOL’agricoltura urbana risale alla rivo-luzione industriale, quando gli emi-grati dalle zone rurali verso le città allestivano gli “orti dei poveri” per sopravvivere e, nel tempo, la finalità originaria di produzione di alimenti si è evoluta anche in funzioni ricre-ative, educative, sociali e terapeuti-che. La storia dell’agricoltura urba-na in Europa vede sorgere nel 1864 in Germania la prima associazione di persone, famiglie, comunità che oggi conta circa 15.000 associa-zioni con 1,5 milioni di membri. In Francia la Ligue du Coin de Terre et du Foyer del 1896 porta alla isti-tuzione del Office International du Coin de Terre et des Jardins Ou-vriers che raggruppa, in 14 nazioni, oltre 3 milioni di associati. In In-ghilterra i circa 300.000 orti urbani fanno riferimento alla National So-ciety of Allotment and Leisure Gar-

deners del 1901. In USA e Canada vi è oggi un crescente aumento dei Community Gardens volti a mi-gliorare la sicurezza alimentare dei meno abbienti.Nel mondo 1 miliardo di perso-ne vive in favelas e bidonville e gli orti urbani contribuiscono ad alleviarne la povertà.In Italia l’agricoltura urbana ha se-guito lo sviluppo delle città e le trasformazioni urbanistiche. Du-rante la seconda Guerra Mondiale gli “orti di guerra” sorgono un po’ ovunque, sostituiti a fine conflitto dagli orti di periferia. Al Nord, con la migrazione dal Meridione essa riprende vigore e si localizza nel-le zone di “transizione” tra città e campagna. Nella Torino del 1980, su circa 1.100.000 abitanti, la su-perficie ortiva è di 146 ha. Il valore ambientale delle aree verdi, compresi gli orti, è rappre-sentato dalla riqualificazione di zone degradate o sottoposte a vincoli di edificabilità e dall’utiliz-zo di zone di transizione fra città e campagna. L’agricoltura urbana, in linea con gli obiettivi proposti dalla Commissione Europea, incre-menta inoltre la biodiversità, riduce i rifiuti organici, la carica inquinante di molti composti e migliora il mi-croclima e la vivibilità in città.

GIAnCARLO BOunOuS // È pro-fessore ordinario presso la Facoltà di Agraria dell’Università di Torino e Diret-tore del Dipartimento Colture Arboree. Ha partecipato a numerosi progetti internazionali dell’Unione Europea e del Ministero delle Politiche Agricole e svolge attività di docenza sulle produ-zioni frutticole e di qualità nel Master Universitario di secondo livello“Michele Ferrero”.

INTERVENTI

4 ANDREA GANDIGLIODIRETTORE EDITORIALEGREENEWS.INFO,ORGANIZZATORE DI IMAGE 2012

5 GIANCARLO BOUNOUSORGANIZZATOREDI AGRICOLTURA URBANAORTI E FRUTTETI IN CITTà

VERSO LA NUOVA PAC AGRICOLTURA E SISTEMA ALIMENTARE

UN VERDEURBANOMOLTO SMARTUn fine settimana all’insegna delle piante, dei fiori, degli ortaggi, delle sementi, delle attrezzature per il giardinaggio, degli arredi da giar-dino, dei laboratori per imparare a coltivare il verde ornamentale e commestibile. E per riappropriarsi della città in una dimensione più vivibile e foriera di nuovi stimoli, nuovi legami con la natura, rap-porti più sereni con il tessuto urba-no e più profondi con i propri sen-si. Ecco cosa sarà Flor ’12, una fioritura nel cuore della primavera e nel centro della città. Anche in questo modo Torino si propone come città smart ed eco-logica, attenta al benessere dei suoi cittadini. Per tre giorni, da ve-nerdì 25 maggio a domenica 27 maggio, via Carlo Alberto, via Gio-vanni Giolitti e piazzale Valdo Fusi - tre vetrine tra le più prestigiose ed eleganti del centro storico - ospiteranno una mostra mercato con le eccellenze vivaistiche pie-montesi e nazionali e offriranno nuove prospettive sul ruolo del verde urbano, per valorizzare lo spazio urbano e chi lo abita. Per l’occasione saranno aperti alla vi-sita anche il cortile storico della Camera di Commercio e l’antico, affascinante giardino di Palazzo Cisterna, sede della Provincia di Torino. Flor 12 sarà un’occasione imperdibile per i cultori del giardi-naggio, per chi coltiva orti e frutte-ti, per i collezionisti di piante rare e per chi vuole comprendere l’evo-

luzione sostenibile di questo set-tore, ma anche per chi semplice-mente vuole scoprire Torino da un’altra prospettiva, per i bambini curiosi che vorranno giocare qual-che ora in modo intelligente e for-mativo e per gli appassionati di fotografia e di buone letture sul tema delle piante.Organizzata dall’associazione Nuo-va Società Orticola del Piemonte, Flor ’12 propone un centinaio di stand e un ricco calendario di labo-ratori pratici e presentazioni di libri, con l’intervento di esperti e figure di riferimento del giardinaggio na-zionale. Tutto a disposizione gratu-itamente, perché l’esperienza della città che sboccia in verde non ha prezzo.

GIuSTInO BALLATO // È membro del consiglio direttivo di Nuova Società Orticola del Piemonte, un’associazione che nasce da un gruppo di cittadini accomunati dal profondo interesse - professionale o amatoriale - per la botanica e per l’arte dei giardini. L’as-sociazione, prima ancora che gli inte-ressi scientifici e culturali del settore, promuove una politica di educazione ambientale che offra opportunità di co-noscenza delle piante, del loro ruolo in natura e nel paesaggio, di salvaguar-dia dell’ambiente e di coltivazione per scopi alimentari, curativi e di fruizione estetica, secondo principi ecologici.

6 7

PAC DOPO IL 2013 E PROGETTIDI FILIERA“PAC 2014 e la filiera agricola ita-liana” sono i temi sui quali, in am-bito comunitario, si apre la discus-sione. Argomenti oggi più che mai di attualità per la nostra agricol-tura, chiamata a competere in un contesto di mercato globalizzato e fortemente caratterizzato da una notevole volatilità dei prezzi. Uno dei principali obiettivi della futu-ra Politica Agricola Comune, così come la progettualità promossa da Coldiretti di “Una filiera agricola tutta italiana” va proprio nella dire-zione di dare alle imprese agricole un ventaglio di strumenti che pos-sano attenuare in qualche modo questo andamento altalenante dei prezzi. Ma è fondamentale, in-nanzitutto, il riconoscimento del ruolo dell’agricoltore professio-nale e l’impegno per evitare le rendite di potere.Per quanto riguarda la futura rifor-ma della PAC 2014-2020, dopo la presentazione delle prime boz-ze di regolamento da parte della Commissione Europea, ora l’Eu-roparlamento deve analizzare i testi legislativi e lavorare per ap-portare le necessarie migliorie. La Commissione ha proposto anche alcune interessanti novità, sia per quanto riguarda le misure di so-stegno al reddito e di regolamen-to del mercato (I pilastro), sia per le misure finalizzate allo sviluppo rurale (II pilastro). Proprio sul II pilastro sono previsti interventi mirati alla competitività delle im-

prese, anche in un’ottica di con-centrazione dell’offerta e di una maggiore efficienza della filiera. Strada quest’ultima intrapresa, in questi ultimi anni, da Coldiretti at-traverso “Una filiera agricola tutta italiana”. Il denominatore comune delle progettualità è il seguente: programmazione delle produzioni, definizione della remunerazione con una ripartizione equa del valo-re aggiunto, e soprattutto il territo-rio quale elemento di competitività e distinzione. Per quanto riguarda Coldiretti Piemonte, gli accordi di filiera concretizzati in questi ultimi anni con Ferrero, per la polvere di latte, con Saclà, per gli ortaggi del Piemonte e con Barilla, per il fru-mento, sono un esempio concreto del pragmatismo messo in campo a servizio delle imprese, al fine di aumentare il loro reddito.

PAOLO ROvELLOTTI // È presidente della Federazione Regionale Coldiretti del Piemonte. Coltivatore diretto, dal 1988 dedica la propria attività, uni-tamente al fratello, alla conduzione dell’azienda agricola di famiglia, con sede in Ghemme e indirizzo floro-viticolo. Attualmente ricopre anche gli incarichi di Presidente della Camera di Commercio di Novara, Presidente Nazionale del Patronato EPACA, il Patronato di Coldiretti per i servizi ai Cittadini e ai Coltivatori e Presidente di Agroqualità, società per la certificazio-ne della qualità nell’agroalimentare.

INTERVENTI

6 GIUSTINO BALLATOORGANIZZATORE DI FLOR’12

7 PAOLO ROVELLOTTIPRESIDENTE COLDIRETTIPIEMONTE

VERSO LA NUOVA PAC AGRICOLTURA E SISTEMA ALIMENTARE

LA PACSOSTENGA I VERIIMPRENDITORIAGRICOLILa politica deve tornare a parla-re di agricoltura, a interessarsi in maniera concreta dei gravi proble-mi delle imprese, sempre più as-sillate da pesanti costi produttivi, contributivi e burocratici. È questo l’appello che abbiamo rivolto ai le-ader dei partiti politici. Al premier Mario Monti abbiamo sollecitato una serie di interventi a sostegno degli agricoltori che fanno grande fatica a stare sul mercato. L’Italia agricola ha, dunque, bisogno di una nuova strategia condivisa e di ampio respiro.Dopo il varo di provvedimenti per fronteggiare l’emergenza, occorre sviluppare un’azione tesa a svi-luppare ricerca e innovazione, a favorire l’ingresso dei giovani e l’aggregazione fondiaria, a rende-re efficienti i mercati, a sostenere la competitività, a ridurre i costi di produzione e a semplificare i rap-porti tra imprese e Pubblica ammi-nistrazione. È ormai giunto il mo-mento di cambiare. D’altronde, abbiamo sempre sostenuto che una posizione forte nel negoziato sulla riforma della PAC deve avere, a monte, un’idea chiara dell’agri-coltura in Italia. Per quanto riguar-da la riforma della PAC 2014-2020, essa deve avere precise priorità: efficienza del mercato, rafforza-mento delle organizzazioni di pro-duttori, diffusione dell’economia contrattuale, misure per favorire

il ricambio generazionale, soste-gno degli strumenti (assicurazioni e fondi di mutualità) per contenere gli effetti della volatilità dei prezzi e delle crisi di mercato. Ad oggi, però, la proposta formulata dalla Commissione UE non ci soddisfa affatto. C’è bisogno di correzio-ni proprio per garantire un futuro di certezze agli agricoltori. L’Italia non può accettare una redistribu-zione dei fondi del primo pilastro che peggiori ulteriormente la sua posizione finanziaria, con una ri-duzione del 6,9 per cento del bud-get di risorse.Al commissario europeo Ciolos abbiamo sollecitato un confronto sereno e responsabile sulla rifor-ma, proprio per garantire un futuro di equità e sviluppo all’agricoltura europea. La futura PAC dovrà assolutamente porre al centro l’agricoltura e le imprese agri-cole. Il sostegno pubblico dovrà essere destinato agli agricoltori professionali e alle aziende che operano nel mercato dei prodotti e del lavoro. Vogliamo sostene-re gli imprenditori agricoli, non i percettori di rendite fondiarie e parassitarie.

SECOnDO SCAnAvInO // È, dal 2010, Vicepresidente Nazionale di CIA - Confederazione Italiana Agricoltori. 51 anni, imprenditore agricolo, è stato sindaco di Calamandrana, zona di produzione vinicola nell’astigiano, in Piemonte, e già presidente della Confederazione Italiana Agricoltori provinciale di Asti.

8 9

UN NEGOzIATO IN SALITAIl settore agricolo ha bisogno di una politica specifica - come la PAC - che è al tempo stesso antica, per-ché da cinquant’anni alla base del sogno dei padri dell’UE, ma anche moderna, in quanto inserita nella strategia “Europa 2020” per una crescita sostenibile intelligente ed inclusiva. Sono i numeri a detta-re questa esigenza. Nella catena alimentare europea (trascurando quindi tutte quelle attività non food pure, importantissime per la diver-sificazione della nostra economia agricola, come le bioenergie) sono attive quasi 17 milioni di imprese, di cui 14 milioni agricole, per un valore aggiunto prodotto di 750 milioni di euro, pari grosso modo al 6% del Pil comunitario. E sono impiegati a vario titolo 48 milioni di addetti: più del 20% della mano-dopera complessiva dell’Unione. Per non parlare del ruolo nella ge-stione dell’ambiente e del territo-rio cui l’agricoltura è intimamente legata. Ben il 70% del territorio italiano ed europeo è infatti desti-nato all’agricoltura e alle foreste; mentre solo poco più del 10% del-la superficie è utilizzato per attività industriali, commerciali, minerarie, oltre che per trasporti e aree resi-denziali. La grande sfida è quindi quella di una PAC che sappia va-lorizzare questa realtà in un’ottica di maggiore crescita e sviluppo del continente. La riforma disegnata per il 2020 dalla Commissione, invece, sconta diverse criticità. In-tanto nelle prospettive finanziarie

2014-2020 Bruxelles propone di ridurre la spesa agricola del 9% in termini reali. Si tratterebbe dell’uni-ca rubrica a non aumentare. Poi le aziende agricole si vedrebbero vincolare buona parte dei paga-menti diretti (il 30%) in cambio di onerosi impegni di “inverdimento” (o greening) che, per come è stato concepito, minerà la competitivi-tà delle imprese anziché favorirla. Infine, in un quadro di complessa evoluzione e marcata volatilità dei mercati, che accresce la sfiducia degli operatori, la Commissione non propone nulla o quasi per mi-gliorare la debole posizione degli agricoltori nella filiera. Il tutto an-che con politiche di selettività sui pagamenti diretti che penalizzano le aziende di maggiore dimensio-ne, sia fisica che economica.Il negoziato che è appena entrato nel vivo si preannuncia quindi in salita; ma siamo impegnati, come Confagricoltura, per far sì che porti ad una riforma che non penalizzi il contributo che l’agricoltura dà alla crescita e allo sviluppo dell’Europa.

EzIO vEGGIA // È Vicepresidente nazionale di Confagricoltura. Conduce un’azienda agricola ad indirizzo cerealicolo-zootecnico di 350 ettari, a Cocconato, in provincia di Asti, dove è stato integrato anche un impianto a biogas che utilizza i sottoprodotti aziendali. È stato fondatore del Consorzio Agroqualità, presidente di Confagricoltura Asti e in seguito di Confagricoltura Piemonte. È contito-lare di due aziende agrituristiche nel Monferrato.

INTERVENTI

8 DINO SCANAVINOVICEPRESIDENTE NAZIONALECIA - CONFEDERAZIONE ITALIANAAGRICOLTORI

9 EzIO VEGGIAVICEPRESIDENTECONFAGRICOLTURA

VERSO LA NUOVA PAC AGRICOLTURA E SISTEMA ALIMENTARE

IL BIOLOGICO CONTRO I CAMBIAMENTI CLIMATICIIl contributo dell’agricoltura alla produzione dei gas serra mondiali è aumentato nel corso degli anni: si è passati dai 39 miliardi di tonnel-late del 1990 ai 49 miliardi di ton-nellate del 2004, con una crescita percentuale del 25,6%. Questo incremento è imputabile perlopiù all’uso dei fertilizzanti, allo svilup-po della zootecnia, alla produzio-ne di reflui e all’uso di biomassa per la produzione di energia.Per quanto riguarda gli scenari futuri, l’IPCC prevede che entro il 2030, in assenza di interven-ti correttivi, si assisterà a un au-mento del 35-60% dell’ossido di azoto e del 60% di metano pro-dotti dall’agricoltura. La modifica nell’uso del suolo è la causa pre-valente a cui sono riconducibili questi incrementi.In questo contesto la riforma della PAC dovrà adeguare l’agricoltura europea alle nuove sfide ambien-tali, economiche e sociali che tutti noi siamo chiamati ad affrontare.Una risposta concreta alla sem-pre più impellenti necessità di trovare un equilibrio tra la produ-zione agricola e la sostenibilità ambientale arriva dall’agricoltura biologica: l’agricoltura praticata in modo sostenibile rappresenta in-fatti l’unico settore produttivo che può dare un reale contributo alla riduzione di CO2 e degli altri gas serra attraverso l’impiego di tecni-

che agronomiche a basso impatto ambientale, al fine di una riduzione delle emissioni nette dei GHGs e l’applicazione di pratiche che fa-voriscono il “sequestro” della CO2 atmosferica, attraverso l’attività fotosintetica, nella biomassa ve-getale e nei suoli sotto forma di sostanza organica.L’agricoltura biologica può vanta-re un forte potenziale nella mitiga-zione dei cambiamenti climatici, poiché è in grado di sequestrare grosse quantità di carbonio nei suoli e di ridurre l’emissioni dei gas serra, grazie all’esclusione di prodotti chimici di sintesi e all’uso ottimale di pratiche agronomiche quali: i sovesci, le rotazioni, coltu-re intercalari, colture di copertura e uso di tecniche compostaggio.È bene ricordare che la FAO con-sidera la diffusione dell’agricol-tura biologica come una promet-tente strategia per la mitigazione e l’adattamento ai cambiamenti climatici e anche il IV Rapporto dell’IPCC, senza menzionare di-rettamente l’agricoltura biologica, raccomanda molte delle pratiche comunemente usate per ridurre le emissioni in agricoltura.

PAOLO CARnEmOLLA // Agrono-mo, è Presidente di Federbio, l’orga-nizzazione unitaria di rappresentanza, a livello nazionale, delle associazioni e degli enti di agricoltura biologica e biodinamica. Federbio raggruppa oggi la quasi totalità della rappresentanza del settore biologico e svolge un ruolo di interlocutore di riferimento per le istituzioni e per il legislatore. Dal 2007 Carnemolla rappresenta la federazione al Tavolo agroalimentare presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri ed è componente del Comitato consul-tivo nazionale “Agricoltura Biologica” istituito presso il Ministero delle Politi-che Agricole. Dal 2009 è membro del Consiglio Direttivo di Accredia, l’ente unico nazionale di accreditamento per gli Organismi di Certificazione.

INTERVENTI10 PAOLO CARNEMOLLA

PRESIDENTE FEDERBIO

11 CARLO “CARLIN” PETRINISLOW FOOD

10 11

NUOVA RURALITÀ E LARGO AI GIOVANILa nuova Politica Agricola Comu-ne è in fase di definizione, ed è un appuntamento fondamentale per il futuro dell’Europa. Slow Food è presente in tutti i 27 Paesi dell’UE e siamo impegnati in una campa-gna di sensibilizzazione dal basso di tutti i Parlamentari europei. Ab-biamo preparato un documento ufficiale tradotto in 19 lingue, che stiamo cercando di diffondere il più possibile per stimolare il di-battito. I cittadini di ciascun Paese e di ciascuna Regione europea, infatti, devono farsi parte attiva presso la politica locale, perché molto dipende anche dalla volontà degli Stati Membri, non solo dalle decisioni della Commissione.La PAC, così com’è stata pensata e gestita fino a oggi, presenta ele-menti di notevole criticità: risorse distribuite in maniera sbilanciata a tutti i livelli favoriscono modelli di consumo altrettanto sbilanciati con metà della popolazione euro-pea sovrappeso e quasi un deci-mo che ancora soffre di carenze alimentari. Ma più di tutto la PAC fino ad oggi ha svilito l’importan-za del lavoro nel settore agroali-mentare: l’occupazione agricola in Europa è calata del 25% in meno di 10 anni, comportando in tota-le la perdita di 3,7 milioni di posti di lavoro. Alla riduzione di occu-pazione poi non è corrisposto un aumento del reddito dei lavoratori

nel settore agricolo paragonabile a quello registrato in altri settori e anzi questo si è progressivamente abbassato. La PAC di domani non potrà inte-ressarsi solo degli aspetti produt-tivi. Sarà necessario attuare il pas-saggio da una politica meramente agricola a una politica agricola e alimentare. I due macro-obiettivi che dovranno ispirare la futura PAC sono la sostenibilità (ambientale, economica e sociale) e una nuova ruralità, che ponga le aree rurali al centro della società del futuro. Per raggiungere questi obiettivi, oc-corre introdurre quattro cambia-menti fondamentali nella struttura della PAC: promuovere produzioni di piccola e media scala, produ-zioni di territorio, sistemi agroali-mentari locali e attenti all’ambien-te. In questo quadro un occhio di riguardo andrà rivolto alle politiche tese a favorire un ritorno dei giova-ni all’agricoltura: dovranno essere al centro della nuova PAC perché rappresentano il futuro dell’Europa e del nostro cibo.

CARLO “CARLIn” PETRInI // Gior-nalista, gastronomo e scrittore, fonda, nel 1986, il movimento Slow Food divenuto un’associazione internazio-nale no-profit, da lui presieduta, che conta oggi 100.000 iscritti, volontari e sostenitori in 150 Paesi del mondo, 1500 Condotte - le sedi locali - e una rete di 2000 comunità che praticano una produzione di cibo su piccola sca-la, sostenibile, di qualità. Slow Food, che ha dato vita a manifestazioni di grande successo come il Salone del Gusto di Torino e Terra Madre, opera per promuovere una filosofia del cibo come portatore di piacere, cultura, tra-dizioni, identità, e uno stile di vita, oltre che alimentare, rispettoso dei territori e delle tradizioni locali. Il position paper di Slow Food sulla PAC è scaricabile su www.slowfood.com/sloweurope.

VERSO LA NUOVA PAC AGRICOLTURA E SISTEMA ALIMENTARE

ministro, la sfida della soste-nibilità ambientale si giocherà sempre più nelle città, dove già oggi vive più del 50% del-la popolazione mondiale. ma a dover rifornire di cibo e di materie prime le città saran-no ancora le campagne, le foreste e i mari. Quale ritiene che sia la chiave per concilia-re la sicurezza alimentare e la produzione industriale con la tutela dell’ambiente e del pa-esaggio?

CORRADO CLInI // È stato direttore generale del Ministero dell’Ambiente dal 1991 al 2011, quando è stato nominato Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare nel Governo tecnico del Prof. Monti. Tra i numerosi incarichi istituzionali internazionali, Clini ricopre attualmen-te il ruolo di presidente della “Global BioEnergy Partnership”, è membro del CCICED, il comitato di esperti che assiste il Premier cinese sulle politiche della Cina per la protezione dell’ambiente globale e Senior Rese-arch Fellow al Center for International Development della Harvard University.

LE SFIDE AMBIENTALIE ALIMENTARIPER ESSERE SMART

L’intervista integrale è disponibile nella sezione Greenews di

La sostenibilità si gioca sulla capa-cità di fornire cibo, acqua pulita e energia pulita alle città, dove si pre-vede di arrivare al 70% della popola-zione entro la metà del secolo. Una delle grandi sfide è che la gestione integrata delle acque consenta di conservare le sorgenti, fare in modo che l’acqua sia usata efficientemen-te, (riducendo drasticamente gli sprechi attuali) e che la depurazio-ne avvenga in maniera tale da poter recuperare l’acqua per usi industriali e agricoli, ma, alla necessità, anche per usi alimentari. La seconda prio-rità che abbiamo è quella dell’ener-gia, che oggi è prodotta prevalen-temente da fonti fossili estratte in siti remoti e trasportate per lunghi percorsi, per poi essere consuma-ta, in gran parte, nelle aree urbane e nei grandi sistemi metropolitani. La prospettiva è invece quella di avere risorse energetiche più vicine al luogo dove verranno consumate e in questo senso le fonti rinnova-bili sono la fonte primaria su cui investire, per ragioni economiche prima ancora che ambientali. In secondo luogo è l’uso delle risorse energetiche a dover essere mol-to più efficiente di quanto sia oggi. Basti pensare che, attualmente, una centrale elettrica ad alta efficienza, a gas naturale, riesce a valorizza-re non più del 45-50% del gas in entrata, il resto viene disperso. Un altro 7-8% si perde poi nella distri-buzione. Abbiamo bisogno di tec-nologie che puntino sulla genera-zione distribuita e che associno alla produzione di elettricità quella di

1312

calore e freddo e che perciò valoriz-zino quasi completamente la risorsa energetica. I sistemi urbani possono essere alimentati attraverso una rete di impianti di micro-cogenerazione diffusa che hanno un’efficienza vi-cina al 100%. Il recupero, rispetto ai sistemi tradizionali, è dunque di quasi il 60% e questo ha un valore economico e ambientale enorme.

Come inquadra, in questo con-testo, l’altro tema, letteralmen-te vitale, della sicurezza ali-mentare?Questo è un tema che assume con-notazioni diverse a seconda della regione del mondo in cui lo si consi-deri. La sicurezza alimentare in Eu-ropa può essere basata soprattutto su produzioni di alta qualità, sulla filiera corta e perciò su produzioni che valorizzino le colture tipiche lo-cali e che siano compatibili con un consumo abbastanza rapido, che riduca tutte le problematiche con-nesse alla conservazione a lungo termine dei cibi. Questo è un siste-ma evoluto, sul quale già si sta lavo-rando, ma sul quale si potrebbe fare molto di più. È un sistema, inoltre, che porta con sé un rischio altissi-mo di protezionismo, perché può generare delle barriere all’ingresso di cibi da Paesi terzi, cosa che in un’economia globalizzata è proble-matica. L’Europa dovrebbe perciò salvaguardare le produzioni tipiche, locali e di qualità ma anche facilita-re l’ingresso, sul proprio mercato, di produzioni da paesi come quelli africani, che corrispondano però ai nostri standard qualitativi. Questo sarebbe un modo concreto per ri-spondere alla necessità di sicurez-

za alimentare in Africa. L’Africa è un continente in grado di produrre una quantità di cibo 10 volte superiore a quella della domanda, eppure i paesi europei sono periodicamente chiamati a promuovere campagne per la sicurezza alimentare dell’Afri-ca e a trasferire cibo. È un grande problema, che nasce da ragioni sto-riche lontane e diverse, dal passato coloniale, dal ruolo delle multinazio-nali ecc. Credo invece che si debba lavorare su una strada che oggi vie-ne tracciata, in Africa, più dai cinesi e dai brasiliani che dagli europei, nonostante il mercato di prossimi-tà sia il nostro. Noi dobbiamo, cioè, fare in modo che la domanda di cibo di questi Paesi trovi una risposta nell’organizzazione della conserva-zione e della distribuzione dei pro-dotti alimentari, a vantaggio prima di tutto delle popolazioni locali, ma an-che con una prospettiva importan-te di presenza sui mercati europei. Applicare ai prodotti provenienti dai paesi africani gli standard qualitativi richiesti in Europa vuol dire quindi

Le fonti rinnovabili sonola fonte primaria su cui investire, per ragioni economiche prima ancora che ambientali.

favorire, innanzitutto, lo sviluppo di produzioni agricole con elevati livelli di sicurezza, che può aiutare l’Africa a crescere anche economicamente, diventando un’esportatrice di quali-tà. Dobbiamo uscire dalla logica in cui l’Europa mette barriere prote-zionistiche contro questi prodotti e poi fa le campagne contro la fame in Africa.

Come si può conciliare, però, questa prospettiva con la so-stenibilità ambientale delle pro-duzioni?La sostenibilità ambientale è, da questo punto di vista, decisiva, per-ché i criteri di sicurezza a cui devono oggi rispondere i cibi europei fanno riferimento alla riduzione drastica nell’uso di pesticidi chimici, all’utiliz-zazione di sistemi di conservazione dei cibi che siano in grado di evi-tarne l’adulterazione e, nello stesso tempo, fanno riferimento, ad un uso del suolo che sia molto conservativo dei suoli stessi, per evitarne l’impo-verimento e la desertificazione cau-sati da uno sfruttamento intensivo. Il tema della sicurezza alimentare è dunque, in un certo senso, uno dei pilastri delle strategie per lo sviluppo sostenibile, proprio perché si lega a standard qualitativi che iniziano a considerare anche l’impronta eco-logica del cibo.

INTERVISTAA CORRADO CLINIMINISTRO DELL’AMBIENTEE DELLA TUTELA DEL TERRITORIOE DEL MAREDI ANDREA GANDIGLIO

VERSO LA NUOVA PAC AGRICOLTURA E SISTEMA ALIMENTARE

Nel giugno del 2012, policy maker, dirigenti d’azienda, attivisti, scien-ziati e giornalisti si riuniranno in Bra-sile, a Rio de Janeiro, per il Vertice mondiale sullo sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite. Vent’anni fa, il Summit della Terra di Rio rappre-sentò un appello all’azione che mo-bilitò ovunque privati e imprese per affrontare i problemi ambientali più pressanti con cui il mondo si stava confrontando. La colpa di gran par-te di questi problemi, tra cui la de-forestazione, la scarsità dell’acqua, la perdita della biodiversità e il de-grado del suolo, fu attribuita all’agri-coltura. Vent’anni fa, l’agricoltura

BCFn // Il Barilla Center for Food and Nutrition è il think tank della più grande azienda italiana del settore alimentare. “Eating Planet 2012” è il primo report globale su cibo e nutrizione realizzato dal centro con la collaborazione del Worldwatch Institute di Washington. Il volume, edito da Edizioni Ambiente, presenta un’analisi approfondita dei paradossi del sistema alimentare globale e degli effetti sulla salute e sull’ambiente, raccogliendo i contributi di esperti e personalità di prestigio internazionale.

REINVENTAREL’AGRICOLTURA

biologica, l’agricoltura conservati-va e altre pratiche agro-ecologiche erano considerate modi arretrati e inadeguati per sfamare il mondo.

Oggi, l’agricoltura si sta facendo avanti come soluzione agli incalzan-ti problemi ambientali del pianeta, e gli approcci agro-ecologici non sono più ritenuti naïf, bensì la strada da seguire in un mondo in cui le risorse di combustibili fossili si stanno esaurendo e la fame e la povertà sono in aumento.

Questa transizione si sta verificando tanto nei campi coltivati come nei parlamenti, nei consigli di ammini-strazione e negli istituti di ricerca di tutto il mondo. I risultati di numero-se ricerche qualificate condotte nel corso di tutti gli anni 2000 hanno tracciato un quadro dell’agricoltura in evoluzione, che mostra come la produzione di alimenti possa aiu-tarci ad affrontare le sfide poste dal cambiamento climatico, dalla di-soccupazione, dall’urbanizzazione, dalla desertificazione, dall’inquina-mento idrico e da altri problemi di natura ambientale.

Nel 2008 è stato pubblicato il rap-porto IAASTD (Valutazione interna-zionale delle scienze e delle tecno-logie agricole per lo sviluppo). La redazione di questo imponente rap-porto ha richiesto oltre quattro anni di lavoro, che ha visto riuniti 400 tra i più autorevoli scienziati, ricercatori, agenzie per lo sviluppo e ONG del mondo per tracciare il profilo dello stato attuale delle conoscenze nel campo dell’agricoltura. La loro con-

1514

Estratto dal rapporto“Eating Planet 2012” realizzato dal Barilla Centerfor Food and Nutrition incollaborazione con il Worldwatch Institute di Washington

clusione più significativa è stata che gli approcci tradizionali per sfamare il mondo non funzionano. In altri ter-mini, le tecnologie della Rivoluzione verde del passato, sebbene nel bre-ve termine siano state efficaci per incrementare le rese agricole, non hanno dimostrato la stessa efficacia nel risolvere il vero problema della malnutrizione. Secondo Hans Her-ren, insignito del Premio mondiale per l’alimentazione e co-presidente dell’IAASTD, “La Rivoluzione verde si è esaurita molto tempo fa… Dob-biamo reinventare l’agricoltu-ra… Sebbene la Rivoluzione verde abbia promosso la produzione di una maggiore quantità di alimenti, vi erano numerosi fattori coinvolti, non si trattava semplicemente di piantare colture ad alta resa. Dove ha funzionato esisteva un ambiente, c’erano strade, l’accesso a fertiliz-zanti, strumenti, pesticidi ecc., che hanno contribuito al suo succes-so. Quella che in realtà vogliamo è un’agricoltura che non dipenda da questi input; desideriamo un’agri-coltura autosostenibile. Ed è per questo motivo che ritengo la si deb-ba reinventare”.

Secondo l’IASSTD, “in alcuni casi l’enfasi posta sull’aumento delle rese e della produttività ha arrecato conseguenze negative alla sosteni-bilità ambientale”. Quasi due miliar-di di ettari e 2,6 miliardi di persone hanno subito gli effetti del signifi-cativo degrado del suolo causato dalle pratiche agricole su vasta sca-la associate alla Rivoluzione verde. Attualmente, il 70% dei prelievi di acqua dolce è destinato all’irriga-zione agricola, con la conseguente salinizzazione delle risorse idriche tanto nei paesi sviluppati quanto in quelli in via di sviluppo. L’abuso e l’uso improprio di fertilizzanti ar-tificiali e pesticidi hanno prodotto fuoriuscite di sostanze tossiche che provocano la morte di aree costiere e la perdita della biodiversità.[…]

“L’agricoltura opera all’interno di sistemi complessi ed è mul-tifunzionale per natura”, riporta l’IAASTD. La multifunzionalità, as-serisce il rapporto, è “l’imprescin-dibile interconnessione tra i diversi

ruoli e le varie funzioni dell’agricol-tura. Il concetto di multifunzionali-tà riconosce all’agricoltura il ruolo di attività ramificata che non solo produce commodity (alimenti, man-gimi, fibre, agrocombustibili, pro-dotti medicinali e ornamentali), ma ha anche altri sbocchi, quali servizi ambientali, luoghi di interesse pae-saggistico e patrimoni culturali”. La Rivoluzione verde, per contro, ten-deva a restringere il focus sulle rese e a dedicare scarsissima attenzione all’interazione biologica.

Gli approcci agro-ecologici non sono più ritenuti naïf, bensì la strada da seguire.

VERSO LA NUOVA PAC AGRICOLTURA E SISTEMA ALIMENTARE

Dott.ssa Scaffidi, fino al 20 giu-gno è possibile firmare la petizio-ne, avanzata dalla Rete Giovanile di Slow Food, per un’agricoltura europea “più equa ed ecologi-ca”. Cos’ha che non va l’attuale proposta di riforma della PAC? Paradossalmente le principali associazioni di categoria italia-ne lamentano che la proposta di Ciolos è fin troppo “green” e mette in difficoltà gli agricoltori stretti nella morsa della crisi…La petizione è in realtà il riassunto del nostro position paper sulla rifor-ma della PAC. La proposta di Ciolos rappresenta sicuramente un passo

CInzIA SCAFFIDI // È responsabile del Centro Studi Slow Food e docente all’Università di Scienze Gastrono-miche di Pollenzo. In collaborazione con Stefano Masini ha scritto il libro “Sementi e diritti”, un confronto tra agricoltura tradizionale e agricoltura industriale. Scrive su La Stampa nella rubrica riservata a Slow Food e, dal 2004, è tra i coordinatori del meeting internazionale Terra Madre.

DALLA PARTEDEGLI AGRICOLTORI

avanti, ma per certi aspetti è anco-ra troppo prudente: in particolare, vorremmo che la riforma fosse uno strumento di miglioramento per la sostenibilità, l’accesso dei giovani all’agricoltura, la tutela della biodiversità, l’impulso alla ricerca e l’educazione al consumo. Per quan-to riguarda il greening, penso che vada considerata la sostenibilità a livello di sistema, guardando che tipo di agricoltura fanno le aziende, piuttosto che la loro dimensione. Da parte delle associazioni di categoria c’è ancora una grossa resistenza, si ritiene che o si è competitivi o si è sostenibili: c’è una forte empasse culturale da scardinare. I prodotti agricoli sostenibili, infatti, non van-no valutati solo un tanto al chilo, ma per il servizio reso alla collettività.uno dei temi più urgenti, in Ita-lia, è la tutela del suolo agrico-lo e la difesa dall’avanzamento continuo della cementificazio-ne e dell’urbanizzazione. Con il rischio che, sempre più, le amministrazioni comunali fac-ciano ricorso agli oneri di ur-banizzazione per far quadrare i bilanci. Quali sono le propo-ste e le iniziative di Slow Food per prevenire e arginare que-sto fenomeno?Slow Food ha fondato insieme ad altri movimenti il Forum Salviamo il Paesaggio, impegnato contro la follia del consumo di suolo. In questo momento, abbiamo due iniziative in campo: stiamo facen-do un censimento di tutte le case e i capannoni industriali vuoti in Italia, e lavoriamo a una proposta di legge che preveda il blocco del-

1716

INTERVISTAA CINzIA SCAFFIDISLOW FOODDI VERONICA ULIVIERI

le autorizzazioni a costruire, fino a quando non si capisce se e come utilizzare gli edifici già esistenti.Da sempre Slow Food è pro-motrice di un’agricoltura sana, genuina e “naturale”. mentre però la posizione contro gli OGm è chiara e netta, non si percepisce la stessa forza nel bando totale della “chimica”, a favore dei soli metodi biologici e biodinamici che, dal punto di vista ambientale, sono in-dubbiamente quelli meno im-pattanti. L’agricoltura europea non è ancora pronta a questo salto?Pensiamo che la transizione ad una agricoltura sostenibile - che oltre al biologico e al biodinamico comprende anche le produzioni a chilometro zero e la filiera cor-ta - debba essere graduale. Non si può decidere per legge il pas-saggio a metodi più rispettosi dell’ambiente. Servirebbero piut-tosto approcci coordinati e mul-tisettoriali, con un accento forte sulla ricerca in agricoltura e l’edu-

cazione al consumo. Nella filiera alimentare, infatti, i consumatori sono quelli che, cambiando stile di vita, possono influenzare i produt-tori e spingerli a mutare sistema. A quel punto, quando le categorie sono d’accordo su un’agricoltura più sostenibile, anche il politico decide più in fretta.La “chimica verde” potrà es-sere la soluzione e sostituire i prodotti di sintesi tradizionali?La chimica verde ha oggi le com-petenze per sviluppare prodotti per l’agricoltura. Al contrario di quanto succede tutt’ora, però, è necessa-rio che sia il mondo agricolo a orientare la ricerca, e non vice-versa. Bisognerebbe anche unire e sfruttare le diverse competenze, considerando anche quelle validis-sime degli agricoltori biodinamici, troppo spesso considerati erronea-mente al pari degli sciamani.

è necessario che sia il mondoagricolo a orientare la ricerca,e non viceversa.

Come è possibile conciliare la sicurezza alimentare con la riduzione dell’impatto ambien-tale?La food security è una delle lacu-ne più importanti di questa riforma della PAC. Nonostante viviamo in un continente ricco, infatti, questo problema è forte, con fasce deboli della popolazione che si indirizza-no verso cibo molto economico, ma comunque costoso per la sua scarsa qualità. Sempre dal punto di vista dell’educazione al consu-mo, sarebbe importante puntare sull’autoproduzione, per esempio con l’orto, rendendo più facile per le famiglie l’accesso alla terra.

VERSO LA NUOVA PAC AGRICOLTURA E SISTEMA ALIMENTARE

paesi europei di circa il 6,1%.Quali sono gli strumenti che lo stato, l’unione europea e le asso-ciazioni di categoria mettono a disposizione per aiutarli a intra-prendere un percorso di maggiore sostenibilità e fare innovazione?Gli enti che gestiscono gli strumenti a favore dei giovani in agricoltura sono il Ministero, le Regioni, l’ISMEA e INVITALIA. La legge n° 441 del 1998 detta le norme per la diffusione e la valorizzazione dell’imprenditoria giovanile in agricoltura tramite ditta individuale, (per l’imprenditore che non abbia ancora compiuto 40 anni), oppure società semplice (con 2/3 dei soci di età inferiore a 40 anni), o ancora società di capitali (con il 50% degli agricoltori di età inferiore ai 40 anni). L’OIGA esercita semplicemen-te funzioni di monitoraggio sull’ap-plicazione delle normative nazionali e comunitarie a favore dell’impren-ditoria giovanile e promuove analisi conoscitive, campagne di informa-zione e attività formative. La Finan-ziaria del 2007 ha inoltre istituito il Fondo per lo Sviluppo dell’Impren-ditoria Giovanile in Agricoltura e tra le misure previste ci sono progetti pilota per la formazione imprendito-riale, premi per le migliori esperienze e incentivazione della ricerca e dello sviluppo nelle imprese giovanili. La misura dell’accesso al credito pre-

Dott.ssa Bassignana, quali sono gli ostacoli oggi per un giovane che vuole diventare imprenditore agricolo?Ancora oggi sono diversi fattori. I più significativi restano l’eccessiva burocratizzazione che rallenta le procedure amministrative, il merca-to non remunerativo, l’alto costo della terra, le difficoltà di accesso al credito e l’alto costo di avvio dell’at-tività imprenditoriale. Per questo l’agricoltura italiana è la più vecchia d’Europa, con appena il 2,9 % degli under 40 a fronte della media dei

MULTIFUNzIONALITÀE FORMAzIONE,LE CARTE DEI GIOVANI

LuIGInA “LELLA” BASSIGnAnA // È Vicepresidente di OIGA, l’Osserva-torio per l’Imprenditorialità Giovanile in Agricoltura istituito nel 1999. OIGA è un organismo tecnico-politico, composto da esperti designati dal Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali e dalle Regioni, da rappresentanti degli ordini e dei collegi professionali di tecnici agricoli, alimentari e forestali e delle organizzazioni agricole giovanili rappresentative a livello nazionale.

1918

plicazione dei principi dello sviluppo sostenibile, della salvaguardia della biodiversità, della sicurezza alimen-tare, della liberalizzazione regolata dai mercati. Con Agenda 2000 e con la “legge di orientamento” si sono posti alcuni capisaldi per la regola-mentazione della multifunzionalità, ma molto resta ancora da fare per affermare questo nuovo modello di ruralità. Sicuramente tutto ciò inco-raggerà i giovani imprenditori a non abbandonare le aziende di famiglia ma addirittura a implementarle.

agricolo in questa fase non solo con il sostegno al reddito, ma anche for-nendo gli strumenti tecnici e innova-tivi necessari .Pensa che la multifunzionalità possa essere la via giusta per uscire dalla crisi?La multifunzionalità è un nuovo mo-dello imprenditoriale e una opportu-nità per le imprese di seguire diffe-renti strategie di competitività. È un progetto di agricoltura che vuole corrispondere ai nuovi bisogni della società, in cui la funzione produttiva di beni e servizi (servizi all’acco-glienza allo svago, all’intrattenimen-to, alla ristorazione, allo sport e al godimento de beni culturali localiz-zati nelle aree rurali e nei piccoli centri), saldamente legata alla valo-rizzazione dei territori rurali, trova nuove regole ed opportunità nell’ap-

vede invece l’abbattimento, in regi-me di “ de minimis”, del costo delle garanzie erogate da ISMEA a favore dei giovani imprenditori agricoli, a fronte di finanziamenti concessi da Istituti di credito. La legge n° 27 del 24 marzo 2012, all’art. 66, prevede infine che nelle dismissioni dei terre-ni demaniali agricoli e a vocazione agricola vi sia il diritto di prelazione da parte dei giovani imprenditori agricoli. Ed ora anche la riforma del PAC sta introducendo una strategia per i giovani più ampia del passato, che interessa sia il 1° Pilastro (le co-siddette misure di mercato), sia il 2° Pilastro (le misure di sviluppo rura-le), per facilitare l’insediamento ini-ziale dei giovani.Potranno essere dunque i giovani a cambiare l’agricoltura italiana e renderla più sostenibile?Assolutamente si: i giovani sono consapevoli dell’importanza di pro-durre a basso impatto ambientale non solo per il rispetto del territorio ma anche del bene comune. Rispet-to al passato dove il settore agricolo puntava alla crescita della produtti-vità, oggi è cambiato l’obiettivo: si produce per far fronte alla domanda enorme di cibo, ma attraverso la ri-cerca e l’innovazione per produrre di più inquinando meno. Le politiche europee devono aiutare il mondo

INTERVISTAA LELLA BASSIGNANA, OIGADI ANDREA GANDIGLIO

VERSO LA NUOVA PAC AGRICOLTURA E SISTEMA ALIMENTARE

tà introdotte? Siamo di fronte a un eccesso di burocrazia? I periodi di incertezza normativa, come quello che sta attraversando il settore del fotovoltaico in questo momento, non fanno mai bene alle aziende perché producono una situazione di immobilismo che blocca completamente il merca-to. Questo tipo di atteggiamento danneggia sia i piccoli operatori, spesso costretti a chiudere, sia le grandi aziende, favorendone la fuga all’estero, alla ricerca di con-testi più stimolanti. Situazioni di questo tipo hanno effetti ben più negativi, sul settore, di quelli che produrrebbero, di per sé, le novi-tà di contenuto introdotte, anche se negative. Ai cambiamenti ci si prepara, adattandosi e studiando nuove soluzioni. E questo è ciò su cui EDF ENR Solare sta cercando di lavorare. Sapevamo che a breve il vecchio sistema degli incentivi sulla produzione da fotovoltaico si sarebbe evoluto in un’ottica sempre più integrata e crediamo che questa sia la via corretta per permettere al fotovoltaico di cam-minare con le proprie gambe, sco-raggiando gli atteggiamenti spe-culativi e favorendo sempre più la logica di investimento energetico. L’essenziale è che i cambiamenti vengano comunicati al più presto e in modo definitivo.Il rapporto tra agricoltura e fonti rinnovabili sta divenendo sempre più stretto e sinergico. Abban-donato il periodo speculativo, in cui i grandi campi fotovoltai-

Nei giorni in cui scriviamo la situazione sull’incentivazione delle fonti rinnovabili è ancora incerta. I decreti varati dal Go-verno avrebbero dovuto essere esaminati dalla Conferenza delle Regioni il 9 maggio, ma la data pare essere slittata a fine mese, e la versione finale dei due de-creti si avrà dunque, nuova-mente, a metà dell’anno. Come stanno reagendo le imprese a questa incertezza normativa? E come vengono giudicati, nel complesso, i contenuti e le novi-

IL FOTOVOLTAICOA SUPPORTO DELL’AGRICOLTURAAnDREA SASSO // È Amministrato-

re Delegato di EDF Enr Solare, la joint venture italiana per il fotovoltaico del Gruppo EDF. Sasso entra nell’azienda di famiglia, E++, che poi confluirà nell’attuale joint venture, al termine degli anni ‘80 orientando, già allora, l’attività verso l’installazione di impian-ti chiavi in mano per la produzione di energia da fonti rinnovabili per piccole e medie utenze. In quegli anni, Sasso è coordinatore di progetti di ricerca e sviluppo finanziati dall’Unione Europea nell’ambito delle energie rinnovabili e dello sviluppo sostenibile e installa i primi moduli fotovoltaici sui tetti di rifugi e malghe nelle valli tra il Piemonte e la Francia. A quel periodo risale l’incontro con Roland Barthez oggi Presidente di EDF ENR Solaire.

2120

tale si genererebbe un circolo virtuoso molto efficace ed eco-nomicamente significativo, non trova?Sicuramente sì e nel suo picco-lo EDF ENR Solare ha iniziato un percorso per tradurre in compor-tamenti reali e concreti quell’atten-zione all’ambiente a cui un’azienda che opera nel settore del fotovol-taico, per coerenza, non può sot-trarsi. Di recente abbiamo infatti sottoscritto la Carta dei Principi della Sostenibilità Ambientale di Confindustria, impegnandoci a rispettare comportamenti quo-tidiani, piccole azioni e accorgi-menti volti a diminuire l’impatto ambientale dell’azienda. Sul fronte web, EDF ENR Solare ha aderito al progetto Zero Impact Web di Li-fegate, che si pone come obiettivo la compensazione delle emissioni nocive prodotte dal traffico ge-nerato dal sito aziendale, grazie al rimboschimento di alcune aree boschive. Infine, oltre all’utilizzo di carta riciclata per tutti i materiali di comunicazione, EDF ENR Solare ha realizzato uno stand comple-tamente eco compatibile, con il quale ha presenziato al Solarexpo, manifestazione di riferimento per il settore fotovoltaico italiano, svol-tasi all’inizio di maggio.

(“Salva Alcoa”), ha danneggiato il settore, soprattutto in ambito agri-colo. Con l’articolo 65 del Decreto Liberalizzazioni, approvato dalla Commissione Industria del Senato lo scorso 1° marzo, è stata però stabilita la cessazione totale degli incentivi per gli impianti fotovol-taici a terra in aree agricole. Nel nostro Paese, tradizionalmente a vocazione agricola, è in atto uno “svecchiamento” del settore, che sta diventando sempre più tecno-logico e questa ventata di innova-zione favorisce indubbiamente an-che la diffusione del fotovoltaico. In questo momento di crisi eco-nomica la green economy fatica a imporsi come strategia unica di sviluppo, nonostante nume-rose ricerche e studi confermi-no che l’innovazione “green” sia l’investimento che più aiuta le aziende a distinguersi sul mer-cato. Non crede che una spinta di accelerazione potrebbe deri-vare da una maggiore collabo-razione tra le imprese dei vari settori della green economy? Se, ad esempio, i fornitori di prodotti ecologici (come carta riciclata, vini biologici ecc) in-stallassero pannelli fotovoltaici sulla propria azienda e aziende come la vostra rivedessero tutte le forniture privilegiando i pro-dotti a minor impatto ambien-

ci rischiavano di rubare terreno fertile alle coltivazioni, ora sem-bra che si sia arrivati ad un rap-porto più equilibrato, dove serre fotovoltaiche e coperture degli edifici, nelle aziende agricole, diventano preziose forme di in-tegrazione al reddito. Conferma questo tipo di sviluppo? A che punto siamo in Italia rispetto ad altri Paesi europei dove questo rapporto sembra essere ad un livello più avanzato? Confermo questo tipo di sviluppo. Oggi esistono delle soluzioni in-tegrate su tetto per il fotovoltaico applicato all’agricoltura che per-mettono di non sottrarre terreno alle coltivazioni, rispondendo alle esigenze economiche ed energeti-che delle aziende agricole. Esisto-no ad esempio moduli fotovoltaici semitrasparenti, ottimi per le serre fotovoltaiche, che lasciano filtrare la luce del sole ed evitano la crea-zione di zone di ombreggiamento dannose per le colture, consen-tendo di trasformare il tetto in una vera e propria centrale di produ-zione di energia, senza andare a intaccare la coltura sottostan-te. Un’altra soluzione integrata è quella dei capannoni fotovoltaici, che offrono agli agricoltori uno spazio coperto per lo stoccaggio e contemporaneamente produco-no energia elettrica. E poi appli-cazioni off-grid come pompaggio, telecontrolli su coltivazioni, irriga-zione ecc. Per quanto riguarda il confronto con gli altri Paesi Euro-pei, l’Italia ha iniziato lo sviluppo del fotovoltaico con una logica più speculativa che, senza un con-trollo attento e norme non sense

INTERVISTAAD ANDREA SASSO EDF ENR SOLAREDI ANDREA GANDIGLIO

VERSO LA NUOVA PAC AGRICOLTURA E SISTEMA ALIMENTARE

materiale organico è tenuto in co-stante movimentazione per favori-re la produzione di biogas.Quali utilizzi ha il biogas? Il biogas può essere utilizzato in un motore a combustione interna per produrre energia elettrica ed energia termica, in assetto coge-nerativo, alimentando una rete lo-cale di teleriscaldamento, oppure nella produzione di biocarburanti (biometano) per autotrazione. Al punto che ogni azienda agrico-la potrebbe essere attrezzata per fornire autonomamente tutto ciò, compresa la distribuzione in loco di carburante “green” per auto-veicoli. Alternativamente potreb-be avvalersi, non appena sarà completato il quadro normativo e regolatorio, di altre modalità per la valorizzazione del biometano attraverso la sua immissione nella rete del gas naturale.A che punto è il nostro Paese, dal punto di vista normativo, per dare seguito a questi possibili sviluppi?In realtà, ad oggi, in Italia (contra-riamente a molti paesi del Nord e Centro Europa), l’unico sistema di regole ed incentivazione tariffaria compiutamente definito è quello relativo alla generazione di energia elettrica (normalmente attraverso un motore) e la sua immissione nella rete elettrica di distribuzione. In più, il calore di recupero dal si-stema di raffreddamento del mo-tore è normalmente utilizzato per i fabbisogni termici dell’impianto e, ove ne sussistano le condizio-

Ing. Tasso, ormai si parla mol-to, anche in Italia, di biogas, ma spesso il cittadino comune tende a confondere gli impianti a biogas con quelli a biomasse, che generano combustione. Può chiarire la differenza? In un impianto a Biogas si produ-ce una miscela gassosa, ad eleva-to contenuto di metano, attraver-so la fermentazione, in ambiente controllato, della frazione organica delle biomasse: il processo avvie-ne all’interno di vasche coibenta-te e riscaldate (i digestori), dove il

ORESTE TASSO // È amministra-tore delegato di Sebigas, azienda del Gruppo Industriale Maccaferri, presente in tutto il mondo da oltre un secolo, in diversi settori industriali, tra i quali quello agroalimentare ed ener-getico. Nel 2006 nasce Seci Energia S.p.A., società dedicata alle energie rinnovabili e, per presentare il proprio know-how al mondo agricolo e costi-tuire una rete per promuovere i propri impianti, Seci Energia costituisce, alla fine del 2008, Sebigas S.p.A., una società specializzata nella progetta-zione, realizzazione e gestione di im-pianti a biogas ricavato da biomasse agricole e agroindustriali.

BIOGAS, UNA FILIERA TUTTA ITALIANA

2322

si può destinare solo una piccola percentuale del coltivato) di filiera corta (spesso cortissima). La CO2 emessa dalla combustione del biogas è la stessa CO2 fissata dal-le piante (o assunta dagli animali in maniera indiretta tramite le pian-te), al contrario di quanto avviene per la CO2 emessa ex novo dalla combustione dei carburanti fos-sili. Ulteriore vantaggio ecologico nell’utilizzo del biogas, è quello di impedire la diffusione nella tropo-sfera del metano emesso natural-mente durante la decomposizione di carcasse e vegetali: il metano è infatti uno dei gas-serra più po-tenti ed è quindi auspicabile la sua degradazione in CO2 e acqua per combustione. Ciò che resta dopo la produzione del biogas, il “dige-stato”, come si diceva prima, viene infine utilizzato come fertilizzante sui campi. In termini economici, in base alle disposizioni di legge, investire nel biogas oggi significa avere una fonte di integrazione del reddito per l’agricoltore che, in caso di compartecipazione del costruttore nella realizzazione, in-veste solo una quota di capitale, sostenibile nel tempo.

le tout court perché non si deve dimenticare che, a valle del pro-cesso, si ottiene un sottoprodot-to (il cosiddetto “digestato”), che rappresenta un ottimo fertilizzante naturale per i terreni.Ma di cosa si “nutre” un impianto a biogas per produrre energia?La tecnologia della fermentazione controllata può essere applicata a colture energetiche come cereali, colza, girasole, foraggi; a residui di coltura come foglie e colletti di bietola, stocchi di mais, paglia, frutta; a vegetali e foraggi di scar-sa qualità; a liquami e letami degli allevamenti; a bucce di pomodo-ro, vinacce, sanse di oliva, scarti di macellazione. I vantaggi del biogas sono dunque notevoli. I materiali che vengono conferiti sono solita-mente sottoprodotti delle lavora-zioni agricole e zootecniche (liqua-mi), oppure culture ad hoc (di cui

ni, immesso in rete di teleriscalda-mento o mandato in turbogenera-tori speciali per produrre ulteriore energia elettrica (come nel caso dei cosidetti sistemi “ORC”). L’Eu-ropa è decisamente più avanti e l’utilizzo del biogas trasformato in biometano ci avvicinerebbe non solo ai parametri europei ma al raggiungimento degli stessi pre-visti da Kyoto al 2020. Tutte le principali associazioni e categorie di settore, compresi gli operatori della filiera industriale (una filie-ra nazionale in misura rilevante), hanno pubblicamente sostenuto l’elevatissimo potenziale per lo sviluppo del biometano da fonte agro/zootecnica. Appare fonda-mentale procedere, a questo pun-to, con una rapida emanazione dei decreti attuativi mancanti, sia per garantire continuità (seppur in forma nuova rispetto alla pro-duzione di energia elettrica) nello sfruttamento di tale potenziale, nell’interesse del mondo agricolo, sia per impedire una brusca in-terruzione nello sviluppo in corso della rilevante filiera - tutta italiana - dell’impiantistica associata. Po-ter immettere in rete il biometano (biogas depurato) o utilizzarlo per l’autotrazione rappresenta quindi non solamente una risorsa impor-tante per il fabbisogno energetico italiano, ma una opportunità per il comparto agroindustriale e per le tante aziende agricole che si tro-vano a fare i conti con una crisi che le ha pesantemente messe in ginocchio. Il Biogas diventa quindi una risorsa per il mondo agricolo e una fonte realmente rinnovabile per l’intera collettività. Rinnovabi-

INTERVISTA A ORESTE TASSO, SEBIGASDI BENEDETTA MUSSO

VERSO LA NUOVA PAC AGRICOLTURA E SISTEMA ALIMENTARE

Dott. Ostellino, il vostro Parco è un caso di studio particolar-mente interessante per la ca-pacità di conciliare la tutela ambientale e paesaggistica con la promozione della fruizione. Pensa che l’integrazione, in una rete, delle realtà (fattorie didat-tiche, agriturismi ecc) già oggi operanti, a livello locale, possa essere la giusta soluzione per diffondere un turismo sosteni-bile e, al tempo stesso, genera-re una ricaduta economica sul territorio e un’integrazione al reddito degli agricoltori?

IPPOLITO OSTELLInO // Natura-lista, è attualmente Direttore delle Aree Protette del Po e della Collina Torinese, dopo essere stato, dal 1999 al 2011, Direttore dell’Ente di Gestione del Parco Fluviale del Po -Tratto Torinese. Ha contribuito, sin dall’origine, allo sviluppo del progetto regionale Corona Verde e, dal 2006, dirige l’Osservatorio del Paesaggio dei Parchi del Po e della Collina Torinese in convenzione con l’Osser-vatorio Città Sostenibili e il Politecnico di Torino, per il quale ha anche svolto attività di docenza in Pianificazione delle aree protette e Progettazione del paesaggio.

UN POPER FARE RETE

Con i marchi di territorio che ab-biamo promosso (come“Po Con-fluenze Nord Ovest”) e con le atti-vità di dialogo aperte in occasione del progetto strategico denominato “Po dei Laghi”, l’intenzione è pro-prio quella di far uscire le iniziative esistenti da un certo isolamento, per metterle in contatto fra di loro, dare loro una maggiore visibilità e quindi incentivare una maggiore fru-izione da parte del pubblico. In sin-tesi: collaborare per far crescere un pezzo dell’economia locale. Oltre a mettere in rete le aziende agricole che perseguono la multifunzionalità (che potrebbe ancora crescere mol-to nella vendita diretta di produzioni locali e nell’integrazione con i GAS, i gruppi di acquisto solidale, ormai ben diffusi nel territorio metropoli-tano), occorre anche lavorare sulla rete delle imprese: il territorio del Po è un bacino di opportunità per tutti. Artigianato, commercio, agricoltura, piccola produzione, ma anche grande. Tutte queste attività possono individuare - anzi dovreb-bero - nel territorio di appartenenza, occasioni dove investire una parte della loro responsabilità di impresa e creare sinergie positive tra am-biente e produzione di qualità. Quali sono i vostri progetti più significativi per favorire questo modello di sviluppo sostenibi-le a “km.0” e quali i soggetti, pubblici e privati, con cui col-laborate? In questi anni la nostra attività si è sviluppata in molte direzioni, fra le quali mi piace ricordarne tre. La prima riguarda il programma, pri-ma citato, del Masterplan del Po

2524

INTERVISTAA IPPOLITO OSTELLINO,DIRETTORE AREE PROTETTE DEL POE DELLA COLLINA TORINESEDI ANDREA GANDIGLIO

dei Laghi, con il quale stiamo ten-tando di costruire un progetto uni-tario di gestione e miglioramento degli spazi recuperati dalle cave, collegandoli con il sistema dei beni culturali e naturali. Si tratta di un piano integrato per il territorio che stiamo sviluppando anche per altre aree del Po, intorno a Torino, e nell’area a nord, intorno a Chi-vasso. La seconda iniziativa che vorrei sottolineare è il canale di co-municazione multimediale Collina-Po.it, con il quale sono stati messi a sistema i due marchi dei prece-denti Parchi del Po e della Collina Torinese. Grazie a questo proget-to, entrato fra i piani di valorizza-zione culturale della Regione Pie-monte, sono stati sviluppati nuovi format e iniziative sul territorio di oltre 30 comuni. La terza è l’atti-vità di valorizzazione di importanti opere storiche, dal valore culturale e ambientale, come il Canale Ca-vour, un capolavoro di ingegneria idraulica che attraversa 3 provin-ce piemontesi e potrebbe colle-gare Torino a Milano con una ciclostrada “a bassa velocità” di 80 km. Oltre a rivalutare il sito dell’opera di presa su Chivasso, il Parco cercherà di favorire l’aggre-gazione, in un unico progetto ter-ritoriale, del sistema di aziende e luoghi che lo circondando, i quali potrebbero trarre grande beneficio dalla trasformazione del Canale in nuova infrastruttura di trasposto. veniamo al rapporto rinnova-

bili e paesaggio. L’Europa ha compiuto una scelta: quella di raggiungere, al 2020, il 20% di produzione energetica da fonti rinnovabili e ridurre del 20% le emissioni di CO2. Il popolo ita-liano, nell’ultimo referendum, ha anche deciso di abbando-nare definitivamente il ricorso all’energia nucleare. Eppure le fonti rinnovabili continuano a trovare spesso opposizione da parte di comitati di cittadini che considerano eccessivo l’impat-to estetico e paesaggistico de-gli impianti “nel proprio cortile”. Come si può superare questa contrapposizione e trovare in-vece una via che veda rinno-vabili, agricoltura e paesaggio, come tre aspetti in armonia?Per superare queste contrappo-sizioni non ci sono particolari anti-doti o soluzioni definitive, ma solo e innanzitutto un cambiamento di prospettiva e di cultura: occorre abbandonare posizioni pregiudiziali e costruire un dialogo sulle singole proposte che, certo, devono essere animate da competenza, intelligen-za e buon senso e non sole da mo-tivazioni di convenienza economica. Gli oppositori devono anche sa-per essere, al momento giusto, dei “propositori” di soluzioni concrete e non solo meri gruppi

di antagonismo, in una corsa alla scontro che alla fine termina con l’inconcludenza generale e non ri-solve ovviamente i problemi. Detto questo, il tema va affrontato con l’approccio della pianificazione, non rigida e schematica, ma una pianificazione capace di fornire criteri e schemi generali che possano guidare all’individua-zione di soluzioni condivise. Una parte dei nostri territori, se non vo-gliamo continuare a dipendere dalle fonte fossili, la dovremo destinare anche a produrre energia pulita: ma per fare questo, senza generare danni irreversibili, dobbiamo dotarci di capacità progettuali e anche di un nuovo modo di guardare a queste “architetture produttive” esplorando soluzioni che non siano sempre e solo destinate a schermare o miti-gare l’impatto visivo e paesaggisti-co, ma a dare invece piena rappre-sentazione di sé.

Gli oppositori devono anche saper essere, al momentogiusto, dei “propositori” disoluzioni concrete e non solo meri gruppi di antagonismo.

VERSO LA NUOVA PAC AGRICOLTURA E SISTEMA ALIMENTARE

Dott. Iannetta, la vostra unità tecnica si occupa, in estrema sintesi, di analisi e ricerca per ottenere prodotti alimentari made in Italy competitivi con processi più sostenibili ed ef-ficienti in termini energetici. Ci può spiegare più nel dettaglio quali sono le aree di interven-to e come si sviluppa la vostra attività?Nei laboratori e nei campi speri-mentali ENEA la ricerca affronta in maniera multidisciplinare temi che vanno dal sequenziamento del ge-

noma di specie di interesse agrario alla sostenibilità dei processi pro-duttivi e all’innovazione di prodotto, fino alla ottimizzazione dei sistemi di distribuzione. L’obiettivo è sempre orientato a soddisfare la domanda di ricerca che viene dal tessuto pro-duttivo di specifici territori.I dati da voi raccolti circa la “carbon footprint” nel settore alimentare evidenziano che le principali componenti che ge-nerano emissioni, nel ciclo di vita di un prodotto, sono la pro-duzione delle materie prime e il consumo di energia, mentre la restante parte di produzione in-dustriale è minore. L’Indice di So-stenibilità, che misura l’energia utilizzata per la realizzazione di un prodotto nel settore alimen-tare, è passato da un valore di 10, nel 1970, a una media supe-riore a 100 per molti dei prodotti attuali. Può commentare questi dati e spiegare come è possibile ridurre l’impatto ambientale di un prodotto alimentare? Quale strada può percorrere un’azien-da che voglia perseguire questo obiettivo?La fase di produzione primaria è senza dubbio importante per le criticità e gli ampi margini di miglioramento delle prestazioni energetiche ed ambientali. La pro-duzione industriale, in termini di eco innovazione, può fare ancora molto per il recupero e la valoriz-zazione dei sottoprodotti e degli scarti ai fini energetici. Da consi-derare con molta attenzione sono

mASSImO IAnnETTA // Agronomo, è Direttore dell’Unità Tecnica Svi-luppo Sostenibile e Innovazione nel Sistema Agro-Industriale dell’ENEA. Il suo principale campo di interesse è l’applicazione di nuove metodologie e tecnologie per la valutazione e il mo-nitoraggio delle risorse naturali e dei sistemi agro-alimentari, la definizione di misure di adattamento e mitigazio-ne ai cambiamenti ambientali locali e globali. È coinvolto in diversi pro-grammi di ricerca nazionali, europei ed internazionali come coordinatore o responsabile scientifico per ENEA ed è stato promotore e partner dello Spin-off ENEA InTReGa per il trasfe-rimento tecnologico dei risultati delle attività di ricerca.

PIù SOSTENIBILI GRAZIE ALLA RICERCA

2726

Operando lungo tutta la filiera “from the farm to the fork”, sarà possibile migliorare l’indice di sostenibilità dei nostri prodotti alimentari.

gli sprechi che si registrano nella fase di distribuzione del cibo e durante il consumo, così come le abitudini alimentari, da orientare sempre di più verso modelli di die-ta sostenibile (dieta mediterranea). Operando quindi lungo tutta la fi-liera “from the farm to the fork”, sarà possibile migliorare l’indice di sostenibilità dei nostri prodotti alimentari, con un indubbio van-taggio competitivo per le imprese del settore.L’agricoltura e l’allevamento sono comunemente associati, nell’immaginario collettivo, a pratiche bucoliche in mezzo alla natura, eppure sono attività che hanno un impatto significativo sull’ambiente e sull’inquinamen-to del suolo e dell’atmosfera, anche a causa dell’uso ecces-sivo di fertilizzanti, pesticidi e diserbanti. Cosa può fare oggi un’azienda agricola per diventa-re realmente più “verde”?Esistono realtà molto differenzia-te nell’agricoltura italiana, fatte di territori che offrono opportunità

di produzione sia intensiva che di nicchia, con sistemi di gestione differenziata, ma sempre più at-tenti all’utilizzo degli input chimici. Occorre mettere in campo i risul-tati della ricerca che forniscono strumenti alternativi, più efficaci ed economici; questo è un impe-gno non solo delle aziende agrico-le, ma di tutte le istituzioni depu-tate al trasferimento tecnologico e all’assistenza tecnica.Quali sono, sulla base della sua esperienza professionale, i problemi e le sfide più urgenti che l’agricoltura italiana dovrà affrontare nei prossimi anni? Quali le possibili soluzioni o vie da perseguire?L’agricoltura italiana deve miglio-rare le sue performance puntando alla valorizzazione congiunta del territorio e dei suoi prodotti; miglio-rare quindi l’identità e la tracciabi-lità dei nostri prodotti agro-alimen-tari, associandoli alla cultura e ai nostri saperi, ma anche alla capa-cità di innovare e di creare valore aggiunto, accorciando le distanze con il mercato.

INTERVISTA A MASSIMO IANNETTA, DIRETTORE DELL’UNITà TECNICA SVILUPPO SOSTENIBILE E INNOVAZIONE NEL SISTEMA AGRO-INDUSTRIALE DELL’ENEADI ANDREA GANDIGLIO

VERSO LA NUOVA PAC AGRICOLTURA E SISTEMA ALIMENTARE

prodotto e quindi abbiamo este-so l’attività ai sottoaceti e poi ai sottolio. La Cooperativa nata per promuovere ed esportare il pepe-rone di Carmagnola all’estero risa-le al 1959, io ne divenni direttore nel 1961 e la Di Vita nasce alcuni anni dopo. A quell’epoca il merca-to italiano della trasformazione dei vegetali, se comprendiamo anche le conserve di frutta, era già con-sistente e rappresentava una delle eccellenze del Made in Italy, prati-camente monopolista nel mercato europeo del pomodoro, insieme forse alla Francia e alla Spagna. Purtroppo oggi buona parte di queste produzioni si sono perse e vengono fatte fuori Italia. Sono rimasti, come fiore all’occhiello, i settori di nicchia: sottoli, sottoa-ceti, salse, per due motivi: perché ci vogliono degli skills che non tutti hanno e perché è un settore piut-tosto modesto come fatturati per-ché le multinazionali vi si possano interessare direttamente, senza in-vece ricorrere ad aziende piccole come la nostra.Nella vostra pubblicità sottoli-neate che Di Vita produce circa il 90% dei prodotti a partire da materia prima fresca. Immagino quindi che non sia la normaNo, è un fatto relativamente raro nel nostro settore, dove la mag-gior parte dei competitors utiliz-za semilavorati realizzati fuori dal contesto aziendale e forniti in sa-lamoia o con altri metodi. Noi in-vece siamo un’azienda integrata “verticalmente”: da noi arriva la

La vostra è una PMI del settore agroalimentare in crescita, no-nostante il periodo di crisi. Da quale intuizione nasce Di Vita?È nata nel 1969 da un’esigenza agricola, perché in quel periodo c’era un eccesso produttivo di materia prima locale, il noto pepe-rone di Carmagnola, e un gruppo di agricoltori, tra cui il sottoscritto, ha deciso di riunirsi in una socie-tà con lo scopo di trasformarli in prodotto a lunga conservazione. Ovviamente era impensabile so-pravvivere con un’azienda mono-

L’INNOVAzIONEPORTA RISPARMIOE SOSTENIBILITà

TOmmASO POChETTInO // Impren-ditore, è fondatore e amministratore delegato di Di Vita S.p.A., azienda del settore agroindustriale di Carmagnola, in provincia di Torino, che oggi conduce insieme ai figli. Di Vita, che negli ultimi anni ha incrementato il proprio fattura-to, nonostante la crisi, esporta a mar-chio proprio in tutta l’Unione Europea e negli Stati Uniti ed è fornitore di private label per grandi marchi internazionali della distribuzione, che richiedono elevati standard qualitativi nei processi di produzione.

2928

fonti rinnovabili: molte aziende li considerano ancora dei costi insostenibili, la vostra azienda li ha invece recentemente per-seguiti come investimenti che, oltre a ridurre l’impatto ambien-tale, migliorano anche i costi di gestione. Siete soddisfatti delle scelte intraprese?Certamente. La nostra modesta esperienza si riferisce, per ora, all’installazione di un impianto fo-tovoltaico da 520 kWp sulla co-pertura aziendale che, lasciando da parte gli incentivi GSE, ha con-tribuito a ridurre del 35% la nostra bolletta elettrica. Ora abbiamo anche in programma un secon-do intervento per la sostituzione di tutta l’illuminazione interna e il passaggio a lampade led, la sosti-tuzione dei motori con modelli più efficienti, a minor consumo, e il recupero di vapore. Non sarà una cosa immediata, ma in due anni avremo terminato e prevediamo un risparmio significativo, andan-do a migliorare di un ulteriore 15% i consumi energetici globali.

polline, come le borettane, l’Italia rimane invece la prima produttrice in Europa, con il Veneto come re-gione di punta, mentre l’Abruzzo è la prima per le carote, insieme ad altre regioni del Centro Italia. Al di là delle forniture quali sono invece le difficoltà che incontra-te, nel vostro settore, dal punto di vista normativo e burocratico? Trovo assurdo dover conferire in discarica gli scarti organici delle lavorazioni, quando potrebbe-ro invece essere smaltiti o come concime, non avendo alcuna tos-sicità, o per le centrali a biogas. Basti pensare che di una carota solo il 70% viene utilizzato per la produzione, Tra lavaggi, puliture e pelature il resto diventa scarto, ma la parola scarto è ben diversa da rifiuto. Il problema è che la legge regionale, in Piemonte, considera questi scarti dei rifiuti, da conferire in discarica, con costi ambientali e di smaltimento per l’azienda e per l’intera collettività. In altre regioni è stato invece avviato un iter norma-tivo diverso. Del resto i passaggi a cui vengono sottoposti i vegetali sono solo meccanici o di vapore e quindi non c’è nessun trattamen-to chimico che giustifichi l’obbligo di smaltimento. Un’altra cosa che lamentiamo è la scarsa attenzione che troppo spesso il legislatore ha nei confronti del settore produtti-vo, che non viene coinvolto trami-te consultazioni delle associazioni di categoria.Parlando invece di efficienta-mento energetico e ricorso a

carota fresca, viene lavata, pela-ta e trasformata. Questo influisce positivamente anche sulla qualità finale del prodotto e controbilan-cia gli “svantaggi” commerciali le-gati a una dotazione di magazzino molto più bassa e al vincolo della stagionalità. La vostra produzione rimane dunque tuttora legata alla sta-gionalità?Sì, anche se negli anni questo rap-porto è cambiato e alcuni prodotti di sono “destagionalizzati”. Il pe-perone è disponibile, localmente, in agosto, settembre e metà ot-tobre, ma in Spagna ormai viene coltivato per otto mesi all’anno. E questo per le aziende del nostro settore fa sì che si possa lavorare sempre dal fresco, ma in un perio-do più ampio. In che percentuale riuscite ad approvvigionarvi a livello locale?Se parliamo di “km.0”, in ambito piemontese, la percentuale pur-troppo è molto bassa, siamo intor-no al 10-15%, arriviamo invece al 60% se si parla di prodotti da altre regioni d’Italia. Il resto arriva prin-cipalmente dalla Spagna e dalla Grecia. Ma la difficoltà principale per aumentare le forniture locali è dovuta ai prezzi o alle disponibi-lità di prodotto?Se parliamo ad esempio del pe-perone di Carmagnola, dove ha sede la nostra azienda, il progetto portato avanti dalla Cooperativa negli anni ’60 è miseramente fallito e ad oggi i quantitativi disponibili non sarebbero sufficienti nemme-no per la sola nostra produzione. Per quanto riguarda le cipolle e ci-

INTERVISTAA TOMMASO POCHETTINODI VITADI BENEDETTA MUSSO

VERSO LA NUOVA PAC AGRICOLTURA E SISTEMA ALIMENTARE

GIuSEPPE GARCEA // È responsa-bile Ambiente & Certificazioni di Pro-dotto di CCPB, organismo di controllo e certificazione con sede a Bologna. CCPB srl è riconosciuto dal Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali per l’applicazione del Reg.CE 834/07 relativamente alle aziende che producono, preparano, distribui-scono e importano prodotti realizzati secondo il metodo dell’agricoltura biologica. In particolare CCPB è atti-vo, con specifici schemi, nel settore della cosmesi biologica e naturale e nel settore del verde condotto con metodo biologico, contrassegnato dal marchio Bio-Habitat.

dell’attestazione di prodotto bio-logico è la certificazione in con-formità con il Reg CE 834/2007. La certificazione permette di ga-rantire al consumatore il rigore del processo produttivo alla base di un prodotto biologico: un aspetto fondamentale che troppo spesso viene comunicato male. In questo senso, promuovere la certificazio-ne come garanzia di trasparenza, e in definitiva di salute e rispetto del-la natura diventa un fatto di cultu-ra. Certo, ancora siamo agli albori di questo processo: fino ad oggi il valore della certificazione era ri-conosciuto prevalentemente dagli operatori di settore, e al pubblico arrivava ben poco di tutto il lavoro scientifico che sta dietro il classi-co “bollino”. Ma qualcosa, grazie alle nuove tendenze di consumo consapevole, sta cambiando. Se da un lato il consumerismo ha por-tato alla nascita del greenwashing come risposta “furba” alle nuove esigenze di acquisto, dall’altro ha l’effetto positivo di promuovere un dialogo fertile tra il produttore one-sto e un pubblico informato, che fa domande e si aspetta risposte puntuali.La vostra nuova certificazione di impatto ambientale per il set-tore agroalimentare ha un ap-proccio “olistico”, che tiene in considerazione aspetti come le emissioni in gas serra, il consu-mo idrico, l’uso del suolo, l’inci-denza della quota di energia da fonti rinnovabili ecc, secondo il metodo del LCA (Life Cycle As-

Dott. Garcea, troppo spesso, nei mercati cittadini e in altri contesti si sentono contadini e commercianti che promuovono i propri prodotti come “bio”. nel-la grande distribuzione aumen-tano invece etichette “verdi” di vario genere, che possono con-fondere il consumatore. Quali sono i requisiti perché un pro-dotto alimentare possa essere definito propriamente “biologi-co” e qual è il valore della certi-ficazione in questo caso? Il requisito principale alla base

CERTIFICARE SIGNIFICA MIGLIORARE I PROCESSI

3130

INTERVISTAA GIUSEPPE GARCEACCPBDI ANDREA GANDIGLIO

Questa analisi contribuiscea stimolare l’azienda versol’ottimizzazione e la progettazioneinnovativa.

florovivaistica. Per svilupparla, sa-rebbe quindi necessario il lavoro fatto in altri comparti agricoli con l’obiettivo di valutare, anche in un’ottica di certificazione, il posi-zionamento dei vari prodotti floro-vivaistici in termini di prestazioni ambientali. Certo, simili settori hanno un interesse strategico nel “fare cultura” della sostenibilità, intesa come ricerca e perseguita attraverso un approccio scienti-fico rigoroso. L’impatto concreto (in termini economici, ambientali e sociali) del florovivaismo non sarà paragonabile a quello dell’agri-coltura alimentare, ma occuparsi di questi settori “di nicchia” è im-portante per trasmettere un mes-saggio positivo al pubblico. Visto il crescente successo di iniziative di ecologia domestica come orti o giardini urbani, la certificazione potrebbe rappresentare un passo a sostegno di questo tipo di buone pratiche.

lità ambientale delle produzioni lavora per innovare e trasfor-mare i propri processi in un’ot-tica di riduzione dell’impatto ambientale. non è forse vero che in questo modo si riducono anche i costi di gestione e si di-venta più competitivi? Le vostre certificazioni aiutano gli im-prenditori anche nel riprogetta-re e ripensare i propri processi aziendali, le forniture ecc? Il nostro servizio di certificazione consente di analizzare in un’ottica diversa i processi produttivi azien-dali. Questa analisi contribuisce a stimolare l’azienda verso l’ottimiz-zazione e la progettazione innova-tiva. I settori su cui questo calcolo offrirà spunti di riflessione sono i più vari, dai processi produttivi agricoli alla logistica. In tal senso questo nuovo schema sarà un ot-timo strumento decisionale per gli imprenditori che vogliano innovare la propria politica di impresa, in-contrando le esigenze e le sfide di un futuro low carbon.un settore che è molto “verde” nell’immaginario collettivo, ma poco nei fatti, per la quantità di chimica utilizzata, è quello del florovivaismo. Esistono del-le certificazioni di sostenibilità per questo settore?Al momento, non esiste ancora una certificazione specifica che attesti la sostenibilità della filiera

sessment). Può spiegarci me-glio quali sono le novità che questa certificazione porta sul mercato?Il nuovo servizio di certificazione consente di valutare diversi fattori di impatto ambientale specifici per il settore agroalimentare tenendo conto di importanti aspetti qua-li la variabilità agroclimatica delle colture, del ciclo del carbonio e dei diversi processi, in un’ottica di filiera. Il servizio consente sia ai produttori che ai consumatori di conoscere i requisiti del prodotto in termini di prestazioni ambien-tali. La principale novità di questo servizio, che realizza il calcolo in-tegrando parametri fino ad oggi tenuti separati, è il proposito di precisare la metodologia LCA in rapporto ad un settore specifi-co, riducendo l’approssimazione dei risultati che spesso, anche in ambiti accademici, ne mette in discussione la validità. In altre pa-role, il calcolo LCA è un sistema complesso che necessita di un preciso contesto di riferimento, in questo caso la filiera agroindu-striale, per restituire un’immagine realistica dell’impatto ambientale di un processo.una delle differenza tra chi fa green economy e chi fa mero “greenwashing” è che questi ultimi si accontentano spesso di un “bollino”, anche se di dub-bio valore. Chi crede invece concretamente nella sostenibi-

VERSO LA NUOVA PAC AGRICOLTURA E SISTEMA ALIMENTARE

Francesco Ferrini, nelle sue frequen-tazioni americane, ha portato sull’al-tra sponda dell’oceano la testimo-nianza culturale dei grandi giardini italiani e della tradizione vivaistica toscana, ma di ritorno ha raccon-tato in Italia l’edible landscaping. “Edible landscaping” vuol dire pae-saggi commestibili, e il pensiero va immediatamente al famoso parterre rinascimentale di cavoli e lattughe, tra rigorose siepi di bosso topiario, del castello francese di Villandry e agli orti-giardini di campagna di chi non sa bene se è più interessato al decoro del giardinetto, rispettoso della grammatica e della sintassi, o a raccogliere gustosi vegetali per la

FRAnCESCO FERRInI // Professore ordinario di Coltivazioni arboree presso il Dipartimento di Scienze delle Pro-duzioni Vegetali, del Suolo e dell’Am-biente Agroforestale dell’Università di Firenze, l’agronomo Francesco Ferrini ha al suo attivo una lunga esperienza internazionale di ricercatore e esperto del verde urbano. Docente all’Universi-tà di Davis, in California, più volte ospi-te della Cornell University di Ithaca, New York e, come conferenziere, in numerose associazioni orticole ame-ricane ha contribuito a diffondere in Italia il concetto e la pratica dell’edible landscaping.

COSTRUIREPAESAGGI COMMESTIBILI

tavola. Ma, e questa è la prospettiva intrigante, si può trasferire il con-cetto anche al verde pubblico delle città. Al posto di piante solo ornamentali, perché non mettere a dimora piante belle che si possono mangiare? Sicché, senza grandi voli di fantasia, si possono immaginare viali di meli e peri invece che di tigli e aceri, aiuole dei giardini pubblici che offrono ospitalità alla pari a cicorie, pomodori e fiori colorati e comme-stibili, siepi di lamponi, scarpate e rotatorie di aromatici timi e ro-smarini, spartitraffico tappez-zati di fragole. C’è ancora molto spazio insomma per reinventare gli scenari della città e il rapporto tra urbanesimo e campagna, tra civil-tà contempornea e gesto agricolo, tra ciò che ingurgitiamo senza co-noscerne l’origine e ciò che invece riconosciamo come dono concesso dalla natura e dalla terra alla nostra alimentazione salubre e cosciente o, come dice Slow Food che a questi argomenti sta lavorando, “buona, pulita e giusta”. Francesco Ferrini individua almeno un paio di motivi importanti per allargare le prospetti-ve di utilizzo dell’edible landscaping nel tessuto urbano. La prima recita grosso modo così: perché, a mag-gior ragione in tempi di scarsi mezzi economici per la gestione del verde pubblico, investire risorse in piante solo ornamentali che, per quanto belle, interessanti, gratificanti per lo sguardo, sono un investimento in acqua, fertilizzanti e tempo che non ha ritorni? Un melo o un sorbo coltivato nel cortile di una scuola, al contrario, rallegra un angolo di città con i suoi fiori in primavera e con le cromie dei suoi pomi e del suo fo-

3332

gliame in autunno e ai bambini di quella scuola offre un cibo sano a chilometri zero. Ma - e questo è il secondo motivo per dare spazio ai paesaggi urbani da mangiare - quel melo o quel sorbo più ancora svolge un importantissimo ruo-lo didattico per la conoscenza della natura e dei cicli di produ-zione agricoli, per ripercorrere a ritroso la storia del cibo e maturare la coscienza del diritto a conoscer-ne origine e filiera prima che giunga sulla tavola di ogni giorno.Prof. Ferrini, è davvero proponi-bile, almeno sperimentalmente e in prospettiva, l’edible landsca-ping anche per dare da man-giare agli “urbanizzati”, o non è piuttosto solo un segnale pae-saggistico, un appunto didattico per mantenere viva la memoria contadina collettiva e offrire un palcoscenico alle piante che ci forniscono il cibo?Un po’ di tutto questo. È vero che la pratica dell’orticoltura in città e nelle aree periurbane può apparire, a una prima analisi, fuori dal tempo, da ogni logica di consumo di massa e di vita urbana; eppure oggi, come molti anni fa, il fenomeno è estre-mamente attuale. Gli ortaggi hanno un ruolo fondamentale nell’alimen-tazione dell’uomo e rappresentano una delle componenti fondamentali della cosiddetta dieta mediterranea, come dimostrano le statistiche di consumo di questi prodotti che ve-dono l’Italia ai primi posti, insieme agli altri paesi dell’area mediterra-nea. Dai dati possiamo desumere che la spesa per l’acquisto di tali prodotti sia rilevante e che l’esigen-

za di integrare un salario o una pen-sione insufficiente, con una sorta di secondo lavoro nell’orto, sia sicura-mente importante ai fini della defi-nizione del fenomeno; tuttavia non ne è l’unica componente. L’orto non crea un guadagno, semmai dà luogo a un risparmio. L’orti-coltore si sente libero di svolgere la propria attività nei modi e nei tem-pi che ritiene più opportuni, senza doversi subordinare a nessuno. Se l’orto fosse soltanto un lavoro, perderebbe quel senso di libertà che gli è proprio. L’orto è anche divertimento, impiego del tempo li-bero e fuga dalla solitudine. Chi col-tiva un orto ricava soddisfazione e appagamento dal veder crescere le coltivazioni e dalla raccolta dei frutti della propria fatica. Si estenda allora il concetto all’ambito urbano e com-pariranno nuovi scenari.nella sua esperienza, dove ha incontrato realizzazioni di edible landscaping che coniugassero sino in fondo bellezza e comme-stibilità, rispetto dei canoni pa-esaggistici e originalità?Ho visto degli esempi, anche este-ticamente molto attraenti oltre che destinati alla produzione di alimenti primari, a Berlino e Chicago. Realiz-zazioni solo estetiche le ho viste a

Scarpate e rotatorie di aromatici timi e rosmarini, spartitrafficotappezzati di fragole.

Parigi e a New York dove, nel 2010, il New York Botanical Garden ha de-dicato l’anno all’edible landscaping. Orti che, pur avendo solo scopo utilitaristico, ma che, al mio occhio, appaiono gradevoli dal punto di vi-sta estetico-paesaggistico, li ho visti a L’Avana, dove da decenni la po-polazione si dedica alla coltivazio-ne dei famosi huertos intensivos e huertos organiponicos.C’è spazio in Italia, e in città come Torino che mostrano vo-lontà di qualificazione e inno-vazione nel verde pubblico e nella vivibilità, per sperimen-tare soluzioni di edible lan-dscaping? Se sì, può essere anche uno strumento di par-tecipazione dei cittadini alla gestione della città?Rispondo sì a entrambe le doman-de. Resta inteso che le soluzioni devono essere in qualche modo ge-stite e regimentate dall’Amministra-zione pubblica e che è fondamenta-le, per la riuscita delle iniziative, una reale partecipazione dei cittadini alla gestione della città.

INTERVISTAA FRANCESCO FERRINIESPERTO DI VERDE URBANODELL’UNIVERSITà DI FIRENZEDI MIMMA PALLAVICINI

VERSO LA NUOVA PAC AGRICOLTURA E SISTEMA ALIMENTARE

Ingegnere, il vostro polo eco-logico di Pinerolo, a trenta chi-lometri da Torino, è divenuto negli ultimi anni, uno dei casi di eccellenza, studiati a livello internazionale, per la partico-lare tecnologia che consente di recuperare, dai rifiuti orga-nici cittadini, energia elettrica, termica (per il teleriscalda-mento) e un compost di altissi-ma qualità. Come siete arrivati a questo risultato?Senza dubbio la scelta di offrire multiservizi e di sviluppare le diver-se esperienze in modo integrato è stata vincente perché ci ha permes-so di creare un sistema completo

mARCO AvOnDETTO // Ingegnere, è Coordinatore Area Ambiente di Acea Pinerolese Industriale SpA, azienda multiutility ad intero capitale pubblico che ha come soci 47 Comuni nell’area

ACEA, DOVE NASCEIL COMPOST DELL’ONU

ed efficace, capace di rispondere alle reali e complesse esigenze del mercato e del territorio, forti di una ricerca tecnologica costante. In se-condo luogo, la nostra azienda ha sempre puntato sul coinvolgimento e sull’impiego delle risorse interne, senza mai delegare alcuna fase del-la lavorazione. La passione di chi la-vora al nostro progetto è in assoluto il grande punto di forza della nostra realtà. L’aver seguito internamen-te ogni singola fase di lavoro ci ha permesso di monitorare e valutare costantemente il processo e tutte le informazioni raccolte dall’interno.Tra i tanti servizi, sicuramente la produzione del compost - richiesto tanto dai vivaisti di Sanremo quanto dall’Onu, per alcuni progetti contro la de-sertificazione - è il vostro fiore all’occhiello. Cos’ha di spe-ciale?Il nostro compost Florawiva è ot-tenuto dalla degradazione e matu-razione degli scarti verdi e organici provenienti dalla raccolta differen-ziata, una normale trasformazione biologica, che sfrutta elementi natu-rali, quali l’ossigeno, l’acqua ed i bat-teri. Prende il nome dal macchinario brevettato da noi, che differenzia, nel finale di processo, il nostro ciclo di lavorazione dei rifiuti organici, ri-spetto a quello di altri nostri com-petitors. Per la sua eccezionale pu-rezza, priva di qualsiasi scarto, può essere utilizzato in sostituzione del concime tradizionale, in agricoltura e giardinaggio, per la coltivazione di orti, piante ornamentali, frutticoltu-ra, florovivaismo. Florawiva migliora la struttura chimico-fisica del ter-reno (con apporto di preziosa so-

3534

INTERVISTAA MARCO AVONDETTOACEA PINEROLESEDI ALFONSA SABATINO

stanza organica), svolge un’azione protettiva nei confronti di numerosi organismi dannosi per le colture ed è un prodotto di qualità certificata. Nel 2005 ha conseguito la certifi-cazione di qualità da parte del CIC - Consorzio Italiano Compostatori, mentre il processo produttivo, svol-to presso l’Impianto di Compostag-gio, è certificato secondo le norme ISO 9001 e ISO 14001. Anche in questo caso seguire l’intero ciclo di produzione, dal rifiuto iniziale lungo tutta la sua trasformazione, fino alla chiusura del prodotto finale, ci con-sente di controllare costantemente i processi, di migliorarli e di stare sul mercato per rispondere alle effet-tive esigenze dei clienti. Pensi che senza nemmeno pubblicizzarlo né distribuirlo il nostro compost risulta quasi sempre tutto prenotato, costi-tuendo una voce marginale ma non irrilevante delle entrate. I contadini della zona lo vengono a ritirare di-rettamente in azienda. Progetti e numeri per il futuro?L’azienda appartiene a 47 comuni soci (un bacino di 150mila abitan-ti circa), ma valorizza ogni anno 50mila tonnellate di rifiuti organici, che corrispondono alla produzione di 800mila individui. Da impianto di bacino il polo di Acea Pinerolese è riuscito a raggiungere dimensioni provinciali e lavora su commissioni importanti se si pensa che ritira i rifiuti dei mercati generali di To-

rino e le arance del carnevale di Ivrea. Numeri già alti, ma in costan-te crescita perché tra i progetti futuri c’è anche l’ampliamento del territo-rio servito per raggiungere le 90mila tonnellate di rifiuti organici annue. Oltre allo sviluppo delle attività, c’è la ricerca: insieme all’Università di Torino e al Politecnico stiamo por-tando avanti ricerche e studi per svi-luppare nuovi settori di intervento, come la produzione di gas metano per le automobili, e poi il progetto Biochemenergy per l’estrazione dalla materia organica di tensioatti-vi simili a quelli di sintesi, che per-metterebbe per esempio di trovare applicazione in molti campi, dalla fabbricazione di detergenti dome-stici ed industriali alla tintura delle fibre tessili.L’Acea è un polo e un sistema riconosciuto come vincente in tutto il mondo. Qual è la dimen-

Stiamo pensando di replicare questo sistema in altri paesi, di ricostruire il processo che trasforma un rifiuto in una merce.

sione internazionale della vo-stra realtà?Sono tantissime le delegazioni che ci vengono a trovare e conoscere. Nel tempo sono nate diverse colla-borazioni con potenze come Cina, Argentina, Brasile. Stiamo pen-sando di replicare questo siste-ma in altri paesi, di ricostruire il processo che trasforma un rifiu-to in una merce in altri contesti, chiaramente nel rispetto delle carat-teristiche peculiari e delle esigenze dei territori che sono interessati a scommettere insieme a noi.

VERSO LA NUOVA PAC AGRICOLTURA E SISTEMA ALIMENTAREVERSO LA NUOVA PAC AGRICOLTURA E SISTEMA ALIMENTARE

Ingegner Giacometti, la co-struzione della sua casa di le-gno è durata più di due anni, ma le è valsa, oltre la soddi-sfazione personale, tanti rico-noscimenti ufficiali, tra cui la Bandiera verde di Legambien-te nell’ambito della Carovana delle Alpi, il CasaClima Award 2010 e il premio Best Practice 2011 di PEFC Italia. niente a che vedere con le costruzioni prefabbricate a cui si potreb-be pensare. Quali sono state le diverse fasi del progetto? A settembre 2007 ho fatto la prima pianificazione. A dicembre, il dot-

SAmuELE GIACOmETTI // Inge-gnere meccanico, 42 anni, aveva un sogno: costruire in Val Pesarina (Udine) una casa di legno dove vivere con la sua famiglia, e allo stesso tem-po far nascere un lavoro da questa esperienza. È nato così il marchio SaDiLegno (www.sadilegno.it), basato sulla filiera locale da ricostruire, la valorizzazione dei saperi tradizionali, l’innovazione, il bando dei trattamenti chimici del legno, uniti all’idea di non vendere semplicemente una casa fatta di legno, ma offrire piuttosto “un viaggio, di cui il committente è protagonista. La sua esperienza è raccontata nel libro “Come ho costru-ito la mia casa di legno”, (Edizioni Compagnia delle Foreste).

UNA CASACHE SA DI LEGNO

tore forestale ha scelto gli alberi da tagliare per permettere al bosco di rinnovarsi naturalmente. Erano 30 abeti e 13 larici e la sfida è stata trasformare quelle 43 piante in una casa, con arredi, sculture, oggetti. Cosa che è stata possibile perché nella valle ho incontrato persone che avevano conservato i saperi del bosco. A maggio 2008, i tron-chi sono stati sezionati e poi lasciati a stagionare fino a settembre 2009. La costruzione della casa è iniziata nell’autunno di quell’anno ed è finita a primavera del 2010.nel video che si trova sul sito di SaDiLegno, in cui raccon-ta questa esperienza, lei non parla di “sostenibilità” o “km zero”, ma piuttosto di realiz-zare questo sogno “in accordo con la vita”. Che cosa significa precisamente?In SaDiLegno io ho messo tutta la mia vita, tutto quello che avevo. A partire dal nome del marchio: le prime due sillabe sono anche le iniziali del mio nome e di quello di mia moglie, Samuele e Sarah, e dei miei primi due figli, Diego e Diana. Per quanto riguarda la sostenibilità, io credo si tratti di un concetto impegnativo, che necessita di argomenti proban-ti e non dovrebbe essere usato a sproposito, come spesso suc-cede. Nel mio caso, uno studio dell’Enea ha dimostrato la sosteni-bilità ambientale del legno che ho utilizzato, proveniente da una fo-resta gestita secondo gli standard PEFC a 12 chilometri da dove è stata costruita la casa. Attraverso l’analisi del ciclo di vita, infatti, i ri-cercatori hanno calcolato che l’im-

Cre

dits

: Adr

iano

Maf

fei

3736

patto sul cambiamento climatico derivante dalla trasformazione del legno utilizzato si può quantificare in 52.000 chili di Co2 equivalen-te, contro i 72.000 che sarebbero derivati dal trasporto del legno su una distanza di mille chilometri.una componente importante di SaDiLegno riguarda appun-to la ricomposizione di una fi-liera locale del legno. Qual è la sua esperienza da questo pun-to di vista?Tutte le persone che hanno lavora-to per la mia casa sono della zona dove vivo. In Val Pesarina, però, oggi quasi nessuno ha più un la-voro che ha a che fare con il legno. Un secolo fa qui abitavano circa 3.500 persone e c’erano cinque segherie. Oggi ci viviamo in 900 e c’è solo una mezza segheria. Io ho dimostrato che è ancora pos-sibile produrre partendo dal bo-sco: gli abitanti di quella valle, così come quelli delle tante altre pre-senti nell’arco alpino, dovrebbero quindi capire che è redditizio, e anche rispettoso dell’ambiente, tornare a fare quei lavori legati al bosco.

Come si arriva dal sogno nel cassetto a un lavoro vero e proprio?Tutto è nato come la realizzazione di un sogno, ma poi, quando mi sono trovato a mettere sulla carta le specifiche del progetto della casa, mi sono reso conto che poteva di-ventare qualcosa di più, un’espe-rienza da far vivere anche ad altre persone. L’idea ha funzionato: la casa è stata inaugurata nel 2010, con le certificazioni CasaClima per l’efficienza energetica (classe B+) e PEFC Italia per il progetto. A gennaio 2011, a causa della crisi ho perso il lavoro, e ho quindi de-ciso di dedicarmi totalmente nella costruzione dell’impresa SaDiLe-gno facendo conoscere quanto già era stato realizzato. Certe im-prese si possono raccontare solo attraverso un libro: per questo ne ho scritto uno uscito a settembre scorso, “Come ho costruito la mia casa di legno”. Non voglio proporre una casa ed oggetti eco-nomici, fatti con legno che viene dalla Slovenia o dalla Siberia, ma offrire la possibilità di far vivere ai propri sensi un’esperienza unica. Un viaggio dalla foresta all’ogget-to di legno da far percorrere a chi non cerca di spendere poco, ma si innamora di questa esperienza.

è redditizio, e anche rispettoso dell’ambiente, tornare a fare quei lavori legati al bosco.

INTERVISTAA SAMUELE GIACOMETTIFONDATORE SADILEGNODI VERONICA ULIVIERI

Quali spazi di sviluppo ci sono per la sua attività? E quali sono invece gli ostacoli che sta in-contrando? Gli spazi ci sarebbe-ro: basti pensare che l’Enea ha sta-bilito che SaDiLegno è in linea con il pacchetto 20-20-20 dell’Unione Europea. Il territorio, però, non è preparato dalle amministrazioni e dalla politica a questo genere di progetti. Si parla sempre di filie-ra locale e di green economy, ma poi, quando ci si trova di fronte a un’esperienza come la mia, si pre-ferisce continuare a investire sulle centrali a biomasse alimentate con cippato proveniente dall’estero, mentre sulle montagne italiane il bosco continua ad avanzare per-ché nessuno lo taglia più. Per il futuro, però, sono ottimista. Tutto sta andando nella giusta direzione. In questo momento sto promuo-vendo, fra gli ordini degli architetti, ingegneri e geometri, delle espe-rienze formative: immergendo i sensi dei partecipanti nella casa e nel bosco da cui tutto ha avuto ori-gine, sarà possibile comprendere fino in fondo il significato di questo progetto. E nella valle, ispirandosi a SaDiLegno, un ragazzo sta ri-petendo passo dopo passo il mio viaggio dal bosco alla casa.

VERSO LA NUOVA PAC AGRICOLTURA E SISTEMA ALIMENTARE

PROGETTAREUN EVENTO A BASSOIMPATTO AMBIENTALETutti gli anni, arrivati alla conci-tata fase finale della raccolta ed elaborazione dei dati di progetta-zione ambientale, poco prima di andare in stampa con il numero monografico, ci poniamo la stes-sa domanda: ma chi ce lo fa fare? Come leggerete nelle conclusio-ni, infatti, la situazione non è, per il momento, migliorata: le banche dati disponibili sono frammentarie e di difficile leggibilità, i prodotti che dispongono di LCA (Life Cycle Assessment) ancora un numero misero. Tutti � produttori, distri-butori, albergatori � sono restii a confessarti i loro dati di consumo energetico, quasi fossero informa-zioni vitali per i loro competitors, da difendere con il più ferreo se-greto aziendale. Eppure, anche quest�anno, lo abbiamo fatto. E, pur con tutti i limiti del risultato fi-nale e le carenze di un metodo che non potremmo definire propria-mente “scientifico”, siamo fieri di aver fatto il nostro documento di progettazione ambientale. Perché crediamo che proprio in questa dimensione di condivisione “spe-rimentale” risiedano il valore e il significato dei nostri sforzi. Il for-mat stesso di IMAGE non prevede una serie di “lectio magistralis” da

VERSO LA NUOVA PAC AGRICOLTURA E SISTEMA ALIMENTARE

parte del guru di turno, ma nasce per offrire agli operatori del settore un momento, concreto e pragma-tico, di confronto e, al pubblico, l�occasione per capire qualcosa di più di quando entra dalla porta e per imparare a porsi le domande giuste. Così come ai nostri relatori chiediamo di raccontare sia le op-portunità che i limiti (tecnologici, burocratici, normativi) di sviluppo del proprio settore, noi stessi, con l�esplicitazione del documento di progettazione ambientale vo-gliamo condividere, con il nostro pubblico, l�utilità e i limiti di questo strumento e di un modo di orga-nizzare gli eventi che riteniamo or-mai fondamentale e irrinunciabile. E’una questione di coerenza con i contenuti del workshop: che sen-so ha parlare di green economy per due giorni e poi rifornirsi, per le sedie su cui siederanno i relato-ri, l’acqua che berranno e la carta su cui scriveranno l’anno dopo, “al di fuori” della green economy, ri-cadendo in quel circolo vizioso di chi (troppi) predica bene e compra male, talvolta malissimo, solo per risparmiare, incurante, lui stesso, che tutto quanto recitato dal pul-pito poco prima, perde immedia-tamente di significato.

AnDREA GAnDIGLIO // Presidente Associazione GreencommercemIChELA vAROTTI // Laureanda, Politecnico di Torino

3938

Accoglienza

Stime emissioni di CO2 eq.

Ripartizione impatto

IMAGE

Giardino d’inverno

Scelta dell’albergo in base alla vicinanzacon la location del main event

Scelta delle location a breve distanza traloro e facilmente raggiungibili a piedi

Location facilmente accessibili e ben fornite da mezzi pubblici

Attenzione ai consumi energetici

Utilizzo di illuminazione e aerazionenaturali per il main event

Cena a base di menu biologico

Materie prime locali e di stagione

Tovaglie in cotone organico

Utilizzo di acqua del rubinetto o invetro con vuoto a rendere

Illuminazione

Climatizzazione

0 Kg

0 Kg

35,82 KgEnergia elettrica

66,54 KgGas

37,57 KgCena di Gala

5,47Kg

170 KgCarbonfund.org

database I-LCA

IMAGE 2011

IMAGE 2011

AzzeroCO2

Apparecchi audio&video

Pernottamenti

Circolo Canottieri Armida

STRUTTURA RICETTIVA

Come si può organizzare un workshop per parlare di greeneconomy, di sostenibilità, senza avere un occhio di riguardoper le emissioni di CO2 che lo stesso evento inevitabilmentecomporta? Anche quest’anno abbiamo voluto impegnarciaffinchè l’impronta di carbonio di IMAGE fosse ridotta quantopiù possibile. Le aree di intervento sono state l’accoglienza,la mobilità e le forniture.Prima di tutto è stata fatta una valutazione di sostenibilitàdelle location candidate ad ospitare l’evento. La scelta è ricaduta sul giardino d’inverno di Piazzale Valdo Fusi a Torino,una vera e propria serra nel cuore della città.La struttura scelta è inserita all’interno della ZTL di Torino;

è ben servita dai mezzi pubblici e offre servizi di bike sharingnelle vicinanze. I coffee break si svolgeranno all’interno dellastessa. Non essendoci nella zona strutture ricettive certificate,gli stessi criteri sono stati adottati anche per quanto riguardal’alloggiamento degli invitati: l’hotel scelto dista meno diun minuto a piedi dalla location dell’evento.Per la cena di Gala infine, la location scelta è la sede delcircolo canottieri Armida, nel parco del Valentino. La cena,organizzata in collaborazione con l’Associazione Cavolfiori aMerenda, vedrà protagonista un menu a base di prodottibiologici, locali e di stagione. Le tovaglie saranno in cotonebiologico e l’acqua rigorosamente in brocca o vetro.

Struttura ricettiva61 %

CircoloArmida37 %

Giardinod’inverno2 %

ACCOGLIENzA

L’accoglienza, in un evento che si definisca a basso impat-to ambientale, non è solo la soluzione di ospitalità scelta per il pubblico e per i relatori, ma deve anche corrispon-dere ad alcuni semplici criteri di sostenibilità. A maggior ragione se il workshop fa parte, come quest’anno, dello Smart City Festival “Le Città Visibili”, ovvero la più grande manifestazione che la Città di Torino ha in programma, nel 2012, per comunicare il proprio volto di città “intelligente”. Per la seconda edizione di IMAGE abbiamo dunque scelto, come location principale, il “Giardino d’Inverno”, l’ex Casa Canada delle Olimpiadi, in Piazzale Valdo Fusi, un piazzale dalle pareti piantumate. Il “Giardino d’Inverno”, rispetto alle sale convegni tradizionali ha alcuni grandi vantaggi e un unico rischio, non indifferente, ma affrontabile. Il principale vantaggio è la stupenda illuminazione naturale di una strut-tura interamente realizzata in vetro, legno e acciaio. Siamo inoltre nel pieno centro cittadino, in un’area pedonalizza-ta, ma facilmente raggiungibile con tutti i mezzi pubblici e con il bike sharing. Il dialogo che si svolgerà all’interno, tra gli operatori della green economy, potrà dunque esse-re letteralmente “trasparente” e fruibile anche dal pubblico

di passaggio all’esterno. Ma il “Giardino d’Inverno”, come suggerisce il nome, è stato progettato come una serra e noi ci troveremo a dialogare dentro questa struttura alla fine di maggio, con una temperatura e un irraggiamento solare ad oggi incogniti. La nostra sfida (che necessita anche di buo-na sorte) è di poter fare a meno non solo dell’illuminazione, ma anche del condizionamento, ricorrendo alle sole correnti di aria naturale. La cena di gala, come l’anno scorso, verrà invece ripetuta alla Società Canottieri Armida, per restare a breve distanza dalla location del workshop, in un con-testo di piacevole verde urbano e rinfrescati, in quel caso, dalla brezza del Po. Cucinata con prodotti da agricoltura biologica, locali e di stagione, godrà della solita attenzione ai dettagli: vini biologici e biodinamici, tovaglie in cotone organico, menu in carta riciclata e acqua rigorosamente in vetro con vuoto a rendere. Infine, anche i pernottamenti dei relatori, in mancanza, ancora oggi, di strutture certificate, sono stati opzionati presso hotel a brevissima distanza a piedi dai luoghi di ritrovo, così da evitare l’utilizzo di mezzi a motore per gli spostamenti.

Scelta dell’albergo in base alla vicinanza con la location del main event

Scelta delle location a breve distanza tra loro e facilmente raggiungibili a piedi

Attenzione ai consumi energetici

Utilizzo di illuminazione naturale per il main event

Cena a base di prodotti da agricoltura biologica, locale e di stagione

Tovaglie in cotone organico

Utilizzo di acqua in caraffa o in vetro con vuoto a rendere

VERSO LA NUOVA PAC AGRICOLTURA E SISTEMA ALIMENTAREVERSO LA NUOVA PAC AGRICOLTURA E SISTEMA ALIMENTARE

Gli eventi spesso prevedono lo spostamento di un eleva-to numero di persone che utilizzano, a seconda del luogo di provenienza, diverse forme di trasporto. Per i relatori di IMAGE che arrivano da fuori Torino, il mezzo scelto è stato, per tutti, il treno. All’interno della città, l’invito è a spostar-si a piedi o in bicicletta, viste anche le brevi distanze che separano la location dell’evento dalle due stazioni cittadine e in particolare da Porta Nuova. Grazie a un accordo con la Città a tutti i relatori sarà fatto omaggio di una tessera per accedere gratuitamente al servizio di bike sharing. Sul sito internet www.workshop-image.it sono inoltre indicate

altre forme di mobilità sostenibile per raggiungere la loca-tion dell’evento: i partecipanti possono utilizzare la linea Star elettrica di GTT o altri mezzi, come la metropolitana o le altre linee di tram e bus pubblici, per chi arriva da aree più periferiche. Questo approccio consente, da un lato, di limitare notevolmente l’impronta ecologica dell’evento e dall’altro di coinvolgere attivamente i relatori e il pubblico come attori del successo di una riduzione di impatto am-bientale, sensibilizzandoli, al tempo stesso, all’utilizzo futu-ro di mezzi che non sembra sono abituati ad utilizzare nella quotidianità.

Mobilità

Stime emissioni di CO2 eq.

Ripartizione impatto Scenari a confronto

IMAGE

RELATORI

La trasferta di quasi tutti i relatoriprovenienti da fuori città avverrà in trenoA tutti i relatori è stata regalata la cartaper accedere al servizio di bike sharingI visitatori sono invitati a scegliere mezzisostenibili (autobus elettrici o bici), e aspostarsi a piedi tra le diverse sedi.

Location Main Event 897 Kg 2459,6 Kg 1562,6 Kg

124,2 Kg 124,2 Kg

19,5 Kg 40,5 Kg 21 Kg

0 Kg

0 Kg

48,6 Kg 48,6 Kg

1000 Kg 1350 Kg 350 Kg

Spostamenti interni

Kg d

i CO

2 eq

1000

2000

3000

4000

5000

Spostamenti interni

Location Main Event

Location Main Event

ORGANIZZAZIONE

VISITATORI ESTERNI

risparmioevento

tradizionale

eventotradizionaleIMAGE

Gli eventi spesso prevedono lo spostamento di un elevatonumero di persone che utilizzano, a seconda del luogo diprovenienza, diverse forme di trasporto. Per i relatori diIMAGE che arrivano da fuori Torino, il mezzo scelto è statoquasi per tutti il treno. All’interno della città, sono poi statiinvitati a spostarsi in bici: grazie a un accordo con il comunetutti i relatori sono stati dotati della tessera per accedereal servizio di bike sharing. Durante la campagna dicomunicazione e sul sito di IMAGE, sono state indicate forme

Organizzazione61 %

Relatori37 %

Visitatoriesterni52 %

Azzero CO2

Azzero CO2

Azzero CO2

EcoPassenger

EcoPassenger

di mobilità sostenibile per raggiungere la location dell’evento:i partecipanti possono utilizzare la linea Star elettrica diGTT o il servizio di bike sharing. Questo approccio consenteda un lato di limitare notevolmente l’impronta ecologicadi questa fase estremamente delicata, dall’altro permettedi comunicare indirettamente ai partecipanti all’eventoil valore del progetto, richiedendo anche una collaborazionee un coinvolgimento attivi.

La trasferta di tutti i relatori provenienti da fuori città avverrà in treno

A tutti i relatori sarà regalata la carta per accedere al servizio di bike sharing

I visitatori sono invitati a scegliere mezzi pubblici sostenibili (autobus elettrici o bici), e a spostarsi a piedi tra le diverse sedi di Fiori-TO

MOBILITÀ

41 4140

L’ultima area di intervento, last but not least, è quella che riguarda le forniture. La realizzazione dei materiali promo-zionali (inviti, locandine, programmi, ecc.) è una fase molto delicata per un evento, considerati i grandi volumi di ma-teriale stampato che spesso vengono prodotti. In questo caso la soluzione preferibile, ove percorribile, è la dema-terializzazione grazie ai supporti digitali, quando questi consentano di arrivare al proprio target di riferimento. La campagna di comunicazione di IMAGE si è svolta preva-lentemente on line. I pochi materiali cartacei, comunque necessari, sono stati stampati con Gamedit, la prima lito-grafia in Italia a dotarsi di un processo di stampa a basso impatto ambientale, Eco Offset, certificato da Tüv. La carta utilizzata è quella di Arjowiggins Graphic: in parte priori-taria la serie Cocoon 100% riciclata, o comunque carte della serie Revive con almeno il 50% di fibra riciclata e comunque certificate FSC (marchio ecologico riconosciu-to in tutto il mondo, che attesta la provenienza della carta

da foreste gestite in modo sostenibile) e Ecolabel. Il nu-mero monografico verrà inoltre certificato 100% energia pulita da Multiutility e compensato tramite l’annullamento di certificati RECS. Come l�anno scorso si è scelto di non realizzare merchandising: anche in questo caso vale la re-gola della de materializzazione (non c�è nulla di meno im-pattante di ciò che, fisicamente, non esiste). Per i materiali del servizio catering si sono scelti bicchieri e stoviglie in materiale biodegradabile. Durante i coffee break saranno servite bevande e biscotti biologici, selezionati dall’As-sociazione Greencommerce. L�acqua naturale in bottiglia sarà sostituita da quella del rubinetto, mentre l�acqua ga-sata sarà in vetro con vuoto a rendere o riciclabile, per non contribuire alla già copiosa produzione e commercializza-zione di acqua in bottiglie di plastica. Infine gli arredi per l’allestimento del bookshop e del palco relatori saranno in legno di pallet certificato PEFC.

Campagna di comunicazione prevalentemente on line

Utilizzo di carta riciclata e supporti certificati FSC

Certificazione 100% energia pulita del numero monografico

Riutilizzo delle cartelle stampa della precedente edizione di IMAGE

Nessun oggetto di merchandising

Materiali catering biodegradabili

Prodotti e bevande biologici per i coffee break

Utilizzo di acqua del rubinetto o in vetro

Allestimento bookshop e area relatori con sedie e tavoli in pallet PEFC

FORNITUREForniture

Stime emissioni di CO2 eq.

Ripartizione impatto Scenari a confronto

IMAGE

MATERIALI CARTACEI eNUMERO MONOGRAFICO

Campagna di comunicazioneprevalentemente on lineUtilizzo di carta riciclata e supporticertificati FSCCertificazione 100% energia pulitadel numero monografico

Arjowiggins Graphic 304,4 Kg 505,4 Kg 200 Kg

Kg d

i CO

2 eq

200

400

800

600

1200

1400

1000

186,2 Kg 266 Kg 79,8 Kg

Bottigliette d’acqua in PET 0 Kg 24,9 Kg 24,9 Kg

Materie prime

9,62 Kg 9,62 Kg 0 KgTrasporto

MATERIALE CATERING

33,3 Kg 33,3 Kg 0 KgALLESTIMENTO

Trasporto

risparmioevento

tradizionale

eventotradizionale IMAGE

Nessun oggetto di merchandising

Riutilizzo delle cartelle stampa dellaprecedente edizione di IMAGE

Materiali catering biodegradabili

Prodotti e bevande biologici peri coffee breakUtilizzo di acqua del rubinetto o invetro con vuoto a rendereAllestimento bookshop con sediee tavoli in pallet PEFC

L’ultima area di intervento è quella che riguarda le forniture.La realizzazione dei materiali promozionali cartacei (inviti,locandine, programmi, ecc.) è una fase molto delicata, consideratii grandi volumi di materiale stampato che spesso vengonoprodotti. In questo caso la migliore regola è la dematerializzazione.La campagna di comunicazione di IMAGE si è svolta prevalentementeon line. I pochi materiali cartacei sono stati affidati ad Arjowigginsgraphic che utilizza carta riciclata e supporti certificati FSC,marchio ecologico riconosciuto in tutto il mondo che attestala provenienza della carta da foreste gestite in modo sostenibile. Il numero monografico verrà inoltre certificato 100% energia pulita

da Multiutility e compensato tramite certificati RECS. Come l’anno scorso si è scelto di non creare alcun tipo dimerchandising: anche in questo caso vale la regola delladematerializzazione. Per i materiali del servizio catering si sonoscelte soluzioni a basso impatto quali l’utilizzo di stoviglie Ecozemain materiale biodegradabile. Durante i coffee break saranno servitebevande e biscotti biologici, già proposti da Greencommerce. L’acqua naturale in bottiglia sarà completamente sostituita daquella del rubinetto, mentre l’acqua gasata sarà in vetro con vuotoa rendere; in questo modo si evitano gli impatti delle bottiglie diplastica.

Allestimento61 %

Materialecartaceo37 %

Materialecatering2 %

database I-LCA

198,56 Kg 400,25 Kg 201,69 KgMaterialigreenpallet.it

IMAGE 2011

IMAGE 2011

database I-LCA

arjowiggins

VERSO LA NUOVA PAC AGRICOLTURA E SISTEMA ALIMENTAREVERSO LA NUOVA PAC AGRICOLTURA E SISTEMA ALIMENTARE

La tabella riassume l’impronta di carbonio dell‘edizione 2012 del Workshop IMAGE, comparata al 2011. Bisogna innanzitutto sottolineare che il risultato ottenuto non è qual-cosa di statico, di immutabile, ma è provvisorio � in quanto calcolato a priori e non a consuntivo - e necessariamente approssimato, perché cerca di fotografare una realtà i cui dati disponibili non sono sempre precisi né completi. Dob-biamo purtroppo constatare che è passato un anno, ma le cose non sono cambiate: il percorso di progettazione di un evento che si voglia poter definire, concretamente, “sostenibile” evidenzia ancora una volta enormi difficoltà, prima, nelle forniture e, poi, nel reperire i dati di quantifi-cazione dell’impatto. Le banche dati accessibili on line, lo ribadiamo, rimangono frammentarie e incomplete e i sof-tware molto approssimativi. I valori ottenuti dal calcolo non hanno quindi la pretesa di rispecchiare fedelmente gli im-patti reali, ma sono l�esito finale di un percorso sperimen-tale che, pur nei suoi evidenti limiti, vogliamo condividere

con voi, perché diventi spunto di riflessione e stimolo al continuo miglioramento. L’importanza di conoscere l’ordi-ne di grandezza della propria impronta di carbonio risiede nel fatto di poter poi agire per ridurla. Rispetto all’edizione 2011, quest’anno le emissioni di CO2 di IMAGE risultano ulteriormente ridotte. Resta l’irrisolto problema della com-pensazione locale per le emissioni non ulteriormente com-primibili. Mettere a dimora una pianta, alle nostre latitutidi-ni, è un costo sensibile e i nostri Parchi, così come gli uffici comunali del Verde Pubblico, già gravati dai pesanti tagli di bilancio, sono costretti a valutare l�operazione con mol-ta prudenza. Ammettiamo, con la massima trasparenza, di non essere ancora riusciti a trovare la soluzione idonea per compensare i residui 2011 e, di conseguenza, nemmeno quella per il 2012. Ma una cosa la possiamo garantire: non siamo greenwashers e quindi non ci faremo mai pubblicità con azioni non compiute realmente. Possiamo sbagliare, ma non vogliamo ingannare chi ci segue con fiducia.

CONCLUSIONIConclusioni

2011 2012stima totale emessacomprensiva dei dati in tabella:

8.888,15 Kg di CO2 eq

stima totale emessacomprensiva dei dati in tabella:

2954,36 Kg di CO2 eq

La tabella riassume l’impronta di carbonio dell‘edizione 2012 del Workshop IMAGE.Bisogna sottolineare che il risultato ottenuto non è qualcosa di statico, di immutabile, ma è provvisorio e necessariamente approssimato, perché cerca di foto-grafare una realtà in continuo mutamento e spesso i dati considerati non possono sono precisi. E’ passato un anno, ma le cose non sono cambiate: il percorso di progettazione di un evento sostenibile evidenzia ancora una volta grosse difficoltà nel reperire i dati di quantificazione dell’impatto; le banche dati accessibili on line rimangono frammentarie e incomplete e i software molto approssimativi.

I valori ottenuti dal calcolo non hanno quindi la pretesa di rispecchiare esattamente gli impatti reali; lo scopo primario è piuttosto offrire una quantificazione som-maria che possa essere utilizzata come valore comuni-cativo, e come spunto di riflessione. L’importanza di conoscere l’ordine di grandezza della propria impronta di carbonio sta nel fatto di poter poi agire per ridurla.Ed è quello che abbiamo voluto mettere in pratica: rispetto all’edizione 2011, quest’anno le emissioni di CO2 sono state ulteriormente ridotte.Per le emissioni non ulteriormente comprimibili, scegliamo la compensazione: ...

4342

Conclusioni

2011 2012stima totale emessacomprensiva dei dati in tabella:

8.888,15 Kg di CO2 eq

stima totale emessacomprensiva dei dati in tabella:

2954,36 Kg di CO2 eq

La tabella riassume l’impronta di carbonio dell‘edizione 2012 del Workshop IMAGE.Bisogna sottolineare che il risultato ottenuto non è qualcosa di statico, di immutabile, ma è provvisorio e necessariamente approssimato, perché cerca di foto-grafare una realtà in continuo mutamento e spesso i dati considerati non possono sono precisi. E’ passato un anno, ma le cose non sono cambiate: il percorso di progettazione di un evento sostenibile evidenzia ancora una volta grosse difficoltà nel reperire i dati di quantificazione dell’impatto; le banche dati accessibili on line rimangono frammentarie e incomplete e i software molto approssimativi.

I valori ottenuti dal calcolo non hanno quindi la pretesa di rispecchiare esattamente gli impatti reali; lo scopo primario è piuttosto offrire una quantificazione som-maria che possa essere utilizzata come valore comuni-cativo, e come spunto di riflessione. L’importanza di conoscere l’ordine di grandezza della propria impronta di carbonio sta nel fatto di poter poi agire per ridurla.Ed è quello che abbiamo voluto mettere in pratica: rispetto all’edizione 2011, quest’anno le emissioni di CO2 sono state ulteriormente ridotte.Per le emissioni non ulteriormente comprimibili, scegliamo la compensazione: ...

CalcolatoreAmbientale

Come abbiamo ridotto l’impatto ambientaledi questo stampato usando carta riciclata

INTERNOCarta

Cocoon Offset

Grammatura

120 g/m2

Numero di pagine

44

COPERTINACarta

Cocoon Offset

Grammatura

250 g/m2

Numero di pagine

4

Dimensioni21 x 29,7 (cm)

Quantità1 000

UsandoCocoon Offset

diArjowiggins Graphic

invece di carte non riciclate l’impattoambientale è stato così ridotto:

241kg di rifiuti

46kg of CO2

326km di viaggi su strada

5 288litri d’acqua

488kWh di energia

392kg di legno

Source:European BREF(data on virgin fibre paper).Carbon footprint data auditedby the Carbon Neutral Company.

Copyright © 2010 Arjowiggins and its licensors. All rights reserved.

COLOPHON

IMAGE 2012VERSO LA NUOVA PAC: AGRICOLTURA E SISTEMA ALIMENTARE

IMAGE - Incontri sul Management della Green Economyè un format ideato da Studio Greengrass - www.studiogreengrass.it // [email protected]

Un progetto realizzato da:Greenews.infoWeb magazine di informazione ambientale e green thinkingVia Giolitti 45, 10123 - Torino, [email protected] - www.greenews.infoTestata giornalistica registrata al Tribunale di Torino n.56 del 25.10.2010

e da:Associazione GreencommerceVia Giolitti 45, 10123 Torino, [email protected] - www.greencommerce.it

A cura diAndrea Gandiglio e Benedetta Musso

Hanno collaboratoAlfonsa Sabatino, Illari Salemi, Eleonora Spreafico, Veronica Ulivieri

Documento di progettazione ambientaleAndrea Gandiglio e Michela Varotti

Grafica e impaginazioneAgenzia SignDesign, Roma

ImmaginiAdriano Maffei (foto di Samuele Giacometti), Alberto Peroli (foto di Carlo Petrini), Gepi Solarino (foto di Andrea Gandiglio), Shutterstock Images.Per la riproduzione di “Eating Planet 2012” si ringraziano Barilla Center for Food and Nutrition e Edizioni Ambiente.

Stampato su carta Arjowiggins Cocoon Offset 100% riciclata, certificata FSC e Ecolabel con processi di stampa Eco Offset da Gamedit, Curno (BG), nel mese di maggio 2012.

3° Workshop Nazionale

Incontri sul Management della Green Economy

23/24

maggio 2013 TORINO

www.workshop-image.it

GREEN BUILDING: COSTRUIRE E ABITARE LA SOSTENIBILITÀ